ANNO XLVI GENNAIO-FEBBRAIO 2011 93/11 - ar-architettiroma.it · Conservatori di Roma e Provincia...

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ANNO XLVI GENNAIO-FEBBRAIO 2011 93/11 BIMESTRALE DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI DI ROMA E PROVINCIA segue Archivio storico IACP: l’identità di una capitale in formazione 13 Claudia Mattogno ARCHITETTURA PROGETTI Il progetto di recupero e valorizzazione dell’archivio storico iconografico dell’IACP 14 Loredana Mozzilli Il disegno di architettura come strumento tra rappresentazione e progetto nell’iconografia storica dell’IACP 17 Alessandro Nocera CONCORSI La diversificazione dell’intervento ICP: 1926, Concorso per il quartiere dell’artigianato a Testaccio 20 Loredana Mozzilli, Alessandro Nocera Concorso internazionale PASS per la riqualificazione del quartiere Tiburtino III – 2010 22 Daniel Modigliani IMPIANTI L’archivio tecnologico IACP degli anni Quaranta 25 Massimo Bellia Le nuove tecnologie e il miglioramento del comportamento energetico nell’edilizia residenziale pubblica 28 Oscar Piricò Consiglio dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Roma e Provincia (in carica per il quadriennio 2009-2013) ––––––––––––––––– Direttore Lucio Carbonara Vice Direttore Massimo Locci Direttore Responsabile Amedeo Schiattarella Ha collaborato alla realizzazione di questo numero: Claudia Mattogno Segreteria di redazione e consulenza editoriale Franca Aprosio Edizione Ordine degli Architetti di Roma e Provincia Servizio grafico editoriale: Prospettive Edizioni Direttore: Claudio Presta www.edpr.it [email protected] Direzione e redazione Acquario Romano Piazza Manfredo Fanti, 47 - 00185 Roma Tel. 06 97604560 Fax 06 97604561 http://www.rm.archiworld.it [email protected] Progetto grafico e impaginazione Artefatto/Manuela Sodani, Mauro Fanti Tel. 06 61699191 Fax 06 61697247 Stampa Arti Grafiche srl Via di Vaccareccia 57 00040 Pomezia Distribuzione agli Architetti iscritti all’Albo di Roma e Provincia, ai Consigli degli Ordini provinciali degli Architetti e degli Ingegneri d’Italia, ai Consigli Nazionali degli Ingegneri e degli Architetti, agli Enti e Amministrazioni interessati. Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano l’Ordine né la Redazione del periodico. Pubblicità Agicom srl Tel. 06 9078285 Fax 06 9079256 Spediz. in abb. postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1.DCB - Roma - Aut. Trib. Civ. Roma n. 11592 del 26 maggio 1967 In copertina: Garbatella, Borgata Giardino, Lotto XXI, Fabbricato 7 progettista Carlo Polidori Tiratura: 18.000 copie Chiuso in tipografia il 4 marzo 2011 ISSN 0392-2014 Presidente Amedeo Schiattarella Vice Presidenti Orazio Campo Fabrizio Pistolesi Segretario Aldo Olivo Tesoriere Alessandro Ridolfi Consiglieri Loretta Allegrini Andrea Bruschi Patrizia Colletta Enza Evangelista Alfonso Giancotti Luisa Mutti Francesco Orofino Christian Rocchi Virginia Rossini Arturo Livio Sacchi RECUPERO E VALORIZZAZIONE DELL’ARCHIVIO STORICO DELL’IACP a cura di Loredana Mozzilli

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ANNO XLVIGENNAIO-FEBBRAIO 2011

93/11BIMESTRALE DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI DI ROMA E PROVINCIA

segue

Archivio storico IACP: l’identità di una capitale in formazione 13

Claudia Mattogno

A R C H I T E T T U R A

PROGETTI

Il progetto di recupero e valorizzazione dell’archivio storico iconografico dell’IACP 14

Loredana Mozzilli

Il disegno di architettura come strumento trarappresentazione e progetto nell’iconografia storica dell’IACP 17

Alessandro Nocera

CONCORSI

La diversificazione dell’intervento ICP:1926, Concorso per il quartiere dell’artigianato a Testaccio 20

Loredana Mozzilli, Alessandro Nocera

Concorso internazionale PASS per la riqualificazione del quartiere Tiburtino III – 2010 22

Daniel Modigliani

IMPIANTI

L’archivio tecnologico IACP degli anni Quaranta 25Massimo Bellia

Le nuove tecnologie e il miglioramento del comportamento energetico nell’edilizia residenziale pubblica 28

Oscar Piricò

Consiglio dell’Ordine degli Architetti,Pianificatori, Paesaggisti e

Conservatori di Roma e Provincia(in carica per il quadriennio 2009-2013)

–––––––––––––––––Direttore

Lucio Carbonara

Vice DirettoreMassimo Locci

Direttore ResponsabileAmedeo Schiattarella

Ha collaborato alla realizzazione di questo numero:Claudia Mattogno

Segreteria di redazione e consulenza editoriale

Franca Aprosio

EdizioneOrdine degli Architetti di Roma e Provincia

Servizio grafico editoriale:Prospettive Edizioni

Direttore: Claudio Prestawww.edpr.it

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Direzione e redazioneAcquario Romano

Piazza Manfredo Fanti, 47 - 00185 RomaTel. 06 97604560 Fax 06 97604561

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Progetto grafico e impaginazioneArtefatto/Manuela Sodani, Mauro Fanti

Tel. 06 61699191 Fax 06 61697247

StampaArti Grafiche srl

Via di Vaccareccia 57 00040 Pomezia

Distribuzione agli Architetti iscritti all’Albodi Roma e Provincia, ai Consigli degli

Ordini provinciali degli Architetti e degliIngegneri d’Italia, ai Consigli Nazionali

degli Ingegneri e degli Architetti, agli Enti e Amministrazioni interessati.

Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano

l’Ordine né la Redazione del periodico.

Pubblicità Agicom srl

Tel. 06 9078285 Fax 06 9079256

Spediz. in abb. postale D.L. 353/2003(conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1comma 1.DCB - Roma - Aut. Trib. Civ.Roma n. 11592 del 26 maggio 1967

In copertina: Garbatella, Borgata Giardino,

Lotto XXI, Fabbricato 7progettista Carlo Polidori

Tiratura: 18.000 copieChiuso in tipografia il 4 marzo 2011

ISSN 0392-2014

PresidenteAmedeo Schiattarella

Vice PresidentiOrazio Campo

Fabrizio Pistolesi SegretarioAldo Olivo

TesoriereAlessandro Ridolfi

ConsiglieriLoretta AllegriniAndrea BruschiPatrizia Colletta

Enza EvangelistaAlfonso Giancotti

Luisa MuttiFrancesco Orofino

Christian RocchiVirginia Rossini

Arturo Livio Sacchi

RECUPERO E VALORIZZAZIONE DELL’ARCHIVIO STORICO DELL’IACPa cura di Loredana Mozzilli

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U R B A N I S T I C A32 Demolire Tor Bella Monaca? Seminario IN/ARCH Lazio

sul quartiere per valutare la proposta sviluppata da Krier per l’Amministrazione comunaleMassimo Locci

37 La rigenerazione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica: il caso di Tor Bella MonacaMarta Calzolaretti

T E R R I T O R I R I T R O VA T I42 Edifici ICP di San Saba, Testaccio, Garbatella

Francesca Rosa

R E S T A U R O44 Conservare/modificare: il caso dei tessuti urbani del Novecento

Rosalia Vittorini

49 Il progetto di riproduzione digitale e di valorizzazionedell’archivio storico iconografico dell’Ater ex IACP di RomaDonato Tamblé, Maria Emanuela Marinelli

P R O F I L I52 Antonio Michetti. L’uomo, l’architetto, il professore

a cura di Maurizio Clerici

R U B R I C H E

58 I CORSI DELL’ORDINE

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L’abitare collettivo, nella sua declinazionespecifica di edilizia residenziale pubblica, hadisegnato a Roma nel corso del Novecentomorfologie urbane dalla forte connotazione

spaziale e architettonica, ha generato ripetute e fertilioccasioni di sperimentazione edilizia, ha contribuito afar condividere storie di vita, ha messo in moto processie conflitti sociali, che tutt’oggi segnano il volto dellacittà e ne rendono riconoscibili alcune fra le sue parti. Ese diversi sono stati i linguaggi architettonici che hannocaratterizzato nel tempo tali interventi, emerge tuttaviacon rilevanza l’apporto dato alla forma della città, dicui hanno costituito brani compiuti e significativi. Distribuiti sovente in grandi isolati fino al 1962,quando la legge 167 segna il passaggio dalla casapopolare all’edilizia residenziale pubblica gestitaintroducendo procedure e finanziamenti specifici, icomplessi edilizi della prima metà del secolo Ventesimoche troviamo disposti a corona dell’area centrale,hanno contribuito all’identità e al decoro urbano di unacapitale in formazione. Realizzati da Cooperative edili,dallo ICP (poi Iacp) e da altri enti pubblici e ministeriali,quali l’Ircis, l’Incis e l’Urra Casas, hanno riguardato nelloro insieme circa 2.800 edifici distribuiti in quartieridiventati oggi non solo centrali, ma anche diconsistente pregio immobiliare, proprio per la loroqualità edilizia e urbana. Successivamente, i vari pianidi zona, localizzati in aree sempre più lontane dalcentro della città dove minore era il costo dei terreni,hanno interessato una superficie territoriale di circa4.600 ettari, corrispondente al 12% del territoriourbanizzato di Roma, imprimendo nuove fisionomieassieme a profili di forte impatto. Questo numero della rivista, che coincide con quello diapertura del 2011, propone una sorta di esercizio dirilettura di queste parti di città, soffermandosi inparticolare su quelle costruite dagli Iacp. Duplice è lavolontà perseguita: da una parte riannodare i legamicon la storia del nostro recente passato, approfondirnei contenuti e le valenze progettuali, dall’altro sollevare

alcune problematiche relative al ruolo da affidare allamemoria e ai contenuti della conservazione di unpatrimonio, come quello residenziale che ècostantemente teso fra le esigenze di adeguamentotipologico e funzionale tipico della condizione abitativae il valore patrimoniale di un bene diventato storico. Inquesto senso assume rilievo la necessità di poterdisporre e utilizzare la documentazione storica diprogetto che, assieme alle testimonianze attive e agliindispensabili sopralluoghi, consente di comprendereed interpretare le stratificazioni sedimentate e lemodificazioni che si sono succedute nel tempo. All’interno di un tema così vasto, il percorso presceltodalla rivista intende tracciare un breve raccontoattraverso i disegni di progetto elaborati dallo Iacpromano nella prima metà del Novecento. Si tratta dicirca 40mila tavole, in gran parte lucidi e copieeliografiche, da cui traspare una profonda padronanzadelle tecniche di rappresentazione grafica che mettonoin risalto dettagli architettonici, elementi costruttivi,trattamento dei materiali assieme a coloriturepaesaggistiche. Depositato presso i locali di quello che ormai dal 2002si chiama Ater, ovvero Azienda Territoriale perl’Edilizia Residenziale, tale consistente e preziosomateriale risulta purtroppo di difficile fruizione, oltre aversare in precarie condizioni conservative. Una mostracon il relativo catalogo ed un convegno sull’argomento,svolti nel marzo dello scorso anno presso l’Accademiadi San Luca, hanno fatto conoscere al pubblicol’esistenza di un così consistente fondo documentario,mettendone il luce il delicato stato di conservazione enello stesso tempo presentando una prima campagnadi interventi. Ci auguriamo che tale iniziativa nonrimanga circoscritta ed episodica, ma che invece sipossa giungere in tempi relativamente brevi, a ripetutee costanti azioni di salvaguardia in modo da rendereoperativa a tutti gli effetti, ovvero fruibile a studiosi eprogettisti, l’intera mole dell’archivio storicoiconografico dello Iacp.

ARCHIVIO STORICO IACP:L’IDENTITÀ DI UNA CAPITALE IN FORMAZIONEdi Claudia Mattogno

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D a qualche anno l’ATER di Ro-ma in collaborazione con laSoprintendenza Archivisticadel Lazio ha avviato il riordino

e la schedatura del proprio materiale ar-chivistico per conservarlo e organizzarloin forma consultabile.L’attività iniziata si iscrive in un’operameritoria che vuole raggiungere tre obiet-tivi, strettamente correlati fra loro: innan-zitutto portare all’emersione il patrimo-nio storico iconografico per conoscerne laconsistenza, rilevarne le caratteristichedocumentali, catalogarlo, e garantirne lamigliore conservazione affinché non ven-ga distrutto dal tempo e dall’uso anche afini di studio; in secondo luogo valorizza-re la messe documentale dei disegni, dia-gnosticarne lo stato di conservazione,mettere a punto metodi di intervento peril restauro e la tutela per il futuro e infine

consentire la fruizione del patrimonioche deve avvenire secondo opportune re-gole che garantiscano il rispetto del docu-mento e del suo stato di conservazione.Grazie al lavoro di una società, specializ-zata nel lavoro d’archivio, che ha vinto lagara indetta dall’ATER, l’ultimo pianodell’edificio della sede centrale del-l’ATER al Lungotevere Tor di Nona è di-ventato in realtà un sottosuolo dal qualesta emergendo una monumentale messedi documenti che narrano dell’attività edella vita ultracentenaria di un Ente co-me l’IACP (ora ATER) che ha scrittoimportanti capitoli della storia edilizia eurbana della città di Roma. I progetti, il materiale d’ufficio, i verbalidei vari Consigli di Amministrazione,riorganizzati e resi consultabili, costitui-ranno dunque un formidabile materialeper conoscere a fondo la storia e il patri-

monio edilizio e urbano delle case popo-lari a Roma.Nell’ambito di questa attività che dureràpiù anni, il ritrovamento, la schedatura,il riordino e in alcuni casi il restauro deimateriali dell’archivio storico iconografi-co rappresentano il lavoro più delicatoper la vetustà dei documenti e per la lorocomplessa ricostruzione. Ci riferiamo inparticolare ai disegni relativi ai progettidei quartieri popolari concepiti nei primicinquant’anni di vita degli IACP, di cuifra l’altro abbiamo un immediato riscon-tro nella realtà urbana, in quanto quasitutti i progetti sono stati realizzati inquartieri popolari diventati famosi e ora-

Loredana Mozzilli

IL PROGETTO DI RECUPEROE DI VALORIZZAZIONE DELL’ARCHIVIO STORICOICONOGRAFICO DELL’IACP

In questa pagina:• Copertina del catalogo della mostra dei disegni

dell’archivio storico IACP

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mai impressi nella memoria collettiva.Mai come in questo caso la costruzionedell’archivio diventa il passaggio dal de-posito della memoria alla sua attualizza-zione e, una volta sistemato, potrà sicura-mente rappresentare una fonte di vitalitàdel pensiero urbanistico e architettonicoche potrà esercitarsi nel confronto fra lemodalità dell’abitare della prima partedel secolo scorso e quelle contemporanee.

Esaminando in particolare i disegni delprimo trentennio di attività dell’IACP(1903-1930), si riscontra come la casapopolare, malgrado l’esigenza della eco-nomicità dei costi, deve comunque esse-re un’opera di architettura e contempo-raneamente intonarsi al contesto circo-stante, così come il quartiere popolarenon doveva essere una parte avulsa dallacittà esistente, un territorio lontano dal-lo sguardo, ma un organismo integrabi-le nel tessuto urbano. È stato infatti piùvolte osservato come in questo primo

periodo l’IACP progetta e costruisce inuovi quartieri di case popolari (Trion-fale, San Saba, Testaccio, Ostiense, Fla-minio, Garbatella, Casilino, Monte Sa-cro) dentro e immediatamente fuori lemura come espansione della città com-patta e in continuità con essa. I complessi realizzati si presentano dun-que come una parte di città, dove l’insie-me dei lotti era progettato e costruito congli accessi, gli attraversamenti, le corti e igiardini con sistemazioni a verde di buo-na fattura, con il preciso intento di ren-dere gradevole la residenza, nonostantefosse destinata “alle classi diseredate dallafortuna” come ebbe a dire il sindaco diRoma Prospero Colonna, delineando lamission dell’Ente che stava nascendo.

Anche i disegni recano impressa la dedi-zione che veniva profusa nel progettare etestimoniano la cura, a volte anche lezio-sa, dei particolari sia ornamentali checostruttivi.

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A fianco:• Accademia di San Luca: mostra dell’archivio

storico IACP – Pannello sulle architetturedegli anni ‘10-‘20 - Piazza d’Armi, SanSaba, Monte Sacro

Sotto, dall’alto:• Garbatella, lotti 45,46,47 prospetto lato

ingresso parco con annessa scuola L. Luzzatti (1944 - I. Sabbatini)

• Particolari ornamentali

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Allo stesso modo nei verbali dei Consiglidi Amministrazione o nei bandi di con-corsi indetti dall’Ente, si prevedono pro-grammi realizzativi ricchi di dettagli tec-nici. Nel programma di concorso adesempio “per un gruppo di case nellaborgata giardino Garbatella Sette Chie-se” svoltosi nel 1924 sotto la Presidenzadi Alberto Calza Bini e sotto gli auspicidell’Associazione Artistica fra i cultori diArchitettura in Roma, l’IACP prevedevaun sistema distributivo degli alloggi che,pur essendo concepito con l’obiettivodel massimo risparmio degli spazi, dove-va garantire un ingresso indipendente adogni abitazione (in media composte dadue o tre camere e cucina), un sistema diservizi individuali nelle zone cantinate(cantine, magazzini, grottini) e ambien-ti ampi e arieggiati per i cassoni dell’ac-qua in copertura.

Veniva anche consentita una certa speri-mentazione al progettista che poteva“presentare [....] speciali disposizioni estrutture perché esse diano ampia garan-zia di durata e di solidità pei fabbricati”.La casa popolare di quel periodo e finoall’immediato dopoguerra ha dunquerappresentato un terreno di esercitazio-ne artistica, di sperimentazione tipologi-ca, distributiva e costruttiva, di adesione

all’integrazione urbana ma anche di rin-novamento dell’impianto urbanisticodei quartieri, che tutt’oggi vengono in-dicati come esempio di realizzazioni dariproporre per compiutezza e bellezzanella città contemporanea. In questa riscoperta e riproposizione delruolo di avanguardia dell’edilizia pub-blica sta il significato per noi architettidel progetto di recupero e valorizzazionedell’archivio storico iconografico del-l’IACP di Roma, come lo sarebbe ovvia-mente anche per gli IACP o ATER di al-tre città italiane che hanno cominciato a“scavare” nei propri “giacimenti”.Nel recente mandato in cui sono stataConsigliera di Amministrazione del-l’ATER di Roma, ho sostenuto con forzal’iniziativa dell’archivio storico, contri-buendo a rendere pubblico con un conve-gno, una mostra e un catalogo la cono-scenza di questo prezioso patrimonio. Apartire da questa esperienza penso che ilpasso successivo sia quello di mettere inrete tutti i progetti di recupero degli archi-vi storici IACP delle varie città italiane, inquanto contenitori di veri e propri pezzi diarchitettura. Sarà decisiva in questo unasempre più stretta collaborazione con leSoprintendenze archivistiche. Ritengo,infatti, che un’iniziativa del genere avreb-be grande importanza culturale per gli ar-

chitetti e gli urbanisti di oggi per rintrac-ciare nella memoria progettuale quei con-tenuti che possono contribuire a riavviareuna buona politica dell’edilizia pubblica.Per quanto riguarda Roma, è auspicabi-le che l’attività di recupero iniziata, oltrea documentare un lavoro faticoso e im-portante come quello di ricomporre ma-teriali progettuali e renderli consultabili(l’archivio storico dell’ATER di Romacontiene presumibilmente tra 1.200 e1.500 progetti molto antichi), possacontinuare per il tempo necessario al suocompletamento, perché serva a rivedere,in modo critico e costruttivo, esempi dibuona architettura del passato, di cui lacittà è ricca di testimonianze. L’archivio storico deve diventare in so-stanza un’esperienza dinamica che, do-cumentando le importanti realizzazionidei quartieri delle case popolari a Roma,possa rimettere al centro dell’azione am-ministrativa della città una politica so-ciale della casa che sia anche ricerca dinuovi modelli dell’abitare.

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Da sinistra:• Garbatella, lotto XIX• Schema di funzionamento dei cassoni

dell’acqua in copertura

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A gli inizi del Novecento le tec-niche costruttive edilizie sonoancora quelle ottocentesche.La ricerca nella produzione

della residenza pubblica viene incentratasulla tipologia degli alloggi, sull’esposi-zione dei corpi di fabbrica, sulla loro di-sposizione nell’area del lotto, sul concettodi apertura delle corti interne, su nuovistandard degli spazi esterni, sull’urbani-stica moderna più illuminata, insommaverso una migliore qualità dell’abitare edel vivere la città. La scatola edilizia rima-ne invece ancora condizionata dai limiticostruttivi imposti dalla lunghezza massi-

ma delle travi portanti dei solai, che ne li-mita la larghezza, e da una struttura mu-raria costretta in rigide maglie ortogona-li. La costruzione della fabbrica ha anco-ra il carattere di produzione artigianaleda realizzarsi attraverso opere manualitradizionali non complesse, anche se ri-gorosamente scrupolose. Con questi li-miti, e per essi, la ricerca stilistica e com-positiva, di maniera o innovativa, pertutta la prima metà del Novecento, verràimperniata sulla elaborazione della vestearchitettonica dell’edificio. Al disegnodel prospetto confluiscono così tutti i va-lori della comunicazione, sia quelli che

intercorrono tra progettista e costruttoreche quelli delle convenzioni estetiche, peressere (il prospetto) possibile strumentoin grado di emettere una propria capacitàespressiva dell’immagine architettonica.Questo può spiegare la curiosa mancanza,riscontrata all’interno dell’Archivio Stori-co dello IACP, di particolari costruttiviche avrebbero potuto/dovuto integrare letavole grafiche di progetto. Vale a dire checonvenzionalmente piante, sezioni e pro-

IL DISEGNO D’ARCHITETTURACOME STRUMENTO TRA

RAPPRESENTAZIONE E PROGETTONELL’ICONOGRAFIA STORICA DELL’IACP

Alessandro Nocera

• Testaccio I, lotto XIX – Luigi MagniProspetto sul cortile (1910)

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spetti in scala 1:100 dovevano essere rite-nuti sufficienti alla definizione dei carat-teri costruttivi e stilistici da ritrovare, ap-punto, in maniera sintetica ed estetica,nel disegno formale del prospetto. Nellarilettura che segue di alcune tavole di pro-getto (prospetti) provenienti dall’Archi-vio Storico dello IACP si può interpretarel’idea estetica del proprio autore, applica-ta alla rappresentazione grafica, attraversole trame del disegno autografo.

Testaccio (1910-1913)Luigi Magni si serve di un disegno essen-ziale, senza ombreggiature, sicuro, corret-to, distaccato, come a trasmettere megliol’aspetto solenne neoclassico dei prospet-ti. I ritagli delle finestre sono varchi aper-

ti sul vuoto interno percepito attraverso lasua oscurità quasi a voler conferire una vi-sione tridimensionale ai fabbricati. L’ef-fetto di isolamento metafisico che ne de-riva sembra ricordare quello dei disegnidelle fabbriche palladiane.

S.Saba (1911)Quadrio Pirani e Giovanni Bellucci sen-tono di dover adeguare la capacità artigia-nale e tradizionale edilizia, importata dal-la cosiddetta provincia, allo spirito classi-co derivante dalla storia millenaria dellacapitale. Disegnano sapienti apparati de-corativi da eseguirsi in mattoni e appli-carsi ai prospetti, riuscendo ad ottenere ilgeniale effetto del rimando classicisticocercato. Il risultato, contenuto nell’aspet-

to rustico, mostra grande coerenza stili-stica. Il disegno, tuttavia, aspira forse adassicurarsi solo il livello tecnico necessarioalla realizzazione cantieristica. Fasci di li-nee continue fluttuanti evocano una pro-babile atmosfera romana che, in fondo,serve ai progettisti per conferire una visio-ne unitaria (infine anche suggestiva) delcomplesso nel suo insieme.

Garbatella (Borgata Giardino, 1927)Plinio Marconi con i progetti delle case-villino, attraverso un disegno lineare ap-parentemente semplice, sembra inter-pretare, più di altri, il cosiddetto baroc-chetto romano, quello minore, evocatoredi una architettura spontanea, popolare,basata su di un repertorio di elementi ti-

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pici, tratti da un’ambientazione storicastratificata, con i quali (ri)costruire lasintesi di un brano suggestivo di città co-me in una messa in scena teatrale.

Trionfale II (1921)Innocenzo Sabbatini, impegnato inquesta sua prima notevole opera proget-tuale, non ancora trentenne, approcciaun disegno di facciata nella quale tentagià di distaccarsi da evoluzioni e metodidi maniera. Il disegno del prospetto è ar-ticolato attraverso una composizioneche preme verso l’alto dissimulandoogni elemento dalla sua riconoscibilitàper raggiungere un effetto visivo non perparti definite ma attraverso la loro visio-ne globale. Gli stessi fili di fumo, che sal-

gono dai comignoli, rimandano la sug-gestione di appartenere a tutti gli effettia quella composizione. Sabbatini agliinizi degli anni Quaranta è autore di unultimo inedito progetto romano allaGarbatella, per incarico dello IACP, do-po esserne stato lontano circa quindicianni, dal marcato purismo formale. Idue progetti così lontani stilisticamentelasciano comprendere quanto, in menodi un quarto di secolo, siano mutati i lin-guaggi in architettura.

Castelfusano (Ostia, 1952)Roberto Nicolini, dopo aver traghettatola produzione di edilizia residenziale delloIACP, dalla fine degli anni Trenta agli an-ni della ricostruzione del secondo dopo-

guerra, ed oltre, è autore di un’esemplareopera. Si tratta del progetto dello Stabili-mento balneare a Castelfusano di Ostia suincarico del CRAL dell’Istituto, disegna-to a china in un’unica tavola su carta luci-da, in cui ricorrono tutti gli stilemi di unmodernismo formale e funzionale ancoraattuali. L’effimero inserimento dell’ele-gante e trasparente gazebo metallico dellapista da ballo e dell’alto pennone inqua-drato tra i suoi tiranti pieni di bandierineè soprattutto simbolo di una migliorataqualità di vita che si stava allora faticosa-mente conquistando. Sotto quel gazebo,chi scrive incontrava Lucia nelle dolci eroventi estati agli inizi degli anni Sessan-ta. Un’immagine mai svanita.

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Pagina a fianco, dall’alto:• S.Saba, lotto VII – Quadrio Pirani, Giovanni

Bellucci – Prospetti a Sud-Ovest (1911)• Garbatella (Borgata Giardino), lotto 46 –

Innocenzo Sabbatici – Prospetti sulla viaMagnaghi dei fabbricati 1-2, pianta, sezione eprospetti dei fabbr. 3-4-5 (1944)

• Trionfale II, lotto I – Innocenzo Sabbatici –Prospetto sulla Via V. Pisani (1921)

In questa pagina, dall’alto:• Castelfusano di Ostia, Stabilimento balneare per

il CRAL dell’IACP – Roberto Nicolini – Piante,prospetti e sezioni (1952)

• Garbatella (Borgata Giardino), completamentolotto 55, Fabb.1 – Plinio Marconi – Prospettoanteriore (1927)

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lo, e contenuta dalle strade di piano re-golatore di Via di Porta San Paolo (poiViale della Piramide Cestia) di Via Mar-morata e Viale Aventino (poi VialeManlio Gelsomini), costituiva certa-mente un sito ideale per il suo aspettopianeggiante e contemporaneamenteper la funzione di collegamento urbanotra le pendici dei due colli dell’Aventino.Quest’area era già stata prevista edifica-bile dal PRG del 1883, ma non era maistata edificata fino ad allora se non peralcune infrastrutture comunali come idue capannoni della fonderia e la sotto-stazione elettrica dell’azienda Tranvie. Il concorso, prefigurando la realizzazionedi un quartiere dell’artigianato, avrebbedunque attuato le previsioni del PRGdell’83 che aveva destinato il rione Te-staccio ad “arti clamorose, fabbricati perabitazioni di operai e grandi officine”. IlTestaccio infatti, a differenza degli altriinterventi istituzionali dell’ICP, era statoconcepito unicamente come “quartiereoperaio”. Di conseguenza il bando diconcorso dava precise indicazioni sul ca-rattere architettonico e funzionale che ilprogetto doveva contenere (di seguitostralcio Delibera del CdA dell’ICP del 15aprile 1926):“Il quartiere deve anzitutto contenere uncentro in cui si esprimano, per così dire, sin-tetizzati, gli scopi dell’iniziativa, e cioè uncentro corporativistico, turistico, commer-ciale in cui abbiano sede sale di esposizioni

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Cosa aveva spinto la “volontàdel Governo nazionale” a rea-lizzare il quartiere dell’artigia-nato a Testaccio?

Da una parte la necessità di riunire inmaniera dignitosa e organica i tanti arti-giani, la cui attività era stata esercitatanei quartieri che si stavano demolendo(fra la salita del Grillo e il Vittoriano -1924, tra l’Arco di Giano e il Tevere –1925, intorno al Teatro di Marcello –1926,…), dall’altra quella di completarel’area industriale nella zona di Testaccioe Ostiense, che aveva determinato la tra-sformazione da Roma papale a Capitale,volendo emulare proprio in quel tratto

urbano la città costantiniana per la stra-ordinaria organizzazione mercantile eartigianale attorno al suo grande portofluviale sul Tevere. Probabilmente le due ipotesi insieme.Il compito di provvedere all’inedito in-tervento fu affidato all’ICP. Infatti nelCdA dell’Istituto del 15 aprile 1926, Al-berto Calza Bini, Presidente dell’ICP ro-mano, comunicava che era stato delibe-rato con il Governatore un pubblicoconcorso per un quartiere dell’artigiana-to da far sorgere nei pressi, e in continui-tà, del quartiere industriale di Testaccio.L’area individuata, all’interno delle mu-ra Aureliane, dove si apre Porta San Pao-

Dall’alto:• Planimetria annessa al bando• Testaccio-preesistenze archeologiche

LA DIVERSIFICAZIONEDELL’INTERVENTO ICP1926 - CONCORSO PER IL QUARTIEREDELL’ARTIGIANATO A TESTACCIOLoredana Mozzilli, Alessandro NoceraA

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permanenti, di vendita, uffici di segreteriaper l’organizzazione commerciale, ecc.Attorno a questo centro e con distribuzionee raggruppamenti opportuni, conseguentialle varie caratteristiche ed alle varie neces-sità tecniche, si disporranno le botteghe e leabitazioni per le varie arti, considerando atitolo di esempio le seguenti:1 – orafi - cesellatori - pietre dure2 – cuoi - merletti - fiori artificiali3 – ceramiche e vetrerie artistiche4 – industrie tessili - arazzi ed arte dellalana - tappeti5 – ebanisteria e intaglio6 – opere in ferro battuto e metalli sbalzati.Ciascun artigiano nel relativo gruppo deveavere la bottega con i relativi annessi e l’abi-tazione di tre o quattro camere e cucina inmassima. Dette unità saranno raggruppatein piccoli fabbricati di due e tre piani fuoriterra capaci di contenere da due a sei arti-giani della stessa arte. È lasciata completalibertà di stile per la composizione da idea-re, la quale deve soltanto intonarsi all’am-

biente e rispondere a linee di semplicità e dipraticità assoluta. L’insieme dei vari nucleipotrà avere uno o più ingressi ed essere alleg-gerito ed abbellito con giardini e spazi inter-ni gradevolmente sistemati…”.

Nel bando di gara pubblicato il 5 giugno1926 viene fissato il termine del 31 ago-sto per la presentazione dei progetti, cheandranno inviati alla sede dell’Associa-zione Artistica tra i Cultori di Architet-tura in Via Astalli 1. Il 5 ottobre 1926,con delibera commissariale n.120, Al-berto Calza Bini, nel frattempo diventa-to Commissario dell’ICP, nomina duecomponenti interni, l’architetto Mar-cello Piacentini e l’ing. Innocenzo Co-stantini, in rappresentanza dell’Istitutonella Commissione Giudicatrice deiprogetti presentati al concorso. Il concorso verrà vinto dal gruppoAschieri-De Renzi ma il quartiere nonverrà mai realizzato.Sui motivi della mancata realizzazione si

può avanzare l’ipotesi che il progetto, purconsiderato “brillantissimo”, non ebbeattuazione in quanto troppo magnilo-quente e “distaccato dal contenuto uma-no ed espressivo” (P. Marconi da “L’archi-tettura. Cronache e storia, n. 71 - 1961).Nel 1935 ai bordi dell’area, con affacciosulla Via Marmorata, venne realizzatoda Adalberto Libera il magnifico edificiorazionalista del Palazzo delle Poste. Nel 1938 nella stessa area del bando diconcorso, alle spalle del Palazzo delle Po-ste e in sintonia con esso, iniziarono i la-vori per la realizzazione del Parco Cestio,oggi Parco della Resistenza dell’8 settem-bre, su progetto di Raffaele De Vico.

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Sopra, da sinistra :• Stralcio PRG 1883• Pianta progetto vincitore • Stralci prospettici progetto vincitore

Sotto:• Fonderia Comunale• Testaccio, pianta assonometrica dello stato attuale

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L’ATER del Comune di Roma nelcorso dell’ultimo mandato am-ministrativo 2005-2010 ha vo-luto riprendere la tradizione di

promotore di qualità progettuale che hasegnato la sua gloriosa storia. I temi delnostro tempo riguardano il recupero e ilrestauro del patrimonio esistente e nonsono più quelli della costruzione di nuo-vi quartieri. Si deve però anche sondarela possibilità di aumentare il numero de-gli appartamenti di proprietà pubblicadove gli spazi sono sufficienti e i servizici sono già. Sono oggi i temi più impor-tanti per le città e per la vita degli abitan-ti dei quartieri. Il degrado urbano derivada scelte di impianti urbanistici segnati

dalla cultura del loro tempo. La città del“moderno” mostra i suoi successi ed isuoi fallimenti. Il degrado edilizio inve-ce deriva dalla fiducia mal riposta innuove tecnologie costruttive non speri-mentate e, soprattutto, dalla mancanzadi manutenzione.Per affrontare questi temi, che sono tipi-ci di moltissimi quartieri di edilizia resi-denziale pubblica in tutto il paese,l’ATER del Comune di Roma insiemecon l’Università di Roma 3 (DIPSA, Di-partimento di Progettazione e Studiodell’Architettura) ha lanciato il Concor-so internazionale PASS sfidando la cul-tura dell’urbanistica e dell’architetturacontemporanea. Il concorso è stato lan-

ciato per la riqualificazione del quartieredi edilizia residenziale pubblica di Ti-burtino III, a ridosso di una fermata del-la metropolitana della linea B. Tiburtino III è un quartiere dove vivonoin case popolari 450 famiglie, molte del-le quali discendenti da chi era stato de-portato nella vecchia omonima “borga-ta” Tiburtino III. A distanza di trenta an-ni, il complesso, che pure è stato unbuon esempio di edilizia residenzialepubblica, sconta il degrado dell’età edanche alcune carenze dell’impianto pro-gettuale. È uno dei casi a Roma di gran-di interventi pubblici costruiti in fretta,con tecniche di prefabbricazione pesan-te, per i quali oggi è necessaria una stra-

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CONCORSOINTERNAZIONALE PASS PER LA RIQUALIFICAZIONE DEL QUARTIERE TIBURTINO III–2010Daniel Modigliani A

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tegia per il recupero fisico, per il miglio-ramento degli spazi comuni, per l’incre-mento dei servizi di vicinato. Il degrado dell’età si percepisce nel dete-rioramento del calcestruzzo, nei ferri os-sidati scoperti, nelle pavimentazionisconnesse, nelle autorimesse sottoutiliz-zate e pericolose. Soprattutto si pagal’impostazione progettuale iniziale cheha determinato l’abbandono di tutte learee esterne e dei piani terreni liberi.Trenta anni fa l’automobile governava ildisegno a terra imponendo le sue regole,considerate prevalenti rispetto a quelledelle persone. Oggi è possibile invertirel’ordine delle priorità restituendo glispazi pubblici agli abitanti, liberando insicurezza grandi aree verdi. Si tratta di ri-progettare tutto il piano di campagna.Lo spazio comune quindi deve iniziaredall’ingresso nel quartiere senza doverattraversare una terra di nessuno per ar-rivare alle scale. I piani terreni liberi so-no oggi uno spreco di spazio senza con-trollo, lasciato all’abbandono. La nuovalegge regionale n. 21 del 2009 permettefinalmente di usare meglio quanto giàesiste realizzando anche nuovi alloggi edottenendo un forte miglioramento dellecondizioni attuali, senza andare ad occu-pare nuove aree da urbanizzare in cam-pagna. Anche sulle coperture degli edifi-ci è possibile realizzare nuovi alloggi. Sipuò fare aggiungendo piccoli alloggi persingoli o giovani coppie. L’obiettivo delconcorso era avere un progetto che pre-vedesse la realizzazione di circa 120 nuo-vi alloggi tra piani terreni e terrazzi, in

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Pagina a fianco:• Tiburtino III oggi e in una foto d’epoca

In questa pagina, dall’alto:• Veduta aerea dell’area• Progetto primo classificato, planimetria

e soluzione edilizia

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aggiunta ai 450 esistenti. Il quartierepuò trovare, con questa iniezione dinuova linfa, un nuovo assetto organico,e le condizioni di vivibilità complessivapossono migliorare di molto. Si rendonorealmente fruibili migliaia di metri qua-drati oggi abbandonati. Il concorso si è aperto con una fase pro-gettuale preliminare, ma ha poi anche av-viato l’affidamento al gruppo vincitoredella progettazione definitiva. Finalmen-te lancia il tema di un intervento com-plessivo, il quale, trovata la migliore solu-zione progettuale, potrà essere realizzatonel tempo per fasi, secondo le disponibi-lità finanziarie e senza coinvolgere in al-cun modo gli interni delle case e l’ordina-ria vita degli abitanti, perché avviene nel-le parti comuni. L’ATER potrà quindi av-viare, con un progetto unitario e condivi-so, la riqualificazione di tutti gli spazi co-muni ed avere 120 nuovi alloggi da asse-gnare per continuare a perseguire i suoicompiti istituzionali. Tutto questo natu-ralmente se l’intervento sarà finanziato.Al concorso sono stati ammessi 40 con-correnti e la giuria internazionale, com-posta da esperti di chiara fama sui pro-blemi urbanistici ed edilizi dei quartieridi proprietà pubblica, ha svolto i suoi la-vori nel tempo previsto ed ha assegnato ipremi e le menzioni all’unanimità.Il tema, che proponeva di intervenireconcretamente in un corpo vivo ed abita-to, è stato affrontato dai migliori proget-ti con scelte realistiche e ponderate. Non

si sono avute proposte con soluzioni pre-potenti o visionarie, ma progetti in gene-rale realizzabili tenendo con delle risorseassegnate. Si è confermata la fattibilità di120 alloggi aggiuntivi senza occupareneppure un metro quadrato di ulteriorearea rispetto a quella già occupata.Il gruppo vincitore è spagnolo, rappre-sentato da Carmen Espegel Alonso, del-la Università di Madrid. Un progetto at-tento e misurato nel ridisegno degli spa-zi comuni a terra, che è stato anche ingrado di garantire grande qualità per gliinterventi edilizi.

Il gruppo secondo classificato è romano erappresentato da Giacomo Gajano Saffi.Il terzo, rappresentato da Juan PabloMores Molestina ha sede in Berlino eporta un contributo di scuola tedesca. Ilprimo dei menzionati è un gruppo ru-meno, con sede in Timisoara. Tante edinteressanti le voci della cultura contem-poranea, i cui progetti vanno analizzaticon attenzione per poterne apprezzare icontributi per la formazione di una cul-tura del restauro del moderno.(Il concorso, dal punto di vista impiantisti-co, è trattato a pag. 28, ndr)

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Dall’alto:• Progetto secondo classificato• Progetto terzo classificato

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L’archivio storico dei disegni ècollocato fin dall’origine nelsottotetto dell’edificio realizza-to nel 1927 in lungotevere Tor

di Nona su progetto dell’ing. AlbertoCalza Bini.Negli oltre trent’anni di lavoro in questasede ho più volte modo di accedere al-l’archivio per depositare o ricercare ela-borati progettuali. Malgrado la curiositàche quell’insieme di vecchie carte stimo-lava, la mia era sempre rimasta una co-noscenza sommaria del contenuto diquegli scaffali e limitata alla disposizionedei progetti: tutte le attività di ricerca edi deposito dei disegni erano effettuatedagli addetti, che non consentivano achicchessia di mettere il naso nell’archi-vio, ma che, purtroppo, non avevano al-cuna cognizione archivistica, trattando-si di personale reclutato da sempre tra idisegnatori o i tecnici dell’Istituto.

Nei primi mesi del 2009, essendo ormairimasto l’archivio senza addetti, mi vidicostretto a prendere quanto prima co-gnizione, quale responsabile degli archi-vi dell’ATER, delle condizioni dei localie dello stato della relativa documenta-zione, al fine di individuare le opportu-ne soluzioni per la conservazione e per laconsultazione dell’ingente documenta-zione riposta in tali archivi.La soluzione è stata individuata, in ac-cordo con la Soprintendenza Archivisti-ca per il Lazio, che aveva già effettuatoun censimento sommario del fondo ar-chivistico, in un progetto, in corso direalizzazione, per la schedatura informa-tica e relativa acquisizione ottica dei do-cumenti presenti in archivio, oltre35.150 disegni, 4.500 tra foto e lastre fo-tografiche e circa 150 album alloggi rela-tivi al periodo che va dalla nascita del-l’ICP al 1970.

Dalle preliminari ricognizioni di quegliscaffali, le sorprese non sono mancate.Frugando negli oltre 502 cassetti di legnosono venuti alla luce disegni su supportirari e sconosciuti, progetti ultracentena-ri, alcuni dei quali datati 1903, elaboraticon firma autografa di progettisti e dise-gnatori di chiara fama (Giulio Magni,Innocenzo Sabbatini, Giorgio Guidi,Roberto Nicolini, Vincenzo Fasolo, emolti altri), ed in uno degli angoli piùnascosti, coperto da una nuvola di polve-re, una raccolta di soluzioni tecnico-co-struttive dell’epoca, rilegata in un volu-me titolato “Catalogo Tecnologico”.Il volume è, con ogni probabilità, il ri-sultato di una raccolta di dettagli co-struttivi in uso presso l’ICP in quel pe-

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L’ARCHIVIOTECNOLOGICO IACP

DEGLI ANNIQUARANTA

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Massimo Bellia

1. Una sala dell’archivio storico2. Indice del Catalogo Tecnologico

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riodo, i cui elaborati portano la firma diLuigi Lisi (datati 1941), e consta di 68schede organizzate in 10 diverse Sezioni.Ciascuna sezione è contraddistinta dauna intestazione espressa in forma estesa(ad esempio: infissi in legno per le caserustiche), e da un codice sistemico (LE-RU per LEgno RUstiche ), precorrendosistemi di codifica così largamente dif-fusi ai nostri tempi, soprattutto nei siste-mi informatici e rendendo facilmentereperibile la scheda ricercata.

Il contesto in cui vede la luce la raccoltaè quello della ricostruzione del secondodopoguerra, periodo ove il fermento co-struttivo interessa, oltre agli interventiframmentari nei comuni della provinciadi Roma, una architettura minore manon meno significativa nella realizzazio-ne della città costituita di un’architettu-ra minuta in contrapposizione ad inter-venti di dimensione urbana, quali: quar-tiere Flaminio, città Giardino, ecc.Si tratta probabilmente di sistemi co-struttivi adottati dall’ufficio tecnico in-terno, guidato in quegli anni da proget-tisti di chiara fama: Innocenzo Sabbatini(1925-1931), Giuseppe Nicolosi (1925-1936), Alberto Calza Bini (1923-1943).Sistemi costruttivi e soluzioni tecnicheclassificate (figg. 3, 4 e 5) in relazione al-le tipologie edilizie in uso a quei tempinell’ICP: Tipologia economica “…de-stinate esclusivamente al ceto medio

borghese e semplicemente impiegati-zio”, Tipologia popolare “…per il popo-lo, che l’Istituto chiama ad un più altogrado di vita civile”, Tipologia rustica oultrapopolare o “rapide” per esigenzetemporanee abitative di sfrattati, sbarac-cati o abitanti senza tetto.

Sono gli anni in cui vengono realizzati,tra l’altro, il Tufello, la borgata del Quar-ticciolo, la borgata giardino Garbatella,il Trullo, la borgata Primavalle, la borga-ta S.Basilio, Testaccio.Sono gli anni in cui si sente l’esigenza didare ordine e regole certe al progettare edal costruire; nascono le prime raccolte si-stematiche su tali materie. Due fra le piùimportanti sono: l’Enciclopedia Praticaper Progettare e Costruire (la prima edizio-ne del libro è del 1936 a Berlino a cura diNeufert Ernest) e il Manuale dell’Archi-tetto edito a cura del CNR nel 1953.

Di certo influenze nel predisporre un si-stema di catalogazione dei principali ele-menti costruttivi in uso, o da utilizzare,nei progetti di case popolari provengonodal contesto culturale architettonicodell’epoca, ma non è da escludere che ilCatalogo Tecnologico possa aver costitui-to a sua volta elemento di riferimentoper altre pubblicazioni del periodo.Il Catalogo costituisce una raccolta dellesoluzioni ottimali per ciascun elementopreso in considerazione; soluzione otti-male quale si è definita nel tempo peresperienza costruttiva e per risvolti ma-nutentivi.È la storia dei precedenti progetti cheguida il progettista nella scelta delle so-luzioni costruttive o nella utilizzazionedi elementi di arredo. I materiali a disposizione dell’architettosono, confrontati a quelli oggi disponi-bili, assai esigui: pietre naturali, conglo-merato cementizio, ferro, legno, bloc-chetti di tufo e mattoni. Le soluzionitecnologiche non trovavano grandi spa-zi e per questo si appoggiavano a sistemicodificati. La creatività del progettista siesplicitava prevalentemente nelle solu-zioni, ove possibile, di aggregazioni ti-

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3. Infisso per case di tipo medio4. Infisso per case di tipo rustico5. Infisso per case di tipo popolare

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pologiche o nella ricercatezza dei pro-spetti, raggiungendo in alcuni casi, tut-tavia, livelli di altissima qualità.

Le soluzioni tecniche riportate costitui-scono in taluni casi (vedi figg. 6 e 7) iparticolari costruttivi da allegare ai pro-getti, nel quadro di un uso ricorrente distereotipi per contenere tempi di proget-tazione e di costruzione. In altri casi leschede hanno prevalentemente caratteredi linee guida da utilizzare in fase co-struttiva per dimensionare correttamen-te alcuni impianti, quali ad esempioquello idrico (vedi figg. 8 e 9), in relazio-ne a particolari condizioni di contesto(cassoni in soffitta o in cucina, acqua inabbonamento o diretta). Dimensiona-mento degli impianti, posizionamentodegli apparecchi igienici, e persino

estensione delle maioliche a ridosso dellavandino, venivano “normati” e “stan-dardizzati” a seguito delle esperienzematurate nel tempo e del feedback conti-nuo e protratto per anni che un ServizioManutenzione forniva su sistemi co-struttivi analoghi e ripetuti.Il ricorso a schemi e soluzioni già speri-mentati con successo ed il loro progressi-vo affinamento volto a rispondere inmodo sempre più adeguato a esigenze dimanutenibilità e di durata, a parità dicosti, ha rappresentato il punto di forzadei manufatti realizzati dall’allora ICP.Indagini sugli interventi di manutenzio-ne sul patrimonio edilizio dell’ATER (v.tabella) mostrano, infatti, condizionimolto più critiche dello stato manuten-tivo delle abitazioni degli ultimi anni ri-spetto a quelle dei decenni Quaranta eCinquanta, su cui grava una vetustà dioltre sessanta anni e, per quelle classifi-cate come case “rapide” o “rustiche”, laprecarietà di soluzioni improntate allamassima celerità nella costruzione ed auna estrema economia.

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arco numero n. alloggi costruiti % interventi manutentivi temporale interventi nell’arco temporale su numero alloggi–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––1903-1940 742 12492 5,94

1941-1979 1253 20756 6,04

1980-2010 1596 30702 5,20

6. Cornicione tipo A per fabbricati coperti a tetto,7. Arredamento da cucina Tipo B 8. Schema di impianto idraulico Tipo A 9. Schema di impianto idraulico Tipo B

Distribuzione delle richieste di interventi manutentivi pervenute in un anno (maggio 2009-aprile 2010)sull’intero patrimonio ATER, articolato per fasce di vetustà

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L’ATER del Comune di Roma, al-l’interno di una nuova visione,ha avviato un percorso strategicomirato al miglioramento energe-

tico degli edifici esistenti attraverso il re-cupero del patrimonio e la sperimenta-zione sul nuovo. La sperimentazione è

stata finalizzata a caratterizzare gli inter-venti attraverso l’utilizzo di tecnologie emateriali compatibili e sostenibili: foto-voltaico, solare termico, realizzazione dinuovi pacchetti con performance termi-che elevate sia sulle coperture sia sugli in-volucri esterni accoppiati a serre solari e

sistemi di ventilazione naturale. Due so-no gli esempi indicativi del percorso chel’azienda ha intrapreso: l’installazione diun impianto fotovoltaico sui ponti delPiano di Zona n.38 Laurentino e ilConcorso PASS a Tiburtino III (sull’ar-gomento vedi anche pag. 22, ndr).

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LE NUOVE TECNOLOGIEE IL MIGLIORAMENTO DELCOMPORTAMENTO ENERGETICO NELL’EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA

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Oscar Piricò

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Fotovoltaico al Laurentino 38Nel 2008, all’interno di un appalto diprogettazione ed esecuzione di lavori diadeguamento alla normativa vigente de-gli impianti antincendio ed elettrici inedifici di proprietà dell’ATER sono statirealizzati quattro impianti fotovoltaici

sulle coperture dei ponti 1, 2, 3 e 7 delPiano di Zona n. 38 Laurentino, sottoforma di offerta migliorativa, quindi sen-za nessun costo aggiuntivo per l’Azienda.L’impianto è formato da vari sottoim-pianti che complessivamente esprimonouna potenza di 100 KW.

Il posizionamento ottimale dei panellifotovoltaici è stato ovviamente verso sudcon un’inclinazione di circa 30° sul-l’orizzonte.Nel realizzare questo impianto fotovol-taico l’ATER ha fatto una scelta etica-mente responsabile, poiché come sap-piamo, per ogni KWh prodotto con ilfotovoltaico non vengono immessi nel-l’atmosfera 0,7 kg di CO2.

Concorso PASSAttraverso il concorso internazionale diprogettazione PASS “Progetto per abita-zioni sociali e sostenibili” bandito dal-l’ATER, promosso e finanziato dalla Re-gione Lazio, si è voluto conseguire solu-zioni e proposte innovative da applicareal patrimonio edilizio dell’Azienda.

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1. Laurentino inquadramento dell’intervento sui ponti 1, 2, 3 e 7

2. Laurentino prospetto ponte3. Vista impianto fotovoltaico posizionato

sulla copertura del ponte numero 34. Stato attuale involucro esterno

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Il sito insiste all’interno del Piano di Zo-na n.15 bis – Tiburtino III e possiede lecaratteristiche e le potenzialità per forni-re spazi da convertire funzionalmenteche potranno aumentare la disponibilitàdi alloggi ed innescare la riqualificazionedel quartiere. Il concorso ha affrontato in via speri-mentale i temi progettuali della conver-sione funzionale ed estetica e della soste-nibilità energetica.

Lo stato degli edifici esistenti oggetto delconcorso mostra segni evidenti di obso-lescenza degli elementi architettonici edimpiantistici che richiedono interventiprogrammati di manutenzione straordi-naria. Salvo alcune minime differenze,tutti gli edifici hanno caratteri simili,condividendo la tecnologia costruttivain elementi prefabbricati: i pilastri cruci-formi sottolineano la verticalità dellafacciata e scandiscono i prospetti, i pan-nelli di tamponamento in calcestruzzocon piccole variazioni dimensionalitamponano le campate e le bucature re-golari scandiscono le logge. L’involucroesterno degli edifici, composto da pan-nelli prefabbricati, presenta uno scorret-to comportamento termico, aggravatodalla presenza di ponti termici che deter-minano un dispendio energetico ed eco-

nomico nella gestione della climatizza-zione estiva ed invernale.Molte logge sono state chiuse per ridur-re la dispersione termica ed aumentare lasuperficie utile dell’alloggio, compro-mettendo l’immagine architettonica de-gli edifici.

Tra i temi del concorso, oltre alla realiz-zazione di 120 nuovi alloggi, di cui 80 incopertura e 40 al piede degli edifici,nuovi servizi e ridisegno delle sistema-zioni esterne, si è voluto affrontare il te-ma del miglioramento del comporta-mento energetico degli edifici esistentiche interessa circa 450 alloggi.Lo strumento normativo di riferimentoè il Piano Casa regionale (Legge RegioneLazio 21/2009).Le richieste, molto restrittive del bando,miravano a risolvere la dispersione ter-mica dovuta agli elementi costruttiviprefabbricati in calcestruzzo non coi-bentati ed alla tecnologia degli infissirealizzati in acciaio, le condizioni nonottimali dell’orientamento di alcuni fab-bricati e l’obsolescenza impiantistica.Il progetto vincitore dell’architetto spa-gnolo Carmen Espegel Alonso e del suogruppo di progettazione ha affrontatocompiutamente sia i temi progettuali siaquelli legati al miglioramento energetico

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MORFOSI DEL PROGETTO:1 STATO ATTUALE2 LEGGERE RAMPE DI CONNESSIONE TRA I LIVELLI 3 SOSTITUZIONE DEI SERRAMENTI E APERTURE DEL SALONE4 PELLE DELLA FACCIATA IN CEMENTO-CELLULOSA5 ALLOGGIO IN COPERTURA6 ALLOGGI AL PIEDE DELL’EDIFICIO7 NUOVA PAVIMENTAZIONE AREE PEDONALI8 GIARDINO PRIVATO ALLOGGIO AL PIANO TERRA9 PROTEZIONE GIARDINO PRIVATO AL PIANO TERRA10 NUOVA VEGETAZIONE 11 STATO FINALE

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degli edifici. L’intervento proposto è gui-dato dalla volontà di ribaltare il modo incui il quartiere viene oggi fruito, interve-nendo sulla rigidezza dell’impianto ge-nerale per creare un sistema aperto cheintrecci natura e costruito, che permettamolteplici e diversi utilizzi e percezioni,tanto degli spazi pubblici, in una acce-zione contemporanea del termine, quan-to degli edifici esistenti. La nuova pelle

degli edifici è composta di pannelli mo-dulari in cellulosa e cemento che in corri-spondenza delle logge e delle aperture sideclinano in lame mobili. La volontà di reinterpretare gli edificiesistenti senza stravolgerli ha dato al loroaspetto una soluzione soddisfacente,permettendo di inserire i nuovi sistemivitali del corpo edilizio tra l’involucroesistente e la nuova pelle (1).

L’ATER in accordo con la Regione Laziointende sperimentare le nuove potenzia-lità dell’architettura sostenibile e dellabioedilizia anche attraverso il ricorso al-lo strumento dei concorsi di progetta-zione così come dimostrato dal risultatomostrato.

(1) Il bando, il Documento Preliminare alla Proget-tazione ed i risultati del concorso sono consultabili alsito www.aterroma.it/concorsopass

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5. Tiburtino III schema progetto (2)6. Prospetti e soluzione di facciata, 7. Livelli di trasparenza ed opacità

dell’involucro visti dall’interno

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I l tema della riqualificazione urbana,dei processi di densificazione dei tes-suti in aree già infrastrutturate (T.O.D.Transit Oriented Development), della

integrazione architettura / servizi / infra-strutture / aree verdi, dei nuovi modellidell’abitare, del risparmio energetico edella sostenibilità ambientale, sono temiche architetti e urbanisti sostengono daanni pressocchè inascoltati.

La proposta dell’Amministrazione co-munale di demolizione e ricostruzionedi una parte del Piano di Zona 22 costruitonegli anni Ottanta, quindi, deve esseresfruttata per ampliare il confronto tra lapolitica e la comunità dei progettisti e ilmondo imprenditoriale, e in genere conla cittadinanza. Può essere un’occasioneper far conoscere gli studi finora svolti eper far bandire consultazioni e iniziative

concorsuali su questo specifico tema.Il seminario si è svolto in due fasi: all’ini-zio è stato proiettato il video TBM/TVB(visibile sul canale multimediale dell’Or-dine www.mediarch.it), che raccoglie fil-mati d’epoca e attuali, quale premessa pro-grammatica di conoscenza della vicendaprogettuale e costruttiva, delineando an-che quale fosse il contesto socio-econo-mico di allora e quanto fosse centrale il

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DEMOLIRE TOR BELLA MONACA?SEMINARIO IN/ARCH LAZIO SUL QUARTIERE PER VALUTARE LAPROPOSTA SVILUPPATA DA KRIER PERL’AMMINISTRAZIONE COMUNALEMassimo LocciU

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tema della residenza a basso costo, so-prattutto per avere uno spaccato dei rea-li problemi del quartiere che, solo in par-te, sono alla base della proposta di par-ziale demolizione e ricostruzione. Il vi-deo propone anche una selezione sinte-tica di soluzioni alternative alla demoli-zione, realizzate in questi anni in Europaper affrontare i problemi in contesti ur-bani simili.

Nella seconda parte imprenditori, docen-ti universitari, progettisti architettonici eurbanisti si sono confrontati per capire leproblematiche attuali. Molti degli inter-venti hanno posto l’accento sul fatto chel’intervento di Tor Bella Monaca rappre-sentò una soluzione concreta, realizzata insoli 2 anni, che metteva in campo nuovemodalità operative e di logica integrata traprogettazione infrastrutturale ed edilizia.

Erano anni profondamente segnati da unrapporto conflittuale tra i vari governi e lasocietà, il tema della casa era fortementesostenuto con azioni di gruppo in piazza

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Pagina a fianco:• Lo stato attuale dei luoghiIn questa pagina, dall’alto:• Tor Bella Monaca, comparto R5

[foto Dimitri Oliveri]• Il nuovo tessuto secondo il piano Krier

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e individuali (occupazioni abusive). Gra-zie al coordinamento dell’ISVEUR Spa,l’Istituto costituito dai Costruttori Ro-mani per incentivare lo sviluppo edilizio eurbanistico di Roma, furono sviluppatiinnovativi studi e analisi in termini tecni-ci e procedurali che influenzarono positi-vamente la fase progettuale, l’organizza-zione imprenditoriale e il prodotto finale.Infine si è convenuto che le carenze, ri-scontrabili oggi a Tor Bella Monaca, so-no prevalentemente di tipo sociale e og-gettivamente poco relazionabili con lescelte urbanistiche ed edilizie di allora.

L’obiettivo principale del seminario mi-rava a valutare l’attuabilità e la compati-bilità con il contesto esistente del mo-dello urbano estensivo, immaginato daKrier, ma anche a proporre eventualiipotesi alternative alla demolizione. Tut-ti sono stati concordi nel voler conserva-re l’impianto esistente, promuovendoprocessi di densificazione controllata, esulla necessità di proporre modalità diintervento integrate sullo spazio archi-tettonico e sul tessuto sociale, attraversonuove attività produttive ed economi-che come nel Progetto Urban.

La finalità deve essere elevare la qualitàdello spazio urbano con opportuni in-serti edilizi, implementando le dotazio-ni di servizi a scala di quartiere, miglio-rando le connessioni con l’intero ambitoterritoriale e, in genere, rendendo l’edili-

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Dall’alto:• Veduta aerea del quartiere: gli edifici di cui si

prevede la demolizione sono evidenziati in rosso• Veduta degli edifici più settentrionali del

quartiere dal comparto R15 [foto Dimitri Oliveri]Pagina a fianco:• Tor Bella Monaca, comparto R5

[foto Dimitri Oliveri]

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zia più aderente alla moderna concezio-ne dell’abitare e del costrure sostenibile.Nel seminario sono stati illustrati anchei criteri teorici che sostengono alcunistudi metaprogettuali proprio su TorBella Monaca, redatti e/o in corso di ela-borazione da parte di alcune Universitàitaliane consorziate.Un secondo obiettivo del seminarioconsisteva nell’evidenziare quanto siaimportante il tema della manutenzioneedilizia continua, intesa come strategiaprogettuale, gestionale e imprenditoria-le, e quello dell’adeguamento funziona-

le, impiantistico, tecnologico e di imma-gine complessiva dei quartieri residen-ziali pubblici.Ovviamente la loro riqualificazione nondeve necessariamente coincidere con lademolizione, anzi un confronto con alcu-ne esperienze straniere realizzate in questianni e in complessi simili per tipologiaurbana ed edilizia dà risposte diverse e ar-ticolate. Spesso si tratta di interventi chepartendo dall’involucro edilizio, una se-conda pelle che fornisce all’edificio un’im-magine completamente nuova, consentel’ampliamento degli appartamenti me-

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TOR BELLA MONACA 1982-84Insediamento per 28.000 abitanti,completo di tutte le infrastrutture, lescuole, e parte dei servizi generali.

Piano urbanisticoFrancesco Canali, Anna Maria Leone, Paolo VisentiniCoordinamento progetto edilizioLucio Passarelli60 Progettistitra cui Pietro Barucci, Franco Donato, Elio Piroddi, Studio Passarelli, StudioValle, Pierluigi Spadolini e,successivamente, Stefano CordeschiCoordinamento delle 300 imprese da parte di ISVEUR

L’intervento inizia con la leggeAndreatta del 1980, che assegnavanotevoli fondi per insediamenti socialida realizzare in tempi brevissimi. IlComune di Roma localizzal’intervento oltre il GRA con un pianourbanistico redatto dall’UfficioSpeciale del PRG

L’IPOTESI PROGETTUALE DI LEON KRIER Tor Bella Monaca è oggi caratterizzatoda un’edificazione densa e sviluppata inaltezza (fino a 15 piani), con edifici atorre e in linea, che lasciano libera moltaparte dei suoli. La scelta di Leon Krier è,viceversa, mantenere altezze limitate(max. 6 piani) occupando quasi l’interasuperficie del lotto. Si ottiene uncomplesso di edifici molto denso econcentrato con pochi spazi aperti,principalmente piazzette tra i fabbricati earee verdi frammentate. Poste nellafascia esterna del quartiere risultanolontane e poco fruibili. “Questo progetto – afferma il sindacoAlemanno- è finalizzato a dare aicittadini di Tor Bella Monaca abitazionia dimensione umana e un diversocontesto abitativo, urbanistico e sociale”. Per Leon Krier “il modello da imitaresarà quello della Garbatella”. In verità sipropone un quartiere con 16.000abitanti in più e minori spazi liberi; nonsi prevede di realizzare quei servizi chegli abitanti attendono da decenni nè lanecessaria mixitè sociale. Perfino lepoche aree di pregio, quali la pineta,diventeranno suoli edificabili. Il patrimonio edilizio su cui si prevede diintervenire, pur da riqualificare, è tuttopubblico e si sostiene che la demolizionee ricostruzione sarà a costo zero perl’amministrazione, in quanto finanziatedalla possibilità del privato di costruireulteriori cubature, case da immettere nelmercato. In realtà, oltre che edificareulteriori 19 ettari, le nuove volumetrie,anche quelle private, saranno realizzateproprio sui suoli pubblici che dovevanodiventare parchi e giardini.

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diante nuovi spazi (aperti o chiusi) e sonocapaci di influire positivamente sul bilan-cio energetico dell’edificio.È il caso degli interventi di Lacaton e Vas-sal per la Tour Bois le Pretre a Parigi, diquelli di molti architetti olandesi o di Ro-land Castro per la Barre Republique a Lo-rient, per la Barre Beaumarchais a Mon-tereau-Fault-Yonne e per la Barre J.Jac-ques Rousseau Le Luth a Gennevilliers.Un altro approccio interessante riguardameno l’edificio ma si focalizza sul tessu-to urbano; ad Amsterdam nel quartiereBijlmermeer Koolhaas inserisce nuoveattrezzature che assumono il ruolo digrandi attrattori urbani, ne diversificanol’aspetto complessivo e rappresentanol’occasione per vitalizzare il quartiere. In molti casi i due tipi di intervento coe-sistono, come nei progetti di Lacaton eVassal per la Chesnai a Saint Nazaire, diChristian de Portzamparc al quartiereMassena o di Heren 5 Architecten a Dil-lenburgh in Olanda.

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Dall’alto e da sinistra:• Tor Bella Monaca, veduta dal Centro di

Settore: in primo piano un edificio perresidenze universitarie progettato daStefano Cordeschi; sullo sfondo una delletorri di cui si prevede la demolizione [fotoDimitri Oliveri]

• Tor Bella Monaca, comparto M4[foto Dimitri Oliveri]

• Heren 5, trasformazione del complessoLeeuw van Vlaanderen, Amsterdam

• Lacaton & Vassal, trasformazione dellaTour Bois le Prêtre, Parigi

• Lacaton & Vassal, trasformazione delcomplesso residenziale La Chesnai a Saint-Nazaire

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L a recente proposta di Alemanno-Krier di demolire e ricostruire ilquartiere di edilizia pubblica TorBella Monaca a Roma, realizzato

negli anni Ottanta, presentata pubblica-mente lo scorso 3 novembre e successi-vamente sostenuta in un convegno distudi sulla rigenerazione della periferiaurbana romana, svolto all’Ara Pacis neigiorni 1 e 2 dicembre, ha posto al centrodell’attenzione, non solo fra gli “addetti

ai lavori” ma anche nell’opinione pub-blica, la questione relativa alle modalitàe agli strumenti da attivare per interve-nire nelle periferie urbane.La rigenerazione di tali aree, formate datessuti edilizi diffusi o da grandi interven-ti progettati, costituisce infatti oggi unodei temi fondamentali su cui si misuranoquestioni teoriche generali e progetti spe-cifici, programmi di ricerca scientifica ecapacità realizzative delle amministrazio-

ni; tutti aspetti che dovrebbero trovareconcordi momenti di sintesi.Dalla individuazione di quale idea di cit-tà sia oggi più appropriata alle esigenzedella vita contemporanea e in quali for-me essa si possa esprimere, alla scelta diquali tipi di abitazioni e di microam-biente urbano siano i più adatti a rispon-dere alle attuali aspettative degli abitantie a favorire un reale miglioramento dellaqualità della vita, le periferie soprattut-

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LA RIGENERAZIONE DEIQUARTIERI DI EDILIZIA

RESIDENZIALE PUBBLICAIL CASO DI TOR BELLA MONACA A ROMA

Marta Calzolaretti

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to, non solo in Italia, sono oggi i luoghiprincipali di sperimentazione e di inno-vazione dei programmi di sviluppo e tra-sformazione urbana.Le numerose risposte date a questi pro-blemi nei paesi europei a noi più vicini siconfigurano come operazioni a diversescale d’intervento, dal disegno urbano al-la ristrutturazione degli edifici, e con ap-procci metodologici differenti, da quelliche potremmo definire “minimalisti”,

orientati alla valorizzazione dell’esistenteattraverso la rigenerazione e il completa-mento dei tessuti, ad approcci che affida-no alla realizzazione di nuovi manufattieccezionali, con il compito di landmarksurbani, il ruolo di rafforzare le identitàesistenti o di esprimerne di nuove. Esiste quindi in Europa, molto meno inItalia, un notevole numero di realizza-zioni che permettono approfondite ve-rifiche su questi temi; temi peraltro già

da tempo affrontati da alcuni centri diricerca sull’abitazione all’interno di di-verse Facoltà di Architettura italiane. Per dare quindi risposta più meditata al-la proposta Alemanno-Krier il Diparti-mento di Architettura e Progetto dellaSapienza Università di Roma, attraversouno dei suoi laboratori di ricerca, l’Hou-singLab, ha organizzato, insieme a do-centi, ricercatori e dottorandi di nove di-partimenti universitari1 e con la collabo-razione di studiosi e professionisti ester-ni su temi specifici, un seminario - wor-kshop interdipartimentale con l’obietti-vo di proporre metodi e criteri d’inter-vento da seguire nel caso studio di TorBella Monaca, ma allo stesso tempo ge-neralizzabili, per arrivare alla definizionedi possibili soluzioni che, con riferimen-to alle strategie sperimentate in altricontesti europei, siano capaci di attuareuna rigenerazione urbana e architettoni-ca sostenibile, anche dal punto di vistaeconomico, e che risponda alle esigenzereali degli abitanti attuali e futuri. In questo quadro il quartiere Tor BellaMonaca costituisce indubbiamente un ca-so-studio di particolare interesse, per lasua storia, la sua collocazione urbana, ilsuo carattere ambientale, le sue preesi-stenze archeologiche e la presenza di unacomunità che si è formata negli anni an-che attraverso lotte per il miglioramentodelle condizioni di vivibilità del quartiere.Senza sottovalutare i gravi problemi so-

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Pagina precedente:• Tor Bella Monaca, Roma Piano di Zona 22

Progetto urbanistico, 1980 - Planimetria Progettisti: Canali, Visentini, Leone

In questa pagina, dall’alto:• Tor Bella Monaca, Roma

Proposta Alemanno-Krier, Programma diRiqualificazione Urbana, 2010 - DipartimentoProgrammazione e Attuazione Urbanistica,Risorse per Romaa. Il nuovo disegno di quartiere – II faseb. Planimetria generalec. Vista tridimensionale - stralcio

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ciali anche provocati dal sistema un tem-po usato per le assegnazioni delle abita-zioni, il quartiere presenta oggi, oltre adalcuni evidenti aspetti critici, una poten-zialità di rigenerazione al suo interno che,sviluppata,potrebbe portare a un forte mi-glioramento della sua consistenza infra-strutturale e edilizia, della sua qualità am-bientale e della sua identità morfologicae, di conseguenza, al rafforzamento delsenso di “appartenenza” dei suoi abitanti. La proposta di demolire tutti o quasi gliedifici di proprietà comunale, che nelquartiere sono la maggioranza, e di sosti-tuirli con un nuovo insediamento, conulteriore occupazione di terreno attual-mente agricolo, caratterizzato dalla ripe-tizione a tappeto di nuclei abitativi dipiccole dimensioni in una malintesa eanacronistica riproposizione del model-lo della città-giardino di fine Ottocento– inizio Novecento, esprime un indiriz-zo che si fonda più su un’impostazioneideologica e nostalgica che sulle esigenzeattuali degli abitanti.La soluzione catartica della “tabula rasa” ela proposta del nuovo insediamento co-stituiscono forse messaggi in grado di cat-turare l’opinione pubblica, oggi soprat-tutto preoccupata dalla microcriminalitàdiffusa nel quartiere, e di rispondere alladiffusa aspirazione a soluzioni insediativeche soddisfino la richiesta di individuali-tà, ma non si pongono il problema dellacancellazione di quanto di positivo si è se-

dimentato nella ormai quasi trentennaleesperienza di Tor Bella Monaca e della ri-cerca di un giusto equilibrio, che è possi-bile trovare a partire dalla situazione at-tuale del quartiere, tra esigenze di indivi-dualità ed esigenze collettive di una “co-munità” che vive e vuol vivere all’internodi una grande città come Roma. Dal pun-to di vista economico inoltre una primavalutazione delle risorse disponibili e deiprogrammi quantitativi proposti mette

in evidenza una serie di nodi critici e diprevisioni non realistiche.Rinunciando a sviluppare le potenzialitàurbane esistenti nel quartiere, il pianoAlemanno – Krier, con la sua sequenza diunità monofunzionali di sola residenza,con pochi servizi, propone non soloun’eccessiva semplificazione, ma ancheun intervento insostenibile sotto il profi-lo sociale, economico e ambientale. Incasi analoghi in molte città europee il

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Dall’alto:• Back to city life - Ritorno alla città, Roma

Progettista: F. Purini - Vista dell’interventoLa proposta si prefigge di realizzare seiobbiettivi all’interno di una strategia generaledi diradamento-densificazione: 1- la realizzazione di un grande parcheggiopubblico; 2 - una nuova piazza; 3 - edifici perla cultura e le attività sociali; 4 - unaridefinizione degli spazi del quartiere; 5 - un collegamento semplice con Centocelle eTor Tre Teste; 6 - l’inizio di un ciclo disostituzione edilizia con una particolareattenzione al tema della sostenibilità

• Greve Suburban Citycentre, 2009Progettisti: TU Vandkunsten - Planimetria

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principale obiettivo perseguito è statoquello di realizzare insediamenti multi-funzionali, complessi, articolati e variati,capaci di offrire pluralità di opportunitàa una molteplicità di abitanti, per rag-giungere quindi obiettivi di “fare città” enon, come il piano Alemanno – Krier staproponendo, di “fare villaggio”.La valutazione delle criticità e delle opi-nioni degli abitanti, le evidenti poten-zialità del quartiere, tra cui la qualità deicollegamenti pubblici esistenti e previstiche lo mettono in rete con tutta la città eil valore del contesto paesaggistico e am-bientale in cui è inserito, hanno reso piùforte la nostra convinzione che sia possi-bile trasformare Tor Bella Monaca in unquartiere modello di sostenibilità.A seguito di analisi e verifiche sulle con-dizioni sociali e di welfare e sullo statodel quartiere in tutti i suoi aspetti fisici eambientali riguardanti sia il costruitoche gli spazi aperti pubblici sono emersialcuni temi principali su cui lavorare e sucui elaborare “visioni”, considerando lasostenibilità economica, sociale e am-bientale un criterio generale comune atutti i temi individuati. Uno dei temi riguarda la riorganizzazionedelle reti infrastrutturali. La competitivi-tà del quartiere può essere trasformata

dall’efficienza non solo delle reti stradali edei mezzi pubblici ma anche di quelleenergetiche, informatiche, delle acque edello smaltimento dei rifiuti. Se, come giàaccennato, il sistema infrastrutturale via-rio e trasportistico, esistente e previsto, ri-sulta efficiente nei collegamenti con le al-tre parti della città, il sistema di collega-mento viario e pedonale all’interno delquartiere è altamente insufficiente.Tutto il sistema infrastrutturale inoltre,come le altre parti che configurano lospazio pubblico all’aperto, richiede unamigliore integrazione con il paesaggio euna più complessa articolazione. I luo-ghi pubblici all’aperto, in molte zonetroppo dilatati e difficilmente fruibilidagli abitanti e quindi facilmente insicu-

ri e degradati, possono essere riorganiz-zati per ottenere una più graduale gerar-chia tra spazi pubblici e privati, una ri-funzionalizzazione degli spazi collettivianche attraverso una maggiore chiarezzadi rapporti tra vari tipi di percorsi (vei-colari, pedonali, ciclabili) e la predispo-sizione di attrezzature per attività pub-bliche e private.Il presupposto ineludibile infine di nonampliare il perimetro urbano e, allo stes-so tempo, l’esigenza di trasformare pro-fondamente il quartiere indirizzano ver-so scelte di densificazione, di “costruiresul costruito”. La presenza di grandi areevuote, infatti, insieme al ruolo che ilquartiere può assumere nel settore urba-no, consentono di ipotizzare operazioniedilizie, utilizzando le diverse esperienzepositive di project financing per realizza-re strutture pubbliche e private, al fine diaumentare:- gli spazi per attività lavorative; - i servizi a scala di settore urbano (bi-blioteca/mediateca, multisala cinemato-grafica, parco archeologico, ecc.) e i ser-vizi alla scala di quartiere (per le personeanziane, per i bambini, ecc.);- le residenze per utenti speciali (studen-ti, lavoratori temporanei, persone sole,co-housing, ecc.).Costituisce inoltre un’opzione di grandeinteresse e incisività intervenire con ope-razioni di ristrutturazione degli edificiesistenti (si guardi ad esempio l’espe-rienza francese di Lacaton Vassal), permigliorare sia le caratteristiche energeti-

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Dall’alto:• Tor Bella Monaca, Roma stato attuale• De Citadel, Almere, 2000-2006.

Progettista: Christian de Portzamparc

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che sia gli aspetti formali. Riteniamoche, all’interno di strutture urbane or-mai consolidate, solo in casi eccezionalie dopo attente valutazioni strutturali edeconomiche siano accettabili operazionidi demolizione e sostituzione di edifici. La valutazione economica, sia pure pergrandi linee, completa, per ogni singolotema, le strategie urbane di rigenerazio-ne e le proposte elaborate. Il Seminario interdipartimentale, dopouna prima sessione di lavoro (8 e 9 no-vembre) presso il Dipartimento di Archi-tettura e Progetto a Roma e un incontro(30 novembre) presso l’Aula Magna dellaFacoltà di Architettura della Sapienza aPiazza Borghese, alla presenza dell’Asses-sore all’Urbanistica del Comune di Ro-ma, avv. Marco Corsini, si è concluso nelmese di febbraio con la presentazione diuna serie di proposte elaborate dalle strut-ture di ricerca dei diversi Dipartimenticoinvolti nel Seminario di Studi.

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Sopra, dall’alto:• Mahler 4, Amsterdam, 2004-2006.

Progettisti: de Architekten CieStudio per un edificio residenziale

• Dordrecht - de Compagnie. Riqualificazione di edifici per appartamentidegli anni sessanta + “wijkcentrum”Progettisti: Atelier Lucien KrollSituazione dopo gli interventi

A destra:• Sitra, the finnish innovation fund - low2no

sustainable development - Insediamentosostenibile, Helsinki, Finlandia, 2° premio, 2009- progettisti REX, Croxton Collaborative, NOW

1 Dipartimento di Architettura e Pianificazione,Politecnico di Milano; Dipartimento di Ingegne-ria Civile, dell’Ambiente, del Territorio e dell’Ar-chitettura, Università degli Studi di Parma; Dipar-timento di Progettazione e Costruzione dell’Am-biente, Università di Camerino; Dipartimento In-frastrutture Design Engineering Architettura eDipartimento Ambiente Reti Territorio, Universi-tà degli Studi G. D’Annunzio, Pescara; Diparti-

mento di Architettura e Progetto, Sapienza Unive-sità di Roma; Dipartimento di Progettazione eStudio dell’Architettura, Università degli StudiRoma Tre; Dipartimento di Cultura del Progetto,Seconda Università degli Studi di Napoli; Diparti-mento di Architettura e Analisi della Città Medi-terranea e Dipartimento di Arte, Scienza e Tecnicadel Costruire, Università degli Studi Mediterraneadi Reggio Calabria.

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I rioni Testaccio e San Saba e l’area della Garba-tella nel quartiere Ostiense, realizzati in largaparte dall’Istituto Case Popolari, sono da tem-po coinvolti in rilevanti processi di riqualifica-

zione dello spazio urbano e del tessuto edilizio. Inparticolare, la parte della Garbatella costruita tra ilprincipio degli anni Venti e la fine degli anni Tren-ta, analogamente ad altri quartieri edificati nellostesso periodo e situati fuori delle Mura Aureliane,è compresa dal vigente Piano regolatore generalenella ‘Città storica’ ai fini della conservazione edella valorizzazione delle peculiarità esistenti1. Dalle riprese fotografiche effettuate alla Garbatel-la, a San Saba e a Testaccio emerge complessiva-mente un’intatta qualità architettonica e urbanadei nuclei residenziali costruiti dall’Istituto CasePopolari nei primi decenni del Novecento. Alcu-ni edifici conservano gli originari caratteri tipolo-gici, morfologici e costruttivi non avendo subitoalterazioni consistenti ad eccezione di aggiunteincongrue, perlopiù removibili. Inoltre, il quar-tiere ICP di San Saba e alcuni edifici della Garba-tella sono interessati da provvedimenti di tutelamonumentale ai sensi del Codice dei beni cultu-rali e del paesaggio.

1 L’importante acquisizione, effettuata dal Piano regolatore diRoma, riguardante la definizione di ‘Città storica’ e le relativeprescrizioni potrebbe essere messa in discussione dal nuovoPiano casa, in corso di definitiva approvazione, che, in riferi-mento al Piano territoriale paesistico regionale, limita la tute-la dei tessuti e degli edifici alle sole zone comprese all’internodelle mura urbane.

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I modi di insediarsi nello spazio danno luogo, spesso, a situa-zioni contraddittorie dagli effetti imprevisti. Intensi sfruttamenti einusitati abbandoni possono determinare cause di degrado,mentre inesplicabili disattenzioni o banali dimenticanze testimo-niano una scarsa cura dei territori del nostro abitare. A volte, le

forme complesse del vivere quotidiano si accompagnano a di-sfunzioni grandi e piccole il cui ripetersi sembra comportare unainevitabile assuefazione. Difficoltà funzionali, inadeguate realizzazioni ma anche scarsecapacità progettuali comportano un sensibile scadimento delle

EDIFICI ICP DI

SAN SABA TESTACCIOGARBATELLASELEZIONE DI IMMAGINI

testo di Francesca Rosafoto di Francesca Rosa e Hermann Schlimme

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qualità ambientali, allontanando noi tutti da un sensibile contat-to con i luoghi. Immagini icastiche possono, allora, contribuire asollecitare nuove riflessioni che intendiamo proporre all’atten-zione dei lettori e, come auspicavamo sin dalla nascita della ru-brica, ospitare anche “Territori ritrovati”. Claudia Mattogno

SPECIFICHE DEI TESTI Il ruolo sostanziale sarà svolto da una o due imma-gini: per questo la lunghezza dei testi sarà limitata a 600-800 caratteri(spazi compresi). SPECIFICHE DELLE IMMAGINI Immagini digitali ad altarisoluzione (minimo 300 dpi nella dimensione finale dell'immagine) de-vono essere accompagnate dall’indicazione di luogo, data e autore.

T E S T A C C I O G A R B A T E L L A

SAN SABA1.-2. Via Bramante, viale Giotto (Q. Pirani, G. Bellucci1906-23) 3. P.zza G.L. Bernini (Q. Pirani, G. Bellucci 1906-23)TESTACCIO4. P.zza S. Maria Liberatrice, Lungotevere Testaccio(Q. Pirani, G. Bellucci, 1914-17)5. Via N. Zabaglia, via G.B. Bodoni, via A. Manuzio,via B. Franklin (G. Magni, 1908-13)6. P.zza S. Maria Liberatrice, Lungotevere Testaccio(Q. Pirani, G. Bellucci, 1914-17)GARBATELLA7. P.zza E. Biffi, v.le G. Massaia (I. Sabbatini, 1927-29)8. Via Caffaro, via G. Ansaldo, via F. Vettor (G. Nicolosi, 1929) - Nell’immagine è visibile ancheuna delle affissioni artistiche temporanee autorizzatedall’ATER nella primavera 2010 sulle facciate di alcuniedifici nell’ambito della prima mostra italiana di arteurbana a cielo aperto. 9. P.zza D. Sauli (O. Casali, 1938)

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L a specificità dell’architettura delNovecento – che attiene al linguag-gio, ai materiali e alle tecniche co-struttive, alla ricerca e sperimenta-

zione di nuovi tipi edilizi, alla dimensionequantitativa di un patrimonio edilizio perlo più in uso – ha favorito un vivace di-battito sul tema del ‘restauro del moder-no’ che ha reso operativa, nei fatti, una di-sciplina con tratti di autonomia all’inter-no del più ampio e consolidato ambitodel restauro del patrimonio storico. Gli interventi realizzati a partire daglianni Ottanta, a tutela di quelle opere chegià dalla critica e dalla storiografia veni-vano indicate come icone del Movimen-to Moderno, ha messo in evidenza la ne-cessità di una ridefinizione delle catego-rie interpretative e degli strumenti ope-rativi da mettere in campo proprio per-

ché nel caso dell’architettura del Nove-cento si tratta di valutare, accanto alleopere selezionate e qualificate come mo-numenti, quelle architetture cosiddette‘minori’, che spesso trovano la loro iden-tità nell’appartenenza a uno specifico ti-po edilizio, ma anche di estendere il con-cetto di patrimonio ai complessi di edili-zia residenziale a carattere sociale chehanno così significativamente segnato ilvolto della città moderna.I diversi casi hanno posto a studiosi, pro-gettisti, tecnici e imprese una serie diquestioni relative alle procedure da atti-vare e alle tecniche da utilizzare. Proce-dure e tecniche evidentemente specifi-che e diverse, a causa della eterogeneità edella dimensione del patrimonio, daquelle utilizzate per l’intervento sull’an-tico basate su criteri di selezione, indiriz-

zi metodologici e tecniche chiaramenteindividuati e codificati dalla prassi. Lamolteplicità dei risultati oggi disponibi-li, spesso accompagnati da vivaci pole-miche, pur evidenziando un’articolatamodulazione, che spazia dal restauro fi-lologico al caso limite della ricostruzione‘a l’identique’, ribadiscono la centralitàdel progetto. Un progetto che prenda lemosse dall’identità e dai valori di questopatrimonio opponendosi a visioni de-terministiche o a modelli precostituiti,un progetto che sia la naturale conse-guenza di processi di conoscenza e inter-pretazione dell’opera.Proprio l’intervento sul Weissenhof diStoccarda, che segue da vicino l’avvio delrestauro del Bauhaus e la trasformazionedi Villa Tugendhat in museo, ha posto alcentro del dibattito la questione dei

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CONSERVARE / MODIFICARE IL CASO DEI TESSUTI URBANI DEL NOVECENTO Rosalia Vittorini

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complessi urbani. Il quartiere sperimen-tale, nato come ‘esposizione’ del livelloraggiunto dalla ricerca sul tema dell’abi-tazione razionale e divenuto, di conse-guenza, il modello di riferimento pertutti i successivi svolgimenti del tema,aveva subito nel corso degli anni e inconseguenza degli eventi politici e belli-ci, una serie di demolizioni e vistosi ri-maneggiamenti (sostituzione delle co-perture con tetti a falda sovrapposti alleterrazze, riduzione della superficie delleaperture…), ma gli edifici avevano mo-strato carenze dal punto di vista tecnico-costruttivo fin dall’epoca della costru-zione. Il progetto elaborato per il suo re-cupero, in vista del sessantesimo anni-versario della sua inaugurazione (1986),lo pone all’attenzione internazionale dinuovo come cantiere sperimentale. In-fatti il programma prevede l’installazio-ne in loco di un laboratorio, sostenuto daun centro di documentazione, che ha loscopo di attestare la situazione origina-ria, rilevare la condizione esistente e pro-gettare gli interventi. Lo scopo dichiara-to di ricostituire lo stato originario pro-duce, sì, la rimozione delle alterazioniimproprie con il ripristino della situa-zione originaria, ma favorisce anche lasostituzione di tutti gli elementi di com-pletamento, nonché il rifacimento degliimpianti… con un’operazione che è sta-ta interpretata dai critici più come ripro-duzione che conservazione.

Diversa la strategia messa in campo nelcaso del quartiere Pessac (Le Corbusier1925-26) nato come ‘operazione sociale’per la costruzione, sostenuta finanziaria-

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Pagina a fianco:L’edificio del Bauhaus a DessauIn questa pagina, all’alto:• Quartiere Weissenhof di Stoccarda, veduta

aerea e palazzina di Le Corbusier e PierreJeanneret

• Villa Tugendhat

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mente dall’industriale Frugès, di caseeconomiche per lavoratori in una zonarurale. Qui l’intervento, avviato graziealla sollecitazione di un abitante delquartiere, si è configurato come un ‘re-stauro partecipato’ che ha dato vita a unainteressante sperimentazione metodolo-gica. Un gruppo di lavoro, composto daarchitetti e sociologi, viene infatti incari-cato di definire delle norme di salvaguar-dia dopo aver raccolto elementi di cono-scenza e di analisi relativi alla storia delquartiere, alle richieste e alle aspettativedegli abitanti oltre che allo stato origina-rio e attuale degli edifici e dell’insieme ealla loro qualità architettonica e edilizia.Nel 1980 una delle case, a seguito dellasua classificazione e del suo inserimentonella lista dei Monumenti Storici delloStato, viene restaurata dal proprietariocon la collaborazione della FondazioneLe Corbusier, e successivamente la mu-nicipalità, dopo aver acquistato una del-le case, vi realizza un cantiere ‘dimostra-tivo’. A partire da questo momento ilquartiere viene, quasi ‘per imitazione’,

gradualmente recuperato grazie all’in-tervento congiunto dell’amministrazio-ne comunale e di privati con l’obiettivodi conservare il carattere delle abitazioniripristinandone i caratteri originari (co-perture, aperture), di migliorare, con inecessari adeguamenti, i requisiti tecnicie prestazionali degli elementi edilizi, dieliminare le aggiunte e di ridare vita aquell’originale progetto cromatico, dicui si era perduta nel tempo ogni traccia,che, assegnando colori brillanti e decisi asingole parti dell’edificio, assegnava unaforte identità al quartiere. Il tema della ricostruzione o meglio ri-produzione viene pragmaticamente af-frontato nel caso del quartiere Kiefhoek,(J. J. Peter Oud, Rotterdam, 1926-30). Ilquartiere, composto da case a schiera sudue piani con giardino retrostante ecompletato da attrezzature di servizio, èrealizzato in economia con materiali tra-dizionali – mattoni, intonaco, legno -piegati a interpretare forme e tipi edilizimoderni. I segnali di ‘inadeguatezza’ delquartiere agli standard contemporanei

sono riconducibili, da una parte, al taglioridotto degli alloggi, dimensionati in ap-plicazione delle teorie dell’existenz mini-mum, e, dall’altra, alla scelta di alcunetecniche costruttive, come le fondazionisu cordoli di calcestruzzo, che nel tempoavevano causato problemi di dissesto. Trail 1983 e il 1990 con un primo interven-to di manutenzione straordinaria su unblocco si procede allo smontaggio dellefacciate e alla loro ricostruzione con i ma-teriali tradizionali dopo la sostituzionedei cordoli di fondazione con i più ordi-nari pali in calcestruzzo armato. Di fattosi opera una demolizione e ricostruzionecon l’obiettivo dichiarato di non modifi-care il piano urbanistico e di non alterarel’aspetto dell’opera, unanimemente rico-nosciuta come uno dei più importantiesempi europei di edilizia pubblica. Aquesta operazione è connessa la revisionedegli alloggi dal punto di vista distributi-vo: i due alloggi, denunciati all’esternodagli ingressi accoppiati, vengono fusi inun’unica abitazione sempre su due pianiche viene ulteriormente ampliata con uncorpo aggiunto sul retro. A documenta-zione dell’intervento uno degli alloggi è‘musealizzato’, mentre la stessa operazio-ne viene successivamente estesa a tutto ilcomplesso che, abbandonata l’idea di ‘re-plicare’ le tecniche originarie, viene de-molito e ricostruito in calcestruzzo get-tato in opera.

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Un programma articolato e coordinato èinvece quello messo recentemente incampo dalla municipalità di Berlino conl’obiettivo di recuperare, attraverso unattento e coordinato progetto, sei sie-dlungen datate tra il 1913 e il 1934. Nel2008 i quartieri, non solo per il lororuolo di modelli esemplari nella storiadell’edilizia sociale per l’approccio inno-vativo ai temi dell’urbanistica, dell’ar-chitettura e della costruzione, ma so-prattutto per il loro stato di conservazio-ne, vengono iscritti dall’Unesco nellaWorld Heritage List.In Italia, il tema dell’intervento sulleopere del XX secolo ha occupato in que-sti anni uno spazio progettuale e di ricer-ca che coinvolge più discipline, ma soloraramente ha avuto ricadute pratiche;ancora più rare le esperienze relative aquella parte di patrimonio rappresentatadai complessi di edilizia pubblica che,progettati e costruiti per lo più da archi-tetti funzionari di enti pubblici, dall’Isti-tuto case popolari all’Ina Casa, testimo-niano, dal punto di vista qualitativo equantitativo, un’attività costruttivamolto vivace. Oggi questi ‘tessuti urbani’, sebbene or-mai inglobati dalle nuove e indifferen-ziate periferie, mantengono una loro ri-conoscibilità e, in alcuni casi, una forteidentità. I processi di degrado e trasfor-mazione che, inevitabilmente si sono nei

Pagina a fianco:• Quartiere Kiefhoeck a Rotterdam

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decenni verificati, si possono ascriveresostanzialmente all’assenza di manuten-zione, dovuta spesso alla scarsità delle ri-sorse disponibili, e alle modifiche, ca-suali e non coordinate. Impostare strategie di salvaguardia risul-ta in questi casi più difficoltoso: sonocomplessi in uso che richiedono non so-lo operazioni di ripristino, ma anche diadeguamento alle esigenze abitative at-tuali; presentano un assetto proprietarioframmentato; sono in genere privi di tu-tela istituzionale e appaiono, non soloagli abitanti ma anche al professionistamedio, troppo ordinari e quotidiani permeritare di essere in qualche modo salva-guardati. Bisogna poi considerare che ilvincolo, che resta uno strumento neces-sario, è ancora percepito, nella maggio-ranza dei casi, come provvedimento au-toritario o impedimento e non come oc-casione per migliorare le condizioni abi-tative e aggiungere valore agli immobili.Il riconoscimento di valore del quartierecome bene architettonico, ambientale,sociale è quindi premessa indispensabileper il progetto di recupero ed è sostenutoda studi che ricostruiscono la storia delquartiere e degli edifici, dalle fasi di pro-getto a quelle di cantiere, studi che oltread aggiungere altre motivazioni (tecni-che, tipologiche, socio-economiche ecc.)a supporto della strategia di salvaguardia,offrono i riferimenti stessi per il pro-gramma complessivo di recupero e pergli specifici progetti che risultano così‘inquadrati’ in un quadro di riferimento.

Un programma che deve coniugare laconservazione o il ripristino dei caratterioriginari con il governo realistico delletrasformazioni, un programma comples-so che si articola a diverse scale - da quel-la del disegno urbano fino alla definizio-ne del dettaglio edilizio - nel quale le ope-razioni di conservare, sostituire, modifi-care, trasformare, aggiungere o sottrarre,vengono dettate direttamente, di volta involta, dall’opera stessa oggetto di indagi-ne. Un programma che comprenda an-che le linee guida cui attenersi negli in-terventi che si succederanno nel tempo,prefigurando una sorta di ‘manuale’ dimanutenzione programmata.Alcune esperienze avviate sui tessuti ur-bani, per esempio a Ivrea e a Carbonia, sisono prefissate l’obiettivo di innescareprocessi di coinvolgimento e responsa-bilizzazione. A partire dalle tradizionalioperazioni di censimento, analisi, sele-zione, catalogazione sono state promos-se azioni divulgative - in entrambi i casiè stato attivato un museo a cielo aperto :il MAM a Ivrea, il CIAM a Carbonia – esono stati elaborati programmi operatividi gestione e controllo degli interventidei privati con suggerimenti, più checon prescrizioni. Così i nuovi strumenti- carta della qualità, piano particolareg-giato… - affiancano quelli tradizionali eorientano i progettisti per attuare pro-grammi sperimentali che ricercano unpunto di equilibrio tra conservazione emodificazione, tra continuità e innova-zione.

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Dall’alto e da sinistra:• Roma, Garbatella:

- piazza E. Biffi, viale G. Massaia (I. Sabbatini, 1927-29)

- via delle Sette Chiese (M. Marchi, 1929)- piazza B. Romano (I. Sabbatini, 1928) - piazza B. Brin (I. Sabbatini, 1921)(foto di Francesca Rosa)

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DONATO TAMBLÉ Soprintendente archivistico per il Lazio

F in dal 2005 la Soprintendenza ar-chivistica per il Lazio si occupa atti-vamente degli archivi conservati

presso l’ATER, che rivestono grandissi-mo interesse storico, architettonico, ur-banistico, sociale. Grazie a un finanzia-mento della Direzione generale per gliarchivi, è stato condotto il censimentodei depositi documentari dell’ex IACPnel territorio di Roma e nelle provincedel Lazio, affidato a Chiara Lucrezio

Monticelli, Maria Vittoria Rinaldi eTommaso Dore, con il coordinamentoscientifico di Maria Emanuela Marinel-li, funzionario della Soprintendenza. Altermine del censimento, oltre all’esigen-za di un riordinamento dell’archivio, si èreso evidente il precario stato di conser-vazione del materiale, soprattutto perquanto riguarda il ricchissimo e preziosomateriale iconografico conservato dal-l’ATER e, di comune accordo conl’Azienda, si è deciso di procedere allaschedatura e alla riproduzione digitaledel complesso dei disegni più antichi,conservati nella sede storica di Lungote-vere Tor di Nona, progettata da AlbertoCalza Bini.

L’archivio dell’ATER di Roma permettedi sviluppare studi relativi non solo al-l’architettura e all’urbanistica, ma anche

sul loro rapporto con la vita sociale e lacrescita della città capitale compresi i ce-ti meno abbienti. Il valore del complessodocumentario non è dato solamente dalmateriale iconografico, dai disegni ar-chitettonici e dalle planimetrie abitati-ve, di pregevolissima fattura, talvolta an-che artistica perché opera di grandi no-mi nel campo dell’architettura, ma an-che dalla documentazione amministra-tiva che permette non solo di ricostruirele vicende storiche dell’Istituto e dei suoiinterventi sul territorio della città, maanche di avviare studi sui suoi rapporticon l’Amministrazione comunale e con iMinisteri che nel tempo introdussero uncontrollo politico sulla sua attività. Nel-la mansarda della sede di LungotevereTor di Nona sono depositati essenzial-mente elaborati grafici in originale o incopia (circa 40 mila tra lucidi, controlu-

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IL PROGETTO DIRIPRODUZIONE

DIGITALE E DIVALORIZZAZIONE

DELL’ARCHIVIOSTORICO

ICONOGRAFICODELL’ATER EX IACP

DI ROMA

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cidi e copie eliografiche), relativi al pa-trimonio immobiliare gestito dalloIACP, raggruppati e ordinati per luogo:comuni, zone urbane, quartieri, lotti,gruppi di singoli fabbricati. Vi sono sta-ti rinvenuti anche elaborati relativi agliaccatastamenti dei fabbricati apparte-nenti agli enti disciolti, quali INCIS,GESCAL, INA, ATAC, e agli edificidell’Istituto delle case per i dipendentidel Comune di Roma, suddivisi inquindici grandi cartelle. Considerata dunque l’importanza diquesto complesso documentario, neltempo più volte utilizzato da studenti estudiosi, ma su cui non si è mai interve-nuti in modo organico, sistematico edapprofondito, la Soprintendenza archi-vistica, di concerto con l’amministrazio-ne dell’Azienda, ha adottato una meto-dologia di intervento innovativa. Sonostati stanziati ulteriori fondi per lo svi-luppo di uno studio di fattibilità, affida-to a Lara Asta, che ha preso in esame tut-ti gli aspetti della situazione, e ne ha de-lineato le criticità, le esigenze, i vincoli,le soluzioni e le fasi e i tempi di realizza-zione, permettendo di programmare unintervento specifico sul prezioso nucleodei disegni conservati nella sede centra-le, al fine di consentirne la migliore con-servazione e fruizione da parte degliutenti interni ed esterni all’Azienda.

N el corso della ricognizione effet-tuata nell’Archivio Disegni è ri-sultato che sono presenti tre se-

rie principali: Progetti, dal 1906 ca. al1973; Immatricolazioni, dal 1906 circaal 2002; Albi degli Alloggi costruiti nel-le borgate di Roma e provincia nel perio-do ante e post Seconda Guerra Mondia-le, in parte anche demoliti; circa 150 re-gistri degli Albi dei fabbricati e altri 70registri circa degli Albi provvisori. Nel-l’archivio è conservato materiale foto-grafico di cantiere, relativo ad interventinon identificati del secondo dopoguer-ra, risalente agli anni Cinquanta, percirca 500 fotografie e 200 lastre. Ad unpiù approfondito esame molto di questomateriale, specie quello più antico, è ri-sultato in condizioni di forte disordine,degrado ed usura tanto da richiedere untempestivo intervento di restauro, al finedi evitarne l’irreversibile deterioramentoe consentirne una migliore reperibilità.Si è imposta la necessità di recuperare leinformazioni per fini probatori, gestio-nali e amministrativi, e di garantire la

conservazione illimitata nel tempo delmateriale in condizioni idonee, ancheper consentire l’organizzazione di eventie manifestazioni culturali nonché pro-muovere progetti di ricerca.Di assoluta priorità il recupero della sezio-ne di archivio di maggior valore storico-artistico, ovvero circa 1200 disegni origi-nali, in gran parte autografati o comun-que firmati dagli studi di progettazionedell’epoca. I disegni, soprattutto quellifortemente danneggiati, verranno ricon-dizionati in appositi contenitori, schedatianaliticamente e digitalizzati tramitescanner A0, con riproduzione a colori.Durante tali operazioni verranno identifi-cati quelli bisognosi di un immediato re-stauro, affidato a ditte specializzate nelsettore che provvederanno a compilareper ogni disegno una apposita scheda, coni dettagli sullo stato di conservazione delpezzo e sugli interventi effettuati.L’attività di digitalizzazione comprende-rà le attività di normalizzazione, acquisi-zione ottica e ricomposizione. La bancadati conterrà, associati alle relative im-magini digitalizzate, i risultati della sche-datura, affidata ad archivisti professioni-sti e ad architetti con approfondite cono-scenze di archivistica, i contenuti delleschede di restauro e delle schede disegno,così da permettere numerose possibilitàdi ricerca e condivisione dei materiali,evitando la manipolazione e quindi il de-terioramento e la dispersione degli origi-nali. Verrà anche predisposto un inventa-rio topografico, che rappresenterà unafotografia dell’intera struttura e delle sueposizioni logistiche: stanze, armadi, cas-settiere, ripiani, ubicazioni; tali informa-

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• Garbatella - piazza B. Brin (I. Sabbatini, 1921)(foto di Hermann Schlimme)

MARIA EMANUELA MARINELLISoprintendenza archivistica per il Lazio

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zioni, associate ai singoli disegni, garan-tiranno la loro puntuale ed univoca indi-viduazione. Si procederà a due tipi dischedatura, una sintetica, di tipo gestio-nale, per le necessità di censimento delpatrimonio, contenente tutte le infor-mazioni necessarie ad individuare pun-tualmente e velocemente i disegni; eduna analitica, contenente ulteriori infor-mazioni di carattere storico archivisticofondamentali per effettuare le ricerchestoriche, riguardante nell’immediato idisegni di maggior pregio storico ed arti-stico. La schedatura ha come primoobiettivo quello di ricondurre ciascun di-segno al progetto cui appartiene; si sonoinfatti potuti identificare circa mille pro-getti relativi a realtà abitative cui fannocapo i circa 40mila elaborati grafici, chehanno ciascuno un oggetto specifico (co-me prospetto principale, sezione trasver-sale, pianta del piano terra, ecc.).Uno dei più importanti risultati di que-sto lavoro sarà la possibilità di collegare idisegni, attraverso il software applicativorealizzato appositamente, al contesto ar-chivistico costituito dal resto dell’archi-vio. I disegni, già così di grandissimo si-gnificato, potranno essere ancor più“parlanti” nel momento in cui potrannoessere collegati facilmente ai fascicolicontenenti le notizie relative ai dati cata-stali, alla realizzazione pratica dei manu-fatti, all’indicazione di chi costruì mate-rialmente gli edifici, ai costi sostenuti, achi poi andò ad abitare in quelle case: laricostruzione completa della strutturadell’archivio ci permetterà di conoscerefin nei minimi particolari la storia dell’exIstituto autonomo per le case popolari.

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L’UOMO

Non ricordo quando Antonio Michetti èentrato nella mia vita, 1957? 1958? sì, acavallo di questi anni e la prima volta fucertamente allo studio Nervi quando,giovane architetto, Annibale Vitellozzi miportava con sé nelle discussioni con il Pro-fessore, sulla fattibilità del progetto delPalazzetto dello Sport di Viale Tiziano.Un incontro fugace, una immediatasimpatia che negli anni a seguire diventòuna vera amicizia.Amicizia cementata dal comune sentiresul piano culturale, professionale e per-ché no politico.Antonio Michetti (Toto per gli amici)dava al concetto di amicizia un significa-to particolarmente intenso, le riunionidi lavoro con lui erano sempre un’occa-sione straordinaria per ampliare le no-stre conoscenze tecniche, per aprire i no-stri orizzonti progettuali.Non si metteva mai in cattedra cercavasempre di capire innanzi tutto quali era-

no le intenzioni del tema progettualeche gli veniva proposto, offrendo conimmediata chiarezza di linguaggio, solu-zioni tecniche sempre compatibili conl’assunto del progetto… è chiaro si o noil ragionamento…era l’usuale conclu-sione di ogni sua spiegazione.Il senso profondo che Antonio dava alconcetto di amicizia, travalicava spessol’ambito della semplice collaborazionetecnica e di consulenza.I suoi rapporti umani erano caratterizza-ti da una grande immediata naturalezzache rendeva piacevole ogni incontroNon sono pochi i colleghi che hannoavuto dall’aiuto disinteressato di Anto-nio un supporto fondamentale alla solu-zione di problemi nei quali si incappaqualche volta per situazioni difficili incantiere e non solo.L’architetto Leonardi che a lui si rivolsein un momento particolare della sua vitaprofessionale così lo ricorda:“In un delicato passaggio della mia vitaprofessionale l’amico Maurizio Clerici, mi

consigliò di rivolgermi ad Antonio Mi-chetti. Di lui ricordo la sua totale e disinte-ressata dedizione e la sua appassionatapartecipazione sino alla felice conclusionedel mio problema. Nel profondo del miocuore Antonio vive come “Maestro” profes-sionale ma soprattutto come guida di uma-nità ed altruismo.Toto grazie per ciò che hai fatto per tutti noi”.Un’altra testimonianza che ritengo ca-ratteristica della personalità di Michettiriguarda una collaborazione con l’ing.Corradi valoroso professionista ternano,come Antonio, amico di Ridolfi e di suonipote l’arch. Giani che tanto deve allacollaborazione di Michetti per le molteopere con le quali Giani ha onorato lacittà di Terni:“Vorrei ricordare Antonio con un episodioche ne illustra la sua profonda umanità ela sua capacità di semplificare problemistrutturali insolubili 40 anni fa. 1978, Iraq. L’impresa costruttrice di 2grandi serbatoi pensili in acciaio, 24 metridi diametro e 15 metri di altezza, aveva

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ANTONIO MICHETTIL’UOMO,L’ARCHITETTO, IL PROFESSOREa cura di Maurizio Clerici

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realizzato i fondi con lamiera piana sem-plicemente calandrata. In corrispondenzadelle saldature radiali veniva meno il regi-me di membrana ma sorgevano preoccu-panti effetti secondari di flessione. Che fa-re? Andai da Antonio. Aiutandosi con for-bici e cartone, dopo un lungo silenzio mitranquillizzò: le sollecitazioni secondariesarebbero state trascurabili rispetto alleprincipali. Trenta anni dopo quantificaiin 8% il contributo dei momenti seconda-ri. Questo fu l’argomento della nostra ulti-ma conversazione. E il rimpianto di averperduto un amico indimenticabile”.Il suo metodo di vita era proporre valo-ri, e questo, in ogni momento della suaesistenza.

L’ARCHITETTO

Sì, Antonio Michetti merita a tutto tito-lo di essere considerato tale.Credo che valga la pena rammentare,una volta di più, anche in questa occa-sione la motivazione del conferimentodella laurea Honoris Causa in architet-tura:“Per avere unito le sue riconosciute ca-pacità di tecnico ad una sensibilità, aduna capacità architettonica capace di in-terpretare al meglio le qualità di ogniprogetto, per il suo impareggiabile im-pegno didattico, che ha consentito perintere generazioni di architetti di impa-dronirsi dei segreti della scienza e del-l’arte del costruire; per la passione e l’in-telligenza nel comprendere e risolvere ipiccoli e grandi problemi dell’architet-tura e di un mestiere sempre inteso algeneroso servizio della collettività”.Antonio Maria Michetti considerava in-fatti il progetto nella sua “unicità”.Caratteristica metodologica peculiare

del suo lavoro era quella di affrontarecontemporaneamente in modo sinergi-co i diversi problemi tecnici presenti nel-l’iter progettuale, evitando dispersive edispendiose segmentazioni.Michetti aveva il magico potere di riusci-re ad indirizzare l’idea progettuale che gliveniva proposta, attraverso soluzioni tec-niche pienamente compatibili e nell’as-soluto rispetto della tesi progettuale chegli veniva di volta in volta sottoposta.Non assumeva mai posizioni personali-stiche, capace com’era di comprendere lacultura, la metodologia il linguaggio delcollega con il quale si trovava a collabora-re ed anche quando il dialogo si faceva avolte acceso, il rapporto con l’architettoera sempre teso a condividere e mai acompetere, con l’obbiettivo finale di da-re, ad ogni progetto, la possibilità di unaefficace, solida ed economica soluzione.Chiara ed esemplare, la testimonianzache Richard Meier ha voluto, con imme-diatezza ed entusiasmo inviarmi in me-rito alla collaborazione di Michetti per il

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Da sinistra:• Il Palazzetto dello Sport di Annibale Vitellozzi

e Pier Luigi Nervi• Antonio Michetti in cantiere• La chiesa del Giubileo di Meier in costruzione

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progetto della Chiesa Parrocchiale delGiubileo a Roma:“Dear Maurizio ClericiProfessor Antonio Maria Michetti was oneof the most important collaborators weworked with on the Chiesa Parrocchialedel Giubileo in Roma.His extraordinary talent included bothtechnical and structural construction ofthe precast post tension concrete blocks ofthe shell of the church. Michetti’s contribu-tion also made it possible to have the ex-posed concrete visible and comprehensivefrom both the exterior and interior of thechurch. His contribution and personal in-volvement made this church a memorableexperience not only for those that workedon it but those who will experience thisunique place for years to come”.Antonio amava spesso paragonare l’atti-vità di un gruppo di progettazione, aduna orchestra guidata da un bravo diret-tore, ed all’interno di questa orchestra di-ceva di considerarsi un buon solista im-

pegnato a dare di sé il meglio, affinché ilprodotto finale fosse il migliore possibile.A chi considerava questo atteggiamentocome un grande lodevole sentimento di“umiltà” rispondeva che non si trattava diuna posizione di umiltà ma della consa-pevolezza che fosse necessario ad un bra-vo solista, riuscire a condividere piena-mente con il direttore d’orchestra, il pro-getto musicale. Tanto migliore sarà que-sto direttore, tanto migliore l’attività delsolista, tanto migliore il risultato finale.Nell’ambito di questa similitudine cosìLucio Passarelli ricorda Michetti:“Ricordare Antonio Michetti, vuol signifi-care sentirsi contemporaneamente impe-gnati nella mente e nel cuore. Questo il pri-mo pensiero emerso prepotentemente in su-perficie e trasmesso alla penna (non al com-puter), insieme ad un senso di vuoto nelcampo dei ricordi personali e professionali.Quando si impostava e gli si proponeva unproblema, un orientamento di spazi e vo-lumi, le sue risposte e proposte, sembravano

attingere contemporaneamente all’intuitoed al calcolo.Variate le occasioni di lavoro comune e suapresenza nel campo strutturale.Da un appalto concorso per la Banca d’Ita-lia, alla Sede dell’Alitalia, (dal successo nelconcorso allo sviluppo successivo unita-mente allo Studio Valle). Dalla Sede dellaLUISS, al concorso e realizzazione dellaChiesa di Selva Candida. Sicuramente nedimentico altre.Il suo fare signorile e romano; l’intercalarecaratteristico e paziente.Ricordo la sua “Lectio” al conferimentodella Laurea ad Honorem in Architetturaed un viaggio in Polonia per l’inaugura-zione della Chiesa ad Auschwitz, progetta-ta dall’Arch. Molfetta con il suo interventostrutturale. Egli ha veramente costituitoun punto di preciso riferimento nel pano-rama professionale della nostra Città”.La testimonianza dell’arch Sartogo èparticolarmente interessante, considera-ta la lunga e prolifica collaborazione con

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Antonio. Un momento particolare diquesta testimonianza riguarda la collabo-razione per un progetto di alto livello for-male, (la chiesa Parrocchiale della Ma-gliana) nel quale l’apporto del consulen-te strutturale è risultato determinanteper il successo finale dell’opera, progettoal quale Michetti era particolarmente af-fezionato:“Ho conosciuto Antonio Michetti alla finedegli anni ’50, durante il corso di laurea inArchitettura a Valle Giulia, in qualità diassistente del prof. Pier Luigi Nervi. Glistudenti amavano molto il suo modo di fa-re in quanto era un docente che, in tutti imodi, cercava di spiegare con termini es-senziali, semplici, le complesse teorie pro-gettuali delle strutture statiche degli edifi-ci. Le revisioni con lui erano delle appas-sionate, amichevoli, interminabili e affu-micate sedute (durante le quali fumavasenza sosta le sue Nazionali), alle quali siprestava con grande generosità, ripagatodalla calorosa simpatia di noi studenti.

Alla prima sfida architettonica con un im-portante tema strutturale mi venne natura-le rivolgermi a lui. Siamo alla fine degli an-ni ’60 quando ero giovane architetto a capodi un gruppo di progettazione che compren-deva Domenico Gimigliano e Carlo Fegiz,chiamato a progettare l’edificio della nuovasede dell’Ordine dei Medici in via Giovan-ni Battista De Rossi a Roma. ...È evidente che l’integrazione tra soluzionistrutturali e compositive riscontrabile nel-l’edificio non può che essere il risultato diun profondo rapporto professionale, uma-no, intellettuale e artistico tra noi progetti-sti e Antonio Michetti.Del resto questo inizio ha segnato unagrande e continua collaborazione sfociatain profonda amicizia tra il sottoscritto eAntonio, che si è protratta negli anni attra-verso molteplici progetti.L’ultima sfida che ci ha visti impegnati in-sieme è molto recente e si è protratta fino al2007 con la pubblicazione del libro ElectaArchitettura del Sublime che contiene im-

magini dei nostri dialoghi di cantiere, di-segni, elaborati grafici e un saggio di Mi-chetti. Sto parlando della realizzazione diuna nuova chiesa a Roma, il complessoparrocchiale del Santo Volto di Gesù allaMagliana, in particolare l’aula ecclesialead anfiteatro sormontata da una semicu-pola al di sopra del presbiterio, il tutto sen-za interposizione di pilastrature. Tale semicupola andava a raccordarsi su diun piano dall’andamento inclinato dellacopertura dell’aula. Dopo vari brain-stor-ming arriva l’idea geniale di Michetti difar sostenere la semi-cupola a sbalzo dallastruttura circolare del rosone in acciaio, so-lidale alla parete rettilinea dell’aula.Il tema statico di maggior impegno è statoquello di creare una struttura in acciaioche definisse in maniera totale la semicu-pola, il quarto di sfera gravante sull’aula.Per realizzare questo involucro si è utiliz-zato un insieme di putrelle ad arco di cer-chio tra loro collegate con piatti in acciaiocor-ten tali da costituire un sistema por-tante. Sulla semicupola in cor-ten si so-vrappone un getto di calcestruzzo sul qua-le è applicato il rivestimento lapideo. Dalpunto di vista statico essa si comporta comeun monolite collegato a sbalzo dal granderosone che si innesta sulle travi in conglo-merato pre-compresso a fili pretesi che giac-ciono sul piano inclinato della copertura.Anche in quest’ultima occasione si è realiz-zata la straordinaria simbiosi tra ingegne-ria e architettura che per me e Antonio hasempre costituito la sintesi di ogni confron-to nel lavoro comune, svolto sempre con le-altà, spirito di grande condivisione e reci-proca stima”.

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Da sinistra:• La Chiesa parrocchiale Santo Volto di Gesù

alla Magliana in costruzione• Il nuovo Municipio di Fiumicino

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IL PROFESSORE

Appena laureato (1954), nel 1955 hainiziato la carriera accademica come as-sistente del prof. Nervi alla cattedra di“Tecnologia dei materiali e tecnica dellecostruzioni” della facoltà di Architetturadi Roma, ha successivamente continua-to come assistente di Giacomo Minnuc-ci, per approdare, non senza fatica e nonsenza qualche amarezza, prima come as-sistente ordinario del prof. Cestelli Gui-di, poi finalmente, nel 1974 come assi-stente incaricato, alla cattedra di “Tecni-ca delle costruzioni” della facoltà di Ar-chitettura a Valle Giulia, cattedra dallaquale, praticamente sino agli ultimi annidella sua vita, ha dedicato tutto se stessoalla preparazione tecnica di alcune gene-razione di architetti.Sul bellissimo blog di Giorgio Muratore,si possono leggere commenti e ricordiappassionati di studenti degli anni2000, pieni di vivo stupore e di grandeaffetto, nel ricordo del suo particolare“modo“ di fare lezione, che tutto erafuorché una lezione “accademica”.A questo proposito Mauro Coronelli, miha inviato una appassionata testimonian-za dalla quale colgo preliminarmente, al-cune riflessioni che condivido in pieno:“Toto era un uomo libero.Toto era un Maestro.

L’uomo libero è diretto, immediato, since-ro senza essere scortese o superiore anche insituazioni difficili che possono suscitare in-sofferenza, l’uomo libero non prevarica, ilgrande libro dei rapporti umani gli si aprein testa alla pagina giusta, senza dover per-dere tempo a cercare nell’indice. Aldilàdella sua altissima qualità professionale edesperienza tecnica, della sua viva e vastacultura, cui la curiosità per le cose e per gliuomini aveva fatto da solido e profondopresupposto, Toto era dotato di una uma-nità impareggiabile, ne aveva da sempre,ne aveva per tutti, discepoli e non.Il maestro non dà soluzioni, non imponeil rispetto della regola, si mette al tuo fian-co, fa suo il tuo problema, entra con te nel-la sua essenza, con semplicità e umiltà, macon fermezza esemplare.Formare nei giovani la coscienza e la capa-cità di acquisire conoscenze in modo criticorichiede passione, senso di responsabilità,curiosità e umanità non comuni, che il tem-po alimenti e non appanni. Amava i giova-ni e quell’età dell’uomo gli apparteneva”.La testimonianza di Coronelli è esem-plare in quanto percorre una storia pro-fessionale che passa dai banchi delle auleuniversitarie ai tavoli da disegno, quan-do, giovane professionista fresco di lau-rea, ricorse alle competenze di quello cheormai era un “collega” per la realizzazio-ne di un importante progetto:

“Ripenso spesso al primo incontro “professio-nale” che ebbi nel ’77, con lui dopo averloindicato per l’incarico, avendone avuto fa-coltà dal committente. Ricordo come, nelmezzo dell’intensa giornata di lavoro, disse:“abbiate pazienza se non me ne ricordo...pe-rò se vede che siete preparati” scaricando latensione che con l’amico Leonardo Cordone– co-progettista del Centro di Formazionedel Banco di Roma – mostravamo eviden-te, preoccupati ed esaltati allo stesso tempodall’idea di associare il nostro nome a quel-lo del Professore e di ricevere ovviamente ungiudizio in anteprima sul progetto. Quelli passati insieme da quel momentotra il ’77 e l’80, tra progetto costruttivo ecantiere, furono tre anni di irripetibileesperienza, furono gli anni nei quali suitecnigrafi di Castrigoni e Basile, scoprim-mo che l’amato maestro, quello che più dialtri (bravi maestri avuti) aveva lasciato ilsegno per il suo modo di accompagnarci al-la comprensione, continuava a stare al no-stro fianco mettendosi a servizio del nostroprogetto, nonostante la differenza di età ela fama, con la curiosità e l’umiltà deigrandi di vedere i suoi contributi plasmar-si e fondersi con coerenza sotto le nostremani. Diceva: “questo non lo buttà” pe-scando tra gli schizzi che facevo cercandosoluzioni che costringessero le esigenzestrutturali ad adattarsi a quelle architetto-niche, oppure: “co’ tutta la bbona volontà

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non te posso fa li setti de calcestruzzo a vi-sta meno de 35 cm”, come rammaricatoper il mio modulo M12 su cui era imposta-ta la maglia progettuale. Furono anni neiquali prese corpo il privilegio più grande,quello della sua amicizia”.Non è possibile chiudere questo sinteticoricordo dell’attività accademica di Anto-nio Michetti senza accennare alla suapassione per la geometria euclidea, ed aisuoi studi sul costruire degli antichi.

Indimenticabili sono i ricordi delle sueconferenze sugli organismi a cupola del-l’antica Roma alla ricerca,come dice inmodo esemplare Fabrizio Esposito checon Antonio ha tenuto una stretta colla-borazione in questo campo, delle possibi-li regole di un linguaggio dimenticato.Dal colloquio avuto con l’ing. Esposito,è risultato come il concetto di “unicità“del progetto, idea costante del pensierodi Antonio, trovasse conferma, una vol-

ta di più, approfondendo gli studi sulmodo di costruire degli antichi:“Un edificio della rilevanza e delle dimen-sioni del Pantheon, prosegue l’ing. Espo-sito,non poteva essere stato concepito in as-senza di una vera e propria progettazionestrutturale, dovevano necessariamente esi-stere criteri di dimensionamento e codici dicalcolo esatti, magari diversi dai nostri, manon per questo meno incisivi ed affidabili.L’ipotesi che un unico algoritmo geometri-co, dominato da un unico parametro ini-ziale, fosse capace di disciplinare l’interafisionomia delle strutture portanti, l’ipote-si che attraverso le evidenze poste in esseredall’algoritmo, attinte dalla geometriaEuclidea come la sezione aurea e la qua-dratura del cerchio, si potesse comunicaredirettamente con le maestranze, consenti-vano che l’organismo edilizio venisse con-densato in pochi allineamenti, facilmentegestibili con i mezzi allora disponibili.Progettista e muratore trovano un linguag-gio comune, la loro intesa è il segno di un al-tissimo magistero costruttivo, che va a cele-brare la sua grandezza nella serena e disar-mante semplicità delle proprie regole”.Per concludere: ...Antonio che ne dici diuna megacupola per coprire intere città?Un ironico sorriso e… “nun se po’ fa’”,e il ponte di Messina? la faccia si rab-buia scuote la testa …“lo voi capì: si ono … NUN SE PO’ FA’ !”

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Da sinistra:• Antonio Michetti professore• Sezione del Pantheon di Andrea Palladio

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