Anno 10, n. 9 (100) - Settembre 2013 Curia e pastorale per ... · Io c’ero, insieme a un ... te....

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Registrazione al Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004 - Redazione: C.so della Repubblica 343 - 00049 VELLETRI RM - 06.9630051 - fax 0696100596 - [email protected] Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti della Curia e pastorale per la vita della Diocesi di Velletri -Segni Anno 10, n. 9 (100) - Settembre 2013

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22 SettembreSettembre20132013

Il contenuto di articoli, servizi foto e loghi nonché quello voluto da chi vi compare rispecchia esclusivamenteil pensiero degli artefici e non vincola mai in nessun modo Ecclesìa in Cammino, la direzione e la redazione.Queste, insieme alla proprietà, si riservano inoltre il pieno ed esclusivo diritto di pubblicazione, modifica estampa a propria insindacabile discrezione senza alcun preavviso o autorizzazioni.Articoli, fotografie ed altro materiale, anche se non pubblicati, non si restituiscono. E’ vietata ogni tipo di riproduzione di testi, fotografie, disegni, marchi, ecc. senza esplicita autorizzazione deldirettore.

Ecclesia in camminoBollettino Ufficiale per gli atti di Curia

Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli attidella Curia e pastorale per la vita della

Diocesi di Velletri-Segni

Direttore ResponsabileMons. Angelo Mancini

CollaboratoriStanislao FioramontiTonino Parmeggiani

Mihaela Lupu

ProprietàDiocesi di Velletri-Segni

Registrazione del Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004

Stampa: Tipolitografia Graphicplate Sr.l.

RedazioneCorso della Repubblica 34300049 VELLETRI RM06.9630051 fax 96100596 [email protected]

A questo numero hanno collaborato inoltre: S.E. mons. Vincenzo Apicella, S.E. mons. Andrea M. Erba,mons. Franco Risi, mons. Franco Fagiolo, don Dario Vitali,mons. Luciano Lepore, don Antonio Galati, Sr. FrancescaLangella ap., Uff. Missionario Diocesano, don Marco Nemesi,don Gaetano Zaralli, don Ettore Capra, Costantino Coros,Sara Bianchini, Claudio Capretti, Pier Giorgio Liverani,Antonio Venditti, Sara Gilotta, Sara Calì, Alessandro Leonie Teodoro Beccia, Alessandra Latini, Emanuela Soldivieri,Luca Mennonna, Dario Serapiglia, Dario Di Luzio, PieroCapozi, Enrico Mattoccia, Romano Petrucci, CarloFatuzzo, Elisa Lorenzi, Mara della Vecchia, FabioPontecorvi.

Consultabile online in formato pdf sul sito:www.diocesi.velletri-segni.it

DISTRIBUZIONE GRATUITA

In copertina:

Composizione grafica di d. Angelo Mancini per illogo del Convegno Pastorale Diocesano.

Immagine grande centrale: Kingdom of Ends,

Opera pittorica di Bo Bartlett, 1990.

- “Andate e fate discepoli tutti i popoli”, + Vincenzo Apicella p. 3

- Un prete vestito di bianco, Sara Gilotta p. 4

- XXVIII GMG, Rio de Janeiro, 22-29 luglio: Le parole del Papa / 1,

Stanislao Fioramonti p. 5

- Anche la nostra diocesi in Brasile,A. Latini, E. Soldivieri, L. Mennonna p. 7

- La Chiesa e i nuovi canali di comunicazione. Una sfida che la nostra chiesa prova a cogliere,

don Antonio Galati p. 9- I nuovi media e la fede,

Costantino Coros p. 10- Comunicare bene il bene,

Sara Bianchini p. 12- I relatori al Convegno pastorale p. 13

- La donna curva e la Misericordia,Claudio Capretti p. 14

- 87ma Giornata Missionaria Mondiale,Uff. Missionario Diocesano p. 15

- Credo in Gesù Cristo, Nostro Signore / 3,don Dario Vitali p. 17

- I Santi dell’Anno della Fede / 8,Stanislao Fioramonti p.18

- Il Vangelo è ben annunciato quando è ben testimoniato, mons. Franco Risi p. 19

- “Dio esiste, è là, è qualcuno, un essere personale come me! Egli mi ama e mi chiama”,

don Ettore Capra p. 20- Testimoni della Fede / 8, S. Fioramonti p. 21- Due Santi per un Occhio,

don Gaetano Zaralli p. 22- La dimora del silenzio e della preghiera,

Stanislao Fioramonti p. 23

- Ogni vocazione nasce dall’invocazione,Sr. Francesca Langella ap. p. 24

- Sette anni in ....seminario, A. Leoni e T. Beccia p. 24

- Interventi di:S.E. mons. V. Apicella, S.E. mons. A. M. Erba,don Dario Vitali, mons. Luciano Lepore, mons. Angelo Mancini, mons. Franco Fagiolo e la comunità di Segni, Dario Serapiglia, Pier Giorgio Liverani, Enrico Mattoccia, Dario Di Luzio, Romano Petrucci pp. 26-34

- Indice degli autori dei nn. 51-100 di Ecclesia,Tonino Parmeggiani p. 28

- Elevazioni Spirituali all’Organo Morettini nel giorno dell’Assunta, mons. F. Fagiolo p. 35

- Segni: lectio divina sui Salmi, C. Fatuzzo p. 35- La GMG di Segni in contemporanea con Rio,

Carlo Fatuzzo p. 36- Segni: campo estivo alla Madonna della Castagna, Elisa Lorenzi p. 36

- Artena e le “chiese di campagna, ch’erbose hanno le soglie”: Selvatico, Sara Calì p. 37

- Percorrendo la toponomastica di Montelanico, Piero Capozi p. 38

- Colleferro, Parr. San Bruno, n.d.r. p. 39

- Rocca Massima: XI Edizione del Premio Goccia d’Oro, Enrico Mattoccia p. 40

- Esemplarità dei docenti, Antonio Venditti p. 41

- Breve presentazione del libro: “Alle origini del Pentateuco”, di mons. Luciano Lepore,

don Antonio Galati p. 42- Corso base di pittura scrittura di un icona,

Fabio Pontecorvi p. 42- Codici miniati, Mara Della Vecchia p. 43- Rembrandt Harmenszoon Van Rijn,“Il ritorno del figliol prodigo” / 1

don Marco Nemesi p. 44

p. 43

33Settembre Settembre 20132013

� Vincenzo Apicella, vescovo

CC’è chi è arrivato a parlare della “enciclica di Rio”, affer-mando che le parole e i gesti di Papa Francesco in occa-sione della XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù han-

no segnato i tratti e tracciata la via di tutto il pontificato con laforza e la precisione di una Lettera enciclica (cf.: Il Regno, n.14/2013).Io c’ero, insieme a unsacerdote e tre giovani del-la diocesi, tuttavia devo con-fessare che non sonoandato a Rio primaria-mente per la GMG o perla presenza di PapaFrancesco, ma per unmotivo molto più personale. Alla periferia di Rio, infat-ti, è sepolto un prete roma-no, don Nino Miraldi, checonobbi nella parrocchia diSan Clemente Papa ai PratiFiscali quando non avevoancora 11 anni e che ha inse-gnato e dimostrato con lasua vita a me e a tanti mieicoetanei cosa vuol dire esse-re cristiano ed essere pre-te. Lasciò Roma nel 1967per rispondere ad una vocazione ancora più esigente, quella disradicarsi dalla terra in cui era cresciuto e maturato per trapian-tarsi dove c’era più bisogno della sua ombra e dei suoi frutti, morìimprovvisamente e prematuramente dopo 23 anni di servizio nel-le zone più povere e abbandonate il 29 luglio del 1990, per cuiquesta GMG si è conclusa proprio nel 23° anniversario della suadefinitiva “vocazione”. La prima parte della settimana brasiliana,quindi, l’ho dedicata a visitare le opere da lui iniziate e che con-tinuano con il sostegno degli ex-giovani di Roma: l’asilo, il cen-tro sociale, l’impresa di riciclaggio dei rifiuti, che dà lavoro a unaventina di famiglie, oltre, naturalmente, a dire una preghiera diringraziamento sulla sua tomba e celebrare nella sua parrocchiadi Santo Elias. Abbiamo raccolto e pubblicato le lettere che ci scri-veva dal Brasile e in unadi esse trovo scritto:“Come soffro perché laChiesa non è missionaria!Qui non c’è quasi nienteda conservare se nonquello che Dio conservada solo.”(Nino Miraldi,Lettere dal Brasile, Bologna2009, p.104)Guarda caso, il tema del-la GMG di quest’annoera proprio: “Andate e fate discepoli tut-ti i popoli” (Mt.28,19) e PapaFrancesco, nella secondametà della settimana, miha aiutato a far riaffiora-re tanti insegnamenti rice-

vuti tanti anni fa dal nostro prete, che aveva compreso l’assolu-ta esigenza per i cristiani di sentirsi inviati e le relative conse-guenze. Innanzitutto la necessità di uscire dai nostri ambienti ras-sicuranti, dalle nostre abitudini e anche dai nostri preconcetti eschemi mentali per andare nelle “periferie” dell’umanità, come siesprime Papa Francesco, a portare molto più di un sorriso o di

una parola buona, mala Parola della miseri-cordia e della liberazionedi Cristo, con una vici-nanza non solo episo-dica, ma che diventi unostile di vita. Nino scri-veva:“In questo perio-do di mania di cristia-nesimo orizzontale iosono più che mai con-vinto della priorità ver-ticale. Mi pare che mido umanamente alprossimo e, appunto perquesto, so che non valeniente se do me stes-so, un me stesso asso-lutamente ambiguo e nondo Cristo, il Cristo chedevo riscoprire nella pre-

ghiera e nella fede” (Ibidem, p.131). Papa Francesco, con i suoigesti e le sue scelte, ha ribadito, nei giorni di Rio, che la mis-sione è servizio e deve ripartire dagli ultimi, da coloro che la cul-tura dello scarto tende ad emarginare e dimenticare in una stri-sciante e perversa globalizzazione dell’indifferenza; per questoha voluto recarsi in una favela, per questo ha voluto inaugurareun centro per giovani tossicodipendenti ed alcolisti, per questoha voluto che, all’offertorio della Messa conclusiva, venisse pre-sentata all’altare una bambina anencefala. Un tassista di Rio, pieno di religiosità ma non appartenente adalcuna chiesa, ci ha raccontato con calore tutto brasiliano la suasorpresa nel vedere il Papa viaggiare in una semplice utilitariaFIAT, mentre il seguito era sistemato in prestigiose auto di rap-

presentanza: io non ciavevo fatto caso, ma aun tassista non è sfug-gito questo particolareapparentemente insi-gnificante.Così, riaprendo la let-tera che Nino mi inviòper la mia ordinazionesacerdotale, leggo di nuo-vo:“La pastorale qui èuna bellezza�non par-lo della pastorale in gene-rale ma del lavoro in par-rocchia. La maggioranzaè cristiana solo di nomee crede negli spiriti e nel-le anime che passeg-

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giano e fanno miserie. Ma le poche centinaia di cristiani sono unabellezza. Gente buona, semplice, che è impossibile non volerglibene. Una fiducia in Dio un po’ fatalista se vuoi, ma profonda esincera, che mi insegnerebbe molte cose, se io fossi migliore.Soffrirei proprio molto a lasciare il Brasile. Nelle classi alte in gene-re una pseudocultura, brutta e mal digerita copia della europeae americana. Nelle classi basse e disprezzate tanta ricchezza dibontà, di intelligenza non educata, di gentile dignità�Io sto coni bassi grazie a Dio.” (Ibidem, pp.223-224). Ai giovani di Rio il Papa ha ripetutamente detto che essere cri-stiani significa andare contro corrente ed essere protagonisti diuna rivoluzione pacifica che comincia anzitutto da se stessi, maper questo occorre una forza capace di resistere al tentativo del-le potenze di questo mondo, volto ad omologare i cervelli e lecoscienze: questa forza è la speranza cristiana, per cui il mes-saggio forte per i giovani continua ad essere: “Non lasciatevi ruba-

re la speranza!”. Ebbene, nel 1972, Nino mi scriveva: “L’unicomio tema teologico è adesso il valore della speranza. Credo diessere stato fortunato�e anche tu. E’ molto bello essere pretioggi.” (Ibidem, pp.225-226). Come si vede, la GMG è diventata per me un pellegrinaggio spi-rituale alle mie radici, con cui faccio sempre molta fatica a rima-nere coerente, ma Papa Francesco ha il dono di mostrare comesia possibile riprendere ogni giorno il cammino e mantenere, ancheverso gli 80 anni, la freschezza, la limpidezza e l’umiltà dell’ac-qua appena scaturita dalla sorgente.Per questo gli viene tanto facile rivolgersi ai giovani, senza esse-re giovanilista o parlare ai poveri, senza essere pauperista e aipopoli, senza essere populista e questo è dono di Dio, per cuitorno a ripetere, come faccio spesso e per concludere, la pre-ghiera che Nino mi insegnò 41 anni fa: “Che Dio ci faccia degnidi servire il suo popolo”. (Ibidem, p.224).

Sara Gilotta

IIl prete vestito di bianco è papaFrancesco, che, agli occhi ditutti, sta incarnando la figu-

ra del vero sacerdote, vicino a tut-ti e soprattutto ai più umili, ma anchefortemente consapevole dellarealtà contemporanea complessae contraddittoria, per la quale aicristiani è richiesto di ritrovare queivalori fondanti che soli possono fareda guida nel cammino della vita. A questo proposito è fondamen-tale leggere l’enciclica “Lumen fidei”,(iniziata da Benedetto XVI e com-pletata da Papa Francesco), pertentare di comprendere il pensie-ro del nuovo pontefice , che, tut-tavia, ribadisce secondo il suo “sti-le”temi molte volte affrontati dalsuo predecessore. L’enciclica si divide in quattro capi-toli, che illustrano il valore della fedecome dono di Dio, un dono tuttoda riscoprire soprattutto nel nostromondo, che si è voluto illudere dipoterne fare ameno grazie alla “lucedella ragione”. Ma, naturalmente,al contrario di Leopardi che con-siderò quella della ragione , la piùimportante conquista dell’uomo trop-po spesso “oscurata”da false cre-denze spiritualiste, qui la fede divie-ne il luogo della certezza dell’amoredi Dio per noi e mezzo fondamentaleper comprender la verità , senzadimenticare la ragione, che, comescrisse Giovanni Paolo II non puòche rafforzare la fede. Ma per me fedele laicala parte forse più facile da capire è la quarta,in cui il pontefice parla della fede come mez-zo per edificare una nuova società di cui la fami-glia è considerata parte essenziale e fondan-te. Perché la fede non può essere che trasmessainnanzitutto dai genitori e dal loro amore, cheè in sé e per sé vera luce e vera guida peri figli

sin dalla più tenera età e per cui la fede divie-ne l’unica vera luce per fondare una società piùgiusta non basata sull’egalitarismo apparentee spesso falso, ma sulla forza dell’amore capa-ce, come dice il titolo del primo libro del nuo-vo papa, di “aprire la mente al cuore ” perchéè il cuore che ci permette davvero di assecon-dare la missione che ciascuno di noi , laico osacerdote, deve compiere nella vita, soprattutto

quando essa appare troppo gran-de per le nostre deboli forze.Se esse non sono sorrette dal-la fede e dall’amore. E’ cosìper tutti, per i giovani, comeper gli anziani, per i genitoricome per i figli ed infine per inonni. Su di loro con gran-de tenerezza il Papa ha invo-cato nel giorno dedicato a Sant’Anna e San Gioacchino, i non-ni di Gesù le benedizionicelesti certamente consape-vole che nella nostra societàil ruolo dei nonni non solo nonè quello comunque non faci-le di trasmettere saggezza etradizione. Nelle lunghe ore in cui i geni-tori sono impegnati nel lavo-ro, i nonni non si possono più“permettere “solo di giocare coni nipoti, ma, al contrario devo-no saper approfittare del tem-po loro concesso, per trasmettereloro gli insegnamenti chetalora i genitori non hanno piùi tempo di impartire. Ed eccoallora la bellezza e la gioia diraccontare ai bambini, quasia mo’ di favola i tempi passati,i l loro usi e persino le loro mode,per interessarli e condurlicosì a riflettere , oltre che a cono-scere, magari mediante con-fronti divertenti, ma non vuo-ti ed inutili. Ed è bello per i nonni diver-tirsi insieme, per avvertire

meno l’impegno e, talora, la stanchezza e farnascere quelle saggezza che lo stesso ponte-fice imparò dalla sua nonna. Una saggezza dicui il mondo ha davvero bisogno, per rendersiconto della superficialità che ci avvolge e, pur-troppo, sa annebbiare anche la luce della fede,perché spesso essa non è abbastanza valu-tata, né abbastanza chiara , per diventare par-te essenziale del vivere quotidiano.

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55Settembre Settembre 20132013

Stanislao Fioramonti

22 luglio. Incontro con i giornalisti durante il volo papale.

“Questo primo viaggio è proprio pertrovare i giovani, ma trovarli non iso-lati dalla loro vita, io vorrei trovarli pro-prio nel tessuto sociale, in società. Perchéquando noi isoliamo i giovani, facciamoun’ingiustizia; togliamo loro l’appartenenza.I giovani hanno una appartenenza auna famiglia, a una patria, a una cul-tura, ad una fede… Hanno un’appartenenza e noi non dob-biamo isolarli! Ma, soprattutto, non iso-larli da tutta la società! Loro sono il futuro di un popolo: que-sto è vero! Ma non soltanto loro: lorosono il futuro perché hanno la forza,sono giovani, andranno avanti. Ma anchel’altro estremo della vita, gli anziani,sono il futuro di un popolo. Un popo-lo ha futuro se va avanti con tutti e duei punti: con i giovani, con la forza, per-ché lo portano avanti; e con gli anziani perchéloro sono quelli che danno la saggezza della vita.E io tante volte penso che noi facciamo un’in-giustizia con gli anziani, li lasciamo da parte comese loro non avessero niente da darci; loro han-no la saggezza, la saggezza della vita, la sag-gezza della storia, la saggezza della patria, lasaggezza della famiglia. E di questo noi abbia-mo bisogno! Per questo dico che io vado a trovare i giova-ni, ma nel loro tessuto sociale, principalmentecon gli anziani. E’ vero che la crisi mondiale nonfa cose buone con i giovani. Ho letto la setti-mana scorsa la percentuale dei giovani senzalavoro. Pensate che noi corriamo il rischio di ave-re una generazione che non ha avuto lavoro,e dal lavoro viene la dignità della persona di gua-dagnarsi il pane. I giovani, in questo momen-to, sono in crisi. Un po’ noi siamo abituati a que-sta cultura dello scarto: con gli anziani si fa trop-po spesso! Ma adesso anche con questi tantigiovani senza lavoro, anche a loro arriva la cul-tura dello scarto. Dobbiamo tagliare questa abi-tudine a scartare! No! Cultura della inclusione,

cultura dell’incontro, fare uno sforzo per porta-re tutti alla società! E’ questo un po’ il senso cheio voglio dare a questa visita ai giovani, ai gio-vani nella società”.

22 luglio. Rio de Janeiro, cerimonia di benvenuto.

“Ho imparato che, per avere accesso al Popolobrasiliano, bisogna entrare dal portale del suoimmenso cuore. Chiedo permesso per entraree trascorrere questa settimana con voi. Io nonho né oro né argento, ma porto ciò che di piùprezioso mi è stato dato: Gesù Cristo! Vengonel suo Nome per alimentare la fiamma di amo-re fraterno che arde in ogni cuore; e desideroche a tutti e ciascuno giunga il mio saluto: “Lapace di Cristo sia con voi!”Nell’iniziare questa mia visita in Brasile, sonoben consapevole che, rivolgendomi ai giovani,parlo anche alle loro famiglie, alle loro comu-nità ecclesiali e nazionali di provenienza, allesocietà in cui sono inseriti, agli uomini e alle don-ne dai quali dipende in gran misura il futuro di

queste nuove generazioni.È comune da voi sentire i genitori che dicono:“I figli sono la pupilla dei nostri occhi”. Che ne sarà di noi se non ci prendiamo curadei nostri occhi? Come potremo andare avan-ti? Il mio augurio è che, in questa settimana, ognu-no di noi si lasci interpellare da questa doman-da provocatoria.E attenzione! La gioventù è la finestra attraversola quale il futuro entra nel mondo. La nostra generazione si rivelerà all’altezza del-la promessa che c’è in ogni giovane quando sapràoffrirgli spazio. Questo significa: tutelarne le con-dizioni materiali e spirituali per il pieno svilup-po; dargli solide fondamenta su cui possa costrui-re la vita; garantirgli la sicurezza e l’educazio-ne affinché diventi ciò che può essere; trasmetterglivalori duraturi per cui vale la pena vivere; assi-curargli un orizzonte trascendente per la sua setedi felicità autentica e la sua creatività nel bene;consegnargli l’eredità di un mondo che corrispondaalla misura della vita umana; svegliare in lui lemigliori potenzialità per essere protagonista del

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Copacabana, i due giorni della veglia e della Messa.

66 SettembreSettembre20132013

proprio domani e corre-sponsabile del destino di tut-ti. Con questi atteggiamentianticipiamo oggi il futuro cheentra dalla finestra deigiovani”.

24 luglio, santuario di N. S. di Aparecida.

“Il giorno dopo la mia ele-zione a Vescovo di Romaho visitato la Basilica di SantaMaria Maggiore a Roma,per affidare alla Madonnail mio ministero. Oggi ho voluto venire quiper chiedere a Maria nostraMadre il buon esito dellaGiornata Mondiale dellaGioventù e mettere ai suoipiedi la vita del popolo lati-noamericano.In questo santuario, dovesei anni fa si è tenuta la VConferenza Generaledell’Episcopato dell’AmericaLatina e dei Caraibi, è avve-nuto un fatto bellissimo dicui ho potuto rendermiconto di persona: vederecome i Vescovi – che han-no lavorato sul tema del-l’incontro con Cristo, ildiscepolato e la missione– si sentivano incoraggia-ti, accompagnati e, in un cer-to senso, ispirati dallemigliaia di pellegrini che veni-vano ogni giorno ad affidarela loro vita alla Madonna:quella Conferenza è stataun grande momento diChiesa. E, in effetti, si può dire cheil Documento di Aparecida sia nato proprio daquesto intreccio fra i lavori dei Pastori e la fedesemplice dei pellegrini, sotto la protezione mater-na di Maria.Vengo a bussare alla porta della casa di Maria– che ha amato ed educato Gesù – affinché aiu-ti tutti noi, i Pastori del Popolo di Dio, i genito-ri e gli educatori, a trasmettere ai nostri giova-ni i valori che li rendano artefici di una Nazionee di un mondo più giusti, solidali e fraterni.Per questo, vorrei richiamare tre sempliciatteggiamenti: mantenere la speranza, lasciar-si sorprendere da Dio, e vivere nella gioia.1. Mantenere la speranza. Quante difficoltà cisono nella vita di ognuno, nella nostra gente,nelle nostre comunità, ma per quanto grandi pos-sano apparire, Dio non lascia mai che ne sia-mo sommersi. Davanti allo scoraggiamento chepotrebbe esserci nella vita, in chi lavora all’e-vangelizzazione oppure in chi si sforza di vive-re la fede come padre e madre di famiglia, vor-rei dire con forza: abbiate sempre nel cuore que-

sta certezza: Diocammina accan-to a voi, in nessunmomento vi abban-dona! Non perdiamo maila speranza! Nonspegniamola mainel nostro cuore!Il “drago”, il male,c’è nella nostra sto-ria, ma non è luiil più forte. Il piùforte è Dio, e Dioè la nostra spe-ranza! È vero che oggi unpo’ tutti, e anchei nostri giovanisentono il fascinodi tanti idoli che simettono al posto

di Dio e sembrano dare spe-ranza: il denaro, il succes-so, il potere, il piacere.Spesso un senso di solitu-dine e di vuoto si fa stradanel cuore di molti e condu-ce alla ricerca di compen-sazioni, di questi idoli pas-seggeri. Cari fratelli e sorelle, siamoluci di speranza! Abbiamo unosguardo positivo sulla real-tà. Incoraggiamo la generositàche caratterizza i giovani,accompagniamoli nel diven-tare protagonisti della costru-zione di un mondo miglio-re: sono un motore poten-te per la Chiesa e per la socie-tà. Non hanno bisogno solodi cose, hanno bisognosoprattutto che siano loro pro-posti quei valori immateria-li che sono il cuore spiritualedi un popolo, la memoria diun popolo. In questo Santuario,che fa parte della memoriadel Brasile, li possiamoquasi leggere: spiritualità, gene-rosità, solidarietà, perse-veranza, fraternità, gioia; sonovalori che trovano la loro radi-ce più profonda nella fedecristiana.2. Il secondo atteggiamen-to: lasciarsi sorprendere daDio. Dio riserva sempre ilmeglio per noi. Ma chiedeche noi ci lasciamo sorprenderedal suo amore, che accogliamole sue sorprese. Fidiamoci di Dio! Lontano daLui il vino della gioia, il vinodella speranza, si esaurisce.Se ci avviciniamo a Lui, serimaniamo con Lui, ciò chesembra acqua fredda, ciò cheè difficoltà, ciò che è peccato,si trasforma in vino nuovo diamicizia con Lui.3. Il terzo atteggiamento: vive-re nella gioia. Il cristiano ègioioso, non è mai triste. Dioci accompagna. Abbiamo unaMadre che sempre interce-de per la vita dei suoi figli.Gesù ci ha mostrato che ilvolto di Dio è quello di un Padreche ci ama. Il peccato e la morte sono sta-ti sconfitti. Il cristiano non puòessere pessimista! Se sia-mo davvero innamorati diCristo, il nostro cuore si “infiam-merà” di una gioia tale checontagerà quanti vivono vici-ni a noi”.

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Alcuni giovani di

Queimados.

Sul Corcovado.

77Settembre Settembre 20132013

Alessandra Latini, Emanuela Soldivieri

e Luca Mennonna

RR accontare due settima-ne intense come quellepassate in Brasile per la

settimana missionaria e GiornataMondiale della Gioventù in pochebattute è impossibile ed è neces-sario fare delle scelte. E visto che la settimana della GMG,grazie ai mezzi di comunicazio-ne, poteva essere seguita da tut-ti, la nostra scelta è stata quelladi fare un breve racconto di quel-lo che abbiamo vissuto durantela settimana missionaria, riccaanch’essa di emozione e stimo-li, attraverso la conoscenza di unBrasile più “ordinario”.Il 15 luglio 2013 ha inizio l’avventura di noi pel-legrini: Alessandra Latini di S. Sebastiano inValmontone, Emanuela Soldivieri di Sant’Eurosiain Lariano e Luca Mennonna di San Bruno in

Colleferro che, insieme con don Antonio Galati,in rappresentanza della nostra diocesi, armatidi aspettative ed entusiasmo, partiamo alla votadi Rio de Janeiro, per vivere la XXVIII GiornataMondiale della Gioventù, la prima del nostro ama-to papa Francesco. Non ci importavano le ore di volo, i diversi sca-li negli aeroporti americani, la lontananza, il costoeconomico non proprio accessibile per tutti, ele difficoltà che lì potevamo incontrare. Già par-tire era per noi un sogno, un dono di Dio e del-la sua provvidenza; noi non abbiamo fatto altroche scommettere su di Lui, affidarci e buttarcicon il cuore in questo viaggio. Seppur veterani delle altre GMG –Roma,Colonia e Madrid– sapevamo che lì ad atten-derci ci sarebbe stato qualcosa di nuovo e diver-so: un tesoro da scoprire che doveva essere poiriportato qui in Italia e condiviso.Atterrati a Rio il 16 luglio, siamo stati accolti all’ae-roporto da padre Matteo e padre Elias, parro-co e viceparroco della parrocchia di SanFracesco in Queimados, della diocesi di Nova

Iguaçu, dove avremmo vissuto la nostra primasettimana brasiliana, la cosiddetta settimana mis-sionaria, per conoscere la realtà ordinaria di unacittà e parrocchia brasiliane. Queimados, distan-

te circa un’ora di mac-china da Rio, ha 150mila abitanti e l’aria chesi respira, ci spieganoi due sacerdoti che ciaccompagnano, è simi-le a quella delle fave-las. Infatti, a mano a manoche lasciavamo Rio eci avvicinavamo allanostra meta, lo scenariocambiava, diventan-do scarno ed essenziale:le case non rifinite, marealizzate solo conforatini e calce; l’acquapotabile nei rubinetti dicasa è un’eccezione per

pochi; le strade non sono asfaltate, se non incentro; i bambini che giocano, corrono e fannovolare i loro aquiloni, mezzi nudi e scalzi. All’inizio abbiamo avuto, lo confessiamo, un po’di smarrimento,ma è durato soloil tempo di cono-scere le personecon cui avremmocondiviso que-sta nostra espe-rienza.Infatti, lì ci hannoaccolto con il sor-riso e a bracciaaperte; le pre-sentazioni sonofatte di abbracci;la vita, nonostantele difficoltà e lepovertà, è vissu-ta con gioia, spe-ranza e fiducia nel

Signore; si canta,si balla in qualsia-si occasione; siprega con entu-siasmo e fede, masoprattutto in modosincero e profondo;si applaude alVangelo e a GesùCristo; nelle cele-brazioni eucaristi-che si canta e siloda così a granvoce il Signoreche senti di esse-re trasportato inun’altra dimensio-ne; le chiese sonoanimate dalla gioiadei bambini e deiragazzi e, al tem-

po stesso, dalla semplicità delle persone più anzia-ne; gli strumenti più usati per accompagnare lecelebrazioni sono le chitarre elettriche e la bat-teria (non è chiasso né confusione, ma una pre-

ghiera gioiosa, espressione del loro modo di vive-re e pregare); il Santissimo Sacramento è custo-dito spesso in una cappella adiacente all’aula

Giovani e volontari della mensa dei poveri in un'altra parrocchia di Queimados.

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Saluto a Suor Annalisa Rigoni ap. in Brasile (seconda da sinistra).

88 SettembreSettembre20132013

liturgica principale, perché quest’ultima,oltre che luogo di preghiera, è ancheluogo di socializzazione e di incon-tro. In questa settimana ci hannocoinvolto nella vita e nella pasto-rale ordinaria della loro parrocchia:la visita e la comunione agli amma-lati; la conoscenza con le varie comu-nità di base che formano poi la gran-de comunità parrocchiale; la par-tecipazione alla pastorale della ter-za età con la ginnastica mattutinaper le persone più anziane; l’incontrocon i bambini del catechismo e i ragaz-zi del coro. Tra tutte le esperienze fatte, unadi quelle che maggiormente ci hacolpito è l’aver visto in azione gli operatori del-la pastorale della Crianza, che in brasiliano signi-fica “allevamento” e si riferisce alla cura e allacrescita dei neonati. La Chiesa, in questo modo infatti, si prende curadei più piccoli, da prima della nascita fino ai seianni, accompagnando e sostenendo le madri

nella crescita dei loro bambini: affiancandole conincontri di gruppo e singolarmente; visitando ipiù piccoli sia a casa che nella parrocchia; e aiu-tando lo svezzamento.Questa della settimana missionaria è stata ric-ca di colori, emozioni e sapori della cultura bra-siliana, che crediamo rimarrà in noi per sempre,questo perché, come ci ha detto il parroco, padreMatteo (di origine italiana che è ormai in Brasileda quaranta anni), lì la Chiesa è al servizio del-la vita e la fede è fatta di emozioni e contattocon gli altri che poi portano al contatto con Dio.Non sappiamo se, nella mente degli organizzatori,il farci vivere una settimana missionaria volevasignificare farci essere evangelizzatori di quel-le terre oppure l’essere oggetto di missione daparte di chi ci avrebbe accolto. Per noi è stata esattamentequest’ultima cosa: la loro fede eil loro affrontare la vita di tutti i gior-ni, la loro ospitalità e la loro acco-glienza sono state testimonian-za viva dell’amore di Dio e ci haspinto quindi a guardarci dentroe ad interrogarci sul nostro mododi vivere la vita e la fede.A chiusura della settimana mis-sionaria, la diocesi di NovaIguaçu ha organizzato una gran-de festa conclusiva che ha richia-mato circa 10 mila giovani.

In quest’occasione il vescovo diocesano,l’italiano dom Luciano Bergamin, ha descrit-to la settimana missionaria come un ape-ritivo alla GMG e, infatti, per noi è sta-to proprio così: trasferiti a Rio il 22 luglioa gran sorpresa ci siamo ritrovati a gira-re per la città non come semplici turi-sti, ma come pellegrini che ormai unpo’ conoscevano cosa significa esse-re brasiliani. Girare con il sorriso e con una luce nuo-va negli occhi che ci ha permesso dipartecipare pienamente alle cateche-si dei nostri vescovi italiani, che abbia-mo seguito insieme con il nostrovescovo Vincenzo che con noi era pre-sente a Rio, e alle varie celebrazionicon il papa a Copacabana.

Ritrovarci lì sotto lo sguardo del CristoRedentore, insieme con altri 3 milioni e mezzodi giovani di tutto il mondo, ci ha fatto sentireparte di un solo popolo, di quella “gioventù delpapa” che deve rompere gli schemi, essere rivo-luzionaria nell’amore e missionaria nel mondo.Papa Francesco crede in noi, perché noi sia-mo i protagonisti dell’oggi e del domani, ha risve-gliato il nostro animo e la nostra fede. Con la gioia e soprattutto con Gesù nel cuoresiamo tornati, a braccia aperte, nelle nostre casee nelle nostre parrocchie, e, non volendo delu-dere il papa, siamo pronti a metterci in gioco percomunicare e trasmettere quella gioia di vive-re che nasce dal camminare insieme a Cristo.

I quattro partecipanti diocesani alla GMG presso il Santuario

di N.S. di Aparecida.

segue da pag. 7

99Settembre Settembre 20132013

don Antonio Galati

LLa Chiesa e i nuovi canali di comunicazioneè il sottotitolo del prossimo convegno pasto-rale che la nostra Chiesa di Velletri-Segni

celebrerà dal 23 al 25 settembre. Un convegnoche sarà dedicato alla riflessione sulle oppor-tunità pastorali che offrono oggi i nuovi canalidi comunicazione alle nostre parrocchie nell’otticadell’educazione alla vita buona del Vangelo. Equesti “nuovi canali” sono quelli che vengonoforniti dalla rete internet, che la Chiesa è chia-mata, ormai necessariamente, ad utilizzare, omeglio, a “navigare”, se vuole continuare ad esse-re quella barca dalla quale vengono gettate lereti per l’accrescimento del Regno dei cieli1.Non c’è bisogno di riferirsi a dati statistici oppu-re a studi particolari per rendersi conto di comeinternet sia diventato un aspetto ordinario del-la vita di tutti i giorni per tutti e non solo per igiovani: lavoro, servizi pubblici o privati, infor-mazione, svago e molto altro ancora passanoormai attraverso un computer o un dispositivoconnesso alla rete e anche chi non è in gradodi utilizzarlo direttamente può o deve, con l’aiu-to di qualcuno, “farci i conti”. Ma questo è solo un aspetto della rete inter-net che, così descritta, può essere pensata comeuno strumento qualsiasi, accanto agli altri, cheoffre dei servizi.In realtà, internet è diventato molto di più: giàin un passato ormai non molto recente con lechat, ma specialmente oggi con il fenomeno deisocial network, quali facebook o twitter, inter-net si è andato sempre di più a configurare comeun “luogo” attraverso cui poter comunicare; incui, cioè, è possibile intessere e mantenere del-le relazioni, che sappiamo essere un aspettoessenziale -non l’unico, ma sicuramente unodei più importanti- del nostro essere uomini edonne. In altre parole, la rete internet non è solouno strumento di comunicazione sociale, come

può esserlo la radio o la televisione, un mez-zo, cioè, attraverso cui passa l’informazione2

(cfr. Inter mirifica, 1), ma un vero e proprio “luo-go”, come può esserlo una piazza, un club oun qualunque altro punto di ritrovo.Per questo motivo la Chiesa non può esentarsi,ad oggi, dal riflettere sul come può essere pre-sente nella rete. Una presenza che deve esse-re fatta rispettando e utilizzando la duplice valen-za di internet appena messa in evidenza, comestrumento e come luogo di comunicazione.Accostando la rete come strumento comunicativola presenza ecclesiale si identifica con i siti par-rocchiali, diocesani, religiosi o di aggregazio-ni che possono offrire le informazioni più diver-se. Ma se la presenza in internet da parte del-la Chiesa si ferma a questo, essa non fa altro,recuperando l’immagine della barca, che rima-nere ancorata alla riva, dove, invece che pesca-re in mezzo al mare con una rete, prova a far-lo utilizzando una canna da pesca. Affinché possa prendere il largo e pescare vera-mente gettando le reti, deve essere in gradodi presentarsi nella rete internet come interlo-cutrice, alla pari degli altri utenti, singoli o grup-pi, che intessono delle comunicazioni non soloa senso unico, per offrire informazioni o servi-zi, ma nella forma del dialogo.È forse questa una delle sfide che la Chiesaoggi deve cogliere per rilanciare la sua presenzae la sua testimonianza in mezzo agli uomini.In effetti, una delle caratteristiche della Chiesaè quella di una presenza costante e visibile, conle sue chiese e “i suoi campanili”, tra le casedelle persone, da cui viene, tra l’altro, il termi-ne “parrocchia”3. Presenza e visibilità che le permettono, in teo-ria, di non rimanere estranea alle esigenze del-la gente, offrendole così molte occasioni per con-tinuare a svolgere quella missione di testimo-nianza ed evangelizzazione datale dal Signorerisorto4. Ma nel momento in cui il mondo rea-

le non esaurisce più la totalità delle relazionie delle possibilità di comunicazione, perché que-ste vengono completate, a pari livello di real-tà e importanza, dalle relazioni e dalle comu-nicazioni nel mondo virtuale, la Chiesa deve tro-vare i modi più idonei e fruttuosi per portare lasua presenza anche in “quest’altro mondo”, ponen-dosi anche in questo in dialogo e offrendo, conquesta presenza, un modello maturo ed evan-gelico di abitare il virtuale, come già sta facen-do nel reale.Per questi motivi la nostra Chiesa di Velletri-Segni, con il convegno che celebrerà, prove-rà a cogliere questa sfida realizzando un “SagratoDigitale della Diocesi”, cioè un luogo virtualein cui tutti, rispettando i codici della buona e matu-ra comunicazione, possono essere presenti edialogare, così come avviene più o meno anco-ra oggi davanti i portoni delle nostre chiese pri-ma o dopo le celebrazioni comunitarie, man-tenendo e intessendo nuove relazioni e offren-do il proprio punto di vista su alcuni argomen-ti più urgenti o attuali.Inoltre, realizzando un “sagrato” e non una “chie-sa” digitale, offre anche a chi non si sente par-te della comunità ecclesiale ad entrare in que-sto dialogo, mostrando i propri punti di vista perrealizzare un confronto maturo che sia cono-scitivo e fruttuoso per tutte le parti in dialogo,sperando poi che con questo confronto questiultimi siano spinti a non restare sul “sagrato”,ma ad entrare nelle nostre chiese reali.

1 Cfr. Mt 13,47.2 Cfr. Concilio ecumenico Vaticano II, Decreto Inter mirifica suglistrumenti di comunicazione sociale, 4.12.1963, n. 1.3 Infatti il latino parochia, da cui l’italiano “parrocchia”, deriva dalgreco paroikèõ, cioè parà, che significa “presso”, “vicino”, e oikèõ,cioè “abito” (cfr. Parrocchia, in O. Pianigiani, Vocabolario etimologicodella lingua italiana, Genova 1988, pag. 980).4 Cfr. Mc 16,15.20.

1010 SettembreSettembre20132013

Costantino Coros

UUn altro luogo, ma non staccato dalla real-tà: questo è il web. Internet la “piazza”virtuale dell’era della globalizzazione dove

le persone s’incontrano, si conoscono, si scam-biano pareri, s’informano, si fanno un opinionesulle questioni e i fatti più diversi. Il web è unarete di persone, perciò la rete siamo noi. Da tali considerazioni ne discende che Internet,se usato con consapevolezza e maturità può dimo-strarsi uno spazio di partecipazione e condivisione,dunque di relazione. Per realizzare concretamentetale proposito occorre che il web sia continuamentealimentato dalla realtà,in quanto, la persona nonpuò essere sostituitada uno schermo di un per-sonal computer. Affinchési crei una relazione posi-tiva fra i “navigatori” ènecessario adottare unatteggiamento di rispet-to nei confronti degli altri. Rispetto, che si eserci-ta sia attraverso l’appli-cazione di un costantediscernimento sia nel darevalore a tutte le relazioniumane. Si tratta di costruirepercorsi di conoscenzae consapevolezza, acqui-sire capacità di com-prensione del mezzo, ave-re spirito critico, non pen-sare che tutto quello cheesiste on line sia vero aprescindere; verificare quel-lo che si trova nella rete.In altre parole bisognaavere la pazienza di ascol-tare la realtà concreta, evitando di cadere nel-l’immanenza della tecnica, che bisogna saper padro-neggiare senza farsi soffocare.La tecnica è solo un mezzo, il vero fine è il rispet-to della persona. Lo ricorda Benedetto XVI nel-la Caritas in Veritate nel punto 73 dove dice: “con-

nessa con lo sviluppo tecnologi-co è l’accresciuta pervasività deimezzi di comunicazione sociale.E’ ormai quasi impossibile imma-ginare l’esistenza della famiglia uma-na senza di essi. Nel bene e nelmale, sono così incarnati nella vitadel mondo, che sembra davveroassurda la posizione di coloro chene sostengono la neutralità, riven-dicandone di conseguenza l’au-tonomia rispetto alla morale chetocca le persone. Spesso simili prospettive, che enfa-tizzano la natura strettamente tec-nica dei media, favoriscono di fat-to la loro subordinazione al cal-colo economico, al proposito di domi-nare i mercati e, non ultimo, al desi-

derio di imporre parametri culturali funzionali aprogetti di potere ideologico e politico”. (CV 73) Oggi siamo immersi dentro un universo senso-riale, dove i media giocano un ruolo da protagonisti;sono parte integrante dell’ambiente in cui vivia-mo. Il pericolo che si corre è considerare i nuo-vi media come unico punto di riferimento della real-tà; ovvero, fare del virtuale l’unica finestra sul rea-le. Al contrario, bisogna capire che Internet nonè un altrove, ma è una continuazione del reale;è un luogo, dove lo spazio e il tempo sono espe-riti in modo diverso. In altri termini, il web è unacomunità in un luogo. Ecco perché bisogna sta-re dentro la rete per comprenderla. Essa non è

un fatto meramente tecnologico, ma è soprattuttouna dimensione culturale.“Il senso e la finalizzazione dei media vanno ricer-cati nel fondamento antropologico. Ciò vuol dire che essi possono divenire occa-sione di umanizzazione non solo quando, gra-

zie allo sviluppo tecnologico, offrono maggioripossibilità di comunicazione e d’informazione,ma soprattutto quando sono organizzati e orien-tati alla luce di un’immagine della persona e delbene comune che ne rispecchi le valenze uni-versali”. (CV 73) E’ fuor di dubbio che le meraviglie della tecnicaaffascinano l’uomo - quasi fosse una magia - facen-dolo sembrare libero, ma di fatto legandolo a loroin una dimensione di apparente onnipotenza. “La tecnica attrae fortemente l’uomo, perché losottrae alle limitazioni fisiche e ne allarga l’o-rizzonte. Ma, la libertà umana è propriamentese stessa, solo quando risponde al fascino del-la tecnica con decisioni che siano frutto di respon-sabilità morale. Di qui, l’urgenza di una forma-zione alla responsabilità etica nell’uso della tec-nica. A partire dal fascino che la tecnica eser-cita sull’essere umano, si deve recuperare il sen-so vero della libertà, che non consiste nell’eb-brezza di una totale autonomia, ma nella rispo-sta all’appello dell’essere, a cominciare dall’essereche siamo noi stessi”. (CV 70) I cattolici sono chiamati a trasferire in questi nuo-vi luoghi di socializzazione contenuti che sianoportatori di verità e di senso. Pensare la verità èimmaginare la creazione di una relazione, quin-di bisogna aprire il contenuto alla possibilità di entra-re in relazione. Il vero valore della rete è la rela-zione, che si sviluppa secondo percorsi virtuosi,se anche in questo ambiente, si agisce amandoil prossimo come noi stessi. I cattolici, in questo nuovo cammino, si devono

far guidare da Dio, affi-darsi alla parola delSignore, che è ilfaro che indica la rot-ta. Tenendo ben pre-senti questi punti diriferimento, in rete sipossono costruiredelle “comunità vir-tuose”, sostituendo il“mercato dell’atten-zione”, figlio dell’e-conomia della glo-balizzazione con ilvalore della “fidu-cia”, che si arriva ameritare abitando larete ed i social net-work - comeFacebook, Twitter,YouTube – attraver-so uno stile capacedi condividere con-tenuti pensati pergenerare nuove rela-zioni, in grado diaccogliere nuovepersone, acquisendo

il diritto di parola con l’ascolto.Non si deve “urla-re” per farsi sentire, ma si deve pensare per apri-re “ponti di dialogo”. Le relazioni che si creano in rete non si devonoperò fermare alla sola dimensione virtuale, madevono trovare un loro proseguimento nella vita

1111Settembre Settembre 20132013

concreta, solo così l’uso di queste nuove tecno-logie acquisisce una vera dimensione di senso,evitando che la rete diventi uno spazio d’isola-mento e di false amicizie. Darlei Zanon, in Chiesa e società in rete, riflettesul fatto che: “[…] essendo il mondo virtuale un’e-stensione del reale o comunque un elementoad esso complementare, in cui ci manifestiamointegralmente, il cristiano non può non agire inesso per quello che egli è, difendendo e testi-moniando i suoi valori e principi […]” 1 questopuò essere favorito nella società in rete dalla“[…] costruzione di identità di progetto […]” 2. Scrive Maria Trigila nel volume Editoria, Mediae Religione, curato da Mons. Giuseppe Costa, citan-do testualmente le parole pronunciate dall’ArcivescovoJohn p. Foley in occasione dell’incontro Internete la Chiesa cattolica in Europa, promosso nel 2005dal Consiglio delle Conferenze EpiscopaliEuropee (Ccee), che “Internet può essere unanuova strada verso Dio, una chiamata per la Chiesaad interrogarsi sulle opportunità dei nuovi mez-zi per informare, educare, pregare ed evange-lizzare, per portare in ogni luogo la Parola diDio, per raggiungere anche chi vive nella soli-tudine e che forse non aprirebbe mai la portadella sua casa” 3. Per questo la rete viene considerata “l’areopagodel nostro tempo, lo strumento per diffondereil messaggio cristiano, ma occorre educare alsuo impiego poiché, come in ogni realtà che cicirconda, l’elemento positivo si contrappone a

quello negativo, creando confusione e falsi valo-ri” 4. La questione educativa chiama in causa il ruolodei genitori nei confronti dei figli e degli educa-tori che seguono ragazzi e ragazze nelle diver-se attività parrocchiali.A tal proposito Elisa Manna in Anima e Byte ricor-da che i genitori sanno bene che “essere tecnologicinon è sufficiente, che la loro vita richiederà, comeè sempre stato e sempre sarà, virtù morali comela perseveranza, l’autocontrollo, la solidarietà,il coraggio, la compassione, il senso profondodella dignità umana; per conservare la propriaumanità e non trasformarsi in androidi con uncuore inutilmente pulsante” 5. Per gli educatori e i genitori è importante “esse-re consapevoli, conoscere i contenuti che viag-giano sui media tradizionali e sui nuovi media,comprendere l’uso che dei media fanno i nostrifigli e capire come questi contenuti, queste ‘imma-gini del mondo’ possono interagire e interferi-re con i loro mondi vitali quotidiani” 6. In questa lunga transizione sarà compito degli adul-ti riflettere con i bambini e le bambine destinatia loro volta a diventare genitori ed educatori “sul-le loro esperienze mediatiche, partendo noi adul-ti da convincimenti solidi e al tempo stesso ela-stici: per trovare con loro il punto d’oro dell’e-quilibrio” 7.Per compiere questo nuovo cammino con con-sapevolezza occorre necessariamente prender-si del tempo per la riflessione, lo studio e l’ap-

profondimento di ciò che ci troviamo di fronte.Non bisogna bruciare il tempo dietro la frenesiadei ritmi imposti dalle logiche commerciali, per-ché così si rischia “sciogliere le relazioni umane”,prime fra tutte quelle familiari e lavorative.Al contrario si deve imparare a vivere il propriotempo in pienezza, perché è un bene preziosoche ci è stato donato da Dio.Questa pienezza sta a significare che il temposi deve impiegare anche per riconoscere l’altroche incontriamo lungo la nostra strada, creare lega-mi e reti sociali, disegnare un futuro nel quale l’u-manità sia in grado di governare il web con respon-sabilità, evitandone e superandone i pericoli, con-siderandolo un’opportunità di crescita. In ultima analisi “i media possono costituire unvalido aiuto per far crescere la comunione del-la famiglia umana e l’ethos delle società, quan-do diventano strumenti di promozione dell’u-niversale partecipazione nella comune ricer-ca di ciò che è giusto”. (CV 73)1 D. Zanon, Chiesa e società in rete, Edizioni San Paolo,Milano, 2013, pagg. 105 – 106. 2 Ivi.3 G. Costa, Editoria, Media e Religione, Libreria EditriceVaticana, Città del Vaticano, 2009, pag. 333. 4 Ivi.5 E. Manna, Anima e Byte, Paoline Editoriale Libri, Milano,2013, pag. 100.6 Ivi. 7 Ivi.

1212 SettembreSettembre20132013

Sara Bianchini*

CComunicare bene, comunicare il bene: anche questo rapportodialettico (nel senso che un aspetto rimanda all’altro e poispiegherò perché) può essere fatto rientrare nel sottotito-

lo, nell’intenzione del Convegno diocesano circa la Chiesa e i nuovicanali di comunicazione? Per cercare di rispondere, presenterò tre ordini di riflessioni:

a) Il senso di una riflessione sui mezzi.«In Chiesa siamo sempre gli stessi». Sento questa lamentela, obie-zione da almeno diciotto anni. Chi ha qualche anno più di me sullespalle, probabilmente la sentirà ancora da prima. Direi che – sostanzialmente – è fal-sa perché impossibile. Sarebbe verasolo se in questi diciotto anni nes-suno degli stessi fosse morto e nes-suno dei nuovi (degli esterni) fos-se arrivato. Perché altrimenti qualche variazionesi deve per forza essere prodotta.Saremo allora forse pochi, ma nonsempre gli stessi, non fosse perchéun po’ di selezione naturale ha ope-rato. Questo che può sembrare unoscherzo logico-filosofico, mi servein realtà per introdurre un dubbio ini-ziale. Non sarà forse che riflettiamo sul-la comunicazione e particolarmen-te sui suoi mezzi perché riteniamoche le chiese si svuotano e sentiamoche il Cristianesimo – almeno a nostrodire – perde presa sulle persone, men-tre percepiamo che i bisogni (nel sen-so di impegno e di priorità) della comu-nità cristiana sono tanti (voglio quiprovare a ragionare almeno nell’otticadella Caritas e delle tante richiesteche le arrivano di fronte alle qualici sarebbe sempre maggiore biso-gno di volontari che si impegnino adesaudirle) e dunque dobbiamo cer-care di arrivare a contattare e coin-volgere “quelli di fuori”? In sintesi: siccome il contenuto del-la nostra comunicazione è buono (per-ché è il Bene, perché è Gesù), manon riusciamo a farlo arrivare a desti-nazione, allora concludiamo che c’èun problema nel modo di comuni-care, motivo per cui dobbiamoriflettere sui mezzi di comunicazio-ne.Immagino che la logica conse-guenza sia poi quella di chiedersicome può la Chiesa usare i canalidi comunicazione più nuovi, più recen-ti (non sono affatto esperta in meri-to) quali i blog, facebook, la stessarete internet, o rivalutare quelli piùusuali come la televisione, la cartastampata, etc etc etc. La conclusione e la conseguenza sono – per la mia povera esperienza– corrette, lecite e direi persino necessarie. Però sono incomplete. Èchiaro che se mi serve il microonde e lo uso per la prima volta, devo

almeno comprarmelo (o far-melo prestare) e farmi spie-gare come funziona. Ma la domanda ne pre-suppone un’altra: siamo pro-prio sicuri che mi serva ilmicroonde e cosa ci vogliofare? Solo allora divienenecessario leggere il libretto di istruzione sul mezzo, quando ho chia-ro “se” e “come” esso possa corrispondere al fine.E con questo voglio dire che la nostra riflessione sul rapporto fra i

mezzi di comunicazione e la Chiesa è più che urgente, se e solo seci decidiamo ad essere coadiuvati da persone veramente esperte (nonalla buona, come spesso nei nostri circoli si fa, basta uno che se ne

intenda un po’, tanto è una questione di religione, di Chiesa,di volontariato, dunque non serve essere profes-

sionali, il che significa separare carità e veri-tà!). Ma soprattutto tale riflessione è urgen-te se e solo se, ancora una volta, siamo dis-posti a rimettere in discussione il fine percui vogliamo comunicare, il contenuto chedesideriamo trasmettere.

b) Il problema della coerenza – e qui allo-ra entra in gioco il problema della coeren-za. Perché il bene (contenuto) può esserecomunicato, solo se lo facciamo bene(mezzo-modo). Una delle prime cose che si imparano quan-do si studia per prepararsi ad una profes-sione che implica una relazione di aiuto (che

sia psicologica, educati-va, etc) è che il contenutoche noi trasmettiamopuò essere efficace solose profondamente coeren-te con colui che lo comu-nica. Nella comunicazione del-la fede, religiosa o anchesolo umana, in Dio o nel-la propria crescita personale,non posso dire che, peresempio, credo nellepossibilità di riuscita del-l’altro se non lo penso vera-mente e se il mio mododi comportarmi non fa tra-sparire all’esterno che lopenso veramente. La forma pregiudica lamateria e viceversa (eccoperché parlavo all’iniziodi un rapporto dialettico). E allora forse Segni:campo estivo alla madon-na della castagnache lacomunichiamo (si chiamaimportanza della “testi-monianza”). Che non significa che laverità della fede dipenda

da noi, ma sicuramente che non ha senso di “predicare” di amore, sepoi non lo sappiamo incarnare concretamente per l’altro a cui ne par-liamo. Il che ci porta nuovamente a mettere in collegamento il fine e

continua nella pag. accanto

1313Settembre Settembre 20132013

Don Alessandro Di Medio: Formare e formarsi in videoconferenza

LLa proposta di don Alessandro Di Medio, viceparroco diSan Giovanni Battista de la Salle al Torrino: una comu-nità virtuale che “fa rete” tra i ragazzi di varie parti del mon-

do (di Graziella Melina).Un gruppo di ragazzi che si ritrovano tutti insieme per anni.Poi alcuni di loro che si trasferiscono all’estero per lavoro. E allafine un computer connesso a internet che permette di rimane-re collegati. È una storia, questa, ben nota alle nuove genera-zioni, se non fosse che i ragazzi in questione fanno parte di ungruppo parrocchiale e che il collegamento in rete serve per segui-re il percorso formativo in videoconferenza. L’idea di usare internet per rinsaldare e accrescere il gruppo gio-vanile parrocchiale è venuta tre anni fa a don Alessandro Di Medio,viceparroco di San Giovanni Battista de la Salle al Torrino.Marchigiano, 35 anni, una laurea in Filosofia alla Statale di

Milano alle spalle, sacerdote dal 2007, don Di Medio arriva nel-la parrocchia dell’Eur cinque anni fa. Nella comunità si creanoi gruppi giovanili, si consolidano. Poi, con la partenza di alcunidi loro, l’idea di usare internet. «Tutto è avvenuto con naturalezza - spiega Di Medio -. La video-conferenza è un tipo di comunicazione che i giovani di oggi tro-vano normale. L’estate scorsa sono andato a Dublino e ho cono-sciuto alcuni dei colleghi di Daniele ed Elisabetta, i ragazzi delgruppo romano che lavorano nel team di Google Italia.

Abbiamo deciso di organizzare incontri settimanali in videoconferenzaanche con loro. L’idea è piaciuta pure all’arcivescovo di Dublino.Abbiamo ipotizzato un primo gruppo anglofono con un sacer-dote irlandese».La comunità virtuale si è intanto estesa anche ad altri ragaz-zi che vivono all’estero. Come Giorgia, che lavora alla Fao, inGhana. «Ogni settimana seguo tre gruppi “live”, ossia personalmentein parrocchia – scherza don Di Medio – e poi c’è il gruppo invideoconferenza».Intanto viene l’idea di creare un blog: http://signaveritatis.blog-

spot.it/. È il nostro biglietto da visita. La realtà - spiega il sacerdote - è infatti un insieme di sillabe cheDio rivolge a ciascuno di noi». A questo blog è seguita poi unapagina di Facebook (www.facebook.com/signaVeritatis), per «dif-fondere in modo immediato il nostro percorso». Che non è solovirtuale: «da questi incontri alcuni giovani del gruppo hanno trat-to spunto per creare una cooperativa sociale».Quanto sia utile la rete per avvicinarsi alle esigenze e agliinteressi dei ragazzi, il giovane sacerdote, che insegna religio-ne al liceo classico Vivona ed è anche rugbista, lo sa bene, tan-to che su Youtube ha creato un canale chiamato ironicamente“Youprete”, in cui tra l’altro recensisce film con ironia e disincanto. «Ora - anticipa - vorremmo aprirne uno nuovo con video rea-lizzati dagli stessi ragazzi». Poi precisa: «È vero, Internet è unmezzo che contiene ambiguità. Sta però a chi conduce qualunquepercorso cristiano vigilare sulla loro rimozione e soprattutto pro-porre sempre dei contenuti».

(Tratto da RomaSette)

Chiara Giaccardi

Sociologa, docente presso l’Università Cattolica di Milano Chiara Giaccardi,

nata a Forlì nel 1959, si è laureata in Filosofia presso l’Università Cattolica di

Milano, dove ha poi conseguito un master in semiotica della comunicazione;

è PhD. in Social Sciences presso la University of Kent (UK) e professore di

Sociologia dei processi culturali presso l’Università Cattolica di Milano, dove

insegna Sociologia e Antropologia dei Media e coordina il dottorato in Culture

della Comunicazione.

Sposata, madre di cinque figli, è presidente dell’organizzazione di volontaria-

to ESKENOSEN, che si occupa di accoglienza e accompagnamento all’inte-

grazione di famiglie di stranieri, e Vicepresidente della Fondazione Provinciale

della Comunità Comasca Onlus.

il mezzo. E qui emerge il privilegio e il rischio, l’ipoteca di ogni cristiano(e anche del volontario Caritas).

c) Il privilegio della Caritas – la cosa che forse ricordo meglio dei pri-mi tempi di servizio in Caritas sono le parole che ci disse un forma-tore di Caritas italiana, più o meno così: tenete conto che molto spes-so voi, della Caritas, al centro di ascolto, siete la prima persona cheil povero incontrerà. Per lui siete voi la Chiesa, il volto della Chiesa.E ciò che voi farete sarà l’immagine che lui si farà della Chiesa e diGesù. Certo, questa osservazione ha dei limiti perché non si può total-mente “scaricare” su una persona l’intera immagine della fede. Però è sostanzialmente vera. E per questo ci chiede profondamente

di avere pazienza, con noi stessi che siamo immagini imperfette e dob-biamo dunque crescere se vogliamo essere fedeli a ciò che trasmet-tiamo, con coloro che incontriamo i quali non hanno forse capacità epossibilità di vedere in noi e oltre di noi, per arrivare subito al Regnodei cieli. Del resto, l’immagine del Regno come una rete, vuole anche richia-marci alla pazienza di Dio che vede in chiave di eternità, che ha unsenso di giustizia diverso dal nostro. E di tutto questo noi per primibeneficiamo. E poi la rete è da tirare, richiede fatica ma prende tut-to, nulla le sfugge. E questa è anche l’esperienza che noi tutti abbia-mo vissuto.

*Caritas diocesana Velletri-Segni

segue da pag. 12

1414 SettembreSettembre20132013

Claudio Capretti

“Vengono meno la mia carne e il mio cuore; ma Dio è roccia del mio cuore,

mia parte per sempre”.

CCurva, piegata su me stessa con il cor-po e lo spirito, trascorro le giornate rivol-gendomi a Te con queste tue Parole,

e fissando l’unica cosa che riesco a guardare:le mie mani. Un tempo, esse erano colme di sognida realizzare ed era così bello sperare che sisarebbero trasformati in realtà. Non chiedevo poidi raggiungere grandi mete, ma solo quelle chel’orizzonte che avevo dinnanzi mi dava motivodi sperare. Poi, circa diciotto anni fa, improvvi-samente tutto si fermò. Anche il cielo si negòai miei occhi perché la malattia a cui sono lega-ta, mi impedisce di contemplarlo. I sogni che un tempo erano chiusi nelle mie manisono fuggiti via, al loro posto non ci sono chelacrime per alleviare un poco il mio dolore. Già,le lacrime…, mi ricordo di un antico midrash, incui si racconta che Adamo ed Eva dopo esse-re stati cacciati dall’Eden, andarono a fare peni-tenza presso il fiume Guihon chiedendo perdonoal Signore. L’Onnipotente, vedendo il loro pen-timento, fu preso da compassione e li rassicu-

rò perché non siamareggiassero diessere stati riget-tati dal giardinodell’Eden, dovetutto era buono. Eglinon li abbando-nò, ma li amò persempre.Il Signore chiamòl’uomo e la donnae disse loro: “So chevivrete giorni mol-to duri, giorni d’an-goscia e di mali chespezzeranno ilvostro spirito. Masappiate che viamo e che non vimancherà mai nien-te. Perciò trarròdal mio tesoro unaperla. Eccola: èuna lacrima! Equando una cata-strofe vi colpirà, ver-serete questa lacri-ma dai vostri occhie troverete confortonella vostra tri-stezza!”. Ho ripetuto moltevolte tra me e mequesto racconto,specie in questianni in cui l’animaera sommersa dal-l’amarezza, anni

in cui “le lacrime sono il mio pane giorno enotte”. Molte volte hanno lavato le mie mani ei miei sogni sono affogati in esse, ma sono sta-te anche la mia unica consolazione alleviandoun poco il mio dolore.Ti ringrazio Onnipotente Signore per aver riser-vato all’uomo la perla delle lacrime e per aver-ci dato lo Shabat, giorno in cui posso entrarenel tuo riposo, giorno in cui posso recarmi nelluogo ad ascoltare la tua Parola. Solo questo èrimasto tra le mie mani, una consolazione chetengo ben stretta a me. E’ da poco trascorsa l’o-ra nona, tra poco inizierà lo Shabat. Domani,di buon mattino, quando le vie sono ancora deser-te, appoggiata al mio bastone uscirò dalla miacasa per avvicinarmi nel tuo santo tempio e spe-rimentare un’altra volta ancora che: “stare nel-la soglia della casa del mio Dio, è meglio cheabitare nelle tende dei malvagi” . Rimanerein ascolto di una tua Parola che venga ad acca-rezzare e risollevare un poco il mio cuore. Altronon ho da chiederti o Signore. “Ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dallacondizione di servitù”, nascosta in un ango-lo legata dalla mia malattia che mi impediscedi stare diritta e con lo sguardo chino a terra,ascolto il rabbino che proclama questa Parola.Inizia ora il suo commento, ma la mia mente e

il mio cuore non lo seguono. I pensieri entra-no nella mente, arrivano al cuore e appare evi-dente che la mia condizione è simile a quelladel tuo popolo quando era servo in terra d’Egitto,ancora prima che la tua mano potente per mez-zo di Mosè, lo strappasse dal potere del farao-ne. I nostri padri erano schiavi non solo in sen-so fisico, ma lo erano doppiamente perché for-zati al servizio, o meglio, al culto degli idoli egi-ziani. Vivevano anch’essi come me con la schie-na piegata, incapaci di camminare diritti. Ma poi,ascoltasti il suo grido e “ liberasti dal peso lasua spalla, le sue mani hanno deposto la cesta”.Vivo anch’io prigioniera del mio Egitto o Mitsrayim,che nella mia lingua significa appunto: “ango-scia dinamica, duplice angoscia, angoscia tota-le, luogo dove l’umano è definitivamente inca-strato e rinserrato”; questo è ciò che dice la miarealtà. Ho ben chiara la mia storia e proprio perquesto credo che solo Tu, Adonai, se lo vuoi,puoi intervenire nella mia vita, come facesti conil tuo popolo. In questo santo giorno di Shabat,slegami o Signore dalla terra d’Egitto, slegamidalla condizione di servitù, “vieni affrettati, ascol-ta la voce del mio grido”. Piegata dai miei pensieri, sento un Uomo chemi chiama a se, ha attorno delle persone ed ècome se stesse insegnando, deve essere un rab-bì. Non ho nulla da perdere per questo mi avvi-cino a Lui, forse vorrà spiegare a chi lo sta ascol-tando che il male che mi ha colpito è frutto diuna giusta punizione divina. Per quanto mi sforzi di guardarlo non vi riesco,non vedo i suoi occhi, eppure ho la sensazio-ne che parta da Lui una intensa compassioneche mi avvolge. Più mi avvicino e più sento chein Lui non vi è giudizio né condanna per la miacondizione. Mi sembra quasi di percepire checon delicatezza vuole entrare nella mia solitu-dine. “Donna, sei liberata dalla tua malattia”.Ascolto, accolgo in me le sue Parole e sentoche sono vere, e sento le sue mani imporsi sudi me. Quella forza che troppe volte ho invocatoe mai è giunta mi invade rientra in me e per-mette che raddrizzi la mia schiena. Che mira-colo è mai questo, chi è mai Costui che ha ope-rato un prodigio così grande? La gioia di essere inaspettatamente sanata inva-de la mia vita, oggi nel giorno di Shabat è giun-ta a me la liberazione e la tristezza cede il pas-so alla gioia alla gratitudine. Glorifico il tuo nomeOnnipotente Signore, che per mezzo di questotuo Profeta, ti sei ricordato di me e non hai per-messo che il male mi tenesse prigioniera per ilresto della mia vita. Ora in pienezza posso direa tutti che la mia storia è stata come quella delmio popolo, prima schiavo e poi liberato da Te. “Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare;inquelli dunque venite a farvi guarire e non inun giorno di sabato”. A parlare in questo modo è il capo della sina-goga, ma non capisco il senso di questa osser-vazione. E perché si sta rivolgendo alla folla enon direttamente a Colui che mi ha guarito, eperché non si rivolge a me che sono stata gua-rita? E’ come se con la sua autorità volesse allon-

Gesù guarisce la donna curva, opera di James Tissot

continua nella pag. accanto

1515Settembre Settembre 20132013

tanare le anime da questo Profeta che mi ha sle-gata, come se volesse scoraggiare i presenti adavere ogni contatto con il mio Salvatore. Deve essere la voce di chi non ha il coraggiodi rivolgersi direttamente a quest’Uomo, ed è pri-vo di ogni libertà interiore. E’ la voce di chi nonosa affrontare ne Colui che mi ha sanato ne tan-to meno me stessa. Se solo venissi interpella-ta direi quanto sono stati penosi questi diciottoanni di solitudine, di schiavitù, darei testimonianzadi questo prodigio, non temerei di dire che quest’Uomoè il Messia che attendiamo. No, devo continuare a glorificare Dio per nonavermi abbandonata, devo dare testimonianzadella mia fede. Ora posso guardarti negli occhiSignore, ora posso ringraziarti di vero cuore, dir-ti che canterò per sempre la salvezza che haioperato in me.

Ora, ti volgi direttamente verso il capo della sina-goga, non temi di affrontarlo e gli dici: “Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, cia-scuno di voi slega il suo bue o l’asino dallamangiatoia per condurlo ad abbeverarsi?. Equesta figlia di Abramo, che Satana ha tenu-to prigioniera per diciotto anni, non dovevaessere liberata da questo legame nel gior-no di sabato?”. Maestro buono anche se sonosolo una donna, comprendo il senso di ciò affer-mi con potenza e verità. Anch’io ero legata allacorda della sofferenza da uno spirito malvagio.Io necessitavo di dissetarmi alla fonte della sal-vezza, di essere liberata dal maligno. Se può essere sciolto un animale nel giorno disabato a maggior ragione dovevo esserlo io chesono creatura di Dio. Continuo a gioire perchéoggi la casa della mia anima non è più abitatadal faraone che mi teneva legata a se, non più

serva, non più piegata su me stessa, finalmentelibera. Tutti i tuoi avversari o dolce Maestro, digrigna-no i denti e si vergognano perché hai messoin luce un legalismo che paralizza, che sa misu-rare le scelte della vita con il metro dell’egoismo.Misura ingiusta destinata a venire alla luce adessere smascherata. E’ la medesima vergognadi Adamo che dopo il peccato si nascose per-ché egoisticamente ha voluto farsi dio di se stes-so. Continuino a stare nelle loro schiavitù, nel-le loro invidie. Da ora in poi il mio posto è tratutti coloro che esultano per le meraviglie checompi in mezzo a noi. A tutti coloro che ti invo-cano e che credono in Te, annuncerò per sem-pre: “Vedano i poveri e si rallegrino; voi checercate Dio, fatevi coraggio, perché ilSignore ascolta i miseri e non disprezza i suoiche sono prigionieri”.

segue da pag. 14

87ma Giornata Missionaria Mondiale

IIl tema della 87ma Giornata Missionaria Mondiale,che sarà celebrata il 20 ottobre prossimo, è uninvito esplicito ad andare “sulle strade del mon-

do”, nella consapevolezza che la fede vive in ciascunodi noi solo se usciamo per incontrare il cuore dell’al-tro, sulla strada che egli sta percorrendo. Papa Francesconel suo Messaggio per la GMM, proprio a conclusionedell’Anno della fede, ci esorta a riflettere sulla Fedecome dono prezioso di Dio, che, però, “chiede di esse-re accolta, chiede cioè la nostra personale risposta,il coraggio di affidarci a Lui, di vivere il suo amore,grati per la sua infinita misericordia. E’ un dono, poi,che non è riservato a pochi, ma che viene offerto congenerosità. Tutti dovrebbero poter sperimentare lagioia di sentirsi amati da Dio, la gioia della sal-vezza! Ed è un dono che non si può tenere solo per sestessi, ma che va condiviso. Se noi vogliamo tener-lo soltanto per noi stessi, diventeremo cristiani iso-lati, sterili e ammalati. (…)Ogni comunità è “adulta” quando professa la fede,la celebra con gioia nella liturgia, vive la carità e annuncia senza sosta laParola di Dio, uscendo dal proprio recinto per portarla anche nelle “peri-ferie”, soprattutto a chi non ha ancora avuto l’opportunità di conoscereCristo.”La missionarietà, viene ribadito nel Messaggio, non è un aspetto marginaledella vita cristiana, ma deve diventare la dimensione caratterizzante di ogni bat-tezzato, di ogni comunità cristiana, che non può non far proprio il mandato diGesù di essere testimone della Buona Notizia fino ai confini della terra (At 1,8).Scrive Francesco: “Tutti siamo inviati sulle strade del mondo per cammi-nare con i fratelli, professando e testimoniando la nostra fede in Cristo efacendoci annunciatori del suo Vangelo. Invito i Vescovi, i Presbiteri, i Consigli presbiterali e pastorali, ogni persona egruppo responsabile nella Chiesa a dare rilievo alla dimensione missionaria neiprogrammi pastorali e formativi, sentendo che il proprio impegno apostolico nonè completo se non contiene il proposito di “rendere testimonianza a Cristo difronte alle nazioni”, di fronte a tutti i popoli”. E non ci si può sottrarre all’an-nuncio sostenendo che così facendo si viola la libertà dell’altro. Non si trattacerto di “imporre qualcosa alla coscienza dei nostri fratelli. Ma proporre a que-sta coscienza la verità evangelica e la salvezza di Gesù Cristo con piena chia-rezza e nel rispetto assoluto delle libere opzioni che essa farà ... è un omag-gio a questa libertà» (Esort, ap. Evangelii nuntiandi, 80).

“Dobbiamo avere sempre il coraggio e la gioia diproporre, con rispetto, l’incontro con Cristo, di far-ci portatori del suo Vangelo.”In un momento in cui spesso sono altri i messaggiad essere proposti, anzi imposti, come la violenza,la menzogna, “dove l’orizzonte del presente e delfuturo sembrano percorsi da nubi minacciose, sirende ancora più urgente portare con coraggioin ogni realtà il Vangelo di Cristo, che è annun-cio di speranza, di riconciliazione, di comunione,annuncio della vicinanza di Dio, della sua mise-ricordia, della sua salvezza, annuncio che la poten-za di amore di Dio è capace di vincere le tenebredel male e guidare sulla via del bene. L’uomo delnostro tempo ha bisogno di una luce sicura che rischia-ra la sua strada e che solo l’incontro con Cristo puòdonare.” L’invito di Papa Francesco è rivolto alla comunità eccle-siale intera, che talvolta vive proprio al suo internola mancanza del fervore, della gioia e del coraggio

di annunciare il Messaggio di Cristo. Eppure “evangelizzare non è mai unatto isolato, individuale, privato, ma sempre ecclesiale. (…)E questo dà forza alla missione e fa sentire ad ogni missionario ed evangeliz-zatore che non è mai solo, ma parte di un unico Corpo animato dallo SpiritoSanto.” Continua il Papa “ La Chiesa - lo ripeto ancora una volta - non è un’or-ganizzazione assistenziale, un’impresa, una ONG, ma è una comunità dipersone, animate dall’azione dello Spirito Santo, che hanno vissuto e vivo-no lo stupore dell’incontro con Gesù Cristo e desiderano condividere que-sta esperienza di profonda gioia, condividere il Messaggio di salvezza cheil Signore ci ha portato.E’ proprio lo Spirito Santo che guida la Chiesa in questo cammino.” Il Messaggio,nella sua parte finale, sottolinea l’impegno delle giovani Chiese che inviano gene-rosamente missionari alle Chiese, spesso di antica cristianità, che si trovanoin situazioni di difficoltà – “portando così la freschezza e l’entusiasmo con cuiesse vivono la fede che rinnova la vita e dona speranza”. L’invito di Francesco, dunque, è di percorrere le strade del mondo, di varca-re i confini delle proprie sicurezze, anche comunitarie, per incontrare i fratellie le sorelle, insieme ai quali rinnovare la speranza e la fede in un Dio che si faprossimo all’uomo. Non dobbiamo “ aver paura dì essere generosi con ilSignore” – conclude il Pontefice: Gesù ci consola dicendoci «Coraggio, io hovinto il mondo» (Gv 16,33).

1616 SettembreSettembre20132013

LLa donna saggia costruisce la sua casa,quella stolta la demolisce con le propriemani» (Pr 14,1). Questa antica massi-

ma della Scrittura vale per la casa come per ilcreato, che possiamo custodire e purtroppo anchedemolire. Dipende da noi, dalla nostra sapien-za scegliere la strada giusta. Dove imparare tutto ciò? La prima scuola di custo-dia e di sapienza è la famiglia. Così ha fatto Mariadi Nazaret che, con mani d’amore, sapeva impa-stare «tre misure di farina, finché non fu tuttalievitata» (Mt 13,33). Così pure Giuseppe, nel-la sua bottega, insegnava a Gesù ad essere real-mente «il figlio del falegname» (Mt 13,55). DaMaria e Giuseppe, Gesù imparò a guardare constupore ai gigli del campo e agli uccelli del cie-lo, ad ammirare quel sole che il Padre fa sor-gere sui buoni e sui cattivi o la pioggia che scen-de sui giusti e sugli ingiusti (cfr Mt 5,45). Perché guardiamo alla famiglia come scuola dicustodia del creato? Perché la 47ª SettimanaSociale dei Cattolici Italiani, che si svolgerà dal12 al 15 settembre 2013 a Torino, avrà cometema: La famiglia, speranza e futuro per lasocietà italiana. Nel cinquantesimo anniversario dell’apertura delConcilio Vaticano II, poi, rileggiamo la costitu-zione pastorale Gaudium et spes, che alla fami-glia, definita «una scuola di umanità più com-pleta e più ricca», dedica una speciale atten-zione: essa «è veramente il fondamento dellasocietà perché in essa le diverse generazionisi incontrano e si aiutano vicendevolmente a rag-giungere una saggezza umana più completa eda comporre convenientemente i diritti della per-sona con le altre esigenze nella vita sociale»

(n. 52). In questo camminoci guida il luminoso magisterodi Papa Francesco, che haesortato più volte, fin dall’i-nizio del suo pontificato, a«coltivare e custodire ilcreato: è un’indicazione di Diodata non solo all’inizio del-la storia, ma a ciascuno dinoi; è parte del suo proget-to; vuol dire far crescere ilmondo con responsabilità, tra-sformarlo perché sia ungiardino, un luogo abitabileper tutti…Il “coltivare e custodire” noncomprende solo il rapportotra noi e l’ambiente, tral’uomo e il creato, riguardaanche i rapporti umani. I Papihanno parlato di ecologia uma-na, strettamente legata all’e-cologia ambientale. Noi stia-mo vivendo un momento dicrisi; lo vediamo nell’ambiente,ma soprattutto lo vediamo nel-l’uomo… Questa “cultura del-lo scarto” tende a diventa-re mentalità comune, che con-tagia tutti. La vita umana, lapersona non sono più sen-

tite come valore primario da rispettare e tute-lare, specie se è povera o disabile, se non ser-ve ancora – come il nascituro –, o non servepiù – come l’anziano.Questa cultura dello scarto ci ha resi insensi-bili anche agli sprechi e agli scarti alimentari,che sono ancora più deprecabili quando in ogniparte del mondo, purtroppo, molte persone e fami-glie soffrono fame e malnutrizione»(Udienza Generale, 5 giugno 2013).«Come la famiglia può diventare una scuola perla custodia del creato e la pratica di questo valo-re?», chiede il Documento preparatorio per la47ª Settimana Sociale. Come Vescovi che han-no a cuore la pastorale sociale e l’ecumenismo,indichiamo tre prospettive da sviluppare nellenostre comunità: la cultura della custodia chesi apprende in famiglia si fonda, infatti, sulla gra-tuità, sulla reciprocità, sulla riparazione del male.Gratuità. La famiglia è maestra della gratuitàdel dono, che per prima riceve da Dio. Il dono è il suo compito e la sua missione nelmondo. È il suo volto e la sua identità. Solo cosìle relazioni si fanno autentiche e si innesta unlegame di libertà con le persone e le cose. È una prospettiva che fa cambiare lo sguardosulle cose. Tutto diventa intessuto di stupore.Da qui sgorga la gratitudine a Dio, che espri-miamo nella preghiera a tavola prima dei pasti,nella gioia della condivisione fraterna, nella curaper la casa, la parsimonia nell’uso dell’acqua,la lotta contro lo spreco, l’impegno a favore delterritorio. Viviamo in un giardino, affidato alle nostremani. «L’essere umano è fatto per il dono, chene esprime e attua la dimensione di trascendenza»,ricorda Benedetto XVI nella Caritas in veritate

(n. 34), in «una gratuità presente nella sua vitain molteplici forme, spesso non riconosciute acausa di una visione solo produttivistica e uti-litaristica dell’esistenza».Reciprocità. La famiglia ha una importanza deci-siva nella costruzione di relazioni buone con lepersone, perché in essa si impara il rispetto del-la diversità. Ogni fratello, infatti, è una perso-na diversa dall’altra. È in famiglia che la diver-sità, invece che fonte di invidia e di gelosia, puòessere vista fin da piccoli come ricchezza. Già nella differenza sessuale della coppia spon-sale che genera la famiglia c’è lo spazio per costrui-re la comunione nella reciprocità. La purifica-zione delle competizioni fra il maschile e il fem-minile fonda la vera ecologia umana. Non l’invidia (cfr Gen 4,3-8), allora, ma la reci-procità, l’unità nella differenza, il riconoscersi l’u-no dono per l’altro. «Questa era la nostra gara– attesta San Gregorio Nazianzeno parlando del-la sua amicizia con San Basilio Magno – nonchi fosse il primo, ma chi permettesse all’altrodi esserlo». È la logica della reciprocità che costrui-sce il tessuto di relazioni positive. Non più avversari, ma collaboratori. In questavisione nasce quello spirito di cooperazione chesi fa tessuto vitale per la custodia del creato,in quella logica preziosa che sa intrecciare sus-sidiarietà e solidarietà, per la costruzione del benecomune.Riparazione del male. In famiglia si impara anchea riparare il male compiuto da noi stessi e daglialtri, attraverso il perdono, la conversione, il donodi sé. Si apprende l’amore per la verità, il rispet-todella legge naturale, la custodia dell’ecologiasociale e umana insieme a quella ambientale.Si impara a condividere l’impegno a “ripararele ferite” che il nostro egoismo dominatore hainferto alla natura e alla convivenza fraterna. Da qui, dunque, può venire un serio e tenaceimpegno a riparare i danni provocati dalle cata-strofi naturali e a compiere scelte di pace e dirifiuto della violenza e delle sue logiche. È un impegno da condurre avanti insieme, comecomunità, famiglia di famiglie. Perché i proble-mi di una famiglia siano condivisi dalle altre fami-glie, attenti a ogni fratello in difficoltà e ogni ter-ritorio violato. Con la fantasia della carità. Un segno forte di questa cultura, appresa in fami-glia, sarà infine operare affinché venga custo-dita la sacralità della domenica. Anche “il pro-fumo della domenica”, infatti, si impara in fami-glia. È soprattutto nel giorno del Signore che lafamiglia si fa scuola per custodire il creato. Si tratta di una frontiera decisiva, su cui siamoattesi, come famiglie che vivono scelte alternative.La preghiera fatta insieme, la lettura in famigliadella Parola di Dio, l’offerta dei sacrifici fatti conamore rendano profumate di gratuità e di fra-ternità vera le nostre case.

Roma, 7 giugno 2013Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù

LA COMMISSIONE EPISCOPALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO, LA GIUSTIZIA E LA PACE

LA COMMISSIONE EPISCOPALE PER L’ECUMENISMO E IL DIALOGO

1717Settembre Settembre 20132013

don Dario Vitali*

MMolti si sorprendono quando si illustra lo sviluppo del dogmacristologico, che trova il suo punto di arrivo nei simboli deigrandi concili del IV-V secolo. La difficoltà non solo ad ammet-

tere, ma addirittura a pensare un tale sviluppo, peraltro già in atto –come si è visto – all’interno del Nuovo Testamento, risiede in una for-ma mentis che si è sedimentata in secoli di predicazione e di catechesifondata sullo schema della cosiddetta «cristologia dall’alto» o «cristo-logia dell’incarnazione». Si tratta di quella linea di pensiero che leggela vicenda di Gesù di Nazareth a partire non dalla nascita, ma dall’e-ternità: il Figlio di Dio a un certo punto della storia prende carne mor-tale per salvare l’umanità decaduta. Tale schema si è imposto proprioa partire dai grandi concili, che hanno fissato in modo definitivo le veri-tà su Cristo. Infatti, le affermazioni del Simbolo della fede si sviluppa-no secondo questa logica discendente:

«Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, Unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli.

Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero,generato, non creato, della stessa sostanza del Padre;

per mezzo di lui tutte le cose sono state create.Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo

e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno dellaVergine Maria

e si è fatto uomo.Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto.

Il terzo giorno è risuscitato secondo le Scritture,è salito al cielo, siede alla destra del Padre.

E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i mortie il suo regno non avrà fine».

Come si può arguire dal segno prima delle frasi, le prime affermazioniindicano come il Cristo che noi celebriamo come Signore, sia il Verboeterno nello stadio della preesistenza: la sua identità di Unigenitodal Padre è situata «prima di tutti i secoli» e non dipendeda alcun atto nel tempo, perché egli è il Figlio da sem-pre generato, della stessa sostanza del Padre,come mostrano con insistenza le formule: «Dioda (ek) Dio, luce da luce, Dio vero da Diovero». Solo dopo aver affermato queste veri-tà, si introduce il piano della storia, conquello schema di discesa- ascesa, exi-tus-reditus, abbassamento (kenosis)-glorificazione che il Nuovo Testamentoutilizza in continuazione per descri-vere la missione salvifica di Cristo. Si afferma, in sequenza, la sua par-tecipazione all’opera della creazione,per illustrare poi, con una serie diaffermazioni concatenate, l’in-carnazione, la redenzione, laresurrezione e ascensione per esse-re intronizzato alla destra del Padrecome l’unico Signore, giudice deivivi e dei morti che alla sua venu-ta instaurerà definitivamente il Regno.È facile rendersi conto che le affer-

mazioni contenute nella Sacra Scrittura sono quelle riferite alla storiadella salvezza: quelle della preesistenza sono affermazioni della Chiesa,la quale ha esplicitato fino alle estreme conseguenze la sua certezzache in Gesù di Nazareth si è compiuta la salvezza. Se egli è il Salvatore,allora non è stato preda della morte, ma Dio lo ha riscattato. La resur-rezione, poi, non è per un momento, ma è una glorificazione per sem-pre alla destra del Padre. Da quella condizione gloriosa, Cristo è sorgente perenne della salvezzaperché invia lo Spirito, il quale è la prova che egli non è rimasto predadella morte, perché un morto non può dare lo Spirito. Perciò in Cristoè data la «nuova creazione», «l’uomo nuovo» creato secondo Dio nel-la giustizia e nella santità vera. Ma chi è autore della nuova creazionenon può essere estraneo alla prima: in Cristo, dunque, sono state fat-te tutte le cose, quelle del cielo e quella della terra. Ma egli non è undemiurgo, un dio minore, come nelle emanazioni della filosofia plato-nica o plotiniana: è il Figlio eterno, l’Unigenito del Padre: «In principioera il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Il Verbo si èfatto carne e ha posto la sua tenda in mezzo a noi» (Gv 1,1. 14). La sequenza di queste affermazioni mostra quella «dilatazione cristo-logica» che è avvenuta nella fede della Chiesa, fino alle ultime espli-citazioni nei simboli della fede, che parlano di Cristo come «una per-sona in due nature: divina e umana», come farà il concilio di Calcedonianel 451. Si tratta, appunto, di un processo di progressiva esplicitazio-ne, che viene convenzionalmente come «cristologia dal basso»: si par-te dall’umanità di Cristo, scoprendone progressivamente dietro il velodella carne l’insondabile mistero, che è scandalo per i Giudei e stol-tezza per i pagani (cfr 1Cor 1,31). Ma non bastava ripetere le affermazioni del Nuovo Testamento? In real-tà, i primi secoli furono attraversati da tante eresie cristologiche, cherischiavano di ridurre la figura di Cristo a un termine solo dell’unioneipostatica: o Dio, o uomo, non Dio e uomo. Contro il mistero dell’incarnazione, che risultava per gli eretici un assur-do inconcepibile, si preferisce una razionalizzazione: Cristo è soltantouomo, straordinario quanto si vuole, ma uomo, che Dio ha innalzato,

adottandolo come Figlio; o, al contrario, il Verbo è soltanto Dio enon può farsi uomo, ma appare solo come tale, facendo-

si vicino agli uomini quanto si vuole, ma senza maicorrompersi nella carne.

Adozionismo e docetismo in tutte le formeanche più bizzarre sono stati gli opposti

di un moto pendolare che rischiava diamputare la persona di Cristo, com-

promettendo la salvezza che egli ciha ottenuto. Ma i Padri della

Chiesa ripetevano in continuazioneche è salvato soltanto ciò che Dioha assunto. Consiste in questoil principio soteriolagico che staal fondamento delle affermazio-ni cristologiche del Credo. La Chiesa non ha inventato nuo-ve verità cristologiche, ma ha sem-plicemente difeso la salvezza cri-stiana dalle amputazioni e daitravisamenti. Come potrebbe sal-vare il Verbo eterno che fosse

continua a pag. 18

1818 SettembreSettembre20132013

un’apparenza e non realmente «uno di noi intutto, fuorché nel peccato»? o un Messia chefosse soltanto uomo? La fede della Chiesa non fa altro che appli-care questa verità semplice e irrinunciabile,scandalosa ma salvifica a tutti i momenti del-la vita di Cristo, spingendo lo sguardo indie-tro, fin nel cuore della Trinità. Qui la Chiesa contempla lo sgorgare della sal-vezza nel mistero stesso di Dio, il quale «ciha benedetti con ogni benedizione spiritualenei cieli in Cristo, nel quale ci ha scelti primadella creazione del mondo per essere santi eimmacolati nella carità, predestinandoci ad esse-re suoi figli adottivi mediante Gesù Cristo» (Ef1,3s).Queste verità la Chiesa instancabilmente

le ripete, proclamando il suo credo nell’u-nico Signore, Gesù Cristo, unigenito Figliodi Dio! Gli articoli del Credo non sono unteorema, ma la custodia vigile e ferma del-le condizioni della salvezza.

*Docente Ordinario allaP.U.G. di Roma

Nell’immagine del titolo, a pag.17: Cristo benedicente con Maria e San Giovanni,

mosaico facciata del Duomo di Spoleto;l’immaggine a sinistra: Il concilio di Calcedonio

da una grafica medioevale.

segue da pag. 17

I SANTI DELL’ANNO

DELLA FEDE / 8

Stanislao Fioramonti

CATERINA (KATERI) TEKAKWITHA (“colei che sposta le cose”) nacquenel 1656 a Osserneon (oggi Auriesville), nell’odierno stato di New York;il padre, pagano, era della tribù Mohawk (Irochesi); la madre algonchi-na, era stata battezzata dai primi missionari gesuiti del Nord America.All’età di quattro anni una epidemia di vaiolo, malattia introdotta dai col-onizzatori europei, devastò la sua tribù; morirono i genitori e un fratelli-no e lei stessa, adottata dallo zio, portò per sempre in volto i segni delcontagio. Da giovane seguiva la sua gente negli spostamenti nelle foresteper la caccia e la pesca; rifiutò ogni proposta di matrimonio per dedi-carsi totalmente a Gesù. Fu battezzata all’età di 20 anni il giorno di Pasqua del 1676 ad Albanyda missionari francesi e, per fuggire dalle persecuzioni dei parenti, sirifugiò nella missione dei Gesuiti a Sault, vicino a Montreal. Là ricevettela Prima Comunione, il 25 marzo 1679 fece voto di verginità perpetuae lavorò, fedele alle tradizioni del suo popolo - anche se rinunciò alle

convinzioni religiose della suagente - sino alla morte per tuber-colosi, avvenuta il 17 aprile 1680,all’età di 24 anni, a Caughnawagain Quebec (Canada), nella cuichiesa di San FrancescoSaverio sono conservati i suoiresti. Dopo la morte scomparvero dalsuo viso i segni del vaiolo.Beatificata da Giovanni PaoloII il 22 giugno 1980, prima bea-ta dei pellerossa d’America, conSan Francesco d’Assisi è sta-ta poi proclamata patronadell’Ecologia. E’ stata protag-onista della GMG di Toronto, nel2002. Negli Stati Uniti è ricordata il 14luglio. Parlando di lei in piaz-za S. Pietro il giorno della sua

canonizzazione (21 ottobre 2012), papa Benedetto XVI ha detto tra l’al-

tro: “Vivendo un’esistenza semplice, Kateri rimase fedele al suo amoreper Gesù, alla preghiera e alla Messa quotidiana. Il suo più grande deside-rio era conoscere Dio e fare ciò che a Lui piace. Kateri ci impressionaper l’azione della grazia nella sua vita in assenza di sostegni esterni, eper il coraggio nella vocazione tanto particolare nella sua cultura. In lei,fede e cultura si arricchiscono a vicenda! Il suo esempio ci aiuti a viverelà dove siamo, senza rinnegare ciò che siamo, amando Gesù! Santa Kateri,patrona del Canada e prima santa amerindia, noi ti affidiamo il rinno-vamento della fede nelle prime nazioni e in tutta l’America del Nord! Dio benedica le prime nazioni!”.

Dopo i 14 frati francescani massacrati dai protestanti a Praga nel 1611(13 ottobre 2012) e dopo don Pino Puglisi vittima della mafia nel 1993(25 maggio 2013), il 16 giugno di questo Anno della Fede si è anchecelebrata a Carpi, all’esterno della cattedrale ancora danneggiata dal ter-remoto dell’Emilia, la beatificazione di ODOARDO FOCHERINI. Giornalista dell’Avvenire d’Italia e dirigente diocesano di AzioneCattolica, padre di sette figli, è morto a 37 anni nel lager nazista di Hersbruch,il 27 dicembre 1944, per aver difeso e aiutato perseguitati politici ed ebreinegli anni dell’ultimo conflitto. Il cardinale Angelo Amato, prefetto dellaCongregazione delle cause dei santi, che ha presieduto la cerimonia di

beatificazione come inviato dipapa Francesco, ha detto cheFocherini “è il primo giornal-ista italiano a diventare beatoe non esitò ad anteporre il benedei fratelli all’offerta dellapropria vita”. La sua difesa generosa degliebrei perseguitati – ha pros-eguito - evidenzia la lezionedella carità che ci ha lascia-to e la sua coerenza alla fedebattesimale e al fondamen-tale codice umano-divino deldecalogo”, specie in un tem-

po in cui in molte parti del mondo proprio i cristiani sono indifesi e per-seguitati. Del nuovo beato, che salvò 105 ebrei dalla morte certa, ricordiamo soloquesta frase:“Se tu avessi visto, come ho visto io in questo carcere, cosafanno patire agli Ebrei, non rimpiangeresti se non di averne salvati innumero maggiore”.

1919Settembre Settembre 20132013

mons. Franco Risi

PPrima di evangelizzare, prima di annun-ciare la Buona Novella ai fratelli e allesorelle, è opportuno, per ogni credente,

porsi un interrogativo basilare: vivo autentica-mente la Parola annunciata e trasmessa al pros-simo? Credo in questa Parola? La rendo fon-damento di ogni scelta della mia vita?La risposta a queste domande è rintracciabilenella qualità della nostra fede, dono di Dio dacoltivare e alimentare. La fede è l’unico mez-zo di cui disponiamo per avvicinarci a Dio: seessa è sana, la linfa divina circola abbondan-temente in noi; se, al contrario, è malata, le nostredoti e i nostri talenti finiranno per inaridire. Edè proprio grazie alla fede che possiamo sco-prire e accogliere l’unica parola che salva, laParola di Dio, apportatrice di verità, di luce edi certezza per la nostra vita piena di dubbi eperplessità. Gesù stesso ci ricorda il primatodella Parola di Dio, una parola che rende dav-vero beati: «una donna alzò la voce di mezzoalla folla e disse: “Beato il ventre che ti ha por-tato e il seno da cui hai preso il latte!”. Ma eglidisse: “Beati piuttosto coloro che ascoltano laparola di Dio e la osservano!”» (Lc 11,27-28).La Bibbia ci insegna, sin dalle prime pagine del-

la Genesi, che la vicinanza a Dio permette all’uo-mo di testimoniare le sue virtù, la lontananza,invece, mette l’uomo di fronte alla presenza distrut-trice del peccato e della corruzione. La SacraScrittura descrive la storia più profonda ed esi-stenziale dell’umanità: in essa sono coinvolti paga-ni, giudei e i seguaci di Cristo. L’umanità di ieri e di oggi rientra in questa sto-ria umana che oscilla continuamente fra pec-cato e santità. Perciò la Bibbia sa rispecchia-re la natura dell’uomo: «Il Signore Dio plasmòl’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle suenarici un alito di vita, e l’uomo divenne un esse-re vivente»; la natura umana, fatta di polveree del soffio di Dio, dove la polvere è la pecca-minosità umana e il soffio divino rappresental’impasto di santità che Dio ci ha trasmesso nelmomento stesso della nostra creazione. Per uscire dalla peccaminosità e dall’errore eper ripulirsi dalla polvere l’uomo ha bisogno allo-ra di orientare continuamente lo sguardo a Dioe ricordare di avere in sé quel soffio vitale diDio che lo rende potenzialmente capace di vive-re una vita secondo la volontà del Padre.Il male, presente in ogni epoca storica, scatu-risce nel momento in cui l’io umano cerca dimettersi al posto di Dio, dove l’uomo crede nel-le sue sole capacità e costruisce il mondo come

se Dio non esistesse.Un confronto e una verifica libera e fiduciosatra l’uomo e la Parola di Dio permette l’incon-tro con Gesù Risorto, via, verità e vita.Consapevoli di questo, siamo poi chiamati a far-ci interrogare da Gesù stesso, il quale, a Cesareadi Filippo chiede ai suoi Apostoli e a tutti noi:«Chi dice la gente che io sia?» (Mt 16,13).Questa domanda ci coinvolge e mette continuamentein discussione la nostra disponibilità a Gesù:saremo pertanto credenti autentici se avremola prontezza e il coraggio di rispondere con lestesse parole di Pietro, «Tu sei il Cristo, il Figliodel Dio vivente»(Mt 16,16). Il commento di Gesùa questa risposta di Pietro è la chiave di lettu-ra della nostra fede: «Beato sei tu, Simone [….]perché né la carne né il sangue te l’hanno rive-lato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io dicoa te: tu sei Pietro e su questa pietra edifiche-rò la mia Chiesa e le potenze degli inferi nonprevarranno su di essa» (Mt 16,17-18). La fededi Pietro, la nostra fede, non proviene da noi,dalle nostre capacità, bensì da Dio stesso, fac-ciamo la professione di fede perché illuminatidal Padre, Egli ci dona la grazia di credere inLui e di pregarlo. Solo se riconosciamo nel Padre l’origine e il sen-so della nostra esistenza, Cristo potrà fidarsi

San Pietro e la caduta di Simon Mago, Benozzo Gozzoli (1461-1462)

continua a pag.21

2020 SettembreSettembre20132013

don Ettore Capra

TTra gli scrittori francesi più significativi della prima metà del secolo XXoccupa senza dubbio posto di tutto rilievo Paul Clodel, la cui opera let-teraria ed esperienza esistenziale si incardinano, come la macina ope-

rosa del mulino, dopo l’esperienza deludente dell’ambiente positivista della Parigidell’epoca, sulla conversione avvenuta sotto le gotiche volte, scampate alla furiarivoluzionaria del secolo XVIII, di Notre Dame, nel vespro del Natale del 1886al canto dei bambini che intonano il Magnificat; è nel mistero dell’incarnazionedel Verbo che la Fede diventa cordiale e possibile. Cosi egli stesso racconta:

“Allora accadde in me l’avvenimento straordinario e misterioso che avrebbe domi-nato tutta la mia vita. A un tratto, mi sentii toccare il cuore, ed io credetti. Credetti con una tal forza di adesione, con un tale sollevamento di tutto il mioessere, con così profonda convinzione, con una certezza così esente da ognidubbio possibile che, dopo, tutti i libri, tutti i ragionamenti, tutte le peripezie diuna vita agitatissima, non furono capaci di scuotere la mia fede e nemmenod’intaccarla. Fu: una rivelazione improvvisa e ineffabile; fu la sensazione net-ta e tagliente dell’innocenza purissima e dell’eterna infanzia di Dio....Felici quelli che credono! Se fosse vero! — Si, è vero! — Dio esiste, è là, è

qualcuno, un essere personale come me! — Egli mi ama e mi chiama“.

Nel mese dedicato al Sangue preziosissimo del Signore, sparso dallaCirconcisione al Golgota in Redenzione delle anime nostre propongo non giàuna pagina dell’opera più conosciuta del drammaturgo di Villeneuve, L’annuncioa Maria, ma la traduzione di alcune frasi tratte dalla sua Via Crucis:

GESÙ SPOGLIATO DELLE VESTI

Ecco l’aia dove il grano del frumento celeste è trebbiato.

Nudo è il Padre, squarciato il velo del Tempio.Mettono le mani su Dio, la Carne della Carne sussulta,

l’Universo, raggiunto nella sua fonte,si scuote fin nelle profondità delle sue viscere!

Noi, giacché si sono divisi le vesti e l’inconsutile tunica,alziamo gli occhi e osiamo guardare

il puro Gesù.

Non ti hanno lasciato nulla, Signore, hanno preso tutto,gli indumenti che stanno a contatto con la carne,

come oggi strappano il saio al monacoe il velo alla vergine consacrata.

Hanno preso tutto, non gli resta più nulla per coprirsi.Non ha più alcuna difesa, è nudo come un verme,

e, denudato, a tutti è esposto.Andiamo! Questo qui è il vostro Gesù?

Fa ridere. E’ tempestato di colpi imbrattato di sputi.È un soggetto per gli psichiatri e la polizia.

-Tauri pingues obsederunt me. Libera me, Domine, de ore canis-.[…]

GESÙ MUORE IN CROCE

È vero, finora aveva sofferto: ma ora muore.La grande Croce, nella notte,sembra palpitare dolcemente

al ritmo del respiro di Dio.

Nulla manca.Basta lasciar fare allo Strumento:

saprà esso certamente spremere e strappare ogni possibile sofferenzadalla sorgente del suo corpo,

dalla sua anima,e dalla sua unione ipostatica, là dove le due nature, divina e umana,

si congiungono alla radice dell’essere.

Egli è assolutamente solocome Adamo, quand’era solo nell’Eden:

per tre ore è solo ad assaporare il Vino dell’indicibile ignoranza dell’uomo,di fronte al silenzio di Dio.

Ospite nella nostra carne mortale,Dio sente ora il corpo farsi pesantee la fronte, a poco a poco, si china:

non vede più la Madre, e il Padre l’abbandona.Assapora il calice

e la morte, lentamente, lo avvelena.Non ti basta, dunque, questo aceto mescolato a fiele.

Perché, tutto a un tratto, ti raddrizzi e gridi:Sitio?

Hai sete, Signore? È a me che ti rivolgi?È di me e dei miei peccati che hai bisogno ancora?

Manco dunque solo io,prima che tutto sia compiuto?

Oeuvres complètes, Gallimard, Bibliothèques de la Pléiade, Paris 1962-1965

Nell’immagine del titolo: Gesù spogliato delle vesti, opera di Ottavio Mazzoni, Cento.

2121Settembre Settembre 20132013

di noi e quindi costruire sulla roccia salda del-la nostra vita tante belle cose, così come hafatto con Pietro. La nostra fede dunque, pro-veniente dalla relazione con la Trinità, Padree Figlio e Spirito Santo, potrà essere vissutain maniera autentica solo se riusciremo a rico-noscere, come fece Pietro, in Gesù il Figlio diDio inviato dal Padre, il nostro Salvatore, e, soprat-tutto, ad imitarlo nella nostra vita per confor-marci sempre più al suo amore. Non è infatti sufficiente insegnare i precetti del-la legge di Dio, ma è necessario metterli in pra-tica prendendo esempio da Gesù, il quale «fecee insegnò» (At 1,1); è necessario vivere ciò incui crediamo e testimoniare Cristo con convinzione:«il mondo di oggi non ascolta più volentieri i mae-stri, ma ascolta i testimoni. E se ascolta i mae-stri, è perché sono testimoni» (Paolo VI, Ev. Nuntianti,41). Nel terzo millennio, il mondo ha ancora setedi testimoni autentici, di cristiani che vivono il

Vangelo integralmente. Si sente sempre più il bisogno di persone one-ste e coerenti nella vita ecclesiale e sociale, diuomini e di donne che credono in ciò che fan-no, che sanno comunicare pace, sicurezza edentusiasmo, capaci di saper perdonare, dispostia rischiare e a sacrificarsi per i loro ideali cri-stiani. Edith Stein descrive chiaramente le moda-lità con cui abbracciare questi valori di vita cri-stiana: «Naturalmente, la religione non va vis-suta in un piccolo angolo tranquillo, per qual-che ora, per le grandi feste [Natale, Pasqua efeste patronali], ma deve […] essere radice efondamento di tutta la vita, e non soltanto peralcuni eletti [sacerdoti o religiosi], ma per ognivero cristiano» (lettera di Edith Stein a Suor Callistadel 12 febbraio 1928).La nostra fede, fondata sulla Parola di Dio checi nutre e ci fortifica, deve portarci, come dis-se papa Francesco nella sua prima omelia aicardinali nella Cappella Sistina, il giorno suc-

cessivo alla sua elezione, a prediligere tre com-portamenti fondamentali: camminare, edifica-re, confessare.«Quando non si cammina, ci si ferma. Quandonon si edifica sulle pietre cosa succede? Succedequello che succede ai bambini sulla spiaggiaquando fanno dei palazzi di sabbia, tutto vie-ne giù, è senza consistenza […].Quando camminiamo senza la Croce, quandoedifichiamo senza la Croce e quando confes-siamo un Cristo senza Croce, non siamo disce-poli del Signore: siamo mondani» (papaFrancesco, omelia del 14 marzo 2013). Queste parole del Papa ci fanno comprende-re che quando la fede in Gesù Cristo, Figlio diDio, è vissuta in modo autentico e umile, la vitadel cristiano viene trasfigurata e assume un valo-re di testimonianza indispensabile perché il mon-do di oggi accetti e accolga con entusiasmo ilVangelo annunciato.

segue da pag. 19

Stanislao Fioramonti

ANNO 2007

I martiri: 21, 15 sacerdoti, 3 diaconi, 1 religioso,1 religiosa, 1 seminarista.I luoghi del martirio: Africa 4; America 7, Asia 8;Europa 2.Uno il testimonio italiano: 15 febbraio, Manizales,Colombia: p. MARIO BIANCO, 91 anni, missio-nario della Consolata IMC, (Valdellatorre, TO), 25

novembre 1916).E’ morto in segui-to alle conse-guenze di unaaggressione sub-ita il 4 febbraio.Alcuni malviventiavevano fattoirruzione nei loca-li che un tempoospitavano ilSeminario dellaConsolata aManizales. Nella strutturaviveva p. Marioinsieme ad un

altro missionario italiano e ad alcune persone occu-pate nei servizi, mentre i seminaristi risiedono oraaltrove. Nel tardo pomeriggio di domenica 4 feb-braio alcuni banditi sono entrati nei locali, hannolegato e malmenato p. Mario e una impiegata edhanno aggredito anche l’altro sacerdote, che pocodopo era rientrato. Per alcune ore i malviventi hanno cercato soldie oggetti di valore, alla fine sono fuggiti sull’au-tomobile dei missionari, ritrovata due giornidopo, portando con sé oggetti per un valore di qual-che migliaio di euro. P. Mario è stato subito rico-verato in ospedale, non appena i banditi si sonodati alla fuga, ma nonostante le cure è morto perinfarto il 15 febbraio.

ANNO 2008

I martiri: 20, 1 arcivescovo(Paulos Faraj Rahho, caldeodi Mosul in Iraq, rapito il 29 feb-braio da un commando arma-to e trovato ucciso il 12 marzonei dintorni di Mossul), 16sacerdoti, 1 religioso, 2 volon-tari laici. Nessun italiano tra i testi-moni di quest’anno.I luoghi del martirio: Africa 5,America 5, Asia 8, Europa 2.Mons. PAULOS FARAJ RAHHO,arcivescovo caldeo di Mosul inIraq, 65 anni, è stato rapito daun commando armato il 29 feb-braio a Mosul, dopo avercelebrato la Via Crucis,all’uscita della chiesadello Spirito Santo;nell’attentato sono sta-ti uccisi l’autista e le dueguardie del corpo. Il cor-po dell’Arcivescovo èstato rinvenuto il 13 mar-zo, dopo un avviso deirapitori, sepolto neidintorni di Mosul. Il nunzio apostolico inGiordania e Iraq, mons.Francis Assisi Chullikat,ha ricordato che la vittima era “un uomo di pacee di dialogo, collante tra cristiani e musulmani”;Benedetto XVI, durante la messa in suffragiodell’Arcivescovo celebrata nella cappella“Redemptoris Mater” il 17 marzo, così lo ha ricor-dato: “Mons. Rahho ha preso la sua croce e haseguito il Signore Gesù, e così ha contribuito aportare il diritto nel suo martoriato Paese e nelmondo intero, rendendo testimonianza alla veri-tà. Egli è stato un uomo di pace e di dialogo. Soche egli aveva una predilezione particolare per i

poveri e i portatori di handicap, per la cui assi-stenza fisica e psichica aveva dato vita a una spe-ciale associazione denominata Gioia e Carità (“Farahwa Mahabba”), alla quale aveva affidato il com-pito di valorizzare tali persone e di sostenere lefamiglie, molte delle quali avevano imparato dalui a non nascondere tali congiunti e a vedere Cristoin essi. Possa il suo esempio sostenere tutti gliiracheni di buona volontà, cristiani e musulmani,a costruire unaconv i venzapacifica, fon-data sulla fra-tellanza umanae sul rispettoreciproco”.

La morte del-l’arcivescovoera stata pre-ceduta, il 3 giu-gno 2007, dall’uccisione in un altro attentato delparroco della chiesa dello Spirito Santo di Mosul,don RAGHIID GANNI, 34 anni, e di tre suoi dia-coni a colpi di pistola sparati da un uomo davan-ti alla chiesa.

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don Gaetano Zaralli

EEro lì a ripulire il tratto antistante la chie-sa dalle cianfrusaglie lanciate la seraprima sulle teste dei coniugi che ave-

vano festeggiato i venticinque anni di matrimonio.Ero particolarmente preso dal brillio di una mone-tina che appariva strana cosa ai miei occhi, manon troppo, dopo averne scoperte altre spar-se qua e là sull’acciottolato. Talvolta si è incerti nel decidere se lasciare aipoveri le briciole che cadono dall’abbondanzastupida dei ricchi, o se è meglio mettere insie-me quelle piccole cose con la speranza di rime-diare un gruzzoletto magari per un misero cap-puccino al bar. Il saluto della signora che nel frattempo con pas-so incerto si era fatta d’appresso, ha distrattoil mio sguardo da terra. Era minuta, vestita dinero e un bastone la sorreggeva senza troppaconvinzione. Sull’occhio sinistro portava una ben-da. Ad una certa età è facile che la catarattascenda a velare la vista… ed è altrettanto faci-le sostituire il pezzo malato nello spazio di qual-che giorno… Si trattava, invece, di qualcos’altro. Tra due gior-no la signora Rosa avrebbe subito l’asportazionedell’occhio: ormai le cure che duravano da cir-ca trent’anni non erano più efficaci, anzi pro-vocavano soltanto infezioni pericolose.La signora Rosa veniva spes-so ad ascoltare la messa conil marito, lei accanita devotadi P. Pio e lui abbarbicato ani-ma e corpo a San Gennaro. Da questa frequentazioneera nata una certa familiari-tà che ora mi permetteva discherzare.- E il tuo P. Pio non ti dà unamano a risolvere il problemadell’occhio?- Quando era in vita, qualchevolta mi ha dato retta, ma daquando se n’è andato in cie-lo e lo hanno fatto santo, quel-lo là s’è montata la testa: tut-ti lo pregano, tutti lo invoca-no, ma lui pensa ad altro. Ho lasciato che si sfogasse

la signora, poi, insieme, siamo entrati in chie-sa. - Dimmi qualcosa, ti prego, sono troppo avvili-ta… dimmi qualcosa!…- Sii contenta!… Pensa, dopo che ti avranno cava-to l’occhio sinistro, potrai piangere ancora… conil destro.Sciocchezza più assurda non potevo dire, eppu-re un abbozzo di sorriso è affiorato sul quel visoche si arricciava appena sotto la benda.E’ iniziata la messa e nella conversazione omi-letica ho raccontato il disagio della signora Rosa,e soprattutto che mai prima di allora aveva pen-sato di dover dubitare sull’aiuto di P. Pio…- Signora mia, fa come faccio io: da molti anniormai non prego più né santi né madonne. Daquando mi hanno detto che loro per fare i mira-coli debbono chiedere il permesso a Dio, mi rivol-go direttamente a lui e aspetto…Alla signora, che con accento romanesco ave-va cercato di risistemare la fede di Rosa, fece-ro eco altre voci, altri pareri, soprattutto sullafigura di P. Pio, che la stampa e la televisionein quei giorni stavano di nuovo tartassando met-tendo in dubbio il fatto delle stimmate. - E se fosse vero che quelle stimmate erano soloun bluff ?… E’ fin troppo facile far traballare unafede che poggia sul terriccio incerto delle devo-zioni. Forse per questo, quando è possibile, pren-do la palla in balzo per scavare e costruire fon-damenta più solide a ridosso delle fatue voglie

di miracolo, perché la fede, almeno nelle coseessenziali, stia al riparo. Ma non sempre l’operazionemi riesce.Solo qualche giorno fa, sempre a proposito del-la santità di P. Pio, ho ricevuto un certo nume-ro di lettere che in modo diverso ponevano ilproblema.Scrive Adriana: “La mia fede non ha mai guardato ai miraco-li… La mia fede non si nutre di prodotti preconfezionati,urlanti e compiacenti di cose che poco hannoa che fare con un Credo religioso.La mia fede mi scava dentro: si insinua nellepieghe più recondite dell’anima, disseta le miepaure, i miei dubbi, consola i miei errori, nellasperanza di rendermi una persona migliore... Poco importa se le stigmate di Padre Pio sia-no state o no un bluff…. Non possiamo né giudicare, né rendere giusti-zia, poiché, appunto, parliamo di fede...Guardando oltre, forse eviteremo quel baratrodi vuoto e solitudine nel quale potremmo pre-cipitare cadendo nella trappola dei “troppi” checi vorrebbero salvare...”. Mi si allarga il cuore quando ho la fortuna di incon-trare persone che con disinteresse danno soste-gno alla propria fede, senza dover ricorrere aquelle immagini che si portano in processionee che la generosità dei devoti ingioiella abbon-dantemente. Un prete, che l’onestà conduce al rispetto diun qualsiasi modo di intendere la propria reli-giosità, deve pur fare chiarezza nel suo intimo,perché il groviglio delle esperienze altrui nonlo soffochi e perché i propri interessi non lo indu-cano a strumentalizzare la fragilità dei sempli-ci. La messa è finita. Sono andato a salutarela signora Rosa.- Prega per me!… E lunedì mattina accendimiuna candela…- A chi vuoi che l’accenda?Strizzando l’occhio sano e spedendo un sorri-

so al cielo…- A Padre Pio! La candela l’ho accesa, maa S. Giuseppe. Forse perché l’ho visto menopressato dalle anime inpena, forse perché l’ho tro-vato più disponibile ad acco-gliere le suppliche dellasignora Rosa; forse, e que-sta è la versione da rite-nere più attendibile, per-ché per me prete… un san-to vale l’altro, speciequando a chiedere lagrazia è una signoraanziana che comunque,rassegnata, si appresta apiangere con un occhio solo.

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Stanislao Fioramonti

IIl 24 aprile scorso, dopo quasi 20 anni di atte-sa, sono riuscito ad esaudire un desiderio:quello di incontrare una eremita. Sorella Teresa

Bertoncello da Cittadella (PD), 84 anni, è unadonna all’apparenza minuta e fragile, ma in real-tà forte come l’acciaio, o forse nel caso suo sareb-be meglio dire forte come l’amore, perché daun quarantennio vive da sola, fisicamente lon-tana dal mondo, riempiendo ogni sua giornatadi preghiera e di misticismo, e per il resto con-fidando nella Provvidenza. A 20 anni eraentrata nelle suore Figlie di S. Giuseppe, mapian piano si rese conto che non era quella lavita che sognava. Nel 1971 iniziò la sua prima esperienza eremiticaad Acquaiure, frazione di Spoleto sotto il vali-co della Somma; dal 1986 si trasferì definitiva-mente sul Monteluco di Spoleto, in localitàCamporìo, 45 minuti a piedi dalla frazione diPatrico (tre famiglie residenti, una delle quali haun agriturismo). Un monte, quello spoletino, dasecoli nido di eremiti, perché fin dal V secolovi si insediarono comunità orientali al seguitodi S. Isacco di Siria, che da questa “Tebaide umbra”si diffusero in seguito sul Subasio, in Valnerinae in Val Castoriana (S. Eutizio), e lasciarono illoro segno anche sul giovane Benedetto da Norcia.“Qui dimorano silenzio e preghiera” è scritto all’in-gresso del minuscolo e grazioso Eremo degliAngeli, posto al limite del bosco a circa 1100metri di altitudine, da dove durante i mesi inver-nali non si può uscire per la neve. Lo abbiamo raggiunto a piedi da Patrico,circa 3 km, e per un’ora buona abbia-mo potuto parlare (e fotografare) lapiccola donna dai capelli bianchi eil viso tondo, che da 40 anni praticain perfetta solitudine soprattutto la pre-ghiera – con le labbra e con tutto ilcorpo - per tutta l’umanità. “La preghiera – dice – è una rela-zione di amore che investe la men-te, il cuore e il corpo di chi prega.La mente risveglia il cuore, il cuo-

re si ravviva e illumina il corpo, il cor-po apre le ali per elevarsi con la men-te e il cuore”.Non solo la preghiera, però, ma tan-to altro: la meditazione, la contem-plazione, lo studio della Bibbia, la scrittura del-le vite dei Santi, l’esegesi poetica dei salmi, l’ap-profondimento teologico, e poi anche il lavoromanuale (l’orto, la raccolta della legna per il foco-lare) e un minimo di contatto sociale con i paren-ti e gli amici: il sabato mattina sorella Teresa disolito va a Spoleto per la spesa o a Patrico perricevere telefonate, ritirare la posta e nella chie-setta della frazione – dove dice messa un fra-te minore del convento di Monteluco - rifornir-si del Santissimo Sacramento, da custodire nel-la sua cappellina con gli angeli affrescati, chedanno il nome al luogo. “La devozione ai celesti protettori – ha scrittosuor Teresa – assorbita con la cultura cattoli-ca conobbe un improvviso forte impulso nel-

le prime ore del mio isolamento eremitico (...);l’angelo del Signore si era accampato attornoall’eremo a proteggermi. L’assistenza degli Angeli di Dio ha ripetuto lapropria manifestazione lungo i decenni dellamia austera solitudine durante i quali fiduciaumana e soccorso dall’alto si sono sostenuticon apporto reciproco”.La sua casetta bassa e chiara, da lei stessa costrui-ta, fu restaurata una prima volta nel 1993, dopo

un incendio provocato dallo scoppio dellabombola del gas, incendio da cui la donna sisalvò saltando dalla finestra e di cui porta anco-ra i segni cicatrizzati sul volto. Quando la vidi per la prima volta, a Patrico, l’8gennaio 1994, suor Teresa era ancora fascia-ta al capo e alle braccia per le ustioni; fu allo-ra, dopo quell’apparizione fugace, che mi ven-ne il desiderio di conoscerla, un desiderio chedopo tanto tempo sono finalmente riuscito a rea-lizzare! Dopo un’altra consistente ristrutturazionenel 1986, l’eremo fu ribattezzato col nome bibli-co di Colle di Refidim.E’ formato da tre piccolissimi locali: la minuscolacappella con gli angeli affrescati; un ambienteun pò più ampio con un bel camino, il lettuccio,

il tavolo da studio e una piccola libreria; e unacucinetta. Fuori c’è un pozzo-cisterna per la rac-colta dell’acqua piovana (per quella potabile c’èuna fonte vicina) e, sul tetto, un solo pannellosolare che basta per le necessità minime di illu-minazione della casa, almeno d’estate perchéd’inverno, quando il sole resta a lungo nasco-sto, si usano le candele.E’ stata un’esperienzadi vita molto bella, per noi, anche perché sorel-la Teresa è una donna assolutamente norma-

le, concreta, convinta e felice del-la sua scelta, orgogliosa della suaesistenza “sospesa” tra cielo e ter-ra, tutta presa dalla preghiera aDio e per il prossimo. Una donna che non ti dà l’impressionedi “non esserci”, perché quandole scatti una foto e vede che nonè venuta troppo bene, magari per-ché il sole le ha prodotto qualcheruga o qualche palpebra socchiusa,se ne fa scattare un’altra; equando le chiedi come fa a muo-versi – quando deve muoversi –alla sua età, risponde che ha risol-to il problema acquistando una mac-chinina, che si vede parcheggia-ta in garage.

E inoltre, anche se non ha TV, computer e tele-fonino (roba che quassù non “prenderebbe”),e se accende la radio solo per pochissimi minu-ti la mattina durante la colazione, si dimostramolto informata su come va il mondo, ha le sueidee sulle magagne della società civile e dà l’im-pressione di conoscere molto bene le cause ele conseguenze della crisi, morale prima che eco-nomica e politica, del nostro tempo. Eremita nel vero senso della parola dunque, sorel-la Teresa, ma non estranea al mondo, per il qua-le si sente utile soprattutto grazie alla preghie-ra che gli dedica ogni giorno. Una cosa non quantificabile, forse, ma certa-mente utile, forse più di tante parole e discor-si e documenti programmatici.

2424 SettembreSettembre20132013

Alessandro Leoni e Teodoro Beccia

IIl titolo di queste poche righe può ingannare facendo tornare allamemoria una famosa sceneggiatura cinematografica di fine anni’90. Questa invece è la nostra storia. Abbiamo lasciato la nostra

vita quotidiana fatta di doveri, impegni, interessie passioni per iniziare un cammino del qua-le non conoscevamo che il momento presentee Colui il quale ci invitava ad imitare i suoi pas-si. Direzione: Pontificio Collegio Leoniano di Anagni, 25 ottobre 2006.È proprio qui che lo scorso maggio abbiamo varcato per l’ultima voltala soglia di quel grande portone che ci ha visti entrare e uscire lungoquesti sette intensi anni. Ogni giorno trascorso in quella che per noi èstata una “seconda casa” ha fatto sì che fossimo ciò che oggi siamo, il

tutto unito al nostro bagaglio personale.Tale percorso è stato reso possibile attraver-so la cura e la premura di coloro che erano pre-posti alla nostra crescita umana, spirituale, intel-lettuale e pastorale. Le scalate per conosce-re se stessi, gli altri e l’Altro non sono mancate…

e, pensandoci bene, non siamo neanche giunti al traguardo, anche sela vetta si staglia sopra di noi. Ciò che ci consola però sono le paroleche Gesù ci ha lasciato: «Voi conoscete la via» (Gv 14, 4). Dopo attento discernimento da parte nostra e dei nostri formatori, lun-go questi anni abbiamo conseguito le tappe importanti del cammino, qua-

li l’ammissione tra i candidati agli Ordini Sacridel Diaconato e del Presbiterato, il mini-stero del Lettorato e il ministero dell’Accolitato.

Desiderando ora consacrarci totalmente alservizio di Dio e della Chiesa, avendo accolto la nostra richiesta, il Vescovotra qualche giorno ci ordinerà diaconi imponendo le sue mani su di noicome un tempo gli Apostoli con i loro successori. Tale segno vuole espri-mere l’invocazione dello Spirito Santo affinché effonda la sua grazia sulnostro futuro ministero che svolgeremo separatamente in una delle par-

Sr. Francesca Langella ap.

NNel numero precedente abbiamo visto comela preghiera è quel luogo privilegiato nelquale poter ascoltare la voce di Dio che

chiama. Nella preghiera possiamo vivere una pie-na relazione con Dio, riconoscere la sua volon-tà, scoprire la nostra vocazione e rispondere congenerosità e fede alla sua chiamata. La preghiera prepara e guida le nostre scelte eci aiuta nell’arte del discernimento. I Vangeli cipresentano molto spesso Gesù che prega; egliama ritirarsi in preghiera, in un luogo solitario perincontrarsi con Dio Padre. Egli invita anche noia pregare, a non fermarsi mai, a non stancarsimai di pregare. Una delle immagini più belle latroviamo nel racconto di Matteo (cfr. Matteo 9,35-38) dove incontriamo Gesù che esorta i suoi disce-poli a pregare per un’intenzione particolare e spe-cifica: per le vocazioni. Pregare per le vocazioni significa ricordare e con-fessare che la vocazione è dall’alto, viene da Dio,è dono suo: Dio è il soggetto che plasma le chia-mate e solo lui le può sostenere. Dio è il ‘principio’ della chiamata e ne è il ‘fine’ma questi due poli si possono tenere insieme solopregando. Gesù percorre tutte le città insegnando,annunciando il regno di Dio e guarendo ogni malat-tia e infermità. In questo cammino ci chiede dicondividere la sua stessa compassione per l’u-manità, di provare i suoi stessi sentimenti e desi-deri: che ogni persona, in ogni luogo e in ognitempo, possa incontrare l’amore di Dio per esse-re guarita, ricevere l’annuncio della Parola chesalva e dare senso alla propria esistenza. Gli operai sono pochi: questo il motivo profon-do che ci spinge a chiedere a Dio il dono di nuo-ve vocazioni, di provvedere, nella sua immen-sa bontà e secondo la sua volontà, alla sua mes-se, al suo gregge, al suo popolo, a ogni suo figlio.L’invito a pregare per tutte le vocazioni è personalee tocca ciascuno, ma è anche comunitario, eccle-

siale, cioè coinvolge tutti i credenti affinché si for-mi sempre più una profonda coscienza vocazionale.Pregare per le vocazioni non è semplicementeriempire una carenza e un bisogno vocaziona-le, ma è innanzitutto la necessità di ravvivare con-tinuamente il dono della nostra personale voca-zione (non c’è nessuno che non abbia “vocazione”perché ogni vita è vocazione). Nella comunità cristiana la preghiera per le voca-zioni, si sta qualificando sempre più come pre-ghiera di ringra ziamento, perché Dio non perdela sua fiducia nell’uomo e chiama sem pre; comepreghiera d’invocazione allo Spirito Santo, checi permette di riconoscere i doni di Dio e la nostraresponsabilità personale nella Chiesa e nell’u-manità; come preghiera di domanda, per chie-dere esplicitamente al Signore delle chiamate nuo-ve e generose risposte.Il documento Nuove vocazioni per una nuova Europa(n. 27a) ci ricorda proprio che: “La preghieranelle comunità diocesane e parrocchiali, inmolti casi resa anche «incessante», gior-no e notte, è una delle vie maggiormen-te percorse per creare nuova sensibilitàe nuova cultura vocazionale favorevoleal sacerdozio e alla vita consacrata.L’icona evangelica del «Padronedella messe» conduce al cuo-re della pastorale delle voca-zioni: la preghiera.Preghiera che sa«guardare» consapienza evangelicaal mondo e ad ogniuomo nella realtàdei suoi bisogni di vitae di salvezza. Preghiera che espri-me la carità e la«compassione» diCristo verso l’umanità,che anche oggi appa-

re come «un gregge senza pastore». Preghiera che esprime la fede nel-la voce potente del Padre, che solo

può chiamare e mandare a lavorare nella Suavigna.Preghiera che esprime la speranza viva in Dio,il quale non farà mai mancare alla Chiesa gli «ope-rai» necessari a portare a compimento la sua mis-sione”. In questi ultimi anni qui in Italia sta cre-scendo e maturando nell’ambiente ecclesiale lasensibilità vocazionale e nascono diverse iniziativedi preghiera.Il Centro Diocesano Vocazioni* della nostra dio-cesi, propone il Monastero Invisibile per le Vocazioni:una scheda di preghiera che viene inviata per-sonalmente o nelle parrocchie a chi ha aderitoall’iniziativa e ogni primo giovedì del mese una“rete invisibile” di persone prega per le vocazioni.Per far parte di questa “comunità orante” ci si puòiscrivere e ricevere la scheda di preghiera scri-vendo a: [email protected]

In conclusione, la preghiera per le voca-zioni, non può essere intesa come sem-

plice richiesta di un numero maggio-re di chiamati.

Non siamo invitati a pregareaffinché vi siano molti o più ope-

rai nella messe del Signore;dobbiamo piuttosto pregare

affinché tutti quelli che ilSignore chiama, quanti egli

vuole e come egli sa, sia-no, con il suo aiuto, verioperai nella sua messe.

*ufficio che ha la finalità di ani-mare “vocazionalmente” le comu-nità cristiane della Diocesi: par-rocchie, associazioni, movimenti,comunità religiose,… perché siamessa al centro dell’azione edu-

cativa e pastorale l’attenzionealla vocazione di ogni battezzato,

in qualsiasi età e situazione di vita.

continua nella pag. accanto

2525Settembre Settembre 20132013

n.d.r

MMercoledì 25 Settembre 2013, nella cor-nice del Convegno Diocesano dueseminaristi della nostra Chiesa dio-

cesana, Teodoro Beccia e Alessandro Leoni saran-no ordinati diaconi dal nostro Vescovo Vincenzo.Attraverso l’imposizione delle mani, lo SpiritoSanto discende sul candidato, che diventa unMinistro Ordinato. Senza essere Sacerdote nonè laico e senza essere laico non è sacerdote.E non è neanche Vescovo. Diciamo che il Diaconoè una figura situabile al centro, tra il laico ed ilSacerdote ma non necessariamente interme-dia e con una sua funzione specifica. Egli, infatti, non è un sacerdote perché non pre-siede l’Eucaristia e non assolve i peccati. Piùin generale, non si colloca all’interno della comu-nità cristiana nella stessa posizione del parro-co. Inoltre, nella maggior parte dei casi il dia-cono è coniugato ed ha una sua professione.Egli non è “un semplice laico”: riceve infatti ilsacramento dell’Ordine, che lo immette tra i mem-bri del clero, ha una propria veste liturgica, sul-l’altare ha un posto suo, ha il compito di pro-clamare il vangelo e di tenere l’omelia, ha l’ob-bligo di celebrare la liturgia delle ore a nomedell’intera Chiesa, può celebrare la liturgia delbattesimo, benedire le nozze, accompagnarealla sepoltura i defunti. Egli è un Ministro di Cristoa tutti gli effetti.Il Ministero diaconale è triplice. Il Diacono vie-ne cioè ordinato per il Ministero della Parola,della Liturgia e della Carità: Diaconia della Parola. Oltre alla proclamazionedel Vangelo e alla predicazione, il Diacono per-manente svolge il suo servizio nella cateche-si, in particolare nella preparazione ai Sacramenti:prepara le famiglie che chiedono il battesimoper i propri figli, prepara le coppie al Sacramentodel matrimonio, accompagna le famiglie nellavita coniugale, segue piccoli gruppi per un cam-mino di fede (centri di ascolto). Egli è chiamato anche a trasmettere la Parolanell’ambito professionale e nei luoghi di lavo-ro, anche prevedendo modalità specifiche di annun-cio. (cfr. 25 e 26 Direttorio)

Diaconia della liturgia. Oltre al servizio all’al-tare in senso stretto il Diacono permanente “pro-muove celebrazioni che coinvolgano tutta l’as-semblea, curando la partecipazione interiore ditutti e l’esercizio dei vari ministeri” (30 Direttorio).Fra i Sacramenti, quello del matrimonio può ave-re grande giovamento dal servizio diaconale.“I Diaconi sposati possono essere di grande aiu-to nel proporre la buona notizia circa l’amoreconiugale, le virtù che lo tutelano e nell’eser-cizio di una paternità cristianamente e umanamenteresponsabile” (33 Direttorio). Ad essi può essere affidata la cura della pasto-rale familiare. Altro ambito specifico è la curapastorale degli infermi, sia nel servizio opero-so per soccorrerli nel dolore, ma anche nellapreparazione a ricevere il sacramento dell’un-zione e la loro preparazione ad una morte cri-stiana. (cfr. 34 Direttorio)Diaconia della carità. Il diacono permanente,

come Ministro ordinato, è a ser-vizio del popolo di Dio. I suoi ambi-ti specifici possono essere le ope-re di carità parrocchiali e diocesane,le opere di educazione cristia-na (animazione degli oratori, deigruppi ecclesiali e delle professionilaicali, la promozione della vitain ogni sua fase) e di serviziosociale nel dovere della caritàe dell’amministrazione, eserci-tati in nome della gerarchia (cfr.38 Direttorio). I tre ambiti del Ministero diaco-nale potranno a seconda dellecircostanze assorbire una per-centuale più o meno grande del-l’attività di ogni Diacono, pur rima-nendo inseparabilmente uniti nelservizio. Spetta al Vescovoconferire al Diacono l’ufficio eccle-siastico a norma del diritto.“I Diaconi possano svolgere il

proprio ministero in pienez-za… e non vengano relegati aimpegni marginali o a funzionimeramente supplettive. Solo cosìapparirà la loro vera identità di

Ministri di Cristo e non come laici particolarmenteimpegnati.” (40, Direttorio).Il Vescovo può conferire ai Diaconi l’incarico dicooperare alla cura pastorale di una parrocchiaaffidata a un solo parroco o possono essere desti-nati alla guida, in nome del parroco o del Vescovo,delle comunità cristiane disperse (cfr. 41,Direttorio).A loro due e a tutti diaconi del mondo faccia-mo gli auguri di un servizio che sia retribuito congioia e riconoscenza dal popolo di Dio, perchéattraverso il loro servizio giunga alle personeche incontreranno la carezza misericordiosa delSignore che guida e accompagna sempre la SuaChiesa pellegrina sulla terra, che ha sempre biso-gno della Grazia del Signore che passa ancheil servizio di alcuni fratelli che nella conoscen-za dei loro limiti e potenzialità si sono donatitotalmente al Signore per servirlo, per amarlocon il cantico della stessa loro vita.

rocchie della nostra Diocesi. Nella scelta di un versetto della Scritturache caratterizzasse noi e questo momento così importante, abbiamo rite-nuto più opportuno scegliere Gv 13, 15: «Vi ho dato un esempio, infat-ti, perché anche voi facciate come io hofatto a voi». L’esempio di cui parla Gesù è dare la pro-pria vita per amore, un amore a 360°.È l’ulteriore sfida che siamo chiamati a vive-re in questi tempi dove l’uomo ricco con-tinua ad arricchirsi e dove il povero conti-nua ad impoverirsi. Sì, la crisi è dell’uomonella sua integrità che viene continuamentesedotto dall’“oro che luccica”. Di fronte a tutto ciò, Papa Francesco, gran-de uomo di Dio, ci aiuta però a non per-

dere di vista l’essenziale. Dice: «Dove c’è la Croce, per noi cristiani c’è la speranza, sempre. Se non c’è la speranza, noi non siamo cristiani. Per questo a me pia-

ce dire: non lasciatevi rubare la speranza.Che non ci rubino la speranza, perché que-sta forza è una grazia, un dono di Dio checi porta avanti guardando il Cielo» (Omelia, 15 agosto 2013). Chiediamo infine di pregare per noi affin-ché possiamo, con la grazia divina, vive-re la nostra vita a servizio di Dio e dellaChiesa, uniti a coloro che il Signore ci haposto e vorrà continuare a metterci davan-ti lungo le strade della vita.

segue da pag. 24

2626 SettembreSettembre20132013

+ Vincenzo Apicella, vescovo

EEcclesia compie esattamente nove anni e giunge al suo centesi-mo numero: è un traguardo importante, che consente anche difare un provvisorio bilancio ed una opportuna verifica. Per ave-

re un certo termine di paragone sono andato a rileggermi il primo nume-ro, del settembre 2004, uscito in concomitanza con l’annuale Convegnodiocesano di programmazione, aperto dalla prolusione dell’alloraCardinale Ratzinger sul tema “Essere Chiesa oggi in Europa”, lo stes-so tema sarà poi da lui stesso ripreso in una ormai famosa conferenzatenuta a Subiaco poco tempo prima della sua elezione al Soglio Pontificio.Un grande passo in avanti si nota subito confrontando le dimensioni, l’im-paginazione e la veste tipografica di quel primo numero con quello dioggi: segno di una crescita e di un perfezionamento che rivelano subi-to l’impegno con cui viene ancora portata avanti questa importante ini-ziativa diocesana.Se poi leggiamo la pagina programmatica, a firma di mons. Angelo Mancinie la presentazione del vescovoAndrea Maria Erba, ritroviamo le fina-lità che ancora giustificano e, anzi,esigono, la prosecuzione di un lavo-ro non certo facile e leggero.Il primo scrive che il mensile dioce-sano intende “contribuire attraversola comunicazione alla maturazione del-la nostra chiesa locale”, il secondolo presenta come “vincolo di comu-nione tra tutte le realtà che compongonola nostra Diocesi” per “rafforzare il sen-so di appartenenza alla Chiesa” e crea-re “una rete di solidarietà e di cono-scenze”.

Comunicazione e comunione, quindi, rimangono gli obiettivi difondo, che esigono ambedue una comune premessa, che sipuò sintetizzare nel termine “collaborazione”.Sempre continuando nel raffronto, risulta evidente il camminofatto finora, però è anche chiaro che queste sono realtà chenon possono essere mai date per scontate, ma vanno ripre-se e rilanciate ad ogni numero. Anzi, man mano che il cam-mino procede, diventa sempre più impegnativo essere all’al-

tezza di raggiungere le finalità che ci si è proposti: aumenta il volumedelle comunicazioni, che, a volte, non arrivano in tempo utile, la comu-nione corre il rischio di affievolirsi, se si trascura di far conoscere ed uti-lizzare lo strumento, la collaborazione, poi, dipende dalla disponibilitàdelle persone, che occorre continuamente sollecitare, a cominciare dairesponsabili dei servizi pastorali diocesani.Davvero grande, quindi, è il debito di riconoscenza che abbiamo nei

confronti di chi, da nove anni, si fa carico di garantire che ogni meseEcclesia sia puntuale all’appuntamento in ogni angolo della Diocesi, svol-gendo anche il compito importante di Bollettino Ufficiale degli atti di Curia.Occorre, a mio parere, anche riprendere quell’auspicio di Mons. Erba,che vedeva Ecclesia come un forum aperto a tutti e, possibilmente, pre-vedere un allargamento del Comitato di redazione, che possa far fron-te alle accresciute esigenze. Infine la constatazione che Ecclesia rap-presenta anche un valido “biglietto da visita” per la nostra comunità eccle-siale, se si deve dar credito ai tanti apprezzamenti che ho potuto regi-strare in questi anni, provenienti dalle persone e dagli ambienti più dis-

parati. Ancora molti soni i margini dimiglioramento possibili, non resta quin-di che affrontare il giro di boa del cen-tesimo numero con ancora maggioreimpegno e determinazione, augurandobuon lavoro a don Angelo e a tutti isuoi collaboratori.

Nella foto:2004 - L’allora cardinal JosephRaztinger e il vescovo mons. Andrea M. Erba in un momento del ConvegnoPastorale nel quale fu presentato il primo numero diEcclesia in C@mmino.

2727Settembre Settembre 20132013

Don Dario Vitali*

DDa dieci anni, per sms o per posta elet-tronica, arriva puntuale, intorno alla metàdel mese, l’immancabile messaggio: «Ricordo

ai collaboratori di Ecclesia di inviare i loro con-tributi». Alla cartella «diocesi» del mio computer,i files sono ormai molti, e contengono i pezzi che,dopo aver accettato la richiesta di don Angelo dicollaborare al giornale, ho scritto per Ecclesia. Sitratta di commenti ai convegni diocesani, di arti-coli d’occasione, ma soprattutto dei commenti all’en-ciclica di Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia,e poi, per cinque anni, il commento alla Lumengentium e ora il commento al Credo, durante l’an-no della fede.A causa degli impegni accademici, di tempo nonne ho molto, e spesso ho dovuto scrivere i pez-zi in «zona Cesarini», qualche volta non sono riusci-to, soprattutto in questo ultimo anno, ad onora-re l’impegno. Ma sono contento di questo picco-lo servizio alla mia diocesi, che si è trasformatoin un’opportunità di grande importanza per me.Non perché avessi bisogno di quello spazio: il ser-vizio ecclesiale che svolgo mi obbliga a produr-re continuamente contributi per riviste teologiche.Ma Ecclesia è uno spazio diverso, una possibili-tà di incontro con lettori non avvezzi al linguag-

gio tecnico della teologia. La sfida è stata quel-la di spiegare con un linguaggio accessibile, allaportata di tutti, temi che di solito non sono offer-ti al grande pubblico. I pezzi che mi hanno fat-to più felice sono quelli sulla Lumen gentium.Non so quanti abbiano letto il commento corsivoalla costituzione; ma il guadagno di questo ten-tativo di mediazione è stato per me incalcolabi-le, non solo perché quel commento molto mi èservito per la stesura di un testo sulla Lumen gen-tium, recentemente pubblicato da Studium: lo sfor-zo di rendere accessibile il testo ai lettori di Ecclesiami ha aiutato a penetrarne ulteriormente i signi-ficati, ma soprattutto a vederne le implicazioni ele applicazioni per la Chiesa di oggi. La mia esperienza è solo una tessera di un mosai-co che riguarda un’impresa editoriale di cui biso-gna dare merito soprattutto a don Angelo: senzala sua costanza, la sua fatica, la sua “tigna”, unprogetto del genere sarebbe presto naufragato.Il grazie è d’obbligo, non perché lui ne abbia biso-gno (ma sono certo che non gli dispiaccia), maperché nel tempo Ecclesia in cammino è diven-tato uno strumento non solo di buon livello edi-toriale, conosciuto e invidiato da molti, masoprattutto perché si è trasformato in un segnodi identità. Ecclesia in cammino, infatti, da un decennio è sem-pre più espressione della diocesi. E non lo è soloperché nelle ultime pagine si pubblicano i decre-ti del vescovo, gli appuntamenti diocesani e quan-t’altro riguarda la vita istituzionale della diocesi:per fare questo bastava il vecchio bollettino dio-cesano. Più direttamente, il mensile offre percorsidi approfondimento che permettono di formare lecomunità della diocesi a una coscienza cristiana,a una identità ecclesiale, a una testimonianza respon-sabile. Il giornale, infatti, tocca temi che interes-sano l’ampio spettro dell’esperienza ecclesiale,

con articoli sulla Sacra Scrittura, la storia, l’attualitàecclesiale, la vita diocesana, entrando in tutti gliambiti che configurano la vita cristiana nella for-ma specifica che assume nella nostra Chiesa par-ticolare. Un esempio su tutti: gli speciali sui con-vegni diocesani, preparati prima della loro cele-brazione da articoli di approfondimento, che per-mettono a quanti hanno interesse di farsi un’ideadel tema annuale scelto per il cammino diocesano. Chi sfoglia Ecclesia può vedere, come in uno spec-chio, il volto della nostra Chiesa. Un volto bello, come bella è l’impaginazione, conimmagini scelte sempre con proprietà per accom-pagnare i pezzi. Un volto non di rado sfuocato,come il sommario, dove si coglie non la mancanzadi una linea editoriale, ma la frequente assenzadelle voci – istituzionali e non – di una Chiesa cheè senz’altro in cammino, ma spesso dimentica didocumentarlo. Un volto comunque identificabile,di una madre che trova sempre risorse per ser-vire ai suoi figli un pranzo ricco e vario, che asso-miglia tanto all’agape fraterna di certi gruppi eccle-siali, dove non importano gli abbinamenti dei piat-ti con i vini, perché tutti portano qualcosa e nes-suno muore di fame.

*Docente Ordinario alla P.U.G. di Roma e collaboratore di Ecclesia in C@mmino

Carissimo d. Angelo,

mi congratulo con te e ti ammiro per la perseveranza e la costanza con cuihai redatto con pignoleria la rivista diocesana. Te lo dice uno che per circaquarant’anni, insieme al compianto Giuseppe Caiati, ha portato avanti la reda-zione del “Campanone”.Il problema di fondo era sempre quello di correre dietro agli articolisti chenon mandavano gli articoli nei tempi stabiliti. Penso che lo stesso accada ate; abbi pazienza e continua ad andare avanti, perché anche questo è unservizio alla diocesi!La rivista merita di essere pubblicata, ma, a mio avviso, dovrebbe essere

meno teologica e più pastorale. Gli articoli teologici sono interessanti, ma si dovrebbe dare più spa-zio alla descrizione delle attività pastorali, in modo che ci possa essere confronto, condivisione,dibattito e arricchimento vicendevole. Certo, l’impegno non può ricadere sui parroci che normal-mente sono oberati di impegni; ogni parrocchia dovrebbe costituire un gruppo redazionale che siimpegni a mandare mensilmente notizie sulla propria comunità alla redazione centrale. Mi impegnogià da ora a mettere in pratica quanto suggerisco, anche se a priori so che non mi sarà facile. Intantoti auguro di arrivare al bicentenario; in fin dei conti si tratta di una decina di anni. Il problema di fondoè crederci e continuare a collaborare, perché è ammirevole che una diocesi piccola come la nostra abbiauna rivista di spessore e in gran parte è merito tuo! Auguri e buon lavoro!

mons. Luciano Lepore, biblista e parroco in Colleferro

2828 SettembreSettembre20132013

don Angelo Mancini*

DDal settembre 2004, in occasione delConvegno Pastorale Diocesano alla qua-le portò il suo contributo anche l’allora

Cardinal Joseph Ratzinger, la nostra diocesi conla nascita di Ecclesia in C@mmino si è dato unostrumento per ampliare i suoi spazi di annuncioe per raggiungere i fedeli in tutti gli angoli del ter-ritorio. In una parola il mensile è uno strumen-to a servizio della pastorale. A quel tempo in diocesi come periodico esiste-va solo il “Cuore della Diocesi” testata nata a Segnia servizio del Seminario minore poi, una voltachiuso quest’ultimo il suo compito si è aperto atutta la città di Segni e per opera di don BrunoNavarra anche alla Diocesi. Ma si trattava di unpiccolo opuscolo. Vi era inoltre la necessità di rendere pubblici gliatti della Curia e del Vescovo attraverso il BollettinoDiocesano, tutte le diocesi lo hanno ma che giàallora con l’avvento di internet questo tipo di pub-blicazione con scadenza annuale appariva tar-divo e anacronistico. Si è pensato allora ad una pubblicazione che potes-se svolgere il compito riservato al “Bollettino” econtemporaneamente facesse da amplificatoredei temi della pastorale che ogni ambito del-la diocesi ogni anno propone. Quindi fondamentalmente la testata dovevaassolvere a due compiti: la parte ufficiale del-la pubblicazione degli atti di curia e la comu-nicazioni dei vari responsabili degli uffici e orga-nismi pastorali della diocesi. Il Consiglio Presbiteraledette questa indicazione escludendo la cro-naca spicciola delle singole comunità, e gliappuntamenti ordinari del vescovo nelleparrocchie per evitare che alla fine venisse fuo-ri una lunga ripetizioni di cronache di celebra-zioni, di cresime e altre cose che sono nella quo-tidianità delle parrocchie. Si lasciava la cronaca oltre che per questi moti-vi anche perché le città della diocesi sono benservite da diversi settimanali, molto diffusi eproprio perché a scadenza settimanale risul-tavano più efficienti ai fini della cronaca.Così abbiamo lasciato trasparire che latestata che doveva nascere sarebbe stata unperiodico a scadenza mensile. In verità que-sto mensile dapprima doveva essere solo online che inviato in pdf in ogni parrocchia ognu-no avrebbe provveduto a stamparlo per sé. Come si diceva all’inizio la presenza del CardinalRatzinger al Convegno diocesano suggerì al vesco-vo e non solo di stampare il primo numero chesuscito tanto interesse e curiosità che si con-tinuò a stamparlo pur mantenendo la presenzaon line sul sito diocesano.E’ bene ricordare che tutto questo nasce daldesiderio di S.E. mons. Andrea Maria Erbaallora vescovo diocesano, il quale ha propostoe sostenuto l’idea, comprendendo anche alcu-

ne esigenze come quella della diffusione gratuita,della veste grafica, dell’ampliamento dei temi trat-tati, con la ricerca dei collaboratori ecc.E lo ha sostenuto e lo sostiene ancora oggi coni suoi preziosi scritti, per questo lo ringraziamodi cuore.All’inizio della sua pubblicazione Ecclesia in C@mmi-no si componeva di sedici pagine, sempre a colo-ri, oggi siamo a quaranta pagine, dalla sua usci-ta non è mai mancato all’appuntamento mensi-le, per undici pubblicazioni annuali. Molti sono stati coloro che vi hanno contributoin questi cento numeri anche firme eccellenti, traquelle più assidue ricordiamo il dott. Pier GiorgioLiverani già direttore dell’Avvenire che ci scrivesempre sui temi della vita, ma abbiamo ospita-to anche giornalisti come Luigi Accattoli, Aldo MariaValle, Davide Rondoni, il compianto PaoloGiuntella e altri. A fronte di questi occorre ricor-dare i collaboratori di sempre che hanno arric-chito con i loro articoli il mensile tra questi donDario Vitali, don Luigi Vari, don Franco Fagiolo,don

Indice degli autori dei

nn. 51-100 di Ecclesìa

Tonino Parmeggiani

CCome facemmo per il n. 50, anche per queston. 100 di Ecclesia è stato redatto un indice

degli autori degli articoli, per i nn. che vanno daln. 51 del Marzo 2009 all’attuale n. 100 di Settembre2013, indicando, a fianco per ognuno, il numerodella rivista e la pagina dove è stato pubblicatol’articolo. Nell’insieme và registrato un incremento del nume-ro degli autori di quasi un terzo, passando da 177a 250, per circa 1500 articoli, segno che il men-sile diocesano si và sempre più diffondendo nel-la nostra comunità, anche se spesso dobbiamo segna-lare l’assenza di informazioni più puntuali di ini-ziative parrocchiali o di alcuni uffici/comunità. Alcuniarticoli sono stati attribuiti a volte al responsabi-le di un ente/associazione forse erroneamente senon è stato possibile desumerne l’estensore. Nell’elencosi è seguito lo schema XX/YY.ZZ-, dove XX è ilnumero della rivista seguito, dopo la barra / dalnumero della (prima) pagina dell’articolo, inter-vallato da un punto se ce n’è un succesivo dellostesso autore; il trattino - distingue due numeri.

Cognome Nome Articoli (numero/pagina)Abbate Giovanna 70/8-85/10-Abruzzese Giovanni 62/38-87/35-94/38-Accattoli Luigi 56/8-Amendola Angelo 78/27-Apicella Mons. Vincenzo

51/2-52/2-53/2-54/2-55/2-56/2-57/2-58/2-59/2-60/2-61/2-62/2-63/2-64/2.21-65/2-66/2-67/2-68/2-69/2.8-70/2-71/2.36-72/2-73/2-74/2.25-75/2.19-76/2-77/2-78/2-79/2-80/3-81/3-82/3.22-83/3.28-84/3-85/3.19-86/3-87/3-88/3-89/3-90/3-91/3-92/3-93/3-94/3-95/3-96/3-97/3-98/3-99/3-100/3.26-Archivio di Segni 91/29-97/29-Ass. Amici Aurora 79/39-Ass. Cult. Il Cerchio 66/21-Ass. Cult. “Il Trivio” 55/37-57/38-62/36-67/34-Ass. Cult.”La Cioppàra” Segni 68/30-Aumenta Liliana 70/34-71/35-73/36-74/7-Barcellona Flavia 66/29-74/31-Bargellini Piero 60/19-Barone Claudio 87/22-Baroni Giuseppe 89/34-Bartoli Simonetta 99/23-Beccia Teodoro 58/11-60/13-62/21-65/19-66/21.32-67/19-68/21-70/19-71/19-72/36-73/26-74/22-76/26-77/21-79/5-80/26-84/25-100/24-Belardini Stefano 90/29-Benato Claudia 91/26-Ben Isa Ben Alì Maurizio 88/25-Bertoldi Mattia 64/28-Bianchini Sara 52/8-53/8.9-55/10-56/9-62/12-66/14.15-67/14-70/14-71/14-73/15-74/13-75/14-76/14-77/12-78/18-79/18-80/12.13-83/18.19-84/16-89/13-94/14-100/12-Bigaran Margherita 53/39-54/40-55/40-71/40-81/14-Bongianni Guglielmo 67/28-68/39-69/34-Bottaro Angelo 52/9-54/10-58/9-60/12-61/10-62/6-62/5-64/5-65/7-66/8-67/6-68/15-70/6-71/11-72/9-79/11-80/5-81/8-89/7-90/8-93/9-Braione Ernesto 58/15-Brugugnoli Rubina 82/35-

2929Settembre Settembre 20132013

Leonardo D’Ascenzo, don Daniele Valenzi,

don Marco Nemesi, il dott. Stanislao Fioramonti,il prof. Antonio Venditti, Costantino Coros. Ricordiamo anche l’apporto di alcuni come la prof.ssaSara Gilotta, Angelo Bottaro, Claudio Capretti, donAndrea Pacchiarotti, don Antonio Galati, Mara DellaVecchia, ma anche del gruppo di lavoro Caritasguidato da Sara Bianchini e don Cesare Chialastrie dei gruppi di lavoro degli uffici vocazionale, mis-sionario, catechetico, della pastorale familiare dio-cesani, i diaconi permanenti e più sporadicamenteanche di altri uffici. Non dimentichiamo quanti hanno contribuito agliinizi come Alessandro Gentili e altri e coloro, anchese in modo sporadico hanno “fatto” Ecclesia. C’è poi da ricordare coloro che tecnicamente efattivamente, nel corso di questi cento numeri,hanno lavorato per la riuscita del giornale, il caris-simo Gaetano Campanile, Fabio Ciarla, RobertaOttaviani, Mihaela Lupu, Lorena Carluccio e TittiSportelli e il preziosissimo Tonino Parmeggianinonché gli amici tipografi Alberto Pucciarelli pri-ma e Gianluigi Febbraio poi. Grazie a quest’ul-timi si è reso possibile una veste grafica sem-pre più bella a prezzi veramente contenuti.Dalla nascita ad oggi l’orizzonte del mensile siallargato soprattutto nella sezioni “grandi temi”che comprendono le questioni teologiche, bibli-che, morali e pastorali su temi di attualità, la paro-la del papa. Di rilievo e di interesse sono stati gli speciali dedi-cati all’ Anno Paolino, all’ Anno della Eucaristia,all’Anno Sacerdotale e all’Anno della Fede, glieventi ecclesiali nazionali come il Convegno del-le Famiglie. Come pure gli speciali in prepara-zione dei Convegni Pastorali Diocesani annua-li, della Visita Pastorale e della elezione di PapaRatzinger in quanto la diocesi si sentiva legatadal fatto che era Titolare del nostro titolo subur-bicario. Per un certo periodo abbiamo avuto una vocedal carcere cioè una serie di articoli proposti daun volontario presso il carcere di Velletri che nonci stancheremo mai di ringraziare. Molti ed importanti sono stati i contributi prove-nienti dal museo e dagli archivi diocesani di Velletrie di Segni che hanno contribuito ad ampliare l’of-ferta del mensile rendendolo più prezioso e uti-le. Molti sono stati gli interventi per evi-denziare attività pastorali, cateche-tiche, liturgiche e storico-culturali.Detto così sembrerebbeche non manchiniente, eppu-re qual-c o s am a n c a :m a n c al ’ appo r t ocontinuo ecostante di tutti i set-tori della pastorale chenell’intenzione fondativadi Ecclesia dovevano dia-logare con il resto della diocesi,offrendo agli operatori sul campoinformazione e formazione. Solo così

il mensile può mantenere fede al suo impegnoiniziale di essere un valido strumento a serviziodella pastorale.Ovviamente il fatto che sia stampato avvalora ilsuo peso come documento che nel corso del tem-po mantiene il deposito del cammino della dio-cesi, in questa veste non è sostituibile con nes-sun altro strumento primi fra tutti gli strumenti vir-tuali. L’auspicio è che la diocesi nelle personeresponsabili dei settori della pastorali prendanoatto del valore del mensile e se ne servano perle loro attività per contribuire al cammino dellaChiesa locale.Da molte voci apprendiamo di qualche preoccupazionecirca la eventuale spesa per la veste grafica, lacarta ecc. Ci teniamo a dire che il mensile “è fat-to in casa” soltanto due persone lavorano allaimpostazione e impaginazione (di cui uno a tito-lo gratuito è il sottoscritto) e pochissimi altri si preoc-cupano (a titolo gratuito) in particolare di alcunicontenuti. Le spese sono ridotte al minimo per un risulta-to finale che lascia pensare a chissà quanti ope-ratori, grafici, ecc. vi siano dietro e chissà qua-le impegno di spesa, come a volte ci viene rife-rito. Anche la distribuzione è fatta a spese ridot-te perché sempre il sottoscritto con la propria autoe un aiutante consegna alle parrocchie nelle diver-se città i plichi delle pubblicazioni. Un ultimo sguardo lo diamo alla versione on line,che dal numeratore del sito diocesano sappia-mo essere molto visitata. Quindi possiamo direalle 2500 copie stampate molti altri se aggiun-gono e questo ci fa piacere. Come pure non disdegniamo i complimenti cir-ca la ricerca delle immagini che accompagnanoi testi con i titoli. Con esse a volte anticipano inun istante il contenuto dell’articolo, posso assi-curarvi che questa è una vera ricerca che costatempo, ogni giorno, ma che è fatta per arricchi-re l’articolo e attirare l’attenzione del lettore, sonomolti coloro che lo notano e hanno piacere di comu-nicarcelo, noi li ringraziamo. Da ultimo ringraziamo il vescovo diocesano mons.Vincenzo Apicella non solo per il suo contributoma anche per il sostegno che da al mensile.

* direttore di Ecclesia in C@mmino

e dell’Uff. Diocesano per leComunicazioni Sociali

Bruno Sara 58/33-59/36-60/36-61/36-62/37-63/36-64/32-65/34-68/34-69/32.33-70/36-71/37-72/33-73/34-74/29-76/32-79/37-99/40-Calenne Luca 93/36-94/24-95/29-96/25-97/18-Calenne Vincenza 67/3-81/28-84/29-Caliceti Giuseppe 89/15-Calì Sara 51/31-52/31-53/33.33-54/31-55/31-56/20-57/10-58/15-59/32-60/32-66/26.26.27-68/28-69/37-70/32-71/27-72/12-73/33-74/35-75/33-76/35-77/33-79/30-81/32-82/28-86/35-96/27-97/28-98/25-99/32-100/37-Cammarota Guido 74/32-Campana Cataldo 60/17-Canali Francesco 74/33-77/34.35.37-78/32-79/32-80/30-81/32.33-82/25-83/34-84/31-85/31.33-86/31.38-87/29.34-88/34-Caponera Paolo 63/20-64/25-84/26-Capozi Piero 82/32-92/36-93/22.24-100/38-Cappucci Giorgio 58/7-95/33-97/21-Capra Ettore 91/20-92/25-93/19-94/19-95/20-96/21-97/15-98/18-100/20-Capretti Claudio 56/14.33-59/31-62/9-63/8-64/17-65/5-66/7.17.18-67/7.15-68/9-69/5-70/11-71/12-72/7-73/5-74/8.15-75/6-76/10-77/6-78/10-79/10-80/10-81/10-82/11-83/10-84/12-85/8.14-86/12-87/10-88/12.27-89/8-90/12-91/6.10-92/14-93/12-94/7-95/12-96/14.37-97/6-98/8-99/9-100/14-Carmelo di Carpineto 92/29-Caritas Diocesana 62/13-Carluccio Lorena 63/3-64/10-66/38-71/36-

92/9-99/25-Casa Nazareth 99/10-Cascioli Paola 87/15-94/13-95/14.15-Cascioli Piero 74/31-76/16.30.30-Casolari Enrico 63/24-Castignoli Gianni 52/11-55/13-Catese Maurizio 97/39-Cellucci Fabricio 54/15-55/14-56/17-57/16-59/9-61/22-63/16-64/19-66/22-67/19-69/19-70/19-72/17-75/26-77/20-78/7.26-79/5-80/20-81/21-82/19-83/23-84/23-84/25-85/28.29-86/22-87/20-88/24-89/32-Centi Giovanna 66/24-97/38-Chialastri don Cesare 51/11-53/20.38-54/8-55/11-56/11.16-57/36-58/12-61/14-62/13-70/15.16-72/14-74/14-78/22-81/12-82/14-87/14- 88/16-89/21-90/15-92/18-95/15-96/16-97/9-Ciarla Emanuela 51/38-52/37-54/38-55/38-56/37-59/38-60/37-61/33-63/38-64/39-67/39-68/33-69/34-Ciccotti Annalisa 66/28-Cipollini Francesco 56/30-58/28-60/31.34-61/21.32-63/23.28-64/24-65/26-66/30-67/24.30.31-71/29-81/29-82/24-93/17-94/20-96/23-Cipri Katiuscia 59/12-63/15-67/23-68/18-69/12-70/17-73/13-75/12-77/15-78/21-81/14-86/17-87/13-89/14-90/21-92/20-94/11-97/11-98/10-Civitella M. Assunta 86/29-Colabucci M.Antonietta 59/29-88/18-Colaiacomo Federica 57/30-66/31-67/32-73/32-75/30-76/31-77/32-79/31-80/28.29-Comandini Graziano 68/23-69/27-90/37-Comunità Maestre Pie Venerini 53/13-Comunità Nuovi Orizzonti 98/34-99/28-Comunità di Segni 59/30-64/29-68/31-71/30-73/31-75/30.31.31-81/16.30.31-88/31-Coordinamento Dioc. Confratermite 90/18-Consulta Aggregazioni Laicali 62/33-Coro Giovanile Segni 52/25-Coros Costantino 52/33-53/5-53/15-54/11-55/13-56/6-57/12.18-58/34-59/10-60/11-61/12-64/11-65/6.16-70/37-73/10-74/11-75/9-77/17-

3030 SettembreSettembre20132013

Dario Serapiglia*

CCento numeri mensili a copertura dei primi nove anni di uscite. Questoè, quindi, lo score del periodico “Ecclesia in cammino”, bollettino uffi-ciale per gli atti della Curia della Diocesi Velletri-Segni. Numeri di

uscite congrui - in verità già da tempo - per poter dare una risposta con-creta agli scettici, che, come avviene solitamente, specialmente dalle nostreparti, ai primi passi di una nuova iniziativa, fecero sentire la propria vocenel settembre 2004. La pubblicazione, secondo una linea editoriale ben definita, mantenuta dal-la direzione di don Angelo Mancini, condivisa e voluta inizialmente dal vesco-

vo dell’epoca, monsignor Andrea Maria Erba, attuale vescovo emerito della Diocesi, e poi man-tenuta dal vescovo successivo ed attuale, monsignor Vincenzo Apicella, nonché dal massimo orga-nismo curiale, si è fatta subito apprezzare per colmare uno spazio pubblicistico specializzato, vuo-to praticamente da sempre, per i contenuti, per il livello degli interventi ed anche per la veste darivista importante, ottenuta con il minimo indispensabile, così da respingere sul nascere critichedi presunto sperpero.

La Comunità di Segni

PPagina dopo pagina, riga dopo riga, con pazien-za, tenacia, forza di volontà Ecclesia taglia

il traguardo dei 100 numeri. Un traguardo impor-tante, che rende fieri, di quella fierezza nata dal-la consapevolezza di aver fatto il proprio dove-re, di aver contribuito con il proprio lavoro acostruire qualcosa di importante e di utile. È doveroso, dunque, un sentito ringraziamentoal Direttore responsabile, Mons. Angelo Mancini,ed ai suoi collaboratori che con abnegazionee competenza si dedicano alla redazione del-la rivista che mensilmente raggiunge le nostreparrocchie, si diffonde nelle nostre case, stru-mento atteso di unità e condivisione, che ci per-mette di aggiornarci sulla realtà della diocesi edi approfondire tanti temi di attualità.Accanto, infatti, alla parte istituzionale, Ecclesianasce come Bollettino ufficiale per gli Atti del-la Curia, nel corso degli anni si è andata via viaarricchendo l’attenzione verso tante problematichedi carattere sociale, spirituale, etico, pasto-rale e liturgico che chiamano incausa il cristiano, glichiedono di inter-rogarsi, di mettersiin gioco. Firme qualifica-te, in rubriche fis-se, approfondi-scono le tematiche,aiutano alla com-prensione, allariflessione, sti-molano il con-fronto ed il dibat-tito serio. Ancora,poi, nel corso di questi anni, Ecclesia è diven-tata uno scrigno prezioso per conservare la memo-ria storica della nostra diocesi: le pagine di “pic-cola cronaca” documentano e conservano conamore i fermenti, le attese, i desideri, le tan-te iniziative ed attività, che costellano la vitadelle comunità parrocchiali.

Le due pagine chemensilmente Ecclesiaha riservato allacomunità di Segni cihanno dato modo diessere costante-mente presenti, di sen-tirci parte attiva, di con-tribuire alla costruzione del giornale avendo lapossibilità di conservare la nostra memoria.Noi abbiamo avuto la fortuna, fino a qualche annofa, di fare esperienza di un giornalino, così veni-va benevolmente chiamato, che riguardava lavita locale, la vita delle nostre comunità cristiane:il leggendario “Cuore della Diocesi”, il bolletti-no che per tanti anni, puntualmente, ogni mese,arrivava alle nostre case per portare notizie, perraccontare storie, per dare testimonianza, perricordarci gli appuntamenti …. …… …. insom-ma per tutto quello che poteva interessare gliabitanti e le comunità del nostro territorio.

La raccolta de “Il Cuore della Diocesi”conservata nelle nostre librerie e biblio-

teche, costituisce un preziosoarchivio della memoria di

cinquant’anni di sto-ria locale. Purtroppo, da quan-do è venuto a man-care D. Bruno Navarra,rettore del Seminario

minore, parroco dellaConcattedrale, non è sta-

to più possibile mantenere in vitail “Cuore”.

Lo spazio che sistematicamente laredazione di Ecclesia riserva alla Comunità

di Segni è quasi una eredità de “Il Cuore dellaDiocesi” che, in qualche modo, continua a bat-tere sulle pagine del giornale diocesano.Chiudiamo allora queste considerazioni non solocon un ringraziamento ma con un incoraggia-mento a tutti coloro che a vario titolo collabo-rano alla rivista a compiere con Ecclesia anco-ra tanti anni di buon cammino.

83/38-90/14-97/38-100/10-Corsi Anna 60/32-Cursillos Cristianità 84/28-D’Arcangeli Jessica 51/25-D’Ascenzo Leonardo 53/12-54/13-56/22-68/12.22-83/12-86/20-95/7-Dal Bianco Stefano 98/13-De Filippis Alfredo 88/28-90/34-91/34-De Gregoris Mauro 51/30-59/31-84/20-De Mei Mons Fernando 60/18-82/28-Del Giudice Francesco 99/33-Dell’Ali Emanuela 80/27-Della Vecchia Mara 51/37-52/34-53/36-54/37-55/36-56/37-57/37-58/38-60/38-61/37-62/34-63/37-65/33-66/33-67/29-68/32-69/39-70/29-71/25-72/39-73/29-74/38-75/36-76/29-77/39-78/13-79/34-81/37-82/37-85/39-87/36-88/38-89/16-90/13-91/35-93/35-94/37-95/37-96/37-97/37-99/39-100/43-Di Cosmo Noemi 93/34-Di Laura Gaetano 85/30-98/35-Di Luzio Dario 100/33-Diamante Franco 73/13-75/13-79/24-

84/21-Dibitonto Luca 72/19-Elisa e Roberta 65/31-72/31-Equipe Pastorale Giovanile 74/25-99/35-Equipe A.C. Ragazzi 51/19-54/34-58/13.16.17-69/24-71/28-96/35-Equipe CDVocazioni 52/30-85/29-97/17-Erba Andrea Maria 51/15-52/17-53/17.24-54/21-57/21-62/20-66/26-80/22-95/4-Ercolani Fausto 51/36-97/24-Facchini Massimo 80/21-83/21-Fagiolo Enzo 55/27-58/29-71/24-Fagiolo Franco 51/32-52/32-53/36-54/36-58/38-59/38-61/27-62/33-63/37-64/34-65/23.33-66/37-67/28-68/27-69/29-70/29-71/31-72/34-73/37-74/23-75/36-76/33-77/25.31-78/29-80/35-82/29-83/25-84/19-85/35-86/38-87/25-88/26-89/17-91/21-93/31-94/20.31-95/39-97/31-98/29-100/30.35-Fagiolo Rita 65/30-Fagnani Enrica 83/31-Fagnani Fabiana 51/24-Fanfoni Corrado 51/37-61/11-64/30-77/18-78/6-79/19-84/37-Fatuzzo Carlo 100/36-Favale Rossana 67/15-74/26-82/39-Felci Maria Cristina 80/35-Ferracci Valentina 87/19-Fioramonti Francesco 75/24-Fioramonti Stanislao 51/3.9.14.16.17.18.18-52/3.16.17.18.20-53/14.16.17.18.19-54/3.16.17.18.19.20-55/3.16.33-56/3.34-57/3.10.32-58/3.21-59/3.34-60/3.8-61/3.4.8-62/3.32-63/3.26-64/3.23-65/3.24-66/3.4.34-67/3.12.16-68/3.4.6.14-69/3.30-70/3.31-71/3.4.6-72/3.28-73/3.14.28-74/3.6.34-75/3.32-76/3.6.28-77/3.8.24-78/3.12.28-79/3.6.36-80/4.24.32-81/4.26.27-82/4.30.34-83/7.32.36-84/4.29-85/4.11.34-86/5.34-87/4.32-88/4.9.11-89/4.26.28-90/4.23-91/4.17.18-92/4.23.24.26-93/4.18.21-94/4.18.19-95/5.9.19.22.22-96/4.6.9.20.29-97/4.14.23-98/4.15.16.21-99/4.16.19-100/5.18.21.23-Fioramonti Valentina 51/39-52/38-53/9.39-55/39-56/38-57/39-58/39-59/39-60/39-61/39-63/39-65/38-66/38-69/38-70/38-72/38-74/39-75/37-Fiorini Giancarlo 67/24-Focolare femminile Velletri

64/31-68/19-Fontana Antonella 81/18-Fontana Maria Teresa 96/24-Franceschini Alberto 91/32-Fratarcangeli Paolo 90/32-91/30-92/34-Fraternità Monastica Nazareth 75/29-76/23-

continua a pag. 31

3131Settembre Settembre 20132013

Pier Giorgio Liverani*

SScrivere per un mensile “centenario”, cioèche è arrivato al primo lusinghiero tra-guardo dei cento numeri pubblicati nel

giro di nove anni, suscita in me una certa emo-zione, che credo sia simile (certo non pari) aquella di chi questa bella rivista ha voluto e curacon grande passione in mezzo a mille altri impe-gni pastorali e amministrativi. Lo dico da unoche ha passato tutta la sua lunga vita in mez-zo alla carta stampata, soprattutto quella da stam-pare senza quasi avere il tempo, la possibilitàe spesso neppure il luogo per pensare a ciòche bisogna scrivere. Parlo dei quotidiani (nelmio caso quelli cattolici), che ogni notte nasco-no per non durare, come tutti gli altri, neppu-re quanto la vita di una libellula.Credo che i primi cento numeri di una rivistacurata con l’amore che traspare dalle sue qua-ranta pagine preziose, provochino qualche sen-timento di simpatia e di cristiana complicità anchenel lettore. Quanto a chi scrive queste righe,se gli capita di accorgersi che anche la sua col-laborazione è quasi “centenaria”, l’emozione siaccresce non poco. Perché questo mensile diocesano mi pare assaidiverso da tanti altri (in Italia se ne pubblicanoun centinaio tra settimanali, quindicinali, men-sili e parrocchiali) anche se, naturalmente, nonli conosco tutti, ma molti sì. Debbo dire che inquesti ultimi decenni la stampa cattolica diocesanaha fatto – in materia di tecnica, di professio-nalità, di grafica, di capacità comunicative e dipresenza civile – passi da gigante, perfino sulpiano “politico” o, più precisamente, civico.Singolarmente o come comunità, i cristiani nonsono certamente assenti nella vita sociale e nel-la comunicazione della polis, voglio dire dellacittà e del Paese, e questa Rivista, è parteci-pe della crescita comune. La ricchezza, su Ecclesia,di una varietà di tematiche che toccano quasitutti gli aspetti della vita cristiana personale e

comunitaria eaffrontano lequestioni dellafede, dellavocazione, del-la pastorale,della morale,della storia loca-le, della cultu-ra e dell’arte,della vita e del-la morte dellagente mi sembra più che evidente.La cura con cui i suoi contenuti sono espostimi pare palese. La ricchezza delle illustrazio-ni - quelle che documentano le cronache del-la vita diocesana e quelle, dalla copertina all’ul-tima pagina, che agli occhi del lettore parlanoattraverso il linguaggio della bellezza e dell’arte- a me sembrano tutte o quasi inedite e degnedi nota. La formula redazionale, che prevedeun “mix” di firme dal Vescovo a quelle dei con-sacrati e dei laici è un bel ritratto di Chiesa ope-rante in comunione in tutti i campi della vita difede, che si realizza anche sul piano della real-tà del mondo. Sì, la diocesi di Velletri-Segni pos-siede una “voce” invidiabile.L’ultima cosa, ma non la meno importante, chevorrei dire da “velletrano di passaggio”, è un“grazie” sonoro a chi ogni mese mette insiemequesta rivista: mons. Angelo Mancini e il suostaff, con il vescovo Vincenzo, che lo segue,lo cura e gli è sempre vicino, da buon padre diuna grande famiglia.

*giornalista e scrittore già direttore di «Avvenire», di cuiè attualmente opinionista. E' direttore responsabile del

mensile «Sì alla vita» del Movimento per la VitaItaliano e dei «Quaderni di Scienza & Vita» e membro

del direttivo del Centro di Orientamento Pastorale edella Redazione di «Orientamenti pastorali». Collabora

a varie riviste cattoliche. E' membro del ConsiglioNazionale degli Utenti presso l'Autorità per le

Garanzie nelle Comunicazioni.

Galati Antonio 51/6.28-52/12.14-53/10-53/12.14-54/12-55/15-56/23-57/19.28-58/19-59/13-60/15-61/19-62/18-63/22-64/22-65/20-69/20.21-72/10-74/16.17-75/16-76/21-79/22-80/9-81/17-82/12-83/9-84/15.21-85/16-86/14-87/11-88/15-89/10-91/14-92/17-93/10-94/9-95/16-96/15-97/8-98/7-99/8-100/9.42-Gallé Antonio 67/15-73/17-Genfest 90/38-Gentili Alessandro 55/34-Gessi Claudio 54/30-63/27.29-69/8.31-

72/26-84/11-85/23-92/38-Ghibaudo Giovanni 61/11-Giacomi Roberto 95/24-Giannattasio Guglielmo 83/24-92/30-Giglio Antonio 86/9-87/7-89/9.27.29-

90/9.24-92/15-98/37-Gilotta Sara 51/10-52/7-53/7-54/7-54/31-55/8-56/12-57/11-58/5-59/5-60/9-61/6-62/5-63/7-64/35-65/11-66/6-67/11-68/7-69/7-70/7-71/5-72/15-73/9-74/9-75/8-76/5-77/10-78/11-79/13-80/6-81/7-82/8-84/13-85/9-86/10-87/5-88/5-89/5-90/10-91/7-92/13-94/8-95/13-96/8.11-97/7-98/5-99/6-100/4-Giordano Bernardino 94/34-Giovannini Aldo 69/22-Golser Karl 60/4-Gottardo Luciano 55/38-57/29-Guerra Marco 69/33-Iadarola Iacopo 62/11-63/18-64/20-Iannucci Carlo 87/36-Iannucci Marta 56/31-Iarussi Sabina 81/30-94/28-99/33-Innocenti Giorgio 57/14-65/15-68/17-

79/25-90/15-91/15-Insegnanti Religione Cattolica 54/32-Iommelli Antonio 95/40-Ippoliti Alessandro 57/25-60/29-62/26-63/32-66/36-68/29-72/27-77/36-96/36-Istituto Sostent. Clero 91/11-97/26-Istituto Verbo Incarnato 53/22-53/32-77/14.30-

83/16-Lafortezza Antonella 95/24-Langella Francesca 93/29-96/33-97/16-Langella Rigel 59/33-62/7-64/6-66/19-67/8-68/11-70/25-73/7.36-76/12-77/9-78/20-79/12-80/7-81/9-86/21-89/20-90/25-93/29-94/26-96/17-100/24-Lanna Sara 87/23-Latini Assunta e Giovanni 63/29-Latini-Soldivieri-Mennonna 100/7-Latini Pietro 79/28-93/30-Latini Rita 68/25-Lenci Antonietta 80/27-Lenci Paola 88/36-96/34-Leoni Alessandro 67/19-70/19.20-79/5-84/25-100/24-Leoni Luca 97/34-Lepore Luciano 51/29-62/15-64/26-

65/21-100/27-Liparoti Aldo 60/31-Liverani Pier Giorgio 51/4-52/5-53/4-54/5-55/6-56/4-57/4-58/4-59/4-60/7-61/5-62/4-63/6-64/8-65/8-66/9-67/4-68/10-69/4-70/12-71/10-71/5-73/6-74/5-75/4-76/4-77/4-78/14-79/9-80/8-81/6-82/6-83/6-84/10-85/5-86/8-87/6-88/6-89/6-90/7-91/9-92/5-93/8-94/6-95/10-96/12-97/5-98/6-99/7-100/31-Lopes Angelo 59/15-Loppa Giovanna 57/9-60/26-83/31-86/29-

94/28.33-Lorenzi Elisa 100/36-Magister Sandro 89/22-Mancini Angelo 58/14-59/18-84/27-85/6-86/11-92/6.10-99/13-100/28-Manciocchi Lorella 64/37-Magnante Giovanni 61/9-Marchetti Fabrizio 51/20-52/22-53/27-54/24-55/20-56/28-58/27-59/28-60/28-61/26-

Numerosi gli illustri collaboratori che, con una presenza stabile o alternata nel tempo, hannodato e danno lustro, al progetto editoriale. In breve, il bollettino è diventato uno strumento dilavoro per il gruppo diocesano più direttamente coinvolto, composto da clero e laici, ma ancheun appuntamento irrinunciabile per informazione e approfondimenti a beneficio di tutta la comu-nità diocesana, giunta a contare oltre 140 mila anime, sparse nei suoi otto Comuni più la par-rocchia genzanese dei Landi. Nove anni ricchi di documentazioni, tra riflessioni, commenti, indicazioni, ricerche, inviti, appun-tamenti ed altro, che hanno contribuito a tenere desto l’interesse di ogni parrocchiano al com-posito universo cattolico, passando per la propria Diocesi e non solo mediante argomentazio-ni di ordine squisitamente religioso. Molto seguita è stata la rubrica dell’Agenda diocesana delmese. Tra i tanti numeri, piace ricordare quello dell’ottobre 2007, quando Ecclesia raccontò inquasi tutte le sue pagine, la storica visita di Papa Benedetto XVI, Papa Joseph Ratzinger, giàtitolare, come cardinale, della Diocesi Suburbicaria Velletri-Segni, avvenuta nel precedente 23settembre. Tutto trattato meticolosamente, con scritti e immagini: dall’arrivo alla partenza delpontefice, con particolare attenzione all’omelìa papale, commentata da don Dario Vitali, all’in-tervento di monsignor Apicella e agli altri aspetti dell’evento, anche nel ricordo dell’ultima visi-ta di un pontefice, quella di Papa Giovanni Paolo II (7 settembre 1980). Un numero da collezione, al di là di chi ha deciso di conservare tutte le uscite. Una base soli-da per l’ulteriore percorso di “Ecclesia in cammino”, che, sicuramente sarà sempre più signifi-cativo. Cento, mille di questi cento!

*Giornalista, Direttore del settimanale “L’Artemisio” e corrispondente de “Il Messaggero”

segue da pag. 30

3232 SettembreSettembre20132013

Enrico Mattoccia

CCon questo numero il mensile della nostradiocesi, “Ecclesia”, è arrivato al nume-ro cento! Un bel traguardo raggiunto in

meno dieci anni, difatti il mensile ha iniziato lapubblicazione a settembre 2004, come conti-nuazione del bollettino diocesano, più mode-sto, ma ugualmente “voce della diocesi” e mez-zo di dialogo tra Vescovo, sacerdoti e fedeli,senza dimenticare anche persone forse un po’curiose ma piuttosto lontane dalla Chiesa. In nove anni il mensile ha fatto passi da gigan-te, a cominciare dalla presentazione esterna;ho in mano il n. 3 del novembre 2004: la diffe-renza salta subito agli occhi, sia per la qualitàdella carta, la fedele riproduzione delle foto, ilnumero delle pagine aumentate da 16 a qua-ranta, anche se nel 2005 erano già 20! La differenza c’è pure nell’interno che risulta megliodisposto: per il sommario che si trova subito inseconda pagina, il numero abbondante di bel-le foto a testimonianza della cronaca delle varieparrocchie; la parte riservata agli atti delVescovo, non c’è nel numero luglio-agosto 2013,forse per mancanza di atti e disposizioni, maè presente negli altri nume-ri, di solito alla penul-tima pagina.

I contenu-ti sono rima-sti gli stessi: arti-coli di teologia,commenti a docu-menti ecclesiali e dioce-sani, approfondimenti su par-ticolari argomenti riguardantila fede o la morale, notizie dal-le parrocchie, notizie storiche su chiese delladiocesi, cattedrale e concattedrale in primis, ini-ziative e manifestazioni delle parrocchie e deivari gruppi che operano in esse, presentazio-ne di personaggi storici o viventi e particolar-mente impegnati…attenzione ai problemi del gior-no, senza dimenticare articoli che spingono allasperanza e tendono ad infondere fiducia,coraggio e un po’ di gioia.Alcuni collaboratori dell’inizio sono rimasti e altrise ne sono aggiunti, alcuni fissi e altri occasionali,come nel mio caso. Il Direttore è rimasto lo stes-so: don Angelo Mancini.Nel porgergli i complimenti per la “carriera”(unvero servizio alla diocesi e al bene dei fedeli!),bisogna non dimenticare che non siamo dinan-zi ad un direttore, seduto al suo posto, men-tre una schiera di collaboratori lavora su argo-menti da lui segnalati o scelti di comune accor-

do e poi….decide. Bisogna tenerpresente cheogni numero,per quanto sifacciano pro-getti e previ-sioni, è sem-pre un’incognita fino al momento in cui vieneconsegnato alla tipografia. Intanto il direttore permolte cose se la deve sbrigare da solo: c’è lapersona che si fa attendere per consegnare l’ar-ticolo, quella che promette e non mantiene laparola e perciò bisogna “turare il buco”. Occorre assegnare un posto ad ogni articolo,a seconda dei contenuti, dell’importanza, del-lo spazio occupato; talora è pure necessario rifiu-tare l’articolo….per vari motivi, perché “Ecclesia”non è un mensile qualsiasi: ha regole, scopi,uno stile e deve anche rispettare dei limiti….Per le notizie che giungono dalle parrocchie occor-re trovare la giusta misura tenendo conto del-la importanza della cerimonia o dell’evento insé e anche della parrocchia; si sa che tutti vor-rebbero pubblicato tutto fin nei minimi partico-lari, con citazioni di nomi….non solo perché ilbene va fatto conoscere, ma anche perché ilbene fatto conoscere può essere di stimolo per

altri ad imitarlo….senza escludere che un po’di vanità talora viene giustificata come una

piccola ricompensa alla collaborazio-ne e alla fatica, con buona pace del-

la modestia e dell’umiltà. Mi permetto un piccolo

suggerimento, senzaalcuna pretesa e sperosenza nessun frainten-dimento. Forse è beneche gli scrittori di articoli“preziosi” che trattano di

teologia, filosofia, medi-cina…o particolari settori del-

la scienza, rinuncino un po’ al lin-guaggio tecnico per essere più com-

prensibili dai più, magari spiegando un ter-mine tecnico specifico quando è necessario usar-lo. Forse esagero, ma un linguaggio un po’ più“giornalistico”, senza alterare la verità, giove-rebbe ai lettori che non sono “addottrinati” eforse allargherebbe la cerchia dei lettori.Una rubrica indovinata e ben condotta mi sem-bra quella dei commenti alle varie opere d’ar-te che si trovano nel nostro Museo Diocesanoo in altri luoghi; anche qui forse sarebbe oppor-tuno spiegare qualche termine tecnico.A questo punto mi sembra opportuno un sin-cero e grandissimo augurio al Direttore e a tut-ti i collaboratori, perché vadano avanti sulla stra-da intrapresa nove anni fa, con lo slancio e ladedizione che li hanno accompagnati finora econ il desiderio di migliorare quello che riterrannoopportuno per assolvere il compito connessocon il servizio alla diocesi e ai lettori. AUGURI!!!

63/14-64/28-65/27-66/25-67/27-68/26-70/28-71/23-Mariani Roberto 69/14.15-70/22.23-Marrazzo Giovanni 98/32-Marozza Rachele 78/31-Astrella Elisa 76/24-Mattoccia Enrico 59/14-61/38-66/11-72/13-82/31-83/22-84/33.34-96/11.13-99/37-100/32.40-Mazzer Silvestro 89/39-95/20-Miccheli M. Grazia 72/13-Milani Annalisa 83/14-Missionarie S. Paola Frassinetti

70/33-80/17-Molinaro Vincenzo 63/31-64/17-70/26-71/20-72/22.23-73/19.27-74/27-75/23-76/27-79/33-80/34-82/16.27-83/5.35-85/37-86/4-87/16-88/19-89/18-90/16-91/22-92/28-93/27-94/35-95/35-97/27-98/32-99/20.29-Montellanico Franco 82/21-Museo Diocesano 94/40-Nanni Emanuela 68/16-Nemesi Marco 51/40-52/39-56/39-57/40-59/40-60/40-61/40-62/40-63/40-64/39-65/39-66/40-67/40-68/40-69/39-70/39-72/40-73/40-74/37-75/39-76/40-77/40-78/39-79/40-80/39-81/39-82/39-83/39-84/39-85/38-86/40-87/40-88/39-90/40-91/39-92/39-93/39-98/39-100/44-Noviziato Don Orione 53/11-54/14-56/18-

62/22-Nuti Riccardo 77/22-79/16-80/18-

81/23-84/18-Onorati Maria Carolina 79/38-Pacchiarotti Andrea 52/13-58/6-58/7-69/16-70/21.27-71/17-73/20-74/16-17-75/16-83/8-84/8-85/12-91/13-92/16-93/13-94/10.27-95/11-Parmeggiani Tonino 51/26-52/26.27-54/25.26.27.27-55/29.31-58/23-59/21.33-60/10.29-63/21.38-64/33.35-65/36-66/27-67/37-70/32-71/26-72/24-73/12-75/35.39-76/11.37-77/5.26.29-79/14-80/31-81/13.38.38-83/26-86/26-87/30-88/38-90/18-93/26-96/35-100/28-Parr. Immacolata Colleferro 74/32-86/32-Parr. Lariano 88/17-Perica Stefano 59/11-64/13-76/9-86/16-Perici Gian Luca 53/7-Petrucci Romano 100/34-Picca Paolo 69/9.26-73/18-82/13-Pietroni Marta 51/8-52/6-53/6-54/6-

55/7-56/5-Pietrosanti Daniele 51/35-52/35-53/35-

54/35-55/35-Pontecorvi Fabio 52/36-53/37-89/39-

95/37-100/42-Prezzi Lorenzo 52/29-Proietti Francesca 97/30.31-Raviglia Alberto 60/22-71/32-97/22-Redaelli Massimiliano 51/13-Risi Franco 51/22-52/21-53/26-54/22-55/19.22-56/21.26-57/20.24-58/20.26-59/14.26-60/16-61/20.23-62/19-63/17-64/18-65/18-66/20-67/18-68/20-69/18-70/18-71/18-72/16-73/16-74/21-75/27-76/22-78/24-79/27-80/14-81/20-82/18-83/20-84/22-85/26-86/23-87/12-88/22-89/30-90/27-91/23-92/22-93/16-94/16-95/17-96/19-97/12-98/17-99/17-100/19-Romaggioli Primo 62/23-70/26-71/20-Ronzani Alvaro 85/33-Ruffolo Luigina 53/38-56/24-57/22-

58/25-59/27-61/35-Russo Annachiara 64/12-69/13-70/16-76/13-81/16-93/15-94/12.13-97/10-Russo Laura 98/13-Sabetta Gaetano 66/13-71/13-74/12-77/13-80/16-83/17-85/18-90/17.20-92/19-98/11-99/12-Safina Giorgio 86/25-

3333Settembre Settembre 20132013

Sambucci Leopoldo 81/16-Sammartino Claudio 51/23-53/5-54/23-55/21-56/27.32-57/27-58/24-59/23-60/23-61/28-62/27-63/33-65/32-66/35-67/36-69/25-71/22-72/32-74/28-77/11-78/38-79/35-80/37-82/25-84/35-87/33-Sanguedolce Rosario 84/38-Sanna Pierluigi 58/32-Serangeli Alfredo 72/29-77/19-93/36-94/24-95/29-96/25-97/18-Serapiglia Dario 100/30-Servizio Dioc Formaz.Perm. 73/11-Sfrecola Romani Silvia 81/34-Simeoni Maria Francesca 76/25-92/31-Simonetti Elisa 74/14-98/12-Siniscalchi Gianfranco 70/26-Specchi Gregory 79/23-Spigone Federica 83/29-Spigone Fernanda 51/24-62/30-66/28-74/31-Spigone Ilaria 53/28.29.29-57/31-59/30.30-Suore Apostoline Acero 59/32-78/25-79/29-80/19.34-81/22-82/20-83/21-84/24.27-85/27-86/24-87/21-88/23-89/31-90/28-93/28-94/30-95/34-96/31-98/30-99/27-Suore Figlie Maria Ausiliatrice 82/23-Suore Monastero Clausura “Madonna delleGrazie” 53/24-61/31-62/28-79/26-84/28-85/15-86/27-87/24-88/13-90/28- 95/21-96/32-99/24-Suore dell’Aracoeli 69/23-Taddei Luciano e Carla 81/24-98/35-Talone Alberto 96/28-97/28-Tamburlani Ferdinando 53/30.31-97/25-Tartaglione Dorina e Nicolino51/11.21-52/23-53/3-55/12.23-56/13.13-57/13-58/8-60/10-61/15-62/22-63/31-64/37-90/17-Testa Luca 55/17-Tomasi Giovanni 57/18-Tomasi Paolo 51/12-53/31-57/26.30-59/22-60/30-61/7.16-62/8.16-63/9.12-64/4.16-65/10-66/12-67/5-Tomassoni Patrizia 65/14-68/18-70/17-97/11-Tummolo Silvano 56/29-58/30.31-70/30-

71/33-72/30-73/30-74/30-Turco Pina 85/17-Uff. Catechistico Diocesano

62/11-74/35-82/17-83/4-85/24.25-87/18.19-88/7-88/30-89/36-90/30-91/27.28-92/32-94/32-95/36-97/32.33-Uff. Liturgico Diocesano 71/31-Ufficio Missionario Diocesano

72/12-73/13-76/13-84/17-90/19-

USMI 73/17-99/28-Valenzi Daniele 55/24-57/8-58/18-59/6-60/14-60/21-61/18-62/17-63/13-64/15-64/27-65/26.29-66/16.29-67/17.25.33-69/17-70/20.24-71/16.17-72/20.21-73/24.25-74/20-24-75/11.18-76/20-79/30-80/33-81/25-82/26-83/30-84/32-85/32-86/30-87/28-88/30.32-89/16.35-92/33-93/33.34-94/23.29-98/26-99/34-Valenzi Valeriano 66/24-68/31-84/30-86/28-93/32-Valeriani Simone 86/36-Vari Emilia 96/34-Vari Avv. Luigi 52/24-53/28-54/28-

55/26-Vari Mons. Luigi 55/5-56/7-57/8-58/8-59/6-61/17-62/14-63/11-64/14-65/13-65/28-66/16-68/13-69/10-70/5.13-71/8-72/6-73/8-74/10-75/5-77/16-79/8.15-80/11-81/11-82/10-84/14-86/13-87/9-88/14-89/11-91/12-92/12-93/11-95/6-98/24.36-Venditti Antonio 51/33-52/33-53/34-54/33-55/32-56/35-57/35-58/35-59/37-60/35-61/34-62/35-63/34-64/36-65/35-66/39-67/35-68/35-69/35-70/35-71/34-72/35-73/35-74/36-75/34-76/34-77/38-78/34-79/34-80/36-81/36-

Dario Di Luzio*

LL’idea di don Angelo Mancini di rea-lizzare diversi anni fa un mensile uffi-ciale di facile divulgazione e appren-

dimento degli atti della Diocesi è stata lun-gimirante e funzionale. Un modo comodo edincisivo per presentare le notizie-informazio-ni che la storica ed importante Curia di Velletriporta avanti. Dopo tanto impegno e passione ora è in “pro-duzione” il numero 100, una bella soddisfa-zione per il direttore responsabile,nonché appunto ideatore delprogetto editoriale, e per la suaredazione.L’attivo e dinamico direttore è sta-to ancora una volta al passo coni tempi e si è mostrato attento alleesigenze proponendo questoperiodico capace di informare, for-mare e presentare non soltantosui temi pastorali ma tanto di più.Con il passare degli anni il pro-dotto finale si è sempre più per-fezionato, anche dal punto di vistagrafico-realizzativo, la redazione è cresciutae ha migliorato di numero in numero il pro-dotto proposto. Come ogni lettore ha potuto constatare in tut-te queste 100 edizioni all’interno di Ecclesiain C@mmino si trovano atti ufficiali della Curia,il Bollettino Diocesano, l’interessante area bibli-ca, spazio poi dedicato ai Sacramenti, alle visi-te pastorali, alla vocazione, alla pastorale fami-liare, alla catechesi, alla musica liturgica, lapastorale missionaria, alla Caritas, alla sto-

ria, alla cultura, si parla anche di grandi temidi interesse nazionale e di altri argomenti chevengono individuati in base al periodo di pub-blicazione del numero, oltre ad essere un impor-tante veicolo di interscambio tra le parrocchiee gli uffici pastorali.Molto apprezzata inoltre l’idea di dar particolarerisalto alle immagini, partendo dalla prima pagi-na dove è sufficiente guardare la grande istan-tanea, che il direttore scrupolosamente cer-ca ed individua, per spiegare il numero, perdare un senso al mensile pronto per essereletto. Che il periodico fosse dinamico lo dimo-

stra lo stesso nome scelto Ecclesiain c@mmino, che sicuramente quan-do don Angelo Mancini e i suoi piùstretti collaboratori lo hanno conia-to volevano proprio esprimere latestimonianza che la chiesa del nuo-vo millennio è e deve essere in movi-mento, non può rimanere statica,ferma ed immobile ai cambiamenti,deve aprirsi il più possibile, rima-nendo sempre è comunque unaguida, un punto di raccordo, un luo-go dove il cuore e le anime dei cre-

denti trovano ninfa per proseguire nelle dif-ficoltà della vita di tutti i giorni, ma come det-to deve essere in cammino.Un plauso quindi va rivolto a mons. AngeloMancini, a tutti i suoi collaboratori e a chi hacontribuito a far crescere la pubblicazione.Complimenti.

*giornalista pubblicista e nel mondodell’informazione da oltre quindici anni.

Da giugno 2013 Consigliere Comunale Città di Velletri.

82/36-83/37-84/36-85/36-86/37-87/37-88/37-89/38-90/36-91/36-92/37-93/38-94/36-95/38-96/38-97/36-98/36-99/38-100/41-Verri Sabrina 99/22-Vidoni Luigi 91/24-Vitali Dario 51/5.34-52/10-53/13.15-55/4.9-56/10.15.19-57/5.15.34-58/10-59/8-60/20.33-61/13.24.30-62/10-63/10-64/9.27-65/12.22-66/10-67/10.26-68/8.24-69/6.11-70/10.-71/9.21-72/8.18-73/4-74/4-75/7.10-76/8-77/7.28-78/9.17-79/7.20-82/9-83/8.11-86/15-87/8-88/10-89/24-90/22.26-91/16-92/21-94/15-95/8.18-96/10.18-98/14-100/17.27-Volontari Museo Diocesano Velletri71/36-75/38-76/36- 78/35-82/35-83/33-84/39-86/36-91/37- 97/35-98/38-Volpi Domenico 63/11-Zaccagnini Claudia 81/35-Zani Simona 59/24-60/24-61/29-62/24-63/30-64/38-81/5-Zaralli Gaetano 91/20-92/27-93/20-94/17-95/23-96/22- 97/13-98/20-99/18-100/22-

3434 SettembreSettembre20132013

Prof. Romano Petrucci, Valmontone

TTra le diverse attività dell’uomo ritengo mol-to apprezzabile, anche se non è di moda,dedicare una parte del tempo libero alla

lettura e allo studio. Tra gli argomenti che pos-sono essere oggetto di studio ho prediletto inun mondo che si proietta verso il futuro, la ricer-ca appassionata delle origini, del passato, delcammino percorso da quelle idee che trasmesseda poche migliaia di persone si sono diffuse inogni angolo del pianeta e costituiscono la basedella nostra cultura. Per anni sono stato un ricercatore in GeneticaUmana. Il materiale del mio lavoro è stato l’uo-mo. Con i miei colleghi abbiamo dedicato granparte della nostra attività alla ricerca sull’evo-luzione delle popolazioni umane: utilizzando infor-mazioni rese disponibili dalla lettura del patri-monio genetico, affiancandole ai dati acquisitida altre scienze: archeologia, linguistica, antro-pologia, storia, demografia, statistica. A questo scopo abbiamo lavorato su personeapparentemente diverse da noi, come i pigmeiafricani, o apparentemente cosi simili, come iricercatori di altre discipline, spesso separate dauna lunga tradizione di sviluppo indipendente.“Zo we zo”: in una lingua dell’Africa centrale, ilsango, significa “ un uomo è un uomo”. Una persona è una persona : ciascun essereumano ha uguale dignità. E’ una verità anticaquanto noi stessi, offuscata in questi anni chevedono la violenza razziale, il genocidio, la guer-ra economica e religiosa, faide secolari, la dis-armata presenza della preghiera devastare pae-si che vorrebbero dirsi civili. Cosa possiamo fare individualmente e colletti-vamente, perché questo abbia termine, perchénon accada più? A giudicare da quanto riferisconogiornali e televisione ogni giorno, la risposta è“nulla, o ben poco “. Se c’è chi ha capito comeevitare questo massacro quotidiano, è bene chesi faccia vivo alpiù

presto. Il mondo trabocca di buone intenzioni maanche di applicazioni funeste. Ma se non sia-mo in grado di rendere più vivibile la società dicui facciamo parte, che ci stiamo a fare qui? Può rispondere chi è venuto prima di noi? Non credo, perché ciò che abbiamo intorno anoi oggi è in buona parte un’eredità lasciata dachi ci ha preceduto. “Io dico che i morti seppellisconoi vivi”, esclama un personaggio di Eschilo. Eppuredobbiamo ai nostri genitori e ai nostri nonni ilfatto stesso di essere vivi. Cosa può fare unanuova generazione per incidere sul corso del-la storia? Dobbiamo riuscire a rispondere.Gli scienziati dicono che solo la scienza, solonuove scoperte, migliorando la vita possono met-tere fine a queste tragedie.Mi sono dilungato su questi fatti per far saperecosa stava alle mie spalle. Per anni anche iosono stato convinto di questa idea. Questo finoall’incontro con il vostro mensile “Ecclesìa”, tro-vato sull’ultimo banco della Collegiata di Valmontone.Veramente è stato più per curiosità che per unvero interesse, che ho cominciato a leggerlo. Gli argomenti della rivista mi sembravano trop-po lontani dalla filosofia alla base del mio lavo-ro. Essi inoltre, per me, non erano facilmentecomprensibili. Non sono un teologo o un cate-chista, sono un ricercatore.Il mio lavoro è stato di capire l’evoluzione bio-logica, il cammino percorso dall’uomo dalla suacomparsa sulla terra a oggi. C’è almeno un aspet-to, però, che il lavoro mio e quello che fate voicon la vostra rivista hanno in comune. E’ l’aspettocollettivo. Allo sviluppo di una ricerca scientifi-ca, come alla realizzazione di un mensile, con-tribuiscono più persone. La capacità di comunicare e di cooperare, di idea-re e di mettere in opera, di porsi i problemi giu-sti e di cercare di trovare le soluzioni più felici,sono essenziali dell’una come dell’altra.Leggendo “Ecclesia” mi sono trovato a consi-derare il cammino percorso da princìpi che, enun-

ciati più di 2000 annifa, sono stati diffusi

e testimoniaticon il sacri-

ficio

della vita da migliaia di persone e che ritrovia-mo nel primo Messaggio Urbi et Orbi della pri-ma pasqua di Papa Francesco, negli articoli delvescovo Vincenzo Apicella, nella celebrazionedell’anno della Fede, nella Pastorale famiglia-re e vocazionale e nella difesa della vita.Come sono distanti la violenza, l’indifferenza reli-giosa, il non senso di un mondo che crede diessere all’avanguardia e che invece ha persoil senso della vita nel sorriso di quelle personeche si vedono nelle foto del vostro mensile accal-carsi attorno al proprio vescovo durante la visi-ta Pastorale. Da questi concetti, da queste immagini il sen-so vero della vita sembra quasi si respiri a pie-ni polmoni. Veramente, all’inizio ho trovato dif-ficoltà a entrare a fondo negli argomenti di alcu-ni articoli. Quelli contenuti ne “I grandi Temi”, “LaPastorale Vocazionale” e “ L’Anno della Fede”ho dovuto leggerli più volte e quasi studiarli (silegge Topolino o Via col vento non le parole diPapa Francesco o di Benedetto XVI ).Pertinenti al particolare momento in cui ci tro-viamo (aumento dell’indifferenza religiosa pres-so i giovani e il problema dell’aborto) gli argo-menti dove si parla della difesa della vita e del-le Comunicazioni sociali. Accanto a questi che, a mio parere, costituisconoil cuore di ogni numero ho trovato interessanti,forse per le notizie storiche e antropologiche, i“pellegrinaggi “ guidati da Stanislao Fioramonti,Alfredo Serangeli e Luca Calenne sulle chie-

se e le tradizioni religiose di Valmontone ed Artenae gli articoli sull’arte di don Marco Nemesi. Ho visto che questo è il numero 100 della rivi-sta. Auguro a Voi e a Essa altri 100 di questinumeri. La strada di un risveglio religioso e morale, sen-za il quale è inutile sperare in un progresso poli-tico ed economico, è quello indicata e battutada questo mensile che ci richiama a dei dove-ri cristiani e civili poco compatibili con le pan-tofole e le “pennichelle” cui siamo da secoli abi-tuati.

3535Settembre Settembre 20132013

Carlo Fatuzzo

NN ello scorso luglio, la parrocchiaS. Maria Assunta di Segni haproposto un percorso di intro-

duzione alla lectio divina aperto a tut-ti, articolato in tre incontri, nell’àmbitodelle solenni celebrazioni in onore di S.Bruno, patrono della città e compatro-no della diocesi. Per rispondere all’invito rivolto a tuttala Chiesa in questo speciale Anno del-la Fede, a riscoprire le fonti della nostrafede cristiana, è parso opportuno dedi-care alla Parola di Dio alcuni momen-ti privilegiati, concludendo le attività del-l’anno pastorale in ideale collegamen-to con la loro apertura lo scorso autun-no, quando la comunità ha approfon-dito in quattro incontri le Costituzioni delConcilio Vaticano II. Per le meditazio-ni di questo percorso è stato scelto untema unitario («Lodare Dio con arte»)e un libro biblico specifico: il Salterio,contenente le preghiere ufficiali del Popolodi Dio. Pertanto, si è trattato anzituttodi momenti di preghiera, in cui la comu-nità si è riunita per lodare Dio con leparole che Lui stesso ha suggerito nel-la Sacra Scrittura e che Gesù ha uti-lizzato, così come da sempre la mater-na pedagogia della Chiesa insegna conla Liturgia delle Ore. Un breve commento ha poi illustrato qual-che chiave interpretativa della lettura tipi-ca ecclesiale, in particolare quellapatristica, unendo la comprensione let-terale a quella spirituale. Per riprodurre il contesto proprio di que-sto libro poetico-musicale, si è data allalectio una connotazione artistica, affian-cando la declamazione espressiva deiSalmi all’elevazione musicale, attraversoalcune musiche scelte come consonoaccompagnamento strumentale, graziealla gentile collaborazione di giovani arti-sti segnini, membri della comunità par-rocchiale. I partecipanti si sono raccoltinel presbiterio della Cattedrale, attor-

no alla Parola e ad un’artistica icona instile bizantino raffigurante Cristo in tro-no, Parola definitiva del Padre. È stato quindi non solo un percorso dipreghiera e meditazione, ma anche unciclo di tre piacevoli serate estive, in cuila Parola è stata mediata dalla Bellezza,riflesso di Dio stesso.Come sempre introdotto dall’invocazionedello Spirito Santo, il primo incontro èstato dedicato a un’introduzione gene-rale alla pratica della lectio divina - qua-le lettura orante della Parola di Dio secon-do lo Spirito con cui è stata scritta (cfDei Verbum 12) - sulla base delMagistero, specialmente l’EsortazioneVerbum Domini di Benedetto XVI. È seguita la meditazione di alcuni Salmi“della fiducia in Dio”. La preghiera maria-na dell’Angelus ha infine auspicato l’in-carnazione della Parola nella nostra vita,cercando di metterla in pratica ogni gior-no. La seconda serata ha avuto comeoggetto i Salmi “dell’esilio”, meditandosia sull’esilio storico degli ebrei che hagenerato questi Salmi sia sull’esilio spi-rituale che è la vita di ciascuno.Nel caso del Salmo 136, la meditazio-ne è stata coadiuvata dal confronto conalcune composizioni ad esso ispirate:il mottetto Super flumina Babylonis diPalestrina, la poesia Alle fronde dei sali-ci di Quasimodo e il coro Va’ pensierodal Nabucco di Verdi, del quale quest’annoricorre il bicentenario della nascita, com-mentato da mons. Franco Fagiolo.Infine, cantando coralmente la melodiagregoriana dell’antifona Salve Regina,è stata invocata la visione, post hoc exsi-lium, di Cristo. Il ciclo si è concluso medi-tando i Salmi alleluiatici “di lode”, conla partecipazione di don DanieleValenzi, che ha citato e spiegato unapertinente selezione di commenti dei Padridella Chiesa, con speciale riguardo aS. Bruno, grande commentatore dellaSacra Scrittura, rendendo così omag-gio al patrono proprio nei giorni di festaa lui dedicati.

mons. Franco Fagiolo

“RESPICE STELLAM, VOCA MARIAM!”, è stato il tema delle ElevazioniSpirituali all’Organo storico “Morettini” il 15 agosto dopo laMessa vespertina nella Concattedrale di Segni di S. MariaAssunta. Da alcuni anni, a Segni, nella Solennità dell’Assunta,titolare della Chiesa, hanno luogo le Elevazioni Spirituali, unmomento di ascolto e di meditazione, di musica e di poe-sia, per innalzare il nostro sguardo in alto, onorare e vene-rare Maria Assunta e dirigere così il nostro peregrinare ver-so il traguardo del cielo, per essere accolti un giorno nellagioia del Paradiso.Quest’anno ci siamo lasciati guidare dalla bella espressio-ne di S. Bernardo: Respice stellam, voca Mariam! (Guardala stella, chiama Maria). Infatti, se vogliamo trovare la rot-ta ed avere la direzione giusta per raggiungere la meta del-la nostra salvezza, dobbiamo invocare Maria, la nostra stel-la. Naturalmente a Segni sono possibili le Elevazioni Spiritualicon l’organo perché la nostra Chiesa è dotata di un auten-tico gioiello, un Organo a canne, costruito dalla famosa dit-ta Morettini di Perugia nel 1857. Attualmente, l’organo di S. Maria, nelle celebrazioni,accompagna i canti dell’assemblea, rende più belle e più solen-ni le nostre Liturgie: infatti l’organo a canne è lo strumentoliturgico per eccellenza. Ma il “nostro” Morettini è anche uno“strumento da concerto”, con tanti registri particolari che per-mettono diverse e svariate sonorità. A detta degli esperti, èdifficile trovare, oggi, funzionante, uno strumento di questogenere. Anche se purtroppo può essere sfruttato soltantoal cinquanta per cento, perché necessita di un radicale restau-ro, il Morettini di Segni ha un suo fascino e una sua pecu-liare specificità. Ce lo ha dimostrato brillantemente, ancorauna volta, se ce ne fosse stato bisogno, il M° Daniele Rossi,che dal 1985 collabora stabilmente come organista- cem-balista con l’Orchestra e il Coro dell’Accademia Nazionaledi S. Cecilia di Roma. Ha eseguito magistralmente brani di

G. Frescobaldi, D. Zipoli, J.Stanley e J. S. Bach, musi-che che immediatamentehanno dato il giusto “la” alleElevazioni, creando subitol’atmosfera adatta persottolineare e commenta-re i diversi brani tratti dal-le poesie di autori come S.Bernardo di Chiaravalle, S.Venuti, G. Falco, A. Merini,M. Piazzolla.A completare l’opera, la decla-mazione partecipe e appas-sionata di Annalisa Ciccottie Mario Vari, lettori garba-ti e incisivi, che ci hanno fat-to gustare la bellezza deitesti poetici. Veramenteun’oretta deliziosa, caricadi musica e di poesia, di artee di fede, di silenzio, di ascol-to e di preghiera. Alla fine tutti abbiamo pro-vato la gioia di godere “unospaccato di cielo”: è quel-lo che ci voleva nella Festadell’Assunta.

3636 SettembreSettembre20132013

Carlo Fatuzzo

MM artedì 23 luglio, mentre a Rio de Janeiro si apriva ufficialmentel’intenso programma della Giornata Mondiale della Gioventù,alla quale ha partecipato anche una rappresentanza della nostra

diocesi, la parrocchia S. Maria Assunta di Segni ha organizzato una“Festa dei Giovani”. Lo scopo di questa serata era molto semplice: vive-re con gioia ed entusiasmo, anche nella piccola realtà della nostra comu-nità parrocchiale, la preparazione a questo tradizionale evento giova-nile ed ecclesiale di portata mondiale. La GMG, infatti, è non solo un incontro a tu per tu tra i giovani e il papa,ma soprattutto l’occasione per vivere insieme agli altri giovani un’intensa“ricarica” evangelica e spirituale, per rinnovare il proprio impegno di vitacristiana verso una maggiore radicalità. Tale impegno poi - tra una GMGe l’altra - viene profuso proprio nelle realtà locali delle proprie comuni-tà d’appartenenza. Molto gradita è stata pure la presenza di tanti cheprovenivano da altre parrocchie e città. Nel desiderio di dare alla sera-ta la profondità di un incontro all’insegna della comune adesione alla

vita di fede, respirando la centralità di Cristo prima anco-ra che l’atmosfera frizzante tipica delle GMG, si è svoltoun programma abbastanza ricco e vario, nell’incantevo-le scenario del “Giardino del Vescovado”, dinanzi allo splen-dido tramonto che da lì è possibile gustare. In apertura, il saluto di benvenuto del parroco mons. FrancoFagiolo e una calorosa accoglienza rallegrata da un’ab-bondante “apericena”, preparata interamente dai giova-ni della parrocchia e offerta a tutti i presenti. Poi, il can-to della “sigla” iniziale, Emmanuel (l’inno della GMG del2000), seguìto dalla lettura - da parte di alcuni giovani -di stralci tratti dal messaggio di Benedetto XVI per la GMG2013 e dall’omelia del papa Francesco per l’ultima Domenicadelle Palme, specificamente rivolta ai giovani. La proiezione di un filmato ufficiale dedicato proprio allastoria delle GMG ci ha immersi maggiormente nel climadi questo evento, ripercorrendo le tappe salienti di que-sto lungo dialogo sulla fede in Dio che da quasi trent’annisi intreccia tra i giovani di tutto il mondo e i papi GiovanniPaolo II, Benedetto XVI e Francesco. Essendo la GMG

2013 dedicata alla missionarietà della Chiesa, è stata poi raccontatauna testimonianza sulla vita di padre Antonio Sinibaldi, francescano con-ventuale nato a Segni, che è stato missionario proprio in Brasile e soprat-tutto tra i più giovani e i più poveri.Abbiamo così idealmente viaggiato oltre l’oceano e siamo entrati a con-tatto con la realtà sociale di quella terra, ma soprattutto con un esem-pio coinvolgente e concreto di donazione incondizionata a Cristo e dedi-zione totale all’esercizio più eroico della carità. Canti, danze modernee brani musicali classici, eseguiti da giovani della parrocchia, sono sta-ti gradevoli momenti artistici che hanno contribuito a rendere ancorapiù piacevole quest’incontro all’insegna della gioia.Molto simpatico è stato poi il momento in cui il gruppo dei giovanissi-mi cresimandi ha insegnato ai presenti a ballare a ritmo di samba l’in-no della GMG 2013, in anteprima assoluta rispetto all’esecuzione uffi-ciale a Rio.I partecipanti si sono infine congedati cantando insieme lanotissima Resta qui con noi, colonna sonora “storica” di tutte le GMG,mentre veniva proiettato su uno schermo “l’album dei ricordi” con le fotodei nostri giovani scattate durante le GMG degli anni scorsi.

Lorenzi Elisa

SS crivo per la parrocchia s. Maria degliAngeli di Segni, a nome del parrocodon Claudio e di tutti gli operatori che

ogni estate si impegnano a dar vita ad una atti-vità bellissima che è il campo estivo alla madon-na della castagna. Vogliamo raccontarvi la nostraesperienza che da un paio di anni a questa par-

te è ripartita alla grande,attirando molti ragazzi (ditutte le età dai più piccolifino agli adolescenti),arrivando a sfiorareanche le 70 unità.I nostri giovedì allamadonna della castagna,come diciamo noi, si svol-gono in questo modo: arri-vo alle 9.30, piccolariflessione sul vangelo del-la domenica daparte di donClaudio, radunodei gruppi, pre-ghiera del padre

nostro e conta.... Poi tutto si trasforma ingioco, si formano le squadre e gli ope-ratori più giovani seguono i giochi orga-nizzati. durante i vari giovedì poi abbia-mo avuto diverse sorprese; abbiamo orga-nizzato un grande barbecue, una coco-merata, e’ arrivato persino il “carrettinodei gelati”. Come conclusione abbiamo poi pensa-

to bene di coinvolgere le famiglie dei ragazzi (checomunque sono state sempre presenti), dome-nica 18 agosto abbiamo concluso il campo esti-vo invitando tutte le famiglie, celebrando la mes-sa all’aperto, organizzando un aperitivo, un belpranzo ed infine vari giochi che hanno visto pro-tagonisti proprio genitori contro figli (molto diver-tente è stata la partita a calcio padri-figli in cuii primi hanno vinto per 6 a 1!).Possiamo dire che siamo veramente soddisfattidi questa attività e speriamo che l’anno prossi-mo vada ancora meglio!

3737Settembre Settembre 20132013

Sara Calì

II l suggestivo verso di Pascoli, trattodall’Aquilone, richiama alla mente le chie-sette presenti in alcune frazioni di Artena.

Vorrei cominciare da quella dedicata nella con-trada Selvatico alla Madonna del BuonConsiglio, fortemente voluta da Padre GirolamoMele che nel suo prezioso libro, Notiziole Paesane,ne racconta la storia. Torniamo un po’ indie-tro nel tempo e ripercorriamone con lui le tap-pe fondamentali della costruzione. Siamo nella Seconda Guerra Mondiale, Selvaticoè un luogo impervio, forse per questo conside-rato da molti sfollati un luogo sicuro in caso diattacchi aerei. È in corso un bombardamentoe il rifugio è pieno di gente spaventata. Tutti cercano conforto pregando intorno alla bel-la immagine della Madonna del Buon Consiglioche P. Girolamo ha con sé. Alle concitate pre-ghiere per la salvezza, seguono convinte pro-messe fatte alla Madonna in caso di scampa-to pericolo. Finalmente l’attacco cessa, tutti sonosalvi e ringraziano la Madonna. Come spessoaccade, però, passato il pericolo, ci si dimenti-ca delle promesse fatte con tanto ardore.Dopo circa quattro mesi di sfollamento, il fran-cescano, tornato in Convento, medita di ripor-tare l’immagine a Selvatico, non più nella capan-na dove aveva improvvisato un piccolo altarema in una “Cappellina” che, pur modesta, ono-ri degnamente la sacra immagine, come atto didevozione in ricordo dei giorni della guerra. Impresanon facile per chi non ha mezzi. Un giorno decide di fare una passeggiata in queiluoghi dove erano state fatte tante promesse e,per caso, trova il padrone del terreno, il sig. Bianchi,che insieme alla sua famiglia sta raccogliendole olive. L’uomo, quando il sacerdote gli mani-festa la sua intenzione, acconsente e gli donala terra necessaria. Ora bisogna trovare i soldi

necessari, almeno 50.000 lire, per dare inizioai lavori. Il devoto frate non si scoraggia, ha pie-na fiducia nella Santa Vergine che, ne è certo,provvederà. Infatti il giorno di Pasqua del 1945, un giova-ne, che aveva fatto voto alla Madonna, dona aP. Girolamo 3000 lire, con le quali il sacerdotepaga i primi debiti contratti. Ma ancora non basta-no. Allora il religioso pensa di rivolgersi ai con-fratelli d’oltreoceano per ricevere qualche aiu-to. È la svolta decisiva: dall’America arrivano “dis-crete elemosine”. Nel frattempo gli abitanti della Contrada si pre-stano per “parecchie opere”, il sig. Bianchi cedealtri metri di terreno, pur rinunciando ad alcu-ne piante di olivo e il sogno di P. Girolamo siavvera. Così l’autore termina il racconto:“Rese infinite grazie a Dio e alla Vergine SS.ma,il giorno 8 di Settembre 1946 nella Contradadel Selvatico vi era una Cappella dedicata allaMadonna del Buon Consiglio e in quello stes-

so giorno vi si cantava la S. Messa; il picco-lo tempio è per la contrada come umile faroper richiamare e illuminare le povere Animesmarrite. Voglio augurarmi che la contrada sap-pia mantenere gelosamente la sua Cappellinatanto devota e bella.Siano lodati i nomi di Gesù e Maria in eterno.Riporto la iscrizione del Padre Angelo Coculonostro dotto e degno paesano figlio di S. Francesco”:

Alla gran Madre di DioQuesto piccolo tempio

Eretto coll’offerta di anime pieVoluto da un figlio di S. Francesco d’Assisi

Canti la riconoscenza perenneDei bimbi delle madri e di quanti

qui si rifugiaronoAtterriti dalla più recente e più spaventosa

Delle guerreE nell’invocazione del nome di Maria

Rimasero incolumi.VIII Settembre MCMXLVI

Foto del titolo: l’inaugurazione della chiesetta della Madonna del Buon Consiglio, nella Contrada delSelvatico, l’8.09.1946; nelle foto sopra: la chiesa e la cappella dopo il restauro del 1990.

3838 SettembreSettembre20132013

Percorrendo la toponomastica di Montelanico

Piero Capozi*

LLa lettura della toponomastica di alcuneparticolari zone che oramai attraversia-mo con superficiale indifferenza, si

rivela essere un interessante quanto curioso per-corso nella storia di una località.La toponomastica, infatti, rivela immediatamenteun luogo, lo individua e lo caratterizza rispettoad altri poiché è fortemente ancorata ad uno spa-

zio e di questo ne trattiene i segni e ne rivela icambiamenti lasciati dal trascorrere del tempo.Del resto, i nomi dei luoghi sono il risultato diepoche e cambiamenti storici rilevanti, ma pos-sono anche essere il segno di una sospensio-ne nel tempo rimanendo fissati molto a lungonella loro forma originaria.Numerose sono le motivazioni del perché un ter-mine si è legato ad uno spazio. Fra queste, adesempio, possono essere considerate: la pre-senza di gruppi sociali determinati; la conformazionefisica di un’area o la sua destinazione d’uso; l’u-nione di quel luogo ad un fat-to storico particolare o allasua memoria. Inoltre, i nomierano, e sono, uno deisegni più evidenti del cam-biamento di un centro abi-tato. Nel piccolo paese diMontelanico i nomi delle stra-de e dei luoghi risentirono,in particolar modo nel pas-sato, della conoscenza del-le persone, della possibili-tà di incontrarsi e frequen-tarsi quotidianamente. Questo aspetto, che face-va somigliare il paese ad “ungrande condominio dove ognu-no era conosciuto”, rende-va “ogni cittadino […] cosìben conosciuto che ognu-no ne avrebbe potuto com-porre l’albero genealogico, almeno per una paiodi generazioni, figurarsi se non ci si conosce-va la sua abitazione”1. Dalla lettura di un documento, datato 27 otto-bre 1862, titolato “Istrumento dell’appalto del-la costruzione dei selciati nelle strade interne”2,

conservato presso l’Archivio Notarile Mandamentaledi Segni 3, si può risalire ai nomi delle strade edei vicoli del centro abitato di Montelanico. Dal documento si apprende che il PrioreGiovanni Battista Acquista, “in forza dellafacoltà ricevuta dalla Superiorità, e per mezzodell’Atto di Delibera […] cede e concede al sig.Luigi Paolozzi l’appalto della costruzione dei sel-ciati nella strada interna di questo Comune” 4. La descrizione dei vicoli interessati ai lavori dirisistemazione è preceduta da una breve rap-presentazione della zona del paese denominatail Borgo (jo Burgo), cioè l’attuale Piazza VittorioEmanuele II, a cui segue una descrizione del-la parte antica, quella che oggi è indicata comecentro storico. “Trovasi l’abitato del Comune di Montelanico par-te in piano e parte in poca altura. Esiste nel pia-no la strada rotabile che conduce a Carpinetoe nell’altura poi esiste anche esso in un perfettopiano che ha l’imbocco in due parti nella dettastrada rotabile: il primo subito esiste nella Viadel Piano dove ha principio il Borgo ove percorrela detta strada rotabile e tanto l’uno che l’altroimbocco presentano una dolce acclività e met-tono all’abitato superiore. Le Vie maestre che esistono sono Via di Cortevecchiae Via Sedionato, ed ambedue ritengono i suoivicoletti racchiusi, ossia senza sfondo nel fini-re di essi. Le Vie Maestre esistono tutte con nuo-vo selciato, i soli Vicoletti, benchè in essi vi esi-stono molte abitazioni, sono ripieni di immon-dezze a causa degl’avvallamenti e male indicatinel percorrere le acque superflue, che proven-gono dalle dette vie Maestre creano continueservitù e danno agli stabili adiacenti, onde chea riparare a tali inconvenienti si propose di sel-ciare i Vicoletti, ed in tal modo avviene che l’a-bitato tutto del detto Comune di Montelanico, nonsoffrirà in avvenire”. Dopo questa premessa che

ci rivela le motivazioni deilavori di sistemazione sipassa alla denominazionedei Vicoli. Il “primo vico-lo che dal principio delBorgo conduce alleFornaci; secondo vico-lo nella destra della Viadetta Sedionato deno-minato di Liborio; terzovicolo chiamato Massarettoparimenti nella destra didetta via; quarto vicoloPrimavera nella sinistraquinto vicolo denominatoCasa Spallata; sestovicolo detto di Romualdo;settimo vicolo denominatoOrto Petriconi; ottavo vico-lo detto di Piccione.Seguono i vicoletti del-

la Via di Cortevecchia: primo vicolo PasqualeGreggi nella sinistra; secondo vicolo detto di Pizzicato;terzo vicolo denomiato il Forno; quarto vicolo diLucia la Mora; quinto vicolo Strilla forte; sestovicolo Colle Sasso; settimo vicolo detto Sotto ilMurello; ottavo vicolo Giovan Crisostomo; nono

Ingresso ex Vicolo di Liborio

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Ingresso Vicolo delle Fornaci,

oggi Via delle Fornaci

Vicolo Pasquale Greggi

3939Settembre Settembre 20132013

vicolo dell’Ortiariola”5. Questi, dunque, erano inomi delle strade e dei vicoli del centro abita-to di Montelanico. Ma, secondo quanto si è detto in precedenza,la toponomastica risente fortemente anche deimutamenti storici, e così avvenne nel paese dopoil 1871 quando il sindaco Don Francesco Raimondie la giunta comunale, vollero cambiare la “deno-minazione delle vie, frazioni, casali e la nume-razione delle casa” dando loro una “evidenteimpronta risorgimentale” 6. Ecco, quindi, sostituito il nome dove era già pre-sente e denominate le nuove strade realizza-te. L’elenco comprendeva: “strada Garibaldi, piaz-za Vittorio Emanuele II, strada Plebiscito, vico-lo del Sasso, strada di Carpineto, strada delleFornaci [al posto di vicolo delle Fornaci], stra-da di S. Michele, strada del Cavaccione, stra-da Corte Vecchia, strada Principe Umberto, stra-da Piazza Cavour, strada S. Pietro e stradadell’Indipendenza Italiana “ 7.

Accanto a que-ste strade e aquesti nomi neltempo se neaggiunsero deglialtri ad asse-condare unacrescita del pae-se che si ade-guava ai tempi.

*collaboratoredell’Archivio

Storico InnocenzoIII di Segni

1 L. Roberti, DonFrancesco Raimondi,patriota del Risorgimento, primo sindaco di Montelanico,Comune di Montelanico, 2003, p. 104. 2 Archivio Notarile Mandamentale di Segni (d’ora in poi abbre-viato con ANMS), Atti privati e pubblici, busta 42, atto del27 ottobre 1862. Notaio e segretario comunale Luigi PizzarriLuciani.3 La documentazione dell’Archivio Notarile Mandamentaledi Segni è, attualmente, in via di riordino.4 Nel documento erano riportate anche le modalità di paga-mento che dovevano essere “effettuate in tre eguali rate,la prima cioè all’incominciar del lavoro, la seconda alla metàdel lavoro e la terza dopo la sanzione del collaudo dei lavo-ri medesimi […]”. Prescrizioni contenute nel documento riguardavanoanche i materiali da utilizzare e i luoghi dove prenderli. La“cava per poter fare i selci da servire nella costruzione deiselciati, si stabilisce quella in contrada la Cona in questo

territorio”. 5 Segue poi un’accurata spiegazione di come dovevanoessere eseguiti i lavori. Il Piano di esecuzione prevede-va, infatti, che “la calce, la pozzolana e la pietra siano diottima qualità, ed in specie la pietra venghi scavata nel-la cava presso il Rivo [il Rio], la calce deve essere benetempiorata nel fosso e non possa mettersi in esecuzionese non dopo giorni quindici riconosciuta eseguibile. La poz-zolana sia di quella piombina che dicesi gagliarda, per-ciò quella dolce viene espressamente proibita. L’impastodella calce viene distribuito da due parti di pozzulana eduna di calce, e la grossezza che dovrà riconoscersi per illetto del selciato non minore di once due >>. L’importo tota-le dei lavori era di << scudi duecento diciannove e baioc-chi dodici e mezzo, 219 12 5”. Ibidem.6 Cit. L. Roberti, Don Francesco Raimondi, p. 105. 7 Cit. Ibidem.

n.d.r.

LLa Parrocchia di S. Brunoviene eretta canonicamenteil 2 marzo 1985. La pri-

ma pietra per la costruzione delnuovo complesso viene posatail 10 dicembre 1989: il 7 gennaio1990 ha inizio l’attività pastora-le della nuova parrocchia. Il 23 dicembre 1990 vengono inau-gurati i Locali di Ministro Pastoralee il salone a pianterreno è adi-bito a Chiesa. Il 12 dicembre 1993 viene posa-ta la prima pietra della Chiesa eil 1 marzo 1997 viene inaugura-ta con la solenne Celebrazionedi Dedicazione. L’aula liturgica sipresenta ampia e spaziosa.L’altare è di pietra viva e al cen-tro, scolpita in bassorilievo, vi èun’artistica croce. Il grande Crocifisso che dominail presbiterio è una riproduzione, a grandezza naturale, delle opere delduecento. Distinta dall’aula liturgica si trova la cappella per la custodiadel Santissimo adatta all’adorazione e alla preghiera; è stato decoratacon vetrate artistiche policrome finemente lavorate. Nei pannelli centrali della porta d’ingresso sono stati riprodotti, a rilie-vo, i simboli della Parole e dell’Eucarestia, negli altri pannelli, sono sta-ti realizzati con la tecnica dell’incisione, “ Il castello di Vicoli” dove S.

Bruno fu imprigionato, e la facciata della Concattedrale di Segni e quel-la dell’Abbazia di Montecassino.Il territorio della parrocchia si estende in gran parte su una zona dellacittà che solo recentemente è stata destinata ad uso abitativo quindi concostruzioni nuove con circa 7000 abitanti.Primo parroco è stato mons. Franco Fagiolo, attualmente il parroco èdon Augusto Fagnani.

ASM Carta sul territorio di Montelanico della Casa Doria-Pamphilij

Sulla destra ingresso Via del Sedionato,

oggi Via S. Pietro

4040 SettembreSettembre20132013

Enrico Mattoccia

TT ra iniziative ed eventi che riempiono ilcalendario estivo di Rocca Massima,spesso a tal punto che è difficile seguir-

li tutti, l’11 agosto si è chiusa la XI edizione del“Premio Goccia d’Oro” poesia adulti, poesia ragaz-zi e fotografia.Dopo due-tre anni che si era celebrata la con-clusione nella piacevolissima “Piazzetta Doria”,si era passati alla insuperabile “Piazzetta del-la Madonnella”; quest’anno si è pensato di farconoscere agli ospiti un altro angolo incantevoledel Paese: il Parco della Memoria,che suscitatante suggestioni e considerazioni e guardaverso la Valle del Sacco. Si tratta di un luogoComunale, realizzato e custodito dalla associazionePro-Loco che ha iniziato con l’intento di suggerireai cittadini di piantare un albero in quel luogoper ricordare una persona cara che non c’è piùo auspicare una vita felice ad un bambino venu-to a riempire di gioia la famiglia. Gli alberi si sono moltiplicati e, col tempo, sonosorti vialetti ben curati, con aiole, sedili…e soprat-tutto uno slargo per riunioni e manifestazioni congradinate fisse per accogliere molte persone;luce, acqua, colonne con capitello ionico chesembrano dare un legame con il passato. Un luogo incantevole, che è stato per molti unafelice scoperta; si aggiunga che i panorami sonobellissimi da ogni lato.La novità di quest’anno è stata la sospensio-ne della mostra di pittura, sostituita con un con-corso di fotografia, che è stato molto apprez-zato. Ne abbiamo già parlato su questo setti-manale qualche tempo addietro.Anche la fotografia può essere educativa sia pergli adulti che per i ragazzi. Parlando con alcu-ne persone che hanno partecipato al concorso,ho potuto ascoltare come si comportano per tro-vare “lo scatto felice” per gli animali, quali sonoi momenti migliori della giornata, quali accortezzebisogna avere per i ritratti…; insomma, anchela fotografia “è un’arte”, ha le sue regole e i suoisegreti ….e richiede passione e costanza.Nella cerimonia di domenica 11, naturalmen-

te, il momento più atteso è stato quello dellapremiazione dei ragazzi. Le dodici migliori poe-sie sulle 250 arrivate, dopo una prima valuta-zione degli insegnanti che hanno dovuto rispet-tare il limite di sei poesie, hanno destato mol-ta attenzione ed ammirazione. Abbiamo ascol-tato situazioni e combinazioni di cui gli adulti nonsono più capaci, sogni, progetti….anche inge-nuità che danno speranza e suscitano simpa-tia. Il merito va anche agli insegnanti che rin-graziamo sentitamente.La cerimonia è stata onorata dalla presenza delsindaco del paese, Angelo Tomei, del presidentedella Pro- Lo-Loco, Augusto Cianfoni, di citta-dini di Rocca Massima e soprattutto di amici,ammiratori e sostenitori dell’Associazione“Mons. Centra” provenienti da diversi paesi vici-ni e anche dal frusinate.Le gradinate che accolgono il pubblico sono sta-te riempite completamente, malgrado l’aggiuntadi circa 100 sedie, che hanno fatto raggiunge-re la cifra di 300 posti a sedere. Anche il climaè stato piacevolissimo: aria fresca senza ven-to, sino alla fine. L’Associazione culturale

“Mons. G.Centra” che ha lavorato per molti mesicontattando le scuole, i fotografici, i poeti adul-ti….può onestamente aggiungere una stellae un commento assai positivo per il lavoro svol-to nel corso di diversi mesi e la cerimonia orga-nizzata a conclusione del “Premio Gocciad’Oro – 2013”.

POESIE VINCITRICI – ADULTI– “Per un sorriso” di Ennio Orgiti.

– “La sedia sotto la vite” di Fernanda Spigone–“La seera” di Irene De Pacer

-“Dopo il temporale” di Umberto Duschovic– “La ricerca era” di A. Filomena SantoneLa Giuria ha segnalato altre 33 poesie diadulti, ritenute degne di pubblicazione.

FOTO VINCITRICI– “Folaga” di Claudio Mammucari– “Il frate” di Giancarlo Malafronte

– “Ninfa” di Giulio dal Seno.

FOTO SEGNALATE:– “Coppia romantica” di Livia Pica– “Costumi ciociari” di Luigi Sarallo

La giuria ha proposto 20 fotografie per lapubblicazione.

POESIE VINCITRICI –RAGAZZI– “Grazie, maestra” di Beatrice Urru– “Io chi sono?” di Michela Marinelli

- “Cavallo Selvaggio” di Matteo Gasbarra- “La mia famiglia” di Francesca Zaccardelli

– “L’aquilone” di Nicolò Balzarotti– “Paese” di Nicoletta Tozzi

– “La mia parte” di Floriana Scascitelli-“Il suo incredibile sorriso” di LiviaLatini–“Primavera prima festa” di Vlad balan– “Grazie, Mamma” di Lucrezia Pavia

– “Assalto” di Francesca Menelao– Dio vi ha insegnato questo” di Alessio

Giuliani.

La giuria ha segnalato 49 poesie dei ragazzi degnedi esser pubblicate.

4141Settembre Settembre 20132013

Antonio Venditti

SS i fanno tanti bei discorsi sulla mora-lità pubblica e privata, ma, alla pro-va dei fatti, non c’è riparo alla deca-

denza dei costumi, con un giustificazionismoimperante, che paralizza i buoni propositi di cam-biamento e di miglioramento della società. Sidovrebbe, invece, fare un’analisi critica della real-tà, sulla base di ciò che si constata continua-mente, traendo le dovute conclusioni senza “se”e senza “ma”, per stabilire intelligentemente lecondotte idonee al superamento delle disfun-zioni riscontrate nel tessuto sociale. L’attenzione di tutti è calamitata da vicende cla-morose con inevitabili risvolti giudiziari di lun-ghissima durata, che spesso, invece di chiari-re i fatti, li rendono confusi, così che diventatortuosa la ricerca della “verità”¸ ed anche seè sancita dalle “sentenze”, spesso non concludele discussioni, ferme alla prima e lontana faseemozionale. Quando è il mondo della scuolaad essere protagonista di scabrose situazioni,subito evidenziate da stampa e televisione, indub-biamente è da tutti avvertita la gravità, con gran-de preoccupazione per le conseguenze imme-diate e future, che toccano davvero tutte le fascedell’età adulta, nel ruolo di educatori, genitori,parenti, amici, operatori sociali.Certo è che della scuola e dei docenti, comedella famiglia e dei genitori, non si dovrebbemai parlare in termini infamanti, che oscuranol’immagine stessa dell’educazione. Come si potrà mai dimenticare un episodio cheha coinvolto gravemente gli alunni? Come sipotrà cancellare l’antieducativo comporta-mento del personale scolastico, che ha usatometodi coercitivi grossolani e violenti? Come si potrà ripristinare la bellezza e la purez-za dell’insegnamento, dopo che docenti han-no abusato di bambini/e affidati alle loro cure?Sono macchie indelebili nelle scuole coinvol-te, perché incidono terribilmente nella naturastessa dell’istituzione e pertanto sono inammissibilied ingiustificabili. Ogni altro ordine di difetti può comprendersi,senza giustificarsi, perché ogni istituzioneumana può e deve modificare la sua linea, quan-do è inefficace ed improduttiva, ed anche nel-le migliori situazioni, non deve venir meno losforzo di perfezionamento, per raggiungere sem-pre nuovi traguardi. La scuola giustamente èpercepita come centro di formazione umana eculturale. Talmente importante e ricca di aspet-tative è la sua funzione, che deve essere pron-ta ad ogni evenienza, deve prevenire i perico-li con una vigilanza continua su tutti gli aspet-ti della complessa azione quotidiana, deve pren-dere subito coscienza delle disfunzioni e deveavere la capacità di superarle.Fondamentale, quindi, è la buona gestione, fon-data sullo spirito di collaborazione di tutti gli ope-ratori che, nella diversità dei ruoli, devono esse-re convintamene al completo e disinteressatoservizio degli alunni, centro radioso dell’istitu-zione. Le “unità scolastiche” presenti sul ter-

ritorio si configurano come comunità “autono-me” ossia libere di organizzarsi, secondo le nor-me e le finalità del servizio pubblico naziona-le. Esse devono essere in tutto e per tutto tra-sparenti nella loro azione, consapevoli che lapubblica opinione in ambito locale è molto atten-ta e rigorosa nella rilevazione del complessi-vo andamento dell’attività scolastica, secondoi parametri dell’efficienza e della qualità. I docenti sono al centro dell’attenzione e nonpuò essere diversamente, perché sono ilmotore di ogni scuola e dal loro modo di esse-re e di operare dipende largamente il giudiziodella comunità, sulla base dei risultati com-plessivamente raggiunti. Ma certamente più impor-tante e significativa è la considerazione che diessi hanno genitori ed alunni. Il rapporto tra docenti e discenti è essenzialenella formazione e per importanza ed incisivi-tà viene subito dopo quello tra genitori e figli.È fondamentalmente il rapporto tra i due sog-getti del processo di insegnamento-apprendi-mento, nell’ovvio significato che i docenti inse-gnano e i discenti apprendono, se i primi svol-gono con competenza e convinzione la loro ope-

ra e i secondi riescono davvero a recepire atti-vamente le valide conoscenze. È questo il primo esempio fornito agli alunni daiveri insegnanti che non saranno dimenticati pertutta la vita, per il decisivo contributo allo svi-luppo dell’intelligenza, con l’acquisizione del-l’adeguato metodo di studio. Ed è tanto acutala capacità di giudizio di bambini, ragazzi e gio-vani, che, accanto al ricordo positivo dei bra-vi insegnanti, avranno quello negativo dei docen-ti inadeguati a svolgere il loro indispensabilelavoro. Il secondo esempio concerne il comportamentoprofessionale, ossia il modo di stabilire il rap-porto e di porgere ai discenti con equilibrio eserenità le conoscenze, per sviluppare un mag-giore interesse e dare sicurezza come capa-cità di superare le difficoltà. Non sono molti gli insegnanti che, oltre alla com-petenza nelle discipline di insegnamento, han-no questa piena coscienza pedagogica e sonouna straordinaria possibilità per i loro alunni,che, avvertendo il privilegio, restano incantatidalla loro personalità. Se non si può chiede-

Nell’immagine un’opera pittorica dell’artista Bas Sebus

continua a pag.42

4242 SettembreSettembre20132013

re a tutti i docenti tale eccezionalità, nessunopuò esimersi dal mettere in atto quei compor-tamenti virtuosi, che devono essere d’esempioad alunni/e. La regola è semplice : tutto ciò chein qualità di educatori dobbiamo esigere dai nostrialunni, dobbiamo essere noi prima a mostrar-lo con convinzione e coerenza, perché le affer-mazioni teoriche non hanno alcun senso se nonsono accompagnate dalle azioni, ed anzi, seinapplicate, diventano una forma grave di dis-

educazione. Se vogliamo assiduità nell’impe-gno, dobbiamo adoperarci nello svolgimento coeren-te del quotidiano lavoro. Se vogliamo serietànell’ascolto e nell’applicazione, dobbiamoessere capaci di ascoltare ed essere d’aiuto nelsuperamento delle incertezze e delle difficol-tà. Se vogliamo serietà ed equilibrio, dobbia-mo essere seri ed equilibrati noi in ogni situa-zione. Se vogliamo rispetto e considerazione,dobbiamo rispettare e considerare le personedi tutti i nostri alunni, trattandoli amorevolmente

e con senso di giustizia. In sintesi le condotte virtuose che sono obiet-tivi irrinunciabili dell’educazione, devono esse-re dimostrate innanzitutto dai docenti. Come nel-la famiglia ed in ogni comunità, sono importantianche i rapporti che esistono tra gli operatorie soprattutto quello tra i docenti, che devonoessere improntati a rispetto e collaborazione,come esempio positivo per la convivenza civi-le e fraterna di alunni/e nella classe e nell’in-tera istituzione.

segue da pag. 41

don Antonio Galati

“Ho partorito un figlio”. Questa affermazione, senon contestualizzata a dovere, è shoccante, sea pronunciarla è un sacerdote. In realtà il figlio di cui parla don Luciano Lepore,e di cui va fiero, è una sua opera letteraria, unlibro che, per lui, ha significato venti anni di stu-di e la consultazione di più di 700 opere, tra librie articoli di riviste in varie lingue.

Alle origini del Pentateuco, questo è il titolo del-la sua opera, vuole essere una presentazione del-la storia dell’antico Israele, dalle sue origini finoalle soglie della nascita del Signore, facendo dia-logare i testi biblici con la storia della mezzalu-na fertile che viene raccontata dai reperti archeo-logici finora rinvenuti. In questo modo, inoltre, propone una lettura dia-cronica di alcuni testi biblici, individuando cioè ivari “strati” letterari che, sovrapponendosi l’unosull’altro attraverso delle riscritture successive, inbase agli eventi storici che gli agiografi hanno vis-suto o di cui sono venuti a conoscenza, hannoprodotto il testo biblico finale così come ora è danoi conosciuto. Un presupposto fondamentale, secondo don Luciano,per poter descrivere la storia del popolo ebraico,e che vale in generale per ogni opera storiogra-fica, e che gli ha permesso di portare a termineil suo lavoro, è che “non è possibile ricostruire ilpassato di un popolo nella sua oggettività. [...]L’analisi scientifica delle testimonianze [storiche]richiede continui approfondimenti e interpretazioni,senza per questo avere la certezza dell’interpretazionedell’evento così come accaduto”1. In altre paro-le, non è possibile dire con certezza matemati-ca che la ricostruzione storica effettuata sia la descri-zione perfetta e semplicemente oggettiva dell’e-vento, ma che in quella ricostruzione gioca un ruo-lo importante il punto di vista dello storico. Facendoquesto l’autore accosta il Pentateuco, cioè i pri-mi cinque libri della Bibbia, proponendo la tesi che

il suo sviluppo redazionale principale, cioè chela rilettura e la redazione praticamente definitivadi testi più e meno antichi, sia avvenuto storica-mente “molto tardi”, dopo l’esilio babilonese delVI secolo a. C. e che questa redazione non vei-coli solo la storia del popolo nomade nel deser-to fuggito dall’Egitto negli ultimi secoli del secon-do millennio a. C., ma anche la (ri)fondazione socio-culturale e religiosa del popolo ritornato da Babilonia2.Sfogliando il testo è facile notare come non siaun libro “per tutti”, ma che è scritto pensando alettori che un po’ già conoscono le varie ipotesidi formazione dei testi biblici e che sono, in qual-che modo, abituati ad una letteratura scientifica,storiografica e teologica.Per concludere, il libro si pone nel panorama deitesti che offrono un contributo ad una conoscenzapiù approfondita e scientifica della storia di Israelee della Bibbia e della sua fase redazionale, pro-ponendo un punto di vista che pretende di esse-re vero, ma che sa ammettere onestamente diessere parziale, provando comunque a far dia-logare fede e ragione, in questo caso rappresentatedall’insegnamento scritturistico e dai dati archeo-logici, con la consapevolezza che non possonoessere in contraddizione, perché entrambe han-no come unica origine Dio, che non può esserein contraddizione con se stesso.

1 L. LEPORE, Alle origini del Pentateuco, pag. 8.2 Cfr. L. LEPORE, Alle origini del Pentateuco, pag. 9.301-305.

Breve presentazione del libro:

Fabio Pontecorvi

QQuando si parla del lavoro dell’iconografo,non si dice “dipingere” ma dal grecogràphein (grafia) quindi “scrivere”.

Come la parola scritta, l’icona insegna la veri-tà cristiana: è una teologia in immagini.L’immagine rappresenta ciò che la scrittura inse-gna con la parola”- www.artesacraveliter. Il corso prevede un massimo di cinque allieviche saranno seguiti personalmente dal maestro,attraverso le otto tappe, per otto giovedì dalleore 15:00 alle 18:00 dal 3 Ottobre al 21 Novembre. Ad ogni allievo verrà consegnato con l’iscrizio-ne, una tavola ingessata, dei pennelli, colori (pig-menti naturali) e foglia in oro.

“Come per i discepoli di Emmaus, l’icona cifa incontrare Cristo lungo un sentiero fatto

di umanità quotidiana, per farsi riconoscereattraverso l’ascolto attento della sua parola

e la contemplazione del suo volto”.

Iscrizioni entro il 30 Settembre 2013.I posti sono limitati, massimo 5 allievi.Alla fine del corso le icone verranno benedettedurante una celebrazione Eucaristica.Ad ogni allievo sarà consegnato un attestatodi partecipazione.

Per informazioni - rivolgersi direttamente al mae-stro d’arte al cell. 3341707171 o inviando una mail a:[email protected] oppure [email protected]

4343Settembre Settembre 20132013

Bollettino diocesano:

Prot. VSC/ 12/2013

La Parrocchia di San Clemente I, p.m. in Velletri, Cattedrale della Diocesi, molto estesa e popolata richiede sempre ulteriori aiuti per le attività pastorali.Per questo,

nomino te Rev.do SICA don Antonionato a Santa Sofia D’Epiro (CS) il 23.02.1953ord. presb. 11.01.1998 da S.E. Sotir Ferrara

incardinato presso questa Diocesi il 1°.03.1998 in virtù delle mie facoltà ordinarie

Vicario Parrocchialedella Parrocchia di San Clemente I, p.m. in Velletri,

a norma del canone n° 157 del Codice di Diritto Canonico autorizzandoti altresì a collaborare con l’Associazione Ministri della Misericordia.Ti accompagni nelle fatiche pastorali la mia personale benedizione, l’intercessione di San Clemente I e della B.V. Maria.

Velletri 05.06.2013 + Vincenzo Apicella, vescovo

il Cancelliere Vescovile, Mons. Angelo Mancini

Mara Della Vecchia

SSiamo soliti immaginare i monasteri come luoghi di preghiera,meditazione, pace, ma soprattutto come luoghi di grandesilenzio, Sicuramente questa suggestiva immagine corri-

sponde al vero. Tuttavia se cerchiamo di figurarci la vita monastica diun millennio fa, quando molti dei monasteri benedettini, tuttora esistenti,vennero fondati, potremmo renderci conto che, certamente, erano luo-ghi di preghiera e profonda meditazione, ma anche luoghi dove le atti-vità più varie fervevano e il silenzio non era forse la caratteristica prin-cipale, in quanto dovevano essere tutto un risuonare di canti dall’al-ba al tramonto. La preghiera per i monaci benedettini non era mai disgiunta dal can-to e la liturgia delle ore prevedeva ben sette momenti durante la gior-nata, da eseguire tutti i giorni: Lodi, Terza, Sesta, Nona, Vespro, Compieta,Notturno.In genere si cantavano i Salmi, ma poi c’era il Benedictusalle Lodi del mattino, poi il Magnificat al Vespro e il Nunc dimittis duran-te la Compieta. Naturalmente ciò non esauriva il repertorio richiesto,perché non bisogna dimenticare gli inni, gli alleluia, i graduali, le anti-fone. Inoltre ci sono tutti i canti della messa ordinaria e quelli delle ricor-renze solenni e delle feste patronali.

L’attività musicale non era dunque cosa mar-ginale nella esperienza e nella competen-za di un monaco benedettino di mille anni fa,imparare a cantare nel modo giusto per ognioccasione era importantissimo e conoscere tut-

ti i canti del monastero lo era altrettanto. Fortunatamente, i monaci, all’epoca alla quale ciriferiamo, intorno all’anno mille, avevano già a dis-posizione uno strumento fondamentale che li aiu-tava in questo compito gravoso, ovvero esistevaormai un sistema di notazione musicale,abbastanza preciso, similmente a quelloattuale: le note venivano tracciate su un tetra-gramma, cioè un rigo musicale formato daquattro linee, anziché cinque, come il pen-tagramma, e la forma delle singole noteera più o meno quadrata, non esistevaindicazione di durata delle note, né discansione degli accenti ritmici, perchéil canto gregoriano è basto su ritmo

libero (non misurato, come la musica che siamo abi-tuati ad ascoltare). Liberi dalla fatica di dover imparare a memoria i centinaia di canti, gra-zie alla scrittura musicale, un nuovo gravoso compito teneva occupatele loro giornate, in particolare quelle dei monaci amanuensi, già tan-to impegnati a trascrivere opere letterarie, documenti, saggi e altro,appunto scrivere e trascrivere le numerose parti musicali e non eraun banale esercizio di copiatura, perché i monaci creavano dei pre-ziosissimi codici miniati per i loro canti, dove accanto al rigo musica-le, c’erano decorazioni, miniature, ornamenti che illustravano e com-mentavano il contenuto del testo del canto. I monaci realizzavano questi codici spesso in grandi dimensioni, perpoter essere appoggiati al grande leggio al centro del coro da dovetutti potevano leggere. Ognuno di questi codici era un capolavoro uni-co e molti sono arrivati fino a noi, conservati nelle biblioteche dei mona-steri benedettini che sono riusciti ad attraversare indenni i secoli tur-bolenti che hanno vissuto. Molti di questi magnifici codici non sono visibili facilmente, perché nonesposti al pubblico, ma di tanto in tanto, vengono organizzate delleesposizioni che rivelano ai nostri occhi increduli la perizia, la fanta-sia, la dedizione di questi antichi uomini, ma anche ci rivelano un altromodo di guardare il mondo e di vivere il tempo sul quale forse farem-mo bene a meditare anche noi.

Rembrandt Harmenszoon Van Rijn,

“Il ritorno del figliol prodigo“,1666 c., Museo dell’Ermitage

di San Pietroburgo / 1

don Marco Nemesi*

RRembrandt era vicino alla morte quandodipinse il Figliol Prodigo. Con tutta pro-babilità è stato uno dei suoi ultimi lavo-

ri. Insieme con la sua opera incompiuta“Simeone e il bambino Gesù”, il Figliol Prodigomostra la percezione che il pittore ave-va della propria vecchiaia, percezione incui cecità fisica e profonda lucidità inte-riore erano intimamente connesse. Il modo in cui il vecchio Simeone sostie-ne il bambino Gesù e l’anziano padre abbrac-cia il figlio rivela una visione interiore chericorda le parole di Gesù ai discepoli: “Beatigli occhi che vedono ciò che voi vede-te”. Sia Simeone che il padre del FigliolProdigo portano dentro di loro quella lucemisteriosa con cui vedono. È una luce interiore, profondamente segre-ta, ma che irradia una tenera bellezza chetutto pervade. In Rembrandt tuttavia que-sta luce interiore era rimasta nascosta pertanto tempo. Per molti anni gli era stato impossibile rag-giungerla. Soltanto gradualmente e conmolta angoscia era riuscito a percepirladentro di sé e, attraverso se stesso, inchi dipingeva. Prima di essere come il padre,Rembrandt per lungo tempo era stato comeil giovane che raccolte le sue cose par-tì per un paese lontano. Guardando le sue opere giovanili e le vicen-de della sua vita, non è difficile trovareuna certa vicinanza e alcune caratteristichedel figlio maggiore della parabola: era sfac-ciato, sicuro di sé, spendaccione, sensualee molto arrogante. A trenta anni si dipinse con la moglie Saskia comeun figlio perduto di bordello. Si mostra in que-st’autoritratto (vedi foto sotto, c. 1635,Gemäldegalerie, Dresden) come ubriaco,sprezzante, occhi concupiscenti, capelli lunghie ricci, un copricapo di vel-luto con una grande piumabianca, in atteggiamento mol-to provocatorio e sensua-le. Tutti i biografi lo descri-vono come giovane orgo-glioso, convinto del propriogenio, desideroso di esplo-rare ogni cosa il mondo glipotesse offrire, un estroversoche ama la lussuria ed èinsensibile a coloro che locircondano. Accumulò mol-to denaro, ma ne spese ene perse ancora di più. Ebbe

molti processi giudiziari per bancarotta e que-stioni finanziarie.A questo breve periodo di successo, popolari-tà e ricchezza fanno seguito momenti di vita den-si di dolori, sfortune e calamità. Dopo aver perso tre figli nel giro di pochi anni,nel 1642 muore anche la moglie Saskia.Rembrandt rimane con un figlio di nove mesi,Titus. Dopo la morte della moglie, la sua vita con-tinua a essere tormentata. Una relazione molto infelice con la bambinaiadel figlio, conclusasi con una causa ed il rico-vero in manicomio della donna, è seguita da una

unione più stabile con un’altra donna, Hendrikie.Essa gli dà un figlio, che però muore, e una figlia,Cornelia, l’unica che gli sopravviverà. Durante questi anni la popolarità di Rembrandtcome pittore precipita, anche se continua a esse-re riconosciuto dai critici come uno dei più gran-

di pittori del suo tempo. I suoiproblemi finanziari diventanocosì gravi che è dichiarato insol-vente e allora si avvale del dirit-to di vendere tutti i suoi benie proprietà a beneficio dei cre-ditori per evitare la bancarot-ta. Tutti i suoi averi, i suoi qua-dri, la casa e i mobili sono ven-duti in tre aste. Nonostante con-tinui a essere assediato dai cre-ditori, all’inizio dei suoi cinquantaanni sembra che Rembrandtabbia trovato un minimo di pace,e questo si rispecchia nei suoi

quadri. Nel 1663, muore Hendrikie e cinque annidopo muore il figlio adorato Titus, avuto dallaprima moglie. Quando nel 1669 il pittore muore, è ormai unuomo povero e solo. Guardando il figlio prodi-go che s’inginocchia davanti al padre ed affon-da il viso contro il suo petto, non possiamo nonvedere in lui Rembrandt, un tempo così sicurodi sé e venerato, giunto alla dolorosa consapevolezzache tutta la gloria da lui attinta non è che vanagloria. Invece dei ricchi indumenti con cui da gio-vane si raffigurava, ora indossa dei panni lace-ri e dei sandali inservibili.

Spostando lo sguardo dal figlio pen-tito al padre misericordioso, sinota che si è spenta la luce dellearmature, delle catene d’oro, ed èstata sostituita dalla luce interioredell’età avanzata.Il dipinto di Rembrandt in cui il padreaccoglie il figlio non rivela nessunmovimento esterno: dipinto di asso-luta immobilità. Il fatto che il padre tocchi, il figlioè una benedizione perenne, ilfiglio che riposa sul petto del padreè una pace eterna. Il giovane abbrac-ciato e benedetto dal padre è un uomoassolutamente povero. Il capo è rasa-to. Non ostenta più i lunghi capel-li riccioluti con cui il pittore si eraritratto, come il figlio arrogante, inso-lente e prodigo, nel bordello.L’indumento con cui Rembrandt loriveste è una tunica che copre a malapena il corpo emaciato.Il padre e l’uomo sulla sinistra indos-sano ampi mantelli rossi che con-feriscono loro rango e dignità. Il figlioinginocchiato non ha alcun mantello.Le piante dei piedi raccontano la sto-ria di un lungo e umiliante viaggio.Il piede sinistro, sfilato dal sanda-

lo logoro, è pieno di cicatrici. Il piede destro, soloin parte coperto da un sandalo scalcagnato, par-la anch’esso di sofferenza e di miseria.È un uomo spoglio di tutto, eccetto la spada,unico segno di dignità ed emblema della sua nobil-tà. Pur in mezzo alla degradazione, non ha per-so la consapevolezza di essere il figlio di suopadre. Diversamente avrebbe venduto la spa-da di grande valore, simbolo della sua condi-zione di figlio. La testa del figlio prodigo può appa-rire come la testa di un bambino appena usci-to dal grembo materno. Dipingendo non solo il figlio minore tra le brac-cia del padre, ma anche il figlio maggiore chepuò ancora scegliere o non scegliere l’amoreche gli viene offerto, Rembrandt ci presenta il“dramma interiore dell’uomo”.

(continua)

*Direttore dell’Ufficio diocesano Beni Culturali, Chiese e Arte Sacra