Anniversario Steve Jobs

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VENERDÌ 5 OTTOBRE 2012 EURO 1,50 DIRETTORE LUCA TELESE ANNO I - NUMERO 18 - www.pubblicogiornale.it Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, Aut. C/RN/52/2012 TENDENZA GROUCHO FRANCESCA FORNARIO Argomento a piacere LAZIO Zingaretti candidato Riccardi in corsa per Roma SAPPINO A PAGINA 4 Dalla parte degli ultimi e dei primi IL PATTO DEI TAGLIOLINI CON UNA CENA A TRE, CASINI MONTEZEMOLO E FINI DECIDONO DI ABBANDONARE BERSANI: «ADESSO SI DIALOGA CON RENZI» «Argomento a piacere». «Gli scout». «Non mi pare facciano parte del nostro programma». «Sì, da 5 anni». «Ok, sentiamo». «Lo scouti- smo è un movimento fondato da Ro- bert Baden-Powell nel 1907...». «Ok, la sa. Mi dica i confini». «La coalizione confina a Nord con la Le- ga, a sud con lMpa, a destra con Mont... ...ezemolo, e a sinistra con Sinistra Ecol...». «Boccia- to! Vendola sta nella coalizio- ne, garantisce Bersani». «Aspetti, volevo dire Sinistra E cola Federazione della Sinistra». «Ok, ha superato lesame, può vo- tare. Abbia pazienza, è che dobbia- mo evitare che votino gli infiltrati. Sa, questa è una sfida vera, mica co- me quando ha vinto Walter». «Cer- to, nel 2003». «2007». «No, su que- sto sono preparatissimo: 2003». «E sa dirmi anche chi ha vinto lanno successivo?». «Certo, do- po Walter Nudo ha vinto Sergio Mú- ñiz». «Bocciato! Era una domanda- trabochetto». «No, lo giuro, sono un elettore di centrosinitra!». «Mi di- spiace, il regolamento delle prima- rie è chiaro: sono esclusi dal voto gli spettatori dellIsola dei Famosi». PORCELLOPOLI LUCA TELESE Gli amici di Batman IL TEMPO DELLE MELE STEVE È MORTO DA UN ANNO E CI MANCA. LO RICORDIAMO CON QUATTRO PAGINE E UNA INTERVISTA IMPOSSIBILE Mello, Telese, Podda, Salis e Iacolare alle pagine 11-14 Labate a pagina 2 y(7HC2I1*LPMKKQ( +?!=!"!"!, ccc Siete fortunati. Voi non avete avuto un incontro ravvicinato del terzo tipo con «Francone» Fiorito-Batman. Io sì. Ho passato tre ore con lui, lho tempestato di domande, e ho registrato la farsa inventiva delle sue inverosimili risposte: le carte di credito? Mac- ché, erano due panini al supermercato. Le porcellane?Uhhh, ar- redi per la sede. E le macchine? Ho dovuto comprare la Bmw per- ché non entravo nella Smart, e il Suv perché nevicava. E la villa con labuso? Figurarsi: è un bilocale pagato con i soldi miei, sono ricco di famiglia. E le cene? Nulla: solo una porchetta offerta agli amici, come si fa da noi. Adesso tutte queste balle sono finite nel trita- documenti ingolfato con un tentativo maldestro di far sparire tut- to. Oggi pare che nessuno conoscesse «Francone» Fiorito, e lui di- ce dei suoi cose tanto atroci che nemmeno quelli del Bo-Bi, i mitici comitati «Boicotta Berlusconi» del 1994: «In carcere troverò per- sone migliori che nel Pdl».Oppure: «Nel mio gruppo avevo tre mentecatti, una demente di Scientology e un ragazzetto dei Pario- li. Gente di merda». Oddìo: Batman ci scavalca a sinistra. BICI A Reggio Emilia al via gli Stati generali GREISON A PAGINA 10 myBqnePhJYS09j6YrNM/Q5vcWfuXCtbr7wAJaJ7BVzg65r83sfFr7Rl9yDKlXcDrTJR1N/G2cF5ZKroDh1Ak2GS+NEcyVQY06MBBZHWR7/c=

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primo anniversario della morte di Steve Jobs

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Page 1: Anniversario Steve Jobs

VENERDÌ 5 OTTOBRE 2012 EURO 1 , 50 DIRETTORE LUCA TELESE ANNO I - NUMERO 18 - w w w . pu b b l i co gi o r n a l e . i t

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2012

TENDENZA GROUCHO FRANCESCA FORNARIO

Argomento a piacere

L AZI O Zingaretti candidatoRiccardi in corsa per Roma

SAPPINO A PAGINA 4

Dalla parte degli ultimi e dei primi

IL PATTODEI TAGLIOLINICON UNA CENA A TRE, CASINIMONTEZEMOLO E FINI DECIDONODI ABBANDONARE BERSANI:«ADESSO SI DIALOGA CON RENZI»

«Argomento a piacere». «Gliscout». «Non mi pare facciano partedel nostro programma». «Sì, da 5anni». «Ok, sentiamo». «Lo scouti-smo è un movimento fondato da Ro-bert Baden-Powell nel 1907...».«Ok, la sa. Mi dica i confini». «Lacoalizione confina a Nord con la Le-

ga, a sud con l’Mpa, a destra conMont... ...ezemolo, e a sinistracon Sinistra Ecol...». «Boccia-to! Vendola sta nella coalizio-ne, garantisce Bersani».«Aspetti, volevo dire Sinistra E co’la Federazione della Sinistra».«Ok, ha superato l’esame, può vo-

tare. Abbia pazienza, è che dobbia-mo evitare che votino gli infiltrati.Sa, questa è una sfida vera, mica co-me quando ha vinto Walter». «Cer-

to, nel 2003». «2007». «No, su que-sto sono preparatissimo: 2003».«E sa dirmi anche chi ha vintol’anno successivo?». «Certo, do-

po Walter Nudo ha vinto Sergio Mú-ñiz». «Bocciato! Era una domanda-trabochetto». «No, lo giuro, sono unelettore di centrosinitra!». «Mi di-spiace, il regolamento delle prima-rie è chiaro: sono esclusi dal voto glispettatori dell’Isola dei Famosi».

PO R C E L LO PO LI LUCA TELESE

Gli amici di Batman

IL TEMPODELLE MELESTEVE È MORTO DA UN ANNOE CI MANCA. LO RICORDIAMOCON QUATTRO PAGINEE UNA INTERVISTA IMPOSSIBILE

Mello, Telese, Podda, Salis e Iacolare alle pagine 11-14 Labate a pagina 2y(7HC2I1

*LPMKKQ(

+?!=!"!"!,

ccc Siete fortunati. Voi non avete avuto un incontro ravvicinatodel terzo tipo con «Francone» Fiorito-Batman. Io sì. Ho passato treore con lui, l’ho tempestato di domande, e ho registrato la farsainventiva delle sue inverosimili risposte: le carte di credito? Mac-ché, erano due panini al supermercato. Le porcellane?Uhhh, ar-redi per la sede. E le macchine? Ho dovuto comprare la Bmw per-ché non entravo nella Smart, e il Suv perché nevicava. E la villa conl’abuso? Figurarsi: è un bilocale pagato con i soldi miei, sono riccodi famiglia. E le cene? Nulla: solo una porchetta offerta agli amici,come si fa da noi. Adesso tutte queste balle sono finite nel trita-documenti ingolfato con un tentativo maldestro di far sparire tut-to. Oggi pare che nessuno conoscesse «Francone» Fiorito, e lui di-ce dei suoi cose tanto atroci che nemmeno quelli del Bo-Bi, i miticicomitati «Boicotta Berlusconi» del 1994: «In carcere troverò per-sone migliori che nel Pdl».Oppure: «Nel mio gruppo avevo trementecatti, una demente di Scientology e un ragazzetto dei Pario-li. Gente di merda». Oddìo: Batman ci scavalca a sinistra.

BI CI A Reggio Emiliaal via gli Stati generali

GREISON A PAGINA 10

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11VENERDÌ5 OTTOBRE 20 12

IL TEMPO DELLA MELA

Un anno senza Jobsil grande codificatore

Il 5 ottobre 2011 se ne andava il fondatore di Apple:noi, iPhonisti pazzi, sappiamo che è come i Beatles

LUCA TELESEl t e l es e @ pu b b l i co . eu

@ l u c a t e l es e

UN ANNO DO PO

XXXXXXXXXXXXX

“S CO O P PO S T U M O ”

I n t e rvi s t acon il Guru

ccc Dovete sapere che nella nostra redazione c’è unasetta di steve-jobbisti incalliti, gente pericolosa, malatigravi, di cui Federico Mello è un degno esponente, genteche recita la biografia di Isaacson come un sacramento, equando vede la sacra icona di Steve, si dimentica tutti ibuoni propositi sul software aperto, le pagine oscure del-la sua vita, le cattiverie contro il genio creativo di Woz-niac, i dispettacci fatti ai progettisti creativi del Lisa, ec-cetera.Viviamo incatenati all’iPhone, e solo per con-solarci ci ripetiamo tra di noi, come un esorci-smo la battuta scaramantica di ogni Apple-boy: «L’iPhone è lo strumento ideale perqualsiasi uso, tranne che telefonare». Non èun mistero, infatti, che ogni buon iPhonistache si rispetti coltiva segretamente un telefo-

nino muletto, un piano B, una via di salvezza,un archeo-Nokia scrostato, o un Motorolacon schermo ancora monocromatico per po-ter chiamare se l’iPhone non prende. Ciono-nostante avverto, come tutti noi, alcuni sin-tomi della sindrome conclamata da iDipen-denza cronica. Mi sento male quando il di-splay mi mostra tre mezze tacchette evirate(vuol dire che sembra che ci sia campo manon c’è), e certi drammatici imbambolamen-ti di sistema (arrivano proprio quando riceviun sms da tua moglie che ti dice «Corri a scuo-la che il bambino è rimasto solo!») per cui tufai il numero, ma rimane come pietrificatosullo schermo, e la chiamata non parte più .Eppure, al netto di tutto questo, l’iPhone hacambiato la storia. Non so se quella del mon-do, ma di certo la nostra (e senza dubbio lamia). Digito messaggi alla velocità della luce,amministro operazioni diverse mentre tele-fono, tweetto sull’iPhone, e posso vedere inanteprima, anche se sono in Congo, o in Fran-cia, la copertina del giornale, che il mitico Ma-nolo Fucecchi sta preparando in diretta, corro

in Internet a intervalli regolari e posso gestireconto corrente e commercio online. So beneche esistono alcuni puristi che dicono: manon è stato Jobs a inventare tutto questo. È (inparte) vero, ma non conta nulla. Steve Jobs(Mello che ne è biografo lo sa) è uno grandecodificatore del suo tempo, di quelli che laterra ne ospita cinque o sei per secolo. AncheLuca, Matteo, Marco e Giovanni non avevanomai visto Cristo: ma il Vangelo sono loro. An-che Bell aveva rubato a Tesla, ma il telefono èlui. Senza il corso di calligrafia frequentato daSteve in un periodo di college fuori centro ionon comporrei questo articolo su di un videoterminale , con un sistema editoriale, e condei bottoncini-icona per chiudere o salvare(o forse non lo potrei fare in questo secolo).Codificare vuol disegnare i margini in cui girail mondo: il codice Da Vinci, il codice Napo-leone, il codice Beatles e il codice Jobs. Se vipare poco trastullatevi con il pecorino Zen, ilCommodore 64, la Mecca-Cola dicendo che èmeglio della Coca. Ma sappiate che non è ve-ro: noi e Steve siamo nella storia, e voi fuori.

FEDERICO MELLOf m e l l o @ pu b b l i co . eu

@fedemello

A F F A M AT IFO L LIE ORFANI

ccc L’ora è tarda. E quando Steve Jobs con la forzadel suo pensiero si appalesa dalle parti di Pubblico,è come se non avesse voglia di perdersi in chiac-chiere. “Parlo solo della mia vita, al passato” è ilpatto. Episodi, naturalmente, per uno come lui chedi certo, “ha vissuto”, non ne mancano. Li ha rac-contato in centinaia di interviste e interventi agliappuntamenti Apple. Sono stati sezionati, control-lati, ribaltati, in decine di libri e documentari. Oggi,come un mosaico che si compone, tornano insiemein questa intervista sulla sua vita.Steve, cominciamo dall'inizio. Tu sei nato nel'55: che aria si respirava nella California deglianni ’50 ?Lo ricordo: erano senza dubbio anni molti inte-ressanti. Dopo la seconda guerra mondialel’America era al picco della sua ricchezza. Tuttoappariva regolare e ordinato, dai tagli di capellialla cultura spiccia.Eppure le cose stavano per cambiare...Stavamo entrando negli anni Sessanta, ed erachiaro che le cose avrebbero presto cominciatoad andare in una nuova direzione. Un’aura disuccesso, di progresso, era in ogni dove. Tuttoera molto giovane. L’America mi appariva pro-prio così: giovane e ingenua sotto molti punti divi s t a .Co m ’è noto sei stato dato in adozione appenan a to .Sì, l’ho raccontato nel mio discorso a Stanford.Comunque, in tutto e per tutto sono stati Paul eClara Jobs i miei veri genitori.

SEGUE A PAGINA 12

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12 VENERDÌ5 OTTOBRE 20 12

INTERVISTA CON IL GURU

«Se non fosse statoper due o tre persone,sarei finito in prigione»Dal l ’infanzia “s m an et t o n a” al periodo hippie,la vita di Jobs raccontata con le sue parole

FEDERICO MELLOf m e l l o @ y a ho o . i t

@fedemello

(segue dalla copertina)

ccc Tuo padre adottivo, classico “co l l e t toblu”, era un meccanico di auto.Sì, esatto. Ha lavorato duramente tutta la vita edera una specie di genio con le mani.Ti ha trasmesso una sorta di insana passioneproprio per… le maniUna volta lo dissi anche ai miei creativi: se po-tessimo replicare una mano, avremmo un pro-dotto da urlo.A Mountain View, dove abitavi, si respiravaelettronica anche nell’a ri a .Il mio amico Bill Fernandez lo dice sempre: inquegli anni c’era sempre qualcuno che sapevarisponderti a domande di elettronica.Hai raccontato di un vicino in particolare...Si chiamava Larry Lang. Era un ingegnere dellaHewlett Packard che venne a vivere a sei o sette

isolati da noi.Fu lui a trasmetterti la passione per “co s t ru i r e ”congegni elettronici?Sì, mi insegnò tantissimo. Era un grande appas-sionato di HeatKits, prodotti da assemblarevenduti in kit. Così ho cominciato a capire cosa

ci fosse dentro un prodotto finito e come fun-zionasse. Costruivi cose e le cose viste non era-no più misteriose, inaccessibili. Potevi guarda-re un televisore e pensare «Non ne ho costruitoancora uno da me, ma potrei farlo».La scuola ti piaceva?Poco. Volevo leggere libri ma invece di studiarepreferivo andare ad acchiappare farfalle.Anche scherzi che a volte degeneravano.Penso proprio che se non avessi incontrato dueo tre persone speciali, che poi decisero di passa-re con me più tempo di quanto sarebbe stato lo-ro dovuto, sarei potuto finire in prigione.Chi per esempio?Innanzitutto la mia maestra: Imogene Hill. Dalpunto di vista accademico, ho imparato più allescuole elementari che in tutta la mia vita.E poi?Il professore McCollum, alle superiori. Mi dice-va sempre che... avevo un modo diverso diguardare le cose. Insegnò elettronica a un’inte -ra generazione, compreso il mio amico SteveWozniack con il quale dopo fondammo Apple.Quando hai visto per la prima volta un compu-ter?Avevo dieci anni e facevo un lavoretto estivo.Inserivi i dati nella macchina e dopo ti dava unrisultato. Il fatto che potesse elaborare la tuaidea e magari fornirti la stessa risposta che aveviimmaginato, dava una sensazione incredibile.Poi è il tempo del college. Ma non durò molto.Ho smesso di frequentare il Reed College dopo iprimi sei mesi, ma gli sono rimasto attorno peraltri diciotto prima di lasciarlo definitivamen-te. I miei, che quando mi avevano adottato ave-vano preso un impegno, pagavano i corsi. Maera troppo costoso, non ci vedevo nessuna op-portunità. Decisi di mollare e avere fiducia che

tutto sarebbe andato bene lo stesso.Si è parlato del tuo periodo hippie.Non so se si può definirlo così. Comunque nonfu tutto rose e fiori. Non avevo più una cameranel dormitorio, ed ero costretto a dormire daamici. Guadagnavo qualcosa riportando alvenditore le bottiglie di Coca cola vuote. Unavolta la settimana, andavo al tempio Hare Kri-shna per fare l’unico pasto decente.E qua che arriva il corso di calligrafia?È così. Il Reed College all’epoca offriva proba-

bilmente i migliori corsi di calligrafia del Paese:e decisi che li avrei seguiti. Imparai così dei ca-ratteri “con grazie” e “senza grazie”, della dif-ferenza tra gli spazi che dividono le combina-zioni di lettere. Fu meraviglioso, artistico, bello,storico: ne fui assolutamente affascinato.E fondamentale per il futuro…Allora sembrava che quelle cose non avesseroalcuna speranza di trovare un’a p pl i c azi o n epratica. Ma poi, quando ci trovammo a proget-tare il primo Macintosh, mi tornò tutto utile: èstato il primo computer dotato di una meravi-gliosa capacità tipografica.Ad Atari come andò?Sempre in quel periodo, facevo una sorta di as-sistenza alle macchine. Me la cavavo con quellaroba. Agli ingegneri dicevo sempre: «Che lavo-ro di merda che fate». Molti non sapevano pro-

Sopra, una illustrazione di Simone Salis e una foto di Steve Wozniak. Al centro, illustrazione di Emanuele Fucecchi

UN ANNO DO PO

ccc

«A San Franciscol’el e t t ro n i c a

si respirava nell’a ri a »

ccc

«Volevano farsiil computer in casa

ma non tutti erano capaci»

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13VENERDÌ5 OTTOBRE 20 12

mento pubblico.Anche se...Al l ’epoca non me ne accorsi, ma il mio licen-ziamento dalla Apple fu la cosa migliore chepoteva capitarmi. Il peso del successo fu rim-piazzato dall’illuminazione di essere ancorauna volta un principiante. Questo mi liberò e miconsentì di entrare in uno dei periodi più creati-vi della mia vita.Così ci avviciniamo ai giorni nostri. Ti dedichiai computer NeXT, alla Pixar comprata daGeorge Lucas.Con la Pixar pensavo di guadagnare vendendo ilsoftware per realizzare animazioni. Invece insolo quattro anni, fino al 1990, ci dilapidai 60milioni di dollari, 3/4 del mio patrimonio.Con i film andò meglio?Tutta un’altra musica. Quando nel 1996 uscìToy Story, il successo fu travolgente. Alla fineraccogliereremo solo nelle sale, 360 milioni intutto il mondo.E tu che fai?Esattamente una settimana dopo l’uscita di ToyStory, quotai Pixar in Borsa. Fu un colpo.Il grande ritorno di Steve Jobs” titolarono igiornali. Quanto ti portasti a casa?Hanno detto circa 1’170 milioni di dollari.Ecco che cominciano a diffondersi le voci di untuo possibile ritorno a Cupertino.Ne scrive il Wall Street Journal, io mi limitai acommentare: «Per me, nella vita, le cose checontano di più sono la Pixar e la mia famiglia, enon voglio deludere nessuna delle due».Un bell’annuncio. Ma poi alla fine Apple com-pra la tua NeXT per 430 milioni di dollari e tu...torni a casa.Quando arrivai ad Apple la quota di mercato erascesa al 4 per cento. Ebbi la netta sensazione ditrovarmi a guidare una barca che perdeva ac-qua da un grosso buco sul fondo, e il mio lavoroè quello di scegliere in che direzione portarla.Rilanci tutto anche con quel famoso spot:“Think different”. Come nacque?Celebrava tutta una serie di miti contempora-nei: da Einstein a Bob Dylan, da Martin LutherKing ad Alfred Hitchcock. Ci eravamo chiesti:come possiamo spiegare alle persone quali so-no le cose che ci stanno veramente a cuore? Ab-biamo pensato così che, quando non conoscibene qualcuno, una delle prime cose che glichiedi è di spiegarti quali sono i suoi ‘e ro i ’. Per-ciò, ci siamo detti: ok, cominciano noi a direquali sono i nostri, di eroi.Quindi, l’ultima cavalcata. L’iMac, l’i Po d,l’iPhone, l’iPad.Il tratto comune fu quello della semplicità. Ogninostro prodotto deve essere così. Ma non biso-gna pensare che dietro “la semplicità”non ci sialavoro. L’ho sempre detto: non c’è niente di piùcomplicato della semplicità.Gli Usa diventarono “iPod nation”Entro il 2007 ne avevamo venduti 100 milioni.Infine arriva il tempo dell’iPad. Allora eranogià cominciati i tuoi problemi di salute?No way...E il tuo discorso a Stanford, Siate affamati, siatefo l l i . . .Non se ne parla. Chiudiamola qua.Sei diventato guru, fonte di ispirazione.«Te l’avevo detto all’inizio. Le cose di questomondo, non mi riguardano più». E scompared’un tratto così come era arrivato.

già fuori con un grande computer.Comincia così una cavalcata dai successo: acominciare dallo sbarco in Borsa nel 1980.Non posso negarlo: ho avuto la fortuna di gua-dagnare più di un milione di dollari a ventitréanni, più di dieci milioni di dollari a ventiquat-tro, più di cento milioni a venticinque [con l’ar -rivo a Wall Street, ndr]. Eppure non l’ho mai fat-to per i soldi, ma per passione.Quando avviene il salto successivo?Era il 1979 e feci visita a un laboratorio all’avan -guardia: lo Xerox Parc di Palo Alto. Ai tempi icomputer erano ancora “a riga di codice”, biso-gnava digitare le istruzioni con il linguaggio dip ro g r a m m azi o n e .Cosa trovasti lì?

Varie cose. Ma quella che colpì di più la mia at-tenzione fu... una interfaccia grafica.Tradotto vuol dire che, tramite un mouse, sipoteva spostare tra icone che riproducevano“m e t a fo r e ” della scrivania: il desktop, le car-telle, il cestino...Esatto. Pensai che fosse la cosa migliore cheavessi mai visto in tutta la mia vita. Era ancoraincompleta, ma conteneva il germe di unagrande idea: in dieci minuti per me fu ovvio chetutti i computer, un giorno non troppo lontano,sarebbero stati così.Il tuo Machintosh sarà il primo ad avere questec a r a t t e ri s ti c h e .Ci mi misi tutta la mia passione, stetti attentopure al minimo dettaglio. Una volta feci unadelle mie famose scenate perchè non mi piace-va l’estetica “interna”del computer.Ma chi avrebbe guardato dentro?Io! Scusa, se tu fossi un falegname che sta lavo-rando a una bellissima cassettiera di legno, nonti sogneresti mai di usare un pezzo di compen-sato come parte posteriore, useresti comunqueun pezzo di legno favoloso. L’estetica, la qualità,deve essere perseguite fino in fondo.In seguito ti hanno accusato di aver copiato leinvenzioni dello Xerox Parc.Le comprai, in realtà. Le migliorai e le misi sumercato. Il logo della Apple, allora, era statorealizzato alla Picasso. Adoro questa sua frase:«I buoni artisti copiano, i grandi artisti ruba-no». Noi siamo sempre stati spudorati nel ru-bare grandi idee.Come andò il Machintosh?L’obiettivo era di vendere oltre due milioni dicomputer nel 1985. Invece per raggiungere ilmezzo milione ci mettemmo quasi un anno.Fu questo a metterti in rotta con la tua Apple?Fu una serie di eventi. Eravamo andati in Borsa enon avevo più la maggioranza. Provai a estro-mettere il manager che io stesso avevo chiama-to, John Sculley, ma lui tornò di fretta e furia daun viaggio in Cina e mi tolse ogni ruolo in azien-da. Me ne andai di là a poco e vendetti tutte lemia azioni, tranne una.Una sconfitta terribile...A trent’anni, ero fuori. Mi sembrava un falli-

prio lavorare, io ero meglio di molti di loro.Metti da parte qualche soldo e che fai?Partii per l’india con il mio amico Dan Kottke,conosciuto nella comune dell’Oregon “Al lone”. Là raccoglievo mele per farne il sidro edero uno dei loro “Apple boy”. Dan, che poi verràa lavorare in Apple (anche se non gli diedi azionie quando sbarcammo in Borsa si ritrovò con unpalmo di naso) definì quel viaggio «un pellegri-naggio ascetico tranne per il fatto che non sape-vamo dove andare».Ti piacque l’India spirituale?Ci trovai tantissima povertà. Cominciai a pen-sare che forse Thomas Edison aveva fatto moltodi più per migliorare il mondo di quanto avessefatto Karl Marx.Torni in California, senza arte né parte e ti troviin piena rivoluzione dei computer.A San Francisco si era formato un gruppo dismanettoni che si facevano chiamare “Il clubdel computer fatto in casa”. Avevano una spintamillenaristica. Dicevano cose del tipo: «I com-puter oggi sono usati per controllare le personeanziché per liberarle. È tempo di cambiare».E tu cosa c’entravi con loro?.Il mio amico Woz [Steve Wozniack, ndr], quelloche in seguito chiameranno “il Mozart dellaprogettazione elettronica”, aveva realizzato uncomputer in casa. Anche lui voleva portare ilcomputer alla gente comune. Era convinto - e aragione, visto come sono andate le cose - che ilmodo di vivere e comunicare della gente stavaper cambiare, per sempre.Tu eri d’a c co r do ?Sì, ma avevo un approccio più pratico. Dicevosempre a Woz: questi vanno pazzi per la teoria,ma non tutti sono in grado di costruire il com-puter che hanno in mente.Qua scocca la scintilla che cambia il mondo...Dissi ancora a Woz: perché non realizziamo noiuna scheda madre e gliela vendiamo? Mi fuchiaro da subito che per ognuno di questi hob-bisti dell’hardware, c’erano migliaia di personeche non avrebbero saputo da dove cominciare,e nonostante questo, avevano voglia di mettersia smanettare con la programmazione.Tutto accellera. Vi fanno credito e riuscite arealizzare circa 200 AppleI. Ma è la successivacreazione di Woz, AppleII, che fa il “b o t to ”.L’ha raccontato Steven Levy: ogni altro compu-ter sembrava l’attrezzo che un operatore radiomilitare avrebbe potuto avere sulle spalle.Mentre, cito a memoria: «Apple II era solo unacalda, snella e accessibile “macchina da scrive-re”, futuristica ma non così spigolosa da appa-rire minacciosa».Lo presentate alla prima West Coast ComputerFair, a San Francisco, nel 1977.C’era un’aria incredibile. Ricordo che inter-venne Ted Nelson, il guru del “computer al po-po l o ”. Il suo intervento si intitolava: “Questi in-dimenticabili due anni futuri” e lui proclamòsenza paura: «Siamo sulla soglia di un nuovomondo. I computer da tavolo stanno riconfigu-rando la nostra società e voi lo sapete».E il vostro stand con gli Apple II?Rubammo ogni attenzione. Mentre molti di-stributori cominciavano appena a capire che ti-po di prodotti volesse il mercato, noi eravamo

UN ANNO DO PO

ccc

«Toy Storyfu un successo mondiale

e tutto ricominciò»

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Page 5: Anniversario Steve Jobs

14 VENERDÌ5 OTTOBRE 20 12

CONTRO APPLE

Pensa differente(ma compra uguale)

SANDRO PODDAl po d d a @ pu b b l i co . eu

@ y _ ag e _ x

ccc «And you will see why1984, won't be like “1984 ”». Ecapirete perché il 1984 non saràcome “1984 ”. Ricordate lo spotdella Apple che conteneva que-sto micidiale gioco di parole perpresentare il primo Macintosh?Era il gennaio del 1984, anno chedava il titolo alla novella disto-pica di George Orwell. Il GrandeFratello allora non era ancora néun programma televisivo, nécertamente sovrapponibile allafigura di Steve Jobs. A dominareil mercato erano i Pc. In primisquelli IBM, ma il fatto che i per-sonal computer contenesseroparti “standard” lasciava (e la-scia) ai più smanettoni e alleaziende la possibilità di assem-blare macchine di ogni tipo ca-paci di dialogare grazie a un al-fabeto comune: l’Ms-Dos, desti-nato a imporre il dominio di Mi-crosoft sul mercato per tutti glianni Ottanta e Novanta. Omolo-gante? In quel mercato Apple eSteve Jobs rappresentarono ilpiccolo Davide che si battevacontro il grande (e monopolista)Golia. Di più, erano la quintes-senza dell’eccellenza, della cura

per il design, della facilità di uti-lizzo, della creatività, della vi-sionarietà... Tutte qualità con-trapposte al grigiore del mondoPc e dell’incravattato Bill Gates,

ccc

I numerosilati “o s cu ri ”

di Cupertino

UN ANNO DO PO

con i suoi crash di sistema, igiorni persi per comunicare conuna stampante e, spesso, con ses t es s o .In quel triste panorama, l’a r co-baleno della mela mozzicata eral’oasi nel deserto, l'Eden sogna-to da grafici e creativi, la sfida alPensiero Unico: il Think Diffe-rent®. A caro prezzo, ma ne va-leva la pena. Osservandolo oggidalla privilegiata posizione delpresente, questa sfida si è vera-mente realizzata? O hanno ra-gione le voci critiche che vedo-no nell'universo Apple - in par-ticolare in iPod, iPhone, iPad -uno tra i più grandi fenomeni diconformismo in atto nel mondoglobalizzato. Oppure, quelli cheattaccano il suo essere un siste-ma chiuso, che non dà possibi-lità agli utenti di modificare al-cunché (e non si tratta solo deiradicali sostenitori del free sof-tware alla Stallman, che merite-rebbero un capitolo a parte). O

quelli che accusano Apple perl’inedito ed efficacissimo livellodi controllo, invasione della pri-vacy di cui sa qualcosa chi ha uniPod o legge i suoi mp3 di dubbiaorigine su iTunes. E, last but notleast, chi punta il dito sull’ag -gressivo capitalismo di casa Cu-pertino che ha sempre vantatouna supposta difference etica ri-spetto al “m o s t ro ” Microsoft, lacui fotografia da Mulino Biancodegli orrori è l’ondata di suicidinelle fabbriche cinesi della Fo-xconn dalle quali escono, a rit-mo forsennato e omicida, i gin-gilli elettronici disegnati in Cali-fornia. Insomma, per i critici e

I TRAGICOMICI PROBLEMI DI TIM COOK

«Il nuovo iPhone 5è un plagio dall’iPhone 4S”ccc Da quando Steve Jobs ci ha la-sciati, non va poi così bene a Cuper-tino: Apple ha presentato il nuovoiPhone 5 ma ormai Samsung è cosìveloce a copiare che lo aveva già pre-sentato una settimana prima. Diconseguenza, il team legale di Appleè così agitato che avrebbe affermato«Il nuovo iPhone 5 è chiaramente unplagio dall’iPhone 4S!», mentre de-nunciava se stesso dopo la presenta-zione. Riuscirà la mela a sopravvi-vere senza Steve? Probabilmente sí,ma alcuni campanelli d’al l a r m efanno capire che non tutto va pro-prio bene: ad esempio le nuove Ap-ple Maps funzionano benissimo,

finché non le usi per cercare le stra-de. Su questo, Tim Cook ha scrittoagli utenti di iOS 6 una strana lettera:«Ci scusiamo, le Apple Maps miglio-reranno. Nel mentre ecco i link perscaricare quelle di Google e Nokia».Cosa? Steve Jobs non lo avrebbe maifatto: «È tutta colpa di Flash!». Cook,allora, ha provato a recuperare: «Labatteria dell’iPhone 5 dura il doppiodi quella del 4S!». Ma niente da fare,il doppio di zero è sempre zero. An-che altre scelte di mercato del nuovoCEO potrebbero rivelarsi rischiose:iPhone ha uno schermo sempre piùgrande, iPad sempre più piccolo. Gi-ra voce che l’iPad Mini verrà presen-

tato a ottobre e si chiamerà «iPho-ne». In Italia partirà da soli 949 Euro(comunque meno di un caricabatte-rie venduto singolarmente). Piùprobabile che, come lo scorso anno,Cook scelga di chiamare il nuovoiPad non “4” ma semplicemente“Nu o vo ”. “Sarà disponibile in trev a ri a n ti ”. Nuovo, Nuovissimo eNuoverrimo. Povero Cook. Alla mi-naccia di chiudere Ping, il social net-work di iTunes, ha ricevuto ferociproteste dagli utenti. Tutti e duequelli iscritti. Alla fine, quest’anno alkeynote c’è stato semplicemente ilOne Less Thing: Steve Jobs.

SIMONE SALIS

ccc

Dai sistemi chiusiai lavoratori

s f ru t t a ti

per restare nella metafora di“1984 ”, quella di Apple è statauna neolingua di marketing cheha aggiunto una quarta voce alcredo orwelliano. L’ignoranza èforza; la guerra è pace; la liber-tàè schiavitù e... il pensiero uni-co è differente. Così come eranospinti a credere tutti i “s u d di ti ”del Grande Fratello.

SAN FRANCISCOUn anno fa# O c cu p yd av a n tiallo Store

ccc Quando Steve Jobs morì ero aSan Francisco ma la notizia mi trovòsu Facebook. Rimasi davanti alloschermo del computer per un po’...ero esterrefatta; nemmeno tre oreprima ero passata dall’Apple Storeprincipale per comprare un cavo e -ripensandoci - la calma e la cordiali-tà che regnavano al suo interno mierano sembrate quasi surreali. Dopocirca mezz’ora mi incamminai nuo-vamente verso lo Store, immagi-nando che vi avrei trovato una sortadi camera ardente. Le pareti esterneerano tappezzate di post-it coloraticon messaggi di cordoglio. Per terraerano ammucchiate mele morsicatee candele. San Francisco era caotica:in quei giorni l’onda di #Occu-pyWallSreet nata a metà Settembreera arrivata anche in California. Incentinaia marciavano quotidiana-mente lungo Market St agitando car-telli che recitavano con orgoglio “No isiamo il 99%”. Quel 5 ottobre 2011,alle ore 17, la fiumana di #OccupySFprocedeva spedita verso il City Hallma, giunta nei pressi dell’Apple Sto-re, accadde qualcosa di curioso:molti manifestanti si staccarono dalgruppo per lasciare un fiore o un bi-glietto in memoria di Steve. Mi sor-prese la compassione di quel fram-mento del “99 % ” che si era fermatoper salutare uno dei più grandi crea-tivi al mondo e, al contempo, il sim-bolo del capitalismo USA. Ricordoche un anziano clochard si unì agliastanti per intonare un gospel. Loascoltammo per una decina di mi-nuti. Poi cominciò a piovere e tuttodivenne un po’più grigio.

LIVIA IACOLARE

T I T O LO

Se Steve Jobsfosse nato a Napoli

di Antonio MennaS p e r l i n g & Ku p f e r10 , 50 !Pochi giorni dopo la morte diJobs, online compare un postdel giornalista Antonio Menna.Racconta le disavventure del“gu ru ” tra i vicoli dei quartierispagnoli. Online, diventa uncaso e poi, con lo stesso titolo,arriva in libreria.

DAL POSTO N LI N EAL LIBRO

T I T O LO

Steve JobsL’intervista perduta

di Bob CringelyFeltrinelli Real Cinemalibro+dvd !20Diciassette anni fa Bob Cringelyintervistò il guru della Apple perla sua serie “Triumph of Nerds”.Allora non si poteva intuire chesarebbe divenuto un’icona. Maascoltandolo sì. Andò perduta,è stata ritrovata, in vhs.In un garage, ovviamente.

L’U LT I M OA R RI VOIN LIBRERIA

Sopra, un manifesto del kit graficopreparato da Steve Workers.Questo, il nome scelto perun’identità collettiva natasu Twitter, transitato nellamanifestazione del 15 ottobreromano e che continua nellacampagna “Eat the Rich”.Tutte le info e le stampesu steveworkers.tumblr.com

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