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APOCALISSE RESISTENZA ALLA BESTIA Friedrich Nietzsche definì il libro dell'Apocalisse <da più caotica di tutte le invettive scritte, che la vendetta abbia sda coscienza»'. Nella descrizione spettacolare della distruzione escatologica per ma- no di Dio contenuta in questo libro, egli vide l'ultima fantasia del risentimento, dell'odio represso dei deboli pii contro i potenti. Per ragioni poco diverse, Jack T. Sanders esprime questa reazione morale nei confronti dell'Apocalisse: a motivo della sua escatologia imminente, essa esemplifica «una ritirata dalla responsabilità eti- ca». Secondo quest'interpretazione, 1'Apocalisse incoraggia gli in- dividui a smettere di tentare di risolvere i problemi sociali. Nella misura in cui ciò è vero, «la sua esistenza e il suo inserimento nel canone sono un male nel senso più pieno del termine»'. Krister Stendahl ha descritto lo scenario prospettato dd'Apocalisse come un «copione per un film dell'orrore»'. Queste valutazioni negati- ve sono giustificate? Simili forti reazioni sono provocate da un te- sto forte, che simboleggia il conflitto cosmico con viva immagina- zione e chiama la comunità dei fedeli a testimoniare in maniera non ambigua contro i poteri dominanti del mondo. Ma 1'Apocalisse è priva di valore etico? A simili domande è possibile rispondere so- lo mediante un'attenta lettura del simbolismo apocalittico del te- sto. Tutto il contenuto del libro è presentato come una rivelazione visionaria (apokalypsis, Ap 1,l) concessa a una persona di nome Giovanni, che si identifica solo come wostro fratello e a voi asso- ciato nella tribolazione, nel regno e nella costanza [hypomongl in ' F. Nietzsche, Geneaiagia della morale. Uno smtto polemico, Piccola biblioteca Adelphi 167, Adelphi, Milano 19936, p. 40. J. T. Sanders, Ethics in the New Testament, op. cit., p. 115. ' K. Stendahl, Paul Among theJewsand Gentiles,op. cit., p. 39.

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APOCALISSE RESISTENZA ALLA BESTIA

Friedrich Nietzsche definì il libro dell'Apocalisse <da più caotica di tutte le invettive scritte, che la vendetta abbia s d a coscienza»'. Nella descrizione spettacolare della distruzione escatologica per ma- no di Dio contenuta in questo libro, egli vide l'ultima fantasia del risentimento, dell'odio represso dei deboli pii contro i potenti. Per ragioni poco diverse, Jack T. Sanders esprime questa reazione morale nei confronti dell'Apocalisse: a motivo della sua escatologia imminente, essa esemplifica «una ritirata dalla responsabilità eti- ca». Secondo quest'interpretazione, 1'Apocalisse incoraggia gli in- dividui a smettere di tentare di risolvere i problemi sociali. Nella misura in cui ciò è vero, «la sua esistenza e il suo inserimento nel canone sono un male nel senso più pieno del termine»'. Krister Stendahl ha descritto lo scenario prospettato dd'Apocalisse come un «copione per un film dell'orrore»'. Queste valutazioni negati- ve sono giustificate? Simili forti reazioni sono provocate da un te- sto forte, che simboleggia il conflitto cosmico con viva immagina- zione e chiama la comunità dei fedeli a testimoniare in maniera non ambigua contro i poteri dominanti del mondo. Ma 1'Apocalisse è priva di valore etico? A simili domande è possibile rispondere so- lo mediante un'attenta lettura del simbolismo apocalittico del te- sto. Tutto il contenuto del libro è presentato come una rivelazione visionaria (apokalypsis, Ap 1,l) concessa a una persona di nome Giovanni, che si identifica solo come wostro fratello e a voi asso- ciato nella tribolazione, nel regno e nella costanza [hypomongl in

' F. Nietzsche, Geneaiagia della morale. Uno smtto polemico, Piccola biblioteca Adelphi 167, Adelphi, Milano 19936, p. 40.

J. T. Sanders, Ethics in the New Testament, op. cit., p. 115. ' K. Stendahl, Paul Among theJews and Gentiles, op. cit., p. 39.

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Gesù» (Ap 1,9)4. Esiliato sull'isola di Patmos «a causa della paro- la di Dio e della testimonianza di Gesù», egli ricevette delle visioni mentre era «rapito in estasi nel giorno del Signore» (Ap 1,9-10). I1 libro fa grande uso del lessico simbolico della tradizione apoca- littica ebraica, specialmente del libro di Daniele, ma - come ve- dremo - sottopone tale tradizione ad alcune importanti modifi- che ermeneutiche alla luce della storia di Gesù.

L'indole epistolare del libro ci dice che il suo messaggio profe- tic0 è indirizzato «alle sette Chiese dell'Asiw> (Ap 1,4), cioè alle set- te Chiese a cui le sette lettere di Ap 2,l-322 sono dirette. I frequenti riferimenti dell'opera alla persecuzione sono di solito interpretati come una indicazione del fatto che essa fu scritta durante il regno dell'imperatore Diocleziano (81-96 d.C.), sotto il quale il culto del- l'imperatore fiorì nella provincia dell'Asia. Presurnibilmente, le Chie- se furono perseguitate a motivo del loro rifiuto di partecipare alla venerazione dell'imperatore. Se la persecuzione sia stata voluta dal- la politica imperiale ufficiale è un tema discusso; forse è più pro- babile che si sia trattato di sporadiche vessazioni locali5. Infatti, alcuni elementi del testo ci dicono che le Chiese non erano mi- nacciate tanto da una oppressione organizzata quanto piuttosto da una confortevole autocompiacenza.

Ad ogni modo, qualunque siano le precise circostanze storiche in cui esso vide la luce, iI libro dell'Apocalisse è soprattutto un do- cumento di resistenza politica. Esso rifiuta di riconoscere la legitti- mità e l'autorità di governanti terreni e guarda con aria di sfida al futuro, allorché tutte le cose saranno assoggettate d'autorità di Dio. Esso cerca di indurre le sette Chiese a testimoniare coraggiosamente contro una cultura che cerca di sedurre e contaminare il popolo di Dio e, se possibile, di sviare anche i santi. Questa situazione va te- nuta presente quando valutiamo la visione morale dell'Apocalisse.

N d a nel testo suggerisce che egli andrebbe idéntificato con il Giovanni che fu uno dei discepoli originari di Gesù.

A. Y C o h s , Dating the Apocalypse ofJohn, in BR 26 (1981) 33-45; Id., Cnsis and Cathar- sis: The Power of the Apocalypse, Westrninster, Philadelphia 1984, pp. 97-99; L. L. Thom- pson, The Book of Revelation: Apocalypse and Empire, Oxford University Press, New York- Oxford 1990, pp. 95-167.

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8.1 IL SIMBOLISMO APOCALITTICO: COME INTERPRETARLO?

In ogni generazione, gli interpreti hanno faticosamente cercato di dare un senso alle immagini fantasmagoriche dell'Apocalisse. Ii suo simbolismo, elaborato e oscuro com'è, si presta a molte possi- bili letture. Prima di procedere alla sua interpretazione dobbiamo prendere alcune decisioni preliminari sul genere letterario del libro e sulle strategie adatte a coglierne il senso. Come dobbiamo leg- gerlo? Come dobbiamo interpretare questa proliferazione di visio- ni e immagini bizzarre? A grandi h e e , possiamo distinguere tre ap- procci interpretativi basilari: quello predittivo, quello storico e quel- lo teopoetico6.

8.1. I Predittivo

La strategia interpretativa predittiva, tenacemente persistente lun- go la storia della Chiesa, legge il testo come una trascrizione lette- rale di eventi storici futuri. Certo, il titolo dell'opera crea questa aspettativa: «Rivelazione di Gesù Cristo, che gli fu data da Dio af- finché mostrasse ai suoi servi le cose che debbono accadere fra bre- ve» (Ap 1,l). Le visioni del libro, essendo rivelate dalla sala del tro- no celeste, garantiscono agli eletti il privilegio della preconoscen- za di ciò che accadrà molto presto (cfr. Ap 22,6.10). Ogni generazione che segue questo tipo di lettura tende a considerarsi l'ultima prima della grande battaglia cosmica finale e dello stabili- mento del regno messianico sulla terra. I1 testo è allora letto come un'allegoria in codice degli eventi politici contemporanei.

I1 popolare libro di Ha1 Lindsey, Addio terra, ultimo pianeta, pub- blicato per la prima volta nel 1970, è un esempio eccellente di que- sto approccio7. Lindsey, identificando l'Unione Sovietica con la Be- stia emergente dall'abisso, si fece promotore di una risoluta politi- ca della «guerra fredda» in nome del cristianesimo evangelico. I1 libro superò i sette milioni di copie vendute8, ma la sua lettura del-

Per una simile discussione, che delinea una più complessa serie di opzioni interpreta- tive, vedi E. Schussler Fiorenza, Revekztion: Viclon of a Just World, Fortress, Minneapolis 1991, pp. 5-20.

' H. Lindsey, Addio terra, ultimo pianeta, Uomini nuovi, Marchirolo (VA) s.d. (ed. orig., The Late Great Pkznet Earth, Zondervan, Grand Rapids [MI] 1970). ' E. Schussler Fiorenza, Reuelation, op. czt., p. 8.

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1'Apocalisse fu completamente smentita dalla scomparsa dell'U- nione Sovietica e dal crollo della «cortina di ferro» alla fine degli anni '80. In tale esito non c'era naturalmente niente di sorprendente, perché sin dal I1 sec. d.C. gli interpreti, che avevano adottato simili strategie di lettura, erano andati incontro a simili delusioni. Che la Bestia venisse identificata con il papa, con Cromwell, con Na- poleone, con Hitler o con Gorbaciov, il risultato era sempre stato lo stesso: la storia continuava, e le ardenti predizioni degli interpreti venivano relegate fra il ciarpame delle curiosità esegetiche. Eppu- re, l'inesorabile delusione riservata dalla storia a simili tentativi non sembra sia mai riuscita a scoraggiare nuove generazioni di lettori dal pensare che gli eventi nascosti nel simbolismo misterioso del- I'Apocalisse vengono finalmente alla luce nel tempo presente.

Così, durante le prime fasi della guerra del Golfo del 1991, al- cuni ambienti si misero fervidamente a speculare e ad affermare che quella guerra avrebbe potuto portare alla grande battaglia finale di Armaghedòn (cfr. Ap 16,14-16). Quale professore di Nuovo Te- stamento, ricevetti telefonate di giornalisti da ogni dove, i quali mi chiedevano se pensassi che Saddam Hussein fosse I'Anticristo. Io risposi loro che, se volevano realmente sapere quale luce la Bib- bia gettasse su quella guerra, avrebbero fatto bene a cominciare da qualche altro passo (vedi il Capitolo 14)! Pochi di essi erano tut- tavia interessati a sapere che la testimonianza fondamentale del Nuo- vo Testamento consisteva nel proibire ai cristiani di combattere; una cosa del genere non serviva alla stesura di servizi giornalistici che stuzzicassero la curiosità dei lettori.

Da queste osservazioni risulta chiaro che io ritengo fondamen- talmente errata la strategia della lettura predittiva, non tanto nelle sue identificazioni particolari dei simboli ricorrenti nel testo, quan- to piuttosto nella sua percezione di fondo del genere del testo. Il li- bro non fu scritto per predire eventi storici particolari, che sareb- bero accaduti duemila anni dopo il suo autore e i suoi lettori ori- ginari. Valutarlo in questo modo significa fare uno stupido errore di categoria e - cosa più importante di tutte - leggere in maniera sbagliata la parola che esso rivolge alla Chiesa.

Forse un'analogia può chiarire questo punto. Supponiamo che una setta cominci ad affermare che Il signore degli anelli di J . R. R. Tolkien era in effetti una profezia ispirata, che prediceva eventi politici destinati ad accadere prima del 2000. I membri della setta si metterebbero allora a stabilire le correlazioni simboliche tra i per-

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sonaggi del racconto e le dramatis personae dello scenario politico mondiale degli anni '90. Alcune identificazioni potrebbero risul- tare molto dettagliate e ingegnose, ma sicuramente noi diremmo a tali interpreti: «No, state completamente sbagliando; Il signore de- gli anelli non è affatto quel tipo di testo». Qualcosa di simile va det- to a coloro che leggono 1'Apocalisse come un testo predittivo.

8.1.2 Storico

Il libro andrebbe quindi letto non come una predizione di even- ti futuri, ma come un commento di eventi e personaggi politici del tempo dell'autore? Questa è chiaramente una strategia di let- tura molto più promettente. Testi di genere apocalittico furono let- ti in questo modo, com'è possibile dimostrare, nella tradizione ebrai- ca: Daniele, ad esempio - come I'Apocalisse, un documento di re- sistenza -, va letto come un commento e un'esortazione rivolti alla comunità ebraica durante il regno oppressivo di Antioco IV Epifane nel 11 sec. a.C.9. L'Apocalisse, che adotta il vocabolario sim- bolico di questa tradizione, esige in effetti di essere letta in manie- ra analoga. I lettori originari del libro avrebbero letto tale simbo- lismo «in maniera altrettanto corrente quanto qualsiasi lettore mo- derno dei quotidiani legge i simboli convenzionali di una vignetta politica»1° (per esempio, i lettori americani di vignette politiche raf- figuranti un elefante e un asino sanno immediatamente che l'ele- fante simboleggia il Partito Repubblicano e che l'asino simboleggia il Partito Democratico). Come afferma Adela Yarbro Collins, «il ri- sultato più consistente e più gelosamente custodito degli studi sto- rico-critici sd'Apocalisse di Giovanni» è che le sue immagini van- no interpretate in riferimento agli «eventi storici contemporanei [cioè del I sec. d.C.] e alle immagini escatologiche correnti in quel tempo»". Perciò, secondo questa strategia interpretativa, per in- terpretare il testo noi dobbiamo decodificare il suo simbolismo cer- cando dei punti di riferimento nelle persone e negli eventi del I sec.

J. J. Coliins, The Apocalytic Imagination: An Introdgction to the Jewish MatrUc of Chri- stianity, Crossroad, New York 1984, pp. 68-92.

'O G. B. Caird, The Revelation of St. John the Divine, HNTC, Harper & Row, New York 1966, p. 6.

" A. Y. Collins, The Political Perspective of the Revelation to John, in JBL 96 (1977) 241.

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d.C. a noi noti attraverso altre fonti storiche. Questo approccio con- divide con la strategia di leggere I'Apocahsse come una rivelazione di cose future l'idea che il testo va interpretato mediante una de- codificazione punto per punto dei suoi simboli. La differenza sta nel fatto che le realtà storiche, a cui il testo si riferisce, non stareb- bero nel futuro, ma nel passato.

Una simile lettura del libro riconosce che «la Bestia» di Ap 13 simboleggia l'impero romano (o uno dei suoi imperatori) e che «la grande Babilonia, la madre delle meretrici e delle abominazio- ni della terra» (Ap 17,5) simboleggia la stessa città di Roma, «ada- giata» su sette colli (Ap 17,9.18). I confhtti menzionati nel testo van- no interpretati anzitutto come riferentisi all'esperienza delle Chie- se dell'Asia, colpite dalla persecuzione e da awersità durante il regno di Diocleziano. La questione diventa quindi quella di sapere fin do- ve ci si può spingere nella decodificazione specifica delle immagi- ni: quante immagini dell'Apocalisse si riferiscono a persone ed even- ti del I sec. storicamente identificabili? Purtroppo questo tipo di lettura produce sorprendentemente scarsi risultati. Da un lato, non possediamo sufficienti informazioni per decifrare il codice in mo- do dettagliato; dall'altro, molte immagini del racconto si riferisco- no a eventi celesti e non terrestri. Inoltre, buona parte del simbo- lismo, desunto dalle convenzioni della letteratura profetica e apo- calittica d'Israele, esprime la visione che l'autore ha di ciò che dovrebbe o potrebbe accadere, e non necessariamente di ciò che in effetti accadde nella storia. Di conseguenza, leggere il libro sol- tanto come un'allegoria politica significa non prenderne in cònsi- derazione una buona parte.

Il valore di questo approccio consiste tuttavia nel fatto che esso ci costringe a considerare concretamente il libro come un messag- gio scritto per la Chiesa in una situazione specifica, proprio come i vangeli e le lettere di Paolo furono scritti per far fronte a circo- stanze particolari. In specie, questo tipo di lettura ci costringe a prendere sul serio la resistenza adamantina dell'Apocalisse contro l'impero romano. Allorché cerchiamo di comprendere le cause e gli effetti di tale resistenza, ci troviamo immersi nei problemi etici centrali sollevati da questo strano testo.

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8.1.3 ' Teopoetico

Esiste un'altra possibilità. Anziché leggere il testo come un puzzle da risolvere, identificando le dramatis personae e i vari eventi, pos- siamo leggerlo come una rappresentazione teologica e poetica vi- sionaria dell'ambiente spirituale in cui la Chiesa si trova perenne- mente a vivere e a lottareL2. Elisabeth Schussler Fiorenza descrive lo stile del libro come «retorica teo-etica»: esso crea una «sinfonia di immagini» che hanno la capacità di suscitare una «partecipazio- ne immaginativa» all'interno della comunità cui il veggente si ri- volge''. Le visioni dell'Apocalisse sono scritte per Chiese partico- lari che vivono nel I sec. d.C., ma esse non possono per forza di co- se essere lette come altrettanti indicatori di persone ed eventi particolari, o perlomeno il loro significato non è colto in maniera esaustiva da una simile lettura. Le visioni smascherano piuttosto il potere illusorio di una politica «realistica» e rivelano la verità di Dio sull'esperienza storica umana. Per coloro che hanno occhi per ve- dere, il presente ordine della città terrena, basato sullo sfruttamento e sulla violenza, è una folle parodia demoniaca della città di Dio. Una grande battaglia per la sovranità sul mondo è già avviata al- lorché Dio reclama dalle potenze del male, mediante la morte di Gesù e la potenza della parola proclamata, la restituzione del mon- do. P a d Minear descrive 1'Apocalisse in questo modo:

«In questa visione, quindi, Giovanni, quale profeta apocalitti- co, rivelò alle Chiese dell'Asia la serie di potenze cosmiche che furono attive nella storia di Gesù, che erano divenute presenti in una forma nascosta nella solidarietà che legava questi cristiani al- le sofferenze del loro Signore, e che cercavano quotidianamen- te di ingannarli attraverso un controllo apparente sul presente e su1

IZ Prendo a prestito il.termine «teopoetico» da A. N. Wilder, ~ a i l ~ Christian Rbetoric, op: cit. Il modo di vedere I'Apocalisse qui indicato è rappresentato in vari modi da G. B. Caird, The Revelation of St. John the Divine, op. cit.; P. S . Minear, I Saw a New Earth: An Intro- duction to the Virion of the Apocalypse, Corpus Books, Washington 1968; Id., New Testa- ment Apocalyptic, Interpreting Biblical Texts, Abingdon, Nashville 1981; W. Stringfellow, An Ethic for Christians and Other Aliens in a Strange Land, Word, Waco (TX) 1973; 0. -

O'Donovan, The Political Thought ofthe Book of Revelation, in TyndB 37 (1986) 61-94; W. - A. Meeks, The Moral World of the First Christians, op. cit.; E. Schussler Fiorenza, Revela-

tion, op. cit. " E. Schussler Fiorenza, Revelation, op. cit., pp. 31; 117-139. l4 P. S. Minear, New Testament Apocalyptic, op. cit., p. 101.

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Perciò, nell'Apocalisse abbiamo un'elaborata visione irnmagini- fica della Chiesa come di una comunità alternativa impegnata in un conflitto con i poteri esistenti. L'Apocalisse è una sfida lanciata a tutte le pretese terrene di potere, a tutti gli ordini simbolici diver- si da quello del17Agnello che è stato immolato. Leggerla in questo modo significa adottare la strategia interpretativa più adeguata e quella più produttiva per l'etica del Nuovo Testamento.

8.2 L'AGNELLO IMMOLATO

Nel libro dell'Apocalisse la signoria di Cristo sta in netta antite- si con quella di Cesare. L'affermazione politica fondamentale di questo documento di resistenza è articolata nell'inno cantato ad al- ta voce in cielo al suono della settima tromba:

«È passato il regno del mondo al nostro Signore e al suo Messia, che regnerà nei secoli dei secoli» (Ap 11,15).

Il regno di Dio non è un regno ultraterreno; Cristo ha piuttosto assunto il controllo del «regno del mondo». Pertanto, a differenza di Luca, che presenta il conflitto tra Roma e il vangelo come acci- dentale, 1'Apocalisse dice tale conflitto inevitabile e necessario, per- ché la sovranità escatologica di Cristo esclude necessariamente ogni altra rivendicazione15. Nessun compromesso è possibile. A. Y. Col- lins ha percepito bene l'atteggiamento radicale di opposizione as- sunto da questo scritto:

«Di fronte a una situazione di persecuzione, varie risposte so- no possibili. Uno può decidere di scrivere un'apologia in favo- re della fede cristiana anziché un'apocalisse. I1 fatto che l'auto- re scelse di scrivere un'apocalisse, e un'apocalisse che compor- ta un attacco così totale.all'autorità di Roma, sta a indicare che egli condivideva il principio teologico fondamentale degli ze-

l5 Questa lettura è nettamente in contrasto con quella di Oscar Cullmann (The State in the New Testament, Charles Scribner's Sons, New York 1956, pp. 71-85), il quale pensa che la concezione che 1'Apocalisse ha dello Stato sia fondamentalmente compatibile con passi quali Rm 13,l-7. Secondo Cuiimann, i due testi permettono ai cristiani di opporsi d o Sta- to se, e solo se, esso avanza pretese idolatriche demoniache.

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loti, e cioè che il regno di Dio è incompatibile con il regno di Cesare»16.

Nessuna meraviglia, quindi, che Giovanni sia stato esiliato e che le sue Chiese fossero perseguitate; essi stavano realmente contro l'impero romano.

La vera differenza tra la prospettiva zelota e quella dell'Apoca- lisse risulta però chiara, se consideriamo la metafora cristologica centrale del libro: Gesù è <<l'Agnello immolato». Questa immagine, adoperata per indicare Gesù venti volte nell'Apocalisse, compare per la prima volta nella scena della sala del trono celeste, dove si cerca qualcuno per aprire il rotolo dai sette sigilli. Giovanni co- mincia a piangere, perché nessuno è ritenuto degno di aprire il rotolo, ma viene consolato da uno dei «seniori» che siedono alla presenza del trono di Dio: «Non piangere; ecco: ha vinto il Leone della tribù di Giuda, il Rampollo di Davide, per cui può aprire il rotolo e i suoi sette sigilb (Ap 52) . La descrizione ci induce a pen- sare che Gesù compaia in veste di personaggio glorioso come in Ap 1,12-20: «I suoi occhi erano come fiamma ardente ... La sua voce era come lo scroscio di acque abbondanti ... Dalla sua bocca usciva una spada affilata, a doppio taglio. Il suo aspetto uguagliava il ful- gore del sole in pieno meriggio». Invece, quando il «Leone di Giu- da» compare nella sala del trono celeste per aprire il rotolo, non viene nei panni di un re vittorioso; il suo vero aspetto è piuttosto il seguente: «Vidi in mezzo al trono, con i quattro viventi e i seniori, un Agnello ritto, ma come immolato» (Ap 5,6). Questo capovol- gimento sconvolgente rivela il mistero centrale dell'Apocalisse: Dio vince il mondo non dispiegando la propria forza, ma mediante la sofferenza e la morte di Gesù, «il testimone [martysl fedele» (Ap 1,5). Il commento di David L. Barr coghe bene l'effetto di tale cam- biamento di immagine:

«Sarebbe difficile immaginare un più completo capovolgimento di valori ... L'Agnello è il Leone. Gesù è il Messia, ma ha adem- piuto il suo ufficio messianico in un modo straordinario con la sua morte. Però la sua morte non è una sconfitta, perché è pro- prio essa che lo fa degno di aprire il rotolo e di rivelare la volontà

l6 A. Y. Coiiins, Tbe PoliticalPerspectiue of tbe Reveiution to Jobn, art. cit. 252. Vedi an- che E. Schussler Fiorenza, Reveiution, op. cit., p. 84.

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di Dio. Gesù fu vittorioso con la sofferenza e la debolezza, an- ziché con la potenza. Giovanni ci chiede di prendere atto sia che Gesù respinge il ruolo di leone e rifiuta di vincere con potenza soprannaturale, sia che noi dobbiamo ora valutare in maniera ra- dicalmente nuova gli agnelli; il sofferente è il conquistatore, la vittima il vincitore»''.

Roma governa con la forza e con la violenza, ma colui che è il ve- ro Re dei re e il Signore dei signori governa in virtù della propria sottomissione alla morte, precisamente in modo opposto alla vio- lenza armata contro l'impero. Questo è il motivo per cui lui solo è degno.

Quando nella scena della battaglia decisiva, in Ap 19, Gesù ap- pare come il cavaliere vincitore su un cavallo bianco, «il mantello che indossa è intriso di sangue». Di primo acchito siamo portati a vedere questo fatto come un distintivo del guerriero divino intriso del sangue dei nemici da lui uccisi, come nella visione simbolica isaiana di un personaggio che viene «con gli abiti di vivo colore»:

«Col mio sdegno calpestai i popoli, li annientai con la mia ira e feci scorrere per terra il loro sangue» (1s 63,6).

Invece, in Ap 19,13 il mantello del cavaliere è intriso di sangue prima della battaglia, ed egli guida «gli eserciti celesti ... vestiti di puro candido bisso» (Ap 19,14). Perciò, ancora una volta, abbia- mo a che fare con un capovolgimento simbolico drammatico: il ca- valiere è l'Agnello, e il sangue di cui è intriso è il suo sangue. E& è chiamato «il Verbo di Dio», e la spada con cui atterra le nazioni esce dalla sua bocca. Dobbiamo comprendere che l'esecuzione del giudizio di Dio avviene mediante la proclamazione della Parola. Il messaggio del testo è acutamente colto nei versi di Deus noster re- fugium et virtus di Martin Lutero:

«Fosse il mondo pieno di diavoli e volesse inghiottirci non dovremmo aver paura vinceremmo questa prova il signore di questo mondo

" D. L. Barr, The Apocalypse as a Symbolic Transformation of the World: A Literay Analy- sis, in Int 38 (1984) 41.

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faccia pure il viso truce nuocerci non potrà ormai è giudicato: una parola e sarà annientato»18.

Coloro che leggono le immagini bellicose dell'Apocalisse in mo- do letterale non riescono a cogliere il modo in cui la logica simbo- lica dell'opera smantella nel suo insieme il simbolismo della vio- lenza. Oliver O'Donovan ne descrive con profonda intuizione l'ef- fetto letterario:

«Com'è stato spesso osservato, c'è naturalmente qualcosa di molto paradossale nel quadro del «Principe dei martiri» che costituisce se stesso capo di un esercito conquistatore. Si tratta di un'immagine che nega se stessa e che annulla, anziché con- fermare, il significato delle categorie politiche su cui poggia>>19.

Un'opera che pone l'Agnello immolato al centro della sua lode e adorazione non può essere adoperata per convalidare la violen- za e la coercizione. L'ultimo giudizio di Dio sui malvagi è natural- mente inesorabile. Coloro che distruggono la terra saranno distrutti (Ap 11,18); coloro che hanno sparso il sangue dei santi e dei pro- feti vedranno il loro sangue sparso per terra. Ma questi eventi so- no nelle mani di Dio e non costituiscono un programma per un'a- zione militare umana. Quale paradigma per l'azione della comunità di fede, Gesù si presenta come il testimone fedele che vince per mezzo delIa sofferenza.

8.3 LA VOCAZIONE DEI SANTI

La vocazione della Chiesa scaturisce naturalmente dali'analisi del- la cristologia dell'Apocalisse di cui sopra. Ciò che viene detto dei 144.000 redenti vale per tutto il popolo di Dio, di cui essi sono i primi frutti: «Essi seguono l'Agnello dovunque egli va» (Ap 14'4). Come Gesù soffrì per la sua parola di testimonianza, così coloro

l8 M. Lutero, Lieder eprose, Oscar classici 232, Mondadori, Milano 1992, p. 59; il cor- sivo è mio.

l9 0. O'Donovan, The Political Thought of the Book of Revelatzon, art. C&., 90.

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che lo seguono dovranno testimoniare e soffrire. I1 ripetuto invito rivolto alla comunità è quello di perseverare e di rendere testimo- nianza fedelmente. I1 suo ruolo è celebrato dalla voce celeste:

«Ora è attuata la salvezza, la potenza e la regalità del nostro Dio e il potere del suo Messia, dal momento che è stato scacciato l'accusatore dei nostri fratelli, colui che giorno e notte li accusava davanti al nostro Dio. Ma essi lo hanno vinto mediante il sangue delrAgnello e per la parola da loro testimoniata, non amando la loro vita fino alla morte!» (Ap 12,lO-11; il corsivo è mio).

La Chiesa segue Gesù testimoniando profeticamente contro la violenza, l'immoralità e l'ingiustizia di un impero terreno che pre- tende di avere l'autorità che spetta solo a Dio. Questo significa che i seguaci di Gesù adorano Dio, non l'impero; essi rifiutano di ri- cevere il sigillo della Bestia, escludendosi così dalle normali attività del sistema economico (Ap 13,16-17; 14,6-11). Essi imitano l'e- sempio di Gesù, fatto di sofferenza impotente, e rifiutano di cede- re d'illusione che il potere sia sinonimo di verità.

Nell'Apocalisse l'inventario più dettagltato delle azioni che sono comandate o proibite si trova nelle lettere alle sette Chiese (Ap 2,l- 3,22). La struttura di ciascuna lettera è sostanzialmente la stessa, con piccole varianti: essa comincia con una descrizione di Gesù, da cui viene il messaggio; poi seguono una descrizione delle caratte- ristiche lodevoli delle singole comunità, un elenco delle loro man- canze introdotto dalle parole: «Ma debbo rimproverarti», un invi- to a pentirsi; una promessa al <cvittorioso» e, infine, l'ammonizione ad ascoltare quello che lo Spirito dice alle Chiese. Anche in questo materiale troviamo tuttavia sorprendentemente uno scarso conte- nuto specifico in fatto di comportamenti approvati o condannati. Le accuse profetiche si incentrano su due temi basilari: il coinvol- gimento nell'idolatria attraverso la consumazione di carni immola- te agli idoli (Ap 2,14- 15.20) e l'autocompiacimento (Ap 2,4-5; 3 ,l-3; 3,15-17)' forse correlato a un'eccessiva ricchezza. Le racco- mandazioni rivolte alle comunità sono similmente di carattere ge-

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nerale: una lode particolare è riservata all'amore, alla fede, al ser- vizio e alla paziente perseveranza (Ap 2,19; cfr. 2,2-3.13; 3 ,lo), non- ché alla verifica delle rivendicazioni dei falsi profeti (Ap 2,2). Di- versamente dalla Chiesa soddisfatta di sé di Laodicea, le Chiese di Smirne e di Filadelfia sono lodate semplicemente perché sono ri- maste salde in mezzo alla loro povertà e afflizione; particolare in- teressante, queste sono le uniche due Chiese, tra le sette, a non es- sere criticate e invitate a pentirsi. Ai filadelfesi la profezia dice: <#er quanto sia poca la forza che hai, pure hai conservato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome» (Ap 3,Sb). La fedele adesione al- la confessione del nome di Gesù sembra essere l'istanza fonda- mentale. Coloro che rimangono fedeli costituiscono una minoran- za impotente e soffrono per la loro confessione; coloro che scen- dono a compromessi con la cultura circostante potranno anche evitare la sofferenza, ma incorrono nel giudizio di Dio. Perciò lo scopo delle lettere indirizzate alle sette Chiese è anche quello di confortare gli afflitti (Smirne, Filadelfia) e di affliggere i gaudenti (Sardi, Laodicea).

Lo sprezzante giudizio pronunciato sulla Chiesa di Laodicea («Poiché sei tiepido, cioè né caldo né freddo, io sono sul punto di vomitarti dalla mia bocca», Ap 3,15-16) è di particolare interesse per il nostro scopo.

«<Tu dici: "Sono ricco; sono diventato ricco, non ho bisogno di nul- la"; e non ti accorgi che proprio tu sei il più infelice: miserabile, pove- ro, cieco e nudo ... Queili che amo li rimprovero e li castigo. Affrettati perciò a convertirti» (Ap 3J7.19).

Questa Chiesa è stata indotta a sonnecchiare dal potere ipnoti- co della ricchezza e cooptata nel sistema economico dell'impero romano. Giovanni considera questo un ritorno all'idolatria; la comunità materialmente ricca è di fatto compromessa e quindi spi- ritualmente povera. Perciò, anche se nell'Apocalisse non ci sono comandamenti o insegnamenti specifici sul possesso dei beni ter- reni, c'è tuttavia una chiara correlazione simbolica tra ricchezza e idolatria.

I1 messaggio complessivo delle sette lettere consiste nel chiama- re a stabilire confini meglio definiti tra la Chiesa e il mondo. Co- loro che difendono la consumazione delle carni immolate agli ido- li pensano, a quanto pare, di poter inserirsi come membri «normali»

Apocalisse - Resistenza d a bestia 273

nella loro società; forse alcuni sostengono addirittura che i cristia- ni possono accettare il culto dell'imperatore come un dovere civi- co, senza per questo tradire la loro fede in Gesù. Giovanni suona l'allarme contro una simile mentalità. Non è un caso che la lettera a Laodicea arrivi nel punto culminante di questa sezione. Non ci possono essere compromessi, ribadisce Giovanni, e la Chiesa che pensa di poter vivere comodamente d'interno del sistema econo- mico dell'irnpero è spiritualmente in pericolo.

Una simile condanna della ricchezza non riguarda solo i cristia- ni facoltosi, ma anche i non cristiani. La descrizione giovannea del- la caduta di «Babilonia» si concentra in larga parte su temi econo- mici. I re e i mercanti della terra, che commerciano in articoli di lusso e schiavi, e i nocchieri, che si erano «arricchiti in tale com- mercio», sono coloro che più lamentano la sua fine (Ap 18,ll-20) e che sono accusati di aver partecipato alla sua «fornicazione». Que- st'ultimo termine non indica tanto, secondo le convenzioni sim- boliche dell'Antico Testamento, le trasgressioni di carattere sessuale, quanto piuttosto le pratiche idolatriche. Giovanni disapprova na- turalmente anche l'immoralità sessuale: i fornicatori sono elencati assieme ai «codardi, infedeli, depravati e omicidi, impudichi, ve- nefici e idolatri, a quanti sono pieni di ogni sorta di menzogna», tra coloro che saranno gettati «nello stagno che brucia con fuoco e con zolfo, che è la morte seconda» (Ap 21,8). Ma - come indica anche questo elenco - la moralità sessuale non è una preoccupazione pre- minente dell'Apocalisse.

La caduta di Babilonia rimane per Giovanni una visione profe- tica, non una realtà politica. Perciò nel tempo presente il popolo di Dio è fondamentalmente chiamato a rendere testimonianza e a re- sistere all'assalto e alla opposizione che verranno da parte di un mondo pieno di potenze ostili. Questo comporterà la necessità di seguire la via di Gesù sottomettendosi anche alla morte, senza ri- correre alla violenza.

Una delle indicazioni più chiare che questa è effettivamente la vocazione della Chiesa ricorre nel mezzo del capitolo centrale (Ap 13), in cui viene descritto l'emergente potere della Bestia. Al- le Bestia viene concesso di muovere guerra ai santi e di vincerli; nel frattempo «tutti gli abitanti della terra» adorano la Bestia, ad ec- cezione di coloro i cui nomi sono scritti «nel libro della vita del- l'Agnello immolato» (Ap 13,7-8). Si tratta di uno scenario terribi- le, che indurrebbe a prendere delle misure disperate. I santi deb-

274 Parte prima

bono opporsi con la spada al potere della Bestia? Giovanni inter- rompe il suo racconto della visione per rivolgersi direttamente al- la comunità con una parola profetica, esattamente come aveva fatto con le sette Chiese all'inizio del libro:

«Chi ha orecchi, ascolti! Se uno è destinato aila prigione, vada in prigione. Se uno con la spada uccide2', con la spada dev'essere ucciso. In ciò sia la pazienza e la fede dei santi» (Ap 13,9-10).

Questa chiamata alla perseveranza (hypomonp) e fiducia (pistis) radicale invita la Chiesa a resistere d'impulso della violenza anche in queste circostanze estreme. La spiegazione che G.B. Caird dà di questa chiamata enigmatica merita di essere citata per esteso:

«Se Dio permette al mostro di fare guerra al suo popolo e di vincerlo, che cosa deve fare il popolo di Dio? Deve permettere di essere vinto così come ha fatto il suo Signore, di modo che, come il suo Signore, possa riportare una vittoria che non è di que- sto mondo ... La Chiesa deve sottomettersi senza resistere all'at- tacco vincitore del mostro, perché solo in questo modo esso può essere tenuto a freno. Il male è autodfisivo. Come l'Idra, il mo- stro dalle molte teste, esso è capace di farsi spuntare un'altra te- sta quando una gli è stata tagliata. Quando uno fa un torto a un altro, quest'altro può ricambiarlo, portare rancore o rifarsi su una terza persona. Qualunque cosa egli faccia, ci sono ora due mali dove prima ce n'era uno solo; e comincia una catena di reazioni simile alla diffusione di un contagio. Solo se la vittima assorbe il torto e lo mette così fuori corso può impedire che esso conti-

'' Qualche manoscritto fornisce un debole sostegno alla lezione: «Se uno è destinato ad essere ucciso con la spada». Tale lezione, che conforma il testo a Ger 15,2 e 43,11 e crea un parallelismo sintattico con la riga precedente (Ap 13,10a), va respinta come una corre- zione secondaria. Alcuni biblisti, ivi inclusi a quanto pare gli editori di Nestle-Aland, nu- trono qualche sospetto nei confronti della lezione meglio attestata: «Se uno con la spada uc- cide», perché essa fa echeggiare aiia parola profetica di Giovanni Mt 26,52: <<Tutti queiii che mettono mano d a spada, di spada periranno». Ma questo è precisamente il punto: Giovanni echeggia l'oracolo profetico di giudizio di Geremia filtrandolo attraverso la tradizione dei detti di Gesù, in un modo tale che esso diventa una vocazione divinamente decretata, anzi- ché una tragica necessità.

Apocalisse - Resistenza alla bestia 275

nui a propagarsi. E questo è il motivo per cui la grande tribola- zione è anche la grande vittoria»'l.

Questa spiegazione della chiamata al martirio - che va natural- mente al di là delle affermazioni esplicite di Giovanni - approfon- disce la nostra comprensione dell'osservazione fatta dalla Collins, secondo la quale I'Apocalisse incarna «una intelligenza sinergetica ,

della sofferenza del giusto», in cui la morte ingiusta del martire con- tribuisce di fatto alla venuta del regnoz2. Ella sostiene che, secondo l'autore dell'Apocalisse, la morte del martire induce Dio a vendi- carsi del nemico e che esiste un numero definitivamente fissato di martiri che devono morire prima che la fine possa venire (cfr. Ap 6,9-11, dove sono presenti ambedue questi motivi). Senza negare che questi elementi sono parte della tradizione martirologica ere- ditata e trasmessa dall'Apocalisse, possiamo affermare che la spie- gazione di Caird tocca uno dei misteri più profondi della corri- spondenza tra l'Agnello e i suoi seguaciz3. Coloro che seguono l'Agnello nelia persecuzione e nella morte non coprono una quo- ta di martiri determinata a caso, ma mettono piuttosto in pratica la volontà di Dio, che ha scelto di vincere il male precisamente nella e mediante la sofferenza del giusto e non malgrado essa. Questa è la ragione per cui coloro che portano il nome dell'Agnello sulla lo- ro fronte devono condividere anche la sua sorte.

8.4 UN NUOVO CIELO E UNA NUOVA TERRA

Nessun libro del Nuovo Testamento si occupa tanto diffusamente di temi escatologici come 1'Apocalisse. Dall'inizio («I1 tempo è vi- , cino», Ap 1,3) alla fine («Vieni, o Signore Gesù», Ap 22'20)' l'au- tore guarda ardentemente alla imminente futura consumazione del giudizio di Dio e della restaurazione del mondo. Ciò è troppo ov- vio per richiedere una dimostrazione. Ma in che modo l'escatolo-

2 ' G. B. Caird, The Revekztion of St. John the Divine, op. d., pp. 169-170. " A. Y. Coilins, The PolihCal Perspectiye of the Revelation to John, art. d. '' I1 mio unico dissenso dd'esposizione che Caird fa del passo è che essa è formulata

. - troppo individualisticamente («Quando uno fa un torto a un altro...»). Giovanni guarda alla comunità dei seguaci dell'Agnello come a un segno contrastante con la violenza del mondo.

276 Parte prima

gia apocalittica del libro modella la sua visione morale? Possiamo proporre alcune osservazioni.

Primo, la speranza nel futuro è indispensabile per la critica del- l'ordine presente. Solo la visione profetica della salvezza escatolo- gica permette alla comunità credente di riconoscere le menzogne e le illusioni della Bestia e del falso profeta. Così l'escatologia apo- calittica permette di resistere al presente ordine ingiusto del mon- do. Solo la certezza che alla fine avranno ragione dona ai martiri la forza di resistere al potere della Bestia. I1 funzionamento di que- sta logica può essere illustrato osservando l'organizzazione del ma- teriale in Ap 14. I W. 1-5 presentano una visione dei 144.000 re- denti che stanno sul monte Sion con l'Agnello; i W. 6-7 dichiara- no che l'ora del giudizio è vicina; i W. 8-1 1 descrivono la caduta di «Babilonia, la grande», e il tormento di coloro che hanno ado- rato la Bestia; infine, il v. 12 riassume il significato di queste visio- ni: «Questa è una chiamata alla pazienza dei santi, che conserva- no i divini precetti e la fede di Gesù». I lettori sono così incorag- giati a perseverare sulla via di coloro che sono segnati dall'Agnello (Ap 14,l) anziché dalla Bestia (Ap 14,9)24. Le visioni della fine servono al veggente come garanzia nel chiamare la Chiesa a «te- ner duro» e a vivere l'ordine alternativo di cui Gesù, il testimone fedele, è il modello. I1 trionfo ultimo dell'ordine alternativo è sia garantito che imminente, perché Gesù promette: «Sz: vengo presto» (Ap 22,20).

Nel frattempo, mentre la comunità attende la venuta di Gesù, la visione escatologica serve da conforto (questo elemento consolato- rio è molto più esplicito nell'Apocalisse che in Marco, che condi- vide molti aspetti dell'escatologia apocalittica dell'Apocalisse). Nel- la visione giovannea della grande moltitudine che è passata attra- verso «la grande tribolazione», un angelo pronuncia parole di conforto sulla loro sorte:

" Il fatto che i 144.000 <<non si siano contaminati con donne» non significa che 1'Apo- calisse esiga che tutti i cristiani siano celibi; non v'è alcuna indicazione di una simile pre-

. tesa altrove nel testo. Come osservano i commentatori, questo dettaglio narrativo riflette i requisiti che devono avere i soldati d'Israele per partecipare alla guerra santa (G. B. Caird, The Reuelation of St. John the Diuine, op. crt., p. 179). I 144.000 sono in uno stato di purezza rituale simbolica, pronti a partecipare alla guerra dell'Agnello contro la Bestia. E. Schussler Fiorenza (Reuelatron, op. cit., p. 88) afferma che il simbolismo sessuale, qui come altrove nell'Apocalisse, è metaforico e significa che i puri non hanno partecipato al- l'idolatria del culto imperiale.

Apocalisse - Resistenza d a bestia 277

«Non avranno più né fame né sete, non li colpirà più il sole né ca- lore alcuno, poiché l'Agnello che sta in mezzo al trono li pascerà e con- durrà dle sorgenti d'acqua viva; e Dio tergerà ogni lacrima dai loro oc- chi» (Ap 7,16-17).

Questa promessa anticipa la visione finale deila nuova Gerusa- lemme, in cui Dio

«dimorerà con loro ed essi saranno il suo popolo ed egli sarà il "Dio- con-loro". E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, non vi sarà più morte, né lutto e grida e dolore. Sì, le cose di prima sono passate» (Ap 21,3-4).

Mentre queste descrizioni poetiche della salvezza escatoIogica guardano al futuro, il loro potente linguaggio già opera come una esternazione performativa nel presente e consola coloro che gemono e soffrono, garantendo loro che l'amore di Dio porrà alla fine ter- mine alle loro sofferenze.

Temo, la minaccia del giudizio come motivazione dell'obbedienza è implicitamente presente nell'Apocalisse (per esempio in Ap 20,l l- 15), ma svolge un ruolo significativamente più piccolo di quello che svolge, ad esempio, in Matteo. L'Apocalisse, essendo interamente indirizzata alla comunità eletta, non si cura molto di chiamare gli altri a convertirsi prima del giudizio. In effetti, un passo sembra suggerire che è rimasto troppo poco tempo per pentirsi e compie- re qualcosa di buono:

<<Non tenere nascoste Ie parole profetiche di questo libro; il tem- po, infatti, è vicino! L'ingiusto commetta pure ingiustizie, l'immondo si faccia sempre più immondo, e il giusto seguiti ad agire secondo giu- stizia e il santo si santifichi ancor di più! Ecco: vengo presto; con me ho la mercede che darò a ciascuno secondo le sue opere» (Ap 22,lO-12).

Maggior peso degli inviti a convertirsi basati su punizioni esca- tologiche hanno le ricompense escatologiche positive promesse alla Chiesa, e più esplicitamente ai «vittoriosi»: per esempio, «al vit- torioso farò mangiare dell'albero della vita che è nel paradiso di Dio>> (Ap 2,7b). «Vincere» significa rimanere fedeli, superare gli ostacoli frapposti dal mondo; come osserva Schrage, tale termine «induce a pensare alla battaglia inerente alla vita cristiana nel tem-

278 Parte prima

po intermedi~»*~. Perciò la parola della promessa escatologica fornisce alla Chiesa una motivazione per tener duro nella sofferen- za e perseverare fedelmente.

Alla luce di queste osservazioni, non è del tutto giusto dire che l'escatologia dell'Apocalisse inculca un atteggiamento di passività nei suoi lettori. Al contrario, essa li chiama a una vigile resistenza contro le potenze seduttrici del tempo presente e a un'obbedien- za attiva al Dio misericordioso che vuol fare nuove tutte le cose. Né l'escatologia dell'Apocahsse è avulsa dal mondo: non è una cosa in- significante che la nuova Gerusalemme scenda dal cielo sulla terra e che la proclamazione della salvezza finale dichiari che «la dimo- ra di Dio» è «con gli uomini», e non viceversa (Ap 21,2-3). Queste cose si verificano senza dubbio in «un cielo nuovo e una terra nuo- va» (Ap 2 1,1), ma ciò significa - nell' Apocalisse come nelle visio- ni profetiche a cui essa attinge (1s 65,17-25; 66,22) - che Dio avrà redento e trasformato, ma non abolito, la creazione.

8.51L MONDO NARRATIVO DELL'AF'OCALISSE QUALE CONTESTO PER L'AZIONE

L'Apocalisse, letta come un documento visionario di resistenza a un ordine sociopolitico idolatrico, chiama ripetutamente la Chie- sa alla vigilanza e al discernimento. I1 suo vivace mondo simbolico crea il contesto che permette alla comunità degh eletti di Dio di ren- dere una eloquente testimonianza a Gesù Cristo quale Alfa e Ome- ga, in cui la volontà di Dio è pienamente incarnata. Cerchiamo di riassumere alcuni degli aspetti salienti della visione profetica di Gio- vanni.

Primo, il mondo secondo 1'Apocalisse è diviso da una serie di netti dualismi. Esso è coinvolto in un conflitto cosmico tra Dio e «il serpente antico, quello che è chiamato diavolo e Satana, colui che inganna tutta la terra» (Ap 12,9). In tale conflitto non c'è spazio per i compromessi: uno deve scegliere chi adorare, e la neutralità è im- possibile. Sotto questo aspetto 1'Apocalisse è molto affine al van- gelo e alle epistole giovannee, a cui la tradizione cristiana l'ha as- sociata, anche se i suoi simboli mitici del male sono molto più

2.' W. Schrage, The Ethics of the New Testarnent, op. cit., p. 337.

Apocalisse - Resistenza alla bestia 279

fantasmagorici. Come nel vangelo e nelle epistole di Giovanni, anche in essa pare ci sia poco bisogno o spazio per la riflessione e il dibattito etico: l'autore pensa che il bene e il male, il giusto e l'in- giusto siano già così completamente chiari in partenza che non si dà pena di definirli. Come anche negli altri scritti giovannei, il dua- lismo cosmico è accompagnato dalla fiducia che Dio domina tut- to e che alla fine trionferà in maniera decisiva sul male.

Secondo, il dualismo cosmico trova la sua espressione anche in una netta polarizzazione sociale tra la comunità cristiana e il mondo ostile. Poiché la comunità cristiana è una minuscola e impotente minoranza d'interno della sua cultura, 1'Apocalisse simpatizza pie- namente con gli elementi perseguitati e marginali della società. Que- sto aspetto è stato sviluppato nella maniera più piena da Elisabeth Schussler Fiorenza nelle sue varie opere sull'Apocalisse:

«L'autore dell'Apocalisse ha adottato la "prospettiva dal bas- so" e ha espresso le esperienze di coloro che erano poveri, im- potenti e che vivevano nel continuo timore di essere denuncia- ti. Il mondo visionario dell'Apocalisse risponde all'esperienza e alla difficile situazione di quei cristiani che erano impotenti ri- spetto ai poteri politici del loro tempo»>26.

La pungente critica mossa dal libro alla ricchezza e all'attività commerciale è una espressione di questa prospettiva sociale.

Terzo, in corrispondenza a questa divisione sociale notiamo un grande senso di solidarietà all'ifiterno della comunità dei credenti. Solo i seguaci di Gesù hanno rifiutato il sigillo delia Bestia e solo essi possono comprendere il pieno significato dell'oscuro simboli- smo apocalittico dell'opera. Le loro voci si uniscono al coro celeste di lode, inoltre essi gioiscono con le schiere celesti per la distruzione degli oppressori:

«Rendiamo grazie a te, Signore Dio, Onnipotente, che sei e che eri, poiché hai posto mano d a tua infinita potenza e hai instaurato il tuo regno.

E. Schussler Fiorenza, Revelation, op. cil., p. 128. Vedi anche Id., The Book of Rmela- tion: Justice and]udgment, Fortress, Philadelphia 1985.

Parte prima

Sì, le nazioni si sono adirate, ma è giunta la tua ira, è giunto il tempo di giudicare i morti, di dare il premio ai tuoi servi, profeti e santi, e a quanti temono il tuo nome piccoli e grandi, e di far perire per sempre quelli che sconvolgono la terra>> (Ap 11,17-18).

È questa celebrazione della distruzione dei malvagi che ha spin- to Nietzsche a leggere il libro come una «esplosione di spirito di vendetta». C'è della verità in questa caratterizzazione; trovare ciò moralmente problematico è cosa che dipende fino a un certo pun- to dal fatto se prestiamo orecchio con simpatia alle vittime del- l'oppressione o se, come Nietzsche, le guardiamo con disprezzo. In ogni caso, non troviamo traccia nell'Apocalisse di un imperativo di amare i nemici. I confini tra la Chiesa e il mondo sono chiaramen- te definiti e assoluti; in questo mondo simbolico il nemico è sem- plicemente dipinto come demoniaco.

Quarto, il senso dell'urgenza escatohgica è molto forte nel mon- do dell'Apocalisse. Gli eventi cataclismatici profetizzati accadran- no molto presto, e l'ordine esistente delle cose è perciò inconsi- stente. Questa è la ragione per cui l'autocompiacimento della Chie- sa di Laodicea non solo è riprovevole, ma anche folle. Gesù dice: «Ecco: vengo presto; con me ho la mercede che darò a ciascuno se- condo le sue opere» (Ap 22,12).

Quinto, in contrasto con questa percezione dell'inconsistente or- dine dello status quo, I'Apocalisse manifesta una profonda fiducia sotterranea nell'ordine morale dell'universo. Ciò è caratteristico del genere apocalittico, che si occupa a fondo di temi della teodicea, -

unitamente al problema di chi alla fine dominerà sul mondo27. Le anime di coloro che sono stati «uccisi a causa della parola di Dio e della testimonianza da loro data» gridano a Dio: «Fino a quando, o Signore, tu che sei santo e verace, non farai giustizia vendicando il nostro sangue sugli abitanti della terra?» (Ap 6,9-10). A loro vie- ne detto di attendere ancora un po', ma il racconto nel suo com- plesso risponde così alla loro domanda: a tempo debito Dio rego- lerà tutti i conti e metterà tutto a posto. I malvagi che prosperano

W. Schrage, The Ethics of the New Testament, op. cit., p. 33 1

Apocalisse - Resistenza d a bestia 281

saranno puniti, e i giusti che soffrono saranno ricompensati; la lo- gica è esattamente quella delle beatitudini e dei guai di Luca (Lc 6,20-26). Dio non è capriccioso o arbitrario; alla fine Ia sua giusti- zia prevarrà.

Sesto, poiché il mondo è al presente sotto il dominio di poten- ze ostili a Dio e ai santi, la giustizia di Dio provocherà necessaria- mente un capovolgimento radicale. Uno degli scopi principali del- la profezia rivelatoria consiste nel manifestare la verità sul mondo dalla prospettiva di Dio e, quindi, nel riformare il modo in cui h co- munità concepisce la realtà. A proposito di questo aspetto dell'in- flusso dell'Apocalisse, Wayne Meeks scrive:

«Lo scopo di questo scritto è quello di capovolgere le cose nel- la percezione dei suoi lettori, di privare l'ordine stabilito del potere più fondamentale di tutti, cioè della sua patente hiiudhrd. La strategia morale dell'Apocalisse consiste quindi nel distrug- gere il buon senso come guida per la vitmZ8.

Essa, al fine di infrangere il potere ingannatore di Satana, deve re-immaginare il mondo; ed è quel che fa. La sua potenza imma- ginifica annichila la struttura plausibile su cui lo status quo poggia e la sostituisce con la visione di un nuovo mondo. L'autorità del- l'impero romano è così delegittimata, e viene preparata la via su cui la comunità può ricevere la verità circa l'ordine futuro di Dio. Le implicazioni di tutto questo sono di vasta portata e ci dicono, ad esempio, che il deprezzamento dell'Apocalisse, espresso da J. T. Sanders, come di un libro che incoraggia a disinteressarsi dei pro- blemi sociali e politici, è troppo frettoloso. Assai diversa è invece l'analtsi della sua testimonianza politica fatta da Oliver O'Donovan:

«L'Apocalisse ci infonde la speranza che nella vita, che siamo chiamati a vivere con Cristo, possiamo sperimentare, come una realtà sociale, l'autorità della verità e della giustizia persistente- mente negataci dalla nostra esperienza della società politica sul- la terra. Dobbiamo prendere in considerazione le implicazioni di questo fatto. Se è giusto dire che la base di un nuovo ordine del- la società è la parola di giudizio pronunciata da Dio in Cristo, ne consegue che la testimonianza che proclamò quella parola per

W. Meeks, The Mora1 World of the First Christians, op. nt., p. 145.

282 Parte prima . sfzdare Z'ordine politico prevalente non operava ajjcatto in modo an- tipolitico, ma poneva a confronto un falso ordine politico con la fondazione di un ordine nuovo. Giovanni è perciò un sostenito- re del punto di vista che vede la critica fondata sulla verità come un genuino impegno politico»>29.

In particolare, come abbiamo detto, la critica mossa dall'Apoca- lisse al falso ordine politico prevalente è una critica mossa d 'uso ingiusto e oppressivo della ricchezza e del potere. Nelle parole di Schussler Fiorenza, <d'Apocalisse costruisce un mondo visionario che sfida il discorso simbolico del potere egemonico e colonizza- tore di Roma»>3o. Nessuno può entrare con l'immaginazione nel mon- do narrato da questo libro e rimanere favorevole alle cose così co- me esse sono nel mondo ingiusto.

Questo significa che 1'Apocalisse può essere letta nel modo giu- sto solo da coloro che lottano attivamente contro l'ingiustizia. Se 1'Apocalisse è un documento di resistenza, i1 suo significato di- venterà chiaro solo a quanti sono impegnati nella resistenza. Non è un caso che le letture moderne più vigorose dell'Apocalisse siano venute da interpreti collocati in posizioni socialmente marginaliz- zate, che cercavano di chiamare la Chiesa a schierarsi in favore di movimenti anticulturali di resistenza, come per esempio Martin Luther King Jr., William Stringfellow e Alan Boesak31. Qualcosa di molto strano avviene quando questo testo cade neile mani di letto- ri che vivono in seno a una comunità nel suo insieme ricca e po- tente: esso diventa una miniera d'oro per fantasie paranoidi e per quelli che vogliono predicare vendetta e distruzione. Perciò, co- me Schussler Fiorenza insiste nel dire, «l'Apocalisse darà una ri- sposta teo-etica adeguata solo in quelle situazioni sociopolitiche che gridano contro In nessun caso questo tipo di lettu- ra dell'Apocalisse fu significativamente attuato come nel semplice inno V e Shall Overcome («Vinceremo») del movimento dei diritti

" O. O'Donovan, The Political Thought of the Book of Revelation, art. nt., p. 90; il cor- sivo è mio.

'O E. Schussler Fiorenza, Revelation, op. cit., p. 124. " M. L. King Jr., Letter from Bimingham City Jail, American Friends Service Commitee,

Phiiadelphia 1963 (trad. it., Lettera dal carcere di Birmingham. Pellegrinaggio alla non vio- lenza, Azione Nonviolenta, Verona 1993); W. Stringfellow, An Ethicfor Chrrstians and Other Aliens in a Strange Land, op. cit.; A. Boesak, Comfort and Protest: Refections on the Apo- calypse of the John of Patmos, Westminster, Phiiadelphia 1987.

' 2 E. Schussler Fiorenza, Revelation, op. cit., p. 139.

Apocalisse - Resistenza d a bestia 2 83

civili degli USA. Il termine «overcome» fu preso dalla traduzione che la King James Version propone del verbo nikan, spesso usato nell'Apocalisse e tradotto nella maggior parte delle versioni mo- derne con «c~nquistare»'~. Il termine è usato nella promessa a mo' di ritornello, che conclude ognuna delle lettere indirizzate alle sette Chiese. Per esempio: «Colui che vincerà lo farò sedere con me sul mio trono, proprio come io ho vinto e perciò mi sono assiso in- sieme al Padre mio sul suo trono» (Ap 3,2 1). I marciatori per la pa- ce delle Chiese nere, quando si tenevano per mano e cantavano «<We shall overcome somedap> (Un giorno vinceremo), esprimevano la loro fede che, malgrado la loro mancanza di potere politico con- venzionale, la testimonianza da loro resa alla verità avrebbe pre- valso sulla violenza e sull'oppressione. L'impegno del movimento in favore della resistenza non violenta giustificava più che mai I'al- lusione all'Apocalisse: anche se i marciatori fossero stati picchiati e uccisi, essi avrebbero vinto il mondo rimanendo pacifici, così co- me l'Agnello l'aveva vinto prima di loro. Questo esempio non è esat- tamente «esegesi» dell'Apocalisse nel senso stretto del termine, ma illustra la posizione sociale da cui il testo può essere letto nel mo- do appropriato.

Infine, il significato etico permanente del17Apocalisse è un pro- dotto della sua ricca immaginazione. Il testo è pieno di energia teo- poetica, espressa nei suoi numerosi canti di lode e di adorazione. Non è un caso che Milton abbia tratto ispirazione da questo li- bro, o che Haendel abbia trovato le liriche per i cori principali del Messia («AUeluia» e «Degno è l'Agnello») nella poesia dell'A- pocalisse: <<Il regno di questo mondo è diventato il regno del no- stro Signore e del suo Cristo, ed egli regnerà nei secoli dei secoli» (basato su Ap 11,15). Cantare un canto del genere è un atto poli- tico, e il potere politico dell'atto è grandissimo, perché è cantato e perché altri possono unirsi al coro e fissarlo nella memoria uditiva. Cosa interessante, 1'Apocalisse si apre con una benedizione su co- loro che agiscono così: «Beato colui che leggerà ad alta voce le pa- role di questa profezia e beati quelli che ascolteranno e metteranno in pratica ciò che in essa è scritto» (Ap 1,3). Quest'opera, per fare pienamente effetto, deve essere letta ad alta voce; questo è il tipo -

33 Le statistiche deila ricorrenza di questo verbo nel Nuovo Testamento sono le seguen- ti: esso ricorre diciassette volte nell'Apocalisse, sei volte in 1 Giovanni e solo cinque volte nel resto del Nuovo Testamento (una in Luca, una in Giovanni e tre volte in Romani).

2 84 Parte prima

di testo che essa è, come il copione di un atto teatrale, un atto in cui i lettori si trovano a essere ora gli attori. Malgrado la stranezza e l'oscurità dell'Apocalisse a livello della ragione lineare, la sua vi- vacità immaginifica ne ha fatto una fonte perenne dell'arte e della liturgia della Chiesa e ha quindi fornito la forza per sostenere la co- munità nel contrasto con un mondo fervidarnente adorante la Be- stia. Chi ha orecchi per intendere, intenda.