Antico Testamento...role di uomini» in cui la parola di Dio ha scelto d’in-carnarsi. Scegliendo...

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Antico Testamento Giosuè e Giudici Introduzione e commento di Francesco Cocco Dabar - Logos - Parola Lectio divina popolare

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ciTanto il libro di Giosuè quanto quello dei Giudici non godono di grande fama tra i lettori della Bibbia. Non di rado, nella lettura di questi testi ci s’imbatte in episodi che lasciano tra l’attonito e lo sgomento: donne, bambini e anziani votati allo sterminio; inganni e menzogne di una prostituta che tradisce il suo popolo per mero interesse privato; una donna che uccide a sangue freddo un uomo conficcandogli un paletto nella tempia... sono solo gli esempi più eclatanti. Come possiamo credere che tutto ciò sia parola di Dio? Ragione in più per mettersi in ascolto attento del mistero di queste «parole di uomini» in cui la parola di Dio ha voluto incarnarsi.Scegliendo liberamente di farsi uomo tra gli uomini, Gesù Cristo ci ha insegnato ad accogliere e amare la nostra storia come una storia di salvezza: una storia fatta di luci e di ombre, di fedeltà e di peccato, di successi e fallimenti. Una storia nella quale, nonostante tutto, Dio continua a scegliere d’incarnarsi.

Francesco Cocco (1975), francescano conventuale della provincia di Sardegna, dopo gli studi filosofico-teologici compiuti ad Assisi, ha conse-guito la licenza e il dottorato di ricerca presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma. Attualmente insegna lingua ebraica e Antico Testamento presso la Facoltà di teologia della Pontificia Università Urbaniana di Roma. È autore di numerosi articoli a carattere esegetico e di due monografie: Sulla cattedra di Mosè. La legittimazione del potere nell’Israele post-esilico (Nm 11-16) (Bologna 2007); Il sorriso di Dio. Studio esegetico della «benedizio-ne di San Francesco» (Nm 6,24-26) (Bologna 2009).

In copertina: Angeli reggicartiglio, affresco di Achille Casanova (1903); Ambulacro, Basilica di Sant’Antonio, Padova.

Dabar - Logos - ParolaLectio divina popolare

9 788825 013528

ISBN 978-88-250-1352-8

16,00 (I.C.)

Il piano editoriale prevede la pubblicazionedi sussidi per tutti i libri della Bibbia.

Volumi pubblicati:«Impara a conoscere il volto di Dio

nelle parole di Dio» (B. Maggioni)«I molteplici tesori dell'unica Parola» (R. De Zan)Genesi (cc. 1-11) (G. Cappelletto)Genesi (cc. 12-50) (G. Cappelletto)Esodo (cc. 1-15) (A. Nepi)Esodo (cc. 16-40) (A. Nepi)Giosuè e Giudici (F. Cocco)1 - 2 Samuele (L. Mazzinghi)1 - 2 Re (C. Balzaretti)1 - 2 Maccabei (C. Balzaretti)Rut, Giuditta, Ester (D. Scaiola)Salmi – 4 volumi (V. Scippa)Qoèlet – (V. Scippa)Cantico dei Cantici (T. Lorenzin)Il libro della Sapienza (A. Niccacci)Isaia (cc. 1-39) (R. De Zan)Isaia (cc. 40-66) (R. De Zan)Ezechiele (G. Antoniotti)Amos e Osea (M. Nobile)Profeti minori (M. Masini)Giona e Tobia (G. Trabacchin)Maria custodiva e meditava la Parola (G. Grossi)I racconti dell’infanzia di Gesù (A. Bagni)Vangelo secondo Matteo (G. Boscolo)Vangelo secondo Marco (K. Stock)Vangelo secondo Luca (A. Bagni)Atti degli Apostoli (cc. 1-14) (A. Barbi)Atti degli Apostoli (cc. 15-28) (A. Barbi)Lettera ai Romani (A. Pitta)Prima lettera ai Corinzi (A. Marangon)Lettera ai Galati (S. Romanello)Paolo. Lettere della prigionia (S. Tarocchi) Lettere ai Tessalonicesi (F. Mosetto)Lettere pastorali (M. Orsatti)Lettera agli Ebrei (F. Manzi)Prima lettera di Pietro (E. Bosetti)Lettera di Giacomo, seconda lettera di Pietro, Lettera

di Giuda (S. Grasso)Apocalisse di Giovanni (C. Doglio)

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Antico TestamentoDabar – Logos – Parola è una collana che intende offrire strumenti utili per la Lectio divina popolare, cioè sussidi che facilitino e accompagnino l’incontro di ogni credente e di singole comunità ecclesiali con la Sacra Scrittura nel contesto della nuova evangeliz-zazione. Saranno presentati tutti i libri della Bibbia, privilegiando per la lectio i brani più significativi e più in uso nella liturgia.Viene proposto un esercizio di «ascolto oran-te» della Parola e di riflessione personale e/o comunitaria, attraverso il metodo dei «centri di ascolto» che si articola in cinque fasi, di cui ogni sussidio sviluppa le tre centrali:• Invocare la presenza dello Spirito Santo per chiedere docilità all’ascolto e luce per com-prendere la Parola.• Leggere con attenzione il brano per porre sinteticamente in risalto gli elementi storici e letterari che permettono al lettore di entrare dentro il testo biblico.• Interpretare il testo alla luce di tutta la Sa-cra Scrittura per far emergere, approfonden-do il senso letterale, quanto il Signore desi-dera comunicare attraverso la sua Parola.• Applicare i significati del testo all’oggi perché la Parola entri nella vita di ogni lettore credente come nutrimento della fede, motivazione della carità e crescita nella speranza.• Pregare il Signore lodandolo per l’espe-rienza fatta e invocandolo perché il dialogo continui nella vita quotidiana.

Giosuè e Giudici

Introduzione e commento di

Francesco Cocco

Dabar - Logos - ParolaLectio divina popolare

Dabar - Logos - ParoLaLectio divina popolare

Collana diretta da

Gastone Boscolo Gianni cappelletto tiziano lorenzin

Dabar - Logos - ParoLaLectio divina popolare

giosuè e giuDici

Introduzione e commento diFrancesco Cocco

ImprimaturPadova, 26 agosto 2010

Onello Paolo Doni, Vic. Gen.

ISBN 978-88-250-2714-3

Copyright © 2010 by P.P.F.M.C.MESSAGGERO DI SANT’ANTONIO – EDITRICEBasilica del Santo - Via Orto Botanico, 11 - 35123 Padovawww.edizionimessaggero.it

Prima edizione digitale 2010

Realizzato da Antonianum Srl

Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio,

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senza il previo consenso scritto dell’editore.

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Prefazione

Donne, bambini e anziani votati allo sterminio. Inganni e menzogne di una prostituta, che tradisce il suo popolo per mero interesse privato. Una donna che uccide a sangue freddo un uomo conficcandogli un paletto nella tempia... Sono solo alcuni esempi di ciò che troviamo contenuto nei due libri che andre-mo a leggere e commentare insieme. Come possiamo credere che tutto ciò sia parola di Dio?

Tanto il libro di Giosuè come quello dei Giudici non godono certo di grande fama tra i lettori della Bibbia: forse, persino tra i cristiani, qualcuno sem-plicemente ne ignora l’esistenza! Ragione in più per mettersi in ascolto attento del mistero di queste «pa-role di uomini» in cui la parola di Dio ha scelto d’in-carnarsi.

Scegliendo liberamente di farsi uomo tra gli uomi-ni, Gesù Cristo ci ha insegnato ad accogliere e amare la nostra storia come una storia di salvezza: una storia fatta di luci e di ombre, di fedeltà e di peccato, di suc-cessi e fallimenti. Una storia nella quale, nonostante tutto, Dio continua a scegliere d’incarnarsi.

La Bibbia, nel rivelare le profondità più recondi-te dell’amore di Dio, svela anche il mistero del cuore dell’uomo in tutta la sua ricchezza, che non è esente da contraddizioni. Lasciamoci, dunque, accompa-gnare da Giosuè e Giudici in questo percorso: cin-giamo anche noi i nostri fianchi e disponiamoci ad attraversare il Giordano della nostra storia, per en-trare finalmente nella terra che Dio ha promesso di donarci.

Buon viaggio.

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avvertenza

1. Il nome divino Yhwh verrà trascritto senza vocali, co-me suggerisce il rispetto nei confronti degli ebrei che mai pronunciano il nome sacro di Dio per evitare di violare il comandamento che afferma: «Non pronun-cerai invano il nome di Yhwh, tuo Dio» (Es 20,7).

2. Al fine di consentire una più facile lettura e compren-sione, si è scelto di offrire una traslitterazione dei ter-mini ebraici assai semplificata.

3. Quando di un passo biblico non si segnala esplicita-mente il libro, di norma s’intende riferirsi al libro bi-blico di cui si sta trattando in quel momento. La ver-sione di riferimento è la traduzione ufficiale adottata dalla Conferenza Episcopale Italiana (testo CEI del 2008): eventuali modifiche alla traduzione verranno segnalate di volta in volta.

4. Nella scelta dei brani da commentare si è cercato di te-ner conto dell’uso liturgico dei libri in questione, co-me pure delle tematiche che risultino più significative per la comprensione del messaggio globale del libro.

Cinque sono i momenti che scandiscono questa pro-posta di Lectio divina: per il primo (Invocazione) e l’ultimo (Ringraziamento) rimandiamo alle preghiere riportate nel cartoncino segnalibro. I tre momenti cen-trali, invece, sono sviluppati nei diversi capitoli, ciascu-no dei quali è suddiviso in tre parti corrispondenti a tali momenti: Lettura, Interpretazione e Attualizzazione.

iL Libro Di giosuè

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introDuzione

Il sesto libro della Bibbia si apre con un’afferma-zione che, pur essendo racchiusa in una proposizione incidentale e quindi – almeno da un punto di vista formale – secondaria rispetto al nucleo di quanto si va a narrare, costituisce un ineludibile punto di par-tenza per la corretta comprensione del libro che ab-biamo davanti: «Dopo la morte di Mosè…». Il riferi-mento alla scomparsa del personaggio che, incontra-stato, domina l’intera scena della storia biblica dagli inizi dell’Esodo sino alla fine del libro del Deutero-nomio indica che ciò che segue al racconto della sua morte ha inevitabilmente un sapore di novità. Del resto, se è indubbio il fatto che l’eponimo del libro che andiamo a introdurre, Giosuè, è chiamato ad as-sumere le redini della guida del popolo e in tal senso a proseguire l’opera che fino a quel momento aveva portato avanti Mosè, il testo biblico è chiarissimo nell’affermare che non è sorto né mai potrà sorgere un profeta – nell’accezione più ampia che la Bibbia attribuisce a questa parola – simile a Mosè, perché costui ha goduto di una specialissima e irreplicabile relazione con Yhwh (cf. Dt 34,10-12).

il libro di giosuè e la sua collocazione nel canone biblico

Possiamo affermare che le indicazioni iniziali del libro di Giosuè sembrano introdurci in una fase ulte-riore della storia della salvezza; una fase caratterizza-ta dal compimento della promessa del possesso della

Il libro di Giosuè

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terra, così come risulta dalle prime parole che Yhwh rivolge a Giosuè in apertura della narrazione: «Mosè mio servo è morto. Ora, dunque, attraversa questo Giordano tu e tutto questo popolo, verso la terra che io do loro, agli Israeliti. Ogni luogo su cui si poserà la pianta dei vostri piedi, ve l’ho assegnato, come ho promesso a Mosè» (Gs 1,2-3). Proprio tale ragione impone che la prima questione che si debba affronta-re nell’approccio al libro di Giosuè sia il suo rappor-to con quanto lo precede: se la tradizione giudaica (e persino quella cristiana delle origini) si dimostra concorde nel ritenere che i primi cinque libri della Bibbia – denominati con la parola greca «Pentateu-co» – costituiscano un unicum inscindibile, la ricerca moderna ha seriamente questionato tale affermazio-ne proponendo nuovi modelli interpretativi tra cui quello dell’Esateuco, secondo il quale anche il libro di Giosuè andrebbe incluso nell’insieme costituito dai primi cinque libri della Bibbia. Le ragioni che giusti-ficano tale ipotesi sono presto dette: la promessa del possesso della terra di Canaan costituisce una sorta di filo conduttore che percorre tutto il Pentateuco, dal racconto della vocazione di Abramo (Gn 12) sino a quello della morte di Mosè (Dt 34). Pertanto, per motivi di completezza non si dovrebbe poter esclu-dere da un insieme così tematicamente omogeneo proprio il libro in cui il compimento di quest’impor-tante promessa viene raccontato, ovvero il libro di Giosuè. Ma la realtà non è mai così semplice come appare: senza pretendere di risolvere esaustivamente la questione – cosa che, tra l’altro, esulerebbe dagli intenti di queste note introduttive – richiamiamo brevemente le principali obiezioni che si muovono alla teoria dell’Esateuco, allo scopo di giungere a una maggior chiarezza sulla reale natura del libro di Gio-suè in rapporto al resto dei libri che formano il cano-ne biblico.

Introduzione

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il libro di giosuè e la «storia deuteronomistica»

Per paradossale che possa apparire l’affermazione, la discontinuità tra il libro di Giosuè e il Pentateu-co che immediatamente lo precede può essere pie-namente evidenziata solo a partire dagli elementi di continuità con il quinto libro della Torah, il Deute-ronomio: vediamo il perché. Secondo una teoria ela-borata da M. Noth e variamente rivisitata nel corso degli anni da diversi studiosi, occorrerebbe prendere come punto di partenza un episodio che la cronolo-gia biblica colloca intorno al diciottesimo anno del regno di Giosia (622-621 a.C.): il sommo sacerdote Chelkia, durante i lavori di restauro del tempio di Gerusalemme, ritrova un rotolo che viene definito «il libro della legge» (séfer hattorah in 2Re 22,8) o anche «il libro dell’alleanza» (séfer habberit in 2Re 23,2), che sarebbe da identificarsi con la parte più antica del Deuteronomio. Questo testo ritrovato, che la profetessa Culda dichiara importantissimo (cf. 2Re 22,11-20), induce il re Giosia a intraprendere una grande opera di riforma religiosa che, come soven-te accadeva in quel tempo, assunse anche un aspetto politico: la riunificazione del regno del nord, che gia-ceva sotto l’influenza Assira, con il regno del sud (cf. 2Re 23,15-20). È proprio a questo clima di fervo-re religioso e politico, impregnato delle dottrine del Deuteronomio e che guarda al passato con rinnova-to interesse, che si dovrebbe una prima elaborazione scritta delle antiche tradizioni storiche d’Israele, tra-smesse per lungo tempo in modo prevalentemente orale.

Più che all’opera di un singolo autore, come rite-neva Noth, saremmo dunque di fronte al lavoro di una scuola che avrebbe poi portato avanti la propria attività per diversi secoli: il complesso di libri bibli-ci che ne deriva, ovvero quelli che il nostro cano-

Il libro di Giosuè

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ne cristiano definisce «libri storici» (Giosuè e Secon-do libro dei Re), viene comunemente denominato con l’espressione «storia deuteronomistica» proprio per questo suo ispirarsi alle fondamentali dottrine contenute nel Deuteronomio. Diverse sono le posi-zioni riguardo al numero delle redazioni della storia deuteronomistica: c’è chi ritiene che furono almeno due, una da far risalire ai tempi di Giosia (640-609 a.C.), l’altra all’epoca dell’esilio (586-538 a.C.); alcu-ni autori ne identificano addirittura tre, postulando l’elaborazione di un primo abbozzo ai tempi del re Ezechia (716-687 a.C.). La posizione che potremmo definire maggioritaria si concentra su due scuole ese-getiche: quella che fa capo a F.M. Cross e quella che si richiama alle opere di R. Smend. La prima ipotizza due edizioni della storia deuteronomistica: una pri-ma edizione al tempo di Giosia, per propagandare la riforma politica e religiosa di questo re; una seconda revisione sarebbe databile in epoca postesilica, e ri-sponderebbe alla finalità di offrire una spiegazione alle cause della catastrofe che si era abbattuta su Giu-da e Gerusalemme. Secondo Smend, invece, l’intera stesura della storia deuteronomistica sarebbe da col-locarsi unicamente in epoca esilica: in ogni caso, non si tratterebbe di un lavoro continuativo, ma ci trove-remmo davanti a tre edizioni che si succedettero nel giro di pochi anni.

A prescindere dai dettagli delle singole posizioni, vale la pena soffermarsi un poco sulle caratteristiche di questa grande opera storiografica di cui fanno par-te integrante i due libri di cui ci occupiamo, Giosuè e Giudici. Per quanto concerne la data di composizio-ne, possiamo collocare con buona approssimazione il tempo della redazione finale della storia deuterono-mista in epoca postesilica, dal momento che l’ultimo libro ascrivibile a tale scuola – ovvero 2Re – si chiude con il racconto della liberazione del re di Giuda, Io-

Introduzione

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iakin, nell’anno trentasettesimo della sua prigionia, che secondo la cronologia biblica corrisponde al 561 a.C. La redazione finale dell’opera dovrebbe dunque risalire al periodo successivo all’esilio babilonese: tra l’altro ciò spiegherebbe perché Gs 23,12-13.16 – che costituisce una sorta di conclusione del libro di Gio-suè, prima del racconto della grande assemblea di Si-chem, e con buona probabilità rappresenta uno degli ultimi interventi redazionali operati sul libro – faccia un riferimento assai diretto alla deportazione che se-guì la distruzione di Gerusalemme nel 587 a.C.: «Se trasgredite l’alleanza che il Signore, vostro Dio, vi ha imposto, andando a servire altri dèi e prostrandovi davanti a loro, l’ira del Signore si accenderà contro di voi e voi sarete spazzati via dalla terra buona che egli vi ha dato» (Gs 23,16). Allo stesso modo, i capi-toli 17-18 e 19-21 di Giosuè sembrano esser stati as-semblati tra loro e amalgamati al resto del libro in un secondo tempo in cui si percepiva l’esigenza di con-servare tutte le tradizioni relative al popolo e alle sue tribù: tale contingenza calza bene con l’epoca esilica o immediatamente postesilica. Inoltre gli interventi redazionali più evidenti, alcuni dei quali sono mol-to anteriori a quelli appena indicati, sono costituiti da discorsi (capitoli 1; 22,1-5.8; 23) e sommari che introducono (capitolo 1) o concludono (capitoli 12; 21,43-45; 23) i momenti fondamentali della narra-zione: il loro tono meditativo e di riflessione sul tema del peccato e della fedeltà al Signore ben si armoniz-za con il VI-V secolo a.C., un’epoca profondamente segnata dalla tragica esperienza della deportazione in Babilonia.

A ogni modo, a prescindere da come venga col-locata cronologicamente l’opera dei redattori deu-teronomisti – giacché siamo davanti a teorie sempre passibili di revisione – rimane assai chiaro che essi si servirono di materiale antico, scritto o orale che

Il libro di Giosuè

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fosse: ad esempio, il fatto che l’insieme di Gs 2-11 riporti antiche tradizioni centrate sul santuario di Galgala potrebbe lasciar intendere che i redattori ab-biano attinto a memorie custodite in maniera orale o scritta dai sacerdoti che officiavano in quel santuario. Similmente, ci sono ragioni per ritenere che la deter-minazione geografica dei confini territoriali riguar-danti le varie tribù (cf. Gs 15-19) risalga a un’epoca piuttosto remota, assai vicina ai tempi della cosiddet-ta «conquista».

Le considerazioni sin qui svolte relativamente alla «storia deuteronomistica» inducono a ritenere che il libro di Giosuè vada collocato in questo vasto oriz-zonte, piuttosto che aggregato a quell’insieme con-chiuso costituito dal Pentateuco: a rafforzare tali con-siderazioni si sommano motivi più propriamente let-terari, di tipo stilistico e tematico, sui quali abbiamo in questa sede soprasseduto per ragioni di opportu-nità.

il libro di giosuè tra storia, storiografia e letteratura

Come abbiamo visto, il libro di Giosuè – ma un discorso analogo si può fare per il libro dei Giudici, a cui dedicheremo la seconda parte di questo volume – è collocato dal canone biblico cristiano tra i cosid-detti «libri storici»: ma in che modo possiamo rite-nere che tali libri contengano «storia», nel senso che correntemente attribuiamo a questa parola?

Per rispondere alla nostra domanda è necessario chiarire tre concetti fondamentali per la comprensio-ne di ogni testo che parla del passato, la distinzione cioè tra storia, storiografia e letteratura. La storia ha per obiettivo una ricostruzione critica e documentata di una determinata sequenza di avvenimenti: in ulti-

Introduzione

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ma analisi, l’obiettivo dello storico consiste nell’ordi-nata presentazione di ciò che è successo, le res gestae per mutuare un’espressione classica. Non si può fare storia senza ricercare documenti e fonti che sosten-gano la nostra ricostruzione. Questo modo di proce-dere non è estraneo al mondo degli scrittori sacri: ne rappresenta un chiaro esempio il prologo del Vange-lo di Luca, ma anche i riferimenti a fonti scritte – o presunte tali – presenti nei libri storici (cf. Gs 10,13; 2Sam 1,18; 1Re 14,19.29; 1Cr 9,1; ecc.).

Non c’è però storia senza storiografia, che rappre-senta la particolare maniera di interpretare la storia a partire da un determinato ambiente, cultura o pro-getto comunicativo. In tal senso, potremmo defini-re la storiografia avvalendoci di un’altra espressione classica: historia rerum gestarum, che sottolinea la va-lenza ermeneutica che informa profondamente il la-voro dello storiografo. Appare chiaro che l’obiettivo comunicativo che ogni storiografo si propone condi-ziona inevitabilmente il suo modo di scrivere la storia e specialmente il peso con cui valuta le fonti, al punto che in alcuni casi le cita esattamente, mentre in altri le rielabora in profondità. A questo proposito, giusto per restare in ambito biblico, può essere significativo rilevare come gli evangelisti Matteo e Luca, pur usan-do spesso il medesimo testo di Marco come una delle loro fonti primarie, lo seguono o se ne discostano in base al loro personale progetto comunicativo, al pro-prio intento catechetico: così, ad esempio, Matteo vi cerca sistematiche corrispondenze con quanto han-no «profetizzato le Scritture»1, mentre Luca pone un particolare accento sulla misericordia di Dio che si rivela nei gesti e nelle parole di Gesù.

È proprio quest’uso per così dire «personale» delle fonti storiche che fa della storiografia un’opera di let-

1 Cf. le cosiddette «citazioni di compimento».

Il libro di Giosuè

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teratura: lo storiografo, infatti, non è semplicemente il redattore di documenti d’archivio, ma un vero e proprio scrittore capace di plasmare la materia let-teraria in maniera tale che il contenuto risulti appe-tibile, a tutto giovamento dell’efficacia del processo comunicativo. Quest’aspetto artistico-letterario non può essere trascurato nel momento in cui ci si ac-costa ai testi biblici: ogni testo veicola una specifica teologia e un particolare intento dell’autore (o degli autori), che vanno ben determinati per comprendere correttamente il messaggio dell’opera letteraria.

Fatti avvisati di quanto sopra, possiamo certo de-finire sia Giosuè che Giudici come «libri storici» per-ché con ogni evidenza i loro autori vollero raccon-tare dei fatti: ma potremo comprendere e collocare adeguatamente questi fatti solo riconoscendo le con-venzioni letterarie che essi utilizzano e soprattutto indagando sul loro stile e sulla visione teologica che vi soggiace.

Per una migliore comprensione delle narrazioni bibliche

In questi ultimi decenni la scienza biblica ha stu-diato con particolare attenzione l’arte della narrativa biblica, che unisce intenti storiografici e letterari. Al-cuni dati generali di questo studio possono risultare preziosi per una lettura consapevole dei libri biblici che abbiamo dinanzi: val quindi la pena di farne una breve, schematica rassegna.

Generalmente, il narratore biblico non dimostra grande interesse per la descrizione dei paesaggi né dei personaggi, di cui normalmente ignora le caratteristi-che fisiche o psicologiche soprassedendo persino sul-la descrizione dei loro sentimenti, pensieri e reazioni. In considerazione di ciò, quando qualcuno di questi

Introduzione

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elementi emerge dalla pagina biblica risulta oltremo-do significativo e va, pertanto, considerato con par-ticolare attenzione.

Quando questi riferimenti espliciti sono assenti, è comunque possibile indagare la natura di un de-terminato personaggio. Per far ciò è necessario co-noscere bene gli artifici letterari propri dell’epoca in cui i nostri testi sono stati composti: tra questi è im-portante tenere a mente il fatto che i personaggi si ri-velano – persino nei loro sentimenti più intimi – so-prattutto attraverso le loro azioni e i dialoghi. A ben guardare, è quanto di fatto si verifica anche nelle no-stre relazioni interpersonali: infatti, è piuttosto raro che una persona che incontriamo si metta a descrive-re minutamente la propria psicologia e i suoi intimi sentimenti, e la conoscenza passa attraverso la nor-male interazione che caratterizza la vita quotidiana.

Il narratore biblico si presenta come un descrittore esterno della vita e dei fatti dei suoi personaggi. Di solito si pone al di fuori della narrazione, assumendo il ruolo di un «narratore onnisciente», dal momen-to che conosce l’intero svolgimento della trama e la sua conclusione. A volte fa delle brevissime incursio-ni nel racconto, ad esempio gli esordi e conclusioni degli episodi narrati: tale ricorso è assai tipico nel-la redazione deuteronomista, come vedremo meglio nell’analisi dei testi. Comunque, nella maggior par-te dei casi il narratore lascia che sia il lettore stesso a trarre le conseguenze o a formulare un giudizio sul fatto narrato, senza peraltro esimersi – attraverso gli stratagemmi propri della sua arte narrativa – dal pi-lotare il giudizio del lettore nella direzione da lui de-siderata. È questa la ragione per la quale alcuni per-sonaggi biblici risultano immediatamente simpatici e positivi, mentre le descrizioni di altri sono talmente caricaturali da farli apparire odiosi di primo acchito.

In base alla cosiddetta «legge dell’economia della

Il libro di Giosuè

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narrazione», i narratori delle storie bibliche si con-centrano esclusivamente sull’essenziale di ciò che succede: ne risulta che il prodotto della loro arte nar-rativa è assai stringato, ma non per questo meno den-so di significato. Diversamente dalle opere classiche a essi contemporanee, i testi biblici erano scritti dan-do per scontato che sarebbero stati letti e riletti con grande attenzione e più volte, fino a essere imparati a memoria: ciò deriva dal fatto che nel mondo antico i libri erano rarissimi e assai difficili da duplicare sia per il costo del materiale scrittorio che per la difficol-tà oggettiva della riproduzione del testo. Se un lettore moderno volesse mettersi nelle condizioni del lettore di un testo antico, ovvero l’interlocutore ideale degli autori sacri, dovrebbe abituarsi a leggere il testo len-tamente e più di una volta: è per questo che quel pro-fondo conoscitore della poetica dei racconti biblici che fu L. Alonso Schökel, seguendo un procedimen-to tipico della pedagogia rabbinica, raccomandava ai suoi studenti di iniziare il lavoro esegetico imparan-do a memoria il testo biblico da analizzare.

Nella gran parte dei casi, i racconti biblici presen-tano pochi personaggi che agiscono contemporane-amente: gli intrecci mettono in scena normalmente due protagonisti, tre al massimo, e solo nel momento in cui costoro concludono le proprie azioni il narra-tore introduce nuovi personaggi. Per questa ragione, anche nel dialogo più concitato nessuno interrompe il discorso altrui o irrompe nella discussione senza che vi sia stato debitamente introdotto. Ciò dà ai dialo-ghi tra i personaggi biblici un tono di solennità e or-dine, che comunque non manca di descrivere una si-tuazione fortemente emotiva, di paura o di passione.

Infine, occorre tener a mente che il narratore bi-blico – per quanto, come abbiamo detto, tenda a permanere all’esterno della storia che narra – non as-sume mai una posizione neutrale rispetto ai valori e

Introduzione

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ai contenuti della storia stessa: gli studiosi descrivono questo fenomeno parlando di «narrazione ideologi-ca», dal momento che il narratore fa tutto il possibile affinché il lettore accolga un determinato punto di vista, finisca coll’identificarsi con certi personaggi e col respingerne altri. Vi è dunque un intento peda-gogico nella narrazione, volto a inculcare nel lettore la capacità autonoma di riconoscere e seguire il bene e di rifuggire il male.

L’eziologia come un’importante cifra interpretativa dei libri storici

Tra le caratteristiche letterarie specifiche di que-sti racconti è innegabile la presenza di eziologie. Con questo termine, la cui etimologia rimanda alla parola greca aition, «causa», s’intende qualificare una narra-zione che getta uno sguardo sul passato per cercare di spiegare l’origine e l’esistenza di luoghi, persone od oggetti o la causa di determinati fenomeni che fanno parte dell’ambiente vitale del destinatario dell’opera letteraria.

L’identificazione di un’eziologia biblica risulta ab-bastanza semplice, per il fatto che vi si osserva l’uso ricorrente della formula «fino a oggi» (in ebraico ’ad hayyom hazzeh) che ritorna con una certa frequenza specialmente nel libro di Giosuè (4,9; 5,9; 6,25; 7,26; 8,28.29; 9,27; 10,27; 13,13; 14,14; 15,63; 16,10). La medesima formula compare altrettanto spesso nel libro dei Giudici (1,21.26; 6,24; 10,4; 15,19; 18,12). In genere questa proposizione fa riferimento a monumenti, località, o popolazioni che esistono all’epoca in cui l’autore sacro scrive o al tempo in cui le tradizioni che vengono riferite si sono formate.

A una lettura non superficiale del testo biblico ap-pare assai chiaro che la preoccupazione di spiegare e

Indice

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«Il Signore consegnerà Sìsara nelle mani di una donna» Debora e Giaele: una storia tutta al femminile (Giudici 4,1-24) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101

Lettura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101Interpretazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103Attualizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109

«Il Signore è con te, uomo forte e valoroso!» La vocazione di Gedeone (Giudici 6,11-24) . . . . . . 113

Lettura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113Interpretazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114Attualizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119

«Che io muoia con tutti i filistei!» Sansone, Dalila e la tragica fine dei filistei (Giudici 16,4-31) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123

Lettura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123Interpretazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125Attualizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131

Piccolo lessico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139

Uso liturgico dei libri commentati . . . . . 140

144

Finito di stampare nel mese di ottobre 2010 Villaggio Grafica – Noventa Padovana, Padova