Andrea Zanzotto - Il Galateo in Bosco

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Letteratura italiana Einaudi

Il Galateo in Bosco

di Andrea Zanzotto

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Edizione di riferimento:Il Galateo in Bosco

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CLICHÉXXX. Cavallino bianco 5Gnessulógo 6Diffrazioni, eritemi 8Non ti fidar di me se 8Per un punto martin 9Se ti perdi tuo danno 9Stati maggiori contrapposti, loro piani 19IL GALATEO IN BOSCOPericoli d’incendi 23Attraverso l’evento 28(Indizi di guerre civili) 30(Indizi di guerre civili) 31(Maestà) (Supremo) 32Sono gli stessi 34(Sono gli stessi) 36(Perché) (Cresca) 37(Biscia carbone o cavaróncol) 39IPERSONETTOPremessa 41I. (Sonetto di grifi e ife e fili) 42II. (Sonetto degli interminabili lavori dentarii) 43III. (Sonetto di stragi e di belle maniere) 44IV. (Sonetto del decremento e dell’alimento) 45V. (Sonetto dell’amoroso e del parassita) 46VI. (Sonetto notturno con fari e guardone) 47VII (Sonetto del soma in bosco e agopuntura) 48VIII. (Sonetto di sterpi e limiti) 49IX. (Sonetto di Linneo e Dioscoride) 50X. (Sonetto di furtività e traversie) 51XI. (Sonetto del che fare e che pensare) 52

Sommario

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XII. (Sonetto di sembianti e diva) 53XIII (Sonetto di Ugo, Martino e Pollicino) 1778-1978 54XIV (Sonetto di veti e iridi) 55Postilla (Sonetto infamia e mandala) 56(E pò, muci) 58(Stracaganasse o castagne secche) 60Questioni di etichetta o anche cavalleresche 62(Questioni di etichetta o anche cavalleresche) 63(Ill Ill) 64Ill Ill 65(Ill) (Ill) 66(Ill) (Ill) 67Ill Ill 69(Sotto l’alta guida) (traiettorie, mosche) 70(Sotto l’alta guida) 71(Sotto l’alta guida) (Abbondanze) 72(Che sotto l’alta guida) 74Che sotto l’alta guida 75() )( 78)( () 79Inverno in bosco – osterie – cippi – ossari C a s e 80(Lattiginoso) 82

Sommario

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IL GALATEO IN BOSCO

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CLICHÉ

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*

Dolcezza. Carezza. Piccoli schiaffi in quiete.Diteggiata fredda sul vetro.

Bandiere piccoli intensi venti/vetri.Bandiere, interessi giusti e palesi.

Esse accarezzano libere inquiete. Legate leggiere.Esse bandiere, come-mai? Come-qui?Battaglie lontane. Battaglie in album, nel medagliere.Paesi. Antichissimi. Giovani scavi, scavare nel cielo, bandiere.Cupole circo. Bandiere che saltano, saltano su.Frusta alzata per me, frustano il celeste ed il blu.Tensioattive canzoni/schiuma gonfiano impauriscono il vento. Bandiere.Botteghino paradisiaco. Vendita biglietti. Ingresso vero.Chiavistelli, chiavistelle a grande offertaChiave di circo-colori-cocchio circo. Bandiere.Nel giocattolato fresco paese, giocattolo circo.Piccolissimo circo. Linguine che lambono. Inguini. Bifidetrifide bandiere, battaglie. Baglie. Bottiglie.Oh che come un fiotto di fiotti bandiere balza tutto il circo-cocò.Biglie bowling slot-machines trin trin stanno presenella lucente [ ] folla tagliola del marzo –come sempre mortalecome sempre in tortura-ridentecome sempre in arsura-ridente ridente

E lui va in motoretta sulla corda tesa su verso la vettadel campanile, dell’anilinato mancamento azzurro.E butta all’aria. Bandiere. Ma anche fa bare, o fa il baro.Bara nell’umido nel secco. Carillon di bandiere e bandi.S’innamora, fa circhi delle sere.Sforbicia, marzo. Tagliole. Bandi taglienti. Befehle come raggi e squarti.

Partiva il circo la mattina presto -furtivo, con un trepestio di pecorelle.Io perché (fatti miei), stavo già desto.Io sapevo dell’alba in partenza, delle

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pecorelle del circo sotto le stelle.Partenza il 19, S. Giuseppe,a raso a raso il bosco, la brinata, le crepe.

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XXX.Chiue, chiue à l’ombria

Staron (fttè ven) tutti liegri, e contenti,E sboreron tante duoggie, e piummi:Perquè, quence à sbandì pen, e burzone,E nò raceta el Bofeo, altri, ch’amore.

Cavallino biancoimmobile nel verde sera– sacro cavallo –– lontano cavallo –– trotto statuario nenufario

trasverso di sera –– annichilito invano dalla sera –– animazione, somatizzazione –– anzi là nel frizzante

d’un aprile sopravvissuto a ogni onta –– bianco idea ninfea

cavallo in fondo all’occhio –– verde da non poter più guardare –– cavallo aprile da non cavalcare

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GNESSULÓGO

Tra tutta la gloriolamessa a disposizionedel succhiante e succhiellato verde

di radura tipicamente montellianacirchi in ascese e discese e – come gale –

arboscelli vitigni stradine là e quiaffastellate e poi sciorinate

in una soavissima impraticità ahah veri sospiri appena accennati eppur più che completi

lietezza ma non troppacome un vino assaggiato e lasciato – zich – a metàdall’intenditore che subito via sgroppa

vaghezza ma certo intrecciatadi imbastiture e triangolazioni,

di arpeggi e poi amplessi boschivi(è così che bosco e non-bosco in quieta pazzia tu coltivi)

Ed è così che ti senti nessunluogo, gnessulógo (avverbio)mentre senza sottintesi

di niente in niente distilla se stesso (diverbio)e invano perché gnessulógo

mai a gnessulógo è equivalente eperché qui propriamentec’è solo invito-a-luogo c’è cateninadi ricchezze e carenze qua e lì lì a là

– e chi vivrà vedrà –invito non privo di divine moinein cui ognuno dovràtrovarsicome a mani (pampini) giunte inseritoe altrettanto disinseritoper potersi fare, in ultimo test di succhio

e di succhiello,farsi yalina caccola, gocciolo di punto-di-vista

tipico dell’infinito quando è così umilmente irretito...

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Gale, stradine, gloriole, primaverili virtù...Ammessa conversione a U

ovunque.

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DIFFRAZIONI, ERITEMI

Eritemi ovunque, causati da fortissime diffrazioni e riverberi relati-vi a una / partita non-giocata con Carte Trevisane da non esisten-ti né meglio identificabili giocatori e / ripresa col grandangolare/ quasi a fish-eye, / quasi rimorsi a mazzetto / vuoti di memoriaa pacchetto / di schede bianche. / Dicerie, sbattere di sedie, vinifoschi sul tavolo.

Osteria della Malanotte. In bosco fosco di tossicaintensissima luce. Partita a tenia, a ossiuro, ad antichilo-

stoma?Risalendo la tenia

che / perde / dietro a sé / l’organizzazione /sviante / delle proglottidi /

Accompagnamento di chitarre erotodemagogichePretesa di narrazione e di ripresa, rubata

a grandangolo.Detto.Quel che è detto è maledetto.

Rimescolamento, Vrrrrrrrr di carte in mani esperte.Sbatterle sul tavolo, a pacchetto.

...................................

non ti fidar di me se

I gravissimi Provveditoriemo gritti renier

i famosissimi banditi e predatorii lupi pagati cari agli uccisorise fuor del telletorio uscivano del boscoa mangiarsi interi casolaricon gente piangente alle finestre // Dne

............................// Dne, quo fugiam?

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per un punto martin

.......................... E, dietro quello sprone loscodi roccia, abitava il sàntolo più sadicoe più tono e più orco, ilBarba Zhucón oggetto di burla atroce,che al posto di frittelle ebbe dalle figliocceuna fazzolettata di caccotte di mulo;ma non riuscì a vendicarsi penetrando dal bucodell’acquaio e ingozzò inoltre un intero agoraio...

E // ?? Mane nobiscum Dne //

non val saper a chi ha fortuna contra

(Teodomiro Dal Negro succ. Prezioso)la vecchia danarosa che aveva chissà comeavuto licenza a farsi una villa in boscocircuendo le più solide normee che trescò coi ladri del bauledel conte Renaldin, trovato vuotosul greto del gran fiume – non si sa –vuoto d’un bendidìo di franchi ori e valute:la mutuante Cian: misteroche non son mai riuscito a diradare(in che veste apparisse nell’affare:ricattatrice, complice, comare?)(«Gavemo sbalà la vecia»): strozzatae gettata come la vecchia di spadevia dal mazzo consumatosi a giocarenon una sola partita ma infinitepartite farabutte tutte esemplariSparsi joni, elettroni di fatiche qui cercano di riaccozzarsi –

imprudenza, demenza del ricordare / / E

se ti perdi tuo danno

.......... precipitando nella più infima feccia|| Noli, Dne, iudicare ||

del tempo, dare nella breccia

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nel brecciame della vetrata/vorticedell’Abbazia, poi reimpostarne i seghettati

frammenti di portenti,L’Arcipriore demonologo [autore, forse di un

che faceva faville trattatello «Della Prepotenza»]di parricidio, incesto, stupro e altre millefavolose perversioni e che quel santo luogoavea reso ritrovodi eretici di maghi e di zhisampedi zombies di sciamani e di assassinisino a far saltare le relazionitra la Repubblica e la Chiesache una grandissima contesafra loro misero in piedi su chi dovesse giudicarlo –

la davvero saturnina e surrealeQuestione Giurisdizionale.Noli, Dne, quaeso, iudicare.

Di questi e d’altri eventi– se sono eventi –

[E non facciano ressa allo sportello. Batticuore. Collisioni, collagesdi malintesi. Partita sospesa. Tatti schifosi. Galateo spiaccicato.Fuggi fuggi. Torna. ]eventidegni comunque di minuziosissimo riguardose si collocheranno nella giusta costellazionenel mandala allo sportello se cadrà la rimozionesi potrà, col tempo, appurare: – cose del tempo

quando il Montello era un frondoso mare...

E intanto si cerca di adagiarvi quantofuori per il mondo resta

(testa e croce, croce e testa)di sestosenso/terzoocchiorendendolo adeguatamentetremolo e selvaggio nel soppesare e valutare –ma come di troppo dolce e infrollita selvaggina –

nel massimo di grandangolare:

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ecco è tranciata la bobinadella scorretta endoscopia per entro il dentro-tenia dei tempi

e delle materie grigio-boschivetranciata dalle prime baionettate

dalle prime smitragliatesul fondo del cupo cupo tambureggiare

delle migliaia e migliaia di cannoni

dallo Stelvio al Mare

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(Certe forre circolari colme di piante –e poi buchi senza fondo)

Dovrebbero gli assaggi essere cauti e rabdomanticicome mosse di biopsie o di liturgie –e per questo fecondi, come tu li accordi per tua natura

anche quando pare tu li ricalci,quando fu falci all’

improvviso ogni cammino –tabù

di piante invorticate e rintanate giù giù:.......................e nessuno nessuno nessunodivinerà toccherà eviteràcon bastante allarme bastante amore– o bosco ancora e sempre rapinatore

entro il tuo stesso vantarti fantasma –nessuno rasenterà con adeguato rapimentoe pallore di morte e di speranzail tuo irriccirti in divieti/avvitamenti,

i tuoi grumi di latitanza,i crolli rabbiosi nei buchi delle tue tenebreche sono scrolli graziosi entro gli scrigni delle tue tenebre –finte fosse comuni di potentissime essenze,

miniaturizzate foreste di incognite chenessuna inattanza o farsa umana sconvolse del tutto:nidi, allora, di resistenze,di pericolosi mitraglianti rametti-raggio

Ma a tanta grazia senza limitazione incrudelitache s’inserpenta sottocome per uno scattoo, soltanto, crucciata e sfregiatain chivalà rattratti si demarca,

è riservatoappena dare segnalazioni a stelle di passaggio

a cavalieri errantiobliquamente usciti dal teleobiettivo

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a don Abbondi in cercadell’erboristeria del coraggio

a dèi carcami e feti scagliati nel motocrossdi rabbia in rabbiaverso l’ebbrezza dell’ultima faglia

O gangli glomi verdi di paure,paure-Pizie, incriptati piziaci sbavaggi e fenomeni –

con passi liturgici, con andirivieni liturgiciimposti dalle vostretopografie note soltanto a Comandi Supremi,guidateci ai santi ossaridove in cassettini minuscolihan ricetto le schegge dei giovinetti fatti fuori

Con passi liturgici con andirivieni liturgicidistratti rabdomantici come entro al coma solitaricalcoleremo a un press’a poco il disavanzoverso quelle scheggine, stuzzicadentialla mensa della Vecchia di Spade –

qua e là sotto importune disperse date di comete e lunetra infezioni e iatture o sobbalzi di moto ruggenti

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tra feste intestinali e zone militari

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Passare alla morsura

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*

Rivolgersi agli ossari. Non occorre biglietto.Rivolgersi ai cippi. Con il più disperato rispetto.Rivolgersi alle osterie. Dove elementi paradisiaci aspettano.Rivolgersi alle case. Dove l’infinitudine del desìo

(vedila ad ogni chiusa finestra) sta in affitto.

E la radura ha accettato più d’un frondoso colloquioormai, dove, ahi,si esibì la più varia mostra dei sanguiil più mistico circo dei sangui. Oh quanti numeri, e rancio speciale. Urrah.Vorrei bucarmi di ogni chimica rovinaper accogliere tutti, in anteprima,nello specchio medicato d’infinitudini e desiidi quel circo i fermenti gli enzimidentro i succhi più sublimi dell’alba, dell’azione, in piena diana. E si va. E si va per ossari. Essi attendonogremiti di mortalità lievi ormai, quai gemme di primavera,gremiti di bravura e di paura. A ruota libera, e si va.Buoni, ossari – tante morti fuori del qualitativo divraio

onde si sale a sicurezze di cippo,fuori del gran bidone (e la patria bidonista,che promette casetta e campicelloe non li diede mai, qui santità mendica, acquista).Hanno come un fervore di fabbrica gli ossari.Vi si ricevono ordini, ordinazioni eterne. Vi si smista.All’asilo, certi pazzi-di-guerra, ancora iviallevano maiali; traffici con gli ossari.Mi avete investito, lordato tutto, eternizzato tutto, un fiotto di sangue.Arteria aperta il Piave, né calmo né placidoma soltanto gaiamente sollecito oltre i beni i mali e simili

e tutto solletichìo di argenti, nei suoi intenti, a dismisura.Padre e madre, in quel nume forse uniti

tra quell’incoercibile sanguinareed il verde e l’argenteizzare altrettanto incoercibili,

in quel grandore dove tutti i silenzi sono possibilivoi mi combinaste, sotto quelle caterve di

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os-ossa, ben catalogate, nemmeno geroglifici, ostierivomitate ma come in un più alto, in un aldilà d’erbe e d’enzimi

erbosi assunte,in un fuori-luogo che su me s’inclina e domina

un poco creandomi, facendomi assurgere aCosì che suono a parlamentoper le balbuzie e le più ardue rime,quelle si addestrano e rincorrono a vicenda,io mi avvicendo, vado per ossari, e cari stinchi e teschimi trascino dietro dolcissimamente, senza o con flauto magico

Sempre più con essi, dolcissimamente, nella brughieraio mi avvicendo a me, tra pezzi di guerra sporgenti da terra,si avvicenda un fiore a un cielodentro le primavere delle ossa in sfacelo,si avvicenda un sì a un no, ma di pocodifferenziati, nel fioconegli steli esili di questa pioggia, da circo, da gioco.

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STATI MAGGIORI CONTRAPPOSTI,LORO PIANI

Ed ero come riflessoo meglio fratto in ognuna delle faccedi un cubo a quattro dimensioni

di un lunapark formato a tesseractmai mai nella stessa positura

mai mai nella stessa pastura mentale

E quelli, folli, ridevanosenza ridere, era il puro fatto di viverefin dentro il rogo in cui dolori e dolori

intonano i loro cori divenuti corolle d’alberiin disamore disagio malevolenzafin dentro un madore tossico di acquafortenell’andatura furiosa mamilitarmente precisa nell’andatura dilluvias chuvas a

bacini bacinellein cui primavera si scioglie HCLcon demoni ventosi, ventriloquepromesse e minacce HCLdi cremazioni lasciate a metà e così interramenti-e la bacinella con verdure e verzure aizzate in HCL

.....................................

Oh potenze di potenzedi numeri d’alberi di dolori di piogge:pentimenti e protervie istruiscono controversie certo giuridiche

e i Galatei di formula in trattatohanno codificato – è un peso smisurato –le mafiose connivenze di boschi e piogge:

là, tutto che tralucedalla superficie del vetriolo (in guardia! lluvias HCL, minutecosì che sia a morti minutanti cadute

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poesia di mano, in lluvias, filze, archiviarchiviper burocrazie boschive) –

Galatei-Poesie quali pure scomparizioniche mi lascianosolo come una meta I mai raggiunta, mai girata

dalla biga infuocata

Ora è stato tastato tutto il bassorilievo il manufattodi quella cubità estrapolata dallaSelva Incantata Gerusalemme Liberata, XIIImanufatto quale tombache è per certi aspetti rampa di lancio HCL in faccia(considerala meglio in notte/fotogramma accecatose appena il gufogiusto si tuffa, becca e trangugia lucciole e

gioie sfolgoranti di UFOe lo stesso aparecchio che lo riproduce)rampa o zampa o mascella di/ che affioracrepa e divoraogni sosta ogni dimora

Coup de dés tétradimensionnelsHCIiques arcs-en-ciel

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*

Tentando e poi tagliuzzando a fettecon un bisturi boschereccio (di nascosto pefino a me stesso)questo simulacro da Selva Incantata

della Gerusalemme Liberata

ho messo a nudo e crudo un corpiciattolo strambo e durissimocon miliardi di acuzie

di ogni guisa penetranza sadizie doviziauna statuina miliardariapronta là – orribilmente immobile e morta, nel suo essere in agguato,pronta a far saltare il bisturi pronta –e poi – ad essere ficcata in bocca a fare da mordacchia!Lei, mordaccia, signora di tutta la realtà...

E fosse stata almenoun lavoro del Solutreano del Magdalenianodi qualche preistoria che qui ha fatto di tutto con selci etc

(a gara con le cavallose intenzioni carsiche della naturache nasconde ammennicoli e ghingheri da selva Incantatadella Gerusalemme Liberataben truccati di felci etc) :

non preistoria, che qui ha fatto del suo meglio e chiude in pareggioma cosa mia, mia deprecata scelta/scoperta, orrido vanto!Mordacchia di tutta la realtà!Un certo modo-mostro dei cari bramati accettati silenzi

una loro lunatica cancerizzazione, cah!Nessuna chimica nessuna logicanessuna pentecoste la dissolverà.

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IL GALATEO IN BOSCO

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PERICOLI D’INCENDI

Zirlii di princìpi un qualche suonopassato a crivello babil di chicchi alberi indizi-alberi là e quasèmi chicchi a picco nel cavo

e non mai brullala betulla dal favo

Voci a strada II la follala folla guada sosta netta anche se

sopra vi posa la mano il crepuscolosorta d’alberi appena appunto

Cresci come incerta vocazione, o selva...Cedi come adeguato sonno sommo...

Somme voci sommesseSomme di voci sommesseSomme di dèi-panta-hrei

Va’memoria e si sbatte la scopaE quasi eccitazioni o fatichee quasi devozioni ombree quasi invocateda setebonde acque dilavate

Riduci non altroRiaccompagna non altro FiliRaccatta come a cavo vivi d’alberi, rivi

mai visti, miti e perfidiSpini in pupille in dediti, dedite fratture

Spini alberiAvevi eletto in Datisi a inquisireprincipio d’arte Rii di cigli in cigli spartearte di rivi e clivi in correntie quanto di noi, ad artee ciglialberi di cui mi privo

Sono nell’intensa immensa

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abbondanza d’alberi-dove d’alberi-addiiAlbero alba nella vegetabile glia

Albero mera scorza cerebrale pappa realem’informi d’orme sera sera a manciate nella sera sera

di volpi e d’orde scrivi scrivi la lunga titubanzaporta porta con te in tecal’ibernata, la speranza pappa glia

Lustre manchevolimonche principianti strozzatestipate Vellicanti avanzate

retrocesse risorse in forse

O promuovere, o netto colmo di coppao alberi che vi cimentastein spini di bosco per spingere spingere

allargare

Strada è tutto da sempre, Nelle essenze portate a picco i taglimetto strada DIVIETO DI a picco nel succo

CIRCOLAZIONE ligneo entro i serali abbagli

Verbo e velo i vostri occhi spinatiinfitte e spinte Riserbo tutto Raccomando quanto

strade, Holzwege

sfinite esperienze-ombra di serre in selveChi vuole questa giovine sterpezzaovver fiammezza ossiaa mezzo tono mezza lucemezzo salto mezzo Questa carta scoperta che non delude

ma in sé inabissa prove –e crocidi di freschissimecome legno, libro del legno, vecchiaie – e sagge occhiaie

Vecchiaie inducenti, celebrii,consistenze laringee quasi avene non-amplesso non-fuga

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cecità assai assaiprodiga quiete di molto ventonon fa più grinza né rugaquesto ragionamento

Assuefai a te il mondoprevedine l’accentoTi sia il mondo assuefazione Tu vuoi, e cammini, a lato

però non all’incontrovuoi e vuole questa che èsenza tono senza smaltotono e salto e

scacco matto in sé e per sé.

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*

Già vidi donna, già vidii nati dell’ombra incrementi congiungimenti

Già si sparse la voce e le dolenticlivature tra brume e brume vanno

Già il danno accetto, già mi faccio donoa ogni induzione delle valli mondane

Già s’incammina già s’inalbera di camminiGià nel chiuso è socchiuso, e scalzi e sfilzi

Già vidi figura e si compiacquedi darmi sede e statoe mutezza d’acque

– di compartirmi – di partirmi, lamanon fallace totalmente pratica –di sfiancarmi a fiabe a frangeOrme già vidi di chi si decidea commiati a clivi di cammini

No, nulla è inciso. Nel cavodel dato, del fatto. Ma tueh, tu – ti vuoi non altrove che

dove varchi un raggio un salcio molleun tralcioi capelli, il tuo voltoche fu tutto per il togliere a nudo

e poi il meno filo dei fili d’erbache titilli albe trafigga naricitralci intralci radici

Tralci nella fonte, nel senotralci di donna, pampani –tralcio tra stelle si ritrae

s’abbeve

E nudo a nudo – e dorso a dorsodonna a donna – l’affermazione di cui era gran fama

Stop, mi passi di moda

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Ma non ti sfigurareNon ti lascerò sfigurareMetterò ingegno e legnofino alle più cupe reazioni

Reagendo ti ricomproti premio e ingannandotiin duri acerbi neri legni –l’inganno e il danno, vergini,vergine ingenero, vergini (tralci)

W(acmi)

Ho diffuso ho disinnescatoed ora in quiete nell’alba fonde il motore...ora sfrasca la luna,e il clivo apre le mani...Le sue mani, lunari latitanze...

Ora rido e derivo, orge-originiorge-menti nel nome del logos slavoro...Giada d’Orco, questo, sacramento,

capolavoro!

Ora inseguenti – ora sfarschii ora lietiperché lenti – il deperire il fulgore delle fasiIl tralcio che s’infrutta e travalica

Là: e smistato e smormorato e disparatoCorrete, correte, è l’ora,Corrono corronoI raggi avventati affamati corrono a tuttocieloSfide a tutto volumeMa tuSolo per sconnessioni, per salti...

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ATTRAVERSO L’EVENTO

Colori a volo raso – coro –rosa dell’evento attraverso l’eventoin quell’unico – indarno – primaverile effettuanteattoRosa verde e per azzurri angolato

per verdi opinato spiatorosa di precocissimi peschi perleidrargirii sgranati a occhio a iato

Si scrolla ogni profitto del falsosi disgroppa sgoccia

Dosso di muschi freddi tiepidi deli- (digesti)cata maniera del cristallo ultimativo porcospino

Eccedono macinano sfolgorano trip dentro tripO mio rigore di denti, o mio fertile freddo, mio stabile A,mio partire infinitomio comporre compitare con voi chino, chinisull’infinito più infiltrìno, più porcospino!

E ora da brani da brividiti ricomponi e ricopri

noi siamo nati anzi innatinoi puntiamo

artigliati colori

mirabilità immobilitàraffiche tutte gocce

a raffica sulla guancia poi –Peschi sullo stremo d’invernodel petalo antelucanoinduzioni prelievi d’induzionimaledettamente disegni a grande scala

buttati sul tavolo (inverno)porcospino cristallino – in fiore –e scelgo e sfioroil più piccolo ramodi mercurii stellari nel nudo

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di rincalzi per la rincorsaramopeschi a lascio-e-molloa tengo-e-mollo di rimando il ramoa gocce in facciaDi schianto Ain faccia ti rinvio(incurvati abbordi invasioni)(d’erbe e peschi azzurri, mi spiego)L’incurvarsi tipizzifai tipico ogni scintillio da e fuori tripEglietutto, il paesistico, il turistico,si assenna in incunaboli

in cerniere di leggibile,in quel leggibile come aroma o mai più,

Aromi-erbe-eventipegolaspessa e mirre per riscattare

Attraversato attraversatoCondrite zolla colore sonda rotta

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(INDIZI DI GUERRE CIVILI)

Sospesa nella febbre sfuocata nella febbrequella brughiera che mai non trassi abbastanza

Nei vuoti di memoria nelle spinte e nei flussidella memoria, quasi danza –quasi sfocata, brughiera da brughiera, / in febbre

E nel chimico buio sto pensando volgerel’abile vomero indirizzare il talento della ruota

La brughiera risponde ahi no ahi sì per mille vie remotaÈ troppo avanzare impossibile nulla regredire(brughiera) (e fiume nella ramaglia leggera) (e uccelli):

così che a grate di ramaglia leggera e uccellie cancelli di puro/morto legno

appoggio il capo come atteggiando un riposo.

Nel pozzo del mio corpo, corpo affondato,alle sue indimostrabili potenze collegatoai suoi pus alle sue verdi/vermi reazioni con disagio adeguato

con solerzia con sguardo occhialeggiato, lemuree volpe di quella brughiera mai-stata-del-tutto,ti fo cenno, mi aspetti intanto (o no?) –e come degno di ogni buon dimando

sulla tranche azzurra/svolta] [sullo stock glaciale delle cose–sul nudo del cancello e del legno –appoggiato – oh sostegno –del puro azzurro ardo meditando.

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(Indizi di guerre civili)

Tra le stelle non mi smarriròche sulla spalla mi apporta e sul futuro

sfrangiarsene dell’invernola tua non scarsa non avara oblazione a sera

Offerte e riprese un po’ più lungi per lingueraccolte in acini argentei, di crollate in sé, sé con sepolto e sotto.Alberi, collusioni. Colori cheanelano dentro il grigio che non è grigioche non è nulla che non mi bastache fascia e sfascia – con alberi e stelle – ogni collusione

dunque:stelle, per così dire, o fuochi presi al lazo

del microscopio oscuroraccattati e tirati suin intimo in arduo,castagne/fuochi tratte dal fuocoe divenute i molti, determinati occhi del tuo molesto

crescere di non-esseree quella foschia che nemmeno cova

tanta è la sua discrezione e tenacia –che nemmeno accarezzache nemmeno addormenta

Troppi alberi sfilati ingrafati embricatifillotassi che sale-su sale e fa gorgo fill fill fill sulentissima per le innumeri lucipiù che accennate a confusi a bisbiglianti a non mai collaudati

Ma tra le stelle non mi smarrirò, mio vecchio dolciume.Opporrò uno stato precario, appoggiato io, peggio che luna, al cancello,Appoggiato, si sa. Per modulare, si sa. In fatata morte,

in colore ottimo,in filtro corda-vocale, spot, Satchmo nero.Appoggiato. Semplice. In papilla, tonsilla, biffa.

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(MAESTÀ) (SUPREMO)

Non fui. Non sono. Non ne so nulla. Non mi riguarda.Con una spallata di fresco dal fresco

quale marcia, umida, dolce bocca –gorghe gorghe, catarri, voltastomaco.Da me venite, dal mio poco riguardare qualcosa simulandovitalvolta perfino nel crak crak delle acacie che al vento

lievi s’incurvano e crepano in altoin chissà quai mai fibre intignate striate.

E crak crak acacie dolcissimi corvimi beccate lo scalpo o il netto cranio

rendendolo qual ditale da cucire,acacie corvi si baciano crak crak in altoannunciando bande e frufru di stelle.Intricano pre-stelle i loro corimbi

nella crepuscolarità così poco circoncisidebolmene paradisiaci-maligni

Da me venite, fatemi gola, parolette crak crak sgraziatesgranchite sgrandinate-via mezzo torpide mezzo

fulgide di men che meno men che cosmo in ritiro

Spigolo spigolo vi fate e siete in bilico, a piligo, con pigolii lassùpretendete per voi prendere nelle pinze, crack crack,oh, sia l’aere indegno sia l’etra mirabileche ne circonda, affibbiate, arraffate, affincate, mettete a fascine

Siate lì polvere, messe in fascine come quellefascine di rovi o vitigni di bosco su cuisaltellavada cui levava il piede alato sul rigo il la – ultimo la –e il la valeva per la pioggia e i timori acquattati acquattatiin tutta la pioggia e le serpicine e le trine del bosco

O giocherellare dell’acqua, prima gocciola, linguain dissoluzione in raggi di lingue – morteintersezioni o interiezioni o interdetti

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teleragne = (pare) e non solo non soloper l’ampio per l’ampio reclinarsiForzatura del fondo a a fondi in autossalto – delboscoIncontinenza Gewaltwald di tutti i reclinarsi d’alberisu me del boscoprepotenza senza pari che cerca tutti i pari pur superantisi tra ìmpari

ogni albero è un appuntamento/sopraffazione

Tremendo e stridulo-nitido e scritto come un crak criick crihickun allearsi e becchettarsi – stanco – di corimbiscale scarazhe su sospinte a farsi (incaute) come per alzabandierearcane scarazhe scalón seccamente aste di non-bandiereche all’avverso dei ventie dei tempi la buona corteccia oppongonoe sostengono col loro sfiancarsi

tutto ciò che è pampano e vite, ed è molto

Non fui. Non sono. Non ne so nulla, nulla di questoscalpiccio di verbalità fitte come in un’incisione di Barbisan o peggio, o con peggior-fondo-grifagno amoreNon ne so nulla di nulla, e il dissapere è a

taglietti a miriadi, indagini o peggio amori, enon ne so nulla. Eppure mi riguarda.

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SONO GLI STESSI

Sono gli stessi che vengonoanno su anno a rintracciarmi, a stanarmi, a sterrarmistrabicamente solitari, folli, felici, stragonfi, iniziatici, frivoli

eppure sono essi grevezza, dimenticata carogna/Mi prendono: caldo sciolto di sole sciolto ma non proprio marcio,sole che lega male coi paesi e le forre –mi sbattono addosso quella porta e il manrovescioquella: cupo del fegato di cieli-pioggemi ruttano controtempo e fecciaaccumul sotto gastrico di tempo –accumulano sotto e stringono tutosotto di sé, identità identità vaneggiando,così – perché è così e così e cosìcome mamma e mamma dietro mamma/mammanacalore di scalpo verde

attutiscono identità portano via identità

eppur furiosamente intimo qua e là di esistere –furiosamente le foglie stravolte, una per una,furiosamente le ghiaie le pozze gli scialacqui delle acquefuriosamente il balzare, uno per uno, degli alberi intimo

ti risalgo, identità, chefai sgambetto al rotto sentierocalchi la serpe come in un’icona – diidentità in identità risulti risalti –identità dilavate spolpate, ma pur sempre infetuate di me –

strizzate monture armature gualdrappe da Avatar e io madre dell’identitànell’identità del nostro noi che sidifferenzia enzia furiosamente mi ripetoe ripeto-vivinco da insetto-trucco-trickben coordinato perduecento milioni di anni: da tacchi

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che schiacciano, da baratri.E quel ciel che mi maciulla, mezzodentro e mezzo fuori bocca io,

inceppo.

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(Sono gli stessi)

Ora posso carpire – e poi – strampolare con gambe/raggiverso i più lontani indecidibili angoli/raggiNon si dica che è chiusa o apertase è nel più bosco del bosco a fianco del boscose è dentro il fiato il morbido l’arduo sparire della gola in gola

di torbido di ricco di luminescente

e ora posso col regolo calcolatore col contagocceinfiltrarmi tra le compagnie di virus di idiozie di settimicieliin una pencolata sbilanciata sbilenca libertà (sull’altro):

questi versamenti di sogno colli a torso d’orsoquesti spargimenti di sogni potrei della bile dell’orsonella bocca pelliccia dell’orso virus a navettasfilarsi da sogno-lupo-orso per genesi trasverse

questo ammonticchiarsi di tratti del sogno

Oh come riarmo con selezione e contiguità – pertinente glossariooh come sfoglio il catalogo delle novità d’armi – prezzi per ogni borsa

available here astonishing, acquolina in boccaattonito davvero come sotto scatto di ghigliottina

e poi testa in paniere

pur dormendo stravolto su spine

pure rattratto nei più sottili e mistici brogli di boscoper traverse trói tramiti bisettrici

aracneanti a dondolo a sfioro-oro (broli)sull’invincibile produzione di produzione

Chele chele di transferasiancora pressanti oranti sù sù

e testa che rotola giù giù

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(PERCHÉ) (CRESCA)

Perché cresca l’oscuroperché sia giusto l’oscuroperché, ad uno ad uno, degli alberie dei rameggiare e fogliare di scurovenga più scuro –perché tutto di noi venga a scuro figliarecosì che dare ed avere più scuroalbero ad uniche radici si renda – sorgi

nella morsura scuro – tra gli alberi – sorgidal non arborescente per troppa fittezzanotturno incombere, fumo d’incombere:vieni, chine già solite chine, l’oscuravieni, chine cadute salite su fronde, l’oscuro,succhiaci assai nel bene oscuro nel cedere oscuro,per rifarti nel gioco istante ad istantedi fogliame oscuro in oscuro figliameCresci improvviso tu: l’oscuro gli oscuri:e non ci sia d’altro che boccaaccidentata peggio meglio che voglia di consustanziazionevoglia di salvazione – bocca a bocca – d’oscuroLingua saggi aggredisca s’invischi in oscuronoi e noi lingue-oscuroPerché cresca, perché s’avveri senza avventarsima placandosi nell’avverarsi, l’oscuro,Ogni no di alberi no di sentierino del torto tubero no delle nocheno di curve di scivolii lesti d’erbePerché cresca e si riabbia, si distolga in spaziin strazi in paci in armi tese all’oscuro –mano intesa all’oscuro, mano alla bella oscura,dita di mano mai stanchedi pervincolarsi intingersi addirsi all’oscuro –Lingue sempre al troppo, al dolcissimo soverchiod’oscuro agglutinate, due che bolle di due –clamore, alberi, intorno all’oscuroclamore susù fino a disdirsi in oscuro

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fino al pacifico, gridato innesto, nel te, nell’io, nell’oscuroInnesto e ritorni di favore, fòmite oscurooh tu, di oscuro in oscuro innestato, tuprotratta detratta di foglia in foglia/oscurodi felce in felce lodata nel grezzo nel rifinito d’oscuroMa vedi e non puoi vedere quanto è d’oscuro qui dentrohai bevuto lingua e molto più e sentieri e muschi intrusima ti assicuri ti accingi ti disaccorgiti stratifichi, lene, benedetta, all’oscuro

Non-memoria, millenni e miglia, stivate nel fornicesono undito dell’oscuro, levalo dalla bocca, rendilo noccarovina e ripara l’oscuro, così sarà furto e futuroTroppo dell’inguine, del ventre, di ghiande e glandoles’inguina in oscuro, genera generi, intride gliePrecipitare fuori bacio, scoagularsi, venire a portatad’ogni possibile oscuroPossibili alberi, alberi a se stessi oscurimai sazi mai di accedere a frottea disorientarsi a orientare, lievito intollerabileLimo d’oscuro che dolce fòrnica pascolanei fornici dove s’aggruma di fughe (l’oscuro)

E pluralità innumerabile di modalitàdell’oscuro, secarsi in innumerevoli – non due –

d’oscuro sessi

Qui in feccia, all’oscuro, immanereLà in volta, all’oscuro, esalarsiPossibile, alberi – Possibile, oscuri, oscuro.

Oscuro ha sé, sessuata, umiltà,tracotanza, pietà.

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(Biscia carbone o cavaróncol)

Bel sembiantedai ceppi che ti chiudevano

fai sgusciare le membra,dai ceppi profondi, profusi, di amante buio

Casta come fil di spadaanzi orca e megera per la castrazione

immessa nella floresta così cheseppur v’è trapianto cruento riesca,e molta linfa ne plorie Norma ovunque se ne sveni in capillari dolori

Sede di astrologie astronomiebene inviscerate per corpi di boschi,mappa, ombelico di tautologie.

Il cavaróncol assumetutto il carbone ch’è bosco amante buio,

carbone lume.

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IPERSONETTO

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PREMESSA

(Sonetto dello schivarsi e dell’inchinarsi)

Galatei, sparsi enunciati, dulcedinidi giusto a voi, fronde e ombre, egregio codice...Codice di cui pregno o bosco godie abbondi e incombi, in nascite e putredini...

Lasciate ovunque scorrere le rediniintricando e sciogliendo glomi e nodi...Svischiate ovunque forze e glorie, o modicibollori d’ingredienti, indici, albedini...

Non più che in brezze ragna, o filigranadubbiamente filmata in echi e lucisia il tuo schivarti, penna, e l’inchinarti...

Non sia peso nei rai che da te emananoprescrivendo e secando; a te riducisegno, te stesso, e le tue labili arti...

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I

(Sonetto di grifi e ife e fili)

Traessi dalla terra io in mille grifiminimi e in unghie birbe le ife e i filidi nervi spenti, i sedimenti vilidel rito, voglie così come schifi;

manovrando l’invito occhial scientificoe al di là d’esso in viste più sottili,da lincee linee traessi gli stiliper congegnare il galateo mirifico

onde, minuzie rïarse da morte– corimbi a greggia, ombre dive, erme fronde –,risorgeste per dirci e nomi e forme:

rovesciati gli stomaci, le immondefauci divaricate, la coortedei denti diroccata: ecco le norme.

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II

(Sonetto degli interminabili lavori dentarii)

In debil morso ahimè denti perdenti,lungo iniqua sottil falcidia espuntio a colpi a strappi, e in falso poi congiunti,masticazioni, bulimie dolenti,

come infiniti addendi trovo dentidi giorni e di anni in ebbre ire consunti:impronte e ponti, tagli incastri punti,del trauma orale essenza ed accidenti.

Ahi che testa non fui, non bocca o zannadi fera o serpe, ma incerta collanadi segni-morsi da pròtesi inferti:

odio chi in pasto reo si affanna e scanna,ma più chi indura a cincischiar la vanasorte battendo i denti in gesso inserti.

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III

(Sonetto di stragi e di belle maniere)

Moti e modi così soavementeed infinitamente lievi/sadici,dondolii, fibre e febbri, troppo radio fitti per qualunque fede o mente,

stasi tra nulla e quasi, imprese lente opiù rapide che ovunque rai s’irradino,per inciampi stretture varchi guadiun reticolo già vi stringe argenteo,

un codice per cui vento e bufera,estremo ciel, braciere, cataclismacederanno furor per altre regole...

Ma quali mai «distinguo», e in qual maniera,quali belle maniere, qual sofismale stragi vostre aggireranno, prego?

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IV

(Sonetto del decremento e dell’alimento)

Ahi sottil pena ahi ago ahi rovo e spina,ahi frangersi di stelo, ahi della fogliaesaurirsi allo sguardo, ahi sparsa dogliadi tutto il bosco che all’autunno inclina...

Ahi languore che in strami si trascina:e sì: ma d’alimento cresce voglia,e sì: ma tutto al trogolo convogliala gran voglia, appetiti figlia, affina.

Catene alimentari vanno al trogolo,in miriadi s’impennano mandibolea vuoto o a pieno, salivati stimoli.

Disciolta furia e cura dentro il fimoaureo, macello senza sangui, rogosenza fiamme, pia lex: per te peribo.

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V

(Sonetto dell’amoroso e del parassita)

Mentre d’erba la man ritraggo ratto,dall’erba/serpe infida in fitte e spini,mentre mi discorono dai divinirai serali e la notte prendo in atto,

o memoria con meco t’incammini,lo sparso accordi e riconformi il fratto:qui già per lei venni in furore e mattoqui da lei ebbi i succhi suoi più fini.

Col passo avaro, indocile, acre, rompoall’aldilà che in falde e felci sfrangiasul botro; oltre le serpi e i pruni zompo.

E nell’alto aldilà, nei fondi tenerido di tacco, do a sacco, sfregio veneri,falsifico simbiosi: ora si mangia.

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VI

(Sonetto notturno con fari e guardone)

Spesso ove mi sommerse il cuor del boscoo nel mezzo a cesure che verzurefollemente feriscono, nel loscotrarsi a iatture delle mie venture,

là dove tutto che fu mio conosco,acri sciami di pollini, erbe impuree purissime al mel siccome al tosco,ore preste alla sferza in piogge o arsure,

là dove sottopalmo e sottofelcela fragola rinvenni e dell’accesafichina l’umido lieve turgore,

coi fari sfonda il guardone, tra l’elcee l’orno e il faggio, tra la foglia e il fiore:deluso fa retromarcia, è in ripresa.

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VII

(Sonetto del soma in bosco e agopuntura)

Graffio di sottil tigre, ideogrammacui do a cura la mia sostanza grama,di yin e yang tremando nella trama,cercando i punti in cui la vita è fiamma,

mentre l’ago mi fruga dramma a dramma –spine unghie lame da una man che ama –meridïane linee in me diramayin e yang frangendo ogni diaframma.

Sì mi sent’io, sì il mio torpido somasotto tal man, sotto tal tigre estrema,qual se Cupido a mille in me s’imprima;

ma non è che però di Te fia domala fisima, il sofisma, l’entimema,e del tuo stral deliro più che in prima.

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VIII

(Sonetto di sterpi e limiti)

Sguiscio gentil che fra mezzo erbe serpi,difficil guizzo che un enigma orienta,che nullo enigma orienta, e pur spaventail cor che in serpi vede mutar sterpi;

nausea, che da una debil quiete scerpime nel vacuo ogni erba qui s’imprenta,però che in vie e vie di serpi annientaluci ed arbusti, in sfrigolio di serpi;

e tu mia mente, o permanere, al limitedel furbo orrido incavo incastro rischio,o tu che a rischi e a limiti ti limi:

e non posso mai far che non m’immischio,nervi occhi orecchi al soprassalto primise da ombre e agguati vien di serpe il fischio.

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IX

(Sonetto di Linneo e Dioscoride)

Vige il lume, s’allenta; in prode roridestacca e scavalca, a sé fidando, il lume:erba e fronde a vorago marea fiumeche a me per colmi e conche foste floride,

di Linneo l’occhio invidio e Dïoscoridetanto fecondo è il far vostro, e il costumemolteplice e l’aspetto, e i nomi acumepiù che a lingua dulcedo di clitoride.

Ma è testa ahimè, ma punta è questa testa,di serpe, squama e schiena a serpe è questain che v’inchiostro e innodo e circonfondo.

Ma non testa è la mia; non voce o testoche venga a penna, a gola non è questo;non mondo o immondo io; né mai pur mondo.

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X

(Sonetto di furtività e traversie)

Ieri, di maggio freddissimo ventoondando di erbe in erbe, immoto io vidi,scolorando erbe e de le fronde i fidiaspetti sconvolgendo il mutamento;

e pur era di luci acri lo stentofin del folto nei più riposti nidi,intime angustie strisci sfasci stridiorgasmi in cieca fuga in cieco avvento –

e imprendibilità, come di plurimeserpi sospinte a traversie, di tossicheinvenzioni onde al niente si va appresso:

così quanto imprendibile a me stessoa tutto, a tutti, com’è il tutto, io fossi,furtività per dossi orme echi oscuri.

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XI

(Sonetto del che fare e che pensare)

Che fai? Che pensi? Ed a chi mai chi parla?Chi e che cerececè d’augèl distinguo,con che stillii di rivi il vacuo impinguodel paese che intorno a me s’intarla?

A chi porgo, a quale ago per riattarlaquella logica ai cui fili m’estinguo,a che e per chi di nota in nota illinguoquesto che non fu canto, eloquio, ciarla?

Che pensi tu, che mai non fosti, mainé pur in segno, in sogno di fantasma,sogno di segno, mah di mah, che fai?

Voci d’augei, di rii, di selve, intensimoti del niente che sé a niente plasma,pensier di non pensier, pensa: che pensi?

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XII

(Sonetto di sembianti e diva)

Deh mostra a noi, mostra il tuo bel sembiante:ma sembiante non hai più che la polladi lume onde la selva là s’ammollae satolla, in se stessa vagolante;

né spïarti giammai valse tra piantetu in secco aspro trapianto entro la follad’ombre che di se stessa ora s’accollasì come ora si disfa, fredda amante...

Casta, diva, ulcerale stigma, erranteanzi aberrante ardir che di legamimai visti intreschi stili steli stami

e ratta li rintuzzi, nel rovesciod’ogni sentir, d’ogni cognosco o nescio –mero licor lingua, e mai-sembiante...

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XIII

(Sonetto di Ugo, Martino e Pollicino)1778-1978

Qual fia ristoro a’ dì perduti un sasso:ma qual sasso tra erratiche macerie,quale scaglia da cumuli e congerieidentificherò nel bosco, ahi lasso?

Ché se pur m’aggirassi passo passoper Holzwege sbiadenti in mille serie,quale a conferir nome alle miseriemie pietra svilirei, carierei masso?

Nel buio-orco che si maciulla in rupi,dell’orbe a rupi dentro i covi cupi,quali mai galatei cemeteriali

rasoterra e rasoombra noterannoalmen la traccia in che l’affanno e il dannodei dì, persi lapilli, è vivo; quali?

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XIV

(Sonetto di veti e iridi)

Quali torpori di radici porto,pigre radici in urto, in moto sordo,sforzo che non ha tregua e insegue ingordoper stasi e stacchi il proprio senso morto,

il proprio vivo senso che arde assortoe d’ombre e selve eterne cede al bordo;con che radici terre e terre mordoma in quante tetre piante torno aborto.

Terre e radici plumbee faccio viridi,veti nella vetaia estirpo e tolgo,poi vengo meno e in mie asme impaludo;

qua e là, sangue, per secche sto e trasudo;vetusta talpa grufolo, sconvolgo,e spio nel piombo insorgere mille iridi.

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POSTILLA

(Sonetto infamia e mandala)

a. F. Fortini

Somma di sommi d’irrealtà, paeseche a zero smotta e pur genera a vistavermi mutanti in dèi, così che acquistanel suo perdersi, e inventa e inforca imprese,

vanno da falso a falso tue contese,ma in sì variata ed infinita listache quanto in falso qui s’intigna e intristalà col vero via guizza a nozze e intese.

Falso pur io, clone di tanto falso,od aborto, e peggiore in ciò del padre,accalco detti in fatto ovver misfatto:

così ancora di te mi sono avvalso,di te sonetto, righe infami e ladre –mandala in cui di frusto in frusto accatto.

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«Più propriamente, la (...) impedisce la sinte-si dell’acido muramico, componente essen-ziale della parete batterica, attraverso un le-game irreversibile con la piruvil-transferasiche trasforma la UDP-N-acetil-glucosaminain piruvato di UDP-N-acetil-glucosamina.»

da un pieghevole pubblicitario

Un libro da proporre come fondamento del-le bibliotechine di famiglia, di scuola ecc.:un puro elenco di nomi e relative date, ses-sante righe a caratteri piccoli e stretti perogni pagina: sarebbero circa 10.000 pagine.Solo per una guerra, per un Paese, e trala-sciando gli impazziti i feriti e i mutilati.

Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

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(E pò, muci)

Schegazhèr, pissazhèr,sgnaca via tòla e cartesgnàcheghe ’l bòsch del mondo sassin

e sassinàale Anguane ale diane deventadescaranpane, vece da spade

spasemade, par tute le contradeMaschegazhèr, pissazhèr(l’è ’sto qua ’lo tó nome veroparché l’è tut infrontà sora caca e pissin

al tó vero sentir e pensier):òltete par de là,scòndete, si ’l ghe n’è,in medo al bar pi fis e pi inboscà,andove che ’l lustro no rivané de speranzhe né de anemené de torzhe che le va a torzhio: e fa, fa, fa

E che i se cólte i lóghia dei bisset e dei bacteriai ramesèi pi rebit dei

aminoacidi che i balaai vent de sote tera

e che ’sta grassa la se dóntea grópole, marogne, sgiaùzhee al scribaciar de tute le fondezhe,cussì ’l cres al levà de rochetemareveje trips,tut quel che ’l butae pò ’l se stolis de lòngo [NO STOP] [ONE WAY]inte i só circuiti de formula uno

inte ’l só sofegarse che no ’l la met-dó mai

.............L’è là che la se desfassa e reinfassala madassa de sganghe senpre pi roana

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senpre pi verdolina e sfilada ’fa na fiaba.Roba sproetada anca massa.

Muci zaba.

................

............................

) (

(Ma ti, scagazha, scagazha,e pò nètete ’l bèroco tut al bòsch intiero,co tut al mondonètete de la tó buazha).

(E poi, silenzio!)Cacone, piscione, / butta via tavolo e carte / rifila il bosco del mondo as-sassino / e assassinato (rovinato) / alle Anguane e alle Diane diventate /vecchie puttane, fanti di spade / atterriti, per tutte le contrade / Ma / ca-cone, piscione / (è questo il tuo vero nome / perché è tutto puntellato sucacca e piscio / il tuo vero sentire e pensare): / vòltati da una parte, / na-sconditi, se c’è, / dentro il cespuglio più fitto e imboscato, / dove non ar-riva il chiarore / né di speranze né di anime / né di torce che vanno a zon-zo, e fa, fa fa / E che si concimino i discorsini degli insetti e deibatteri / i ramoscelli più vivaci degli / aminoacidi che ballano/ ai venti disotterra / E che questo concime si aggiunga / a gromme, residui dicombustioni, minuti trucioli / e allo scribacchiare di tutte le profondità, /così cresce il lievito di razzi / meraviglie e trips / tutto ciò che fiorisce(mette gemme) / e poi si strina immediatamente Sosta Vietata Senso Unico/ nei suoi circuiti di formula uno ecc. / nel suo soffocarsi che non la smettemai / È là che si sfascia e reinfascia / la matassa di brame sempre piùrossoviolacea / sempre più verdina e sfilacciata come una fiaba. / Cosepoetate anche troppo. / Basta, silenzio! /(Ma tu / scaccola, scaccola, / e poi pulisciti il coscione / con tutto il bo-sco intero, / con tutto il mondo / nettati del suo sterco bovino.)

Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

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Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

(Stracaganasse o castagne secche)

Sembra che scrampandoti e annaspando tu nascada quanto di più selvatico qui si arma

di scagliee il tuo sguardo di terra

non pesca né estraealtro che guasti frustoli, pattume di tuberi, da terra –

e lo stesso tuo orticiattolo clandestino (rubato al bosco)ha del deforme, come la tuacorporatura che sfregia le superne norme:bisnènt, me parènt : volutamente sbagliandol’arguzia arcadica ti avrebbe individuatocome Satiro che va per Ninfe e adorabilmentedi cipria ti avrebbe sepolto e così soffiato-sù alla vignastellare dove regna Ciprigna e l’amorosa folla

di degusta-pollini e spossa-midolla.

A questo mio bisavolo-me ed a meprima che arrivi il guardianoa strapparci di bocca la lurida cibariaa impedirci il raspare e il rosicchiare

tra i piedi sporchi della Grande Terrasia concesso ancora qualche scasso o srostatura(cionpo gobo zhòt zhabòt zhalèch

bisnènt-mi bisnènt me parènt);ma arriverà una domenica gran sagra

di paese a rasobosco, martellata di campanetempestata di castagne secche e ci saràqualcuno a imbrogliarci col gioco detto «Bèpo e la Jèja»ma noi lo insaccheremo con le nostre trovate grifagnee poi ci metteremo a tavola di fronte a una

sfarinata, magra di vitamine, a un pasto di stracaganasse;davanti ad un bicchiere di vin piccologuardandoci l’un l’altro come sacre immaginiattenderemo il sàtori

60Letteratura italiana Einaudi

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e allora il bosco tuttocon le unghie rotte e le gengive scottepotremo insieme rovistare e rapinarema senza dargli rovina

nemmeno in una stilla, in una trina

Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

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Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

Questioni di etichetta o anche cavalleresche

In me e nella mia categoriache ha perduto contatto persino con la fabbrica del latte

e del formaggio, che in ogni Arcadia gode prestigioe offre sodo vantaggio a chi combattedì per dì con gli squartamenti e inglobamenti

cui si dà il futuroche è tutto camminamenti

di budella pancreas fegati ventri

(così) in me è totalmente mancatoil rapporto cervello-manoquello che ha fatto l’umanodentro la sua bottega di selvaggio o di artigiano –né v’è stato il supporto grazioso e medicantedi un’Arcadia-Mafia a sostituirlocon cerececè di dive regoleche vanno da quelle del bennato conviverealle più eccelse scale di annodatissime cordedella follia/etichetta –

comunque, pettegolezzi e trepestii tanti di pianteda selva dei suicidi o

delle arpie o della battaglia massaia beccaia

Pace dunque al qualunque baco parassitache si credette fabbro di seta garantitae sta a ciondolare sulla ramamangiucchiando(con cento occhi ad altrui becchi)e insieme postulando mezze-pietà

per le sue penumbrali colpe il suo desindacalizzatototale assenteismo dalla realtà

(produzione di massa eprodotto garantito, per altro, anch’essa

con marchio di qualità)

62Letteratura italiana Einaudi

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(Questioni di etichetta o anche cavalleresche)

Chissà se ha ragione il Birago o l’Olevano,conosce don Ferrante

le onorevoli mosse, qui tra queste piante,della cavalleria: mano alla spadao alla pistola rubata a Cimosco. Ferro,

Piombo, per chi va entro il bosco di piombo.A meno che che di traverso non si metta quel trattosorvegliato e recintato (da una ditta, seria, di allevamento)per letarghi e moti ugualmente producenti,di bacoso bestiume con aureo cah! plusvalore.L’etichetta qui impone ripensamenti.

Ma, blocca Don Ferrante: se si è bene osservatoanche il bacopiù bassamente mollaccione e meccanico,se creanzoso e riservatofino a mimetizzarsi coi più + + + + + + + col più del bosco + + + +(come poi ci riesca, fra spudorati tocchi,tacchi, sgambetti, sputi gonfi di cloridrici vischi,

e questo e quello e lì e làchi vivrà lo vedrà)

ha di che indicare topografiedi una civitas-urbs, ne ha le mappe tracciatee commentate a macule

sulla pelliccia...e perfino sull’orrida mandibolicchia...pericolosa alle commimetiche ramoscelle...(anche se grossi eritemi può lasciare dov’è pelle,è già roba per villi e batteri, in budelle)

Orsù, ai passi o al rodinianomeditare di don Ferrante

che mette in sacco Seneca Eyquem Loyola ed Olevanospalancatevi piante...inchinatevi piante... Bachi, pidocchi, soldati, sull’attenti!

Qui in ogni caso è vigna, è cuccagna di eventi!Che sia bianchiccio o rosso il sangue, il sanguinaccio?Non è che sian questioni pertinenti.

Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

63Letteratura italiana Einaudi

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Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

(Ill Ill)

Non mi molesta più che per il pugnalarmi –l’arma è diffusa qua e là –l’arma che sempre mi ritroverà.Sul terreno del duolo universale (da riportare in ridottissime scale)chiamato così attraverso la maternità della natura sospettosa, spia,tigna, dribblo come gonfio di quella distrazione,come fortemente cucito ridotto a un castrón. Manon do le dimissioni da fogliami e orizzontimi accentuo nella buafosforica che brucia la precarietà.Questa punta di puntache nulla fora né scopre se non se stessa:e da quella io evado goccia a goccia, qual cosa untasì, sempre. E lento. E in omertà.

64Letteratura italiana Einaudi

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Ill Ill

Non si parla di loroNon sono cinema, non si deve – nulla è dovutoPerché ogni «giusto» movimentonon è che da loro di cui non si ricordadi cui non si cinematografadi cui cresce un riposo tracotante, sfacciato,a cento valenze, fuori tela – non se ne parli, non se ne fotografi –connessi quanto basta, in disfacimentoo in cucitura quanto bastaquanto mai non basterà E poi:forca, fastello, righello, bottone

striscia che stride (non se nevomita mai che basta ma l’oblio l’oblio

ha grandi successi, affèdiddìo)pestello

Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

65Letteratura italiana Einaudi

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Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

(ILL) (ILL)

Nulla di quanto sussistee si dichiara a spari a urli a frufru

appena oltre i sensibili bambùche a tutto fanno spallucce –

nulla ci appartiene di questo, nulla del presentee del futuro se non nella spaccatura

nel netto clivaggio che solo l’occhio tuogià fossile

riesce ad angolareproduce nella compattezza

nella monomaniadella vita della poesia e compagnia

Occhio senza riparo, da cui nulla ha riparo,occhio senza ritorno, a cui tutto ritorna,

occhiaia come fungaia rasa ma mostro di fertilitàRattratto sillogisma ovetto fatto al tornioa portata di piede e scalciato –e certamente domani dentro la pietra agganciatodal martello del bimbo terribile

Minuto bip bip, occhiale e lente che sfolgorapoveramente in chissà quale prato o radura,nulla di quanto a sorte ci è stato datoo strappato sapremo, se non ci ridurremoa te, al tuo maldestro, umile ridere.

(occhio perduto per una scheggia,nel lavoro al tornio)

66Letteratura italiana Einaudi

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(ILL) (ILL)

(E sei non voluta come il cielonon voluto dei fossisenza menu o programma)

Poesie su zuccheri Rosso/cannazolficaffèclorofilla

Terreno fatto di zuccheri Carantozolficaffèclorofilla

Invenzioni dentro i sapori e i loro cocktailsveri chicchiricchi del gallo più sgargiante

da mandare in battaglia

Le memorazioni le percezioni gli oracolidi scorci e spaccati – più o meno –

di legni, tenebre, rosso terreno,ma assai assai parenetici lusinghevoliné privi di olografie, di luci Kirlian,

si sventagliano e smitragliano come in un campionarioe botanicamente bollono come un Montello

non ancora abbattuto (1683)

ci si inarniano inaggrumate strutture di batteri, bocconi, bottini

divaricano tra e da si rimargianano comeun non ancora abbattuto Montello (1683)

e il cinghiale e la volpee forse il lupo e diononvoglia l’orsotravolgono

Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

67Letteratura italiana Einaudi

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Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

zuccherizolficaffèclorofillacon me li coinvolgono a vita nella loro muta

1683: pertugioda cui mi si dice addio

ma tra tanti profumi e grassosesso animal-vegetal-minerale –

e grezzo bendidìo.

68Letteratura italiana Einaudi

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ILL ILL

Cresci pianoAcido ma non impauritaAlcalino illumina l’orlo il contorno

Sei tu a far tante/ chicchi e lustrinitu e la tua pioggia, ticchi a ticchi, villi a villi

Che fosse meno impauritadi queste gemmefin dove ti affilofin dove è infiltrìo è carezza è mucillagine

ill-illuminalieve contorno bronco ifastame chenell’acidonell’alcalino del bosco

Acido Cresci piano e dà terreno bello a batteriAlcalino prima, sola, prima

che la ruggineblocchi tra pelle ed unghiatra giada e giadatra plotone e plotone (erba)

d’esecuzione.

Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

69Letteratura italiana Einaudi

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Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

(Sotto l’alta guida) (traiettorie, mosche)

Mosche di particolare fattura nella selvamosche in abbandono della facilitàdella convivenza affabilità decenzali chiamo tutti tutte col nome di moschein mirabolante abbandono levitazione pluralizzazione

di sé es da sé se sc e altre occasionidivinatrici mangiatrici trapungitrici di tebaidinelle caverne dei cieli dell’ocularità

Specie comuni o rarissime in traiettoriamosche-nonterribilmente mosche finissimi proiettiliminimamente mosche in traiettorie di caduta

elitre perse di orrori di tuoni – di suonidi azzurro stramorto nel nerofumo del bosco

mosca di giro, in vacanza allora,mosca che vira nel turgido e trionfa qual anima,yalina coesistenza di entità e retoricheper esercitazioni di mosche intorno al piatto letaleyalini viscerini di mosche sparapagliati in aria

E il tanto filato il tanto rammendatoda lontananti mosche ordine mondanoil turbato quello con la mordacchiaquello con lo scorsoio al massimo di strettaquello inchiodato e tutto nerofumo di futuri

massimibellicisotto l’alta guidabaionettati incraniatifuturi all’arma bianca

79 prolungatimette a punto la sua traiettoria di caduta

Mosche: c’è tutto un enorme cadavere-convitoOh, via, una mossa di mano

in relazione alle mosche

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(Sotto l’alta guida)

Attraverso contropelo le stagionicon cattiveria e immortalità e immoralità

[manette] [contro i polsi di scribi] [alle zampe, ceppi]intollerabilecaparbiamente definiente spaziincomprensibilmente spazi rameggiati come elitreavido verso le mucillagini e l’agar agarminatore dei fiori

e poi scaccola-presenze mucillagini

Stanato da gocce di pioggia e di cielorimpolpato da goccie e cielispolpato, ridotto, dimidiatoda ogni x dei millemille x del bosco

e per null’affatto batterio e anche meno insettoanzi insetticida chimicamentedisperso ovunque, mimetizzato nel bosco,anzi defoliante deterrenizzante –

L’accidia dai molti tentatoli tira ai guinzaglifrotte di virtù cardinali

e virtù teologali,

è quella che si fa graziaattraverso la raggiera dissimmetrica di rami o cieli elitree tutta la botanica allarmante delle pioggie –

anzi omicida a tempo persoparticolari dissimmetrie inventandocontropelo, scortica-cotiche, scalpatura, rigurgitoe signore ombre [di acquai carsi e stomacistanate anch’esse a calci rintanateondeggianti per confondere ammanettarema forse anche diffondere, così, comunicare

come per fumo, per tamburo.

Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

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Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

(Sotto l’alta guida) (Abbondanze)

Abbondanze che mi rifiutano!A manipoli! L’una sull’altra, e confidenti!abbondanze che mi seduconoche mi assediano – o mi disdegnano – a frotte! a fiotti!

Percorrere ora quello che fudi te e di me abbondanze di losco – ardue – né né né no– feroci – nei sovraccarichi fino al verdessereDimenticato, forte, dentro il suo esseresentina e midolla di mina, fomite,evento di fondezza e pur fiochezza, fornice

Fuori-di-sé nell’accavallarsi, verdee mansueto nello strisciarmi come verde al limite del piede

Dove si sparte l’iperbole memorianelle sue deduzioni fasulle e celestiali

impreco incabalando di vita i tracciati cata-stali di quanto già fu foresta, aura di forestapiù violenta di foresta fin nelsuo essere solo pelleagra o cinereo verde di un immenso ieri

eppure salvazioni a bizzeffe, a pienostomaco,salvazioni a strazharìa, a strzhabalón,

miei lupi, mie volpi, lóf, bólp,salvazioni salvantisi erette ricurvecurvate di peso vis’cia, di curva sferza,

miei gatti selvatici, roveri, funghi-maghi,Barbón Gaorni Panaruole belle

curve in ribaldo ballo scalpito bisbigliate vocalizzate abbaiate

Fredda mano d’Anguanacol suo cenno sollicita e mette all’incantodriadi streghe sette-leghe mastichii d’acqueconcupiscenze di venti treccine cavalline

fa prova in cera per una fusione

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passabilmente necrogenaA frustate di rovi-ombre-anguane

A strazharìa, a strazhabalón, rovi, roveri, grati-cole per anguane da rogo

A prezzo stracciato in maniera informaletutto – sul palmo – quale

residuato di guerra

(«Chi intro a sta lombrìaom’ ghe a meggiara a mellia e melliónRoeri Roeratti e Roerón»

Ceco Ceccogiato 1683)

Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

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Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

(Che sotto l’alta guida)

O boschi non defoliatidelle guerre di tanti anni fa,quando il ciliegio ai disperatiurli ed al sangue opponeva un salto di qualità.

Nell’ora che più intenta al suo banco squartava la battaglia,quando come a pidocchi si sentenziavano destini,neutrali a sé stavano le bestiepiante della boscagliae a divine fogliate pause portavano i cammini.

Stava il ciliegio con le sue gocce rosseprivilegiatamente dimenticato e dimenticotra piante qua e là per sbaglio ferite, tra fossedi granate e il bruum delle artiglierie ardenti.

Giovanni Comisso saliva sul ciliegio,l’ilare sangue ne gustava a sazietà:di Giovanni e del ciliegio il privilegiolascia ad ogni vivente, o umanità.

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CHE SOTTO L’ALTA GUIDA

Casa solitaria con lapidesulla str. 18 Montello

e + Nogarolo ++ vent’annie dopo «Da un’altezza nuova»

Ma tu fa che io resti all’altezza dell’erbache ora mi è così rovesciata avulsa

nel mio lontanissimo addosso (avv. sostantivato)che io resti in balia dell’erbeggiare coi suoi criminicon le sue infinitive gocce di sangue infinitocon l’erba-te da lungo tempo in ghingheri di morte

voglia di cimitero e similima quanto, anche, palloredi non esaltate bravure, di labbra cucite

nel proprio ammassodi traboccanti motivi di bocca nel verde

e non farmi – così di brutto – fuorida ogni incontro di tempi e nodo

necessario a parlarti,che io mi accorga più tardi dell’oscillare, della lampadadietro i fogliami appena sottratti alla pioggia e come anelanti

nel continuo ricorrere a sdebitarsi di umori e umori

Esile è tutto questo movimentoma chissà a quale perdita acconsentea quali sfasature di foglie e teste-foglie

nei burroni di pioggia:

Sì, è vero, qui di foglia in foglia tutto si perdequi scalini scalpìti scolfiti di morti moti sono il verde

Oh che io ti raggiunga – che io sia alla tua bassezza,che io torpore invano sceverato da torporemanovri e angoli la toppa, mi schianti a questa brezzadi favore tetro e infame – di criminale amore;Eppure in bassezza, in te, mi stivo

Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

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Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

come per un lunghissimo-vivere-ancora, come se pozzagià dilavata dalle più fosche pioggie, se sozzadismemoria non fossi, non fossi bave e ringhi

(infittiti ed astrali qualirichiami d’alberiricciume di coaguli)

Nulla tu promettesti e nulla togli. Alla tua figurapiù bassa – orizzonte che carica, ratto come un colpo, l’ortoe la magione del parassita, cementizia sacca di sangue burro –– al tuo aperto bassore che impaura

muto e pur tutto forza di gola, intensocome (d’)erbe-infuso, infuso di ogni morte –dal mio cervello acidulo mi disinebrio, al dolore che crescebattendo le nocche secondo automatica sorte.

...................

E qui s’ingorga e stravede la pollastravede sulla poesia,tutto il crescere e il correre-fuori dal verde s’infrollaa stravedo sulla poesia

Tutte le note che qui a comando ottenniplotoni plotoni affiancatiaspiro in gloria, come per meriti perennil’aver qui convocati – da buco trincera evangeliofrottola – a tagliarsi a pezzi gli armati

Di tutto quell’eiacularsi e sbrodarsi di sanguemen che un nume o una nebulosa resta,alle lapidi qua e là sparse tra i delitti delle erbetra i battimani delle erbe e dei boschi sbanderemo in festa

Sbanderò una buona volta in poesiasbanderò in malabestia che ringhia e s’ingalluzza,tradirò una buona volta tutto in poesia,ma – anche se l’anca si lussa non deve insonnarsi né s’insonna la zuffa

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Tradirò, sbanderò, a perdifiato, griderò nei combattimenti– men che sfienagione allo sbando del doloretrito e folle di cui faccio ribaditissimo premio al mio omaso, ai villi –sì, lascerò, lascerò andare queste e altre cause in malore

Torpido e basso con te con voi nella bassura che non m’importa,al non-m’importa m’avvinghio e mi riduco a quarto di luna-gridoSbatti frasca verde-tomba sulla luce della lampa, sulla stortadel cammino dove precipita precipita

e si chiude il gobbo gobbo scollinare scorsoio, in giro.

No, non è qui, non è risorto,ristagna la linea dinamica della mano allo sbandomano che lancia una bomba a manoa tutto, in fughe divaricate – conigli ed insetti,l’alta guida del re, in nulla-direzioni bigbangs fruscii,nei gusci noi del «m» del «n» sbattuti nel sacchetto,oh zut alors, oh smash, oh ghemareck –colline a boomerang stanno rientrando –battaglioni affiancati con baionette ed elmettigloria, gridandosi, gloria, da ciascuno di quegli usci.

Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

77Letteratura italiana Einaudi

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Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

() )(

Alberi vari e valghi / nemmeno latinizzati / senza diritti / senza religioni/ privi di destini / e di zecchini / privi di vocazioni

L’Arborescenza, nella sua fase attuale,intravista sovente nelle arborescenzedel Bosco attuale

Varo e Valgo) (

con le tue gambe( )

di nanoavvelenandomi

ballami sulla mano

78Letteratura italiana Einaudi

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)( ()

E mi adddentro orami tuffo nel tuo oroluna mio unico capolavoro

Bosco di te solaluna fioritonera orda d’orobosco capolavoro

Pupilla pronta (in vetrina)e sforzo prontoma la guardia smontae di orizzontecade in orizzonte (in vetrino)

Fiore di cui tutto infioroinezia che tramontainezia unico capolavoro.

Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

79Letteratura italiana Einaudi

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Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

INVERNO IN BOSCO – OSTERIE – CIPPI – OSSARIC A S E

Case, tra vento e vento fra spazio e spazioCase come un’insegna rifugiate

come, ognuna, un singolo aldilàCase chi vi lima fuori dall’azzurro dal vento

chi vi spinge a un’evidenza osiete fattori di evidenza

Ben s’assetta ben chiude il conto ben digiunaardore in stati e taglio

oh quanto ha spossato ed avvitatoil contrarsi l’aprirsi – case – in alternative in alternative – di un battente e il socchiuso che ne emana

ventana, altana, mañana.Su dicembre t’affacci al crinale senza limitiall’incrimento sottile dei venti osteoporosi del mondosi dispone là sotto e l’animo inclines’avvantaggia da spinte e vigori di penombra

al giro al mischioe non è che non giritra compattezze e vischio di virtù folli!Casa: non più baluginio negli antri del boscoma lume aspro che ferma tutto, a sé conversantetutto, a sé inteso.

e cammini-sentieri come insuperati ordini e contrordinie foglie se per caso se per limitese in perdita secca per lungo vizio ottenutacosì che, casa (ossario) (osteoporosi)in te m’accoro, e del cippo faccio compagno, io cippo che fu misirizzi

mentre protese in voi, schiene erte, di allora in alloraarrivate a dimoracasa-rapina casa-abisso incrina-inclina

...................................

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stornate

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Figure o meglio vuoti di memoriaincongruità specifiche, mossa più mossadella luce mai usabile, né sotto il moggio né là

sul vertice donde accecherà.Figure per cui s’inerpica un

vuoto nel vuoto Scollate, a gonne aperte,le chine più ampie più ertedebilità futilità eternità rinviano(e sotto il rullo abbandonatodebilità terribili di frantume logicale animaticoterribili in luce in crepuscolarizzanti desii (

Si sdigrigna si desomatizza in vero approccio alla sedeSi satolla si adocchia a ombelicoE ti diffondo e ti reclamizzo a piccoCosì da vicino il lume, sul cupo del punto

........................................

Entro prementi cornee s’incorna il visus il figurato...Morchie e iridi oculari, stanno nei pati, cilizi di ricci (Sdigrignare)Ma nell’illiquidirsi delle cose più lieviE nell’insospettirsi delle nevi

Sole che sfogli e difalchie fai tanto risparmio così che non dirimianzi incavilli e ingerghi,cupa, sacrificata a ogni stinco secco, lallazione

o meglio brusio mezzo-bestemmiante d’osteria:

così nel morto tepore dei boschiche il cristallo svasando distanzianella svasatura di quello stampoin che tesauri lontani affabuliaffanni e derivi? Arboscelli, tentativi...Così nel morto tepore dei boschirimembranze battono battono la battaglia

del solstizio d’inverno (osteoporosi)di colore in colore distinsero le distruzioni

come io qui da dietro la feritoia –e ne diedi menzione –senza mai ritrovarmi a nessun appuntamento

Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

81Letteratura italiana Einaudi

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Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

(Lattiginoso)

Lattiginoso e mielato brucoche avesti un’intervista specialeuno scoop – oggetto il Della Casa –ripugni ripungi tuttoa tutti e tu a tuttoNella sempre rinviata essenzaappena mimetizzato tubo digerente

la sigla del tuo grifo onnipresentesmorfie-volti di smorfiaammicchi di ripicca uncinae atterrisce dal giù della ruina

donde tubo per tubo è venutala grifità del grifoche è poi la voltità del volto

secondo quello schemache si è coerentemente svoltoe finalmente è giunto al sodonel cranio nettato allo shampoo, residuato,

fuori da ogni modoe maglia d’alimentazionee catena di sant’Antonioe battaglia – sputatosputato fuori dalla brodaglia

Beh, qualcosa d’altro che te cranietà voltitàda te grifo per grifo, bruchio per bruchìo, squisc a squisc,

si scrampi fin lassù sui trampoli e sulle linee più eteree del boscofino alle sue più alte e ridenti raggiere di piovaalle sue più fini lettere algebriche ed algoritmi

in provasempre più sbilanciati in avanti in fuorie senza pudori: frangersidi cartilagini in iridi di ritmi

ire veticci spire –nero autoscatto

di spore sopori.

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Andrea Zambotto - Il Galateo in Bosco

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