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Il corso di legislazione cinetelevisiva 2009/2010 comprende

tre argomenti :• Legislazione cinematografica• Legislazione televisiva• Product Placement

I primi due argomenti sono trattati in questa sede mentre il Product Placement è oggetto di una monografia del docente pubblicata (aprile 2009) nella collana dei Galaxini diretta dal Prof. Gianpiero Gamaleri, Edizioni Kappa.

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Parleremo in questa sezione di:

Diritto di autore Censura cinematografica Sostegno pubblico al cinema in Europa e in

Italia (contributi, finanziamenti, agevolazioni fiscali, ecc.)

Film Commission SIAE Riproduzione abusiva di opera

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IL CINEMA E IL DIRITTO DI AUTORE

Per la legge sul diritto di autore (Legge 22 Aprile 1941 n. 633 e successive modificazioni) ogni film per essere definito tale e quindi per essere tutelato contro qualsiasi forma di sfruttamento illegale e per essere ammesso ai benefici previsti dalla legge a sostegno del cinema deve essere

OPERA DELL’INGEGNOcioè un prodotto intellettuale dotato di CREATIVITA’

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Secondo la dottrina e la giurisprudenza italiana requisito necessario e sufficiente per la tutela del diritto di autore è la sussistenza di un ATTO CREATIVO che abbia originalità (rechi l’impronta personale dell’autore), novità (sia oggettivamente diverso da precedenti creazioni) e sia suscettibile di estrinsecazione nel mondo esteriore in una forma espressiva compiuta ( cioè in una forma – scritto, spartito musicale, filmato, immagine fotografica, ecc. - che consenta la sua individuazione come opera creativa e la sua fruizione da parte di terzi). La legge sul diritto di autore tutela quindi la forma specifica in cui si estrinseca l’opera e non l’idea in sé. Applicando questo principio all’opera cinematografica, si ritiene che l’idea o sinossi non sia meritevole di tutela in quanto si tratta di un riassunto del contenuto da sviluppare in un film, mentre il soggetto e la sceneggiatura siano entrambi tutelabili come opera dell’ingegno ( per la differenza tra soggetto e sceneggiatura si rinvia alla definizione di soggettista e sceneggiatore nella scheda n. 7).

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La legge sul diritto di autore (art.1) precisa che le opere dell’ingegno oggetto di protezione sono quelle che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla:

cinematografia, qualunque sia il modo e la forma di espressione.

Nella nozione di “cinematografia” vengono ricomprese tutte le opere da immagini in movimento (c.d. dinamiche), con o senza suono, che, a loro volta, si distinguono in:

1. Opera cinematografica ( è la trasposizione in parole e immagini di un soggetto o di un’opera letteraria)

2. Opera assimilata (film per la TV, telefilm, soap opera)

3. Opera audiovisiva (videoclip musicale, videogiochi)

4. Sequenze di immagini in movimento (filmato amatoriale, sigle e stacchi televisivi)

5. Opera di documentazione cinematografica, a contenuto informativo, e quindi senza trama narrativa, ma tale da fornire un’interpretazione personale dei fatti documentati. L’opera di semplice documentazione, consistente nella mera riproduzione filmata di accadimenti senza l’apporto di una visione personale dell’autore, non è quindi tutelabile.

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I SOGGETTI DEL DIRITTO DI AUTORE

Soggetto titolare del diritto di autore è colui che ha creato l’opera, cioè l’autore. Si presume autore colui che è indicato come tale nelle forme di diffusione dell’opera (nei titoli di testa o di coda di un filmato, nella copertina di un CD, ecc.). L’opera può essere stata creata da più soggetti; in tal caso tutti i soggetti sono titolari di diritti di autore.

Autori dell’opera cinematografica e assimilata sono:1. Il soggettista (cioè colui che scrive la trama narrativa, sviluppando l’ambientazione e

le caratteristiche dei personaggi)2. Lo sceneggiatore (cioè colui che elabora la trasposizione cinematografica del

soggetto, scrivendo i dialoghi e illustrando le scene)3. L’autore della colonna musicale originale4. Il direttore artistico (il regista, cioè colui che trasforma il narrato in immagini) Autori dell’opera audiovisiva sono l’autore della musica, il soggettista, il regista e in alcuni

casi lo sceneggiatore (per esempio, nei videogiochi in cui l’elemento narrativo assume particolare rilevanza ).

Per le sequenze in movimento e le opere di documentazione la titolarità del diritto di autore va valutata caso per caso.

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L’artista

Gli artisti interpreti o esecutori, cioè coloro che rappresentano, cantano, declamano od eseguono, in qualunque modo, opere dell’ingegno (e quindi un’opera cinematografica) sono titolari di diritti di autore (patrimoniali e morali) legati alla loro prestazione artistica purché quest’ultima sia di notevole importanza, sia resa con riferimento ad un’opera protetta, sia eseguita con originalità.

(Per la differenza tra diritti patrimoniali e morali si rinvia alla scheda 12 e seguenti)

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In particolare, l’artista ha il diritto patrimoniale ad un’equa rimunerazione e il diritto morale di opporsi alla diffusione, trasmissione e riproduzione dell’opera quando essa possa essere di pregiudizio al suo onore e alla sua reputazione.

L’artista ha altresì diritto alla menzione del suo nome sull’opera.

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La legge sul diritto di autore prevede altresì la figura del

PRODUTTORE CINEMATOGRAFICO cioè di colui che organizza la produzione,

mettendo a disposizione del direttore artistico le persone e gli strumenti tecnici necessari per la realizzazione filmica (teatri di posa, macchine da presa, ecc.) sostenendo il relativo costo.

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Al produttore cinematografico spettano i diritti di utilizzazione economica dell’opera cinematografica (riproduzione, distribuzione, noleggio) solitamente in accordo con gli autori e gli artisti che gli cedono contrattualmente i loro diritti di sfruttamento economico.

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IL CONTENUTO DEL DIRITTO DI AUTORE

Scopo della legge sul diritto di autore è

l’attribuzione di diritti patrimoniali e morali all’autore o agli autori dell’opera dell’ingegno.

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I diritti patrimoniali consistono nel potere esclusivo di sfruttare economicamente l’opera dell’ingegno.

Sono di durata limitata (70 anni dalla morte dell’autore).Possono essere trasferiti, cioè ceduti a terzi dall’autore.L’autore può rinunciare ai diritti patrimoniali sulla sua

opera. L’autore può cedere in tutto o in parte i diritti

patrimoniali sull’opera (c.d. diritto di frammentazione).

L’autore può far valere i suoi diritti patrimoniali in ogni forma e modo, originale o derivato, di sfruttamento dell’opera.

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I diritti patrimoniali dell’autore si estrinsecano nel diritto di: Pubblicazione ( cioè la messa a disposizione al pubblico) Riproduzione ( moltiplicazione in copie) Trascrizione (dalla forma orale a quella scritta) Esecuzione, rappresentazione, recitazione e comunicazione al

pubblico (in sostanza, tutte le forme di diffusione al pubblico dell’opera sia in via diretta ad un pubblico presente che in via indiretta, cioè attraverso l’uso di un mezzo di diffusione a distanza come la TV)

Distribuzione e messa in commercio Elaborazione (include il diritto di apportare modifiche e di

tradurre l’opera in altra lingua) Noleggio(cessione in uso per un tempo limitato a scopi

commerciali) e prestito (cessione in uso per fini didattici, scientifici e comunque non commerciali)

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I diritti morali consistono nell’essere riconosciuto autore dell’opera ovvero nel diritto di rivendicare la paternità dell’opera

Sono imprescrittibili (durano per sempre)Sono intrasferibili (non possono essere

ceduti a terzi) Sono inalienabili (un eventuale atto di

rinuncia da parte dell’autore è nullo) Sono tassativamente indicati dalla legge

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I diritti morali dell’autore si estrinsecano nel diritto: All’apposizione del proprio nome sull’opera (include il

diritto all’anonimato e allo pseudonimo) All’integrità dell’opera ( include il diritto di opporsi a

qualsiasi deformazione, mutilazione o modificazione dell’opera che sia di pregiudizio all’onore e alla reputazione dell’autore)

A non pubblicare l’opera (c.d. diritto all’inedito). Questo diritto non può essere più esercitato dopo la prima pubblicazione o diffusione al pubblico dell’opera

A ritirare l’opera dal commercio per gravi ragioni morali

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CENSURA CINEMATOGRAFICA

La censura cinematografica consiste nel controllo preventivo del contenuto dell’opera cinematografica da parte di un’autorità.

La prima legge risale al 1913 (epoca giolittiana) allorquando venne istituita una commissione di revisione presso il Ministero dell’Interno con il compito di vietare la proiezione al pubblico di film offensivi della morale, del buon costume, dell’ordine pubblico e del decoro nazionale.

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Durante il fascismo la censura venne

rafforzata in funzione non solo di tutela dei valori sanciti dalla legge del 1913 ma soprattutto in termini essenzialmente repressivi al fine di vietare opere che potessero ledere i valori del regime. Con tali obiettivi venne in tale periodo istituita la Direzione Generale per la Cinematografia.

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Con la Costituzione del 1948 la censura viene limitata all’ipotesi di offesa al buon costume (art. 21 comma 6 Cost.).

“Il buon costume è un modo di essere (della persona o delle comunicazioni) che rispetta il sentimento morale della collettività, con particolare riferimento alla protezione dei più giovani. Ha un valore storico e contingente( cioè in grado di evolvere con il cambiare della cultura e delle circostanze)” ( definizione tratta da un manuale sulla Costituzione).

Per una riforma completa dell’istituto censorio bisognerà attendere la legge 21 aprile 1962 n. 161 ( revisione dei film e dei lavori teatrali) che (per quanto riguarda i film) è tuttora in vigore.

In base a tale legge, ogni film, italiano e straniero, prima di essere proiettato in pubblico, deve ottenere un nulla osta, oggi rilasciato dal Ministero per i beni e le attività culturali, sulla base di un parere vincolante espresso da una “Commissione per la revisione cinematografica”, articolata in otto sezioni. Ciascuna sezione si riunisce una volta alla settimana, è presieduta da docenti di diritto o magistrati ed è composta da docenti di psicologia dell’età evolutiva, da esperti di cultura cinematografica, rappresentanti dei genitori, rappresentanti delle categorie del settore cinematografico e da esperti designati dalle associazioni per la protezione degli animali.

La legge del 62 presta speciale attenzione alla tutela dei minori, prevedendo il divieto alla visione al minore di 14 o 18 anni, “in relazione alla particolare sensibilità dell’età evolutiva ed alle esigenze della sua tutela morale”.

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Eventuali restrizioni alla visione rilevano ai fini dello sfruttamento televisivo del film ( divieto di diffusione, nei canali in chiaro, per i film vietati ai minori di 18 anni e obbligo di programmazione nelle ore notturne per quelli vietati ai minori di 14 anni).

La critica più importante all’attuale sistema censorio sta nell’ampio margine di discrezionalità nelle valutazioni espresse dalla commissione in merito all’accertamento dell’offesa al buon costume e al modo in cui si intende accordare la tutela ai minori.

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Negli ultimi anni sono stati presentati disegni di legge, mai approvati dal Parlamento, per l’abolizione della censura cinematografica e, in alcune di essi, per la sua sostituzione con una autocertificazione da parte del produttore sulla base di una classificazione prestabilita.

Con l’autocertificazione si passerebbe in sostanza ad un sistema simile a quello statunitense dove i film sono classificati secondo un rating attribuito dalla Motion Picture Association of America, associazione di produttori, che fissa 5 tipologie di classificazione (G, PG, PG-13, R, N-17).

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Dove le sigle stanno per:G General Audience , per tuttiPG Parental Guidance Suggested (alcune scene

non sono adatte ai bambini)PG-13 non adatto ai minori di 13 anniR Restricted, visione consentita ai minori di 17

anni accompagnati da un adultoN-17 vietato ai minori di 17 anni

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Il sostegno pubblico al cinema in Italia e in Europa

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Principi generali in Italia e in Europa• Autorità centrale deputata alla concessione dei benefici di

legge• Ciascun paese sostiene principalmente i film di

produzione nazionale, e in taluni casi, di coproduzione internazionale

• Il sistema di sostegno può essere selettivo (sulla base del contenuto estetico, artistico e tecnico della produzione) e/o automatico (sulla base dei risultati commerciali: box office, sfruttamento televisivo)

• I fondi per il finanziamento pubblico possono provenire dal budget statale, da una percentuale degli incassi, dalla National Lottery (in UK), da proventi e contributi dell’industria cinematografica e televisiva

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Le forme di sostegno pubblico possono riguardare: la creazione e/o la produzione e/o la distribuzione

di film e consistere in:• Anticipi in percentuale sugli incassi (prestito

restituibile senza interessi)• Finanziamenti (mutui) sul costo di produzione • Contributi (in percentuale sugli incassi e al valore

delle cessioni all’estero) alla distribuzione• Finanziamenti e contributi all’esercizio

cinematografico• Agevolazioni fiscali

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Cenni sui sistemi di sostegno pubblico al cinema in Europa

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SPAGNA Instituto de la cinematografia y de las

artes audiovisuales (ICAA) Fondi principalmente dal budget statale Sistema basato su finanziamenti

anticipati (prestiti) alla produzione , sovvenzioni mirate allo sviluppo di progetti di rilevanza culturale o sperimentali, sgravi fiscali

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UK Film Council Fondi da National Lottery Complesso sistema di incentivi fiscali

principalmente a favore della produzione di film

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GERMANIA Comitato cinematografico tedesco (FFA)

e Comitato federale per gli affari culturali e i media (BKM)

Fondi FFA da proventi industria cine e audiovisiva e da contributi di TV pubbliche e private; fondi BKM da entrate fiscali

Importanti contributi dalle Regioni

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SVEZIA

Istituto cinematografico svedese (SFI) Fondi da imposte sui biglietti, contributi

TV, budget statale. Finanziamenti a fondo perduto a favore

della produzione Nessun sgravio fiscale

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FRANCIA Centre National de Cinematographie Fondi provenienti da imposte (sui

biglietti) e tasse su TV e home video Il sostegno può essere automatico (su

box office e TV) e selettivo (anticipo incassi) ed è principalmente rivolto alla produzione

Previsto sistema di sostegno alle sale cinematografiche

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Sostegno pubblico al cinema in ITALIA

La legge di riferimento è il c.d. Decreto Urbani e cioè il

Decreto Legislativo 22 Gennaio 2004 n. 28Riforma della disciplina in materia di attività

cinematografiche (qui di seguito:“Legge”)

e i decreti di attuazione che specificano i parametri tecnici e i requisiti formali di accesso ai

finanziamenti pubblici andrea piqué 32

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La Legge riconosce il cinema quale attività di rilevante interesse generale, in quanto “fondamentale mezzo di espressione artistica, di formazione culturale e di comunicazione sociale”, anche in considerazione della sua importanza economica e industriale.

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Scopo della Legge è favorire lo sviluppo dell’industria cinematografica nei suoi diversi settori: valorizzazione del cinema nazionale, con particolare riguardo ai film di interesse culturale, tutela del diritto di autore, conservazione del patrimonio filmico, promozione di attività di studio e ricerca.

Autorità competente è il Ministero per i beni e le attività culturali, che opera attraverso la Direzione Generale per il Cinema.

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Presso la Direzione Generale per il Cinema sono istituite le seguenti commissioni (www.cinema.beniculturali.it) :

1. Consulta per lo spettacolo - sezione cinema (esprime pareri sui criteri di attribuzione dei contributi)

2. Giuria per i premi di qualità (valuta i film concorrenti alla attribuzione dei premi di qualità)

3. Commissione per la cinematografia per il riconoscimento dell’interesse culturale, per la promozione e per i film d’essai

4. Consulta territoriale (adotta il programma triennale per l’individuazione degli obiettivi e delle aree di intervento)

5. Commissione per la revisione cinematografica (c.d. censura)

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L’intervento dello Stato Italiano si rivolge all’ insieme delle attività che, partendo dalla creazione dell’opera cinematografica e passando attraverso la produzione e la distribuzione , arrivano alla fase di fruizione del film nelle sale cinematografiche.

In armonia con le leggi europee, ai fini della concessione dei benefici viene attribuito maggior riguardo alla fase di produzione.

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I BENEFICI DELLA LEGGE ITALIANA

L’intervento dello Stato Italiano a sostegno del cinema consiste in :• Premi di qualità (per i lungometraggi aventi particolari qualità artistiche e culturali

riconosciute da una apposita giuria con attestato di qualità) • Contributi di incentivo (in percentuale rispetto agli incassi lordi nelle sale

cinematografiche realizzati nei primi 18 mesi di programmazione) per le imprese di produzione finalizzati, in particolare, all’ammortamento dei mutui contratti per la produzione dell’opera

• Contributi (a fondo perduto, per abbattimento tasso di interesse dei mutui) e finanziamenti (mutui, di durata triennale, subordinati al reperimento delle residue risorse finanziarie per la produzione del film) erogati attraverso il FUS (Fondo Unico Spettacolo) istituito presso il Ministero, per la produzione, la distribuzione, l’esercizio, e le industrie tecniche

• Aiuti indiretti tramite enti pubblici (Cinecittà, Istituto Luce, ecc.) • Agevolazioni fiscali e finanziarie (contratti a imposta fissa di registro, ecc.)

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TAX CREDIT E TAX SHELTER

Sono le principali agevolazioni fiscali, disciplinate da due decreti del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali in data 7 maggio 2009. Destinatari delle agevolazioni fiscali sono le imprese di produzione cinematografica.

TAX CREDIT è un diritto al credito d’imposta in misura pari al quindici per cento del costo complessivo della produzione.

Per TAX SHELTER si intende la detassazione (cioè l’esclusione dal reddito imponibile ai fini delle imposte dirette) degli utili accantonati dalle imprese di produzione cinematografica e successivamente reinvestiti nella produzione di altre opere cinematografiche.

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Requisito essenziale per l’ammissione di un film ai benefici di legge è la realizzazione di un’opera dell’ingegno, la sua destinazione al pubblico prioritariamente nelle sale cinematografiche, il riconoscimento della NAZIONALITA’ ITALIANA e la presenza di “qualità culturali o artistiche o spettacolari oltre ad adeguati requisiti di idoneità tecnica” (art. 9 Legge).

Il riconoscimento della nazionalità italiana viene concesso dal Ministero se:

1. L’impresa cinematografica ha sede legale e domicilio fiscale in Italia 2. Il film è stato o sarà realizzato con componenti artistiche e tecniche

in prevalenza italiane (regista, autore del soggetto, sceneggiatore, ripresa sonora, troupe di nazionalità italiana, almeno il 30% della spesa realizzata in Italia e inoltre la maggioranza italiana di altre componenti artistiche: interpreti, autore musica, scenografo, uso di teatri di posa italiani, ecc.)

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Ai fini della misura dei benefici la Legge distingue tra lungometraggio (durata sup. a 75 minuti), cortometraggio (durata inf. a 75 minuti), film di animazione, film di interesse culturale e film d’essai (es. per lungometraggi di interesse culturale: mutuo triennale in misura non sup. al 50% del costo di produzione e fino al 90% per le opere prime e seconde, per i cortometraggi di interesse culturale: mutuo fino al 100%)

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Per film di interesse culturale si intende il film italiano che … corrisponde ad un interesse culturale nazionale in quanto presenta significative qualità culturali o artistiche o eccezionali qualità spettacolari.

Per film d’essai si intende il film espressione, anche di cinematografie nazionali meno conosciute, che contribuisca alla diffusione della cultura cinematografica ed alla conoscenza di correnti e tecniche di espressione sperimentali.

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La Legge ha introdotto il cosiddetto “reference system” nella valutazione dei soggetti e dei progetti oggetto di esame da parte delle commissioni per la concessione dei benefici di legge. Viene attribuito un punteggio all’impresa di produzione o al progetto filmico sulla base del curriculum del produttore o dall’autore secondo parametri di qualità (premi vinti) e (per il produttore) di capacità e stabilità commerciale.

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Vantaggi del reference system

1. Limitata discrezionalità nel giudizio delle commissioni esaminatrici

2. Maggiore celerità e trasparenza nella concessione del finanziamento

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La Legge prevede altresì contributi in conto interessi per mutui e locazione finanziaria (c.d. leasing) per la realizzazione e ristrutturazione di sale cinematografiche nonché mutui decennali a tasso agevolato o contributi in conto interessi a favore delle industrie tecniche (teatri di posa, stabilimenti di sviluppo e stampa, ecc.).

La Legge prevede infine contributi per attività

di promozione delle attività cinematografiche (manifestazioni, festival, ecc.)

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FILM COMMISSION Sono organizzazioni territoriali, istituite da leggi

regionali come fondazioni a partecipazione pubblica (Regione, Provincia, Comune), che offrono consulenza ed assistenza gratuita a tutti gli operatori dell’industria cinematografica, televisiva, pubblicitaria e multimediale che scelgono di realizzare le proprie produzioni sul loro territorio di riferimento. Il loro compito è attirare il maggior numero possibile di produzioni italiane e straniere, contribuendo alla promozione turistica del territorio.

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In particolare le Film Commission offrono: Assistenza e facilitazione per le procedure

amministrative di rilascio di permessi e autorizzazioni per girare sul suolo pubblico o all’interno di edifici pubblici o sotto tutela della Soprintendenza.

Agevolazione nelle trattative con le aziende di utilities in genere (fornitori energia elettrica, aziende trasporti pubblici, servizi igiene ambientale, ecc.).

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Collaborazione con istituzioni locali, categorie economiche e imprenditoria privata per l’ottenimento di tariffe agevolate nel campo dell’ospitalità e della ristorazione.

Assistenza nella ricerca di personale artistico e tecnico reperibile in loco e di società di servizi (noleggio attrezzature tecniche, ditte di costruzioni/allestimenti scenografici, casting, guardiania, post produzione, ecc.).

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Assistenza nella individuazione delle locations.

Rapporti con la stampa locale. Assistenza nell’ottenimento di incentivi

locali alla produzione. La maggior parte delle film commission

sono a livello regionale; in alcune città sono state costituite film commission di ambito comunale (Roma, Bologna, Portofino, Siracusa, Catania, ecc.)

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Cos’è la SIAEE’ un ente pubblico a base associativa che:• Esercita attività di concessione, per conto

e nell’interesse degli aventi diritto, di licenze ed autorizzazioni per l’utilizzazione di opere tutelate

• Percepisce i proventi derivanti da tali licenze ed autorizzazioni

• Ripartisce i proventi tra gli aventi diritto

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La SIAE nasce come Ente morale nel 1882 con il compito di percepire i proventi dei biglietti di opere teatrali e musicali.

Opera sotto la vigilanza del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali. Suoi organi sono l’Assemblea di 64 membri e un Consiglio di Amministrazione (8 membri e un Presidente).

La SIAE cura il Pubblico Registro Cinematografico (deposito delle opere cinematografiche ai fini della tutela del diritto di autore)

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Riproduzione abusiva di un’opera cinematografica

E’ reato (Decreto Legislativo 21 maggio 2004, n.128) punito con sanzione amministrativa e nei casi più gravi con la reclusione, a condizione che il fatto sia commesso per uso non personale e al fine di trarne profitto. Non costituisce quindi reato scaricare una copia per uso personale da Internet (c.d. file sharing)

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Parleremo in questa seconda parte

dell’evoluzione del sistema radiotelevisivo in Italia attraverso le leggi e le sentenze che l’hanno contrassegnato. Si accennerà infine alla disciplina della pubblicità commerciale con particolare riguardo ai sistemi di controllo e alle norme più significative.

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La storia dell’ordinamento radiotelevisivo italiano inizia nel 1923 quando con Regio Decreto viene stabilita la riserva allo Stato, con possibilità di concessioni, del servizio di radiodiffusione e arriva al 2005 con la pubblicazione del c.d. Testo Unico della Radiotelevisione, che riproduce in gran parte le norme contenute nella Legge Gasparri (Legge 3 maggio 2004 n. 112)

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E’ la storia complessa e singolare di un settore, dove:• Le sentenze della Corte Costituzionale hanno avuto un

ruolo determinante nell’evoluzione normativa • Le leggi , più che riformare, hanno piuttosto mirato a

legittimare la situazione di fatto preesistente • La politica ha pesato di più che in altri settori• Le normative comunitarie hanno pesato di meno che in

altri settori• A dispetto di norme antimonopolistiche (limiti a posizioni

dominanti) e costituzionali (pluralismo ex art. 21 Cost.) si è passati dalla legittimazione di una situazione di monopolio a quella di un duopolio

• La continua riforma degli organi di controllo ha seriamente limitato la loro capacità di intervento

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1923. Nasce il regime di riserva allo Stato delle frequenze radiofoniche.

1924. Il servizio di radiofonia viene dato in concessione alla URI (Unione Radiofonica Italiana) poi denominata EIAR (Ente Italiano per le audizioni radiofoniche), sostituita nel 1944 dalla RAI (Radio Audizioni Italia), a capitale privato (SIP).

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1923-1947. Il controllo dello Stato viene all’inizio esercitato dal Ministero delle Comunicazioni (tramite il Comitato Superiore di Vigilanza sulle radio diffusioni), poi sostituito in epoca fascista dal Ministero per la Stampa e la Propaganda, e infine nel dopoguerra dal nuovo Ministero delle Poste e Telecomunicazioni.

1952. Viene sottoscritta una nuova convenzione in regime di monopolio tra Governo e RAI, che diventa di proprietà pubblica (IRI).

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1960. Prima sentenza (n. 59) della Corte Costituzionale che riconosce la legittimità del monopolio statale in materia di emittenza radiotelevisiva invocando l’art. 43 della Costituzione (che recita: “A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”).

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Le motivazioni adottate dalla Corte nel 1960 per giustificare la riserva allo Stato del servizio radio televisivo sono sostanzialmente due:

1. Limitatezza dei canali TV disponibili2. “L’ingresso dei privati nell’etere sarebbe

privilegio di pochi” (pericolo di insorgenza di situazioni monopolistiche e oligopolistiche)

La Corte afferma altresì il principio secondo cui la libertà di manifestazione del pensiero sancita dall’art. 21 della Costituzione non comporta automaticamente il diritto ad esercitare tale libertà con ogni mezzo.

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1974. Con due sentenze (n.225 e n.226) pronunciate quasi contemporaneamente la Corte Costituzionale dichiara che:

1. È incostituzionale la riserva allo Stato in materia di emittenza televisiva relativamente alla ripetizione in Italia di programmi radiotelevisivi irradiati da emittenti estere

2. È incostituzionale la riserva allo Stato in materia di emittenza televisiva via cavo in ambito locale

3. È costituzionalmente legittima la riserva allo Stato in materia di emittenza televisiva in ambito nazionale

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Secondo la Corte le ragioni che giustificano il monopolio dello Stato in materia di emittenza televisiva su base nazionale (limitatezza dei canali TV disponibili e necessità di ingenti risorse economiche per l’avvio dell’attività) non sussistono nel caso della ripetizione in Italia di trasmissioni estere (che non operano su frequenze italiane) e dell’installazione di impianti via cavo su base locale (che operano su canali i quali non interferiscono con quelli nazionali)

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Le due decisioni del 1974 della Corte Costituzionale sono importanti non solo per aver messo in discussione per la prima volta il monopolio pubblico nel settore radiotelevisivo ma anche per aver influenzato l’evoluzione successiva del sistema radiotelevisivo per le seguenti ragioni :

1. L’aver dichiarato la legittimità dei programmi televisivi trasmessi in ambito locale da privati via cavo sul presupposto tecnico errato che la TV via cavo potesse essere solo “monocanale”, cioè suscettibile di istradare una sola trasmissione, ha portato ad un ritardo tuttora esistente nell’espansione della TV via cavo in Italia (per il carattere non remunerativo di un investimento consistente nella posa di una rete di cavi coassiali di rame per un solo programma).

2. I giudici hanno indicato i criteri fondamentali per una nuova legge sul sistema radiotelevisivo. Sono i famosi cinque “comandamenti”.

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I cinque “comandamenti” della Corte Costituzionale1. Indipendenza del servizio pubblico dall’esecutivo e

parlamentarizzazione dei poteri di indirizzo e controllo (che porterà alla lottizzazione politica della RAI)

2. Obbligo istituzionale di obiettività dell’informazione (imparzialità e molteplicità delle fonti)

3. Obbligo di garantire il pluralismo informativo e culturale (anche attraverso il decentramento regionale)

4. Diritto di accesso in favore dei gruppi politici, religiosi, culturali e comunque socialmente rilevanti

5. Riconoscimento del diritto di rettifica in radio e TV (analogo a quello esistente per la carta stampata)

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I cinque comandamenti verranno accolti dalla Legge 14 aprile 1975 n. 103 (“nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva”) che istituisce la commissione parlamentare di vigilanza, conferma il monopolio statale radio/TV a livello nazionale via etere e disciplina le trasmissioni via cavo monocanale e quelle provenienti dall’estero. Obiettivo della Legge n. 103 è quello di rafforzare la RAI come ente pubblico, portavoce degli interessi e delle esigenze di tutti i cittadini, a bilanciamento della presenza di operatori privati nel settore radiotelevisivo. Aumenta l’influenza dei partiti politici sulla RAI.

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1976. La Corte Costituzionale con sentenza n. 202 dichiara l’illegittimità del monopolio statale televisivo via etere in ambito locale.

La Corte giustifica tale apertura con la considerazione che a livello locale le frequenze sono ampiamente disponibili, non c’è rischio di monopolio od oligopolio e comunque già operano molte emittenti locali.

La Corte conferma tuttavia la legittimità del monopolio statale radio/TV su scala nazionale, osservando che “esso costituisce un servizio pubblico essenziale e di preminente interesse generale”.

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La sentenza n. 202 del 1976 porta alla crescita rapida e considerevole di emittenti radio e televisive private su tutto il territorio nazionale che nessuna autorità può fermare in mancanza di un preciso quadro normativo di riferimento (che avrebbe dovuto disciplinare il diritto dei privati a diffondere trasmissioni via etere in ambito locale).

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Al fine di aggirare il monopolio statale via etere a livello nazionale le emittenti locali più forti si consorziano attraverso una rete che opera in tutto il paese. Nasce il Network (i consorziati locali vendono il tempo di trasmissione al gestore del Network il quale cede loro programmi aggiungendoci la pubblicità sulla quale fa profitto).

Con il metodo della interconnessione funzionale (detta anche per “cassetta”) le Tv private (superando il problema tecnico del monopolio pubblico dei ponti radio) cominciano a diffondere gli stessi programmi (pre-registrati) nello stesso momento su tutto il territorio nazionale.

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Nasce cosi nel 1980 Canale 5 (con 11 stazioni locali connesse in network).

Nel 1981 la Corte Costituzionale con sentenza n. 148, nel riaffermare il monopolio nazionale dello Stato via etere, ammette che le ragioni che lo giustificano potrebbero venir meno in presenza di una adeguata normativa antitrust.

Nel 1982-84 si formano i networks di Italia 1 e Rete quattro, i quali, in seguito a vari passaggi di proprietà, entreranno a fare parte dello stesso gruppo societario di Canale 5.

Si passa da un monopolio di diritto a un duopolio di fatto.

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In tale situazione di assoluta incertezza normativa, in data 13 , 15 e 16 Ottobre 1984 i Pretori di Torino, Napoli e Pescara ordinano il sequestro penale degli impianti operanti in interconnessione dei networks Rete quattro e Canale 5, perché in violazione della Legge n. 103 del 1975 che sancisce il monopolio statale delle trasmissioni via etere a livello nazionale.

In risposta all’azione dei Pretori le emittenti interessate oscurano a loro volta i loro programmi esercitando una forte pressione sull’opinione pubblica convinta che l’oscuramento totale sia una conseguenza dell’azione dei magistrati.

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La strategia delle emittenti private ha successo e porta alla pubblicazione della Legge n. 10 del 1985, (c.d. decreto “Berlusconi bis” o “Berlusconi - Agnes”) la quale da un lato salva i networks consentendo loro di operare, anche se in via provvisoria, su scala nazionale tramite il sistema di trasmissione via interconnessione funzionale per cassetta, dall’altro interviene per riformare l’organizzazione della RAI dotandola di maggiore autonomia gestionale (aumentando i poteri del Direttore Generale e ridimensionando quelli dei 16 membri del Consiglio di Amministrazione [CDA] tutti nominati dalla Commissione Parlamentare di vigilanza). La Legge n.10/1985 non contiene norme antitrust, disattendendo così la sentenza della Corte Cost. n. 148 del 1981.

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Si viene cosi affermando prima in via di fatto e poi in via di diritto il sistema radiotelevisivo misto in cui l’iniziativa privata e pubblica convivono.

Con sentenza n. 826 del 1988 la Corte Costituzionale interviene di nuovo sulla questione radiotelevisiva, invitando il legislatore a regolamentare in via definitiva la materia.

La definitiva consacrazione del sistema misto avviene con la Legge n. 223 del 1990 (Legge Mammì) la quale introduce per la prima volta norme antitrust nel sistema radiotelevisivo prevedendo limiti alla concentrazione in un solo soggetto di reti TV (non più di 3 reti su scala nazionale o non più di 2 reti nazionali se si è presenti nel mercato della carta stampata).

La Legge Mammì è stata chiamata “legge fotocopia” perché si è limitata a legittimare la situazione esistente nel sistema radiotelevisivo. La Legge Mammì ha comunque il merito di affrontare tre nuovi argomenti e cioè i limiti antitrust, il Garante e la Direttiva TV senza frontiere.

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1° novità della Legge MammìIstituzione del Garante per la radiodiffusione e

l’editoria • Organo monocratico (una sola persona) • Compiti di garanzia e trasparenza• Gli è affidata la tenuta del Registro nazionale

della stampa e delle imprese radiotelevisive• Poteri ispettivi e di vigilanza• Controllo sul contenuto della pubblicità

commerciale e sul tetto pubblicitario

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Il Garante nasce per contrastare la lottizzazione della RAI, prodotta dalla Legge del 1975, ma la mancanza di un coordinamento con la Commissione Parlamentare di Vigilanza rende di fatto difficile il suo operare. Si avverte inoltre da parte delle forze politiche il problema della concentrazione di tutti i poteri di vigilanza in una sola persona. Comincia quindi a farsi strada la proposta di trasformare il Garante da organo monocratico a collegiale. Ciò avverrà con l’istituzione, introdotta dalla legge n. 249 del 1997, dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.

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2° novità della Legge MammìIntroduzione di una disciplina antitrust

Obiettivo: prevenire e reprimere la costituzione di posizioni dominanti nel settore radiotelevisivo che, data la potenza del mezzo di diffusione, possono influenzare in maniera rilevante l’opinione pubblica. Di fatto la Legge Mammì ratifica la situazione esistente, legittimando il duopolio RAI - Mediaset.

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Il referendum popolare tenutosi nel 1995 per l’abrogazione parziale della Legge Mammì porta alla conferma della norma che ratifica il duopolio televisivo.

Le condizioni per chi è anche editore della carta stampata rimangono fissate come segue:

• 2 concessioni Radio TV se si detiene meno dell’8 % della carta stampata (tiratura quotidiani nazionali) [e 3 concessioni se non si detiene carta stampata]

• 1 concessione Radio TV se si supera l’8% della carta stampata• 0 concessioni Radio TV se si supera il 16% della carta stampata La norma della Legge Mammì che consente ad un solo soggetto di

possedere fino a 3 reti TV era stata dichiarata incostituzionale con sentenza n. 420 del 1994 per contrasto con il principio fondamentale del pluralismo nel settore dell’informazione; ma la sentenza non avrà alcun effetto pratico in quanto la Corte consentirà ai titolari di concessioni già autorizzate di continuare ad operare.

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3° novità della Legge MammìRecepimento della Direttiva TV senza frontiere

(Direttiva 89/552/CEE) la quale in sintesi prevede:

• Divieto, a tutela dei minori, di trasmissioni con scene di violenza gratuita o pornografiche

• Principio della riconoscibilità della pubblicità commerciale

• Disciplina degli affollamenti pubblicitari (no pubblicità durante i telegiornali, una sola interruzione pubblicitaria dei film ogni 45 minuti, ecc.)

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Per il suo carattere permissivo, per la sua lacunosità ( nulla si dice sulla TV via cavo, via satellite, via pay tv, sul digitale terrestre), per la difficoltà tecnica di attuare molte delle sue disposizioni di legge (in mancanza di un piano nazionale delle frequenze) la Legge Mammì rimane in buona parte inapplicata.

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1993. Con Legge n. 206 (nota come “leggina antilottizzazione”) successivamente modificata nel 1996, si provvede ad un riordino degli organi RAI per rendere il servizio pubblico televisivo più competitivo rispetto ai networks. Il Consiglio di Amministrazione [CDA] è nominato dai Presidenti delle Camere e non più dalla Commissione Parlamentare di Vigilanza, il numero dei Consiglieri RAI è ridotto da 16 a 5. Nasce la “RAI dei Professori”, guidata da persone indipendenti e di riconosciuto prestigio professionale. A parte una norma transitoria per autorizzare le emittenti private esistenti, si rinvia tutto il resto ad una legge che dovrà riordinare interamente il sistema radiotelevisivo. Questa legge rappresenta comunque il primo progetto organico di riforma del servizio pubblico televisivo. Nel 1993 con il c.d. decreto salva – Rai si provvede altresì a sanare il deficit finanziario della RAI.

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1997. Con Legge n. 249 (Legge Maccanico) si introducono nuovi limiti antitrust. La Legge prevede che uno stesso soggetto non possa detenere più del 20% dei canali televisivi terrestri (analogici) e neppure superare il 30% delle risorse economiche complessive del sistema radiotelevisivo (canone RAI, pubblicità, ecc). Conseguentemente viene disposta la destinazione sul satellite di Rete quattro e l’eliminazione della pubblicità da RAI Tre ma a tutt’oggi queste disposizioni non sono state attuate. Con la stessa Legge viene istituita l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) che insieme al Ministero delle Comunicazioni e alla Commissione parlamentare di vigilanza svolgerà il ruolo di garante del sistema radiotelevisivo.

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2004. Entra in vigore la Legge n. 112 del 3 maggio 2004: “Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI nonché delega al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione”:

c. d. Legge Gasparri Le norme sul sistema radiotelevisivo sono state

successivamente riunite con Decreto Legislativo 31 Luglio 2005 n. 177 in un unico corpo normativo costituente il “Testo Unico della radiotelevisione” che incorpora i principi e le regole della Legge Gasparri.

La Legge Gasparri ha avuto un iter legislativo complesso.

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l punti salienti della Legge Gasparri• Introduzione del Sistema Integrato delle Comunicazioni (SIC).• Il SIC comprende i mercati della stampa, editoria, cinema,

televisione, radio, internet, pubblicità.• Uno stesso soggetto non può costituire una posizione

dominante all’interno dei mercati rilevanti che compongono il SIC.

• Uno stesso soggetto non può conseguire ricavi superiori al 20 % delle risorse complessive del SIC (rispetto al 30 % della Legge Maccanico). I ricavi sono le risorse derivanti dal canone, dalla pubblicità, dalle sponsorizzazioni, dagli abbonamenti , ecc.

• Uno stesso soggetto non può irradiare più del 20% dei programmi televisivi trasmessi su frequenze terrestri (analogico e digitale).

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l punti salienti della Legge Gasparri• La garanzia della libertà e del pluralismo dei

mezzi di comunicazione televisiva è il principio fondamentale del sistema radiotelevisivo.

• La legge enuncia i principi a garanzia degli utenti, a tutela dei minori nella programmazione televisiva, a salvaguardia del pluralismo e della concorrenza del sistema radiotelevisivo (previsione di differenti titoli abilitativi per lo svolgimento di attività nel settore radiotelevisivo), a tutela dell’informazione radiotelevisiva e di valorizzazione dell’emittenza locale.

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l punti salienti della legge Gasparri Passaggio dalla TV analogica al digitale

entro il 2006 (rinviato al 2012 per tutto il territorio nazionale). Tutte le emittenti in tecnica analogica esistenti possono comunque continuare a trasmettere, in via provvisoria, sino all’attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze televisive in tecnica digitale.

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l punti salienti della legge Gasparri• Definizione dei compiti del servizio pubblico

generale radiotelevisivo da svolgersi sotto il controllo dell’ Agcom.

• Riforma della RAI (avvio del processo di privatizzazione).

• CDA RAI di 9 membri, di cui 7 nominati dalla Commissione parlamentare di vigilanza, 2 dal socio di maggioranza (Ministero dell’Economia) e il Presidente RAI nominato dal CDA su parere espresso a maggioranza di due terzi dalla Commissione parlamentare di vigilanza.

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Le critiche alla Legge Gasparri • I limiti antitrust al possesso di reti televisive sono di fatto stati innalzati (il

limite per i ricavi è salito in valore assoluto da 12 miliardi a 26 miliardi di Euro). La Legge preserva la situazione di duopolio esistente e non assicura il pluralismo.

• Viene favorita la pubblicità televisiva a danno di quella sulla stampa (innalzamento del limite orario di affollamento pubblicitario televisivo dal 20% al 25%, esclusione delle telepromozioni e delle televendite dal conteggio del limite orario).

• Le norme di garanzia sono per la maggior parte dichiarazioni di principio che, in mancanza di una specifica regolamentazione, sono destinate a rimanere sulla carta.

• Ritorno alla lottizzazione nel CDA RAI.• Non esiste alcun limite all’attività di raccolta pubblicitaria. • La distinzione dei ruoli tra operatore di rete, fornitore di servizi, fornitore di

contenuti crea da un lato un sistema complesso di autorizzazioni e licenze, dall’altro, non prevedendo la separazione proprietaria tra imprese esercenti le vari attività, preserva anche in questo caso la situazione esistente.

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CENNI SUGLI ORGANI DI CONTROLLO DEL SISTEMA RADIOTELEVISIVO

Commissione Parlamentare di Vigilanza Istituita nel 1975 per rafforzare il controllo del Parlamento

rispetto a quello del Governo sul sistema radiotelevisivo garantendo cosi il pluralismo politico, culturale, religioso.

E’composta da 40 membri designati pariteticamente dai Presidenti delle Camere sulla base delle segnalazioni dei gruppi parlamentari (secondo il principio proporzionale)

Ha funzione di indirizzo e controllo sulla RAI Nomina 7 consiglieri RAI su 9 e, con la maggioranza dei due

terzi, si esprime sulla scelta del Presidente della RAI nominato dal CDA

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Ministero delle comunicazioni Rilascia concessioni, licenze,

autorizzazioni Controlla il mercato Provvede al piano nazionale di

ripartizione delle frequenze

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Autorità per le garanzie nelle comunicazioni Istituita nel 1997 sito web www.agcom.it Organo collegiale Autorità amministrativa indipendente Ha potere di vigilanza sull’intero sistema radiotelevisivo Ha potere normativo (emana regolamenti) Ha potere istruttorio e sanzionatorio (sopratutto in

materia antitrust) Vigila sul rispetto della par condicio da parte delle

emittenti private (mentre la Commissione parlamentare vigila sul rispetto della par condicio da parte della RAI)

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Par condicio Principio secondo il quale tutti i soggetti politici

hanno pari opportunità di esprimersi e di essere ascoltati, attraverso i mezzi di comunicazione, a prescindere dal peso elettorale.

La Legge (n. 28 del 2000) intende tutelare il diritto del cittadino a ricevere messaggi politici differenziati e di formare liberamente i suoi convincimenti politici sopratutto nel periodo precedente una consultazione elettorale.

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Le norme più salienti della par condicio Obbligo da parte di tutte le emittenti

radiotelevisive di assicurare l’accesso all’informazione e alla comunicazione politica a tutte le forze politiche con imparzialità ed equità.

Divieto di spot politici sia in campagna elettorale che fuori. Ammessi gli spazi autogestiti secondo precise regole.

Divieto di diffusione di sondaggi sulle intenzioni di voto nei 15 giorni precedenti la consultazione elettorale.

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Con regolamento approvato il 9 Febbraio 2010 la Commissione Parlamentare di Vigilanza RAI ha stabilito che, nel mese precedente la consultazione elettorale, le tribune politiche sono collocate negli spazi radiotelevisivi che ospitano le trasmissione di approfondimento. In altre parole, i talk show dovranno scegliere se conformarsi alle rigide regole della par condicio (divisione paritaria degli spazi tra i partiti) o sospendere le trasmissioni per far spazio alle tribune politiche o non occuparsi di politica. Il regolamento è stato esteso alle tv private dall’Agcm.

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Cenni sulla normativa comunitaria La normativa comunitaria ha avuto scarsa rilevanza

nell’evoluzione della disciplina italiana del sistema radiotelevisivo. Non potendo entrare in materie di competenza di uno Stato membro (come le norme a salvaguardia del pluralismo dell’informazione) la normativa comunitaria si è limitata a disciplinare alcuni aspetti “marginali” quali il divieto di ostacolare la ricezione di emittenti estere e la pubblicità televisiva. La situazione sta tuttavia cambiando. Al fine di facilitare la realizzazione di uno spazio unico dell’informazione e dei servizi audiovisivi e quindi l’emanazione di una normativa minima comune tra gli Stati membri, il Parlamento Europeo e il Consiglio dell’Unione Europea hanno intensificato i loro interventi di regolamentazione del settore, con particolare riferimento all’introduzione di nuove tecnologie (internet, tv satellitare, ecc.).

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La normativa comunitaria di riferimento è la Direttiva 89/552/CEE modificata dalla Direttiva 97/36/CE e successivamente dalla Direttiva 07/65/CE relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive (nota come Direttiva “Televisione senza frontiere”)

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l punti salienti della Direttiva TV senza frontiere Obbligo del paese di origine (del servizio audiovisivo) di controllare la conformità delle

trasmissioni alle sue normative nazionali e di assicurare la libertà di ricezione di trasmissioni televisive estere.

Riserva ad opere di produzione europea della maggior parte del tempo di trasmissione. Divieto di trasmissione in TV di film prima di 2 anni dalla prima proiezione nell’Unione

Europea (o 1 anno se il film è coprodotto dall’emittente televisiva) . Divieto della pubblicità subliminale e clandestina (la pubblicità deve essere riconosciuta

in quanto tale). Interruzione di film in TV soltanto una volta ogni 30 minuti da pubblicità e/o televendite. Divieto pubblicità tabacco, medicinali con ricetta medica. Restrizioni alla pubblicità delle bevande alcoliche e a messaggi indirizzati ai minori. Affollamento pubblicitario (spot + televendita): non superiore al 20% per ora d’orologio. Diritto di rettifica per ogni persona lesa a seguito affermazione resa in un programma tv. Istituzione di un comitato di contatto per l’attuazione della Direttiva. Disciplina dell’inserimento di prodotti nei film e nei programmi televisivi (c.d. product

placement).

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Gli organi che giudicano la correttezza e la veridicità della pubblicità commerciale sono :

Autorità Giudiziaria Ordinaria (AGO) Autorità Garante della concorrenza e del

mercato,c.d. Autorità Antitrust o AGCM (www.agcm.it)

Giurì di Autodisciplina, organo dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (www.iap.it)

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Il Giuri è un arbitro , non è un organo dello Stato; decide sulla base di un codice privato che si applica solo a coloro che vi aderiscono volontariamente; la sua decisione è definitiva (non è appellabile).

L’Autorità Garante e il Giudice Ordinario (Tribunale Civile) sono organi dello Stato che pronunciano decisioni impugnabili rispettivamente innanzi al TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) Lazio o alla Corte di Appello competente per territorio.

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Chi può contestare la pubblicità:

Il concorrenteIl consumatore

L’associazione dei consumatoriL’autorità di controllo (AGCM o il Comitato

di controllo, organo inquirente dell’Istituto di Autodisciplina

Pubblicitaria)

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La pubblicità può essere contestata sulla base delle seguenti norme:

Codice civile, davanti all’AGO (Magistratura Ordinaria)

Codice di autodisciplina pubblicitaria , davanti al Giurì

Codice del Consumo ( Decreto Legislativo 206/2005) davanti all’AGCM

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Il codice civile riguarda soprattutto i casi di pubblicità sleale cioè lesiva degli interessi di un concorrente ( per denigrazione, appropriazione di pregi altrui, ecc.).

Il codice di autodisciplina riguarda ogni ipotesi di pubblicità: menzognera, ingannevole, sleale, comparativa, volgare, imitativa.

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Il CODICE DEL CONSUMO

prevede il divieto delle pratiche commerciali scorrette, definite come quelle contrarie alla diligenza professionale, false o idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio. Le pratiche commerciali scorrette si distinguono in ingannevoli e aggressive.

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