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collaborazione. Quest’anno abbiamo voluto,i nsieme ad alcuni adulti, ideare il presepio in Chiesa attorno al fonte battesimale per dare un segno di vita e di gioia che il signore vuole concedere a tutti per una vera rinascita in Lui e nei fratelli. Con alcuni fedeli della parrocchia si è voluto vivacizzare il paese con la costruzione di alcuni presepi nelle varie cantine, non molti ma belli. Una bella idea per creare quell’atmosfera di serenità e di pace in tutti nel nome del Bambino Gesù. Approfittiamo per visitare questi luoghi per riflettere, pregare e ringraziare il Signore. La novena di Natale ci ha preparato a l’incontro con il Signore. Alcune serate particolari in Chiesa e fuori con preghiera, con vari momenti di proiezioni di filmati delle serate natalizie svolte negli anni passati in (Continua a pagina 2) Anno 17 Numero 70 Il Nostro Mondo PARROCCHIA DI SAN LORENZO M ARTIRE VALLEBONA C arissimi fedeli, siamo ormai al Santo Natale del Signore Gesù, e tutti siamo presi nella preparazione materiale e spirituale. Il cammino di preparazione della nostra comunità parrocchiale è stata condivisa da tutti. I piccoli in Chiesa insieme ai catechisti e giovani hanno animato le celebrazioni ed hanno preparato con vari gesti e segni il presepio e i loro presepi personali. Gli adulti con il loro disegno e preghiera natalizia hanno partecipato intimamente alla preparazione del Natale. Possiamo dire che c’è stata una vera NATALE 2011 PARROCCHIA SAN LORENZO MARTIRE VALLEBONA MESSAGGIO DI NATALE 2011 Natale giorno di luce e di salvezza per tutti i popoli. Il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. La luce di Gesù Bambino è entrata a far parte della nostra vita. Togliamo le tenebre del male che offuscano la nostra vista e ci allontanano dal Signore e dai fratelli. Accogliamo con gioia la luce del Signore, la luce della salvezza: Gesù Bambino. Il mondo ha bisogno di luce nella propria mente, nel cuore e nel corpo. Avvicinandoci al presepio e guardando il volto di Gesù Bambino chiediamogli che inondi questo mondo tenebroso della sua luce: luce di pace, di gioia, di salute, di lavoro, di casa, di fede, di amore e di vera fraternità tra tutti i popoli ed ancora luce di rispetto della vita personale e degli altri fratelli. Avviciniamoci, senza paura, a Gesù Bambino ed osserviamo la sua innocenza, la sua semplicità, la sua umiltà, la sua bontà, la sua povertà, la sua potenza di amore e diciamogli: Gesù Bambino facci come Te, sostienici ogni giorno nel nostro cammino sia gioioso che triste, dacci sempre la forza di vivere bene la vita umana e cristiana. Un augurio a tutti voi comunità parrocchiale e a coloro che leggono questo breve messaggio: un augurio di essere coinvolti totalmente dalla luce e dall’amore di Gesù Bambino che vuole portare a tutti ogni bene. Festeggiamo insieme questo giorno santo ed invochiamo per tutti: Pace e serenità nel corpo e nello spirito. Prega così: ”Insegnaci Signore a cercarti e mostrati quando Ti cerco: non posso cercarti se Tu non mi insegni, né trovarti se non Ti mostri. Che io Ti cerchi desiderandoti e Ti desideri cercandoti, che io Ti trovi amandoti e Ti ami trovandoti”. (S. Anselmo) Tanti auguri di un Buon Natale e di un Prospero anno 2012 Il parroco e comunità parrocchiale don Salvatore Crisopulli

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collaborazione. Quest’anno abbiamo voluto,i nsieme ad alcuni adulti, ideare il presepio in Chiesa attorno al fonte battesimale per dare un segno di vita e di gioia che il signore vuole concedere a tutti per una vera rinascita in Lui e nei fratelli. Con alcuni fedeli della parrocchia si è voluto vivacizzare il paese con la costruzione di alcuni presepi nelle varie cantine, non molti ma belli. Una bella idea per creare quell’atmosfera di serenità e di pace in tutti nel nome del Bambino Gesù. Approfittiamo per visitare questi luoghi per riflettere, pregare e ringraziare il Signore. La novena di Natale ci ha preparato a l’incontro con il Signore. Alcune serate particolari in Chiesa e fuori con preghiera, con vari momenti di proiezioni di filmati delle serate natalizie svolte negli anni passati in

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Anno 17 Numero 70

Il Nostro Mondo P A R R O C C H I A D I S A N L O R E N Z O M A R T I R E V A L L E B O N A

C arissimi fedeli, siamo ormai al Santo Natale del Signore Gesù, e tutti siamo presi nella preparazione materiale e spirituale. Il

cammino di preparazione della nostra comunità parrocchiale è stata condivisa da tutti. I piccoli in Chiesa insieme ai catechisti e giovani hanno animato le celebrazioni ed hanno preparato con vari gesti e segni il presepio e i loro presepi personali. Gli adulti con il loro disegno e preghiera natalizia hanno partecipato intimamente alla preparazione del Natale. Possiamo dire che c’è stata una vera

NATALE 2011

PARROCCHIA SAN LORENZO MARTIRE VALLEBONA

MESSAGGIO DI NATALE 2011 Natale giorno di luce e di salvezza per tutti i popoli.

“Il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. La luce di Gesù Bambino è entrata

a far parte della nostra vita. Togliamo le tenebre del male che offuscano la nostra vista

e ci allontanano dal Signore e dai fratelli. Accogliamo con gioia

la luce del Signore, la luce della salvezza: Gesù Bambino. Il mondo ha bisogno di luce nella propria mente, nel cuore e nel corpo. Avvicinandoci al presepio e guardando il volto

di Gesù Bambino chiediamogli che inondi questo mondo tenebroso della sua luce: luce di pace, di gioia, di salute, di lavoro, di casa, di fede,

di amore e di vera fraternità tra tutti i popoli ed ancora luce di rispetto della vita personale e degli altri fratelli.

Avviciniamoci, senza paura, a Gesù Bambino ed osserviamo la sua innocenza, la sua semplicità, la sua umiltà, la sua bontà, la sua povertà,

la sua potenza di amore e diciamogli: Gesù Bambino facci come Te, sostienici ogni giorno nel nostro cammino sia gioioso che triste, dacci

sempre la forza di vivere bene la vita umana e cristiana. Un augurio a tutti voi comunità parrocchiale e a coloro che leggono

questo breve messaggio: un augurio di essere coinvolti totalmente dalla luce e dall’amore di Gesù Bambino che vuole portare a tutti ogni bene.

Festeggiamo insieme questo giorno santo ed invochiamo per tutti: Pace e serenità nel corpo e nello spirito.

Prega così: ”Insegnaci Signore a cercarti e mostrati quando Ti cerco: non posso cercarti se Tu non mi insegni, né trovarti se non

Ti mostri. Che io Ti cerchi desiderandoti e Ti desideri cercandoti, che io Ti trovi amandoti e Ti ami trovandoti”. (S. Anselmo)

Tanti auguri di un Buon Natale e di un Prospero anno 2012 Il parroco e comunità parrocchiale

don Salvatore Crisopulli

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RINGRAZIAMENTI La famiglia Crisopulli con Don Salvatore ringraziano il Coro parrocchiale, la Pro Loco e i fedeli, delle offerte raccolte in suffragio di Pietro (Euro 580,00). Queste offerte, insieme con quelle raccolte dal Coro parroc-chiale e dai fedeli in suffragio di Adriano (Euro 470,00) sono state devolute alle opere parrocchiali. Il Parroco a nome della Comunità ringrazia e comunica che l’intera cifra sarà destinata a finanziare parte del restauro di alcune piccole tele della Chiesa Di San Lorenzo.

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parrocchia con le varie recite ed iniziative di presepi vari in Vallebona. Una serata particolare si svolgerà Venerdì 23 Dicembre percorrendo i “carugi” del paese. Accendendo i vari presepi e soffermandoci per una riflessione, preghiera e canto, e perché no, anche un buon rinfresco con auguri natalizi. Vorrei ringraziare di cuore i catechisti che con grande impegno ed adesione si sono messi a disposizione dei bambini e della parrocchia per le varie celebrazioni e vivacizzare tutta la comunità. Un grazie al coro parrocchiale che si impegna ad animare le S. Messe solenni e in alcune circostanze di dolore per la perdita del fratello Pietro e dell’amico Adriano Chirico. Grazie. Un grazie dovuto da parte mia e della mia famiglia a tutta la comunità per la partecipazione al lutto che ci ha colpito per la perdita di Pietro. Speriamo di avere persone che collaborino ed aiutino la comunità come esempio avuto dal fratello Pietro. Non può mancare il grazie a tutti i collaboratori della Chiesa, prioresse, chierichetti e le persone disponibili alla manutenzione ed opere nella Chiesa. Speriamo di trovare le prioresse e varie altre persone per l’anno 2012 a servizio della Chiesa. Non tirativi indietro,collaborate. Cari fedeli, continuiamo a vivere con grande coraggio e con grande fede questi momenti non tanto belli per le varie crisi che costatiamo. Non scoraggiamoci,cerchiamo di operare nel meglio, e di rialzarci da questi momenti difficili per crescere bene insieme ai nostri figli in seno alla comunità in unione con tutti i fratelli nel mondo. Carissimi, cerchiamo sempre di aumentare la nostra fede e il nostro impegno umano per vivere in armonia nella famiglia e in particolare in tutta la nostra comunità di Vallebona. La nostra comunità ha bisogno di rialzarsi da tanto torpore e indifferenza, anche se c’è tanto bene,per sostenere i cuori di tutti nel segno dell’amicizia, dell’amore e della fratellanza. Preghiamo, in particolare in questi giorni, Gesù bambino che ci conceda tutto questo e ci aiuti in tutte le occasioni della nostra vita sia materialmente che spiritualmente. Ricordiamoci che il Natale passa come data, ma continua nel nostro cuore ogni giorno spronandoci nel bene, nel rispetto di se stessi e degli altri. Passando ad altro, continuano i nostri incontri di catechesi e di catechismo con le varie iniziative parrocchiali del dopo Natale e la preparazione alle altre celebrazioni liturgiche e non dei mesi prossimi, prendete visione nei libretti che vengono distribuiti in Parrocchia. Un appello a tutti ad essere partecipi in comunità insieme ai bambini che si preparano a ricevere i vari sacramenti con la preghiera e l’esempio. Concludo con un augurio gioioso per tutti di un Santo Natale e prospero anno nuovo 2012. Un abbraccio ed una preghiera.

Il Parroco Don Salvatore Crisopulli

MESSAGGIO DI TENEREZZA

Questa notte ho fatto un sogno, ho sognato che ho camminato sulla sabbia accompagnato dal Signore

e sullo schermo della notte erano proiettati tutti i giorni della mia vita.

Ho guardato indietro e ho visto che ad ogni giorno della mia vita, apparivano due orme sulla sabbia:

una mia e una del Signore. Così sono andato avanti,

finché tutti i miei giorni si esaurirono. Allora mi fermai guardando indietro,

notando che in certi punti c'era solo un'orma...

Questi posti coincidevano con i giorni più difficili della mia vita;

i giorni di maggior angustia, di maggiore paura e di maggior dolore.

Ho domandato, allora: "Signore, Tu avevi detto che saresti stato con me in tutti i giorni della mia vita, ed

io ho accettato di vivere con te, perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti più difficili?".

Ed il Signore rispose: "Figlio mio, Io ti amo e ti dissi che sarei stato con te e che non ti avrei lasciato solo neppure per un attimo: i giorni in cui tu hai visto solo un'orma sulla sabbia, sono stati i giorni in cui ti ho

portato in braccio".

~ Margaret Fishback Powers ~

RICORDI... Nei mesi scorsi ci hanno lasciato due cari amici che con la loro presenza hanno contribuito a far crescere la nostra Parrocchia con la partecipazione assidua e attiva. Con queste poche e non sufficienti righe voglio ricordare Pietro che ha accompagnato e sostenuto Don Salvatore nel suo cammino pastorale e donato il suo sorriso a tutti quelli che ha incontrato sul suo cammino; e Adriano di cui mi pia-ce ricordare la sua silenziosa e sempre gioiosa presenza, testimonianza di una vera vita cristiana. A loro, ma soprattutto a noi che siamo rimasti a continuare il nostro cammino su questa terra dedichiamo questo mes-saggio. Davide e Daniela

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NATALE NELLA DOLCE PROVENZA Que nostre Segne nous alègre! S'un autre an pas mai, moun Dieu fungen pas men ! (Gioia! Gioia! Gioia! Che Nostro Signore ci riempia di gioia! E se il prossimo anno non saremo aumentati, Dio mio, Fa' che almeno non siamo diminuiti.) Cantegora Provenzale, Natale nella dolce Provenza. - La Provenza è LA PATRIA dei Liguri, i Greci Focesi coniano dal toponimo LIG> LIGA>LIGURES (palude,territorio piatto, basso) in greco Ligues, latino Ligures il termine ligure, in provenzale LIA, francese LIE, palude. I greci insegnarono ai Liguri a coltivare l'ulivo, la vite, la lavanda, a costruire vasi, terrecotte, in breve li civilizzarono; infine i monaci Gallico-Orientali di Leri-no diedero loro la fede. La Provenza è una delle grandi nazioni d'Europa (anche se, di fatto, fa parte integrale della Francia) con una propria lingua: LA LINGUA D'OC dove le antiche tradizioni del Natale sono più sentite. I Provenzali nella loro lingua hanno coniato il termine: "Calendal": Calende, che designa tutte le celebrazioni legate alla Natività, prendono avvio il 4 di-cembre festa di Santa Barbara e termina il 2 febbraio alla Candelora. - Il grano di Santa Barbara. il 4 dicembre, giorno di Santa Barbara si mette a germogliare, su un letto di cotone umido, qual-che chicco di grano dentro 3 piattini che simboleggiano la Trinità, innaffiati con cura, daranno dei piccoli campi in miniatura che decoreranno con i loro verdi germogli: i presepi e la tavola del: "gros super” cena della vigilia di Natale, serata intrisa di simbolismo, dalla crescita del grano si fanno i presagi: "Quand lou blad ven ben, tout va ben" (Quando il grano cresce bene, ogni cosa va bene), questo detto provenzale assicura che il grano di Santa Barbara è sacro perché i suoi germogli sono pre-sagio d'abbondanza. il giorno di Santa Barbara si tira fuori l'occorrente del presepio: statue: {santon, crèches} ed è una delle manifestazioni più caratteristiche dello spirito natalizio in Provenza. L'autentico presepe provenzale è la costruzione fedele di un villaggio rurale. Oltre alla grotta o alla stalla con la Sacra Famiglia, il bue e l'asinello, vi sono rappresentate tutte le perso-nalità e i mestieri: dal sindaco, al mugnaio, dal cacciatore alla donna che fila la lana, dal pescatore al venditore ambulante, senza dimenticare gli animali domestici, i presepi sono allestiti oltre che nelle case in quasi tutte le chiese sono anche negli uffici pubblici. Vi posso assicurare che ciò e vero (mia cugina vive a AIX -en - Provence e suo marito è stato sindaco della città e nel palazzo comunale vi è un salone riservato alla chèches. Io possiedo diversi santon e sono proprio opere d'arte. Un presepe provenzale che ho potuto ammirare qua nei dintorni si trova a Badalucco, è molto bello e merita una visita. . lL CACHO-FIO. Alla vigilia di Natale C’è la tradizione nelle famiglie, un vero rito: l'accensione del tronchetto di Natale {cacha:accendere, fio:fuoco}. Il tronchetto tradizionalmente d'albero da frutta tagliato durante l'anno (pero, ciliegio,ulivo), vie-ne bagnato per 3 volte con del vino cotto e versato dall'anziano della famiglia che procede alla benedizione in provenzale: - Alègrel Alègrel Alègrel Que nostre Segne nous Alègre! - S'un autre an sian pas mai, moun Dieu fugen pas men! (Gioia! Gioia! Gioia! Che Nostro Signore ci riempia di gioia! E se il prossimo anno non saremo aumentati, Dio mio, Fa' che almeno non siamo diminuiti), poi il più giovane della famiglia fa tre volte il giro del tavolo con il tronchetto e lo depone nel focolare, quando il tronchetto è acceso s'inizia la veglia di Natale con canti, racconti e si ci mette a tavola. il cenone magro della vigilia di Natale è carico di simboli cristiani: con 5 portate simbolo delle piaghe di Cristo. A base di specialità locali come: aigo boulido; (zuppa d'aglio) tradizione antica anche nel ponente; ver-dura e pesce (baccalà). La tavola è preparata con cura: 3 tovaglie e 3 candele in onore alla S.S: Trinita. A tavola c'è sempre un posto vuoto, "il coperto del povero", destinato al povero che bussa alla porta! Ben 13 pani rievocano l'Ultima Cena, e 13 sono i dessert che variano da paese a paese;.troviamo tra questi: torrone e focaccia, frutta candita, frutta secca, datteri, fichi, prugne, frutta fresca, arance, mandarini, uva, mele, sorbe. Terminato il Gros Super, ci si reca alla funzione della Messa di mezzanotte e al dono dell'agnello. - LUO PASTRAGE O lL DONO DELL’AGNELLO è comune sia in Provenza che nel Ponente Ligure che i pastori donino un agnello belante alla messa di mezzanotte a Gesù Bambino: E' una celebrazione delle più affascinanti del Natale simile a quella di Pompeiana (raccontata stupendamente da Fra Ginepro) è quella di Allauch. I pastori scendono con le loro greggi dalla collina di Notre Dame du Chateau e si riuniscono alla chiesa di Saint Sèbastien, dove viene celebrata la Messa in pro-venzale, con 1 agnello vivo che viene offerto a Gesù. L’offerta, con accompagnamento di canti tradizionali avviene al termine della messa, mentre il celebrante porge il Bambin Gesù per il bacio ai pastori, donano l'agnello. - Le tradizioni delle pastorales. Dopo il giorno di Natale comincia la stagione delle "PASTORALES" che proseguono fino alla fine di gennaio. Le pastorales sono antiche rappresentazioni sacre nello stile dei: "MISTERI MEDIOEVALI". Sono atti teatrali nei quali si rivivono i momenti principali della Natività. La più celebre è la: "PASTORALE MAUREI", scritta nel 1844. Rappre-senta in tono da farsa popolare il cammino della : "BELLO ESTELLO” (la cometa), accompagnata dal pellegrinaggio di molti personaggi ai quali capitano un'infinità di disavventure. Non preoccupatevi, se sapete il dialetto ponentino riuscite a capire i dialoghi in lingua provenzale. Infatti, i francesi non lo capiscono meglio di noi o meglio siamo noi ponentini che lo capiamo meglio di loro. Tra il Ponente e la Provenza C’è una fratellanza e una assonanza di lingua. Il suono della lingua dei TROUBA-DORS è affascinante. Gli abitanti di Olivetta San Michele non hanno problemi infatti, il 35 % dei termini usati nel loro dialetto Rojasco sono Provenzali. Le rappresentazioni più frequenti e facili da trovare sono a Marsiglia e ad A|X-en-Provence, ma può capitarvi di trovarle in molti villaggi e paesi della Provenza. Nel Ponente l'unico paese che ha nel suo DNA dei canti nata-lizi, (dolci ninna-nanne) nel Ponente Ligure è Ceriana, famoso per i suoi cori che cantano a cappella, detto anche il paese canterino. - Al termine delle Candele, di colpo tutti i presepi della Provenza vengono smontati, i Santons riposti nei cassetti fino al pros-simo inverno, si attendono: la festa di Carnevale e i canti quaresimali.

UN BUON NATALE A TUTTI, E UN BUON ANNO DI PACE E SERENITA, Leone Paola

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CERIMONIA del 4 novembre 2011 Venerdì 4 Novembre, sotto un cielo triste per l’occasione, Vallebona ha ricordato tutti i Caduti nelle guerre ed ha celebrato la Festa delle Forze Armate e dell’Unità Nazionale, con una cerimonia breve, ma sentita, in Piazza dell’oratorio. Dopo la Santa Messa in Oratorio, celebrata da Don Salvatore, durante la quale il nostro parroco ha effettuato una toccante omelia, e gli Alpini hanno letto la preghiera dell’Alpino e la preghiera della Madonna del Don, tutti si sono recati sulla piazza antistante l’oratorio. Al-la presenza della nostra Sindaco, del Maresciallo Comandante la stazione Carabinieri di Bordighera, di Don Salvatore, del Col.Lanteri, di una decina di Alpini e di una coppia di vallebonenchi, è stato reso o-maggio alla bandiera e ai caduti, con la deposizione di corone davanti al monumento sulla piazza e sotto la lapide soprastante il monumento stesso. Corofori sono stati gli Alpini Giuliano Rossi Magoni, Gian-franco Guglielmi, Renzo Guglielmi e Davide Camillo. Dopo la deposizione delle corone il Colonnello Lan-teri ha tenuto un breve discorso di circostanza ed ha letto i nomi dei 25 militari vallebonenchi caduti nella 1^ Guerra mondiale. Peccato per la scarsa partecipazione della popolazione di Vallebona: i nostri Ca-duti, come tutti i caduti di tutte le guerre, meritavano forse una maggiore attenzione… Qui di seguito il discorso tenuto dal Col. Riccardo Lanteri: “ Quest’anno ricorre il 150° anni versario dell’unità d’Italia, e oggi, giorno della ricorrenza di tutti i caduti nei conflitti armati, trovo che sia il giorno più indicato per ricordare tutti coloro che sono caduti per contribuire a fare l’Italia, non solo sui campi di battaglia, ma anche al termine della loro vita, spesa per realizzare il sogno di avere un’Italia unita , dal Brennero a Lampedusa. Ora trovo naturale iniziare il mio breve discorso recitando una frase che, per chi mi segue nei raduni degli Alpini, non manco mai di ricordare durante le cerimonie: “ Un soldato non muore sul campo di battaglia. Muore quando nessuno si ricorda più di lui.” Ritengo che questa frase racchiuda il vero motivo per cui noi oggi siamo qui riuniti in questa piazza : per ricordarci di tutti i caduti di tutte le guerre, e per ricordarci che essi non sono mai morti invano. Oggi però vorrei illustrarvi il mo-do originale con cui in un angolo d’Italia vengono ricordati i caduti di tutte le battaglie, qualunque sia la parte per la quale hanno combattuto. vi voglio cioè parlare di un essere emblematico della pace: si chiama Maria Dolens, ossia Maria addolorata; no, non è una pacifista sudamericana; non è nemmeno una donna. Si trova a Rovereto (Tn), è la campana più grande del mondo che suona a distesa. Tutte le sere alle 8,30 d’inverno e alle 9,30 d’estate, 100 ritocchi si diffondono nella valle per ricordare i caduti di tutte le guerre, e per portare un messaggio di pace. L’ideatore fu un sacerdote di Rovereto, Don Antonio Rossaro. Fusa con il bronzo dei cannoni degli Sta-ti, vincitori e vinti, che hanno partecipato alla prima Guerra Mondiale, questa campana è stata inaugurata il 4 ottobre 1925. Nei decenni successivi ha subìto 2 fusioni per migliorarne il suono la prima, e per sanare le ferite di una fessurazione la seconda. Il 4 Novembre 1965 è stata posta sul Colle di Miraval-le, non lontano da Rovereto, presso l’ossario dei Caduti, dopo essere stata benedetta a Roma e battez-zata Maria Dolens, per simboleggiare la maternità dolorante, da Papa Paolo VI°. Essa è ora circo n-data dalle bandiere di 84 Paesi. Pesa 226 quintali, è alta 3 metri e 40 cm, e il suo diametro è di 3 metri e 21 cm. Solo il battaglio pesa 6 quintali. Sul suo manto sono incise tre frasi pronunciate da altrettanti Papi: quella di Pio XII° recita = “Nulla è perduto con la pace. Tutto può essere perduto con la guerra”. Quella di Giovanni XXIII° recita = “ Nella pace c’è l’ordinata concordia e la tranquilla Libertà degli uomi-ni”. Quella di Paolo VI° recita =” I caduti di tut ti i conflitti, gli scampati, i Vostri figli, vi ammoniscono ad evitare per sempre la guerra “. Voglio concludere facendo mia un’osservazione di un famoso sociolo-go italiano, il quale scrisse che “le armi uccidono 4 volte: la prima perché sottraggono risorse all’istruzione, all’agricoltura, alla sanità, allo sviluppo; la seconda perché bloccano saperi e intelligenze nella costruzione di strumenti di morte sempre più raffinati; la terza perché vengono usate per distrug-gere e uccidere; e la quarta perché preparano la vendetta degli sconfitti.” I fondamentalismi, le dittature, la fame e la sete , le malattie, l’ignoranza e la disoccupazione non si sconfiggono con la guerra, ma con politiche di pace che aprono le porte ad un mondo migliore. Le for-ze Armate hanno soprattutto questo scopo: proteggere e mantenere la pace su tutto il nostro territorio, sulla nostra Patria. Viva le Forze Armate, viva l’Italia.”

Riccardo Lanteri

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filius familiae assume gli stessi diritti e doveri del padre; a sedici o diciassette può scegliere la carriera pubblica, par-tecipare ai comizi accedere alla magi-stratura o entrare nella milizia cittadina. Il passaggio diretto dall’infanzia all’età adulta senza l’esistenza di un periodo definito adolescenziale continua a veri-ficarsi anche nel Medioevo e nel Rina-scimento: i bambini delle classi ele-mentari, nel 1300 e nel 1400 andavano in giro armati. Coloro che non frequentavano la scuo-la diventavano adulti, cioè assumevano i compiti degli adulti, intorno a sette, otto anni. Se volgiamo lo sguardo al presente no-tiamo che nella maggior parte dei paesi del mondo, quelli del terzo mondo in particolare, giovani e bambini costitui-scono la maggioranza della popolazio-ne; la proporzione dei giovani è relati-vamente minore nei paesi industrializ-zati, in concomitanza con l’aumento della vita media e con la politica del controllo delle nascite. I questi paesi l’adolescenza, soprattutto in alcuni gruppi sociali assume quasi le caratte-ristiche di una categoria sociale; nei paesi in via di sviluppo, invece, l’adolescenza quale classe di età ha una durata minore e la situazione degli adolescenti tende a confondersi più rapidamente con quella del gruppo so-ciale di appartenenza. Le società umane nei confronti dell’adolescenza si comportano in mo-do diversificato: se essa corrisponde, nella nostra cultura, ad un periodo pro-tratto per anni, in altre società il pas-saggio dallo stadio infantile a quello adulto è immediato, sottolineato da ce-rimonie rituali diverse solo molto vaga-mente collegate alla pubertà fisiologica. Fu il filosofo Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) ad esercitare il più profon-do influsso sulle attuali teorie dell’adolescenza. Nell’Emilio egli de-scrisse questo periodo che per lui si estende dai 15 ai 20 anni come una seconda nascita, una metamorfosi, lo stadio dell’esistenza in cui si svegliano il senso sociale, l’emotività e la co-scienza morale. In anticipo sui tempi egli inventa l’adolescenza odierna, in-fatti la sua teoria conobbe il successo soltanto alla fine del secolo XIX. Si fa risalire l’inizio della psicologia dell’adolescenza alla pubblicazione nel 1904 di Adolescence ad opera di Stan-ley Hall che fu il primo a scriverne un trattato completo in cui si ritrovano non poche idee di Rousseau. L’autore sta-tunitense presenta l’adolescenza , pe-

Il Dott. Manlio Rossi, Psicologo Clinico e Psicoterapeuta, da alcu-ni anni si occupa del disagio ado-lescenziale ed opera presso il Progetto CTO-A (Centro Territo-riale per l’Orientamento e l’Adolescenza) nel programma di formazione della Provincia di Im-peria per l’integrazione e l’inclusione sociale. Questo inedito rappresenta il con-tenuto di una sua conferenza te-nuta a Sanremo presso il Giants’ Club in data 27/03/2008.

Manlio Rossi

Adolescenza tra crescita e disagio

Il primo accenno, già negativo, ai gio-vani risale a 4000 anni fa: una tavola ritrovata a Ur in Caldea (nell’odierno Iraq meridionale) nell’area pianeg-giante fra il Tigri e L’Eufrate, riporta la seguente iscrizione: “La nostra civiltà è persa se si lasciano continuare le azioni inaudite delle nostre giovani generazioni” Platone (427-347 a.C.) affermava che l’adolescenza è caratterizzata da un’eccitabilità eccessiva e dal piacere di discussioni senza fine, il tempo in cui si sviluppano l’intelligenza e la ra-gione. Aristotele (384-322 a.C.) asseriva che nell’adolescenza si sviluppa la capacità di scelta che permette la for-mazione del carattere: “I giovani han-no robuste passioni che tentano di soddisfare indiscriminatamente…essi sono mutevoli e capricciosi nei loro desideri che sono violenti finché du-rano ma f in iscono pres to…sostenendo inoltre che gli adolescenti sono idealisti, conformisti, aggressivi, coraggiosi, fiduciosi, ottimisti, deside-rosi di successo, interessati al futuro più che al passato, che hanno il sen-so dell’amicizia e dell’onore e non sopportano di essere umiliati e mal-trattati. A dodici anni il piccolo romano di b u o n a f a m i g l i a a b b a n d o n a l’insegnamento elementare, a quat-tordici abbandona le vesti infantili, toga praetexta e la bulla, simboli dell’infanzia, e riveste la toga virilis; il

riodo che si estende dai 12-13 fino ai 22-25 anni di età, come una seconda nascita, una crisi, una trasformazione subitanea e profonda provocata dalla pubertà fisiologica, un rinnovamento totale e drammatico della personalità. E’ un periodo di agitazioni e di tempe-ste, di frequenti cambi di umore, di ri-sveglio della sessualità, di avversione per la scuola e la famiglia. Per lo ps ico logo statunitense l’adolescenza è biologicamente deter-minata ed è dominata da forze istintuali che devono trovare appagamento in un periodo in cui il giovane non deve es-sere spinto a comportarsi come adulto perché ne è incapace. S ino a m età deg l i ann i 60 l’adolescenza è stata studiata esclusi-vamente come “passaggio” o “crisi” da attraversare per giungere all’età adulta; psicologi e psicoanalisti se ne sono oc-cupati in modo approfondito e sistema-tico ed hanno costituito le basi su cui si sono fondati gli studi successivi. Il modello di adolescenza elaborato dalla psicologia dimostrava tuttavia rile-vanti differenze con i risultati degli studi antropologici e sociologici del fenome-no; il modello psicologico ne metteva in risalto i caratteri di tempesta e conflitto mentre gli altri ne rilevavano piuttosto l’adattamento acritico, al limite dell’apatia, all’ordine sociale e esisten-te. Le contraddizioni così rilevanti indusse-ro gli psicologi dei paesi industrializzati ad occuparsi più a fondo delle caratteri-s t i c h e m a g g i o rm e n t e d i f f u s e dell’esperienza adolescenziale nei con-testi naturali della vita: la famiglia, la scuola, il gruppo dei coetanei, il lavoro. D a l m o d e l l o t r a d i z i o n a l e dell’adolescenza come momento di passaggio all’età adulta contrassegna-to da una crisi profonda dei valori e dei significati, si è così passati ad una con-cezione dell’adolescenza come fase autonoma e prolungata della crescita umana in cui il soggetto, a seconda della sua appartenenza sociale e di ge-nere, deve far fronte ad una molteplici-tà di specifici compiti di sviluppo. L’adolescenza, un tempo considerata soltanto una fase di preparazione alla vita adulta, costituisce oggi un periodo della vita umana specifico dotato di un proprio e profondo significato… ……………. (continua sul prossimo numero)

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PER ANTO Anto, ti parlo, se ci riesco, a nome di tutti gli amici, parenti e conoscenti che hanno avuto modo di amarti e di trascorrere tan-ti momenti con te. Insieme ad ognuno di noi hai condiviso paure, gioie, dolori, scelte, rabbie, delusioni, sogni, avventure, follie, riflessioni. Ci siamo raccontati, così come deve essere tra amici che non si nascondono nulla e vogliono arrivare fino al nocciolo delle cose. Inutile negare che siamo nel dolore. Ci manca la tua bellezza, ovvero la spontaneità, la primordialità, l’intelligenza, la gene-rosità, l’umiltà, la capacità intuitiva e di comprensione degli altri, la partecipazione, la presenza, in una sola parola il tuo “esserci”. Chi ti ha conosciuto bene sa quanto hai esplorato il mondo del sapere per conoscere, capire e vivere nella sostanza e non nell’apparenza o nella banalità. C’era un certo affanno nel tuo percorso verso la ricerca spirituale, lo si percepiva, quasi a significare che il tempo a tua di-sposizione poteva non essere molto. E di fronte all’ineluttabile cui sei incorsa, ci auguriamo che quel tempo ti sia bastato per compiere la tua funzione su questa terra e che ora tu possa essere nella pace. Ti siamo vicini col pensiero e la preghiera, così come hai chiesto. Solo sapendoti serena e nella luce anche il nostro dolore può avere tregua, perché non è facile per niente pensare che non sei più tra noi. Con Vallebona avevi un forte sodalizio e da questo stesso luogo ti giunga questa sera una corale ondata di amore. Aiuta da dove sei il tuo bambino, proteggilo e continua ad amarlo smisuratamente come quando eri in vita. Anto, sarai sempre con noi. Scritto da Pia per la sua carissima amica Maria Antonietta Orengo di Castelvittorio, deceduta il 3 agosto 2011 all’età di 53 anni.

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ANGOLO DELLA MEDITAZIONE LA BANCA DEL SIGNORE

Mi trovavo un giorno bloccato da un temporale in un paesino montano, impossibilitato a proseguire una cerimonia militare all’aperto. Sotto un riparo di fortuna a qualcuno scappò di dire che quei momenti che trascorrevamo in attesa che cessasse la pioggia era tempo perso. Qualcun altro invece dichiarò che quelli erano i momenti migliori per socializzare, per conoscersi meglio e per migliorarsi. Un collega anziano, che la sapeva lunga, propose a tutti i presenti di rispondere a questa domanda: se ricevessimo ogni mattina da una banca, sul nostro conto corrente, la somma di 86.400 €, a condizione di spenderli tutti nell’arco della giornata e di non trasferirli sul conto corrente di altre persone, e di perdere tutti i soldi non spesi alla fine della giornata, riusciremmo a spenderli? Aggiunse che inoltre la banca può smettere di accreditare tale somma in un giorno qualsiasi, senza pre-avviso, a suo piacimento. Ognuno di noi si sbizzarrì a dare una risposta, ma nel complesso le risposte erano molto simili: ognuno si darebbe da fare a spendere ogni giorno gli 86.400 € offerti dalla banca “magica”, per sé e per tutti gli amici, parenti e conoscenti, ma molti aggiungevano che avrebbero avuto difficoltà a far fuori quella cifra, senza poter mettere da parte un euro. A questo punto l’anziano disse: “Questa banca magica ce l’abbiamo tutti! E’ il TEMPO. Ogni mattina Dio ci regala 86.400 secondi di vita validi per tutta la giornata, e quando ci addormentiamo la sera i secondi che non abbiamo speso per vivere li spendiamo per dormire. Quando arriva la Signora in nero la banca di Dio chiude l’accredito, senza preavviso. Allora, cosa è più importante: ricevere dalla banca 86.400 € ogni giorno, oppure ricevere da Dio 86.400 secondi di vita, sempre ogni giorno? Spero di avervi spiegato quanto siano importanti per noi i secondi che Dio ci dona quotidianamente! Uti-lizziamoli bene, dunque! Il tempo per noi è molto importante, più del denaro. Volete capire che significa un anno di vita? Chiedetelo ad uno studente che è appena stato bocciato all’esame di fine anno. Che significa un mese di vita? Chiedetelo ad una madre che ha appena messo al mondo un bimbo prematuro e che aspetta che esca dall’incubatrice, per stringerlo fra le sua braccia. Che significa una settimana di vita? Interrogate un uomo che lavora in una officina o in una miniera per nutrire la sua famiglia. Che significa un giorno di vita? Chiedetelo a due innamorati timidi che aspettano di rive-dersi. Che significa un’ora di vita? Chiedetelo ad uno che soffre di claustrofobia, bloccato in un ascensore guasto. Che significa un minuto di vita? Chiedetelo ad un sub che, in fondo al mare, si accorge di aver fi-nito l’ossigeno della bombola. Che significa un secondo di vita? Guardate l’espressione di una persona che è appena scampata ad un incidente d’auto. Che significa un millesimo di secondo? Chiedetelo ad un atleta che ha appena conquistato il quarto posto alle 0limpiadi nei 100 metri piani, perdendo per una fra-zione di secondo quella medaglia per la quale si era allenato tutta le vita. La vita è come questa banca: è magica. Quindi approfittiamo di ogni secondo di vita che la banca di Dio (ossia il tempo) ci regala ogni mattina, e cerchiamo di trovare tutti la persona giusta per sussurrarle nell’orecchio: “Ogni secondo con te è speso bene, perché è fondamentale per me”.

Riccardo Lanteri

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STORIELLE CON MORALE 8: QUANDO DIO CREO’ L’UOMO

Quando Dio creò il cane, gli disse: “Devi stare tutto il giorno davanti alla porta di casa e abbaiare a chiunque arriva o passa nei dintorni. Per questo di concedo 20 anni di vita.” Il cane rispose: “ Mi tocca abbaiare per troppo tempo. Perché non mi dai solo 10 anni, e non ti tieni gli altri 10?”. E Dio fu d’accordo. Poi Dio creò la scimmia, e le disse: “Devi fare divertire la gente, intrattenerla, scherzare e farla ridere. Per questo ti concedo 20 anni di vita.” La scimmia disse: “Per me è troppo 20 anni da trascorrere a fare ridere la gente; perché non ti riprendi 10 anni, co-me hai fatto col cane?” E Dio fu d’accordo. Poi Dio creò la mucca, e le disse: “Devi andare nei campi con il contadino tutti i giorni, e soffrire sotto il sole, produrre vitelli e latte per sostenere la famiglia del contadino. Per questo ti do 60 anni.” La mucca disse: “E’ una vita un po’ dura; tu vuoi che io la faccia per 60 anni! Perché non me ne dai solo 20 e non ti riprendi gli altri 40?” E Dio fu d’accordo. Infine Dio creò l’uomo, e gli disse: “Mangia, dormi, gioca, sposati e goditi la vita. Per questo ti concedo 20 anni di vita.” Ma l’uomo, ingordo, gli rispose: “Solo 20 anni? Non potresti, oltre ai miei 20, darmi anche i 40 anni che ti ha restitui-to la mucca, i 10 anni che ti ha restituito la scimmia e i 10 del cane? OK?” “OK”, disse Dio, “L’hai voluto tu!” Ecco perché noi durante i primi 20 anni mangiamo, dormiamo, ci divertiamo, ci sposiamo e ci godiamo la vita! I 40 anni successivi però lavoriamo come schiavi per mantenere la nostra famiglia; i 10 anni successivi, dai 60 ai 70 anni di vita, ci comportiamo da scimmie per far divertire i nostri nipotini, e gli ultimi 10 anni sediamo sulla soglia di casa ad abbaiare a tutti, come cani.

MORALE: chi non si accontenta ne paga poi le conseguenze.

Riccardo Lanteri

ANNO 17 NUMERO 70 Pagina 7

ANGOLO DELL’INTERVISTA 6. LA PROCESSIONE E IL CONIGLIO

Mia zia Ine si ricorda che molti anni fa il Giovedì Santo a Vallebona veniva effettuata una processione assai strana. La popolazione accendeva candele sui davanzali delle finestre quando dalla piazza dell’oratorio aveva inizio la processio-ne, il cui elemento centrale era il “Cristo”, rappresentato da un uomo con il viso coperto da un cappuccio bianco, che porta-va una grossa croce di legno sulla spalla. Al suo fianco c’era un personaggio che fingeva di zoppicare; era chiamato “u ran-ghetu” e rappresentava il Cireneo. Essi erano preceduti, o seguiti, da un nutrito numero di giovani rumorosi che agitavano i “baturegi”, ossia dei bastoni con i quali simulavano i soldati romani alla ricerca di Gesù nell’orto degli ulivi. Tutti i bambini del villaggio venivano vestiti di bianco e la processione si snodava nei caruggi del paese, mentre i fedeli al seguito venivano distratti dall’odore invitante delle frittelle (i fresciöi), un tipico piatto preparato per l’occasione. Alla processione erano sempre presenti i Carabinieri in Grande Uniforme. Il Parroco distribuiva gratuitamente le candele a chi voleva partecipare alla processione. (Molti però l’accendevano il più tardi possibile e, ovviamente, la spegnevano a pro-cessione non ancora ultimata, per potersi portare a casa un prezioso pezzo di candela!). Poiché nella Settimana Santa non si potevano suonare le campane, e nemmeno i campanelli, si usavano le “tarabelle”, ossia delle tavole di legno su cui erano incernierate delle aste di metallo che, sbattendo contro la tavola quando veniva fatta ruotare sul suo asse, provocavano un rumore assordante. Don Brianza faceva persino suonare le tarabelle ai chierichetti durante la messa, all’elevazione. Inoltre, ragazzi volonterosi le usavano per annunciare nei caruggi del paese i quarti d’ora che il campanile, messo in ferie, non poteva diffondere. I bambini invece si divertivano a far girare la “sgrissura”. Mi ricordo che l’attuale Piazza della Libertà, quando ero piccolo, la chiamavamo “a strada”, perché tale era, e il solettone non esisteva ancora; al suo posto c’erano degli orti, uno dei quali era della canonica e il Parroco vi aveva una stalla, in cui allevava i conigli e di cui andava fiero. Il Parroco era Don Stella, proveniva da Molini di Triora (e fu lui a battezzarmi.) Mio zio Dario Lanteri, padre di Daniela e di Elvio, mi raccontò una volta che un parrocchiano, un certo “Natalì Cristetu”, chiese a Don Stella se per favore gli prestava il suo coniglio maschio perché la sua femmina non era capace di fare coni-glietti senza un aiutino. Don Stella glielo prestò volentieri e, dopo alcuni giorni, Natalì Cristetu riportò il coniglio nella stalla del Parroco, con tanti ringraziamenti. Probabilmente questo parrocchiano, dal soprannome velleitario, era un po’ debole di vista e aveva difficoltà a distinguere un coniglio da un altro, perché dopo più di un mese Don Stella lo incontrò e gli chiese quanti coniglietti aveva fatto la sua femmina. “Nessuno!” Rispose Natalì, sollevando le braccia sconsolato. E Don Stella, orgoglioso e allegro, replicò: “Il mio maschio NOVE!”

Arrivederci alle prossime curiosità vallebonenche! Riccardo Lanteri

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Hanno collaborato a questo numero: Don Salvatore, Camillo Davide, Manlio Rossi, Lanteri Riccardo,

Giorgio Pistone, Leone Paola, Lanteri Daniela, Viale Maria Pia.

FOTOCOPIATO IN PROPRIO OFFERTA LIBERA

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ANGOLO DEI GIOCHI

IL MOSTRO Il rompicapo del numero precedente era questo: Un contadino deve traghettare un lupo, una capra e un cavolo attraverso un fiume, sopra una barchetta che può portare solo una cosa per volta, salvando la capra dai denti del lupo e il cavolo da quelli della capra. Co-me risolve il problema il contadino? Ed ecco la soluzione al rompicapo del cavolo e della capra: Il contadino traghetta prima la capra; torna a prendere il cavolo e lo porta sull’altra riva, ma riporta indietro la capra e la deposita di nuovo sulla riva di partenza; da qui traghetta il lupo, quindi torna indietro da solo a prendere la sua capra, salvando così …. capra e cavolo … , oltre che la faccia… Ed ecco l’indovinello di oggi: “Ha le braccia ma non le mani, ha il collo ma non l a testa…”

Che cos’è? Non perdeteci la testa anche voi!... Riccardo Lanteri

La sapete quella della tombola di Natale, quando Bartolomeo ha visto il primo premio e il cane glie lo ha sgraffignato? Ebbene, io ero presente e ve la posso raccontare, esattamente come è andata.

Quella della tombola (che nel nostro dialetti si chiama “china”) di Natale è un’antica tradizione ponentina; si gioca con i fagioli e ci si met-tono dei premi, come a dire un bacio alla ragazza più bella oppure alla padella, un biscotto dolce, un bicchiere di vinsanto. Quella sera il primo premio l’ha portato Luigi il macellaio ed era un pezzo di salsiccia lungo due braccia. C’era un sacco di gente, in quella stanza, con un pizzico di fagioli e una cartelletta in mano e il banditore tirava fuori dal sacco i numeri, li gridava forte e sentivi la gente che diceva: “Io ce l’ho!”, “A me manca il sedici!”, “Fate silenzio, che non sento bene, non so cosa è uscito!” Una confusione da non credere, chi tirava di qui, chi spingeva di là, i fagioli cadevano a terra, due o tre cani e qualche gatto, i ragazzi e i bambini che si divertivano … E’ uscito l’ambo, che l’ha vinto Domenico, poi il terno fatto da Caterina (la moglie di Giacomo), la quaterna e la cinquina tutt’e due prese da Giacomo, infine è uscita la tombola piena, che è toccata a Bartolomeo. Lui è saltato in piedi come un grillo d’estate, anche se non è più un giovanotto, gridando: “Ho vinto il primo premio, datemi questa salsic-cia che la faccio cuocere e me ne faccio una panciata!” Ha parlato troppo presto, uno di quei cani che giravano nella stanza si è alzato sulle zampe dietro, ha preso la salsiccia in bocca e … via come un fulmine, trascinando la salsiccia che era più lunga di lui: nessuno l’ha potuto fermare. E’ cominciata la caccia, tutte le persone si sono lanciati a rincorrere la bestiola che, un po’ per il boccone e un po’ per la paura della gen-te, si è infilata nel bosco e non si vedeva più.

Lui nero, la notte nera, il cielo nero … la gente si è trovata in quel-lo scuro e si è fermata; solo Bartolomeo cercava di convincere i più coraggiosi a continuare a rincorrere il cane, promettendo a chi l’aiutava parte della salsiccia. Nessuno si era accorto che il tempo era passato e, in un momento di silenzio, hanno cominciato a suonare le campane che chiama-vano alla Messa di Mezzanotte. Uomini, donne, ragazzi, bambini e anche Bartolomeo si sono girati e sono andati veloci in Chiesa; alla fine della Funzione, nella notte di Natale, tutti sono tornati a casa, salutandosi e scambiandosi dei baci, è stato un ben momento, di quelli che non si scordano più. Adesso qualcuno domanderà: “E la salsiccia?” Io c’ero e ho seguito il cagnetto, che era una cagnetta: è giunta nella sua tana, dove c’era un mucchio di cagnolini affamati, e han-no fatto Natale anche loro, poi sono andato di corsa in Chiesa, perché quella è più importante della salsiccia.

Giorgio Pistone

IL PRESEPE DI DON SILVESTRO Don Silvestro sale sul treno, entra in uno scompartimento dove sono seduti una signora con un bambino in braccio e un uomo, probabilmente il marito. Don Silvestro è molto robusto e anche grassoccio, sui cento chili e passa. Mentre mette sulla retina il suo bagaglio, il marito sussurra alla moglie: “Che bue!” La moglie capisce e fa un piccolo sorriso. Capisce anche Don Silvestro, il quale si siede e dice: “Ma che bella combinazione stamattina!; questo scompartimento mi ricorda il Presepe: ecco la Madonna, il bambinel-lo, il bue e l’asino!”.

Riccardo Lanteri

La tombola di Natale