ANCL SU Campania 04/2015

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n.04 2015 Centro Studi CAMPANIA "on. V. Mancini" ANCL SU

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La rivista bimestrale a cura del Centro Studi ANCL SU Campania

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n.042015

Centro Studi

CAMPANIA"on. V. Mancini"

ANCL SU

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Centro Studi ANCL SU Campania

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Centro Studi ANCL SU Campania

In questo numero

Un anno di informazione........................................................................................................................................................................................3di Anna Maria Granata

Un prezioso bagaglio................................................................................................................................................................................................4di Stefano Ussano

Più apprendistato per tutti......................................................................................................................................................................................7di Rino Gargano

Il controllo dei lavoratori e l'art. 4 della. L 300/70......................................................................................................................................10di Sabrina Cuomo

Le CO.CO.CO dopo il d.lgs. n 81/2015................................................................................................................................................................13di Isabella Vollero

La riforma delle mansioni....................................................................................................................................................................................16di Luigi Fiamma

In primis persone.....................................................................................................................................................................................................18di Lucia Gargiulo

Il nuovo part time nel d.lgs. 81/2015...............................................................................................................................................................20di Gennaro Salzano

Le ASD – particolarità fiscali e contributive … e vigilanza....................................................................................................................23di Andrea Cascione

Dichiarazioni dei redditi e controlli..................................................................................................................................................................27di Luigi Carbonelli

Ferie non godute, chi versa i contributi entro il 20/8?..........................................................................................................................29di Antonio Barbato

L'angolo delle FAQ.....................................................................................................................................................................................................32di Vincenza Russo

Chiuso in redazione il 31 luglio 2015

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Un anno di informazione

Un anno di informazionedi Anna Maria Granata

uesto numero è particolarmente significativo per Noi. Avremmo bisogno di riempire molte più pagine per

raccontare un anno intenso ed avvincente. Un anno di intraprendenze e di coraggio, un anno di risultati

positivi che hanno promosso un'iniziativa nata dalla necessità di ideare un alternativa... una nuova realtà! Un

anno di emozioni... di soddisfazioni... in cui Voi lettori avete trasmesso alla redazione, quella carica positiva da

poter dirigere la Nostra e la Vostra “Informazione” a quei risultati meritati.

Q

L'Informazione bimestrale ringrazia Tutti Voi…! Ogni Vostra Piccola attenzione... ogni piccolo interesse, è la nostra

linfa per continuare a regalarci emozioni!!!

O scegliete mete balneari o Vi rifugiate in montagna, l'informazione bimestrale è sempre lì a farVi compagnia!

La distribuzione capillare, conferma la Nostra presenza più che mai! Cultura, dossier e tanti contributi

professionali, non manca nient'altro!

Buona lettura!

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Un prezioso bagaglio...

Un prezioso bagaglio...di Stefano Ussano

er quanto potesse sembrare arduo sono qui, una giornata afosa, nello studio dell’Avvocato Maurizio De

Tilla, presidente A.N.A.I. (Associazione Nazionale Avvocati Italiani, C.U.P.(Comitato Unitario delle Professioni)

Napoli e del Comitato Scienze e diritti della Fondazione Umberto Veronesi, componente della lega Italiana dei

Diritti dell’uomo, mi accoglie con un cordiale sorriso mettendomi a mio agio. Uno sguardo allegro, occhi vispi

pronti a interrogarsi, risolvere, consigliare, a scherzare e a mettere a proprio agio l’interlocutore. Una

lunghissima esperienza professionale e dirigenziale dalla Presidenza della Cassa Nazionale Forense, all’

A.d.E.P.P., dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, dell’Istituto Italiano di Cultura Forense e della Commissione

Europea degli Ordini Forensi del Mediterraneo. Tanti saggi, libri tantissimi. Non sono solo, con me è presente la

Dott. Anna Maria Granata, Presidente dell’A.N.C.L. SU Campania, Segretario Regionale di CON FPROFESSIONI

Campania, portavoce di Noi giovani professionisti, che come per magia scompare lasciandomi solo con il

Presidente De Tilla per l’intervista. Mi trovo di fronte: un grande professionista, un profondo conoscitore del

diritto, un’ autorevole guida… tutto questo costituisce un prezioso bagaglio culturale che ci viene offerto dalla

sua intervista!

P

A quali criteri devono essere improntati i rapporti tra il

CUP e il Sindacato Interprofessionale Conf-Professioni

Campania?

Non vi è alcun dubbio che i rapporti tra il mondo

ordinistico ed il mondo associativo sindacale (quello

che raccoglie gli iscritti agli albi) debba essere

improntato ad una effettiva e sinergica

collaborazione. Su diversi piani. La cura e tenuta degli

albi, il profilo deontologico, la rappresentanza

istituzionale è ovviamente degli Ordini. La

rappresentanza politica e gli interessi economici

spettano ai sindacati e alle associazioni. Nella

ripartizione dei compiti l’obiettivo è comune e

consiste nella difesa e tutela dell’indipendenza e

dell’autonomia delle professioni. Il CUP Napoli

(Associazione degli Ordini Professionali) raccoglie ben

24 Ordini professionali (tecnici, sanitari, giuridici,

contabili, etc.) ed è una forza traente e trascinante

delle professioni in Campania che si sta sviluppando

enormemente negli ultimi due anni e che conferisce

immagine adeguata ai professionisti napoletani

anche sul piano sociale. Sotto tale ultimo aspetto

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Un prezioso bagaglio...

auspico una forte cooperazione tra il CUP e Conf

Professioni Campania, discorso già avviato su alcuni

temi di vitale importanza, quali “Garanzia giovani”,

“Pari opportunità”, “Tariffe

professionali”, etc..

L’abolizione delle tariffe e dei

minimi degli onorari ha aggravato

la condizione lavorativa dei

professionisti? Cosa ne pensa?

I più danneggiati sono i giovani e le

colleghe. In via più generale il

succedersi degli interventi legislativi (a partire dalla

legge Bersani) ha posto i professionisti in una

condizione di dipendenza psicologica e materiale nei

confronti dei poteri economici che stanno profittando

delle pseudo-liberalizzazioni per ottenere condizioni

di favore che si concretizzano in convenzioni

vessatorie ed illegittime. In alcuni casi, i professionisti

non riescono nemmeno a coprire le spese degli

incarichi a loro affidati. Siamo in presenza di un vero e

proprio abuso del diritto che si sostanzia in atti che

contrastano con il dettato costituzionale che parla di

remunerazione giusta, equa ed adeguata del lavoro.

Dovremo, tutti assieme, reagire incrociando le braccia,

anche per far capire la portata essenziale delle

professioni nel contesto civile ed economico del

Paese. Senza l’apporto delle competenze e del sapere

professionale il Paese va alla deriva.

Gli appetiti dello Stato sono finalizzati ad acquisire i

cospicui patrimoni delle Casse professionali. Cosa si

deve fare per contrastare la fame dei pubblici poteri?

Certamente lo Stato italiano tende a colmare con

altre entrate il proprio deficit previdenziale

accumulato in decenni di “mala gestio” per

favoritismi, pensioni facili, false

invalidità e in genere provvedimenti

premiali verso chi non ne aveva

diritto. Dal momento della

privatizzazione ed a seguito

dell’allungamento delle proiezioni

attuariali (portate a 50 anni) la

patrimonializzazione delle Casse

private professionali italiane ha

superato i 60 miliardi di euro, con entrate annuali

superiori ad 8 miliardi ed attivi di bilancio equivalenti

almeno alla metà (quattromiliardi di euro).Il Fisco (e i

collegati enti previdenziali pubblici) non vedono l’ora

di mettere le mani sui patrimoni e le entrate private

seguendo una molteplicità di iniziative tutte

illegittime. La prima strada intrapresa è la doppia

imposizione che ha portato ad un sistema fiscale che

non esiste al mondo: tassare i rendimenti del

patrimonio, tassare senza sconto le pensioni. La

complessiva tassazione arriva anche a superare il 60

per cento. La seconda strada già intrapresa è quella

di imporre vincoli e limiti alla gestione delle Casse

professionali, violando i principi di autonomia e

indipendenza che costituiscono il nerbo della

avvenuta privatizzazione degli Enti (che prima erano

pubblici). La terza strada è quella di accorpare le

Casse facendole confluire nel calderone dell’Inps in

modo da compensare il forte deficit della previdenza

pubblica con gli attivi dei bilanci della previdenza

privata. Bisogna dire di no a tutte e tre le strade che

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Un prezioso bagaglio...

portano alla sostanziale espropriazione forzata ed

illegittima di un risparmio previdenziale privato che la

Costituzione tutela nella sua intangibilità.

Poche domande, ma una visione globale nelle sue risposte, soprattutto tantissima disponibilità verso noi giova-

ni professionisti. Mi colpisce la sua modalità di comunicazione da un tablet piccolo, infatti governa un sito nel

quale confluiscono circa 20 sedi periferiche che provvedono previo suo controllo ad aggiornare i 100 mila iscrit-

ti. In Lui, c’è la vivacità di dialogo e di adattamento a tutte le “diavolerie” come le chiama mia madre. Dalle sue

risposte traspare una forte approvazione per il lavoro di squadra, infatti come diceva Luccock, nessuno può

suonare una sinfonia, ci vuole un’intera orchestra per riprodurla. Anche perché il lavoro di squadra ha un’impor-

tanza strategica. Molte organizzazioni, dalla più piccola alle multinazionali, ricercano continuamente sugge-

rimenti, strategie e investono per migliorare l’efficienza del gruppo di lavoro, dei team. Ringrazio profondamente

l’Avv. Maurizio de Tilla per la Sua disponibilità e mi auguro che le sue idee siano condivise da tutti i professionisti

affinché gli ordini siano sempre liberi ed indipendenti.

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Più apprendistato per tutti

Più apprendistato per tuttidi Rino Gargano

n contratto per l'inserimento e la formazione dei

giovani, ma non solo. È passata inosservata,

forse perché rubricata nell'articolo “disposizioni finali”,

una significativa novità apportata dal D.Lgs. n. 81/2015

alla disciplina del contratto di apprendistato

professionalizzante (art. 47). Sono bastate poche righe

per estendere anche ai percettori di trattamenti di

disoccupazione l'opportunità di essere assunti con un

contratto di apprendistato di secondo livello “ai fini

della loro qualificazione o riqualificazione

professionale”. In verità, non si tratta di una novità

assoluta in quanto il D.Lgs. n. 167/2011, meglio noto

come testo unico sull'apprendistato, aveva già

previsto questa possibilità per coloro che erano in

mobilità.

U

L'estensione a favore di chi percepisce un trattamento

di disoccupazione (NASPI, DIS-COLL, ASPI,

disoccupazione edile o agricola, ecc.) è apprezzabile e

giustificata da almeno due diverse esigenze:

1. valorizzare e rinvigorire una forma di

inserimento/reinserimento al lavoro che –

complice l'esonero contributivo 2015 e alcuni

equivoci (se non vere e proprie leggende

metropolitane) sulla “complessità” dell'onere

formativo (in particolare di base e trasversale)

– è stata poco apprezzata, compresa e

diffusa. Gli ultimi dati ufficiali pubblicati dal

Ministero del Lavoro (link) certificano una crisi

senza fine dell'unico contratto a carattere

formativo previsto nel nostro ordinamento.

Nello scorso mese di maggio sono stati

attivati 19.728 contratti di apprendistato, il

2,1% del totale delle attivazioni. I primi cinque

mesi del 2015, secondo dati INPS (link),

registrano una decisa contrazione dei

contratti di apprendistato, -19.021 rispetto allo

stesso periodo dell'anno scorso;

2. la consapevolezza che il prossimo anno

potrebbe non esserci l'estensione

dell'esonero contributivo che molti addetti ai

lavori auspicano. Al tal proposito, alla VI

edizione del Festival del Lavoro svoltosi

nell'incantevole cornice palermitana del

Teatro Massimo, fonti autorevoli del Governo,

hanno paventato questa possibilità per

ragioni non tanto di copertura finanziaria,

quanto di mera opportunità. Al vaglio dell'ex

sindaco di Firenze e del ministro Poletti c'è

l'ipotesi, sostenibile a parer loro, di ridurre di 4

o 5 punti percentuali il cuneo contributivo. Gli

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Più apprendistato per tutti

esoneri contributivi totali sono considerati

dagli esperti del Governo una misura di

carattere eccezionale che deve essere

limitata nel tempo, per poi lasciare spazio ad

interventi strutturali di riduzione del costo

contributivo del lavoro.

Non trascurabile, infine, l'utilità che questa “nuova”

forma di apprendistato potrà avere nell'ambito del

contratto di ricollocazione che, risorse pubbliche

permettendo, vedrà tra i protagonisti anche la

Fondazione per il Lavoro e i suoi delegati. Quale

migliore forma contrattuale, se non l'apprendistato,

per favorire il reinserimento nel mercato del lavoro e

la riqualificazione professionale di soggetti percettori

di indennità di disoccupazione?

Mutuando la disciplina già prevista per i lavoratori in

mobilità, è possibile stipulare contratti di

apprendistato professionalizzante in deroga agli

ordinari limiti di età (18-29 anni e 364 giorni). Al

termine del periodo formativo non è prevista la libera

recedibilità con preavviso (art. 2118 c.c.), ma trovano

applicazione le disposizioni in materia di

licenziamenti individuali così come novellate dal

D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23 (c.d. tutele crescenti).

Riguardo la contribuzione ridotta, in attesa di

chiarimenti da parte del Ministero del Lavoro e/o

dell'Istituto Previdenziale, dalla lettura della norma,

sembra pacifica l'applicazione del regime contributivo

oggi previsto per la generalità degli apprendisti e non

quello specifico per i lavoratori in mobilità. Infatti, l'art.

47, comma 4 recita: “Per essi trovano applicazione, in

deroga alle previsioni di cui all'articolo 42, comma 4,

le disposizioni in materia di licenziamenti individuali,

nonché, per i lavoratori beneficiari di indennità di

mobilità, il regime contributivo agevolato di cui

all'articolo 25, comma 9, della legge n. 223 del 1991,

e l'incentivo di cui all'articolo o, comma 4, della

medesima legge”. Il riferimento ai soli lavoratori in

mobilità appare chiaro e lascia poco spazio ad

equivoci. È appena il caso di segnalare che

l'imminente riforma della disciplina relativa agli

ammortizzatori sociali estenderà l'integrazione

salariale anche ai lavoratori con contratto di

apprendistato professionalizzante. Tale inclusione,

implicherà l'applicazione dell'aliquota di

finanziamento, sino ad oggi non dovuta. Per espressa

previsione normativa, alla nuova contribuzione, non

troverà applicazione lo sgravio riconosciuto dalla

legge n. 183/2011. Al momento, lo schema di decreto

è al vaglio delle Camere, ma prima della pausa estiva

dovrebbe essere definitivamente approvato. Anche

questi contratti di apprendistato rientrano a pieno

titolo nei limiti numerici individuati al comma 7

(rapporto tra apprendisti e maestranze spcializzate e

qualificate) e 8 (percentuali di stabilizzazione per le

aziende con almeno 50 dipendenti) dell'articolo 42

del decreto n. 81/2015. Per il resto, è confermata la

possibilità di sottoinquadrare il lavoratore fino a due

livelli o di percentualizzare la retribuzione in funzione

dell'anzianità di servizio, come pure la non

computabilità nell'organico aziendale per tutta la

durata del periodo formativo. Come già accade per i

lavoratori in mobilità, al termine del periodo formativo,

in caso di prosecuzione del contratto di lavoro, non vi

è l'estensione per un ulteriore anno dei benefici

contributivi in materia di previdenza e assistenza

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Più apprendistato per tutti

sociale (art. 47, comma 7). Infine, trattandosi di un

contratto a tempo indeterminato (a termine è solo la

parte formativa del contratto), a partire dal periodo

d'imposta 2015, troverà piena applicazione la

disposizione che prevede la completa deducibilità

dalla base imponibile IRAP del costo del lavoro,

incluso le quote TFR maturate a partire dal 1° gennaio

2015 e le rivalutazioni del fondo (cfr. circolare Agenzia

Entrate n. 22/2015).

Solo il tempo ci dirà se i migliori auspici si trasforme-

ranno in realtà. Il rischio di ripetere il flop dei contratti

di apprendistato con lavoratori in mobilità è concreto.

Già in altre occassioni, dalle pagine di questa rivista,

abbiamo sottolineato come il successo dell'apprendi-

stato sia legato esclusivamente ad un cambio cultu-

rale. Fino a quando, nell'immaginario collettivo, la pa-

rola apprendistato evocherà – esclusivamente – age-

volazioni contributive e normative piuttosto che essere

sinonimo di contratto a carattere formativo, gli sforzi

del Legislatore saranno puntualmente vanificati e

questa tipologia di contratto continuerà ad essere

mortificata e messa ai margini del diritto del lavoro.

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Il controllo dei lavoratori e l'art. 4 della. L 300/70

Il controllo dei lavoratori e l'art. 4 della. L 300/70di Sabrina Cuomo

rosegue l’operato del Governo sui decreti

delegati attuativi del Jobs Act ed in particolare,

dopo gli interventi sull’art 18, il terzo decreto attuativo

n. 81/2015, approvato dal governo lo scorso 11 giugno,

ha di fatto revisionato l’art 4 dello Statuto dei

lavoratori recante ‘’La disciplina dei controlli a

distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro”,

alla luce dell'evoluzione tecnologica e

contemperando le esigenze produttive ed

organizzative dell'impresa con la tutela della dignità e

della riservatezza del lavoratore”. Tale articolo ha da

sempre disciplinato le modalità attuative alle quali è

stato subordinato, in omaggio ad esigenze di rispetto

della dignità e della privacy dei lavoratori, il potere di

controllo datoriale. L'«attività», oggetto del controllo

vessatorio, andava intesa in termini più ampi della

vera e propria «attività lavorativa»- contemplata nel

precedente articolo 3, legge n. 300/1970- ed era,

quindi, riferibile al complessivo comportamento

tenuto dal lavoratore in azienda, nel tempo in cui era

impegnato ad adempiere all'obbligazione lavorativa

come ad esempio durante le pause di lavoro idonee a

favorire i contatti con i colleghi sia per iniziative di

proselitismo sindacale sia per iniziative di libera

manifestazione del pensiero ex art. 1, Stat. lav., ecc.

P Per controllo a distanza, quindi, ancora oggi si intende

sia quello effettuato in ambito topografico lontano dal

lavoratore sia quello conseguibile in tempi differiti con

quelli dell'adempimento della prestazione, attraverso

ad esempio la visione delle registrazioni contenute

nelle apposite apparecchiature installate all’interno

del locale in cui viene svolta l’attività lavorativa.

Nonostante le molteplici restrizioni, tuttavia, lo stesso

articolo contemplava la possibilità di installare

sistemi che avessero finalità organizzative e/o

produttive e che conseguentemente permettessero di

effettuare a distanza tale attività di controllo sempre

che prima dell'installazione si pervenisse ad un

accordo con le Rappresentanze Sindacali Aziendali-

RSA o RSU- circa le modalità di utilizzo di tali

apparecchiature.

In mancanza di tale accordo, su richiesta del datore

di lavoro, doveva essere l'Ispettorato provinciale del

Lavoro a stabilire le modalità di utilizzo delle

apparecchiature di controllo. Diversamente dalla

predetta procedura, l'uso di tali sistemi e la loro

installazione dovevano ritenersi assolutamente

illegittimi.

L’applicazione di tale norma, nel tempo è stata

oggetto di numerose pronunce della Corte di

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Il controllo dei lavoratori e l'art. 4 della. L 300/70

Cassazione che ne ha esteso la portata anche ad una

serie di più recenti impianti ed apparecchiature di

controllo. Si pensi ad esempio alla sentenza n°

15892/2007 che ha sancito l’applicabilità, nel caso in

esame, dell’obbligo di accordo sindacale ad un

impianto automatico di controllo accessi a un

parcheggio aziendale, attraverso il quale era possibile

verificare se un lavoratore usciva o meno

legittimamente dal luogo di lavoro.

Tali restrizioni alla luce di un contesto produttivo e

tecnologico completamente diverso da quello attuale

sono ormai datate ed estremamente limitative per lo

svolgimento della normale attività di lavoro e questo,

ha indotto il governo ad introdurre nuove regole in

materia di controllo a distanza sui lavoratori,

rivedendo l’utilizzo delle nuove tecnologie in ambito

lavorativo.

La Riforma del Lavoro Renzi, ha di fatto introdotto una

duplice distinzione:

• impianti audiovisivi e simili (controllo con

limitazioni)

• strumenti di lavoro e badge (controllo senza

limiti).

Nel primo caso, telecamere ecc. possono essere

usate solo ed esclusivamente per esigenze

organizzative e produttive, sicurezza sul lavoro e

tutela del patrimonio aziendale; per installarli serve

un accordo sindacale con RSU (rappresentanza

sindacale unitaria) o RSA (rappresentanze sindacali

aziendali). Se l’impresa è ubicata in diverse province o

regioni, l’accordo può essere firmato anche con le

rappresentanze sindacali più rappresentative a livello

nazionale. Come si può notare, da una lettura del 1°

comma dell’art. 23 del decreto in questione non

emergono novità rilevanti in materia, se non semplici

aggiornamenti sui soggetti sindacali e della Pubblica

Amministrazione cui competono gli accordi ed i

controlli, in quanto risulta ancora estremamente

limitato l’ambito entro cui il datore di lavoro può

attivare sistemi che consentano un controllo a

distanza la cui installazione potrà pertanto avvenire –

come già adesso – solo per specifiche esigenze (ivi

compresa la tutela del patrimonio aziendale oggi non

presente nel vigente art. 4 Statuto), diverse dal

controllo diretto dell’attività lavorativa, previo

coinvolgimento dei sindacati o della DTL.

Diverso il caso di strumenti che il dipendente utilizza

per lavorare o di registrazione presenze, in riferimento

ai quali, invece, non c’è bisogno di nessun accordo né

autorizzazione, così come emerge dal 2° comma del

predetto articolo. Non sono più i sindacati né le unità

territoriali del lavoro, quindi, a dover autorizzare la

procedura, ma il singolo lavoratore che dovrà

prendere visione della policy aziendale in merito ai

dispositivi elettronici ed essere debitamente

informato del fatto che i dati che saranno raccolti

potranno, eventualmente, essere usati anche a scopo

disciplinare contro di lui. Su questo punto si è

pronunciato l’ultimo comma del testo del nuovo

articolo 4 contenuto nel decreto, il quale prevede che

“le informazioni raccolte ai sensi del primo e del

secondo comma sono utilizzabili a tutti i fini connessi

al rapporto di lavoro a condizione che sia data al

lavoratore adeguata informazione delle modalità

d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e

nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo

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Il controllo dei lavoratori e l'art. 4 della. L 300/70

30 giugno 2003, n. 196 (Codice della privacy)”. I dati

ottenuti in violazione della normativa sul trattamento

dei dati personali non potranno essere utilizzati dal

datore di lavoro ed anzi lo stesso dovrà ridurre al

minimo l’utilizzo dei dati personali nei sistemi

informatici e nei programmi informatici, prediligendo

l’utilizzo di dati anonimi, nonché utilizzare

limitatamente e conservare per il tempo strettamente

necessario ad esigenze organizzative, produttive o di

sicurezza i dati personali dei dipendenti.

Se questo è ciò che emerge è vero anche che da una

analisi generale della riforma sembrerebbe che le

informazioni raccolte ai sensi del primo e del

secondo comma siano utilizzabili a tutti i fini

connessi al rapporto di lavoro e quindi, anche per le

contestazioni disciplinari ed i licenziamenti.

C’è, dunque, chi ha iniziato a sostenere che la riforma

porterebbe ad un annullamento delle garanzie dei

lavoratori, con richiami al “Grande Fratello” di

orwelliana memoria, aprendo la strada ad un

controllo illimitato del dipendente attraverso quegli

strumenti datigli in dotazione per lo svolgimento della

attività lavorativa. Tuttavia, la nota ministeriale del 18

giugno 2015, ha chiarito che la liberalizzazione

riguarda solo quegli strumenti e programmi

informatici dedicati allo svolgimento della

prestazione lavorativa, mentre qualsiasi modifica di

tali strumenti volta al controllo del lavoratore sarebbe

soggetta ai limiti di cui al primo comma, per cui le

tutele del lavoratore rimarrebbero pressoché

inalterate, in quanto le possibilità di controllo del

datore di lavoro, resterebbero comunque vincolate

alla legge sulla privacy. Altresì, secondo la medesima

nota ministeriale, la scelta di non richiedere il

coinvolgimento dei sindacati o della DTL per gli

strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la

prestazione lavorativa (come pc, tablet e cellulari),

deriverebbe dal fatto che tali strumenti, nella misura

in cui “servono” al lavoratore per adempiere la

prestazione, non potrebbero essere considerati come

“strumenti di controllo a distanza”. Se è vero che il

chiarimento del Ministero anticipa come si

muoveranno le Direzioni Territoriali del Lavoro

nell’applicazione della riforma, tuttavia, è vero anche

che non sarà vincolante nelle aule di Tribunale.

Possiamo concludere che a fronte di una formulazio-

ne della norma non molto chiara su alcuni passaggi,

la stessa potrebbe subire non poche modifiche, anche

e soprattutto in seguito alle preoccupazioni sollevate

in questi giorni e, non da ultimo, alle riflessioni del

Garante Privacy che, in occasione della presentazione

della Relazione annuale, ha auspicato “che il decreto

legislativo all’esame delle Camere sappia ordinare i

cambiamenti resi possibili dalle innovazioni in una

cornice di garanzie che impediscano forme ingiustifi-

cate e invasive di controllo, nel rispetto della delega e

dei vincoli della legislazione europea”.

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Le CO.CO.CO dopo il d.lgs. n 81/2015

Le CO.CO.CO dopo il d.lgs. n 81/2015di Isabella Vollero

e collaborazioni coordinate e continuative costi-

tuiscono ipotesi di lavoro autonomo in cui la pre-

stazione del collaboratore è finalizzata a soddisfare

un interesse del committente che dura apprezzabil-

mente nel tempo. Il termine con cui sono state iden-

tificate di parasubordinazione è estraneo al linguag-

gio giuridico che parla di rapporti di collaborazione

che si concretano in una prestazione di opera conti-

nuativa e coordinata, prevalentemente personale, an-

che se non a carattere subordinato (art. 409 c.p.c.).

L

Tre sono gli elementi che le caratterizzano ed identifi-

cano la fattispecie: la coordinazione, la continuità e la

personalità della prestazione. La coordinazione impli-

ca il collegamento funzionale tra l’attività del collabo-

ratore e la struttura del committente; perciò,

quest’ultimo ha la facoltà di indicare direttive di carat-

tere generale che, però, non potranno sfociare in for-

me di etero direzione della prestazione. La continuità

indica che la collaborazione abbraccia un arco di

tempo più o meno rilevante e, da ciò, ne discende

l’inserimento funzionale nell’organizzazione del com-

mittente La personalità della prestazione indica che

le collaborazioni coordinate e continuative, come altre

forme di lavoro autonomo, hanno carattere prevalen-

temente personale con riferimento alla competenza

tecnica del professionista, anche se ciò non esclude il

contributo di ausiliari e collaboratori.

Anche il contratto di lavoro a progetto è un contratto

di collaborazione coordinata e continuativa caratteriz-

zato dalla sua riconducibilità ad un progetto, pro-

gramma di lavoro o fase di esso.

L’art. 52 del decreto legislativo n. 81/2015 ne ha però

previsto il superamento definitivo sganciando definiti-

vamente i rapporti di collaborazione dall’esistenza di

un progetto o programma che li rendeva di fatto uti-

lizzabili in funzione sostitutiva dei contratti di lavoro

subordinato e per i quali vigeva una presunzione as-

soluta di subordinazione in assenza di un progetto in-

trodotto dall’art. 61 del d.lgs, n. 276/2003 Riforma Bia-

gi. I rapporti di collaborazione coordinata e continuati-

va dovevano essere riconducibili a uno o più progetti

specifici o programmi di lavoro o fasi di esso, deter-

minati dal committente e gestiti autonomamente dal

collaboratore in funzione del risultato nel rispetto del

coordinamento con la organizzazione del commit-

tente e indipendentemente dal tempo impiegato per

l’esecuzione della attività lavorativa. Erano esclusi

dall’applicazione della disciplina del lavoro a progetto

comma 2 e 3 art. 61:

• le professioni intellettuali che richiedono

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Le CO.CO.CO dopo il d.lgs. n 81/2015

l’iscrizione in appositi albi;

• le co.co.co rese in favore delle associazioni e

società sportive;

• le co.co.co rese dai componenti gli organi di

amministrazione e controllo delle società

commerciali;

• le co.co.co rese dai percettori di pensione di

vecchiaia;

• le co.co.co rese nella Pubblica Amministra-

zione;

• le prestazioni occasionali;

• le prestazioni rese dagli Agenti ed i Rappre-

sentanti di Commercio.

A partire dal 1° gennaio 2016 anche ai rapporti di

collaborazione che si concretino in prestazioni di

lavoro esclusivamente personali, continuative, e le cui

modalità di esecuzione siano organizzate dal

committente anche con riferimento ai tempi ed ai

luoghi di lavoro si applica la disciplina del rapporto di

lavoro subordinato senza alcuna presunzione relativa

da verificare. (art. 2 d.lgs. 81/2015).

La nuova normativa mira infatti a ricondurre nell’alveo

della subordinazione tutte quelle collaborazioni,

anche a progetto, che si sono sviluppate ed

incrementate nel tempo, per una serie di vantaggi ad

esse collegati:

• minor costo complessivo, maggiore

flessibilità nella prestazione, minor potere

contrattuale del prestatore di lavoro, minori

tutele.

Se è di fatto il datore di lavoro a determinare tempi,

modi e luogo di lavoro, (etero direzione ed

organizzazione del committente) la tutela normativa

non può che essere quella del lavoro subordinato.

Le collaborazioni salvate sono quelle riportate al

secondo comma e specificamente:

1. quelle per le quali gli accordi collettivi

stipulati da associazioni sindacali

comparativamente più rappresentative sul

piano nazionale prevedano discipline

specifiche riguardanti il trattamento

economico e normativo, in ragione delle

particolari esigenze produttive ed

organizzative del settore (Vedi call-center) ;

2. quelle prestate nell’esercizio di professioni

intellettuali per le quali si rende necessaria

l’iscrizione in albi professionali;

3. quelle prestate dai componenti degli organi

di amministrazione e di controllo delle

società e dai partecipanti a collegi e

commissioni;

4. quelle rese, a fini istituzionali, in favore delle

società sportive dilettantistiche e delle

associazioni affiliate alle federazioni sportive

nazionali, alle discipline associate e agli enti

di promozione sportiva riconosciute dal CONI,

come individuati e disciplinati ex art. 90 della

legge n. 289/2002;

I contratti di collaborazione coordinata e continuativa,

anche a progetto, non possono essere più instaurati,

ivi compresi quelli che, per la loro tenuità, brevità o

particolarità, erano stati esentati dalla redazione di un

progetto come ad esempio:

• co.co.co. fino a 30 giorni con un importo fino

a 5.000 euro;

• co.co.co rese nell’ambito dei servizi di cura e

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Page 16: ANCL SU Campania 04/2015

Centro Studi ANCL SU Campania

Le CO.CO.CO dopo il d.lgs. n 81/2015

assistenza alla persona, per un massimo di

240 ore annue;

• collaborazioni con i pensionati di vecchiaia;

• Allo stesso tempo vengono meno i requisiti

specifici introdotti con l’art. 69 – bis dalla

legge n. 92/2012 Riforma Fornero per

l’accertamento della genuinità delle c.d.

“partite IVA” ovvero

• collaborazione con lo stesso committente

per 8 mesi per 2 anni consecutivi, corrispetti-

vo derivante dalle collaborazioni, riconducibile

allo stesso centro di imputazione di interessi,

pur se in favore di soggetti diversi, superiore

all’80% nell’arco di due anni solari consecu-

tivi;

• postazione fissa presso una delle sedi del

committente fatte salve le ipotesi di cono-

scenze teorico – tecniche di grado elevato o

valore reddituale complessivo superiore ad

una determinata soglia;

• prestazioni professionali per le quali viene ri-

chiesta l’iscrizione in albi o registri professio-

nali.

Quindi per quanto riguarda i titolari di partita IVA,

essendo venuti meno i requisiti generali, (che

consentivano di evitare la riconduzione del rapporto a

tempo indeterminato, di fronte alla presenza di un

progetto che trasformava il rapporto in collaborazione

coordinata e continuativa, con gli oneri contributivi per

2/3 a carico del committente), la prestazione verrà

ritenuta come subordinata in presenza delle prove

tradizionali che concernono la mancanza di

autonomia, l’assoggettamento al potere direttivo e

disciplinare dell’imprenditore, l’uso dei mezzi di lavoro

del datore, l’inserimento stabile all’interno di un

processo produttivo, a seguito di precisi chiarimenti

del Ministero del Lavoro, finalizzati a combattere il

fenomeno delle false partite IVA.

L’abrogazione dell’art. 69-bis potrebbe paradossal-

mente portare alla instaurazione più libera di contratti

di lavoro autonomo. La soluzione per uscire dalla

stretta normativa è la certificazione del contratto

( quindi anche della collaborazione che è una tipolo-

gia contrattuale) in cui sia dedotta, direttamente o

indirettamente, una prestazione di lavoro da parte di

una commissione di certificazione istituita ex art. 76

del D.L.vo n. 276/2003 dalla quale si evinca che non

sussistano le condizioni impedienti previste al com-

ma 1. Nella attività di certificazione il lavoratore può

farsi assistere da un rappresentante sindacale, da un

avvocato o da un consulente del lavoro. L’attività si

basa si un iter istruttorio che vede coinvolti vari organi

pubblici a diverso titolo DTL, INPS, INAIL, AdE, ecc. i quali

possono esprimere i loro pareri, la commissione trae

le proprie convinzioni anche dalle dichiarazioni delle

parti e giunge alla decisione (con l’atto di certificazio-

ne o con quello di reiezione) sulla base di un autono-

mo convincimento. L’art. 2 termina con un ultimo

comma, il 3, ove si ricorda che la riconduzione alla di-

sciplina del rapporto di lavoro subordinato non trova

applicazione nelle Pubbliche Amministrazioni fino al

riordino dei contratti di lavoro flessibili del settore

pubblico e, in ogni caso, a partire dal 1° gennaio 2017,

è fatto divieto, a tutti i datori di lavoro pubblici, di sti-

pulare contratti di collaborazione.

15

Page 17: ANCL SU Campania 04/2015

Centro Studi ANCL SU Campania

La riforma delle mansioni

La riforma delle mansionidi Luigi Fiamma

'entrata in vigore del decreto legislativo 81/2015

(pubblicato il 24 giugno 2015 ed in vigore dal

giorno successivo) ha apportato numerose modifiche

alla normativa del lavoro ed alle forme contrattuali.

Un vera e propria "rivoluzione" è avvenuta nella

disciplina delle mansioni e nella riformulazione del

2103 c.c. L'art. 3 del sopracitato decreto infatti

sostituisce la storica dicitura secondo la quale il

lavoratore doveva essere adibito alle mansioni per le

quali era stato assunto o a mansioni corrispondenti

alla categoria superiore acquisita oppure a mansioni

"equivalenti alle ultime effettivamente svolte". Il

concetto di equivalenza delle mansioni (in particolare

dei riferimenti per individuarla e delle problematiche

relative alle capacità professionali del lavoratore) ha

comportato negli anni il proliferare di un infinito

contenzioso e di una vasta gamma di interpretazioni

da parte di dottrina e giurisprudenza. Merito di questa

riforma sarà sicuramente il porre un freno a tali

incertezze. Questo avviene essenzialmente in un

modo, spostando il riferimento della norma da un

riferimento soggettivo, come l'equivalenza della

mansione connessa al patrimonio professionale del

lavoratore, ad un riferimento oggettivo, il livello

contrattuale e la categoria legale (categoria legale

L che resta un concetto vecchio e superato). Pertanto il

lavoratore potrà essere assegnato a mansioni

differenti purché dello stesso livello contrattuale e

della stessa categoria legale di appartenenza.

Ovviamente, e vale per tutti i casi di ius variandi, la

comunicazione deve avvenire sempre in forma scritta

a pena nullità.

Il decreto inoltre elenca due ipotesi di

demansionamento. La prima prevede che in caso di

modifica degli assetti organizzativi aziendali, che

incidano sulla posizione del lavoratore, egli possa

essere assegnato unilateralmente anche a mansioni

inferiori (un livello al di sotto e stessa categoria

legale), mantenendo ovviamente la stessa

retribuzione del livello precedente, ad eccezione degli

elementi retributivi connessi alla mansione

precedentemente svolta (ad esempio indennità di

cassa). Presupposto fondamentale all'esercizio del

potere di modificare unilateralmente la mansione del

lavoratore è non solo una semplice riorganizzazione

aziendale, ma occorre che essa sia tale da incidere

direttamente sulla posizione del lavoratore. In

mancanza di tale giustificativo non è possibile

modificare in peius le mansioni del lavoratore. I

contratti collettivi (anche aziendali) potranno inoltre

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Page 18: ANCL SU Campania 04/2015

Centro Studi ANCL SU Campania

La riforma delle mansioni

prevedere altre ipotesi di di mutamento di mansioni

con inquadramento inferiore e stessa categoria

legale, in aggiunta ai casi tipizzati dalla legge.

L'altra ipotesi prevede la possibilità di modificare le

mansioni, la categoria legale, il livello e la retribuzione

con accordi in sede protetta (sedi di cui all'art. 2113

c.c.). Tali modifiche devono avere come finalità la

conservazione dell'occupazione, l'acquisizione di una

diversa professionalità o il miglioramento delle

condizioni di vita del lavoratore. In queste ipotesi è

consentito ridurre sia il livello di inquadramento sia la

retribuzione del lavoratore. Una importante

considerazione, il decreto prevede che in queste

casistiche il lavoratore "può farsi assistere da un

rappresentante dell'associazione sindacale cui

aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da

un consulente del lavoro". La presenza della categoria

nel testo normativo riconosce e certifica il ruolo di

garante di legalità e la terzietà del consulente del

lavoro.

Altra variazione riguarda lo svolgimento di mansioni

superiori. L'assegnazione (che non sia per

sostituzione) diviene definitiva dopo 6 mesi (invece di

3), o dopo un diverso periodo previsto dalla

contrattazione collettiva. In tal caso il lavoratore, salvo

diversa volontà, ha diritto al trattamento economico

connesso alla mansione svolta ed alla assegnazione

definitiva.

Ad eccezione delle casistiche di ius variandi elencate

dal decreto, ogni patto contrario è nullo ed il lavorato-

re potrà ottenere le differenze retributive, l'eventuale

risarcimento del danno ed il ritorno alle proprie man-

sioni.

17

Page 19: ANCL SU Campania 04/2015

Centro Studi ANCL SU Campania

In primis persone

In primis personedi Lucia Gargiulo

telegiornali, i giornali in questi giorni hanno aperto

quasi sempre con loro, con i migranti che, senza

dichiarazioni, si vedono nelle immagini accampati

sugli scogli, nelle stazioni, sotto alle tende. I migranti

scappano per non morire, per proteggere l'ultimo

dono che è rimasto loro: la vita. Fanno quello che

avrebbe fatto ognuno di noi al loro posto. Perché loro,

anche se qualcuno non vuole riconoscerlo, sono esat-

tamente come noi: esseri umani. Il migrante spaventa

perché fa parte di qualcosa che non conosciamo e

che, dunque, non controlliamo. A fare questa riflessio-

ne è stato Zygmunt Baumsn, ma noi quei migranti

non li conosciamo perché abbiamo chiuso gli occhi di

fronte al loro dolore. Le lacrime versate nei Paesi dai

quali provengono sembravano così lontani da per-

metterci di continuare a vivere nell'indifferenza di una

bambagia a cui la società dell'apparenza ci ha ane-

stetizzato. Nessuno ha voluto fare qualcosa di concre-

to per asciugare le loro lacrime anzi, ne hanno appro-

fittato per vendere armi, per farne affari. E noi persone

comune, non ci siamo poste domande, abbiamo la-

sciato ai telegiornali il compito di dare notizie sui par-

si in difficoltà ascoltando solo rumori e non contenu-

to, tanto era tutto lontano, distante da quel mondo

fatto di telefonini che ci fanno arrabbiare quando non

I hanno segnale o da quell'appuntamento importante

perché capace di darci maggiore "potere". Ed è proprio

la sete di potere a far rilasciare dichiarazioni razziste

nei confronti di queste persone. Quello a cui stiamo

assistendo è la conseguenza di un grande egoismo e

anche se gesti concreti di solidarietà non sono man-

cati purtroppo ciò che ancora assente è un sistema

capace di gestire con il cuore questa situazione. Ven-

gono sfruttati in ogni modo possibile. Dai trafficanti

che lucrano in maniera vergognosa sui loro destini, ai

politici che strumentalizzano gli sbarchi per aumen-

tare consensi, ai media che danno eco alle leggende

metropolitane secondo cui ruberebbero il lavoro agli

italiani, sarebbero terroristi, porterebbero malattie e

verrebbero nel nostro Paese per delinquere. Tutti han-

no il proprio tornaconto su una vicenda, quella degli

sbarchi dei migranti, che nell'ottica del "buon affare"

conviene alimentare. Sulla immensa tragedia umana

dei migranti si specula soltanto, da più parti, e si sta

anche creando un'assurda psicosi che ci fa perdere di

vista l'unica argomentazione valida, l'unico punto da

cui partire: sono in primis persone. Basterebbe ricor-

darsi questo per inquadrare il dibattito che li interessa

nella giusta prospettiva, che non è certa quella provo-

catoria e mistificatrice dei talk show e dei salotti tele-

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Page 20: ANCL SU Campania 04/2015

Centro Studi ANCL SU Campania

In primis persone

visivi. Il lavaggio dei cervelli mediatico rischia di spo-

stare l'attenzione sulle parole e farci dimenticare che,

al di là delle risposte istituzionali che comunque de-

vono essere date a quella che sta diventando una

questione dalle proporzioni devastanti, ci sono tante

cose da fare e su molte di queste possiamo impe-

gnarci anche noi nel nostro piccolo, direttamente.

Moltissime città e paesi italiani sono coinvolti nel

l'accoglienza, anche attraverso le iniziative della Cari-

tas e della Fondazione Migrantes. Ci sono molti edifici

ecclesiastici aperti all'ospitalità, esistono numerosi

progetti per l'assistenza e l'integrazione, ad esempio il

"Presidio" per la tutela dei diritti dei lavoratori extraco-

munitari irregolari e tanti servizi specifici, come quello

che si occupa del rimpatrio delle salme o i dopo-

scuola per i figli degli immigrati o anche le case fami-

glia per il ricongiungimento dei genitori con i minori.

In queste realtà c'è molto da fare e rimboccarsi le

maniche per dare un po' di aiuto è il modo migliore

per capire davvero chi sono i migranti e quali sono le

ragioni che li portano ad affrontare il viaggio della

speranza. Lasciamo da parte le polemiche, tanto ve-

lenose quanto sterili, e le accuse; andiamo oltre le

strategie governative e i vari Regolamenti di Dublino,

Agenda europea sulla migrazione, Frontex e il cosid-

detto piano B. Dimostriamo, a chi fa delle parole uno

strumento di persuasione mendace che c'è anche un

altro modo per relazionarsi ai migranti; un modo che

va ben oltre la denigrazione e la levata di scudi: si

chiama carità cristiana, si pratica sul campo ed è atta

a risolvere una quantità di problemi. Non servono

competenze particolari per esercitarla. Basta anche

avere un sorriso, purché sincero e carico di fraterno

affetto, e andare a donarlo a chi ne ha un gran biso-

gno. Funziona meglio di qualunque altra strategia.

L'Italia negli ultimi anni, ha conosciuto un tumultuoso

e inedito processo di immigrazione straniera. Un'offer-

ta di manodopera che risponde coerentemente alle

esigenze di un Paese che invecchia e con molti lavori

diventati poco appetibili per gli autoctoni. In assenza

di immigrazione molti anziani si troverebbero senza

assistenza. Molte coppie non riuscirebbero a concilia-

re lavoro e famiglia non riuscendo a trovare colf e

baby sitter. Più che sostitutiva risulta complementare

a quella degli italiani .L'immigrazione non produce

solo offerta di impiego, ne stimola anche la domanda.

Infatti sono diversi i lavoratori stranieri che avviano

una propria attività, quindi che produce occupazione.

Un ultimo aspetto di rilievo è quello delle ricadute del

lavoro degli stranieri, attraverso le "rimesse", sullo svi-

luppo del Paese di origine: i flussi di denaro spedito ai

familiari rimasti in Patria è diventato negli ultimi de-

cenni più importante degli aiuti ufficiali internazionali.

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Page 21: ANCL SU Campania 04/2015

Centro Studi ANCL SU Campania

Il nuovo part time nel d.lgs. 81/2015

Il nuovo part time nel d.lgs. 81/2015di Gennaro Salzano

ontinua il processo di implementazione del Job

Act. Con il decreto legislativo 81/2015 dello

scorso 25 giugno, vengono introdotte parecchie novità

nella gestione dei principali tipi di contratti di lavoro,

tra cui il part-time, che subisce un notevole restyling.

Innanzitutto l’art. 5 chiarisce immediatamente che il

part-time deve risultato da atto scritto e che il

contratto di lavoro deve prevedere l’esatta

collocazione temporale della durata della prestazione

lavorativa in relazione a giorno, settimana, mese ed

anno oppure tramite il rinvio a turni di lavoro quando

questi siano articolati su fasce orarie prestabilite.

Sanciti questi principi fondamentali, balza subito agli

occhi una grande novità che avrà notevoli

ripercussioni pratiche: si tratta della scomparsa della

tradizione tripartizione del tempo parziale nelle

tipologie di “orizzontale” “verticale” e “misto”. L’art. 4 del

D.Lgs. 81/2015, infatti, testualmente recita: “Nel

rapporto di lavoro subordinato, anche a tempo

determinato, l’assunzione può avvenire a tempo

pieno, ai sensi dell’art. 3 del d.lsg n. 66/2003, o a

tempo parziale”. Il legislatore, quindi, non fa più

alcuna differenza tra i diversi tipi di part-time, con

una serie di conseguenze notevoli nella gestione del

rapporto di lavoro. La prima è la grande rilevanza che

C viene di fatto attribuita alla contrattazione collettiva,

sia nazionale che territoriale e aziendale. Ferma

restando, infatti, la possibilità di organizzare in

maniera libera il tempo di lavoro del dipendente, è

altamente probabile che sarà proprio il sistema delle

relazioni industriali ad occupare il vuoto lasciato dal

legislatore. L’auspicio, in questa direzione, è che tale

occupazione non avvenga a discapito dell’evidente

intento “semplificatorio” sotteso alla norma. La

scomparsa della tripartizione del part-time, infatti, ha

come altra conseguenza immediata, anche la

scomparsa dei limiti preesistenti nell’uso delle

clausole flessibili ed elastiche. Questa seconda

importante conseguenza ha evidenti effetti nel

sancire una semplificazione importante nella

gestione del rapporto di lavoro senza nulla togliere ai

diritti del lavoratore.

E veniamo così ad illustrare quest’altra importante

novità: l’apposizione di clausole di gestione del

rapporto di lavoro, nella novella del d.lgs. in questione,

si riduce alle sole clausole “elastiche” che ora

ricomprendono anche la tradizionali clausole

“flessibili”. A sancirlo è l’art. 6 che rubrica “lavoro

supplementare, lavoro straordinario, clausole

elastiche”, cancellando, quindi, anche dal punto di

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Page 22: ANCL SU Campania 04/2015

Centro Studi ANCL SU Campania

Il nuovo part time nel d.lgs. 81/2015

vista normativo, la definizione delle clausole flessibili.

Dall’introduzione del d.lgs. in discussione, quindi, la

variazione della collocazione dell’orario di lavoro e il

suo aumento saranno designati con l’unica categoria

della “elasticità”. La gestione di tali clausole, poi,

dipende dalla contrattazione collettiva di riferimento.

Nel caso in cui il CCNL preveda una regolamentazione

di questo istituto, sarà sufficiente che il suo utilizzo

venga richiamato nel contratto di lavoro individuale.

Se invece il Contratto collettivo tace sull’utilizzo delle

clausole elastiche, sarà allora necessario che esse

siano concordate tra le parti davanti alle commissioni

di certificazione previste della legge 30/2003. In ogni

caso al datore di lavoro è fatto obbligo di un preavviso

di almeno due giorni, con l’inciso non irrilevante

“salvo intese tra le parti”, così come stabilito dal

comma 6 art. 6. Il mancato rispetto, da parte del

datore di lavoro, dei termini e delle modalità di

richiesta di svolgimento di prestazioni di lavoro

“elastiche” comporta la possibilità che il lavoratore

rifiuti di prestare la sua opera, che in ogni caso non

può superare del 25% la normale prestazione

lavorativa annua.

Di fronte a questo tipo di regolamentazione delle

clausole elastiche vien subito da rilevare la

sostanziale identità dell’istituto con il lavoro

supplementare. Una volta eliminati i limiti all’utilizzo

di queste clausole, infatti, dal tenore della norma

appare del tutto capziosa la distinzione tra lavoro

supplementare e clausola elastica. Anzi, a ben

guardare, al datore di lavoro conviene qualificare la

richiesta di lavoro oltre il limite concordato, più come

lavoro supplementare che non come utilizzo di una

eventuale clausola elastica. Nel caso del lavoro

supplementare, infatti, stando al comma 2 dell’art. 6

del decreto legislativo, il lavoratore non può rifiutarsi

se non per “comprovate esigenze lavorative, di salute,

familiari o di formazione professionale”. Dal tenore

della norma parrebbe derivare che un eventuale

rifiuto del lavoratore, sul quale grava, evidentemente,

l’onere della prova delle suddette “comprovate

esigenze”, potrebbe addirittura comportare un

inadempimento contrattuale con le conseguenti

sanzioni disciplinari fino al licenziamento. Anche in

questo caso, quindi, è lecito attendersi che sarà la

contrattazione collettiva a dare forma e contenuti

distinti ai diversi istituti contrattuali.

Particolarmente rilevanti e meritorie sul piano sociale,

appaiono poi le novità sancite dall’art. 8 dell’81/2015

che disciplina la trasformazione del contratto a

tempo pieno in part-time (e viceversa). Fermo

restando che tale trasformazione deve avvenire con

l’accordo tra le parti e che un eventuale rifiuto da

parte del lavoratore non può costituire motivo di

licenziamento, il comma 3 sancisce delle importanti

condizioni di favore per i lavoratori affetti da patologie

oncologiche o cronico-degenerative ingravescenti. A

tali soggetti, operanti sia nel settore pubblico che in

quello privato, è infatti riconosciuto il diritto, una volta

che una commissione medica istituita presso l’asl

competente per territorio abbia sancito la presenza

della patologia, alla trasformazione del rapporto di

lavoro a tempo pieno in tempo parziale e il diritto al

ritorno al tempo pieno allorquando si sia verificato un

regresso della malattia tale da consentire la ripresa

piena dell’attività lavorativa.

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Page 23: ANCL SU Campania 04/2015

Centro Studi ANCL SU Campania

Il nuovo part time nel d.lgs. 81/2015

Un diritto alla priorità nella trasformazione del

rapporto di lavoro da temo pieno a parziale viene poi

riconosciuto, ai commi 4 e 5, a chi si trova nella

condizione di dover assistere un coniuge, un figlio, un

genitore o anche un convivente affetto dalle

medesime patologie o abbia un figlio portatore di

handicap ai sensi dell’art. 3 della legge 104/92 o un

figlio convivente di età non superiore ai 13 anni.

Insomma, la grande innovazione nella regolamenta-

zione dei rapporti di lavoro sta lentamente prendendo

forma, non senza incertezze e notevoli ambiguità. Oc-

correrà ora verificare, nel concreto della prassi delle

relazioni industriali, come saranno accolte queste no-

vità. Nella speranza che il sistema Paese dia final-

mente prova di voler effettivamente semplificare

nell’interesse delle imprese, dei lavoratori e soprattut-

to della certezza del diritto.

22

Page 24: ANCL SU Campania 04/2015

Centro Studi ANCL SU Campania

Le ASD – particolarità fiscali e contributive … e vigilanza

Le ASD – particolarità fiscali e contributive … e vigilanzadi Andrea Cascione

e verifiche in materia di lavoro e legislazione

sociale risultano particolarmente complesse

nell’ambito sportivo dilettantistico, in virtù della

speciale disciplina fiscale, previdenziale e assicurativa

che connota il settore in esame. Le peculiarità

riscontrabili attengono non tanto allo scopo non

lucrativo degli enti in esame, quanto piuttosto alla

natura giuridica delle prestazioni rese dagli sportivi

dilettanti. Le associazioni o le società sportive

dilettantistiche (d’ora in avanti A.s.d. o S.s.d.), infatti,

oltre alla possibilità di “contrattualizzare” gli sportivi

secondo le regole ordinarie (lavoro subordinato,

autonomo o parasubordinato), hanno la facoltà

d’inquadrare il regime dei compensi di tali prestazioni

nell’alveo dell’art.67, co.1, lett.m) Tuir, la cui disciplina

presenta non poche peculiarità dal punto di vista

fiscale e previdenziale.

L

Il linea genarale, lo sportivo che rende le proprie

prestazioni a favore del sodalizio potrebbe essere

inquadrato secondo un regime giuslavoristico

ordinario e, pertanto, le A.s.d./S.s.d. saranno soggette

ad un prelievo fiscale, previdenziale ed assicurativo

simile a quello previsto per il macro-settore

industriale.

In particolare, gli sportivi e gli istruttori, inquadrati

come lavoratori dipendenti, saranno per lo più

soggetti alla disciplina collettiva propria del settore

“palestre ed impianti sportivi”, anche se non è da

escludere che l’associazione possa applicare un

contratto appartenente ad un settore diverso

Sotto il profilo previdenziale, il prelievo contributivo da

parte dell’Enpals sarà identico sia in caso di lavoro

subordinato, autonomo che parasubordinato, sempre

che si tratti di una delle figure rientranti nella

categoria di cui all’art.1, nn. 20 e 22 del D.M. 15 marzo

2005, ovvero in quella degli ”impiegati, operai, istruttori

e addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi

genere, palestre, sale fitness, stadi, sferisteri,campi

sportivi, autodromi, nonché di direttori tecnici,

massaggiatori, istruttori e dipendenti delle società

sportive”. In particolare, l’aliquota contributiva è pari al

33% della retribuzione (di cui il 9,19% a carico

dellavoratore e 23,81% a carico del datore di

lavoro/committente), mentre la base imponibile va

calcolata in base ai giorni effettivi di lavoro, tenendo

presente il minimale giornaliero. Va precisato, tuttavia,

che nell’ipotesi di lavoro dipendente, il sodalizio sarà

soggetto anche al prelievo Inps in relazione alle

“assicurazioni minori” (disoccupazione involontaria,

a.n.f., malattia, maternità). Sotto il profilo fiscale, gli

23

Page 25: ANCL SU Campania 04/2015

Centro Studi ANCL SU Campania

Le ASD – particolarità fiscali e contributive … e vigilanza

sportivi “contrattualizzati” saranno soggetti ad un

identico prelievo sia come dipendenti che come

collaboratori coordinati e continuativi.

Così come accennato nel titolo, però, vige una

disciplina speciale per le prestazioni rese in favore

delle A.s.d./S.s.d. Le A.s.d. o S.s.d, infatti, come sovente

accade, possono giovarsi delle prestazioni sportive

degli istruttori o quelle di natura amministrativo -

gestionali (parificate a quelle sportive dal terzo

comma dell’art.90 della L. n.289/02), inquadrando i

relativi compensi nell’ambito della speciale disciplina

sotto richiamata:

È importante comunque precisare che il presupposto

fondamentale affinchè le ASD giovino di questi

particolari trattamenti di favore, è che le stesse siano

riconosciute dal CONI. Tutto ciò premesso, in termini di

VIGILANZA, è necessario evidenziare come, sia la

complessità che la specificità della disciplina renda

le attività ispettive svolte nei confronti di tali realtà

sempre caratterizzate dai lunghi contenziosi.

Già in sede di primo accesso ispettivo, gli organi di

vigilanza più che controllare se le prestazioni tecnico-

sportive siano state regolarmente denunciate agli enti

di competenza, dovranno valutare il corretto

inquadramento normativo delle stesse. Dopo aver

identificato e acquisito le dichiarazioni di coloro che

effettuano una prestazione sportiva a favore

dell’associazione in verifica, gli ispettori del lavoro

dovranno accertare la natura sportivo dilettantistica

della stessa, attraverso l’acquisizione dell’iscrizione al

24

Page 26: ANCL SU Campania 04/2015

Centro Studi ANCL SU Campania

Le ASD – particolarità fiscali e contributive … e vigilanza

registro Coni “unico organismo certificatore della

effettiva attività sportiva svolta dalle società e dalle

associazioni dilettantistiche”. Questo primo e formale

controllo risulta indispensabile ai fini del godimento

della normativa di favore di cui sopra e, pertanto, la

mancata iscrizione condurrà inevitabilmente

all’inquadramento delle prestazioni sopra descritte

nell’alveo della normativa generale. In caso contrario,

gli ispettori procederanno alla valutazione degli

elementi istruttori acquisiti al fine di accertare il

corretto utilizzo dei benefici concessi dall’art.67. A tal

proposito, occorre tenere a mente tre aspetti

fondamentali:

1. la L. n.14/09, in sede di interpretazione

autentica dell’art.67, co.1, lett. m) del Tuir,

considera svolta nell’esercizio diretto di

un’attività dilettantistica anche quella di

natura didattica, formativa, di assistenza e di

preparazione, ancorché non funzionale alla

manifestazione sportiva. Pertanto, anche gli

istruttori o i maestri, che tengano dei corsi in

favore dei soci/clienti del sodalizio,

potrebbero essere regolarmente inquadrati

nell’alveo della predetta normativa di favore.

Tuttavia, occorre precisare che tali prestazioni

dovranno trovare la propria ragione

economico-individuale nel perseguimento

dei fini istituzionali dell’ente e non in una

normale causa di scambio. In altre parole, la

prestazione sportiva sarà regolarmente

inquadrata nell’alveo dell’art.67 solo se trova

la propria ragione nel rapporto associativo

che lega l’istruttore/maestro al sodalizio e

non anche quando il compenso ricevuto sia

strettamente legato all’assunzione di un

obbligo di fare. Appare evidente che la

mancata partecipazione alla vita associativa

del sodalizio, o la ricezione di un compenso

rapportato a logiche di mercato, possa far

vacillare la natura sportivo dilettantistica di

quella prestazione. Alla stessa stregua, non

sarà da inquadrare in tale ambito l’attività

dello sportivo dilettante, qualora venga resa

nel corso di una manifestazione sportiva

professionistica (es. arbitro dilettante ad una

gara professionistica);

2. in secondo luogo, l’attività tecnico-sportiva

non deve essere resa nell’esercizio di

un’attività professionale. La normativa in

esame, ai fini della definizione del concetto di

professionalità, non si riferisce tanto al

contesto in cui la prestazione viene resa (se

in ambito professionistico o dilettantistico-

amatoriale), bensì alle caratteristiche

intrinseche dell’attività svolta. Tale circostanza

è resa palese dalla normativa in analisi nel

momento in cui qualifica i compensi

percepiti dagli sportivi dilettanti come “redditi

diversi” che, per definizione, sono quelli non

conseguiti “nell’esercizio di arti, professioni o

in relazione alla qualità di lavoratore

dipendente”. La professionalità va valutata

secondo criteri ontologici come l’abitualità

dell’attività, che sta ad indicare un insieme di

comportamenti caratterizzati da ripetitività,

stabilità e sistematicità. Non integra il

25

Page 27: ANCL SU Campania 04/2015

Centro Studi ANCL SU Campania

Le ASD – particolarità fiscali e contributive … e vigilanza

concetto de quo la prevalenza dell’attività

sportiva resa a favore delle A.s.d., rispetto ad

altre eventuali occupazioni di cui sia titolare

lo sportivo dilettante. Proprio l’Enpals

chiarisce che “la professionalità ricorre anche

se vi siano normali interruzioni nell’esercizio

dell’attività. D’altro canto, attività

professionale non significa attività esclusiva

e neppure attività prevalente; la

professionalità non è infatti incompatibile

con il compimento di un singolo affare, in

quanto lo stesso può implicare una

molteplicità di atti tali da fare assumere

all’attività carattere stabile. Infine, si rileva

che, poiché il professionista è per definizione

un soggetto che si rivolge ad una

committenza indeterminata, l’esistenza di

una committenza plurima, effettiva o

potenziale, è certamente indice della

presenza di attività professionale”. Sempre

per lo stesso Istituto un ragionevole indice di

non professionalità sarebbe rinvenibile nella

marginalità dei compensi erogati ed il cui

ammontare non dovrebbe essere superiore

ad €4.500. Infine, va considerata attività

professionale quella che implica specifiche

conoscenze tecnico-scientifiche;

3. la valutazione della ragione economico-

individuale della prestazione sportiva nonché

il carattere professionale della stessa

assumono una rilevanza marginale

nell’ipotesi in cui il rapporto che lega

l’istruttore al sodalizio presenti dei chiari

sintomi di subordinazione, come ad esempio

la soggezione ad un orario di lavoro e/o a

direttive organizzativo/funzionali, retribuzione

a tempo ecc..

In ultimo, d’obbligo, chiarire che alla luce della ampia

definizione normativa di lavoratore e di datore di lavo-

ro dettata dal D. Lgs. n. 81/2008alle lettere a) e b)

dell’art. 2, nonché del campo di applicazione di cui

all’art. 3 comma 1, che ricomprende tutti i settori di

attività e tutte le tipologie di rischio, il mondo del non

profit in generale e pertanto anche le associazioni o

società sportive dilettantistiche, rientrano nel campo

di applicazione del decreto in esame. Infatti il lavora-

tore è “la persona che, indipendentemente dalla tipo-

logia contrattuale, svolge una attività lavorativa

nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro

pubblico o privato, con o senza retribuzione, ancheal

solo fine di apprendere un mestiere un’arte o una

professione…”, mentre la definizione di datore di lavoro

è ormai svincolata dalla titolaritàdella responsabilità

dell’impresa, e deriva invece, più in generale, dalla re-

sponsabilità dell’organizzazione delle prestazioni la-

vorative o alle stesse equiparate.a come dipendenti

che come collaboratori coordinati e continuativi.

26

Page 28: ANCL SU Campania 04/2015

Centro Studi ANCL SU Campania

Dichiarazioni dei redditi e controlli

Dichiarazioni dei redditi e controllidi Luigi Carbonelli

on Comunicato Stampa del 2 luglio 2015 l’Agen-

zia delle Entrate ha introdotto alcune variazioni

al regime agevolativo per le Imprese di Autotrasporti.

Si tratta di poche righe, che sintetizzano quello che,

per l’Agenzia delle Entrate, è un sistema di agevola-

zioni. Tali previsioni, diramate appunto il 2 luglio, han-

no effetto per l’anno d’imposta 2014, quello cioè per

cui si stanno predisponendo le dichiarazioni dei red-

diti. A pochi giorni dalla scadenza di questo importan-

te adempimento ci si è trovati a dover riconsiderare

tutta l’impostazione della dichiarazione dei redditi.

C

Poiché, come è noto le imposte dovute dalle imprese

soggette agli Studi di Settore andavano calcolate e

versate entro il giorno 6 luglio, e quelle delle imprese

non soggette, per svariati motivi, alla disciplina degli

Studi di Settore, andavano integrate con i versamenti

già effettuati alla scadenza del 16 giugno. L’introdu-

zione delle nuove regole ha subito evidenziato enormi

difformità tra i dati già inseriti in dichiarazione, prece-

dentemente calcolati, rispetto a quelli derivanti

dall’applicazione del nuovo sistema, direttamente in-

fluenti sul calcolo del reddito di spettanza dell’Impre-

sa e di conseguenza sull’ imposta dovuta. E’ stato in-

fatti consentito il recupero di parte del Contributo al

Servizio Sanitario Nazionale versato alle assicurazioni

per i premi relativi alla responsabilità civile per i veico-

li “con massa complessiva a pieno carico non inferio-

re a 11,5 tonnellate”, e la deduzione forfettaria di spese

non documentate (art.66 comma 5 del TUIR) per i tra-

sporti effettuati personalmente dall’imprenditore.

Tale deduzione forfetaria, essendo prevista per i viaggi

effettuati “personalmente” dall’imprenditore, è chiara-

mente rivolta alle piccole imprese di trasporti, che di

quelle agevolazioni tengono conto anche nel formu-

lare un progetto di gestione, specialmente nella ge-

stione dei ricavi e dei prezzi da proporre alla clientela.

Un ennesimo esempio di mancata osservanza dello

Statuto del Contribuente, che potrebbe generare un

contenzioso per l’oggettiva difficoltà di applicare una

norma tributaria modificata a mezzo Comunicato

Stampa e con carenza di pubblicità. Una totale man-

canza di rispetto nei confronti dei professionisti che

affannosamente cercano di conciliare gli impegni as-

sunti con la clientela con gli obblighi imposti dalla

Pubblica Amministrazione, che continua a demanda-

re ai suoi Intermediari la funzione di controllo e nella

fattispecie ai Consulenti del Lavoro, che di fatto rap-

presentano gli Uffici Periferici della Pubblica Ammini-

strazione (Vedi il caso della responsabilità solidale per

la compilazione del modello di dichiarazione 730 e

27

Page 29: ANCL SU Campania 04/2015

Centro Studi ANCL SU Campania

Dichiarazioni dei redditi e controlli

della Certificazione Tributaria).

Ulteriore novità è rappresentata dalle modalità con

cui l’Agenzia delle Entrate fornirà ai Contribuenti, ed

alla Guardia di Finanza, le informazioni sulle irregola-

rità rilevate nella trasmissione del modello contenen-

te gli Elenchi Clienti e Fornitori per l’anno 2011, e delle

presunte irregolarità dei redditi dichiarati rispetto al

contenuto dei modelli 770. L’ intento dichiarato “Al fine

di introdurre nuove e più avanzate forme di comuni-

cazione tra l’Amministrazione fiscale e il contribuente,

stimolare l’assolvimento degli obblighi tributari e favo-

rire l’emersione spontanea delle basi imponibili” è un

nobile e civile obiettivo statuito nella Legge di Stabilità

2015. Il Contribuente cui saranno contestate anoma-

lie, potrà accedere alle previsioni del nuovo Ravvedi-

mento Operoso, come ulteriore tentativo di fare pace

con il Fisco.

In ultima analisi, quello che lamenta la nostra Cate-

goria e con essa il nostro Sindacato, è che è impen-

sabile giungere a ridosso di un’importante scadenza,

come quella del pagamento delle imposte da dichia-

razioni dei redditi, con modifiche così incisive, soprat-

tutto se poi integrate da provvedimenti che influenza-

no direttamente il rapporto tra Contribuente e Pubbli-

ca Amministrazione. Sarebbe invece da potenziare il

sistema di liquidazione delle Dichiarazioni dei Redditi

(art. 36 bis TUIR), per consentire di correggere eventuali

errori di riporto prima della compilazione della Dichia-

razione dei Redditi dell’anno successivo. Come è av-

venuto per le dichiarazioni IRAP 2014, liquidate nel

mese di giugno, sarebbe opportuno completare tale

passaggio con gli altri dichiarativi, anche in considera-

zione del fatto che, già con la trasmissione delle di-

chiarazioni dei redditi a settembre, essendo tali invii

perfettamente compatibili con gli strumenti informa-

tici dell’Agenzia delle Entrate, sarebbe possibile ri-

scontrare eventuali carenze di versamento, ovvero ri-

conoscere maggiori crediti, per evitare poi di riportare

l’errore nei dichiarativi successivi.

28

Page 30: ANCL SU Campania 04/2015

Centro Studi ANCL SU Campania

Ferie non godute, chi versa i contributi entro il 20/8?

Ferie non godute, chi versa i contributi entro il 20/8?di Antonio Barbato

in corso l’estate e per i lavoratori è il momento

della fruizione delle ferie maturate. Le ferie sono

un diritto costituzionalmente garantito: secondo l’art.

36 della Cost. “Il lavoratore ha diritto al riposo

settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può

rinunziarvi”. Ciò significa che, avendo il periodo di

riposo per ferie la finalità di consentire un recupero

psicofisico del lavoratore, è nullo ogni patto contrario

alla fruizione. Non solo, è fatto divieto di

monetizzazione delle ferie, salvo il caso in cui cessa il

rapporto di lavoro, evento che comporta il diritto del

lavoratore al ricevere il pagamento dell’indennità per

le eventuali ferie non godute.

È

Il numero di giorni di ferie dipende dal CCNL ma

secondo l’art. 10 del D. Lgs. 66/2003 “il periodo

annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro

settimane”. Secondo il Ministero del lavoro le quattro

settimane sono pari a 28 giorni di calendario, nel

caso di fruizione consecutiva delle ferie, ma

generalmente nei vari CCNL le ferie sono pari a 26

giorni annui. Le ferie maturano nel corso del rapporto

di lavoro, anche durante il primo anno o durante il

periodo di prova, e inoltre il diritto alle ferie può essere

normalmente frazionato e riconosciuto in proporzione

alla quantità di lavoro prestato. Alcune assenze sono

computabili ai fini della maturazione delle ferie come

le assenze per gravidanza, malattia, infortunio,

congedo matrimoniale ed anche per espletare le

funzioni presso i seggi elettorali. Non sono invece

computabili le assenze per congedi parentali,

malattia del bambino, aspettative e periodi di CIG a

zero ore.

Per quanto riguarda le modalità di fruizione delle ferie,

l’art. 2109 cc. stabilisce che il periodo annuale di ferie

retribuito deve essere “possibilmente continuativo” e

“che l’imprenditore stabilisce la fruizione delle ferie

“tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli

interessi del prestatore di lavoro”. Il datore di lavoro ha

l’obbligo di concedere al lavoratore almeno due

settimane di ferie nel corso dell’anno di maturazione,

che devono essere anche due settimane consecutive

se richiesto dal lavoratore. Le altre due settimane

restanti devono essere concesse nei 18 mesi

successivi al termine dell’anno di maturazione.

Il legislatore ha quindi posto un limite temporale

entro il quale far fruire ai lavoratori le ferie residue: il

30 giugno del secondo anno successivo a quello di

maturazione (cioè 18 mesi dopo), in quanto il termine

dell’anno di maturazione normalmente coincide con

il 31 dicembre. Esempio: al 30 giugno 2015 scadono le

29

Page 31: ANCL SU Campania 04/2015

Centro Studi ANCL SU Campania

Ferie non godute, chi versa i contributi entro il 20/8?

ferie maturate nell’anno 2013.

Se le ferie maturate nell’anno, sia le prime due

settimane da concedere nell’anno, che soprattutto le

seguenti due settimane da concedere nei 18 mesi

successivi al termine dell’anno di maturazione (31

dicembre normalmente), non sono concesse al

lavoratore entro i 18 mesi successivi, scatta per il

datore di lavoro l’obbligo di versare i contributi

previdenziali sulle ferie non godute. E la scadenza per

il versamento in F24 è per il 16 agosto di ogni anno (la

scadenza è poi prorogata al 20 agosto).

Il datore di lavoro pertanto, nella denuncia

contributiva relativa al mese di luglio, deve sommare

un compenso virtuale a titolo di ferie non godute alla

retribuzione effettiva del mese di luglio e procedere

quindi al versamento dei contributi tenendo conto

quindi della retribuzione virtuale per le ferie maturate

nell’anno 2013 e non godute entro il 30 giugno 2015.

Ci sono alcuni eventi che danno diritto al differimento

del termine di 18 mesi successivi al termine

dell’anno solare di maturazione delle ferie. Ossia in

alcuni casi, le ferie maturate (es. nel 2013) non

scadono al 30 giugno (es. 2015) e quindi non è dovuta

la contribuzione entro il 20 agosto. L’Inps ha precisato

che il termine è prorogato se intervengono cause

legali di sospensione del rapporto di lavoro

(messaggio n. 18850/2006), come ad esempio la

malattia o la maternità del lavoratore, eventi di

sospensione temporanea del rapporto di lavoro che

devono essersi verificati nell’arco dei 18 mesi

(nell’esempio dal 1 gennaio 2014 al 30 giugno 2015).

In questo caso, il termine resta sospeso per un

periodo di durata pari a quello del legittimo

impedimento.

Un altro caso di sospensione del versamento dei

contributi per le ferie non godute è il caso della

presenza di concessioni della cassa integrazione

guadagni, sia ordinaria che straordinaria che in

deroga. Anche in questo caso il termine per il

pagamento è sospeso per un periodo di durata pari a

quello del legittimo impedimento (Ministero del

Lavoro, interpello n. 19/2011).

Più precisamente, il Ministero ha chiarito che quando

intervengono gli ammortizzatori sociali quali la CIG,

viene meno il presupposto della necessità del

recupero delle energie psicofisiche per il quale è

obbligatoria la fruizione delle ferie (anche le due

settimane di ferie annue da fruire obbligatoriamente

entro l’anno di maturazione), quindi quest’ultime

possono essere godute dal lavoratore al termine del

periodo di sospensione dall’attività lavorativa. La

conseguenza è che slitta anche il termine dei 18

mesi successivi entro i quali fruire le ferie, che

comporta l’obbligo di versamento dei contributi per

ferie non godute.

Lo stesso Ministero, e per gli stessi motivi, ha stabilito

che il differimento della concessione delle ferie non

può esserci invece in caso di CIG parziale.

Sulla possibilità, in presenza di CIG, di differire il paga-

mento dei contributi relativi alle ferie non fruite, il Mi-

nistero si è espresso richiamando il messaggio

18850/2006 dell’Inps e le indicazioni in base alle

quali se si verificano ipotesi peculiari d’interruzione

temporanea della prestazione di lavoro per cause

previste da disposizioni di legge, quali ad esempio

malattia, maternità nonché concessione di CIG (ordi-

30

Page 32: ANCL SU Campania 04/2015

Centro Studi ANCL SU Campania

Ferie non godute, chi versa i contributi entro il 20/8?

naria, straordinaria e in deroga), nel corso dei diciotto

mesi, il termine per l’adempimento contributivo è da

ritenersi sospeso per un periodo di durata pari a quel-

lo del legittimo impedimento.

31

Page 33: ANCL SU Campania 04/2015

Centro Studi ANCL SU Campania

L'angolo delle FAQ

L'angolo delle FAQdi Vincenza Russo

Nel caso in cui, il sostituto d'imposta sia titolare di più numeri di partita IVA, come è possibile comunicare la

cessazione dell'attività come sostituto d'imposta?

In linea generale, nei casi in cui il sostituto d'imposta abbia cessato la sua attività, deve semplicemente inviare

una comunicazione all'agenzia delle entrate, per richiedere la revoca della comunicazione precedentemente

trasmessa. Nel caso in cui, invece, il sostituto d'imposta sia titolare di due o più numeri di partita IVA, per far

convalidare la propria revoca è necessario che, tutte le partite IVA dello stesso siano cessate e che nel modello

ne venga indicata almeno una di quest'ultime.

A favore di quali soggetti, possono essere utilizzati i voucher e quali sono i limiti di utilizzo?

Negli ultimi anni i voucher (detti anche buoni lavoro) hanno beneficiato di un ampliamento di applicabilità che,

non si limita più solo ai ragazzi con un 'età compresa fra i 16 e i 25 anni, ma anche ai lavoratori part-time, ai

pensionati, ai cassaintegrati, ai lavoratori extracomunitari, agli inoccupati e ai disoccupati. In buona sostanza,

questa tipologia di pagamento può essere utilizzato per tutte le forme di lavoro che non siano regolamentate

da un contratto di lavoro. Diremo inoltre che, ogni datore di lavoro può acquistare un voucher il quale ha un va-

lore di € 10 di cui € 7,50 compenso lavoratore ed € 2,50 contributi spettanze INPS e INAIL. Mentre il tetto massi-

mo annuo raggiungibile nell'acquisto dei voucher per ciascun lavoratore è di € 7.000,00, mentre per i cassainte-

grati è ridotto fino a 3.000,00€. Concluderemo dicendo, che i lavoratori occasionali ed accessori non sono obbli-

gati all'informazione e formazione previsti dal DLgs 81/2008 ed inoltre, non sono presi in considerazione nel

calcolo del numero dei dipendenti in forza all'azienda, relativamente all'applicazione degli obblighi di assunzio-

ne di personale diversamente abile, disciplinato dalla Legge 68/1999.

32

Page 34: ANCL SU Campania 04/2015
Page 35: ANCL SU Campania 04/2015

Centro Studi ANCL SU Campania

ASSEMBLEA DELEGATI REGIONALE

Caduto Antonio

Carbonelli Luigi

Cardinale Roberto

Pierro Francesco

Romeo Alessandro

Trimarco Riccardo

Vollono Vincenzo

COMPOSIZIONE ANCL REGIONALE CAMPANIA

Granata Anna Maria – Presidente Regionale

Caldarazzo Oreste – Vice Presidente Regionale

COLLEGIO DEI SINDACI REVISORI

Sgariglia Nicola - Presidente

Buono Claudio

D'Antonio Saverio

CONSIGLIO REGIONALE

Buonocore Maurizio

Cardinale Carlo

Ciriello Filomena

Colucci Gennaro

Del Sorbo Carmine

Esposito Carmine

Granata Antonio

Izzo Alfonso

Piazza Giuseppe

COLLEGIO DEI PROBIVIRI

Lufino Lucio

Giaquinto Giovanni

Milazzo Pasqua

Page 36: ANCL SU Campania 04/2015

Centro Studi ANCL SU Campania

CENTRO STUDI “on. V. MANCINI”

Via Alcide De Gasperi, 55 - V° piano, 80133 Napoli

T. (+39) 08 18 06 04 83; F. (+39) 08 18 06 20 07

http://www.anclsuregionecampania.it/ - [email protected];

@anclsu_campania – facebook.com/AnclSU_Regione Campania - issuu.com/anclsucampania

Direttore : Granata Anna Maria

Coordinatori: Del Sorbo Carmine, Esposito Carmine

Componenti: Barbato Antonio, Caduto Antonio, Carbonelli Luigi, Cascione Andrea, Comentale Santa,

D'Errico Dora, Di Niola Francesco Saverio, Fiamma Luigi, Gargano Rino, Gargiulo Lucia, Granata

Antonio, Piazza Giuseppe, Russo Vincenza, Salzano Gennaro, Tempesta Roberto, Trimarco Riccardo,

Ussano Stefano, Vollero Isabella, Vollono Vincenzo.

Responsabile grafico: Gargano Rino