Antonietta Pascalone - L’olio extravergine d’oliva: un bene prezioso per la salute
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Transcript of Antonietta Pascalone - L’olio extravergine d’oliva: un bene prezioso per la salute
1
Indice analitico
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI “ALDO MORO”
Corso di Formazione “Valutazione Nutrizionale e Salutistica di Prodotti
Agroalimentari”.
APQ Ricerca – Progetto Strategico POR CIP_ PS101
Finanziato dalla Regione Puglia
Coordinatore Scientifico: Prof. Sergio Papa
Responsabile Amministrativo: Prof. Michele Lorusso
Formando: Antonietta Pascalone
________________________
Dipartimento di Scienze Mediche di Base-Dipartimento Interdisciplinare di Medicina -
Facoltà di Medicina e Chirurgia - Università degli Studi di Bari “A. Moro”;
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali – Università del Salento –
Lecce;
Istituto di Fisiologia Clinica, CNR – Lecce.
L’olio extravergine d’oliva: un bene prezioso per la salute
2
1) ANALISI CHIMICA DEI COSTITUENTI MINORI DELL’ OLIO
EXTRAVERGINE D’OLIVA…………….…………………………………………………..pag.2
1.1 Costituenti minori…………………………………………………………………….pag.3
1.2 Valutazione dei tocoferoli presenti nell’olio vergine d’oliva……..pag.8
2) VALUTAZIONE BIOCHIMICA E BIOLOGICO- MOLECOLARE DEL
VALORE ANTIOSSIDANTE DEI COSTITUENTI MINORI E
DELL’IMPATTO SULLA BIOENERGETICA………………………………….pag. 9
2.1 Proprieta’ antiossidanti dei composti fenolici e dei tocoferoli
contenuti nell’olio vergine d’oliva…………………………………….pag. 10
2.2 Proprietà biologiche dei tocoferoli contenuti nell’olio vergine
d’oliva……………………………………………………………………………………….pag. 12
3
3)VALUTAZIONE CHIMICA DEL POTERE SALUTISTICO DEGLI OLI
EXTRAVERGINE D’OLIVA………………………………………………………………pag. 14
4)VALUTAZIONE ORGANOLETTICA SENSORIALE : PREGI E DIFETTI
DELL’OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA……………………………………………pag. 22
4.1 Analisi sensoriale dell’olio d’oliva: metodo valutazione organolettica
dell’olio d’oliva…………………………………………………………..pag. 23
4.1.1 Attributi negativi…………………………………………………………………..pag. 23
4.1.2. Attributi positivi…………………………………………………………………pag. 23
4.1. 3 Altri attributi negativi………………………………………………………..pag. 24
4.2 Sala d’assaggio: accessori………………………………….........................pag. 24
4
4.3 Metodologia: Procedura da seguire per la classificazione dell’olio d’oliva
vergine in funzione del livello di percezione dei difetti………………pag. 25
4.3.1 Uso del foglio di profilo da parte dell’assaggiatore………………pag. 25
4.3.2 Uso dei dati da parte del capo panel……………………………………pag. 25
4.4 Metodo di classificazione dell’olio…………………………………………..pag. 25
5)PROCEDURE PER LA PRODUZIONE DELL’OLIO EXTRAVERGINE
D’OLIVA……………………………………………………………………………………………pag. 28
5.1 Raccolta………………………………………………………………………………….pag. 30
5.2 Defogliazione e Lavaggio…………………………………………………………pag. 31
5.3 Molitura e Frangitura……………………………………………………………pag. 32
5
5.4 La produzione dell’olio extra-vergine………………………………………pag. 33
5.4.1 Gramolazione……………………………………………………………………..pag. 33
5.4.2. Separazione………………………………………………………………………..pag. 34
5.4.3. Conservazione…………………………………………………………………….pag. 36
5.4.4. Filtrazione…………………………………………………………………………..pag. 37
Bibliografia ……………………………………………………………………………………………….pag. 46
6
1) ANALISI CHIMICA DEI COSTITUENTI MINORI DELL’ OLIO
EXTRAVERGINE D’OLIVA;
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1.1 Costituenti minori
I costituenti minori dell’olio extravergine d’oliva fanno parte della cosiddetta frazione
insaponificabile e rappresentano circa l’1-2% dell’olio.
Mentre i componenti maggiori, con qualche eccezione di ordine quantitativo, sono pressoché
uguali in tutti gli oli di oliva, i componenti minori, subiscono variazioni qualitative e quantitative
molto importanti tali da comportare una netta differenziazione (organolettica, nutrizionale,
dietetica e merceologica).
I componenti minori corrispondono a più di 230 sostanze chimiche appartenenti a diverse classi
come alcoli alifatici e terpenici, steroli, cere, idrocarburi, carotenoidi, pigmenti, vitamine
liposolubili, tocoferoli, e sostanze fenoliche. Sono presenti anche molti composti volatili, ne sono
stati identificati più di 180, che sono alla base dell’aroma dell’olio extravergine di oliva.
I carotenoidi e le clorofille sono i pigmenti che caratterizzano il colore dell’olio. Tra gli alcoli
triterpenici i più importanti sono il cicloartenolo e il 24-metilencicloartenolo; tra gli steroli, in
particolare -sitosterolo, campesterolo, stigmasterolo, sia liberi, sia esterificati mentre risulta
quasi assente il colesterolo.
Tra gli idrocarburi è presente lo squalene.
Nella frazione insaponificabile ritroviamo in particolari i cosidetti antiossidanti naturali degli oli
vergini di oliva rappresentati dai caroteni, tocoferoli e sostanze fenoliche idrofiliche. I tocoferoli
(vitamina E), dell’olio extra vergine di oliva sono costituiti in prevalenza dall’α-tocoferolo che
rappresenta circa il 90% dei tocoferoli totali e da quantità minori di ß- tocoferolo, γ-tocoferolo e
δ-tocoferolo.
I composti fenolici dell’olio vergine di oliva si possono classificare in fenil-acidi, fenil-alcoli,
flavonoidi, secoiridoidi e lignani.
Questi composti si originano durante il processo di estrazione meccanica dell’olio dai polifenoli
glucosidici presenti nell’oliva.
I fenil-acidi, fenil-alcoli e flavonoidi, sono presenti in molti frutti e specie vegetali invece i
secoridoidi tra i quali i più abbondanti sono oleuropeina, demetiloleuropeina e verbascoside sono
dei composti esclusivi delle piante appartenenti alla famiglia delle olearupeace che includono Olea
europea L..
I composti fenolici classificati come secoiridoidi sono caratterizati dal punto di vista chimico dalla
presenza di acido elenolico e dai sui derivati.
I principali fenil-alcoli presenti nell’olio vergine d’oliva sono (3,4 Diidrossifenil) etanolo (3,4-
DHPEA) e (p-idrossifenil) etanolo (p-HPEA) le loro concentrazioni sono generalmente basse
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nell’olio appena estratto e tendono ad aumentare durante lo stoccaggio, ciò è da imputare a
processi di idrolisi a carico dei secoridoidi.
Recentemente nell’olio vergine di oliva sono stati identificati e caratterizzati un altro gruppo di
sostanze fenoliche i lignani:(+)-1-acetossipinoresinolo, (+)-1pinoresinolo e (+)-1-
idrossipinoresinolo.
I componenti minori più interessanti dal punto di vista salutistico sono i polifenoli.
Il contenuto fenolico totale dell’olio vergine di oliva viene determinato utilizzando un metodo
colorimetrico.
L’insieme dei composti fenolici viene ossidato dal reattivo di Folin Ciocalteau, costituito da una
miscela di acido fosfotunstico e acido fosfomolibdico che si riduce in una miscela di ossidi blu di
tungsteno e molibdeno grazie all’ossidazione dei fenoli. La colorazione blu prodotta ha un
massimo assorbimento intorno a 750 nm.
La determinazione si effettua sull’estratto metanolico ottenuto dall’olio vergine di oliva.
Per ottenere l’estratto metanolico 10 ml di una soluzione metanolo/acqua (80:20 v/v) viene
miscelata con 10 gr di olio di oliva, la miscela viene poi agitata per 30 minuti e dopo un’attesa di
ulteriori 15 minuti centrifugata.
Dopo la centrifugazione viene raccolto il surnatante (estratto metanolico) dove sono presenti le
sostanze fenoliche.L’estrazione viene ripetuta per due volte.
L’estratto metanolico così ottenuto viene posto in congelatore a per 24 h a -20 °C e poi filtrato per
permettere la decantazione dell’olio residuato nel estratto metanolico.
Ad 1ml di estratto metanolico così ottenuto vengono aggiunti 10 ml di reattivo Folin-Ciocalteau
1:10 e 9 ml di soluzione al 7,5% di Na2CO3 per creare l’ambiente basico.
Dopo due ore si può effettuare la lettura allo spettrofotometro a 765 nm , utilizzando come
bianco una miscela formata da 10 ml di reattivo di Folin, 9 ml della soluzione al 7,5% di Na2CO3 e
1ml della miscela metanolo /acqua
Un’analisi più dettagliata a livello molecolare viene effettuata applicando tecniche separative.
Tra queste le più usate sono le tecniche cromatografiche ed in particolare l’HPLC.
La cromatografia è un metodo chimico-fisico di separazione che sfrutta la tendenza delle varie
sostanze a distribuirsi, secondo determinati rapporti, tra due fasi distinte e separate, di cui una è
mantenuta fissa e l’altra è mobile.
Dal punto di vista teorico la cromatografia si basa su principi teorici diversi, tra cui l’adsorbimento,
la ripartizione e lo scambio ionico.
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Ciascuno di questi, a sua volta, può essere sfruttato con equipaggiamenti strumentali molto
diversi, che vanno da un semplice foglio di carta porosa che pesca in una bacinella contenente
solvente, a sistemi elettronici computerizzati.
Un’ evoluzione della cromatografia su colonna in fase liquida ha trasformato le semplice colonnina
di vetro contenente la fase fissa,in apparecchi elettronici complessi.
Questa nuova tecnica viene solitamente indicata come cromatografia liquida ad alte prestazioni o
anche cromatografia liquida ad alte pressioni o più comunemente HPLC.
I principi del HPLC sono sempre quelli dell’adsorbimento e della ripartizione, ma le fasi stazionarie
sono impaccate in colonne chiuse, con materiali di granulometria molto e controllata: in tal modo
viene aumentata la superficie di contatto fra fase mobile e fase stazionaria e l’impaccamento
diviene più omogeneo.
Di solito si usano colonne rettilinee lunghe 20-50 cm e con un diametro di 1-4 mm, anche se
attualmente sono disponibili colonne capillari di diametro inferiore.
Utilizzando queste colonne è necessario che la fase mobile venga fatta fluire ad alta pressione
perché, attraverso colonne con impaccamento a granulometria così fine, il flusso dell’eluente
diventa molto lento.
Con l’impiego di pompe particolari, capaci di applicare pressioni di 50-150 atm, diventa possibile
ottenere flussi di alcuni ml/min, sufficienti ad ottenere l’eluizione in tempi ragionevolmente brevi.
Le fasi stazionarie utilizzate per la separazione dei composti fenolici contenuti nell’olio vergine di
oliva lavorano in fase inversa ovvero, sono meno polari della fase mobili.
Le fasi stazionari inverse usate sono in genere formate da silice su cui sono legati dei gruppi non
polari. I gruppi non polari che più spesso si trovano legati alla superficie del supporto sono i gruppi
organici –CH. Di questi il gruppo a 18 atomi di carbonio (gruppo ottadecil) è il più frequente.
I nomi comunemente usati per questo tipo di fase stazionaria sono ODS e C18. Con questo tipo di
fasi stazionarie non polari di solito l’eluizione viene condotta con fase polare, che è quasi sempre
una miscela di solvente polare e di uno apolare, in modo da poterne variare la forza mediante la
composizione. In questo caso saranno le sostanze polari, trascinate dalla fase mobile ad essere
eluite per prime.
Si può poi effettuare una valutazione qualitativa e/o quantitativa della separazione sottoponendo
gli eluiti misurazioni, che possono essere eseguite in contino.
Le misurazioni in continuo possono essere ottenute facendo passare l’eluito attraverso un
rivelatore strumentale.
Il rivelatore registra la variazione di una determinata proprietà dell’eluito mentre questo lo
attraversa.
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Un tipico esempio è la variazione nel tempo dell’assorbanza quando un analita passa attraverso il
rivelatore.
Si può, infatti, osservare un aumento ed una successiva diminuzione (o viceversa) della luce
assorbita rispetto alla linea di base.
Tale variazione si verifica ogni volta che uno dei componenti arriva, attraversa, e lascia il
rivelatore.
Se la variazione nel tempo è registrata su carta, in un grafico, oppure immagazzinata nel file di un
computer, l’immagine è formata da una serie di picchi che prende il nome di cromatogramma.
I rivelatori più usati sono ad assorbimento a serie di diodi a fluorescenza, a indice di rifrazione,
elettrochimico (amperometrico e a conducibilità), a spettrometro di massa.
L’analisi dei picchi cromatografici ci permette di individuare la presenza di uno specifico
componente (analisi qualitativa), e quantificare le sostanze presenti nella miscela (analisi
quantitativa).
L’analisi quantitativa delle sostanze presenti in una miscela in cromatografia può essere valutata,
in base al fatto che il segnale prodotto dal rivelatore è, ad ogni istante, proporzionale al flusso
delle molecole eluite (cioè massa nell’unità di tempo, s = dm/dt), si deduce che la quantità totale
di sostanza eluita sarà data dall’integrale m = ∫s dt cioè dall’area sottesa al picco cromatografico.
Tuttavia la proporzionalità tra aree e concentrazioni sussiste solo nel caso in cui il rivelatore sia
rigorosamente aspecifico.
Quindi bisogna tener conto della risposta di quest’ultimo,nei confronti delle varie sostanze
analizzate, introducendo dei fattori correttivi come standardizzazione interna ed esterna.
Le tecniche HPLC adottate nella separazione e valutazione delle sostanze fenoliche presenti
nell’estratto fenolico differiscono tra loro per il metodo di rivelazione applicato. Il sistema di
rivelazione più usato per l’identificazione delle sostanze fenoliche è quello ad assorbimento a serie
di diodi.
Nel rivelatore a serie di diodi la luce UV proveniente da una lampada a deuterio passa attraverso
una cella a flusso prima che venga scissa nelle sue componenti attraverso un monocromatore a
gradini.
L’intensità della luce trasmessa ad ogni lunghezza d’onda viene misurata simultaneamente
attraverso un sistema di alcune centinaia di fotodiodi.
Un computer può processare, registrare e mostrare gli spettri di assorbimento in continuo durante
l’analisi.
Inoltre si possono registrare i cromatogrammi a ciascuna λ.
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Il rivelatore a serie di diodi risulta essere molto versatile: è possibile selezionare λ che vanno da
190 a 800 nm, mostra elevata sensibilità, (potendo scegliere la λ ottimale (max assorbenza) per un
analita), è piuttosto selettivo, infatti quando si hanno sovrapposizioni di picchi si può variare la λ in
modo tale da minimizzare l’assorbimento degli interferenti.
Il largo uso del detector a serie di diodi per le analisi qualitative e quantitative dell’olio vergine di
oliva è dovuto al fatto che è in grado di fornire spettri di assorbimento, che ci permettono di
identificare con certezza le sostanze fenoliche separate tramite HPLC.
Questo aspetto è molto importante per la valutazione analitica delle sostanze fenoliche presenti
nell’olio vergine d’oliva.
Infatti per effettuare un’analisi quantitativa dei composti fenolici abbiamo bisogno di conoscere il
loro fattore di risposta questo si ottiene iniettando in HPLC gli standard delle sostanze.
Purtroppo in commercio sono disponibili solo gli standard degli acidi fenolici i derivati dei
secoiridoidi e lignani devono essere purificati dall’olio.
Pertanto la purificazione dei lignani e derivati dei secoiridoidi può essere ottenuta utilizzando la
cromatografia HPLC con sistema di rivelazione a serie di diodi in quanto ci permette con certezza
di identificarli e procedere poi alla loro quantificazione.
Lo spettrometro di massa può fornire informazioni qualitative e quantitative sui componenti della
miscela analizzata mediante HPLC o GC.
Per ottenere uno spettro di massa, le molecole portate in fase gassosa, vengono ionizzate.
Gli ioni sono quindi accelerati per mezzo di un campo elettrico e vengono poi separati in base al
loro rapporto massa/carica (m/q).
Le difficoltà di tutti i metodi HPLC-MS derivano dal fatto che in HPLC si utilizzano solventi molto
diversi, in funzione del tipo di analisi, (es. acqua, solventi organici, tamponi); inoltre i flussi in LC
sono molto elevati rispetto a quelli richiesti per lo spettrometro di massa.
Per accoppiare le due tecniche sono pertanto necessarie opportune interfacce che oltre a ridurre i
flussi dovranno consentire anche la vaporizzazione degli analiti mediante riscaldamento.
Le tecniche di LC-MS e GC-MS vista la loro alta sensibilità possono essere utilizzate sia per
compiere analisi qualitative che quantitative dei composti fenolici presenti nell’olio vergine d’oliva.
Tuttavia anche se LC-MS e GC-MS permettono di ottenere ottimi risultati sono poco utilizzati per
compiere le analisi di tipo routinario sui composti fenolici presenti nell’olio vergine di oliva, questo
perché sono degli apparecchi molto costosi e di difficile gestione, per tale motivo si preferisce
l’HPLC accoppiata al rivelatore UV, visto che questo e di facile gestione, e consente di ottenere
buoni risultati a bassi costi.
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Per ottenere l’esatta concentrazione dei composti fenolici presenti nell’olio vergine di oliva, è
indispensabile conoscere i loro fattori di risposta nei confronti del detector utilizzato per rivelarli.
Solitamente la concentrazione delle sostanze fenoliche viene riferita all’acido gallico, acido
caffeico e 3,4 DHPEA (normalmente reperibili in commercio).
1.2 Valutazione dei tocoferoli presenti nell’olio vergine d’oliva.
I metodi di analisi dei tocoferoli presenti nell’olio vergine di oliva sono effettuate essenzialmente
attraverso tecniche di cromatografia, generalmente nell’olio vergine di oliva viene valutata la
concentrazione dell’-tocolferolo in quanto le quantità dell’ß- tocoferolo, γ-tocoferolo e -
tocoferolo sono trascurabili, come già detto nella precedente sezione.
Un tempo, le tecniche cromatografiche più utilizzate per la determinazione dell’-tocoferolo
erano quelle su strato sottile di gel di silice (TLC) accoppiata alla gas cromatografia.
Entrambi i metodi richiedono tuttavia lunghi tempi di analisi con la possibilità che si verifichino
ossidazioni degradative a carico dell’-tocoferolo durante la preparazione del campione.
Recentemente la cromatografia HPLC è stata utilizzata con successo per la determinazione
quantitativa dell’-tocolferolo negli oli vergini di oliva.
Le tecniche HPLC applicate per la determinazione dei tocoferoli differiscono tra loro
essenzialmente per i diversi rivelatori utilizzati.
Il rivelatore più utilizzato che permette di ottenere buoni risultati è senza dubbio quello UV-VIS a
seriedi diodi, operante alla lunghezza d’onda di 294 nm; ultimamente si è diffuso anche l’utilizzo
del detector fluorimetrico settato alle seguenti lunghezze d’onda: 294 nm (energia di eccitazione)
e 330 nm (energia di emissione).
Le fasi stazionarie che si usano per la separazione dei tocoferoli sono polari come ad esempio
ammine, ed il corrispondente uso di fasi mobili tendenzialmente apolari, in questo modo essendo i
tocoferoli sostanze apolari verranno eluiti per primi.
L’analisi HPLC dei tocoferoli viene compiuta su olio preventivamente sciolto in esano.
La separazione dei tocoferoli e molto semplice in quanto non prevede nessuna estrazione dalla
matrice oleosa, infatti il campione di olio viene sciolto in un solvente di solito esano o acetone o
una miscela composta da esano e alcol isopropilico all’99:1 v/v e quindi iniettato in HPLC .
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2) VALUTAZIONE BIOCHIMICA E BIOLOGICO- MOLECOLARE DEL VALORE
ANTIOSSIDANTE DEI COSTITUENTI MINORI E DELL’IMPATTO SULLA
BIOENERGETICA
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2.1 Proprieta’ antiossidanti dei composti fenolici e dei tocoferoli contenuti
nell’olio vergine d’oliva.
I fenomeni di trasformazione a carico della componente lipidica degli oli portano ad uno
scadimento sia dal punto di vista sensoriale che nutrizionale del prodotto,le modificazioni della
componente lipidica sono essenzialmente di tipo idrolitico ed ossidativo.
L’idrolisi, o lipolisi, consiste nella rottura del legame tra il glicerolo ed uno o più degli acidi grassi
ad esso esterificati.
La reazione è catalizzata dalle lipasi endogene presenti nelle olive e dalle lipasi delle muffe
contaminanti; come ogni attività enzimatica la lipolisi avviene in presenza di acqua.
La liberazione di acidi grassi nell’olio è la principale conseguenza della lipolisi ed è misurabile
valutando il grado di acidità di un olio.
L’idrolisi pertanto è un fenomeno di degradazione di un olio extravergine di oliva, anche perché il
contenuto di acidi grassi liberi è un fattore pro-ossidante: oli ad alta acidità presentano una
resistenza all’ossidazione minore rispetto ad oli a bassa acidità.
La degradazione ossidativa è un fenomeno notevolmente più complesso rispetto all’idrolisi. Per
ossidazione, infatti , non si intende una singola reazione chimica, ma il risultato di una serie di
fenomeni (autossidazione, fotossidazione si sviluppa a carico dei pigmenti presenti nell ‘olio
vergine d’oliva provocando cambiamenti di colore , ossidazione enzimatica o “via della
lipossigenasi” porta alla formazione di composti volatili, quali aldeidi,alcoli ed esteri a sei atomi di
carbonio.
Tali composti volatili conferiscono all’olio caratteristiche sensoriali positive (aroma e “flavor”) che
si verificano a carico degli acidi grassi sia liberi che esterificati con il glicerolo.
L’autossidazione è un processo radicalico a catena in tre fasi: iniziazione, propagazione e
terminazione.
La fase di iniziazione è costituita da serie di reazioni che portano alla formazione di radicali liberi
(R.) a partire da acidi grassi (RH) prevalentemente insaturi, in presenza di attivatori quali le alte
temperature, la luce e i metalli.
Maggiore è il grado di insaturazione di un acido grasso maggiore è la sua suscettibilità alla fase di
iniziazione.
La fase di propagazione è costituita da una serie di reazioni di ossidazione dei radicali liberi che
implicano la presenza di ossigeno e di acidi grassi (R*H); i prodotti che si ottengono sono radicali
liberi (R.*) e idroperossidi (ROOH), che vanno successivamente incontro a reazioni di
decomposizione formando vari composti, tra cui altri radicali.
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I prodotti finali sono aldeidi e chetoni a 7-10 atomi di carbonio, alcuni dei quali responsabili dei
“flavor” negativi tipici di un olio rancido.
La fase di terminazione è costituita da una serie di reazioni nelle quali i radicali liberi si associano
per dare composti non radicalici oppure reagiscono con un composto antiossidante, come le
sostanze fenoliche e in misura minore i tocoferoli.
La conseguente riduzione dei radicali lipidici ostacola la propagazione dell’autossidazione lipidica,
quindi la qualità dell’olio vergine di oliva è strettamente legata all’attività antiossidante svolta
dalle sostanze fenoliche idrofiliche in esso contenute.
In questo senso numerosi studi sono stati condotti sulle proprietà antiossidanti delle sostanze
fenoliche presenti nell’olio vergine d’oliva: da questi studi è emerso che la concentrazione totale
dei composti fenolici, valutata colori metricamente sull’estratto metanolico ottenuto dall’olio ed
espressa come polifenoli totali , è strettamente correlata con lo shelf-life dell’olio stesso..
Il potere antissodante dei polifenoli totali contenuti nell’olio vergine di oliva viene dosata con il
metodo (ORAC) che esprime la capacità di assorbire l’ossigeno radicale.
I metodi per la determinazione della stabilità ossidativa degli oli (shelf-life), sono basati
essenzialmente sulla velocità di assorbimento dell’ossigeno da parte di queste sostanze messe a
contatto con l’aria.
Tale assorbimento di ossigeno può essere valutato indirettamente valutando la quantità di
perossidi o di altri prodotti di dissociazione ottenuti durante la fase di ossidazione.
Tra i metodi indiretti, quello storicamente più utilizzato risulta essere quello all’ossigeno attivo,
AOM (Active Oxygen Method), la quale sfrutta la determinazione del numero di perossido in
condizioni controllate, tale metodica,però,ha come principale svantaggio l’elevato tempo
necessario per l’analisi, nonché l’impossibilità di automatizzare l’intero procedimento.
Per questo si preferisce il metodo diretto tramite l’apparato di Warburg metodo Rancimat.
Dalla correlazione dei dati ORAC e Rancimat si è potuto stabilire che i composti fenolici riducono
l’ossidazione dei trigliceridi presenti nell’olio vergine di oliva preservandone nel tempo la qualità.
Lo studio dell’attività antiossidante di alcuni composti fenolici dell’olio vergine d’oliva quali, 3,4-
DHPEA, p-HPEA e acidi fenolici (acido caffeico, acido ferulico, acido siringico, acido vanillico) ha
messo in evidenza che il 3,4-DHPEA ha potere antiossidante maggiore rispetto agli altri composti
sopra elencati .
L’attività antiossidante dei composti fenolici è stata studiata da Baldioli et al. nel 1996; in questa
ricerca i derivati dei secoiridoidi sono stati isolati dall’olio e successivamente miscelati ad olio
rettificato (privo di composti fenolici), la miscela è stata successivamente analizzata con il
Rancimat test.
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I risultati ottenuti con il test hanno dimostrato che gli orto-difenoli quali 3,4-DHPEA, 3,4-DHPEA-
EDA e 3,4-DHPEA-EA posseggono un alto potere antiossidante rispetto al p-HPEA e ai tocoferoli.
Quindi se ne deduce che il 3,4- DHPEA e tutti i derivati, dei secoiridoidei che contengono questo
composto nella loro struttura molecolare (3,4-DHPEA-EDA e 3,4 DHPEA-EA) hanno un’elevata
azione antiossidante, proteggendo i trigliceridi dell’olio vergine di oliva dei fenomeni di natura
ossidativa.
La correlazione tra contenuto di lignani e stabilità dell’olio vergine di oliva è piuttosto controversa
infatti alcuni autori sostengono che la concentrazione dei lignani sia relazionata con l’attività
antiossidante.
Per contro altri autori asseriscono che non vi sia relazione tra contenuto dei lignani e del shelf life
dell’olio vergine d’oliva.
Negli ultimi anni sono stati condotti degli studi sul comportamento dell’olio vergine di oliva e in
particolare della frazione fenolica ad esso associata durante i processi di cottura e di frittura.
Da queste ricerche si è avuta un’ulteriore conferma del ruolo che esplicano i derivati
dell’oloeuropeina quali 3,4-DHPEA-EDA e 3,4-DHPEA-EA nei confronti della stabilità dell’olio
vergine di oliva. Infatti questi composti durante i processi di cottura subiscono un sostanziale e
brusco decremento preservando l’olio che li contiene da fenomeni di natura ossidativa.
Al contrario p-HPEA e i derivati del ligustro side come p-HPEA-EDA e p-HPEA-EA e i lignani
contenuti in olio vergine d’oliva, mostrano una notevole stabilità nei confronti dei processi di
cottura, confermando in questo modo il loro scarso effetto sulla stabilità dell’olio vergine di oliva.
2.2 Proprietà biologiche dei tocoferoli contenuti nell’olio vergine d’oliva.
Come già visto in precedenza i tocoferoli (vitamina E) rivestono un ruolo importante quali
antiossidanti naturali, responsabili della conservabilità e della stabilità nel tempo dell’olio in cui
sono contenuti, anche se in misura molto minore rispetto alle sostanze fenoliche. Essi, inoltre, in
sinergia con i composti fenolici, svolgono un ruolo fondamentale nel mantenere l’integrità delle
membrane cellulari biologiche evitando la formazione di radicali liberi e rallentando il fenomeno
dell’ossidazione delle lipoproteine.
Per cui si è ipotizzato che il potere antiossidante dei tocoferoli fosse responsabile della protezione
nei confronti di alcune malattie cardiovascolari.
A tal proposito, dagli anni ’80 in poi si sono effettuati numerosi epidemiologici per valutare una
potenziale correlazione tra apporto di vitamina E e malattie cardiovascolari.
Tali ricerche basate sulla somministrazione di dosi elevate di vitamina E per almeno due anni,
fornite sotto forma di integratori,piuttosto che di alimenti ricchi di tale sostanza, hanno
dimostrato la riduzione significativa del rischio di coronopatie.
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Per contro è stato dimostrato che integrazioni a breve termine ed a basso dosaggio di vitamina E,
non hanno sortito effetti importanti su queste patologie.
In antitesi con quanto ottenuto, le ricerche di intervento terapeutico finora completate,non hanno
dato una risposta chiara: in uno studio di prevenzione secondaria, condotto dal gruppo italiano
GISSI (Gruppo Italiano Studio Sopravvivenza Infarto Miocardico), la somministrazione di 300 mg
giornalieri di -tocoferolo per 3-5 anni non ha ridotto il rischio di morte o di infarto del miocardio.
Nell’anno 2000 si è concluso un altro studio che ha dimostrato come il trattamento con 268 mg
giornalieri di a-tocoferolo per 1, 4 e 5 anni non sortisca alcun effetto significativo sugli esiti clinici
di pazienti ad elevato rischio di malattie cardiovascolari; nel complesso quindi, le ricerche fin qui
condotte non hanno fornito prove convincenti che consentano di raccomandare l’assunzione di
vitamina E come misura sanitaria generale.
In sintesi, l’attività biochimica manifestata da questa sostanza non è correlabile alle sue proprietà
antiossidanti ma piuttosto sembra essere legata ad effetti diretti sull’espressione genica nei
confronti delle molecole preposte all’adesione o sull’attività di enzimi quali la 5-lipossigenasi e la
chinasi.
18
3) VALUTAZIONE CHIMICA DEL POTERE SALUTISTICO DEGLI OLI
EXTRAVERGINE D’OLIVA.
19
Molte ricerche sono state avviate sui componenti della dieta mediterranea, principalmente olio ,
con l’obiettivo di fornire un contributo alla spiegazione dei loro effetti nella prevenzione primaria
e secondaria di alcune patologie.
Su questa base cercheremo di fare un breve excursus sulle proprietà antiossidanti dei composti
fenolici presenti nell’olio vergine di oliva .
Il gruppo funzionale caratteristico di questi composti fenolici è un ossidrile (-OH) legato
direttamente a un carbonio di un anello benzenico.
Tale struttura influenza le proprietà di questi composti poiché il gruppo ossidrilico attiva le
reazioni di sostituzione elettrofila nell’anello aromatico in quanto vi è la presenza di elettroni
“mobili” o “disponibili”. Tra le proprietà più significative conseguenti si annoverano l’attività
idrofobica,la formazione di legami idrogeno, la formazione di complessi con i metalli (chelazione),
proteine ed alcaloidi, la formazione di ossidi-esteri, le reazioni di condensazione con gli aldeidi ed
infine, la più importante, le reazioni di ossido-riduzione (redox).
La possibilità di complessare i metalli e di scambiare protoni consente a questi composti di
esercitare una spiccata attività inibitoria nei confronti dei fenomeni ossidativi di tipo enzimatico e
non , in sistemi biologici sia in fase preventiva sia di iniziazione-propagazione, riducendo così lo
“stress ossidativo”.
Ai composti fenolici, sono stati attribuiti effetti rilevanti nella prevenzione primaria e secondaria di
alcuni importanti patologie: cardiovascolari, oncologiche, invecchiamento precoce, degenerative
del sistema nervoso e più recentemente anche nella spermatogenesi, tutte legate alla presenza
eccessiva di “radicali liberi” e pro-ossidanti non radicalici ed ai loro effetti degenerativi.
Al fine di favorire un quadro conoscitivo, seppure sintetico, sulle diverse attività legate agli effetti
biologici in generale ed a quelli nutrizionali in particolare ricordiamo la loro partecipazione ai
seguenti fenomeni:
a)formazione di complessi con ioni metallici (cofattori di enzimi e catalizzatori di processi redox);
b)formazione di molecole complesse con proteine,polisaccaridi ed alcaloidi;
c) formazione di addotti con l’ossigeno ed i suoi derivati instabili quali radicali e pro-ossidanti
(Reactive Oxygen Species o ROS) come indicato nella Tabella .
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Tabella. Alcune importanti specie ossigenate reattive (ROS)per gli organismi
viventi.
Radicali liberi
Radicale ossidrilico *OH
Radicale superossido *O2-
Radicale ossidrico nitrico NO*
Radicale lipidico perossido LOO*
Non Radicali
Acqua ossigenata H2O2
Ossigeno singoletto 1O 2
Acido ipocloroso HCLO
Ozono O3
Le specie reattive dell’ossigeno (ROS) sono responsabili delle reazioni da stress ossidativo
coinvolte in tutte le forme patologiche prima elencate.
Le fonti delle specie reattive dell’ossigeno nell’organismo sono tutte le reazioni conseguenti alla
catena respiratoria, alla fagocitosi, alla sintesi delle prostaglandine, al sistema del citocromo P450,
in tutte queste reazioni una piccola parte dell’ossigeno sfugge alla normale utilizzazione portando
così alla formazione di composti instabili ed altamente reattivi (ROS).
E’ noto che a livello cellulare circa il 5% del metabolismo dell’ossigeno si svolge attraverso reazioni
di riduzione implicanti il trasferimento di un solo elettrone e la formazione a cascata di diverse
forme radicali che endogene (ROO*,*O2-,*OH) ed esogene (NO*,*ONO-2), che principalmente si
situano intorno alla struttura mitocondriale ma possono distribuirsi anche in vari distretti cellulari,
21
in relazione alla loro polarità (neutra nel caso di radicale ossidrilico, polare come anione
superossido).
Nello Schema 1 sono descritte le possibili vie di “fuga” delle diverse forme radicaliche .
Queste sostanze reagiscono con molecole organiche creando così uno stato di “pro-ossidazione”
all’interno della cellula e soprattutto nei suoi diversi compartimenti vitali: tra questi composti la
struttura più reattiva è il radicale ossidrilico la cui semivita è stata valutata in circa 10-9 sec.
La conseguenza di tale fenomeno è che tali composti funzionali divengono essi stessi dei radicali.
Come già ricordato i substrati maggiormente interessati, con effetti e conseguenze patologiche,
sono proteine e lipidi ma anche amminoacidi, acidi nucleici e nucleotidi.
I prodotti di ossidazione delle sostanze lipidiche (idroperossidi ed aldeidi) interagiscono con il DNA
ed alcuni carboidrati.
I danni provocati toccano diversi aspetti della funzionalità primaria e secondaria cellulare
(mutagenesi ed incremento del turnover, decremento delle attività enzimatiche, danni alle
membrane, alterazione delle LDL e delle lipoproteine in generale, alterazione dei recettori-
trasmettitori ed infine riduzione delle viscosità dei fluidi).
Nei confronti di questi meccanismi diversi sono gli interventi che vedono coinvolte le sostanze
fenoliche:
a) Riduzione delle possibilità di avviare la reazione e/o limitarne l’intensità fino
all’interruzione mediante formazione di chelati, eliminazione dell’O2 (“head space”) e
disattivazione dei derivati (scavenger), decomposizione degli idroperossidi in specie non
radicaliche ed assorbimento nell’UV (poliossidazione). Generalmente questo tipo di attività
è mostrata solo se nel mezzo è presente un secondo antiossidante attivo (secondario) ad
azione complementare (sequestrante,riducente).
Da questo punto di vista tutti i polifenoli sono sequestranti (come nel caso della
chelazione). Come riducenti sono abilissimi ad intervenire nei meccanismi di salvaguardia
dell’acido ascorbico in presenza di tocoferolo;
LOO* -tocoferolo ac. ascorbico -r.
fenolo
LOOH -tocoferil- Ra ac. ascorbico
chinone
b) Interruzione della reazione ossidativa (chain-breaking antioxidation) in cui l’antiossidante
reagisce con l’O2 attivo ed il “radicale” (lipidico) e li converte in un composto stabile
(primary antioxidants).
22
Al riguardo preme ricordare che possono sussistere delle condizioni (elevate concentrazioni) in
cui si verifica una perdita di attività antiossidante fino alla inversione, esercitando un’attività
pro-ossidante.
Il diverso potenziale antiossidante delle numerose molecole (poli)fenoliche dipende in parte
dalla stessa struttura molecolare , dalla loro interazione con altre strutture antiossidanti
(effetto sinergico), dalla partizione tra la fase acquosa e quella lipidica in sistemi complessi
come il cibo,ma, più direttamente dalla presenza di gruppi metossilici (*OCH3), di due o più
ossidrili in posizione vicinale (incremento della stabilità dei radicali ossidrilici per formazione di
legami idrogeno intramolecolari).
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Schema 1. Compartimentazione degli organelli cellulari, delle fasi liquide e
distribuzione di antiossidanti e ROS.
Acquosa Intermedia Organica
Vacuoli Mitocondri Membrane
Citoplasma Reticolo Lipoproteine
Vitamina C Stilbeni Vitamina E
Flavonoidi Secoiridoidi Vitamina A
Ac. idrossicinnamici Tannini
Ac. idrossibenzoici
O2
+glucosio *O2 *ONO-2 ROO* *OH
+lipidi Escrezione
+N2 Sovrapproduzione di ROS
Dis
tret
ti c
ellu
lari
e f
asi l
iqu
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D
istr
ibu
zio
ne
de
gli a
nti
oss
idan
ti
24
Come già accennato in precedenza tra le sostanze più recettive a subire l’insulto ossidativo
esplicato dai ROS ricordiamo gli acidi grassi che costituiscono le membrane cellulari e delle
lipoproteine (LDL), le proteine, i peptidi e gli amminoacidi di natura enzimatica , le basi azotate che
formano il DNA e l’RNA.
Le LDL ossidate non sono più capaci di svolgere il loro ruolo (trasporto del colesterolo) quindi sia
accumulano all’interno dei vasi sanguigni, costituendo così la principale causa dell’aterosclerosi.
I danni di natura ossidativi subiti dal DNA sono spesso coinvolti nei processi di cancerogenesi.
I ROS risultano essere coinvolti nei processi infiammatori a carico dell’intestino come la colite
ulcerativa cronica (IBD), in questo caso il danno all’intestino è causato da un’iperproduzione di
ROS da parte dei linfociti che si accumulano sulla superficie epiteliale della mucosa intestinale.
Inoltre la produzione delle specie reattive dell’ossigeno è implicata nel ciclo della ciclo ossigenasi
(COX 2), quest’ultima provoca la produzione di diversi fattori quali (IL1, TNF-, LPS), che sono a
loro volta responsabili di processi infiammatori, IBD e tumori.
Lo stress ossidativo è in stretta relazione con i processi di invecchiamento.
Avendo la necessità di produrre energia, l’organismo produce inevitabilmente ROS durante tutto
l’arco della vita favorendo in questo modo l’invecchiamento.
Tale teoria è stata confermata da studi condotti sui ratti, nei quali si è visto che la formazione della
superossido dismutasi è fortemente aumentata negli individui anziani rispetto a quelli giovani
aggiungere GSH .
Recentemente hanno visto che i danni ossidativi a carico del DNA della substanzia nigra del
cervello aumenta notevolmente in ratti anziani, favorendo in questo modo la progressione di
malattie neurodegenerative come il morbo di Parkinson.
La produzione incontrollata dei radicali liberi dell’ossigeno può provocare gravi danni
all’organismo umano il quale , però si difende, in parte con gli antiossidanti in parte di natura
congenita ed in parte assunti con l’alimentazione.
Si comprende da ciò quanto importante sia migliorare il patrimonio antiossidante ma non
potendo noi influire sulla componente costituzionale, dovremmo cercare di incrementarne
l’assunzione alimentare in modo da mantenere in costante equilibrio la bilancia ossidativa.
Per questa ragione negli ultimi anni i cibi ricchi di composti antiossidanti , frutta,verdura e olio di
oliva hanno ricevuto particolare attenzione , un ruolo molto importante è stato attribuito all’olio
vergine di oliva. L’olio vergine di oliva è un tipico componente della dieta mediterranea: ad esso
sono state attribuite proprietà antitumorali.
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Gli studi condotti dimostrano che un’aggiunta di olio d’oliva nella dieta riduce il rischio di tumori
al seno.
Il risultato è stato poi confermato da studi condotti da altri autori.
L’olio di oliva è risultato essere coinvolto anche nella produzione di altri tipi di tumori che si
originano negli organi più disparati: pancreas, cavità orale ed esofago, colon retto, prostata e
polmoni.
Studi condotti su modelli animali hanno dimostrato che la somministrazione dell’olio di oliva è in
grado anche di contrastare i danni provocati dalle radiazioni UV a carico dell’epidermide e risulta
essere un fattore di prevenzione per il cancro del colon nei ratti.
L’effetto protettivo svolto dall’olio nei confronti di queste gravi malattie viene attribuito alle
sostanze fenoliche k, in particolare all’idrossitirosolo piuttosto che agli acidi grassi insaturi in esso
contenuti.
L’azione protettiva svolta dalle sostanze fenoliche contenute nell’olio sono molteplici, di seguito
verranno elencate le più importanti.
I composti fenolici sono responsabili della riduzione della per ossidazione dei fosfolipidi liposomi
ali, limitano la per ossidazione delle LDL limita l’aggregazione piastrinica che conduce alla
formazione delle placche aterosclerotiche, il fenomeno dell’aggregazione viene attivato dalla
liberazione, del trombossano derivato dall’acido arachidonico per azione della ciclossigenasi in
particolare il 3,4-DHPEA inibisce l’enzima ciclossigenasi in particolare il 3,4 –DHPEA inibisce
l’enzima ciclossigenasi (azione aspirina simile), limitando così l’aggregazione delle piastrine.
Inoltre i composti fenolici impediscono l’ossidazione delle basi azotate del DNA causata dalla
perossido nitrico,la produzione dei radicali liberi nella matrice fecale, coinvolti nei tumori
dell’intestino, inibiscono i processi infiammatori in modelli animali.
Recentemente studi in vitro hanno aperto interessanti prospettive sul ruolo svolto dal 3,4-DHPEA
nei confronti dell’inibizione della proliferazione cellulare incontrollata:infatti bloccano il ciclo
cellulare in fase G0/G1 inducendo l’apoptosi nelle cellule (HL 60) tumorali.
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4)VALUTAZIONE ORGANOLETTICA SENSORIALE: PREGI E DIFETTI
DELL’OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA
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4.1 Analisi sensoriale dell’olio d’oliva: metodo valutazione organolettica dell’olio
d’oliva
Il presente metodo internazionale si propone di stabilire i criteri necessari alla valutazione delle
caratteristiche del flavor dell’olio di oliva vergine e di sviluppare la metodologia per la sua
classificazione.
Il metodo descritto è applicabile soltanto alla classificazione degli oli d’oliva vergini in funzione
dell’intensità dei difetti , determinata da un gruppo di assaggiatori selezionati e addestrati
costituito in un panel.
4.1.1. Attributi negativi:
Riscaldo = Flavor caratteristico dell’olio ottenute da olive ammassate che hanno sofferto un
avanzato grado di fermentazione anaerobica;
Muffa-Umidità = Flavor caratteristico dell’olio ottenuto da olive nelle quali si sono sviluppati
abbondanti funghi e lieviti per essere rimasti stoccati per molti giorni in ambienti umidi;
Morchia = Flavor caratteristico dell’olio rimasto in contatto con i fanghi di decantazione in depositi
sotterranei e aerei;
Avvinato-Inacetito = Flavor caratteristico di alcuni oli che ricorda quello del vino o dell’aceto. E’
dovuto fondamentalmente ad un processo fermentativo delle olive che porta alla formazione di
acido acetico,acetato di etile e etanolo;
Metallico = Flavor che ricorda il metallo. E’ caratteristico dell’olio mantenuto a lungo in contatto
con superfici metalliche, durante i procedimenti di macinatura,impastatura,pressione o
stoccaggio.
Rancido = Flavor degli oli che hanno subito un processo ossidativo.
4.1.2. Attributi positivi:
Fruttato = Insieme delle sensazioni olfattive caratteristiche dell’olio,dipendente dalla varietà delle
olive,provenienti da frutti sani e freschi,verdi o maturi percepite per via diretta o retro nasale
Amaro = Sapore caratteristico dell’olio ottenuto da olive verdi o invaiate.
Piccante = Sensazione tattile pungente caratteristica di oli prodotti all’inizio della
campagna,principalmente da olive ancora verdi.
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4.1.3. Altri attributi negativi:
Cotto o stracotto = Flavor caratteristico dell’olio dovuto ad eccessivo e/o prolungato
riscaldamento durante l’ottenimento , specialmente durante la termo impastatura, se avviene in
condizioni termiche inadatte.
Fieno-legno = Odore caratteristico di alcuni oli provenienti da olive secche.
Grossolano = Sensazione orale-tattile densa e pastosa prodotta da alcuni oli.
Lubrificanti = Flavor dell’olio che ricorda il gasolio, il grasso o l’olio minerale.
Acqua di vegetazione = Flavor acquisito dall’olio a causa di un contatto prolungato con le acque di
vegetazione.
Salamoia = Flavor dell’olio ottenut0o da olive conservate in salamoia.
Terra = Flavor dell’olio ottenuto da olive raccolte con terra o infangate e non lavate.
Verme = Flavor dell’olio ottenuto da olive fortemente colpite da larve di mosca dell’olivo
(Bactrocera oleae).
Cetriolo = Flavor che si produce nell’olio durante un imbottigliamento ermetico eccessivamente
prolungato, particolarmente in lattine che è attribuito alla formazione di 2-6 nonadienale.
4.2 Sala d’assaggio: accessori
In ogni cabina e a disposizione dell’assaggiatore devono esserci gli accessori necessari perché
questi possa esercitare adeguatamente il suo lavoro,ossia:
Bicchieri (normalizzati) contenenti i campioni codificati , ricoperti di vetri di orologio e
mantenuti a 28°C ± 2°C;
Foglio di profilo ( Vedi fig. 1), con, se necessario, le istruzioni per l’uso;
Matita o penna a sfera;
Piattini con fettine di mela;
Bicchiere d’acqua a temperatura ambiente.
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4.3 Metodologia: Procedura da seguire per la classificazione dell’olio d’oliva
vergine in funzione del livello di percezione dei difetti
4.3.1 Uso del foglio di profilo da parte dell’assaggiatore.
Il foglio di profilo che deve utilizzare l’assaggiatore è oggetto della figura 1 del presente metodo.
Ogni assaggiatore facente parte del panel deve odorare, poi assaggiare l’olio proposto ad esame*,
contenuto nel bicchiere di assaggio, per analizzare le percezioni olfattive,gustative,tattili e
cinestesiche ; deve poi appuntare nel foglio di profilo a sua disposizione l’intensità alla quale
percepisce ciascuno degli attributi negativi e positivi.
Nel caso in cui fossero percepiti attributi negativi non enumerati, questi devono essere indicati alla
voce “altri” impiegando il o i termini che li descrivono con la maggior precisione possibile, tra
quelli definiti in precedenza.
4.3.2 Uso dei dati da parte del capo panel
Il capo panel deve raccogliere i fogli di profilo riempiti da ciascuno degli assaggiatori; deve
controllare le intensità attribuite; nell’ipotesi di un’anomali costatata chiederà all’assaggiatore di
rivedere il suo foglio di profilo e, se necessario, di ripetere la prova.
Il responsabile del panel deve riprendere i dati di ogni giudice sul programma informatico allegato
al metodo, per il calcolo statistico (mediana).
La ripresa dei dati per un campione deve essere fatta servendosi della matrice composta di 10
colonne corrispondenti ai dieci attributi sensoriali ed n linee corrispondenti agli n giudici impiegati.
*potrà astenersi dall’assaggiare quando osservi qualche attributo negativo estremamente intenso
e appunterà nel foglio di profilo questa circostanza eccezionale.
Quando un difetto è riportato sotto la voce “altri”da almeno il 50% del panel, il responsabile del
panel deve procedere al calcolo della mediana di questo difetto e alla corrispondente
classificazione.
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4.4 Metodo di classificazione dell’olio
L’olio di oliva è classificato sotto la denominazione:
Vergine extra: quando la mediana dei difetti è uguale a 0 e la mediana del fruttato è
superiore a 0;
Vergine:quando la mediana dei difetti è superiore a 0 e inferiore o pari a 2,5 e la mediana
del fruttato è superiore a 0;
Vergine corrente: quando la mediana dei difetti è superiore a 2,5 e inferiore o pari a 6,0 o
quando la mediana dei difetti è inferiore o pari a [2,5] e la mediana del fruttato è pari a 0;
Vergine lampante: quando la mediana dei difetti è superiore a 6,0.
Nota 1: per mediana dei difetti s’intende la mediana del difetto percepito con la maggiore
intensità.
Il valore del coefficiente di variazione robusto per questo difetto deve essere inferiore o pari al
20%.
Nota 2: quando la mediana dell’amaro e/o piccante è superiore a 5,0.
Il capo panel lo segnalerà nel certificato di analisi dell’olio.
Nel caso di analisi eseguite nel quadro di controlli di conformità alla Norma o di revisione, il capo
panel deve far procedere alla valutazione organolettica dell’olio tre volte, ad almeno una giornata
di intervallo; la mediana degli attributi sarà calcolata a partire dall’insieme dei dati dei fogli di
profilo delle tre prove.
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Figura 1
FOGLIO DI PROFILO
( Ad uso dell’assaggiatore)
INTENSITA’
PERCEZIONE DEI DIFETTI:
Riscaldo
Muffa
Avvinato-inacetito-
acido-agro
Morchia
Metallico
Rancido
Altri(quali)
PERCEZIONE DEGLI ATTRIBUTI POSITIVI:
Fruttato
Amaro
Piccante
Nome dell’assaggiatore:
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Codice del campione:
Data:
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5) PROCEDURE PER LA PRODUZIONE DELL’OLIO EXTRAVERGINE
D’OLIVA
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Nella produzione delle olive rivestono particolare importanza l’ambiente di coltivazione, le cultivar
e le tecniche agronomiche poiché influenzano quei parametri chimico-fisici e organolettici che il
Consorzio di Garanzia considera particolarmente indicativi della qualità complessiva di un olio
extravergine di oliva.
L’ambiente di coltivazione è l’insieme degli elementi pedologici e climatici che caratterizzano
l’area di coltivazione.
I fattori pedologici, come la natura del terreno, non sembrano esercitare un’azione diretta sulla
qualità dell’olio extra vergine di oliva contrariamente alla forte incidenza sulla produttività.
L’olivo, infatti, pur prediligendo terreni profondi, di medio impasto, fertili e freschi, viene coltivato
anche in terreni sabbiosi, argillosi, rocciosi o poveri di elementi nutritivi.
I fattori climatici, quali la temperatura, il vento, la piovosità e l’umidità, hanno un ruolo
determinante sul ciclo produttivo dell’olivo soprattutto nella fase di fioritura e di allegagione,
condizionando la quantità dei frutti e in particolar modo il loro stato fitosanitario.
La temperatura ottimale per l’olivo si aggira intorno ai 25°C ma sono tollerate anche le basse
temperature (fino a -7°C) purché l’abbassamento non sia repentino e di lunga durata, e quelle
elevate purché sia contenuta l’umidità relativa dell’aria.
A temperature prossime ai 45°C, tuttavia, si modifica la composizione acidica dell’olio, in quanto
aumenta il contenuto di acido linoleico e linolenico e diminuisce il contenuto di acido oleico, anche
se si registra un differente comportamento in relazione al fattore varietale.
Il vento, se debole e leggero favorisce la traspirazione e l’impollinazione, se forte può risultare
dannoso per l’azione meccanica svolta sui rami e sui frutti, causando la cascola naturale e lesioni
che facilitano l’attacco dei parassiti.
Piogge abbondanti, tali da determinare un’umidità relativa superiore all’85%, impediscono
l’impollinazione, facilitano gli attacchi parassitari e possono provocare, come nel caso del vento, la
cascola di fiori o di frutti.
Il fattore varietale è determinante per le caratteristiche qualitative dell’olio extra vergine di oliva.
Ogni varietà presenta un suo profilo sensoriale dato dalle sostanze aromatiche tipiche della varietà
stessa, un diverso quantitativo di fenoli e una specifica composizione sterolica.
Sensibili differenze sono dovute alla composizione in acidi grassi nella struttura dei trigliceridi.
Le tecniche colturali (lavorazioni, concimazione, irrigazione, potatura, difesa fitosanitaria) agiscono
principalmente sulla capacità produttiva dell’olivo, equilibrando la distribuzione dei frutti a diverso
stadio di maturazione sulla pianta e favorendo l’accumulo di olio nei vacuoli.
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I fattori agronomici che maggiormente incidono sui parametri qualitativi dell’olio sono irrigazione
e difesa dai parassiti.
L’irrigazione influenza il contenuto di fenoli, il quale si abbassa oltre che con il progredire della
maturazione anche all’aumentare del quantitativo di acqua apportato, soprattutto nella fase finale
della maturazione delle drupe.
È pertanto opportuno soddisfare le esigenze idriche della cultivar in relazione al suo ambiente di
coltivazione anche mediante la corretta gestione degli apporti idrici naturali, per non
compromettere gravemente la qualità del prodotto finale.
Per quanto riguarda la difesa, tutti i parassiti che attaccano il frutto, sia di origine animale
(principalmente Bactrocera O. e Saissetia O.) che vegetale (principalmente Gleosporium O. e
Fumaggine), agiscono negativamente sulla qualità dell’olio con particolare riferimento all’acidità,
al numero di perossidi, al K232, alle cere e al colesterolo.
Gli attacchi massicci della mosca olearia influenzano negativamente anche il profilo sensoriale
conferendo all’olio difetti di verme, riscaldo e muffa.
È bene comunque sottolineare che nel caso dell’olivo non esistono contraddizioni tra quantità di
prodotto e qualità finale dell’olio; anzi normalmente all’aumento della produzione per pianta si
verifica un miglioramento qualitativo.
Eccessi di produzione comunque sono causa dell’alternanza produttiva e possono incidere sulla
resa in olio.
La raccolta delle olive è un’operazione particolarmente delicata che può compromettere la qualità
del prodotto finale, influenzando in particolar modo l’acidità, il numero di perossidi, il K232 e le
caratteristiche organolettiche,nonché la composizione fenolica e sterolica (-sitosterolo e
stigmasterolo).
L’epoca di raccolta varia in relazione all’ambiente di coltivazione e alla cultivar, a parità di varietà si
osserva un anticipo di maturazione nelle zone caratterizzate da stagione vegetativa prolungata e
da clima caldo, in tal caso si consiglia di anticipare la raccolta evitando anche eventuali danni
atmosferici e attacchi parassitari.
Il momento ottimale per la raccolta è la maturazione commerciale, vale a dire lo stadio di
evoluzione del frutto che coincide con la quantità massima di accumulo di olio (massimo grado di
inolizione) caratterizzato da fruttato verde intenso, bassa acidità, numero ridotto di perossidi ed
elevato contenuto di fenoli.
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5.1 Raccolta
Raccogliere le olive quando sono giunte alla maturazione fisiologica, che coincide con la
pigmentazione nera o nera-violacea dell’epidermide, significa ottenere un olio con fruttato
maturo, tendenzialmente dolce, poco ricco di fenoli e talvolta anche di scarsa conservabilità.
Non esiste un’indicazione assoluta dello stadio ottimale di maturazione commerciale ma è
necessario raccogliere le olive quando si ha un’elevata percentuale di frutti invaiati e percentuali
minime di frutti verdi e fortemente pigmentati, senza aspettare la cascola naturale le cui olive
forniscono oli con elevata acidità e dal profilo sensoriale difettato.
L’indice che aiuta nella stima del migliore momento di raccolta è l’indice di invaiatura 7.
Ai fini della qualità dell’olio è necessario che si rispetti l’integrità del frutto a partire dal distacco
dalla pianta, traumi e lesioni incidono infatti negativamente sull’acidità, sull’ossidazione, sul
contenuto di steroli e sulle caratteristiche organolettiche dell’olio, soprattutto se i tempi che
separano la raccolta dall’estrazione dell’olio sono più lunghi di quelli raccomandati.
La raccolta delle olive si può effettuare manualmente o meccanicamente, il metodo migliore va
scelto in base all’ambiente in cui si opera e alle caratteristiche della cultivar, dell’oliveto e del
suolo.
La raccolta manuale delle olive direttamente dalla pianta (brucatura) consente di raccogliere le
olive al giusto grado di maturazione e di preservarne l’integrità; può essere agevolata dall’utilizzo
di pettini e rastrelli che aumentano sensibilmente la quantità di olive raccolte.
La raccolta meccanica avviene mediante l’uso di agevolatori (pettini, sferzatori, vibratori del ramo)
e scuotitori del tronco combinati con reti e ombrelli rovesci che intercettano le olive riducendo il
rischio di lesioni e rotture dovute alla caduta.
Questo tipo di raccolta, laddove le condizioni varietali lo consentono, riduce i tempi, aumenta la
resa oraria e diminuisce i costi di produzione nel rispetto dell’integrità della pianta e dei frutti.
Il trasporto delle olive comprende le operazioni che seguono il distacco dei frutti dalla pianta: la
loro sistemazione in appositi contenitori, previa o meno separazione da foglie e rametti e il
conferimento al frantoio.
In questa fase è necessario assicurare l’integrità delle drupe e il rapido conferimento al frantoio
per non compromettere la qualità dell’olio.
Il modo migliore di operare è disporre le olive in cassette o bins bassi, fenestrati (sia lateralmente
che nella parte inferiore), di plastica, di dimensioni adeguate e di facile pulizia.
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La scarsa areazione e l’eccessiva stratificazione determinano fenomeni ossidativi e fermentativi
con conseguente aumento dell’acidità e del numero di perossidi e l’insorgere di difetti sensoriali
quali riscaldo, muffa,avvinato, inacetito e rancido.
È possibile, operando con opportuni macchinari,allontanare foglie, rametti ed altro materiale
estraneo dalle olive già in campo e portarle in frantoio pronte per il lavaggio.
Per ottenere un olio di alta qualità sarebbe opportuno trasformare le olive immediatamente dopo
la raccolta, ma spesso la capacità lavorativa del frantoio non lo consente e risulta necessario
stoccarle.
Lo stoccaggio delle olive in frantoio va effettuato in una zona fresca, ventilata, opportunamente
ombreggiata, possibilmente al riparo da gelate e lontano da fonti di cattivo odore come il gasolio e
il fumo.
Lo stoccaggio non deve comunque durare oltre 24 ore dalla raccolta, soprattutto se si tratta di
olive di media o grossa pezzatura con elevato contenuto di umidità.
In seguito a condizioni non ottimali di stoccaggio, infatti, possono insorgere alcune alterazioni a
carico della materia prima che incidono sul grado di acidità dell’olio, sul numero di perossidi, sul
K232 e sull’insorgenza di alcuni difetti quali riscaldo, muffa, avvinato, inacetito e rancido.
La velocità e l’intensità di tali alterazioni sono in stretta relazione con lo stadio di maturazione del
frutto e il grado di umidità della polpa.
Più è avanzata la maturazione ed elevata la percentuale di acqua nella polpa, maggiore è il rischio
di insorgenza di processi fermentativi che modificano la qualità dell’olio.
Nel caso in cui le olive da trasformare abbiano subito attacchi di mosca olearia contenuti, vale a
dire entro valori inferiori al 5% del totale, è possibile ottenere ancora un olio extra vergine senza
difetti di verme, riscaldo e avvinato purché si proceda alla lavorazione entro massimo sei ore
dalla raccolta.
5.2 Defogliazione e Lavaggio
Le due operazioni di defogliazione e lavaggio si effettuano in genere con la stessa macchina, che
dapprima libera le olive da foglie, rametti e altri corpi estranei e successivamente provvede al
lavaggio delle olive stesse.
Se la defogliazione è stata effettuata in campo si procede al semplice lavaggio delle olive.
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L’allontanamento delle foglie e dei rametti riduce il rischio che fitofarmaci e sali di rame residuati
sulle foglie possano inquinare l’olio ed evita un’eccessiva esaltazione del sentore di erbaceo
nell’olio.
L’operazione di lavaggio completa la pulizia delle olive, eliminando eventuali residui di terreno che
possono conferire all’olio il difetto di terra, e assicura il completo allontanamento dei fitofarmaci
soprattutto di quelli idrosolubili come i pesticidi fosforati e i sali di rame.
Le operazioni descritte servono anche ad eliminare materiale che potrebbe provocare blocchi agli
impianti
di trasformazione e sono utili e necessarie non solo per motivi igienico-sanitari ma anche per il
raggiungimento di elevati standard di qualità.
5.3 Molitura e Frangitura
La molitura è un’operazione realizzata con le macine di granito (molazze) che effettuano la rottura
delle olive, della polpa e del nocciolo lentamente e in modo non violento.
La pasta di olive può essere ottenuta anche mediante frangitori metallici che agiscono con
maggiore violenza e con più rapidità determinando una rottura più profonda delle olive.
La molitura e la frangitura influenzano in modo diverso il contenuto di sostanze fenoliche e le
caratteristiche organolettiche dell’olio.
A parità di condizioni, la molitura con le macine di granito dà un olio meno ricco di sostanze
fenoliche, quindi meno amaro e piccante e più armonico ed equilibrato, la frangitura invece,
specie con il frangitore a martelli fissi o a dischi, dà origine ad un olio più ricco di sostanze
fenoliche e quindi più amaro e piccante, più stabile nel tempo.
39
Con questa operazione si può quindi influire sul contenuto di antiossidanti dell’olio e, di
conseguenza, sul suo profilo sensoriale.
40
5.4 La produzione dell’olio extra-vergine.
5.4.1 Gramolazione
La gramolazione della pasta di olive è un’operazione necessaria per incrementare la resa di
estrazione dell’olio.
Questa operazione è differente a seconda della sua durata e della temperatura dell’acqua di
riscaldamento che circola nella camicia esterna della gramola.
Se si vuole indicare in etichetta che l’olio è “estratto a freddo”, la temperatura di gramolazione
non può superare i 27°C.
Condizioni ottimali di gramolazione sono comunque tempi compresi tra 30 e 60 minuti, ad una
temperatura di 30°- 32°C, in base alle caratteristiche delle olive lavorate.
Un eccessivo prolungamento della gramolazione e/o un’elevata temperatura influiscono
negativamente sui valori dell’acidità, del numero di perossidi, del K232 e delle sostanze fenoliche
presenti nell’olio, in quanto favoriscono l’ossidazione radicalica ed enzimatica.
Non solo, in queste condizioni si modifica il profilo sensoriale dell’olio che potrebbe presentare i
difetti di cotto, rancido e metallico, anche se si osserva una maggiore carica aromatica.
In generale, aumentando la temperatura di gramolazione molto al di sopra dei valori ottimali, si
otterrà un olio con caratteristiche di qualità inferiori e meno stabile durante la conservazione.
L’olio, inoltre, risulterà possedere un maggior contenuto di cere e di eritrodiolo e uvaiolo, che
diventano più solubili in olio a temperature elevate.
41
5.4.2 Separazione
La separazione delle fasi liquide (olio e acqua di vegetazione) e di quella solida (sansa), che
costituiscono la pasta di olive, si realizza con i sistemi della centrifugazione, della pressione e del
percolamento.
In condizioni ideali, i tre sistemi permettono di ottenere un olio extra vergine, in funzione
della qualità di partenza delle olive.
Tuttavia, la pressione e il percolamento, a parità di condizioni, possono comportare un aumento
dei parametri di acidità, del numero di perossidi, del K232 e l’insorgere di difetti sensoriali, in
quanto si basano su sistemi di estrazione (rispettivamente fiscoli e lamelle) che non consentono
una facile pulizia.
In caso di impiego di un sistema a pressione, si consiglia di utilizzare tipologie di fiscoli che
facilitino il deflusso dell’olio e il distacco delle sanse residue, di lavorare in continuo o, in caso di
soste della lavorazione, di tenere i fiscoli sotto pressione.
In questo modo si evita l’insorgere dei difetti di fiscolo, avvinato, acqua di vegetazione e rancido,
quest’ultimo dovuto all’irrancidimento dei residui vegetali rimasti sui diaframmi filtranti.
Anche il sistema del percolamento, ormai quasi in disuso, richiede particolari attenzioni per evitare
negative influenze sui parametri di qualità dell’olio extra vergine di oliva.
È preferibile infatti non percolare per un tempo superiore a 30 minuti e adottare sistemi di pulizia
continua e approfondita della griglia di percolamento.
Va poi ricordato che questo sistema esalta gli eventuali difetti della materia prima, molto più che
gli altri sistemi di estrazione.
La centrifugazione richiede una normale attenzione alla pulizia del decanter ed è da preferire se si
vogliono ottenere oli con caratteristiche qualitative elevate.
In particolare, il sistema della centrifugazione a 3 fasi può influire sul contenuto di fenoli in
relazione alla quantità di acqua tiepida impiegata per la diluizione della pasta di olive.
Maggiore è la quantità di acqua che si aggiunge alla pasta di olive (da 30 a 80 litri per 100 Kg di
pasta di olive) minore sarà il contenuto di sostanze fenoliche dell’olio estratto.
Se si vuole ottenere un più alto contenuto di fenoli nell’olio è opportuno utilizzare il decanter
centrifugo a due fasi, il cui vantaggio è l’eliminazione dell’acqua di processo e l’ottenimento di olio
e sansa umida (residui solidi e acqua di vegetazione), o il decanter a due fasi e mezzo che opera
con l’aggiunta di piccole quantità di acqua.
42
I moderni impianti di centrifugazione oggi disponibili consentono di modulare opportunamente le
variabili tecnologiche del processo di estrazione per ottenere oli extra vergini con il contenuto di
sostanze fenoliche e il profilo sensoriale desiderati, in funzione delle caratteristiche della materia
prima di partenza.
La separazione dell’olio dal mosto oleoso, mediante il separatore centrifugo verticale si effettua
per liberare l’olio dall’acqua di vegetazione e dai microframmenti vegetali che lo accompagnano.
È pratica comune aggiungere acqua tiepida all’olio mosto per assicurare una migliore pulizia
dell’olio, ma ciò determina anche la riduzione del suo contenuto di sostanze fenoliche che sono
molto più solubili nell’acqua che nell’olio.
L’eventuale contatto prolungato dell’olio con l’acqua di vegetazione potrebbe conferirgli il difetto
di acqua di vegetazione, pertanto è necessario effettuare la separazione nel più breve tempo
possibile.
Per assicurare una buona conservazione all’olio extravergine di oliva è assolutamente necessario
provvedere al tempestivo allontanamento dei fondami (morchie) che si separano per
decantazione nel corso della conservazione.
Tali fondami, la cui quantità può variare a seconda della qualità delle olive e del sistema di
estrazione/separazione impiegato, sono costituiti da acqua, mucillagini, zuccheri, proteine,
frammenti di polpa, microrganismi ed enzimi che possono dar luogo a fermentazioni indesiderate
conferendo all’olio i difetti di putrido e morchia.
La permanenza dell’olio a contatto con le morchie può inoltre essere causa di un possibile
aumento di acidità oltre che dell’insorgere di difetti.
L’allontanamento dei fondami può essere ottenuto mediante ripetuti travasi.
Si consiglia di travasare l’olio per la prima volta entro un mese dalla produzione e di effettuare i
successivi travasi.
Sulla base della torbidità presentata dall’olio, considerando che un livello accettabile di torbidità
corrisponde ad un’umidità relativa di 0,05%, vale a dire un olio visivamente appena velato.
Il principale rischio in questa fase è di esporre l’olio ad un eccessivo contatto con l’aria, per la
necessità di impiegare pompe aspiranti per la movimentazione delle masse.
Inoltre, è necessario prestare particolare attenzione alla pulizia delle tubazioni impiegate in
quanto eventuali residui di olio, facilmente soggetti ad alterazioni ossidative, potrebbero
contaminare lotti successivi.
43
I travasi risultano agevolati dall’impiego di contenitori dotati di fondo conico che facilitano la
sedimentazione del materiale in sospensione e sono muniti di apposita apertura inferiore per
l’allontanamento dei fondami.
5.4.3 Conservazione
Dopo l‘estrazione, l’olio extra vergine di oliva va incontro inevitabilmente ad un processo
ossidativo che comporta dapprima la perdita del fruttato e poi la comparsa del difetto di rancido.
La stabilità dell’olio e la sua conservabilità sono molto influenzate dalle tecnologie di
trasformazione ma in misura maggiore dalle condizioni di conservazione, che possono
determinarne un più o meno rapido scadimento qualitativo.
Nel corso della conservazione è necessario:
• minimizzare il volume di aria a contatto con l’olio;
• controllare tutte le operazioni che possono contribuire ad aumentare il quantitativo di
ossigeno disciolto nell’olio;
• mantenere bassa la temperatura dell’olio, evitando la solidificazione;
• proteggere l’olio dall’esposizione alla luce;
• evitare la presenza di metalli;
• minimizzare il contatto dell’olio con le morchie.
Tali regole necessitano di un’organizzazione razionale dello stoccaggio dell’olio, a partire dalla
scelta del locale fino a quella dei contenitori e degli accessori quali pompe e filtri.
È preferibile la conservazione in silos di acciaio inossidabile, poiché questi sono inerti, facilmente
lavabili, ermetici e disponibili in formati adattabili ad ogni esigenza.
Altrettanto valido può essere l’impiego di cisterne interrate, termicamente più isolate, purché la
superficie interna sia facilmente ispezionabile e lavabile (come ad esempio quella rivestita con
lamine in acciaio) e vengano effettuati controlli periodici per evitare problemi nelle giunture del
rivestimento impiegato.
È consigliabile disporre di più recipienti di diverse dimensioni da tenere sempre completamente
pieni, minimizzando la presenza di aria nello spazio di testa del contenitore.
Per lo stoccaggio prolungato delle masse d’olio è preferibile l’adozione di dispositivi per
l’introduzione di gas inerti nello spazio di testa, in modo da sostituire l’aria e l’ossigeno in esso
disciolto e garantire un forte rallentamento del fenomeno di ossidazione.
44
L’olio va conservato a temperature comprese tra i 10°e i 18°C, evitando sia il riscaldamento che il
congelamento, ciò è possibile condizionando l’ambiente di stoccaggio.
In assenza di un impianto di climatizzazione del locale di stoccaggio, è possibile che durante i mesi
invernali si verifichi un parziale o totale congelamento dell’olio.
Questo fenomeno, oltre a rendere difficoltose le operazioni di travaso e filtrazione, può avere
ripercussioni negative sulla qualità.
Un olio “scongelato” presenta:
• minore stabilità all’ossidazione;
• deposito biancastro (margarinizzazione);
• perdita e/o alterazione del profilo aromatico;
• perdita dell’eventuale torbidità.
Temperature di conservazione superiori ai 25°C vanno ugualmente evitate, in quanto:
• accelerano i fenomeni ossidativi che conducono all’irrancidimento;
• favoriscono la sedimentazione delle morchie;
• spingono l’idrolisi delle sostanze fenoliche con la conseguenza che l’olio
addolcisce,”matura”;
• modificano il profilo sensoriale dell’olio conferendo i difetti di avvinato,inacetito, putrido.
Dopo l’estrazione, l’olio extra vergine si presenta più o meno torbido a causa della presenza di
impurità naturali, quali frammenti di polpa e acqua che possono trovarsi in sospensione o
emulsionati nella fase oleosa.
Tali componenti, nel tempo, si depositano sul fondo dei serbatoi di stoccaggio sottoforma di
morchie e il contatto dell’olio con esse può causare un aumento significativo dell’acidità e il
presentarsi di fenomeni fermentativi che predispongono l’olio a difetti organolettici quali avvinato,
inacetito e putrido.
45
5.4.4 Filtrazione
Per assicurare una buona conservazione dell’olio extra vergine di oliva è quindi necessario
allontanare il materiale in sospensione.
La scelta del momento in cui effettuare la filtrazione è variabile, in taluni casi viene eseguita
sull’olio appena prodotto, più spesso avviene, dopo aver compiuto eventuali miscelazioni subito
prima del confezionamento.
Filtrando l’olio extra vergine appena prodotto si evitano i fenomeni di idrolisi e ossidazione favoriti
dal materiale in sospensione, se poi la filtrazione viene svolta al termine della fase di stoccaggio,
molto materiale sospeso è già decantato, i filtri non si intasano e talvolta si può direttamente
procedere alla brillantatura con cartoni di cellulosa.
È difficile esprimere a priori un giudizio oggettivo sugli effetti della filtrazione ai fini della qualità e
conservabilità dell’olio senza tener conto delle modalità di esecuzione.
Esistono infatti differenti sistemi filtranti:
• filtro barese a cotone idrofilo;
• filtro pressa a cartoni di cellulosa;
• filtro a farine fossili.
In linea di massima sono preferibili sistemi di filtrazione “leggeri” (cotone idrofilo e cartoni di
cellulosa) rispetto a sistemi “drastici” (farine fossili) che possono provocare un forte
impoverimento della carica antiossidante e ridurre la conservabilità dell’olio.
Durante la filtrazione può verificarsi un’eccessiva esposizione dell’olio all’aria col rischio di
innalzamento del numero di perossidi, per ovviare a tale inconveniente si propongono alcuni
accorgimenti:
• evitare l’impiego di pompe responsabili di turbolenze nelle tubature;
• minimizzare il contatto con l’aria mediante l’adozione di cartucce filtranti chiuse in cilindri
di acciaio;
• operare in atmosfera modificata (filtrazione sotto azoto).
Nel corso della conservazione, l’olio non filtrato mostra solitamente un’evoluzione del profilo
organolettico e fenolico legata all’idrolisi dei fenoli complessi, con la progressiva perdita di
componenti amari.
La filtrazione, allontanando l’acqua presente in sospensione nell’olio, blocca tale reazione e ne
riduce l’addolcimento.
46
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