AM architetti

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L’Evelyn Grace Academy di Zaha Hadid Il Resnick di Renzo Piano La Casa Guinovart dello Studio CA-SO Emeroteca Ugo Casiraghi di Waltritsch a+u FEDERAZIONE ORDINI ARCHITETTI ABRUZZO E MOLISE Poste Italiane Spa - spedizione in abbonamento postale D.L.353/2003 (conv. in L.27/02/04 n°46) art.1 comma.1 - CN/BO A M architetti

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rivista della Federazione Architetti Abruzzo e Molise

Transcript of AM architetti

L’Evelyn Grace Academy di Zaha HadidIl Resnick di Renzo Piano

La Casa Guinovart dello Studio CA-SOEmeroteca Ugo Casiraghi di Waltritsch a+u

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Iscritta con l’autorizzazione del Tribunale di Bolognaal numero 8079 del 7 maggio 2010

Direttore EditorialeCesare Ricciuti

Direttore ResponsabileMaurizio Costanzo

CaporedattoreIole Costanzo

Coordinamento di RedazioneCristiana Zappoli

Art DirectorLaura Lebro

Comitato ScientificoFranco Trovarelli

(Presidente Ordine della Provincia di Chieti)Gianlorenzo Conti

(Presidente Ordine della Provincia di L’Aquila)Gaspare Masciarelli

(Presidente Ordine della Provincia di Pescara)Giustino Vallese

(Presidente Ordine della Provincia di Teramo)Nicola Moffa

(Presidente Ordine della Provincia di Campobasso)Francesco Dituri

(Presidente Ordine della Provincia di Isernia)

RedazioneLorenzo Berardi, Biagio Costanzo,

Mattia Curcio, Antonello De Marchi,Enrico Guerra, Angela Mascara,Marcello Rossi, Alessandro Rubi,

Carlo Salvini, Federica Setti,Paolo Simonetto, Mercedes Vescio,

Gianfranco Virardi

Hanno collaboratoManuela Garbarino, Marilena Giarmanà,

Emilia Milazzo, Marco Zappia

StampaLITOSEI - Officine Grafiche

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Federazione degli Ordini degli Architetti PPC di Abruzzo e Molisec/o Ordine degli Architetti della Provincia di Chieti

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sommario

IntervistaRoberto D’AgostinoRiflessioni sul recupero delle aree dismesse

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TracceLibri, novità, prodotti, notizie dal mondo

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Progettare44Asimmetrie e trasparenze p.44Evelyn Grace Academy, LondraProgetto di Zaha Hadid Architects

Un nuovo spazio dedicato all’arte p.54Resnick, Los AngelesProgetto di Renzo Piano Building Workshop

Edilizia rurale e modernità p.62Casa Guinovart, CanejanProgetto di Studio CA-SO

Un’emeroteca di luci e colori p.70Emeroteca Ugo Casiraghi, GoriziaProgetto di Waltritsch a+u

DesignKubedesign, Essent’ial, Blow Sofa, Çurface

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AppuntamentiArchitetture e design da vedere

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AM architetti - Focus92Il benessere ambientale p.92

I criteri bioclimatici p.93

Riqualificare le biblioteche p.94

Khan Shatyr Entertainment Center p.98Progetto di Norman Foster

Museum of Tomorrow p.99Progetto di Santiago Calatrava

ExCeL II p.100Progetto: Grimshaw Team

Ampliamento Ospedale San Luca p.101Progetto di Bruno Marcotti, Tobia Marcotti

Ristrutturazione Dynamo Stadium p.102Progetto di Erick van Egeraat Associated Architects

Batumi Aquarium p.103Progetto di Henning Larsen Architects

17AMarchitetti

editorialeAM

Nei primi anni Novanta, quando i Consigli degli Ordini degli Architetti delle Provincedi Chieti, L’Aquila, Pescara, Teramo, Campobasso e Isernia costituirono la Fede-razione degli Ordini delle Regioni di Abruzzo e Molise, colsero, molti anni primache si concretizzasse la Riforma del Titolo V della Costituzione, l’evoluzione del-l’assetto istituzionale della Repubblica cercando di fornire risposte adeguate allenuove esigenze che l’architettura amministrativa costituzionale andava delineando.

Va dato quindi merito ai Consigli degli Ordini di quegli anni se, tra le prime in Ita-lia, la Federazione Abruzzese Molisana, mosse i primi passi cercando di dare ri-sposte alle esigenze di coordinamento regionale e interregionale, di interfaccia congli organismi legislativi e di governo regionali, di semplificazione della rappre-sentanza nei confronti del Consiglio Nazionale in una logica di sano e proficuo fe-deralismo che fosse in grado di dare le risposte più adeguate alle cosiddette ma-terie concorrenti.

Il bisogno di “inventarsi” un assetto organizzativo che desse una risposta alla mancanza di un raccordo tra il livello pro-vinciale e quello Nazionale ha avuto il felice esito della Conferenza degli Ordini con il corollario degli incontri prepa-ratori delle Delegazioni consultive a base regionale. Nessuna legge ha imposto tale assetto; è stata la Comunità dellerappresentanze ordinistiche che l’ha validata e confermata nel tempo dando così una esemplare risposta al quesitoteorico sull’essenza delle professioni: avere la capacità di individuare i propri fabbisogni (formativi, organizzativi, ecc.)in totale autonomia senza che nessuno glieli indicasse dall’esterno (il famoso “professionalismo”).

Mancava un “parlamentino” che garantisse un luogo fisico alla discussione delle rappresentanze locali, inducesse la ri-flessione sui temi, dettasse l’agenda sulle priorità al “governo” del Consiglio Nazionale e ne supportasse l’azione a livellonazionale. Ora c’è ed è riconosciuto grazie anche al contributo della nostra Federazione: il processo è irreversibile.

Nel luglio del 2008 il Congresso Mondiale degli Architetti tenutosi per la prima volta in Italia, a Torino, poneva con forzail problema della trasmissione dei temi e dei valori dell’Architettura. In un mondo in profonda e radicale trasformazione“Trasmitting Architecture” voleva, e vuole ancora oggi, essere un invito a comunicare con la società e raccogliere daquesta le istanze ed i bisogni più profondi ai quali il nostro lavoro può e deve dare risposte; le migliori possibili.

Il tema della Dodicesima Mostra Internazionale di Architettura (People meet in architecture) presso la Biennale di Ve-nezia, conclusasi qualche giorno fa, si proponeva di aiutare gli individui e la società a relazionarsi con l'architettura,aiutare l'architettura a relazionarsi con gli individui e la società, e aiutare gli individui e la società a relazionarsi tra loro.

Trasmitting Architecture e People meet in architecture: in questo primo scorcio di nuovo millennio il bisogno della no-stra disciplina di tornare ad essere in sintonia con il Mondo e con la Società è più forte che mai.

AM vuole essere, con modestia, ma con altrettanta tenacia, uno strumento di dialogo e il contributo delle comunità pro-fessionali abruzzesi e molisane a tale dibattito; contributo che parte dai nostri territori e che vuole essere espressionedi tutte le componenti del sistema ordinistico: da chi si occupa di istruzione e formazione a chi opera nella PubblicaAmministrazione; da chi opera nell’Impresa a chi svolge la libera professione. È la somma che fa il totale, ricordavaTotò; ed in questo particolare momento storico si ha bisogno dell’aiuto di tutti per fare in modo che la nostra disciplinatorni ad occupare un ruolo centrale. Non perché questo fa comodo agli Architetti ma perché è necessario alla Società.

di Mauro LatiniPresidente della Federazione degli Ordini degli Architetti PPC di Abruzzo e Molise

LINK ENERGY OGGILink Energy progetta e realizza sistemi “chiavi in mano” per impianti fotovoltaici, termo-solari e microeolici. Le scelte tecnologiche e d’impianto variano in funzione di tutta una seriedi variabili (superficie utile, percorso del sole, ombreggiamenti, ventilazione del sito, ecc.)che vengono attentamente valutate fin dalla fase di progettazione che precede e guida larealizzazione di ogni intervento. La progettazione tecnica è sempre accompagnata da unservizio personalizzato di consulenza energetica, fiscale e finanziaria, e di assistenza alCliente nella gestione dei rapporti con gli Istituti di Credito e con gli Uffici Tecnici Comunalio di altri Enti preposti al rilascio di eventuali nulla osta/autorizzazioni. L’intervento di LinkEnergy si spinge comunque ben oltre la realizzazione dell’installazione e delle opere con-nesse (es.: smaltimento eternit, rifacimento della copertura, ecc.), grazie ad un servizio dimanutenzione ordinaria dei componenti di cui viene sempre prestata idonea garanzia.

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21AMarchitetti

uando si pensa alla crescita delle città sipensa quasi sempre a un coinvolgimentodelle periferie. Esiste però una periferia

storicizzata e inglobata dal centro che per varieragioni, sociali, politiche, economiche oamministrative si ritrova ex aree, variamenteutilizzate e ora dismesse, a corredo del proprioimpianto urbanistico. A tutt’oggi sono molti gliesempi di riuso delle aree industriali. Certo questotipo di aree sono più comuni e oltretutto richiedonoanche varie operazioni di bonifica, ma ve ne sonoanche altre legate alla presenza di caserme, stazioniferroviarie e ad altre tipologie di strutture. Lasensibilità su questo tema è cresciuta nel tempo eovviamente anche l’interesse. Sono aree chepresentano molte problematiche ma di sicuro sonoun’ottima opportunità di crescita e quindi un’ottimarisorsa economica.Le aree dismesse quali valenze hanno oggi perle città attuali?«La questione delle aree dismesse si pone in Italia apartire dagli inizi degli anni Novanta del secoloscorso, quando tutto il decennio precedente avevavisto svilupparsi due fenomeni concomitanti:l’arresto e l’inversione della crescita urbana e laformazione di vaste aree urbane abbandonate acausa delle massicce riconversioni industriali eall’abbandono di infrastrutture civili e militariobsolete. Ciò ha posto, soprattutto alleAmministrazioni comunali, il problema di comeintervenire su queste aree fortemente problematicheche si presentavano come dei guasti urbani. Sitrattava di affrontare problemi per i quali leamministrazioni e gli operatori privati non eranoattrezzati: problemi patrimoniali, procedurali,societari, ambientali, sociali. In quegli anni, ancheper merito dell’attività di AUDIS (Associazione per leAree Urbane Dismesse www.audis.it) che ha messosistematicamente intorno allo stesso tavoloamministrazioni pubbliche e operatori privati, laquestione delle aree dismesse si è posta come una

grande opportunità dal punto di vista dellariqualificazione delle città, ma anche dal punto divista economico e sociale. Si tratta di una valenzache ancora oggi, nonostante le profonde recentitrasformazioni del ciclo economico, può esercitarsiin maniera estremamente positiva per le cittàitaliane: non solo patrimoni da riconvertire, maoccasioni uniche di rigenerazione urbana».Che differenza esiste tra ciò che vieneconsiderata area residua dello spazio urbanoe area dismessa?«L’area residua rappresenta piccoli brani di cittàrisultato di urbanizzazioni non completate oconseguenze dello sprawl urbano che caratterizzanon solo le grandi città: esse possono svolgere unruolo nella ricomposizione morfologica o nelladotazione di servizi per la città, ma rappresentanosempre una qualche forma di espansione e dioccupazione del suolo che andrebbe evitata. Learee dismesse, sono aree spesso centrali estrategiche, con importanti storie di utilizzo alleproprie spalle, spesso interessate da costruzionianche di rilevante interesse storico e testimoniale,che fanno parte integrante dell’organismo urbano.Recuperare un’area dismessa, oltre alle ricadutefisiche e socioeconomiche, rappresenta anche unagrande operazione culturale».Le nuove teorie sulla crescita delle città sibasano sul concetto del ricucire e della densità.Questo vorrebbe forse dire una futurasaturazione delle aree industriali dismesse chegravitano intorno alle città italiane?«Ricucire e generare nuova densità va nelladirezione della ricomposizione urbanistica diorganismi spesso slabbrati e poco riconoscibili. Ildestino delle aree dismesse è sicuramente quellodel ricucire, per usare il termine della domanda, manon è necessariamente quello di essere edificate odi contribuire alla densificazione. La straordinariaopportunità fornita dalle aree dismesse è che a uncerto punto dell’evoluzione delle nostre città, spesso

DELLE AREE DISMESSE

Roberto D’AgostinoAttualmente presidente di AUDIS(Associazione per le Aree UrbaneDismesse) e Presidente dellaSocietà Arsenale di Venezia spa,Roberto D’Agostino è autore disaggi e articoli, curatore di mostree convegni su argomenti diurbanistica, pianificazioneterritoriale e pianificazione degliinsediamenti. È stato inoltreconsulente o responsabile diprogetti per conto diamministrazioni pubbliche opromossi da organismiinternazionali in Francia,Repubblica Popolare Cinese,Cambogia, Bosnia, Serbia, paesidel Mercosur (Argentina, Brasile,Uruguay, Paraguay), Tanzania.

intervistaAM

Sono aree abbandonate. Fanno parte dell’immaginario e dei ricordi di molti cittadini. Sono lecosiddette aree dismesse. L’interesse intorno a loro sta aumentando. Affrontiamo l’argomento conl’architetto Roberto D'Agostino, esperto Unesco per i problemi delle città storiche di Iole Costanzo

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RIFLESSIONI SUL RECUPERO

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caratterizzata dall’assenza di qualità urbanistica,architettonica, sociale e ambientale, ci si presental’occasione che pezzi di questa città, nel cuorestesso della trama urbana, vengono abbandonatie debbono essere riprogettati. Dunque possonoessere riprogettati nel quadro di una visionedei bisogni generali della città e risponderepuntualmente ai bisogni individuati. Non esiste unarisposta univoca al riuso delle aree dismesse, inquanto tale riuso dovrà conformarsi alle necessitàche ogni specifica città presenta: potranno diventarenuove aree residenziali ad alta o a bassa densità,centri direzionali o commerciali, strutture culturalio di servizio, parchi pubblici, vuoti ambientali».Oggi che la logica del rispetto dell’uso del suoloè molto in voga, tanto da sembrare l’unica stradapossibile per una sostenibile crescita urbana,ritiene sia necessaria una salvaguardia delle areedismesse proprio per evitare che diventino predadi una prossima speculazione edilizia?«La salvaguardia delle aree dismesse corrispondeal loro corretto riutilizzo, vale a dire ad un riutilizzocoerente con gli obiettivi di qualità urbanistica,architettonica e ambientale, di sostenibilitàeconomica e sociale, di elevazione del contestoculturale. Il loro recupero coincide con il modomigliore di fare crescere (che non vuole direingrandire) le città. Non vi è dubbio che leaspettative di ordine speculativo tanto più sonoincombenti quanto più le aree sono pregiate dalpunto di vista della loro localizzazione. Sta agliorganismi democraticamente eletti fare in modo chetali aspettative vengano frustrate o ricondotte nelgiusto alveo di un equo profitto per chi opera e diuna adeguata ricaduta a favore degli interessi

collettivi, e sta ai cittadini e alle loro forme diespressione politica controllare che ciò accada.Va detto che le attese speculative, che purepermangono, si scontrano oggi con la dura realtà deifatti, che vedono la fine delle follie immobiliari inItalia come in tutto il mondo occidentale. Qui, se mai,si apre un altro problema e cioè come riuscirea realizzare il recupero delle aree dismesse inassenza di stimoli economici a breve che finorahanno sostenuto, e spesso alterato, il processo».Sarebbe auspicabile la progettazione di unmasterplan per le aree dismesse delle cittàitaliane così da poterne programmare la miglioretrasformazione sostenibile nel tempo?«Spesso i progetti di recupero delle aree dismessehanno coinciso con l’attivazione di accordi diprogramma, di progetti speciali o di procedureanaloghe tese non solo ad accorciare i tempi delleautorizzazioni, ma soprattutto ad aggirare le sceltecondivise rappresentate dagli strumenti urbanisticigenerali, individuati come inutile ostacolo agliinterventi. La logica del cogliere l’occasione che sipresentava, per esempio la proposta immobiliare digruppi privati che veniva assunta come interessegenerale, ha portato a delle distorsioni delleprocedure e del controllo democratico degli interventinon dissimile a quanto avveniva in alcune cittàitaliane nei famigerati anni Ottanta, in cui ladistorsione delle regole e del diritto era praticacomune funzionale agli interessi di potentati privati.Dunque è non solo auspicabile, ma assolutamentenecessario che il recupero delle aree dismesse, chequasi sempre prevedono cambi di destinazioned’uso o modifiche dei parametri urbanistici, avvengaall’interno di un piano generale o di settore dellacittà, in quanto questo è l’unico modo per finalizzaregli interventi verso obiettivi condivisi, per controllarnegli esiti e per verificare l’adeguatezza delle ricadutedi ordine collettivo».Sarkozy ha mobilitato architetti e urbanisti perun’analisi sul futuro di Parigi. Quale futuro siprospetta per le città italiane?«Questa è quella che si definirebbe una domanda dacento milioni di dollari. Se il futuro che si prospettaalle città italiane è quello che si sta srotolandodavanti ai nostri occhi, se non verranno rapidamentecambiate le leggi urbanistiche regionali, che hannoaffossato l’urbanistica in Italia, se la culturaurbanistica italiana continuerà ad essere dominatadalle emergenze, dai commissari, dai progettispeciali, dalla rottura delle regole minime diconvivenza quale quella prodotta dai vari piani casanazionali e regionali, dalla pulsione alla distruzionedel territorio e del paesaggio che pare congenialeagli interessi dominanti sulla scena, se questo e altrocontinuerà, il futuro delle città italiane sarà quelloche è: un progressivo degrado che si dipana tra le

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lamentazioni e l’indifferenza. Se verrà riconosciutala civiltà urbana delle nostre città come un unicoinalienabile patrimonio che probabilmente non haeguali al mondo per ricchezza e complessità, e severranno riconquistate le condizioni culturali egiuridiche per conservarlo e rigenerarlo a partiredalla grandi potenzialità esistenti – i centri storici,le aree dismesse, le parti di città da riconvertire,il paesaggio in cui sono immerse – allora le nostrecittà in futuro potrà ricominciare ad essere unmodello di riferimento per un modo in cui le cittàe le architettura si vanno sempre più confondendo,dovunque siano realizzate, in un unico indistintoe un po’ terrificante modello».Esistono secondo lei le potenzialità endogene diuna specifica area? Se sì, cosa fare allora, nellalogica della riutilizzazione territoriale, perindividuarle e proteggere?«Ogni area dismessa ha avuto un ruolo nella storiadella città, occorre riconoscerlo e muoversi, nelrecupero, in quel solco: pensiamo al senso diBagnoli nella storia di Napoli, o di Portomargheraper Venezia, o delle aree Falk per Sesto S.Giovannie così via. Sul riconoscimento di questo ruolopossono fondarsi le scelte corrette ditrasformazione, anche discostandoseneprofondamente se le esigenze della città (e nondegli operatori casualmente interessati allatrasformazione) lo pretendono».Le aree dismesse presentano a volte almeno duetematiche da affrontare: il possibile riuso degliimmobili esistenti e la necessità di operare unabonifica sull’intera area. Quali sinergie sarannonecessarie per poter sopperire alle spese?«Non vi è incontro sulle aree dismesse che nondebba porsi il problema delle bonifiche, poiché inmaggiore o minor misura tutte queste aree hannoproblemi di bonifica e molte di queste sono da annibloccati per l’incapacità di venire a capo della

questione. Tuttavia l’ostacolo al recupero frappostodai diversi inquinamenti presenti nei terreni o nellefalde è più di carattere procedurale che economico.Non è questa la sede per affrontare un problemacosì complesso, basti dire che la legislazioneesistente, soprattutto per quanto riguarda i cosiddettisiti di interesse nazionale, non tende a favorire labonifica, ma a bloccarla. Nello stesso tempo si fafatica a reperire nelle amministrazioni localicompetenze adeguate per affrontare con decisionel’iter imposto dalla legge. Dal punto di vistaeconomico, le risorse vanno generate attraversoil progetto di recupero dell’area e la suavalorizzazione. Purchè non si sommino al costodelle bonifiche costi speculativi delle aree chedebbono invece essere valutate al valore dimercato, sottratti i costi delle bonifiche».Quali esempi ci sono in Italia di aree dismessegià recuperate?«Gli esempi sono ormai innumerevoli e di qualitàassai diversa. Si va dai casi storici del Lingotto aTorino, di Novoli a Firenze, della Bicocca a Milanoe della prima zona industriale di Porto Marghera aVenezia (area del Parco Scientifico e tecnologico),a numerosi recuperi di Archeologia Industriale sparsiin tutta Italia – dagli ex Macelli alle fornaci passandoper il recupero di interi villaggi industriali, di exOspedali Psichiatrici, zuccherifici, magazzini portualieccetera in cui oggi vivono molte strutture culturalie universitarie miste a uffici servizi e in alcuni casiresidenze – ai più recenti recuperi di aree ferroviariee delle più svariate industrie sparse in ogni angolodel Paese. Nominarle tutte sarebbe impossibilee si farebbe sicuramente torto a qualcuno.Mi pare tuttavia doveroso citare il caso della cittàdi Torino che costituisce un esempio di come larigenerazione di un’intera città dal punto di vistaterritoriale, ambientale, economico, sociale eculturale possa passare attraverso il recupero dellearee dismesse o degradate. Certo Torino, unica cittàfordista in Italia, ha attraversato una crisi industrialeestremamente dura che ha “fornito” un patrimonioparticolarmente ricco di aree dismesse, ma hasaputo reagire dotandosi di strumenti urbanisticie amministrativi efficienti che hanno stimolato eguidato un gioco di squadra unico nella storiarecente del nostro Paese che è giunto a conquistarela sede dei giochi olimpici invernali del 2006,sfruttando a pieno questa occasione per mettere inatto i programmi di rigenerazione concordati. Chiudoricordando la nuova frontiera della rigenerazioneurbana costituita dai quartieri residenziali degli anni’50 e ’70 oggi in molti casi investiti da una crisiurbanistica, architettonica e sociale di forte impattosull’intero sistema urbano. Si tratta di un temacruciale le cui soluzioni sono tutte da inventare.Il confronto è aperto, nessuno si senta escluso».

3. L'area del ParcoScientifico e Tecnologicodi Venezia; 4. Centropolifunzionale SNOS nelleEx Officine Savigliano aTorino

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Il portone si blinda automaticamenteed infallibilmente grazie alla serratura“brevettata” ogni volta che l’anta vieneaccostata al battente senza l’ausilio dellachiave e di corrente elettrica.

• FUNZIONE ANTIPANICOIl portone viene sblindato automaticamentesolo con la semplice rotazione dellamaniglia o pomo interno permettendo unarapida uscita senza dover compiere piùoperazioni per la sblindatura e apertura.

• CERNIERE A SCOMPARSAE PERFETTA COMPLANARITÀDEL PORTONE SENZA NESSUNAPARTE METALLICA A VISTA

• LIMITATORE DI APERTURAA SCOMPARSA

Nei portoni blindati Marsilii inserendoil limitatore d’apertura l’anta si apreparzialmente e non c’è nessuna biellache impedisce la completa visuale.Sono 5 le manovre per l’inserimentoe il disinserimento nei portoni tradizionali,nelle porte Marsilii invece, nei modelli conmaniglia rotativa sono 3, nei modelli conmaniglia scorrevole ne occorre solo 1.

• SISTEMA PARA SPIFFERIBREVETTATO “ANTI-DRIP”

Al posto della tradizionale lamaparafreddo a ghigliottina viene montatoun paraspifferi brevettato dalla dittaMarsilii denominato “anti-drip” chepermette la sigillatura all’aria, all’acquae acustica nella parte inferiore, ottenendolo stesso risultato delle battute a pavimentosenza inestetici e ingombranti rialzi.

MANIGLIA ROTATIVA

• MANIGLIERIA BREVETTATA ESCLUSIVALa ditta Marsilii, con anni di studio nelsettore del desing, ha elaborato e immessonel mercato due tipi di maniglie, manigliarotativa e maniglia scorrevole.

• SISTEMA ANTI INTRUSIONERESISTENTE ALLE LEVE DI OGNI GENERECon un sistema innovativo di accoppiamentotra telaio e controtelaio brevettato la dittaMarsilii garantisce la totale resistenza alleleve per lo scardinamento.

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MANIGLIA SCORREVOLE

31AMarchitetti

� CONCORSI Art Forest di Maribor

Art Forest. Un’ipotesi di museo, progettato dal grupporomano 2A+P/A e da Andrea Branzi. È un nuovo con-tenitore per l’arte del XXI sec. ideato per un concorsoa Maribor in Slovenia. La suggestione che domina que-sto progetto è quella di una foresta di pilastri invaden-te gli spazi vuoti della città. Uno spazio pubblico copertoda un grande soffitto trasparente: «L'idea era proprioquella di creare un bosco denso, dove i visitatori si sa-rebbero potuti immergere come in una grande forestaartificiale e tecnologica», afferma Matteo Costanzo, unodegli architetti del gruppo 2A+P/A. Lo spazio è stato pen-sato per ospitare l’arte contemporanea che esige gran-di spazi. Ma a ciò bisogna anche aggiungere che il pro-getto dell’Art Forest di Maribor è duplice nella sua im-postazione. È museo e parco. E pertanto presentereb-be una duplice valenza espositiva: l’arte nella città el’esposizione nel verde. La disposizione interna dellastruttura, completamente fruibile, dovrebbe ospitare le

principali funzioni destinate al pubblico (museo, caffet-teria, bookshop, ristorante e punto informazioni) su unostesso livello, quello di accesso, dove sono stati pensatidue diversi androni: due grandi cortili di vetro microcli-matizzati con giardini naturali, concepiti come due hallunite da un corridoio sotterraneo con funzione di accessoanche per la parte museale ipogea. L’intenzione del pro-getto sarebbe quella di provare a fondere le attività delNuovo Museo con quelle della vita di tutti i giorni.

a cura di Cristiana Zappoli

libri, novità, prodotti, notizie dal mondo

TTRRAACCCCEE

� ECO.DESIGN La Smart eco friendly

Smart, CD Cartondruck AG, azienda specializzatanella produzione di packaging in cartone, e l’artista ber-linese Sarah Illenberger, hanno presentato a settembre,in occasione del Motor Show di Parigi, la smart CAR-TONDRUCK, la prima Smart fortwo rivestita interna-mente ed esternamente di cartone riciclato e riciclabi-le di alta qualità. L'obiettivo è dimostrare come l'utiliz-zo di un cartone simile al materiale eco friendly impie-gato per i cartoni della pizza, se viene “trattato” con crea-tività, può dare il via a numerose possibilità di impiegonel campo dell'eco design. La citycar a due posti, infatti,si presenterà all'esterno rivestita da migliaia di scatolee contenitori di cartone riciclati, dalle dimensioni diffe-renti, che coprono per intero i pannelli della carrozze-ria e che sono stati disposti in maniera da formare deipixel che riproducono le sembianze di un cespuglio. Stes-so procedimento per alcuni particolari, come i finestri-ni e, all'interno della vettura, lo specchio retrovisore, lealette parasole e i tappetini. «Con questo progetto ab-biamo voluto dimostrare che questa citycar non è in al-cun modo usa e getta, anzi, può essere realmente du-revole anche se costruita con un materiale certamentenon ortodosso», spiega Marc Langenbrinck, numero unodel settore marketing internazionale di Smart. «Ci pia-

ce continuare a cercare nuovi modi per evidenziare lacreatività urbana, nuove possibilità del design e l’ec-cezionale compatibilità ambientale della Smart». A di-mostrazione dell’innato spirito eco-frendly, creativo e iro-nico di Smart «Questa Smart - specifica Steffen Schni-zer, uno dei dirigenti di CD CARTONDRUCK AG - di-mostra che il cartone e le scatole usate in modo intel-ligente offrono sorprendenti possibilità di design so-stenibile». La designer Sarah Illenberger, che da annisviluppa idee visive e concetti per redazioni e produzionipubblicitarie indipendenti, non è nuova alla realizzazionedi opere costruite con materiali sostenibili quali carta,legno e lana. Realizza le sue creazioni rigorosamentea mano con una cura attentissima ai dettagli e molte del-le sue opere sono state pubblicate su magazine e gior-nali di rilevanza internazionale.

� MATERIALI Cemento trasparente

Un cemento nuovo che, legando particolari resine conun impasto di nuovissima concezione, consente di rea-lizzare pannelli solidi e isolanti ma allo stesso tempo ingrado di far filtrare la luce. È stato presentato a marzoin Triennale i.light®, il nuovo “cemento trasparente” uti-lizzato per la realizzazione del Padiglione italiano aShanghai per l’Expo. Il materiale è stato messo a pun-to da Italcementi proprio per quell’edificio. «Dall’incontrocon il commissario generale del Governo per Expo 2010,il professor Beniamino Quintieri, e con il progettista, l’ar-chitetto Giampaolo Imbrighi, era sorta l’esigenza di in-dividuare, in breve tempo, una soluzione economica einnovativa per rendere trasparenti le pareti del Padiglioneitaliano», ha spiegato Giovanni Ferrario, Direttore Ge-nerale Italcementi. «Ci siamo riusciti sviluppando un nuo-vo materiale, risultato di una vincente ricerca sul cam-po. Ancora una volta Italcementi porta con successo l’in-novazione in un settore solo all’apparenza “tradizionale”,come quello dei materiali per le costruzioni. L’innova-zione è sempre più protagonista della mission della no-stra azienda». Il nuovo prodotto garantisce la traspa-renza miscelando, secondo un’innovativa formulazio-

Sopra e sotto: unaSmart completamenterivestita da cartonericiclato. Realizzatadalla designerberlinese SarahIllenberger, è statapresentata al MotorShow di Parigi

32 AMarchitetti

ne, cemento e additivi che, grazie a una straordinariafluidità, legano una matrice di resine plastiche in un pan-nello che unisce alla robustezza caratteristica del ma-teriale cementizio la possibilità di far filtrare la luce dal-l’esterno verso l’interno, e viceversa. Le resine sono spe-ciali polimeri che i ricercatori Italcementi hanno sele-zionato per questo tipo di applicazione. Possono ave-re differenti colorazioni, interagendo sia con la luce ar-tificiale che con quella naturale, creano una luce caldae morbida all’interno dell’edificio e un’immagine di chia-ro nitore all’esterno. I ricercatori Italcementi hanno dun-que individuato la giusta formulazione di un premisce-lato che consente di mantenere queste resine plasticheall’interno del materiale cementizio, per sua natura opa-co, senza creare fessure e comprometterne la struttu-ra. Grazie a questa soluzione, per la prima volta è pos-sibile un utilizzo industriale del “cemento trasparente”:«Le resine, opportunamente inserite in questo particolareimpasto - spiegano i ricercatori -, hanno delle presta-

33AMarchitetti

zioni di trasparenza migliori delle fibre ottiche, speri-mentalmente utilizzate finora in questo campo, ma so-prattutto costano molto meno, consentendone l’appli-cazione su larga scala». Utilizzato per la prima volta aShanghai, il materiale si propone come componente ar-chitettonica con funzioni diversificate e fra loro integrabili,come ad esempio l’internal lighting (tecniche di om-breggiamento/diffusione della luce). La sfida della tra-sparenza conferma la dimensione innovativa e creati-va del made in Italy e ha consentito a Italcementi di met-tere a disposizione della presenza italiana a Shanghaiil proprio know how e la solida esperienza aziendale,come già era accaduto in passato per altre importantirealizzazioni architettoniche. «Ogni persona è quoti-dianamente a contatto con il cemento. Lo sforzo dellaricerca Italcementi, in cui l’azienda investe oltre 13 mi-lioni di euro all’anno, è quello di renderlo un materialepiù sostenibile e in grado di creare ambienti sani e neiquali è piacevole vivere, come nel caso di edifici “tra-sparenti” dove la luce diventa protagonista», spiega En-rico Borgarello, Direttore Innovazione Italcementi. Il cuo-re dell’innovazione Italcementi sono i laboratori diBergamo e Parigi, dove sono impegnati quotidianamentechimici, fisici, geologi e ingegneri. Complessivamentevi lavorano circa 170 ricercatori che in oltre 10 anni han-no contribuito a depositare oltre 60 brevetti.

Nelle foto: pareti dicemento trasparente.L’impasto ha lecaratteristiche perfissare nei pannelli le resine, consentendoil trasporto ottico dellaluce senza alterare le caratteristiche dirobustezza tipiche del materiale a basecementizia

cessari per esporre in modo adeguato il fondo dell’as-sociazione L’Aracine, che nel 1999 ha donato al museodi Lille Métropole una collezione di Art brut, la più im-portante conservata in un’istituzione francese. Questonuovo edificio consiste in cinque volumi concatenati cheabbracciano sinuosamente l’edificio preesistente, de-finendo un percorso espositivo senza soluzione di con-tinuità tra le diverse collezioni del museo. L’interventodi Gautrand reinterpreta in maniera originale alcuni deiprincipi fondatori del progetto di Simounet, rispettandonele proporzioni e la relazione con il parco di sculture incui è immerso il museo. Un approccio che permette distabilire un nesso tra i due edifici peraltro molto diver-si: le geometriche facciate in mattoni rossi lasciano il pas-so a nord al candore e ai motivi organici dei pannelli tra-forati in ductal, un calcestruzzo a fibre dalle qualità or-mai riconosciute, che compongono una sorta di ara-besco, il quale lascia filtrare la luce naturale all’internodelle sale proteggendo al contempo le opere dalla lucediretta. I lavori di Art brut, infatti, sono spesso estre-mamente delicati e per questo è necessario che nellasala non ci sia una luce eccessiva che li danneggerebbe.«L’obiettivo principale - spiega Manuelle Gaudrand - eradi ottenere uno spazio museale continuo e fluido, ag-giungendo nuove gallerie che si ponessero in continuitàcon quelle esistenti, per ospitare una superba collezionedi Art brut. Ho cercato di prendere spunto dall’architetturadi Roland Simounet, “per imparare a capire”, in mododa essere in grado di sviluppare un progetto che nonevidenziasse un distacco».

� LUOGHI D’ARTE Apre il nuovo LaM

Il 25 settembre ha riaperto al pubblico il Museo d’artemoderna e contemporanea di Lille (ribattezzato per l’oc-casione LaM: Lille Métropole Musée d’art moderne, d’artcontemporain et d’outsider art), che si trova a Villeneuved’Asq, nella periferia est della città francese. L’edificioè stato interamente rinnovato e ingrandito: all’edificiooriginario, realizzato nel 1983 dall’architetto Roland Si-mounet, si è aggiunta un’estensione di 3.200 mq, ope-ra di Manuelle Gautrand, vincitrice del concorso lanciatonel 2002 da Lille Métropole. L’architetto ManuelleGaudrand firma un nuovo edificio dai volumi organici chesi affianca alla costruzione originale di Roland Simou-net circondata da un parco di sculture. ll LaM presen-ta ora tre diverse collezioni che raccolgono più di 4.500opere ed è l’unico museo in Europa a presentare in-sieme tutte le principali espressioni dell’arte del ven-tesimo e del ventunesimo secolo. La prima parte ac-coglie la donazione, che risale al 1979, di Genevièvee Jean Masurel: si tratta di un bell’insieme di opere cu-biste di Braque, Picasso, accanto a lavori di Léger, Miróe Modigliani. Sono anche rappresentati il Fauvisme, ilSurrealismo, l’Ecole de Montparnasse e qualche esem-pio di arte naïf e di artisti del nord della Francia. Baltz,Boltanski, Buren, Messager, Oppenheim, Villeglé fan-no parte della collezione di arte contemporanea, co-stituita nel corso degli anni. I nuovi spazi sono stati ne-

Alcune immagini del nuovo Museod’arte moderna econtemporanea diLille. Vincitrice di unconcorso indetto nel 2002, ManuelleGautrand, ha creatoun edificio dai volumiorganici che va adabbracciare il retrodell'edificio originale

34 AMarchitetti

� ECO.PROGETTI Il resort sostenibile

Whitepod Resort, una struttura unica in Europa, rac-chiude in sé un concetto particolare di ospitalità che uni-sce il comfort, l'avventura e l'ecologia. Situato a 1400 mdi altitudine e circondato da uno scenario alpino spet-tacolare, si trova sopra il villaggio di Les Cerniers, a cir-ca 90 minuti da Ginevra. Si tratta di un HighTech EcoCamp di nuova concezione, che può ospitare fino a 30persone. Fortemente voluto da Sofia de Meyer, nel 2005è stato insignito dell'ambitissimo premio "ResponsibleTourism Award for Innovation". Il Whitepod Resort ècomposto da 7 km di piste da sci con impianti di risa-lita privati; l’Alpage de Chindonne, un autentico rifugioche può ospitare fino a 80 persone nei dormitori e nelsuo tradizionale ristorante svizzero; il Whitepod camp,15 camere a forma di cupola geodetica che circonda-no una villetta centrale, ovvero lo Chalet des Cerniers,uno chalet di legno tradizionale che funge da campobase per tutta la località. Ognuna delle camere, semi-sferiche nella forma, sembra una gigantesca palla dineve (molto simile a un igloo) dalla quale svetta solo unpiccolo comignolo. Le auto vengono lasciate a 10 mi-nuti dal villaggio per far respirare al suo interno l’aria puradella montagna. Le camere, grandi dai 270 ai 540 me-tri quadrati, sono sospese su delle piattaforme di legnoin modo da dare la sensazione di essere soli con la na-tura e da offrire un panorama mozzafiato. L’ eco-com-patibilità si paga rinunciando all’elettricità, all’acqua cor-rente, ed in alcuni casi, anche al bagno; in questi casi,si usufruisce dei servizi del lodge centrale.

Le camere del WhitePod sono semisferiche tanto da assomigliarevagamente a degli igloo. L’ideatrice di questo esempio di ediliziaecosostenibile è Sofia de Meyer, la quale ha voluto ricreare per i propri hotel delle atmosfere assolutamente “primordiali”

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MONDO CAMINO

36 AMarchitetti

� PREMI Sauerbruch progetterà l’M9

La Fondazione di Venezia, per la costruzione del nuo-vo museo M9, ha invitato al concorso internazionale,A New Museum for a New City, solo sei studi d’archi-tettura: Massimo Carmassi (Italia), David ChipperfieldArchitects (Gran Bretagna/Italia), Pierre-Louis Faloci(Francia), Luis Mansilla e Emilio Tuñón (Spagna), Mat-thias Sauerbruch e Louisa Hutton (Germania), Eduar-do Souto de Moura (Portogallo). Sei grandi nomi chia-mati a progettare il nuovo polo culturale che sorgerànel cuore di Venezia-Mestre. I sei gruppi sono stati in-vitati a riflettere su un nuovo contenitore che oltre a do-versi relazionare e integrare con un edificio storico, do-vrà anche adeguarsi a tre distinte funzioni: quella mu-seale, quella commerciale (che sarà ospitata nel cor-po preesistente) e quella terziaria. L’M9 dovrà rispon-dere a un’esigenza e a un’aspirazione da anni condi-visa dai cittadini delle quattro municipalità della terra-ferma veneziana: avere uno spazio museale e un cen-tro di produzione culturale in linea con le più innovati-ve esperienze europee. La struttura ospiterà il Museodel ’900, dedicato alle grandi trasformazioni sociali, eco-nomiche, urbanistiche, ambientali e culturali occorsenel XX secolo e sarà anche luogo di apprendimento e

di confronto per le idee e gli stimoli ricevuti dalle espo-sizioni interattive, gli allestimenti multisensoriali, le con-ferenze e i convegni. Vi sarà uno spazio espositivo permostre temporanee e servizi didattici e formativi dedicatiai settori emergenti dell’economia e della creativitàcome la fotografia, l’architettura e il design, la grafica,il cinema, la comunicazione e la pubblicità. Sono an-che previsti una mediateca del ’900 in cui sarà possi-bile consultare archivi fotografici, audiovisivi e radiofoniciin formato elettronico e un auditorium per organizza-re convegni e conferenze. Le diverse risposte proget-tuali sono state tutte esposte, nei mesi scorsi, comeevento collaterale, alla Mostra Internazionale d’Archi-tettura - la Biennale di Venezia. E lo scorso agosto lacommissione ha scelto il vincitore. Ad essere premia-to è stato il gruppo tedesco Matthias Sauerbruch e Lo-

In alto: l’architettotedesco MatthiasSauerbruch. Con ilsuo studio ha vinto il concorso, A NewMuseum for a NewCity, organizzatodalla Fondazione diVenezia per costruireil nuovo museo M9.Nelle altre foto alcuni particolari del progetto

uisa Hutton. Il loro progetto propone un edificio che in-tegra la propria volumetria con l’impianto urbano di Me-stre e rivitalizza il centro storico. Al fine di creare unaconnessione pedonale tra piazza Ferretto e via Cap-puccina coinvolgendo l’ex caserma, il progetto prefigurauno spazio detto “piazzetta del museo” ed un passaggiotrasversale che invita i visitatori ad attraversare l’inte-ro complesso. Da questa prima decisione dipendonole scelte progettuali successive e in particolare quel-la di dividere il lotto, secondo la diagonale, in due par-ti triangolari di dimensioni diverse. Il triangolo maggiore,su via Brenta Vecchia, accoglierà l’edificio del museo,mentre l’altro corpo di fabbrica, il più piccolo, occupe-rà la porzione dell’area su via Pascoli. Il progetto, comerichiesto dal bando, configura la ristrutturazione e il riu-so dell’ex caserma come spazi dedicati al commercioe prevede di dotare di vetrine sia la facciata al pianoterra su via Poerio sia quelle nel portico del chiostro.L’intero complesso rivitalizzerà dunque anche l’areaattraversata da calle Legrenzi e il passaggio esisten-te al piano terra sarà allargato, secondo un angoloaperto, verso la “piazzetta del museo” al fine di se-gnalarne da lontano l’ingresso. Pertanto l’attenzionedei visitatori che si avvicineranno a piedi al museo saràcatturata dai volumi diagonali dei due nuovi corpi di fab-brica. Al primo e al secondo piano le aree espositivesono concepite come flessibili “scatole nere” di circa1.150 mq ciascuno. Tutti i livelli espositivi sono pro-gettati a partire da una griglia di 9x12 m e qualora sioptasse per una configurazione “classica” la galleriasarebbe formata da ambienti di 6x9 m con una su-perficie di 54 mq, nel caso dei moduli più piccoli. Gra-zie a questo sistema tutti i piani del museo possonoessere configurati come un’infilata di “gabinetti”, op-pure come un unico spazio continuo. Al secondo pia-no è stato progettato un unico ambiente, illuminato daampi lucernari, in cui esporre le informazioni relativealle mostre temporanee che si terranno all’ultimo pia-no, il terzo, l’unico che riceverà dalla copertura a shedsun’illuminazione naturale e filtrata dai singoli elementiappositamente rivolti a nord. A differenza di quanto av-viene nei piani destinati all’esposizione permanente,da questo piano sarà possibile, attraverso le ampieaperture vetrate, godere di un nuovo panorama sullacittà vecchia. L’edificio esternamente sarà riconosci-bile per il suo rivestimento in ceramica policroma il cuiaccordo cromatico, che recepisce e interpreta le mo-dulazioni di colore dell’ambiente circostante, sarà il se-gno che caratterizzerà il nuovo museo. L’aspetto delmuseo mira a interpretare l’eredità artistica del XX se-colo e condivide con il Futurismo italiano la fascina-zione per il movimento e la velocità. Mentre con l’ar-te (e l’architettura) moderna condivide l’uso mirato delcolore come mezzo di percezione spaziale. Appartie-ne invece al XXI secolo la consapevolezza del valoredella “continuità sostenibile” che il progetto interpretain particolare con la sua concezione urbanistica.

38 AMarchitetti

La rete del Mar delNord potrebbe agirecome un gigante con a disposizione 30gigawatt di batteriaper l’energia pulita in Europa, oltre aimmagazzinarel’elettricità quando la domanda è bassa

� ENERGIA PULITA Una rete europea

L'energia del futuro arriverà dal fondo del mare. Saràun'energia pulita e raggiungerà le case degli europei conun flusso costante. Nove Paesi dell'Ue hanno infatti inprogetto una nuova rete elettrica sotto il Mare del Nord.Una rete che consentirà di sfruttare appieno il poten-ziale delle fonti rinnovabili in Europa, collegando fra loroalcune fra le principali centrali per la generazione di ener-gia verde del continente. I nove Paesi stanno pensan-do a un progetto che getterebbe le basi per un ulterio-re sfruttamento dell'energia rinnovabile in Europa di fron-te alle sfide del cambiamento climatico. Una futura retedi 6mila chilometri di cavi sottomarini che collegherà lepale eoliche di Gran Bretagna e Danimarca, la centra-le a maree della Francia, gli impianti idroelettrici sve-desi e i pannelli solari tedeschi. A completare il mosai-co della futura "Rete del Mare del Nord", l'energia rin-novabile prodotta in Belgio, Olanda, Lussemburgo e Ir-landa. In questo modo, entro 10 anni si puntano a di-stribuire i circa 30 gigawatt di energia rinnovabilecomplessicamente prodotta in una vasta parte del-l'Europa centro-settentrionale. Se il progetto dovessedecollare e dare i frutti desiderati, il sogno è quello diarrivare a raggiungere i 100 gigawatt di potenza elet-trica, sufficiente per 30-40 milioni di abitazioni, rispar-miando la costruzione di un centinaio di centrali a car-bone. Per molto tempo ritenuto solamente una chime-ra, il progetto potrebbe passare presto dalla teoria allapratica. I rappresentanti dei nove Paesi Ue coinvolti pun-tano infatti a sottoscrivere una lettera di intenti già en-tro l'autunno di quest'anno. L'"Europa unita dell'ener-gia" potrebbe nascere quindi a partire dal Mare del Nord.Non solo. Si tratterebbe di un'elettricità completamen-te pulita e rinnovabile in quanto ricavata dal sole, dalvento, dall'acqua e dalle maree. Le questioni tecniche,di pianificazione, legali e ambientali della futura Rete

sono già in fase di discussione preliminare fra i novePaesi coinvolti che si sono ritrovati a fine 2009 in Irlandae nel vertice sul clima di Copenhagen. Ma è da que-st'anno che i piani operativi dovrebbero decollare, perarrivare a pieno compimento nel corso del decennio. Ilcosto della rete del Mare del Nord non è stato ancoracalcolato con esattezza, tuttavia un recente studio diGreenpeace lo colloca fra i 15-20 miliardi di euro en-tro il 2025. L'Associazione Europea per l'Energia Eoli-ca (Ewea) suggerisce che i costi per la connessione del-le proposte fattorie eoliche di 100 gigawatt e la co-struzione di interconnettori per collegare fra loro cen-trali eoliche e idriche potrebbe spingere a far lievitarequesta cifra sino a 30 miliardi di euro. Nel frattempo co-minciano a trapelare i dettagli tecnici dell'ambizioso pro-getto che consentirebbe di eliminare quelle variabili diincostanza e imprevedibilità che ancora ostacolano ladiffusione su larga scala delle fonti energetiche rinno-vabili. Nella Rete del Mare del Nord l'energia sarebbesempre assicurata, questo perché i suoi diversi nodi diproduzione energetica sopperirebbero l'uno alle carenzedell'altro. Così, se in Scozia dovesse mancare il ven-

to è probabile che le pale eoliche funzionino in Da-nimarca. E se la maree francesi dovessero delude-re, si potrà sempre far ricorso all'affidabile energiaidroelettrica scandinava. In questo modo, ciascun Pae-se presente in rete avrebbe una propria quota di ener-gia garantita indipendentemente dalle sfavorevoli con-dizioni metereologiche. La sicurezza di un approvvi-gionamento costante e rinnovabile convince tutti e fapassare in secondo piano il fatto che si verificherà unacerta dispersione di corrente visto il trasporto del-l'energia prodotta a grandi distanze. Mediante que-sta super rete di energie rinnovabili, l’elettricità puòessere fornita lungo tutto il continente sia che soffi ilvento, splenda il sole o si infrangano le onde. Colle-gata alle molte centrali idroelettriche, potrebbe agirecome un gigante con a disposizione 30 gigawatt di bat-teria per l’energia pulita in Europa, oltre a immagaz-zinare l’elettricità quando la domanda è bassa. Unamaxi rete nel Mare del Nord potrebbe permettere unafornitura sicura e affidabile proveniente dalle energierinnovabili attraverso il bilanciamento delle stesse nelcontinente. Ma c'è dell'altro. Oltre ai nove Paesi giàcitati, il piano prevede anche la partecipazione di unostato extra Ue come la Norvegia. Quando l'energiaprodotta da mare, sole e vento nei vari punti della Retesupererà i consumi previsti, potrà essere convoglia-ta verso gli impianti idroelettrici norvegesi. Le centraliidriche della Norvegia adopererebbero l’energia in ec-cesso per pompare acqua verso l'alto, generando cosìelettricità "di riserva". Il Paese scandinavo restituirebbepoi questa energia nei momenti in cui i Paesi all'in-terno della Rete dovessero essere a corto di appro-viggionamento autonomo. La prima rete di elettricitàeuropea dedicata all’energia rinnovabile si apprestaquindi a divenire realtà. I presupposti ci sono tutti. L'ap-provazione di un progetto definitivo con relativi tem-pi e costi di realizzazione è il prossimo passo per co-minciare a costruire la futura rete entro il 2011. La mes-sa in funzione della Rete del Mare del Nord consen-tirebbe di raggiungere l'asticella fissata dall’Unione Eu-ropea che punta a produrre un 20% della propria ener-gia da fonti rinnovabili. Una quota che sino a pochi annifa era inimmaginabile, ma che ci sono buone possi-bilità di sfiorare nei prossimi anni. Il progetto guardasoprattutto al futuro in quanto la Rete del Mare delNord rappresenterebbe la spina dorsale di una pros-sima e indispensabile "super rete dell'elettricità eu-ropea". Una rete ancora più ampia che gode del-l’appoggio degli scienziati all’Istituto per l’Energia del-la Commissione e dell’appoggio politico del presidentefrancese e del premier britannico. La Rete del Maredel Nord potrebbe creare un primo tassello per un col-legamento di rete per le energie rinnovabili ancora piùvasto guidato dall’Europa. Hanno anche calcolato chebasterebbe acquisire appena lo 0.3% di luce solareche ogni anno splende sul Sahara e nei deserti delMedio Oriente per soddisfare i bisogni energetici

� LIBRI Un’architettura oltre la forma

L’autore in questo libro faun excursus su alcuneopere di Leonardo Ricci.Quelle realizzate nel do-poguerra. E cioè quandosi è interessato e impe-gnato per alcune comuni-tà sociali. Agàpe, piccolarealtà piemontese è statacostruita facendo spac-care e trasportare le pie-tre, necessarie alla co-

struzione, a giovani ex partigiani e giovani fascisti, af-finché ricostruissero insieme. O Riesi, piccola comunitàin cui la forma costruita si è rivelata secondaria rispet-to a quella sociale. Due piccole realtà utopiche moltovicine a quella dei kibbutz. Michele Costanzo, pone l’at-tenzione sull’idea di spazio comunitario appartenentea Ricci, l’uomo, l’architetto che nei suoi scritti “difesa diAgàpe” afferma: «Non ho mai creduto alle cose preor-dinate, a schemi rigidi e fissi. Portano al Super-Uomo.Credo invece ai semi. Il seme è gettato. Nascerà? Nondomandarlo. Ara e semina e cura la terra che l’ha ri-coperto anche se i frutti non sarai tu a coglierli». Lui chenel caso di Riesi, pensava «E già vedevo ciò che sa-rebbe potuto avvenire. Quelle terre arse, ben coltiva-te… A volte nel desiderio e nel sogno ho visto questovillaggio “radice” espandersi per tutta la Sicilia. Mette-re cioè rami, foglie. Vedevo la Sicilia non più depres-sa... Vedevo me stesso finalmente soddisfatto come ar-chitetto al servizio di qualcosa di vero al quale credo,no dittatore di stupidi o servo di ricchi».

� LIBRI Viaggio nella memoria di SottsasA tre anni dalla morte, Adelphisceglie di pubblicare que-st'autobiografia postuma diEttore Sottsas. Ma Scritto diNotte non è una vera auto-biografia. È una miscellaneadi pensieri. Di brevi racconti.Di immagini. Di storie scritteper far vagare la memoria ecoglierne velocemente le di-verse interpretazioni e sfac-

cettature. È un racconto atemporale. Senza alcun luo-go e alcun dove ben preciso. È un vagare nella propriastoria. Un sottile filo rosso tra i ricordi che dona un’im-magine nuova dello scrittore. Un Ettore Sottsas forsemeno colorato, ma schietto. Senza preconcetti. Lontanodall’ovvio, come già le sue forme, le sue opere, hannocomunicato. È il ricordo come modo di ritrovarsi. Il ri-

cordo come valore per chi non ha mai creduto nelle so-vrastrutture sociali e che, con un tocco di sarcasmo esano cinismo, ribadisce il giusto distacco da ciò che ri-tiene ipocrita. «Io sono amico della gente incerta, per-plessa, modesta, che cerca di capire e che sempre ènello stato di uno che non ha capito. Sono molto ami-co della gente che ha paura». Sono queste le parole chescrive quasi in chiusura di queste pagine. Mentre scri-ve, nella breve introduzione al testo, «Chi tiene fra lemani questo libro, tiene fra le mani (forse) un uomo nudo,tutt’al più con le mutande. … il corpo di un uomo nudoè fragile, si sa. E se lo hai nelle mani, ti prego di ave-re pazienza, ti prego di toccarlo adagio, “trattalo con ca-riño”, “que es mi persona”, …». In mezzo, tra questa in-troduzione e l’epilogo, tutta una vita raccontata senzapreamboli. Una vita semplice, con dubbi e incertezze.Vissuta con curiosità nei viaggi e negli incontri. Nel co-minciare, a Broadway, da uno “stato zero” che gli ha per-messo di conoscere un mondo nuovo. Nuovi concettidi vita stessa e nuovi amori. E dentro tutta questa vitavissuta correndo c’è l’arte e il design..

� LIBRI Cementi decorativi liberty

È un libro tecnico che af-fronta il tema del restaurodei cementi decorativi inuso nel ventennio che vadalla fine dell’Ottocento allaprima guerra mondiale. Pe-riodo in cui la pietra natu-rale viene completamentesoppiantata dagli articolatiornamenti floreali: i cementi

liberty. L’introduzione al libro, curata da Giovanni Car-bonara, capofila della Scuola romana del restauro, teo-rico del restauro architettonico e storico dell'architettu-ra, pone l’accento sulle diverse problematiche presen-ti nel restauro del nuovo dovute, nonostante i diversi stu-di, al mancato riconoscimento d’interesse da parte del-la storiografia architettonica. Il libro è suddiviso in set-te capitoli: il primo pone l’accento sullo scarso apprez-zamento critico. Il secondo ne analizza i diversi aspet-ti, forme, tecniche e stile mentre il terzo analizza, dal pun-to di vista storiografico, le diverse formazioni professionalie scuole presenti all’epoca. Il quarto e il quinto capito-lo si soffermano sulle diverse tipologie di cementi, ag-greganti e coloranti e sui diversi stampi adoperati. Gli ul-timi due approfondimenti affrontano il tema dello “statodi conservazione e durabilità” e del “riconoscimento econservazione”. Seguono alcune tavole a colori e unaricca appendice documentaria sulle diverse schede va-lutative necessarie allo studio. Come scrive lo stesso Car-bonara: «… l’argomento risulta di grande interesse sto-rico-architettonico, quale manifestazione del fare … in-novativo e ricco di memorie, formali e anche tecniche… reinventate con creatività e fantasia».

40 AMarchitetti

Leonardo Ricci e l'ideadi spazio comunitarioMichele CostanzoQuodlibet 96 pagine costo: 14,00 euro

Scritto di notteEttore SottsassAdelphi300 pagine, costo: 25,00 euro

Cementi decorativiliberty. Storia, tecnica,

conservazioneVittorio Giola

Edizioni Quasar208 pagine,

costo: 13,00 euro

� LIBRI Il respiro progettuale di Toyio Ito

Antonello Marotta a pagina12 del suo libro afferma:«Non è possibile com-prendere l’opera di ToyoIto, la sua formazione, il cli-ma che respira, senza ca-larsi nel contesto culturalein cui il Giappone affonda lesue radici e parallelamen-te rilevare una doppia lineadi demarcazione, internaed esterna alla propria cul-tura». Marotta rilegge la fi-

gura dell’architetto nipponico seguendo la logica offer-ta dallo stesso architetto con le sue opere, e cioè at-traversando il dialogo poetico fatto di silenzio e narra-zione, di maestri, letture, viaggi e interiorità. Cerca di sco-prire come si è formata la personalità di Ito e quindi cosac’è dietro ai suoi progetti. Per farlo suddivide la sua stes-sa analisi, 90 pagine, in 8 punti. Ne fa parte anche la pre-fazione del prof. Antonino Saggio, intitolata “Senza re-spiro”. Gli altri sette punti, partendo da un’analisi dellaterra natia di Toyo Ito nelle sue tradizioni, proseguonocon le prime opere miranti alla semplificazione della for-ma per contrapporsi al caos tipico di Tokio a cui seguonopoi i processi progettuali di stratificazione e dissolven-za che anticipano la struttura di fibre e le membrane ela-stiche. Nuove mutazioni che le architetture di Ito, attenteai cambiamenti sociali, oggi propongono.

� LIBRI La parola ai fotografi

Architetto e docente all'uni-versità di Udine, Maria LetiziaGagliardi, intervista e con-fronta i più autorevoli fotogra-fi italiani di architettura e pae-saggio. Una tavola rotondache approfondisce temi e tec-niche della fotografia degli ul-timi anni. Ogni intervista èinoltre accompagnata daun’immagine particolarmente

significativa dell’opera di ognuno dei 26 fotografi: O. Bar-bieri, G. Basilico, G. Battistella, G. Berengo Gardin, L.Campigotto, V. Castella, A. Chemollo, G.Chiaramonte,P. Della Porta, D. Domenicali, V. Fossati, G.Guidi, M.Introini, F. Jodice, M. Maggi, D. Malagamba, M. Mon-tagna, A. Muciaccia, P. Musi, L. Mussi, E.Piccardo, F.Romano, P. Rosselli, M.Vitali, I.Zannier, M. Zanta.

La misura dello spazioMaria Letizia Gagliardi - Contrasto - 150 pag. - 21,90 euro

Toyo Ito. La costruzione del vuotoAntonello Marotta - Marsilio - 94 pagine - costo: 9,90 euro

DI FEDERICO MARMI SASVia S. Andrea, 9 - Villa S. Giovanni di Rosciano (PE)

Tel. 085.8505844 - Fax 085.8509867www.difedericomarmi.com - [email protected]

Concessionario

progettareAM

La struttura scolastica,progettata dallo studio ZahaHadid Architects, è capace di contenere più di mille alunni.Fluida ed essenziale,asimmetrica e leggera, l’EvelynGrace Academy è statapensata e organizzata per poterdare una valida risposta allediscrepanze sociali presenti nel quartiere Brixton di Londra di Iole Costanzo

Studio Zaha Hadid Architects / Brixton (Londra)

AsimmetrieE TRASPARENZE

Tutte le foto di L

uke Hay

es

47AMarchitetti

n edificio scolastico progettato con le dovute accortezze architettoniche,seguendo determinati canoni, può

diventare un supporto educativo per gli insegnanti?Esiste un punto d’incontro e di equilibrio trapedagogia e architettura? Lo studio Zaha HadidArchitects ci ha provato. L’Evelyn Grace Academy, il primo progetto dell’architetto iracheno completatoin Inghilterra, è stato realizzato nel distrettolondinese di Brixton seguendo le precise indicazionidate dall’ente educativo ARK Schools, dalDepartment for Children, Schools and Families(DCSF) e dalle autorità locali. Lo scopo ultimo di questo progetto è trovare il modo di colmare il gap formativo-culturale esistente tra gli alunniprovenienti da realtà sociali svantaggiate e i lorostessi coetanei cresciuti in ambienti economica-mente più agiati. L’Evelyn Grace Academy,appositamente pensata per offrire nuoveopportunità ai giovani della comunità, è unastruttura fluida dalle linee essenziali, che rispecchiala poetica dissonante, asimmetrica e leggera,

universalmente riconosciuta, dello studio ZahaHadid Architects. È dotata di ampie finestrature cheassicurano l’adeguata illuminazione e ventilazionenaturale negli ambienti scolastici ed è stataprogettata per poter ospitare1200 alunni. La logicadi pianificazione è stata quella della matrioska, cioèquella che segue il principio educativo della “scuolanella scuola”. L’intera struttura, infatti, accoglie 2Upper Scholl con 330 alunni ciascuno e 2 MiddleSchool ognuna con 270 alunni. Tutti e quattro gliistituti occupano spazi indipendenti e funzionali etutti gli ambienti sono stati progettati così da avereuna spiccata identità architettonica. Logica adottatanon solo per gli spazi di pertinenza di ogni singoloistituto ma anche per gli spazi a gestione comune.Infatti, la sinuosa piastra del piano terra, tipicadell’architettura di Zaha Hadid, è planimetricamenteorganizzata per accogliere tutti i servizi comuni maanche per garantirne la fruibilità, ovviamente inorari extrascolastici, al resto della comunità. I pianisuperiori conservano la propria autonomia e hannouno sviluppo organizzativo prevalentemente

In alto: visionefotografica di uno degli spazi comuni,caratterizzati dalleampie superfici vetrate.A sinistra: è possibilescorgere parte delprospetto principale. Il terrazzo dei pianiintermedi è uno deglispazi pensati per lasocialità

U

48 AMarchitetti

ORGANIZZAZIONE ORIZZONTALEL’accademia è effettivamente divisa tra il podio al piano terra dedicato ai servizi comuni e le scuole separate sopra. Le scuole sono organizzate orizzontalmente per ridurre alminimo la circolazione verticale una volta che gli studenti siano entrati nelle aule. Le scuole medie occupano il primo e il secondo piano, le scuole superiori occupano entrambe il terzo piano. I servizi condivisi si trovano al piano terra conalcune strutture accademiche, come le sale comuni e ilaboratori scientifici, situati nella zona centrale al secondo e terzo piano, per consentirne l’uso ad una singola scuola oppure a più di una quando richiesto.

Sopra: le diverse scuole all’interno dell’edificio. I 1200 alunni sono divisi in scuole separate come segue: Evelyn Middle: 270 alunni (dagli 11 ai 14anni); Grace Middle: 270 alunni (dagli 11 ai 14 anni); Evelyn Upper: 330 alunni (dai 14 ai 18 anni); Grace Upper: 330 alunni (dai 14 ai 18 anni)

PROSPETTO

SEZIONE LONGITUDINALE

EVELYN UPPER

Area sport collettivo Area arte e tecnica Ambienti comuni Evelyn Middle Evelyn Upper Grace Middle Grace Upper

EVELYN MIDDLE

GRACE UPPER

EVELYN MIDDLE

AMMINISTRAZIONE E LIB

RERIA

SALE COMUNIE ZONA PRANZO

AREA DEDICATA

ALLO SPORT

AREA DEDICATA ALL’ARTE

49AMarchitetti

1 Reception scuola media Evelyn2 Reception scuola media Grace 3 Hall scuola media Evelyn4 Hall scuola media Grace 5 Zona pranzo

PIANO PRIMO

PIANO SECONDO

12

4 3

5

6

7

10

8

9

1 Reception2 Biblioteca 3 Cucina principale4 Blocco arte/tecnologia 5 Blocco sport e fitness 6 Studio di danza 7 Palestra 8 Zona giochi 9 Servizio di linea 10 Giardino

PIANO TERRA

1 243

5

1 2

4

3

3

1 Scuola Media Evelyn2 Scuola Media Grace 3 Laboratori comuni di scienze4 Terrazzo della palestra

1 Scuola superiore Evelyn2 Scuola superiore Grace 3 Hall scuola superiore Evelyn4 Hall scuola superiore Grace5 Terrazza

PIANO TERZO

12

45 35

5

5

Terrazza intermedia ai piani. È un luogo disocializzazione posto tra due corpi. È un pianoall’aperto mitigato dalla presenza di ampie espaziose pensiline. È possibile scorgere la magliadi montaggio dei pannelli metallici di zinco etitanio e i tagli regolari delle ampie vetrate

52 AMarchitetti

In questa pagina: due interni dell’Evelyn Grace Academy. Nella pagina accantoalcuni luoghi dedicati allo sport presenti all’interno e all’esterno della struttura

PLANIMETRIA

53AMarchitetti

orizzontale. Le Middle School occupano il primo e ilsecondo livello mentre gli istituti delle Upper Schoolsi trovano al terzo piano e hanno un’organizzazioneorizzontale necessaria per ridurre al minimo lacircolazione verticale degli studenti all'interno dellascuola. Gli spazi collettivi in dotazione all’interastruttura sono invece progettati per incoraggiare lacomunicazione sociale, l’interazione tra i ragazzi e i momenti di intercultura necessari per la soluzionedi quei problemi che una società multirazziale ètenuta ad affrontare. Gli spazi comuni quali sale e laboratori scientifici, situati nella zona centraledell’edificio, tra il secondo e il terzo piano, hannoun’impostazione tale da rispondere comunqueadeguatamente alle varie esigenze dei quattrodiversi istituti. Il complesso scolastico è dotatoanche di palestra e di altri ambienti per il fitness e la danza. Ha dei campi adatti a più sport, un campoda calcio e i percorsi per l’atletica. All’esterno gli

spazi in comune sono molti e tra questi è previstoun giardino organizzato anche per l’orto. Dal puntodi vista urbanistico l’Accademia, realizzata inun’area prevalentemente residenziale, fa parte diun distretto scolastico avente uno dei più alti tassidi criminalità d’Europa. Ma gli ideatori di questoprogetto hanno creduto nella possibilità che unospazio ben fatto e accogliente possa avere,sull’animo dei ragazzi, lo stesso effetto della musicae dell’arte. È un esperimento, per il momento, benriuscito. Purtroppo però non esiste un piano cheassicuri future realizzazioni di questo tipo in altrezone d’Inghilterra. L’edificio ha un forte carattereurbano e si lega al paesaggio circostante. Ha unaspetto rassicurante che arricchisce, con la sualinea morbida e per nulla aggressiva, non solol’animo degli studenti ospitati ma anche il panoramaarchitettonico di questo quartiere residenziale sitonella parte sud-occidentale della città di Londra.

ArchitettiZaha Hadid Architects DesignZaha Hadid with PatrikSchumacherLuogoBrixtonClienteARK EducationArea10,745m²IngegneriaArupAcusticaSandy Brown Associates

progettareAM

Renzo Piano / Los Angeles (California)

Un nuovo spazioDEDICATO ALL’ARTE

Basso, luminoso, vetrato e rivestito di travertino chiaro. Ha una coperturaa dente di sega che è stata realizzata per modulare il sole della California.Progettato da Renzo Piano, il Resnick è uno dei nuovi padiglioni del LACMA,Los Angeles County Museum of Art di Iole Costanzo

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opo aver terminato, nell’inverno del 2008, ilBroad Contemporary Art Museum, voluto epatrocinato da Eli Broad, Renzo Piano lo

scorso ottobre ha inaugurato, sempre al LACMA,un nuovo spazio dedicato all’arte, il ResnickPavillion. È l’edificio che, lautamente finanziato daimecenati Lynda e Stewart Resnick, completa il suoprogetto di ristrutturazione e ampliamento del LosAngeles County Museum of Art, il LACMA.All’enorme blocco del Broad Gallery, Renzo Pianoaffianca un padiglione basso, un ampio luogo,come lui stesso lo ha definito, aperto e orizzontale.Un solo piano di 4.200 mq con una copertura ashed, uguale a quella del Broad Gallery,appositamente progettata con i singoli elementirivolti a nord proprio per convogliare all’interno,sulle opere esposte, una luce filtrata, equilibrata eriflessa. Il principio illuminotecnico è molto simile,anche se geometricamente capovolto, allacopertura che, sempre Renzo Piano, realizzò più diventi anni fa per la Menil Foudation a Houston.Entrambi i progetti, infatti, sono vere e propriemacchine di luce che, inibendo l’illuminazionediretta, dannosa alle opere esposte, sono in gradodi garantire un’illuminazione naturale e mutevolecome le condizioni atmosferiche.Il Resnick Pavillion è stato costruito sull’area dell’ex

parcheggio del LACMA . È una struttura piana, conampie vetrate e la muratura rivestita con deltravertino chiaro di Tivoli, come il BCAM. L’idea diun unico livello, come lo stesso Piano ha dichiarato,è alquanto inusuale. Forse nessuna città europeaavrebbe accettato questo tipo di impostazioneprogettuale, ma Los Angeles è una città atipica,diversa anche dalle altre città americane.L’ampliamento e la ristrutturazione del museo sonoavvenute secondo un progetto redatto dalla studiodi Renzo Piano. Ciò che ha fatto maggiormentediscutere è l’adozione di una logica planimetrica,lontana da quella californiana ma molto vicina agliimpianti urbani europei, fatti di piazze, percorsi equinte, che oltretutto ha richiesto la definitivachiusura di uno degli assi viari del campus. IlResnick Pavilion, insieme al vicino BroadContemporary Art Museum, realizzato inprecedenza, sono entrambi spazi lasciatiintenzionalmente aperti e fluidi per poter contenereogni genere di opera d’arte. Scelta rinforzata anchedalla decisione di sistemare tutti i luoghi tecniciall’esterno e lasciare l’85% dell’area come spaziodestinato unicamente alle esposizioni. I luoghitecnici, a loro volta, hanno acquistato una benprecisa identità. Sono di colore rosso come le scaleesterne in acciaio del BCAM e le strutture portanti

A sinistra: il bloccoa più piani del BroadContemporary Art Museumcostruito nel 2008.Si scorgono gli elementiche caratterizzano tuttol’impianto: le strutturemetalliche colorate dirosso e le alte palme cheattorniano tutti gli edifici.In basso: il nuovopadiglione Resnick dapoco terminato

57AMarchitetti

D

In queste treimmagini le sale delnuovo padiglione.Sono dotate digrandi spazi e sonomolto luminose, siaper le ampie vetratepresenti, sia per laparticolare coperturaa shed progettatacon l’inclinazionerivolta a sud e ilvetro a nord, proprioper poter filtrare laluce all’interno

59AMarchitetti

PROSPETTO OVEST

SEZIONE EST OVEST

1 Strada. 2 Giardino. 3 Spazio eventi. 4 Spazi di servizio. 5 Accesso di servizio. 6 Spazi di servizio. 7 Asse pedonale. 8 Galleria Bcam. 9 Marciapiede. 10 Wilshire Boulevard

1 2 43 5 6 2 7 2 8 2 9 10

61AMarchitetti

presenti sul percorso coperto. È il colore scelto chefa da legame tra i due nuovi edifici e la vecchiastruttura, l’Ahmanson Building, l’edificio, realizzatonel 1965, che non ha mai brillato per le sue qualitàarchitettoniche, e che è situato nel lato est delcampus. Prima del nuovo intervento di ripristinotutti gli edifici del Lacma East si rivelavano mediocrimodelli in stile Beaux Arts. Oggi il volto ècompletamente cambiato. In un primo tempo, nel2001, il LACMA aveva assegnato l’incarico di unconcept a più studi di architetti.Tra le soluzione presentate il museo scelse lasoluzione più realistica di Renzo Piano cheprevedeva l’aggiunta di nuovi edifici e l’eliminazionedella strada, senza però demolire tutto l’esistente.Fu Eli Broad ad aver immediatamente compreso,dietro sollecitazione da parte di Renzo Piano,quanto fosse indispensabile un masterplan cheriorganizzasse gli 8 ettari di campus. E sembra chea convincerlo fu la famosa frase scritta da Piano:«È molto frustrante eseguire un bel brano con unquartetto d’archi nel mezzo di tre brutti concertirock». Un’adeguata analisi di tutto il nuovo impianto

rivela che l’intento dell’architetto non è mai statoquello di creare una situazione dal forte impatto,bensì quello di creare un luogo dalle condizioniadeguate alla contemplazione dell’arte. La nuovaGrand Entrance, lo spazio multifunzionale cheospita biglietteria e reception, è il nuovo fulcro checollega tra loro le diverse parti del complesso,compresa la vecchia preesistenza in cui Pianoha creato un nuovo spazio espositivo. Ècromaticamente legata agli altri elementi esterni,anch’essi realizzati in acciaio rosso ed è ricopertada pannelli fotovoltaici giustapposti per generarel’energia elettrica necessaria ad alimentare sia gliimpianti sia l’installazione di public art, Urban Light,dell’artista Chris Burden che consta di 202 lampionid’epoca recuperati nelle strade della città. L’interoprogetto è riuscito a riorganizzare il “caos”, comeRenzo Piano stesso aveva definito l’impostazioneplanimetrica del LACMA. Sicuramente non è digrande impatto, come forse Los Angeles, cittàrarefatta, avrebbe richiesto, ma è un’architetturache rinuncia al protagonismo e punta soprattuttosull’armoniosa complicità tra le diverse parti.

ArchitettiRenzo Piano BuildingWorkshopLuogoLos AngelesClienteLos Angeles CountyMuseum of Art (LACMA)StruttureArupLandscapeR. IrwinInaugurazione2 ottobre 2010Costo53 milioni di dollariLighting DesignerOve Arup–London

A sinistra: una delle sale del padiglione Resnick. Sopra: la planimetra di tutto il LACMA. Il complesso, dopo la ristrutturazione relizzata su progetto diRenzo Piano, è più compatto e risponde a una logica urbana. Ha un asse pedonale che lega le strutture tra loro, dando corpo e ordine a tutto il sistema

progettareAM

Esigenze cittadine in abitazioni rurali. Il ritorno neivecchi borghi natii propone nuove problematiche.Le necessità sono diverse, i desideri pure. Nelleristrutturazioni delle costruzioni tradizionali si devegiungere a compromessi. A Canejan, in Catalogna,la soluzione trovata da Eduardo Cadaval e ClaraSolà-Morales è incisiva e innovativa di Andrea Giuliani

Studio CA-SO / Canejan, Catalogna (Spagna)

Edilizia ruraleE MODERNITÀ

’architettura contemporanea e quella rurale.Due mondi completamente diversi, forseanche antitetici. E quando i due mondi si

incontrano, si ridà senso a una cultura del costruireoramai scomparsa. Si ripensano gli spazi, si cercanomateriali nuovi, del luogo o comunque non stridenticon esso. Si rigenera l’esistente. Si attualizzaquell’intesa, quell’integrazione che queste architetturesolitamente creano con il paesaggio che vi gravitaintorno. Lo studio CA-SO di Eduardo Cadaval e ClaraSolà-Morales ha affrontato questo tema sui Pirenei, inSpagna, a Canejan, ai confini con la Francia, nellaValle d’Aran in Catalogna. Il paese è piccolo, ha circa100 abitanti, e i manufatti edilizi sono realizzati conmateriali quali legno, pietra, terra e poco altro, quasisempre reperiti sul posto. «Questa casa rappresentail nostro primo lavoro - hanno dichiarato sudomusweb.it Cadaval e Solà-Morales - ma la suarealizzazione ha richiesto un tempo così lungo cheprogetti successivi sono stati completati prima.L'abitazione si è dimostrata una sfida fin dal principio.E se un progetto in una zona isolata dei Pirenei è

sempre complicato, sia in termini di tecnichecostruttive sia di regolamenti, risolverlo da lontanoha reso il compito ancora più difficile». L’edificioapparteneva alla tipologia edilizia con la muratura inpietra a secco, ed era completamente realizzato conuna tecnica tradizionale tipica della zona. Tutto ciòdonava al manufatto un grande valore tettonico -sintattico. L’edificio infatti si presentava massiccio,compatto e con piccole aperture. Ma così come erastato costruito in origine non permetteva di goderedello splendido panorama sulla valle. Valore cheovviamente all’epoca della costruzione eradecisamente relativo, ma che oggi risulta esserequasi fondamentale, in particolar modo per unaseconda casa, pensata come luogo di riposo e relax,per conciliarsi con se stessi e con il mondo. «Icommittenti - continuano Cadaval e Solà-Morales -sono un prestigioso scienziato spagnolo e i suoi figli,una coppia di giovani studiosi molto promettenti.Sognavano un luogo in cui l'intera famiglia potesseriunirsi, un luogo appartato in cui poter studiare escrivere nei momenti in cui non si trovavano a

ArchitettiStudio CA-SO di EduardoCadaval e Clara Solà-MoralesProgettoCasa Guinovart FlorensaLuogoCanejan, Vall d’Aran,CatalognaCollaboratoriMariona Viladot, Alex Molla,Pernilla JohanssonLavori2004 - 2010Superficie350m2Ingegneria StrutturaleCarles Gelpí Arquitecte

65AMarchitetti

A sinistra: un esterno di Casa Guinovart Florensa. È possibile constatare i diversi trattamenti materici presenti e i cambiamenti morfologici avvenuti.In alto: quattro sezioni trasversali. Si leggono le modifiche apportate all’interno dell’edificio per ottenere due abitazioni all’occorrenza indipendenti

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SEZIONI TRASVERSALI

L’ambiente cucina è stato progettato nella parte terminale dell’edificio, lìdove la muratura è stata sostituita da una vetrata con affaccio sulla Valle

d’Aran. Nella pagina a fianco l’uniformità di trattamento cromatico e matericofa pensare a un unico ambiente: invece le due foto in alto riprendono il piano

superiore, quella in basso l’isola per il pranzo collocata al piano inferiore

67AMarchitetti

viaggiare per il mondo». E cosa può essere piùristoratore di una bella vista su due valli poste tra le alturetipiche dei Pirenei. «Il processo di progettazione siè dimostrato essere la parte più semplice: abbiamocominciato a lavorare verso la fine del 2003 e, a metàdel 2004, avevamo già preparato il progetto esecutivo.La concessione dei vari permessi ha ritardato l'inizio deilavori, cominciati nel 2006. Durante il cantiere abbiamodovuto fare i conti con il clima, è infatti possibile lavoraresolo per otto o nove mesi all'anno. All'inizio abbiamofaticato anche per trovare un modo di trasportare imateriali fino in cima al monte». La scelta dello studiodunque è stata quella di rinforzare i vari punti delicati,cioè soggetti a schiacciamento e a pressoflessione, itipici problemi delle tecniche di costruzione tradizionali.Lo studio CA-SO lo ha fatto servendosi principalmente dialcuni principi appartenenti all’architettura contempo-ranea. Consapevoli che le modifiche previste avrebberoapportato dei trasferimenti di carico a parti murarieadiacenti hanno risolto il problema creando due nuovielementi verticali portanti che contengono i corpi scala ei servizi su cui vengono scaricate gran parte delle spinteorizzontali originate dai nuovi interventi. Per sfruttare almeglio la posizione dell’abitazione, sono state realizzate,nelle murature, delle nuove aperture che consentono allaluce naturale di infiltrarsi fino al living e nella sala dapranzo, poste in una posizione più interna. L’involucro

In alto: il salone posto al piano rialzato. Si affaccia su un terrazzo ed è dotato di un camino centrale, la cui canna fumaria attraversa l’edificio. In basso:il salone del piano superiore. La vista sulla valle è offerta dalle finestre a nastro inserite sotto l’attacco della copertura realizzata da due diverse falde

69AMarchitetti

esterno è rimasto inalterato, almeno nella forma,mentre gli interni sono stati divisi così da garantire anchel’indipendenza alle due unità abitative che vi sono statericavate. Due unità, all’occorrenza indipendenti, macomunque strettamente legate tra loro. Ciò chemaggiormente connota l’edificio è il tetto spiovente: unadelle falde pur mantenendo l’impostazione della strutturaoriginale ha dei tagli di vetro che offrono la vista su unaparte dei monti. L’altra, quella rivolta verso la vallata,asseconda la nuova organizzazione spaziale, difattidiviene più corta e ha una pendenza diversa che ospitanella parte più bassa una serie di finestre a nastro cheilluminano tutti gli ambienti dell’ultimo piano. Questostesso piano è anche illuminato da un’ampia superficievetrata posta su uno dei lati corti dell’edificio che siaffaccia sul paesaggio antistante. L’ampio uso di finestresia a tutt’altezza che a nastro denuncia una riletturacontemporanea dell’abitazione di montagna, mentregli interni, nella loro semplicità essenziale, sia per ciòche concerne gli arredi sia per ciò che riguarda ladistribuzione stessa degli ambienti, propongono unavisione di abitazione lontana dalla tradizione dicampagna ma molto vicina all’idea che solitamentedà un edificio cittadino.

In alto: le due sezioni longitudinali mostrano la disposizione interna dell’edificio. Sopra i due prospetti dell’abitazione da cui si desumono le diversemodifiche apportate durante i lavori di ristrutturazione. In basso: esterno di Casa Guinovart, prospetticamente inserita nel paesaggio circostante

SEZIONI LONGITUDINALI

PROSPETTI

progettareAM

Waltritsch a+u / Gorizia

Un’emerotecaDI LUCI E COLORI

A Gorizia, città di congiunzione tra il mondo italiano e quello sloveno,anche la nuova emeroteca “Ugo Casiraghi”, realizzata all’interno di una strutturapreesistente più volte rimaneggiata, è un luogo luminoso e colorato che faràda legame tra due culture oramai non più separate da frontiere di Iole Costanzo

72 AMarchitetti

73AMarchitetti

timologicamente emeroteca vuol dire custodiadel giorno. E forse è proprio per questo suosignificato che ci si aspetta un luogo solare,

un luogo legato anche alla luce del sole.Colorata, luminosa e ariosa è infatti la nuova emeroteca“Ugo Casiraghi” di Gorizia progettata dallo studiotriestino Waltritsch a+u. Un salotto cittadinocaratterizzato da arredi fissi lineari ed essenziali,appositamente pensati e progettati. Il nuovo impiantogoriziano ha un’organizzazione planimetrica semplice erazionale. È parte integrante di un più ampio compartoedilizio, noto come il Palazzo del Cinema e frutto diaddizioni volumetriche realizzate in epoche diverse traloro. Negli anni '90, sfruttando la presenza di una salacinematografica preesistente, fu realizzato un multisalaal primo piano. Tutta l’organizzazione del complessovenne completamente rivista e si aggiunse una nuovacostruzione avente una facciata intonacatacompletamente cieca che, a suo tempo, provocò qualchedisappunto. «Il nostro intervento si realizza nel nuovosecolo - ci spiega l’architetto Dimitri Waltritsch - propriomentre si faceva strada l'ipotesi di istituire una mediatecaprovinciale, legata al resto della Casa del Cinema».Tutto il complesso ha, infatti, una vocazione strettamentelegata al mondo cinematografico. La struttura oltre almultisala Kinemax, il laboratorio e le aule del DamsCinema dell’Università di Udine ospita anchel’associazione Kinoatelje che si occupa di cinemasloveno. La Mediateca dunque diverrà un polo culturaledi riferimento per il settore dell'audiovisivo, non solo pertutto il goriziano, ma anche per il territorio sloveno.Posta al pianoterra dello stabile, l’emeroteca si affacciasull’asse - galleria Giorgio Bombi -, attualmente chiuso,che collega la città con la Slovenia e che perfora lalussureggiante collina su cui si trova il castello della città.L’intero contesto ha alle spalle le scoscese pendici dellacollina e lo stretto rapporto che si crea tra l’intero edificioe la collina stessa è mediato da un’arena estiva che vi siraccorda, ai piedi delle pendici, con dolci e geometriciterrazzamenti. Il progetto dell’emeroteca presenta unatripartita distribuzione: la sala principale che si affacciaverso la strada pubblica, la parte centrale che ospita lasala consultazione video, e quella terminale, verso leaule dell’Università, che è uno spazio dedicato allo studio

E

A sinistra: la sala principale dell’emeroteca “Ugo Casiraghi”.La disposizione degli arredi è razionale, semplice edessenziale. A destra, in alto: i pannelli di vetro serigrafatomontati per mascherare una parete cieca preesistente.Presentano una tinta giallognola per riproporre la tipicacolorazione degli edifici goriziani. In basso: la facciata bipartitaè scandita nella parte inferiore dalla vibrazione dei brise soleil

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e pertanto pensato per essere facilmente riorganizzabile edessere in grado di adeguarsi a diverse prestazioni. Proprio perquesto si connota di una serie di tavoli studio e di un propriobanco accoglienza diverso da quello principale che, collocatoin posizione baricentrica, è visivamente connesso a entrambigli ingressi: il primo collega l’emeroteca direttamente conl’esterno e il secondo si affaccia sulla Corte Bratina, spazio dicollegamento con le aule del Dams. La stanza studio situatalungo i lati ciechi del perimetro presenta scaffalature continuea tutta altezza. Nelle stanze dedicate al pubblico, sia lascaffalatura di dimensioni intermedie sia il sistema diilluminazione sono caratterizzati da una forte nota cromaticache definisce l’identità e l’uso di ciascuno spazio. Lascaffalatura colorata che continua anche lungo le facciate divetro crea l’opportunità di esporre verso l’esterno le nuoveacquisizioni o piccole installazioni, in maniera non dissimiledalle librerie o altre attività commerciali.Nei locali dell’emeroteca, al piano terra, la maglia strutturale,eredità di precedenti modifiche, non ha subito alcunavariazione. «Una delle contraddizioni che questo Paese vive -continua Waltritsch - è la necessità di dover coniugare ladimensione contemporanea all'interno di coordinate segnateda epoche passate. Noi crediamo che l'unico modo, per poterottenere oggi un risultato positivo, nella nostra professione, siaproprio quello di trasformare le limitazioni ereditate inopportunità». Infatti per potersi adattare a questa magliastrutturale, alquanto anomala, sono state create appositesoluzioni d'arredo che hanno la peculiarità di definiremaggiormente lo spazio. Poiché la lettura delle riviste inemeroteca solitamente non richiede un’attenta concentra-zione, il tavolo a forma di stella è un’invenzione tipologica che

A destra: una delle sale dell’emeroteca. I colori sono caldie l’arredo, colorato e accogliente per adattarsi alla magliastrutturale preesistente, presenta apposite soluzioni che hannola peculiarità di definire e caratterizzare maggiormente lo spazio.Il tavolo a forma di stella integra due delle colonne centrali

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favorisce il dialogo, quantomeno visivo, tra gli utenti, eintegra in maniera discreta due delle colonne centrali.Nella sala lettura che si affaccia sulla corte Bombi, laterza colonna centrale funge da perno per il bancoreception, altra forma disegnata ad hoc e che altradizionale banco prestiti aggiunge due braccipensati per distribuire agli utenti alcune informazionisenza necessariamente interagire con l'addetto. Inquesto modo la presenza inopportuna di una colonnaè stata felicemente integrata all'interno di un sistemafunzionale. I pilastri lungo la facciata non presentanoalcuna coerenza apparente con il sistema strutturaleinterno e con le proporzioni della facciata stessa cheè divisa nettamente in due parti: la parte superiore,corrispondente alla preesistente sala cinematograficae completamente cieca, e quella inferiore,corrispondente alla mediateca, dotata di un’ampia

vetrata. La parte superiore, composta da una serie dipannelli di vetro serigrafato a tinta unica, dal passoregolare e rigoroso, si relaziona con l'intorno costruitoe con la vegetazione attraverso l’interpretazioneproposta dalla nuance giallognola, appositamentescelta per riproporre la tipica colorazione degli edificigoriziani. La caratteristica riflettente del vetro,smorzata dal colore, instaura un legame con il verdee con il continuo cambiamento delle condizioniatmosferiche. Questo nuovo dispositivoarchitettonico-estetico contemporaneo, dall’esiguosistema di fissaggio che non disturba assolutamentela riflessione sul vetro, dilatando l’immagine di ciò chegravita intorno all’edificio, propone una variazione diquei contenuti e riflessioni strettamente legateall'evolversi della vita quotidiana e delle diversestratificazioni storiche. Il risultato è particolarmente

ArchitettiWaltritsch a+uTeamDimitri Waltritsch con FedericoGori, Leonardo De Marchi,Cecilia MorassiProgettoMediateca “Ugo Casiraghi”LuogoGorizia, ItaliaEsecuzione lavori2009 - 2010Superficie500mqImpresa facciata esternaSeretti srl, San Giorgiodi NogaroImpresa realizzazione interniSZ arredamenti, Cervignano

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SEZIONETRASVERSALE

DETTAGLIOFACCIATA

2

1

4

5

6

7

3

Sala lettura Sala video Emeroteca

PLANIMETRIA

1 Kijnoatelje2 Corte Bratina3 Al Kinemax4 Dams5 Arena estiva6 Mediateca7 Corte Bombi

efficace al mattino e nel tardo pomeriggio, quando le immagini delcontesto invadono, letteralmente, la superficie vetrata provocandoun piacevole spaesamento. La porzione sottostante di facciata,appartenente all’emeroteca, è scandita e definita dalle ampieaperture vetrate che, mascherate dagli essenziali e protettivi brisesoleil, si raccordano cromaticamente con i pannelli di vetroserigrafato della cineteca del piano superiore. All'interno lescaffalature perimetrali sono realizzate in laminato con prevalenza ditonalità marrone, mentre una scaffalatura intermedia, caratterizzatada una dominante nota cromatica lucida, definisce l'identità e quindil'uso di ciascuno spazio. «La facciata sulla strada - ricorda l’architettoWaltritsch - è orientata a sud e abbiamo usato una tonalità calda chesi legasse alle scelte cromatiche della facciata in vetro. Viceversanella stanza studio, che vive di luce riflessa, per così dire, abbiamoselezionato un colore deciso come il verde». Anche il pavimento, lepareti e il soffitto giocano un ruolo fondamentale nella trasmissionedella luce, importante proprio perché l'altezza degli ambienti è laminima consentita, 270 cm. «Il pavimento in resina semi-lucida e levernici a smalto del soffitto - conclude Waltritsch - contribuiscono acreare un ambiente piacevole e solare, mentre i corpi di luce cheabbiamo disegnato sopra il tavolo dell'emeroteca, il banco receptione il tavolo nella sala studio, sono in acciaio lucido a specchio, econtribuiscono a catturare immagini provenienti dall'esterno o da altreparti della biblioteca e ad aumentare in maniera fittizia le dimensionidello spazio, o più semplicemente a raccontare storie diverse».

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2

1

4

5

6

7

3

8

1 Pianta sostegni per vetrate 2 Prospetto vetrate 3 Particolare sostegno per vetrate4 Frangisole in legno 5 Vetro 8/8 p.v.b. 0,76 trasparente 6 Angolare 80x80x87 Vetro 12 mm temperato smaltato 8 Stampato in alluminio col. silver

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Papa Benedetto XVI ha scelto, in occasionedel 1950° anniversario del naufragio di San Paolo,di mandare all’umanità un messaggio ambientalistadi forte impatto. Lo ha fatto senza limitarsi a proclami,ma dimostrando in prima persona che l’ecosostenibi-lità non è un’utopia ma è il futuro possibile. Ilmessaggio che ha voluto comunicare si manifestanell’allestimento eseguito da Kubedesign a Malta, il17 e 18 aprile scorso, che ha arredato la piazza in cuisi è svolto l’incontro organizzato dal Vaticano.Kubedesign è un’azienda marchigiana, specializzatanella lavorazione del cartone, erroneamenteconsiderato povero e fragile. Semplice e naturale,

è un materiale dalle eccellenti prestazioni,caratterizzato da una grande versatilità e da attitudiniecologiche. La linea Kubedesign è quindiassolutamente rispettosa dell’ambiente, oltre chealtamente artigianale. Ottocento sedie, l’altare,l’ambone, il trono papale, un tavolo, dueinginocchiatoi, un leggio, 93 poltrone, 18 sgabelli e uncrocifisso, tutti rigorosamente realizzati in cartone:questo è quello che Kubedesign è riuscito a fare peril Papa. Per tale allestimento sono stati utilizzati circa8.085 kg di cartone, l’equivalente della carta riciclatadi 35.000 quotidiani, risparmiando così 6 tonnellatedi CO2. L’intero carico è stato spedito utilizzando un

L’AZIENDA MARCHIGIANA KUBEDESIGN PUNTA TUTTO SULLO SVILUPPO E UTILIZZODEL CARTONE, MATERIALE SCELTO ANCHE DA PAPA BENEDETTO XVI PER ALLESTIRE,

A MALTA, LA PIAZZA IN CUI SI È SVOLTO UN INCONTRO ORGANIZZATO DAL VATICANO

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A sinistra: Papa Benedetto XVI durante una visita aMalta. La piazza è stata arredata con 800 sedie, 93poltrone, 18 sgabelli, tutti realizzati in cartone. Sopra:“Atlante”, tavolo minimalista in cartone. Sotto: “Melita”,sedia semplice da montare e facile da personalizzare

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solo container per poi venir assemblato sul posto.L’imponente allestimento realizzato dimostrachiaramente come i complementi prodotti con questomateriale sono in grado di supportare e resistereanche a forti sollecitazioni e di durare nel tempo.Kubedesign, sotto la direzione artistica diForfundesign, e con la collaborazione di RobertoGiacomucci, Art Director dell’azienda e autore di tuttala collezione Kubedesign di cui spiccano Melita XL,Mistika e Kerubino, ha creato l’allestimento in soli 15giorni, dimostrandosi capace di affrontare anchecommissioni importanti in tempi brevi. Kubedesigncrea poltrone, sedie, tavoli, librerie, carrelli chediventano simboli di una casa diversa da quellatradizionale, pensata per un pubblico urbano, dinamicoe consapevole delle proprie necessità. Questi arredifatti di cartone ondulato sono leggeri, personalizzabili eadattabili a contesti molto diversi tra loro. Le linee sonosemplici e il concept fortemente orientato alla facilità diutilizzo. I colori sono fondamentali perché permettonoall’oggetto di esprimersi e di esprimere la propriafunzione attraverso la sua superficie cromatica.Diventa quindi fondamentale anche l’assenza di coloreche permette all’oggetto di rapportarsi alla realtànaturale che lo circonda. (di Cristiana Zappoli)

Sopra, a destra: “Mistika”, sedia con struttura in cartoneondulato. Cartone neutro e cover intercambiabili. Sotto:“Keope”, misura 180x180 ed è composto da due fogli dicartone, piegati ad arte per nascondere il bordo ondulato

Essent’ial, è una piccola e dinamica azienda, natacome cartotecnica, che ha fatto della ricerca sullasostenibilità e l’ecologia il leit motive della propriacreatività. Le proposte di Essent’ial hanno un cuoreverde e nascono dal recupero di materiali riciclati e/onaturali che assumono dignità e rappresentanol’alfabeto etico del nuovo design. Presente e,soprattutto, futuro. L’elemento caratterizzante lecollezioni Essent’ial è la pulizia delle linee dove ognidettaglio è magistralmente curato e dove la sceltadei materiali e la lavorazione avviene nel completorispetto dell’ambiente. In occasione del Salone diMilano 2010, l’azienda ha presentato una nuovainteressante gamma di complementi d’arredo cheaffianca la ricca collezione di oggetti e accessori infibra cellulosica derivata da scarti di lavorazione edalla semplice bellezza della carta riciclata. La novitàassoluta è la morbida, accogliente, innovativaEcopoltrona realizzata con gli stracci. Ma non stracciqualunque. Provengono dalla produzione Essent’iale servono per pulire le macchine da stampadell’azienda. Una volta concluso il ciclo di vita,vengono lavati dagli agenti chimici di cui sono intrisi;non avendo però alcuna possibilità di essere riciclati,l’alternativa è riutilizzarli come materiale da

rivestimento. In questa logica è nata l’ideadi produrre una poltrona e una serie diaccessori che trasformino questi rifiutispeciali in una risorsa creativa. Cosìè stato. E per avvalorare il significatosostenibile ed ecologico dellaproduzione, un filo rosso ridona vita aglielementi tessili diventando non soloelemento decorativo, ma un percorso daseguire, un segno che racconta la storiadi un riuso creativo nel rispetto

dell’ambiente. A far da scenografia all’Ecopoltrona,l’Ecopouff e le belle borse di stracci. C’è un ulterioree importante messaggio dietro a questo progetto ea tutta la gamma di prodotti Essent’ial: un’attenzioneverso l’uso di materiali di derivazione non animale.Una posizione che silenziosamente si fa strada eche coglie la sensibilità di una fetta crescente diconsumatori. La produzione Essent’ial nasce intornoalla carta di riciclo assemblata con un derivato dal PETche conferisce una texture particolarissima (effettostropicciato) capace di caratterizzare in modo originalei prodotti della sua collezione. Con vantaggi sul pianodella resistenza, dell’usura e della manutenzione: sitratta di carta addirittura lavabile in lavatrice a 30°C.Borse, sacchi, ceste, vuota tasche, pouff, poltrone…popolano i cataloghi Essent’ial e da quest’anno,presentata in occasione di Sparkling, ecologicallycorrect, si è aggiunta la Babypoltrona, la versione minidi quella standard – la cui imbottitura è anch’essa diriciclo con carta di giornali e derivati di bottiglie Pet -che ha già avuto ampio successo sia sui media, sia dimercato. Essent’ial è un marchio prodotto e distribuitoda A.G.C., di Carpi in provincia di Modena. Nata nel1999, sin dall’inizio A.G.C. investe la propria capacitàcreativa e innovativa specializzandosi nella stampadi supporti estremi come tele e materiali nonconvenzionali. (di Cristiana Zappoli)

LA FILOSOFIA DEL MADE IN ITALYE L’UTILIZZO DI MATERIALI ECOCOMPATIBILI. IN OCCASIONE DELSALONE DEL MOBILE ESSENT’IALHA PRESENTATO L’ECOPOLTRONAE L’ECOPOUFF FATTI DI STRACCI

In queste foto alcune dellecreazioni di Essent’ial. Unaserie di eco-poltrone edeco-pouff, realizzati constracci e carta riciclataunita con un derivatodel pet riciclato al 100%

82 AMarchitetti

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Ecologia, rispetto per l’ambiente, nuovi materiali,sono temi affrontati dai media sempre piùspesso. Quello che si cerca di fare è sensibilizzarele persone verso un argomento delicato maimportantissimo per la vita di tutti noi e soprattuttoper il nostro futuro. Il mondo della moda, peresempio, ha accolto con entusiasmo l’invito adessere più “green”: sempre più stilisti utilizzanomateriali riciclati, fibre e tinte naturali, dando vita amodelli originali, belli e soprattutto ecocompatibili.E, allo stesso modo, sempre più designer si stannomostrando sensibili a questo nuovo trend, decidendodi affrontare una sfida importante, quella del designetico, trasformando le problematiche ambientali inopportunità economiche. Come? Riciclando. Innatura il concetto di rifiuto non esiste, quello cheviene scartato viene sempre, in qualche modo,assorbito dall’ambiente e rimesso in circolo. Ilconcetto è lo stesso: reinventare oggetti e materialifacendoli diventare qualcosa d’altro rispetto a quello

che erano in origine. Un esempio di oggetto didesign che nasce dal riciclo è il Blow Sofa: undivano fatto da sacchetti di carta riciclata al 100%opportunamente trattata (i sacchetti sono in

pagliolo, ovvero un materiale per imballaggi ottenutoda pezzi di legno di scarto) e poi gonfiata, da untelaio metallico e da cinghie di gomma. È facile datrasportare quando è sgonfio e quindi piatto (si puòsgonfiare e rigonfiare ogni volta che si vuole) ed èestremamente semplice da ri-gonfiare. Ogni sezionepuò essere personalizzata con una penna e se ilcuscino si sporca, è poco costoso da sostituire.Questa idea, decisamente eco-friendly, è delladesigner polacca Agata Kulik e di Pawel Pomorski diMalafor. Un divano perfetto ad un ambiente giovanee ad uno stile di vita dinamico. Stesso concetto staalla base del Çurface. Lo studio di design ingleseRe - worked ha trovato il modo di creare un nuovomateriale, il çurface appunto, con i fondi di caffèmiscelati a plastica riciclata post consumo. Il nomedel nuovo materiale è un mix tra Coffee + Surface edè stato utilizzato per realizzare tavoli e sedie. I fondidi caffè provengono da uffici, caffetterie e fabbriche,ma anche dagli scarti di aziende alimentari inglesi.Vengono sterilizzati e successivamente miscelati,con plastica proveniente da rifiuti di apparecchiatureelettriche ed elettroniche. (di Cristiana Zappoli)

TAVOLI E SEDIE REALIZZATE CON I FONDI DI CAFFÈ.DIVANI CREATI CON SACCHETTI DI CARTA RICICLATA. ÈLA NUOVA TENDENZA DEL DESIGN INTERNAZIONALE

CHE PROPONE MODELLI SEMPRE PIÙ ECOCOMPATIBILI

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In alto a destra: il divano Blow Sofa, realizzatocon sacchetti di carta riciclata. A sinistra: la sediaprogetta dallo studio inglese Re-worked grazieall’utilizzo dei fondi del caffè miscelati a plastica

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IL MART DI ROVERETOOMAGGIA MARIO BOTTAA quasi otto anni dall’inaugura-zione della grande sede del Marta Rovereto, il museo rendeomaggio al suo ideatore, l’archi-tetto Mario Botta, autore del pro-getto, realizzato con la collabo-razione dell’ingegnere Giulio An-dreolli. Mario Botta. Architetture1960-2010 è un progetto esposi-tivo curato dallo stesso architet-to, con la direzione scientifica diGabriella Belli. La mostra docu-menta le opere più significativerealizzate da Mario Botta in tantianni di fortunata attività profes-sionale: dalle prime case unifa-miliari, originali espressioni dellascuola ticinese, fino ai grandiedifici pubblici, biblioteche, tea-tri, musei, chiese e sinagoghe,realizzati in tutto il mondo. Sonopresentati oltre 90 progetti, tuttirealizzati, documentati conschizzi e modelli originali, foto-grafie e documenti inediti.L’esposizione si articola in 12sezioni. La prima di esse, intito-lata “Incontri”, è una sorta dispazio introduttivo costituito dasuggestioni e memorie di artistie opere, di personaggi della cul-tura e della musica che hannolasciato un segno profondo nellaformazione dell’uomo e dell’ar-chitetto. Le altre sezioni, intitola-te “Abitare”, “Luoghi di lavoro”,“Scuole”, “Biblioteche e tempo li-bero”, “Ricuciture urbane”, “Mu-sei”, “Teatri”, “Spazi del Sacro”,

“Interni”, ripercorrono invece ilpersonale percorso progettualeche ha portato Mario Botta a ci-mentarsi con tutte le tipologieedilizie. Da segnalare in partico-lare le emozionanti documenta-zioni dei progetti per il MuseoTinguely di Basilea, per il MoMAdi San Francisco, per il CentroDürrenmatt di Neuchâtel, per ilrestauro della Scala di Milano eper lo stesso Mart di Rovereto.Le ultime sezioni sono dedicatealle creazioni di Mario Bottanell’ambito di allestimenti, sce-nografie e design: dalle fortuna-te sedie realizzate all’inizio deglianni Ottanta per Alias, alle lam-pade tra cui la “Shogun” com-mercializzata da Artemide a par-tire dal 1985, al recente “Tavoloper Cleto Munari”.

Rovereto, Mart / Mario Botta.Architetture 1960-2010 / Finoal 23 gennaio 2011

STUDI E MODELLIDI FRANK O. GEHRYNel primo edificio progettato daFrank O. Gehry in Europa, il Vi-tra Design Museum, lamostra Frank O. Gehry dal 1987ospita una selezione dei suoi piùimportanti progetti degli ultimitredici anni. L’esposizione pre-senta studi e modelli per il con-corso di grandi dimensioni, mes-si a disposizione dall’archivioGehry Partners. I disegni origi-nali dell’architetto e la ricca col-lezione di modelli progettualirendono tangibile e reale il pro-cesso di sviluppo dello StudioGehry. I dodici progetti presenta-ti non vengono esibiti esclusiva-mente come opere uniche, macome elementi in dialogo conl’ambiente urbano circostante. Ifilm mettono in evidenza le solu-zioni tecniche adottate da Gehrynelle diverse fasi dello sviluppoartistico e del processo di realiz-zazione progettuale. In concomi-

tanza con la mostra è stato pub-blicato un catalogo che contienetutti i progetti presentati di FrankO. Gehry e Gehry Partners apartire dal 1997. La maggior par-te delle riproduzioni, fra le qualidisegni a mano libera, progettidello Studio Gehry Partners, mo-delli tridimensionali e fotografiedegli edifici, non erano ancoramai stati esibiti in pubblico.L’esposizione è prodotta da LaTriennale di Milano ed è curatada Germano Celant in collabora-zione con Frank O. Gehry e Ge-hry Partners, LLP. Il design è diStudio Cerri & Associati.

Germania, Weil am Rhein, Vi-tra Design Museum/ Frank O.Gehry dal 1987/ Fino al 13marzo 2011

I MOTIVI FLOREALIDI MICHAEL LINLe sale del Centro per l’artecontemporanea Luigi Pecci an-cora una volta diventano luogodi sperimentazione per un nuo-vo approccio alla fruizione del-l’arte contemporanea, quelloche ha promosso nel mondol’artista taiwanese Michael Lin,indiscusso rappresentante dellascena artistica a partire daglianni Novanta. Lin fa della pro-pria arte un dono da condividere

generosamente con il visitatore,lo invita a entrare nell’opera, lopromuove a protagonista delleproprie installazioni, lo incantain un’esperienza che supera ilsolo atto del guardare. Questogesto permette all’artista di met-tere in scena un gioco comples-so tra pubblico e privato, moder-nità e tradizione al centro deiquali c’è l’appropriazione di ele-menti di origine anonima e quo-tidiana tratti dalla popular cultu-re. Michael Lin è celebre per isuoi grandi dipinti a parete e supavimento ispirati ai motivi flo-reali dei tessuti taiwanesi egiapponesi con cui ha rinnovatol’idea di spazio espositivo comepiattaforma del discorso socialee come spazio per l’interazioneumana. Michael Lin si discostadal concetto di arte come ogget-to da guardare e approda al-l’estetica come esperienza dispazi al cui centro si trova lospettatore. Ingrandendo e molti-plicando i motivi decorativi in di-mensioni ambientali, Lin va oltrela classica opposizione del mo-

dernismo tra bello e sublime,trasformando un oggetto di pro-duzione artigianale e industrialein un’esperienza sublime in cuicoinvolgere lo spettatore. Lamostra di Prato è la prima per-sonale che ripercorre a tappe lasua intera carriera.Prato, Centro per l’Arte Con-temporanea Luigi Pecci/ Mi-chael Lin, the colour is brightthe beauty is generous/ Finoal 13 febbraio 2011

87AMarchitetti

ARCHITETTURE & DESIGN DA VEDERE

L’ARTE SCULTOREASECONDO STEVEN HOLL

La suggestiva location del Ca-stello di Acaya ospita, fino al 15gennaio, la mostra Steven Hollsu pietra. Con questo nuovogrande evento prosegue l’impe-gno della Provincia di Lecce,dell’Istituto di Culture Mediterra-nee e dell’Osservatorio Urbani-stico Teknè per la promozionedella cultura architettonica con-temporanea e dei suoi protago-nisti. La mostra coglie l’occasio-ne per riflettere sui processi chehanno condotto alle recenti rea-lizzazioni artistiche dello Studiodi Architettura Steven Holl Ar-chitects SHA in Cina e in Euro-pa. Mira ad illustrare il processodel design dal momento delconcepimento iniziale fino allasua realizzazione, documentan-done le varie fasi inerenti lacreazione dei modelli, il disegnoe l’animazione virtuale. Le scul-ture in pietra, ossia gli oggettipiù piccoli presentati, sono staterealizzate esclusivamente perquesta mostra e rendono evi-dente l’approccio scultoreodell’opera di Steven Holl.

Vernole (Le), Castello di Aca-ya/ Steven Holl su pietra/ Finoal 15 gennaio 2011

LE NUOVE TENDENZEDELLA SCULTURAA distanza di 5 anni dalla mostrasulla scultura italiana del XX se-colo che inaugurava la nuovasede della Fondazione ArnaldoPomodoro di Milano, gli spazi divia Solari ospitano un’esposizio-ne che traccia un primo bilanciodelle ultime tendenze italianenel campo delle discipline plasti-

che. Curata da Marco Meneguz-zo, presenta le opere di 80 arti-sti, tutti nati nella seconda metàdel secolo scorso, dagli ormaistoricizzati Nunzio e Dessì, agliesponenti delle generazioni piùrecenti, quali Cattelan, Bartolini,Dynys, Arienti, Moro, Beecroft,a quelle ancora più giovani, conCecchini, Sissi, Demetz, Cuo-ghi, fino alle ultimissime comeSassolino, Simeti, Previdi, Gen-nari. L’esposizione, che si ponein linea di ideale continuità conquella del settembre 2005, testi-monia delle più diverse espres-sioni di quella che si potrebbeconfigurare come “la nuova ten-denza della scultura”, oggi la di-sciplina più difficile da definire: ilinguaggi si sono definitivamenteibridati, i codici tradizionali sono

stati rapidamente abbandonatinegli ultimi trent’anni, e quellache era la disciplina artistica più“certa” nelle definizioni è divenu-ta di fatto la più incerta.

Milano, Fondazione ArnaldoPomodoro/ La scultura italia-na del XXI secolo/ Fino al 20febbraio 2011

LA COSTRUZIONEDI EDIFICI MUSEALI

In anni recenti, nuovi edifici mu-seali, oppure espansioni e re-stauri, sono apparsi in moltissi-me parti del mondo. Lo sforzocompiuto da molte istituzioni perintegrare l’architettura contem-poranea nel proprio progettomuseale pone una domanda ri-spetto alla funzione e all’aspettostesso dei musei. Ma allo stessotempo spinge ad interrogarsisulla ridefinizione del rapporto

appuntamentiAM

Ceramiche, sanitari, rubinetterie,cabine doccia, arredo bagno.Il visitatore immagina e pensa

ad un proprio bagno fortementepersonalizzato e completato

da oggetti d’arredo, come lampade,porta foto, candele: un ambienteche si mescola agli altri dellacasa, conferendogli pari valore.“Il luogo della cura del sé”

che coniuga funzione e piacere.

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tra spazi espositivi e opere d’ar-te. Sulla scia di questa riflessio-ne, Suzanne Greub, direttricedell’Art Centre Basel, proposenel 2000 la mostra Museums fora New Millennium: Concepts,Projects, Buildings (“Musei perun nuovo millennio: idee proget-ti, edifici”), ospitata in seguitocon successo in numerosi museiinternazionali. Quel progetto orasi amplia e completa con l’espo-sizione Musei nel XXI Secolo:Idee Progetti Edifici. Curatasempre da Suzanne Greub, laversione proposta dal Mart pre-senta le principali tendenze nel-la costruzione di edifici museali,illustrate da ventisei tra i più si-gnificativi progetti architettonicirealizzati a partire dal 2000.

Rovereto, Mart/ Musei nel XXISecolo: Idee Progetti Edifici/Fino al 2 gennaio 2011

L’ITALIA ATTRAVERSOVIDEO E FOTOGRAFIEUn progetto espositivo che in-tende proporsi come momentodi riflessione sull’identità dell’Ita-lia contemporanea. Riunisceuna quarantina di opere ispiratedirettamente dall’attuale situa-zione socio-culturale del nostroPaese e realizzate da 32 artistiinternazionali delle ultime gene-razioni, che si esprimono preva-lentemente attraverso fotografiae video. Le opere si configuranocome punti di vista critici sul

concetto di paesaggio contem-poraneo, inteso in senso nonsolo geografico ma anche socia-le, culturale, politico e antropolo-gico. La mostra invita ad inter-pretare attraverso chiavi di lettu-ra attuali, legate alla dimensionecontemporanea, il nostro paese.Un volto contraddittorio e fram-mentato, composto da disegni,sculture, installazioni, immaginifotografiche e video, che affon-dano le loro radici nelle sugge-stioni del paesaggio italiano in-teso in senso socio-antropologi-co, per rivelarne gli aspetti piùironici, contradditori, surreali, avolte drammatici.

Pistoia, Palazzo Fraboni/ Viag-gio in Italia, Sguardi interna-zionali sull’Italia contempora-nea/ Fino al 30 gennaio 2011

VINCENT VAN GOGHRITORNA A ROMA

Questa mostra riporta a Roma,dopo ventidue anni, il genio diVan Gogh, che ha lasciato unsegno indelebile nella storiadell’arte e nell’immaginario col-lettivo dell’uomo moderno. Ilpercorso dell’esposizione analiz-za per la prima volta le due incli-nazioni contraddittorie che spes-so guidarono il pittore nella scel-ta dei soggetti dei suoi dipinti: ilsuo amore per la campagna e ilsuo legame con la città. Sarannoesposti oltre settanta capolavoritra dipinti, acquarelli e opere sucarta del maestro olandese e cir-ca quaranta opere dei grandi ar-tisti che gli furono di ispirazione.Roma, Complesso del Vittoria-no/ Vincent van Gogh. Campa-gna senza tempo - Città mo-derna/ Fino al 6 febbraio 2011

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www.artigianscale.it - [email protected]

Artigianscale è un’azienda che si occupa della lavorazione edella costruzione di arredi in legno come scale a giorno, scalea chiocciola, ringhiere in legno e ferro, soppalchi in legno. Haun organico di artigiani specializzati che, con l’esperienza unitaalle più moderne tecniche costruttive e all’utilizzo di materiali dialtissima qualità, può soddisfare le esigenze del cliente che èalla ricerca di un prodotto che si sposi perfettamente con il suostile e che dia calore alla propria abitazione, cosa che solo unprodotto di alta manifattura può offrire.Oggi Artigianscale può vantare una collezione di scale chesi adatta alle più diverse esigenze, con una scelta tra le piùampie del settore garantendo un prodotto dallo standardqualitativo in linea con le più esigenti richieste di mercato, siaper la scelta dei materiali costruttivi che per le procedure dilavorazione e realizzazione delle scale.

Cosa significa progettare secondo i principi della bioclimatologia?«Significa conoscere le condizioni bioclimatiche del luogo dove ci si va ad inserire (e dei suoi intorni), tenerneconto nel complesso intreccio delle diverse ragioni da cui scaturisce il progetto. Benché di grande rilevanza, labioclimatologia è pur sempre una logica di settore».L’edificio bioclimatico può modificarsi, integrarsi e adattarsi in modo congruo?«Ogni costruzione ha un suo ciclo di vita. Nel tempo deve rispondere al mutare delle funzioni. Adattabilità eflessibilità non riguardano però solo gli aspetti funzionali: gli edifici devono poter reagire e modificarsi nel tempoanche in rapporto al mutare dei contesti ed all’evolversi delle tecnologie».Morfologicamente sembra che un edificio più compatto sia più adatto a ridurre le dispersioni di calore.Questa istanza può essere un condizionamento eccessivo per la progettazione stessa?«Evitare dispersioni di energia e consumo di suolo è tema importante. Ogni progetto propone però un equilibriofra esigenze contrapposte. Qualità prima di un progetto sono la sua capacità di liberarsi da ogni ottica di settoree la sua “super-individualità”, il non ridursi a soddisfare l’egoismo del committente o il narcisismo del progettista».Quali strutture del passato sono d’esempio per i principi applicati alla progettazione bioclimatica?«La storia del costruire è cosparsa di esempi di intelligenti interpretazioni tese al benessere ambientale: in ognicontinente e in ogni clima. Massima apertura verso l’esterno, massima chiusura verso l’esterno, ventilazioni naturali,protezioni dal vento, compattezza degli insediamenti... Tutto è stato poi frantumato dalla disponibilità di energia abuon mercato e da tecnologie che hanno consentito progetti impropri, incuranti dei loro effetti negativi sull’ambientein generale. Oggi si è più consapevoli delle conseguenze di questa visione incosciente ed egoista».L’architettura organica è veramente alla base dell’architettura bioclimatica?«Sì. L’architettura organica ha come base il rapporto con il contesto e l’attenzione ai materiali naturali e locali».Oggi vi è una gran confusione tra bioclimatica, bioarchitettura ed ecosostenibilità. Ci aiuta a fare chiarezza?«Queste aggettivazioni sono strumentali. Richiamano “informazioni perdute” nei processi di trasformazione degliambienti di vita e del costruire in genere. “Architettura bioclimatica”: definisce l’attenzione prevalente al clima,attenzione però che non protegge impropri inserimenti nel paesaggio, non favorisce aggregazioni né producemiglioramenti sociali. “Bioarchitettura” è un termine più inclusivo: “propugna una architettura più umana, una sortadi nuovo umanesimo che vede come obiettivo primario del progetto la sua facilità di antropizzazione”. È un termineche vorrei provvisorio, pleonastico, come l’”eco-sostenibilità” che propugna quanto è ambientalmente responsabile.Verrà un giorno in cui urbanistica, architettura, paesaggio, strutture, saranno sinonimi; in cui ogni trasformazionedegli ambienti di vita scaturirà da visioni globali; in cui ogni costruzione sarà concepita come un “frammento” cheentra a far parte dell’ambiente, del paesaggio, delle tante stratificazioni che individuano ogni luogo».Il benessere psicofisico può essere uno dei parametri su cui basare l’architettura bioclimatica?«Certo. Qualsiasi trasformazione fisica dell’ambiente deve contribuire a migliorare la condizione umana. Con visionid’insieme, nel senso più ampio».La bioclimatica ha dato il via ad un nuovo interesse: le facciate degli edifici. Sono in via di sviluppo nuovefigure professionali quali i designer di facciate. Non crede che così proseguendo si possa perdere laprogettazione quale unicum?«D’accordo, ma ogni progetto è azione collettiva, deriva dalla collaborazione di molti esperti. La questione delprogettare è nel saper sbagliare, nel saper uscire da qualsiasi logica di settore, da qualsiasi ottimizzazione».La bioclimatica in Italia. A che punto è la nostra nazione?«La sensibilità rispetto a questi temi è in crescendo continuo. Vi sono da tempo master post universitari diversi: adesempio quelli dell’INARCH o quelli dell’Istituto Nazionale di Bioarchitettura. È ancora ingenua la sensibilità degliutenti, capaci di distinguere qualità nel cibo, nei prodotti del design e dell’industria, ma incapaci di esigere qualitàdiffusa ed ambienti di vita agili e confortevoli: le città dove viviamo lo dimostrano». (di Gianfranco Virardi)Pe

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«In Italia siamo ancora incapaci di esigere qualità diffusa e ambienti di vitaconfortevoli. E le città in cui viviamo lo dimostrano». Massimo Pica Ciamarrariflette sui punti deboli dell’architettura bioclimatica nel nostro Paese

IL BENESSERE AMBIENTALE

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INTERVISTA

Nei comuni e nelle provincie italiane esistono programmi incentivanti l’aspetto bioclimatico o comunquesostenibile degli interventi da realizzare?«Certamente. Negli ultimi dieci anni c’è stato un notevole impulso, anche grazie al “Codice concordato diraccomandazioni per la qualità energetico ambientale di edifici e spazi aperti” promosso dalla CNEA (ConferenzaNaz. Energia e Ambiente) nel 1998 e rivolto alle amministrazioni locali. È essenziale che ogni regione strutturi lelinee guida in materia, perché a quelle devono poi attenersi i comuni. Uno dei primi Comuni attivo in quest’ambitoè stato Faenza. Certo in Italia non si è arrivati ancora al “Manuale per le infrastrutture verdi” che il Comune di NewYork ha fatto seguire al “Manuale per gli edifici verdi”, ma siamo sulla buona strada».In Italia quanto si costruisce seguendo le istanze bioclimatiche?«Si costruisce nella misura in cui ci sono vantaggi per tutti gli attori: per il costruttore, che in cambio di una particolarecura per gli aspetti “sostenibili” dell’edificio ottiene dall’amministrazione locale particolari benefits, per l’utente che vivràin un edificio migliore e più economico, per gli amministratori che lasciano alla comunità spazi più sani».Nell’ambito delle costruzioni edilizie esiste la cantierizzazione ambientale?«In un progetto gli elaborati di cantierizzazione sono redatti dalla ditta appaltatrice sulla base delle specifichetecniche previste dal progetto esecutivo: il compito del progettista è quindi quello di individuare e specificare lecaratteristiche prestazionali dal punto di vista ambientale il più precisamente possibile».La bioclimatica è percepita come una moda o è riconosciuta come giusto approccio etico alla vita futura?«Nonostante ancora oggi esista l’equivoco della bioclimatica come “utilizzo dei pannelli solari e/o fotovoltaici” toutcourt, per fortuna il concetto di bioclimatica come eliminazione degli sprechi, utilizzo delle risorse naturali e gratuitedel luogo si diffonde e credo che sarà questo il vero punto di forza per il suo sviluppo».Molti edifici medio-orientali sono stati costruiti secondo accortezze che oggi sono definite bioclimatiche.Quali esempi edilizi potrebbe citarci?«Sono molto noti nei paesi arabi, e usati ancora a volte dalla tradizione architettonica locale, i “malquafs”, le torridel vento, i “mashrabjia”. I primi due elementi servono ad “acchiappare” il vento caldo del deserto e convogliarlonegli ambienti interni opportunamente raffrescato. I mashrabjia sono griglie alle finestre in vari materiali cheservono a far passare la brezza ma non il sole, creando all’interno degli ambienti microclimi confortevoli».Natura e artificio possono essere solidali tra loro. Un’utopia che si fa realtà. Ma secondo lei ci sarà unaperdita di ciò che è definito valore estetico del’architettura?«Assolutamente no, anzi i criteri bioclimatici possono dar luogo (e abbiamo infiniti esempi nell’architettura sia anticache moderna) grazie alla creatività del progettista a veri e propri elementi di alta qualità architettonica».Come mai esiste nei confronti dell’approccio bioclimatico una latente diffidenza?«Per ignoranza. Domando spesso agli studenti degli ultimi anni di architettura durante gli esami di “composizionearchitettonica”: “Dov’è il nord e dove il sud?” e a volte non lo sanno. Non si è ancora capito che alla base di unprogetto bioclimatico c’è il saper ben costruire, e alla base del saper ben costruire c’è la buona conoscenza delluogo del progetto e delle proprietà dei materiali usati. Molto spesso progettare bioclimaticamente non costadi più, si tratta di dare una forma invece di un’altra, di disegnare un’apertura in un certo modo».Il recupero, la valorizzazione e il ripristino ambientale quanto sono legati all’architettura bioclimatica?«Fanno parte della concezione bioclimatica: sappiamo bene che nel nostro Paese i prossimi anni saranno dedicatialle ristrutturazioni e a interventi di “agopuntura” nel tessuto urbano per migliorare e utilizzare gli spazi vuoti odismessi: tutto questo andrebbe fatto non dimenticando i criteri della bioclimatica al fine di utilizzare meglio lerisorse, ridurre l’inquinamento e il consumo di energia tradizionale».I suffissi eco o bio non confermano la mancanza di un’impostazione completa della progettazione?«Sì. Non si dovrebbero proprio usare, non si dovrebbe parlare di architettura “bioclimatica” ma solo di architettura.Ogni buona architettura è anche bioclimatica». (di Mattia Curcio)

«Il concetto di bioclimatica come eliminazione degli sprechi, utilizzo dellerisorse naturali e gratuite del luogo, si sta lentamente diffondendo», ci spiegaCettina Gallo. Ricordando che «ogni buona architettura è anche bioclimatica»

I CRITERI BIOCLIMATICI...

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INTERVISTA

Marco MuscogiuriNell’immaginario la biblioteca resta un luogo destinato alla conservazione dei libri, alla lettura eallo studio. Le biblioteche oggi sono diventate laboratori dell’informazione, porte di accessoall’universo multimediale, luoghi di socializzazione. Le più recenti realizzazioni in Nord Europae negli Stati Uniti si arricchiscono di nuovi contenuti, accolgono ancora libri ma consentono laconsultazione e il prestito anche di video, musica, riviste e giornali e promuovono l’accesso ainternet. La biblioteca sarà sempre più un luogo di incontro e di socializzazione, all’insegnadella serendipity culturale.

Antonella AgnoliLa biblioteca Marciana a Venezia ha il compito di conservare un patrimonio storico, la bibliotecadell’Università di Bologna quello di mettere a disposizione di docenti e studenti gli strumenti diapprofondimento. La biblioteca di Sala Borsa a Bologna deve essere un servizio per il grandepubblico, compito che non appartiene all’Archiginnasio di Bologna o alla Malatestiana diCesena. La biblioteca di pubblica lettura è quella più a rischio in un mondo dove l’accesso alibri, musica e film è possibile da casa propria. Il contesto di riflessione sulle biblioteche in Italiadeve essere il fatto che siamo un paese dove si legge poco. Anche dove esistono servizibibliotecari di qualità, soprattutto nel centro-nord, raramente frequentati da più del 15% degliabitanti, mentre in tutto il Meridione biblioteche pubbliche ben funzionanti sono una rarità. InItalia la biblioteca non è mai stata considerata un servizio essenziale per il territorio, come lascuola, e quindi non è stata integrata nella pianificazione delle città.

Marco MuscogiuriInternet e le nuove tecnologie dell’informazione hanno cambiato il nostro modo di reperireinformazioni, di lavorare, di studiare, di pensare. Tutto questo ha avuto un enorme impatto sullebiblioteche e sul loro ruolo. La Rete è un immenso bacino di informazioni, per cui i servizibibliotecari possono essere di enorme aiuto per sviluppare competenze critiche. Recarsi inbiblioteca non sarà più un “dovere”, ma dovrà diventare un piacere. Anche in Italia i grandicentri commerciali sono diventati i principali spazi pubblici. In The Great, Good Place, RayOldemburg, sociologo americano, sosteneva l’importanza che hanno nello sviluppo e nelconsolidamento della democrazia e della vitalità di una comunità i “luoghi terzi” (in contrastocon i “luoghi primi” e “secondi”, ovvero la casa e i luoghi di lavoro o di istruzione).

Antonella AgnoliNessuno ha mai pensato che le biblioteche possano sparire a causa di internet, mi sembraassai più pericoloso un governo che taglia i fondi alla cultura. Le biblioteche di conservazionenon saranno sostituite da Google Books, e quelle di pubblica lettura sono ancora in buonasalute. Internet non può sostituire il libro cartaceo, primo perché le macchine per la lettura di undocumento digitale cambiano e sono poco affidabili. La carta è un materiale che dura persecoli, mentre le memorie dei computer non lo sappiamo. In secondo luogo, il libro cartaceopossiede una integrità che nessun file digitale può garantire: una copia rilegata della DivinaCommedia non può essere manipolata. Le grandi biblioteche sono un riconoscimento del fattoche la città ha bisogno di luoghi d’incontro gratuiti, piacevoli da vivere, non commerciali.

Cos’è oggi una biblioteca?E quanto è cambiata neltempo?

Dalle numerosebiblioteche costruitenell’ultimo decennio nelmondo si evince chenonostante l’avventodell’era telematica non siè verificata la lorochiusura. Qual è laragione che haconfermato, nel tempo,questo contenitore qualeluogo d’interesse?

Marco Muscogiuri e Antonella Agnoli riflettono sugli strumenti necessari per interpretaredal punto di vista architettonico e sociale la costruzione o la riqualificazione di una biblioteca.Non più luogo di solo consumo culturale ma vera e propria icona urbana ed emblemadell’identità cittadina. Fattore determinante per il welfare nel nostro Paese di Andrea Giuliani

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RIQUALIFICARE LE BIBLIOTECHE

FOCUS

Marco MuscogiuriNon molto tempo fa Maija Berndtson, direttrice della biblioteca di Helsinki, mi raccontava delprogetto per la nuova biblioteca centrale, il cui motto è “Knowledge, Skills, Stories”. La bibliotecaintende essere il luogo dove sia possibile acquisire conoscenza e informazioni (knowledge); illuogo dove affinare le proprie attitudini (skills); il luogo delle storie, della memoria, dell’immagina-zione, della narrazione delle vicende umane (stories). La biblioteca da lei diretta è stata la primache ha ricevuto dalla Bill & Melinda Gates Foundation, nel 2000, il premio “Access to LearningAward”. Altro caso eclatante è quello degli Idea Store, nuove biblioteche aperte nell’East End diLondra, quartiere con problemi di disoccupazione, analfabetismo, disagio sociale, difficoltà diintegrazione etnica. Per far fronte a tali problemi l’Amministrazione decise di investire nellebiblioteche, sostituendo le “public library” con nuove biblioteche, localizzate in aree moltofrequentate e in prossimità di centri commerciali.

Antonella AgnoliLe biblioteche sono sempre state luoghi di apprendimento, formazione e informazione: negliultimi anni si è preso atto che possono anche essere luoghi che migliorano il tempo libero,favoriscono la socializzazione e stimolano la creatività. Dobbiamo anche in questo casoguardare al contesto: l’Italia è un paese dove si legge pochissimo, meno di un adulto su duelegge almeno un libro l’anno e un terzo dei cittadini ha difficoltà a comprendere una bolletta oun estratto conto. Inoltre abbiamo una percentuale rilevante di popolazione immigrata che nonsempre padroneggia a sufficienza la nostra lingua o è in grado di godere davvero della nostracultura. Per tutti costoro la biblioteca è una risorsa enorme, un modo concreto per lottarecontro il digital divide, la divisione tra chi ha accesso a tutte le fonti del sapere e chi è piùisolato, socialmente e culturalmente, di quanto fossero i nostri nonni.

Marco MuscogiuriUna biblioteca pubblica, progettata e gestita così come l’ho raccontata fino ad ora, puòdiventare uno dei più importanti gangli vitali del welfare di una città. L’esperienza londinesedelle Idea Store o della Pechkam Library, possono insegnare molto a riguardo. Così labiblioteca centrale di Vienna, costruita nel bel mezzo del quartiere a luci rosse, o la bibliotecadi Pesaro, che ha portato alla riqualificazione di una parte del tessuto urbano, promuovendol’insediamento di attività commerciali e di ristoro. Tutto questo non è stato ancora capito dainostri politici, e sono rarissimi i casi in Italia in cui un’amministrazione investe coscientementenella biblioteca come strumento di riqualificazione sociale ed economica del territorio.

Antonella AgnoliLe biblioteche sono e non possono essere che strutture pubbliche. È la polis che deve avereuna biblioteca per preservare il patrimonio culturale. I referendum che si tengono in Americaper approvare gli investimenti di questo tipo sono un grande fatto di democrazia: i cittadinisanno che una certa struttura costa, che il servizio lo pagheranno loro e quindi possonoesprimere la loro opinione. Il risultato di queste permette di legare i cittadini al progetto. In Italianon si responsabilizzano i cittadini preferendo offrire iniziative effimere come i festival. Abbiamopiù che mai bisogno di cultura ma nel senso di infrastrutture culturali durevoli nel tempo.

Dalla biblioteca alLearning Centre. È questoil rinnovamento dell’ideadi biblioteca. Persopravvivere la bibliotecasi arricchisce di contenutidiversi. È una formula chevale ovunque?

Qual è il giusto rapportoche la città, e anche chi lagoverna, dovrebbe averecon questa struttura?

Marco MuscogiuriÈ architetto e professoreincaricato nel Corso diArchitettura e ComposizioneArchitettonica al Politecnicodi Milano. Con la societàalterstudio partners srl, di cuiè socio fondatore e direttoreartistico, ha realizzato progettiper committenti pubblici e privati,approfondendo in special modoi temi inerenti gli spazi pubblicie i luoghi della cultura.

Antonella AgnoliHa progettato e avviato labiblioteca San Giovanni diPesaro, di cui è stata direttorescientifico fino a marzo 2008.Da allora ha collaborato alrestyling degli Idea Store diLondra e a numerosi progettibibliotecari in Italia. Èconsulente di vari architetti edi molte amministrazioni localiper la progettazione degli spazie dei servizi bibliotecari.

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FOCUS

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Marco MuscogiuriDa parte mia ho provato a individuare sette parole chiave che ritengo possano essere utili atracciare un quadro di riferimento per la progettazione della biblioteca pubblica del XXI secolo:Accessibilità, Visibilità, Articolazione, Evoluzione, Benessere, Sostenibilità, Molteplicità.Accessibilità significa facilità d’uso, ovvero necessità di eliminare non soltanto le “barrierearchitettoniche” ma anche e soprattutto le “barriere culturali”. Visibilità significa facilericonoscibilità dell’edificio nel contesto urbano, facilità di orientamento all’interno dell’edificiostesso, trasparenza di parti dell’edificio per attrarre soprattutto coloro che utenti non sono. Laterza parola chiave è Articolazione, che implica un’accorta definizione e distribuzione delleparti. Con Evoluzione intendo la capacità che deve avere l’organismo edilizio di adattarsi anuovi usi. Le ultime tre parole chiave sono Benessere, Sostenibilità e Molteplicità. Unabiblioteca deve essere confortevole. Io intendo la Sostenibilità sia in senso ecologico siaeconomico. Per la biblioteca pubblica essere molteplice significa essere democratica, ibrida ingrado di rispecchiare tutte le anime di una città.

Antonella AgnoliNon esistono parametri “inderogabili” se non quelli imposti dalle leggi in materia di sicurezza.Non tutti i “contenitori” sono adatti e troppo spesso in Italia si mette la biblioteca in un palazzocinquecentesco solo perché questo è disponibile, senza interrogarsi sulla qualità degli spaziche si possono ottenere e sui vincoli di costo e di gestione che esso poi imporrà. I cittadinihanno sempre meno tempo e questo crea l’assoluta necessità di installare la biblioteca inluoghi vicini a scuole o ai centri commerciali. Un altro requisito mi sembra quello di avere moltispazi diversi che possano attirare cittadini con esigenze culturali lontane tra loro. E soprattuttoè importante la cura per la qualità degli arredi. Infine, l’elemento veramente inderogabile è cheogni singola biblioteca abbia personale preparato.

Marco MuscogiuriL’efficacia di una biblioteca dipende anche dalle scelte architettoniche e urbanistiche, dalla suaubicazione nel tessuto della città, dalla progettazione degli spazi esterni e delle facciatedell’edificio stesso, degli spazi interni e della loro distribuzione, degli arredi e della lorodisposizione. Nonostante vi siano molti esempi di architettura contemporanea nell’ambito dellebiblioteche possiamo affermare che soltanto con l’inaugurazione nel 2004 della Seattle CentralLibrary (su progetto di Rem Koolhaas e Joshua Ramus) si è compiuto un significativospostamento verso il conferimento di una maggiore carica iconica all’architettura dell’edificiobibliotecario. Non è improbabile che Seattle possa rappresentare per le biblioteche proprioquello che il Museo Guggenheim di Bilbao di Frank Ghery è stato per i musei dell’ultimagenerazione, portando l’architettura bibliotecaria all’attenzione dei mass-media, facendoneun’icona urbana e l’emblema dell’identità cittadina. Alcuni studi indicano infatti che allaBiblioteca di Seattle è direttamente imputabile un incremento del numero di persone chevisitano il centro della città pari al al 50% nel week-end e fino al 65% nei periodi di vacanza enei mesi estivi, contribuendo per circa 16 milioni di dollari all’economia locale. La Biblioteca, asolo un anno dall’apertura, è stata direttamente responsabile di una crescita dell’economialocale per oltre 16 milioni di dollari. Il caso di Seattle e quello degli Idea Store sono forse duetra i casi più eclatanti, e da tempo le architetture bibliotecarie sono diventate un validostrumento nelle strategie di pianificazione e riqualificazione urbana e sociale.

Antonella AgnoliLe grandi strutture avrebbero dovuto attirare l’attenzione di fasce di popolazione che prima sisentivano respinte dall’aspetto austero delle biblioteche e questo, in un primo tempo, èavvenuto quasi ovunque. Tuttavia non è certo che questo effetto sia duraturo nel tempo: inFrancia, a 30 anni dalla legge Lang che ha portato con sé l’ondata di nuove biblioteche ilnumero di iscritti sembra stagnare attorno al 25% della popolazione, nei casi migliori. Certo,Seattle colpisce l’immaginazione e funziona bene ma in un’epoca di risorse scarse dubito chesi metteranno in cantiere molte nuove strutture, non solo per il loro costo intrinseco masoprattutto per i futuri costi di gestione, sempre molto elevati.

Pensare una bibliotecarichiede moltepliciattenzioni. Bisogna tenerconto di molti parametri.Quali sono quelliimprorogabili?

La biblioteca si è evoluta.Non è più solo biblíon libro+ theke custodia. Anche ilcontenitore acquisiscetutt’altra valenza. Quanto èimportante chel’architettura dellabiblioteca faccia darivelatore mediatico?

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Marco MuscogiuriLa collaborazione tra progettisti e bibliotecari è essenziale. Eppure molti architetti e moltiamministratori costruiscono o rinnovano la biblioteca senza neanche avvisare il bibliotecario.In generale l’Amministrazione Comunale, il bibliotecario e l’architetto parlano linguaggi diversi ehanno differenti obiettivi. Agli occhi dell’architetto il bibliotecario finisce quasi per essere unostacolo, che rallenta lo sviluppo del progetto e il pieno compimento di una certa ideaarchitettonica. Il bibliotecario, a sua volta, non coglie l’occasione di proporreall’Amministrazione un serio rinnovamento del servizio, anzi stenta a farsi sentire.Frequentemente ho sentito dire dai bibliotecari che quella tale scelta è stata compiutadall’architetto e che, nonostante il risultato sia esteticamente gradevole è poco funzionale. Unabiblioteca bella ma poco funzionale non centra appieno i suoi obiettivi. Le biblioteche più belle,più funzionali e più innovative sono quelle nate da un dialogo tra bibliotecario e architetto: dallaBritish Museum Library del bibliotecario Panizzi e dell’architetto Smirke (1854), allaStadsbibliotek di Stoccolma di Hjelmqvist e di Asplund (1927); dalla Bibliothèque Publiqued’Information di Parigi di Michel Melot e Renzo Piano (1978), alla Seattle Central Library diDeborah Jacobs e Rem Koolhaas (2003).

Antonella AgnoliIl fatto stesso che una domanda del genere venga posta dimostra l’arretratezza italiana inmateria di strutture culturali. Non si può costruire un servizio funzionante, sia esso unabiblioteca, un teatro o un museo, senza che architetti ed esperti del servizio collaborinoall’interno di un gruppo di lavoro coeso, ben organizzato, che progetti insieme l’opera e poi restiinsieme durante la costruzione e anche all’apertura del servizio. Questo è l’abc in qualsiasirealtà europea o americana. Oggi progettare una biblioteca è molto complesso: non si tratta piùdi risolvere elegantemente il problema di immagazzinare i libri e renderli disponibili in sale dilettura imponenti. La biblioteca di oggi è frequentata da pubblici molto diversi, con esigenzediverse, che cambiano secondo gli spazi e secondo gli orari della giornata. È un luogo dove sitengono conferenze, proiezioni, si ascolta musica, si usa internet e tutto questo dev’esserepossibile contemporaneamente.

Marco MuscogiuriAnche in Italia vi è un rinnovato interesse per le biblioteche pubbliche. Siamo distanti dalfervore che ha caratterizzato altre nazioni europee a partire dagli anni ‘80. Quello che da noicontinua a mancare è la consapevolezza, da parte delle amministrazioni locali e del governocentrale, del ruolo che può avere una biblioteca pubblica. Vi sono diversi progetti in Italia chereputo degni di interesse. Tra quelli meglio riusciti vi sono le esperienze di Bologna e di Pesaro,dove la biblioteca è stata realizzata all’interno di edifici storici. Altri casi interessanti sono laBiblioteca delle Oblate di Firenze, la nuova biblioteca “San Giorgio” di Pistoia e la nuova“Lazzerini” di Prato. L’architettura della Biblioteca “San Giorgio” gioca un ruolo di maggioreimportanza. La scelta di lasciare il grande atrio al piano terra completamente vuoto, comefosse una grande piazza coperta, è una scelta di forte impatto che difficilmente sarebbe stataassunta da un bibliotecario. Negli ultimi dieci anni sono state realizzate diverse biblioteche perlo più nelle piccole cittadine di provincia. Visitandole vedo nel progetto realizzato moltepotenzialità non sfruttate. Vedo scelte architettoniche che portano diseconomie emalfunzionamenti che l’architetto non ha capito e il bibliotecario non ha comunicato.

Antonella AgnoliPartiamo dal fatto che tutti i problemi in Italia sono più difficili da risolvere che altrove in quantonon si costruiscono mai edifici nuovi. Questo significa che il contenitore scelto, quasi sempre unpalazzo storico, pone ulteriori vincoli al progettista e rende difficile trovare soluzioni funzionali:per fortuna ora si cominciano a riutilizzare strutture industriali dismesse che permettono unamaggiore flessibilità. I progetti sono gestiti male, con troppa lentezza, le gare d’appalto vengonoripetute, o annullate a causa di un ricorso, e le biblioteche nascono vecchie proprio in un’epocain cui ogni anno bisognerebbe pensare a un restyling. Tutto questo fa lievitare i costi, lasciandobudget insufficienti per il personale, gli orari di apertura, l’acquisto di documenti.

Per costruirne una cherisponda pienamente aidesiderata dei fruitori, eche sia anche in grado dirichiamarne di nuovi,quanto è importante lacollaborazione traprogettisti e bibliotecari?

Qual è la condizione, siadal punto di vista dellaprogettazione che dalpunto di vista dellagestione, delle bibliotechein Italia?

In alto: la parte terminale della tensostrutturamonoalbero. Al centro: il Khan ShatyrEntertainment Center visto dall’esterno.L’effetto raggiunto è quello di una grandetenda di base ellittica che si sviluppa inaltezza per 150 m. In basso: una foto scattatadurante la giornata dell’inaugurazione

A tutt’oggi la più alta tensostruttura al mondo,il Khan Shatyr Entertainment Center,progettato dall’architetto britannico NormanFoster, è stato ufficialmente inaugurato loscorso 5 luglio ad Astana, capitale futuristicadel Kazakistan. Alla base del progettol’esigenza di poter disporre di una strutturamultifunzionale destinata a esercitare unanotevole forza di attrazione come principalesede civica, culturale e sociale in ogni periododell’anno, in una città dalle condizioniclimatiche difficili. Caratterizzato da unacopertura in ETFE, la cui parte centrale siproietta sullo skyline di Astana per 150 metrie offre una vista spettacolare sulla città esulla steppa circostante. La struttura, a baseellittica, comprende un’area di 100mila mq edè concepita come un parco urbano, una cittànella città pensata per ospitare spazi destinatiallo svago e al tempo libero come centricommerciali, caffè, ristoranti, cinema, centrisportivi e spazi adattabili a eventi e mostre divario genere. Al suo interno una molteplicitàdi livelli con ampi spazi verdi confluiscono inun parco acquatico dove sarà possibilegodere di un clima temperato in ogni periododell’anno. È la copertura in ETFE la chiave divolta dell'intervento sul clima. Ha un’ottimacapacità di mantenere una continuità visivacon l'esterno grazie alla trasparenza.Permette il passaggio della luce naturalenella piena garanzia di un isolamento termicoottimale quando in inverno il termometroscende fino a - 35 gradi. In questa prospettival’utilizzo di termostati di controllo collegatiad una centralina ad emissione di aria caldadiretta sullo strato più interno della copertura,evita la formazione di ghiaccio e di correntid’aria discendenti. Lo strato più esterno dellacopertura, soggetto all’effetto fritting, unprocesso che modifica la conduttività el’ombreggiatura, garantisce il riparo anchedal calore estivo che sfiora i + 35 gradi.

Khan Shatyr Entertainment Center, Astana (Kazakistan)Progetto: Norman Foster

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©HerzogedeMeuron

Museum of Tomorrow, Rio de Janeiro (Brasile)Progetto: Santiago Calatrava

Un progetto tutto incentrato sul tema dellasostenibilità ambientale quello di SantiagoCalatrava per il Museum of Tomorrow di Riode Janeiro. Trae la propria ispirazione dallamagia del paesaggio naturale e della culturabrasiliana. Concepita nell’ambitodell’ambizioso progetto urbano “MarvelousPort”, intervento di riqualificazione teso atrasformare lo storico litorale di Rio deJaneiro in un polo residenziale e culturalein vista dei Giochi Olimpici del 2016, l’operadell’architetto spagnolo sarà situata sulprominente molo Maua, adiacente al piùimportante terminal crociere della città.Il museo, in cemento e disposto su duepiani, sarà caratterizzato da un tetto asospensione in acciaio e da una serie dielementi mobili a pannelli fotovoltaici chemodificheranno l’aspetto della struttura inbase alle condizioni ambientali seguendo,durante il giorno, il movimento solare. Coni suoi 12500 mq il museo si svilupperàper tutta la lunghezza del molo attraversola baia facendo risaltare la dimensionelongitudinale e riducendo al contempol’impatto visivo in larghezza. L’effettoottenuto sarà quello di una striscia dipaesaggio che, sviluppandosi da nord asud, fino a integrarsi con la vista sullostorico monastero di Sao Bento do Rio deJaneiro, inserirà l’intera struttura in un piùampio progetto di sviluppo di aree verdiche coinvolgerà la zona circostante l’areaportuale. L’intento di Calatrava è statoquello di creare una struttura intrasformazione come una pianta o un fiore,all’interno della quale esibire l'ecologiaagli sguardi delle nuove generazioni.

Le tre immagini, ricavate da un rendering di progetto, mettono in evidenza il tipodi impatto che la struttura avrà con il paesaggio urbano e naturale che vi sta intorno.Tutto il complesso è stato progettato secondo una logica sostenibile ed ecologica

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Courtesy

ofSantiagoCalatrava

Si estende per una lunghezza di 600 metripercorribili a piedi o in treno. Nel caso del Centroesposizioni e congressi ExCeL London Phase II,recentemente ampliato dagli architetti britannicidello studio Grimshaw, mediante l’aggiunta di ungrande ingresso giallo a forma di “e”, le dimensionicontano e lo dimostra la lunga spirale gialla cheattraversando la struttura longitudinalmentegiunge a tracciare il più largo corridoio d’Europa:il Grand boulevard. Rispondendo alla necessitàdi maggiori spazi espositivi, lo studio ha propostouna soluzione di contiguità che coniugafunzionalità e design e amplia la superficie delCentro di 32.500 mq. La spirale gialla, il “grandeingresso" di accoglienza per il visitatore chedomina la parte iniziale del corridoio, è statopensato per configurare in maniera netta l’identitàdel luogo d’arrivo. La sua particolare forma eil colore sono stati studiati per favorirel'orientamento visivo attraverso i diversi livelli findal primo momento. Sempre in un’ottica diattenuazione del senso di dispersione ma con unparticolare riguardo al pericolo di affaticamentoe alla necessità di spezzare la monotonia di unpercorso così lungo, i padiglioni commerciali ed’intrattenimento, lungo il boulevard, sono statidisposti su entrambi i lati in modo asimmetrico.Anche la scelta di prediligere la luce e laventilazione naturale con l’utilizzo di pannelli asoffitto in ETFE risponde all’esigenza di ovviare aun eventuale senso di alienazione da permanenzaprolungata in spazi pubblici di tali dimensioni.

ExCeL II, Londra (Inghilterra)Progetto: Grimshaw Team

In basso è possibile scorgere i due diversi edifici delCentro Congressi ExCeL London. Nelle fotografie in altosi leggono i differenti trattamenti materici scelti per unariconoscibilità delle diverse parti dell’edificio

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Ampliamento Ospedale San Luca, Milano (Italia)Progetto: ITIStudio, Bruno Marcotti, Tobia Marcotti

Nove piani fuori terra, un pianoseminterrato e tre piani interrati. È ilnuovo Ospedale San Luca dell’IRCCSIstituto Auxologico Italiano di Milano,progettato dall’architetto Tobia Marcotti.È un volume compatto con piani sfalsatie un massiccio basamento lapideo chesi sviluppa su piazzale Brescia. Lazoccolatura è rivestita con due tipi dipietra dalle nuance diverse ed èscavata in diagonale così da darespazio alla scalinata d’ingresso eall’atrio del piano rialzato. L’atrio, a trealtezze, sollevato dal piano stradale echiuso da una vetrata, vuole essere unpunto nodale nell’impatto visivodell’edificio. La nuova struttura sicollega a quella preesistente in trepunti: al piano rialzato mediante nuovocollegamento che mantiene la quota delpiano d’ingresso, al piano seminterratocon un percorso carraio e al piano -1 allivello dei locali dei rifiuti. Tutti i pianisono serviti da due coppie di ascensoriporta barelle e da tre elevatori conformi

alle norme per il superamento dellebarriere architettoniche. L'interastruttura composta di 13 livelli si dividecosì in 5 blocchi dalle varie funzioni:il primo è per l’attività ricettiva,amministrativa e direzionale, il secondoper l’attività sanitaria, il terzo per ledegenze, il quarto e il quinto sono peri parcheggi e i locali tecnici. L’edificio èstato associato all’immagine di unoscudo. Immagine sicuramente evocatadal materiale adoperato. Le facciate,ventilate, hanno un rivestimentorealizzato con lamiere di zinco e titanioprepatinato e sono cromaticamentevicine al colore grigio. Le soluzionitecniche e il tipo di finitura degliallestimenti interni sono stateselezionate con l'intento di rinnovarel'immagine classica, anonima e pococurata, del presidio ospedaliero e infattii materiali e gli accostamenti cromatici sirifanno per lo più a sfumature naturaliscelte, appunto, per generare un climaaccogliente e sopratutto familiare.

A sinistra la maglia regolare e bicolore presente in facciata.In alto planimetria generale dell’edificio. In basso treimmagini della porzione di facciata ventilata che evoca unoscudo sfaccettato realizzato con i pannelli in titanio e zinco

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Ristrutturazione Dynamo Stadium, Mosca (Russia)Progetto: Erick van Egeraat Associated Architects

Nell’ambito di un concorso internazionale indettodal consiglio di amministrazione dello stadiomoscovita, dal governo cittadino e dalla VTBBank, al team di architettura olandese guidatoda Erick van Egeraat è stato assegnato il progettoper la ristrutturazione del Dynamo Stadium e losviluppo del VTB Arena Park a Mosca. Alla basedel concorso la volontà da parte di tutti ipatrocinatori di valorizzare al meglio l’areacomprendente il Dynamo Stadium e lo storicoparco Petrovsky che, inaugurato nel 1928, grazieai numerosi ristoranti, alle terrazze eall’auditorium, è diventato negli ultimi anni ilprincipale luogo di svago degli abitanti dellacapitale. L’idea vincente alla base del progettoscelto dalla commissione concorsuale èsintetizzata nell’espressione del “tutto sotto lostesso tetto” che il team di architetti ha concepitocome una sinergia di impianti sportivi e culturaliconcentrati all’interno dell’attuale perimetro dellostadio. La nuova costruzione, intesa come un”rigeneratore urbano multifunzionale” si svilupperàall’interno delle mura dell’attuale strutturasuperandole in altezza come una grande bollache sembra trasbordare dal perimetro originario.Oltre al completo adeguamento del complesso edel Dynamo Stadium ai criteri internazionali FIFAper i mondiali di calcio del 2018, il progettoprevede lo sviluppo di un’arena da 10mila sedute,nuove attività commerciali e d’intrattenimento, eparcheggi sotterranei. Con un occhio particolarealla conservazione del paesaggio e allo sviluppodi aree verdi sia al livello del complessopreesistente che dei nuovi livelli sopraelevati,il nuovo progetto è in grado di garantire unasuperficie totale di ben 300mila mq.

Tutte le immaginisono ricavate da unrendering. Il nuovo DynamoStadium, che ingloberà l’anticastruttura costruita nel 1928, èinserito, come si può vedere nelplanovolumetrico subito sopra,all’interno del lussureggiante parcoPetrovsky. La caratteristica di taleprogetto è la copertura trasparente cheaccoglierà il preesistente e il nuovo, comemostrano le due immagini in alto

FOCUS

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Courtesy

dbEvE-designedbyErich

vanEgeraat

Batumi Aquarium, Batumi (Georgia)Progetto: Henning Larsen Architects

Si è concluso la scorsa primavera con lavittoria dello studio di architettura daneseHenning Larsen il concorso a inviti indettodalla municipalità di Batumi per laprogettazione del nuovo Batumi Aquarium.La struttura sorgerà, in sostituzione delvecchio acquario della cittadina georgianasul Baltico, in un’area del litoraleadiacente allo storico Batumi 6 May Parkgià sede di uno zoo e di un delfinario.L’ispirazione formale che anima l’interoprogetto è quella di una geometrianaturale analoga a quella dei ciottoli erosidalle correnti marine millenarie dellaspiaggia di Batumi. Proprio attraversoquesta scelta lo studio ha volutosottolineare il legame e la continuità con ilcontesto marino circostante. La struttura siergerà come un imponente agglomerato disassi concepito per essere visibile dallaterra e dal mare e per rappresentare inmodo iconico la tipicità del luogo da ognidistanza. Ognuno dei quattro singolicomponenti la struttura costituisce un’areatematico - espositiva autonoma dedicataa un particolare biotipo marino. Sidistinguono così lo spazio dedicato allafauna marina dell’Egeo e delMediterraneo, del mar Nero e del marRosso e lo spazio sulle specie animaliacquatiche dell’Oceano Indiano.L’elemento centrale ospiterà gli ufficiamministrativi e ausiliari mentre un'unicaarea a sé sarà dedicata all’interattivitàcome luogo per apprendere in mododivertente e stimolante attraversoworkshop, seminari e attività culturali. Inquesto senso il Batumi, che occuperà unasuperficie di 2mila mq, è concepito comeun acquario moderno e come un luogoin cui la cultura è un’opportunità perviaggiare con gli occhi e con la mente.Una delle principali caratteristichedell‘acquario è la flessibilità nelle diverse

funzioni. È l’area centrale a svolgere unruolo di raccordo tra i padiglioni tematicie ad accogliere punti di ristoro e puntishopping per offrire ai visitatori un luogodove sostare e rilassarsi prima o dopo lavisita degli spazi espositivi, contribuendoalla configurazione di uno spazio destinatoa diventare polo di ricerca scientifica epunto di riferimento imprescindibile inuna città che ha nel turismo la principalerisorsa economica.

A destra: schema planimetrico. In basso:possibili interni ricavati da rendering.L’ultimo rendering esplicita le intenzioniprogettuali: evocare i ciottoli erosi dallecorrenti marine della spiaggia di Batumi

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