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Linking a contenuti non autorizzati: Facebook condannata Tribunale, sez. XVII civile, sentenza 15/02/2019 n° 3512 di Michele Iaselli Pubblicato il 22/02/2019 Il Tribunale delle Imprese di Roma con decisione del 15 febbraio 2019, n. 3512 ha accertato la responsabilità del social network Facebook per la intervenuta pubblicazione di contenuti audiovisivi di terzi tramite link non autorizzati conducenti ad una piattaforma terza (YouTube). Nel 2012 veniva creata una pagina su FB avente ad oggetto il cartoon Kilari. Nella pagina FB venivano postate immagini della cantante della sigla (V Ponzone) e dei link che conducevano -su YT- a video riproducenti la sigla del cartone. Insieme a pesantissimi insulti rivolti all'interprete e alla stessa RTI. Nonostante l'invio di almeno tre diffide, FB ha mantenuto pubblica la pagina in questione per oltre due anni. Il tribunale ha recepito integralmente il decisum della giurisprudenza della CGUE in tema di pubblicazione di opere di terzi tramite attività di linking non autorizzato dal titolare dei diritti (la sentenza C-527/15 sul caso "Filmspeler" e la recentissima sentenza C-161/17 sul caso Renckhoff del 7 agosto 2018). Più precisamente l'attività di linking non autorizzato rappresenta, pertanto, un atto di comunicazione al pubblico che, come tale, presuppone -ai fini dell'utilizzo dei materiali protetti- la preventiva autorizzazione del titolare dei diritti. Ne segue che “la conoscenza dell'illiceità dei dati memorizzati, comunque acquisita (anche mediante un'informazione fornita dalla persona lesa), fa sorgere la responsabilità civile e risarcitoria del prestatore di servizi”. L'inerzia protratta in modo ingiustificato è sempre fonte di responsabilità, indipendentemente ed ancor prima dall'esistenza di un ordine dell'Autorità, come ripetutamente affermato dalla Corte di Giustizia. Quindi, a prescindere dal ruolo svolto nel caso concreto da Facebook, “anche il cd. hosting provider passivo non appena ricevuta la notizia dell'illecito commesso dai fruitori del suo servizio, deve attivarsi al fine di consentire la pronta rimozione delle informazioni illecite immesse sul sito o per impedire l'accesso ad esse, in quanto egli é tenuto a svolgere la propria attività economica nel rispetto di quella diligenza che è ragionevole attendersi per individuare e prevenire le attività illecite specificamente denunciate”. (Altalex, 22 febbraio 2019. Nota di Michele Iaselli) ( da www.altalex.com )

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Tribunale, sez. XVII civile, sentenza 15/02/2019 n° 3512

di Michele Iaselli

Pubblicato il 22/02/2019

Il Tribunale delle Imprese di Roma con decisione del 15 febbraio 2019, n. 3512 ha accertato la

responsabilità del social network Facebook per la intervenuta pubblicazione di contenuti audiovisivi di

terzi tramite link non autorizzati conducenti ad una piattaforma terza (YouTube).

Nel 2012 veniva creata una pagina su FB avente ad oggetto il cartoon Kilari. Nella pagina FB venivano

postate immagini della cantante della sigla (V Ponzone) e dei link che conducevano -su YT- a video

riproducenti la sigla del cartone. Insieme a pesantissimi insulti rivolti all'interprete e alla stessa RTI.

Nonostante l'invio di almeno tre diffide, FB ha mantenuto pubblica la pagina in questione per oltre due

anni.

Il tribunale ha recepito integralmente il decisum della giurisprudenza della CGUE in tema di

pubblicazione di opere di terzi tramite attività di linking non autorizzato dal titolare dei diritti (la

sentenza C-527/15 sul caso "Filmspeler" e la recentissima sentenza C-161/17 sul caso Renckhoff del 7

agosto 2018). Più precisamente l'attività di linking non autorizzato rappresenta, pertanto, un atto di

comunicazione al pubblico che, come tale, presuppone -ai fini dell'utilizzo dei materiali protetti- la

preventiva autorizzazione del titolare dei diritti.

Ne segue che “la conoscenza dell'illiceità dei dati memorizzati, comunque acquisita (anche mediante

un'informazione fornita dalla persona lesa), fa sorgere la responsabilità civile e risarcitoria del

prestatore di servizi”. L'inerzia protratta in modo ingiustificato è sempre fonte di responsabilità,

indipendentemente ed ancor prima dall'esistenza di un ordine dell'Autorità, come ripetutamente

affermato dalla Corte di Giustizia.

Quindi, a prescindere dal ruolo svolto nel caso concreto da Facebook, “anche il cd. hosting provider

passivo non appena ricevuta la notizia dell'illecito commesso dai fruitori del suo servizio, deve attivarsi

al fine di consentire la pronta rimozione delle informazioni illecite immesse sul sito o per impedire

l'accesso ad esse, in quanto egli é tenuto a svolgere la propria attività economica nel rispetto di quella

diligenza che è ragionevole attendersi per individuare e prevenire le attività illecite specificamente

denunciate”.

(Altalex, 22 febbraio 2019. Nota di Michele Iaselli)

( da www.altalex.com )

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