Ambiente, energia ed attività industriale: l’impatto della limitazione delle emissioni di GES
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Ambiente, energia ed attività industriale: l’impatto della limitazione delle emissioni di GES
Luigi De Paoli, IEFE-Università BocconiCamera di Commercio di Milano
9 ottobre 2006
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Indice
1. Premessa: emissioni di GES, protocollo di Kioto e imprese
2. Direttiva ETS e imprese
3. L’impatto del Protocollo di Kioto e dell’ETS sulle economie nazionali e sulle imprese
4. Conclusioni: una nuova sfida per le imprese
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1. Le imprese e le emissioni di GES
Da alcuni anni le preoccupazioni ambientali si concentrano soprattutto sulle emissioni di gas ad effetto serra (GES)
Trattandosi di un problema globale che richiede la collaborazione di tutti i Paesi, l’accordo che disciplina gli sforzi internazionali è il Protocollo di Kioto (PdK) in vigore dal 16 febbraio 2005
Tutti i Paesi che hanno ratificato il PdK sono impegnati a conseguire gli impegni sottoscritti, ma questo si traduce soprattutto in un trasferimento dello sforzo sulle imprese (in particolare su quelle del settore energetico) (vedi oltre)
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Il Protocollo di Kioto (PdK)
Il PdK ha diviso le parti aderenti in due categorie: PA1 (Paesi industrializzati): hanno un vincolo quantitativo di
contenimento delle emissioni di GES (l’UE –8%, l’Italia –6,5%) PnA1 (PVS): partecipano allo sforzo di riduzione delle emissioni
senza un vincolo quantitativo nel primo periodo di attuazione (2008-2012)
Il PdK ha previsto che la limitazione delle emissioni di GES possa essere conseguita anche ricorrendo a tre “meccanismi flessibili” ovvero di scambio di permessi di emissione: Joint Implementation (progetti che riducono le emissioni nei PA1) Clean Development Mechanism (progetti che riducono le emissioni
nei PnA1) Emissions Trading (scambio di permessi di emissione sia “primari”
che “secondari”, cioè da JI o CDM)
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Limitazione delle emissioni di GES e
imprese Benchè il PdK sia firmato dagli
Stati, la sua attuazione interessa innanzitutto le imprese (e in parti- colare quelle del settore energetico) in quanto:
1. L’industria energetica e gli altri settori produttivi sono responsabili di più del 50% delle emissioni;
2. Il numero di soggetti coinvolti è limitato e quindi è più facile facile controllare e limitare le emissioni
3. Le imprese hanno la capacità e l’interesse a sviluppare progetti che generino crediti di emissione
Emissioni di gas serra in Italia nel 2004
Mt CO2 eq. %Settore energia 171 29,3Altri sett. industriali 129 22,1
Trasporti 133 22,8Civile 88 15,1Agricoltura 38 6,5Rifiuti 20 3,4Altro 4 0,7Totale 583 100,0
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2. La Direttiva ETS e le imprese
La Direttiva ETS trasforma il vincolo di emissione dei Paesi in un vincolo per impianto. Gli operatori possono poi soddisfare il vincolo con la compravendita di permessi di emissione
Il periodo di applicazione del PdK viene anticipato per 4 settori e per la CO2 nella fase pilota del 2005-2007.
I settori industriali interessati sono: attività energetiche- impianti termici con potenza superiore ai 20
MW (eccetto inceneritori), raffinerie, forni a coke produzione e trasformazione dei metalli ferrosi industria dei prodotti minerali - impianti per la produzione di
cemento,del vetro e della ceramica altre attività - produzione di pasta per carta, produzione di carta
e cartone
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L’ETS in Europa
Grazie all’ETS, l’UE è riuscita a coprire il 52 % delle sue emissioni con ca 11.500 impianti.L’Italia, che rappresenta più del 10% del totale.Le principali critiche che si possono muovere all’allocazione dei permessi nell’ETS sono tre:
1. dipende dal burden sharing agreement stabilito su basi politiche
2. è gratuita3. gli Stati Membri hanno
potuto seguire criteri diversi
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Le conseguenze del BSA
In teoria, la riduzione delle emissioni all’interno dell’UE avrebbe dovuto essere fissata in modo da uguagliare il CMA.Il burden sharing agreement invece è stato il risultato di una negoziazione politica.I paesi che hanno accettato una riduzione troppo alta si trovano oggi penalizzati.Il primo anno di funzionamento dell’ETS ha mostrato che alcuni paesi, senza aver fatto politiche molto aggressive di riduzione delle emissioni, si trovano in posizione di vantaggio.
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La gratuità dell’assegnazione dei permessi
In regime di concorrenza, se i prezzi si formano in base ai costi marginali, anche se i permessi sono assegnati gratuitamente, il loro costo-opportunità si scarica sul prezzo dei prodotti.
Se invece i prezzi si formano sui costi medi, allora i permessi gratuiti non fanno salire i prezzi dei prodotti
Vi sono ragioni di credere che il settore elettrico godrà di notevoli “windfall profits” per i permessi gratuiti e che tutti i consumatori elettrici vedranno un aggravio per i loro acquisti di elettricità
L’assegnazione gratuita dei permessi è servita per ottenere consenso politico, ma è poco razionale.
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La discrezionalità degli SM
La discrezionalità degli Stati membri nell’assegnazione dei permessi ai singoli impianti (in particolare in base alla tecnologia usata) :Può introdurre distorsioni nella concorrenza
tra imprese di paesi diversiPuò condurre a soluzioni subottimali anche
all’interno di ogni paese
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3. Le conseguenze macroeconomiche del PdK e dell’ETS
Obbligo di ridurre le emissioni scarsità della risorsa (assume un prezzo) riallocazione delle risorse produttive verso input e settori a minore emissione di GES minore produttività delle risorse impiegate diminuzione del PIL e dei consumi
I paesi che “esportano” permessi ottengono un beneficio in termini di ricchezza a a scapito dei paesi importatori di permessi.
Se alcuni paesi introducono l’obbligo e altri no, si modifica il rapporto di competitività e il flusso degli scambi commerciali (dal punto di vista ambientale si ha un “carbon leakage”). La politica di riduzione di GES può quindi avere anche effetti sull’occupazione.
I meccanismi flessibili (JI, CDM) riducono il costo dei permessi di emissione
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L’ETS dal punto di vista della teoria microeconomica
Per le imprese, l’ETS equivale alla somma di uno standard quantitativo e di una tassa o sussidio (dipende dal modo in cui sono
allocati i permessi e da come si formano i prezzi sul mercato)
Per i consumatori l’ETS equivale sempre a una tassa sui prodotti la cui produzione comporta emissioni sottoposte a permessi
Tanto più la quantità di permessi attribuiti è limitata, tanto più il valore dei permessi è alto
Tanto più il prezzo dei permessi è elevato, tanto più l’ETS è efficace nel mettere in moto i meccanismi economici che limitano le emissioni
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Quale sarà il prezzo dei permessi?
Le conseguenze dell’ETS dipenderanno, come è ovvio, anche dal prezzo dei permessi.Negli ultimi due anni questi hanno oscillato fortemente.Dopo l’annuncio dei risultati del primo anno (maggio 2006) vi è stato un crollo.Attualmente (6 ottobre 2006) sono pari a 12,15 €/EUA secondo I dati di PointCarbon
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4. Una nuova sfida per le imprese
L’introduzione di limiti quantitativi alle emissioni di GES costituisce una nuova sfida per le imprese, specie per quelle ad elevati consumi energetici
In qualche caso l’introduzione della risorsa “permessi di emissione” distribuiti gratuitamente può addirittura incrementare i profitti delle imprese (vale soprattutto nel settore elettrico)
In linea generale però l’ETS fa aumentare i costi di produzione indebolendo la competitività delle imprese rispetto a quelle non sottoposte ad analogo vincolo (o sottoposte a vincolo meno stringente). Da qui la comprensibile avversione delle imprese per questa politica.
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L’ETS come opportunità per acquisire vantaggi competitivi
La risposta alla sfida posta dall’uso della nuova risorsa può essere molteplice: Delocalizzarsi in paesi dove il vincolo non esiste (oggi vale
solo in pochi casi) Ridurre le proprie emissioni a parità di produzione
Tramite l’efficienza energetica La modifica del mix di comsbustibili L’innovazione tecnologica di processo o di prodotto
Partecipando attivamente al mercato dei permessi attraverso l’acquisizione di crediti “project related”
Ricorrendo a strumenti finanziari più sofisticati del semplice acquisto dei permessi (per es. partecipazione a carbon funds)
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Conclusioni
In definitiva le imprese hanno più strade per cercare di trasformare il “vincolo ambientale” in un vantaggio competitivo
In ogni caso l’UE “ci crede” e quindi sarebbe errato assumere un atteggiamento
La scommessa UE è che anche i Paesi che oggi non partecipano a questo sforzo e quindi anche le imprese che non devono ancora fare i conti con la risorsa CO2 saranno presto chiamati a seguire la stessa strada.