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1 ALMANACCO IMMIGRAZIONE 2009 FATTI E NOTIZIE SULL’IMMIGRAZIONE

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ALMANACCO IMMIGRAZIONE 2009

FATTI E NOTIZIE SULL’IMMIGRAZIONE

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INDICE

INTRODUZIONE 4

CRONOLOGIA DEI FATTI E DELLE NOTIZIE 2008

GENNAIO 5

FEBBRAIO 14

MARZO 20

APRILE 30

MAGGIO 38

GIUGNO 46

LUGLIO/AGOSTO 51

SETTEMBRE 62

OTTOBRE 75

NOVEMBRE 84

DICEMBRE 93

APPROFONDIMENTI TEMATICI

INTRODUZIONE: I NUMERI DELL’IMMIGRAZIONE NEL 2008 101

ASILO 111

I principali fatti ed avvenimenti nel 2008 111

Giornata mondiale del rifugiato 2008: da Caritas Italiana un nuovo appello 128

LEGALE 129

Il 2008: l’anno del pacchetto sicurezza 129

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Straniero e diritti umani nell’ordinamento internazionale 140

SALUTE 148

La sindrome di Salgari 20 anni dopo 148

TRATTA 158

La tratta in Italia e nel mondo 158

Il disegno di legge n.1079 in materia di prostituzione 162

Il sex business nella società contemporanea 168

INTEGRAZIONE 175

Sfide e prospettive dell’integrazione 175

Comunicare in una società interculturale 180

La Carta di Roma 195

L’educazione all’intercultura 198

Seconde generazioni: stranieri in casa propria 204

Progetto Ret.In. 207

PASTORALE 213

Messaggio di Benedetto XVI per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato 213

Intervento della Santa Sede al Consiglio dei Diritti dell’Uomo 216

Viaggio apostolico di Benedetto XVI negli USA e visita alla sede dell’ONU 218

Intervento della Santa Sede alla 59° Sessione Generale dell’UNHCR 224

Intervento della Santa Sede al 2° Forum mondiale su Migrazione e Sviluppo 227

Intervento dell’Osservatore Permanente della Santa Sede presso il Consiglio Economico e Sociale dell’ONU

229

Angelus del 24 agosto 2008 231

Angelus del 31 agosto 2008 233

Evangelizzare la comunità cristiana all’incontro e all’accoglienza delle persone immigrate: dieci percorsi pastorali

236

Il patto europeo per l’immigrazione e il diritto d’asilo – poca memoria, pochissima speranza

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INTRODUZIONE La presente versione dell’Almanacco Immigrazione ha l’intento, per il secondo anno consecutivo, di selezionare e sistematizzare le principali notizie su immigrazione, tratta e asilo riportate nella Newsletter immigrazione che viene curata, ormai da oltre tre anni, da Caritas Italiana. I principali fatti del 2008 sono presentati in forma snella attraverso una scansione cronologica mensile preceduta da un breve commento ragionato. La novità dell’Almanacco 2009, però, è costituita dalla seconda parte dove si riportano, come Approfondimenti tematici, i principali documenti prodotti in seno al Coordinamento Immigrazione di Caritas Italiana nel corso del 2008. In sostanza, si è cercato di non disperdere il copioso bagaglio di materiali che sono stati originati direttamente dal Coordinamento o prodotti dai tanti colleghi che hanno condiviso con noi le loro conoscenze e la loro esperienza. Questa seconda parte è suddivisa in sezioni di approfondimento che ripropongono gli ambiti tematici nei quali si concentra prevalentemente l’attività del Coordinamento Immigrazione di Caritas Italiana (Asilo, Legale, Salute, Tratta, e Integrazione). Inoltre si è ritenuto opportuno proseguire come lo scorso anno nella previsione di una sezione finale, denominata Pastorale, contenente i più importanti documenti della Chiesa Italiana sul tema delle migrazioni. Un’ulteriore novità della presente edizione dell’Almanacco è la sua esclusiva versione elettronica che, su suggerimento dei membri del Coordinamento Nazionale Immigrazione, dovrebbe permettere una più agevole consultazione.

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CRONOLOGIA DEI FATTI E DELLE NOTIZIE 2008

GENNAIO

Il 2008 si apre con la conferma della facile previsione relativa all’eccedenza delle domande di assunzione da parte dei datori di lavoro sul tetto massimo stabilito dal Decreto Flussi del 2007, entrato in vigore a metà dicembre. È quanto emerge dalla stampa del 4 gennaio. Le domande presentate solo nei primi tre giorni dell’anno sono state oltre 660 mila, sfiorando il quadruplo degli ingressi previsti. Le prime tre nazionalità di lavoratori sono state: Marocco (116.897); Cina Popolare (70.107), Bangladesh (67.279);mentre per quanto concerne le città con maggiori richieste troviamo Milano (74.362); Roma (44.928); Brescia (42.340); Napoli (23.305). Con la Circolare del Ministero dell’interno e del Ministero della solidarietà sociale sul regime transitorio in materia di accesso al mercato del lavoro dei cittadini della Romania e della Bulgaria pubblicata il 9 gennaio, viene comunicato che il Governo italiano ha deciso di continuare ad avvalersi del regime transitorio, relativamente alle procedure per l’accesso al mercato del lavoro nei confronti dei cittadini rumeni e bulgari, per un ulteriore anno, fino al 31 dicembre 2008 in vista della completa liberalizzazione del lavoro subordinato. Il 2 gennaio la stampa riporta la preoccupazione per gli immigrati nutrita da parte delle associazioni ed enti di tutela del diritto d'asilo, suscitata dalle dichiarazioni rilasciate dal Governo di Tripoli. Attraverso un comunicato stampa le autorità libiche hanno annunciato che tutti gli immigrati illegali presenti sul territorio nazionale saranno espulsi senza eccezioni. Si tratterebbe, secondo una stima delle autorità libiche, di 2 milioni di persone, tra cui numerosi richiedenti asilo e rifugiati, provenienti in maggioranza dal Corno d"Africa, donne e minori. Tale attenzione prosegue con la pubblicazione l’ 8 gennaio della mappa, realizzata da Migreurop, dei 224 cpt identificati in Europa. Da tale mappatura emerge che i 30.871 posti (un dato che sale a 40.979 includendo i posti per i richiedenti asilo) nel sistema di detenzione amministrativa degli stranieri senza documenti di soggiorno in Europa, non è sufficiente per soddisfare i grandi numeri di migranti coinvolti annualmente negli sbarchi; questo sovraffollamento genera condizioni di vita inumane che portano gli “ospiti” a commettere atti estremi fino al suicidio, come successo nel cpt di Modena, il 15 e il 17 ottobre 2007, dove un algerino e un tunisino si sono tolti la vita. Entra in vigore il 19 gennaio il decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, di attuazione della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonchè norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta. Nel provvedimento sono contenuti i requisiti di individuazione delle qualifiche di 'rifugiatò e 'persona ammissibile alla protezione sussidiarià. Sempre il 19 gennaio si apprende dai giornali che le Sezioni unite della Corte di Cassazione hanno definitivamente risolto la questione relativa alla perseguibilità o meno dei cittadini

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romeni e bulgari che avevano commesso reati di ingiustificata permanenza nel territorio italiano in violazione dell'ordine di allontanamento del questore prima dell'entrata in vigore del trattato di adesione, avvenuta il 1 gennaio 2007. Secondo la Corte di Cassazione, infatti, "l'adesione di uno Stato all'Unione europea non costituisce un dato formale ma giunge al termine di un percorso di non breve periodo che lo Stato candidato è tenuto a compiere sotto il controllo dell'Unione per adeguare le proprie strutture economiche, sociali e ordinamentali ai parametri stabiliti. E l'adesione a sua volta è produttiva di rilevanti effetti, uno dei quali è costituito dalla libertà, per i cittadini dello Stato, di circolare all'interno dell'Unione. Perciò non può ritenersi che i cittadini rumeni, ai fini penali, vadano trattati come se fossero sempre stati cittadini dell'Unione e che i reati commessi quando essi per il nostro ordinamento erano stranieri siano divenuti non punibili” . Sempre in tema di giurisprudenza della cassazione, il 9 gennaio i media riportano che la Corte, in una sentenza (la n. 2907), ha precisato un immigrato extracomunitario che riceve un ordine di allontanamento dall'Italia può rimanere nel paese se è omosessuale e nel suo Stato d'origine questa condizione è perseguita penalmente. Il caso preso in esame dalla I Sezione Penale riguarda un immigrato clandestino che aveva disatteso l'ordine di espulsione (compiendo cosi' reato) dalla provincia di Modena. Il tribunale del capoluogo aveva assolto il ragazzo che aveva spiegato di essere rimasto in Italia perchè nel suo paese di provenienza, il Marocco, la sua omosessualità lo avrebbe messo a rischio di persecuzione. Mentre la maggioranza, compreso il ministro per le Pari opportunità Barbara Pollastrini, accoglie positivamente la sentenza, l'opposizione la critica duramente perchè ritiene che con la motivazione-scusa dell'omosessualità la legge attuale potrà essere aggirata. L’11 gennaio i vescovi richiamano l'attenzione sulla necessità di modificare la legge sulla cittadinanza, per favorire una vera integrazione degli immigrati e soprattutto dei piùgiovani. Cittadinanza anche per 'jus soli' e non solo per 'jus sanguinis', ridurre da dieci a cinque anni di permanenza in Italia il tempo necessario per poter fare richiesta di cittadinanza e riconoscimento della doppia cittadinanza, cioè diritto a conservare anche quella del Paese di origine sono per la fondazione Fondazione della Cei Migrantes i provvedimenti necessari per praticare accoglienza e integrazione verso gli stranieri. Mons. Piergiorgio Saviola, direttore generale di Migrantes, considerando la situazione dei 665.000 immigrati minorenni in Italia, li ha indicati come una 'risorsà 'sul piano demografico; sul piano economico-lavorativo; 'sul piano dell'integrazionè visto che 'è più agile, spontaneo e quotidiano il rapporto tra italiani e stranieri sui banchi di scuola, nel campo sportivo, per il dialogo tra culture diverse. Oltre 400 le organizzazioni islamiche dei Paesi europei e della confederazione russa a firmare la “Carta dei musulmani d’Europa” promossa dalla Federazione delle organizzazioni islamiche in Europa. La Carta, presentata in anteprima dal quotidiano La Repubblica, il 17 gennaio, è una dichiarazione di sei pagine in cui si parla alle persone di fede islamica e al mondo esterno con l'obiettivo di rimuovere "i pregiudizi e l'immagine negativa che si frappongono tra Islam e Occidente". La Carta chiede "il riconoscimento dei musulmani come comunità religiosa europea", ricordando che una mutua accettazione fondata sul dialogo e la conoscenza reciproca giova alla pace, al benessere delle nostre società e aiuta a rimuovere "estremismo ed esclusione". Il 15 gennaio la Chiesa celebra la 94a Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato. Nel suo messaggio "I giovani migranti" il Papa invita a riflettere sul tema dei giovani migranti, spesso protagonisti delle cronache. Il vasto processo di globalizzazione in atto nel mondo porta con sé un'esigenza di mobilità, che spinge anche numerosi giovani ad emigrare e a vivere lontano dalle loro famiglie e dai loro Paesi. Da un lato, essi sentono vivamente il bisogno di non perdere la cultura d'origine, mentre, dall'altro, emerge in loro il comprensibile

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desiderio di inserirsi organicamente nella società che li accoglie, senza che tuttavia questo comporti una completa assimilazione e la conseguente perdita delle tradizioni. Il Papa sottolinea comunque l’importanza che immigrati non violino la legge italiana: tra gli immigrati in Italia "particolarmente a rischio sono le ragazze e i minori. Alcuni bambini e adolescenti sono nati e cresciuti in 'campi-profughi': anch'essi hanno diritto ad un futuro". La preoccupazione per un inserimento lontano dal degrado si accompagna alla consapevolezza che spesso proprio un inserimento sbagliato conduce verso l’illegalità. Per la scuola e la casa continuano le discriminazioni nei confronti degli stranieri è quanto emerge dalla stampa il 18 gennaio. Per quanto riguarda il problema dell’alloggio, il Rapporto Raxen 2006 ammette che è difficile fare un quadro preciso e dettagliato della situazione perché le statistiche rimangono scarse e spesso incoerenti. Le tendenze sono però confermate: molti immigrati comprano casa in parte per migliorare le loro condizioni abitative ed evitare di pagare un affitto sempre più oneroso, e in parte come risposta alla discriminazione operata dagli agenti immobiliari e dai locatori, i quali si rifiutano di affittare appartamenti a cittadini non comunitari. Una percentuale significativa di casi di discriminazione monitorati dall’Unar sono nel settore immobiliare. Altra prova della discriminazione abitativa si trova in uno studio del Cnel, apparso sui giornali lo stesso giorno, sugli indici di integrazione degli immigrati in Italia, che ha analizzato l’indicatore di disagio abitativo utilizzando i dati del Censimento 2001. Nelle regioni in cui questo tipo di disagio risulta meno pesante, la quota di residenti stranieri in condizioni di grave sovraffollamento oscillava tra il 4,3% del Friuli e il 6% delle Marche. Si collocano invece nella fascia alta del disagio abitativo la Puglia, Lombardia, Campania, Sardegna e Valle d’Aosta, con percentuali tra il 10,1% e il 13,8%. C’è poi il Rapporto sull’Italia dell’Ecro che analizza le condizioni abitative degli immigrati e delle minoranze, in particolare rom e sinti, evidenziando le condizioni di segregazione in cui vivono all’interno dei campi nomadi. Già nel precedente rapporto del 2002, l’Ecri aveva raccomandato alle autorità italiane di intervenire con politiche volte a migliorare le condizioni abitative dei Rom. Per quanto riguarda invece la scuola, il Rapporto Raxen mette in evidenza le contraddizioni del nostro sistema educativo italiano che è generalmente giudicato inclusivo. Eppure i ragazzi stranieri continuano ad essere svantaggiati. Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, gli studenti stranieri sono caratterizzati da forte ritardo nelle loro carriere scolastiche. All’inizio della scuola primaria, uno studente straniero su dieci è iscritto in una classe più bassa rispetto alla sua età e la situazione peggiora ai livelli scolastici più alti. Al primo anno della scuola media, circa la metà degli studenti non italiani ha un ritardo di uno o più anni nella carriera scolastica, mentre nella scuola superiore questa percentuale sale al 75%. Sempre nello stesso Rapporto si legge che le maggiori discriminazioni contro gli immigrati vengono perpetrate nel mondo del lavoro; gli immigrati continuano infatti ad essere "imprigionati” in impieghi precari, con difficili condizioni di impiego. La maggior parte di loro ricopre mansioni non specializzate, compie pochissimi progressi in carriera e per gli immigrati regolari provenienti da paesi terzi resta attualmente impossibile l'accesso al pubblico impiego. Secondo una ricerca di “Medici senza Frontiere”, presentata il 30 gennaio dalla missione italiana dell’organizzazione umanitaria, le condizioni di vita e di lavoro degli immigrati impiegati in agricoltura sono sempre al limite: esiste uno stretto legame tra il lavoro nero (il 95,8% degli stagionali intervistati sono privi di un contratto di lavoro), la sottoccupazione gestita dal caporalato (la maggior parte degli intervistati riesce a lavorare solo 2 o 3 giorni alla settimana) e l’alto grado di sfruttamento (la maggior parte percepisce un salario giornaliero pari o inferiore ai 25 euro per una giornata di lavoro che in genere è di dieci ore).

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Il Rapporto Raxen viene ripreso nuovamente dalla stampa il 22 gennaio, questa volta puntando l’attenzione sulle discriminazioni razziali in Italia riguardante la creazione e il consolidamento degli stereotipi a proposito degli immigrati. Nello stesso giorno viene pubblicata anche una ricerca presentata a Roma da Renato Mannheimer nel corso della Conferenza europea sulla popolazione rom. Dall’indagine emerge che un italiano su tre sovrastima la presenza numerica dei rom in Italia, ignora che la gran parte di loro abbia la cittadinanza italiana: lo zingaro è percepito anzitutto come un "ladro” o un “delinquente” che “sfrutta i minori e vive di espedienti”. A proposito di pregiudizi sugli immigrati un articolo di stampa del 29 gennaio riporta i risultati di una ricerca compiuta nell’ambito del progetto europeo “Equal - Pane e denti (possibilità e strumenti)” presentata a Roma insieme ad un manuale operativo di comunicazione sociale redatto in collaborazione con l’Università “La Sapienza”. La ricerca ha preso in esame il contenuto degli articoli sul tema dell’immigrazione pubblicati fra il maggio e l’ottobre del 2006 da sei testate nazionali: “La Repubblica”, “Il Manifesto”, “l’Unità”, “La Gazzetta del Mezzogiorno”, “La Padania” e “Avvenire” (al quale, per vicinanza culturale, sono stati sommati gli articoli pubblicati sull’“Osservatore Romano”, il quotidiano della Santa Sede). Ne è risultato che sui pregiudizi nei confronti dei migranti, i mezzi di comunicazione non si comportano in modo uniforme: la televisione si presenta peggio della carta stampata, e sui quotidiani non c’è traccia evidente di quel linguaggio stereotipato che caratterizza le idee di una larga fetta di popolazione. In questo contesto, il 26 gennaio la stampa pubblica il Rapporto Eurispes 2008, dal quale si evince che da qualche anno l'Italia è diventata un paese di 'prima sceltà e di destinazione degli immigrati. Dal 1970 ad oggi il numero degli stranieri è cresciuto di 25 volte; attualmente, sono circa 3.690.000 milioni gli immigrati regolari stimati, che rappresentano il 6,2% della popolazione complessiva (Dossier statistico Caritas/Migrantes, 2007). L'atteggiamento degli italiani nei confronti dell'immigrazione è di sospetto; il 31% sostiene che è un processo inevitabile, ma una parte più consistente, il 39%, composto da una porzione trasversale della popolazione, di sinistra e di destra, e di altre persone senza un orientamento politico, teme l'immigrazione e la considera un fenomeno che va fermato (nel 2002 era il 24%). Il 28 gennaio viene pubblicata la Ricerca Ismu che si pone controcorrente: “mai cosi' pochi gli immigrati clandestini”. Gli immigrati in Italia aumentano ma la presenza dei clandestini decresce. Nel 2007 la popolazione straniera è aumentata dell'8,7, (superando i 4 milioni); tuttavia, grazie al decreto flussi del 2006, sono rimasti solo 350 mila irregolari, come nel 2002. A questo comunicato positivo fa da contraltare quello apparso sui giornali il 10 gennaio, che riportando le notizie della Fortress Europe, rassegna stampa che dal 1988 ad oggi fa memoria delle vittime della frontiera, rende noto che nel 2007 hanno perso la vita 1.861 immigrati clandestini. Vittime di annegamenti su fatiscenti battelli della speranza, o di stenti nel deserto come tra le nevi dei valichi montuosi. Il 16 gennaio, un’altra inchiesta pubblicata sul settimanale "Asud'Europa" mette in evidenza la tragica fine degli immigrati che seguendo le “rotte della speranza” perdono la vita nel canale di Sicilia. Dalla Libia al Darfur, l'indagine illustra la mappa dello schiavismo, ma racconta anche decine di storie di integrazione e solidarietà.

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CRONOLOGIA gennaio 2008 02 L'Italia sospenda gli accordi stipulati con la Libia

Dopo l'annuncio del governo di Tripoli che intende espellere tutti gli immigrati illegali (circa 2 milioni) un cartello di associazioni chiede al governo italiano di non essere complice di politiche che violano i diritti dei migranti.

04 Dopo i ‘click days’: gli ingressi copriranno solo un quarto delle domande Era facile prevedere un’eccedenza delle domande di assunzione da parte dei datori di lavoro sul tetto massimo stabilito dal Decreto Flussi del 2007, entrato in vigore a metà dicembre, e così è stato: le domande presentate solo nei i primi tre giorni sono state oltre 660 mila, sfiorando il quadruplo degli ingressi previsti.

08 Sono 224 i Cpt in tutta l'Unione Europea Migreurope ha messo on line la carta con i 224 campi identificati. Secondo quanto emerso dalla mappatura la capienza totale è di 31.000 posti e solo in Italia, costano 30 milioni di euro l’anno. Le condizioni di detenzione variano molto tra i diversi campi, che rappresentano vere e proprie frontiere interne dell’Unione europea.

08 Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto espulsioni È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 2 gennaio in edicola ieri - ed è diventato perciò operativo - il decreto legge 249, che reca misure urgenti in materia di espulsioni e di allontanamenti per terrorismo e per motivi imperativi di pubblica sicurezza riguardanti cittadini comunitari.

09 Il cardinale che difende i diritti degli immigrati Il cardinale Dionigi Tettamanzi, davanti ai tanti immigrati che hanno assistito alla Messa per la festa dei Popoli nel giorno dell'Epifania sollecitato le autorità per chiedere che siano facilitati i ricongiungimenti, di avere maggiore interesse e di moltiplicare l'impegno concreto verso i bambini, i ragazzi e i giovani immigrati.

09 Cassazione: no ad espulsione se immigrato è gay e proviene da Paesi omofobici la Corte di Cassazione in una sentenza, la n. 2907, ricorda che un immigrato extracomunitario che riceve un ordine di allontanamento dall'Italia, può rimanere nel paese se è omosessuale e nel suo Stato d'origine questa condizione è perseguita penalmente.

09 Circolare del Ministero dell’interno e del Ministero della solidarietà sociale su Regime transitorio in materia di accesso al mercato del lavoro dei cittadini della Romania e della Bulgaria. Il Governo italiano ha deciso di continuare ad avvalersi del regime transitorio, relativamente alle procedure per l’accesso al mercato del lavoro nei confronti dei cittadini rumeni e bulgari, per un ulteriore anno, fino al 31 dicembre 2008 in vista della completa liberalizzazione del lavoro subordinato.

10 Fortress Europe: nel 2007 hanno perso la vita 1.861 migranti in cerca d'Europa Fortress Europe, rassegna stampa che dal 1988 ad oggi fa memoria delle vittime della frontiera, ha reso noto che nel 2007 ha visto perdere la vita a 1.861 immigrati clandestini. Vittime di annegamenti su fatiscenti battelli della speranza, o di stenti nel deserto come tra le nevi dei valichi montuosi.

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11 Vescovi italiani: introdurre cittadinanza per "jus soli" La fondazione Fondazione della Cei Migrantes richiama l'attenzione sulla necessità di modificare la legge sulla cittadinanza, per 'favorire una vera integrazione degli immigrati e soprattutto dei giovani immigrati'.

12 Presentato l'Istituto nazionale per la salute dei migranti (Inpm) Nasce con l’obiettivo di agire in tre direzioni prioritarie: la ricerca, la formazione e l'assistenza l'istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà (Inpm), presentato ieri dal ministro della Salute Livia Turco alla presenza del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

13 Cittadinanza anche per le casalinghe Anche una casalinga immigrata, in presenza dei requisiti previsti, potrà ottenere la cittadinanza italiana se il marito dimostrerà di avere mezzi sufficienti per mantenerla. Lo chiarisce una circolare del ministero dell’Interno che introduce notevoli aperture procedurali.

15 La Chiesa cattolica ha celebrato ieri la 94a Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato. Attraverso il messaggio "I giovani migranti” Benedetto XVI ha voluto dimostrare la vicinanza della Chiesa ai migranti nella giornata ad essi dedicata dichiarando nel Suo scritto” La Chiesa ha bisogno anche di voi e conta sul vostro apporto”.

15 Papa preoccupato per l'Italia: immigrati non violino la legge Tra gli immigrati in Italia "particolarmente a rischio sono le ragazze e i minori. Alcuni bambini e adolescenti sono nati e cresciuti in 'campi-profughi': anch'essi hanno diritto ad un futuro"; è quanto ha affermato Benedetto XVI, dopo la preghiera dell'Angelus.

16 Inchiesta: 1000 morti l'anno nel Canale di Sicilia Il mercato degli schiavi passa dal Canale della morte. Cadaveri che galleggiano evitati dai pescatori che non vogliono rogne, clandestini buttati in mare dai barconi degli scafisti, morte e disperazione in ogni goccia d'acqua del Canale di Sicilia.

16 Studio Ecas: rumeni arrivati in massa prima di ingresso Ue La cosiddetta 'invasionè di romeni in Italia è avvenuta "molto prima" del rilassamento del regime dei visti e dell'ingresso di Bucarest nell'Unione europea, avvenuto nel 2007. È quanto segnala l'ultimo rapporto del think tank 'Ecas' di Bruxelles, presieduto dall'ex commissario Mario Monti, intitolato "Chi ha paura dell'ultimo allargamento Ue" e dedicato agli effetti dell'adesione bulgara e romena sui mercati del lavoro degli altri Paesi Ue.

17 Religioni: firmata ieri la “Carta dei musulmani d’Europa”. 400 organizzazioni islamiche sottoscrivono una dichiarazione per l’integrazione, il riconoscimento della libertà religiosa e per affermare la laicità dello Stato. Sono state oltre 400 le organizzazioni islamiche dei Paesi europei e della confederazione russa a firmare la “Carta dei musulmani d’Europa” promossa dalla Federazione delle organizzazioni islamiche in Europa.

18 Assegno sociale a quota 5142,67 euro È uno dei parametri di riferimento per rinnovi, ricongiungimenti, carte di soggiorno ecc. Viene rivalutato ogni anno dall’Inps. Quest’anno gli stranieri in Italia dovranno guadagnare poco più di 5mila euro per rinnovare il permesso di soggiorno, farsi raggiungere da un familiare o godere degli altri diritti riconosciuti a chi è in grado di mantenersi da solo.

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18 Sul lavoro le maggiori discriminazioni contro gli immigrati Le maggiori discriminazioni contro gli immigrati vengono perpetrare nel mondo del lavoro. Secondo il Rapporto Raxen 2006, gli immigrati continuano infatti ad essere “imprigionati” in impieghi precari, con difficili condizioni di lavoro.

18 Scuola e casa: stranieri discriminati e 'quartieri ghetto' Secondo i rapporti Raxen e Cnel gli immigrati continuano a subire discriminazioni rispetto alla situazione abitativa e all’inclusione nelle scuole, nonostante l’Italia si continui a considerare un paese inclusivo.

18 Badanti, si prendono cura degli altri, ma poco di se stesse Secondo una ricerca condotta su oltre 800 donne dall'università di Milano Bicocca, e pubblicata in anteprima dal mensile Terre di mezzo, le badanti arrivate in Italia pagano le conseguenze di un lavoro alienante anche sul fronte dei servizi sanitari: il 24,5 per cento delle intervistate ha infatti dichiarato di non averne usufruito.

19 Nuove norme sul riconoscimento della qualifica di rifugiato a stranieri e apolidi Entra in vigore il 19 gennaio il provvedimento di attuazione della direttiva comunitaria che fissa le norme minime di protezione internazionale. Nel provvedimento sono contenuti i requisiti di individuazione delle qualifiche di rifugiato e persona ammissibile alla protezione sussidiaria.

19 Romeni e bulgari devono rispondere dei reati in materia di immigrazione commessi prima del 1 gennaio 2007 Le Sezioni unite della Corte di Cassazione hanno definitivamente risolto la questione relativa alla perseguibilità o meno dei cittadini romeni e bulgari che avevano commesso reati di ingiustificata permanenza nel territorio italiano in violazione dell'ordine di allontanamento del questore prima dell'entrata in vigore del trattato di adesione, avvenuta il 1 gennaio 2007.

22 Ogni anno 700 mila donne ingannate da agenzie di lavoro, viaggi, spettacolo Il convegno ''Strada facendo…insieme, libere dalla tratta '' fa il punto sulla situazione delle ragazze straniere, prive di riferimenti affettivi, che attraversano le frontiere internazionali per poi finire vittime dello sfruttamento.

22 ''Ladri, delinquenti, sfruttatori. Così vediamo i Rom e i Sinti'' Un indagine di Renato Mannheimer illustrata nel corso della Conferenza europea sulla popolazione rom in corso a Roma, evidenzia l'''ignoranzà' degli Italiani. Uno su tre sovrastima la presenza degli zingari. Amato: ''Una conferma di come molte volte decidiamo su pregiudizi e non su giudizi''

23 Accordo Unci-Governo su sportello unico immigrazione Un protocollo d'intesa sulle competenza dello sportello unico per l'immigrazione in materia di lavoro subordinato stagionale, in favore dei lavoratori stranieri extracomunitari, è stato firmato ieri tra l'Unione nazionale cooperative italiane (Unci) e i ministeri dell'Interno e della Solidarietà sociale.

24 Abi: un mutuo su dieci sottoscritto da immigrati Su 3,5 milioni di finanziamenti casa 350 mila fanno capo a immigrati. In pratica il 10% dei mutui. La stima ABI indica una cifra consistente, che segna il valore di questa fascia di clienti.

24 Ministro Fioroni annuncia revoca parità scuole d'infanzia. Continua lo scontro Roma-Milano sull'accesso all'asilo dei figli degli immigrati privi di permesso di soggiorno. Dopo l'annuncio da parte del ministro Fioroni dell'avvio del

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procedimento per la revoca della parità per le scuole dell'infanzia del Comune di Milano, il sindaco Moratti ha accusato il suo successore a viale Trastevere di ‘incomprensibile interferenza’.

24 Permessi di soggiorno per motivi umanitari: il d.lgs. 251/2007 Con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 251 del 2007, il decreto che attua la direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, sulla qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale. In base alle nuove disposizioni, i cittadini stranieri già in possesso di un permesso di soggiorno rilasciato dalla questura su richiesta delle Commissioni territoriali asilo, al momento del rinnovo otterranno un permesso di validità triennale “per protezione sussidiaria”.

25 Eurac: studenti immigrati stimolano arricchimento linguistico La presenza di bambini migranti nelle nostre scuole non solo non è un problema, ma può addirittura essere un arricchimento a patto che si adotti un metodo d'insegnamento che si adatti a un contesto multiforme. Giunge a questa conclusione Andrea Abel, coordinatrice dell'Istituto di Comunicazione Specialistica e Plurilinguismo dell'Eurac, nel presentare i risultati del progetto Meb (Multilingualism in Border Regions) agli insegnanti delle scuole tedesche e gli interessati intervenuti all'Eurac.

26 Eurispes: siamo destinazione preferita per migranti L'Eurispes, nel suo Rapporto 2008, dà un quadro della situazione migratoria in Italia, arrivando attraverso una serie di analisi statistiche ad affermare che da qualche anno l'Italia è diventata un paese di 'prima sceltà e di destinazione degli immigrati.

28 Ricerca Ismu: mai così pochi immigrati clandestini Gli immigrati in Italia continuano a crescere ma la presenza dei clandestini è al suo minimo storico. Nel 2007 la popolazione straniera è aumentata dell'8,7%, raggiungendo quota 4 milioni ma, grazie al decreto flussi del 2006, sono rimasti 350 mila irregolari: un dato registrato soltanto nel 2002.

29 Tettamanzi: "I media devono ascoltare gli stranieri" In un incontro al centro Ambrosianum intitolato, significativamente, “Immigrati in prima pagina. Parole abusate, parole dimenticate” si sono confrontati l'arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi e il giornalista Paolo Mieli, direttore del Corriere della Sera. Entrambi hanno concordato che spesso il sensazionalismo con il quale sono trattate le notizie sugli immigrati crea le condizioni per giudizi approssimativi .

29 Razzismo sui media: stampa meglio della tv Sui pregiudizi nei confronti dei migranti, i mezzi di comunicazione non sono tutti uguali: la televisione si comporta peggio della carta stampata, e sui quotidiani non c’è traccia evidente di quel linguaggio stereotipato che caratterizza le idee di una larga fetta di popolazione. Sono i sorprendenti risultati di una ricerca compiuta nell’ambito del progetto europeo “Equal - Pane e denti (possibilità e strumenti)” presentata a Roma insieme ad un manuale operativo di comunicazione sociale redatto in collaborazione con l’Università “La Sapienza”.

30 Immigrati stagionali al Sud. Il rapporto MSF: "Vita di inferno" Il rapporto presentato dalla missione italiana dell'organizzazione umanitaria internazionale di soccorso medico Medici Senza Frontiere dà un quadro oscuro e disperante delle condizioni di vita e di lavoro degli immigrati stagionali che lavorano nel sud Italia nell'agricoltura.

30 Due stranieri su tre hanno il conto in banca Il 67% degli immigrati con la residenza in Italia ha già aperto un conto in banca. Complessivamente sono ormai più di un milione e 400 mila gli immigrati intestatari di

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un conto corrente. 30 La Francia verso la regolarizzazione di chi lavora

La Francia si avvia alla regolarizzazione degli immigrati senza documenti che hanno un lavoro. Ma l’effetto della nuova legge sull’immigrazione, in vigore dal 20 novembre scorso, è di fatto una notevole apertura nei confronti della “migrazione economica”.

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FEBBRAIO

Il mese è stato fortemente caratterizzato da una serie di notizie inerenti l’immigrazione sotto il profilo della capacità, effettiva, di ricezione e contrasto del fenomeno nel nostro Paese. Procede in questo senso la proposta di possibile istituzione di un Ministero dell’immigrazione per una gestione più coerente ed efficace dell’immigrazione stessa, contenuta nel documento conclusivo dell’indagine conoscitiva su immigrazione ed integrazione, approvato il 20 febbraio dal Comitato parlamentare Schengen. Il Comitato ha rilevato come nel nostro paese, i cui ritmi di crescita del fenomeno sono decisamente superiori alle medie europee, sia oramai particolarmente necessario dedicare un'attenzione istituzionale adeguata ad una questione che sta trasformando le basi demografiche della società nazionale, e ritiene necessario contro la clandestinità aprire all'immigrazione legale. Sempre in tema di riorganizzazione degli uffici immigrazione, la stampa riferisce sulla sperimentazione in 223 Comuni per il rilascio dei permessi di soggiorno In precedenza, il 9 febbraio, era stata emanata una Direttiva del ministro dell’Interno per sveltire i rilasci e i rinnovi dei permessi di soggiorno che annunciava un'agenda telematica condivisa tra Questure, Sportelli Unici e Uffici postali, che consentirà di far scendere i tempi di rilascio a 70 giorni. In tal modo, in alcuni enti locali, non sarà più Poste S.p.a. ma gli stessi comuni ad avviare e curare, in rapporto diretto con le Questure, il rinnovo del permesso di soggiorno. Le tre comunicazioni della Commissione europea del 14 febbraio, concernenti iniziative in materia di contrasto a terrorismo ed immigrazione clandestina, già anticipate dal ministro Amato nel meeting GAI dell’ottobre 2007, intervengono a tentare di rafforzare la cooperazione tra gli Stati nella sorveglianza dei confini esterni e nello sviluppo di una politica europea dell’immigrazione. In particolare, propongono un sistema di ingresso nel territorio europeo basato su dati biometrici. I turisti provenienti da Stati Uniti e Giappone, come anche i lavoratori stagionali provenienti da paesi terzi, presto potrebbero essere obbligati a farsi prendere le impronte digitali per poter entrare nel territorio dell’Unione Europea. Le voci su tale proposta, che ricalca un sistema similare già in vigore negli Stati Uniti, hanno sollevato le obiezioni di alcuni eurodeputati e associazioni, come Privacy International, preoccupati per una possibile schedatura dei cittadini non europei. Per quanto concerne le frontiere esterne dell’Unione europea, la commissione propone un insieme di provvedimenti (relativi all’Agenzia Frontex e al controllo delle frontiere marittime) e di riflessioni a più lungo termine su come registrare l’entrata e l’uscita dei cittadini di Paesi terzi. In un'intervista al settimanale European Voice, il 13 febbraio, Ilkka Laitinen, direttore di 'Frontex', l'Agenzia europea per il controllo delle frontiere, aveva già lanciato l’allarme sui Balcani come “nuovo ventre molle” dell'immigrazione clandestina. I Balcani, infatti, stanno diventando la rotta preferita degli immigrati clandestini che da Iraq, Iran, Pakistan e Asia centrale passano per la Turchia diretti verso l'Europa. Sempre in tema di migrazioni risalta l’inchiesta del 22 febbraio pubblicata da Popoli, mensile dei Gesuiti, relativa alle “migrazione degli infermieri”. Sono circa 20mila gli stranieri che lavorano in ospedali e case di cura del in Italia (quasi il 6% del totale), ma ne servirebbero almeno 50 mila. Arrivano dal Sud del mondo e dai paesi dell'Est, dove lasciano “sguarniti i sistemi sanitari locali”; in Italia non trovano sempre buone occasioni di lavoro, più spesso vengono sfruttati e spinti nell’illegalità.

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In Italia la “Bossi-Fini” prevede un canale d'ingresso preferenziale, creato «ad hoc» proprio per gli infermieri, inseriti in una categoria di stranieri privilegiata, classificandoli tra i cosiddetti «fuori quota». Più numerosi nelle regioni del Nord rispetto a quelle del Sud, a volte raggiungono quote importanti, come a Trieste, dove il 10% degli infermieri sono di nazionalità slovena; o in grandi strutture private, come nell'ospedale San Raffaele di Milano, che conta il 18% di infermieri non italiani. Sullo stesso tema del Brain drain l’Ocse nel rapporto “Profilo della popolazione immigrata del 21esimo secolo” presentato il 21 febbraio dall'Ocse. ribadisce che la fuga dei cervelli colpisce soprattutto i paesi, africani e caraibici, dove di più queste categorie di lavoratori potrebbero contribuire allo sviluppo economico e sociale dei propri Paesi. Altro tema di rilievo emerso durante il mese riguarda la Convenzione del Consiglio d'Europa contro la tratta degli esseri umani entrata in vigore il 1° febbraio, che si pone l'obiettivo di prevenire e contrastare questo odioso fenomeno in tutte le sue forme, a livello nazionale e internazionale, sia che sia legata o meno alla criminalità organizzata. Il documento - aperto alla firma degli Stati membri del Consiglio d’Europa, degli Stati che hanno partecipato alla sua elaborazione e della Comunità europea, il 16 maggio 2005 a Varsavia - rappresenta una tappa fondamentale in merito agli impegni adottati dall'Europa al pari del commercio di armi e di droga. Tra i principi enunciati dalla Convenzione emerge quale elemento fondamentale che la protezione e la promozione dei diritti delle vittime deve essere assicurata senza alcuna discriminazione di sesso, razza, colore, lingua, religione, opinioni politiche, origine nazionale o sociale, o appartenenza ad una minoranza nazionale. Sono oltre 600.000 le persone che ogni anno, secondo le cifre rese note dallo stesso Consiglio d'Europa, sono vendute in Europa e che diventano vittime di criminali internazionali. Di queste, oltre l'80% è costituito da ragazze e donne, quasi sempre (per il 70%) forzate ad una schiavitù a sfondo sessuale; altre vittime sono vendute per scopi diversi: lavori forzati, adozioni illegali, trapianto di organi. Le Nazioni Unite il 13 e 14 febbraio hanno promosso un altro grande evento 'The Vienna Forum to Fight Human Trafficking', che vede protagonisti circa 1200 delegati rappresentanti dei governi e del mondo economico, della polizia, Ong, esperti e organizzazioni di tutela delle vittime per valutare le misure necessarie per prevenire le illegalità e per fermare i responsabili, con le tecnologie più innovative che consentano l’individuazione dei percorsi utilizzati da chi commette questo tipo di crimine e bloccando ogni transazione sospetta eseguita via internet. I dati sul contrasto alla tratta e sulla protezione delle vittime sono stati presentati il 2 febbraio a Roma, a chiusura del progetto Equal "Osservatorio Tratta". Il procuratore nazionale Antimafia Pietro Grasso ha spiegato che tra il settembre 2003 e il 31 dicembre 2007 ci sono stati circa 200 procedimenti penali per tratta ogni anno: 2.603 sono stati in tutto gli indagati, 1.492 le vittime, di cui 184 minori. Nel più ampio panorama del tema sull’integrazione relativa alle c.d. seconde generazioni, a interessanti risultati è pervenuta l'indagine “Vissuti ed esiti della scolarizzazione dei minori di origine immigrata in Italia”, promossa dall'Onc-Cnel, Organizzazione nazionale di coordinamento per le politiche di integrazione sociale degli stranieri, realizzata dal Censis e illustrata il 20 febbraio a Roma. L'indagine, che ha analizzato le scuole medie ed elementari, evidenzia che nella scuola italiana “non ci sono sostanziali discriminazioni e che la situazione dell'integrazione è vista, sia da genitori che dagli alunni, sostanzialmente positiva anche se non mancano situazioni di criticità”. In particolare, a dispetto dei numerosi documenti di indirizzo emanati dal Ministero, “mancano criteri condivisi che regolino la presenza e l'inserimento nelle classi degli allievi di origine

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immigrata”, con il risultato di una “estrema diversificazione delle situazioni” sia tra i territori che all'interno di uno stesso territorio. Le scuole italiane sono ben attrezzate a gestire la fase del primo inserimento degli alunni stranieri, soprattutto grazie alla “buona volontà degli insegnanti” ma è ancora lontana da realizzarsi una diffusa situazione di “pari opportunità”. Anche perché il 75,9% degli insegnanti si confessano scarsamente preparati ad affrontare il rapporto con culture diverse, il 72,7% lamentano l'assenza di momenti di formazione e confronto con altri docenti e il 56,6% le difficoltà che si incontrano a innovare il curriculum scolastico in funzione di una maggiore interculturalità. Sempre in tema di integrazione, il 13 febbraio è stata presentata l’Indagine Transcrime sulla percezione degli italiani riguardo la criminalità degli stranieri. I più diffidenti sono risultati essere i pensionati e le casalinghe del Centro-Nord. I meno prevenuti operai e studenti. Sei italiani su dieci sono convinti che gli immigrati aumentano il tasso di criminalità. Il 61,2% degli italiani, soprattutto quelli del Nord-Est, ha una percezione negativa del rapporto immigrazione-criminalità. Per quanto concerne l’argomento Rom e Sinti, particolarmente vivo nei dibattiti concernenti la pubblica sicurezza, il 31 gennaio era stata votata una Risoluzione del Parlamento europeo su una strategia europea per i Rom, secondo quanto riportato dalla stampa l’8 febbraio. In base a questo provvedimento, la Commissione europea dovrebbe affidare ad uno dei suoi commissari la responsabilità di coordinare le politiche a favore dei cittadini Rom e Sinti che vivono all'interno dell'Unione. In sintesi, la risoluzione chiede di porre fine alla segregazione dei rom nell'istruzione, sostenendone l'integrazione nel mercato del lavoro e, con microcrediti, aiutarli ad avviare attività imprenditoriali. Viene, quindi, sollecitata la Commissione a sviluppare una strategia quadro europea per l'inserimento dei Rom, che miri a dare coerenza alle politiche della Ue a favore della loro inclusione sociale e ad elaborare un piano d'azione comunitario dettagliato che fornisca un sostegno finanziario per la realizzazione di questo obiettivo.

CRONOLOGIA febbraio 2008 02 Sempre più vittime dei trafficanti di uomini

Negli ultimi sei anni 45mila vittime sono entrate in contatto con i programmi di protezione. I dati sono stati presentati ieri a Roma, a chiusura del progetto Equal "Osservatorio Tratta". Il procuratore nazionale Antimafia Pietro Grasso ha spiegato che tra il settembre 2003 e il 31 dicembre 2007 ci sono stati circa 200 procedimenti penali per tratta ogni anno.

08 Istat: nel 2007 tasso migratorio più alto degli ultimi quattro anni Dopo il progressivo calo dei tre anni precedenti, il 2007 ha segnato il tasso migratorio più alto degli ultimi quattro anni: l'anno scorso sono stati registrati in Italia 390mila immigrati, pari a 6,6 ogni mille abitanti (contro i 6,5 del 2004, i 4,4 del 2005 e i 3,7 del 2006).

08 Parlamento europeo : risoluzione sui Rom e Sinti La risoluzione, votata il 31 gennaio scorso, chiede di porre fine alla segregazione dei rom nell'istruzione, sostenendone l'integrazione nel mercato del lavoro e, con microcrediti, aiutarli ad avviare attività imprenditoriali.

09 Permessi di soggiorno. Direttiva del ministro dell’Interno per sveltire i rilasci e

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rinnovi Presto un'agenda telematica condivisa tra Questure, Sportelli Unici e Uffici postali. I tempi di rilascio scenderanno a 70 giorni. In alcuni enti locali non sarà più Poste S.p.a., ma gli stessi comuni ad avviare e curare,in rapporto diretto con le Questure, il rinnovo del permesso di soggiorno.

13 Indagine Transcrime sulla percezione degli italiani riguardo la criminalità degli stranieri. I più diffidenti sono i pensionati e le casalinghe del Centro-Nord. I meno prevenuti operai e studenti. Sei italiani su dieci sono convinti che gli immigrati aumentano il tasso di criminalità. Il 61,2% degli italiani, soprattutto quelli del Nord-Est, ha una percezione negativa del rapporto immigrazione-criminalità.

13 Direttore Frontex: Balcani nuovo ventre molle dell'immigrazione clandestina I Balcani stanno diventando la rotta preferita degli immigrati clandestini che da Iraq, Iran, Pakistan e Asia centrale passano per la Turchia diretti verso l'Europa. È quanto afferma, in un'intervista al settimanale European Voice, Ilkka Laitinen, direttore di 'Frontex', l'Agenzia europea per il controllo delle frontiere.

14 Un sistema di ingresso nel territorio europeo basato su dati biometrici al vaglio della Commissione Europea L’iniziativa di contrasto a terrorismo ed immigrazione clandestina era già stata anticipata dal ministro Amato nel meeting GAI dell’ottobre 2007. I turisti provenienti da Stati Uniti e Giappone, come anche i lavoratori stagionali provenienti da paesi terzi, presto potrebbero essere obbligati a farsi prendere le impronte digitali per poter entrare nel territorio dell’Unione Europea.

14 Parte la sperimentazione in 223 Comuni per il rilascio dei permessi di soggiorno Il sottosegretario Lucidi e il capo Dipartimento per l'immigrazione Morcone hanno incontrato il vice presidente dell’Anci Sturani. Saranno per primi i comuni di Ravenna, Ancona, Lecce, Brescia, Padova, Firenze, Prato, il consorzio di Portogruaro - che raccoglie 17 comuni - e la provincia di Trento – con in tutto 223 comuni - a sperimentare la nuova procedura per il rinnovo dei permessi di soggiorno.

18 Caporali di giornata: 3.000 immigrati sfruttati a Roma Si accalcano nei marciapiedi delle principali arterie della capitale. Sono rumeni, moldavi, albanesi e ucraini. Reclutati come muratori da privati e imprese. La denuncia di Ugl: tremila immigrati sfruttati dal caporalato a Roma

18 Nuova disciplina per l’ingresso in Italia di cittadini stranieri per ricerca scientifica Permesso di soggiorno superiore a tre mesi per chi è in possesso dei requisiti che consentono l'accesso a programmi di dottorato. In vigore dal 21 febbraio 2008 il decreto legislativo n. 17, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n.31 del 6 febbraio 2008, che dà attuazione alla direttiva 2005/71/CE relativa ad una procedura specificamente concepita per l’ammissione di cittadini di Paesi terzi fini di ricerca scientifica.

20 Rapporto Unioncamere per l’anno 2007: cresce numero imprenditori immigrati Nell’anno 2007, si legge nel rapporto Unioncamere, diminuiscono nel nostro Paese le imprese di piccole dimensioni, gestite da cittadini italiani, mentre aumenta cospicuamente il numero di quelle gestite da cittadini stranieri, soprattutto da cittadini extracomunitari.

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20 Comitato bicamerale Schengen: contro clandestinità aprire all'immigrazione legale “Ormai vi è un ampio consenso a livello europeo nel ritenere che lo strumento piú importante per combattere l'immigrazione illegale risieda nell'aprire canali d'immigrazione legale”: è quanto si rileva nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sull'immigrazione e l'integrazione, adottato ieri all'unanimità dal Comitato Bicamerale Schengen.

20 L'Ocse: ''Immigrati troppo qualificati per l'offerta del mercato del lavoro' In Italia, Danimarca, Grecia, Spagna e Svezia gli stranieri hanno il doppio delle possibilità di trovare impieghi per cui sono sovraqualificati. I dati del rapporto ''Profilo della popolazione immigrata del XXI secolò'

20 L'Europa verso un nuovo sistema comune di sorveglianza Gestione delle frontiere: la Commissione europea ha presentato oggi tre comunicazioni. Si tenta di rafforzare la cooperazione tra gli Stati nella sorveglianza dei confini esterni e nello sviluppo di una politica europea dell’immigrazione.

20 Cnel: ancora molto da fare per integrazione a scuola Le scuole italiane sono ben attrezzate a gestire la fase del primo inserimento degli alunni stranieri, soprattutto grazie alla 'buona volontà degli insegnanti' ma è ancora lontana da realizzarsi una diffusa situazione di ‘pari opportunità’. Anche perchè il 75,9% degli insegnanti si confessano scarsamente preparati ad affrontare il rapporto con culture diverse, il 72,7% lamentano l'assenza di momenti di formazione e confronto con altri docenti e il 56,6% le difficoltà che si incontrano a innovare il curriculum scolastico in funzione di una maggiore interculturalità. È quanto emerge dall'indagine “Vissuti ed esiti della scolarizzazione dei minori di origine immigrata in Italia”, promossa dall'Onc-Cnel, Organizzazione nazionale di coordinamento per le politiche di integrazione sociale degli stranieri, realizzata dal Censis e illustrata ieri a Roma nella sede del Cnel.

21 Seminario di formazione di primo livello sulla tratta Si tiene a Roma, il 21 – 22 febbraio, un seminario di formazione di primo livello sul fenomeno della tratta di esseri umani. Nell’ambito del Coordinamento della Consulta ecclesiale degli organismi socio assistenziali si vuole riflettere sul complesso tema della trattae della prostituzione attraverso il contributo di esperti del settore che forniranno, ai numerosi partecipanti provenienti da tutta Italia, interessanti piste di lavoro oltre che importanti elementi conoscitivi

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21 Istat: in Italia 3 milioni di stranieri regolari In occasione dell’audizione innanzi alla commissione Schengen a San Macuto, l’Istat ha reso noto che gli stranieri regolarmente presenti in Italia sono quasi tre milioni, circa il 5% del totale della popolazione residente.

21 La vera fuga dei cervelli è quella di medici e infermieri dall'Africa Secondo i dati dell'Ocse, il 50% dei professionisti della sanità di paesi come Angola, Mozambico e Sierra Leone lavora all'estero.

22 Comunitari e diritto all'assistenza sanitaria Il Ministero della Salute ha inviato una integrazione alla precedente nota informativa del 3 agosto 2007 dove si precisa che i cittadini comunitari non assicurati hanno diritto alle prestazioni indifferibili ed urgenti.

22 ''I nuovi colori dei camici bianchi'': inchiesta sulla migrazione degli infermieri Il Rapporto sullo stato del mondo 2006 dell'Onu denuncia l'esodo di circa 20mila emigrati «qualificati», tra medici e infermieri, dall'Africa verso il Nord del mondo. Sono gli stranieri che lavorano in ospedali e case di cura in Italia, ma ne servirebbero almeno

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50 mila. Arrivano dal sud del mondo e dai paesi dell'Est, ma in Italia trovano, a volte, solo sfruttamento.

26 Tratta: in vigore la Convenzione elaborata dal Consiglio d'Europa È entrata in vigore il 1° febbraio 2008 la Convenzione del Consiglio d'Europa contro la tratta degli esseri umani. Il fenomeno che riguarda oltre 600mila persone in tutta Europa interessa non solo lo sfruttamento delle donne ma anche lavori forzati, adozioni illegali e trapianto di organi.

27 Roma: oltre 200 luoghi di culto degli immigrati Presentata la nuova guida “Immigrati a Roma e Provincia. Luoghi di incontro e di preghiera” della Caritas. Per la maggior parte sono chiese cristiane 233 luoghi di culto, di cui 201 a Roma e 32 nei paesi della provincia: 148 cattolici, 35 protestanti, 26 ortodossi, 12 musulmani, 5 ebrei e buddisti e uno per gli induisti ed i sikh.

27 Oltre 27mila i bambini rumeni con entrambi i genitori che lavorano all'estero Oltre 24 mila sono rimasti in Romania con parenti fino al quarto grado, amici e conoscenti, in affidamento o in centri sociali, secondo padre Luciano Rosu, capo spirituale della chiesa ortodossa di Torino

27 Comunitari: un nuovo decreto legislativo sulla libertà di circolazione e soggiorno Il Consiglio dei ministri nella seduta del 27 febbraio 2008 ha approvato su proposta del Ministro per le politiche europee, Emma Bonino, e del Ministro dell’Interno, Giuliano Amato un decreto legislativo sul quale sono stati acquisiti i pareri di legge, che modifica la disciplina di recepimento delle norme comunitarie sul diritto dei cittadini dell’Unione e loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (dlgs 6 febbraio 2007, n. 30).

27 Il Governo recupera il decreto espulsioni Le norme sull'espulsione dei cittadini comunitari, varate dopo la morte di Giovanna Reggiani, il 30 ottobre scorso, a Roma, per il cui delitto è in carcere un cittadino rumeno, e non convertite in legge del Parlamento, sono confluite nel decreto legislativo, approvato oggi in Consiglio dei ministri, che "modifica la disciplina di recepimento delle norme comunitarie sul diritto dei cittadini dell'Unione e loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri".

28 OCSE: "Profilo della popolazione immigrata nel 21/mo secolo" Triplicato il numero degli immigrati dagli anni ‘60 ad oggi. Il rapporto OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), presentato ieri a Parigi, ha evidenziato la stretta connessione tra sviluppo economico ed immigrazione.

28 Flussi 2008. Ferrero: "Siano valide le vecchie domande" Nelle prossime settimane il governo varerà il decreto flussi 2008, ma, secondo il ministro per la Solidarietà sociale Paolo Ferrero, chi ha già partecipato alla corsa alle quote a dicembre scorso non dovrebbe essere costretto a presentare una nuova domanda.

29 Corte europea: "No alle espulsioni verso Paesi a rischio" Condannata l'Italia per l'espulsione di un tunisino sospettato di terrorismo. In patria rischiava la tortura. Non si può espellere un cittadino straniero se questo, nel proprio paese d'origine rischia di subire violenze o trattamenti degradanti e disumani.

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MARZO

Il panorama mediatico del mese di marzo é sicuramente assorbito dalla campagna elettorale per il nuovo governo nascente, da cui ancora al 31 marzo, a meno di due settimane dal 13 aprile, quando si voterà per il rinnovo del Parlamento e per alcune importanti amministrazioni locali, i grandi esclusi sembrano essere proprio gli immigrati. Vaghi, infatti, risultano essere gli accenni, nei programmi dei partiti, alle politiche migratorie; poco spazio é dedicato all’argomento immigrazione, nelle dichiarazioni e nei dibattiti dei candidati, in particolare dei candidati premier, se non per parlare dei temi legati alla sicurezza e allo sgombero degli insediamenti abusivi dei Rom. Soprattutto, poco spazio nelle liste elettorali a candidati di origine immigrata o rappresentanti di organizzazioni che operano nell’ambito dell’integrazione e dell’inclusione sociale di cittadini stranieri. Solo negli ultimi giorni del mese alcune dichiarazioni dei principali leader hanno toccato questioni che riguardano l’immigrazione. Ha destato sorpresa Silvio Berlusconi che, il 29 marzo intervenendo ad una manifestazione a Parma organizzata dal movimento “I nuovi italiani” ha assicurato, qualora andasse al Governo, “ci sarà la discussione sulla concessione del voto amministrativo ai cittadini stranieri. Vedremo come fare per stabilire i criteri”. Dichiarazioni subito contestate dagli alleati della Lega Nord che, attraverso l’esponente Roberto Calderoli, ha assicurato “discussione da ritenersi già chiusa” perché il movimento che rappresenta è fermamente contrario a tale eventualità. Anche Walter Veltroni, candidato premier per il Partito Democratico, intervistato dal direttore de Il Sole 24 Ore, Ferruccio De Bortoli per la trasmissione televisiva “Primopiano”, ha messo la modifica del T.U. sull’immigrazione tra le priorità dell’azione di un suo futuro governo. “Bisogna rimettere mano alla legge Bossi-Fini - ha spiegato ancora Veltroni - e bisogna farlo in due direzioni: rendere piu facile l'arrivo in Italia di persone che vogliono venire a lavorare; essere molto severi nei confronti della clandestinità che non è legata alle difficoltà delle procedure ma al fatto che si arriva clandestini per compiere atti criminali”. A riprova di questo clima di “dimenticanza” il 28 marzo è poi stato confermato che, causa la mancata pubblicazione del Documento programmatico relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri per il triennio 2007-2009, non si potrà emanare il decreto flussi 2008. Il Documento programmatico relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri per il triennio 2007-2009, sebbene abbia superato tutti i passaggi previsti dalle legge (pareri del CNEL, Conferenza unificata, Parlamento) non sarà emanato prima della scadenza elettorale di aprile. Il Documento programmatico esprime le linee politiche del Governo in carica e non può impegnare la formazione politica che sarà espressa dalle consultazioni di aprile. Non si esclude però che il Governo, legittimamente, possa emanare in via transitoria un nuovo decreto nel limite delle quote stabilite per l’anno precedente e cioè entro il tetto massimo di 170mila quote che potranno essere “recuperate” all’interno delle domande già presentate in esubero nel mese di dicembre. Altro argomento di spicco del mese riguarda i dati contenuti nel Rapporto 2008 al Parlamento "Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza" (ai sensi dell'art. 16 della L. 194/78) predisposto dal Ministero della giustizia e presentato il 27 marzo. Nel corso del 2007 sono stati, infatti, 159 i procedimenti penali in violazione della Legge 194/1978 iscritti nelle Procure italiane. 311 sono state invece le persone iscritte a fronte di questi procedimenti, il 23% delle quali di cittadinanza straniera. Nell'indagine si sottolinea che "restringendo l'analisi alle persone che

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hanno commesso delitti di tipo esclusivamente doloso (art. 18: aborto a seguito di lesioni, art. 19: aborto clandestino) l'incidenza di stranieri è stata di oltre il 50%". Il documento evidenzia "una propensione decisamente maggiore da parte degli stranieri a commettere i delitti dolosi" ed indica in particolare in nigeriani (9% del totale) ed albanesi (8%) le nazionalità che presentano i maggiori problemi. L'indagine riporta che per le minorenni straniere "oltre alla mancanza di punti di riferimento dovuti principalmente alla lontananza di uno o di entrambi i genitori, sono da segnalarsi quei casi in cui la minorenne preferisce abortire per non essere allontanata o emarginata dalla famiglia o dalla comunità di origine per motivi strettamente etnico-culturali". Questi dati ci portano a riflettere sul, sempre maggiore, aumento del numero di minori non accompagnati che giungono nel nostro paese prevalentemente dal Marocco e dall'Albania, ma anche dall'Iraq e dall'Afghanistan: dai 6000 circa del 2002 si è passati a oltre 7500 ragazzi dell'età media di 14-15 anni che sbarcano sul nostro territorio. È quanto emerge dal secondo Rapporto sui minori stranieri non accompagnati messo a punto dall'Anci, che raccoglie gli esiti di una rilevazione su tutti i Comuni italiani e che dovrebbe fornire dati di rilievo nazionale su tutti i piu importanti aspetti che caratterizzano il fenomeno: dai numeri statistici, alle modalità di funzionamento delle comunità di accoglienza, alla tipologia delle reti locali attive sui diversi territori. Lo ha annunciato io 20 marzo Fabio Sturani, sindaco di Ancona e vicepresidente Anci con delega all'immigrazione il quale aggiunge: “i dati raccolti confermano l'esigenza di attivare strumenti a carattere nazionale che permettano di migliorare la protezione dei minori sostenendo i Comuni nei difficili e onerosi percorsi di presa in carico”. L'incidenza della componente straniera sul totale dei minorenni condannati è pari al 45%. Dunque quasi la metà dei minori sottoposti a procedimento penale e successivamente condannati è immigrata. È il dato che emerge da uno studio condotto dal dipartimento per la giustizia minorile del Ministero della Giustizia, studio che ha portato alla creazione di un volume sui minori stranieri e la giustizia minorile in Italia presentato l’11 marzo. Dal rapporto emerge che sarebbero in aumento anche i minori stranieri per i quali la denuncia a seguito delle indagini preliminari viene circostanziata da indizi di colpevolezza che portano all'esercizio dell'azione penale da parte del pm. L'ultimo dato disponibile fa emergere che 315 dei minorenni denunciati per i quali inizia l'azione penale è di nazionalità straniera. Inoltre su poco più di 40mila minorenni denunciati ogni anno il 29% è di nazionalità straniera (circa 12mila; e per seimila è già iniziata l'azione penale). L'analisi statistica sulla criminalità minorile straniera è stata sviluppata a partire dai dati dei denunciati alle Procure per i minorenni. Nel quadro più ampio dei fenomeni migratori, nel volume, la criminalità minorile straniera è ricondotta alle sue caratteristiche sociali e culturali, con approfondimenti sulle nazionalità maggioritarie, sulle tipologie di reato prevalenti e sull’evoluzione del fenomeno negli ultimi anni. I minori stranieri, visti attraverso i numeri della statistica ufficiale, appaiono poco visibili in termini di popolazione regolare, molto evidenti, invece, nei percorsi giudiziari e penali della Giustizia minorile. Benché costituiscano il 5,9% della popolazione minorile (dati ufficiali ISTAT anno 2006) e il 29% circa dei minorenni denunciati alle Procure della Repubblica per i Minorenni, sono presenti negli istituti penali minorili in misura maggiore rispetto ai minori italiani (54% dei minorenni detenuti). Altra faccia della migrazione dei minori non accompagnati è costituita dal fenomeno della prostituzione minorile nel nostro paese, che appare nella ricerca “Vie d’uscita” coordinata dal Dipartimento dei diritti e pari opportunità. Un progetto interregionale che ha indagato il fenomeno della tratta e della prostituzione a scopo di grave sfruttamento nel nostro paese, presentato il 12 marzo.

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La scelta migratoria dei minori – spiegano i ricercatori Francesco Carchedi e Alessandra Castellani - è spesso co-decisa con la famiglia, che considera ragazzi di 15-17 anni a tutti gli effetti come adulti. Il mese è stato anche caratterizzato da una serie di informazioni di carattere giuridico consistenti nell’emanazione di circolari e direttive in materia di cooperazione internazionale e asilo. La Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea pubblica il 4 marzo gli accordi europei entrati in vigore il 1° gennaio 2008 tra Comunità europea e Albania, Ucraina, Repubblica Moldova, Serbia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro e Macedonia, relativi alla riammissione delle persone irregolari e alla semplificazione delle procedure di rilascio dei visti per soggiorni di breve durata. Da quest’anno sarà più facile per questi cittadini extraUe far ingresso in Italia per soggiorni brevi. I cittadini di questi Paesi, soprattutto quelli che viaggiano frequentemente (uomini d’affari, giornalisti, autotrasportatori, partecipanti a programmi di scambi ufficiali o di attività scientifica, culturale e artistica), nel momento in cui richiederanno il visto per soggiorni brevi in un paese dell’Unione europea usufruiranno di una procedura agevolata. Tra le categorie di persone “facilitate” rientra anche quella dei "parenti stretti" intesi come coniugi, figli, genitori (anche tutori), nonni e nipoti che vogliano recarsi in visita a cittadini provenienti dai Paesi balcanici firmatari degli accordi, regolarmente residenti nel territorio di uno Stato Membro. Queste agevolazioni per il rilascio dei visti andranno applicate dai consolati di tutti i Paesi dell'UE, tranne che da Danimarca, Regno Unito e Irlanda (che non hanno sottoscritto l’accordo Schengen sulla libera circolazione delle persone), oltre che dalle rappresentanze diplomatiche di Norvegia e Islanda.Sempre in tema di cooperazione la notizia dell’inaugurazione il 12 marzo in Libia di un centro per l’assistenza ed il rimpatrio assistito dei migranti, nato da un’iniziativa dell’OIM cofinanziata da Italia e Ue. Il centro, gestito dall’OIM in collaborazione con enti libici, potrà ospitare fino a 40 persone, offrire assistenza medica e aiutare coloro che lo desiderano con progetti di rimpatrio assistito. Con 4 mila chilometri di confini terrestri e 1,7 mila di confini marittimi, la Libia è sia terra di approdo che di transito per gli immigrati. L’OIM stima in oltre un milione gli irregolari presenti nel Paese per lavorare o pronti a raggiungere l’Ue e invita a sviluppare i ritorni volontari, con assistenza e reinserimento, come alternativa a politiche di deportazione. Il 3 marzo 2008 sono state rese note le aperture commerciali ed economiche da parte dell’UE in cambio di riforme sociali e libero scambio nel Paese africano. La collaborazione ed il dialogo tra le autorità comunitarie e libiche hanno avuto inizio nel 2004. I notevoli progressi registrati in questo lasso di tempo hanno indotto la Commissione a presentare al Consiglio, il 27 febbraio u.s., una proposta di accordo quadro tra l’Unione europea e la Libia, teso a rafforzare le relazioni politiche, sociali, economiche, commerciali e culturali tra le parti contraenti. L’Ue garantirà alla Libia il proprio appoggio per il suo progressivo ingresso nell’Organizzazione Mondiale del Commercio, contribuendo alle riforme economiche e sociali in detto Paese, ma soprattutto stipulando un accordo di libero scambio. La cooperazione investirà, inoltre, i settori della sicurezza internazionale, della protezione dei diritti umani, nonché altri settori di interesse comune, quali l'immigrazione, l'energia, i trasporti, l'istruzione, l'ambiente e la cultura. Nel 2007 tornano a crescere le domande d’asilo nei Paesi industrializzati a causa della crisi irachena. Sono i dati parziali diffusi il 20 marzo dall’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr), che prendono in esame le richieste giunte nei 43 Paesi maggiormente industrializzati. Dopo una tendenza che negli ultimi venti anni ha visto progressivamente diminuire le domande d’asilo in questi Paesi, fino a toccare il minimo storico nel corso del 2006 con 306mila domande presentate, il 2007 ha segnato un’inversione di tendenza con 338mila richieste, un incremento del 10% rispetto all’anno precedente. Secondo

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l’organizzazione Onu, la tendenza è da attribuirsi al numero crescente di rifugiati provenienti dall’Iraq che si confermano, per il secondo anno, il gruppo piu numeroso di richiedenti con 47 mila richieste. Tra le altre nazionalità troviamo la Federazione Russa (18,8 mila domande), la Cina (17mila), la Serbia (15,4mila) ed il Pakistan (14,3mila). Sempre in tema, la Svezia ha annunciato il 13 marzo la sospensione del Regolamento Dublino II. Tale Regolamento, cui aderiscono tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, nonché la Norvegia e l’Islanda, istituisce un sistema per identificare – tramite una serie di criteri specifici - lo stato competente per l’esame delle domande d’asilo. Tra i vari criteri anche quello per cui il primo stato in cui giunge il richiedente è competente ad esaminare la domanda. Il Regolamento si prefigge lo scopo di far sì che ogni domanda d’asilo venga esaminata in maniera equa ed esaustiva da uno dei 29 stati aderenti, scoraggiando in tal modo la presentazione di domande multiple in più stati ed aumentando l’efficienza del sistema d’asilo continentale. La decisione di sospendere le riammissioni dei richiedenti asilo verso la Grecia è stata motivata dal fatto che non é considerata un paese sicuro. Atene è accusata da anni di gravi violazioni dei diritti dei rifugiati dall’Acnur, dal Consiglio d’Europa e da molte ong. L’Italia invece continua a rinviare in Grecia i richiedenti asilo intercettati nei porti dell’Adriatico, nascosti sui traghetti di linea greci. La Corte europea dei diritti dell’uomo blocca l’espulsione di Nassin Saady, il tunisino che l’Italia aveva deciso di espellere perché sospettato di attività terroristica. Per la Corte, sono concreti i rischi di tortura e di trattamenti inumani che lo straniero potrebbe subire nel suo Paese. Con una sentenza adottata all’unanimità, i giudici della Gran Camera della Corte europea hanno stabilito che, se disposta, violerebbe l’art. 3 della Convenzione che proibisce la tortura ed i trattamenti inumani. Con la sentenza depositata il 28 febbraio la Corte ha inoltre ingiunto all’Italia di pagare al ricorrente 8000 euro per le spese di giustizia. Uno studio dell’Oim presentato il 4 marzo dedicato alla valutazione dello stato di salute mentale e ai bisogni psicosociali dei rifugiati iracheni in Giordania e in Libano ha riscontrato alti livelli di sofferenza emotiva e psicologica nelle comunità intervistate. Il lavoro di valutazione, realizzato tra il novembre 2007 e il gennaio 2008 tra 200 famiglie (800 persone) nei due paesi, ha rivelato che piu della metà degli intervistati ha mostrato elementi di sofferenza, quali attacchi di panico, rabbia, problemi del sonno e paure di vario tipo. Ancora in tema di asilo, l’UNHCR il 4 marzo esprime apprezzamento per il recepimento della direttiva comunitaria sulla procedura di asilo introdotta dal decreto legislativo dello scorso 28 gennaio 2008. Questo decreto e quello in materia di “qualifiche”, approvato il 19 novembre 2007, sono anche il frutto di un assiduo confronto avviato dal Ministero dell’Interno con l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati ed i diversi enti di tutela. Avvalendosi della possibilità di introdurre standard di protezione più favorevoli, così come previsto dalle stesse direttive, sono stati inseriti notevoli miglioramenti al sistema di asilo in Italia. Il decreto sulla procedura d’asilo comporterà notevoli innovazioni, tra le quali vanno segnalate l’abolizione della distinzione tra procedura semplificata e procedura ordinaria attraverso una procedura di asilo unica, il superamento dei centri di identificazione a favore di centri di accoglienza per richiedenti asilo e l’introduzione dell’effetto sospensivo del ricorso avverso i provvedimenti di rigetto, in linea con gli standard internazionali. Tra le novità introdotte dal decreto sulle “qualifiche”, va segnalata l’introduzione della nozione di protezione sussidiaria, che sarà riconosciuta tra l’altro alle persone che fuggono da situazioni di violenza generalizzata, a cui verrà rilasciato un permesso di soggiorno di tre anni, rinnovabile. Ai titolari dello stato di rifugiato secondo la Convenzione di Ginevra del 1951 verrà invece rilasciato un permesso di soggiorno di cinque anni, rinnovabile.

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Il 2 marzo, poi, entrano in vigore le nuove norme sul diritto d’ingresso e di soggiorno dei cittadini europei e dei loro familiari. Il decreto legislativo n. 32 del 28 febbraio 2008 prevede che il cittadino europeo che entra in Italia non ha alcun obbligo di dichiarare la sua presenza ad un ufficio di polizia. Se vuole, però, può farlo in base alle regole che il Ministro dell’interno dovrà specificare con un apposito decreto da emanare entro il 1 aprile. Se non provvede alla comunicazione, si presume che soggiorni da oltre tre mesi, a meno che egli stesso non dimostri il contrario. Perciò, in assenza della dichiarazione, e se non riuscirà a provare la data del suo ingresso con qualunque mezzo potrà rischiare la contestazione di non aver richiesto l’iscrizione anagrafica con la conseguenza di dover dimostrare la sussistenza dei requisiti imposti dalla legge (disponibilità di un lavoro, di risorse economiche, o della condizione di studente), pena l’allontanamento con un provvedimento del prefetto. Difficile pensare che questa misura potrà offrire un contributo efficace ai fini della sicurezza, mentre è più probabile immaginare valutazioni critiche in ambito europeo per la formulazione ermetica che la caratterizza. Il 3 marzo sono stati approvati alcuni provvedimenti che hanno modificato le norme in vigore in materia di immigrazione non comunitaria e comunitaria, recependo nella normativa italiana i provvedimenti adottati in sede UE. Il Testo unico sull’immigrazione (d. lgs n. 286/1998) è stato modificato dalla mancata conversione del decreto-legge n. 249/2007 (Misure urgenti in materia di espulsioni e di allontanamenti per terrorismo e per motivi imperativi di pubblica sicurezza), che introduceva, tra le varie norme, la competenza dei tribunali per le espulsioni dei cittadini stranieri non comunitari. La mancata conversione del decreto-legge implica il ritorno delle competenze in materia di espulsioni ai giudici di pace. Mentre, il 2 marzo 2008 è entrato in vigore il decreto legislativo n.25 del gennaio 2008, emanato in accoglimento della Direttiva europea 2005/85/CE, che modifica le procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato e interviene sulla questione del trattenimento. Il 19 gennaio 2008 era entrato in vigore un altro decreto, il n. 251 del novembre 2007, in recepimento della direttiva europea 2004/83/CE. Insieme, i due decreti modificano radicalmente il complesso e frammentato quadro normativo in materia di asilo, abrogando parzialmente la normativa vigente. Tra le principali novità: l’autorità competente a decidere in merito alle domande di protezione, presentate agli uffici della polizia di frontiera o alle questure, saranno le Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, fissate in un numero massimo di 10. La Commissione Nazionale per il diritto di asilo, che nella precedente procedura aveva compiti di indirizzo e coordinamento delle commissioni territoriali, di formazione e aggiornamento dei componenti delle medesime commissioni, di raccolta di dati statistici oltre che poteri decisionali in tema di revoche e cessazione degli status concesso, aggiunge ora a queste anche la competenza in materia di revoca e cessazione degli status.

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CRONOLOGIA marzo 2008 03 Immigrazione e trattamento del cittadino straniero: a confronto i programmi

di governo dei principali partiti. Partito Democratico, Popolo delle Libertà, Sinistra Arcobaleno, UDC, Italia dei Valori, Lega Nord, Udeur, La Destra. Non mancano proposte per un approccio globale al fenomeno, ma nel centro destra prevalgono le istanze sicuritarie.

03 La lotteria dell'asilo per gli iracheni che chiedono protezione ai governi dell'Ue La situazione controversa emerge da un rapporto di Ecre dopo un’indagine tra le Ong: grandissime le differenze sulla percentuale e sul tipo di riconoscimento dato sui programmi di inserimento e sulle politiche di ritorno.

03 Sulla strada 2.500 minori: ''500 euro al giorno, ‘stile di vita europeo’ Sono soprattutto ragazze romene ad affollare il mercato della prostituzione minorile: numeri in crescita, contrasto più difficile. Le adolescenti spinte dalla povertà, ma anche dai richiami del modello europeo. La metà del “guadagno giornaliero” rimane nelle loro tasche, e loro sono sempre di più, e sempre più giovani. Sono ragazze, ma ci sono anche numerosi ragazzi; non hanno ancora compiuto i diciotto anni, arrivano in Italia soprattutto dall’est Europa, Romania e Moldavia in testa, anche se continua ad essere significativo il numero di arrivi dalla Nigeria e dal Sudamerica.

03 Lavoro nero: così lo si contrasta negli altri paesi dell’UE Il lavoro non dichiarato è un fronte sul quale molti paesi europei stanno facendo un grande sforzo di contrasto: da un lato attraverso misure deterrenti, con l’inasprimento dei controlli e delle sanzioni, dall’altro incentivando l’emersione, incoraggiando il rispetto delle regole e cercando di cambiare la mentalità diffusa che può far apparire ‘conveniente’ il lavoro nero.

03 Roma è la Capitale dell’immigrazione È stato presentato ieri a Roma il quarto Rapporto dell’Osservatorio Romano sulle Migrazioni. Il volume analizza i dati relativi al territorio romano-laziale, con particolare riferimento al mondo del lavoro e della scuola. Dal rapporto emerge che 430mila sono soggiornanti nella provincia, i tre quarti dei quali nel Comune di Roma. Presenze aumentate di un quarto nel corso del 2006.

04 Record di sbarchi per i mesi invernali Allarme dell’Unhcr: 1.855 sbarchi a febbraio provenienti dalle coste libiche. Stessi numeri di maggio e giugno 2007, la maggior parte a Lampedusa. Un vero record per quanto riguarda i mesi invernali, favorito forse da una stagione non particolarmente rigida.

04 Visti brevi più semplici per chi arriva dai Balcani In vigore gli accordi europei. Agevolati i parenti stretti e chi viaggia spesso. Da quest’anno è più facile per i cittadini extraUe provenienti da alcuni Paesi dei Balcani Occidentali far ingresso in Italia per soggiorni brevi. Il 1° gennaio 2008 sono entrati in vigore gli accordi tra Comunità europea e Albania, Ucraina, Repubblica Moldova, Serbia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro e Macedonia, relativi alla riammissione delle persone irregolari e, appunto, alla semplificazione delle procedure di rilascio dei visti per soggiorni di breve durata.

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04 UNHCR esprime apprezzamento per la nuova procedura di asilo L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) esprime apprezzamento per il recepimento della direttiva comunitaria sulla procedura di asilo introdotta dal decreto legislativo dello scorso 28 gennaio 2008 e entrata in vigore ieri.

04 I forti legami familiari bloccano l’espulsione Il Giudice annulla il decreto di via perché l’albanese oggetto del provvedimento vive in Italia con moglie e figli. Non può essere espulso il cittadino straniero che ha forti e stabili legami in Italia. Lo scorso 20 febbraio il Giudice di Pace di Treviso ha accolto il ricorso contro il decreto di espulsione emesso nei confronti di un cittadino albanese. Il provvedimento è stato annullato perché considerato illegittimo ai sensi dell’articolo 13, comma 2 bis del Testo Unico n. 286/1998 così come modificato dal Decreto legislativo n. 5 dell’8 gennaio 2007.

04 La circolare del Ministero dell’interno del 4 marzo 2008 sul decreto legislativo n. 30 del 2007. Nella Gazzetta Ufficiale n. 52 del 1 marzo 2008 è stato pubblicato il decreto legislativo in oggetto, finalizzato a modificare e integrare la disciplina sull'ingresso e il soggiorno in Italia dei Comunitari e dei loro familiari, anche se cittadini di uno Stato terzo. Tale norma, entrata in vigore il 2 marzo 2008, delinea le tipologie dei provvedimenti di allontanamento, che possono essere emessi per motivi di sicurezza dello Stato, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, nonché per motivi imperativi di pubblica sicurezza.

05 Accordo quadro Ue-Libia Aperture commerciali ed economiche in cambio di riforme sociali e libero scambio nel Paese africano. La collaborazione ed il dialogo tra le autorità comunitarie e libiche hanno avuto inizio nel 2004. I notevoli progressi registrati in questo lasso di tempo hanno indotto la Commissione a presentare al Consiglio, il 27 febbraio u.s., una proposta di accordo quadro tra l’Unione europea e la Libia, teso a rafforzare le relazioni politiche, sociali, economiche, commerciali e culturali tra le parti contraenti.

06 Assistenza e riabilitazione delle donne sottoposte a pratiche illegali Il decreto del Ministro della salute si rivolge al personale sanitario ed altre figure professionali che si occupano di immigrati. Pubblicato nella GU del 25 marzo il Decreto del Ministro della salute 17 dicembre 2007 che attua l’articolo 4 della legge 9 gennaio 2006 recante «Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile».

07 Minori stranieri: sono il 54% dei detenuti ed un terzo dei denunciati tra i minorenni Verrà presentato l’11 marzo, presso il Tribunale dei minorenni di Roma, il volume “Minori stranieri nel circuito penale” a cura del Dipartimento Giustizia Minorile. Minori stranieri nel circuito penale è il volume curato dall’Ufficio Studi Ricerche e Attività Internazionali del Dipartimento per la Giustizia Minorile.

10 Rimpatri collettivi: in Pakistan il primo charter europeo L’Europa inaugura i rimpatri collettivi. È partito il 13 febbraio da Parigi il primo volo charter comunitario con a bordo un centinaio di pakistani espulsi da diversi Paesi dell’Unione europea. Sempre a livello europeo, è entrato in vigore dal primo gennaio 2008 l’accordo di riammissione tra Ue e Ucraina.

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10 Un passo verso la liberalizzazione dei visti Si sono aperti questa mattina a Tirana i negoziati per la conclusione di un accordo che porterà all'eliminazione dell'obbligo di visto per i cittadini albanesi in viaggio verso i Paesi dell'Unione europea.

11 Aumento della pressione migratoria anche per i cambiamenti climatici Un documento sui futuri flussi migratori in Ue verrà discusso giovedì ed è stato anticipato dall’International Herald Tribune. L’aumento dei flussi migratori che caratterizzerà l'Unione europea nel prossimo decennio non sarà causato soltanto dall’andamento demografico ma anche da situazioni di crisi nell’area africana e balcanica che seguiranno ai cambiamenti climatici.

11 Adozioni. Petizione per sbloccare i casi sospesi In Romania ci sono un centinaio di bambini orfani o abbandonati che pur conoscendo da anni mamme e papà adottivi pronti ad offrire loro il calore di una nuova famiglia non possono raggiungerli. La loro situazione è sospesa dal 2005, cioè da quando Bucarest, con una nuova legge, ha bloccato le adozioni internazionali. È stata presentata ieri al Parlamento europeo una petizione, sostenuta da 40mila firme, per sbloccare i casi di adozione dalla Romania.

11 Istat: 80% minori stranieri sono nati in Italia Il 20% dei bambini immigrati in Italia è nato all'estero, mentre l'80% risulta nato in Italia da genitori immigrati, dato probabilmente destinato ad aumentare in futuro. Questo è quanto emerge dal rapporto Istat sui bambini stranieri nati in Italia.

12 Quattro milioni gli stranieri residenti, più integrazione al nord Nel 1970 gli immigrati stranieri regolari erano meno di 150.000, nel 2004 hanno toccato quota 2 milioni, mentre a fine 2007 hanno superato i 4 milioni. Questi i dati emersi durante il convegno internazionale su “La giornata dell'integrazione. Ricerche sugli indicatori dell'integrazione in Italia e in Europa”, organizzato dall'Organismo nazionale di coordinamento per le politiche di integrazione sociale degli stranieri presso le sede del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (Cnel) in collaborazione con il Centro studi e ricerche Idos.

13 Integrazione degli stranieri, Italia sesta in Europa Su 28 stati (venticinque dell’Ue, più Norvegia, Svizzera e Canada), l’Italia arriva dopo Svezia, Portogallo, Belgio, Paesi Bassi, Canada e Finlandia. Pesa l’accesso alla cittadinanza e la discriminazione. I risultati del “Migrant Integration Policy Index, il primo “Indice delle politiche per l’integrazione degli immigrati” in Europa, sono stati presentati e discussi in un convegno che si è tenuto l’11 marzo al Circolo della Stampa.

14 Edilizia: boom di addetti stranieri nel 2007 Un vero e proprio boom quello dei lavoratori stranieri nell’edilizia nel corso del 2007. A registrarlo è stato l’Osservatorio Feneal-Uil-Cresme che parla di “settore in grande trasformazione grazie all’immigrazione”.

17 Ricongiungimento familiare: nuova procedura on line A breve anche per la richiesta del nulla osta al ricongiungimento familiare si potrà fare la domanda via internet. Lo comunica il Ministero dell'Interno che sta sviluppando il nuovo sistema. Si passerà dall’attuale modalità di invio dell’istanza, tramite raccomandata postale, all’invio della stessa con modalità telematica.

18 In Libia un nuovo centro per l’assistenza ed il rimpatrio assistito dei migranti Si inaugura oggi in Libia un nuovo centro di assistenza per gli immigrati promosso dall’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni e finanziato dal governo italiano e

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dall’Unione europea. La struttura opererà soprattutto nell’assistenza e nell’orientamento dei cittadini che si rivolgono agli uffici OIM di Tripoli, oltre duemila nell’ultimo anno, cercando di attivare interventi mirati di rimpatrio volontario assistito verso i Paesi di origine nell’Africa subsahariana.

18 Università: dal 2002 gli studenti stranieri aumentati del 47%. Italia ancora lontana dalla media Ocse Aumentano gli stranieri che frequentano le università italiane anche se, rispetto agli altri Paesi europei, rimane ancora un gap significativo di presenze. Ad affermarlo è uno studio dell’Università di Trieste “L'attore sociale fra appartenenze e mobilità. Analisi comparate e proposte socio-educative (Cedam, Padova)”.

19 CGIL: crescono le iscrizioni dei lavoratori stranieri, nel 2007 +12% A fronte di una sostanziale stabilità degli iscritti (+0,8%), gli stranieri aumentano del 12% arrivando ad essere oltre 270mila. Cresce il numero degli iscritti alla Cgil. Nel 2007 il totale tra lavoratori attivi, pensionati e disoccupati è stato di 5.697.774, in aumento di 46.832 unità pari allo 0,83% rispetto all'anno precedente. L'organizzazione di Corso d'Italia prevede per il 2008 una crescita ulteriore di almeno 50mila iscritti.

21 Unhcr: torna a crescere il numero di richieste d’asilo verso i Paesi industrializzati a causa della crisi irachena 338mila domande nel 2007, un incremento del 10%, che inverte una tendenza che ha visto diminuire i flussi negli ultimi venti anni.

21 Giornata mondiale contro il razzismo e la discriminazione UNAR: “la lotta a qualsiasi razzismo e l’impegno per la creazione di una società multietnica e interculturale”. Il 21 marzo 1960 nella città di Sharpeville, in Sudafrica, la polizia sudafricana aprì il fuoco uccidendo 70 manifestanti che protestavano pacificamente contro le leggi razziste emanate dal regime dell’apartheid. Il 13 dicembre 1967 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dichiarò quella data Giornata Internazionale contro qualsiasi forma di razzismo e di discriminazione.

22 Discriminazioni: preoccupa l’ONU la situazione in Italia di Rom e Sinti In occasione della Giornata mondiale contro il razzismo e la discriminazione, il CERD, il Comitato ONU contro la discriminazione, ha reso note le raccomandazioni all’Italia per le politiche antirazziste. Un rapporto di luci ed ombre, con preoccupazione per la grave situazione di degrado ed emarginazione sociale che caratterizza le popolazioni Rom e Sinti presenti nel nostro Paese.

26 Accordo con Marocco per espellere i minori non accompagnati L’agenzia Efe riferisce che la Spagna e il Marocco hanno sottoscritto un accordo di cooperazione per il rimpatrio di minori stranieri immigrati non accompagnati, in cui i due Paesi si impegnano a osservare le leggi spagnole in vigore e gli accordi internazionali in materia di protezione dei minori.

27 Alto numero di immigrati specializzati contribuirà per 100 miliardi di dollari all’economia in quattro anni Scrive il Guardian, in uno studio del Centro per la ricerca in Economia e Business, che un alto numero di immigrati con un lavoro specializzato, come infermieri e insegnanti, potrà entrare in Gran Bretagna nei prossimi quattro anni contribuendo cosi’ per circa 77 miliardi di sterline all’economia del paese, stimano gli esperti.

27 Inaugurato il centro di accoglienza per richiedenti asilo a Bari-Palese. Inaugurato ieri dal sottosegretario all’Interno, Marcella Lucidi, il Centro di Prima accoglienza presso l’aeroporto di Palese a Bari. La struttura, sorta dove negli anni passati erano ospitati nelle roulotte gli immigrati sbarcati sulle coste del Meridione, sarà

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presto adibita a Centro di Accoglienza per richiedenti Asilo (Cara). Il Centro è composto da 124 moduli prefabbricati, con sei posti letto ciascuno per una capienza complessiva di 744 persone.

28 Immigrazione ha contribuito per 38% ad aumento del Pil L'agenzia Europa Press riferisce che l'immigrazione ha contribuito durante il periodo 2000-2006 per il 38% all'aumento medio del Prodotto interno lordo spagnolo, tutto ciò secondo il rapporto ‘Immigrazione e crescita regionale’ della Fondazione di Studi di Economia Applicata (Fedea).

28 Allarme Anci su minori stranieri non accompagnati È in aumento il numero di minori non accompagnati che giungono nel nostro paese prevalentemente dal Marocco e dall'Albania, ma anche dall'Iraq e dall'Afghanistan: dai 6000 circa del 2002 si è passati a oltre 7500 ragazzi dell'età media di 14-15 anni che sbarcano sul nostro territorio. È quanto emerge dal secondò Rapporto sui minori stranieri non accompagnati' (sarà presentato alla stampa il 7 aprile prossimo) messo a punto dall'Anci

28 Aborto: la metà dei reati penali in violazione alla L. 194/1978 riguarda cittadini stranieri I dati nella Relazione al Parlamento del Ministero della giustizia. Preoccupante l'aumento di richieste ai Giudici Tutelari per ragazze straniere.

31 Impossibile emanare un decreto flussi 2008 ma solo, ed eventualmente, un decreto di programmazione transitoria per 170mila quote. Il Documento programmatico relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri per il triennio 2007-2009, sebbene abbia superato tutti i passaggi previsti dalle legge (pareri del CNEL, Conferenza unificata, Parlamento) non sarà emanato prima della scadenza elettorale di aprile. Il Documento programmatico esprime le linee politiche del Governo in carica e non può impegnare la formazione politica che sarà espressa dalle consultazioni di aprile.

31 Politiche 2008: la campagna elettorale entra nel vivo e si inizia a parlare di immigrazione La campagna elettorale entra nel vivo o almeno così si dice. Mancano meno di due settimane al 13 aprile, quando si voterà per il rinnovo del Parlamento e per alcune importanti amministrazioni locali, e finora i grandi esclusi dalla competizione elettorale sembra che siano stati proprio gli immigrati.

31 Oltre 670 mila i minori stranieri, il 9% è nato in Italia da genitori immigrati Sono 678.428 nel 2007 e costituiscono un gruppo in continua crescita. Si stima che il 9% dei nati in Italia sia da entrambi i genitori stranieri. Rappresentano comunque il 18,4% sul totale degli immigrati e si concentrano nella fascia d'età della scuole dell'obbligo. Sono i minori stranieri in Italia, descritti nel libro 'Minori e flussi migratori. Universalità, trasversalità, transculturalità dei diritti', che è stato presentato oggi al San Gallicano di Roma, alla presenza delle due curatrici Patrizia Giganti (pedagogista), Maria Franca Iorio (psicologa) e del direttore dell'Inmp (Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti ed il contrasto alle malattie della povertà).

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APRILE

Fra i fatti rilevanti del mese la vittoria del Popolo delle Libertà e della Lega Nord, il 16 aprile alle elezioni politiche. Il 10 aprile, sulla stampa, vengono pubblicati i dati Istat, elaborati dalla Fondazione Ismu di Milano, relativi al numero di stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana (al 1° marzo 2008) e quindi il diritto di voto. Il numero dei nuovi elettori si assesta intorno alle 300mila unità, e la voglia di votare manifestata da questi cittadini è il risultato di un lungo processo di integrazione in Italia. Votare, infatti, rappresenta per molti di loro un raggiungimento di stabilità nel nostro Paese. Nei programmi di governo prevale l’impostazione sicuritaria; a tale proposito il 5 aprile, a undici giorni dalle elezioni, in una lettera sulla sicurezza inviata ai candidati premier, l’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia dava anche dei suggerimenti in tema di immigrazione: coinvolgere gli immigrati nella lotta alla criminalità, confrontandosi con le comunità e facendo vestire la divisa alle seconde generazioni che hanno acquisito la cittadinanza italiana. Parallelamente, affidare le competenze sui permessi di soggiorno al personale civile delle prefetture. A supporto della politica “Tolleranza zero alla criminalità” del neo Governo in carica il 21 aprile vengono pubblicati i dati del Viminale sulla criminalità straniera in Italia, dopo gli incresciosi episodi di cronaca riguardanti violenze sessuali, una delle quali sfociata in omicidio, a Roma, Torino e Milano proprio ad opera di stranieri. Da tali dati emerge che circa il 35% dei reati in Italia sono commessi da stranieri, con i romeni al primo posto. Sono soprattutto i clandestini a delinquere, mentre tra gli immigrati regolari il tasso di criminalità è in media con quello degli italiani. Nel periodo gennaio-agosto 2007 sono state denunciate o arrestate complessivamente 567mila persone, di cui circa 364mila italiani e 203mila stranieri. La quota di stranieri autori dei reati è cresciuta con l'aumentare della presenza di immigrati in Italia: ad esempio, nel 1988 la quota di stranieri sul totale dei denunciati per omicidio era del 6%, contro una popolazione straniera residente in Italia dello 0,8%; dieci anni dopo, gli immigrati denunciati per omicidio salgono al 18%, contro l'1,7% degli stranieri in Italia; nel 2006 la quota di stranieri denunciati per omicidio balza al 32%, contro una popolazione straniera del 5%. Il rapporto del Viminale viene ripreso il 26 aprile dal Corriere della sera, che mette in evidenza come la comunità degli immigrati romeni in Italia esprima un numero elevato di autori di reati, infatti con 47.425 tra arrestati e denunciati nel 2007, si collocano al primo posto della graduatoria, davanti a marocchini ed albanesi. Questo dato è ancora più preoccupante se si tiene conto che, a partire dal 1 gennaio 2007, i romeni, in quanto cittadini comunitari, non rispondono più dei reati concernenti la violazione della legge sull’immigrazione, come invece avviene per gli altri cittadini extracomunitari. Ciò significa che i 47.425 reati attribuiti ai cittadini romeni riguardano quasi esclusivamente delitti e contravvenzioni contro la persona e contro il patrimonio. All’indomani del grave episodio di violenza conclusosi con l’omicidio della sig.ra Reggiani, a Roma, ad opera di un giovane romeno il 23 aprile il Partito dei romeni in Italia “Identità romena” ed altre 12 associazioni italo-romene hanno lanciato un appello ai connazionali affinchè denuncino tutti i casi in cui venissero a conoscenza di comportamenti illegali commessi da cittadini romeni alle autorità italiane e segnalare tutte le situazioni di potenziale pericolo per la sicurezza pubblica per “prevenire atti delinquenziali contro la società e

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preservare il rispetto e la dignità dei tanti onesti lavoratori che compongono la comunità italo-romena”. Anche il neosindaco di Roma, Gianni Alemanno, in linea con il Governo entrante, dichiara il 29 aprile che: “I romani hanno scelto di farsi guidare dal centrodestra interrompendo una presenza quindicennale del centrosinistra al Campidoglio. Una vincita che si deve anche a una campagna elettorale tra i cui temi principali c’era la questione sicurezza”. Per cui i primi interventi della nuova Giunta saranno di sgombrare i campi nomadi della Capitale e di espellere tutti coloro che hanno commesso reati. Il 3 aprile in una dichiarazione ufficiale il comitato 'Rom e Sinti Insieme' aveva inviato a tutti i candidati premier un documento che si concentrava su sette questioni. Prima di tutto proponeva un “cambiamento di metodo” che portasse ad un loro inserimento attivo in ogni organismo in cui vengano prese decisioni che riguardino i Sinti e i Rom; successivamente il superamento dei “campi nomadi”, poi la promozione delle culture rom e sinte, la loro partecipazione diretta, l’istituzione dell’Ufficio Nazionale, il riconoscimento dello status di minoranza, la parità di trattamento di fronte alla legge e l’introduzione del diritto di suolo. All’intento sicuritario del Governo fa da contraltare la notizia del 22 aprile data dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap), sul fatto che la popolazione penitenziaria cresce al ritmo di mille detenuti al mese e che le carceri italiane sono tornate a sovraffollarsi: sono 52.686 i detenuti per una capienza regolamentare di 43.068 (ma il limite ‘tollerabile’ è stimato in 63.413 unità). Di questi, il 19.821 (pari al 37,62%) sono stranieri; i più numerosi provengono dal Marocco (sono 4.284, pari al 21,61% del totale), e dalla Romania (2.762, 13,93%), Albania (2.401, 12,11%), Tunisia (2.117, 10,68%), Nigeria (806, 4,07%). Il trend è in continua crescita se si pensa che nel 1990 gli stranieri erano circa l'8%. Sull'incremento ha pesato anche la legge 'Bossi Fini': circa il 20% dei detenuti extracomunitari è in carcere per aver disatteso le norme anti-clandestini. Per decongestionare le carceri, gli ultimi due governi Berlusconi e Prodi hanno avviato intese bilaterali per consentire il rimpatrio dei detenuti stranieri nei paesi di origine. Ma ad oggi - fanno notare in ambienti del Dap - i rimpatri sono proceduti a rilento. Il tema dell’immigrazione è certamente complesso e non si può liquidare con semplificazioni a volte nocive è quanto affermano il 29 aprile il ministro dell’Interno Giuliano Amato e il sottosegretario Marcella Lucidi durante la presentazione, nel corso di una conferenza stampa al Viminale, del “Primo rapporto del Ministero dell’Interno sull’immigrazione in Italia”. L’Italia è un paese che sta diventando demograficamente vecchio, il tasso di fertilità nei 15 paesi dell'Ue fra il 1960 e il 2007 è sceso da 2,59 a 1,50 figli per donna, mentre in Italia si è quasi dimezzato (dal 2,41 all'1,29). A tenere alto il tasso di natalità sono gli stranieri. In tre anni oltre 15% di nascite in più. È quanto emerge anche il 18 aprile durante il convegno del Cnel, in cui è stato presentato il libro "Da Immigrati a cittadini. Esperienze in Germania e in Italia", dal quale si apprende che la Germania, che è attualmente il più grande paese di immigrazione in Europa con 6,7 milioni di soggiornanti, passa il testimone all'Italia, che sembra chiamata nel futuro a rilevarne il posto in graduatoria, risultando l'afflusso di una consistente forza lavoro supplementare indispensabile per porre rimedio alle carenze connesse con un andamento demografico negativo. L’immigrazione va affrontata pragmaticamente mettendone in evidenza tutti i risvolti positivi a partire dal notevole bisogno di forza lavoro specialmente nei settori dell’edilizia e dei servizi alla persona. Dalla pagine della stampa, il 30 aprile attraverso un comunicato di Giuseppe Maurizio Silveri, direttore generale dell'immigrazione presso il ministero della Solidarietà sociale, si apprende che tra il 2005 e 2007, i lavoratori immigrati che sono entrati in Italia

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con un contratto per lavoro domestico o di assistenza alla persona sono stati 259.474 e rappresentano circa un quarto degli ingressi per lavoro subordinato complessivamente autorizzati. Anche dai dati riportati dal Dossier statistico immigrazione della Caritas Migrantes in questi giorni “esportato” a Buenos Aires per il convegno sull’esperienza migratoria, il fenomeno sta conoscendo una crescita accentuata. Dallo stesso Rapporto appare che tra il 2000 (anno in cui è entrato in funzione un archivio specifico dell’Inail) e il 2006 i lavoratori occupati dipendenti sono aumentati in Italia del 12% (da 15.732.978 a 17.623.625) e quelli nati all’estero del 201,3% (da 1.090.709 a 2.194.271), quasi dieci volte più del totale. E se nel 2002 sono state 703 mila le domande presentate per la regolarizzazione di lavoratori stranieri, 250 mila quelle di assunzione presentate dalle aziende e dalle famiglie nel 2005 e 540 mila quelle presentate nel 2006, nel dicembre 2007 si superano le 700 mila richieste di assunzione.

CRONOLOGIA aprile 2008 01 Circolare del Ministero dell’interno per la ripartizione del Fondo UNRRA 2008

Stabiliti dal Ministero dell’interno i criteri di ripartizione del fondo UNRRA (United Nations Relief and Rehabilitation Administration), che ammonta per l’anno in corso a 7 milioni di euro. Tra gli interventi prioritari sono annoverati quelli rivolti alla “integrazione degli immigrati nel contesto sociale e finalizzati alla prevenzione di situazioni e comportamenti a rischio di devianza, abbandono e degrado sociale”.

01 Scuola, 1 milione di alunni stranieri nel 2011 Nel 2011 gli studenti stranieri presenti nelle scuole italiane supereranno quota 1 milione. Lo rileva un rapporto del Ministero della Pubblica Istruzione che sottolinea come l'aumento degli alunni stranieri proceda al ritmo del 20-25 per cento all'anno.

01 Rifugiati e protezione sussidiaria: procedure per le domande di protezione internazionale Anche l’Italia ha disposto l’attuazione della direttiva 2005/85/CE, che contiene le norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato. La procedura per l’esame delle domande di protezione internazionale, in base al nuovo decreto, è di competenza delle Commissioni Territoriali (per le altre tipologie di domande spetta alla Commissione Nazionale per il diritto di asilo).

02 "Gabbie, degrado, servizi pessimi": la Commissione UE boccia i Cpt Ecco il rapporto presentato all'Europarlamento: sotto accusa tutti i centri di permanenza per immigrati. L'Europa boccia i Cpt italiani: "Cibo scadente", "gabbie e sbarre opprimenti", "mancanza d'igiene", "carenza d'assistenza medica e legale". La fotografia, scattata a fine dicembre 2007 dalla "Commissione per le libertà civili e la giustizia" dell'Europarlamento, è una ferma condanna di tutti i centri di permanenza temporanea per immigrati: in Italia e nel resto d'Europa.

03 Sette questioni per i candidati premier: ecco il documento di Rom e Sinti Redatto dal comitato 'Rom e Sinti insieme'. Tra le richieste: superamento dei ''campi nomadi'', istituzione dell'Ufficio Nazionale, riconoscimento dello status di minoranza, diritto di suolo.

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04 Firmata dal ministro Amato una direttiva sui minori immigrati in Italia: un investimento sulle seconde generazioni Il ministro dell’Interno, Giuliano Amato, su proposta del sottosegretario Marcella Lucidi, ha firmato una direttiva sui minori stranieri che interesserà circa mezzo milione di minori. Prevista parità di trattamento tra stranieri e italiani e il rilascio di un permesso di soggiorno ai quattordicenni immigrati in Italia.

04 Carabinieri e vigili urbani condannati: rubavano droga e pestavano immigrati Otto condanne, due proscioglimenti e altri otto rinvii a giudizio. È il verdetto emesso ieri mattina dal giudice per l'udienza preliminare del tribunale di Bergamo, Bianca Maria Bianchi, al termine del processo con rito abbreviato a carico dei 21 presunti componenti della cosiddetta banda della Panda nera, il gruppo di carabinieri e vigili urbani che avrebbe imperversato nella Bassa Bergamasca tra il novembre 2005 e il giugno 2007, rendendosi responsabile di pestaggi nei confronti di immigrati, ma anche di sequestri non verbalizzati di droga, telefoni cellulari e soldi.

04 I funzionari di Polizia: “Assumiamo agenti di origine straniera” Coinvolgere gli immigrati nella lotta alla criminalità, confrontandosi con le comunità e facendo vestire la divisa alle seconde generazioni che hanno acquisito la cittadinanza italiana. Parallelamente, affidare le competenze sui permessi di soggiorno al personale civile delle prefetture. In una lettera sulla sicurezza inviata ieri ai candidati premier, l’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia dà anche dei suggerimenti in tema di immigrazione.

05 OIM: 15 progetti per donne migranti Concepire il fenomeno della migrazione come una possibilità di crescita sia per il paese di accoglienza sia per quello di origine. È questo l'obiettivo di ''W Mida - Migrant Women for Development in Africa”, il primo programma italiano di migrazione e sviluppo al femminile. Promosso dall'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim).

07 Unioncamere: 43mila aziende gestite da donne straniere Lombardia guida la classifica nazionale, Toscana top nel manifatturiero. Non solo infermiere o badanti, ma anche piccole imprenditrici. Le donne straniere arrivate in Italia sanno spesso anche gestire un'azienda e lo fanno soprattutto nel commercio, settore di punta delle imprese individuali gestite da immigrate. Sono i dati che emergono dal monitoraggio condotto da Unioncamere, l'Unione delle Camere di Commercio italiane.

07 Pattuglie franco-italiane alla frontiera A partire da aprile diventa operativo su tutta la frontiera tra l’Italia e la Francia il pattugliamento congiunto, in un raggio di 20 chilometri dal confine, della Polizia di frontiera e della ’Police aux frontieres’ d’oltralpe per contrastare i fenomeni di criminalità trasfrontaliera e, in particolare, l’immigrazione clandestina e la tratta degli esseri umani.

08 Anci: minori stranieri non accompagnati “volto invisibile dell’immigrazione” Vengono sempre piú spesso definiti il ‘volto invisibile dell’immigrazione’, sono i minori stranieri non accompagnati che negli ultimi tre anni, dal 2004 al 2006, continuano a giungere nel nostro paese in un numero sempre crescente, il 19 per cento in più(nel 2004 erano 6.629, nel 2006 7.870); fra questi, per la prima volta, sono molti quelli che provengono dall’Afghanistan. Da rilevare poi che ben il 60 per cento non ha alcun permesso di soggiorno, mentre sono in aumento (più 146%) i richiedenti asilo.

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08 Elezioni politiche: oltre 300mila immigrati al voto Secondo la stima della Fondazione Ismu di Milano che ha elaborato i dati Istat degli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana, sono oltre 300mila i cittadini immigrati con diritto di voto che possono votare alle elezioni politiche del 13 e 14 aprile.

08 Unhcr e Google insieme per visualizzare le operazioni umanitarie su ‘Google earth’ L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e Google hanno presentato oggi un nuovo potente programma online che permette di osservare da vicino e da più angolature alcune delle maggiori crisi globali causate da massicci movimenti di popolazione e gli sforzi umanitari volti ad aiutare le vittime.

10 Immigrazione, al via la procedura informatizzata per le domande di ricongiungimento familiare Parte da oggi la nuova procedura di inoltro delle richieste di ricongiungimento familiare di competenza dello Sportello Unico per l’Immigrazione.

11 Corte dei Conti: Relazione relativa all’indagine sull'attività di gestione integrata dei flussi di immigrazione (Delibera n. 6/2008/G, del 27 marzo 2008) L’analisi delle attività di gestione dei flussi di immigrazione negli anni 2005 e 2006, documentate in parte dalle amministrazioni soltanto per le attività svolte nell’ultimo anno, ha esposto che le operazioni di rilascio dei nullaosta hanno riguardato a fine dicembre 2007 circa il 90% delle domande presentate e che i permessi di soggiorno concessi al 30 settembre 2007 hanno coperto circa un quarto delle istanze totali presentate nel 2006.

11 l’Italia destina 3 milioni di euro all’Unhcr per i rifugiati in Afghanistan I fondi finanzieranno il rimpatrio volontario dei rifugiati afgani dall'Iran e dal Pakistan e il loro reinserimento sociale. Dal 2002 finanziati progetti per 21 milioni di euro.

16 Ricongiungimenti anche con la kafalah Per la Cassazione questa forma “islamica” di affidamento dà diritto a riunire qui il minore e la nuova famiglia. Bocciato il ricorso della Farnesina. La Kafalah, una forma di affidamento disciplinata dal diritto islamico, è un legame tale da giustificare il ricongiungimento previsto dalla legge sull’immigrazione. Il minore straniero ha quindi il diritto di raggiungere la sua nuova famiglia in Italia.

18 Grecia: no ai rinvii di richiedenti asilo da altri paesi europei L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha presentato un documento in cui si consiglia ai governi dei paesi che hanno sottoscritto il Regolamento di Dublino di non rinviare i richiedenti asilo in Grecia fino a nuova comunicazione da parte dell’Agenzia per i Rifugiati delle Nazioni Unite.

18 Immigrazione: l'Italia sorpasserà la Germania La Germania, che è attualmente il più grande paese di immigrazione in Europa con 6,7 milioni di soggiornanti (ma più del doppio la popolazione di origine immigrata), passa il testimone all'Italia, che sembra chiamata nel futuro a rilevarne il posto in graduatoria, risultando l'afflusso di una consistente forza lavoro supplementare indispensabile per porre rimedio alle carenze connesse con un andamento demografico negativo: queste le conclusioni del convegno che si è svolto nella sede del Cnel a Roma dopo un anno di studio sull'integrazione degli immigrati in Germania e in Italia, su iniziativa dell'Ambasciata Tedesca con la collaborazione della Caritas Italiana e della Fondazione

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Friedrich Ebert e che ha portato alla pubblicazione del libro "Da Immigrati a cittadini. Esperienze in Germania e in Italia".

21 Viminale: un reato su tre commesso da immigrati Circa il 35% dei reati in Italia sono commessi da stranieri, con i romeni al primo posto. E sono soprattutto i clandestini a delinquere, mentre tra gli immigrati regolari il tasso di criminalità è in media con quello degli italiani.

21 Milano: modificate le norme di accesso agli asili dei minori stranieri Il comune di Milano recepisce l'ordinanza del giudice contro la circolare che escludeva i minori stranieri con genitori irregolari dall'iscrizione alle scuole per l'infanzia della città.

22 Morrone (Inmp): '”Boom di IVG tra le immigrate: serve una campagna nazionale” È grave che continui ad aumentare il tasso di ivg (interruzione volontaria di gravidanza) tra le donne immigrate". Per questo "è necessario procedere con delle campagne di sensibilizzazione e di assistenza in grado di invertire la tendenza". È questo il commento di Aldo Morrone, direttore generale dell'Inmp (Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti ed il contrasto alle malattie della povertà), a proposito dei dati, contenuti nella relazione del ministro Turco sull'attuazione della legge 194, che segnalano un aumento delle Ivg tra le donne extracomunitarie.

22 Permessi di soggiorno: al via la sperimentazione del progetto ‘Agenda Elettronica’ per eliminare ritardi e code presso le Questure Consentirà agli Sportelli Unici per l’Immigrazione di prenotare in automatico gli appuntamenti degli stranieri per l'identificazione. L'Agenda Elettronica consentirà la definizione delle convocazioni sulla base dell'effettiva capacità delle Questure di gestire il rispettivo carico di lavoro e, laddove si verificasse un esubero nel numero degli appuntamenti disponibili per una specifica giornata, il sistema li differirà automaticamente alla data successiva.

22 Permesso di soggiorno per cure mediche: quando può non essere rinnovato Legittimo per il Tar Toscana rifiutare il rinnovo del permesso di soggiorno per cure mediche, concesso per cinque anni, se nel Paese di origine sono comunque assicurate le terapie.

23 Sicurezza: 13 tra le maggiori organizzazioni italo-romene invitano i connazionali a “denunciare i delinquenti senza alcuna remora” Una forte presa di posizione dopo la violenza commessa a Roma “per prevenire atti delinquenziali e preservare il rispetto e la dignità di tutti gli onesti lavoratori”. Un appello forte, condiviso dalla comunità romena con i rappresentanti diplomatici, che si conclude invitando a denunciare “i delinquenti senza alcuna remora, perché chi delinque rovina anche la nostra vita e non impedirglielo o voltarsi dall'altra parte è inammissibile”.

24 La Francia verso le regolarizzazioni caso per caso Una settimana di scioperi di alcune centinaia di camerieri, cuochi, addetti alle pulizie negli alberghi, ma anche muratori tutti immigrati clandestini Da ieri, i sindacati e le associazioni che si sono schierate a fianco degli irregolari hanno cominciato a portare alle prefetture della regione parigina le domande di regolarizzazione per almeno 600 di loro.

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24 Lavorare da schiavi e non sentirsi tali Indagine del Parsec. Giovani uomini sfruttati gravemente: rumeni, moldavi e bulgari, ma anche pachistani, bangladesi, cinesi e marocchini. 600 euro al mese per 10 ore di lavoro al giorno. A spezzare la catena spesso è un incidente. Infatti, sono eventi come questi che favoriscono la maturazione di una coscienza diversa della loro situazione: si accorgono di essere sfruttati più di quanto lo sarebbero nel proprio paese.

24 Il Dossier Caritas-Migrantes 'emigra' in Argentina Per promuovere una riflessione congiunta su emigrazione e immigrazione, i promotori si sposteranno a Buenos Aires per un convegno di studio. Supporto del Ministero degli Affari Esteri, Ambasciata e Consolato e del Cemla.

28 Boom di nozze miste tra anziani e giovani Cresce l’immigrazione e con essa anche le coppie miste, che superano i 300 mila all’anno. E sarebbe un cambiamento positivo per una società che sta imparando a essere magnanima con la multietnicità, se non fosse per il relativo boom di matrimoni contratti tra anziani italiani e giovani straniere.

28 Lo straniero, nonostante una condanna, in determinati casi può ottenere ugualmente il rinnovo del permesso di soggiorno Anche il Tar di Brescia, in sintonia con il Consiglio di Stato, si orienta verso una interpretazione meno rigorosa della Bossi/Fini. La condanna per alcuni reati, anche se non definitiva, impedisce il rinnovo del permesso di soggiorno. Così stabilisce l’art. 5, comma 5, del testo unico immigrazione.

28 Un nuovo nato su dieci è figlio di immigrati A tenere alto il tasso di natalità sono gli stranieri. In tre anni, oltre 15% di nascite in più. Gli italiani fanno sempre meno figli (1,29 per donna), ma a tenere positivo il bilancio demografico nazionale con un altissimo tasso di natalità sono gli stranieri.

28 Accordo Ue su nuove norme per rimpatrio degli immigrati non regolari Il "trialogo" tra Commissione europea, Parlamento e Consiglio ha portato a una intesa per una direttiva comunitaria sul rimpatrio degli immigrati illegali.

28 Una carta per la corretta informazione sui migranti Il Consiglio nazionale della Federazione nazionale della stampa ha approvato il 24 aprile 2008 il Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti, denominato Carta di Roma. Il documento invita i giornalisti a «osservare la massima attenzione nel trattamento delle informazioni concernenti i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta ed i migranti nel territorio della Repubblica Italiana e altrove».

29 Alemanno: "Espellere i 20mila che hanno commesso reati" Le prime dichiarazioni del neosindaco in tema di sicurezza: "Sgombreremo i campi nomadi". I romani hanno scelto di farsi guidare dal centrodestra interrompendo una presenza quindicennale del centrosinistra al Campidoglio. Una vincita che si deve anche a una campagna elettorale tra i cui temi principali c’era la questione ‘sicurezza’.

29 Il ministro Amato ha presentato alla stampa il primo rapporto del Ministero dell’Interno sull'immigrazione in Italia Il ministro dell’Interno Giuliano Amato e il sottosegretario Marcella Lucidi hanno presentato questa mattina, nel corso di una conferenza stampa al Viminale, il primo rapporto del Ministero dell’Interno sull’immigrazione in Italia, curato da Marzio Barbagli, e i risultati della seconda ricerca dell’Osservatorio sociale sulle immigrazioni realizzata dalla Makno & consulting di Mario Abis.

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29 La Regione Lazio approva il profilo professionale e formativo del mediatore interculturale La Regione Lazio, in virtù della delibera approvata dalla Giunta, su proposta dell’assessore all’istruzione Silvia Costa e di concerto con l’assessore alle politiche sociali Anna Salome Coppotelli, ha riconosciuto il profilo professionale del mediatore culturale.

30 Entrati in Italia 259.474 immigrati con contratto per lavoro domestico Tra il 2005 e 2007, i lavoratori immigrati che sono entrati in Italia con un contratto per lavoro domestico o di assistenza alla persona sono stati 259.474 e rappresentano circa un quarto degli ingressi per lavoro subordinato complessivamente autorizzati.

30 Latinoamericano 1 lavoratore su 10 occupato in Italia È 'rosa' la forza lavoro latino-americana: lavorano 131.484 donne (58,2%), soprattutto da Brasile, Colombia, Ecuador Perù e Repubblica Dominicana. ''Pochi'' gli assunti all'estero con il decreto flussi. Cresce l'apporto che i lavoratori immigrati danno all’economia italiana.

30 Sicurezza e libera circolazione dei cittadini comunitari in Italia Che la comunità degli immigrati romeni in Italia esprima un numero elevato di autori di reati è un dato di fatto inconfutabile. Sulla carta l’Italia vanta un apparato penale imponente, ma in realtà il sistema è sostanzialmente e notoriamente innocuo: non solo perché il rapporto effettivo tra reato e pena è divenuto sempre più improbabile, anche per effetto di quel meccanismo ben definito fuga dalla sanzione che caratterizza l’operato di buona parte della magistratura giudicante e di sorveglianza, ma anche perché da tempo nel Paese il principio di legalità non figura più ai vertici di una ipotetica graduatoria dei valori.

30 Titoli di studio senza frontiere nell’Ue L’Ue punta a un quadro europeo delle qualifiche per facilitare la mobilità dei lavoratori. Un’impresa italiana potrà così, ad esempio, valutare meglio il curriculum di un cittadino polacco, capendo subito cosa è in grado di fare e se può essere la persona giusta il posto di lavoro che vuole coprire. Adottato l’European Qualifications Framework per i riconoscimento dei livelli di istruzione. In vigore entro il 2012.

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MAGGIO

Nel mese di maggio l’attenzione si è concentrata sul Consiglio dei Ministri del 21, nel quale sono state approvate le proposte del nuovo Governo in materia d'immigrazione, da adottare nell’ambito del “pacchetto sicurezza” e che riguardano, in particolare, misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, con alcune norme rivolte indifferentemente a cittadini italiani e stranieri e altre specifiche per stranieri. Tra quelle che riguardano direttamente o indirettamente i cittadini stranieri irregolari figurano: espulsioni più facili e confisca degli appartamenti affittati agli stranieri irregolarmente soggiornanti, nuovi poteri ai sindaci, più cooperazione tra polizia municipale e forze dell’ordine, ampliamento dei casi giudicabili per direttissima, più difficile sospensione dell’esecuzione della pena. Il disegno di legge mira a rendere più incisiva ed efficace l'azione di prevenzione e contrasto dello Stato per prevedere una maggiore tutela contro ogni forma di sopraffazione e violenza perpetrata nei confronti dei soggetti cd. "deboli", prevedendo anche specifiche aggravanti per i reati commessi da immigrati irregolari. Per contrastare i matrimoni di convenienza, si disciplina più rigorosamente l'acquisto della cittadinanza a seguito di matrimonio. Norme più severe sono poi previste per la tutela del decoro urbano: viene aggravata la pena per danneggiamento, deturpamento e imbrattamento di cose altrui nel caso in cui il reato sia commesso su immobili compresi in programmi di risanamento edilizio o ambientale. Viene introdotto il reato di impiego di minori nell'accattonaggio, con la pena accessoria della perdita della potestà genitoriale. Viene inoltre introdotto il reato di ingresso illegale nel territorio dello Stato. Si subordina l'iscrizione anagrafica alla verifica da parte dei comuni delle condizioni igienico-sanitarie dell'immobile di residenza. Si introduce, inoltre, una disposizione volta a contrastare l'uso illecito - anche ai fini di finanziamento del terrorismo - del c.d. "Money Transfer", disponendo che il gestore degli esercizi di telefonia e internet autorizzato al trasferimento di denaro debba provvedere ad acquisire copia del documento di identità del richiedente il servizio. È poi previsto il prolungamento della permanenza nei Centri di Identificazione ed Espulsione (già Centri di permanenza temporanea ed assistenza) fino a un periodo di 18 mesi, anticipando la direttiva rimpatri in fase di avanzata definizione in sede di Unione europea. Il governo si occupa anche della questione badanti: non attraverso uno dei provvedimenti varati dal Consiglio dei ministri, ma attraverso le 'linee guida per una programmazione in deroga dei flussi migratori per gli anni 2007/2008', illustrate dal ministro del Lavoro Maurizio Sacconi 'alla luce delle nuove, più rigorose norme repressive della clandestinità'. Le suddette linee guida sono arrivate dopo una lunga serie di rassicurazioni a tutela delle badanti da parte del mondo politico e sindacale, che rappresentano una gran parte, oltre 400 mila, delle 730 mila domande presentate agli sportelli unici per l'immigrazione. Questo programma per la sicurezza ha suscitato immediatamente reazioni abbastanza preoccupate da parte di diverse organizzazioni impegnate a tutela degli immigrati. "Le misure piú efficaci per contrastare insicurezza e violenze consistono, come auspicato dalla Commissione Europea, nell'equiparazione la piú ampia possibile degli immigrati ai cittadini nazionali, attraverso l'attribuzione di un'ampia gamma di diritti sociali": cosí l'Osservatore romano interviene, con un articolo a firma del direttore della Caritas Italiana Vittorio Nozza, nel dibattito su sicurezza e immigrazione. L'associazione Nazionale Magistrati, per voce del presidente Luca Palamara, prevede un intasamento dei tribunali e solleva possibili questioni di legittimità costituzionale per violazione del principio di uguaglianza, in quanto i comportamenti illeciti devono essere colpiti nello stesso modo, a prescindere dallo

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status giuridico dell’autore. Dello stesso parere l’Unione delle camere Penali. Per il portavoce dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, Laura Boldrini, il ‘punto debole’ del pacchetto sicurezza approvato dal Consiglio dei ministri in materia di immigrazione, "è il ricorso del richiedente asilo avverso il rigetto della domanda. Se oggi infatti viene respinta in prima istanza - spiega Boldrini - l'immigrato puó fare ricorso e in attesa che venga definito puó rimanere in Italia con regolare permesso di soggiorno”. In proposito, la Caritas Italiana ha incontrato il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, al fine di esprimere le perplessità in ordine alle norme contenute nel pacchetto sicurezza, partendo dall’esperienza maturata nella lotta alle varie sacche di emarginazione presenti nella società, anche grazie al monitoraggio ampio e puntuale circa le criticità emergenti dalle oltre 220 diocesi, che promuovono sul territorio migliaia di servizi a favore dei più bisognosi. In particolare, sul tema dell’immigrazione, il collegamento fra le Caritas diocesane trova un suo naturale luogo di confronto nel Coordinamento nazionale, all’interno del quale sono emerse alcune linee di indirizzo che sono state espresse appunto allo stesso Maroni. Il vice direttore della Caritas Italiana, Francesco Marsico, il 26 maggio ha affermato che occorre tornare sulla decisione di introdurre nel Pacchetto sicurezza il reato di immigrazione clandestina ma se ciò non avvenisse 'sarebbe ancor più grave procedere ad una regolarizzazione delle sole badanti'. È quanto sostiene la Caritas italiana che invita, dopo gli ultimi episodi di violenza, ‘a non strumentalizzare ma neppure a sottovalutare, come è successo in occasione dei roghi dei campi rom a Napoli, episodi di violenza a sfondo razzista’. Per gli immigrati che arrivano nel nostro Paese e le loro famiglie, bisogna 'evitare il formarsi di enclave a loro destinate che, se in un primo momento potrebbero apparire una soluzione emergenziale, diventano presto dei ghetti non tollerabili'. Lo ha detto il 31 maggio il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, secondo cui il tempo di permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione (Cie, che sostituiranno gli attuali Cpt) non si deve prolungare troppo. Anche Papa Benedetto XVI alla conclusione dell’Assemblea del Pontificio Consiglio dei Migranti e degli Itineranti, il 16 maggio, precisa che “Non bisogna dimenticare che la famiglia, anche quella migrante e itinerante, costituisce la cellula originaria della società, da non distruggere, ma da difendere con coraggio e pazienza”. Il nuovo ‘clima di fermezza’ non ferma tuttavia gli sbarchi. Dopo l'ennesima ondata di sbarchi, il 25 maggio è di nuovo emergenza del centro di prima accoglienza di Lampedusa che al momento ospita quasi mille immigrati, a fronte di una capienza di 600 posti. Sul piano statistico, L’ISTAT, nel Rapporto annuale sulla situazione del Paese, presentato il 28 maggio, precisa che i cittadini stranieri residenti in Italia sono 3,5 milioni (il 5,8% del totale dei residenti). Nel 2007 si è assistito ad un loro consistente incremento, grazie ad un saldo migratorio con l'estero stimato in oltre 454 mila unità, il valore più alto finora registrato nel nostro Paese. L'incidenza della popolazione straniera in Italia si sta allineando ai valori registrati in paesi di più consolidata tradizione immigratoria. Tra quelli di più recente immigrazione, solo il saldo migratorio della Spagna (circa 685 mila unità) è superiore a quello dell'Italia. Dal Rapporto emerge anche che negli anni più recenti è in aumento il contributo degli stranieri alla criminalità: nel 2006 gli stranieri denunciati sono stati oltre 100 mila. La quota di stranieri sul totale dei denunciati varia molto in base al tipo di reato commesso ed è maggiore per borseggi, furti e contrabbando. La maggior parte dei denunciati stranieri risulta non essere in regola con il permesso di soggiorno. Il tasso di devianza degli stranieri regolari, cioè la quota di stranieri regolari denunciati sul totale degli stranieri regolari, è pari all'1,9 per cento, un valore tuttavia pressoché equivalente a quello dei cittadini italiani. Per quanto concerne gli istituti penitenziari, la metà dei detenuti entrati nel 2007 è straniero, una presenza che continua a crescere a ritmi esponenziali: 20mila

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detenuti stranieri, il 38% della popolazione carceraria, a fronte di una media del 15% negli anni '90. I dati sono stati presentati il 30 maggio dal direttore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria Ettore Ferrara, in un'audizione in Senato. Sul tema, l'Istat segnala anche nella sua pubblicazione “100 Statistiche per il Paese”, presentata l’8 maggio che l’Italia è sempre più sicura, ma gli italiani si sentono 'insicuri' e puntano il dito sugli stranieri. Altro tema particolarmente seguito nel mese di maggio è il rapporto di convivenza tra gli italiani e le popolazioni nomadi. Il 26 maggio viene pubblicato il Decreto del Presidente del Consiglio "Dichiarazione dello stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lazio e Lombardia", che istituisce i Commissari straordinari a Milano, Roma e Napoli. Nel messaggio inviato il 26 maggio al Capo dello Stato Giorgio Napolitano dai rappresentanti di ottanta associazioni e delle chiese ortodosse romene in Italia, riuniti nel primo Forum dei romeni in Italia, tenutosi a Milano con il sostegno del governo di Bucarest, si sostiene con forza che i crimini commessi da pochi non possono ricadere su un’intera comunità: i romeni in Italia lavorano per lo sviluppo di tutto il Paese. Secondo uno studio pubblicato il 14 maggio da Aggiornamenti sociali, mensile gesuita, non esiste un’unica popolazione rom o “zingara” e non esiste soprattutto ancora un censimento ufficiale in Europa su di loro. Nell’Ue sono 9-12 milioni; circa 300 mila vivono in Francia, 300 mila nel Regno Unito (300 mila), 800 mila in Bulgaria, Spagna e Ungheria, mentre l’Italia è al quattordicesimo posto. I rom non hanno una patria comune, né tanto meno una terra promessa ove fare ritorno. Sempre in tema, sono da registrare l’intervento il 18 maggio dell'europarlamentare di etnia rom Viktoria Mohacsi, osservatore Ue per la questione nomadi, durante una visita al più grande campo nomadi di Roma, il Casilino 900, che ha criticato le condizioni trovate in Italia: 'La situazione dei rom in Italia è orribile. È incredibile che in un paese democratico ci siano persone che vivono senza diritti e senza documenti anche se sono qui da 40 anni'. Dallo 'Studio sulla salute materno infantile nelle comunità Rom' condotto a Roma da Save The children e presentato il 6 maggio, emerge che il 70% delle donne rom di Roma non ha cure sanitarie e il 15% è analfabeta. Sul piano istituzionale dei rapporti Italia/Romania, il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha incontrato il 15 maggio il collega romeno Cristian David per fare il punto sulla collaborazione tra le due Forze di polizia, concordando sulla proposta del Ministro romeno di dare vita ad una commissione paritetica tra i due governi per affrontare e risolvere le questioni interpretative in materia di circolazione delle persone, sulla base delle direttive Ue, nel comune interesse di garantire la legalità e contrastare la criminalità. Sono 650 mila gli immigrati che lavorano nelle città italiane ma non hanno il permesso di soggiorno. È questa la stima dell'immigrazione clandestina in Italia ricostruita dal dipartimento di Demografia dell'università di Milano Bicocca sulla base del decreto flussi 2007 e riportata il 12 maggio in prima pagina dal ‘Sole 24 Ore’. Una cifra stimata che, se confermata, porterebbe al raddoppio rispetto ad un anno fa (dove si stimavano 350 mila casi). Il responsabile immigrazione della Caritas Oliviero Forti il 12 maggio commenta l’indagine: ''I 650 mila che vivono in Italia? Esperienze di vita molto diverse. Non possono destare l’allarme criminalità che ci vogliono far credere. La generalizzazione fa male al dibattito: clandestino e irregolare non sono sinonimi”. Per quanto attiene la lotta contro il lavoro nero, l’ex Ministro del lavoro Damiano rivendica il 7 maggio la bontà delle norme introdotte dal governo Prodi. In 20 mesi sono stati ispezionati 42.454 cantieri e 67.313 aziende, di cui 38.742 (il 58%) sono risultate irregolari perché avevano personale ‘in nero’ in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori regolarmente occupati.

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Sul piano europeo, è da segnalare la ripresa dei pattugliamenti del Canale di Sicilia da parte di Frontex, con la missione anti-immigrazione Nautilus III, della durata di sei mesi, a cui partecipano Malta, Italia, Francia e Germania. L’annuncio arriva il 21 maggio da Varsavia, dove ha sede l’Agenzia. Un comunicato informa: "i migranti salvati nelle acque di ricerca e soccorso libiche saranno portati in Libia”. Tuttavia secondo l’Acnur dalla Libia arrivano non solo migranti ma anche rifugiati. La Libia non ha mai firmato la Convenzione di Ginevra dell’Onu sui rifugiati e sul suo operato sono state sollevate grandi perplessità da parte di numerose organizzazioni (Amnesty International, Human Rights Watch e Fortress Europe), in ordine al mancato rispetto dei diritti umani dei migranti e rifugiati arrestati e deportati dal Paese in condizioni inumane e degradanti.

CRONOLOGIA maggio 2008 06 Immigrazione, Rom e progetti legislativi all’attenzione delle Chiese del

Nordest I Direttori degli Uffici Migrantes delle quindici Diocesi del NordEst riuniti insieme al Vescovo Delegato dalla Conferenza Episcopale del Triveneto, Mons. Luigi Bressan, in occasione di un incontro programmato, hanno condiviso alcune riflessioni sulla situazione che si sta vivendo in Italia nei confronti di persone di cultura sinta e rom, ovvero sui progetti di legge circa la sicurezza che il Governo sta approntando.

06 Unione Europea pronta ad espellere otto milioni di immigrati Sul fronte del rimpatrio degli immigrati clandestini l’Unione europea è pronta ad adottare una linea più dura: il periodo massimo di detenzione per i cittadini extracomunitari sprovvisti di permesso di soggiorno, infatti, potrà essere esteso fino a sei mesi (in Italia oggi con la legge Bossi-Fini non si può andare oltre i due mesi), che potranno diventare 18 in casi particolari.

06 Roma, il 70% delle donne rom non ha cure sanitarie e il 15% è analfabeta Il 70% delle donne nomadi presenti a Roma dichiara un inadeguato e insufficiente accesso alle cure sanitarie. 2 donne su 3 non si sottopongono annualmente a visite ginecologiche, il 18% non ha eseguito nessun controllo in gravidanza, solo il 27% ricorre al consultorio e appena il 20% utilizza metodi contraccettivi. Inoltre, poco più della metà dichiara di aver portato il proprio figlio dal medico nei primi anni di vita.

07 Quasi sei aziende su dieci assumono lavoratori in nero Negli ultimi 20 mesi sono stati ispezionati 42.454 cantieri e 67.313 aziende, di cui 38.742 (il 58%) sono risultate irregolari perché avevano personale ‘in nero’ in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori regolarmente occupati.

07 Integrazione dei Rom, l'esempio di Francia, Germania e Spagna Mentre l’Italia langue e affronta il problema con proclami razzisti e demagogici, nei principali stati europei le soluzioni adottate risultano di gran lunga migliori rispetto alle nostre: campi rom solo come scelta estrema e preferenza per la sistemazione in alloggi

08 Italia sempre più sicura, ma gli italiani si sentono 'insicuri' e puntano il dito sugli stranieri Sempre meno omicidi, scippi, furti d'auto e nelle abitazioni. Crescono però i delitti contro la persona in ambito familiare. Tuttavia gli italiani si sentono sempre più insicuri e puntano il dito sull'immigrazione. Questi i trend segnalati dall'Istat nella sua pubblicazione ‘100 Statistiche per il Paese’.

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08 Fortress Europe: 12.049 immigrati morti ai confini Ue dal 1988 Più di 8.000 le vittime del Mediterraneo e dell’Atlantico. Soltanto nel Canale di Sicilia oltre 2.500 morti negli ultimi vent’anni per annegamento, incidenti stradali, soffocamento, schiacciati dal peso delle merci. Sono 12.049 le morti ai confini dell’Unione europea di migranti e rifugiati, documentate dal 1988 ad oggi sulla stampa internazionale dall’osservatorio Fortress Europe.

12 In Italia 650 mila clandestini, 11 ogni mille abitanti Sono 650 mila gli immigrati che lavorano nelle città italiane ma non hanno il permesso di soggiorno. È questa la stima dell'immigrazione clandestina in Italia ricostruita dal dipartimento di Demografia dell'università di Milano Bicocca sulla base del decreto flussi 2007 e riportata oggi in prima pagina dal ‘Sole 24 Ore’. Una cifra stimata che, se confermata, porterebbe al raddoppio rispetto ad un anno fa (dove si stimavano 350 mila casi).

12 Al via i permessi di soggiorno biometrici Entra in vigore dal 19 maggio il nuovo regolamento comunitario (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità europea il 29 aprile) che innova il modello di permesso di soggiorno per i cittadini extracomunitari in vigore in tutti i Paesi membri, con il quale è consentita la libera circolazione in ambito Ue. In sostanza i futuri permessi diventano ’biometrici’, ovvero dovranno riportare i rilievi dei tratti caratteristici del viso, non camuffabili, e impronte del titolare, anche dei minori sopra i sei anni di età.

14 Italia invasa dai rom? È 14esima in Europa Nella Ue sono 9-12 milioni: 300 mila circa vivono in Francia, 300 mila nel Regno Unito (300 mila), 800 mila in Bulgaria, Spagna e Ungheria. L'Italia è al quattordicesimo posto con una stima, ufficiosa in assenza di un censimento, che si aggira sui 120 mila, con stime che arrivano a 170 mila.

15 Una commissione paritetica Italia-Romania per contrastare la criminalità Il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha incontrato il collega romeno Cristian David per fare il punto sulla collaborazione tra le due Forze di polizia. «Chi delinque deve essere colpito, se è straniero va espulso applicando le normative europee». I Prefetti di Milano, Roma e Napoli saranno nominati commissari per l'emergenza degrado nei campi nomadi.

16 Reato di clandestinità e 18 mesi nei Cpt, critica la Caritas Sicurezza e rispetto dei diritti umani. La Caritas Italiana, che oggi pomeriggio ha incontrato il ministro dell’Interno Maroni, ha fatto presente che l’adozione di qualsiasi scelta politica su un tema così delicato debba “essere ispirata da un realismo che miri a risolvere questioni e non a inasprirle, pur nella consapevolezza che alcune volte occorre assumere una posizione decisa per tentare di superarle.

16 Tutti i no della Caritas a Maroni: “Rischio deriva incontrollata” Tiene banco la questione sicurezza. La Caritas Italiana incontra questo pomeriggio il ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Lo fa dall’alto della sua esperienza in fatto di accoglienza di immigrati e rifugiati, di difesa della giustizia sociale, nonché sulla base dell’esperienza maturata nella lotta alle varie sacche di emarginazione presenti nella società. Ciò consente anche un monitoraggio ampio e puntuale circa le criticità emergenti dalle oltre 220 diocesi, che promuovono sul territorio migliaia di servizi a favore dei più bisognosi.

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18 Osservatore Ue sui Rom: in Italia condizioni orribili Un osservatore Ue per la questione nomadi ha criticato le condizioni trovate in Italia: 'La situazione dei rom in Italia è orribile. “È incredibile che in un paese democratico ci siano persone che vivono senza diritti e senza documenti anche se sono qui da 40 anni”. Lo ha sostenuto l'europarlamentare di etnia rom Viktoria Mohacsi durante una visita al più grande campo nomadi di Roma, il Casilino 900.

23 Il Consiglio dei ministri, riunitosi a Napoli il 21 maggio 2008, ha reso note le misure in materia d'immigrazione che intende attuare in Italia Il c.d. "pacchetto sicurezza" presentato dal nuovo Governo è composto da 5 atti normativi principali: 1) decreto legge recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica 2) disegno di legge recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica; 3) decreto legislativo in materia di ricongiungimenti familiari dei cittadini stranieri; 4) decreto legislativo in materia di riconoscimento e revoca dello status di rifugiato; 5) decreto legislativo in materia di libera circolazione dei cittadini comunitari.

24 L'Oim: il test sul dna è attivo in Italia dal 2001. In 7 anni 6 mila esami Il Capo Missione in Italia dell'Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), Peter Schatzer, ha scritto una lettera al ministro degli Esteri Franco Frattini. "tale procedura ha un effetto deterrente nei confronti di possibili tentativi di abuso ed è uno strumento efficace nel contrasto alla tratta di esseri umani, considerato che quello del ricongiungimento è un ambito che coinvolge per lo più minori".

25 Camere penali: illegittimo il reato di immigrazione clandestina Bene sulla prevenzione e il coordinamento tra le forze di polizia, male sul reato di immigrazione clandestina e, in genere, sull'uso del decreto legge. Questa l'opinione dell'Unione Camere Penali Italiane, sul decreto sicurezza.

25 Preoccupa un po’ tutti l'introduzione del reato di immigrazione clandestina Il reato di immigrazione clandestina "non sarà retroattivo". Secondo la spiegazione di Maroni, "chi è in Italia irregolarmente da prima dell'entrata in vigore del reato verrà espulso" ma non subirà le conseguenze di chi invece entrerà all'interno dei nostri confini senza averne titolo dopo l'introduzione nel Codice della fattispecie di reato".

26 I romeni a Napolitano: "Non criminalizzare intera comunità" I crimini commessi da pochi non possono ricadere su un’intera comunità, i romeni in Italia lavorano per lo sviluppo di tutto il Paese. Questo il senso del messaggio inviato al Capo dello Stato Giorgio Napolitano dai rappresentanti di ottanta associazioni e delle chiese ortodosse romene in Italia, riuniti nel primo Forum dei romeni in Italia, tenutosi questo fine settimana a Milano con il sostegno del governo di Bucarest.

27 Caritas: ingiusta regolarizzazione a senso unico per le badanti Occorre tornare sulla decisione di introdurre nel Pacchetto sicurezza il reato di immigrazione clandestina ma se ciò non avvenisse 'sarebbe ancor più grave procedere ad una regolarizzazione delle sole badanti'. È quanto sostiene la Caritas italiana che invita, dopo gli ultimi episodi di violenza, ‘a non strumentalizzare ma neppure a sottovalutare, come è successo in occasione dei roghi dei campi rom a Napoli, episodi di violenza a sfondo razzista’.

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27 Nuovi Cpt, saranno usate le caserme dimesse Questa la decisione dei ministri dell'Interno, Roberto Maroni e della Difesa, Ignazio La Russa, che si sono visti oggi al Viminale. Caserme dismesse dal Ministero della Difesa diventeranno sedi dei nuovi Centri di identificazione ed espulsione (Cie) che prenderanno il posto degli attuali Cpt.

27 Bagnasco: no a ghetti di immigrati, accogliere con generosità Per gli immigrati che arrivano nel nostro Paese e le loro famiglie, bisogna 'evitare il formarsi di enclave a loro destinate che, se in un primo momento potrebbero apparire una soluzione emergenziale, diventano presto dei ghetti non tollerabili'. Lo ha detto ieri il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, in occasione dell'apertura dei lavori dell'assemblea plenaria della Cei.

27 Un gruppo di lavoro tra i ministeri dell'Interno e della Difesa per individuare nuovi Centri di identificazione ed espulsione Il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha ricevuto oggi al Viminale il ministro della Difesa Ignazio La Russa. Nel corso dell’incontro è emersa piena convergenza sulle recenti misure legislative per la sicurezza contenute nel Pacchetto sicurezza e sulla necessità di individuare nuovi Centri di identificazione ed espulsione, ex CPT.

28 Rapporto Istat: 3,5 milioni gli immigrati, delinquono al pari degli italiani I cittadini stranieri residenti in Italia sono 3,5 milioni (il 5,8% del totale dei residenti), secondo le stime riferite al primo gennaio 2008. Lo evidenzia l'Istat nel rapporto annuale sulla situazione del Paese. Il tasso di devianza degli stranieri regolari, cioè la quota di stranieri regolari denunciati sul totale degli stranieri regolari, è pari all'1,9 per cento, un valore pressochè equivalente a quello dei cittadini italiani.

28 Ministro Sacconi: soluzione per chi è rimasto fuori dai flussi 2007 Il governo si sta orientando a trovare una soluzione per regolarizzare gli immigrati che hanno presentato domanda durante il click day di fine 2007 ma che sono rimasti fuori dal numero stabilito dal decreto flussi. Probabilmente saranno 'recuperati' insieme a chi farà domanda nel 2008.

29 Parigi proporrà un "patto sull’immigrazione" agli europei La Francia, presidente di turno dell’Unione Europea a partire dal prossimo 1° luglio, proporrà un "Patto sull’immigrazione" per l’insieme dell’Ue, secondo quanto riferisce oggi il quotidiano londinese Financial Times. Lo stesso documento riconosce tuttavia che l’Ue ha bisogno di immigrazione economica e demografica.

30 Decreto flussi 2007. Scaduti i termini per inviare le domande Alla mezzanotte del 31 maggio sono stati disabilitati i modelli informatici per la presentazione delle domande di nulla osta al lavoro. Il decreto flussi 2007, che aveva previsto l’ingresso in Italia di una quota di 170.000 cittadini stranieri non comunitari per lavoro subordinato non stagionale e lavoro autonomo, aveva fissato il 31 maggio 2008 quale termine ultimo per la presentazione delle richieste di nulla osta da parte dei datori di lavoro.

30 Carceri: 20mila detenuti stranieri, il 38% della popolazione carceraria Gli stranieri sono stati la metà dei nuovi ingressi del 2007, stando ai dati del DAP presentati in un’audizione parlamentare. La metà dei detenuti entrati negli istituti penitenziari nel corso del 2007 è straniero, una presenza che continua a crescere a ritmi esponenziali. Negli anni '90 la media dei detenuti stranieri era del 15% sul totale, la percentuale è salita oggi al 38%.

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30 I Rom progettano il ritorno in Romania Dopo lo sgombero del campo di via Dudovich cresce la paura tra i rom di Milano. Negli insediamenti si sta diffondendo un senso di insicurezza che rende ancora più difficile il lavoro dei volontari e un clima che sta incentivando alcuni nomadi a progettare il ritorno in Romania.

31 Sicurezza: l’Associazione Nazionale Forense ritiene “inutile e dannoso” il reato di immigrazione clandestina L’Associazione Nazionale Forense (ANF) ritiene “inutile e dannoso” il reato di immigrazione clandestina che rischia di paralizzare il sistema della giustizia italiano. Secondo l’organizzazione - si legge in una nota - occorre potenziare la polizia con reparti specializzati ad eseguire le espulsioni e “puntare sugli accordi internazionali”.

31 La Cei contro i Cie: siano centri temporanei, no a lunghe detenzioni Serviranno 600 milioni di euro per avere un Centro di identificazione ed espulsione (Cie, che sostituiranno gli attuali Cpt) a regione. Ma contro il programma del Governo si esprime il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, secondo cui il tempo di permanenza in questi Centri non si deve prolungare troppo.

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GIUGNO

Fra le notizie del mese di giugno risuona l’eco delle discussioni suscitate dal disegno di legge sulla sicurezza, approvato dal Consiglio dei Ministri il mese precedente e ora al vaglio del governo. Il 6 giugno vengono sintetizzate, dagli organi di stampa, le principali novità: un “giro di vite” su i matrimoni di comodo (art.3), nuove modalità di iscrizione all’anagrafe (art.16), il prolungamento del tempo di permanenza nei Cpt (art. 18), ma ciò che scatena le maggiori reazioni è l’introduzione del reato di “immigrazione clandestina”, con reclusione da sei mesi a quattro anni, per colpire chi entra in Italia violando il Testo Unico sull’immigrazione (art. 9). In questi casi è previsto l’arresto obbligatorio e il processo per direttissima, e insieme alla condanna il giudice ordina l’espulsione dello straniero. Lo stesso giorno appare sulla stampa la dichiarazione del presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati, che mette in guardia dalle gravissime disfunzioni che l’introduzione del reato comporterebbe specialmente nei piccoli uffici giudiziari dell'Italia meridionale, maggiormente esposti al fenomeno degli ingressi illegali, in cui diverrebbe praticamente impossibile celebrare ogni giorni centinaia di udienze di convalida dell'arresto e processi per direttissima. Tutto ciò senza alcun reale beneficio in termini di effettività delle espulsioni e riduzione del fenomeno dell'immigrazione clandestina. Durissima, il 2 giugno, la condanna dell'Onu nei confronti dell'Italia, sull'eventuale introduzione di tale reato; mentre davanti alla commissione Affari costituzionali del Senato, il responsabile della Sezione Protezione dell'UNHCR, il 27 giugno, chiede espressamente di chiarire che il reato di immigrazione clandestina non riguardi i richiedenti asilo in Italia. Il 17 giugno, la Camera dà il via libera al decreto legislativo sul riconoscimento della stato di rifugiato. Tale decreto, che fa parte del pacchetto sicurezza del governo, stabilisce anche che lo straniero a cui venga rifiutato l'asilo politico lasci subito l'Italia. La possibilità di impugnare il ‘no’ della commissione non sospenderà più, infatti, i termini dell'espulsione e il ricorso dovrà essere presentato entro 15 giorni. Il prefetto potrà autorizzare lo straniero a restare comunque nel territorio italiano in attesa dell'esito dell'impugnazione solo se esistono "gravi motivi personali o di salute nonché vi sia l'interesse a rimanere sul territorio nazionale" e se non c'é il pericolo che l'interessato si sottragga al decreto di espulsione. Il 19 giugno a Strasburgo era stata approvata la direttiva europea sui rimpatri dei clandestini, prima tappa per una politica comune sull’immigrazione. Gli Stati membri dovranno conformarsi alla direttiva entro 24 mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, restando liberi di applicare misure più favorevoli. Il ministro Maroni chiederà l’immediato recepimento della direttiva che, a suo dire, il governo aveva già anticipato nel decreto, come l'innalzamento dei mesi di detenzione nei Cpt e norme più stringenti e più controlli per i rimpatri. Il 20 giugno anche il Cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio consiglio Giustizia e pace, ad una veglia di preghiera per la Giornata mondiale dei rifugiati dichiarato che: “L'esigenza di futuro non è mai clandestinità e non è mai reato” - con trasparente riferimento al reato di ingresso clandestino introdotto dal Governo italiano – “ma si deve e si può coniugare e incontrare con l'altro. E chi entra nel nostro paese rimane un uomo, una donna, un giovane, anche quando non è in grado di regolarizzare il suo ingresso, spesso a motivo di difficoltà insuperabili per chiunque". Mentre il 3 giugno ai microfoni della Radio Vaticana mons. Agostino Marchetto Segretario del Pontificio consiglio per i migranti in merito al dibattito in corso sul tema dell'immigrazione clandestina afferma: “I cittadini di Paesi terzi, come cittadini comunitari, non dovrebbero essere privati della libertà personale o soggetti a pena detentiva a causa di un'infrazione amministrativa”. Il 12 giugno

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sono i medici pediatri attraverso le loro associazioni, la Federazione italiana medici pediatri (Fimp) e la Società italiana di pediatria (Sip), a mostrare perplessità nei confronti dell’introduzione del succitato reato, che rischierebbe di far diventare “invisibili” i bambini figli di genitori irregolari. Una delle conseguenze della sua introduzione, denunciano le associazioni dei medici, è che il timore da questo provocato potrebbe indurre i genitori ad allontanare i bambini dalla scuola e da tutti quei servizi sanitari che vengono riconosciuti come diritti fondamentali anche agli “irregolari”. Il pericolo è che i bambini non seguano il piano di vaccinazione previsto per loro, con il rischio di contrarre malattie infettive come la tubercolosi e altre infezioni respiratorie, dannose per loro e contagiose per altri bambini. I minori sono un tema trasversale, che trova voce sulle pagine dei giornali durante l’intero anno. Il 19 giugno, sono stati resi noti, da Save the Children, al convegno sui minori stranieri in Italia, i dati, che si riferiscono a gennaio 2007, e hanno come fonte il Rapporto sull'immigrazione del Viminale. Secondo tale rapporto ammontano a circa 660 mila i minori stranieri regolarmente residenti in Italia, pari al 22,7% del totale degli stranieri residenti, quasi 80 mila in più rispetto all'anno precedente; un incremento che, per oltre la metà, è stato determinato dalle nascite in Italia da genitori entrambi stranieri, mentre per la parte rimanente è costituita dai minori giunti in Italia per ricongiungimento. L’11 giugno anche la Società italiana di medicina delle migrazioni denuncia le conseguenze, a livello sanitario, del pacchetto sicurezza. Secondo i medici della società - che dal 1990 si occupa dei temi legati alla cura e alla salute degli immigrati presenti in Italia - il clima di enfasi della sicurezza e criminalizzazione degli immigrati sta producendo danni per la salute degli stranieri, restii a curarsi per paura. Nel frattempo, il 25 giugno, è iniziato a palazzo Madama l'iter di approvazione del disegno di legge governativo. Altra notizia rilevante in materia di sicurezza è quella apparsa sulla stampa il 26 giugno concernente le linee programmatiche, per il suo dicastero, illustrate da Maroni alla Commissione affari costituzionali della Camera. Il responsabile del Viminale ha detto che si prenderanno ’’le impronte anche dei minori, in deroga alle attuali norme, proprio per evitare fenomeni come l’accattonaggio. Non sarà certo una schedatura etnica - ha voluto chiarire - ma un censimento vero e proprio per garantire a chi ha il diritto di rimanere di poter vivere in condizioni decenti’’. Ha poi aggiunto che i genitori che si rendano responsabili dello sfruttamento dei figli a scopo di accattonaggio ’’perderanno la potestà’’. Il 29 giugno la Fondazione Migrantes, ufficio della Cei per la pastorale dei migranti, esprime una dura condanna alla richiesta del ministro Roberto Maroni di prelevare le impronte digitali ai bambini rom, rilevando come si assiste di giorno in giorno, nei confronti di immigrati e Rom, al paventare provvedimenti restrittivi e discriminatori che, prima ancora di essere attuati, destano allarme ed agitazione generale con la previsione di tempi burrascosi per tutti.

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CRONOLOGIA giugno 2008 02 Durissima condanna dell'Onu sull'introduzione del reato di clandestinità

Durissima condanna dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Louise Arbour, nei confronti dell'Italia in merito alla prospettata introduzione del reato di immigrazione clandestina.

02 Il Vaticano all'Italia: no al reato di immigrazione clandestina “I cittadini di Paesi terzi, come i cittadini comunitari, non dovrebbero essere privati della libertà personale o soggetti a pena detentiva a causa di un'infrazione amministrativa”. È questa la posizione espressa dal Segretario del Pontificio consiglio per i migranti, mons. Agostino Marchetto, in merito al dibattito in corso in Italia sul tema dell'immigrazione clandestina. Marchetto si trova a Nairobi per il congresso panafricano dei delegati delle Commissioni episcopali per le migrazioni, sul tema ‘Per una migliore pastorale dei migranti e dei rifugiati in Africa all'alba del terzo millennio’.

03 Bankitalia: gli immigrati sempre più protagonisti nell’economia italiana La relazione annuale della Banca Centrale evidenzia l’aumento degli occupati stranieri e l’incremento dei flussi monetari inviati come rimesse: 5,8 miliardi di dollari, + 35% rispetto al 2006.

05 Italia in ritardo per le qualifiche di bulgari e romeni L’Italia limita la libertà di circolazione dei lavoratori romeni e bulgari, non riconoscendo automaticamente, come dovrebbe, i loro titoli professionali. È l’accusa mossa dalla Commissione europea, che ha deciso di aprire una procedura di infrazione deferendo l’Italia alla Corte di giustizia europea per mancata attuazione della normativa comunitaria.

05 Tutte le novità del ddl sicurezza Reato di ingresso clandestino; 18 mesi nei Centri di identificazione ed espulsione; stretta sui matrimoni di comodo. Il contrasto dell’immigrazione clandestina è al centro del disegno di legge sulla sicurezza approvato dal governo che ora andrà all’esame del Parlamento.

06 I magistrati: "Gravi disfunzioni col reato di clandestinità" Il reato di clandestinità porterebbe a "gravissime disfunzioni per il sistema giudiziario e carcerario". Lo ha detto stamattina Luca Palamara, presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati, nella sua relazione di introduzione al congresso in corso a Roma.

09 La Romania cerca lavoratori in Italia Con milioni di connazionali che hanno scelto la strada dell’emigrazione e un’economia in forte crescita, la Romania cerca di far tornare in patria forza lavoro. Sono infatti centinaia di migliaia i posti che le imprese locali non riescono a coprire nemmeno con la manodopera straniera. Il governo di Bucarest ha già lanciato molti appelli e sta organizzando incontri nei Paesi di emigrazione dove le imprese romene offrono assunzioni ai romeni della diaspora disposti a tornare.

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12 Ricongiungimenti: inizia la discussione Comincia in commissione Affari Costituzionali della Camera l'iter parlamentare del decreto legislativo per il ricongiungimento familiare, che prevede che si possa ricorrere al prelievo del Dna nel caso che manchi o non venga riconosciuta la documentazione che attesti lo stato di parentela.

12 Salute: allarme dei pediatri “il reato di clandestinità renderebbe invisibili migliaia di bambini irregolari” Il timore dei genitori allontanerebbe i figli dalla scuola e dai servizi sanitari. Il reato di clandestinità rischia di far diventare “invisibili” i bambini figli di genitori irregolari. È la denuncia lanciata dalla Federazione italiana medici pediatri (Fimp) e dalla Società italiana di pediatria (Sip).

19 Minori stranieri, sono quasi 700mila Ammontano a circa 660 mila i minori stranieri regolarmente residenti in Italia, pari al 22,7% del totale degli stranieri residenti, quasi 80 mila in più rispetto all'anno precedente. Un incremento che, per oltre la metà, è stato determinato dalle nascite in Italia da genitori entrambi stranieri, mentre la parte rimanente è costituita dai minori giunti in Italia per ricongiungimento.

20 Card. Martino: l'esigenza di futuro non è mai reato "L'esigenza di futuro non è mai clandestina e non è mai reato", secondo il cardinale Renato Raffaele Martino, che, affrontando il tema dell'immigrazione, avverte che "non c'è sicurezza senza accoglienza e senza integrazione".

20 Consiglio d'Europa condanna l'Italia: razzismo e xenofobia fra politici e giornalisti Dura condanna nei confronti dell'Italia dalla commissione del Consiglio d'Europa contro il razzismo e la xenofobia (Ecri). La commissione ha discusso della situazione italiana in una seduta plenaria nel corso della quale è stata espressa 'forte preoccupazionè.

23 Imprese: boom di imprenditrici immigrate Unioncamere: imprese guidate da extracomunitarie a quota 32.000 unità, impennata del 73% negli ultimi quattro anni fino al 2007. Le immigrate che arrivano in Italia non finiscono per fare solo le badanti, le colf o le infermiere. Molte fanno strada anche come imprenditrici, soprattutto tra chi arriva da paesi extracomunitari.

24 Immigrati, permesso a uno su 100 Una montagna di pratiche ferme. Settecentomila domande in attesa di una risposta. Sono quelle di chi aspetta da mesi di mettere in regola un immigrato. È la gara del decreto flussi, ma la chiamano "lotteria delle quote": finora, solo uno su cento ce l'ha fatta. La corsa a un posto da regolare coinvolge ogni anno migliaia di immigrati invisibili.

26 Regione Lazio: approvata legge sull'immigrazione La nuova legge mira a favorire la partecipazione alla vita civile e l’accesso ai pubblici servizi per gli immigrati che risiedono o sono domiciliati stabilmente nel Lazio.Interviene su casa, lavoro, studio, assistenza sociale e sanitaria, con uno stanziamento di 2,5 milioni di euro.

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26 “Mini-sanatoria” per le badanti: i ministri smentiscono le indiscrezioni del Corriere della Sera Maroni e Sacconi assicurano che nessuna proposta in questo senso è stata esplicitata dai ministri. Il governo ha allo studio un provvedimento "salva-badanti" con un testo concordato dai ministri del Welfare Maurizio Sacconi e delle Pari opportunità Mara Carfagna. Secondo indiscrezioni, potrà ottenere il permesso di soggiorno soltanto l'immigrato che assiste persone con più di 70 anni o non autosufficienti perché colpite da handicap mentre restano escluse le baby sitter e gli stranieri che svolgono altre attività di collaborazione familiare.

26 Maroni: impronte a minori Rom, No a sanatoria badanti Impronte anche per i minori nei campi rom, perdita della ’’patria potestà’’ per quei genitori che spingono i loro figli all’accattonaggio. No all’ipotesi di una sorta di ’sanatoria’ per le badanti che accudiscono gli anziani. Lo ha detto questo pomeriggio il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, illustrando alla Commissione affari costituzionali della Camera le linee programmatiche del suo dicastero.

29 Duro attacco dei vescovi: impronte digitali per bambini Rom è misura discriminatoria e xenofoba Dura condanna della Cei alla richiesta del ministro Roberto Maroni di prelevare le impronte digitali ai bambini rom. Il rischio è che l'adozione di misure severe abbia come diretto bersaglio solo alcune categorie come gli immigrati e i Rom che diventano facile capro espiatorio dei mali e dissesti della nostra società che hanno ben piú profonde radici.

29 Ricongiungimento familiare: Camera e Senato approvano il parere sullo schema del decreto legislativo relativo al ricongiungimento familiare e propongono ulteriori restrizioni. Nel parere della Camera, polizza sanitaria obbligatoria, prolungamento dei termini dell’istruttoria a sei mesi, innalzamento del reddito, adozione di misure per evitare la poligamia.

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LUGLIO – AGOSTO

Durante l’estate l’attenzione nei confronti degli immigrati ripercorre linee direttrici già tracciate nei mesi precedenti. Ancora protagonisti delle pagine dei giornali i minori rom: infatti il ministro Maroni era stato protagonista, in precedenza, di discussioni e opposizioni da parte dell’opinione pubblica per la sua proposta di prendere le impronte ai bambini rom. Opposizioni che proseguono: il 1 luglio un forte attacco arriva da Famiglia cristiana, il settimanale cattolico, non solo alla proposta di Maroni, ma soprattutto ai ministri cattolici del Governo che, alla prima prova, si legge nelle pagine del giornale "escono bocciati, senza appello. Per loro la dignità dell'uomo vale zero. Nessuno che abbia alzato il dito a contrastare Maroni e l'indecente proposta razzista di prendere le impronte digitali ai bambini rom". Mentre il 10 luglio, il Parlamento europeo ritiene "inammissibile la violazione dei diritti fondamentali dei bambini e la loro criminalizzazione". La raccolta delle impronte digitali dei rom «costituirebbe chiaramente un atto di discriminazione diretta fondata sulla razza e l’origine etnica, vietato dall’articolo 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo". Il 18 luglio da Bruxelles arriva una notizia in controtendenza con l’opinione pubblica del momento: un progetto di ricerca della Commissione Europea che si occupa di questioni etiche legate alla biometria e all'identificazione personale, l'Hide, afferma in una nota: sono "circa cinquantuno milioni i bambini non registrati alla nascita in tutto il mondo, un cifra la cui dimensione si può apprezzare meglio sapendo che costituisce il 41% di tutte le nascite che avvengono ogni anno nel mondo". Il sistema tradizionale per assicurare un'identità civile alle persone, quello basato sulla registrazione alla nascita e sull'anagrafe, non funziona più in quasi due terzi del mondo: "La scienza può rispondere a questa sfida affiancando i sistemi tradizionali con le nuove tecnologie biometriche. Le impronte digitali, quindi, sarebbero un buon mezzo di identificazione prima che di sorveglianza. Sempre in tema di minori il 28 agosto, quando si avvicina l’inizio del nuovo anno scolastico, il ministero della Pubblica istruzione, secondo una previsione di cui dà notizia fra gli altri l’Agenzia Ansa, stima una presenza fra i banchi di 614 mila ragazzi con cittadinanza non italiana. Le classi stanno diventando sempre più “a colori”: nell’anno scolastico 2007/08 gli alunni con cittadinanza non italiana presenti nelle scuole italiane sono stati oltre 574mila, il 6,4% del totale degli alunni. Complessivamente, le scuole primarie e secondarie di primo grado accolgono il maggior numero di allievi con cittadinanza non italiana. Nonostante la scuola dell’infanzia non rientri nell’obbligo scolastico, la presenza degli studenti con cittadinanza non italiana rappresenta il 6,7%, mentre vi è una presenza più contenuta nella scuola secondaria di secondo grado, pari al 4,3%. Nella stessa data Il ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini, risponde alle polemiche montate nei mesi precedenti relative al numero massimo di alunni stranieri ammissibili nelle scuole. "La scuola – ha sottolineato la Gelmini - è l'istituzione che può favorire più di altre l'integrazione degli studenti immigrati. Bisogna però "dare la possibilità agli studenti stranieri di fare corsi per conoscere bene la lingua italiana, vero modo per integrarsi". Proprio a proposito di integrazione, il Santo Padre, il 18 agosto durante la preghiera dell'Angelus recitata a Castelgandolfo, si è mostrato preoccupato dalle nuove forme di razzismo che si registrano in diversi paesi del mondo: si tratta - ha detto - di manifestazioni ‘preoccupanti, legate spesso a problemi sociali e economici, che tuttavia mai possono giustificare il disprezzo e la discriminazione razziale’. Dello stesso tema il 1 luglio si occupa il direttore di Caritas Italiana, don Nozza, analizzando i risultati della ricerca sulle condizioni di vita e lavoro degli stranieri a Roma di Caritas di Roma, in

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collaborazione con la provincia. Sono tanti i fattori che emarginano gli stranieri in Italia: la macchinosa burocrazia per il permesso di soggiorno e la cittadinanza, il lavoro nero, il sottoutilizzo rispetto alle qualifiche, l’esposizione al rischio di infortuni, l’abbandono scolastico, il disagio abitativo. A questo la Caritas risponde con quella che don Nozza chiama strategia della solidarietà: “Non si deve pensare l’immigrazione slegandola da accoglienza, solidarietà e giustizia”. Per contro, “contenimento, repressione e misure penali non devono essere proposte come l’essenza della politica migratoria”. Per tutto questo servono risorse. Il direttore di Caritas italiana allora sostiene: “Non ci sembra infondata l’ipotesi emersa nell’ambito dell’associazionismo degli immigrati di far pagare una quota per l’integrazione ai datori di lavoro, come del resto gli stessi immigrati pagano per ottenere il permesso di soggiorno”. I temi dell’integrazione e dell’accoglienza diventano maggiormente significativi nel periodo estivo in cui, complice il bel tempo, si intensificano i ‘Viaggi della speranza”. Il 25 luglio Il Consiglio dei Ministri ha approvato, su proposta del ministro dell'Interno Maroni, l'estensione all'intero territorio nazionale della dichiarazione dello stato di emergenza per il persistente ed eccezionale afflusso di cittadini extracomunitari, al fine di potenziare l'attività di gestione del fenomeno. Lo stato di emergenza era stato proclamato per la prima volta nel 2002 ed era stato prorogato ogni anno fino al 2007, per un breve periodo del 2008 era stato ristretto ad alcune regioni. il 26 luglio, rispetto all’afflusso eccezionale di clandestini lamentato dal ministro, diventa lampante un'altra realtà: il numero degli arrivi via mare può subire qualche modifica, ma sostanzialmente è rimasto invariato almeno dal 2005. L'andamento del flusso risente delle guerre, delle carestie e delle condizioni politiche dei paesi di provenienza. Il bel tempo facilita la traversata dall'Africa, e insieme al numero degli immigrati aumenta anche quello dei minori non accompagnati: a maggio ne sono arrivati 174, a giugno 228 e ben 373 a luglio. Rispetto al totale dei migranti giunti in quel periodo sull'isola (8.954), i minori costituiscono l'8,5%. Tre su quattro di questi bambini (l'82%) sono approdati sull'isola da soli, dopo viaggi spesso al limite della sopportazione, e la maggior parte di loro proviene da Eritrea e Somalia. Le cifre sono state date il 20 agosto dalla stampa e sono quelle dell'organizzazione Save the Children, che da maggio opera all'interno del Centro di prima accoglienza di Lampedusa. Proprio a proposito del succitato Cpa, ormai al collasso, Il 17 luglio il ministro dell’Interno, nel corso suo intervento al question time alla Camera, fornisce i dati. Dall’inizio dell’anno al 30 giugno scorso sono stati registrati a Lampedusa 9.342 sbarchi di immigrati. La struttura del centro di accoglienza può ospitare 381 persone, elevabili fino a 762 in caso di necessità. Attualmente nel centro dell’isola ci sono 1.005 ospiti. È del 6 agosto la notizia della convenzione firmata tra il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell’Interno e l'Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e il contrasto delle malattie della povertà (INMP), per lo svolgimento di prestazioni sanitarie gratuite nelle specialità di dermatologia, infettivologia, ginecologia e per la formazione di operatori sanitari nel centro di primo soccorso e assistenza e presso il poliambulatorio dell'isola di Lampedusa. Il 25 agosto il sindaco di Lampedusa, Bernardino De Rubeis, afferma che i continui sbarchi sull'isola dimostrano che la scelta della linea dura contro l'immigrazione irregolare è quella giusta. Dopo il filo spinato attorno al centro di accoglienza e le ronde di vigilantes, il primo cittadino ha diffidato le forze dell'ordine a ‘trasferire altri immigrati nel centro’, minacciando ‘denunce per attentato alla pubblica sicurezza’ verso chi non rispetterà la sua decisione. Al primo cittadino replica Laura Boldrini, portavoce dell'Alto Commissariato per i Rifugiati dell'Onu. ‘Circa la destinazione delle persone soccorse, - spiega - specialmente quando si tratta di richiedenti asilo - è necessario che vengano fatte sbarcare in un porto sicuro dove possano aver un'adeguata assistenza e accesso a una procedura d'asilo’.

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Il 31 agosto, dopo anni di tensioni e trattative estenuanti, Italia e Libia hanno siglato un Accordo di amicizia e cooperazione, che chiude definitivamente i contenziosi sull'avventura coloniale italiana in Tripolitania e Cirenaica e sancisce la cooperazione tra Roma e Tripoli, soprattutto su energia e contrasto all'immigrazione clandestina. L'Italia verserà alla sua ex colonia 5 miliardi di dollari in vent'anni con finanziamenti annuali di 250 milioni di dollari ed avrà in cambio l'attuazione degli accordi di pattugliamento congiunto delle coste libiche e una maggiore penetrazione delle sue imprese nello sfruttamento del gas e del greggio libico, con l'Eni già al centro delle relazioni petrolifere. Assieme ad un’altra serie di accordi economico-commerciali. Sempre in tema di intese internazionali il 15 luglio viene data notizia della firma del Protocollo d'intesa tra il Ministero del Lavoro, Famiglia e Pari Opportunità della Romania e il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri italiano, il Ministero del Lavoro, Salute e Politiche sociali, le Regioni Piemonte, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Sicilia, Toscana, le Province autonome di Bolzano e Trento. Il progetto è finanziato per la programmazione 2007/2013 con il FSE (Fondo Sociale Europeo), cioè con il fondo comunitario che fornisce il sostegno finanziario a misure in favore de "l'integrazione sociale nel mercato del lavoro al fine di promuovere un livello elevato di occupazione, la parità tra uomini e donne, uno sviluppo duraturo e la coesione economica e sociale". Altro tema di scottante attualità è quello del lavoro nero. Il 15 luglio viene pubblicato il rapporto annuale dell’Inail secondo il quale i lavoratori stranieri assicurati all’Inail nel 2007 sono stati quasi tre milioni (2.985.851), con una crescita del 19,5% rispetto all’anno precedente e del 36,9% rispetto al 2003. L’incremento dell’immigrazione si è riflesso anche sugli infortuni sul lavoro, che risultano in crescita dell’8,7% rispetto all’anno precedente (oltre 140 mila denunce contro le 129 mila del 2006). Sempre l’Inail rileva come i dati sugli infortuni che hanno coinvolto immigrati siano in controtendenza rispetto all’andamento infortunistico generale. La percentuale di infortuni attribuibili a lavoratori stranieri sul totale dei lavoratori ha infatti superato il 15%. In particolare l’aumento è stato considerevole tra i migranti dei paesi dell’Unione europea (quasi il 150% in più), dovuto all’ingresso dal primo gennaio 2007 di Romania e Bulgaria. Per quanto riguarda le denunce di infortuni mortali, quelle degli stranieri rappresentano poco meno del 15% delle denunce complessive. Anche in questo campo però l’entrata della Romania tra i paesi comunitari, che notoriamente detiene il primato per i casi mortali, ha portato la quota dei Paesi dell’Unione a crescere di oltre due volte e mezzo e la quota dei Paesi extracomunitari a diminuire di oltre il 20%. Sempre in tema, il 24 luglio, la stampa riporta la proposta avanzata, nei giorni precedenti a Bruxelles, dal ministro Maroni sul tema del lavoro irregolare degli stranieri, ovvero la confisca dei beni patrimoniali per chi sfrutta gli immigrati irregolari. Tale proposta, illustrata dal responsabile del Vicinale, si affianca e appoggia la proposta fatta dalla Presidenza di turno francese dell'Ue per colpire gli imprenditori che sfruttano gli immigrati irregolari nel territorio dei ventisette, introducendo sanzioni penali e una soglia quantitativa minima di ispezioni del 5% dei settori più esposti. Sul punto l’Unione europea è risultata divisa fra Nord e Sud: i Paesi più interessati al fenomeno dell’immigrazione, Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro e Malta, sostenuti da Belgio, Estonia, Lettonia, Austria, Bulgaria e Romania, sono quasi tutti favorevoli a misure più severe per chi sfrutta gli immigrati irregolari e ad un maggiore controllo delle imprese dei settori più esposti al lavoro nero.

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CRONOLOGIA luglio - agosto 2008

CRONOLOGIA luglio 2008 01 Immigrati fannulloni? Un cliché: lavorano, ma spesso senza contratto

Secondo i risultati della ricerca Caritas di Roma sulle condizioni di vita degli stranieri a Roma il 79,9% lavora, il 12% è disoccupato. Ma per chi lavora, in un sesto dei casi non ci sono tutele. Quasi la metà sono collaboratori delle famiglie. Sempre più spesso gli italiani invocano una “immigrazione buona”, ma secondo i risultati della ricerca “Le condizioni di vita e di lavoro degli immigrati nell’area romana” che viene presentata oggi a Roma da Caritas Italiana e Caritas di Roma, insieme alla provincia, questa esiste già. Non c’è infatti una massa di fannulloni, ci sono invece lavoratori poco tutelati.

01 Famiglia Cristiana: impronte ai bimbi rom? Proposta razzista Il Settimanale cattolico si schiera contro il piano di Maroni: "Indecente". Le reazioni. Un attacco duro, senza appello, che boccia senza mezzi termini l'idea del ministro dell'Interno Roberto Maroni di prendere le impronte ai bambini rom. Le affermazioni di Famiglia Cristiana hanno scatenato una ridda di polemiche.

01 Don Nozza: ''I datori di lavoro paghino per l'integrazione” Il direttore di Caritas Italiana sostiene la proposta di alcune associazioni di immigrati: ''Del resto loro pagano per il permesso di soggiorno”. E boccia ancora il pacchetto sicurezza: "Il lavoro regolare, alloggi, scuola, mediazione culturale, corsi di lingua, pari opportunità: su tutto questo bisogna investire per evitare che la presenza degli immigrati diventi sempre di più una realtà periferica. Lo sostiene il direttore di Caritas Italiana, analizzando i risultati della ricerca sulle condizioni di vita e lavoro degli stranieri a Roma di Caritas italiana e Caritas di Roma, in collaborazione con la provincia

03 Istat: crescita demografica grazie ad immigrati Sfiora quota 60 milioni la popolazione residente in Italia, ma la crescita più che a un maggior arrivo di cicogne è dovuta alla presenza degli immigrati. È quanto conferma l'ultimo bilancio demografico dell'Istat che mostra pure un Sud attraente per gli immigrati ma assai meno per i meridionali che ancora vanno a cercare fortuna in altre zone del Paese.

04 È Israele la nuova meta dei clandestini Consapevoli dei rischi del deserto e del mare, sempre più migranti e richiedenti asilo all’Europa preferiscono lo Stato ebraico. Sono soprattutto sudanesi e eritrei. E il Parlamento sta già preparando una dura legge anti-infiltrazione

08 Libia, UE riveda nuova normativa La Libia ha chiesto oggi all'Unione europea di rivedere le sue nuove regole contro l'immigrazione clandestina, facendo sapere che solleciterà i membri dell'Unione africana a prendere provvedimenti se la Ue non cambierà norme che, secondo il paese nordafricano, trattano gli immigrati africani come criminali.

10 Rom, parlamento europeo: Italia non prenda impronte digitali Il Parlamento europeo ha esortato oggi le autorità italiane ad astenersi dal raccogliere le impronte digitali dei rom. In particolare la risoluzione ritiene "inammissibile la violazione dei diritti fondamentali dei bambini e la loro criminalizzazione".

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10 Cassazione: il capo di una famiglia nomade non può essere incriminato per un reato commesso dai suoi congiunti. Lo sottolinea la Cassazione, annullando con rinvio un'ordinanza della Corte d'appello di Salerno che aveva respinto la domanda di riparazione per ingiusta detenzione presentata da un capo rom, che aveva subito una misura di custodia per un reato commesso dai suoi congiunti (minaccia e tentato suicidio) e che poi era stato assolto per non aver commesso il fatto.

15 Immigrati e morti bianche, più colpiti i romeni: 1 decesso su 4 Stando all’ultimo Rapporto Inail, Marocco, Romania e Albania sono i Paesi che ogni anno pagano il maggior tributo: 40% delle denunce e 47% dei casi mortali. Nel 2007 crescono i lavoratori immigrati assicurati all'Inail: quasi 3 milioni, + 19,5%. A morire sul lavoro sono soprattutto i romeni, ma anche tra i marocchini e gli albanesi le percentuali di infortuni mortali (soprattutto nei cantieri edili) rimangono alte.

15 Tratta : intesa tra Italia e Romania È stato firmato il 9 luglio 2008 a Bucarest il Protocollo d'intesa tra Italia e Romania volto a contrastare il fenomeno della tratta di esseri umani e promuovere l'”integrazione sociale e occupazionale". Il progetto è finanziato per la programmazione 2007/2013 con il FSE (Fondo Sociale Europeo), cioè con il fondo comunitario che fornisce il sostegno finanziario a misure volte a favorire "l'integrazione sociale nel mercato del lavoro al fine di promuovere un livello elevato di occupazione, la parità tra uomini e donne, uno sviluppo duraturo e la coesione economica e sociale".

16 Rapporto Cnel: grazie ad immigrati diminuisce tasso disoccupazione Se l'occupazione aumenta, è soprattutto grazie alla presenza di immigrati: le nuove regolarizzazioni hanno infatti creato 250 mila posti di lavoro in più, e ciò ha fatto chiudere il bilancio 2007-2008 in positivo. Secondo quanto emerge dall'ultimo Rapporto Cnel, il trend è confermato anche dalla stabilità, tra un anno e l'altro, del rapporto tra lavoratori e popolazione attiva.

16 Linea antiviolenza: 3600 chiamate Primo semestre di attività del numero verde in arabo attivato da Acmid-Donna. Sono 3652 le chiamate giunte nel primo semestre di attività del primo Numero Verde antiviolenza “Mai più sola!” (800 911 753) in lingua araba per donne immigrate di cultura islamica vittime di violenza.

17 Immigrazione clandestina a Lampedusa. Maroni: «Solo sulla base di accordi bilaterali è possibile risolvere il problema» Il ministro dell’Interno al question time alla Camera fornisce i dati degli sbarchi sull’isola. Dall’inizio dell’anno al 30 giugno scorso sono stati registrati a Lampedusa 9.342 sbarchi di immigrati. La struttura del centro di accoglienza può ospitare 381 persone, elevabili fino a 762 in caso di necessità. Attualmente nel centro dell’isola ci sono 1.005 ospiti. Il problema del flusso illegale di cittadini extracomunitari nel Mediterraneo potrà essere risolto, secondo Maroni, solo con la stipula di accordi bilaterali e con il rafforzamento di Frontex, il piano di pattugliamento europeo delle acque del Mediterraneo.

17 Prosegue l’attività del progetto ‘Praesidium III’: firmate nuove convenzioni per rinforzare il sistema di ricezione dei migranti Co-finanziato dal Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione e dalla Commissione europea, il progetto ‘Praesidium III’ prosegue con la sottoscrizione di altre convenzioni con l’obiettivo di migliorare le capacità di accoglienza dei flussi migratori che interessano le località di frontiera sulle coste italiane. Il primo luglio,

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infatti, sono state firmate convenzioni con la Croce Rossa Italiana (CRI), l’Alto Commissariato della Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e Save the Children.

18 Presentato il programma del Fondo Europeo per i cittadini dei Paesi Terzi Presentata ieri, nel corso della riunione del Gruppo Tecnico di lavoro previsto dall'art. 2 bis del Testo Unico sull'immigrazione, la programmazione italiana per l'anno 2008 del Fondo Europeo per l'Integrazione di cittadini di Paesi Terzi. L'obiettivo è sostenere lo sforzo degli Stati membri per soddisfare le condizioni di soggiorno di cittadini che giungono in Europa legalmente.

18 Commissione europea: le impronte digitali potrebbero salvare milioni di bambini Impronte digitali come mezzo di identificazione prima che di sorveglianza: questa è la conclusione a cui è giunto il progetto di ricerca della Commissione Europea che si occupa di questioni etiche legate alla biometria e all'identificazione personale, l'Hide, che afferma in una nota: sono "circa cinquantuno milioni i bambini non registrati alla nascita in tutto il mondo, un cifra la cui dimensione si può apprezzare meglio sapendo che costituisce il 41% di tutte le nascite che avvengono ogni anno nel mondo".

21 Rifugiati e migranti: l’Ordine dei giornalisti approva la ‘Carta di Roma’ La “Carta di Roma” entra a pieno titolo tra gli strumenti di lavoro del giornalismo italiano. Il documento, condiviso all’unanimità dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, è un “Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti”. Sarà istituito anche un Osservatorio indipendente per monitorare l’informazione su fenomeni dell’immigrazione.

23 Maroni: cittadinanza italiana per Rom 'orfani' Cittadinanza italiana ai bambini dei campi nomadi senza genitori certi. La proposta del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, avanzata per la prima volta mercoledi' scorso nella sede dell'Unicef, è stata ribadita oggi a Milano dal titolare del Viminale.

24 Riunione del GAI per definire un sistema comune europeo di contrasto al lavoro nero A Bruxelles, nel corso della riunione del Consiglio Giustizia e Affari Interni (Gai) dell’Unione Europea, il ministro Maroni propone la confisca dei beni patrimoniali per chi sfrutta gli immigrati irregolari facendoli lavorare in nero.

24 Immigrati: più attenzione a famiglie e richiedenti asilo Caritas Italiana, Fondazione Migrantes, Acli, Comunità di S.Egidio e Centro Astalli chiedono di rivedere le norme sui ricongiungimenti familiari e sull’asilo. Dopo le forti perplessità già espresse in occasione della presentazione del cosiddetto pacchetto sicurezza, si torna a chiedere di rivedere l’impostazione generale di queste previsioni in modo da garantire l’unità della famiglia anche in migrazione, spesso fondamentale anche in termini di sicurezza.

25 Sei un anziano immigrato? Niente assegno sociale Un emendamento alla manovra triennale nega a tutti gli effetti l’assegno sociale agli immigrati. La denuncia è del responsabile dell’ufficio per le Politiche dell’Immigrazione della Cgil Nazionale, Pietro Soldini.

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25 L’Ue divisa su sanzioni a chi impiega immigrati clandestini L’Unione europea è divisa sulla proposta della presidenza di turno francese dell’Unione europea di imporre una soglia minima di ispezioni nelle aziende e di sanzionare penalmente chi sfrutta gli immigrati clandestini. La Germania e diversi Paesi del fronte nord-orientale dell’Unione europea hanno detto no alla proposta avanzata dalla Francia di Nicolas Sarkozy, che dallo scorso primo luglio ha preso il testimone dalla Slovenia alla guida dell’Ue.

26 Estesa all'intero territorio nazionale la dichiarazione dello stato di emergenza-sbarchi Il provvedimento del governo consentirà, ha spiegato il Capo Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione Morcone, «l'adozione di procedure accelerate per la gestione dei nuovi centri di accoglienza».

28 «Sbarchi raddoppiati» Ma le cifre dicono altro Se davvero ci sia o meno un afflusso eccezionale di clandestini sulle coste italiane, lo si capisce dalla cifre. Dati lampanti, secondo il ministro degli interni Roberto Maroni, che ieri ha perciò prorogato per la sesta volta lo stato d'emergenza proclamato nel 2002 e lo ha esteso di nuovo (dopo un breve periodo in cui era stato ristretto solo ad alcune regioni) a tutto il territorio nazionale: «Nel primo semestre del 2008 gli sbarchi di clandestini sono raddoppiati rispetto allo stesso periodo dello scorso anno - ha puntualizzato Maroni: sono state infatti 10.611 le persone arrivate a Lampedusa, contro le 5.378 dello scorso anno».

29 Rischia la chiusura centro per la salute di immigrati e precari Nei corridoi, in attesa di essere visitati, ci sono donne immigrate, tanti bambini, qualche clochard. E poi, a sorpresa, anche giovani italiani: sono i nuovi precari - quelli finiti sotto i riflettori in questi giorni per la norma del governo che ne impedirebbe l'assunzione - in primo luogo i lavoratori dei call-center a poche centinaia di euro al mese. Sono tutti pazienti dello storico Istituto San Gallicano, nel cuore di Roma, e del suo direttore Aldo Morrone. Ma dal prossimo ottobre potrebbero rimanere 'orfani': il governo ha infatti cancellato i fondi previsti e le attività dell'Istituto potranno proseguire ancora per poco.

30 Sicurezza: militari in città; ecco dove andranno Mille in pattuglie miste insieme alle forze dell'ordine, mille in servizi di vigilanza agli obiettivi fissi e mille a protezione dei Centri per immigrati (Cie-Centro identificazione ed espulsione, Cara-Centro accoglienza per richiedenti asilo, Cda/Cpa-Centro di accoglienza/Centro prima accoglienza, Cspa-Centro di soccorso e prima accoglienza). Questa la distribuzione dei 3.000 militari - un terzo dei quali andrà a Roma - che contribuiranno al controllo del territorio come previsto dal decreto siglato oggi dal ministro dell'Interno, Roberto Maroni, di concerto con quello della Difesa, Ignazio La Russa.

30 Accordo Libia-Malta per lotta a clandestini La Libia e Malta hanno firmato oggi a Tripoli un accordo di cooperazione per combattere l'immigrazione clandestina. È quanto riporta l'agenzia di stampa libica Jana. Il presidente maltese Eddie Fenech, in visita a Tripoli, ha siglato l'intesa con il primo ministro libico Baghadadi Mahmoudi, assieme ad altri accordi su sanità e tariffe doganali. L'immigrazione clandestina che ha origine dalle coste africane (in particolare dalla Libia) è un grande problema per Malta, un'isola di 316 km2 abitata da 400.000 persone.

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31 Possono transitare in area Schengen i cittadini in attesa di regolarizzare il permesso di soggiorno Come ogni anno, la direzione centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle frontiere ha previsto una serie di facilitazioni temporanee per il transito dei cittadini stranieri regolarmente presenti sul territorio nazionale, concesse dal Consiglio e dalla Commissione europea. Possono usufruirne i cittadini che hanno presentato richiesta di rinnovo del titolo di soggiorno o che hanno presentato istanza di primo rilascio per motivi di lavoro o per ricongiungimento familiare.

CRONOLOGIA agosto 2008 01 Corte Costituzionale: sì a indennità accompagnamento per immigrati regolari

È illegittima la norma che nega l'indennità di accompagnamento allo straniero, stabilmente e regolarmente in Italia, che non ha carta di soggiorno perchè le sue condizioni di salute lo rendono totalmente inidoneo al lavoro e gli impediscono di produrre un reddito sufficiente per mantenere se stesso e i suoi familiari. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale accogliendo l'eccezione sollevata dal tribunale di Brescia in merito alla controversia tra una cittadina albanese, l'Inps e il ministero delle Finanze.

01 In Marocco guerra per accaparrarsi rimesse Se in alcuni Stati europei l'emigrazione viene spesso percepita come un problema sociale e di ordine pubblico, in un Paese come il Marocco i circa tre milioni di emigrati rappresentano una risorsa fondamentale per l'economia dello Stato. Una incontestabile forza economica, come emerge dai dati elaborati dall'Ufficio dei cambi, secondo cui nel 2007 le rimesse dei cittadini residenti all'estero sono cresciute del 15,2 per cento in più rispetto all'anno precedente, raggiungendo così quota 5 miliardi di euro. Di questi, due miliardi (42 per cento del totale dei trasferimenti dall'estero) provengono dalla più consistente comunità marocchina all'estero, quella residente in Francia. Seguono Spagna e Italia da cui giungono rispettivamente trasferimenti del 15,3 per cento e del 12,2 per cento.

01 Immigrazione: cosa prevedono i 3 decreti inviati a Ue Una stretta sui ricongiungimenti familiari, con l'introduzione anche del test del dna per determinare la parentela; l'allontanamento per chi non ha un reddito sufficiente; restrizioni per i richiedenti asilo. È quanto prevedono i tre decreti legislativi proposti dal ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ed inviati alla Commissione europea per un parere prima della definitiva approvazione.

02 Immigrati sbandati e criminali? Una ricerca Caritas dimostra il contrario Un lavoro da tenersi stretto, l’affitto o il mutuo da pagare, certo non ricchi ma autosufficienti per quanto si può, con l’esigenza di risparmiare e qualche serata fuori con gli amici: cozza decisamente con il luogo comune di sbandati e criminali l’immagine che emerge da una ricerca sugli immigrati che vivono e lavorano a Roma, promossa dalla Caritas diocesana, che rivela invece quanto gli immigrati romani aspirino e tendano a un crescente livello di inclusione.

05 Approvati dal Consiglio dei Ministri i decreti legislativi in materia di status di rifugiato, ricongiungimento familiare e libera circolazione dei cittadini dell'Ue Sono stati approvati oggi dal Consiglio dei Ministri i testi dei tre decreti legislativi in materia di immigrazione contenuti nel 'pacchetto sicurezza’, che vertono su riconoscimento e revoca dello status di rifugiato, sul diritto al ricongiungimento familiare e sul diritto dei cittadini dell'Unione europea e dei loro familiari di circolare e

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soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri. 05 Alemanno: barriere di cemento al campo nomadi Casilino ’900

Una barriera di cemento chiude la strada che porta al campo nomadi Casilino ’900, il più grande d’Europa, con una presenza di residenti che oscilla tra i 600 e gli 800, a seconda dei periodi. La decisione è stata presa dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno, dopo le proteste per la costruzione da parte dei rom di una casa di legno.

06 12.500 arrivi dall’inizio dell’anno a Lampedusa Dall’inizio del 2008 si sono avuti 290 sbarchi nello specchio di mare di Lampedusa e un totale di 12.500 immigrati approdati sull’isola. Solo nelle ultime settimane gli arrivi sull’isola sono stati 3mila. È quanto riferisce la Guardia di finanza nel corso della presentazione della sala di controllo operativa del gruppo aeronavale delle Fiamme gialle a Lampedusa.

06 Una task force medica al Centro di accoglienza di Lampedusa Grazie ad una convenzione firmata dal Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, saranno effettuati screeening a favore dei migranti ma anche della cittadinanza e dei soggiornanti nell'isola. Dalla prossima settimana sarà operativa a Lampedusa una task force medica che collaborerà con il presidio sanitario già presente all’interno del Centro di primo soccorso e assistenza per immigrati e con il poliambulatorio dell’isola.

08 Aids: in Italia primo identikit degli immigrati a rischio Uomini, soli e arrivati in Italia da meno di un anno: sono questi i principali fattori che espongono gli immigrati al rischio di contrarre il virus Hiv. Questo, identikit, il primo mai prodotto in Italia, è il risultato del primo anno di attività dello studio Prisma (Progetti di intervento per una strategia modulare Aids: stranieri), presentato nella conferenza mondiale sull'Aids di Città del Messico. La ricerca è stata condotta dall'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Iom) e finanziata dal ministero del Welfare attraverso il dipartimento per la Prevenzione.

09 Tratta e prostituzione: "Se associazioni e polizia collaborano, ottimi risultati" "Altro che multe, là dove associazioni e forze dell'ordine lavorano in sinergia, si sono fatti miracoli. Gli strumenti per combattere la tratta ci sono". Non ha dubbi Marco Bufo, coordinatore generale del progetto "Osservatorio Tratta", un'iniziativa che nasce su impulso europeo - Progetto Equal - e che tramite la onlus On the road rende operativo sul territorio italiano L'Osservatorio e Centro Risorse sul Traffico di Esseri Umani.

18 Papa: preoccupato per nuovi razzismi, necessaria più accoglienza Duro monito del Papa contro le nuove forme di razzismo che si registrano in diversi paesi del mondo: si tratta - ha detto prima della preghiera dell'Angelus recitata a Castelgandolfo - di manifestazioni 'preoccupanti, legate spesso a problemi sociali e economici, che tuttavia mai possono giustificare il disprezzo e la discriminazione razziale’.

19 La buona condotta può valere il permesso di soggiorno Ha diritto a ottenere il permesso di soggiorno in Italia l'immigrato che, seppure abbia commesso un reato, abbia patteggiato una pena non superiore ai due anni e nei successivi cinque anni non sia tornato a delinquere. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato che, con una recente sentenza (n.3902), ha accolto il ricorso di un cittadino albanese contro la sentenza del Tar della Lombardia che aveva confermato la revoca del permesso di soggiorno e il decreto prefettizio di espulsione dal territorio nazionale.

20 Lampedusa, lo sbarco dei bambini soli Sono 775 i minori giunti a Lampedusa da maggio a luglio sulle "carrette del mare". Tre

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su quattro di questi bambini (l'82%) sono approdati sull'isola da soli, dopo viaggi spesso al limite della sopportazione, e la maggior parte di loro proviene da Eritrea e Somalia. Le cifre sono dell'organizzazione Save the Children, che da maggio opera all'interno del Centro di prima accoglienza di Lampedusa.

20 Campi nomadi: un bambino su cinque non va scuola Mentre prosegue il censimento nei campi nomadi della Capitale, dalle schede della Croce Rossa risulta che un bambino su cinque tra quelli intervistati finora non va a scuola o si è sottoposto a tutti i vaccini obbligatori. Il primo bilancio, a trenta giorni dalla partenza dell’operazione, è stato tracciato ieri dal presidente della Croce Rossa Italiana Massimo Barra.

25 Unioncamere: i cinesi i migliori imprenditori extracomunitari Cina sugli scudi non solo nelle sfide olimpiche di Pechino, ma anche nella gara tra gli imprenditori immigrati che operano in Italia per numero di settori presidiati: sono loro, infatti a primeggiare in 6 su 20 dei principali settori economici in cui, nel nostro Paese, risultano operanti imprenditori immigrati. Alla fine di giugno, informa Unioncamere, il Registro delle imprese delle Camere di Commercio contempla 234.175 imprese individuali con titolare immigrato da paesi non Ue, l'84,3% in più rispetto al dato rilevato a giugno del 2003.

25 Tratta: 2,5 milioni di € per chi aiuta le vittime Come ogni anno, il dipartimento per le Pari Opportunità è pronto a finanziare interventi in favore delle vittime dei trafficanti di uomini e di altri sfruttatori. Ora tocca a Regioni, enti locali e privati farsi avanti con le loro proposte. I progetti, spiega il bando, potranno riguardare le “vittime dei reati di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, di tratta di persone a scopo di sfruttamento sessuale, lavorativo e accattonaggio”.

26 Terminato censimento nei campi nomadi Sono 1.180 i nomadi che vivono nei 12 campi autorizzati di Milano, di questi oltre la metà sono italiani: la polizia locale e le forze dell'ordine hanno terminato venerdì il censimento richiesto dal prefetto Gian Valerio Lombardi che è stato nominato commissario straordinario per l'emergenza nomadi. In tutto sono 581 gli italiani che vivono nei campi regolari, 413 i romeni, 84 i kossovari, 70 i macedoni e 32 i bosniaci.

26 Civili nuovamente in fuga in Georgia L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) chiede a tutte le parti coinvolte nel conflitto in Ossezia del Sud di fare del loro meglio affinché ogni nuovo focolaio di violenza, che potrebbe costringere nuovamente i civili a fuggire, venga contenuto. L’UNHCR esprime preoccupazione riguardo alle notizie di nuovi movimenti forzati di popolazione causati da milizie armate impegnate in razzie a nord della città georgiana di Gori, vicino alla linea di confine con la regione autonomista dell’Ossezia del Sud.

27 Alunni stranieri. Gelmini: "Non servono tetti" No alle quote per limitare la concentrazione di studenti stranieri nelle aule delle nostre scuole. Il ministro dell’Istruzione Maristella Gelmini boccia la proposta avanzata anche dall’assessore all’istruzione del Veneto

28 Classi a colori nelle scuole italiane Si avvicina l’inizio del nuovo anno scolastico e anche le classi italiane, come quelle di molti altri Paesi meta di immigrazione, si confermano “classi a colori”. Il ministero della Pubblica istruzione, secondo una previsione di cui dà notizia fra gli altri l’Agenzia Ansa, stima una presenza fra i banchi di 614 mila ragazzi con cittadinanza non italiana.

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28 Torino: Alleanza nazionale contro i libri di grammatica a misura di immigrato Agostino Ghiglia, parlamentare di An e presidente provinciale del partito a Torino, si scaglia contro l'iniziativa del Comune amministrato da Sergio Chiamparino di mettere a disposizione degli studenti stranieri una grammatica costruita sulle esigenze di chi non è italiano.

29 Protestanti: "No al reato di clandestinità Il Sinodo delle Chiese Valdesi e metodiste riunite a Torre Pellice (TO), in un ordine del giorno votato ieri, ha espresso forte preoccupazione nei confronti del ‘pacchetto sicurezza’: “Vogliamo affermare con forza che migrare non è un crimine, il Governo e il Parlamento del nostro Paese, che ha una tradizione di emigrazione non lontana nel tempo, sappiano rispettare i principi di solidarietà e di tutela dei più deboli già sanciti nella nostra Costituzione".

30 Le banche gongolano: il 70% degli imprenditori stranieri sono clienti Le imprese di migranti sono raddoppiate in cinque anni e ben sette imprenditori immigrati su dieci sono clienti delle banche. Si tratta dei dati del focus sull'Imprenditoria immigrata e le banche, condotto nell'ambito della ricerca Abi-Cespi, su un campione rappresentativo di 1.324 migranti di dieci diverse nazionalità, in cinque aree urbane italiane. Secondo i dati dell'Unioncamere, negli ultimi 5 anni le imprese individuali gestite e controllate da immigrati sono più che raddoppiate, passando da circa 100 mila nel 2001 a quasi 230 mila nel 2006.

31 Vescovi americani contro leggi sull'immigrazione: rigidità porta a clandestinità Norme troppo rigide sull'immigrazione, che di fatto puntano a blindare le frontiere, favoriscono l'immigrazione clandestina, creano una 'situazione immorale’, e vanno perciò riviste: è l'invito fatto dai vescovi americani ai candidati alla Casa Bianca. 'Il sistema legislativo americano è inadatto per affrontare il fenomeno’, ha scritto il direttore dell'Ufficio per la politica migratoria della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, Kevin Appleby, in un articolo apparso ieri sulla stampa americana e riportato oggi dalla Radio vaticana.

31 Ratzinger: l'Europa accolga gli immigrati irregolari I Paesi europei sviluppino strutture di aiuto e accoglienza degli immigrati irregolari. È quanto ha detto il Papa questa mattina, nel corso dell'Angelus recitato a Castel Gandolfo, ricordando le recenti tragedie dell'immigrazione nella traversata del Mediterraneo.

31 Accordo Libia-Italia: cinque miliardi per limitare i viaggi della speranza Italia e Libia hanno siglato ieri a Bengasi un Accordo di amicizia e cooperazione 'di portata storica’, come ha subito commentato il premier Silvio Berlusconi, che chiude definitivamente i contenziosi sull'avventura coloniale italiana in Tripolitania e Cirenaica e spalanca nuovi orizzonti di cooperazione tra Roma e Tripoli, soprattutto su energia e contrasto all'immigrazione clandestina.

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SETTEMBRE

Il mese di settembre è dominato dalla discussione suscitata dall’approvazione, il 12 settembre, da parte del Consiglio dei ministri del disegno di legge proposto dal ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna, “Misure contro la prostituzione” che prevede per la prima volta come reato l’esercizio della prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico, anche al fine di meglio contrastarne lo sfruttamento da parte di organizzazioni criminali. Le misure sanzionatorie sono le medesime anche per chi si avvale (ovvero contratta) tali prestazioni. Le pene previste sono l'arresto da cinque a quindici giorni e l'ammenda da 200 a 3 mila euro per "chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico, esercita la prostituzione o invita ad avvalersene" (art.1). Nuove e più rigorose sanzioni sono introdotte per contrastare la prostituzione di minori di diciott’anni, sia con riferimento all’induzione che al favoreggiamento, allo sfruttamento, alla gestione, organizzazione e controllo di questa fattispecie particolarmente odiosa di prostituzione. Se si tratta di soggetto di nazionalità extracomunitaria, il minore che eserciti la prostituzione sul territorio dello Stato verrà rimpatriato in forma assistita, con adeguate forme di tutela della sua integrità psicologica, finalizzate anche al reinserimento sociale nel suo Paese. Nel caso dei minori è prevista la reclusione da sei a dodici anni e una multa da 15 mila a 150 mila euro per "chi recluta o induce alla prostituzione minori o chi trae profitto, anche nelle norme del favoreggiamento, sfruttamento, gestione, organizzazione o controllo, dalla prostituzione di minori" (art.2). È questo, in sintesi, il contenuto del ddl Carfagna che modifica a distanza di 50 anni la legge Merlin. "Con l'introduzione del reato di prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico - spiega la relazione tecnica allegata al decreto - si mira ad eliminare la prostituzione di strada, come fenomeno di grave allarme sociale e contemporaneamente a contrastare lo sfruttamento della stessa, in quanto è soprattutto in luogo pubblico che si perpetrano le più gravi fattispecie criminose finalizzate allo sfruttamento sessuale". Numerose le reazioni da parte delle associazioni di settore, secondo le quali il disegno di legge mira solo a colpire gli aspetti visibili del fenomeno senza porre dovuta attenzione alla protezione delle vittime. Il d.d.l. Carfagna si inserisce, inoltre, nel quadro delle ordinanze anti–prostituzione adottate da varie città italiane, tra cui Roma. Un vademecum in più lingue per rispondere alla confusione e alla preoccupazione che si sono diffuse sulle strade in seguito alle ordinanze anti-prostituzione dei sindaci italiani è stato proposto il 25 settembre da un gruppo di diciannove organizzazioni attive nell’ambito della prostituzione e della tratta (tra cui Cnca, Gruppo Abele, Save the Children, On the Road), che nei giorni scorsi ha aspramente criticato il ddl Carfagna. Anche secondo una comunicazione di Save the Children del 12 settembre “Destano forte preoccupazione le misure previste nel disegno di legge sulla prostituzione, che potrebbero avere degli effetti negativi sulla possibilità di garantire adeguata tutela e assistenza ai minori stranieri, con particolare riferimento a quelli coinvolti nella prostituzione, tra i quali vi sono anche vittime di tratta e sfruttamento”. A pochi giorni dall’ordinanza antiprostituzione del sindaco di Roma, il Parsec, una delle organizzazioni che gestisce il servizio di unità di strada del progetto Roxanne, promosso dal Comune capitolino, il 25 settembre fa un primo bilancio dell’attività dei propri operatori: la prostituzione in strada si è ridotta al minimo e, comunque, le poche ragazze presenti non sono più vestite in modo succinto. L’associazione però lancia un allarme: lo sfruttamento continua al chiuso, ove le ragazze potrebbero essere ridotte alla schiavitù h24. Molte ragazze

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poi potrebbero essersi adeguate solo temporaneamente, spostando l’area abituale di permanenza in attesa di una diminuzione dell’attenzione sul problema. Anche a Firenze, dove non è in vigore un’ordinanza comunale bensì un nuovo regolamento della polizia municipale, approvato alla fine dello scorso luglio, le strade cominciano a svuotarsi e le donne che si prostituiscono hanno iniziato a ritardare la loro presenza in strada di qualche ora, spostando la loro attività nel cuore della notte e in luoghi ancora più insicuri per la loro stessa incolumità. A raccontare i nuovi scenari della prostituzione nel capoluogo fiorentino il 25 settembre è Serena Mordini, che coordina il servizio unità di strada per il progetto Cip (Collegamento Intervento Prostituzione e Tratta) del Comune di Firenze. Nel frattempo, secondo l’OIM, si sta verificando un incremento di sbarchi al femminile (oltre 2.400 nel 2008 contro i 650 dello stesso periodo del 2007) sulle coste italiane, con una netta prevalenza di nigeriane (1.128 fino al 15 settembre, erano 166 nel 2007). Un dato che fa scattare l'allarme tratta. Roberto Maroni, ministro dell’Interno, al termine del Consiglio dei ministri del 24 settembre presenta le numerose decisioni prese dal governo: cinquecento militari nella zona del casertano, dieci nuovi centri accoglienza per immigrati, due nuovi decreti legislativi in materia di asilo e di ricongiungimenti familiari. Il ministro dell’Interno conta poi sull’accordo con la Libia, come anche il Ministro Frattini: “Entro breve ci sarà il via libera delle autorità libiche all'attuazione degli accordi tra Italia e Libia, e questo consentirà di porre fine agli sbarchi di clandestini a Lampedusa”. Ma il Partito Radicale e l’associazione Nessuno tocchi Caino il 18 settembre hanno presentato il dossier 'I Diritti Umani secondo Gheddafi. Con chi l'Italia ha stretto un Trattato di amicizia, partenariato e cooperazionè, in cui denunciano i tratti più repressivi del regime libico. In questo clima già caldo fa poi discutere la proposta della Lega su una stretta alla costruzione di moschee in Italia, annunciata dalla stampa l’11 settembre. Nessuna costruzione a meno di un chilometro da una chiesa, via libera solo dopo referendum locale, imam di lingua italiana e iscritti a un apposito albo, nomi dei finanziatori italiani ed esteri, passaggio di ogni competenza dallo Stato alle Regioni, rifiuto esplicito della poligamia, divieto di scuole coraniche e minareti. Anche la Chiesa a mezzo del cardinale Angelo Bagnasco, il 23 settembre alla Cei, invita a 'Non sottovalutare le violenze e i 'segnali di contrapposizione’ collegati alla presenza di immigrati in Italia, con riferimento alle immagini degli scontri di Castelvolturno scatenati dalla rabbia di decine di giovani di colore, dopo la mattanza di immigrati probabilmente voluta dalla camorra che imperversa nella zona. Sul fronte dell’intolleranza, è da registrare il 14 settembre la tragedia che ha portato alla morte di un giovane italiano, Abdul William Guibre, 19 anni, originario del Burkina Faso e residente a Cernusco sul Naviglio, aggredito con una spranga, a Milano perché accusato di aver rubato dei dolci. I due uomini, padre e figlio, proprietari del bar dove è avvenuta l’aggressione, sono stati arrestati. Gli atteggiamenti di intolleranza sembrano essere in continua crescita, come rileva anche il direttore della Caritas italiana, mons. Vittorio Nozza, nell'editoriale del numero di settembre di 'Italia Caritas' mensile dell'organizzazione ecclesiale italiana. Vittime di razzismo, xenofobia, provvedimenti legislativi discriminatori sono, più di altri, in questo momento, gli zingari. È quanto ha affermato mons. Agostino Marchetto, Segretario del Pontificio consiglio della pastorale dei migranti e degli itineranti, ai microfoni della Radio Vaticana il 1 settembre. Questo argomento è fortemente avvertito in tutta Europa tanto che il 16 settembre a Bruxelles si svolge il primo Summit europeo sui Rom organizzato dalla Commissione Ue e dalla Presidenza di turno francese dell’Ue con l’obiettivo di trovare la strategia europea all’integrazione della minoranza Rom. La EU Roma Policy Coalition (Erpc) ha chiesto al Summit di vincolarsi a standard e obiettivi comuni che favoriscano il

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raggiungimento di progressi concreti, tali da preparare il terreno per piani d’azione nazionali, che dovrebbero essere sviluppati con l’attiva partecipazione delle comunità rom. L’Erpc ha espresso preoccupazione per la recente risposta della Commissione europea in relazione al "censimento" dei rom in Italia, percependola come un via libera nei confronti delle politiche discriminatorie del governo italiano verso i rom. Nel frattempo in Italia il governo romeno scende in campo per difendere la reputazione dei suoi cittadini che vivono e lavorano in Italia, dato il netto calo di stima registrato, dall’opinione pubblica nei confronti dell’intera comunità. Il 24 settembre è stata presentata a Roma la campagna promossa dal governo della Romania intitolata “Romania, piacere di conoscerti”, che verrà finanziata con 4,2 milioni di euro. L'obiettivo è appunto far conoscere in Italia il popolo romeno e la sua cultura, tradizione, storia, arte. Dai dati del dossier statistico Caritas-Migrantes 2008, illustrati il 25 settembre nel corso della presentazione della campagna di informazione, la presenza dei cittadini romeni garantisce 2,26 mld di euro al Pil italiano, ovvero l'1,26% del Pil. Secondo i dati presentati il 17 settembre da Excelsior 2008, il sistema informativo di Unioncamere e ministero del Lavoro che registra le tendenze del mercato del lavoro, nel 2008 diminuisce il fabbisogno delle imprese di manodopera straniera e, contemporaneamente, aumenta la richiesta di immigrati qualificati. Anche secondo il dato che emerge dal Migration Outlook dell’OCSE presentato l’11 settembre continua l’emigrazione verso i Paesi Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ma a ritmi meno sostenuti che in passato. La stampa l’11 settembre riferisce che entro ottobre il governo dovrebbe approvare il Decreto flussi 2008 per l'ingresso in Italia di lavoratori extracomunitari. Si parla anche per quest'anno di un tetto di 170mila posti disponibili; i tecnici dei ministeri dell'Interno e del Welfare starebbero verificando la possibilità di evitare un nuovo "clic day" recuperando le domande rimaste escluse dal decreto 2007. In Spagna, il ministro spagnolo del lavoro e dell'immigrazione, Celestino Corbacho, ha annunciato di voler sopprimere il reclutamento degli immigrati nei loro Paesi d'origine, per far fronte alla crisi occupazionale, suscitando un'ondata di proteste di sindacati, patronati degli imprenditori, associazioni di stranieri e anche di numerosi partiti, tra cui il Partito Popolare all'opposizione, al punto da provocare il sostanziale dietrofront del governo. Sempre in ambito europeo, il commissario Ue alla Giustizia, Jacques Barrot, ha detto il 23 settembre a Bruxelles di non aver preso ancora alcuna decisione sui tre decreti del pacchetto sicurezza, varati dal governo italiano nel luglio scorso. "Non c’è alcuna decisione presa da parte nostra sui tre decreti, e io non ho notificato nulla all’Italia", ha detto il commissario rispondendo ad alcuni cronisti all’uscita del Parlamento europeo, dopo aver partecipato a un dibattito della Plenaria sul terrorismo. L’affermazione del commissario contraddice quanto il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, aveva dichiarato alla delegazione dell’Europarlamento che si era recata a Roma la settimana scorsa per visitare alcuni campi nomadi. Ed anzi, il 17 settembre, la Commissione ha chiesto al governo di modificare il decreto, per contrasto col diritto comunitario. Sul fronte degli sbarchi, Fortress Europe, l'agenzia di controllo delle frontiere europee contro il fenomeno dell' immigrazione clandestina, ha reso noti i nuovi dati il 1 settembre, secondo cui raddoppiano le vittime dell'immigrazione nel Canale di Sicilia, di pari passo con l'aumento degli arrivi. Nei primi otto mesi dell'anno almeno 578 migranti e richiedenti asilo hanno perso la vita sulle rotte per l'Italia; 179 soltanto nell'ultimo mese di agosto. Le vittime erano state 556 durante l'intero 2007 e 302 nel 2006.

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Gli ultimi settanta immigrati clandestini dispersi nel canale di Sicilia in Agosto senza soccorsi né testimoni a parte i superstiti, donne incinte e bambini presi dalle onde del mare in tempesta senza lasciare traccia né storia, riaccendono in Papa Benedetto XVI il "dovere di Padre comune" di pretendere soluzioni ed "efficaci risposte politiche", come riporta la stampa il 1 settembre. Il capo della Frontex , il finlandese Laitinen ha ammesso che i pattugliamenti 'non stanno rendendo i risultati desiderati', parlando in una intervista pubblicata il 22 settembre dal 'Sunday Times' di Malta. Secondo Laitinen 'la situazione è allarmante e 'più pattugliamenti della Ue nel Mediterraneo hanno fallito l'obiettivo di ridurre l'afflusso di immigrati verso l'Italia, Malta e la Grecia. Gli arrivi a Lampedusa, spiega, sono cresciuti del 190% durante i primi sei mesi del 2008. E anche Malta ha registrato un incremento del 32%. 'Abbiamo più risorse per combattere il fenomeno, ma invece servono ad attirare i barconi dei trafficanti': secondo informazioni raccolte dall'intelligence, i trafficanti impongono gli immigrati di affondare i loro barconi appena sono vicini alle coste di Malta o di Lampedusa, perchè cosi devono essere soccorsi immediatamente dalle motovedette e portati a terra. Ancora il 30 settembre la stampa riporta i numeri relativi agli immigrati: nei primi otto mesi del 2008 sono sbarcati 20.271 migranti contro i 12.419 dello stesso periodo nel 2007. Non solo, rispetto allo scorso anno, sono nettamente aumentati i richiedenti asilo, in particolare somali, a scapito di una sempre minore presenza di marocchini, egiziani e tunisini sulle barche al largo di Lampedusa. E questi richiedenti asilo vanno accolti - lo prevedono le direttive europee sull'asilo recepite all'inizio dell'anno – per il periodo necessario alle dieci Commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato. Ovvero da due a sei mesi, a seconda delle regioni. Per far fronte all'incremento delle richieste d'asilo, negli ultimi mesi il governo ha aperto in tutta Italia 44 nuovi centri di accoglienza, attraverso lo stato di emergenza nazionale proclamato il 25 luglio dal ministro dell'Interno Roberto Maroni Per quanto riguarda i rifugiati, l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, il portoghese Antonio Guterres, ha esortato l’11 settembre gli Stati membri dell'Unione europea a proseguire nei loro sforzi volti a costruire un sistema d'asilo comune coerente ed efficace, parlando ai ministri responsabili per l'asilo e l'immigrazione dei 27 paesi membri presenti a Parigi alla Conferenza ministeriale sull'Asilo convocata dalla Presidenza francese dell'Ue. In merito, la Francia punta a far adottare entro la fine dell’anno, quando scadrà il suo semestre di presidenza dell’Ue, un ‘patto europeo sull’immigrazione e l’asilo’, per arrivare all’applicazione di un regime comune di materia di protezione dei rifugiati politici ’entro il 2010 o al massimo entro il 2012’. Di armonizzazione delle procedure nazionali sull’asilo e di ’solidarietà rafforzata fra i paesi membri’ ha parlato il vicepresidente della Commissione europea, Jacques Barrot. Quella solidarietà europea invocata dal ministro dell’interno, Roberto Maroni, perché ‘non può essere l’Italia e non possono essere i paesi di confine, di frontiera, a sostenere tutti gli oneri, tutti i costi per chi viene e vuole vivere in Europa, non necessariamente in Italia’.

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CRONOLOGIA settembre 2008 01 Il Papa: "Basta stragi, l'Europa accolga gli irregolari"

Quegli ultimi settanta immigrati clandestini persi nel canale di Sicilia quattro giorni fa senza soccorsi né testimoni a parte i superstiti, donne incinte e bambini presi dalle onde del mare in tempesta senza lasciare traccia né storia, riaccendono in Benedetto XVI il "dovere di Padre comune" di pretendere soluzioni ed "efficaci risposte politiche".

01 Dall'Algeria alla Sardegna: 1223 immigrati nel 2008 Lo scorso anno sono sbarcati sulle coste della Sardegna oltre 1300 immigrati provenienti dall’Algeria. Quest’anno, contando tutto agosto, gli arrivi sono stati 1.223: in buona parte ospitati per qualche giorno nel Centro di prima accoglienza di Elmas, altri accolti in alcuni alberghi del litorale di Cagliari che hanno stipulato convenzioni con la Questura.

01 Da oggi in vigore il test per ottenere la cittadinanza Entra oggi in vigore in Germania il test per ottenere la cittadinanza tedesca, che richiede al candidato la conoscenza della storia, della cultura e della politica del Paese. Con l'esame, la Germania si allinea alla Gran Bretagna, che ha introdotto un apposito test di cittadinanza già nel 2004. Per il Paese si tratta di una piccola rivoluzione, visto che finora una prova simile viene richiesta solo da due regioni su 16, il Baden-Wuerttemberg e l'Assia. I candidati avranno un'ora a disposizione per rispondere a 33 domande scelte casualmente da un computer tra una rosa di 310 quesiti: ad ogni domanda, corrisponderanno quattro possibili risposte, ma solo una sarà quella giusta.

02 Caritas: albanesi sono esempio di integrazione Gli immigrati albanesi, che negli anni '90 erano percepiti come una presenza 'cattiva e indesiderabile’, da un pò di anni a questa parte appaiono agli italiani come una comunità 'normale’: la buona notizia è scaturita da un seminario di studi, organizzato presso la sede del Cnel dai redattori del Dossier Statistico Immigrazione in collaborazione con il Dipartimento di Economia dell'Università di Bari e con le sedi centrali di Caritas e Migrantes. Gli immigrati albanesi in Italia, secondo le stime del Dossier Caritas-Migrantes, hanno superato quota 400 mila, e questo perchè 'l'Italia - ha detto la ricercatrice albanese Xoana Nokaj - è un Paese che gli albanesi desiderano in modo naturale e al quale prestano naturalmente il loro supporto.

03 In Europa razzismo, xenofobia e leggi discriminatorie contro zingari In Europa gli zingari sono in questo momento vittime di razzismo, xenofobia, provvedimenti legislativi discriminatori. È quanto ha affermato mons. Agostino Marchetto, Segretario del Pontificio consiglio della pastorale dei migranti e degli itineranti, ai microfoni della Radio Vaticana. In merito all’interrogativo se oggi gli zingari siano vittime di provvedimenti discriminatori, l’arcivescovo ha infatti risposto: ‘Si’, purtroppo. Basta pensare alle polemiche suscitate negli ultimi mesi da alcuni provvedimenti legislativi sfavorevoli alle popolazioni zingare’.

03 L’Algeria verso il reato di clandestinità Il governo algerino ha adottato un progetto di legge che, se approvato in parlamento, renderà reato l’emigrazione clandestina. Secondo un comunicato del consiglio dei ministri diramato dall’Aps, il progetto di legge prevede fino a dieci anni di carcere per i ‘passeurs’ e fino a sei mesi per chi tenta di lasciare illegalmente il territorio algerino. L’Algeria è un paese d’origine, transito e destinazione dell’immigrazione clandestina.

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05 Berlusconi fredda Fini: niente voto agli immigrati. L'esperimento Toscana "Fini ha espresso un suo parere, ma questo tema non è nel nostro programma e non c'è all'ordine del giorno alcuna iniziativa di legge". Cosi' il premier Silvio Berlusconi commenta, durante una conferenza stampa a Napoli, quanto detto ieri dal presidente della Camera. Fini aveva parlato dell'ipotesi di concedere il voto amministrativo agli immigrati "se vengono rispettati alcuni doveri: avere un lavoro, un domicilio, rispettare le leggi, pagare le tasse e dimostrare con i fatti di volersi integrare".

06 Polemiche per rinvio processo, è Ramadan È finita un'altra volta nella bufera la giustizia francese, quella 'laica e repubblicana’ rivendicata nelle dichiarazioni ufficiali. Dopo il clamoroso caso delle nozze fra due musulmani annullate perchè la ragazza non era vergine, c'è il forte sospetto che un processo per diverse rapine sia stato rinviato perchè uno degli imputati osserva il Ramadan.

06 Governo fa marcia indietro su blocco reclutamento immigrati all'estero L’annuncio del ministro spagnolo del lavoro e dell'immigrazione, Celestino Corbacho, di voler sopprimere il reclutamento degli immigrati nei loro Paesi d'origine, per far fronte alla crisi occupazionale, ha suscitato in Spagna un'ondata di proteste di sindacati, patronati degli imprenditori, associazioni di stranieri e anche di numerosi partiti, tra cui il Partito Popolare all'opposizione. Al punto da provocare il sostanziale dietrofront del governo.

08 Alfano: contro sovraffollamento carceri, gli stranieri scontino pene nei loro Paesi. ‘I nostri penitenziari sono pieni di immigrati e di stranieri che hanno fatto pagare all'Italia, coi loro crimini, un grave costo di insicurezza’. Ora, ‘vanno rispediti nei loro Paesi a scontare la pena’. Il Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ribadisce la sua linea per quanto riguarda l'alleggerimento della situazione delle carceri italiane.

08 Caritas: politici e giornalisti 'spietati' con gli immigrati I politici che hanno speculato sulle paure della gente e i telegiornali che hanno spettacolarizzato la violenza e l'indifferenza contro accattoni, mendicanti, poveri, hanno dimostrato di essere spietati. È questo il severo atto d'accusa del direttore della Caritas italiana, mons. Vittorio Nozza, contenuto nell'editoriale del numero di settembre di 'Italia Caritas' mensile dell'organizzazione ecclesiale italiana.

08 Divorzio-ripudio ha valore anche in Italia Aveva ripudiato la moglie pronunciando la formula del talaq, ottenendo così il divorzio in Egitto dove l"ordinamento giuridico consente questo tipo di separazione. Ora anche la Corte d’Appello di Cagliari lo ha riconosciuto valido, dichiarando efficace e definitiva quella separazione anche per l’ordinamento italiano e trascrivendo l’avvenuto divorzio anche nel registro dello Stato civile del Comune.

08 La ‘missione compiuta’ di Sarkozy: mille clandestini vivono nei boschi di Calais Nel 2002, l’allora ministro degli Interni francese Nicolas Sarkozy decideva la chiusura del centro d’accoglienza di Sangatte a Calais, principale porto transalpino sulla Manica, e annunciava fiero: ’ho risolto il problema dei rifugiati’. Sei anni dopo, però, denuncia un rapporto del Coordinamento francese per il diritto all’asilo (Cfda), i fatti provano che la presunta soluzione non ha funzionato.

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09 MIUR: figli di immigrati clandestini non hanno diritto ad una istruzione Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini è contraria all’idea che un clandestino possa iscrivere il proprio figlio a scuola. "È un torto - ha spiegato il ministro in un’intervista rilasciata al ‘Magazine’ del Corriere della sera ieri in edicola - soprattutto nei confronti degli immigrati regolari pensare che i clandestini possano godere degli stessi diritti di tutti. Non ci possono essere due pesi e due misure. Credo che la maggior parte degli italiani la pensi come me".

09 La Presidenza auspica “un livello migliore di protezione per i rifugiati” Nella prima giornata della conferenza ministeriale di Parigi “Costruire l’Europa dell’asilo” spicca il richiamo dell’Alto commissario ONU per i rifugiati “l’Ue può svolgere un ruolo chiave nel far fronte alle sfide poste dai movimenti forzati di popolazione”. Per Maroni “L’Italia, avamposto del Mediterraneo, subisce una pressione fortissima. L'Unione europea deve offrire un “migliore livello di protezione ai rifugiati politici”.

09 Procedura unica Ue sull’asilo entro il 2010 (o 2012) La Francia punta a far adottare entro la fine dell’anno, quando scadrà il suo semestre di presidenza dell’Ue, un ’patto europeo sull’immigrazione e l’asilo, per arrivare all’applicazione di un regime comune di materia di protezione dei rifugiati politici ’entro il 2010 o al massimo entro il 2012’. Ma nessuna confusione tra immigrazione e asilo, ha avvertito il ministro francese dell’ immigrazione Brice Hortefeux, che ha riunito ieri e oggi a Parigi i ministri dell’interno dei 27 paesi.

10 Da giovedì in servizio i poliziotti romeni Tra qualche giorno, ad accompagnare i poliziotti tra le strade padovane, ci saranno due loro colleghi romeni. Ufficialmente entreranno in servizio giovedì prossimo, avranno alle spalle una lunga esperienza, saranno in borghese e parleranno sia romeno che italiano. L’iniziativa è il risultato di un accordo, stretto nel luglio scorso tra l’Amministrazione comunale e il Dipartimento di polizia della contea di Arad, in Romania, e ora ratificato dalla giunta.

10 Mutilarsi i polpastrelli è reato. Primi arresti in Sicilia C’è un nuovo reato in Italia. È stato inserito senza colpo ferire nel pacchetto sicurezza, convertito nella legge n. 125 del 24/07/2008. Da circa un mese, “chiunque al fine di impedire la propria o l’altrui identificazione altera parti del proprio o dell’altrui corpo utili per consentire l’accertamento dell’identità”, viene punito col carcere, da uno a sei anni.

10 Multa ridotta se l'immigrato irregolare è badante Multe e sanzioni penali per chi occupa immigrati clandestini, ma con ammende inferiori se il datore di lavoro è un singolo che dà lavoro a un o una badante. Lo ha deciso stamattina la commissione occupazione del Parlamento europeo, modificando il rapporto sulla direttiva che punta a imporre 'sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano lavoratori non comunitari illegali'.

11 Moschee, in arrivo la proposta di legge della Lega Stretta sulle moschee d’Italia. Nessuna costruzione a meno di un chilometro da una chiesa, via libera solo dopo referendum locale, imam di lingua italiana e iscritti a un apposito albo, nomi dei finanziatori italiani ed esteri, passaggio di ogni competenza dallo Stato alle Regioni, rifiuto esplicito della poligamia, divieto di scuole coraniche e minareti. La Lega Nord lancia la sfida all’islam italiano: martedì prossimo il capogruppo del Carroccio alla Camera, Roberto Cota, presenterà infatti una proposta di legge in sei articoli per «arginare il proliferare delle moschee di casa nostra».

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11 Ocse: cresce meno che in passato l’immigrazione regolare, in aumento quella irregolare. Continua l’emigrazione verso i Paesi Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ma a ritmi meno sostenuti che in passato. È il dato che emerge dal Migration Outlook dell’organizzazione presentato ieri a Parigi.

11 Dal centro di accoglienza al campo di calcio Quando ad approdare con il gommone sulle spiagge italiane è un talento, la strada è meno in salita del solito. Il nome di questo talento è Tesegay Kyflai. È arrivato in Italia dall'Eritrea a bordo di un’imbarcazione di fortuna con un sogno a dir poco ambizioso: non solo quello di fuggire dalla vita disagiata e rischiosa della propria patria, e ottenere qui un permesso di soggiorno, ma anche quello di giocare nel Milan, la sua squadra del cuore.

11 Nazioni Unite a Stati Ue: costruire sistema d'asilo comune L'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, il portoghese Antonio Guterres, ha esortato gli Stati membri dell'Unione europea a proseguire nei loro sforzi volti a costruire un sistema d'asilo comune coerente ed efficace. Parlando ai ministri responsabili per l'asilo e l'immigrazione dei 27 paesi membri presenti oggi a Parigi alla Conferenza ministeriale sull'Asilo convocata dalla Presidenza francese dell'Ue, Guterres ha affermato che, qualora garantisse effettivamente la protezione dei rifugiati, un sistema comune d'asilo europeo potrebbe "servire da esempio per il mondo intero".

12 Save the Children: ''A rischio tutela e protezione dei minori coinvolti'' “Destano forte preoccupazione le misure previste nel disegno di legge sulla prostituzione, che potrebbero avere degli effetti negativi sulla possibilità di garantire adeguata tutela e assistenza ai minori stranieri, con particolare riferimento a quelli coinvolti nella prostituzione, tra i quali vi sono anche vittime di tratta e sfruttamento”. È quanto rileva Save the Children a seguito dell’approvazione oggi da parte del Consiglio dei Ministri del Ddl recante misure contro la prostituzione.

12 Si riuniscono le 21 Conferenze episcopali europee per parlare di immigrazione Inizia oggi a Vienna l’incontro dei delegati all’immigrazione delle 21 Conferenze episcopali d’Europa. Il convegno, che ha per tema “I migranti africani in Europa e nella Chiesa: la responsabilità pastorale” e si concluderà domenica, è stato organizzato dalla Ccee, la conferenza episcopale europea per analizzare “il continente africano e le sue forme espressive nella storia, cultura, religione e società”. Il quadro sarà completato con una serie di testimonianze-esperienze circa i rifugiati politici, i richiedenti d’asilo, e i giovani emigrati per motivi di studio”.

15 È reato impiegare un clandestino al lavoro, anche se il rapporto è occasionale Con sentenza dell’11 settembre scorso la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del proprietario di una discoteca che il tribunale aveva condannato per aver occupato uno straniero irregolare quale parcheggiatore all’esterno del proprio locale.

17 Giovane di colore ucciso a sprangate fermati i due aggressori: padre e figlio Ucciso a sprangate. Forse solo per una scatola di biscotti. Sono stati fermati dalla polizia i due uomini, padre e figlio, proprietari del bar dove è avvenuta la tragedia che ha portato alla morte di un giovane italiano, Abdul William Guibre, 19 anni, originario del Burkina Faso e residente a Cernusco sul Naviglio, aggredito stamani con una spranga in via Zuretti, a Milano, perché accusato di aver rubato dei dolci.

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17 Unioncamere: nel 2008 frenata nella domanda di manodopera straniera Nel 2008 diminuisce il fabbisogno delle imprese di manodopera straniera e, contemporaneamente, aumenta la richiesta di immigrati qualificati. Questo il dato emerso da Excelsior 2008, il sistema informativo di Unioncamere e ministero del Lavoro, che registra le tendenze del mercato del lavoro.

17 Aggravante clandestinità bocciata dall’Ue L’aggravante della clandestinità entrata in vigore col decreto sicurezza discrimina i cittadini degli stati Ue rispetto agli italiani. Per questo motivo, la Commissione ha chiesto al governo di modificare il decreto, che così com’è non è in linea col diritto comunitario. Lo ha detto stamattina il portavoce del commissario Ue alla Giustizia Jacques Barrot, Michele Cercone.

17 Primo Summit Ue sui Rom. Erpc chiede di contrastare la discriminazione Si è aperto ieri a Bruxelles il primo Summit europeo sui Rom organizzato dalla Commissione Ue e dalla Presidenza di turno francese dell’Ue con l’obiettivo di trovare la strategia europea all’integrazione della minoranza Rom. Parteciperanno alla giornata il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso e il vicepresidente Jacques Barrot, circa 400 rappresentanti della società civile e delle associazioni rom, parlamentari, il ministro degli esteri francese Bernard Kouchner, il finanziere filantropo George Soros.

18 Governo italiano fischiato sui rom Doveva essere il vertice per trovare le soluzioni all’emarginazione degli 8 milioni di Rom europei, ma si è trasformato in una ennesima caotica contestazione del governo italiano con tanto di fischi al rappresentante dell’esecutivo Berlusconi, il sottosegretario Eugenia Roccella, e conseguente protesta formale della nostra diplomazia nei confronti dell’Ue.

18 L'Italia avvia la lotta alla circoncisione clandestina. Questo l’obiettivo del protocollo d’intesa firmato questa mattina a Roma, presso il Ministero della salute, dal sottosegretario Francesca Martini e dal presidente della Federazione italiana dei medici pediatri (Fimp) Giuseppe Mele. L’accordo prevede un monitoraggio del fenomeno attraverso una adeguata informazione nei punti nascita, negli ambulatori pediatrici e in ogni altra struttura interessata.

18 Vescovi, troppe violazioni diritti umani immigrati Nel pieno di una crisi economica imponente e alla vigilia di nuove e decisive elezioni presidenziali, gli Stati Uniti devono fare i conti con problemi urgenti di politica interna, non ultima la questione immigrazione e sicurezza nazionale. È quanto rileva l’agenzia di stampa vaticana Fides promossa dalla Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli che riporta la denuncia della Conferenza episcopale degli Stati Uniti per la quale l’immigrazione non può essere declassata a tema legato unicamente alla sicurezza, mentre sono moltissime le aziende che fanno lavorare gli immigrati irregolari privi di documenti.

19 Maroni: "Presto finiranno gli sbarchi a Lampedusa" Il ministro dell’Interno conta sull’accordo con la Libia. Frattini: "Collaborazione di Gheddafi sia più efficace. Entro breve ci sarà il via libera delle autorità libiche all'attuazione degli accordi tra Italia e Libia, e questo consentirà di porre fine agli sbarchi di clandestini a Lampedusa”.

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22 Nuove regole su Cpt, asilo e ricongiungimenti Cinquecento militari nella zona del casertano, dieci nuovi centri di accoglienza per immigrati, due nuovi decreti legislativi in materia di asilo e di ricongiungimenti familiari. Roberto Maroni, ministro dell’Interno, al termine del Consiglio dei ministri spiega ai giornalisti le numerose decisioni prese dal governo.

22 Espellere rapidamente anche se ha famiglia in Italia Il cittadino straniero, residente in Italia, condannato con una sentenza definitiva dei giudici del suo Paese, può essere estradato in maniera "rapida" dalle autorità italiane. Lo ha stabilito la Cassazione accogliendo pienamente le norme previste dalla legislazione italiana contro la criminalità che stabiliscono che soltanto il cittadino italiano può rifiutarsi di essere trasferito all'estero per scontare una condanna.

22 Frontex ha fatto flop È una ammissione di fallimento quella espressa dal capo della Frontex - l'agenzia di controllo delle frontiere europee - contro il fenomeno dell'immigrazione clandestina. I pattugliamenti 'non stanno rendendo i risultati desiderati', ammette il finlandese Illka Laitinen, parlando in una intervista pubblicata dal 'Sunday Times' di Malta. Secondo Laitinen “la situazione è allarmante e più pattugliamenti della Ue nel Mediterraneo hanno fallito l'obiettivo di ridurre l'afflusso di immigrati verso l'Italia, Malta e la Grecia”. Gli arrivi a Lampedusa, spiega, sono cresciuti del 190% durante i primi sei mesi del 2008. E anche Malta ha registrato un incremento del 32%.

23 Maroni presenta decreto per dieci nuovi Cie Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, presenterà al Consiglio dei ministri di martedi’ un decreto legge per la costruzione immediata di dieci nuovi Centri di Identificazione ed Espulsione e di due o tre centri per ospitare in strutture chiuse i clandestini che richiedono asilo e che attualmente sono liberi di muoversi in attesa che la loro pratica venga esaminata.

23 Barrot: Non c’è via libera Ue a pacchetto italiano su sicurezza Il commissario Ue alla Giustizia, Jacques Barrot, ha detto oggi a Bruxelles di non aver preso ancora alcuna decisione sui tre decreti del pacchetto sicurezza, varati dal governo italiano nel luglio scorso. “Non c’è alcuna decisione presa da parte nostra sui tre decreti, e io non ho notificato nulla all’Italia”, ha detto il commissario rispondendo ad alcuni cronisti all’uscita del Parlamento europeo, dopo aver partecipato a un dibattito della Plenaria sul terrorismo.

23 Decreto legislativo sull’asilo: parzialmente recepite le modifiche suggerite dall’unhcr L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) prende atto delle modifiche legislative introdotte oggi dal governo italiano con l’approvazione dei decreti legislativi relativi alle procedure d’asilo e al ricongiungimento familiare che recepiscono parzialmente quanto suggerito dall’Agenzia ed auspica che ulteriori provvedimenti che fanno parte del cosiddetto “pacchetto sicurezza” non vadano ad erodere ulteriormente la protezione dei richiedenti asilo in Italia.

24 I polacchi tornano a casa, cantieri a rischio Rischiano di restare a metà gli impianti sportivi per i Giochi olimpici di Londra 2012: gli operai polacchi specializzati, sui quali ha contato il settore edile britannico negli ultimi anni, stanno tornando in massa a casa e non ci sono abbastanza sostituti britannici. L’allarme è stato dato dai dirigenti della Olimpic Delivery Authority e della London Development Agency, agenzie responsabili dei cantieri di Londra 2012.

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25 Bagnasco (Cei): non sottovalutare violenze contro immigrati 'Non sottovalutarè le violenze e i 'segnali di contrapposizionè collegati alla presenza di immigrati in Italia. Il cardinale Angelo Bagnasco parla davanti al parlamentino della Cei quando negli occhi degli italiani sono ancora vivide le immagini degli scontri di Castelvolturno scatenati dalla rabbia di decine di giovani di colore, dopo la mattanza di immigrati probabilmente voluta dalla camorra che imperversa nella zona.

25 Indagine del Governo: gli italiani hanno pessima opinione dei romeni Il 57% degli italiani ha una pessima opinione degli immigrati. Il 34% ha un'opinione buona o molto buona mentre i restanti non si esprimono. È quanto emerge dallo studio effettuato da Mmt e Focus Marketing nell'aprile del 2008, su richiesta del governo romeno.

25 Prostituzione: il Consiglio dei ministri approva il disegno di legge proposto dal ministro Carfagna Approvato nel Consiglio dei ministri di ieri il disegno di legge “Misure contro la prostituzione” proposto dal ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna. Il disegno di legge, che si compone di soli 4 articoli, prevede per la prima volta come reato l’esercizio della prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico, anche al fine di meglio contrastarne lo sfruttamento da parte di organizzazioni criminali. Le misure sanzionatorie sono le medesime anche per chi si avvale (ovvero contratta) tali prestazioni.

25 Parsec: ''Dalla strada all'appartamento? Diventeranno schiave h24'' A pochi giorni dell’ordinanza antiprostituzione del sindaco di Roma Alemanno il Parsec, una delle organizzazioni che gestisce il servizio di unità di strada del progetto Roxanne, promosso dal Comune capitolino, fa un primissimo bilancio. La preoccupazione principale riguarda i possibili scenari futuri. “La cosa più grave sarà quando saranno tutte chiuse nelle case, schiave h24”.

25 Le associazioni contro il ddl Carfagna preparano un vademecum in più lingue Un vademecum in più lingue per rispondere alla confusione e alla preoccupazione che si sono diffuse sulle strade in seguito alle ordinanze anti-prostituzione dei sindaci italiani. Questa è l’idea del gruppo di diciannove organizzazione attive nell’ambito della prostituzione e della tratta (tra cui Cnca, Gruppo Abele, Save the Children, On the Road), che nei giorni scorsi ha aspramente criticato il ddl Carfagna.

25 “Donne in strada sempre più tardi”: come cambia la prostituzione a Firenze Anche a Firenze, dove non è in vigore un’ordinanza comunale bensì un nuovo regolamento della polizia municipale approvato alla fine dello scorso luglio, le strade cominciano a svuotarsi e le donne che si prostituiscono hanno iniziato a ritardare la loro presenza in strada di qualche ora, spostando la loro attività nel cuore della notte.

25 Allarme Oim: ''Boom di nigeriane (1.128): c'è rischio trattà' Boom di sbarchi al femminile (oltre 2.400 nel 2008 contro i 650 dello stesso periodo del 2007) sulle coste italiane. E, tra le immigrate irregolari, primeggiano le Nigeriane (1.128 fino al 15 settembre, erano 166 nel 2007). Un dato che fa scattare l'allarme tratta. È quanto segnala l'Oim, Organizzazione internazionale per le migrazioni, che, per il secondo anno consecutivo, è tra i patrocinatori di "ÒScià", l'evento organizzato da Claudio Baglioni dal 24 al 27 settembre nelle isole di Lampedusa e Linosa proprio per sensibilizzare sui temi dell'immigrazione.

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26 Ricongiungimenti e la “vicenda irrisolta” dei minori islamici in kafalah. Proprio lo scorso luglio un pronunciamento della Corte di Cassazione giudicava l’istituto religioso una sorta di adozione ai fini del ricongiungimento. L'associazione Amici dei bambini (AiBi) esprime preoccupazione per le conseguenze del decreto legislativo sui ricongiungimenti familiari, che “lascia irrisolto il nodo dell'accoglienza dei minori provenienti dai Paesi islamici”.

26 Gli immigrati romeni producono 1,26% del pil italiano La presenza dei cittadini romeni garantisce 2,26 mld di euro al Pil italiano, ovvero l'1,26% del Pil. È quanto emerge dal dossier statistico Caritas-Migrantes 2008 i cui dati sono stati illustrati nel corso della presentazione della campagna di informazione e sensibilizzazione dell'opinione pubblica nei confronti della comunità romena che vive in Italia, dal titolo 'Romania piacere di conoscerti'.

26 Patto europeo sull'immigrazione e sui diritti d'asilo Il Consiglio Giustizia e Affari Interni (GAI) dell'Unione Europea, riunito ieri a Bruxelles, ha dato la sua approvazione al Patto europeo sull'immigrazione e sui diritti d'asilo proposto dalla presidenza francese dell'Unione, che punta a far approvare definitivamente il testo dal vertice dei capi di Stato e di Governo che si svolgerà il 15 ottobre prossimo.

27 Il governo romeno scende in campo per difendere i suoi emigrati Il governo romeno scende in campo per difendere la reputazione dei suoi cittadini che vivono e lavorano in Italia. Partendo dalla constatazione che, per il milione e più di romeni d'Italia, travolti da una vera e propria campagna mediatica, gli ultimi due anni sono stati "neri". Il motivo trainante? Alcuni fatti di cronaca nera che avevano come protagonisti cittadini romeni, presentati dai mezzi di comunicazione italiani in un modo che molti hanno giudicato tendenzioso.

28 Sappe: con reato clandestinità arriveremo a 100mila detenuti "È necessario differenziare la detenzione dei soggetti arrestati per il reato di immigrazione clandestina, con la previsione di assegnazione in strutture ad hoc, evitando il loro inserimento nei circuiti penitenziari tradizionali. Altrimenti in poco tempo l'Italia raggiungerà la spaventosa cifra di 100mila detenuti". Lo afferma la Segreteria Generale del Sindacato autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe).

28 Manganelli: difficile espellere immigrati clandestini Non sarà facile procedere alle espulsioni dei tanti immigrati clandestini presenti sul litorale domizio. 'Gli immigrati debbono essere espulsi non perchè lo chiede qualcuno, ma perchè lo prevede l'ordinamento’, ha detto il capo della polizia, Antonio Manganelli, rispondendo ad un giornalista che gli ha chiesto se saranno espulsi, come sollecitato dal sindaco di Castelvolturno, Francesco Nuzzo, i circa 10mila immigrati irregolari presenti sul territorio del Comune, dove il 18 settembre è stata compiuta la strage di camorra.

30 Scontro Fini-Maroni sulla regolarizzazione di chi ha un lavoro Gianfranco Fini chiede di mettere in regola gli immigrati che hanno un lavoro. Roberto Maroni dice no ad ogni tipo di sanatoria. Sulle pagine dell'ultimo libro di Bruno Vespa, botta e risposta tra il Presidente della Camera e il ministro dell'Interno.

30 Squadracce xenofobe in azione: "lo facciamo per il bene degli immigrati" Ancora scontri e tensione a Pianura, il quartiere di Napoli dove da giorni monta la protesta dei residenti contro un insediamento di immigrati che occupano abusivamente l'edificio di via dell'Avvenire. A farne le spese un extracomunitario e un cronista del quotidiano 'Il Napoli' che sono stati aggrediti.

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30 Ghanese picchiato a Parma. Il caso arriva alla Commissione europea «Il caso di Emmanuel Bonsu Foster, giovane studente ghanese di 22 anni braccato davanti alla sua scuola e poi picchiato, insultato e pestato ieri pomeriggio da sette agenti della polizia municipale di Parma é il frutto del clima di intolleranza ormai diffuso nel Paese». Lo dice l’europarlamentare Catania nella sua interrogazione inviata alla Commissione Europea.

30 Stato di emergenza: ecco i 44 centri d'accoglienza aperti da luglio Più sbarchi, più richieste d'asilo, più centri di accoglienza. L'equazione è semplice. Nei primi otto mesi del 2008 sono sbarcati 20.271 migranti contro i 12.419 dello stesso periodo nel 2007. Non solo. Rispetto allo scorso anno, sono nettamente aumentati i richiedenti asilo, in particolare somali, a scapito di una sempre minore presenza di marocchini, egiziani e tunisini sulle barche al largo di Lampedusa. Per far fronte all'incremento delle richieste d'asilo, negli ultimi mesi il governo ha aperto in tutta Italia 44 nuovi centri di accoglienza, per effetto dello stato di emergenza nazionale proclamato il 25 luglio dal ministro dell'Interno Roberto Maroni.

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OTTOBRE Come ogni anno ottobre segna l’appuntamento con la presentazione del Dossier Statistico Immigrazione, curato dalla Caritas italiana e dalla Fondazione Migrantes, attraverso il quale avere un’immagine della situazione migratoria in Italia. Nel Rapporto di quest’anno, presentato il 30 ottobre a Roma, risulta che i cittadini immigrati regolari nel nostro Paese sono circa quattro milioni, inclusi coloro che non sono ancora registrati all'anagrafe. Nell'ultimo anno la popolazione straniera è aumentata di circa mezzo milione e la comunità straniera più grande, raddoppiata negli ultimi due anni, è quella romena con un milione di presenze stimate. Molti immigrati sono imprenditori, per un totale di circa un milione e mezzo di lavoratori, che contribuiscono con una quota pari al 9%, alla creazione della ricchezza del nostro Paese. Nell'incontro tra Maroni e il ministro del Welfare il 31 ottobre 2008 si è discusso dei flussi in ingresso, stabilendo limitazioni per i chiamati da un lavoratore straniero. Il nuovo decreto flussi avrà una corsia preferenziale per colf e badanti: entro due settimane il governo approverà la regolarizzazione di altri 170 mila immigrati, partendo dalle graduatorie del «click day» con un occhio di riguardo per l'attività domestica, la più richiesta, visto che sono circa 380 mila le istanze inserite nella banca dati del Viminale il 18 dicembre del 2007. Limitazioni forti saranno invece imposte ai datori di lavoro stranieri per evitare i ricongiungimenti familiari mascherati. Le domande già esaminate sono ormai 170 mila, 102.900 i nulla osta rilasciati. Il criterio di assegnazione dei permessi per arrivare in Italia è noto: bisogna dimostrare di poter contare su contratto di lavoro e alloggio. Per poter assumere uno straniero, gli immigrati dovranno dimostrare di vivere regolarmente nel nostro Paese da tre anni, o addirittura da cinque e dunque di essere in possesso della carta di soggiorno. Tra le istanze relative al lavoro domestico, il 48 per cento è stata presentata da extracomunitari e, come ha sempre evidenziato Sacconi «ciò induce a un legittimo sospetto sulla genuinità delle domande», cioè che si tratti di un modo per aggirare la legge sui ricongiungimenti familiari che impone requisiti molto più rigidi. Il provvedimento precedente assegnava a colf e badanti 65 mila permessi, ma è prevedibile che quest’anno la quota sarà ben più alta lasciando alle altre categorie di lavoratori soltanto la cifra che avanza. Nel mese di ottobre grande risalto hanno avuto alcune proposte della Lega Nord, che ha presentato il 21 ottobre un emendamento al testo unico sull'immigrazione che mira a modificare l'articolo 35 del Testo unico sull'immigrazione, per impedire l'accesso ai servizi sanitari pubblici agli immigrati irregolari. In particolare si vuole cancellare il comma 5, in base al quale "l'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità". La proposta ha sollevato immediatamente numerose reazioni, in particolare da esponenti dell’opposizione, dalla SIMM (Società Italiana di Medicina delle Migrazioni) e da varie associazioni volte ad evidenziare che il provvedimento mina radicalmente uno dei principi base della politica sanitaria nei confronti dei cittadini stranieri nel nostro paese e cioè la garanzia di accessibilità ai servizi per la componente irregolare e clandestina. Per la SIMM, il provvedimento è ‘inutile e dannoso’ per diverse ragioni: 'spingerà all'incistamento sociale, rendendo invisibile una popolazione che sfuggirà ad ogni forma di tutela sanitaria e di contatto sociale legittimo, potrà produrre percorsi sanitari ed organizzazioni sanitarie

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parallele al di fuori del sistema di controllo (rischio d'aborti clandestini, gravidanze non tutelate, minori non assistiti etc.), avrà ripercussione sulla salute collettiva con il rischio di diffusione d'eventuali focolai di malattie trasmissibili'. Anche a seguito del primo incontro del Coordinamento nazionale immigrazione del 6 novembre, in rappresentanza delle 220 Caritas diocesane operanti sul territorio, i circa 40 partecipanti si sono confrontati sulle politiche migratorie, a livello europeo e nazionale, con particolare attenzione al tema della sicurezza e dei diritti umani, esprimendo forte preoccupazione per la prospettata modifica del suddetto art. 35. Proprio in virtù dell’ impegno quotidiano e del cammino che le chiese locali portano avanti su questo fronte, il Coordinamento ha auspicato che possa essere riconsiderato con attenzione questa iniziativa politica, affinché il perseguimento dei principi della sicurezza non vada a scapito del rispetto dei diritti di ogni persona e dei principi dell’accoglienza. Ancora la Società Italiana di Pediatria, riunita in congresso il 18 ottobre a Genova, evidenzia che nessun bambino può essere clandestino. A tutti i bambini, figli di genitori clandestini e in condizioni di fragilità, deve essere riconosciuto uno status che consenta l’iscrizione al SSN. Per i pediatri è necessario garantire percorsi di inclusione alle donne straniere clandestine che partoriscono in Italia, prolungando il permesso di soggiorno provvisorio fino ad un anno di vita del bambino per avere la possibilità di trovare un lavoro stabile e regolarizzare la propria posizione. È forte l’auspicio dei pediatri che non venga modificato l'articolo 35 del testo unico sull'immigrazione (n. 286 del 1998). Per quanto attiene l’attività di governo, il 17 ottobre la stampa riferisce che mentre l’esecutivo al Senato si accinge con un emendamento a cancellare il reato di ingresso illegale nel territorio italiano, eliminando il carcere e introducendo una sanzione pecuniaria, ne presenta un altro che introduce il reato di permanenza clandestina con carcere fino a quattro anni in caso di mancato rispetto di un ordine di espulsione o allontanamento. Questo provvedimento pone dei rischi per la permanenza sul territorio non solo degli extracomunitari senza lavoro o che hanno commesso un reato, ma anche delle badanti con permesso di soggiorno scaduto o gli studenti stranieri e i turisti che si trattengono oltre i tre mesi previsti dalla legge. La Lega Nord intende inserire poi nel ddl sulla sicurezza in discussione a Palazzo Madama alcune proposte presentate il 7 ottobre: permesso di soggiorno 'a punti', come per la patente di guida, referendum comunali prima della realizzazione sul territorio di campi nomadi, moschee o altri luoghi di culto relativi a religioni che non hanno ancora raggiunto intese con lo Stato, un aggravamento delle sanzioni per i reati di violazione di domicilio, furto, rapina e minacce, l'istituzione di un fondo per promuovere lo sviluppo nei Paesi maggiormente interessati ai flussi migratori, restrizioni per l'accesso dei clandestini ai servizi sociali e norme di contrasto al fenomeno dei matrimoni 'di comodo’, classi ponte per i figli di immigrati che non conoscano bene la lingua italiana. Le discussioni su Rom e Sinti sono sempre attualissime, come nei mesi precedenti. Il ministro dell'Interno riferisce il 15 ottobre in Parlamento al 'Comitato Schengen' su sbarchi, asilo e censimento campi nomadi. Gli sbarchi di immigrati sulle nostre coste, provenienti soprattutto dal Maghreb, risultano nell'ultimo anno in forte aumento. Il ministro dell'Interno ha parlato di «fatica nella attuazione degli accordi bilaterali» malgrado le sollecitazioni del Viminale e della Farnesina. Oltre che di immigrazione clandestina, Il ministro dell'Interno ha parlato anche della questione dell'asilo. «L'Italia - ha ricordato Maroni - è il Paese europeo più generoso nella accoglienza delle domande dei richiedenti. Sulla costruzione dei nuovi Centri di identificazione ed espulsione (Cie), il

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ministro ha riferito che le strutture che potrebbero essere realizzate nelle dieci regioni che ne sono attualmente sprovviste «sono state individuate». Sul censimento dei campi nomadi, Maroni ha riferito che, in quelli censiti dai prefetti di Roma, Milano e Napoli, il 50% degli abitanti è costituito da minori e solo il 20% di questi ha avuto qualche esperienza scolastica. Infine il responsabile del Viminale ha ricordato che, fino ad oggi, l'Unione europea ha approvato i vari dispositivi di legge messi in campo dall'esecutivo in tema di politiche di immigrazione, tranne il Decreto legge riguardante la libera circolazione dei cittadini comunitari. «L'Europa - ha detto Maroni - si è detta contraria al nostro provvedimento perchè ritiene eccessiva l'espulsione e sufficiente l'invito ad allontanarsi dal nostro paese. Pur non condividendolo, abbiamo accolto il rilievo della Commissione anche per evitare una sanzione. Ed è così - ha aggiunto il ministro - che per ora la presentazione della misura è stata accantonata. La politica dell'Italia per l'immigrazione - ha concluso Maroni - è in linea con le politiche dell'Europa». Per quanto riguarda le notizie di politica estera, il ministro degli esteri Franco Frattini nella conferenza stampa con il suo omologo albanese Lulzim Basha al termine di un incontro svoltosi il 27 ottobre a Tirana annuncia che tra meno di un anno gli albanesi che vorranno raggiungere le coste dell’Ue privi di visto forse potranno farlo. Dal 1 gennaio 2008 i cittadini albanesi godono già dei benefici dell'Accordo per l'agevolazione dei visti con l'Unione europea, che prevede procedure semplificate per il loro rilascio. L’Unione Europea, il 23 ottobre, ha deciso di dare una "corsia preferenziale" al cosiddetto progetto "Blue Card" per cercare di attrarre verso il Vecchio Continente i lavoratori migranti altamente qualificati dai paesi in via di sviluppo, nel tentativo di fare concorrenza alla famosa "Green Card" degli Usa. La "carta blu" servirà a rendere più attiva l’Unione nella competizione con gli Stati Uniti e altre società occidentali che vivono un fenomeno d’invecchiamento per i lavoratori più ambiti, quelli dei settori tecnologico e ospedaliero, che arrivano soprattutto dai paesi in via di sviluppo a riempire i vuoti di manodopera. Dopo 18 mesi di lavoro con la "carta blu" in uno Stato dell’Unione, un immigrato potrebbe vedersi consentire lo spostamento, insieme alla famiglia, in un altro Paese Ue, ma dovrebbe presentare nuovamente domanda per la carta entro un mese dall’arrivo. Il Consiglio europeo, ha poi approvato definitivamente il 16 ottobre il “patto sull’immigrazione e sull’asilo” proposto dalla presidenza francese. Il patto impegna gli stati membri a organizzare l’immigrazione legale tenendo conto delle priorità, dei bisogni e delle capacità d’accoglienza, favorendo l’integrazione soprattutto degli immigrati a lungo termine. Andranno stabiliti dei criteri anche per i ricongiungimenti, valutando ad esempio la disponibilità di mezzi di sostentamento e di un alloggio. Si rilancia la lotta contro l’immigrazione irregolare, assicurando il ritorno dei clandestini nei Paesi di origine o in quelli di transito anche attraverso accordi di riammissione. Il patto dice no alle maxi-sanatorie, ma ammette regolarizzazioni ad personam per motivi umanitari o economici. Andranno poi rinforzati i controlli alle frontiere potenziando l’agenzia Frontex e generalizzando entro il 2012 i visti biometrici. Altro obiettivo è la realizzazione di una procedura d’asilo unica. Infine, andrà realizzato un partnerariato globale con i Paesi d’origine e di transito, favorendo le sinergie tra migrazioni e sviluppo. Sul fronte dell’integrazione, il segretario del Pontificio consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti, mons. Agostino Marchetto, in due discorsi pronunciati il 14 ottobre a Bruxelles denuncia che è troppo complicata in Europa la vita dei figli degli immigrati, troppo spesso discriminati dai compagni, trascurati dagli educatori, lasciati

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ai margini dai governi, in qualche caso al pari dei loro coetanei autoctoni, ma sempre soggetti al rischio di una ''doppia marginalizzazione”.

CRONOLOGIA ottobre 2008 01 Quasi raddoppiati gli sbarchi nei primi sei mesi del 2008

Più sbarchi, più richieste d'asilo, più centri di accoglienza. L'equazione è semplice. Nei primi otto mesi del 2008 sono sbarcati 20.271 migranti contro i 12.419 dello stesso periodo nel 2007. Non solo. Rispetto allo scorso anno, sono nettamente aumentati i richiedenti asilo, in particolare somali, a scapito di una sempre minore presenza di marocchini, egiziani e tunisini sulle barche al largo di Lampedusa.

02 Minori stranieri non accompagnati: allo studio nuove modalità per accertare l’età dei minori La decisione del Governo è stata illustrata dal sottosegretario Fazio in risposta ad una interrogazione parlamentare dei deputati Mussolini e Barani che sollecitano l’adozione di tecniche meno invasive come ad esempio l’ecografia alla clavicola.

03 Casa e lavoro: 265 immigrati discriminati nel 2007 Sono 265 le discriminazioni verso gli immigrati segnalate nel 2007 al numero verde dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar). Il 23,8% si è verificata sul lavoro e il 16,2% nella ricerca della casa.

03 Razzismo: le aggressioni negli ultimi mesi Cresce in Italia il clima di intollerranza verso gli immigrati, si allunga la lista degli episodi che negli ultimi mesi hanno visto vittime cittadini immigrati o di origine straniera, tanto da legittimare almeno il sospetto del movente razzista.

06 Ricongiungimenti familiari: modifiche al Testo unico sull'immigrazione Con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del d.lgs. n. 160/2008, che entra in vigore il prossimo 5 novembre, sono state apportate modifiche al Testo unico sull'Immigrazione che riguardano il diritto al ricongiungimento familiare.

07 La lega propone il permesso di soggiorno a punti Permesso di soggiorno 'a punti', come per la patente di guida e referendum comunali prima della realizzazione sul territorio di campi nomadi, moschee o altri luoghi di culto relativi a religioni che non hanno ancora raggiunto intese con lo Stato: sono due delle misure contenute nel pacchetto di emendamenti che la Lega Nord intende inserire nel ddl sulla sicurezza in discussione a Palazzo Madama.

07 Corte di Cassazione applica l’aggravante dei motivi di discriminazione razziale Secondo la Corte di Cassazione, sez. V, penale, n. 2745 dd. 07.10.2008, va applicata l’aggravante dei motivi di discriminazione razziale di cui alla legge n. 205/1993 alla condotta penale della persona che, vedendo una persona di colore in difficoltà sulla strada, gli si lanciava contro con la sua auto a forte velocità, urlando “schiaccio il negro” e costringendo il malcapitato a saltare sul marciapiede per sottrarsi all’investimento.

08 In Italia circa 650 mila immigrati irregolari Sono almeno 650mila gli immigrati irregolari presenti in Italia al 1° gennaio 2008. La stima è stata elaborata dalla Fondazione Ismu di Milano, ipotizzando che il numero di persone senza permesso di soggiorno sia circa il 90% di quanti ad aprile hanno presentato domanda per il decreto-flussi 2007.

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08 Un infortunio mortale ogni due giorni per i lavoratori stranieri Aumentano gli infortuni e gli incidenti mortali sui luoghi di lavoro per gli stranieri. Nel 2007 (secondo dati Inail) sono stati 141mila gli infortuni che hanno coinvolto cittadini immigrati, con una crescita del 9% rispetto al 2006. Inoltre, tra i lavoratori stranieri, c'è stato un incidente mortale ogni due giorni: complessivamente 174 morti bianche, pari al 14,9% del totale, con una crescita del 4% rispetto all'anno precedente.

09 Istat: aumentati del 17% gli immigrati nel 2007 I cittadini stranieri residenti in Italia al 1° gennaio 2008 erano 3.432.651; rispetto al 1° gennaio 2007 sono aumentati di 493.729 unità (+16,8%). Lo riferisce l'Istat, sulla base delle registrazioni nelle anagrafi degli 8.101 comuni italiani, sottolineando che "si tratta dell'incremento più elevato mai registrato nel corso della storia dell'immigrazione nel nostro Paese, da imputare al forte aumento degli immigrati di cittadinanza rumena che sono cresciuti nell'ultimo anno di 283.078 unità (+82,7%)".

09 Sportelli immigrazione: "Rischiamo di fermarci" Secondo l’allarme lanciato dai sindacati del personale civile del Viminale, gli uffici che si occupano di immigrazione rischiano addirittura di fermarsi. Perché? "I tagli previsti dalla manovra economica e l’emendamento del ministro Brunetta contro la stabilizzazione dei precari colpiranno soprattutto gli uffici che hanno meno fondi, come, ad esempio, gli sportelli Unici per l’immigrazione" spiega il Coordinatore Nazionale FP CGIL presso il Ministero Interno.

10 Permessi di soggiorno: sono stati consegnati 1.523.000 permessi e respinte circa 4.300 istanze. Il dato, fornito ieri dal sottosegretario Mantovano in Senato, dimostrerebbe un costante recupero di efficienza del sistema. Restano - secondo la sen. Marinaro - i disagi, le preoccupazioni e i possibili abusi di agenzie e finti avvocati che stanno sfruttando l'affare.

10 Permesso a punti, tutti i particolari La proposta della Lega sui permessi di soggiorno a punti? Un giudizio universale sugli immigrati, promossi o bocciati secondo parametri definiti in buona parte dal ministro dell’Interno. Tutto ruota intorno a un “accordo di integrazione, articolato per crediti” che ogni cittadino straniero deve sottoscrivere quando chiede il permesso di soggiorno.

13 Classi "ponte" per i bambini stranieri Classi "ponte" per i bambini stranieri arrivati in Italia a seguito di ricongiungimenti familiari. È quanto propone una mozione a firma dei tre partiti della coalizione di maggioranza, Pdl, Lega Nord e Movimento per le Autonomie, primo firmatario l'on. Roberto Cota.

14 Rifugiati e migranti. Il percorso della 'Carta di Roma’ Rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati, uso di termini giuridicamente appropriati, garanzia di informazioni precise e comportamenti attenti e corretti che evitino allarmi ingiustificati. Sono alcuni dei criteri deontologici richiamati dalla "Carta di Roma", un documento entrato a pieno titolo fra gli strumenti di lavoro del giornalismo italiano.

14 Ddl "Carfagna" sul contrasto alla prostituzione: inizia iter parlamentare Approda in Parlamento, con l'esame da parte delle commissioni I e II del Senato in sessione congiunta, il disegno di legge che porta il nome del Ministro per le Pari opportunità, Mara Carfagna, che introduce il reato di esercizio della prostituzione in strada e, più in generale, "in luogo pubblico". In caso di approvazione, a rischiare multe salatissime fino a 3.000 euro e il carcere (da 5 a 15 giorni) non saranno solo le

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prostitute, ma anche i clienti. 14 Seconde generazioni discriminate in Europa

È troppo complicata in Europa la vita dei figli degli immigrati, troppo spesso discriminati dai compagni, trascurati dagli educatori, lasciati ai margini dai governi, in qualche caso al pari dei loro coetanei autoctoni, ma sempre soggetti al rischio di una ''doppia marginalizzazione”. La denuncia giunge dal segretario del Pontificio consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti, mons. Agostino Marchetto.

15 Maroni: «La politica dell'Italia per l'immigrazione è in linea con le politiche dell'Europa» Gli sbarchi di immigrati sulle nostre coste, provenienti soprattutto dal Maghreb, risultano nell'ultimo anno in forte aumento. Lo ha reso noto il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, nel corso dell'audizione questo pomeriggio davanti al Comitato parlamentare di controllo su Schengen, Immigrazione ed Europol. Maroni ha riferito che dall'inizio anno fino al 9 ottobre sono arrivati sulle nostre coste 27.417 irregolari di cui 22.454 in Sicilia, in particolare a Lampedusa.

15 La Camera dice si': classi separate per i figli degli immigrati Dopo un'accesa discussione l'Aula di Montecitorio ha approvato ieri la mozione della Lega concernente iniziative in materia di accesso degli studenti stranieri alla scuola dell'obbligo.

16 La Romania attirerà immigrati Da Paese di emigranti a terra di immigrazione. La Romania, nei prossimi anni, compirà il percorso già calcato dall’Italia. È quanto prevede lo studio "Immigrato in Romania: prospettive e rischi" pubblicato dalla Fondazione Soros e citato ieri dal quotidiano 'Evenimentul zilei'.

16 Ue: regole comuni su immigrazione e asilo Il Consiglio europeo, che riunisce i capi di stato o di governo di tutti i ventisette Paesi dell’Ue, ha approvato definitivamente stamattina a Bruxelles il “patto sull’immigrazione e sull’asilo” proposto dalla presidenza francese. Il patto impegna gli Stati membri a organizzare l’immigrazione legale tenendo conto delle priorità, dei bisogni e delle capacità d’accoglienza, favorendo l’integrazione soprattutto degli immigrati a lungo termine.

17 Governo fa marcia indietro e chiede la reintroduzione del carcere per i clandestini espulsi Contrordine sul ddl sicurezza. Mentre il governo al Senato si accinge con un emendamento a cancellare il reato di ingresso illegale nel territorio italiano, eliminando il carcere e introducendo una sanzione pecuniaria, ne presenta un altro che introduce il reato di permanenza clandestina con carcere fino a quattro anni in caso di mancato rispetto di un ordine di espulsione o allontanamento. Ma c'è di più, a rischiare saranno non solo gli extracomunitari senza lavoro o che hanno commesso un reato, ma anche le badanti con permesso di soggiorno scaduto o gli studenti stranieri e i turisti che si trattengono oltre i tre mesi previsti dalla legge.

18 Pediatri: i bambini non possono essere mai clandestini Nessun bambino può essere clandestino. A tutti i bambini, figli di genitori clandestini e in condizioni di fragilità, venga riconosciuto lo status di 'profugo’, il permesso di asilo e l'iscrizione al SSN. Sono queste le indicazioni che arrivano dalla Società Italiana di Pediatria, riunita in congresso a Genova.

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20 Appello SIMM: ritirare l’emendamento che modifica l’art. 35 del T.U. Nell’ambito della discussione in Senato del cosiddetto “Pacchetto Sicurezza” (AS 733), in commissione congiunta Giustizia ed Affari Costituzionali, è stato depositato da quattro senatori ed una senatrice della Lega Nord un emendamento che mina radicalmente uno dei principi base della politica sanitaria nei confronti dei cittadini stranieri nel nostro paese e cioè la garanzia di accessibilità ai servizi sanitari per la componente irregolare e clandestina.

20 Immigrati e case, una brusca frenata L’irrigidimento del sistema bancario fa crollare gli acquisti da parte dei cittadini stranieri: -22,5% in un anno. Il nuovo corso del rapporto tra stranieri e mattone è fotografato dalle proiezioni dell’istituito di ricerca Scenari Immobiliari. Secondo i suoi dossier, negli ultimi anni le compravendite degli immigrati erano sempre cresciute: 110mila nel 2004, 116mila nel 2005 (+5,4), 131mila nel 2006 (+12,9), per continuare a salire, ma rallentando, nel 2007: 135mila (+3%). Ma le previsioni per il 2008 (basate sui dati che arrivano da un campione di 500 agenzie immobiliari e una serie di focus group tra i neoproprietari) testimoniano un’inversione di rotta.

21 La Lega: no al diritto alla salute per gli immigrati irregolari La Lega ha presentato un emendamento al testo unico sull'immigrazione che mira a modificare l'articolo 35 del Testo unico sull'immigrazione. L'obiettivo è quello di impedire l'accesso ai servizi sanitari pubblici agli immigrati irregolari. In particolare si vuole cancellare il comma 5, in base al quale "l'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità".

22 Traffico di esseri umani: è inferiore solo a quello di stupefacenti. La dimensione del traffico di persone è inferiore solo a quella del traffico degli stupefacenti, e il trend è in crescita». È l'allarme lanciato dal sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano nel corso del Symposium sul tema 'La schiavitù del XXI secolo: tratta degli esseri umani e lavoro forzato”, organizzato a Roma, a Palazzo Giustiniani, dall'Unione forense per la tutela dei diritti dell'uomo.

22 Nuove regole per la concessione della protezione internazionale e per le riunioni familiari Cambiano le regole su rifugiati e ricongiungimenti familiari. Entrano infatti in vigore il 5 novembre due decreti legislativi, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale del 21 ottobre, che modificano la disciplina per gli stranieri che presentano domanda di protezione internazionale e per le riunioni familiari.

23 Censimento nomadi: identificati 12.346 in 167 campi, 124 dei quali abusivi Sono 12.346 le persone censite nei campi rom di Roma, Napoli e Milano. E di queste 5.436 sono minori con un tasso di scolarizzazione “molto basso”. I dati sono stati forniti ieri dal ministro dell'Interno Roberto Maroni al termine di un incontro con i commissari straordinari nominati dal governo per l'emergenza rom - i prefetti di Roma, Milano e Napoli, Carlo Mosca, Gianvalerio Lombardi e Alessandro Pansa - che hanno presentato i risultati del censimento concluso il 15 ottobre.

23 Arriva la "Blue Card" per immigrati super-qualificati I rappresentanti dell’Unione europea hanno convenuto di dare oggi una "corsia preferenziale" al cosiddetto progetto "Blue Card" per cercare di attrarre verso il Vecchio Continente i lavoratori migranti altamente qualificati dai paesi in via di sviluppo, nel tentativo di fare concorrenza alla famosa "Green Card" degli Usa.

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24 I Medici italiani: emendamenti sicurezza contrari a etica Gli emendamenti sulla sanità al disegno di legge sulla sicurezza che prevedono la segnalazione dei nominativi dei malati che non ha i documenti in regola agli uffici competenti sono in "conflitto" con il codice deontologico medico. È quanto afferma il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Amedeo Bianco, in una lettera inviata a Filippo Berselli, presidente della Commissione Giustizia del Senato e a Carlo Vizzini, presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato e, per conoscenza, a tutti i Componenti delle due commissione, in cui chiede il ritiro di questi emendamenti.

24 Otto lavoratori immigrati su dieci pronti a scioperare per rivendicare i propri diritti Tra le preoccupazioni maggiori i livelli salariali, la stabilità lavorativa, la sicurezza e la rispondenza alla formazione. Scioperare per rivendicare i propri diritti di lavoratori e cittadini e un’eventualità accettata da otto lavoratori stranieri su dieci. È quanto emerge dall’indagine “Lavoro, diritti e integrazione degli immigrati” presentata ieri dall’Eures.

28 Benedetto XVI chiede “politiche per l’immigrazione basate su criteri di equità ed equilibrio” Nell’incontro con il nuovo ambasciatore delle Filippine presso la Santa Sede il Papa parla di immigrazione. “Le politiche interne e internazionali volte a regolare l'immigrazione devono essere basate su criteri di equità ed equilibrio, e c'è bisogno di una particolare cura per facilitare la riunificazione delle famiglie”.

28 Nuove disposizioni in materia di ricongiungimenti familiari Con una circolare del 28 ottobre 2008 il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione ha fornito alcuni chiarimenti in merito alle nuove disposizioni in materia di ricongiungimento familiare. Le nuove disposizioni riguardano principalmente i requisiti oggettivi e soggettivi in capo al richiedente ed ai familiari da ricongiungere, la cui sussistenza deve essere accertata, rispettivamente, dagli Sportelli Unici e dalle Rappresentanze italiane all'estero.

28 Frattini: "Niente più visti dal 2009 per gli albanesi” Tra meno di un anno gli albanesi che vorranno raggiungere le coste dell’Ue privi di visto forse potranno farlo. E così anche i viaggi della fortuna da Durazzo saranno solo un lontano ricordo. È la possibilità prospettata dal ministro degli esteri Franco Frattini nella conferenza stampa con il suo omologo albanese Lulzim Basha al termine di un incontro svoltosi ieri a Tirana.

29 Crisi mutui. Bankitalia: "Gli immigrati tra i mutuatari più a rischio” Che i mutui a tasso variabile sono più rischiosi di quelli a tasso fisso è intuibile da chiunque e riguarda principalmente i mutuatari più giovani, quelli residenti nelle regioni del Mezzogiorno e gli immigrati extracomunitari. Sono alcune delle conclusioni cui arrivano il Servizio Studi di Bankitalia, che ha esaminato le principali caratteristiche dei prestiti per l'acquisto di abitazioni concessi in Italia nel quadriennio 2004-2007.

30 Approvato in Senato il decreto sul contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina È stato approvato questa mattina dal Senato, con 135 voti a favore, 107 contrari e 3 astenuti, il ddl n. 1072, che converte in legge, con modifiche, il decreto legge 2 ottobre 2008, n. 151 contenente ‘Misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina’.

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30 Presentato il Dossier statistico 2008 a cura della Caritas Presentato oggi a Roma il XVIII Rapporto statistico curato dalla Caritas italiana e dalla Fondazione Migrantes. Dalla stima contenuta nel dossier risulta che i cittadini immigrati regolari nel nostro Paese sono circa quattro milioni, includendo in questo numero anche coloro che non sono ancora registrati all'anagrafe.

31 Medici senza frontiere via da Lampedusa Medici Senza Frontiere chiude oggi le sue attività al molo dell'isola di Lampedusa. "Msf - si legge in una nota - è costretta a prendere questa decisione dopo che il ministero dell'Interno italiano ha deciso di non firmare un nuovo protocollo d'Intesa e di non rilasciare il permesso necessario perchè Msf continui a operare adeguatamente”.

31 Immigrati, sì per altri 170 mila. Privilegiate colf e badanti. Nell'incontro tra Maroni e il ministro del Welfare sono state stabilite limitazioni per i chiamati da un lavoratore straniero. Il nuovo decreto flussi avrà una corsia preferenziale per colf e badanti. L'accordo è fatto, adesso bisogna mettere a punto le quote.

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NOVEMBRE

Il mese di novembre si apre con una notizia che era stata annunciata già il mese precedente. Il 1 novembre, infatti, il Governo approva il decreto flussi 2008, che vale 170mila posti e ripesca le domande del 2007. Il ministro dell’Interno Maroni ha confermato infatti che il decreto non riguarderà nuovi ingressi, ma solo le domande presentate l’anno precedente. Insomma nessun clic day, stavolta. Si è deciso di agevolare le domande di lavoratori domestici e d’assistenza alla persona. A loro si intendono riservare, infatti, ben 125mila quote: quasi il doppio delle 65mila del 2007. Il resto (si parla di 44.600 posti) servirà per i 14 Paesi che hanno sottoscritto accordi di cooperazione con l’Italia. Quel che avanza finirà nel settore edile. È stata confermata anche la decisione di porre un argine alle domande d’assunzione presentate da datori di lavoro stranieri (il 48% nel lavoro domestico) cui verrà richiesto il possesso del permesso CE per lungo-soggiornanti. Nel mese di novembre proseguono poi le analisi sugli effetti di una eventuale approvazione degli emendamenti sulla salute proposti dalla Lega Nord. Alla forte preoccupazione espressa, in una nota del 7 novembre, dalla Caritas Italiana in merito alla modifica dell'art.35 del testo unico sull'immigrazione che, 'qualora venisse approvata, cancellerebbe il divieto di segnalazione all'autorità giudiziaria per gli stranieri non in regola con le norme di soggiorno che si rivolgono alle strutture sanitarie’, si unisce il no per l’ipotesi del medico tenuto per legge a denunciare il clandestino che si rivolge al pronto soccorso, ribadito il 9 novembre da Amedeo Bianco, presidente della federazione degli Ordini dei Medici (Fnomceo). Tantissime poi le iniziative di gruppi locali, che stanno producendo documenti di condanna, prese di posizione e dibattiti/incontri anche con senatori nel proprio collegio elettorale. La SIMM insieme con l’Osservatorio Italiano sulla Salute Globale (OISG), ha ritenuto necessario emanare un puntuale comunicato stampa il 16 novembre, in cui ribadisce con forza che il provvedimento proposto rischia di essere gravemente inutile e anzi dannoso, spingendo gli stranieri a ricorrere a cure clandestine e quindi sottratte al controllo pubblico, con grave rischio per la salute dei cittadini. Lo scopo della norma, in vigore dal 1995, non è solo proteggere l’immigrato ma anche tutelare la salute pubblica impedendo il propagarsi di malattie. Inoltre, è chiaro che questa proposta segnerebbe un grave passo indietro nel processo di integrazione e di valorizzazione del capitale sociale nazionale. In tema di assistenza ai minori, il 28 novembre il ministro dell'Interno, nel corso della presentazione del calendario della Polizia e della sigla di un protocollo d'intesa con l'Unicef per iniziative finalizzate alla protezione dell'infanzia, ha annunciato che "prima di Natale daremo una risposta anche all'emergenza dei minori stranieri che arrivano in Italia e sono abbandonati dai genitori". Nel corso della giornata di studio organizzata il 19 novembre dall’Unicef in occasione del 19° anniversario della ratifica, da parte delle Nazioni Unite, della Convenzione internazionale dell’infanzia, sono stati presentati i dati raccolti dal gruppo di lavoro dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia presso il ministero del Lavoro. I minori rom, sinti e camminanti iscritti nelle classi italiane sono 12.342, il 4,3% in più rispetto al 2007. Solo la metà frequenta regolarmente la scuola primaria e l’1,5% accede all’istruzione secondaria. I numeri del ministero fotografano il popolo rom in 150.000 persone sul territorio nazionale, mentre l’Opera Nomadi parla invece di 170.000 rom e la Comunità di Sant’Egidio arriva a stimare circa 300.000 persone.

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Sempre in tema di popolazioni nomadi, si evidenzia lo studio 'La zingara rapitrice: racconti, denunce, sentenze dal 1986 al 2007' promosso dalla Fondazione della Cei e presentato l’11 novembre. “Un sentito dire", un "pettegolezzo", "una umiliante e infamante diceria" che non trova riscontro nelle carte dei tribunali, così Piergiorgio Saviola, direttore generale della fondazione Migrantes, bolla la storia delle nomadi “ladre di bambini”, alla luce della ricerca, che prende in esame 29 casi di presunti rapimenti di bambini gagé (nome con cui i rom chiamano i non rom) da parte dei nomadi. Presentata poi il 18 novembre l’indagine Istat “La vita quotidiana dei bambini e dei ragazzi”: secondo la quale oltre uno studente su due ha in classe compagni stranieri e, di questi, uno su tre ha rapporti con loro anche fuori dell'orario scolastico. Il fenomeno non si differenzia rispetto all'età e al tipo di scuola frequentata. L'Istat evidenzia anche che solo l'1% dei bambini e ragazzi italiani frequenta classi in cui i bambini stranieri sono la maggioranza. Sempre in tema di minori la Caritas di Roma presenta il 24 novembre “Crescere stranieri in Italia. Rischi e opportunità”. Il libro affronta le implicazioni cliniche e psicosociali dell'immigrazione dei minori, sia quelli al seguito dei genitori che di quelli nati in Italia. In ambito parlamentare continua il percorso del c.d. “Pacchetto sicurezza”. L’assemblea di Montecitorio ha approvato il 28 novembre il “decreto Maroni” con misure urgenti in materia di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina. Il provvedimento era stato già approvato dal Senato. Varato dopo i fatti sanguinosi di Castel Volturno dello scorso settembre, il dl Maroni approvato dalla Camera in via definitiva, tra l'altro, prevede l'utilizzo di 500 soldati nel casertano, la costruzione di nuovi Centri per l'identificazione e l'espulsione degli immigrati non in regola per una ricettività complessiva di mille nuovi posti. Contiene, inoltre, la proroga (marzo 2009) in materia di conservazione dei dati del traffico telefonico e telematico in supporto alle attività di prevenzione e repressione dei reati e norme più restrittive per l'accesso ai benefici riconosciuti alle vittime di reati di criminalità al fine di escludere chi continua ad operare in contesti criminali. Il Governo, poi, sempre nell’ambito dell’esame sul decreto sicurezza, annuncia l’8 novembre l’eliminazione dell’arresto obbligatorio e del processo per direttissima, ma solo il pagamento di un'ammenda da 5 a 10mila euro per gli immigrati che si trattengono sul territorio in violazione del decreto di espulsione. Ma non è questa l'unica novità introdotta nel testo del governo, all'esame dell'Aula da martedì prossimo 11 novembre. Sono stati accolti, infatti, alcuni emendamenti della Lega: la legalizzazione delle ronde cittadine, l'obbligo di schedatura dei clochard in un apposito elenco istituito presso il Viminale, un referendum tra gli abitanti prima di costruire una moschea o un qualsiasi altro luogo di culto per una confessione religiosa che non ha siglato un'intesa con lo Stato italiano. Passa poi l'ipotesi del “permesso di soggiorno a punti”. Inoltre, venire in Italia per studiare la lingua sarà sempre più difficile: per avere il permesso di soggiorno, infatti, si dovrà superare un test linguistico. Sul punto, il ministro dell'Interno è intervenuto il 13 novembre al Quirinale all'incontro del Presidente della Repubblica con una delegazione di 'Nuovi Cittadini' che hanno acquisito di recente la cittadinanza italiana. «Il rispetto dei nostri valori fondanti e la conoscenza essenziale della nostra lingua e della nostra storia devono essere accertati con serenità ed equilibrio affinchè non si giunga a concedere il beneficio della cittadinanza indistintamente a tutti attraverso valutazioni superficiali. Il ministro dell'Interno ha sottolineato che la legge sulla cittadinanza «risale all'inizio degli anni '90 e non affrontava ancora il problema della trasformazione dell'Italia da paese di transito a paese di massiccia immigrazione. Infatti - ha proseguito - quale fattore fondamentale di garanzia per il processo di integrazione,

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considera giustamente importante il decorso del tempo, ma non si sofferma sufficientemente sull'importanza di una concreta verifica della reale presa di coscienza dei valori costituzionali da parte dell'aspirante cittadino». Maroni ha quindi evidenziato la necessità «che le persone giungano già preparate al momento del giuramento da cittadini, anche perché formarsi è un dovere civico prima ancora che una garanzia di inserimento sociale». Sulle direttive in tema di requisito di reddito minimo, adeguato a garantire all'aspirante l'opportuna autosufficienza economica, Maroni si è detto convinto che «la sfida che abbiamo avanti è quella di considerare l'attribuzione della cittadinanza quale traguardo di un percorso di reale integrazione e non semplicemente come uno degli strumenti attraverso i quali perseguirla». Maroni ha poi commentato i dati sulla concessione di nuove cittadinanze, che nell'ultimo quadriennio hanno avuto un trend crescente, partendo dalle 19.226 del 2005 e arrivando alle 35.766 del 2006 e alle 38.466 del 2007. Al 31 ottobre di quest'anno le concessioni sono attestate a 32.238. «Questi numeri destinati ad un progressivo aumento - ha detto il ministro - richiedono un impegno da parte delle istituzioni affinchè l'integrazione degli immigrati sia effettiva, obiettivo che un'apertura indiscriminata delle frontiere non riesce a garantire. Non si tratta - ha concluso Maroni - solo ed esclusivamente di una questione di sicurezza, ma di creare la maggiore integrazione possibile in condizioni sostenibili da parte del Paese». In ambito internazionale, è da segnalare la Conferenza ministeriale euro-africana su immigrazione e sviluppo che si è conclusa il 27 novembre a Parigi con l'adozione di un programma di cooperazione triennale che mira ad inquadrare la migrazione legale, lottare contro quella illegale, e organizzare lo sviluppo solidale. Secondo Brice Hortefeux, ministro francese dell’immigrazione, con l’incontro di Parigi che ha seguito quello di Rabat del 2006, “siamo passati dal pomo della discordia alla volontà di affrontare collettivamente la sfida” dei fenomeni migratori.Tra le misure proposte, il ricorso all'informatica e alla biometria per combattere la frode dei documenti, molto diffusa in certi Paesi africani, e la creazione di posti di frontiera comuni. Il piano auspica il miglioramento delle riammissioni nei Paesi d'origine dei clandestini espulsi dall'Europa e la promozione dei ritorni volontari con aiuti al reinserimento. Per organizzare la migrazione legale, la Conferenza auspica la creazione o il rafforzamento nei Paesi d'origine di agenzie specializzate in materia d'impiego. La Conferenza ha però dimostrato che in materia di immigrazione persistono malintesi tra europei e africani. In particolare, gli Stati africani hanno espresso dubbi sul Patto europeo sull'immigrazione adottato il 16 ottobre, che ha lo scopo di regolare i flussi migratori in funzione dei bisogni di mano d'opera degli Stati europei. Timori sono stati espressi anche per la politica di “attirare” manodopera qualificata. Il Ministro Frattini ha poi inaugurato il 25 novembre a Chisinau la cancelleria consolare dell’ Ambasciata d’Italia in Moldova. Un passo fondamentale per i cittadini moldavi che vengono a lavorare in Italia e che fino a oggi, in mancanza di una rappresentanza nel loro Paese, sono stati costretti a chiedere il visto al nostro consolato di Bucarest. La rappresentanza diplomatica a Chisinau inizierà infatti a rilasciare visti d’ingresso solo “a partire dal prossimo anno” come si legge in una nota della Farnesina. Quindi chi ha bisogno di entrare a breve in Italia deve ancora fare prima un viaggio in Romania. Si stima che dai cittadini moldavi arriveranno circa 40mila richieste di visto l’anno. Secondo i dati dell’Istat, la comunità conta in Italia già quasi 70mila residenti regolarmente iscritti all’anagrafe. Secondo il Rapporto Eurostat, presentato il 19 novembre, sono circa 3 milioni gli immigrati stranieri che nel 2006 si sono stabiliti in un paese dell'Unione europea: di questi 1,8

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milioni sono cittadini di Paesi terzi, mentre per i restanti 1,2 milioni si tratta di movimenti intracomunitari. Il Paese in cui, sempre nel 2006, si sono registrati più immigrati è stata la Spagna (803mila persone) che, con Germania e Regno Unito, hanno accolto il 60% del totale degli immigrati stranieri dell'Ue. L’elezione il 6 novembre di Barack Obama a 44° Presidente degli Stati Uniti porta l’interesse verso il suo programma immigratorio, inteso come un nuovo, più responsabile ed equo percorso verso la cittadinanza. Il piano è strutturato essenzialmente in cinque punti che indicano la direzione nella quale si dovrebbe muovere la nuova presidenza: 1) Fare uscire gli irregolari dall’ombra, attraverso il pagamento di una ammenda, l’apprendimento della lingua inglese, il rispetto delle leggi e dell’iter di acquisizione della cittadinanza. 2) Migliorare il sistema immigratorio, attraverso un processo che alleggerisca una burocrazia pesante e non funzionale e l’innalzamento del tetto annuale di entrate ammesse, privilegiando i ricongiungimenti familiari e la locazione delle competenze e professionalità maggiormente richieste dal mercato americano. 3) Creazione di confini sicuri, auspicando personale di frontiera supportato da una tecnologia più avanzata e soprattutto da una intelligence costantemente aggiornata. 4) Rimozione degli incentivi agli ingressi irregolari, sanzionando i datori di lavoro che impiegano individui senza sufficiente documentazione. 5) Cittadinanza agli immigrati in forza nell’esercito USA, in quanto oltre il 40% dei militari stranieri che lavorano nell’esercito USA non ha la cittadinanza. Durante il mese la Cassazione ha poi pronunciato alcune importanti sentenze. Il 1 novembre la Corte ha confermato l’assoluzione da parte del Tribunale di Trieste di un immigrato macedone regolarmente residente in Italia che aveva violato la legge per evitare danni alla figlia più piccola. Il padre non era riuscito ad ottenere il nullaosta per il ricongiungimento familiare per la figlia di dodici anni, e così la ragazza era entrata irregolarmente in Italia per evitare di restare abbandonata a se stessa nel paese di origine. L’adolescente era stata l’unica della famiglia a non avere ottenuto il visto d’ingresso e quindi i familiari avevano tentato di farle attraversare comunque la frontiera per non lasciarla da sola in patria. Per il caso è stato riconosciuto lo “stato di necessità” al di là della violazione della legge sull’immigrazione. La Suprema Corte annulla il 29 novembre sentenza di condanna a una mamma rom arrestata perchè trovata a chiedere l'elemosina insieme al figlio. Non sempre infatti si può definire 'schiavitù' la condizione dei bambini rom sorpresi a mendicare. Per la Suprema Corte il confine tra riduzione in schiavitù ed esigenze dettate dalla povertà è molto labile quando si tratta di popolazioni rom, dove i genitori "anche per tradizione culturale" mendicano per le strade assieme ai figli. Sempre la Cassazione il 20 novembre dà una possibilità in più ai ricongiungimenti familiari, quando venga dimostrato che l’extracomunitario non è un pericolo per la sicurezza del Paese: il fatto che sia stato espulso e che esista a suo carico una segnalazione Schengen non è infatti sufficiente per rifiutare il visto. Allo stesso tempo, però, chi vuol far revocare il rifiuto delle autorità al ricongiungimento ha l’onere di provare l’ininfluenza della segnalazione e cioè che l’extracomunitario non costituisce un pericolo.

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CRONOLOGIA novembre 2008 03 Maggiore il rischio d'insuccesso scolastico per gli stranieri

Gli alunni stranieri risultano più esposti all’insuccesso scolastico e all’isolamento relazionale. Il rendimento scolastico degli studenti stranieri è generalmente più basso di quello dei coetanei italiani. È quanto emerge da una ricerca del Cesvot su un campione di studenti toscani.

03 Domande d'asilo, superata quota 20 mila nel 2008. Status concesso all'8% dei richiedenti Il tetto delle 20mila domande d'asilo, presentate da potenziali rifugiati politici alla Commissione nazionale per il diritto di asilo e alle commissioni territoriali, è stato ampiamente superato. Questi i dati aggiornati al 31 ottobre forniti dall'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Con un netto incremento rispetto alle 18mila domande presentate tra il 1 gennaio e il 31 agosto (delle quali quasi 11mila sono già state esaminate). In tutto il 2007 le domande esaminate dalla Commissione nazionale e dalle commissioni territoriali erano state poco meno di 15mila.

04 Barack Obama, neoeletto 44esimo presidente degli USA, e i punti cardine della questione immigratoria Barack Obama considera il suo programma immigratorio come un nuovo, più responsabile ed equo percorso verso la cittadinanza.

05 Ricongiungimenti e rifugiati: via alle nuove regole Via alle nuove regole su ricongiungimenti e rifugiati. Da oggi entrano in vigore i decreti legislativi 160/2008 e 159/2008 pubblicati due settimane fa in Gazzetta Ufficiale.

06 Ricongiungimento familiare: la previsione del test del DNA potrebbe contrastare con il diritto comunitario Per la Commissione europea sono necessarie ulteriori informazioni da parte dell’Italia per valutare la compatibilità del d.lgs. n. 160 con la direttiva sui ricongiungimenti.

07 Appelli di Caritas e Simm al Parlamento: no a obbligo di denuncia dei clandestini in ospedale Le nuove norme sull'immigrazione mettono a rischio la salute pubblica. È questa 'la forte preoccupazione’ espressa dalla Caritas Italiana in merito alla modifica dell'art.35 del testo unico sull'immigrazione che, qualora venisse approvata, cancellerebbe il divieto di segnalazione all'autorità giudiziaria per gli stranieri non in regola con le norme di soggiorno che si rivolgono alle strutture sanitarie.

08 Ddl sicurezza, niente arresto per i clandestini Il governo ci ripensa e sugli immigrati clandestini annuncia misure più 'soft'. Niente più arresto obbligatorio e processo per direttissima, ma solo il pagamento di un'ammenda da 5 a 10mila euro, dopo un giudizio davanti al giudice di pace. Il passo indietro si registra nel disegno di legge sulla sicurezza appena licenziato dalla Commissione Giustizia del Senato.

10 Sei miliardi di euro le rimesse dei cittadini stranieri in Italia nel 2007 Sei miliardi di euro l’ammontare delle rimesse che gli oltre 3 milioni di immigrati hanno spedito nei loro Paesi d'origine nel 2007. Un flusso di liquidità pari allo 0,4% della ricchezza complessivamente prodotta a livello nazionale e che dal 2000 al 2007 è cresciuto di quasi dieci volte (+927%). Sono i dati che emergono da una ricerca del Centro Studi Sintesi di Venezia che ha analizzato la natura e la destinazione finale delle rimesse degli immigrati in Italia.

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11 Gestione dei flussi migratori: on line il bando del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione per la governance dei Fondi europei Il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del ministero dell'Interno è titolare della gestione di tre dei quattro Fondi del 'Programma quadro sulla solidarietà e gestione dei flussi migratori per il periodo 2007-2013', istituito con la Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 6 aprile 2005. Si tratta di uno strumento per garantire coerenza tra tutti gli interventi rilevanti previsti dai Paesi dell'Unione in materia di gestione dei flussi migratori e le risorse finanziarie ad essi necessarie.

11 La bufala della zingara ladra di bambini Piergiorgio Saviola, direttore generale della fondazione Migrantes, bolla la storia delle nomadi “ladre di bambini”, alla luce dello studio 'La zingara rapitrice: racconti, denunce, sentenze dal 1986 al 2007' promosso dalla Fondazione della Cei.

13 Cittadinanza, Maroni: essenziale la conoscenza della lingua e della storia italiana. Il ministro dell'Interno è intervenuto al Quirinale all'incontro del Presidente della Repubblica con una delegazione di 'Nuovi Cittadini'. «Il rispetto dei nostri valori fondanti e la conoscenza essenziale della nostra lingua e della nostra storia devono essere accertati con serenità ed equilibrio affinchè non si giunga a concedere il beneficio della cittadinanza indistintamente a tutti attraverso valutazioni superficiali».

16 Il tasso di occupazione della popolazione straniera è maggiore di quella italiana (67,1% contro il 58,1%). Tra i fattori che spiegano questa differenza c'é soprattutto la forte disponibilità degli immigrati ad accettare qualsiasi tipo di lavoro, anche i meno qualificati. È quanto emerge da un rapporto realizzato dal Centro per le ricerche di economia e del lavoro e dell'industria (Creli) dell'Università Cattolica di Milano su "Gli immigrati nel mercato del lavoro" presentato oggi al Cnel dal Comitato di presidenza Onc.

16 Appello SIMM "Ritirare l’emendamento che modifica l’art. 35 del T.U.” La SIMM (Il Consiglio di Presidenza della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni) rivolge un appello nel quale evidenzia che il rischio di segnalazione e/o denuncia contestuale alla prestazione sanitaria creerebbe una barriera insormontabile per l’accesso e spingerebbe ad una “clandestinità sanitaria” pericolosa per l’individuo ma anche per la popolazione laddove possano esserci malattie trasmissibili.

18 Immigrazione e scuola: un bambino su due ha in classe compagni stranieri. Soltanto l’1% degli alunni italiani è in classe con compagni “in maggioranza” stranieri. Oltre uno studente su due ha in classe compagni stranieri e, di questi, uno su tre ha rapporti con loro anche fuori dell'orario scolastico. È quanto emerge dall'indagine dell'Istat “La vita quotidiana di bambini e ragazzi” relativa al 2008, presentata ieri a Roma. Lo studio rileva che la maggioranza dei bambini e ragazzi italiani frequenta classi con ragazzi stranieri (54,8%).

19 Ordine dei medici: non denunceremo i clandestini No al medico tenuto per legge a denunciare il clandestino che si rivolge al pronto soccorso. Lo ha ribadito ieri mattina Amedeo Bianco, presidente della federazione degli Ordini dei Medici (Fnomceo), intervenendo alla trasmissione radiofonica Viva Voce.

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19 Alunni rom, sinti e camminanti: istruzione secondaria per l'1,5% I minori rom, sinti e camminanti iscritti nelle classi italiane sono 12.342. Il 4,3% in più rispetto al 2007. Solo la metà frequenta regolarmente la scuola primaria e l’1,5% accede all’istruzione secondaria. I dati sono stati presentati nel corso della giornata di studio organizzata dall’Unicef in occasione del 19° anniversario della ratifica, da parte delle Nazioni Unite, della Convenzione internazionale dell’infanzia.

19 Quasi 3 milioni gli immigrati stabilitisi nel 2006 in un paese dell’Unione Sono circa 3 milioni gli immigrati stranieri che nel 2006 si sono stabiliti in un paese dell'Unione europea. Secondo il Rapporto Eurostat, presentato ieri, di questi 1,8 milioni sono cittadini di Paesi terzi, mentre per i restanti 1,2 milioni si tratta di movimenti intracomunitari.

19 L'integrazione dei minori rom, l'Europa dell'Est insegna Esempi di buone pratiche in Bulgaria, Ungheria, Serbia e Slovacchia dove grazie ai corsi pilota di pre-scolastica sono stati inseriti a scuola 4.184 bambini. L’integrazione della popolazione rom segue percorsi differenti e a volte opposti in ogni angolo del pianeta. A spiegarlo, nel corso della giornata di studi sui minori nomadi organizzata dall’Unicef, è Luigi Cittarella, membro del comitato Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

20 Cassazione: ricongiungimento familiare anche se l'immigrato è espulso o segnalato La Cassazione dà una possibilità in piú ai ricongiungimenti familiari, quando venga dimostrato che l’extracomunitario non è un pericolo per la sicurezza del Paese: il fatto che sia stato espulso e che esista a suo carico una segnalazione Schengen non è infatti sufficiente per rifiutare il visto. Allo stesso tempo, peró, chi vuol far revocare il rifiuto delle autorità al ricongiungimento ha l’onere di provare l`ininfluenza della segnalazione e cioè che l’extracomunitario non costituisce un pericolo.

20 Aiccre: ''nel mondo 12 milioni di vittime del traffico di esseri umani' Sono più di 12 milioni le persone nel mondo vittime del traffico di essere umani. Di queste, 500 mila solo in Europa. Per denunciare il fenomeno e sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni parte oggi "Contro tutte le forme di tratta", la newsletter dell'Aiccre (l'Associazione italiana per il Consiglio dei Comuni e delle Regioni italiane) che sarà indirizzata ai 21 mila iscritti Aiccre, alle Ong, alle associazioni e agli Enti che si occupano del fenomeno.

21 Ddl sicurezza: i testi e gli emendamenti Non arriverà prima di dicembre il voto del Senato sul ddl sicurezza. L’aula di palazzo madama ha infatti concluso nei giorni scorsi la discussione generale, ma l’esame degli emendamenti e la votazione è calendarizzata solo dopo la conclusione della sezione di bilancio. Intanto, sono stati pubblicati tutti i testi sui quali si confronteranno i senatori.

24 Mons. Di Tora (Caritas): “l’infanzia non può essere mai clandestina” Presentato il libro della Caritas di Roma “Crescere stranieri in Italia. Rischi e opportunità”. La denuncia: “Le donne che chiamiamo ad assistere i nostri figli ed i nostri anziani debbono rimpatriare i loro figli nati in Italia perché non le aiutiamo ad accudirli”.

24 Consiglio d'Europa denuncia: poche le risorse per salvare i naufraghi Il Consiglio d'Europa è molto preoccupato per l'assistenza spesso carente che alcuni paesi riservano ai "boat people" che sbarcano sulle coste europee in cerca di ospitalità e lavoro o asilo politico. Si lamenta soprattutto una inadeguata attività di ricerca e salvataggio dei dispersi che accresce, cosi', i già numerosi rischi per i naufraghi e, di conseguenza, il numero dei morti.

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25 Immigrazione sempre più stabile grazie a nascite e matrimoni misti. 3,5 milioni di stranieri residenti con 1,7 milioni di famiglie con almeno un componente straniero (pari al 6,7% di tutte le famiglie) è il dato che dimostra la “crescente stabilizzazione” che caratterizza l’immigrazione in Italia, stando a quanto emerge dal Rapporto Ocse-Sopemi “International Migration Outlook” presentato ieri presso il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel) a Roma.

26 Immigrazione qualificata nell'UE: slitta il varo ufficiale della “carta blu”. Slitta di due settimane, all’8 dicembre, la riunione dei Ministri degli interni della UE che domani avrebbe dovuto approvare in via definitiva la “carta blu”, il permesso di soggiorno per lavoratori altamente qualificati.

28 Approvato nuovo schema capitolato di appalto per la gestione dei centri di accoglienza È stato predisposto dalla Direzione Centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione il nuovo schema di capitolato di appalto per il funzionamento e la gestione dei centri di accoglienza per immigrati, approvato con decreto ministeriale del 21 novembre 2008.

28 È legge il decreto Maroni sui nuovi CIE Con 281 si', 204 no e 34 astenuti, l'assemblea di Montecitorio ha approvato il cosiddetto dl Maroni con misure urgenti in materia di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina. Il provvedimento era stato già approvato dal Senato. Il via libera è stato salutato dai deputati della maggioranza con un lungo applauso.

28 "Immigrato? Ti diamo 2000 euro se vai a vivere in un altro Comune” La crisi economica spinge a prendere misure drastiche. E gli immigrati, anello debole, sono i primi a pagare lo scotto della recessione. Spresiano, piccolo comune in provincia di Treviso, non ha perso tempo e offre un bonus di 2mila euro agli immigrati indigenti che decideranno di trasferirsi.

28 Vaticano, presto documento su accoglienza rifugiati Il Vaticano diffonderà entro il prossimo anno un documento dedicato all'accoglienza dei rifugiati, dando precise indicazioni sull'assistenza loro necessaria, nel breve e nel lungo periodo. Lo ha affermato il segretario del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, arcivescovo Agostino Marchetto.

30 Il punto sull’emendamento della Lega in tema di cure sanitarie In questo periodo di pausa dei lavori in Senato circa il “pacchetto sicurezza”, l’attenzione sugli effetti di una eventuale approvazione degli emendamenti sulla salute proposti dalla Lega Nord si è spostata a livello territoriale. Tantissime le iniziative di gruppi locali, che stanno producendo documenti di condanna, prese di posizione e dibattiti/incontri anche con senatori nel proprio collegio elettorale.

30 Lavoratori europei: mobili o stanziali? Più di metà dei cittadini europei (53%), alla domanda su cosa rappresenti per loro la UE, mettono la libertà di viaggiare e di lavorare in un altro Stato membro al primo posto, molto prima dell’introduzione dell’euro e della salvaguardia della pace. Tuttavia, in realtà, quelli che usufruiscono concretamente di questa libertà quando si tratta di stabilirsi all’estero per lavorare sono ancora una piccola parte. Di questo tema si è occupata recentemente una ricerca di Eurofound (‘Mobility in Europe’), evidenziando oltre ai flussi migratori interni alla UE anche le sfide e le opportunità che la mobilità pone.

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30 Le strategie europee per l’occupazione giovano soprattutto a donne e migranti La strategia europea per l’occupazione sta cominciando a portare frutti, perché ha dato slancio al ruolo delle amministrazioni locali nella creazione di posti di lavoro migliori e più numerosi in particolare per i lavoratori migranti. A sostenerlo è Eurofound, l’ente europeo che si occupa di svolgere indagini e ricerche sul miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro nell’area UE.

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DICEMBRE

Dicembre è periodo di bilanci. Secondo gli ultimi dati del Viminale, riportati dalla stampa il 31 dicembre, gli extracomunitari giunti quest'anno sulle coste italiane sono stati 36.900, circa il 75% in più rispetto al 2007. Anche quest'anno la stragrande maggioranza dei clandestini è approdata a Lampedusa (circa 31.000 sul totale), il cui centro di accoglienza è arrivato praticamente al collasso dopo gli ultimi sbarchi. Alle molteplici notizie negative, che hanno accompagnato, durante tutto l’anno, il luogo di approdo siciliano, fa da contraltare, il 1 dicembre, il plauso derivante dal Consiglio d’Europa. L'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa promuove, infatti, il sistema di accoglienza italiano per i migranti che arrivano via mare. I delegati hanno approvato il rapporto redatto dal parlamentare danese Morten Ostergaard che definisce il centro di Lampedusa “uno dei migliori nell'area del Mediterraneo”, soprattutto se confrontato con i centri di Malta e Grecia, le cui condizioni sono definite “inaccettabili”. Il clima di allerta immigrazione viene sottolineato, ancora una volta dal responsabile del dicastero dell’interno, il 17 dicembre a Berlino nell'ambito del vertice bilaterale con il collega tedesco Wolfgang Schaeuble, a capo del ministero federale dell'Interno della Germania. L'Italia, sottolinea Maroni, chiederà ai Paesi dell'Unione europea “l'attuazione concreta del principio di solidarietà per quanto riguarda l'immigrazione”. Degli oltre 30.000 immigrati giunti nel 2008 in Italia, ha reso noto il Ministro, l'80% ha fatto richiesta di asilo, e probabilmente lo otterrà, e il nostro Paese, in base agli accordi europei, deve farsene carico. Ma molti immigrati, secondo il ministro dell'Interno, giungono sul territorio nazionale «non perché vogliono stare in Italia, ma perché è il primo Paese che incontrano venendo dal Maghreb, insieme a Malta». Secondo i dati dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, i titolari di protezione internazionale riconosciuti in Italia nel 2007 sono 38.068. Lo scorso anno sono pervenute alle Commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato circa 14.053 nuove domande e sono stati esaminati i casi di 13.059 richiedenti con i seguenti esiti: 1.408 rifugiati riconosciuti (10,4%), 6.318 dinieghi con protezione umanitaria (46,7%), 4.908 dinieghi e 875 tra rinunce, casi Dublino e irreperibili. Il 60% dei cittadini stranieri che ha chiesto protezione in Italia nel 2007 proveniva da paesi africani (Eritrea, Nigeria, Costa d’Avorio, Somalia e Ghana), il 22% dall’Europa (in particolare Serbia-Montenegro) e il 17% dall’Asia (soprattutto dall’Afghanistan). Per aiutarci a comprendere meglio il quadro della situazione dei rifugiati nel nostro paese è interessante analizzare il "Rapporto annuale 2007/2008 del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar)”, presentato il 16 dicembre, a Roma. Lo Sprar, Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, istituito dalla legge 189/2002 è costituito dalla rete degli enti locali che forniscono accoglienza a richiedenti e titolari di protezione internazionale provvedendo al vitto e all’alloggio, ma anche a fornire servizi di orientamento legale e sociale, nonché la costruzione di percorsi individuali di inserimento socio-lavorativo. Secondo quanto riferito dal rapporto annuale, nel 2007 la rete di accoglienza è stata composta da 104 progetti territoriali promossi da 95 enti locali. I posti messi a disposizione sono stati 3.041 e le persone accolte nel corso dell’anno 6.284 tra richiedenti asilo, rifugiati e titolari di protezione umanitaria. Le regioni coinvolte nei progetti sono state 19 mentre 65 le province. il Lazio si è confermato territorio "più accogliente" con 12 progetti nei quali sono state ospitate 1.707 persone, ovvero il 27% degli accolti nell’anno. Seguono la Lombardia e la Sicilia – in entrambe le regioni sono stati ospitati il 13% del totale dei beneficiari Sprar - e l’Emilia Romagna con il 6% di prese in carico. Tra le grandi città che hanno partecipato al Sistema di protezione: Roma, Milano, Bologna, Firenze, Palermo e Napoli. La maggioranza delle persone

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accolte proviene da Eritrea, Afghanistan, Etiopia, Costa d’Avorio e Nigeria. Nel corso degli ultimi tre anni si è assistito ad una diminuzione dei beneficiari provenienti dalla Turchia e dal Sudan mentre sono aumentati i colombiani. Un dato nuovo del 2007 è rappresentato dalla crescita dei beneficiari provenienti dalla Costa d’Avorio, dalla Nigeria e dall’Afghanistan. Emerge inoltre che il beneficiario tipo del Sistema di protezione è un uomo singolo di età compresa tra i 18 e i 40 anni. Infine uno sguardo alla tipologia dei permessi di soggiorno: il 46% dei beneficiari dello Sprar nel 2007 aveva una protezione umanitaria, il 41% era richiedente asilo e solo il 13% aveva ottenuto lo status di rifugiato. I posti destinati ai minori non accompagnati richiedenti asilo lo scorso anno sono stati 192; le persone accolte 197, il 54% dei quali proveniente dall’Afghanistan, il 12% dalla Somalia, il 10% dall’Eritrea, il 5% dalla Costa d’Avorio e il 4% dall’Eritrea. Dai dati presentati dal rapporto emerge che il 96% degli accolti è di sesso maschile e solo il 5% sono donne. Il ruolo dell’Italia come paese di destinazione e transito è riconosciuto dalla Commissione europea che il 19 dicembre adotta il programma pluriennale 2007-2013 per l'Italia a titolo del Fondo per le frontiere esterne, per un totale stimato di 211 milioni di euro. l'Italia, che è il secondo principale beneficiario del Fondo per le frontiere esterne, ha dato prova di impegno nell'assicurare controlli alle frontiere esterne di alta qualità e un traffico transfrontaliero flessibile. Scegliendo, infatti, di attuare tutte e cinque le priorità strategiche del Fondo: prosecuzione dell'istituzione graduale del sistema comune integrato di gestione delle frontiere; sviluppo delle componenti nazionali di un sistema europeo di sorveglianza e/o di una rete europea permanente di pattuglie costiere alle frontiere marittime meridionali; sostegno al rilascio di visti e alla lotta contro l'immigrazione clandestina tramite i servizi consolari degli Stati membri nei paesi terzi; istituzione dei sistemi informatici necessari all'attuazione della normativa comunitaria in materia di frontiere esterne e visti (VIS e SIS); attuazione della normativa comunitaria in materia di frontiere esterne e visti, in particolare del codice frontiere Schengen e del codice europeo dei visti. All'allarme clandestini il Governo risponde con misure d'emergenza: già dal 30 dicembre, infatti, come annunciato dal ministro dell'Interno, Roberto Maroni, partiranno i primi rimpatri di migranti direttamente da dove sono sbarcati. A gennaio, inoltre, verrà dato il via ai pattugliamenti congiunti nelle acque libiche. Nonostante l'Italia abbia firmato, nei mesi scorsi, un accordo bilaterale anche militare manca la cooperazione da parte della Libia, come si apprende dalla stampa il 9 dicembre. Questa, secondo il vice direttore dell'agenzia europea per le frontiere Frontex, Gil Arias, è una delle cause dell’aumento dell'immigrazione irregolare in Italia. A differenza di quanto fanno le autorità senegalesi e mauritane per prevenire le partenze verso le Canarie, nel caso della Libia mancherebbe la volontà di cooperare. Il giro di vite nei confronti dell’immigrazione, dato dal governo Berlusconi con il c.d. “Pacchetto sicurezza”, trova degli emuli a livello internazionale. Il governo Zapatero, il 22 dicembre, approva il progetto per modificare la legge attuale sull’immigrazione. Contrastare i flussi irregolari introducendo nuovi reati e pene più severe; collegare maggiormente i flussi d’ingresso al mercato del lavoro e finanziare i progetti di integrazione portati avanti dalle realtà locali, sono i tre assi della riforma dell’immigrazione varata venerdì scorso e che ora passerà al vaglio del Congresso dei Deputati spagnoli. Il testo modifica una cinquantina dei 71 articoli della legge in vigore. Più in dettaglio, sul fronte della lotta alla clandestinità, la riforma vuole alzare da 40 a 60 giorni, più 10 su richiesta giudiziaria, il limite massimo di detenzione nei centri di permanenza. Parallelamente vengono riconosciuti i diritti fondamentali a chi non ha i documenti, come quello all’istruzione o all’assistenza giuridica gratuita.

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Un giro di vite è previsto anche per i ricongiungimenti. I genitori potranno arrivare solo se hanno più di 65 anni e se chi fa richiesta ha la residenza permanente, riconosciuta dopo cinque anni di soggiorno regolare in Spagna. Migliorano invece le condizioni per i ricongiungimenti con i figli dai 16 ai 18 anni, che una volta in Spagna avranno diritto a un permesso per lavoro. Tornando in Italia, altra notizia molto importante, che segna l’epilogo delle discussioni dei mesi precedenti, è stata la firma il 3 dicembre del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che determina la programmazione dei flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari nel territorio dello Stato per l'anno 2008. Le quote saranno attinte dalle richieste inviate agli sportelli unici per l'immigrazione entro il 31 maggio 2008. Si tratta di complessivi 150.000 cittadini extracomunitari che entrano in Italia per motivi di lavoro subordinato non stagionale. Come ci si attendeva, la maggior parte delle quote, 105.400, è stata riservata ai lavoratori domestici o di assistenza alla persona. Tale provvedimento, si legge nel decreto, è stato adottato in considerazione dell’attuale congiuntura economica e del prioritario fabbisogno delle famiglie nel settore dell’assistenza domiciliare. In conclusione, si segnala una notizia che da sempre è nei dibattiti politici e non: l’inizio il 16 dicembre presso la Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati dell’iter parlamentare di otto progetti di legge, tutti di iniziativa parlamentare, volti a modificare la disciplina sulla cittadinanza (L. 91/92). Per quanto concerne il contenuto, i progetti di legge possono essere così suddivisi:

- il riacquisto della cittadinanza da parte degli italiani residenti all’estero che l’abbiano perduta a seguito della naturalizzazione nei Paesi di accoglienza;

- l’introduzione di un “test di naturalizzazione” per gli stranieri e gli apolidi che richiedano la cittadinanza;

- la revoca della cittadinanza, in caso di condanna definitiva per gravi delitti, per coloro che l’hanno acquistata per matrimonio.

- l’acquisto della cittadinanza per nascita, ampliando il novero dei casi in cui la cittadinanza è attribuita in base al criterio dello jus soli;

- l’acquisto della cittadinanza da parte del minore, consentendola tra l’altro per il minore figlio di genitori stranieri che abbia frequentato corsi di istruzione presso istituti scolastici del sistema nazionale di istruzione o percorsi di formazione professionale;

- l’acquisto della cittadinanza per matrimonio, prevedendo modifiche in senso restrittivo della disciplina vigente;

- i motivi preclusivi dell’attribuzione della cittadinanza; - la concessione della cittadinanza per naturalizzazione, aggiungendo al requisito del

periodo minimo di dieci anni di presenza regolare e continuativa in Italia già previsto, quello del possesso di un reddito sufficiente.

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CRONOLOGIA dicembre 2008 01 Consiglio d’Europa: plauso all’Italia per il Centro di Lampedusa

Nel Rapporto il centro di Lampedusa è definito “uno dei migliori del Mediterraneo”. L'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa promuove il sistema di accoglienza italiano per i migranti che arrivano via mare.

01 Cassazione: immigrati regolari possono far entrare figli clandestinamente Il genitore immigrato, in possesso di regolare lavoro, che fa entrare clandestinamente un figlio non commette reato perché agisce «in stato di necessità» per evitarne «l’abbandono». Lo ha stabilito la Prima sezione penale della Cassazione (sentenza n. 44048).

02 Studio: gli studenti immigrati si sentono poco italiani Vogliono fare l'università e hanno alte aspettative lavorative, nonostante il loro rendimento scolastico sia più basso rispetto ai compagni italiani. Si sentono italiani solo in un terzo dei casi, ma, come i loro coetanei, hanno quasi tutti il cellulare. È il ritratto dei minori stranieri che vivono e studiano nel nostro Paese, la prima generazione di figli degli immigrati a crescere nella società multietnica italiana.

03 Nomadi: un piano per gli interventi successivi al censimento dei campi. Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha presieduto nel pomeriggio al Viminale una riunione con i Prefetti di Roma, Milano e Napoli, Commissari straordinari per l’emergenza relativa agli insediamenti di comunità nomadi, e con i rappresentanti del ministero del Lavoro, Salute e Politiche Sociali, del ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, e con il presidente dell’UNICEF.

03 Migranti, omosessuali, donne, rom: diritti violati in Europa Diritti umani violati in maniera ancora troppo consistente nell’Europa di oggi: è la conclusione cui giunge il rapporto d’iniziativa sulla situazione dei diritti umani in Europa 2004-2008, approvato ieri dalla Commissione Libertà civili, Giustizia e Affari interni (Libe) del Parlamento europeo con 29 voti a favore, 7 astenuti e 7 contrari.

03 Asilo politico: le proposte di Bruxelles La Commissione chiede di modificare la direttiva accoglienza e i regolamenti di Dublino ed Eurodac; garantire a tutti i richiedenti asilo equità e parità di trattamento, a prescindere dal luogo in cui presentano la domanda di asilo nell'UE, e migliorare l'efficacia del sistema europeo d'asilo.

04 Decreto flussi 2008: 150.000 cittadini extracomunitari ammessi per lavoro subordinato non stagionale È stato firmato il 3 dicembre 2008 il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che determina la programmazione dei flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari nel territorio dello Stato per l'anno 2008. Si tratta di complessivi 150.000 cittadini extracomunitari che entrano in Italia per motivi di lavoro subordinato non stagionale.

04 OIM: nel XXI secolo si continuerà ad emigrare per cercare lavoro Questo è il messaggio del Rapporto presentato a Ginevra lo scorso 2 dicembre. Il World Migration Report 2008 dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), giunto alla seconda edizione ed incentrato sul tema della “Gestione della mobilità della manodopera in un panorama economico mondiale in evoluzione”, afferma che la richiesta di una maggiore efficienza produttiva, conseguenza di una forte concorrenza mondiale, fa sì che i lavoratori si trovino a far parte di un mondo sempre più interconnesso e caratterizzato da una mobilità sempre più marcata.

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05 La Libia continua a non collaborare sull'immigrazione Manca la cooperazione da parte della Libia, nonostante l'Italia abbia firmato un accordo bilaterale anche militare. Se l'immigrazione irregolare in Italia continua ad aumentare è perchè, a differenza di quanto fanno le autorità senegalesi e mauritane per prevenire le partenze verso le Canarie, 'qui manca la cooperazione con paesi terzi', come ha affermato il vice direttore di Frontex.

06 Censis: triplicate coppie miste, quasi un'impresa su dieci è di uno straniero Triplicati i matrimoni con almeno un coniuge straniero: nell'ultimo decennio sono passati dagli 11.993 del 1996 agli attuali 34.396. Costituiscono il 14% del totale delle unioni celebrate in Italia ma hanno una maggiore instabilità coniugale.

09 Fortress Europe, il bollettino di novembre: 41 morti alle frontiere Sono almeno 41 i migranti che hanno perso la vita alle frontiere europee nel mese di novembre, secondo il bollettino mensile diffuso da Fortress Europe e basato su una rassegna stampa internazionale. Vittime nel deserto algerino, alle Canarie, in Grecia, a Mayotte, e nel Canale di Sicilia, dove i pescatori di Mazara del Vallo hanno salvato la vita a 650 migranti.

09 Gli stranieri ''regolari'' più in salute degli italiani Indagine Istat. Patologie simili, ma per gli immigrati condizioni di salute migliori: 22,8% con una malattia nelle 4 settimane precedenti l'intervista, contro il 27,4% tra gli italiani. Oltre l'80% si ''sente bene”.

10 Le seconde generazioni: "Presidente, siamo italiani" Italiani di fatto, stranieri per legge, i figli degli immigrati chiedono maggiore attenzione e una riforma della cittadinanza che dia loro finalmente gli stessi diritti dei coetanei. In occasione del sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei Diritti umani, la rete G2, firmata da figli di immigrati nati o cresciuti in Italia, ha inviato una lettera al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

11 Clandestinità: via l’aggravante per i cittadini Ue Spinto da Bruxelles, il governo fa marcia indietro, eliminando l’aggravante di clandestinità per i cittadini dell’Ue. Quella norma non è in linea con il diritto comunitario. L’aggravante è prevista dal decreto sicurezza, convertito in legge ed entrato in vigore dallo scorso luglio.

16 Don Vittorio Nozza al Governo: ''Sì al voto e alla cittadinanza” "A Maroni dico che se si chiede legalità, integrazione e rispetto agli immigrati, c'è poi bisogno di provvedimenti che creino radicamento", come "il voto, i documenti, la scolarizzazione e la cittadinanza italiana a ogni bambino che nasce in Italia".

17 L'Italia chiederà all'Ue maggior solidarietà in tema d'immigrazione. L'Italia chiederà ai Paesi dell'Unione europea 'l'attuazione concreta del principio di solidarietà per quanto riguarda l'immigrazione”. Lo ha dichiarato il ministro dell'interno Roberto Maroni ieri a Berlino nell'ambito del vertice bilaterale con il collega tedesco Wolfgang Schaeuble, a capo del ministero federale dell'Interno della Germania.

18 Asilo: sono 6.284 i rifugiati accolti in Italia nel 2007, in crescita del 17% rispetto all'anno precedente. Sono 6.284, tra richiedenti asilo e rifugiati, le persone accolte nel 2007 dal Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), costituito dalla rete degli enti locali che realizzano progetti territoriali di accoglienza, con le risorse del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'Asilo. È quanto emerge dal ‘Rapporto annuale del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Anno 2007/2008'.

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18 Raccolta degli agrumi, Msf porta soccorso ai migranti stagionali Intervento d'emergenza con un'equipe di operatori umanitari da parte di Medici senza frontiere per garantire assistenza ai lavoratori stagionali immigrati, impegnati nelle campagne della Piana di Gioia Tauro per la raccolta degli agrumi. Le condizioni igienico sanitarie in cui versano i lavoratori stagionali sono “inaccettabili” secondo Msf, che la settimana scorsa ha distribuito circa 1.500 kit igienico-sanitari contenenti un sacco a pelo, sapone, spazzolino da denti e dentifricio.

18 Presentata la ricerca “Analisi ed elaborazione dati sull’immigrazione cinese in Italia” Uno studio per conoscere il fenomeno e le sue specificità sul territorio illustrato presso la sede del Cnel a Roma dal capo Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione Mario Morcone. Le 200 pagine e il CD Rom che compongono il rapporto di ricerca ‘Analisi ed elaborazione dati sull’immigrazione cinese in Italia’ offrono una chiave di lettura del fenomeno migratorio cinese nel nostro Paese con l’ambizione di fornire, ai Consigli territoriali e alle altre realtà locali, alcuni elementi di specificità che riguardano i loro territori.

18 Un vademecum per "resistere" al pacchetto sicurezza Il “Vademecum di resistenza al pacchetto sicurezza”, realizzato con la collaborazione di diverse realtà dell’associazionismo locale e nazionale tra cui il Naga il Milano, spiega i diritti di chi non ha in tasca un permesso di soggiorno. "Per combattere gli abusi e migliorare l’integrazione".

19 Protezione dei minori romeni non accompagnati, le procedure diventano operative Diventano operative dal 20 dicembre le procedure individuate dall’Organismo Centrale di raccordo per la protezione dei minori comunitari non accompagnati, istituito presso il dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione con decreto dell’8 ottobre 2008, per gestire il programma di identificazione e rientro dei minori romeni non accompagnati.

19 Pubblicato lo Shadow Report 2007 dell’European Network Against Racism Immigrazione e razzismo: nel rapporto Enar 2007 peggiora la discriminazione degli immigrati in Italia per l’alloggio, l’inserimento lavorativo e nella rappresentazione mediatica.

19 Cittadinanza italiana: proposte di legge di modifica Iniziato il 16 dicembre scorso alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati l’iter parlamentare di otto progetti di legge, tutti di iniziativa parlamentare, volti a modificare la disciplina sulla cittadinanza (L. 91/92).

19 Ue destina all'Italia 211 milioni di euro per le frontiere esterne La Commissione europea ha adottato il programma pluriennale 2007-2013 per l'Italia a titolo del Fondo per le frontiere esterne, per un totale stimato di 211 milioni di euro.

22 Spagna: via alla riforma dell’immigrazione Il governo Zapatero approva progetto per modificare la legge attuale. Giro di vite sui ricongiungimenti. Contrastare i flussi irregolari introducendo nuovi reati e pene più severe, collegare maggiormente i flussi d’ingresso al mercato del lavoro e finanziare i progetti di integrazione portati avanti dalle realtà locali sono i pilastri della proposta normativa.

23 Cassazione: è riduzione in schiavitù lo sfruttamento di lavoratori stranieri a causa della loro condizione di necessità Per la Corte di Cassazione il reato, punito fino a vent’anni di reclusione, colpisce soprattutto immigrati da paesi poveri costretti ad impegnare se stessi per pagare il

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prezzo dell'emigrazione. 24 Assegno sociale: servono 10 anni di soggiorno

Con una circolare del 2 dicembre scorso l’Inps ha spiegato le modalità per la presentazione della documentazione per la richiesta dell’assegno sociale che, a seguito della legge 133/2008 - in vigore dal prossimo primo gennaio - potrà essere corrisposto, in presenza dei requisiti, solo a chi si trova in Italia da almeno 10 anni.

29 Libia, rimpatrio assistito dall'Oim per 2.850 migranti Dal 2006, anno di apertura della missione in Libia, l’Oim ha assistito il rimpatrio volontario di 2.850 persone in 22 paesi, in Africa e Asia, con il progetto Trim, finanziato per 2.700.000 euro dai fondi europei Aeneas.

30 Maroni: al via nuove misure contro i clandestini All'emergenza clandestini il Governo vuole rispondere con misure d'emergenza: già da oggi partiranno i primi rimpatri di migranti direttamente da dove sono sbarcati, da Lampedusa. A gennaio, inoltre, via ai pattugliamenti congiunti nelle acque libiche. Ad annunciarlo il ministro dell'Interno, Roberto Maroni.

31 Sbarchi record nel 2008: +75% Un charter con a bordo 44 clandestini egiziani è decollato ieri sera da Lampedusa, destinazione finale Il Cairo. È il primo volo di rimpatrio “diretto” dopo l'annuncio del ministro dell'Interno, Roberto Maroni. Intanto, però, gli ultimi dati confermano il forte aumento degli sbarchi, quest'anno, sulle coste italiane: +75% rispetto al 2007. E la Libia avverte: ci mancano mezzi per controllare i flussi.

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ASILO LEGALE SALUTE TRATTA

INTEGRAZIONE PASTORALE

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INTRODUZIONE: I NUMERI DELL’IMMIGRAZIONE NEL 2008

Riteniamo utile, prima di proporre una serie di approfondimenti tematici, fornire un quadro circa la presenza di cittadini stranieri sul territorio nazionale, a partire dalle rilevazioni effettuate attraverso il Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Come ogni anno, infatti, è stato presentato in ottobre il rapporto annuale che, attraverso i dati aggiornati al 31 dicembre 2007, ha cercato di delineare una fotografia della condizione degli stranieri in Italia. I molteplici ambiti trattati dall’annuario statistico hanno fatto emergere una realtà in continua evoluzione che, a distanza di anni, ha assunto ormai i caratteri della stabilità con circa 4 milioni di presenze regolari. Certamente sono ancora molti gli aspetti di criticità che permangono soprattutto sul fronte delle dinamiche di integrazione.

Dossier Statistico Immigrazione 2008

XVIII Rapporto Caritas/Migrantes Lungo le strade del futuro

Il numero degli immigrati. Fornire il numero totale degli immigrati regolari presenti in Italia all’inizio di ogni anno è il primo compito di un rapporto periodico come il Dossier Caritas/Migrantes. Secondo l’Istat i cittadini stranieri residenti, dopo un aumento annuale di circa mezzo milione di unità, all’inizio del 2008 sono 3.443.000, inclusi i comunitari: 62,5% nel Nord, 25,0% nel Centro, e 12,5% nel Mezzogiorno. Caritas e Migrantes accreditano un numero superiore di immigrati regolarmente presenti, che oscilla tra i 3.800.000 e i 4.000.000, su una popolazione complessiva di 59.619.290 persone, con un’incidenza del 6,7% (leggermente al di sopra della media UE, che è stata del 6,0% nel 2006). Queste due fonti, seppure differenti, non sono in contrasto perché si riferiscono a distinte categorie di immigrati: il Dossier tiene conto anche di quanti, arrivati più di recente, non hanno ancora acquisito la residenza, per il cui ottenimento si richiede spesso più di un anno. La prima collettività, raddoppiata in due anni, è quella romena (624.741 residenti e, secondo la stima del Dossier, quasi 1 milione di soggiornanti), seguita da quella albanese (401.915) e marocchina (365.908): un poco al di sopra e un poco al di sotto delle 150 mila unità si collocano, rispettivamente, quelle cinese e ucraina. A guadagnare anche in termini percentuali sono stati gli europei (52,0%), mentre gli africani mantengono le posizioni raggiunte (23,2%) e gli asiatici (16,1%) e gli americani (8,6%) perdono almeno un punto percentuale.

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ITALIA. Stima Caritas/Migrantes della presenza straniera regolare, comunitaria e non comunitaria (31.12.2007) Residenti stranieri al 31.12.2006 2.938.922 Pratiche di residenza in arretrato risolte nel corso del 2007 300.000 Nuovi occupati nel 2007 251.190 Nuovi lavoratori autonomi venuti dall’estero nel 2007 (comunit. e non) 1.600 Nuovi nati da entrambi i genitori stranieri nel 2007 (stima) 63.000 Minori non comunitari ricongiunti nel corso del 2007 32.744 Altri familiari non comunitari ricongiunti nel 2007 60.810 Soggiornanti non comunitari venuti per altri motivi nel 2007 45.886 Comunitari venuti per ricongiungimento familiare o per altri motivi nel 2007

92.960

Comunitari venuti nel 2007, senza registrarsi, in previsione di un loro insediamento

200.000

Stima presenze regolari totali al 31.12.2007 3.987.112 FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Stima su fonti varie

La dimensione strutturale e i flussi. Tutte le fonti statistiche attestano concordemente: • la ragguardevole presenza complessiva dei cittadini stranieri; • il forte aumento annuale; • l’incidenza delle donne, diventata ormai paritaria; • la maggiore forza d’attrazione delle regioni del Centro-Nord; • la crescente presenza anche nel Meridione; • il persistente fabbisogno di manodopera aggiuntiva; • la crescente tendenza alla stabilizzazione; • il carattere sempre più familiare dell’insediamento; • il peso crescente dei minori e delle seconde generazioni; • la pluralità dei paesi di origine e delle tradizioni culturali e religiose.

È un indicatore di stabilità anche il crescente investimento per l’acquisto della casa. Tra gli italiani 8 su 10 sono proprietari di casa, mentre tra gli immigrati lo è solo 1 su 10 ma il divario è in continua diminuzione: nel 2007 gli acquisti effettuati da parte di questi ultimi sono stati 120.000. Tutto lascia intendere che gli immigrati resteranno stabilmente in Italia e saranno sempre più numerosi: per questi motivi si attribuisce all’immigrazione una dimensione strutturale. Il nostro paese si colloca in Europa tra quelli al vertice per numero di immigrati e il termine “straniero” diventa sempre meno idoneo a qualificare una presenza così radicata e crescente. La dimensione globale delle grandi città italiane anticipa quello che sarà il futuro del resto dell’Italia. A Milano l’incidenza degli stranieri è del 14% e 1 ogni 4 è minore (quasi 50.000 su un totale di 200.000), mentre a Roma l’incidenza si attesta sul 10% e l’intera popolazione immigrata raggiunge le 300.000 unità. I flussi nell’ultimo triennio. Nel periodo 2005-2007 sono state presentate circa 1 milione e 500.000 domande di assunzione di lavoratori stranieri da parte delle aziende delle famiglie italiane: 251.000 nel 2005, 520.000 nel 2006 e 741.000 nel 2007, con una incidenza, rispetto alla popolazione straniera già residente, prima del 10%, poi del 20% e nel 2007 del 25% (ma addirittura del 33% rispetto ai lavoratori stranieri già occupati). I flussi

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registrati nell’ultimo decennio sono tra i più alti nella storia d’Italia, paragonabili - se non superiori - al consistente esodo verso l’estero degli italiani nel secondo dopoguerra. In fenomeni così vasti e dal ritmo così serrato si annidano anche gli abusi, ma questo non deve far dimenticare che l’immigrazione è sostanzialmente di segno positivo e concorre fortemente a porre rimedio alle lacune del nostro paese. La transizione demografica in atto sta trasformando l’Italia da paese dall’età media avanzata in un paese tra i più vecchi del mondo, mentre il mercato – per produrre ricchezza – abbisogna continuamente di nuovi innesti lavorativi. Gli immigrati sono una popolazione giovane: l’80% ha meno di 45 anni, mentre sono molto pochi quelli che hanno superato i 55 anni. Inoltre, il tasso di fecondità delle donne straniere è in grado di assicurare il ricambio della popolazione (2,51 figli per donna), a differenza di quanto avviene tra le italiane (1,26 figli in media). Nel 2007, poiché non è stata integrata la quota iniziale di 170.000 nuovi ingressi, si può ipotizzare, tenuto conto delle domande presentate, la presenza di almeno mezzo milione di persone già insediate in Italia e inserite nel mercato del lavoro nero, seppure sprovviste di permesso di soggiorno, e ciò sottolinea la necessità di una più efficace gestione del mercato occupazionale. A regolamentare i flussi in entrata non potranno essere i Centri di identificazione e di espulsione e gli interventi repressivi, ma si richiede il supporto di interventi più organici. ITALIA. L’immigrazione in Italia nel triennio 2005-2007 Dati demografici 2005 2006 2007

Popolazione residente (Istat)

58.751.711 59.131.287 59.619.290 di cui stranieri 2.670.514 2.938.922 3.432.651

Incidenza stranieri

4,5

5,0 5,8

Stima Dossier Statistico Caritas/Migrantes

3.035.144 3.690.052 3.987.112 % femminile straniera 49,9 50,6 50,4

Nuovi nati astranieri

52.000 57.000 63.000 Minori 586.000 666.000 767.000

Iscritti a scuola

424.683 500.512 574.133 Acquisizione cittadinanza 19.266 35.766 38.466

Quote nuovi lavoratori

170.000 170.000

+ 350.000 170.000

Domande presentate

251.000 540.000 741.000 FONTE: Dossier Statistico Immigrazione. Elaborazioni su dati di fonti varie

Crescente simbiosi con gli italiani. Tra gli italiani e gli immigrati la connessione sta diventando sempre più stretta, gli uni non possono andare avanti senza gli altri, seppure accanto a innegabili vantaggi si pongano anche problemi da superare. Conviene soffermarsi su tre aspetti, che attestano l’esistenza legami sempre più forti e mostrano quanto non sia ragionevole ipotizzare una netta “separazione” tra popolazione italiana e popolazione immigrata

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CARITAS ITALIANA – ALMANACCO IMMIGRAZIONE 2009 104

1. Gli immigrati, in un numero sempre più elevato di casi, sono interessati ad acquisire il permesso di soggiorno per lungo-residenti (documento in precedenza denominato “carta di soggiorno”), perché capiscono che la loro permanenza in Italia sarà tutt’altro che temporanea, si fanno raggiungere dai propri cari o si sposano e mettono su famiglia. In questo contesto sorprende non poco che molti inizino da regolari la loro storia migratoria e finiscano nella irregolarità, per la complessità e la contraddittorietà di alcuni aspetti della normativa.

2. Gli immigrati non solo vivono vicino a noi, ma instaurano rapporti di vera e propria condivisione. Nel 2006, 1 matrimonio ogni 10 ha coinvolto un partner italiano e uno straniero (24.020 su un totale di 245.992 matrimoni), quota più che doppia rispetto ai matrimoni con entrambi i coniugi stranieri (10.376). In nove regioni del Nord l’incidenza dei matrimoni misti arriva addirittura al 25% del totale. Le coppie miste che resistono nel tempo attestano una realtà molto promettente ai fini dello scambio culturale. 3. Sempre più l’acquisizione della cittadinanza italiana viene ritenuta funzionale al proprio disegno di permanenza e a un inserimento paritario, il che indica anche un apprezzamento per il nostro Paese. Nel 2007 sono stati 38.466 i casi di cittadinanza, circa il doppio rispetto a tre anni fa. Il livello è però ancora molto basso se confrontato con i 700 mila casi di cittadinanza registrati in Europa, quasi 2.000 al giorno dei quali solo un centinaio in Italia, che nell’Unione registra ancora uno tra i più bassi tassi di naturalizzazione. Un contributo lavorativo indispensabile. In Italia, specialmente tra gli immigrati, è enormemente diffuso il mercato del lavoro nero, non solo presso le famiglie ma anche nelle aziende, con un’ampiezza sconosciuta negli altri paesi industrializzati. Pure le statistiche lavorative ufficiali attestano il contributo sostanziale di questi lavoratori, sia europei (i più numerosi) che di altri continenti. Nell’insieme si tratta di più 1 milione e 500.000 persone, con un’incidenza sul totale che supera il 10% degli occupati in diversi comparti. La massima concentrazione di lavoratori immigrati, pari ai due terzi del totale, si rileva nel Nord. A Brescia è nato all’estero 1 lavoratore ogni 5 occupati, a Mantova, Lodi e Bergamo 1 su 6, a Milano 1 su 7; sempre a Brescia è nato all’estero 1 assunto ogni 3 e a Milano 1 ogni 4, mentre in tutta la Lombardia i nuovi assunti quasi per la metà (45,6%) sono nati all’estero. Nel Veneto, all’inizio del 2000 erano 20.000 le aziende che ricorrevano ai lavoratori stranieri, mentre ora sono 40.000. Nel Lazio vi è solo un decimo di questi lavoratori, ma sono tanti quanti nell’intero Mezzogiorno, dove in alcuni settori come l’agricoltura, l’edilizia e l’assistenza alle famiglie il loro apporto è divenuto parimenti indispensabile. Si radica nella forte presenza nel mondo del lavoro anche l’elevato tasso di iscrizione ai sindacati (814.311 persone), che incide per il 5% sul totale degli iscritti e per ben il 12% sugli iscritti attivi, detratti cioè i pensionati.

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CARITAS ITALIANA – ALMANACCO IMMIGRAZIONE 2009 105

ITALIA. Partecipazione degli immigrati all’economia e al mercato del lavoro (2007) Tasso di attività Occupati nati in paesi esteri 2.704.450

stranieri 73,2% Nuovi assunti nati in paesi esteri 599.466 italiani 61,9% Saldi tra assunzioni e cessazioni 198.033

Tasso di occupazione Percentuale nuovi assunti su occupati 22,2% stranieri 67,1%

italiani 58,1% Imprese costituite da persone nate all'estero 165.114

Tasso di disoccupazione Stranieri iscritti ai sindacati (Cgil, Cisl, Uil, Ugl) 814.311

stranieri 8,3% Infortuni di lavoratori nati in paesi esteri 140.579 italiani 5,9% Incidenza stranieri su totale infortuni 15,4%

donne straniere 12,7% Rimesse inviate dall’Italia (in migliaia di euro) 6.044.060

Stranieri alle dipendenze 84,4%

Stima del gettito fiscale degli immigrati (in euro) 3.749.371.530

FONTE: Dossier Statistico Immigrazione. Elaborazioni su dati di fonti varie Un apporto lavorativo necessario anche nel futuro. Le piccole imprese sono protagoniste delle assunzioni nei tre quarti dei casi e ciò per la peculiare conformazione del nostro sistema produttivo. La situazione è molto differente dal panorama migratorio del dopoguerra, quando milioni di meridionali furono attratti dalle grandi fabbriche del Nord Italia, della Germania, della Svizzera e di altri paesi europei. Si spiega così anche il carattere diffuso degli immigrati su tutto il territorio. Il loro tasso di attività è mediamente del 73,2% (dell’88% per i soli maschi), e quindi ben 12 punti in più rispetto agli italiani, mentre il loro tasso di disoccupazione è due punti più alto (8,3% in media e 12,7% per le donne), ma con valori tre volte più elevati per alcune collettività come quella marocchina. Gli occupati in agricoltura (7,3%) e quelli nei servizi (53,8%) nel periodo 2005-2007 sono aumentati di due punti percentuali a scapito dell’industria (35,3%). Le tipologie di inserimento evidenziano le diverse caratteristiche del territorio: nel Nord prevalgono il lavoro in azienda e il lavoro autonomo, nel Centro il lavoro autonomo e il lavoro in famiglia e nel Sud il lavoro in famiglia e il lavoro agricolo. Anche in una congiuntura economica difficile, come quella attuale, è prevista la necessità di nuovi lavoratori stranieri per il buon andamento del mercato, per cui si tratta di rendere più flessibile il ricorso alle quote anziché chiudere pregiudizialmente l’afflusso. Ai lavoratori immigrati è dovuta per i due terzi la crescita dell’occupazione in Italia, nell’ordine di 234.000 nuovi lavoratori nel 2007. Aumento degli imprenditori immigrati. Gli immigrati occupano i posti di lavoro loro offerti e in misura crescente ne creano per proprio conto, specialmente dopo aver superato la difficile fase del primo inserimento. Il lavoro autonomo coinvolge più di un decimo della popolazione adulta straniera, con 165.114 titolari d’impresa, 52.715 soci e 85.990 altre figure societarie: è intervenuto un aumento di un sesto rispetto a maggio 2007, con una dinamicità ben più accentuata rispetto a quella riscontrabile tra le aziende a titolarità italiana.

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L’85% delle aziende con titolari immigrati sono state costituite dal 2000 in poi, quando sotto diversi aspetti il radicamento dell’immigrazione è diventato più palese. Le collettività con più imprenditori (oltre 20.000) sono la marocchina, la romena (in forte crescita) e la cinese, mentre l’albanese segue con 17.000 titolari. Si riscontra attualmente una notevole concentrazione settoriale: su 10 imprese 4 lavorano in edilizia, settore dinamico e diffuso in tutta Italia, e quasi 4 nel settore commerciale. Se il tasso di imprenditorialità degli immigrati fosse pari a quello degli italiani, le imprese raddoppierebbero e supererebbero le 300.000 unità, con conseguenti benefici in termini di produzione di ricchezza e creazione di posti di lavoro, auspicabilmente con una presenza anche nei settori a più alta tecnologia e contenuto innovativo, evitando così che l’apporto degli imprenditori immigrati sia limitato ai livelli più bassi. Il Dossier ha scelto come caso di studio il Consorzio Interpreti Traduttori (ITC), costituito a Roma nel 2006 ma operante in tutta Italia. Il consorzio mette a disposizione delle Commissioni per il riconoscimento dello status di rifugiati e dei Centri di accoglienza e di identificazione i suoi 823 soci di entrambi i sessi, per lo più laureati (anche se in 4 casi su 5 il loro titolo non è stato riconosciuto), provenienti dai diversi continenti, con una discreta anzianità di residenza (solo un terzo è presente in Italia da meno di 10 anni) e anche un’età matura (più della metà ha superato i 35 anni), in un quarto dei casi nati o cresciuti in Italia, perfetti conoscitori di varie lingue. Creatori di ricchezza e non assistiti. Il Dossier, in collaborazione con la Commissione d’indagine sull’esclusione sociale, le associazi\oni degli immigrati e la società cooperativa Codres, ha condotto nell’area romana un’indagine su un campione oltre 900 immigrati dai risultati significativi. Risulta, in generale, che gli immigrati corrono maggiormente il rischio di cadere in povertà rispetto agli italiani perché fruiscono di minori tutele. Le maggiori difficoltà riscontrate nella fase iniziale vengono superate grazie alle reti parentali e amicali, solo raramente integrate da interventi delle strutture pubbliche. Anche se il reddito medio netto da lavoro non è elevato (sui 900 euro), circa i due terzi degli intervistati si ritengono soddisfatti dell’inserimento occupazionale realizzato. Cercano di farsi bastare quanto hanno e i loro consumi sono in prevalenza destinati a soddisfare i bisogni di base. Il loro inquadramento come una massa di assistiti non trova riscontro nei risultati dell’indagine e neppure nelle statistiche ufficiali. Secondo i dati Istat (2005), per interventi diretti rivolti specificamente agli immigrati sono stati spesi dai comuni 136,7 milioni di euro, il 2,4% della loro spesa sociale, pari a 53,9 euro pro capite. Tenendo conto che gli immigrati sono anche beneficiari dei servizi rivolti alla generalità della popolazione, le somme utilizzate a loro beneficio potrebbero salire al massimo a 1 miliardo di euro, e sarebbero abbondantemente coperte dalle entrate che essi garantiscono. Una stima del Dossier ha evidenziato che il gettito fiscale assicurato dagli immigrati nel 2007 è stato di 3 miliardi e 749 milioni di euro, dei quali 3,1 miliardi per i soli versamenti Irpef e le restanti somme per diverse altre voci (addizionale Irpef regionale, Ici, Imposte catastali e ipotecarie), tra le quali le più consistenti sono quelle per imposta di registro (137,5 milioni) e imposta sostitutiva del reddito d’impresa (254,5 milioni di euro). Questi numeri non destano sorpresa, tenuto anche conto che secondo Unioncamere gli immigrati concorrono per il 9% al Prodotto Interno Lordo. Gli immigrati assicurano anche un contributo economico rilevante ai paesi di origine tramite le rimesse, che nel 2007 a livello mondiale sono ammontate a 37 miliardi di dollari, mentre in Italia hanno raggiunto i 6 miliardi di euro, un quinto in più rispetto al

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CARITAS ITALIANA – ALMANACCO IMMIGRAZIONE 2009 107

2006, dirette in prevalenza verso i paesi emergenti e in via di sviluppo, in particolare verso la Cina e le Filippine.

ITALIA. Stima del gettito fiscale degli immigrati (2007)

Imposte Stima del gettito IRPEF 3.113.421.680 Add.le Reg.le IRPEF 146.324.372 Add.le Com.le IRPEF 43.016.010 I.C.I. 10.536.068 Imposte catastali 22.008.000 Imposte ipotecarie 22.008.000 Imposta di registro 137.550.000 Imposta sostitutiva 254.507.400 TOTALE 3.749.371 .530 FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati vari Scuola e università. Nel 2007 sono nati 65.000 bambini da entrambi i genitori stranieri e, se si tiene anche conto dei minori che vengono per ricongiungimento, emerge che la popolazione minorile aumenta in Italia al ritmo di 100.000 unità l’anno. I minori stranieri sono in tutto 767.060, dei quali ben 457.345 di seconda generazione ovvero nati in Italia e quindi stranieri solo giuridicamente. Gli studenti figli di immigrati aumentano al ritmo di 70.000 unità l’anno e hanno sfiorato le 600.000 unità nell’anno scolastico 2007-2008 (574.133), con un’incidenza media del 6,4% (ma del 10% e più in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Umbria) e una maggiore concentrazione nelle scuole elementari e medie. Sono poco meno di 100 mila gli studenti romeni (92.734), albanesi (85.195) e marocchini (76.217), quasi 30.000 i cinesi, 20.000 gli ecuadoregni, 15.000 i tunisini, i serbi e i montenegrini. Non sono pochi i problemi che si presentano in un sistema scolastico scarsamente dotato di mezzi per favorirne un inserimento adeguato, specialmente quando il trasferimento dall’estero avviene nel corso dell’anno scolastico. Secondo fonti ministeriali il 42,5% degli alunni stranieri non è in regola con gli studi, con ritardi scolastici particolarmente accentuati nella scuola secondaria superiore, dove il 19% degli iscritti stranieri ha più di 18 anni. Un altro serio problema è l’eccessiva canalizzazione di questi ragazzi verso il ramo tecnico-professionale. La globalizzazione riguarda anche le università italiane, dove sono iscritti 47.506 studenti stranieri, il doppio rispetto ad appena 10 anni fa ma pur sempre pochi: del resto il nostro sistema conosce una bassa valutazione a livello internazionale, risultando solo le università di Bologna e Roma (La Sapienza) nella graduatoria delle prime 200 più prestigiose (peraltro solo al 173° e 183° posto). Gli studenti stranieri sono solo il 2,6% dell’intera popolazione universitaria (1.809.186) e, quindi, un’esigua quota rispetto alla media dei paesi Ocse (7%). Gli universitari stranieri nuovi immatricolati sono annualmente 10.000 (per il 60% donne). Inoltre, gli iscritti ai dottorati di ricerca sono 2.136 su 38.890 (5,9%), gli iscritti ai master di I e II livello 2.385 su 43.127 (5,5%) e i laureati 5.000 l’anno. Le lingue e le culture degli immigrati. Rilevante è anche la ricchezza culturale di cui gli immigrati sono portatori e della quale sono espressione le rispettive lingue (il Dossier ne censì 150 già nel 2001 in uno studio dell’Università per stranieri di Siena). Queste lingue,

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CARITAS ITALIANA – ALMANACCO IMMIGRAZIONE 2009 108

oltre a essere una ricchezza per i contenuti che veicolano, possono fungere anche da volano per i contatti commerciali con i paesi di origine: si pensi al cinese, all’arabo, al russo e allo spagnolo. Le lingue madri, che solitamente non sono di ostacolo all’apprendimento dell’italiano, sono indispensabili per sostenere l’identità culturale maturata nei paesi d’origine e la vita delle diverse collettività. L’ong Cospe ha registrato 146 testate “in lingua” di immigrati attive ad aprile 2007, per i due terzi costituite negli ultimi 5 anni: 63 giornali (per lo più mensili), 59 trasmissioni radiofoniche, 24 programmi televisivi (in prevalenza settimanali) con intervento anche di grandi gruppi come “Metropoli” del giornale “La Repubblica” e “Stranieri in Italia”. Lavorano nel settore 800 operatori di cui 550 di origine straniera. Si avverte sempre più la necessità di riformare la legge professionale, perché attualmente una testata in lingua straniera deve essere diretta da giornalisti italiani, che il più delle volte non conoscono l’idioma della testata stessa. A livello deontologico è stata approvata la Carta di Roma, che però abbisogna di essere dotata di mezzi concreti di applicazione. Il problema della criminalità. Le denunce presentate contro cittadini stranieri da 89.390 nel 2001 sono diventate 130.458 nel 2005 (ultimo dato Istat disponibile). L’aumento complessivo delle denunce nel quinquennio è stato del 45,9% e nello stesso periodo l’incidenza della criminalità straniera (regolare e non) è passata dal 17,4% al 23,7%, mentre la presenza straniera regolare è raddoppiata (da 1.334.889 a 2.670.514 residenti stranieri). Solitamente si afferma che gli stranieri abbiano un più alto tasso di delinquenza degli italiani, senza tenere conto che la “popolazione straniera” coinvolta nelle denunce include anche gli immigrati irregolari e le persone di passaggio, dai turisti agli uomini d’affari, non quantificabili con esattezza. Un caso particolare è stato quello della collettività romena, che costituisce un quarto della presenza straniera totale ed è coinvolta in un sesto delle denunce penali presentate contro cittadini stranieri, per cui è stata additata come una presenza ad “altissimo potenziale criminale”. Senza sminuire la delicatezza della questione, il Dossier argomenta sulla base dei dati che la maggior parte dei romeni sono persone oneste. Del resto, secondo lo stesso Rapporto sulla criminalità, curato nel 2007 dal Ministero dell’Interno, tenuto conto che gli immigrati irregolari sono quelli principalmente coinvolti, i cittadini stranieri regolari incidono sulle denunce penali complessive all’incirca quanto incidono sul totale della popolazione residente, tuttavia con un particolare coinvolgimento in reati quali lo sfruttamento della prostituzione, l’estorsione, il contrabbando e la ricettazione. Un altro caso delicato è quello dei rom, nei cui confronti si è ricorso alla “giustizia fai da te” (il caso del campo Ponticelli a Napoli, complice la credenza non suffragata da dati giudiziari che i rom siano rapitori di bambini) e, per la prima volta, all’ipotesi di rilevare impronte digitali nei confronti dei minori della comunità, già così negativamente stigmatizzata. Anche secondo Caritas e Migrantes la criminalità pregiudica una corretta convivenza societaria e chi delinque va condannato e punito, ma in un’ottica di rieducazione e senza forme di discriminazione sanzionatoria (come invece è avvenuto nei confronti degli irregolari). La cultura della legalità non è la mera risultante di interventi repressivi ma abbisogna di politiche sociali più inclusive, perché prevenzione e integrazione devono andare di pari passo, mentre espressioni del tipo “tolleranza zero” sono più che abusate nel nostro paese.

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ITALIA. Le denunce più ricorrenti nei confronti dei cittadini stranieri (2005)

Furto: 20.305 su 51.355, incidenza del 39,5%

Leggi in materia di immigrazione: 19.189 su 21.996, incidenza dell’87,2%

Reati in materia di stupefacenti: 14.402 su 42.409, incidenza del 34,0%

Ricettazione: 13.098 su 45.058, incidenza del 29,1%

False dichiarazioni sull’identità: 5.513 su 7.410, incidenza del 74,4%

Lesioni personali volontarie: 5.148 su 38.195, incidenza del 13,5%

Resistenza a un pubblico ufficiale: 4.909 su 14.099, incidenza del 34,8%

Falsità di privati in atti pubblici e uso di atti falsi: 4.415 su 14.132, incidenza del

31,2%

FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati Istat Un futuro insieme agli immigrati. La stima Istat (giugno 2008) della popolazione residente in Italia fino al 2050 ridimensiona il pericolo di “estinzione” della popolazione italiana e, nel contempo, evidenzia il crescente impatto degli stranieri, a fronte di un andamento demografico negativo, anche se le nascite non scenderanno al di sotto delle 500.000 unità. I tre scenari ipotizzati dall’Istat (basso, centrale e alto, a seconda dei parametri prescelti) contemplano, infatti, l’aumento della popolazione anziana e la diminuzione della popolazione in età da lavoro. In tutti gli scenari l’età media, dai 42,8 anni del 2007, passerà a 49 anni a metà secolo. La popolazione attiva, da 39 milioni del 2007 scenderà nel 2051 a 30,8 milioni nello scenario basso, 33,4 milioni nello scenario medio e 35,8 nello scenario alto. Le persone con 65 anni e oltre, rispetto agli attuali 11,8 milioni, nel 2051 diventeranno 22,2 milioni nello scenario alto, 20,3 milioni nello scenario medio e 18,3 milioni nello scenario basso. I residenti, rispetto ai 59,1 milioni d’inizio 2007, aumenteranno nel 2031 sia nello scenario medio (60,3 milioni, di cui 53,9 italiani) che in quello alto (64,6 milioni, di cui 55,5 italiani) e lo stesso avverrà nel 2051 con 61,6 milioni di abitanti nello scenario medio (di cui 50,9 italiani) e 67,3 milioni nello scenario alto (di cui 54,9 italiani); invece, nello scenario basso si andrebbe sotto il livello attuale (55,6 milioni di cui 46,7 italiani, che diminuirebbero così di 3,5 milioni rispetto al 2007). Il futuro dell’Italia non è realisticamente immaginabile senza gli immigrati. A metà secolo gli stranieri nel paese, al netto di quelli che diventeranno cittadini italiani, saranno 8,9 milioni nello scenario basso, 10,7 milioni nello scenario medio e 12,4 milioni nello scenario alto, con un’incidenza tra il 16% e il 18% sui residenti. Il livello dei flussi annuali ipotizzati dall’Istat, al netto delle uscite, è di 150.000 nuovi immigrati nello scenario basso, 200.000 nello scenario medio e 240.000 nello scenario, ipotesi che sembra realistico ritoccare ulteriormente verso l’alto. Già attualmente, infatti, è di 170.000 unità la quota annuale per l’ingresso di nuovi lavoratori, poco meno di 100.000 persone giungono per ricongiungimento familiare, i nuovi nati da entrambi i genitori stranieri sono 64.000 e qualche decina di migliaia di persone vengono a

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soggiornare in Italia per altri motivi quali quelli religiosi o di studio, determinando così un afflusso nettamente superiore a quello della stessa Germania. Priorità dell’integrazione per Caritas e Migrantes. Caritas e Migrantes sono organismi ecclesiali impegnati in immigrazione con i propri operatori e con molteplici strutture di servizio fin dagli anni Settanta, quando il fenomeno iniziava a rendersi visibile. Questa consolidata esperienza induce ad auspicare il superamento del “complesso di Penelope”, che porta lo schieramento politico maggioritario a disfare quanto fatto in precedenza, senza che così possa nascere un minimo comune denominatore libero da logiche ideologiche o partitiche. Il nodo centrale è la mancata percezione dell’immigrazione come fenomeno strutturale, destinata a incidere sempre più in profondità sulla società. Questo fenomeno non è regolabile unicamente sulla base delle esigenze congiunturali del mondo del lavoro, non è affrontabile con un mero atteggiamento di chiusura e non è inquadrabile unicamente nelle esigenze di ordine pubblico. È la logica dei numeri a esigere un cambiamento di mentalità e l’adozione di politiche realistiche e più aperte, superando l’avversione aprioristica verso la diversità degli immigrati (di colore, di cultura, di religione). Pur nella convinzione che legalità e solidarietà vanno di pari passo, il cosiddetto “pacchetto sicurezza” non esaurisce i contenuti della politica migratoria e neppure ne è la parte più rilevante. Quest’impostazione non elimina gli ostacoli che rendono difficile la vita degli immigrati e non si adopera per sostenerne l’inserimento con risorse e interventi adeguati. Il bisogno di strategie durature di integrazione è stato ricordato dall’Anno europeo del dialogo interculturale, inaugurato con il motto “Insieme nella diversità”. Numerosi sono gli interrogativi cui dare risposta: la necessità di favorire l’impiego regolare di immigrati, in particolare nel settore dell’assistenza familiare, di assecondare l’esigenza di coesione delle famiglie, di assicurare il sostegno sociale all’inserimento, all’occorrenza chiamando anche i datori di lavoro a fare la loro parte. Secondo Caritas e Migrantes sono le politiche di integrazione il vero banco di prova degli interventi governativi in questo settore. Gli slogan del Dossier Caritas/Migrantes negli anni Duemila 2001 Il tempo dell’integrazione 2002 Lavoratori e cittadini 2003 Italia, paese di immigrazione 2004 Società aperta, società dinamica e futura 2005 Immigrazione e globalizzazione 2006 Al di là dell’alternanza 2007 Anno europeo del dialogo interculturale 2008 Lungo le strade del futuro

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ASILO

INTRODUZIONE

L’attenzione sul tema dei richiedenti asilo e rifugiati è stata molto elevata anche nel corso del 2008, sia a livello nazionale che internazionale. A partire dalle novità legislative, con l’introduzione delle norme sull'attribuzione a cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea o ad apolidi della qualifica di rifugiato o di persona ammissibile alla protezione sussidiaria, fino alla ripartizione dei fondi SPRAR, il precedente anno si è caratterizzato per molti avvenimenti che hanno, purtroppo, confermato ancora una volta la debolezza del nostro paese sul fronte delle politiche per l’asilo. E’ evidente come il sistema di accoglienza ed integrazione dei richiedenti asilo e rifugiati sia in affanno e oltretutto inserito in un quadro normativo debole nel quale è assente una legge organica sull’asilo. Per meglio orientarsi, quindi, tra i numerosi fatti e notizie sul tema dell’asilo, si propone, un documento dell’Ufficio Immigrazione di Caritas Italiana che propone una riflessione ragionata dei principali avvenimenti occorsi nel 2008 con particolare attenzione allo sviluppo giuridico normativo.  

I principali fatti ed avvenimenti nel 2008  Per l’Asilo il 2008 è sicuramente un anno di grossi cambiamenti, soprattutto in materia legislativa. Andando con ordine però il 2008 si apre con l’appello rivolto al Governo di alcune delle organizzazioni umanitarie impegnate nel settore dell’Asilo. La Libia ha infatti annunciato l’intenzione di espellere tutti gli immigrati presenti irregolarmente sul suo territorio, che sembrerebbero essere 2 milioni. Tra questi immigrati, viene sottolineata la presenza di numerosi richiedenti asilo e rifugiati, provenienti in maggioranza dal Corno d’Africa, oltre alle donne ed ai minori, le cui condizioni ed il cui trattamento nei centri di detenzione per immigrati è particolarmente duro. Sono sempre più numerose, infatti, le denunce e le testimonianze che vengono riportate da quanti giungono in Italia circa i trattamenti a cui gli stessi vengono sottoposti. L’Italia ha avviato da diverso tempo oramai trattative per la stipula di accordi in materia di immigrazione, e le organizzazioni hanno invitato il Governo italiano a sospendere gli accordi già raggiunti ed a renderne noto il contenuto nonché i relativi costi che l’Italia ha sostenuto o che intende sostenere. A destare ulteriori preoccupazioni nel mese di gennaio la notizia che dal porto di Venezia vengono rimandati in Grecia immigrati irregolari potenziali richiedenti asilo. A renderlo noto è l’UNHCR, L’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati che parla di 80 persone giunte sulla nave Minoan al porto di Venezia e rinviate in Grecia senza controlli e verifiche della loro condizione giuridica e della loro età. In questa circostanza, l’UNHCR ha espresso “preoccupazione per la prassi in atto nei maggiori porti dell'Adriatico di rimandare in Grecia potenziali richiedenti asilo che non vengono posti in condizione di manifestare la volontà di richiedere asilo in Italia e senza che siano state valutate le loro situazioni individuali”. In Grecia le procedure di riconoscimento dello status di rifugiato presentano

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carenze e destano perplessità. Il tasso di riconoscimento nel 2007 è stato dello 0,6%, ed anche in materia di protezione e di accoglienza si registrano problemi tali da essere sollevati dal Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa e dalla Commissione europea giustizia e libertà civili. Proprio per questi motivi l’UNHCR ha raccomandato l’applicazione del Regolamento 303 del 2003 c.d. “Dublino II” in riferimento alla clausola discrezionale per cui uno Stato, anche se non ha responsabilità diretta, si può far carico delle domande di asilo che vengono inoltrate nel suo territorio. In materia di accoglienza vi sono diverse novità. A gennaio, infatti, sono stati resi noti i risultati del bando di accesso al Fondo per le politiche e i servizi dell'asilo per l'anno 2008. Al bando hanno partecipato 130 Enti locali che offrono servizi di accoglienza e tutela per richiedenti asilo, rifugiati e titolari di protezione umanitaria. Tra i servizi previsti quelli di accoglienza con vitto, alloggio e assistenza socio-sanitaria, ma anche integrazione e tutela, mediazione culturale, corsi di lingua italiana, orientamento e informazione legale, inserimento scolastico dei minori, supporto psicologico, orientamento alla formazione professionale e al lavoro. Il nuovo bando ha finanziato 112 progetti (per 99 Enti locali), per un totale di 2516 posti in accoglienza. Nello specifico, sono stati ammessi al finanziamento 83 progetti per l'accoglienza delle categorie ordinarie (2057 posti), mentre altri 29 progetti (per 459 posti) sono stati finanziati per l'accoglienza delle categorie vulnerabili, ovvero i minori non accompagnati, i disabili, gi anziani, le donne in stato di gravidanza, i genitori singoli con figli minori, le persone per le quali e stato accertato che abbiano subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale. Tra i nuovi progetti finanziati si segnala in particolare quello di Mazara del Vallo pronto ad accogliere 15 persone (il progetto originariamente prevedeva l’accoglienza di 20 persone), tra cui nuclei familiari, singoli, disabili, donne sole, minori e vittime di torture e violenza. Si segnalano ancora due centri per l’accoglienza temporanea dei richiedenti asilo e rifugiati previsti nel comune di Firenze con disponibilità di 130 posti letto per periodi di accoglienza della durata massima di 60 giorni. Ritornando sul versante delle novità legislative il 19 gennaio sono entrate in vigore le norme sull'attribuzione a cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea o ad apolidi della qualifica di rifugiato o di persona ammissibile alla protezione sussidiaria. È stato infatti pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 4 gennaio 2008 il decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, di attuazione della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta. Nel provvedimento sono contenuti i requisiti di individuazione delle qualifiche di rifugiato e di persona ammissibile alla protezione sussidiaria. Quest’ultimo status è sicuramente la novità più rilevante del nuovo sistema poiché insieme i due status compongono la c.d. “protezione internazionale”. Viene definita persona bisogno di protezione sussidiaria “il cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto Paese.” Al decreto legislativo 251 del 2007 segue la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, di attuazione della direttiva

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2005/85/CE sulle norme minime per le procedure applicate negli Stati membri per il riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato. Il provvedimento disciplina le procedure per l'esame delle domande di protezione internazionale presentate nel territorio nazionale da cittadini di Paesi non appartenenti alla Unione europea o da apolidi, e le procedure per la revoca e la cessazione degli status riconosciuti. I due nuovi testi normativi vanno così a comporre una nuova e più articolata procedura di riconoscimento della protezione internazionale. È la domanda di protezione internazionale, infatti, l’istanza che consente di accedere alle procedure di riconoscimento dello status di rifugiato, secondo le norme previste e disposte dalla Convenzione di Ginevra del 1951 e di beneficiario di protezione sussidiaria, figura, come già anticipato, prevista ed introdotta ex novo dal Decreto 251/07. In sostanza, introducendo una nuova forma di protezione a cui riconoscere valore e forma di status, la nuova procedura consentirebbe l’attribuzione, in via alternativa, della protezione sussidiaria, laddove la Commissione esaminatrice della domanda di protezione internazionale lo ritenga opportuno, e non emergendo fatti, circostanze, condizioni e requisiti perché il richiedente ottenga lo status di rifugiato. A fornire gli elementi necessari per distinguere i due status interviene proprio il decreto legislativo n. 251, rifacendosi, peraltro, alla definizione dello status di rifugiato e specificandone gli ambiti di applicazione. In questo modo, la nuova normativa tenta di individuare strumenti adeguati al lavoro di quanti sono chiamati a decidere della domanda di protezione internazionale, sviluppa le espressioni contenute nella definizione di rifugiato indicata dalla Convenzione di Ginevra, e ne approfondisce i significati. La prova è ardua ed il risultato è il seguente. Sono considerati persecutori, quegli atti riconducibili a: - motivi di razza, “ovvero a considerazioni inerenti al colore della pelle, alla discendenza o all’appartenenza ad un determinato gruppo etnico”; - motivi di religione, “che include, in particolare, le convinzioni teiste, non teiste e ateiste, la partecipazione a, o l'astensione da riti di culto celebrati in privato o in pubblico, sia singolarmente sia in comunità, altri atti religiosi o professioni di fede, nonchè le forme di comportamento personale o sociale fondate su un credo religioso o da esso prescritte”; - motivi di nazionalità, “che non si riferisce esclusivamente alla cittadinanza, o all'assenza di cittadinanza, ma designa, in particolare, l'appartenenza ad un gruppo caratterizzato da un'identità culturale, etnica o linguistica, comuni origini geografiche o politiche o la sua affinità con la popolazione di un altro Stato”; - motivi di appartenenza ad un particolare gruppo sociale, “è quello costituito da membri che condividono una caratteristica innata o una storia comune, che non può essere mutata, oppure condividono una caratteristica o una fede che è così fondamentale per l'identità o la coscienza che una persona non dovrebbe essere costretta a rinunciarvi, ovvero quello che possiede un'identità distinta nel Paese di origine, perchè vi è percepito come diverso dalla società circostante. In funzione della situazione nel Paese d'origine, un particolare gruppo sociale può essere individuato in base alla caratteristica comune dell'orientamento sessuale, fermo restando che tale orientamento non includa atti penalmente rilevanti ai sensi della legislazione italiana”; - motivi di opinione politica, “si riferisce, in particolare, alla professione di un'opinione, un pensiero o una convinzione su una questione inerente ai potenziali persecutori e alle loro politiche o ai loro metodi, indipendentemente dal fatto che il richiedente abbia tradotto tale opinione, pensiero o convinzione in atti concreti”.

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Atti di persecuzione, questi, che dovranno essere sufficientemente gravi da rappresentare una violazione dei diritti fondamentali dell’uomo, oppure, essere l’insieme di più misure “il cui impatto sia sufficientemente grave da esercitare sulla persona un effetto analogo” . Azioni che possono assumere la forma di: atti di violenza fisica o psichica compresa la violenza sessuale; di provvedimenti legislativi, amministrativi, di polizia o giudiziari, discriminatori o posti in essere in maniera discriminatoria; di azioni giudiziarie o sanzioni penali conseguenti al rifiuto di prestare servizio militare in un conflitto, quando questo potrebbe comportare un crimine o un reato; di atti diretti contro un genere sessuale o contro l’infanzia. Di contro, la protezione sussidiaria verrà riconosciuta laddove il richiedente sia in grado di dimostrare il “rischio effettivo di subire un danno grave”. Per danno grave si intendono i seguenti atti: la condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte; la tortura o qualsiasi altra forma di pena o trattamento inumano e degradante; la minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. In entrambe le circostanze, gli atti di persecuzione o di danno grave possono essere posti in essere dai seguenti soggetti: lo Stato; i partiti o le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio; i soggetti non statuali ma solo se i precedenti organismi, comprese le organizzazioni internazionali, non possono o non vogliono fornire loro protezione. Di contro, nella valutazione della domanda di protezione internazionale, occorre verificare se potevano essere adottate misure per impedire le persecuzioni e il danno grave, da parte dei seguenti organismi: lo Stato; i partiti o le organizzazioni, comprese quelle internazionali che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio. Il richiedente presenta personalmente la domanda di protezione internazionale al momento dell’ingresso nel territorio nazionale, presso l’ufficio di polizia di frontiera, o presso la questura territorialmente competente, in base al luogo in cui lo stesso ha eletto il proprio domicilio. La presentazione della domanda consente al richiedente di soggiornare temporaneamente sul territorio nazionale fino alla definizione della procedura. Non vi è un termine entro e non oltre il quale il richiedente può presentare la domanda di protezione internazionale, né la domanda potrà essere esclusa o respinta in caso di mancata tempestività nella formulazione dell’istanza. Qualora sia una donna a presentare la domanda di protezione internazionale, tutte le attività che il decreto n. 25 dispone che vengano poste in essere dalle autorità di pubblica sicurezza devono prevedere la partecipazione di personale femminile. In ogni caso, per tutti i richiedenti è garantita la presenza di un interprete in ogni fase del procedimento. Con la presentazione della domanda di protezione internazionale viene avviata la procedura per la determinazione dello Stato competente all’esame della stessa, secondo le disposizioni del Regolamento 343/2003 cd. “Dublino II”. Più in particolare la questura ha il compito di avviare le procedure per la determinazione dello Stato competente, mentre quello di effettuare la determinazione è attribuito all’ufficio denominato “Unità Dublino”, presso il Ministero dell’interno – Dipartimento libertà civili e immigrazione. La questura è inoltre competente all’invio del richiedente nei Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo, denominati CARA, o nei Centri di Permanenza Temporanea ed Assistenza, denominati CPTA. Secondo quanto disposto, le strutture denominate Centri di Identificazione, CdI, istituite con la legge 189/02, e predisposte per il trattenimento del richiedente asilo, sono sostituite con i Centri di Accoglienza per richiedenti asilo nei quali può essere disposto il loro accompagnamento e la loro temporanea accoglienza quando:

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- è necessario verificare o determinare la nazionalità o l’identità del richiedente se questi non sia in possesso di documenti di viaggio o ne possegga altri falsi o contraffatti. In questo caso l’ospitalità presso la struttura di accoglienza dovrebbe durare il tempo strettamente necessario per compiere gli adempimenti previsti e comunque non più di 20 giorni; - il richiedente ha presentato la sua domanda dopo essere stato fermato per aver eluso o tentato di eludere il controllo di frontiera. La durata massima dell’accoglienza è di 35 giorni; - il richiedente ha presentato la domanda dopo essere stato fermato in condizione di soggiorno irregolare sul territorio nazionale. La durata massima dell’accoglienza e di 35 giorni; - il richiedente ha presentato la domanda seppure già destinatario di un provvedimento di espulsione adottato ai sensi dell’art. 13 comma 2 del D.lgs. 25 luglio 1998 n. 286 o di un provvedimento di respingimento ai sensi dell’art. 10 dello stesso testo legislativo. La durata massima dell’accoglienza è, anche in quest’ultimo caso, di 35 giorni. Il richiedente potrà allontanarsi dalla struttura nelle ore diurne e può chiedere l’autorizzazione per un periodo di tempo maggiore per motivi personali rilevanti o attinenti alla domanda di protezione. Qualora la procedura non sia stata ultimata durante l’accoglienza nel Centro, il richiedente verrà munito di permesso di soggiorno valido per 3 mesi e rinnovabile fino alla decisione. Ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs. 140/04, nel caso in cui il richiedente abbia presentato la domanda da più di 6 mesi ed il ritardo non gli sia addebitabile, la questura è autorizzata al rilascio di un permesso di soggiorno valido anche per svolgere un’attività lavorativa, ma senza la facoltà di convertirlo in permesso per lavoro. Il trattenimento nei CPTA è disposto nei seguenti casi: - quando il richiedente si trova in una delle condizioni previste dal paragrafo F della Convenzione di Ginevra1; - quando il richiedente è stato condannato in Italia per uno dei delitti indicati nell’art. 380 commi 1 e 2 c.p.p., o per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento all’immigrazione clandestina, o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento di minori da impiegare in attività illecite; - quando è destinatario di un provvedimento di espulsione nei casi diversi da quanto previsto per l’accoglienza di cui sopra. L’esame della domanda viene effettuato dalle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale (già denominate Commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato). In precedenza erano state istituite 7 Commissioni Territoriali presso le Prefetture – UTG di Gorizia, Milano, Roma, Foggia, Crotone, Siracusa

1 Art. 1, paragrafo F. Le disposizioni della presente Convenzione non sono applicabili alle persone, di cui vi sia serio motivo di sospettare che: a) hanno commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l’umanità, nel senso degli strumenti internazionali contenenti disposizioni relative a siffatti crimini; b) hanno commesso un crimine grave di diritto comune fuori dei paese ospitante prima di essere ammesse come rifugiati; c) si sono rese colpevoli di atti contrari agli scopi e ai principi delle Nazioni Unite.

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e Trapani. La nuova procedura prevede l’istituzione di altre 3 Commissioni territoriali le cui sedi e circoscrizioni territoriali verranno definite con un successivo Decreto del Ministero dell’interno. La composizione rimane invariata. È previsto, infatti, un funzionario della carriera prefettizia facente funzione di Presidente, un funzionario della Polizia di Stato, un rappresentante dell’ente territoriale designato dalla Conferenza Stato – città ed autonomie locali ed un rappresentante dell’UNHCR. La Commissione ha una durata limitata nel tempo. L’incarico è triennale ma rinnovabile. Il colloquio con il richiedente deve svolgersi entro 30 giorni dal ricevimento della domanda e la decisione deve essere presa entro i 3 giorni successivi, tranne nei casi in cui la Commissione ritenga di dover acquisiste nuovi elementi utili ad una corretta e completa valutazione del caso. Sono previsti casi di esame prioritario della domanda. Più in particolare, infatti, la Commissione può decidere di esaminare anticipatamente le domande che sembrano palesemente infondate, che sono state presentate da un richiedente appartenente ad una delle categorie vulnerabili indicate dal Decreto 140, e che sono state presentate da un richiedente accolto o trattenuto presso le strutture preposte. Un’ulteriore novità, prevista dalla nuova procedura, riguarda i casi di inammissibilità. Le nuove disposizioni, attribuiscono alla Commissione territoriale la competenza a disporre l’inammissibilità delle domande (e non più alla polizia di frontiera) quando il richiedente ha ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato in un altro Stato firmatario della Convenzione di Ginevra e quando ha reiterato la domanda, malgrado abbia ricevuto un provvedimento negativo da parte della Commissione, senza fornire elementi nuovi ed ulteriori, tali da giustificarne la nuova presentazione. La Commissione territoriale può decidere di riconosce lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria. In caso contrario, può rigettare la domanda, qualora ritenga non sussistano presupposti validi per il riconoscimento della protezione internazionale. In subordine, qualora la Commissione ritenga vi siano motivi di carattere umanitario tali da giustificare l’autorizzazione alla permanenza sul territorio del richiedente, viene trasmessa la documentazione alla questura perché decida circa l’eventuale rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 5 comma 6 del D.Lgs. 286/98. La protezione umanitaria, che fino ad oggi è stata la forma di protezione riconoscibile, in via subordinata, al richiedente lo status di rifugiato, diviene una sorta di autorizzazione discrezionale che la questura può decidere di rilasciare, senza obblighi nei confronti della Commissione che le ha rimesso gli atti per la valutazione. Coloro che hanno ricevuto il permesso di protezione umanitaria ai sensi della normativa precedente potranno ottenere il rilascio del permesso di soggiorno per protezione sussidiaria godendo, nel frattempo, dei medesimi diritti. Lo status di rifugiato può non essere riconosciuto quando la Commissione non ritiene esistano realmente atti di persecuzione contro il richiedente, quando vi sono validi motivi per ritenere che il richiedente è un pericolo per la sicurezza dello Stato ed è altresì un pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica tanto da essere stato condannato con sentenza definitiva per i reati previsti dall’art. 407 comma 2 lett. a) c.p.p. Il richiedente può presentare ricorso avverso la decisione negativa dinanzi “il tribunale che ha sede nel capoluogo di distretto della corte di appello in cui ha sede la Commissione territoriale che ha pronunciato il provvedimento stesso” . Il ricorso è proposto a pena di inammissibilità entro i 30 giorni successivi alla comunicazione. Questa disposizione costituisce una delle novità più significative, visto che la precedente procedura disponeva i 15 giorni successivi alla comunicazione della decisione come termine massimo per la presentazione del ricorso. La proposizione del

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ricorso sospende l’efficacia del provvedimento impugnato cui fa seguito il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di richiesta asilo. Nel caso in cui il richiedente si sia allontanato dal Centro di Accoglienza senza un giustificato motivo, e la Commissione abbia effettuato la valutazione della domanda con gli elementi in suo possesso, l’eventuale ricorso avverso la decisione negativa non sospende automaticamente gli effetti del provvedimento. Tuttavia, contestualmente al deposito del ricorso, il richiedente può chiedere al Giudice adito di sospendere il provvedimento, qualora ricorrano gravi e fondati motivi. Entro 10 giorni dalla notificazione o dalla comunicazione della sentenza è ammesso reclamo dinanzi la Corte d’Appello, mentre è ammesso il successivo ricorso dinanzi la Corte di Cassazione entro i 30 giorni dalla notificazione della sentenza. Il decreto 25/07 dispone circa i casi di esclusione, di cessazione e di revoca degli status di rifugiato e di protezione sussidiaria. Lo straniero è escluso dallo status di rifugiato: quando rientra nell'ipotesi ex art. 1 par. D, della Convenzione di Ginevra; quando sussistono fondati motivi per ritenere che abbia commesso un crimine contro la pace, di guerra, contro l'umanità; quando abbia commesso, prima del rilascio del permesso di soggiorno per rifugiato, un reato grave o atti crudeli che possano essere classificati come reati gravi , si sia reso colpevole di atti contrari alle finalità ed ai principi delle Nazioni Unite. Lo status di beneficiario di protezione sussidiaria può essere escluso nelle medesime circostanze ed anche qualora il beneficiario costituisca un pericolo per la sicurezza dello Stato e per l’Ordine e la sicurezza pubblica. Lo straniero cessa di essere rifugiato quando: sono venute meno le circostanze che hanno determinato il riconoscimento dello status; si è ristabilito nel suo Paese di origine; ha acquistato la cittadinanza italiana; ha riacquistato la cittadinanza del suo Paese. La cessazione dello status di protezione sussidiaria viene valutata quando le circostanze che ne avevano determinato il riconoscimento sono cambiate in maniera tale che la protezione non è più necessaria. Circostanza questa, ammessa quando il beneficiario di protezione sussidiaria non sia più esposto al rischio effettivo di danno grave, tantomeno sussistono motivi di carattere umanitario che ne impediscono il ritorno nel Paese di origine. Lo status di rifugiato può essere revocato quando, successivamente al riconoscimento, si verificano le situazioni previste per il diniego e le circostanze che hanno condotto la Commissione a riconoscere lo status erano determinate da fatti presentati in modo erroneo o dalla loro omissione o dal ricorso a documentazione falsa. Quest’ultima circostanza è motivo determinante la revoca dello status di protezione sussidiaria insieme ai casi di esclusione precedentemente citati. Nel caso in cui la Commissione Nazionale decida di provvedere all’avvio di un procedimento di cessazione o di revoca della protezione internazionale, l’interessato deve essere informato per iscritto e deve avere la possibilità di essere ascoltato o di produrre una dichiarazione scritta. Con il riconoscimento della protezione internazionale, al rifugiato viene rilasciato un permesso di soggiorno della durata di 5 anni ed al beneficiario della protezione sussidiaria un permesso della durata di 3 anni. I titolari dei due status hanno diritto di godere del medesimo trattamento previsto per il cittadino italiano in materia di lavoro subordinato, lavoro autonomo, per l’iscrizione agli albi professionali, per la formazione professionale e per il tirocinio sul luogo di lavoro, nonché in materia di assistenza sociale e di istruzione. Il permesso di soggiorno del beneficiario di protezione sussidiaria è rinnovabile previa verifica della sussistenza dei requisiti che ne hanno determinato il rilascio. In ogni caso è possibile convertire il permesso di soggiorno in motivi di lavoro.

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Successivamente l’UNHCR ha espresso il suo apprezzamento per la nuova procedura di protezione internazionale. Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite, infatti, sono stati inseriti notevoli miglioramenti al sistema di asilo in Italia, ponendo le basi per una futura riforma organica. Preservando, in ogni caso, l’integrità dell’istituto dell’asilo, il cui fine è quello di proteggere le persone in fuga da guerre e persecuzioni e ribadisce l’importanza di non utilizzare tale diritto per altri fini. Il Regolamento 343 del 2003, c.d. “Dublino II”, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo, presentata in uno degli Stati membri, da un cittadino di un paese terzo è al centro di un vertice del febbraio 2008 tenutosi a Bruxelles, e organizzato dalla Commissione Europea, al quale hanno partecipato rappresentanze degli “Uffici Dublino” di Germania, Italia, Belgio, Francia, Regno Unito, Austria, Polonia, Norvegia, Paesi Bassi, Grecia, Repubblica Ceca, Malta. L’obiettivo dell’incontro è stato quello di discutere eventuali revisioni del Regolamento n. 343/2003. Durante l’incontro la rappresentanza italiana del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno ha consegnato uno specifico contributo con la propria posizione su alcuni articoli del Regolamento per una revisione, alla luce dell’esperienza dei primi anni di applicazione. Il tema del Regolamento Dublino è molto attuale in questo periodo. Tra la fine di marzo e l’inizio di aprile 2008, infatti, vi sono alcuni segnali in merito alla sua applicazione. La Norvegia e la Germania prima (quest’ultima solo per i minori non accompagnati), e la Svezia in seguito, hanno bloccato i rinvii verso la Grecia non considerandolo un Paese sicuro. Il tasso di riconoscimento dei rifugiati in Grecia è del 2%, dieci volte inferiore alla media europea. Le richieste d'asilo presentate in Grecia nel 2006 sono state, secondo dati ufficiali, 12.270, tremila in più delle 9.050 del 2005 e quasi il triplo delle 4.469 di due anni prima, nel 2004. E nei primi sei mesi del 2007 erano già 14.594. Sono soprattutto pakistani, irakeni, bangladeshi, afgani, georgiani, siriani, somali e turchi. Il 94,8% delle domande è stato presentato ad Atene. Il regolamento Dublino II stabilisce che lo Stato membro responsabile della richiesta d’asilo politico di un cittadino di un paese terzo, è il primo Stato dove il cittadino ha fatto ingresso nell’UE. Dublino II è in vigore dal settembre 2003, sostituisce la convenzione di Dublino del 1990 ed è applicato in tutti i paesi dell’Ue, in Norvegia e Islanda, con tempi di attesa che possono arrivare fino a 18 mesi. Tuttavia, ignari del regolamento, molti richiedenti asilo attraversano nella clandestinità tutta l’Europa dopo essere passati dalla Grecia, per raggiungere familiari in altri Stati o per godere del migliore welfare dei paesi scandinavi. Il Consiglio europeo per i rifugiati e gli esiliati (ECRE) chiede da tempo un approccio totalmente diverso, che si basi sul concetto di Stato sicuro anziché di Stato di primo arrivo. I respingimenti collettivi alle frontiere sono infatti la norma in Grecia. L’Italia invece continua a rinviare in Grecia i richiedenti asilo intercettati nei porti dell’Adriatico, nascosti sui traghetti di linea greci. Nei primi dieci mesi del 2007, dal porto di Bari e dalle zone limitrofe, sono stati espulse 887 persone dalla Guardia di Finanza, di cui 150 iracheni solo il 9 aprile 2007. Nel 2006 le riammissioni in Grecia da Bari furono 850, tra cui quelle di 300 iracheni e 170 afgani. Nel mese di agosto 2007, i riammessi a Patrasso e Igoumenitsa, in Grecia, erano stati, secondo i dispacci delle agenzie di stampa, almeno 362, di cui 190 da Bari, 153 da Ancona, 17 da Brindisi e due da Venezia. L’UNHCR ha così presentato un documento in cui si consiglia ai governi dei Paesi che hanno sottoscritto il Regolamento di Dublino di non rinviare i richiedenti asilo in Grecia fino a nuova comunicazione.

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Nonostante il governo greco abbia avviato alcune azioni per migliorare il proprio sistema d’asilo e le proprie procedure in materia, un numero considerevole di richiedenti asilo continua ad incontrare ostacoli significativi nell’avere accesso e nel poter godere di livelli di protezione in linea con gli standard internazionali ed europei. L’UNHCR ha chiesto al governo della Grecia di riformare le proprie procedure d’asilo in prima ed in seconda istanza e di farlo dando il giusto rilievo alle osservazioni dell’Agenzia, esortando infine gli Stati ad applicare quelle clausole del Regolamento di Dublino che consentono di farsi carico delle domanda d’asilo di richiedenti giunti sul proprio territorio dopo aver fatto ingresso in Europa attraverso un altro stato, nello specifico la Grecia. Nel frattempo viene pubblicato un rapporto dell’ECRE in merito ai richiedenti protezione che giungono dall’Iraq. Nel rapporto si legge infatti che dopo un’indagine tra le ONG è emersa una notevole differenza rispetto alla percentuale ed al tipo di riconoscimento dato, rispetto ai programmi di inserimento ed alle politiche di ritorno riscontrate nei vari Paesi dell’U.E. L’ECRE ha condotto un’inchiesta tra le ONG che si occupano di richiedenti asilo registrando così come i governi Europei hanno assunto comportamenti differenti rispetto agli iracheni. Per fare alcuni esempi, la Svezia o Cipro hanno accolto positivamente e in prima battuta circa il 90% delle domande di asilo che gli sono state presentate. La Grecia e la Slovenia, in prima istanza, hanno respinto tutte le domande presentate nel 2007. In tutta Europa queste sono state circa 100 mila dal 2003 al 2007, cifra che fa degli iracheni la popolazione più numerosa di rifugiati nei paesi industrializzati. Oltre che sui paesi confinanti, come Siria e Giordania, che hanno accolto 2,1 dei 2,4 milioni di iracheni fuggiti dal loro paese dal 2003, la Svezia, da sola accoglie più iracheni di tutti gli altri paesi UE con un numero complessivo di domande di asilo di 18.599, rispetto a quelle presentate in Grecia (5.474), in Germania (4.327), nel Regno Unito (1.835), in Danimarca (649), a Cipro (200) ed infine in Slovenia dove se ne registrano solo 4. Il quadro assume contorni ancora più preoccupanti se si pensa che Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere, nell’attuare le sue procedure di controllo e respingimento non fa alcuna differenza tra i c.d. “immigranti illegali” e che non esistono procedure regolari per consentire di fare ingresso nei territori UE e presentare domanda di protezione. Vengono registrate ulteriori differenze anche nel reinsediamento dei rifugiati: solo sette paesi hanno programmi in questo senso, aiutando nel 2007 circa 1.650 persone. Ma permangono molte situazioni in cui i richiedenti asilo si trovano in un limbo legale, dopo che la loro domanda di asilo è stata respinta. Non possono tornare in Iraq ed è impossibile trovare un lavoro o accedere ai servizi pubblici a causa della loro condizione giuridica. A marzo del 2008 è lo stesso UNHCR a tornare sul problema degli iracheni rilevando come sia tornato a crescere il numero di richieste d’asilo verso i Paesi industrializzati a causa della crisi irachena. Sono state 338mila le domande complessivamente presentate nel 2007, con un incremento del 10% (i dati sono parziali poiché prendono in esame le richieste giunte nei 43 Paesi maggiormente industrializzati). Dopo una tendenza al ribasso, che negli ultimi venti anni ha visto progressivamente diminuire le domande d’asilo presentate in questi Paesi, fino a toccare il minimo storico nel corso del 2006 con 306mila domande, il 2007 ha segnato un’inversione di tendenza. L’UNHCR sostiene che tale tendenza sia da attribuire al numero crescente di rifugiati provenienti dall’Iraq che si confermano, per il secondo anno, il gruppo più numeroso di richiedenti con 47 mila richieste. Tra le altre nazionalità troviamo la Federazione Russa (18,8 mila domande), la Cina (17mila), la Serbia (15,4mila) ed il Pakistan (14,3mila).

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Complessivamente, oltre la metà delle domande d'asilo riguarda cittadini asiatici, il 20% africani, il 15% europei. Tra i Paesi di accoglienza, continuano ad essere gli Stati Uniti la meta preferita con 49mila nuove domande d'asilo accolte nel 2007, il 15% di tutte le domande nei Paesi industrializzati. Risiede nel Paese nordamericano 1 rifugiato ogni cento abitanti, tale incidenza è più alta nell’Unione europea dove si trovano 2,6 rifugiati per abitante. Nel mese successivo, ad aprile, l’UNHCR comunica che a cinque anni dall'invasione dell'Iraq nel marzo 2003, sono ancora circa 3 milioni gli sfollati iracheni e due milioni quelli che si sono rifugiati all'estero. Sempre secondo l'UNHCR, più di un milione non dispongono di cibo o alloggio adeguati e più di 300mila non hanno accesso all'acqua potabile. Sui profughi iracheni torna l'OIM che ha presentato nel mese di marzo una ricerca realizzata in partenariato con un gruppo di organizzazioni internazionali e Ong, tra cui l’Unicef (che ha offerto assistenza finanziaria) la Iraqi Youth League e Jordanian Women’s Union, sullo stato di salute mentale e sui bisogni psico - sociali dei rifugiati iracheni in Giordania e in Libano dove ha potuto così registrare alti livelli di sofferenza emotiva e psicologica nelle comunità intervistate. Il lavoro di valutazione, realizzato tra il novembre 2007 e il gennaio 2008 tra 200 famiglie (800 persone) nei due paesi, ha rivelato che più della metà degli intervistati ha mostrato elementi di sofferenza, quali attacchi di panico, rabbia, problemi del sonno e paure di vario tipo. Per coloro che hanno avuto direttamente a che fare con episodi di violenza - il 21% dei rifugiati intervistati in Giordania e il 34% di quello incontrati in Libano – e che hanno assistito all’uccisione di parenti e amici, a torture, a stupri e rapimenti, il peso della sofferenza psicologica è oltre il limite della sopportabilità. Il senso di disorientamento nelle comunità irachene nei due Paesi di accoglienza e le poche opportunità di trovare un impegno in attività sociali sono elementi che portano a rispondere con uno sfogo fisico alla rabbia e alla frustrazione. Il 15% delle donne - intervistate in gruppi chiusi, in assenza di uomini - hanno riferito di un aumento delle violenze domestiche. Da ultimo, la mancanza di infrastrutture scolastiche pronte a rispondere all’aumento di richieste che il sistema educativo ha dovuto affrontare e, al contempo, le difficoltà finanziarie che hanno spinto molti bambini alla ricerca di un lavoro, hanno avuto come conseguenza la mancata iscrizione di molti minori a scuola. Il rapporto raccomanda infine un intervento urgente per evitare l’insorgere di problemi psicologici a lungo termine e per aiutare ad alleviare le sofferenze più immediate dei rifugiati. A questo proposito sarebbe utile formare gruppi di professionisti della salute, allo scopo di dare risposte a livello nazionale a tali problematiche, al fine di evitare un utilizzo eccessivo di medicinali per contrastare i sintomi riscontrati. Nel frattempo in Italia viene presentato il rapporto finale del progetto Equal II dopo tre anni di sperimentazione. I partner sono stati 17 in 8 comuni d'Italia (Ancona, Bergamo, Bitonto (Ba), Bologna, Forlì, Genova, Roma, Torino). Il progetto, finanziato dal programma comunitario Equal II aveva l’obiettivo di sperimentare nuovi percorsi di integrazione sociale e professionale di richiedenti asilo e rifugiati. Oltre agli otto Comuni, la partnership ha coinvolto l’Anci (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani), l’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), l’Arci, la Caritas di Roma, il Cir, Ics, Anciservizi, il Censis e Formautonomie. Avviato nel luglio 2005, il progetto ha sperimentato nuovi interventi formativi e informativi. All’orientamento in particolare sono stati dedicati il numero verde (800.905.570) per richiedenti asilo e rifugiati, gestito dall’Arci, e il servizio di informazione giuridica e orientamento svolto dal Cir nei centri di

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identificazione di Trapani e Crotone. Il rapporto finale di IntegRARsi ha selezionato alcune buone prassi da promuovere e mettere in rete. Ad esempio la delibera 1021/06 con cui la Regione Marche garantisce l’accesso gratuito al trasporto pubblico a richiedenti asilo e rifugiati. A Bergamo invece il diritto alla mobilità è sostenuto da una convenzione con l’Aci che facilita il rilascio della patente di guida. Le lezioni di teoria sono gratuite ed i beneficiari sostengono il costo di visita medica, emissione foglio rosa, acquisto testi per l’esame, prenotazione esame e tessera Aci per un costo totale di 174 euro. Per quanto riguarda la formazione, a Torino si è arrivati alla firma di un protocollo con il Centro provinciale per l’impiego, a Roma è stata siglata una convenzione con l’Ente bilaterale turismo della Regione Lazio, mentre a Bitonto la formazione è stata pensata per le forze dell’ordine, di Bari e provincia, proprio sul tema dell’asilo. Rimanendo nella Puglia, a Bari è stato inaugurato il centro di accoglienza per richiedenti asilo presso l’aeroporto di Palese. Il centro consta di 744 posti per accogliere gli immigrati che sbarcano a Lampedusa. È composto da 124 moduli prefabbricati, con sei posti letto ciascuno per una capienza complessiva di 744 persone. Ci sono anche 4 moduli più grandi dedicati rispettivamente all'ufficio gestione, all'infermeria, alla sicurezza e alle organizzazioni umanitarie, oltre a due tensostrutture modulari per la mensa e il magazzino. Previsto anche un parco giochi per bambini. Nel frattempo il Governo italiano destina 3 milioni di euro all’UNHCR per sostenere e finanziare il rimpatrio volontario dei rifugiati afghani dall'Iran e dal Pakistan e le attività volte a favorire il loro reinserimento sociale una volta giunti in Afghanistan, per tutto l'anno in corso. Di questi 3 milioni di euro circa la metà è stata stanziata per coprire i costi del viaggio di ritorno e le loro prime spese in Afghanistan tramite l'erogazione di circa 100 dollari a testa, consegnate al momento dell'arrivo in patria. L’altra parte del denaro è stata destinata all'assistenza di coloro che hanno scelto di tornare in Afghanistan e che necessitano di aiuto per quanto riguarda l'integrazione ed il reinserimento nelle comunità locali. Il governo italiano dal 2002 ha versato oltre 21 milioni di euro per le operazioni dell'UNHCR in Afghanistan. Malgrado questo intervento il rapporto dell’OCSE, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, presentato nel mese di aprile, denuncia una diminuzione dell'8,4% negli aiuti allo sviluppo degli Stati aderenti. L'Italia ha addirittura diminuito i suoi aiuti del 3,6% (0,19% del Pil) posizionandosi sotto la media Ocse dello 0,45%. Per il secondo anno di fila i paesi ricchi inclusi nel comitato assistenza allo sviluppo (Dac) dell’Ocse sono venuti meno ai loro impegni presi nel 2005, al G8 di Gleneagles, di raddoppiare gli aiuti allo sviluppo entro il 2010. Gli aiuti totali sono passati dai 104,4 miliardi di dollari Usa del 2006 ai 103,7 del 2007 (nel 2005 la cifra era di 107,1 miliardi). L'aiuto da parte dei Paesi del Dac appartenenti all'Ue ammonta a 46,1 miliardi, con un calo pari a 1,7 miliardi rispetto al 2006. Se invece si escludono dal conteggio i dati relativi alla remissione del debito, e calcolando quindi gli aiuti diretti allo sviluppo, il rapporto Ocse rileva un lieve aumento degli impegni finanziari dei 22 Paesi ricchi presi in considerazione, pari al 2,4% e per un totale di 94,9 miliardi di dollari, considerato comunque un apporto insufficiente che non consente di rispettare gli impegni presi in passato. Tra i Paesi che invece stanno migliorando notevolmente vi sono la Germania, con un aumento degli aiuti pari a 1.9 miliardi di dollari, e la Spagna, con 2.2 miliardi in più. In seguito alle recenti dichiarazioni sulla volontà del governo italiano di modificare nuovamente le norme in materia di asilo le associazioni e gli enti di tutela che compongo il

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“Tavolo Asilo” , facendo seguito alle prese di posizione già espresse dall'UNHCR esprimono la propria profonda preoccupazione per le proposte di modifica di alcune norme vigenti in materia di asilo e immigrazione. Tra le modifiche proposte tre sono gli aspetti che hanno destato maggiore perplessità: quella che prevede che un richiedente asilo la cui domanda sia stata respinta in prima istanza dalla commissione territoriale competente venga subito espulso dal territorio nazionale e rinviato nel Paese in cui è fuggito, anche prima che l'interessato possa presentare ricorso contro tale decisione al tribunale vanificando così l’effetto sospensivo del ricorso verso i provvedimenti di allontanamento; il trattenimento nei CPT dei richiedenti asilo che hanno presentato la domanda dopo essere stati colpiti da un provvedimento di respingimento alla frontiera o di espulsione visto che sarebbero sottoposti allo stesso trattamento di tutti gli altri stranieri in attesa di espulsione, e quindi potrebbero essere trattenuti in tali centri fino a 18 mesi; la proposta di limitare fortemente il diritto alla circolazione dei richiedenti asilo a determinate aree. Questo l'elenco degli aderenti all'appello: Amnesty International, Arci, ASGI, Caritas Italiana, Casa dei Diritti Sociali - CDS Focus, Centro Astalli, CFA Ex Canapificio Caserta, Comunità di Sant'Egidio, Consiglio Italiano per i Rifugiati, Federazione Chiese Evangeliche in Italia - FCEI, Medici Senza Frontiere, Save the Children, Senza confine. Si sottolinea che in base ai dati raccolti dall'UNHCR nel 2007, circa 19.900 migranti e richiedenti asilo sono giunti in Italia via mare. Stando ad una elaborazione dei dati della Commissione nazionale per il Diritto d'asilo, circa il 35% di coloro che sono arrivati via mare in Italia nel 2007 ha presentato domanda d'asilo, sul posto o successivamente. Complessivamente, nel 2007 sono state presentate 14.053 domande d'asilo. Circa il 50% di queste è stato inoltrato da persone giunte in Italia via mare. In base ad una elaborazione dei dati forniti dalla commissione nazionale per il Diritto d'asilo e dalle Commissione territoriali, il tasso di riconoscimento di una qualche forma di protezione - status di rifugiato o protezione umanitaria - di coloro che sono arrivati via mare nel 2007 è stato di circa il 65%. Si può quindi affermare che nel 2007, delle circa 20mila persone arrivate via mare in Italia, circa il 23% è stata giudicata bisognosa di protezione internazionale. Proprio per convincere le istituzioni della necessità di non modificare la normativa in materia di asilo e protezione sono stati avviati in questo periodo delle consultazioni con il Governo e sono state autorizzate audizioni davanti le Commissioni Parlamentari che si occupano di discutere delle modifiche. Davanti la Commissione Affari costituzionali del Senato, Paolo Artini, responsabile Sezione Protezione dell'UNHCR, ha sollevato alcune preoccupazioni di carattere generale su un aspetto del c.d. “pacchetto sicurezza” ovvero il reato di clandestinità e sulla mancata esenzione dei richiedenti asilo dalla previsione normativa sottolineando come coloro che fuggono dal loro Paese di origine nella maggior parte dei casi non hanno la possibilità di utilizzare forme di ingresso regolare e sono spesso costretti ad utilizzare mezzi sempre più pericolosi per raggiungere l’Europa. Il tema degli ingressi irregolari è molto sentito. Frontex, infatti, proprio nel maggio 2008, ha ripreso i pattugliamenti del Canale di Sicilia in una operazione che vede coinvolti Italia, Francia, Germania e Malta. La missione europea di pattugliamento prende il nome di “Nautilus III”. La missione sarebbe dovuta partire già il 22 aprile 2008, ma gli Stati partecipanti non riuscivano a trovare un accordo su chi dovesse prendersi carico dei migranti salvati nelle acque di ricerca e soccorso (Sar) di competenza libica per poi

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stabilire che sarebbero stati portati in Libia senza limitazioni per richiedenti asilo così come si proponeva invece l’UNHCR. La Libia infatti non ha mai firmato la Convenzione di Ginevra dell’Onu sui rifugiati ed è accusata da Amnesty International, Human Rights Watch e Fortress Europe di gravi violazioni dei diritti dei migranti e rifugiati arrestati e deportati dal Paese in condizioni inumane e degradanti. Il diritto marittimo internazionale, in caso di soccorso in mare, impone di portare “nel più vicino porto sicuro” i naufraghi, in base alle convenzioni Sar e Solas. Nautilus III rispetterà queste norme, dal momento che i migranti intercettati nelle acque Sar italiane e maltesi saranno portati a Lampedusa e Malta. Non saranno invece rispettate la Carta europea dei diritti umani, che vieta le deportazioni collettive, la Convenzione internazionale contro la tortura, che vieta la riammissione in un Paese terzo di un cittadino che vi rischi la tortura, e la Convenzione dell’Onu sui rifugiati, che vieta il rimpatrio di rifugiati. Sui rischi del respingimento dei rifugiati si è espresso anche Christopher Hein, direttore del Cir, che ha dichiarato: “immigrati e richiedenti asilo sbarcano insieme. Così si rischia di respingere tutti”. E le critiche arrivano anche dall’“European Council on Refugees and Exiled” (Ecre): “Frontex deve dimostrare esplicitamente in che modo le proprie attività rispettino gli obblighi di non respingimento dei rifugiati a cui sono sottoposti gli Stati membri”. Forse anche le missioni di Frontex contribuiscono alla diminuzione delle richieste d’asilo politico in Europa. Il calo è drastico. Lo sostiene una ricerca Eurostat: 192.000 domande d’asilo nei 27 paesi dell’Ue nel 2006, contro le 670.000 domande nel 1992 nei soli 15 Stati membri di allora. Le richieste sono dimezzate negli ultimi 5 anni, nel 2006 il calo è stato del 15%. Tutto questo mentre i rifugiati nel mondo sono aumentati del 14% secondo l’UNHCR. Ma i dati sull’asilo in Europa sono in realtà molto differenziati a livello geografico. Diminuiscono negli Stati centrali e aumentano lungo le frontiere. Più 116% in Grecia nel 2006, più 262% a Malta e addirittura più 378% a Cipro. Segno che in Europa è sempre più difficile arrivare. Grazie a Frontex, ma anche ai respingimenti alla frontiera di potenziali rifugiati fatti sulla base degli accordi di riammissione, come i rifugiati afgani rinviati in Grecia dai porti dell’Adriatico e dalla Grecia rispediti in Turchia. Dall’altra ci sono le missioni di Frontex nel Mediterraneo. In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, viene presentata a Roma la ricerca “Presenze trasparenti” promossa da Caritas di Roma, Centro Astalli, Casa dei diritti sociali, Federazione delle Chiese Evangeliche e Cesv. Tema della ricerca sono i diniegati, immigrati che dopo aver presentato domanda di riconoscimento dello status di rifugiato hanno ricevuto un provvedimento di rifiuto ed hanno successivamente presentato ricorso. La loro condizione giuridica, malgrado il ricorso presentato, non cambia. Rimangono dei cittadini irregolari, ma dovendo scegliere di restare in Italia senza un permesso di soggiorno o ritornare da dove sono scappati, i diniegati scelgono di rimanere. Da qui il nome di “presenze trasparenti”. La ricerca ha messo in evidenza alcune caratteristiche di questa categoria di immigrati: sono prevalentemente giovani uomini con un livello medio–alto di istruzione, arrivati in Italia per mare dopo viaggi lunghi, con mezzi di fortuna e spesso nelle mani di contrabbandieri. Vengono prevalentemente dall’Africa (Nigeria, Camerun, Guinea, Liberia, Sudan) e dall’Asia (Afghanistan e Kurdistan). Intanto continua la discussione sulla modifica della procedura di riconoscimento della protezione internazionale. Fanno discutere le dichiarazioni del sottosegretario al ministero dell'Interno Alfredo Mantovano che, intervenendo in Commissione Affari Costituzionali della Camera, dichiara “Ogni anno su 100 domande di protezione presentate, non più di otto/nove vengono accolte sull'intero territorio nazionale, mentre le

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altre vengono giudicate prive di fondatezza, il che dimostra che non è immotivata la preoccupazione che si tenti di ricorrere allo strumento di richiesta di protezione internazionale per aggirare i limiti all'immigrazione stabiliti dalla legge italiana”. Le novità proposte a pochi mesi dall’entrata in vigore della procedura sono le seguenti: i componenti delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale possono essere nominati direttamente dal Ministro dell'Interno con una procedura d'urgenza; il prefetto può individuare "un luogo di residenza o un'area geografica" in cui, chi chiede asilo in Italia, possa circolare in attesa di una risposta; chi chiede asilo dopo essere stato raggiunto da un decreto di espulsione, dovrà essere trattenuto nei Centri di identificazione ed espulsione (ex Cpt); il ricorso dovrà essere presentato entro 15 giorni in quasi tutti i casi. L’Alto commissario per i rifugiati Antonio Guterres ha chiesto alle autorità italiane garanzie per i rifugiati nel quadro delle nuove misure previste dal pacchetto sicurezza. La preoccupazione maggiore riguarda la necessità che venga garantito il diritto a proporre ricorso avverso la decisione negativa. In agosto l’UNHCR, con un comunicato stampa, esprime la sua preoccupazione riguardo alle notizie che giungono dalla Georgia ed in particolare dalla città di Gori, vicino alla linea di confine con la regione autonomista dell’Ossezia del Sud. Circa quattrocento persone fuggite dai loro villaggi si sono radunate sulla piazza principale di Gori. Tra gli sfollati è stata registrata la presenza di persone anziane rimaste nelle proprie case durante gli scontri, ma che, successivamente, sono state costrette a fuggire dai gruppi armati. Questo episodio dimostra le condizioni imprevedibili ed in continua evoluzione in cui si trovano a lavorare gli operatori dell’UNHCR. Sulla Gazzetta Ufficiale del 6 agosto 2008 viene pubblicato il decreto del ministro dell'Interno relativo alla ripartizione delle risorse del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo. Il Fondo, gestito dal Ministero dell'Interno, assegna contributi in favore degli Enti locali che presentano progetti destinati all’accoglienza di richiedenti asilo, dei titolari dello status di rifugiato, dello status di protetto sussidiario e dei titolari di protezione umanitaria. La novità del decreto riguarda la durata del progetto non più annuale come in precedenza ma biennale. Secondo i dati pubblicati nel settembre 2008, nei primi otto mesi sono sbarcati 20.271 migranti contro i 12.419 dello stesso periodo nel 2007. Non solo. Rispetto allo scorso anno, sono nettamente aumentati i richiedenti asilo, in particolare somali. Per far fronte all'incremento delle richieste di protezione internazionale, negli ultimi mesi il Governo ha aperto in tutta Italia 44 nuovi centri di accoglienza : 37 centri in Piemonte, Friuli, Toscana, Lombardia, Lazio, Marche e Sicilia. La lista degli enti gestori è lunga. Si va dal Comune di Ancona, che ospita 100 richiedenti asilo negli hotel Lori e Le Terrazze, alla Arciconfraternita del S.S. Sacramento, che a Roma gestisce 484 posti letto. In alcuni casi sono gli stessi enti gestori dei Cara ad avere l'appalto dei centri destinati all'emergenza. Succede a Siracusa con l'Alma Mater e a Trapani con la Cooperativa Insieme. Lo stesso accade con la Croce rossa italiana, che gestisce il Cara-Cpa (Centro prima accoglienza) di Foggia e ha avuto in appalto i centri emergenziali a Roma, Palermo, Milano, Marina di Massa, Mantova e Torino, arrivando a gestire un totale di 2.116 posti letto. La maggior parte dei nuovi centri (21) si trovano in Sicilia. I 2.471 posti disponibili nei nuovi centri, si vanno ad aggiungere ai 4.169 dei 10 centri di prima accoglienza (Cpsa-Cda) e ai 980 posti dei sei centri di accoglienza per richiedenti asilo (Cara). Il costo pro capite pro die è di circa 50 euro al giorno per ogni ospite, quasi il doppio di quanto lo Stato paga (25-30 euro al giorno a persona) alle associazioni e ai

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comuni che aderiscono allo SPRAR. Non sempre le comunità locali mostrano solidarietà. Come a Sant'Angelo di Brolo, in provincia di Messina, dove il 16 settembre l'arrivo di un centinaio di richiedenti asilo ha scatenato le proteste dei residenti, che hanno tentato di bloccare l'autobus con a bordo gli stranieri. Polemiche rispetto a questo sistema di accoglienza emergenziale sono sollevate dalla rivista l’Espresso secondo cui non aver saputo programmare la distribuzione in Italia dei rifugiati costa ogni mese quasi 2 milioni di euro in più rispetto alla una procedura ordinaria. In un articolo pubblicato sul settimanale Fabrizio Gatti, sostiene che il governo sta "improvvisando" nuovi centri di accoglienza, “visto che in quelli pubblici non c'è più posto”. Il tema dell’accoglienza è al centro di un appello lanciato alla Commissione Bilancio della Camera dal vicepresidente ANCI e sindaco di Ancona, Fabio Sturani, perché venga lasciata inalterata la dotazione ai comuni della quota 8 per mille dell’IRPEF diretta alla gestione statale. A seguito dei provvedimenti adottati con la legge 126 del 2008, è previsto un taglio dell’intera dotazione del fondo a favore dell’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, della fame nel mondo e della conservazione dei beni culturali. Per quanto riguarda gli interventi verso sulle politiche per l’asilo, Sturani precisa che si tratta di “una scelta che risulta in palese contraddizione con la realtà di un fenomeno, come quello dell’arrivo di persone aventi diritto alla protezione umanitaria, che tutti i dati confermano drammaticamente in crescita”. Continua la discussione sulle altre proposte di modifica contenute nel più generale pacchetto sicurezza ed in particolare il reato di ingresso irregolare. Durante un’audizione del 19 settembre dinanzi agli Uffici di Presidenza riuniti delle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia del Senato l’UNHCR ha sottolineato che, sulla base dell’articolo 31 della Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo Status dei Rifugiati, una eventuale norma introduttiva del reato di ingresso irregolare dovrebbe esplicitamente esonerare dalla sua applicazione richiedenti asilo, rifugiati e soggetti altrimenti bisognosi di protezione internazionale. Peraltro, nei paesi dell’UE che contemplano questo tipo di reato è comunque prevista un’esenzione verso tali soggetti. Nel frattempo l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, il portoghese Antonio Guterres, ha esortato gli Stati membri dell'Unione europea a proseguire nei loro sforzi volti a costruire un sistema d'asilo comune coerente ed efficace. Parlando ai ministri responsabili per l'asilo e l'immigrazione dei 27 paesi membri presenti a Parigi alla Conferenza ministeriale sull'Asilo convocata dalla Presidenza francese dell'Ue, Guterres ha affermato che, qualora garantisse effettivamente la protezione dei rifugiati, un sistemo comune d'asilo europeo potrebbe "servire da esempio per il mondo intero". L'UE, secondo Guterres è un attore importante sulla scena globale e può svolgere un ruolo chiave nel far fronte alle sfide poste dai movimenti forzati di popolazione nelle varie regioni del pianeta. All’incontro era presente il ministro dell’Interno italiano, Roberto Maroni, che ha parlato dell’Italia come “avamposto del Mediterraneo” il cui sistema d'asilo, anche a causa dell'assenza di un dispositivo europeo unificato e solidale, subisce una “pressione fortissima”. Vengono pubblicati nel frattempo i decreti legislativi correttivi delle procedure di protezione internazionale e di ricongiungimento familiare che entreranno in vigore il 5 novembre. Si tratta di due decreti legislativi, il n. 160 e il n. 159, entrambi del 3 ottobre 2008. In materia di procedura di riconoscimento della protezione internazionale, la prima modifica (art.4) riguarda le Commissioni territoriali nominate con decreto del Ministro dell’Interno, su proposta del Ministro dell'interno. La composizione rimane invariata ma, in situazioni di urgenza, il rappresentante dell’ente locale viene nominato dal

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Ministro dell’interno, su indicazione del sindaco del comune presso cui ha sede la commissione territoriale, comunicandolo tempestivamente alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Rispetto al soggiorno sul territorio in attesa della definizione della procedura di riconoscimento l’art. 7 viene modificato attribuendo al prefetto il potere di stabilire un luogo di residenza o un’area geografica ove i richiedenti asilo possano circolare. Viene disposto il trattenimento presso i Centri di Identificazione ed Espulsione – CIE – per tutti coloro che sono destinatari di un provvedimento di espulsione o di respingimento, escludendo così ipotesi di accoglienza nei Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo – CARA (art. 20 e 21). La Commissione territoriale può rigettare la domanda qualora non sussistano i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale fissati dal decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, ma può esprimersi per un rigetto per manifesta infondatezza in due ipotesi: quando risulta la palese insussistenza dei presupposti previsti e quando risulta che la domanda è stata presentata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione di un provvedimento di espulsione o respingimento (art. 32). Avverso la decisione della Commissione territoriale è ammesso ricorso dinanzi al tribunale che ha sede nel capoluogo di distretto di corte d'appello in cui ha sede la Commissione territoriale che ha pronunciato il provvedimento. Il ricorso deve essere proposto nei trenta giorni successivi alla comunicazione del provvedimento, mentre, nei casi di accoglienza e trattenimento, il ricorso è proposto, a pena di inammissibilità, nei quindici giorni successivi alla comunicazione del provvedimento. La proposizione del ricorso avverso il provvedimento che rigetta la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria sospende l'efficacia del provvedimento impugnato mentre se il rigetto è motivato dall'allontanamento del richiedente dal centro senza giustificato motivo, oppure è stato emesso per manifesta infondatezza, o è promosso da una persona accolta nei CARA per aver eluso o tentato di eludere il controllo di frontiera o per aver presentato la domanda dopo essere stato fermato in condizioni di soggiorno irregolare o trattenuta all’interno di un CIE, la proposizione del ricorso non sospende l'efficacia del provvedimento impugnato. In questo caso, il tribunale, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, decide con ordinanza non impugnabile, anche apposta in calce al decreto di fissazione dell'udienza (art. 35). Rispetto al ricongiungimento familiare, molte sono le novità, ed in alcune circostanze si assiste ad un “ritorno” alle disposizioni precedenti. In materia di asilo si rileva che, per il ricongiungimento di due o più familiari dei titolari dello status di protezione sussidiaria è richiesto, in ogni caso, un reddito non inferiore al doppio dell'importo annuo dell'assegno sociale. Nel frattempo peggiora la situazione nella Repubblica Democratica del Congo. Ad ottobre infatti, più di 50.000 persone sono state costrette a fuggire dalle loro case nella regione di Ituri, nel nord-est del Paese, a causa degli scontri continui tra l’Esercito congolese e la Lord’s Resistance Army (LRA) dell’Uganda. I combattimenti sono iniziati a settembre e secondo l’UNHCR hanno già causato gravi perdite in vite umane. I ribelli hanno distrutto moltissime abitazioni ed edifici pubblici. Le autorità locali della zona hanno riferito che i corpi di circa 100 civili sarebbero stati gettati in un fiume, mentre 80 bambini sono dispersi. I genitori temono che i bambini siano stati reclutati con la forza dalla LRA. Le autorità della capitale della provincia, Kisangani, hanno stanziato una somma di 7 milioni di franchi congolesi (circa 11.000 dollari) per fornire scorte alimentari agli sfollati mentre l’UNHCR ha inviato altri operatori e rinforzare la sua presenza nella regione di Ituri

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e per cercare di soddisfare i bisogni primari di alloggi e acqua. Secondo gli ultimi accertamenti, gli scontri nella vicina provincia di Kivu Nord, tra le forze del governo e i ribelli guidati da Laurent Nkunda, hanno causato, da quando sono iniziati alla fine di agosto, il movimento forzato di 100.000 persone. Anche nelle aree di Rutshuru e Masisi si sono verificati combattimenti. I nuovi sfollati civili sono fuggiti in tutte le direzioni, ma la maggior parte verso i siti intorno alla capitale della provincia, Goma. Peraltro, i combattimenti di settembre hanno costretto tutte le agenzie umanitarie a ritirare il loro staff dalla zona. Gli scontri hanno anche interrotto la principale strada per i rifornimenti da Goma a Kitchanga e Masisi, lasciando gli sfollati a rischio di una grave crisi. Rimanendo sul piano internazionale, un’interessante sentenza della Corte di Strasburgo ha ordinato allo Stato italiano la sospensione del trasferimento in Grecia di un richiedente asilo afghano. Il richiedente era stato raggiunto da un provvedimento dell’ Unità Dublino del Ministero dell’Interno, ai sensi del Regolamento CE 343/2003, disponendo l’invio verso la Grecia, ritenuta competente a proseguire la domanda di protezione. Il 18 novembre 2008 è stata presentata istanza alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che lo stesso giorno intimava allo Stato italiano di sospendere l’espulsione del cittadino afgano M verso la Grecia fino al 10 dicembre 2008, ai sensi dell’articolo 39 CEDU per la possibile violazione dell’art. 34 CEDU. I dati relativi alle domande di protezione internazionale del 2008 rilevano un aumento considerevole non solo delle istanze prodotte ma anche del numero di riconoscimenti effettuati. Su 31.097 domande presentate ne sono state esaminate 21.933. Di queste 1.695 hanno ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato, 7.054 lo status di protezione sussidiaria, 2.100 la protezione umanitaria e 9.478 il diniego.  

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Giornata mondiale del rifugiato 2008: da Caritas Italiana un nuovo appello (Comunicato stampa del 19 giugno 2008)

Aumentano guerre e conflitti e cresce il numero di persone in fuga. In tutto il pianeta sono 67 milioni e tra queste ben 16 milioni sono rifugiati che scappano da regimi oppressivi o da governi che non vogliono o non possono proteggerli. Il 20 giugno è la Giornata Mondiale del Rifugiato e la Caritas Italiana vuole celebrarla ricordando ancora una che volta che i rifugiati sono uomini, donne, bambini e famiglie che fuggono da vere e proprie persecuzioni. In Italia attualmente sono circa 27.000 e tra coloro che sbarcano sulle nostre coste 1/5 è destinatario di una qualche forma di protezione. In un momento nel quale l’attenzione dell’opinione pubblica è costantemente sollecitata dal tema della sicurezza non dobbiamo dimenticare – e la cronaca recente purtroppo lo conferma - che in mare galleggiano i corpi di molti uomini che hanno pagato con la vita la fuga dall’insicurezza. L’Italia - dove manca tuttora una legge organica sull’asilo - ha recepito, con l'emanazione di un decreto legislativo a marzo 2008, una importante direttiva dell’Unione Europea colmando così alcune gravi lacune nella sua legislazione. Caritas Italiana rinnova pertanto al Governo la richiesta già avanzata insieme agli altri enti e associazioni del Tavolo Asilo, cioè di non procedere a modifiche del D.lgs 25/08, la cui efficacia non è stata ancora sperimentata, provvedendo invece a dare tempestiva emanazione del regolamento di attuazione di tale decreto. Tutto questo nell’ottica di tutelare soprattutto i rifugiati, chiedendo che siano garantiti i loro diritti fondamentali ed evitando ogni forma di strumentalizzazione o ancor peggio di discriminazione. Un pensiero particolare va ai giovani rifugiati che - come ha voluto ricordare Papa Benedetto XVI nel suo Messaggio per la XVI per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato - sono “bambini e adolescenti che hanno avuto come unica esperienza di vita i campi di permanenza obbligatori, dove si trovano segregati, lontani dai centri abitati e senza possibilità di frequentare normalmente la scuola. Come possono guardare con fiducia al loro futuro?”. A queste persone in cerca di speranza per sé e per la propria famiglia ogni giorno migliaia di operatori Caritas in tutto il mondo cercano di dare sollievo e restituire fiducia. Proteggere i rifugiati è un dovere, perché per i rifugiati essere protetti è un diritto.

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LEGALE

INTRODUZIONE Il 2008 è stato fortemente segnato dalle vicende collegate al cosiddetto pacchetto sicurezza. Le varie proposte di modifica alla normativa nazionale sull’immigrazione hanno determinato un vivace dibattito da parte dell’opinione pubblica che si è spaccata su importanti temi quali il reato di immigrazione clandestina piuttosto che l’incapacità matrimoniale. La Caritas Italiana ha seguito con particolare attenzione i vari passaggi di questo difficile iter governativo e parlamentare, intervenendo con forza laddove ha ritenuto importante far sentire la propria voce su questioni chiave, con una forte ricaduta sulla tutela dei diritti umani fondamentali. Per fare il punto su quanto avvenuto durante i dodici mesi dello scorso anno, si propongono due documenti: il primo, a cura dell’Ufficio Immigrazione di Caritas Italiana, ripercorre in maniera puntuale e in modo ragionato i principali avvenimenti giuridico – legislativi in tema di immigrazione; il secondo, a cura dell’avvocato Marco Ferrero, propone una riflessione sul rapporto tra la condizione giuridica dello straniero e la normativa internazionale in tema di diritti umani.

Il 2008: l’anno del Pacchetto sicurezza Il 2008 è stato caratterizzato da una serie di iniziative legislative sull’immigrazione, presentate dal nuovo Governo Berlusconi, all’indomani della vittoria elettorale, con la ben nota definizione di “Pacchetto sicurezza”. Si tratta infatti di 5 distinti provvedimenti: un decreto legge (il n. 92/08 convertito poi in l. n. 125 del luglio 2008), un disegno di legge (il n. 733 AS e 2180 AC) e tre schemi di decreti legislativi (in materia di ricongiungimento familiare, di asilo politico e di status di cittadino comunitario). Le proposte normative contenute nei suddetti provvedimenti intervengono ad ampio raggio su una serie di materie, eterogenee fra loro, fra cui la disciplina dell’anagrafe, degli enti locali, delle sanzioni amministrative, della finanza, il codice della strada, penale e di procedura penale; nonché la disciplina dell’immigrazione, introducendo modifiche su singoli, ma importanti, aspetti delle suddette materie, ritenute accomunate dall’incidenza di ognuna di esse sulla spinosa questione della sicurezza pubblica. Nel presente approfondimento ci si occuperà di quelle previsioni più attinenti alla materia dell’immigrazione, fornendo un generale commento tecnico e valutando le possibili conseguenze/ricadute delle norme sulla condizione dei migranti, ma anche sull’ordinamento e sulla pubblica amministrazione. L’attenzione di Caritas Italiana sull’iter legislativo del pacchetto sicurezza è stata, fin dall’inizio, viva e per molti versi preoccupata. Le perplessità hanno riguardato innanzitutto la prospettiva generale sottostante all’impianto predisposto negli interventi, consistenti nella creazione di restrizioni, ostacoli, barriere all’ingresso e al soggiorno dei cittadini stranieri in Italia. Un moltiplicarsi di affermazioni, di intenzioni e di decisioni che

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incrementano l’orientamento ad attuare una sorta di principio di indesiderabilità dell’immigrazione. Oltre alla generale “demonizzazione” dell’immigrato irregolare operata nei vari ambiti della sua potenziale interazione con la società, a preoccupare è inoltre la ridottissima considerazione nella quale anche gli stranieri regolari e i cittadini comunitari sono tenuti nelle suddette previsioni, nonché il potenziale contrasto delle nuove norme con alcuni principi cardine del nostro ordinamento giuridico, che potrebbe determinare un eccessivo freno o rallentamento dell’azione di vari organi amministrativi. E’ stato inoltre sottolineato come a questo irrigidimento, motivato dall’esigenza di una maggiore sicurezza, non sia seguito alcun investimento sul fronte della integrazione degli stranieri presenti sul nostro territorio. Analizziamo comunque gli interventi singolarmente. Decreto legge n. 92/08, recante “misure urgenti in materia di sicurezza pubblica", convertito in l. n. 125/08 Tale decreto, pubblicato il 23 maggio 2008, è stato convertito in legge alla scadenza dei 60 giorni di vigenza, pertanto è stato il primo, fra le misure in cui si articola il pacchetto sicurezza, ad entrare in vigore. Le norme in esso contenute incidono su previsioni del codice penale e di procedura penale, sulla disciplina degli enti locali, della circolazione stradale, delle misure antimafia e dell’immigrazione. Le posizioni espresse dalla Caritas Italiana in merito alle principali novità introdotte col decreto legge, in materia d’immigrazione, sono di seguito elencate: - Aggravamento della pena fino a un terzo per gli stranieri irregolari che delinquono: il decreto introduce, nel codice penale, un’aggravante generica (comportante dunque un aggravamento di pena per il soggetto condannato per un reato) consistente nell’ “avere il colpevole commesso il fatto mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale». L’aggravante è dunque ancorata alla mera condizione amministrativa del cittadino straniero, che subisce conseguenze penali più pesanti, non tanto e non solo in conseguenza della condotta tenuta nel momento del fatto, ma semplicemente a causa del suo status amministrativo (regolarmente soggiornante o meno). La scelta di prescindere dalla verifica del nesso di causalità esistente fra lo status e la condotta penale non appare una scelta condivisibile, ed anzi risulta contraria ai fondamenti del diritto penale, nonché a diversi principi costituzionali e sopranazionali, come quello di uguaglianza, che tutela gli individui da atti e comportamenti discriminatori, promuovendo invece condizioni di pari dignità; - Espulsione come misura di sicurezza per condanne superiori a due anni: per effetto della modifica normativa si abbrevia il limite di pena sotto il quale il giudice penale può comminare l’espulsione ad uno straniero condannato: se prima della l. 125/08 la condanna doveva essere superiore a 10 anni, dopo il decreto la soglia si è abbassata a due anni. La presunzione di pericolosità sociale, che si basa anche sull’entità della condanna irrogata, sembra eccessiva con un limite di pena così basso, soprattutto in quanto la conseguenza diretta di questo giudizio di pericolosità – ovvero l’espulsione – preclude allo straniero qualunque possibilità di risocializzazione in Italia, anche di fronte alla commissione di illeciti penali di lieve entità; - Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina attraverso la “cessione a titolo oneroso di un immobile ad un cittadino straniero irregolarmente soggiornante nel territorio dello Stato”. Per effetto di questa modifica operata dalla l.

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n. 125/08 sull’art. 12 del Testo Unico sull’immigrazione, il proprietario o chi ha la disponibilità dell’immobile viene obbligato a una continua verifica dello status dello straniero a cui abbia ceduto l’immobile, rispondendo penalmente anche nel caso in cui quest’ultimo, al momento della stipulazione del contratto, fosse in regola con le norme sul soggiorno, ma poi, durante la vigenza contrattuale, abbia perduto tale status. Siccome la norma parla poi di straniero, ne deriva che al proprietario dell’immobile spetta anche la verifica della regolarità del soggiorno del cittadino comunitario. Questa è però di ancora più complesso accertamento, in quanto per i primi 90 giorni dall’ingresso in Italia, il comunitario gode del diritto ad una piena e libera circolazione, in relazione alla quale non è necessaria alcuna formalizzazione. Decorsi i 90 giorni, se egli intende ancora rimanere nel paese, è allora tenuto a formalizzare la propria permanenza sul territorio nazionale procedendo all’iscrizione anagrafica, sulla base della sussistenza di una serie di requisiti. Si tratta dunque, a ben vedere, di una complessa disciplina, il cui onere conoscitivo è posto in capo a chi può disporre dell’immobile, con pesanti conseguenze sul piano penale. La formulazione della norma non esclude poi che essa si applichi anche in casi in cui la legge tollera, protegge o semplicemente non vieta la cessione di un immobile ad un cittadino straniero, ad esempio quando questo, pur non essendo in regola con le disposizioni sul soggiorno in Italia, versi in condizioni di difficoltà tale da risultare meritevole di tutela. Anche le pene previste per tale reato appaiono sproporzionate rispetto alla condotta (confisca della casa e reclusione fino a tre anni) e discriminatorie nella misura in cui la medesima condotta, tenuta nei confronti di italiani, ha conseguenze solo amministrative. Infine, occorre notare che se l’intento della norma era quello, positivo, di censurare l’affitto fatto allo straniero clandestino con condizioni contrattuali eccessivamente onerose rispetto ai prezzi di mercato, con l’attuale formulazione del reato, la soglia della punibilità è abbassata ricomprendendo la semplice cessione a titolo oneroso, senza verificare la eventuale sproporzione fra le prestazioni. Quanto alla confisca, è previsto che il ricavato della vendita dei beni confiscati sia destinato esclusivamente al potenziamento delle attività di prevenzione e repressione dei reati in tema di immigrazione clandestina; mentre non è prevista alcuna assegnazione agli enti locali, per il perseguimento di fini sociali. - Modifiche al codice di procedura penale e alle relative disposizione attuative sui giudizi direttissimi e immediati: le novità in tale ambito sono di natura estremamente tecnica ma non di trascurabile impatto pratico, in quanto innescheranno un intervento sollecito e rapido della giustizia nei confronti di imputati arrestati o nei confronti dei quali vi sia una chiara evidenza di colpevolezza. Anche durante il dibattito che precedette l’entrata in vigore della l. Bossi – Fini, la Caritas Italiana aveva già rilevato che sembrava trattarsi di misure che rischiano di ingolfare ancora di più il già sofferente funzionamento della giustizia, obbligando i magistrati ad attivare giudizi in tempi rapidi su questioni di ridotta gravità. Tali misure peraltro non sembrano funzionali allo scopo di conseguire l’effettivo allontanamento del cittadino straniero irregolare dal territorio nazionale, perché non coordinate in un quadro di interventi di cooperazione/collaborazione con gli altri agenti deputati istituzionalmente a provvedere al rimpatrio dei soggetti da espellere, anche nei paesi di partenza/provenienza dei cittadini stranieri coinvolti. Fra le altre misure della legge n. 125/08 che hanno rilevanti connessioni con la materia dell’immigrazione, vi sono quelle relative al cambio di denominazione dei centri di permanenza temporanea e assistenza (CPTA) in centri di identificazione ed espulsione (CIE), diventando prevalente la loro finalità di eseguire l’allontanamento degli stranieri senza titolo al soggiorno in Italia.

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Anche le competenze dei sindaci sono state ampliate attraverso l’attribuzione del potere di adottare ordinanze in materia di “sicurezza urbana” e attraverso un potere di segnalazione alle autorità della condizione di irregolarità di uno straniero (anche comunitario), ai fini dell’adozione dei provvedimenti di espulsione/allontanamento. Il potere di intervento a favore della c.d. “sicurezza urbana” ha destato e desta comprensibili perplessità, soprattutto alla luce dell’indefinitezza del concetto, e del conseguente pericolo di eccesso di discrezionalità nell’azione amministrativa. Sono stati inoltre riformulati e inaspriti anche alcuni delitti di falso contemplati dal codice penale, come la falsa attestazione della propria o altrui identità, o delle qualità personali, nonché le fraudolente alterazioni delle parti del corpo al fine di impedire la propria o altrui identificazione. A margine di tali delitti sono state previste pene notevolmente superiori a quelle irrogabili a cittadini italiani, a parità di condotta, con conseguente creazione di un diritto penale speciale per gli stranieri, in cui la diversità del trattamento sanzionatorio poggia solo sulla qualifica/status di cittadino non italiano e non su una valutazione in concreto della maggiore pericolosità che tale stato assume rispetto all’azione penale. Ulteriore conseguenza è anche la violazione del principio di uguaglianza/parità di trattamento, prevista e tutelata dall’art. 3 della Costituzione. Decreto lgs. n. 160/09 in materia di ricongiungimento familiare Tale decreto, un altro nei quali si è articolato il cd. Pacchetto sicurezza, è intervenuto a modificare il decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 5, che a sua volta attuava la direttiva 2003/86/CE relativa al diritto di ricongiungimento familiare. Nel provvedimento sono state inserite una serie di misure atte a restringere il ricorso a questo istituto da parte dei cittadini extracomunitari. In particolare, il ricorso a questo istituto: - è stato escluso al coniuge minorenne; - è stato limitato fortemente per il figlio maggiorenne, in quanto il richiedente dovrà dimostrare che, per ragioni oggettive, questo non possa provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita, in ragione del suo stato di salute che comporti invalidità totale2. - è stato limitato fortemente per i genitori a carico, in quanto occorrerà dimostrare che questi non abbiano altri figli nel Paese di origine o di provenienza, ovvero abbiano un’età superiore a 65 anni e gli altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per gravi, documentati, motivi di salute3. Un’altra misura introdotta dal d.lgs. n. 160/2008 riguarda l’accertamento della discendenza diretta effettuabile con l’esame del dna, su richiesta delle rappresentanze diplomatiche o consolari, qualora nel paese del richiedente non vi sia un’autorità riconosciuta o comunque quando sussistano fondati dubbi sulla autenticità della documentazione attestante il rapporto di filiazione. A tale riguardo, va tuttavia notato che tale misura risulta troppo onerosa e spesso non praticabile nei paesi di origine dei migranti, inoltre la formulazione della norma risulta quanto meno vaga in quanto non definisce con esattezza i criteri in base ai quali gli uffici consolari o diplomatici possano ritenere non esaustiva la documentazione presentata. Ne

2 Il previgente dlgs n. 5/2007 ammetteva invece, più favorevolmente, il ricongiungimento del figlio maggiorenne che non potesse permanentemente provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita in ragione del suo stato di salute. 3 Il d.lgs. n. 5/2007 contemplava il ricongiungimento dei genitori a carico che non disponessero di un adeguato sostegno familiare nel Paese di origine o di provenienza.

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consegue un potenziale rischio di eccesso di discrezionalità nei provvedimenti delle competenti autorità. Un’ulteriore limitazione è rappresentata dall’innalzamento del reddito che il richiedente deve dimostrare presentando l’istanza di ricongiungimento: in particolare il reddito richiesto non viene più calcolato – come prima - attraverso un criterio di progressione “a scaglioni”, in base al numero complessivo di parenti da riunire, ma viene moltiplicato per il numero dei soggetti da ricongiungere. L’aumento dei parametri di reddito produrrà però diversi effetti negativi per le famiglie di migranti: infatti solo i nuclei che già prima dell’ingresso in Italia godevano di una consistente agiatezza, potranno permettersi di presentare istanza di ricongiungimento, mentre gli altri saranno costretti in molti casi a compiere scelte dolorose, e comunque a prolungare la separazione forzata fra membri della stessa famiglia. La scelta restrittiva operata dal legislatore sembra non considerare, invece, che frequentemente la crescita economica di una famiglia straniera comincia proprio grazie ai ricongiungimenti, che consentono all’altro coniuge o ai figli in età da lavoro di trovare a loro volta un’occupazione per contribuire al miglioramento delle condizioni economiche familiari. Infine, il decreto n. 160/2008 ha raddoppiato il termine per far valere il meccanismo del silenzio – assenso relativamente ai nulla osta per i ricongiungimenti: se con la legge previgente il richiedente, decorsi 90 giorni dalla presentazione della domanda senza aver ricevuto risposta dalla questura/sportello unico, poteva dare seguito alla pratica per il rilascio del visto d’ingresso, ora dovrà attendere 180 giorni per attivarsi in tal senso. Alla luce di quanto illustrato, si ritiene che la generale revisione, in senso restrittivo, dell’istituto del ricongiungimento familiare non sia condivisibile, non solo perché contraria alle norme di maggior favore contenute nella direttiva 2003/86/CE, ma anche e soprattutto perché la famiglia costituisce il cardine più importante del radicamento sul territorio. Ostacolare i ricongiungimenti famigliari significa dunque creare nuovi ostacoli al corretto inserimento degli immigrati, che proprio nella ricostituzione dei nuclei familiari vede il primo, importante passo. Decreto lgs. n. 159/08 in materia di riconoscimento e revoca dello status di rifugiato Con questo decreto è stato modificato il d. lgs. n. 25/08 relativo alle norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato. Per un esame approfondito delle previsioni e dei cambiamenti operati da questo provvedimento, si rimanda alla sezione “ASILO” degli approfondimenti. In questo paragrafo ci limiteremo a indicare le principali novità e criticità delle nuove norme. L’iniziale perplessità nei confronti di questo decreto ha riguardato l’affanno con cui il legislatore si è affrettato a modificare il d.lgs. 25/08, attuativo della direttiva 2005/85/CE, che era entrato in vigore pochi mesi prima e la cui efficacia non era praticamente ancora stata sperimentata4.

4 Il decreto n. 25/08, in materia di procedure per l’esame delle domande di protezione internazionale e il decreto n. 251/07, che contempla i requisiti di individuazione delle qualifiche di rifugiato e di persona ammissibile alla protezione sussidiaria, hanno rappresentato il primo importante sforzo di disciplinare e uniformare la complessa materia dell’asilo in Italia.

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Ciò ha indotto Caritas Italiana a rilevare che la necessità di dare segnali rassicuranti al paese non può andare a discapito di chi è in condizioni di particolare vulnerabilità, come il richiedente protezione internazionale5. Più in dettaglio, hanno sollevato dubbi le previsioni volte a estendere i casi di trattenimento dei richiedenti asilo che abbiano subito un provvedimento di espulsione o di respingimento nei CIE (Centri di identificazione e di espulsione) tenuto conto delle condizioni poco favorevoli di trattenimento in questi centri, in particolare sotto l’aspetto dei servizi alla persona, meno strutturati e attenti di quelli previsti nei CARA (Centri di accoglienza per richiedenti asilo). Si è inoltre paventato un abbassamento della tutela processuale del richiedente asilo, operata sia attraverso le previsioni che ampliano le categorie di ricorrenti (avverso la decisione della commissione territoriale) esclusi dall’effetto sospensivo automatico del ricorso, sia attraverso la norma che dimezza i termini per impugnare la decisione nei confronti delle persone accolte nei CARA o trattenute nei CIE (da 30 giorni a 15). Se dunque, per effetto del d.lgs. n. 25/08, l’allontanamento dal territorio nazionale veniva rimandato alla definitiva conclusione della vicenda giudiziaria, per un numero più ampio di ricorrenti questa misura potrà essere applicata già al decorrere del termine utile per proporre ricorso, che, in molti casi, è talmente ristretto da rendere estremamente arduo l’esercizio del relativo diritto. Schema di decreto legislativo in materia di status di cittadino comunitario Con la presentazione delle misure contenute nel pacchetto sicurezza, nel maggio 2008, è stato annunciato anche uno schema di decreto legislativo recante modifiche ed integrazione al d. lgs. n. 30/2007, attuativo della direttiva 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Anche in ordine a tale intervento, Caritas Italiana ha rilevato una serie di criticità, attinenti le paventate restrizioni alla libera circolazione dei cittadini comunitari. In particolare, per soggiorni superiori a tre mesi veniva introdotto l’obbligo di dimostrare agli uffici anagrafici, deputati così a una forma di controllo sociale, che le risorse economiche a disposizione derivassero da attività dimostrabili come lecite. La vaghezza della previsione rappresentava un ulteriore elemento di perplessità, oltre che una causa di rallentamento notevole del procedimento di iscrizione anagrafica. Anche l’inserimento della semplice inosservanza dell’obbligo di provvedere, nei tempi prescritti, all’iscrizione anagrafica o alla richiesta della carta di soggiorno fra i motivi imperativi legittimanti l’allontanamento del comunitario e/o del suo familiare dal territorio nazionale è sembrata una misura eccessiva, basata impropriamente sulla presunzione che l’inosservanza di una norma amministrativo – anagrafica sia di per sé indice di pericolo per la sicurezza o l’ordine pubblico. A preoccupare era anche la previsione che il cittadino comunitario, destinatario del provvedimento di allontanamento, potesse essere trattenuto in un CPT (ora CIE). In sostanza, l’intervento nei confronti dei cittadini comunitari risultava ispirato, così come vari altri presenti nell’intero pacchetto sicurezza, solo da una logica di repressione

5 Queste preoccupazioni sono state espresse nel comunicato stampa “Immigrati: più attenzione a richiedenti asilo e a famiglie”, lanciato, in data 24 luglio 2008, insieme ad altre organizzazioni cattoliche come Comunità di Sant’Egidio, Centro Astalli, Acli, Migrantes.

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indistinta e di dubbia praticabilità, nella più completa inosservanza di principi non solo a tutela della persona, ma anche dell’azione della pubblica amministrazione. Ad ogni modo, le criticità presenti nel testo ed evidenziate da più parti, hanno determinato il Governo a richiedere alle competenti autorità europee un parere sulle sue previsioni. A seguito di tale consultazione, nell’autunno del 2008, il Governo italiano ha dichiarato di avere accantonato, per il momento, l’iniziativa legislativa per le forti perplessità espresse anche in sede europea. Disegno di legge sicurezza (AS n. 733 e AC n. 2180) Al momento della diffusione dell’edizione 2009 dell’Almanacco, l’iter parlamentare di questo disegno di legge non si è ancora concluso, per cui i suoi contenuti saranno esaminati più a livello generale, che non di dettaglio. In esso, come in parte accaduto col precedente decreto legge n. 92/08 (poi l. n. 125/08), sono confluite una serie di previsioni attinenti a materie eterogenee, ma dotate di importanti rilievi e conseguenze sulla condizione dei cittadini stranieri. In merito alle principali novità introdotte nel disegno di legge, Caritas Italiana ha evidenziato una serie di rilievi: Sulla previsione del reato di immigrazione clandestina, si ribadisce quanto già sostenuto nel 2002, all’epoca della discussione per la riforma del T.U. n. 286/98 intervenuta successivamente con la l. Bossi – Fini. Da un punto di vista tecnico, la norma presenta difficoltà applicative, nel senso che sarà difficile stabilire con certezza il momento e le modalità di realizzazione della condotta vietata. In particolare, occorrerà chiarire quale sia la posizione giuridica dello straniero nell’arco temporale (lungo anche oltre un anno, in alcuni contesti territoriali) in cui egli, presentata la domanda di permesso di soggiorno, deve attendere che le autorità preposte gli rilascino il titolo. Si pone poi un problema di raccordo fra tale norma e quella dell’art. 4 del T.U. che prevede che in caso di ingresso irregolare lo straniero debba essere semplicemente respinto. Inoltre, anche con riguardo ai principi di ragionevolezza, di proporzionalità e di sussidiarietà del diritto penale (tutti corollari del principio di legalità), va rilevato che non sembra che l’ingresso e il soggiorno irregolare rappresentino una condotta così grave da richiedere l’intervento penale: lo Stato non può far ricadere sull’individuo, al quale i più importanti Trattati internazionali riconoscono il diritto di lasciare il proprio paese, le proprie difficoltà nella gestione dei flussi migratori. E’ opportuno invece mantenere una scala nell’intervento penale, perché questo possa risultare sempre credibile ed essere riconosciuto e osservato dalla collettività alla quale si riferisce. Si tratta dunque di una misura sproporzionata rispetto alla condotta e che abbassa eccessivamente la soglia di intervento penale fino a ricomprendere fra i delitti mere forme di irregolarità amministrativa. Peraltro, una previsione di questo tipo ha come presupposto che ad ogni clandestino corrisponda un criminale, circostanza non avallata dalla realtà dei fatti né dai dati disponibili. Inoltre, l’esperienza sul campo non depone a favore della capacità dissuasiva di un simile intervento penale: i fattori di spinta delle migrazioni non verrebbero scoraggiati mentre invece si ingolferebbe il sistema giudiziario e carcerario, a discapito di questioni di maggior rilievo. E’ fatto noto che i ritardi della nostra giustizia sono già stati oggetto di censura e sanzione da parte dall’Unione europea. L’introduzione di tale reato, al di là delle criticità insite nella fattispecie, produrrà tuttavia rilevanti conseguenze soprattutto per effetto del combinato disposto con altre norme contenute nel nostro ordinamento.

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In particolare, farà scattare per i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio un obbligo di denuncia dello straniero irregolare con cui entrino in rapporto per motivi attinenti all’esercizio delle loro funzioni, per effetto delle previsioni degli artt. 361 e 362 c.p., che puniscono l’omissione o il ritardo nella denuncia all’autorità giudiziaria di reati di cui tali categorie abbiano avuto notizia nell’esercizio delle loro funzioni. Si noti che per copiosa produzione giurisprudenziale, sono pubblici ufficiali e/o incaricati di pubblico servizio non solo figure come l’ufficiale giudiziario, l’ispettore sanitario, l’esattore di aziende municipalizzate, ma anche l’impiegato dell’anagrafe e dell’Inps, il vigile urbano, il postino, l’insegnante della scuola pubblica e l’assistente universitario, il geometra del comune, gli operatori sanitari (ovvero i dipendenti Asl) e finanche i letturisti dei contatori dell’elettricità o del gas, i bidelli, i custodi di cimiteri, i conducenti di mezzi di trasporto pubblico. Si tratta a ben vedere, di soggetti con cui il cittadino straniero entra quotidianamente in contatto e che saranno tenuti a denunciarlo, se irregolare, per non rischiare essi stessi di subire conseguenze penali per non averlo fatto. Va detto che durante i lavori parlamentari per l’approvazione del disegno di legge, si è molto discusso di un’altra previsione inizialmente in esso contenuta, ma successivamente stralciata, che avrebbe determinato anche la segnalazione dello straniero irregolare che si fosse rivolto presso le strutture sanitarie (sia ospedaliere, sia territoriali) per ottenere le prestazioni che il T.U. N. 286/98 sull’immigrazione gli riconosce. Anche in questo caso, si attribuiva ai medici il ruolo improprio di segnalare alle autorità una persona bisognosa di cure, sacrificando il suo superiore diritto a godere della protezione della salute. Per questo numerosissime organizzazioni di tutela degli immigrati, ma anche gli ordini dei medici, hanno rivolto ai parlamentari diversi appelli per eliminare la norma dal disegno di legge, rilevando come spingere le persone ad una "clandestinità sanitaria" sia pericoloso non solo per gli individui ma anche per la popolazione, laddove possano esserci malattie trasmissibili. Inoltre, l'effetto della cancellazione del divieto di segnalazione avrebbe vanificato gli importanti successi raggiunti nell'ambito sanitario tra gli immigrati, come la riduzione dei tassi di Aids, a stabilizzazione di quelli relativi alla Tubercolosi, la riduzione degli esiti sfavorevoli negli indicatori materno infantili (basso peso alla nascita, mortalità perinatale e neonatale ...). Pur se, come dicevamo, la proposta normativa è stata ritirata, agli interpreti del diritto rimane il ragionevole dubbio che questa sia tenuta in vita proprio attraverso gli artt. 361 e 362 c.p., rientrando a pieno titolo i medici e il personale sanitario fra quei pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio che hanno l’obbligo di denuncia di un reato appreso nell’esercizio delle loro funzioni. Continuando nell’esame delle previsioni del disegno di legge relative, in particolare, agli stranieri irregolari, quella di allungare il periodo di trattenimento nei CPT fino a 180 giorni contrasta con la posizione più volte espressa da Caritas Italiana e contenuta nelle conclusioni del Rapporto De Mistura, ovvero di andare verso il graduale superamento di questi centri nell’ottica di una migliore gestione del fenomeno e della constatazione che, almeno sinora, il trattenimento in questi centri non ha permesso la identificazione e conseguente espulsione degli stranieri trattenuti. Infatti, anche i dati del Ministero dell’interno, relativi all’incidenza degli allontanamenti effettivi rispetto il numero delle persone trattenute, attestano da anni come questi non superino mediamente il 50% del totale. In questo senso, l’eccessivo allungamento dei tempi, oltre a risultare troppo dispendioso, appare configurare una forma di detenzione, impropria rispetto alla loro prima finalità di rimpatrio dei cittadini stranieri irregolari. L’efficacia dei rimpatri è infatti strettamente

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collegata alla collaborazione dei paesi di provenienza, ovvero alla loro maggiore o minore efficienza burocratica, e dunque a fattori totalmente indipendenti dal singolo, che tuttavia ne subisce le pesanti conseguenze. Non sembrano poi secondari gli investimenti economici sottostanti un’operazione di questo tipo, per cui si determinerà nuovamente lo spostamento delle risorse economiche destinate all’integrazione verso un’attività di contrasto e di controllo già censurata a più riprese dalla Corte dei Conti negli anni passati. Infine, sarebbe opportuno distinguere la posizione dei trattenuti che abbiano già scontato la pena detentiva negli istituti carcerari e nei cui confronti tale misura pare eccessivamente gravosa. Ancor meno comprensibili delle previsioni sull’allontanamento sono le misure volte a scoraggiare i soggiorni, ponendo una serie di restrizioni e ostacoli alla possibilità di continuare un percorso, già iniziato, verso l’inserimento nel nostro paese. Tali proposte normative sono state censurate da Caritas Italiana, Fondazione Migrantes, Acli, Centro Astalli, Comunità di Sant’Egidio nell’appello rivolto ai parlamentari nel luglio 2008 attraverso il comunicato “Solo una legge giusta può dare più sicurezza”. Nel dettaglio, il disegno di legge prevede l’incapacità al matrimonio con effetti civili per lo straniero privo del permesso di soggiorno, limitando gravemente i diritti della comunità familiare. Nel comunicato è stato fortemente sottolineato come il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia sia un diritto fondamentale della persona (art.16 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e art. 29 Cost.), inalienabile anche per coloro che sono in posizione amministrativa irregolare. D’altra parte la possibilità di vivere legalmente in famiglia – talvolta usufruendo per sé e per i figli della posizione di regolarità amministrativa mutuata dal coniuge - assicura non solo serenità e stabilità a uomini, donne e minori, ma evita loro percorsi di marginalità garantendo alla nostra società, e in questo modo davvero, una maggiore sicurezza. Inoltre, il disegno di legge prevede l’onere di esibizione del titolo di soggiorno per la presentazione di istanze o l’ottenimento di autorizzazioni od atti riguardanti lo stato civile delle persone; nonché per l’accesso ai servizi pubblici. Questa norma renderebbe inaccessibili agli stranieri irregolarmente soggiornanti servizi pubblici anche essenziali, mettendone in alcuni casi a rischio la sicurezza della vita e della salute, senza alcun giovamento ed anzi con maggiore danno per la pubblica sicurezza. Verrebbe inoltre pregiudicato il compimento di atti di stato civile fondamentali, primi fra tutti la richiesta delle pubblicazioni per il matrimonio e la stessa formazione degli atti di nascita dei minori stranieri, con grave pregiudizio per la certezza dei rapporti familiari e di stato civile. Un effetto assai grave di tale modifica normativa consisterebbe anche nella impossibilità di registrare all’anagrafe un figlio, da parte dello straniero irregolare, con conseguente determinazione dello stato di affidabilità/adottabilità del minore. E comunque, per evitare questa terribile conseguenza, è probabile che molte donne decidano di non partorire in ospedale, con serissimi rischi per la salute della madre e del bambino, ovvero di non proseguire la gravidanza. Tale norma appare dunque in aperto contrasto con le norme della Costituzione che tutelano la maternità, l’infanzia e la gioventù (art. 31, 2° comma, Cost.), ovvero sanciscono il diritto – dovere dei genitori di mantenere i figli (art. 30, 1° comma Cost.); nonché con la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989 che riconosce a ogni minore, indipendentemente dalla nazionalità e dallo status del genitore, il diritto ad essere “registrato immediatamente al momento della sua nascita”, il diritto “ad

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un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori e ad essere allevato da essi”, ed anche il diritto “a preservare la propria identità, ivi compresa la sua nazionalità, il suo nome e le sue relazioni familiari”. Proseguendo nell’esame delle disposizioni, il disegno di legge prevede - sia per i residenti italiani che per quelli stranieri regolarmente soggiornanti - il divieto di iscrizione anagrafica in mancanza della disponibilità di un alloggio dotato di idonea certificazione dei requisiti igienico-sanitari, relegando le persone senza fissa dimora in uno speciale registro presso il Ministero dell’interno. Va tuttavia rilevato che, a causa della scadente qualità media delle abitazioni italiane – specie nei comuni o centri storici, nelle zone rurali e nei quartieri popolari antecedenti ai piani regolatori – questa norma, se approvata, condurrebbe al blocco in massa delle iscrizioni o variazioni anagrafiche, ledendo il principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 87 Cost.), che si sostanzia nell’efficienza, adeguatezza, ragionevolezza ed efficacia dell’azione amministrativa ma anche e soprattutto lasciando senza residenza un’ampia porzione della popolazione pur legalmente presente sul territorio. Diverranno allora difficili il sostegno pubblico alle famiglie in difficoltà, il controllo sulla scolarizzazione dei minori, la programmazione dei servizi, la notifica degli atti legali e molte altre funzioni civiche e costituzionali, rendendo improvvisamente non rintracciabili e meno tutelate vaste fasce della popolazione, incluse le persone senza fissa dimora, schedate in un archivio non comunale e privo di oggettive connessioni con le necessarie funzioni di servizio sociale. Analoghi rilievi critici riguardano le previsioni restrittive che incidono sulla disciplina dei permessi di soggiorno, come la previsione del pagamento di una somma rilevante per chiedere il rinnovo/rilascio del permesso di soggiorno. Si tratta di una misura che rischia di essere eccessivamente onerosa non solo per i nuclei familiari, ma anche per i singoli, soprattutto a fronte degli eccessivi ritardi burocratici sottostanti al rilascio dei permessi che fa sì che a volte si ottengono a durata già scaduta, costringendo l’interessato a ripetere il pagamento per convertire un titolo di cui, di fatto, non è riuscito a beneficiare. E’ inoltre previsto di subordinare il rilascio del permesso di soggiorno alla stipula di un “accordo di integrazione”, con cui lo straniero si impegni a conseguire non meglio specificati obiettivi di integrazione, pena la perdita di crediti e la successiva espulsione. Non risultano però disciplinati dalla proposta legislativa, essendo invece rimandati ad un successivo regolamento amministrativo, i criteri attraverso cui le autorità amministrative sono chiamate a valutare il grado di integrazione del soggetto, né le modalità del conseguimento dell’integrazione e le circostanze che determinano la perdita dei crediti. Sembra però che demandare alla fonte regolamentare aspetti così rilevanti per la condizione giuridica dello straniero costituisca una violazione del principio di riserva di legge espressamente sancito, su tale ambito, dalla Costituzione (art. 10). Una stretta significativa è anche operata nei confronti di un’altra categoria particolarmente bisognosa di tutela, ovvero i minori stranieri non accompagnati, in quanto la proposta normativa contenuta nel ddl, conformemente peraltro alla prassi adottata da alcune questure, richiede, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno alla maggiore età, il possesso del doppio requisito dell’affidamento, ovvero della sottoposizione a tutela, e della frequenza di un progetto di integrazione per almeno 2 anni. Nel passato, autorevoli pronunce della Corte Costituzionale e del Consiglio di Stato avevano invece stabilito che il requisito dell’affidamento/tutela fosse da considerare alternativo a quello della frequenza del progetto.

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Oltre a queste misure, che avranno conseguenze più immediate nei confronti dei cittadini stranieri, il disegno di legge ne contiene altre, sulle quali pure Caritas Italiana ha espresso delle perplessità. Ci si riferisce, ad esempio, alla norma che introduce le c.d. ronde cittadine, autorizzando i sindaci ad avvalersi della collaborazione di associazioni tra cittadini al fine di segnalare alle forze di polizia eventi che possano recare danno alla sicurezza urbana, ovvero situazioni di “disagio sociale”. Tale previsione appare in contrasto con il fondamentale principio della primaria ed esclusiva responsabilità dello stato nella tutela della sicurezza pubblica, che potrebbe essere messo fortemente in discussione da iniziative private i cui presupposti, compiti, limiti, modalità d’azione non sono, nella proposta in esame, espressi chiaramente. In conclusione, l’impostazione generale del pacchetto sicurezza sembra confondere il giusto obiettivo di ridurre l’irregolarità con l’accanimento nei riguardi delle persone prive del permesso di soggiorno, aggravando ancor più la penosa condizione dei “forestieri più vulnerabili; vale a dire i migranti senza documenti, i profughi, coloro che hanno bisogno d’asilo, i profughi a causa di persistenti, violenti conflitti in molte parti del mondo e le vittime – in maggioranza donne e bambini - del terribile crimine che è il traffico di esseri umani” (Messaggio di Sua Santità Giovanni Paolo II per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato del 2003). Garantire il rispetto e la dignità delle persone deve divenire invece il primo obiettivo di leggi giuste che diano sicurezza e serenità a tutti i cittadini.

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Straniero e diritti umani nell’ordinamento internazionale6

Avv. Marco Ferrero, Università Cà Foscari di Venezia Intervento in occasione del Coordinamento Nazionale Immigrazione di

Caritas Italiana, 5 novembre 2008

Il tema della condizione giuridica dello straniero costituisce una sorta di banco di prova del livello di introiezione o di reiezione del principio che riconosce nei diritti umani quelle posizioni soggettive, individuali e collettive, che si pongono come fonte di legittimazione della sovranità (e con essa dello stesso ordinamento giuridico), nonché come limiti alla disponibilità (e con essa alle scelte discrezionali) di mutevoli maggioranze parlamentari. Ritiene Jurgen Habermas che diritti umani e sovranità popolare rappresentino “le uniche idee capaci di dare giustificazione al diritto moderno"7 e che il problema della legittimità del diritto, e della tensione diritto soggettivo/diritto oggettivo, assuma negli ordinamenti moderni la forma della tensione tra diritti umani e sovranità popolare. In particolare, i diritti umani costituiscono l'istituzionalizzazione dei "presupposti comunicativi che sono indispensabili alla formazione di una volontà politica ragionevole"8 nel senso che, se quei diritti non sono riconosciuti intersoggettivamente, il procedimento democratico non potrà dirsi razionale, né legittimo. I diritti umani soddisfano, insomma, la condizione per la quale i cittadini possono presupporre la legittimità (e dunque la loro personale approvazione) delle norme alle quali prestano obbedienza sentendosene gli autori. Si potrebbe dire, allora, che la prassi di mutuo riconoscimento dei diritti fondamentali delinea il nesso interno tra individuo ed ordinamento, vale a dire il legame di appartenenza tra individuo ed ordinamento in cui si sostanzia la nozione moderna di cittadinanza. Allo stesso tempo, ciò delinea pure il contenuto del principio di legalità, che nei moderni ordinamenti costituzionali non può più essere inteso alla maniera giuspositivista e cioè predicando la legittimità delle norme soltanto in base alla loro conformità a forme predeterminate di produzione.9 Il problema sorge quando si prova a vedere se ed in che limiti il legame cittadino-ordinamento debba essere o meno riconosciuto allo straniero. Tale riconoscimento si scontra con due principi tradizionali di diritto internazionale generale, secondo i quali:

- lo stato ha la massima discrezionalità nel determinare sia l'ingresso degli stranieri nel suo territorio,

6 Sulle questioni trattate in questo paragrafo si veda più diffusamente, M. FERRERO, B. PRICOLO, M. SPINNATO, Straniero: tra esclusione e cittadinanza costituzionale, in Pace, Diritti Umani, Marsilio Editori, Venezia, n. 2/2004. 7 J. HABERMAS, Fatti e Norme, a cura di L. Ceppa, Guerini e Associati, Milano, 1996, p. 122. 8 IDEM, Legittimazione tramite diritti umani, p. 220. 9 Cfr. B. PASTORE, Legalità e diritti fondamentali, in "Per la filosofia, filosofia e insegnamento", anno X - n.27, gennaio - aprile 1993, p.17: "risulta chiaro che configurare il principio di legalità come filtro meramente formale delle manifestazioni della volontà statale appare totalmente insufficiente. Tale principio, infatti, trova la sua precisa valenza nella conformità del potere a regole generali e astratte poste preventivamente a garanzia della certezza, dell'eguaglianza, dell'eliminazione dell'agire arbitrario. Si tratta, allora, di un rinvio ad una formula che non è riempibile di qualsiasi contenuto (o di nessun contenuto), ma che, invece, esprime un valore che, come tale, può fungere da criterio di legittimazione".

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- lo stato ha la massima discrezionalità nello stabilire le condizioni per l'acquisto della cittadinanza. In ordinamenti fondati sul riconoscimento dei diritti fondamentali è necessario indagare fino a che punto tali principi possano legittimamente esplicare la loro efficacia10. I due principi di diritto internazionale sopra citati sono strettamente collegati ad una certa visione del concetto di cittadinanza. Essa è tradizionalmente intesa sia come un legame verticale che unisce l'individuo allo stato, così individuandosi la figura del suddito, sia come legame orizzontale che unisce l'individuo ad una comunità culturale, così individuandosi la figura dell'appartenente etnico. Nel primo senso, la cittadinanza, concorrendo a determinare l'elemento personale dello stato - il popolo - finisce per definirsi come jus excludendi alios, e questi altri sono appunto i non-appartenenti, cioè gli stranieri. Nel secondo significato, l'esito è analogo, ma il riferimento è, principalmente, all'idea, tipicamente nazionalista, che unisce demos e ethnos e che predica la necessità di ipotizzare un'imprescindibile condivisione tra i cittadini di un patrimonio comune di religione, cultura, lingua e tradizione. Entrambi gli aspetti concorrono a determinare una concezione organica della società11e ad assegnare al diritto una funzione di esclusività, vale a dire concorrono a dare sostegno alla tesi per la quale è l'individuo in funzione dello stato e non viceversa, nonché alla tesi che vede nel diritto un mero strumento per salvaguardare il gruppo degli appartenenti dalle minacce interne ed esterne. Il nesso ethnos/demos investe direttamente l'effettiva sfera di operatività del principio di eguaglianza e del divieto di discriminazione razziale. In ordinamenti, come quello italiano, dove il principale meccanismo di acquisto della cittadinanza è quello legato al vincolo dello jus sanguinis, la nozione giuridica di cittadinanza rischia di condurre ad una massiccia violazione del divieto di discriminazione razziale. Il problema non è risolto nemmeno dal diritto internazionale; infatti, se è vero che quest'ultimo tende naturalmente verso l'ampliamento del principio di eguaglianza, è altrettanto vero che le norme internazionali concernenti il divieto di discriminazione non toccano mai direttamente il tradizionale potere dello stato di decidere autonomamente in tema di normative differenziate tra cittadini e stranieri12. eccezione la importantissima Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori emigranti e dei membri delle loro famiglie del 18 dicembre 199013,

10 È, comunque, evidente che, una volta determinato come sopra esposto il contenuto del vincolo di appartenenza dell’individuo all’ordinamento in cui si sostanzia la stessa nozione di cittadinanza, ogni indagine in ordine alla legittimità di norme esprimenti trattamenti differenziati tra cittadini e stranieri - così come in ordine alla sfera di discrezionalità dello Stato nel decidere le condizioni di ammissione degli stranieri nel territorio e di acquisto, da parte loro, della cittadinanza - dovrà essere condotta ricercando, non un qualsiasi principio costituzionale, ma una dimensione altrettanto costitutiva che giustifichi quella disparità. 11 Cfr. N. BOBBIO, L'età dei diritti, Einaudi, Torino, 1992. 12 Emblematico, in proposito, è il testo dell'art. 1 della Convenzione internazionale sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (ICERD): l'art. 1, infatti - dopo aver vietato, al par. 1, ogni trattamento differenziato basato su razza, colore, ascendenza, origine nazionale o etnica, che abbia lo scopo o l'effetto di compromettere l'eguale titolarità, godimento o esercizio dei diritti umani - stabilisce, al par. 2, che "la presente Convenzione non si applica alle distinzioni, esclusioni o trattamenti preferenziali stabiliti da uno Stato parte della Convenzione a seconda che si tratti di propri cittadini o dei non cittadini". Il Comitato per l’eliminazione della discriminazione razziale delle Nazioni Unite, peraltro, nel corso della propria sessione di lavoro del mese di marzo 2004, ha deciso di istituire un gruppo di lavoro per la stesura di un nuovo General Comment sulla discriminazione razziale a danno dei non cittadini, sul presupposto che essa sia una nuova forma di discriminazione, strettamente connessa a quella contro migranti e rifugiati (si veda il sito http://www.unhchr.ch ) 13 Adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con risoluzione 45/158 ed entrata in vigore il 1 luglio 2003.

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che se implementata costituirebbe un elemento di forte innovazione nel riconoscimento effettivo dei diritti umani, la quale tuttavia si limita a stabilire gli standards minimi di tutela dei diritti dei migranti contro attacchi arbitrari ai loro diritti fondamentali14. Quanto al primo aspetto della cittadinanza, quello dell’appartenenza, sembra ragionevole sostenere che fino a quando gli individui si organizzeranno nella forma di associazione politica chiamata "stato", la negazione del concetto di cittadinanza o, il che sarebbe lo stesso, l'attribuzione a chiunque dello status civitatis, verrebbero ad eliminare il concetto stesso di stato, tradizionalmente definito come l’insieme di tre elementi: territorio, ordinamento e popolo (cioè l’insieme dei cittadini). Si è, però, visto che negli ordinamenti giuridici contemporanei l'appartenenza non può prescindere dai principi costitutivi di democrazia e diritti umani. Ma allora, com'è possibile conciliare il concetto di cittadinanza come jus excludendi alios in ordinamenti laddove il contenuto dell'appartenenza è dato principalmente dal riconoscimento di diritti umani, vale a dire riferiti all'umanità in quanto tale? È possibile una mediazione tra la portata ontologicamente escludente della cittadinanza e l'idea di universalità che al contempo la accompagna? 2. La “nuda titolarità” dei diritti umani nell’ordinamento nazionale. La Corte Costituzionale ha costantemente affermato il principio per il quale l'interpretazione dell'art. 3 della Costituzione - che riferisce il principio di eguaglianza ai soli cittadini -, "non deve farsi con questa norma isolatamente considerata, ma con la norma stessa in connessione con l'art. 2 e con l'art. 10, secondo comma, Cost., il primo dei quali riconosce a tutti, cittadini e stranieri, i diritti inviolabili dell'uomo, mentre l'altro dispone che la condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Ciò perché, se è vero che l'art. 3 si riferisce espressamente ai soli cittadini, è anche certo che il principio di eguaglianza vale pure per lo straniero quando trattasi di rispettare quei diritti fondamentali" (C. Cost. sent. 120/1967). Contemporaneamente, però, la Consulta introduce un limite a tale parificazione affermando che, comunque, ciò non impedisce al legislatore di valutare se, nel caso concreto, sussistano delle differenze di fatto che legittimano l'adozione di una disciplina differenziata. A partire dalla sentenza n. 104/69, la Corte distingue tra eguale titolarità dei diritti fondamentali, comunque garantita allo straniero in forza dei citati artt. 2 e 10, comma 2 Cost., e godimento di quegli stessi diritti che può trovare distinzioni tra cittadini e stranieri se ciò è giustificato da obiettive disparità di fatto15, poiché solo il cittadino rappresenta "con gli altri cittadini, un elemento costitutivo dello stato stesso"16. In questi casi la Corte, in realtà, ha reputato ragionevoli le disparità di trattamento introdotte dal legislatore non sulla base di differenze di fatto e nemmeno in relazione alla

14 Infatti, ai sensi dell’art. 7, sono assicurati i diritti umani previsti nella Convenzione a tutti i lavoratori emigranti e ai loro familiari a prescindere dalla nazionalità. 15 "Questa differenza di situazioni di fatto e di connesse valutazioni giuridiche … si fondano tutte sulla basilare differenza esistente tra il cittadino e lo straniero, consistente nella circostanza che, mentre il primo ha con lo stato un rapporto di solito originario e comunque permanente, il secondo ne ha uno acquisito e generalmente temporaneo"; sulla "mancanza nello straniero di un legame ontologico con la comunità nazionale, e quindi di un nesso giuridico costitutivo con lo stato italiano" (Corte Cost., sent. 62/94). In tale pronuncia la Corte fa altresì riferimento al "compito ineludibile" dello stato di "presidiare le proprie frontiere". 16 Corte Cost., sent. 244/74.

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concreta fattispecie, ma in astratto, vale a dire sulla base di rilievi concernenti la mancanza nello straniero di un nesso giuridico costitutivo con lo stato. L’interpretazione del Giudice delle leggi suscita forti perplessità, sia perché comporta il rischio concreto di uscire completamente dai parametri del giudizio di ragionevolezza, sia perché la distinzione tra titolarità e godimento dei diritti fondamentali appare artificiosa. Essere titolare di un diritto soggettivo significa poter esercitare la pretesa, che la norma riconosce, verso il soggetto obbligato; ma l'esercizio di un diritto, allora, non è altro che il suo godimento, per cui introdurre restrizioni al godimento di un diritto non può significare altro che sancirne una limitata titolarità. Queste pronunce evidenziano bene la concezione della cittadinanza come meccanismo di esclusione, nonché, in definitiva, della stessa concezione di esclusività del diritto. È in una prospettiva socio-storica che si rinviene la portata inclusiva e universalista del concetto di cittadinanza, in quanto istituto attraverso il quale si è sviluppato, lungo le tre fasi, civile, politica e sociale, il processo d’emancipazione delle classi subalterne attraverso una graduale e lenta integrazione ed espansione dei diritti ad essa connessi17. Al termine di questo percorso, che secondo T.H. Marshall è un tutt’uno con lo sviluppo del capitalismo, ciò che sopravvive non è più una disuguaglianza di status ma solamente una differenza di reddito. In altre parole, la cittadinanza sarebbe un contenitore di diritti che nel corso degli ultimi due secoli si è andato via via colmando. Si tratta di una lettura che, oggi, non può che apparire parziale: è pur vero che la cittadinanza ha conosciuto una propria evoluzione, ma ciò è avvenuto, come dimostrano le sentenze della Corte Costituzionale, mantenendo un’idea ontologica d’esclusione rispetto al non-cittadino, con la prevalenza, quindi, della dimensione dell’appartenenza etno-nazionale rispetto a quella dei diritti umani. Questo processo escludente si evidenzia in questi anni in tutta la sua drammaticità, nella costruzione di una società nuovamente basata sulla differenziazione gerarchizzata degli status giuridici del non cittadino (vedi infra). Nella crisi degli stati e delle comunità nazionali, con i connessi fenomeni delle immigrazioni di massa e del divario crescente tra Nord e Sud, la cittadinanza non rappresenta più, come all’origine dello Stato moderno, un fattore di inclusione e di uguaglianza. Oggi, al contrario, dobbiamo ammettere che la cittadinanza dei nostri ricchi paesi rappresenta l’ultimo privilegio di status, l’ultimo fattore di esclusione e discriminazione, l’ultimo relitto premoderno delle disuguaglianze personali in contrasto con la conclamata universalità e uguaglianza dei diritti fondamentali”18. Anche in Italia, la cittadinanza è stata giuridicamente definita e socialmente costruita come un modello d’appartenenza etno-nazionale. L’affermazione fideistica del concetto di nazione è stata posta alla base della costruzione dello Stato moderno, alla stessa stregua di quanto è stato fatto utilizzando l’appartenenza comune, “etnica” e culturale, a guisa di fondamento della moderna cittadinanza, con tutto il carico di retorica identitaria che questa costruzione comporta19.

17 T. H. MARSHALL, Cittadinanza e classe sociale, UTET, Torino,1976. Si veda anche D. ZOLO. (a cura di), La cittadinanza. Appartenenza, identità, diriti, Laterza, Roma-Bari, 1999, p. 6. 18 L. FERRAJOLI, Dai diritti del cittadino ai diritti della persona, in D. ZOLO. (a cura di), La cittadinanza. cit., p. 288. 19 Il tema qui accennato meriterebbe tutt’altro approfondimento. Ci preme rilevare come, in effetti, manchino completamente studi socio-storici sul concetto di cittadinanza in Italia. Al contrario sono numerose le pubblicazioni scientifiche riguardanti la cittadinanza in altri paesi europei come, ad esempio, in Germania e in Francia (si leggano: W. R. BRUBAKER, Citizenship and nationhood in France and Germany, Harvard University Press, Cambridge, 1992, trad. it. Cittadinanza e nazionalità in Francia e in Germania, Il Mulino, Bologna, 1997; G. NOIRIEL, État, nation et immigration. Belin, Paris, 2001).

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D’altra parte, la cittadinanza ha rappresentato, per lungo tempo, uno strumento con il quale mantenere legami duraturi con i lavoratori italiani emigrati all’estero20. La cittadinanza italiana, trasmissibile esclusivamente in via ereditaria, riusciva (e riesce) a “seguire” l’emigrato italiano anche dopo molte generazioni, a testimonianza del perdurare di quel legame “di sangue” che è implicito nella definizione sociale dell’istituto giuridico. Questa premessa è d’obbligo per un ragionamento realmente costruttivo sull’accesso degli immigrati alla cittadinanza, soprattutto oggi che in Italia hanno ripreso voce quelle proposte che vorrebbero ridurre il periodo di residenza necessario alla naturalizzazione. C’è da chiedersi: alla garanzia giuridica di una più agevole concessione della cittadinanza, corrisponderebbe per il “neo-cittadino” un accresciuto riconoscimento sociale? In realtà, il processo di “naturalizzazione” non è altro che un’acquisizione, quasi esclusivamente giuridica, di uno status che non sarà mai del tutto riconosciuto socialmente, in quanto ritenuto ascritto e proprio del nazionale. Per dirla con i francesi, l’immigrato naturalizzato non è che un francese à la carte. Pertanto, coloro i quali, partendo dalla lezione di Marshall, hanno considerato la cittadinanza come uno status “naturalmente” inclusivo, che avrebbe garantito nel corso degli ultimi due secoli la costruzione di un’eguaglianza formale tra i diversi membri dello Stato-nazione, non hanno sufficientemente considerato, a nostro avviso, la capacità ontologicamente escludente che la cittadinanza esercita nei confronti dei “non-nazionali”. 3. Pacchetto sicurezza: l’altra faccia del modello dell’integrazione subalterna L’economia ha bisogno di immigrati e la società li teme”, è uno degli assunti posti alla base delle politiche migratorie italiane a partire dal 199821. La tesi di un’immigrazione portatrice di conflittualità sociale ha imposto scelte ispirate non semplicemente al mero contenimento degli ingressi di nuovi immigrati, bensì anche ad una vessatoria negazione dei diritti per gli immigrati già regolarmente soggiornanti. E allora concetto di “interazione a basso conflitto22” andava coerentemente in questa direzione: abbassare il livello dei diritti degli immigrati per favorirne l’accettazione sociale da parte della popolazione autoctona, la quale dovrebbe sentirsi rassicurata dalla subalternità giuridica dei nuovi arrivati. In tal modo la teoria politica italiana (ed europea) è riuscita nel paradosso di far passare la negazione dei diritti come uno strumento d’integrazione. Infatti, se consideriamo le due più recenti normative intervenute a disciplinare il diritto degli stranieri23, rileviamo che esse si sono fondate sullo stesso assunto teorico: “per poter integrare gli immigrati regolari è necessario contrastare le immigrazioni clandestine”; laddove l’integrazione, sociale e giuridica, è stata definita come “percorso di cittadinanza”, ossia quel percorso che ogni singolo immigrato è chiamato a compiere al fine di acquisire gradualmente i diritti di cittadinanza. L’acquisto graduale e successivo dei diritti e della loro stabilità non avviene automaticamente con il trascorrere del tempo, ma attraverso il collegamento dei diritti stessi ad autorizzazioni amministrative con caratteristiche differenti in termini di possibilità o meno di svolgere attività lavorativa e soprattutto di rinnovabilità, la quale, quando è ammessa, di regola non consente la conversione, cioè il passaggio ad un permesso di

20 F. PASTORE, La comunità sbilanciata. Diritto della cittadinanza e politiche migratorie nell’Italia post-unitaria, Laboratorio Cespi, n.7, 2002. 21 L. TURCO, Governare l’immigrazione, sconfiggere la paura, in “Italianieuropei”, n.3, 2002. La medesima espressione è riportata come titolo in uno dei capitoli del testo: G. BOLAFFI, I confini del patto, Einaudi, Torino, 2001. 22 G. ZINCONE, Secondo rapporto sull’integrazione degli immigrati in Italia, Il Mulino, Bologna, 2001. 23 1L. 40/98, c.d. Turco-Napolitano e L. 189/02, c.d. Bossi-Fini;

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soggiorno a diverso titolo. Il percorso di cittadinanza si concretizza, in definitiva, in una frammentazione e differenziazione gerarchica degli status giuridici della popolazione immigrata24. Con la riforma del 2002 (l. n. 189, c.d. Bossi-Fini), il legislatore italiano ha radicalizzato l’effetto precarizzante della già rigorosa disciplina dell’ingresso e soggiorno (contenuto nella prima parte del T.U. e solo parzialmente mitigato dalle pur importanti norme sull’integrazione sociale degli immigrati previste dalla seconda parte), concorrendo all’auto-avveramento della profezia quella complessiva clandestinizzazione - e in ultima analisi la criminalizzazione -, di tutta l’immigrazione. L’inferiorizzazione del lavoratore immigrato attraverso l’istituto del contratto di soggiorno e l’irrigidimento dei presupposti per il rinnovo del permesso, hanno provocato la ricaduta nella clandestinità di migliaia di immigrati che si erano regolarizzati, consegnandoli all’economia informale così tristemente endemica in Italia, con l’ulteriore effetto di una generale svalutazione della persona migrante, “naturalmente” destinata, nella sempre più diffusa considerazione degli autoctoni, agli impieghi più umili e/o peggio pagati, con gravissimi rischi di alimentare sentimenti e pratiche razziste25. Per non dire che, l’abolizione dell’istituto dello “sponsor” e la consegna all’arbitrio delle ambasciate dei visti di breve durata, ha comportato la definitiva chiusura dei canali di ingresso legale, non potendosi considerare tali gli annuali decreti flussi – vere e proprie sanatorie ex post -, con le quali si attua l’irresponsabile delega in bianco della politica migratoria italiana ai datori di lavoro26. Il punto di svolta decisivo, sia sul piano normativo, sia sul piano della concreta applicazione delle procedure di ingresso e soggiorno, è costituito dalla “copertura” fornita ai pubblici poteri dalla lotta al terrorismo internazionale, assurta ad assoluta priorità dopo l’11 settembre. La legge di conversione del Pacchetto antiterrorismo, n. 155/2005, si preoccupa di comprimere alcune libertà fondamentali dello straniero attraverso: a) l’estensione della durata del fermo di identificazione in assenza di convalida giurisdizionale fino a 24 ore; b) l’introduzione del prelievo coatto di capelli o saliva ai fini di identificazione; c) l’introduzione della nuova espulsione amministrativa per motivi di prevenzione del terrorismo, il cui giudizio di impugnazione può essere sospeso fino a due anni (ma non l’atto impugnato!). Ma gli effetti della decisa svolta sicuritaria si vedono ancor meglio nei sempre più frequenti dinieghi di cittadinanza per naturalizzazione per non meglio precisati motivi di sicurezza nazionale, oppure nelle prassi sempre più restrittive adottate dalla polizia di frontiera marittima nei confronti dei richiedenti asilo27.

24 Questa frammentazione risulta ancora più accentuata se si considera che i cittadini non comunitari non sono che una delle quattro categorie che, per l’ordinamento italiano, costituiscono il più ampio genus di stranieri, il quale annovera anche gli apolidi, i soggetti che godono di una particolare protezione in virtù di norme di diritto interno o internazionale (rifugiati ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951 e richedenti asilo ex art. 10 Cost.), i cittadini di Stati membri dell’Unione Europea (D.P.R. 18 gennaio 2002, n. 54). 25 Il 29 luglio 2008, è stato reso noto il Rapporto elaborato dal Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Thomas Hammarberg, sul tema della nuova politica italiana in materia di immigrazione e delle politiche verso i rom e sinti. La relazione dichiara che “una politica in materia di immigrazione non può basarsi solo sulle preoccupazioni relative alla sicurezza pubblica. Le misure adottate al momento in Italia non rispettano i diritti umani e i principi umanitari e rischiano di appesantire il clima di xenofobia (…), queste misure possono complicare le richieste di asilo dei rifugiati e rischiano di accrescere la stigmatizzazione e l’emarginazione sociale di tutti gli immigrati – rom inclusi”, 26L’unico vero canale di ingresso legale essendo costituito dal ricongiungimento familiare. 27 Non a caso recentemente il Commissario Hammarberg, nel suo rapporto, si è detto allarmato per il rimpatrio forzato di immigrati verso alcuni paesi dove è comprovato l’uso della tortura, facendo particolare riferimento al caso

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L’esplicitazione compiuta della criminalizzazione di tutti gli immigrati è costituita dal recente “Pacchetto sicurezza”, in parte già varato dal Parlamento, e corredato delle proposte di emendamento al ddl n. 733, volte a ridurre l'assistenza sanitaria per gli stranieri irregolari, a restringere il rilascio dei permessi di soggiorno per i minori stranieri non accompagnati al raggiungimento della maggiore età, a creare classi separate per i figli di immigrati nelle scuole. In particolare la previsione di sopprimere la gratuità della prestazione urgente o essenziale erogata agli stranieri non iscritti al servizio sanitario nazionale e privi di risorse economiche sufficienti, si pone in contrasto irrimediabile con l'art. 32 della Costituzione, che tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività. Inoltre, la proposta di obbligare le autorità sanitarie a segnalare alle autorità competenti gli stranieri che non paghino la prestazione, ancorché indigenti, nonché l'abrogazione della disposizione di legge contenuta al comma 5, ove si garantisce che l'accesso alle cure mediche non debba comportare alcuna segnalazione, salvo i casi di obbligatorietà del referto, produrrebbe gravi rischi non solo sulla salute di ogni singola persona ma anche su quella pubblica in generale. L'emendamento 18.22 al disegno di legge A.S. 733 modificherebbe invece i commi 1 e 1-bis dell'art. 32 del T.U. immigrazione, riportandolo alla formulazione originaria del 2002, rendendo possibile il rilascio di un permesso di soggiorno al minore straniero non accompagnato che compia la maggiore età solo a condizione che sia affidato o sottoposto a tutela e sia entrato in Italia da almeno tre anni e abbia partecipato ad un progetto di integrazione per almeno due anni. Sono già noti gli effetti controproducenti di questa norma, qui ulteriormente ristretta nella sua portata, che disincentiva l'emersione di molti minori stranieri non accompagnati dalla marginalità e dall'illegalità, inducendoli all'immigrazione irregolare in età sempre più precoce. Ancora, sconcerta la mozione approvata il 14 ottobre 2008 dalla Camera dei Deputati nell'ambito del D.L. n. 137 dd. 01 settembre 2008 che sollecita il Ministero dell'Istruzione ad istituire "classi speciali" per l'inserimento degli alunni stranieri ritenuti non in possesso di un livello sufficiente di conoscenza della lingua italiana, a limitare l'accesso alle classi ordinarie agli alunni stranieri dopo il 31 dicembre di ogni anno e ad istituire corsi di educazione alla legalità e alla cittadinanza per i soli alunni stranieri. In vigore da oggi sono invece le norme dei decreti legislativi correttivi delle norme di attuazione delle direttive comunitarie in materia di procedura di esame delle domande di asilo e di ricongiungimento familiare, che riportano l’istituto indietro al 2002 obliterando la portata innovativa della direttiva europea che ne aveva sancito la prevalenza sulle violazioni amministrative delle norme sull’ingresso28. Le nuove norme sull’asilo introducono invece restrizioni alla libertà di circolazione dei richiedenti asilo, l’effetto sospensivo del ricorso avverso le decisioni in prima istanza nei confronti dei richiedenti asilo per i quali l’istanza sia stata considerata manifestamente infondata, l’estensione del trattenimento obbligatorio ai richiedenti asilo che siano oggetto di un provvedimento di respingimento al momento del loro arrivo in Italia ed il dimezzamento dei termini di ricorso per i richiedenti asilo trattenuti. Completa un quadro già preoccupante, il disegno di legge del ministro per le Pari opportunità che introduce il reato di esercizio della prostituzione di strada e, più in

di un cittadino tunisino espulso per ordine del Ministro degli Interni nel quadro della legge sulle misure d’urgenza per combattere il terrorismo. 28 In G.U. n. 247 del 21.10.2008

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generale, “in luogo pubblico”, punito con arresto e multa non solo per i clienti ma anche per le donne prostituite. È previsto il rimpatrio per i minorenni stranieri costretti a prestazioni sessuali attraverso procedure accelerate e semplificate da stabilirsi con successivo decreto. 4. Conclusioni. Una recente dottrina propone di distinguere tra cittadinanza formale, intesa come "qualità del soggetto che designa un rapporto tra questo e lo stato" e cittadinanza sostanziale o cittadinanza costituzionale, "coincidente con l'esercizio dei diritti riconosciuti dalla Carta"29. Si ricostruirebbe, così, un nuova forma di appartenenza, non basata sul fatto di essere sottoposti ad un'autorità sovrana e nemmeno sulla medesima origine culturale o etnica, ma sulla "concezione di sé" che è stata trasfusa dagli individui nel momento in cui hanno dato vita ad una costituzione. Questa concezione di sé si identifica esattamente in "un pugno di valori fondamentali", tra i quali ovviamente rientrano i diritti inviolabili della persona. La nuova appartenenza sarebbe ben aperta anche a "soggetti estranei alla collettività originaria", poiché essa si basa non sulla "condivisione di storia e memoria", bensì sull'assunzione "dell'impegno alla costruzione continua e quotidiana del nuovo ordine ed all'inveramento dei valori di cui questo si alimenta". Nulla escluderebbe, quindi, il pieno riconoscimento dei diritti fondamentali allo straniero sulla base di questa diversa nozione di appartenenza: la regola da adottare non sarebbe, però, quella di un'indiscriminata assegnazione di tutti i diritti agli stranieri e ciò perché il principio di eguaglianza "non impone la regola dell'indistinzione, bensì quella della distinzione ragionevole". La cittadinanza negli ordinamenti contemporanei, e alla luce del diritto internazionale dei diritti umani, è collegata ad una nuova concezione di sovranità non più intesa come potere incondizionato su persone qualificate come sudditi, ma come garanzia della dignità di quelle stesse persone. È il mutamento che ha portato l'individuo a non essere più in funzione del gruppo e dello stato, e lo stato ad essere in funzione dell'individuo30. Se questo è accaduto, se questo è il significato ultimo del principio di legalità, non possono non esserne tratte le dovute conclusioni. L'ordinamento giuridico è assiologicamente fondato sul quel nocciolo duro di principi che la stessa Corte Costituzionale ha riconosciuto immodificabili e tra i quali rientra la tutela non del cittadino quale appartenente, ma dell'individuo quale essere umano. Se non si comprendono fino in fondo le conseguenze di questa rivoluzione si rimarrà sempre nel mezzo di una nevrosi interpretativa che ora proclama l'eguaglianza di cittadini e stranieri e ora il dovere ineludibile dello stato di proteggere i propri confini e la conseguente esclusione degli stranieri in quanto non legittimati a rappresentare l'elemento personale dello stato. Ormai, ciò che conta non è lo stato, ma l'individuo che deve essere titolare di diritti ovunque si trovi.

29 C. SALAZAR, "Tutto scorre": riflessioni su cittadinanza, identità e diritti alla luce dell'insegnamento di Eraclito, in "Politica del Diritto", anno XXXII, n. 3, settembre 2001, p. 375. In ambito anglosassone si parla, a questo proposito di nationality (cittadinanza formale) e citizenship (cittadinanza sostanziale). Oltre al già citato Cuniberti, si vedano anche C. CORSI, Lo Stato e lo straniero, Padova, CEDAM; 2001; E. GROSSO, La titolarità del diritto di voto. Partecipazione e appartenenza alla comunità politica nel diritto costituzionale europeo, Torino, Giappichelli, 2001. 30 Cfr. N. BOBBIO, op. cit.

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SALUTE

INTRODUZIONE

Il tema della salute degli immigrati è stato al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica durante tutto il 2008. L’emendamento al cosiddetto pacchetto sicurezza proposto dal partito della Lega, attraverso il quale modificare la norma vigente che vieta ai medici la segnalazione all’autorità di immigrati irregolari, è stato oggetto di ripetuti interventi anche da parte della Caritas Italiana (vedi Approfondimento LEGALE) che in seno al suo Coordinamento Immigrazione ha attivato un’apposita Commissione salute. L’articolo che segue cerca di fare il punto sul difficile rapporto tra immigrazione e salute, a partire da un suggestivo richiamo alla cosiddetta sindrome di Salgari che l’autore ricorda essere ancora diffusa con tutte le paure, le aspettative, le anticipazioni intrise di pregiudizi e l’ignoranza su questi temi.

La sindrome di Salgari 20 anni dopo*

di Salvatore Geraci Presidente della SIMM (Società Italiana di Medicina delle Migrazioni)

* Articolo pubblicato su: Janus. Medicina: cultura, culture. Numero 21, primavera 2006. Sanità meticcia, Zadigroma Editore - 21:29 Immense jungle formate da bambú alti quindici e piú metri, si estendevano a destra e a sinistra dell'imponente fiume, coprendo quelle terre basse e fangose che chiamansi le Sunderbunds del Gange, rifugio favorito delle tigri, dei rinoceronti, dei serpenti e dei coccodrilli. Un numero infinito di uccelli acquatici volteggiavano sopra le rizophore che coprivano le rive, ma nessun abitante si vedeva. Aironi giganti, le grandi cicogne nere, ibis brune, e bruttissimi e colossali arghilah, allineati come soldati sui rami curvi dei paletuvieri, facevano la loro toletta mattutina, spennacchiandosi a vicenda; mentre in alto stormi di anitre braminiche, di marangoni e di folaghe s'inseguivano e folleggiavano giocondamente, per precipitarsi poi tutti in acqua allorquando qualche banda di manghi, quei deliziosi pesci rossi del Gange, commetteva l'imprudenza di mostrarsi. Emilio Salgari, Le due tigri, 1904 La sindrome di Salgari Ho conosciuto Salgari ed i suoi personaggi prima dai racconti di mia madre, poi da vecchi libri di mio padre ed infine dall’indimenticabile serie “Sandokan” trasmessa dalla televisione di Stato a metà degli anni ’70 che raccolse 27 milioni di telespettatori affascinati dall’esotico e dai primi colori televisivi. Emilio Salgari che così abilmente ci ha introdotto e catturato in un mondo diverso dal nostro, che ha fatto sognare intere generazioni in epoca preglobalizzata senza le

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immagini, le conoscenze ed il turismo di oggi, non ha mai visto quei luoghi così dettagliatamente descritti: l’unico viaggio che ha veramente fatto è stato per tre mesi su e giù lungo l’Adriatico a bordo dell’Italia Una. Salgari nasce a Verona nel 1862, intraprende gli studi nautici che non concluderà, ma questo non gli impedisce di fregiarsi per tutta la vita del titolo di “capitano”. Già a vent’anni il suo primo saggio intriso di esotico e da allora una serie enorme di avventure scritte e di successi (spesso postumi). Meno fortuna sul piano della vita familiare; nel 1892 sposa Ida Peruzzi, affetta da disturbi di salute mentale, e per questo si trasferisce con la famiglia a Torino (per poter più facilmente accedere a Collegno, sede di un grande ospedale psichiatrico). Salgari stesso dovrà affrontare continui problemi di salute e presto anche notevoli ristrettezze economiche. Nel 1910 lo stato di malattia della moglie si aggrava e Salgari tenta una prima volta il suicidio. Successivamente, al ricovero definitivo della moglie in manicomio, egli si toglie la vita come aveva fatto suo padre nel 1889 e come farà pure suo figlio Romero nel 1931. Tutto ciò non ha però minato la grande popolarità degli eroi salgariani spesso amplificata dalla diffusione di oltre un centinaio di opere false, attribuite allo scrittore da editori senza scrupoli e messe in giro, addirittura, dai figli stessi. E così che personaggi come Sandokan, Yanez, la Perla di Labuan, i Tigrotti di Mompracem o il Corsaro Nero hanno vissuto di “vita propria”, sono stati conosciuti in tutto il mondo, senza limiti geografici o di tempo, anche da chi non ha mai letto una sola pagina della voluminosa bibliografia (oltre 80 romanzi) dell’autore veronese. Ma cosa c’entra Salgari con i problemi di salute degli immigrati? Qual è il punto d’incontro tra uno scrittore fervido di fantasia di oltre un secolo fa e il fenomeno di trasformazione sociale che stiamo attualmente vivendo? Quando, circa 20 anni fa, in Italia si cominciò a parlare di medicina delle migrazioni, era acceso il dibattito politico che affrontava il tema della salute di questa popolazione evocando il rischio di importazione di malattie infettive in un binomio che nella storia dell'umanità è stato spesso associato. Proprio in quegli anni l’allora ministro della sanità, on. Francesco De Lorenzo, istituì per la prima volta una commissione ministeriale con il compito di affrontare il tema della salute degli immigrati e non è casuale che a parteciparvi fossero quasi esclusivamente medici tropicalisti ed infettivologi (ed anche un veterinario!). Ma quegli anni erano anche quelli dell’impegno, spesso nascosto, di centinaia di medici, infermieri, farmacisti, operatori sanitari in genere, che nel volontariato ed in sparute strutture pubbliche particolarmente sensibili, cercavano di garantire il diritto alla salute sancito dalla nostra carta costituzionale e spesso, in quel periodo, per legge negato e nascosto agli immigrati regolari o illegalmente presenti. E fu un periodo di scoperte, in particolare quella di trovarci davanti persone in buone condizioni di salute, provate nel fisico non dalla provenienza da una particolare area geografica o dal contatto con improbabili malattie esotiche ma dalle deboli, se non inesistenti politiche di accoglienza ed integrazione. L’effetto migrante sano si contrappose alla Sindrome di Salgari. Da una parte il processo di selezione in partenza dell’immigrato per cui non parte chi sta male ma colui che ha più possibilità di riuscita in un progetto migratorio che spesso vede nell’integrità fisica la condizione per inserirsi in un mercato di lavori rifiutati dagli italiani perché rischiosi o particolarmente faticosi; dall’altra le aspettative fantasiose di trovare persone affette da morbi tropicali senza alcuna esperienza e evidenza scientifica di tale evenienza. Dopo circa 20 anni di dibattiti e ricerche, a fine gennaio 2006, il ministro della salute di turno, on. Francesco Storace, rilancia la necessità di visite mediche per gli immigrati

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all’ingresso in Italia, dichiarando che ciò serve “per verificare la loro condizione di salute … non per cacciare chi sta male ma per curarlo.”. E inoltre, precisa l’on. Roberto Calderoli, ministro per le riforme del Governo Berlusconi, “con la visita si evita che possano fare (ndr: gli immigrati) da veicolo per malattie infettive che da anni erano solo un ricordo dalle nostre parti e che, invece sono tornate in auge.”. Tale posizione è sostenuta dopo qualche giorno dal prof. Eolo Parodi, attualmente presidente dell’Empam, ente nazionale di previdenza ed assistenza dei medici e degli odontoiatri, che già nel 1990 aveva lanciato la stessa proposta senza alcun successo. Ma perché tanta attenzione agli immigrati visti unicamente come portatori di malattie infettive? Quali basi scientifiche ci sono? In questi ultimi 20 anni non è cambiato nulla? Il pregiudizio Storicamente non possiamo nascondere come i movimenti di popolazione abbiano accompagnato la trasmissione di alcune malattie. Ricorda il prof. Giovanni Berlinguer come drammaticamente questa evenienza accadde ad esempio con la conquista dell'America, evento che implicò l'unificazione microbica del mondo. I bianchi ‘esportarono’ là il vaiolo, il morbillo e l'influenza: e fu subito strage per quelle popolazioni che, non conoscendo quegli agenti infettivi, erano prive di difese immunitarie specifiche. Dall'America i conquistatori ‘importarono’ come fossero essi stessi enormi vettori, la sifilide e questo fece divampare in Europa (in particolare in Spagna, Francia ed Italia) una epidemia per molti anni acuta e letale. Un'altra migrazione di popoli (e di agenti infettanti) si ebbe a partire dal 1600, quando gli schiavi negri deportati nelle Americhe vi diffusero la febbre gialla. Anche in questo caso ci fu una evoluzione drammatica seppur più lenta per una ragione biologica: la malattia non si trasmette attraverso il respiro o la pelle o i rapporti sessuali, ma a mezzo di un insetto vettore, la zanzara Aedes aegypti. Con le navi degli schiavisti che attraversarono l'Oceano arrivarono oltre ai malati anche le zanzare che però hanno impiegato del tempo per adattarsi al nuovo mondo e riprodursi in numero sufficiente per poter raggiungere la densità adeguata per determinare la comparsa della malattia. Un ultimo esempio cita il prof. Berlinguer: quello dell'aids. Questa malattia dai primi focolai identificati nelle grandi città degli Stati Uniti si è diffusa in tutto il mondo ed anche in questo caso il suo ‘successo’ è dovuto alla modalità di contagio per via sessuale ed all'associazione fra il virus e l'eroina, con le siringhe che fungono da moderno vettore. La diffusione è stata accelerata anche dall'intensità dei viaggi tra paesi e continenti, nonchè dall'ignoranza e dalla resistenza verso i metodi e comportamenti preventivi. Ma questa è una malattia contemporanea e ben conosciamo le varie proposte ‘difensive’ che hanno suscitato in un non troppo lontano passato un acceso dibattito: esse erano basate spesso sull'identificazione e la schedatura e il divieto di ingresso ai soggetti positivi; paradossalmente proprio gli Stati Uniti si contraddistinsero in questa politica pensando di imporre a quanti volessero varcare la loro frontiera, esami del sangue per impedire un ‘contagio di ritorno’. Oggi la malattia in occidente è in fase calante, manifestandosi in tutta la sua drammaticità nei paesi più poveri, da dove chi è malato, a differenza degli uomini d'affari americani di un paio di decenni fa, non ha la forza per viaggiare e/o migrare. Cronaca recente è il caso della sars (sindrome respiratoria acuta severa) che dalle prime evidenze in Oriente, ha provocato malati ed alcuni decessi in vari paesi ed allarme (forse eccessivo) in tutto il mondo. Quanto detto può giustificare le paure o i pregiudizi sugli immigrati come rischio sanitario per la popolazione autoctona?

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Certamente no, in primo luogo perchè, a differenza del passato, oggi abbiamo le conoscenze, l'organizzazione, i mezzi preventivi e di sorveglianza necessari ad affrontare eventuali situazioni critiche ed in secondo luogo per la considerazione che l'immigrato che arriva per lavorare in Italia, come abbiamo sopra scritto, in genere è in buone condizioni di salute per un'auto-selezione in partenza che porta ad emigrare chi ha maggior chance di riuscita nel progetto migratorio e quindi anche chi è più sano e integro nel fisico. Un'ultima considerazione sta nel fatto che i viaggi internazionali e intercontinentali sono ormai 'routinari' e solo marginalmente per motivi di migrazione, piuttosto per turismo o affari, abbattendo di fatto barriere di spazio e di tempo che una volta potevano segregare o contenere agenti microbici più o meno infettanti. Ma allora al senso di queste proposte dobbiamo dare il vero nome e cioè Pregiudizio. L’incontro con persone di altre culture è un ambito straordinario per costruire pregiudizi. Il fascino e il timore dell’esotico, tra cui ci bilanciamo nell’incontro con persone che vengono da altri mondi, sono per noi fonti di idee preconcette che possono interferire, e anzi generalmente interferiscono, nella nostra relazione con gli immigrati. Per citare alcuni dei luoghi comuni in negativo – perché esistono anche luoghi comuni in positivo – che sono stati raccolti in ricerche di questi ultimi anni in Italia, l’immigrato è povero, incolto, estremamente bisognoso, depresso (o con qualche altro disturbo psichico), spinto dalla fame a cambiare paese, approfittatore, tendenzialmente criminale, incompatibile con la democrazia e/o terrorista (se musulmano) ed appunto portatore di malattie infettive e tropicali. Lo studio del pregiudizio in chiave di rappresentazione culturale dell'altro implica quindi un'attenta considerazione anche delle anticipazioni condivise da chi è impegnato nel campo della tutela della salute degli immigrati. Proprio la necessità di capire il peso dell'implicito culturale all'interno del rapporto/rituale terapeutico ci ha condotto già da vario tempo ad analizzare con prospettiva antropologica tanto le aspettative degli utenti quanto quelle degli operatori sociosanitari che nel privato sociale e sempre più nel settore pubblico entrano in relazione con l'immigrato. Abbiamo provato ad individuare quegli orizzonti di significati che producono diverse immagini dell'altro. Già da tempo con il collega Riccardo Colasanti, abbiamo proposto uno schema interpretativo partendo dall’analisi degli atteggiamenti e comportamenti che medici ed altri operatori sanitari volontari mettevano in atto in uno dei primi ambulatori per immigrati sorti in Italia a metà degli anni ’80, quello della Caritas di Roma. È stata delineata una dialettica dei rapporti che può essere semplificata in tre grandi fasi. La prima fase, quella che è stata definita dell'esotismo, vede il più intenso ed articolato processo di produzione di "immagini dell'altro". Lo straniero è in primo luogo un agente contaminante: il medico o l’infermiere si aspetta di trovare il paziente affetto da chissà quali strane malattie, lo inquadra come vettore di morbi esotici o malattie inconsuete, ogni sintomo si ammanta di una sua presunta “eccezionalità” rispetto alla patologia “addomesticata” nostrana, si richiedono non solo più analisi, ma anche indagini più sofisticate alla ricerca di una sicura malattia tropicale o comunque infettiva ben occultata. La ricerca di un malato, che sia tale in virtù di un suo contatto con il pericolo esotico, implica anche una maggior protezione dal potenziale contagio: il medico si lava più spesso le mani, adotta maggiori precauzioni - ad es. i guanti - nel contatto con il corpo del paziente. Come ci suggerisce l’antropologa Nicoletta Diasio in questo “esotismo” è da includere un'immagine speculare a quella del “corpo infetto” che è quella costruita dal romanticismo sanitario, in cui lo straniero è il messaggero di un'alterità salvifica e autentica, tale da configurarsi come una possibilità di riscatto dagli automatismi

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terapeutici indotti da un modello epistemologico centrato esclusivamente sul “guardare” anziché sull'”ascoltare” e sul “dire” in una parola sul “relazionarsi”. L'alterità del paziente immigrato viene ulteriormente articolata attraverso l'immagine del povero e/o dello sfruttato, icone che hanno forti risonanze simboliche rispettivamente nella costellazione valoriale cattolica-consevatrice e nell'ideologia “progressista” superficialmente intese ma comunemente recepite: l’altro è da conoscere ed aiutare perché possa essere salvato o emancipato, a seconda dei punti di vista. Anche l'operatore sanitario è però oggetto di specifiche attese culturali da parte del paziente immigrato, una sorta di “esotismo capovolto”, conseguenti al mito dall'alta tecnologia e dell'efficienza sanitaria, con diagnosi e cure rapide ed efficaci, a partire da una capacità occidentale d'intervento, fortemente risolutrice. Per cui ci si trova nella strana situazione del medico che tendenzialmente è portato a credere il migrante come il “buon selvaggio” rousseauviano e del paziente immigrante che abituato ai telefilm di Dallas o General Hospital che vengono trasmessi a Kinshasa come a Dar el Salam si aspetta di essere trattato come in un ospedale per Wasp bostoniani. A questa fase d'esotismo segue il periodo dello scetticismo. Nella banalità della pratica quotidiana lo straniero si depotenzia tanto della sua carica “contaminante” quanto di quella di homo naturalis da proteggere. Spesso la domanda insistente di cura viene interpretata come ipocondria nell'assenza di un modello interpretativo della malattia culturalmente condiviso da entrambi: il paziente viene visto come un “lavativo”, un “malato immaginario”, un “perditempo”. Non scoprire malattie esotiche, non poter fare brillanti diagnosi mette in causa le categorie anticipatrici dell'operatore sanitario e sospende il rapporto medico-paziente in una specie di vuoto di senso, in cui il medico inizia a mettere in dubbio l'utilità del proprio servizio. È questa la fase in cui si registra il più alto numero di abbandoni da parte dei volontari o il maggiore disinteresse e “disattenzione” negli operatori sanitari pubblici, ma è anche quella in cui lo spazio mediano di tipo ermeneutico comincia a prendere corpo, mettendo in questione le categorie conoscitive, che avevano dato forma e linguaggio al primo contatto. Ma, come ci specifica lo psichiatra Marco Mazzetti, anche questa fase ha un “percorso parallelo” nel paziente immigrato: di fronte all’aspettativa di una sanità occidentale ipertecnologica, pronta ed efficiente, riceve, anche per percorsi assistenziali inappropriati (pensiamo all’uso/abuso del pronto soccorso), risposte lente, apparentemente inconsistenti, a volte sgarbate, rinvii … . Cose usuali forse per noi che ben conosciamo la realtà di alcuni ospedali ma che assumono per chi ha altre aspettative non convalidate dalla realtà, il senso di sgarbi premeditati, ingiustizie volute, incapacità professionale. C’è quindi, ancora una volta una simmetria tra aspettative e conseguenti atteggiamenti tra noi ed i nostri pazienti. Riconoscere ciò in qualche modo sposta l’attenzione sulla relazione tra due interlocutori di pari dignità, sul “qui ed adesso” del dialogo al di là delle differenze culturali. Si avvia così la terza fase, detta del criticismo, nel doppio senso di crisi e di criterio: crisi dei codici consueti di comunicazione e d'anticipazione, in cui ci si accorge di non aver capito nulla della persona-paziente - in cui non è il virus o il miceto ad essere inconsueto, ma la percezione del corpo, della salute e della malattia - ma anche individuazione, lenta, faticosa, sempre relativa, dei propri criteri di giudizio. La fase del criticismo è anche quella in cui, dopo la delusione, si oltrepassano le immagini che abbiamo esaminato - del povero, dello sfruttato, dell'”untore”, del primitivo/salvatore - per incontrare il soggetto, interprete assoluto di una cultura, di una storia, di una realtà psicofisica, di una vicenda esistenziale.

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E questo anche per il paziente che acquista una più reale consapevolezza su ciò che è possibile chiedere e su ciò che il medico e l’infermiere possono concretamente rispondere. Questa parabola in tre fasi è riconducibile con qualche accentuazione o attenuazione, oltre che all'interno di contesti di privato sociale e di strutture pubbliche più o meno specifiche, proprio nelle scelte di politica sanitaria relativa all'immigrazione che abbiamo citato all’inizio di questo capitolo: visite mediche, test obbligatori e screening per stranieri (fase dell'esotismo). Colasanti nel 1990 definì ciò proprio come Sindrome di Salgari: “ … Senza aver mai visitato i paesi tropicali, Salgari scriveva sognando ad occhi aperti di mondi dove quei dati di diversità che egli traeva dalla consultazione nelle biblioteche, servivano ad alimentare la categoria del meraviglioso dei suoi libri. Salgari non si interessò di problemi dei migranti, ma se lo avesse fatto avremmo avuto dei bei titoli da leggere nella nostra gioventù, penso a qualcosa come "I tigrotti della Pantanella" o "La filippina di Labuan". Come Salgari i più bei nomi della medicina accademica italiana, senza aver conosciuto la medicina dei migranti, senza aver forse, mai visitato un immigrato, hanno scritto nei termini di un meraviglioso arrivo di patologie misteriose che moltitudini di Sandokan e Tremal-naik importerebbero nei nostri paesi. Giustamente in tal senso la medicina pubblica con prudenza e il buon senso di un padre di famiglia, doveva arrestare con fermezza l'arrembaggio: i tutori della legge sanitaria, novelli viceré, novelli governatori Brookes alle frontiere, dalle murate della nave Italia, dovevano contrastare epidemiologicamente l'assalto dei pirati della Malesia, che penetrando nella nostre frontiere avrebbero condotto nuovi virus, meravigliose sintomatologie, trasmettendole ai semafori e agli incroci, insieme ai fazzoletti e al lavaggio del parabrezza”. E nello stesso periodo il sottoscritto aggiungeva: “…È stupefacente osservare come il gestore pubblico, di fronte a immigrati che passano i loro giorni per strada, sotto la pioggia o il freddo, mangiando dei guadagni della vendita di fiori ed accendini, tossendo di fame, di stanchezza e povertà, muova commissioni che promuovono lo studio dei problemi di medicina dei migranti, non nel senso di una loro protezione preventiva rispetto a patologie da degrado legate alla povertà e alla fame che fanno in Italia, ma per bonificare i loro corpi da ipotetiche patologie esotiche e pericolose”. Ed ancora provocatoriamente scrivevamo: “…Lodiamo soprattutto l'attenzione per la difesa delle frontiere dagli immigrati infetti. Ciò vuol dire che sarà necessario controllare i pazienti provenienti da zone a rischio: gli uomini di affari gay provenienti da San Francisco, i tossicodipendenti che vengono da Berlino, i cugini francesi in buona classifica per l’aids. E se questa logica si estende, con buona pace della Lega Lombarda e visto che a Napoli c'è stata una bella epidemia di colera e l'epatite è di casa, anche solerti squadre di funzionari ministeriali, che predispongano chioschetti per screening epidemiologici all'altezza del casello di Caianello dove effettuare seduta stante radicali operazioni di controllo ed igiene pubblica”. In quasi venti anni le acquisizioni scientifiche sono cambiate, l’immigrazione è diventata sempre più visibile e più conosciuta …. ma i pregiudizi, alcuni pregiudizi permangono. La salute degli immigrati: percorsi di tutela ed aree critiche Oggi in Italia è garantita l’accessibilità alle cure, seppur in forma diversificata, per tutti gli immigrati presenti sul nostro territorio: si è passati da una fase dell’esclusione a quella dell’emersione del diritto alla salute. Infatti dopo un intenso lavoro preparatorio, anche con il prezioso contributo dell’associazionismo, nel 1998 viene emanato il Decreto Legislativo (DLGS) n. 286, dal titolo “Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” (da ora in poi faremo riferimento al TU) con il dichiarato

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obiettivo di avviare una fase di governo organico del fenomeno immigratorio nel nostro paese. Circa un anno dopo, i principi e le disposizioni contenute nel TU, hanno trovato maggiore concretezza applicativa con l'emanazione del proprio Regolamento di attuazione. L'articolo n. 34 del TU dal titolo "Assistenza per gli stranieri iscritti al Servizio Sanitario Nazionale" contiene le norme per gli immigrati 'regolarmente soggiornanti' sul nostro territorio cioè con una titolarità giuridica di presenza testimoniata da un regolare permesso o carta di soggiorno; l'articolo 35 dal titolo “Assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al Servizio Sanitario Nazionale” affronta il tema di tutela sanitaria “a salvaguardia della salute individuale e collettiva” anche nei confronti di coloro “non in regola con le norme relative all'ingresso ed al soggiorno”, i cosiddetti irregolari e/o clandestini. L'articolo 36, dal titolo “Ingresso e soggiorno per cure mediche”, definisce le condizioni necessarie perchè un cittadino straniero possa venire in Italia per sottoporsi a cure mediche e chirurgiche. Disposizioni sanitarie e dettagli operativi sono contemplati anche negli articoli 42, 43 e 44 del citato Regolamento d'attuazione e ulteriori chiarimenti al riguardo sono stati inoltre forniti dal ministero della sanità con Circolare 24 marzo 2000, n. 5 (Indicazioni applicative del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” - Disposizioni in materia di assistenza sanitaria, Gazzetta Ufficiale n. 126 del 1.6.2000 – Serie generale). Questi atti sanciscono definitivamente l’emersione del diritto alla salute ed all’assistenza sanitaria per i cittadini stranieri presenti nel territorio nazionale con l’obiettivo di includere a pieno titolo gli immigrati in condizione di regolarità giuridica nel sistema di diritti e doveri per quanto attiene all'assistenza sanitaria a parità di condizioni ed a pari opportunità con il cittadino italiano: sono stati così rimossi dei requisiti che nel passato erano ostativi (la residenza, il limite temporale, le aliquote diversificate per l'iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale, ...) ed introdotti principi di equità (obbligatorietà estesa all'iscrizione al di là del perfezionamento formale delle pratiche, esenzione per situazioni di maggior disagio - richiedenti asilo, detenuti, ...). Il diritto all'assistenza è stato esteso anche a coloro presenti in Italia in condizione di irregolarità giuridica e clandestinità garantendo loro oltre alle cure urgenti anche quelle essenziali, continuative ed i programmi di medicina preventiva. Per non ostacolare l’accesso alle cure, è stato vietato, da parte delle strutture sanitarie, la segnalazione all’autorità di polizia la presenza di immigrati clandestini che richiedono aiuto medico. Tale impostazione normativa è stata supportata da alcuni documenti programmatici primi fra tutti il Piano Sanitario Nazionale 1998 - 2000 e quello 2003 - 2005 nei quali si evidenzia la realtà dell’immigrazione e si incentivano interventi ed azioni locali sia per garantire accessibilità e fruibilità delle prestazioni, sia per avviare percorsi di maggiore conoscenza del fenomeno. Non sorprende quindi come progressivamente negli ultimi anni, sempre più strutture pubbliche si avvicinino a tale problematica sia nell’organizzazione di servizi, sia nel proporre percorsi formativi adeguati, sia nella rilevazione di dati e nella promozione di indagini epidemiologiche specifiche. Il profilo sanitario tracciato fino a pochi anni fa dalle rilevazioni provenienti dalle strutture del volontariato sopra citato e che ha permesso in un momento storico di mancanza di conoscenza del fenomeno di abbattere pregiudizi e risolvere paure infondate, oggi trova conferma e si arricchisce di un maggior numero di ricerche statistico-epidemiologiche e di flussi di dati seppur ancora frammentari e non omogenei.

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A questo proposito ci sembrano particolarmente significativi i rapporti dell’Ufficio di statistica del ministero della Salute sulle schede di ricovero ospedaliero (SDO) degli stranieri in Italia, pubblicati nel 2001 e 2003 riferiti al 1998 e 2000 ed un nostro recente studio (2005) riferitosi all’anno 2003. Questi rapporti nazionali, a cui stanno seguendo relazioni regionali (in particolare segnaliamo quelle del Lazio e della Lombardia per completezza ed articolazione dell’analisi e quelle del Piemonte e delle Marche per capacità di differenziare nei flussi statistici ordinari, i ricoveri di immigrati regolari e clandestini), pur facendo riferimento ad uno specifico evento assistenziale (il ricovero) e con alcuni limiti nell’utilizzarlo come strumento statistico, hanno il pregio di essere rappresentativi per consistenza numerica e distribuzione nazionale (nel nostro rapporto del 2005 sono stati analizzati quasi 400.000 ricoveri di stranieri in un anno). Non può essere sottaciuto, come abbiamo spesso ricordato, che il ricovero ospedaliero costituisce solo un evento nella complessa rete dei bisogni assistenziali, esso è infatti in qualche misura un evento non rinviabile rispetto alla molteplicità delle situazioni cliniche che la popolazione in esame può richiedere. L’analisi dei ricoveri può fornirci informazioni di percorsi assistenziali che possono rivelarsi inadeguati, partendo dalla considerazione che agli stranieri, spesso, manca quella rete di continuità assistenziale che garantisce l’appropriato, tempestivo ed efficace ricorso alle cure. Questi rapporti, coerentemente a tutte le ricerche ad oggi pubblicate, evidenziano il ricorso all’assistenza ospedaliera per motivi connessi soprattutto a eventi fisiologici (gravidanze) o accidentali (traumi), e ciò può indicare che la popolazione straniera gode di un discreto stato di salute. L’incremento, anche se contenuto, dei ricoveri per cause connesse a malattie degenerative, cardiache ed alla chemioterapia evidenziata negli studi più recenti, annuncia una modifica, nel medio e lungo periodo, dell’attuale profilo di salute degli immigrati. Tale cambiamento potrebbe essere causato dall’acquisizione di stili di vita differenti da quelli dei Paesi di origine, dalla diversa caratterizzazione socio-demografica dei nuovi flussi migratori e dal progressivo invecchiamento di questa popolazione. L’aumento nel numero di ricongiungimenti familiari e dei matrimoni, pur rafforzando la stabilità sociale della popolazione straniera, potrebbe modificare le dinamiche epidemiologiche attuali: ad esempio, l’ingresso di membri della famiglia più vulnerabili, come i bambini e gli anziani e le nuove nascite lasciano prefigurare una riduzione progressiva nel tempo dell’impatto dell’effetto migrante sano. Anche le casistiche degli ambulatori di medicina di base, in particolare quelli dedicati agli stranieri temporaneamente presenti (immigrati clandestini) sia del volontariato che del settore pubblico, confermano il profilo di salute precedentemente individuato e le malattie più frequentemente diagnosticate sono quelle dell’apparato respiratorio soprattutto per precarietà e affollamento alloggiativo, del digerente per cattiva e inadeguata alimentazione oltre che per condizioni particolarmente stressogene, della cute per condizioni igieniche precarie ed alta promiscuità, e gli esiti di traumi ed affaticamenti: si evidenzia quindi che ancora oggi la vulnerabilità di questa popolazione sia aumentata a causa di incerte politiche di accoglienza ed inserimento sociale. Lo stesso dato sulle interruzioni volontarie di gravidanza (IVG), di cui disponiamo più dettagliatamente grazie agli studi dell’Istituto Superiore di Sanità, è a nostro avviso indice una spiccata fragilità sociale in grado di influenzare le scelte riproduttive e di tradursi in una maggiore difficoltà di accesso alle strutture sanitarie. Proprio sulle motivazioni delle scelte di ricorrere all’IVG da parte delle donne straniere è in fase avanzata una ampia

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ricerca che certamente fornirà indicazioni e strumenti per individuare azioni adeguate per ridurne l’impatto. I dati sanitari disponibili evidenziano quindi un superamento delle situazioni di esclusione dai servizi da parte degli immigrati ma indicano anche una fragilità sociale di questa popolazione che, pur nella sua eterogeneità, mostra ambiti di sofferenza sanitaria in gran parte imputabile a incerte politiche di integrazione soprattutto in ambito locale, a difficoltà di accesso ai servizi, a problematiche relazionali-comunicative. In definitiva possiamo indicare a partire dall’evidenza dei dati disponibili, come il profilo sanitario dell’immigrato in gran parte si sovrappone (per tipologia delle condizioni patologiche) a quello della popolazione autoctona di pari età seppur condizionato dall’effetto di scadenti condizioni di vita presenti soprattutto nelle prime fasi dell’immigrazione nel nostro paese. I risultati dell’analisi delle SDO sono quindi coerenti con quanto ci si poteva attendere sia per un aumento assoluto degli stranieri in Italia, sia come auspicabile conseguenza di politiche tese a dare maggiore permeabilità alle strutture sanitarie pubbliche. Che una tendenza in questo senso ci sia stata è evidenziato da una ricerca pubblicata dall’Istituto Superiore della Sanità (Rapporto Istisan 03/4 del 2003) che ha indagato e monitorato nel tempo alcuni punti critici del percorso nascita tra le donne immigrate provenienti da paesi ad economia meno avanzata ed in particolare si è proposta di misurare il loro grado di accessibilità in gravidanza ai servizi sanitari pubblici. Lo studio partito nel 1995-96 è stato riproposto nel 2000-01 al fine di valutare i cambiamenti avvenuti nel tempo e l’influenza della normativa introdotta nel 1998. In generale si è osservato un miglioramento dell’assistenza in gravidanza, al parto e puerperio. Ad esempio è diminuita la percentuale di donne che hanno effettuato la prima visita dopo il 1° trimestre (da 25% a 16%), il numero di ecografie è quello raccomandato dai protocolli nazionali e il mese della prima ecografia è risultato essere in media con il 3°, come tra le italiane. Per quanto riguarda le malattie infettive, gli ultimi dati disponibili, pur evidenziando un’incidenza maggiore rispetto ai cittadini italiani in particolare per la tubercolosi e l’infezione da hiv, mostrano un trend in discesa sia nei ricoveri sia nei nuovi casi di malattia (come per gli italiani) da imputare ad una maggiore accessibilità ai servizi ed alle cure più efficaci. Il grado di accessibilità e fruibilità dei servizi sanitari rappresenta quindi una questione cruciale per la salute del migrante, l’accessibilità dipendendo prevalentemente dalla normativa, la fruibilità dalla capacità “culturale” dei servizi di adeguare le risposte alle necessità dei nuovi utenti. Il degrado più o meno rapido del patrimonio di salute del migrante nel paese ospite pone seri problemi sia alla persona che si ammala, che con la malattia viene a perdere un’importante risorsa (la buona salute) che ha da investire per la realizzazione del progetto migratorio, sia alla collettività che comunque è costretta a sostenere i costi sociali ed economici che questo comporta. Come più volte ha sottolineato il dottor Maurizio Marceca, se in una prima fase l'immigrato può essere particolarmente vulnerabile per le condizioni di degrado e disagio in cui è costretto a vivere, col tempo, superata l'emergenza, prevale la possibilità/capacità di interagire con l'organizzazione, l'offerta dei servizi, la capacità di lettura dei propri bisogni di salute e di saperli esprimere e, viceversa, la capacità del sistema sanitario del paese di adattarsi a questa nuova utenza.

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Come leggere allora le recenti proposte di controlli sanitari alle frontiere? Perché tanta insistenza su provvedimenti che anche la letteratura internazionale reputa inefficaci quanto iniqui? Non volendo malignare su possibili squallide (perché fatte sulla pelle delle persone) speculazioni ideologico-politiche, potremmo dire che la sindrome di Salgari è ancora diffusa: le paure, le aspettative, le anticipazioni intrise di pregiudizi, l’ignoranza su questi temi sono il “terreno di coltura” dove si sviluppano tali iniziative. Il “vaccino” dell’informazione e della conoscenza ancora non ha dato gli effetti sperati e per questo dobbiamo continuamente insistere con “dosi richiamo”. È il senso di quest’articolo.

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TRATTA

INTRODUZIONE Il 2008 si è caratterizzato, tra le altre cose, per un acceso dibattito sul tema della prostituzione e “dei fenomeni delittuosi ad essa connessi”, primo fra tutti la tratta di esseri umani. L’insediamento del Ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna ha portato, infatti, ad un evidente cambiamento di rotta rispetto al precedente Governo. La presentazione di un disegno di legge che prevede come reato l’esercizio della prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico, definita un fenomeno di «allarme sociale», ha determinato quasi subito degli effetti a livello locale. Molti Comuni, infatti, sono intervenuti con delibere volte a sanzionare chi esercita la prostituzione in strada e i clienti delle prostitute, determinando in questo modo un fiorire di iniziative che hanno ulteriormente complicato un fenomeno di per sé già molto complesso (vedi l’aumento della prostituzione al chiuso o in luoghi difficilmente raggiungibili e degradati) Intorno a questi temi si è svolta l’attività del Coordinamento della Consulta contro la Tratta di Caritas Italiana che, oltre ad organizzare un convegno per ragionare su quanto sta accadendo in Italia, ha messo in atto una serie di iniziative volte a valutare la portata di tali cambiamenti anche attraverso la sua diffusa rete territoriale. I documenti che seguono nascono all’interno di queste attività e, a partire da una descrizione del fenomeno della tratta in Italia e nel mondo, cercano di fare il punto su questo fenomeno.

La tratta in Italia e nel mondo

Scheda a cura del Gruppo Abele e della Caritas Italiana, predisposta in

occasione del Convegno “Prostituzione e Tratta a 50 anni dalla legge Merlin e a 10 dall’art. 18 d.lgs. 286/98” (21 novembre 2008)

Per l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO/OIL) sono 12.300.000 le persone sottoposte a sfruttamento lavorativo, sessuale e schiavitù nei cinque continenti. Tra queste, ogni anno, circa 800.000 persone sono trasportate oltre i confini nazionali per essere sfruttate in altri Paesi. L’80% delle vittime è costituito da donne e ragazze, in più del 50% dei casi minorenni. Secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), le persone trafficate in Italia sono tra le 19.000 e le 26.000 ogni anno. Nel Rapporto 2007, il Dipartimento di Stato americano ha distinto tre livelli: 1) al primo livello ci sono i 28 Paesi che hanno soddisfatto completamente i criteri per l’eliminazione della tratta delle persone dal proprio Paese (a livello legislativo); 2) al secondo livello ci sono 75 Paesi che non soddisfano tutti i parametri richiesti, ma che stanno compiendo sforzi significativi per raggiungere gli standard stabiliti; 3) al terzo livello ci sono 16 Paesi che non dimostrano attitudine né volontà di miglioramento. L’Italia è un Paese al primo livello, perché il Governo italiano, oltre ad aver raggiunto gli obiettivi minimi, ha posto in essere, con l’articolo 18 del TU sull’immigrazione, un forte

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strumento a sostegno e protezione di chi denuncia gli sfruttatori. Anche le severe pene comminate ai trafficanti di esseri umani (da 8 a 20 anni di carcere) hanno contribuito al buon giudizio espresso dall’Osservatorio degli Stati Uniti, nonché l’operazione “Spartaco” che tra ottobre 2006 e gennaio 2007 ha portato all’arresto di 784 persone e all’apertura di indagini su altre 1.311. Tra il 2000 e il 2006 le persone coinvolte nei progetti di assistenza e integrazione sociale promosse ai sensi dell’articolo 18 del TU sull’immigrazione sono state 11.541. A 5.673 (circa l’80% dei richiedenti) è stato rilasciato un permesso di soggiorno. In Italia il prezzo di una “prestazione” è in media di 30 euro, per un giro d’affari mensile di 90 milioni di euro. Una donna prostituita “rende” al suo sfruttatore dai 5 ai 7 mila euro al mese. Per assicurare la protezione alle vittime di tratta che denunciano gli sfruttatori, l’Italia ha speso, nel 2006, 4.300.000 di euro, finanziando 77 progetti di Organizzazioni non governative. Nel corso dello stesso anno 340 vittime hanno seguito corsi di alfabetizzazione, 430 sono stati indirizzati verso progetti di formazione, 69 sono stati aiutati a tornare nel proprio Paese di origine e 927 hanno ottenuto un permesso di soggiorno temporaneo per rimanere in Italia. Nonostante questi sforzi e la buona politica di informazione e prevenzione portata avanti a livello governativo e non governativo, restano molte le vittime nel nostro Paese, soprattutto donne nigeriane, ma anche provenienti da Romania, Moldavia, Albania, Ucraina e, in minor numero, dalla Russia, dalla Bulgaria, dall’America Latina, dall’Africa del nord e dell’est, dal Medio Oriente e dalla Cina. Circa il 7% delle vittime di tratta in Italia sono bambini, provenienti nella maggior parte dei casi dalla Romania. Tra le comunità Rom e Sinte stanziate in Italia è diffuso lo sfruttamento dei minori per accattonaggio. Tra gli adulti, accanto allo sfruttamento sessuale (di cui sono vittime anche molti minori) è diffuso lo sfruttamento lavorativo di uomini dalla Polonia e dalla Repubblica Cinese, specialmente nel settore agricolo. Il Numero verde antitratta, attivato nel luglio 2000, aiuta le persone vittime di tratta e sfruttamento sessuale informandole sulle possibilità offerte dall’art.18 del Testo Unico sull’immigrazione che prevede il rilascio del permesso di soggiorno attraverso un percorso giudiziario (con denuncia degli sfruttatori all’autorità giudiziaria) o sociale (senza denuncia) per le donne che rischiano pesanti ripercussioni sulla loro persona o sulla famiglia rimasta in patria. Nell’arco del triennio 2000/2003, 5.907 donne sfruttate sessualmente si sono rivolte a questo servizio per lasciare la strada, denunciare gli sfruttatori o richiedere assistenza e accoglienza. Le chiamate totali nei tre anni di attività considerati sono state 25.949. Sospeso per mancanza di fondi nel giugno 2005, il Ministero Pari opportunità ha deciso di riattivare il Numero verde antitratta nazionale (800 290 290) dal gennaio 2007. Lo stesso Ministero, tra il 2000 e il 2004 ha cofinanziato 296 progetti di protezione sociale, permettendo l’assistenza di 6.781 vittime. I progetti, anche finanziati dal Dipartimento delle Pari opportunità della Presidenza del Consiglio, sono stati in grado di accogliere circa 11.500 persone, di cui solo 700 hanno abbandonato il progetto, mentre 5.500 hanno ottenuto il permesso di soggiorno (il 70% dei quali denunciando gli sfruttatori e il 30% con il percorso sociale).

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Il contrasto al fenomeno della tratta: statistiche giudiziarie In Italia, il totale dei procedimenti per reati connessi alla tratta e al traffico, anche quelli per cui è stata pronunciata condanna dal giugno 1996 al giugno 2001, ammonta a 9.004. La media annuale è stata di circa 1.800 procedimenti. Le aree di maggior distribuzione dei procedimenti per tratta e traffico sono: 1) aree di confine, terrestre o marittimo; 2) grandi centri urbani o ricche città del Nord in prossimità dei grandi centri urbani; 3) piccole città del Centro la cui economia è fondata principalmente sul turismo e sulla media e piccola industria. Sul totale di 9.004 procedimenti, 6.074 (67%) sono stati in materia di traffico di migranti e 2.930 di tratta di persone a scopo di sfruttamento (33%). Dall'esame dei dati provenienti dalle procure dove si è concentrato il maggior numero di procedimenti per tratta, è possibile distinguere tra: 1) sfruttamento nelle grandi metropoli (o nelle zone limitrofe) e nelle ricche città industriali del Nord. In questo primo caso rientrano, in una panoramica da sud a nord, le Procure di Palermo, Roma, Velletri, Chiavari, Savona, Cuneo, Alessandria, Torino, Milano, Brescia, Vicenza e Padova; 2) sfruttamento in piccole città del Centro, spesso lungo la costa, la cui economia si fonda principalmente sul turismo e sulla media e piccola industria. In questo gruppo rientrano, sempre da sud e nord, le Procure di Pescara, Ascoli Piceno, Fermo, Macerata, Perugia, Arezzo, Pesaro e Ravenna; 3) sfruttamento in città di frontiera (come Lecce, Foggia, Trieste e Gorizia); Dal 1996 al giugno del 2001, il 43% dei procedimenti in materia di tratta di persone si trovava ancora alla fase delle indagini preliminari, mentre il 57% in fase di giudizio. Il numero delle persone sottoposte ad indagini, imputate e condannate per reati inerenti alla tratta a scopo di sfruttamento è stato 7.582, di cui 1.216 di sesso femminile (circa il 16%). Gi autori di nazionalità italiana sono stati il 32,2% del totale, le altre nazionalità più rappresentate sono state l'albanese (1.201 persone, 29,8% del totale), la cinese (437 persone, 6,7% del totale), la rumena (260 persone, 4,5% del totale) e la nigeriana (338 persone, 4,5% del totale). Il numero totale delle persone offese nei procedimenti per reati inerenti alla tratta è stato 2.741. In maggioranza sono state persone di sesso femminile, 2.217 su un totale di 2.741, pari all'80,88%; Le cinque nazionalità più rappresentate tra le persone offese per reati di tratta sono: l'albanese (654 persone offese, 23,9% del totale), la rumena (303 persone offese, 11,1% del totale), la nigeriana (230 persone offese, 8,4% del totale), l'ucraina (153 persone offese, 5,6% del totale), la moldava (144 persone offese, 5,3% del totale); Il maggior numero di procedimenti per traffico di migranti, nel periodo considerato, si è concentrato in: 1) procure di città di frontiera, poste su confini terresti o marittimi, punti di accesso in Italia sulle rotte del traffico. Nel caso specifico, da sud a nord, le città sono Marsala, Lecce, Brindisi, Trieste, Gorizia e Tolmezzo; 2) le procure dei due grandi scali aeroportuali italiani, cioè Roma e Milano. Le vittime reali della tratta in Italia, nel periodo tra giugno 1996 e giugno 2001, sono stimabili tra le 27.410 (ipotesi minima) e le 54.820 (ipotesi massima).

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Le vittime reali del traffico di migranti in Italia, nel periodo giugno 1996-giugno 2001, sono stimate da un minimo di 85.240 ad un massimo di 170.480. Enti che lavorano sulla tratta Sono 280 gli enti che in Italia lavorano sul tema della tratta. Dal 1995 l'Ufficio immigrazione di Caritas Italiana cura il Coordinamento contro la tratta, costituito dal Gruppo Abele, la Federazione delle Religiose d'Italia (Usmi) e quella internazionale (Uisg), la Conferenza dei Religiosi (Cism), la Fondazione Migrantes e diverse Caritas diocesane. Se in origine l’impegno è stato prevalentemente in favore di donne presenti nel mercato della prostituzione, questo target è stato affiancato da attenzioni per altre categorie di vittime: 218 enti lavorano con le donne, 160 con le minorenni, 96 con gli uomini, 84 con i minori maschi, 66 con persone transgender. A fianco dello sfruttamento sessuale esistono altre forme di sfruttamento di persone. Associazioni e enti del Terzo Settore lavorano sullo sfruttamento sessuale (96%), ma anche lavoro forzato (26,8%), impiego forzato in attività di accattonaggio (23,7%), impiego forzato in attività illegali (19,6%), tratta ai fini di espianto organi (2,1%) e tratta ai fini di adozione illegale (1,5%)31. Il 31,2% svolge lavoro di strada; il 31% circa prevenzione sanitaria, informazione e distribuzione materiali e strumenti; il 41,5% accompagnamento ai servizi sanitari; l’11,5% peer education; il 23,9% servizi di bassa soglia (drop-in, consultori, ambulatori medici); il 35% mediazione interculturale; il 16,2% gestione del Numero verde contro la Tratta.

31 Il totale delle somme è superiore al 100% perché alcune associazioni lavorano su più campi.

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Il disegno di legge n. 1079 in materia di prostituzione L'11 settembre 2008 il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge su «misure contro la prostituzione» (modifiche alla legge 20/2/58 n°75, meglio nota come legge Merlin) messo a punto dal ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna insieme ai colleghi della Giustizia e dell'Interno, Alfano e Maroni. Il disegno di legge, che si compone di soli 4 articoli, prevede per la prima volta come reato l’esercizio della prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico, definita un fenomeno di «allarme sociale», anche al fine di meglio contrastarne lo sfruttamento da parte di organizzazioni criminali. Come reato, quindi, va punito, anche col carcere, in egual maniera fra chi la esercita e chi se ne avvale. Saranno, pertanto, perseguiti anche i clienti oltre che le “lucciole”, entrambi rischiano da 5 a 15 giorni di arresto ed una multa per un importo che va da 200 fino a 3mila euro. L'obiettivo, dichiarato dal Ministro, è combattere soprattutto lo sfruttamento anche minorile. Nuove norme anche in questo senso, con sanzioni più severe: da 6 mesi a 4 anni a chi cerca di convincere un minore, anche senza pagamento, ad avere rapporti sessuali e una multa dai 1.500 ai 6mila euro. Il provvedimento poi punisce con la reclusione da sei a dodici anni e con il pagamento da 15 mila a 150 mila euro chi recluta o induce alla prostituzione minorile o chi trae profitto, anche solo nelle forme di favoreggiamento, dalla prostituzione di minori. Se il minore ha meno di 16 anni, la pena aumenta da un terzo a due terzi. Vengono inoltre introdotte nuove norme per il rimpatrio di minori, non accompagnati, che si prostituiscono. L'obiettivo è il ricongiungimento del minore con la propria famiglia. Si tratterà di procedure accelerate e semplificate. Il ministro per le pari opportunità ha assicurato che "non saranno rimpatriati quei minori per i quali non c'è convinzione di accoglienza nel proprio paese". Proprio su questa norma si è scagliata l'Ong Save the children, che si occupa delle condizioni dei bambini nel mondo: l'articolo andrebbe "stralciato" perchè "il rimpatrio assistito deve avvenire solo se il provvedimento corrisponde al suo superiore interesse e una volta fatte alcune valutazioni fondamentali. Bisogna considerare persecuzioni, violenze, abusi che il ragazzo potrebbe subire in caso di rimpatrio in una nazione afflitta da guerre; la situazione sociale del paese di origine; la possibilità, disponibilità e capacità dei genitori o di parenti, ad accogliere il minore". Dopo la presentazione del Disegno di Legge Carfagna sulla prostituzione e le ordinanze di tanti Sindaci in Italia si è creato un pericoloso clima di intolleranza verso tutte le persone che si prostituiscono. Infatti, più che contrastare il fenomeno della prostituzione nel suo complesso, il decreto sembra attaccarne i soli aspetti visibili, ovvero il meretricio nelle strade. L’ordinanza del Sindaco di Roma Alemanno, ad esempio, fa divieto a chiunque sulle pubbliche vie di contattare soggetti dediti alla prostituzione o concordare con gli stessi prestazioni sessuali; nel contempo impone, anche, il divieto di assumere atteggiamenti, modalità comportamentali o di indossare abbigliamenti che manifestino inequivocabilmente l’intenzione di adescare o di esercitare l’attività di prostituzione. Si tratta di un provvedimento di difficile applicazione pratica. Per le forze dell’ordine sarà difficile valutare i comportamenti di prostitute e clienti come inequivocabilmente corrispondenti a quelli violati. Vi è poi un altro aspetto: il provvedimento è in vigore solo nella città di Roma e in parte ha già spinto le prostitute ad allontanarsi fuori dal Grande Raccordo Anulare continuando la loro attività presso i Comuni limitrofi dove non sono in vigore ordinanze analoghe. In tale modo si scarica su altri territori un problema che deve

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essere risolto su base nazionale e internazionale. Anche a Firenze, dove non è in vigore un’ordinanza comunale bensì un nuovo regolamento della polizia municipale approvato a fine luglio 2008, le strade cominciano a svuotarsi e le donne che si prostituiscono hanno iniziato a ritardare la loro presenza in strada di qualche ora, spostando la loro attività nel cuore della notte. Problematiche come queste sono ravvisabile in tutte quelle città italiane, che hanno recepito il decreto in oggetto. Un reale intervento nei confronti della prostituzione dovrebbe tenere conto della maggiore complessità del problema, prendendo atto che il fenomeno viene gestito da parte di gruppi criminali stranieri, di cui le prostitute sono le vittime. Non numeri, non casi, queste giovani, tra cui molte minorenni, sono esseri umani pieni di sogni e progetti di vita. I gruppi criminali a volte le hanno strappate ai loro familiari, sequestrandole, altre volte le hanno ingannate, promettendo a loro e alle loro famiglie un lavoro da cameriera, badante o baby-sitter in un paese straniero. Poi durante il viaggio o all’arrivo nel paese di destinazione le hanno violentate e le hanno costrette con la violenza e con la minaccia a prostituirsi. Le giovani donne, private dei loro guadagni e dei documenti, perdono completamente la loro identità e diventano oggetti nelle mani dei loro sfruttatori. È necessario pertanto che le istituzioni preposte concentrino le forze nella lotta alle organizzazioni criminali che le sfruttano. La legge prevede un formidabile strumento che consiste nella concessione alle straniere di uno speciale permesso di soggiorno per la durata di sei mesi con possibilità di rinnovo quando siano accertate situazioni di violenza o di sfruttamento nei loro confronti a causa del tentativo di sottrarsi all’associazione criminale. La collaborazione delle vittime ha già consentito in molti casi di colpire efficacemente i gruppi criminali che controllano il fenomeno: bisogna con più decisione proseguire su questa strada. Insieme al decreto si sono poi avviate campagne politico-mediatiche per alimentare l’allarme sociale e la paura dei cittadini. Sulle persone socialmente «deboli» (della cui sicurezza non ci si preoccupa), si vuole oggi indirizzare l’insicurezza e la paura della gente facendole diventare il capro espiatorio su cui sfogare le frustrazioni di un Paese che sta impoverendo in tutti i sensi. La «sicurezza» sta diventando il pretesto per escludere e discriminare i più «deboli», i «diversi» e gli «stranieri», nei confronti dei quali sono aumentate aggressioni, violenze, discriminazioni che si fanno passare come normali, endemici e scontati atti di violenza metropolitana. Sulla paura e sull’insicurezza si sono costruite campagne che non risolvono ma ingigantiscono i problemi, dei quali si continua a non considerare le cause cercando semplicemente di eliminare gli effetti per mezzo della ricetta più semplice, quella di nascondere. Esattamente quello che si sta tentando di fare con la prostituzione: renderla invisibile. Il testo del disegno di legge ARTICOLO 1 (modifiche alla legge 20 febbraio 1958, n. 75). 1. All'art. 1 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi: "Chiunque esercita la prostituzione ovvero invita ad avvalersene in luogo pubblico o aperto al pubblico è punito con l'arresto da cinque a quindici giorni e con l'ammenda da duecento a tremila euro. Alla medesima pena prevista al secondo comma soggiace chiunque in luogo pubblico o aperto al pubblico si avvale delle prestazioni sessuali di soggetti che esercitano la prostituzione o le contratta".

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ARTICOLO 2 (prostituzione minorile e rimpatrio assistito). 1. L'articolo 600-bis del codice penale è sostituito dal seguente: "Art 600-bis (Prostituzione minorile) È punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 15.000 a euro 150.000 chiunque: a) recluta o induce alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto; b) favorisce, sfrutta, gestisce, organizza o controlla la prostituzione di una persona di età inferiore agli anni diciotto, ovvero altrimenti ne trae profitto. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i sedici ed i diciotto anni, in cambio di denaro o di altra utilità, è punito con la reclusine da sei mesi a quattro anni e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000. Se i fatti di cui al primo e secondo comma sono commessi nei confronti di persona che non abbia compiuto gli anni sedici, la pena è aumentata da un terzo alla metà. Le circostanze attenuanti eventualmente concorrenti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114 del codice penale, non possono essere ritenute equivalenti rispetto alla presente aggravante e le diminuzioni di pensa si operano sulla quantità di pena risultante dall'applicazione della stessa. Se l'autore dei fatti di cui al secondo e terzo comma è minore di anni diciotto la pena è ridotta da un terzo a due terzi". 2. I soggetti minori stranieri non accompagnati che esercitano la prostituzione nel territorio dello Stato, sono riaffidati alla famiglia o alle autorità responsabili del Paese di origine o di provenienza, nel rispetto dei diritti garantiti al minore dalle convenzioni internazionali, dalla legge dai provvedimenti dell'autorità giudiziaria e con modalità tali da assicurare il rispetto e l'integrità delle condizioni psicologiche del minore, attraverso la procedura di rimpatrio assistito di cui al comma 2-bis dell'articolo 33 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni. Con regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 1 della legge n. 400 del 1988, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri o di Ministro delegato, di concerto con i Ministri del lavoro, della salute e delle politiche sociali, degli affari esteri, dell'interno e della giustizia, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite procedure accelerate e semplificate per l'adozione del provvedimento di rimpatrio assistito del minore che abbia esercitato la prostituzione. ARTICOLO 3 2. (Associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione). 1. All'articolo 416 del codice penale è aggiunto il seguente comma: "Se l'associazione è diretta a commettere taluno dei delitti previsti dall'articolo 600-bis ovvero i delitti di reclutamento, induzione, agevolazione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione si applica la reclusione da quattro a otto anni nei casi di cui al primo comma e la reclusione da due a sei anni nei casi previsti dal secondo comma".

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ARTICOLO 4 3. (Norme finanziarie e abrogazioni) 1. Dall'attuazione del comma 2 dell'articolo 2 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Alle attività previste dalla presente legge le amministrazioni interessate provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. 2. È abrogato l'articolo 5 della legge 20 febbraio 1958, n. 75. AS 733 EMENDAMENTO Dopo l'articolo 18 aggiungere il seguente: Art. 18 – bis (Rimpatrio assistito di minore cittadino dell'Unione europea) 1. Le disposizioni relative al rimpatrio assistito di cui all'articolo 33, comma 2-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, si applicano ai minori cittadini dell'Unione europea non accompagnati presenti nel territorio dello Stato, quando sia necessario nell'interesse del minore stesso, secondo quanto previsto dalla Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata con legge 27 maggio 1991, n. 176. Osservazioni sul disegno di legge n. 1079 in materia di prostituzione Per esprimere il dissenso all’impostazione data al decreto in oggetto diverse associazioni di settore sia pubbliche, sia private (Asgi, Associazione Gruppo Abele, Associazione On the Road, Caritas Italiana, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza - Cnca, Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, Comune di Venezia, Consorzio Nova, Coop. Sociale Dedalus, Save the Children), hanno inviato al ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna, un documento dal titolo“ Prostituzione e tratta, diritti e cittadinanza- le proposte di chi opera sul campo”. Obiettivo dello scritto, che racchiude in sè le idee espresse in diversi interventi, apparsi sulle pagine dei quotidiani, prodotti dalle associazioni in opposizione al disegno di legge c.d. Carfagna, è quello di evidenziare le problematiche e le possibili linee di intervento in merito alla prostituzione e alla tratta di esseri umani nelle sue diverse forme. Il documento si basa su una pluralità di esperienze e di pratiche di lavoro sociale realizzate nel corso degli ultimi 15 anni, ma anche di consapevolezza ed attenzione alle politiche. I servizi messi in campo dalle diverse associazioni sono variegati: interventi di promozione della salute, unità di strada, sportelli di ascolto, interventi di mediazione sociale e dei conflitti, accoglienza, consulenza e assistenza legale, corsi di formazione professionale, inserimenti lavorativi, ecc.; inoltre ricerche, pubblicazioni, sensibilizzazione, lavoro di rete ecc. Tra marzo 2000 e maggio 2007 il complesso degli enti impegnati nel settore sono entrati in contatto con 54.559 persone coinvolte nella prostituzione offrendo ascolto, accompagnamento ai servizi socio-sanitari, consulenza, aiuto e nello stesso periodo hanno realizzato 13.517 programmi art. 18 per le vittime di grave sfruttamento e tratta, 938 dei quali in favore di minori. Questo lavoro ha insegnato agli enti, si legge nel testo, a conoscere e ad operare con chi si prostituisce, con le vittime della tratta in vari ambiti di sfruttamento, con la cittadinanza, con le altre e diverse agenzie del territorio, con le istituzioni nazionali ed europee, ed è servito:

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• ad aiutare migliaia di persone ad affrancarsi dallo sfruttamento e dalle nuove schiavitù ricostruendosi una vita;

• a far crescere la sensibilità e la coscienza civile delle persone e dei territori su questi temi;

• a contrastare le reti e i soggetti criminali. Questo operare comune, assieme all’aiuto e al sostegno dei Ministeri competenti, ha contribuito a fare dell’Italia il modello di riferimento nello scenario internazionale per gli interventi di tutela delle persone vittime di grave sfruttamento e tratta. Un impegno che, ascoltando la domanda di “sicurezza” che viene dai territori ha dimostrato che, là dove si affrontano i problemi sociali attraverso la mediazione e la concertazione tra i soggetti coinvolti, senza snaturarli in problemi di ordine pubblico, le conflittualità si attenuano e si costruisce “sicurezza sociale”. Per intensificare il sistema di prevenzione e contrasto ai fenomeni della tratta di esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione, nel mese di gennaio 2007 era stato istituito l´Osservatorio sulla prostituzione e sui fenomeni delittuosi ad essa connessi. L´organismo - collocato presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza – ha svolto compiti di studio, ricerca ed approfondimento sul sistema di prevenzione e contrasto del fenomeno, arrivando a delle conclusioni che possono essere così sintetizzate:

• bisogna considerare che la prostituzione di strada riguarda in buona parte donne e minori stranieri di entrambi i sessi vittime di sfruttamento;

• bisogna considerare che la lotta allo sfruttamento non si realizza con l’eliminazione della prostituzione di strada, visto che violenza, sfruttamento, riduzione in schiavitù già sono presenti in una parte della prostituzione al chiuso esercitata negli appartamenti o tramite i locali notturni;

• bisogna considerare che chi si prostituisce non commette reati contro terzi ma spesso li subisce (violenze, stupri, rapine, sfruttamento, riduzione in schiavitù);

• non bisogna criminalizzare le vittime ma gli sfruttatori; • non bisogna sottrarre le risorse delle forze dell’ordine alle attività di indagine e

contrasto verso il crimine e congestionare ulteriormente gli uffici giudiziari; • bisogna far percepire i rappresentanti delle forze dell’ordine da parte di chi si

prostituisce come nemici e non come riferimenti in cui riporre fiducia e cui poter chiedere eventualmente aiuto;

• non bisogna soprattutto spostare “il problema” (e spesso solo temporaneamente) da un luogo ad un altro: da un comune a quello vicino, dalla città alla periferia, verso luoghi più insicuri, dalla strada ai luoghi chiusi;

• non si può correre il rischio che ancora di più le reti criminali organizzino lo sfruttamento della prostituzione al chiuso, in palazzine dedicate;

• è necessario agevolare le attività di contatto, informazione, sensibilizzazione ed accompagnamento che svolgono le unità di strada;

• non bisogna stigmatizzare e discriminare ancora di più le persone che si prostituiscono;

• non si possono rendere ancora più vulnerabili le persone trafficate perché irraggiungibili dagli operatori sociali ma anche dalle forze dell’ordine, riducendo quindi drasticamente le loro possibilità di accedere ai programmi di assistenza di cui all’articolo 13 e all’articolo 18;

• ridurre le possibilità di accesso delle vittime di grave sfruttamento e tratta ai programmi art. 13 e art. 18, significa anche ridurre le probabilità che esse

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collaborino con forze dell’ordine e magistratura nel perseguire trafficanti e sfruttatori;

• il rimpatrio forzato significa il più delle volte immettere una seconda volta le vittime nel circuito dello sfruttamento in una condizione di vulnerabilità ancora maggiore.

Vietare la prostituzione di strada appare quindi una operazione non solo inefficace, ma controproducente, e molto rischiosa; in quanto indurrà molte prostitute a spostare l’esercizio della professione nelle case, lontane dal controllo delle forze dell’ordine e dall’assistenza delle associazioni di settore; pertanto ancor più alla mercè degli sfruttatori. Lo sfruttamento di esseri umani, poi, non coinvolge solo donne indotte a prostituirsi ma sempre più diffusamente lavoratori che sono sfruttati e costretti a subire angherie tali da essere considerati dei veri e propri schiavi. Minori di ambo i sessi, sfruttati non solo nella prostituzione ma anche in diversi settori del mercato del lavoro (edilizia, agricoltura, manifatture…), nell’accattonaggio (bambini e adulti disabili), in attività illegali (costretti a commettere furti o spacciare sostanze stupefacenti). Sono persone da un lato sfruttate (perché pagate meno, perché funzionali alle domande della nostra società: sesso a pagamento, lavoro a bassissimo costo); dall’altro trattate come “indesiderate”, da allontanare, vissute come “altro da noi”. Proprio partendo dall’esperienza pluriennale di chi lavora sulle tematiche della prostituzione, l’Osservatorio è arrivato a formulare una serie di proposte, di seguito riportate, che se recepite, potrebbero fornire una base di riflessione per il varo di una legge socialmente giusta e fondata sui diritti umani:

• Mantenere i diritti garantiti dalla legge Merlin ed avviare una politica ed un sistema di interventi sociali sulla prostituzione;

• Contrastare il sentimento di insicurezza nei territori in cui si manifesta attraverso tavoli di concertazione e attività di mediazione;

• Intensificare su tutto il territorio nazionale la formazione delle forze dell’ordine e delle altre agenzie sulle leggi esistenti e sugli strumenti/opportunità a disposizione;

• Avviare un Piano Nazionale Anti-tratta e un sistema di Referral nazionale per la protezione delle vittime;

• Realizzare il passaggio da progetti a servizi: bandi pluriennali e aumento delle risorse;

• Prevedere gli opportuni collegamenti del sistema nazionale (sia sul piano sociale che investigativo e giudiziario) con i Paesi d’origine delle vittime di tratta ed anche con altri Paesi di transito e destinazione;

• Promuovere il Numero Verde in aiuto alle vittime di tratta; • Evitare espulsione e carcere alle vittime di grave sfruttamento e tratta; • Favorire il ricongiungimento dei familiari delle vittime di tratta; • Assicurare le speciali tutele dovute per i minori; • Ratificare la Convenzione del Consiglio d’Europa contro la tratta; • Assumere un metodo di lavoro congiunto.

Invece il decreto legge, come analizzato, si è mosso dando risalto al contrasto dell’aspetto visibile del fenomeno prostituzione, piuttosto che affrontare interventi di più ampio respiro. Anche la punibilità del cliente, introdotta dal decreto, pur risultando un intervento senz’altro innovativo e di forte deterrenza, risponde alla medesima logica.

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Il sex business nella società contemporanea

Prof. Luisa Leonini, Università degli Studi di Milano Intervento in occasione del Convegno “Prostituzione e Tratta a 50 anni

dalla legge Merlin e a 10 dall’art. 18 d.lgs. 286/98” (21 novembre 2008)

Il fenomeno della prostituzione di donne straniere provenienti dalle aree povere del mondo è un esempio paradigmatico delle contraddizioni che caratterizzano le relazioni tra società ricche e spostamenti di persone da paesi poveri. La spinta a lasciare il paese d’origine e il bisogno economico trovano nei circuiti illegali del traffico di persone e nell’organizzazione criminale dello sfruttamento una risposta che trasforma spesso volontariamente queste persone in persone soggette a vincoli di schiavitù e di sfruttamento che si pensava appartenessero ad altri periodi storici. L’esistenza, nell’ultimo decennio, di flussi migratori in cui l’elemento trainante del processo migratorio è costituito da donne, come nel caso degli immigrati dall’America latina, rappresenta un importante fattore di novità nel fenomeno migratorio, rivelando un completo ribaltamento delle tradizionali relazioni di genere all’interno del processo migratorio. Le cittadine dei paesi dell’Unione presenti in Italia sono più numerose dei cittadini dell'Unione (68 maschi ogni 100 femmine). Abbastanza netta è la differenza tra le comunità dell’Europa orientale: i flussi dall’Albania e dalla Ex Jugoslavia sono composti soprattutto da maschi, mentre in quelli provenienti da altri paesi le donne sono in linea di massima più del doppio degli uomini32. Accanto ai flussi migratori legali, come ben sappiamo si è costituito un fiorente traffico di immigrati clandestini che arricchisce in modo straordinario le associazioni e i gruppi criminali che organizzano il traffico. Dagli studi internazionali commissionati dall’ONU e dall’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) il traffico di persone umane risulta essere un business sempre più importante e lucroso tra le attività illegali della criminalità organizzata. Esso risulta essere il terzo business internazionale più importante dopo il traffico di droga e di armi (7 miliardi di dollari secondo le stime ONU, 12 miliardi per quelle dell’OIM). Questo mercato clandestino di persone coinvolgerebbe, sempre secondo le stime dell’ONU, circa 4.000.000 di persone (l’OIM parla di un numero di persone ancora superiore) ogni anno, di cui oltre 500.000 nei paesi dell’Unione Europea. L’Interpol valuta in un milione il numero di immigrati ogni anno nei paesi dell’Europa Occidentale. Si tratta quindi di un flusso estremamente grande di persone all’interno del quale quello delle persone da utilizzare sul mercato sessuale costituisce certamente solo una parte, anche se non irrilevante nel caso delle immigrate. La prostituzione nella contemporaneità Quello che fino agli anni settanta era fondamentalmente un mercato locale della prostituzione, rimpinguato negli anni ottanta dalle vittime delle droghe pesanti che utilizzano la prostituzione come un modo rapido e efficacie per procurarsi i soldi per l’acquisto delle sostanze stupefacenti, conosce una nuova fioritura e una decisa espansione negli anni novanta con l’introduzione di giovani, molte addirittura 32 C. Bonifazi, L’immigrazione straniera in Italia, Bologna, 2000, p.150

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giovanissime, donne straniere dall’America Latina, dall’Africa sub Sahariana, dal Sud Est Asiatico, dai Paesi dell’Europa Orientale e dall’Albania. In Italia, secondo il rapporto Censis sullo Sfruttamento sessuale dei minori del luglio 1998, il fenomeno della prostituzione straniera è in crescita con un numero difficilmente definibile, per ovvie ragioni, ma che comunque oscillerebbe tra le 19.000 e le 28.000 unità, di cui 1.800-2.500 minorenni provenienti soprattutto dall’Albania 54%, dalla Nigeria 27% e dalla Moldavia 10% (provenienza delle minorenni accolte in strutture di accoglienza negli anni 1998-99). Secondo Ambrosini33 le prostitute straniere in Italia sarebbero oggi all’incirca 30.000. Vari studi sulla prostituzione di strada in Italia34 indicano in dieci il numero medio di clienti che le prostitute hanno ogni giorno, sette giorni su sette. Da ciò si evince immediatamente non solo la rilevanza sociale del fenomeno ma anche quella economica, soprattutto se si aggiungono gli altri introiti ricavati dalla prostituzione in luoghi chiusi: appartamenti, saune, club, ecc., fenomeno di cui disponiamo poche informazioni ma che risulta essere in crescita soprattutto a partire dall’estate del 2000 nella quale si è assistito, in alcune zone del nostro paese, ad una forte repressione del fenomeno di strada e soprattutto ad una criminalizzazione dei clienti considerati favoreggiatori della prostituzione. La prostituzione in luoghi chiusi è certamente più costosa per i clienti rispetto al rapporto con la prostituta sulla strada dato che essi devono pagare parte dei costi connessi all’utilizzo dei locali dove avviene la consumazione. Il giro di denaro connesso alla prostituzione è dunque certamente assai cospicuo e muove ingenti capitali. Proprio questo fatto induce alcuni paesi poveri ad organizzare l’emigrazione di donne in altri paesi per poter disporre di importanti rimesse che vengono poi investite nel paese d’origine per sviluppare l’economia locale. Il sex business è un’attività economica in crescita nel mondo occidentale e occorre tenere in considerazione che esso non comprende solo la prostituzione ma anche l’industria pornografica, i siti internet, i telefoni erotici, il turismo sessuale e tutto ciò che ha a che vedere con la pedofilia. Per quanto riguarda la prostituzione, le ricerche e le indagini disponibili mettono in luce un fitto sistema di vincoli e ricatti a cui le donne straniere sono costrette non solo per prostituirsi ma per prostituirsi all’interno di un certo sistema organizzato, come segmenti di un’attività imprenditoriale della quale sono altri i principali beneficiari. C’è infatti il debito che le donne contraggono con le organizzazioni criminali che le fanno entrare clandestinamente in Europa e che viene esibito come la ragione che giustifica il loro sfruttamento; in Italia ciò accade soprattutto alle nigeriane, alle quali viene sequestrato il passaporto e gran parte dei proventi connessi alla attività di prostituta, ma anche a molte donne provenienti dai paesi dell’Est Europa. In Giappone la stessa strategia viene utilizzata con donne filippine e tailandesi35. Un secondo tipo di costrizione e di violenza è connessa alle minacce di ritorsione nei confronti dei familiari rimasti in patria, o anche semplicemente al fatto di rendere pubblica, nel paese d’origine delle donne, la professione che esse esercitano nel paese di immigrazione. A ciò si aggiungono, soprattutto nel caso delle ragazze albanesi, le violenze fisiche. Nei casi migliori, e dopo il pagamento del debito, dalle indagini e dalle ricerche risulta che alle ragazze venga lasciato il 50% di quanto guadagnano e con questi soldi devono pagarsi l’alloggio, le cure mediche, il

33 M. Ambrosini, Utili invasori, Milano, 2000, e dello stesso autore, Comprate e vendute, Milano, 2002. 34 S. Bella, Lavorando sulla strada, in Andar di Notte, di L. Leonini, a cura di, Milano, 1998; L.Leonini, Sesso in acquisto, Milano, 1999. 35 F.Carchedi et al., Il lavoro servile e le nuove schiavitù, Milano, 2003; M. Ambrosini, Comprate e vendute, Milano, 2002.

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mantenimento e inviare dei risparmi a casa. Con questo meccanismo è molto difficile che una donna riesca ad affrancarsi da questo sistema di ricatti e a rendersi autonoma. Di fronte all’espansione di un mercato sessuale internazionale che vede una crescente offerta di minori e di donne straniere e un profondo cambiamento delle regole di un mercato precedentemente solo locale, abbiamo assistito in Italia come in altri paesi europei, da un lato alla nascita e alla diffusione di associazioni, sia governative sia di volontariato, che cercano di migliorare le condizioni di vita delle donne e dei minori e, quando è possibile, di sottrarli al marciapiede e al racket; dall’altro alla presentazione di proposte di legge a livello parlamentare, e di sanzioni e regolamenti a livello delle amministrazioni locali, allo scopo di regolamentare o di reprimere, di contenere o abolire un fenomeno di sfruttamento e di riduzione in schiavitù delle donne e dei minori coinvolti in questi traffici 36.

Perché il fenomeno della prostituzione è cambiato Innanzitutto occorre osservare che il fenomeno del sesso a pagamento ha acquisito, a partire dagli anni novanta del secolo scorso, un carattere internazionale ed una dimensione planetaria mai avute in precedenza che sono connessi ad altri processi e cambiamenti messi in atto dalle trasformazioni prodotte dalla globalizzazione dei mercati. Oggi infatti il fenomeno della prostituzione si iscrive nel più generale traffico di esseri umani che è considerato un problema molto serio sia dai governi, sia dalle agenzie e dalle organizzazioni internazionali che si occupano dei temi connessi all’immigrazione. I diversi attori danno definizioni e interpretazioni differenti del traffico. Schematicamente potremmo individuarne tre: quella dei governi, quella delle associazioni non governative di ispirazione femminista abolizionista, e quella di altre organizzazioni non governative a tutela dei lavoratori, dei bambini, dei diritti umani, del diritto d’asilo. Le preoccupazioni dei governi sono prevalentemente connesse ai problemi relativi all’immigrazione clandestina e al ruolo delle organizzazioni criminali nel traffico di esseri umani che mettono in pericolo la sicurezza interna dei paesi. Il problema delle donne e dei minori stranieri indotti a prostituirsi viene analizzato all’interno del problema più generale dell’immigrazione illegale e non come un problema a sè stante. Le associazioni non governative femministe abolizioniste pongono invece il problema del traffico di esseri umani come un obiettivo prioritario di lotta poiché esso è emblematico della crescente globalizzazione dello sfruttamento sessuale delle donne. Per esse traffico di esseri umani e prostituzione sono due problemi in parte coincidenti e la lotta ad uno coincide con la lotta ad entrambi. Le altre organizzazioni non governative che si occupano di immigrazione, inquadrano il problema del traffico di esseri umani all’interno di una problematica più generale relativa ai diritti umani, al diritto d’asilo dei rifugiati, ai diritti dei minori, e alle tutela delle condizioni di lavoro. Fondamentalmente nel discorso sul traffico di esseri umani ci si muove costantemente tra due corni del dilemma: il rispetto dei diritti umani e in particolar modo del diritto d’asilo da un lato, e il controllo dell’immigrazione clandestina dall’altro. Spesso il traffico clandestino di persone umane fiorisce là dove ci sono rigide norme sull’immigrazione e le organizzazioni criminali si arricchiscono proprio in questi contesti. Ciò fa si che il traffico

36 L. Leonini, La globalizzazione dei mercati sessuali, in L’Europa tra società e politica, A. Besussi, L. Leonini a cura di, Milano, 2001.

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illegale di essere umani sia talvolta usato dai governi in modo strumentale e pretestuoso come veicolo per sviluppare approcci più rigidi e severi rispetto all’immigrazione. All’interno di questo discorso più generale sul traffico di esseri umani, il tema della prostituzione si articola in due diverse posizioni: da un lato troviamo la posizione di quelle che vengono definite “femministe abolizioniste” che sostengono che la prostituzione riduce le donne allo stato di merci ed è quindi uno scambio sempre degradante e negativo per le donne. In questo senso non vengono operate distinzioni tra costrizione o scelta delle donne e si argomenta che il tollerare o il regolamentare la prostituzione da parte dello stato significa autorizzare una violazione dei diritti umani relativi alla dignità e all’autonomia sessuale delle persone. In questo senso le misure contro la prostituzione e quelle contro il traffico di esseri umani coincidono nell’obiettivo di ridurre, contenere e possibilmente debellare il fenomeno della prostituzione37. Posizione opposta è quella di altre femministe che analizzano e interpretano il fenomeno del sesso a pagamento come diritto individuale di scegliere cosa fare del proprio corpo e che teorizzano la posizione delle prostitute come “sex workers”. In questa prospettiva il prostituirsi non è di per sé un’attività degradante, ma va considerata come un servizio sociale in tutti i casi in cui è scelto liberamente da adulti. I lavoratori e le lavoratrici del sesso dovrebbero essere tutelati e protetti come gli altri lavoratori presenti nel mercato del lavoro. L’emersione dal sommerso del lavoro delle prostitute costituirebbe anche un importante elemento di contrasto alla criminalità organizzata che controlla la prostituzione e l’ingresso di immigrati clandestini38. Partendo da queste premesse cerchiamo di spiegare perché, secondo noi, sia importante cogliere le trasformazioni e i cambiamenti intervenuti negli ultimi quindici anni nel mercato del sesso. Un nuovo rapporto tra offerta e domanda di sesso a pagamento Tutti gli studi disponibili sui paesi europei ci dicono che dalle strade sono fortemente diminuite le prostitute autoctone che preferiscono lavorare in luoghi chiusi, con l’eccezione delle prostitute tossicodipendenti. Le autoctone che sono sparite dalle strade sono state sostituite ampiamente, anzi possiamo parlare di una sostanziale crescita dell’offerta di prestazioni sessuali, da donne straniere: il problema ha assunto dimensioni particolarmente rilevanti in Italia, nei Paesi Bassi, in Austria, Germania, Spagna, e Grecia e ha raggiunto dimensioni abbastanza considerevoli, anche se molto lontane dai paesi appena citati, in Svezia. Il fenomeno del traffico di esseri umani ha acquisito grande rilevanza soprattutto in Spagna, Grecia e Italia dove l’ingresso illegale di clandestini è più facile. A questo punto occorre fare qualche riflessione su cosa è accaduto all’altro versante del commercio sessuale: quello della domanda. I cambiamenti avvenuti nell’offerta hanno senza dubbio avuto ripercussioni e provocato cambiamenti anche per quanto riguarda i clienti. È ovvio che se non vi fosse domanda di sesso a pagamento anche l’offerta sarebbe

37 J.Raymond, Guide to the New UN Trafficking Protocol, North Amherst, MA 2001. 38 P. Alexander, Feminism, sex workers and human rights, in Whores and Other Feminists., J. Nagel, a cura di, London, 1997; B. Anderson and J. ÒConnell Davidson, The Demand Side of Trafficking : a multi country pilot study, London, 2003.

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ridimensionata. Dalle poche ricerche disponibili sull’argomento il sex business, in tutte le sue componenti, risulta essere un mercato in forte espansione che non conosce crisi. La presenza sul mercato di donne provenienti da altre parti del mondo ha certamente stimolato la domanda di sesso a pagamento, fornendo nuove esperienze e nuove gratificazioni di tipo estetico, aumentando la scelta, riducendo d’altro canto l’aspetto comunicativo verbale (molto spesso le donne non parlano la lingua locale), ma rendendo estremamente rapida e essenziale la contrattazione e lasciando ampio spazio al soddisfacimento delle fantasie e dei desideri dei consumatori. Del resto dalla ricerca che abbiamo effettuato sui clienti delle prostitute, l’elemento fantastico, l’immaginario connesso all’avventura, il godimento estetico/visivo connesso alla scelta dell’oggetto di consumo, risultano essere per la maggior parte dei clienti gli aspetti più gratificanti dell’intero atto di consumo che dura mediamente non più di 15 minuti. I clienti non risultano per nulla interessati alle condizioni di vita delle persone da cui acquistano una prestazione, né sono interessati a loro come persone, non chiedono il nome, la provenienza, l’età. Il rapporto cliente/prostituta si configura come rapporto di consumo, di acquisto di un prodotto, e il fatto che oggi si disponga di una merce più varia non fa che aumentare le possibilità di scelta e di gratificazione. È un consumo narcisistico, autoreferenziale, non è una relazione tra due persone ma l’acquisto di un diritto temporaneo all’utilizzo di parte del corpo di un altro per il proprio godimento secondo regole precisate nella contrattazione. La relativa abbondanza di donne sulle strade italiane, così come di molti altri paesi europei e più in generale del mondo occidentale, ha fatto notevolmente abbassare i prezzi delle prestazioni aprendo il mercato anche a consumatori con scarsi mezzi economici o dando la possibilità di consumare più frequentemente. Clienti sono uomini di ogni classe sociale, istruiti o scarsamente alfabetizzati, sposati o celibi, giovani, di mezza età ma anche anziani. A seconda dell’età cambiano le motivazioni e le modalità con cui si consuma – prevalentemente di gruppo se si è giovani, in solitudine man mano che si va avanti con l’età – e, per ragioni sia relative alla domanda, sia connesse al racket della prostituzione, diminuiscono molto i clienti fissi. Chi controlla il mercato della prostituizione teme infatti che i clienti fissi possano stabilire una relazione significativa con le ragazze con il rischio di farle uscire dal giro; i clienti, d’altro canto, sono soprattutto interessati a cambiare, a fare nuove esperienze estetiche, a provare continuamente nuovi prodotti. La logica del consumo contemporaneo39 e quella del racket convergono per ragioni diverse nell’obiettivo comune di un rapido turnover della merce: le ragazze vengono spostate periodicamente da una zona all’altra, da una provincia o regione ad un’altra. Mi sembra importante sottolineare le differenze del consumo di sesso a pagamento oggi rispetto solo a vent’anni fa quando il mercato era costituito pressoché esclusivamente da donne autoctone con le quali si stabiliva spesso un rapporto di conoscenza, di confidenza, di dialogo. Il cliente fisso, ben si coniuga con questo tipo di offerta di sesso a pagamento, oggi certamente presente in forma minoritaria rispetto a quella della prostituzione di strada costituita prevalentemente da donne straniere. La diffusione di fenomeni quali quello del turismo sessuale, della pornografia in rete, in stampa e in filmati, dei siti erotici, ecc. sono indicatori della diffusione del consumo di sesso al di fuori di relazioni interpersonali sentimentali e affettive nel mondo occidentale contemporaneo, mondo che più di tutti gli altri, garantisce libertà di comportamento, anche sessuale, a uomini e donne. D’altro canto atteggiamenti di questo tipo sono in netta

39 G. Ritzer, La religione dei consumi, Bologna, 2000)

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sintonia con altri aspetti e tendenze culturali delle nostre società dove l’interesse al soddisfacimento dei bisogni e dei desideri individuali e narcisistici è predominante e dove la globalizzazione dei mercati e la flessibilità si estendono anche agli ambiti e alle sfere più private e intime della vita delle persone riducendo ad un rapporto di consumo anche lo scambio sessuale. Lavoro temporaneo, relazioni temporanee, vivere nella dimensione del presente senza impegni o progetti per il futuro, senza interesse per il passato40. L’emancipazione e la conquista di diritti uguali agli uomini da parte delle donne nel mondo occidentale si accompagna, in questi ultimi anni, ad uno sfruttamento delle donne e dei bambini che provengono da altre parti del mondo dove l’uguaglianza di genere non è neppure immaginata e dove inferiorità e subordinazione costituiscono elementi fondamentali della visione del mondo delle donne, dei poveri, dei bambini. Un uso delle donne e dei bambini regolato e controllato prevalentemente da uomini, dove la logica patriarcale di molti paesi del sud del mondo bene si coniuga con l’atteggiamento consumistico delle società del benessere economico. Su queste contraddizioni culturali e economiche fiorisce il mercato sessuale globale che contraddistingue e caratterizza le esperienze contemporanee degli uomini e delle donne e che trova nel sacrificio delle donne, dei bambini e dei poveri del Sud del mondo il materiale umano con cui si alimenta. Una nuova forma di dominio Come è stato più volte messo in luce durante il saggio, non è possibile ignorare che la maggioranza delle prostitute che attualmente lavorano sulle strade dei paesi occidentali proviene da aree caratterizzate da povertà e scarso sviluppo socio-economico. Questo introduce elementi nuovi sia per quanto concerne il rafforzamento della dimensione del “consumo” legato alla prostituzione, sia per le nuove relazioni di dominio che si vengono a profilare tra Occidente e resto del mondo. La prostituta non è più un “membro” della comunità, non rappresenta più la diversità “interna”, colei che tutti conoscono e che occupa una posizione marginale ma precisa all’interno del gruppo, ma diviene un oggetto contemporaneamente esotico, nuovo e continuamente ricambiabile. La prostituta che proviene dai paesi dell’Est o dal Sud-America corrisponde ai canoni di bellezza Occidentale, appaga il gusto estetico oltre che quello sessuale e consente di sperimentare la novità, l’esperienza mai provata ma continuamente desiderata perché conforme a un immaginario collettivo che vuole la donna fisicamente attraente e sempre giovane. La prostituta africana rappresenta nello stereotipo la fantasia di capacità sessuali particolari e richiama il fascino dell’esotico. La “distanza” e la “diversità” della straniera contribuiscono alla sua oggettivazione, la donna diviene semplice oggetto di piacere, possibilità di godere della novità, pura prestazione sessuale da consumare. Questo sempre più diffuso atteggiamento di consumo nei riguardi della prostituzione è sottolineato dal fatto che difficilmente si instaurano rapporti duraturi e continuativi con la medesima prostituta, ma si ricerca continuamente la novità. Le ragazze straniere cambiano frequentemente “piazza”, rimanendo solo brevi periodi nella medesima zona o nella medesima città. Il contenuto di novità introdotto dalle prostitute straniere si esaurisce infatti rapidamente riducendo il numero di clienti. Sempre più il rapporto con la prostituta diviene simile al rapporto che si instaura con i beni di consumo: sono capaci di provocare un desiderio immediato di possesso ma questo desiderio si esaurisce rapidamente con l’esaurirsi della novità.

40 R. Sennet, L’uomo flessibile, Milano, 1999.

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Il fatto che le prostitute di strada siano quasi esclusivamente straniere segnala anche un processo più generale che va al di là della semplice relazione istaurata tra cliente e prostituta per investire responsabilità politiche e culturali più diffuse e generali. La progressiva “occidentalizzazione del mondo” propone un modello di benessere planetario basato su stili di consumo sfrenato e sul sistema di mercato occidentali. Nel tentativo di partecipare a questo modello di vita, una delle possibili risposte delle culture economicamente più deboli è quella di una progressiva deculturizzazione che passa attraverso la valorizzazione di tutto ciò che consente di poter partecipare anche marginalmente a questo stile di vita. Si può così arrivare a un generale processo di prostituzione culturale che vede le persone appartenenti a paesi “economicamente svantaggiati” disponibili ad accettare qualsiasi tipo di lavoro che sia in grado di portare compensi attraverso il soddisfacimento dei desideri delle persone che appartengono ai paesi “più sviluppati”. La prostituzione di strada, in questo scenario, non è che una delle attività marginali o illecite praticabili per poter godere di alcune briciole del benessere occidentale. Il tema della prostituzione viene così immesso in un discorso più generale che richiama le responsabilità occidentali rispetto ai possibili scenari futuri di convivenza planetaria costringendo a rivedere in maniera critica non solo il persistere dello sfruttamento delle donne ma, più in generale, il problema di un nuovo modello di convivenza in un mondo caratterizzato da disparità e dal sistematico sfruttamento delle persone più deboli. Occorrerebbe, in altri termini, ritrovare non solo all’esterno ma anche all’interno dell’Occidente un nucleo duro e irrinunciabile di imperativi capaci di contrastare efficacemente il progredire crescente della mercificazione. Si incontrano qui problemi delicati e impopolari che prima o dopo occorrerà affrontare: dalla vendita del corpo a quella degli organi, delle armi, dell’immagine e della notizia, nulla sembra più resistere alla mercificazione universale. Anche la scienza sembra non riconoscere vincoli al proprio sviluppo, e più di una volta accade di ascoltare discorsi sull’impossibilità di porre un limite al “progresso scientifico” e alla sperimentazione. Il problema dei limiti da imporre allo sviluppo è come un punto imbarazzante nell’ordine del giorno la cui discussione tutti fanno slittare rinviandola ogni volta alla riunione successiva. Il tema della prostituzione viene così inserito in una questione più generale che rimette in discussione i nostri modelli culturali. Anche in questa prospettiva, la prostituzione non è qualcosa che riguarda una parte marginale, deviante o malata della nostra società ma un tema che ci interroga collettivamente, che richiede un’assunzione di responsabilità e la capacità di assumere una distanza critica al riguardo del nostro modo di vivere le relazioni quotidiane più intime e personali ma anche, più in generale, il senso e le implicazioni future dei nostri modelli attuali di vita.

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INTEGRAZIONE

INTRODUZIONE

Il tema dell’integrazione appare la sfida più complessa e forse più controversa nel variegato mondo delle migrazioni. Gli ambiti riconducibili a questa dimensione sono molteplici e in costante evoluzione. Certamente la pubblicazione del documento “Un futuro possibile” da parte della Caritas Italiana ha costituito un passo importante laddove si è tentato di promuovere una riflessione condivisa sull’integrazione dei migranti. E’ stato dunque un primo passo di un cammino che è continuato nel corso di tutto il 2008 e che inevitabilmente continuerà negli anni a venire. La scuola, le seconde generazioni, i minori, l’informazione, l’intercultura sono solo alcuni dei temi oggetto del lavoro portato avanti lo scorso anno. A seguire, dunque, sono presenti i documenti che sono stati presentati nel 2008 nell’ambito delle iniziative di Caritas Italiana sull’immigrazione e che, in qualche modo, sono riconducibili al più ampio tema dell’integrazione.

Sfide e prospettive dell’integrazione

Prof. Laura Zanfrini, Università Cattolica di Milano Intervento in occasione del 32° Convegno nazionale delle Caritas diocesane

Santa Maria degli Angeli, Assisi (PG) – 23-26 giugno 2008 Occorre cambiare l’impostazione tradizionale quando si vogliono studiare dei percorsi di integrazione sociale per gli immigrati, perché in realtà il problema non riguarda gli immigrati. L’integrazione sociale non è un attributo dei singoli, ma una qualità della società: integrata o no, coesa o no, armonica o no. L’attenzione va portata non tanto sulla propensione degli immigrati a integrarsi, ma su quella della società a adempiere alla sua funzione integratrice. Se una società avverte in maniera forte il senso di insicurezza, soprattutto nelle sue componenti più deboli, vuol dire che ha fallito qualcosa nella creazione di un contesto sociale integrato. A livello internazionale il problema dell’integrazione oggi viene sempre più spesso fatto coincidere con quello dell’integrazione degli immigrati o delle minoranze etniche. Questo avviene principalmente per due motivi: anzitutto perché l’immigrazione negli ultimi anni è un fenomeno in crescita, e poi perché attualmente tutte le grandi istituzioni integratrici che hanno accompagnato la società moderna sono in crisi. Ne è un esempio lo Stato sociale: un conto è integrare i nuovi venuti in una fase di aumento della spesa sociale, dei servizi e delle erogazioni (come nell’Italia degli anni Sessanta); un altro è integrarli in un momento in cui lo Stato sociale si contrae, vive una fase di grande sofferenza, offre servizi ridotti, attua forti tagli alla spesa pubblica. Quando la torta si riduce, distribuire quel poco che rimane è problematico. In questa fase un pò tutti i modelli nazionali di integrazione sono rimessi in discussione.

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C’è poi un’altra questione problematica e ricorrente nella storia: all’interno di quella che viene definita dai sociologi «la società dell’incertezza», in cui la gente avverte una forte insicurezza per gli effetti della globalizzazione, dell’instabilità dei mercati e della precarizzazione del lavoro, è più facile che chi venga da fuori sia assunto a capro espiatorio delle difficoltà dello Stato. Come è cambiato il modo di intendere l’integrazione? Agli inizi del Novecento, quando gli italiani sbarcavano negli Usa, avevano un’idea di integrazione sovrapposta a quella di assimilazione alla cultura nuova: l’immigrato che si integrava era colui che faceva propri i valori della società in cui andava a vivere, “dimenticava” le sue origini e la sua lingua per assimilare quelle del Paese di destinazione. Più si acquisivano modi e comportamenti degli autoctoni, più c’era somiglianza con gli autoctoni, anche somaticamente (in Usa si preferivano migranti simili nei tratti agli statunitensi), più facilmente ci si integrava. Passava il messaggio che se l’immigrato mirava subito a conformarsi con il cittadino statunitense, non solo la società americana ne avrebbe tratto vantaggio, ma anche l’immigrato stesso sarebbe stato maggiormente in grado di sfruttare tutte le opportunità che la società offriva. Un tempo, dunque, si pensava che il problema dell’integrazione fosse esclusivamente culturale, basato sulla condivisione degli stessi valori. Tale impostazione è rimasta nella nostra mentalità, però tutti gli studi di questi ultimi anni hanno dimostrato che la dimensione socio-economica è altrettanto importante: oggi l’immigrato può anche pensare di venire e comportarsi come un italiano, ma se i fattori di carattere economico-lavorativo non consentono la realizzazione delle aspettative dell’immigrato, quell’atteggiamento da solo non paga. Dunque si è spostata l’enfasi sui fattori di carattere strutturale, su come i contesti sono meno in grado di consentire la soddisfazione di queste aspettative. Inoltre oggi l’integrazione non è più ritenuta né desiderabile né inevitabile: c’è un maggiore agnosticismo. Ci si interroga se non sia più opportuno che anche gli immigrati mantengano le loro tradizioni, la loro religione, la loro lingua, i loro tratti distintivi. Culturalmente oggi siamo più propensi e abituati a ritenerli portatori di ricchezza ad una società che diventa multietnica. Il processo di integrazione oggi non è più visto dagli studiosi in modo unidirezionale. Non è solo l’immigrato che deve integrarsi nella società: l’integrazione è un processo interattivo, con una forte caratterizzazione di diversità. Anche le differenze etniche sono frutto di questa interazione fra gli immigrati e il Paese di accoglienza: la società italiana non tratta tutti nello stesso modo, varia a seconda delle diverse componenti dell’immigrazione. È diverso anche il modo di vivere l’eticità da parte dei migranti. A volte scattano i meccanismi di eticità reattiva, in cui si esibisce la propria differenza etnica perché si ritiene di subire una discriminazione (esempio delle banlieue francesi, dell’islam reinventato). Queste differenze, dunque, non dipendono solo da questioni naturali, ma anche da come vengono rimescolate. Un altro fattore riguarda la scelta di emigrare, che prima era definitiva. Oggi, invece, mantenere i contatti è molto più semplice, perché tutti gli immigrati hanno un cellulare che gli consente di telefonare a casa spesso, hanno Internet, la televisione satellitare, i loro figli possono permettersi di andare nel Paese di origine almeno per le vacanze. Questo ha delle implicazioni enormi dal punto di vista dei percorsi di integrazione, che vanno dunque ripensati alla radice. Un tempo era impossibile avere la doppia cittadinanza, anche per un’idea molto forte di patriottismo, di fedeltà alla nazione. Oggi il numero di persone con la doppia cittadinanza si è moltiplicato, per i matrimoni misti, per i figli di coppie miste; molti turchi in Germania

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così come molti messicani negli Usa stanno mantenendo la loro cittadinanza pur avendo anche quella del Paese in cui vivono. Questo fenomeno non è causa solo di problemi giuridici consistenti nell’avere persone che votano in due Paesi, che votano in uno e non nell’altro o che non votano in nessuno dei due, ma fa emergere una chiara dichiarazione identitaria, di appartenenza a due Paesi. Pensiamo al caso dei cinesi, per i quali mantenere la doppia cittadinanza può essere funzionale anche per le proprie attività commerciali. Ma un cinese che vive a Milano, non parla italiano ed è un grande imprenditore, lo consideriamo integrato o no? L’idea di integrazione prima era data soprattutto dal reddito, dal livello di istruzione dei propri figli, dalla posizione sociale acquisita. Questo vale ancora nei confronti di persone che magari hanno acquisito velocemente tale posizione ma non parlano la nostra lingua? Le varie dimensioni dell’integrazione si rimescolano molto nell’attuale scenario di transnazionalismo. E quanto detto vale anche per le seconde generazioni. Noi spendiamo per l’Erasmus, ma paradossalmente i più europei sono gli immigrati: le famiglie immigrate hanno molte più connessioni transnazionali di quante ne abbiamo noi, perché hanno parenti in diversi Paesi europei. Oggi la questione migratoria è alla base dell’agenda politica di quasi tutti i Paesi membri dell’Ue. È un paradosso che l’impronta generale sia fortemente restrittiva: vi sono molti controlli delle frontiere, molte barriere all’accesso sul mercato del lavoro, mentre la componente di immigrati cresce per le carenze in diversi settori come quello dell’assistenza alle persone. Un altro controsenso è che l’Europa ha poi emanato diversi atti, documenti, direttive in cui si dice che la discriminazione è vietata e bisogna combatterla, eppure in tutti i Paesi gli immigrati o gli appartenenti alle minoranze etniche sono ancora i più rappresentati sia nella disoccupazione che nella cattiva occupazione. Altra contraddizione tipica dell’Italia e dell’impostazione europea funzionalistica dell’immigrazione è quella orientata ad ammettere gli immigrati solo per rispondere ai bisogni di quei settori del mercato del lavoro in cui gli italiani non vogliono lavorare più, ma che poi afferma che si è tutti uguali nell’accesso al lavoro. Si tratta di un approccio molto popolare, diffuso e affermato come principio di legittimazione delle politiche d’ingresso, ma è pericoloso, soprattutto perché fa rientrare dalla finestra ciò che si è fatto uscire dalla porta, e va in corto circuito con i bisogni e le esigenze delle seconde generazioni, che non vogliono più fare i lavori dei genitori e spesso rischiano di restare disoccupate. C’è poi una certa enfasi sia sulla questione per cui l’Europa dovrebbe migliorare la sua capacità di attrarre materia grigia, diventare una destinazione competitiva con gli Usa e il Canada, sia sul discorso dell’imprenditorialità degli immigrati. Anche questo è un ambito sul quale si potrebbe discutere molto, addirittura si parla di “mercificazione della diversità etnica” nei contesti in cui la diversità etnica diventa un fattore attrattivo per il turismo (Chinatown o Little Italy). Iniziano a comparire alcuni timidi segnali di interesse verso il legame tra migrazioni e politiche di cooperazione allo sviluppo, ma i tentativi non riescono ancora ad andare al di là della retorica. In qualche legislazione iniziano anche ad entrare degli elementi etici. Peraltro, se si confrontano le legislazioni europee con quelle di Singapore o dell’Arabia Saudita, si realizza quanto queste ultime siano società molto disinvolte nell’utilizzare a mò di usa e getta la manodopera immigrata. Per noi c’è sempre una società civile, una magistratura che vigila e interviene anche per il rispetto dei diritti umani.

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Quanto all’Italia, va detto però che, anche con tutte le sue inefficienze, la legislazione nel sistema di ammissione degli immigrati è molto più generosa di diversi sistemi europei: pur in un quadro vincolistico, i quantitativi di persone ammesse sono fra i più alti a livello europeo; c’è stato quindi un ingente flusso di persone, considerando anche la libera circolazione dei neo-europei. Il reclutamento di queste persone avviene però quasi sempre al di fuori delle procedure di legge e, anzi, potremmo dire che la distanza fra la legge e la prassi è il tratto normale delle politiche italiane di governo. Riguardo alla distribuzione per mestieri, ci sono due variabili che influenzano tantissimo le performance lavorative degli immigrati. Una è l’anzianità migratoria: chi sta da più di dieci anni riporta un tasso di disoccupazione bassissimo – anche se il dato a cui mi riferisco riguarda la sola Lombardia, può valere per un discorso più generale –, mentre fra gli ultimi arrivati sono molto alte la disoccupazione e l’occupazione irregolare. L’altra variabile è la condizione giuridica. Gli irregolari non sono quasi mai disoccupati: in tre casi su quattro lavorano in nero, mentre solo nel 14,3 per cento sono regolarmente occupati. Dunque l’economia sommersa, il lavoro nero è il principale fattore di attrazione dell’emigrazione verso l’Italia; tutto il resto viene dopo. L’idea di mercato “parallelo” serve a spiegarci molto dell’atteggiamento verso l’immigrazione sviluppato da una certa fascia della popolazione italiana in questi ultimi tempi. Sappiamo che esiste una questione sicurezza che tende a essere fortemente mediatizzata, a fungere da capro espiatorio, però bisogna mettere nel conto anche cosa sta avvenendo nel mercato del lavoro. Abbiamo avuto un’immissione massiccia di una forza lavoro estremamente vulnerabile e adattabile in un mercato dove da un lato c’è molta economia sommersa e dall’altro una scarsa regolamentazione, tanto è vero che ci troviamo davanti a una quota significativa di immigrazione che lavora in questo mercato parallelo, dove i rapporti d’impiego sono fortemente etnicizzati. Si tratta di lavori “da immigrati” in cui si entra attraverso catene migratorie, organizzazioni che si occupano di immigrati, cooperative, attraverso il caporalato. Le condizioni di lavoro, anche se realizzate in forma legale, sono discriminatorie in quanto gli immigrati hanno una collocazione lavorativa non conforme agli standard degli italiani. Questi fenomeni si stanno diffondendo a macchia d’olio e anche l’atipicizzazione dei rapporti di impiego ha dato il suo contributo. Questo mercato del lavoro è pericoloso per due ragioni: la prima, evidentemente, perché configura dei fenomeni di discriminazione più o meno ammantati di legalità; la seconda perché gli immigrati diventano loro malgrado strumenti di concorrenza sleale, producono quegli effetti di dumping sociale che non sono presenti solo in Italia, ma anche in altri Paesi. Il problema è che in Italia, non si sa perché, chi denuncia questi fenomeni evidenziando un rischio di concorrenza sleale con le fasce più deboli del Paese, viene immediatamente etichettato come razzista, come colui che ce l’ha con gli immigrati. Siamo di fronte a una politica di contrasto dell’immigrazione irregolare che non ha funzionato perché ha agito su obiettivi come il controllo alle frontiere, i Centri di permanenza temporanea, l’imposizione di vincoli ai datori di lavoro. L’unico vero deterrente è il controllo del mercato del lavoro, sicuramente del lavoro nero e poi di tutte queste altre forme parallele. Continuare a cambiare le leggi sull’immigrazione non risolve i problemi. E poi nel nostro Paese abbiamo il paradosso della legge che da una parte stabilisce che per risiedere in Italia devi avere un lavoro e una casa, dall’altra invece afferma che il lavoro e la casa sono diritti di tutti.

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L’ultimo punto riguarda i rischi di un eccesso di “domandismo”. Forse abbiamo sottovalutato tutti i contraccolpi sul mercato del lavoro italiano di questa forte immissione di manovalanza fortemente adattabile, abbiamo sottovalutato il fatto che il fabbisogno di forza lavoro immigrata è in molti casi contingente, riguarda imprese marginali che arrancano, che fanno fatica a stare sul mercato e dunque contraggono il costo della manodopera. Abbiamo sottovalutato la forza autopropulsiva delle migrazioni che funzionano secondo logiche proprie. È ora di mettere in discussione il principio secondo cui la presenza di un datore di lavoro legittimi di per sé uno straniero a entrare o a essere regolarizzato. Questo meccanismo è pericoloso non solo perché tante domande sono fasulle, ma anche perché stiamo lasciando ai datori di lavoro, che a volte sono speculatori, sfruttatori o comunque persone disposte a non osservare le leggi sul lavoro, la facoltà di decidere chi può entrare in Italia e quale sarà la futura composizione della popolazione italiana. Questo compito se lo dovrebbe riprendere lo Stato, magari anche arrivando alla conclusione che le frontiere non debbano essere più chiuse di quello che sono attualmente; però noi di fatto abbiamo in tutti questi anni sostenuto l’idea europea di fortissimo economicismo, che vuol dire fondamentalmente assecondare gli interessi dell’economia – veri o presunti che essi siano – senza prestare abbastanza attenzione a tutti i contraccolpi che questo può determinare non solo sulla società, ma anche sulla stessa economia. Abbiamo detto solo la parte più “severa” delle questioni che ruotano intorno al tema dell’integrazione, ma la ritengo molto importante se abbiamo l’obiettivo di costruire, perché limitarci ad affermare il diritto all’ingresso, alla residenza non crea i presupposti per una società integrata.

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Comunicare in una società interculturale

di Corrado Giustiniani, giornalista de Il Messaggero

Intervento in occasione del Seminario di formazione “Quale società interculturale?”, organizzato da Caritas Italiana e SIMI

Roma, 24-25 settembre 2008 Quando un professionista viene a parlare del suo lavoro e del suo settore, la tentazione di essere corporativi è quasi irresistibile. Assai difficile che un accademico spari a zero sull'Università da cui proviene, che un ortopedico parli male di come vengono fatte le operazioni al femore o all'anca in questa o in quest'altra struttura, che un ricercatore attacchi le metodologie di indagine di quella nota indagine, che un avvocato riveli il livello dell'evasione fiscale del suo comparto, o che un giudice ammetta di avere troppi giorni di vacanza. Semplicemente non si fa, perché non sta bene. Mi rendo conto, quindi, del rischio che corro, analizzando le magagne del mondo dell'informazione e il modo in cui esse inevitabilmente si riflettono anche nel trattare i temi dell'immigrazione nel nostro paese. Ma, prima di mettermi all'opera, mi sono riletto l'articolo 21 della Costituzione: “Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni e censure...”. L'informazione, dunque, è un diritto garantito dalla Costituzione, e la stampa è uno snodo essenziale per il funzionamento della nostra democrazia. Ed è giusto, di conseguenza, denunciarne le cose che non vanno. 1. L'informazione pigra Un virus profondo sembra aver intaccato dalle fondamenta tutto il nostro giornalismo. I quotidiani, che da sempre ne rappresentano la parte più alta e qualificata, si stanno sempre più trasformando in stazioni di confezionamento e impacchettamento di un prodotto che viene cucinato fuori, e che arriva sui tavoli dei giornalisti attraverso lo schermo del computer, in forma di notizie elaborate dalle agenzie di stampa o veicolate da Internet, o di comunicati trasmessi via mail e raccomandati dalle immancabili telefonate di potentati politici ed economici. Tutto ciò che viene prodotto fuori conta tanto, a discapito di tutto ciò che potrebbe nascere e svilupparsi all'interno delle redazioni, a cui non si dà più il tempo di crescere. La nostra funzione si riduce sempre più a prendere dichiarazioni e a stendere interviste. Viviamo sempre più di pareri, insomma, che arrivano da fuori. Un enorme parerificio, uno sconfinato intervistificio. Ci stiamo trasformando in semplici arbitri di incontri di pugilato ripetuti sino alla noia e un pò truccati. Questa è l'informazione del “così è se vi pare”, è il trionfo del “giornalismo derivato”, dell'”informazione di ritorno”. L'informazione de “La scomparsa dei fatti”, se vogliamo dirlo con il titolo di un bel libro di Marco Travaglio. È l'“informazione pigra”, come invece ho preferito ribattezzarla io, in un saggio che mi è stato chiesto dall'Eurispes e che figura nell'ultimo “Rapporto Italia” dell'Istituto di ricerca, presentato nel gennaio 2008. Un'informazione purtroppo complice e rassegnata, che sta cedendo senza dannarsi troppo l'anima le armi che aveva, di ricerca autonoma, di elaborazione e di scrittura della notizia, di presenza diretta sullo stesso campo dove essa

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nasce e fiorisce, di verifica attenta e specializzata sulla sua attendibilità. Tramontano gli inviati speciali, ai quali sempre più spesso viene chiesto, quando arrivano sul posto del servizio, di riportare ciò che l'agenzia ha scritto: <Non sia mai che non l'abbiamo!>. Tramontano i giornalisti specializzati, quelli che metterebbero nei guai, con una loro domanda, un imprenditore o un uomo politico. Costano troppo alle aziende, e metterebbero in imbarazzo i direttori, con le pentole maleodoranti che riuscirebbero a scoperchiare. È sempre più in voga, invece, il giornalista tuttofare, che lavora soprattutto al desk, a titolare e a impaginare articoli che arrivano dall'esterno della redazione, e quando capita, scrive un pò di tutto. È ben comprensibile che, se alza il telefono, prenderà per oro colato quello che gli dice la fonte, che la sa ben più lunga di lui. Sono questi che noi soprannominiamo “i dannati del desk”. A redigere materialmente gli articoli invece, cominciano ad essere già oggi, in numero apprezzabile, giornalisti esterni alla redazione, precari e ricattabili, e sempre più numerosi saranno in futuro. Sì, è in atto un processo di espulsione della funzione di scrittura dall'interno all'esterno delle redazioni. So che vi sto facendo venire la pelle d'oca, ma se non parliamo prima di questo, nulla capiamo del rapporto tra informazione e immigrazione. La verità è che in Italia (ma non solo in Italia) esiste una drammatica questione che investe la qualità dell'informazione, ma nessuno si decide a sollevarla con la forza dovuta. Nemmeno i giornalisti, che pure avrebbero interesse a farlo, visto che il loro contratto è ormai scaduto da 1300 giorni. Se la piazza dà i numeri Vorrei fare un esempio pratico, per farmi capire meglio. Può sembrare banale e invece assume un significato, in qualche modo, paradigmatico. Porto la vostra attenzione sulla giornata di sabato 12 maggio 2007, quando andò in scena il “Family Day”, la marcia organizzata dai movimenti di ispirazione cattolica in difesa della famiglia e contro i “Dico” che il governo di centro sinistra voleva introdurre, concedendo una serie di diritti alle coppie di fatto. L'opposizione di allora, Silvio Berlusconi in testa, era presente con tutti i suoi leader. Ma c’era anche un ministro del governo, il responsabile della Giustizia Clemente Mastella. Il corteo si concluse in piazza San Giovanni e lo speaker della manifestazione, l’ex segretario generale della Cisl Savino Pezzotta, in un crescendo rossiniano, declinò il numero dei partecipanti: 100mila già un paio d’ore prima che la manifestazione abbia inizio, poi 250mila, 500mila, un milione, oltre un milione. Ma Piazza San Giovanni non ha la possibilità materiale di accogliere più di 180mila persone. Perché si arrivi a più di 1 milione di partecipanti, è necessario che vi siano cinque o sei altre piazze San Giovanni gremite, una circostanza chiaramente fuori della realtà. C’è curiosità di vedere come titoleranno i giornali della domenica. Eccola appagata. Il Corriere della Sera: “La piazza del Family day: «Più di un milione»”. In quella cifra messa tra virgolette, il più autorevole quotidiano italiano solleva le proprie responsabilità sulla stima dei partecipanti, appioppandola sulle spalle degli organizzatori. Virgolette o no, ponendola comunque nel titolo, la avvalora. La Repubblica evita la cifra nel titolo vero e proprio che suona così: “Il popolo del Family Day”, e la relega nel sommario sottostante, dove è scritto, tra virgolette e ovviamente in corpo più ridotto, “Siamo più di un milione”. Nell’uso della prima persona plurale è più esplicita che non sul Corriere l’attribuzione agli organizzatori della stima. Niente virgolette su La Stampa, che dunque dà per buona la stima: “Un milione di «Dico mai»”, Il Messaggero usa una formula mista tra Corriere e Repubblica: “Family Day: «Siamo più di un milione»”. Il Giornale è interessato meno degli altri alla cifra complessiva, relegata in un sommario di corpo modesto, e preferisce una

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titolazione ideologica. “Questa è una famiglia”. Come Libero, del resto: “Ha vinto Don Camillo”. Più cauto e realista di tutti Il Sole-24 Ore, “Il Family Day riempie piazza S.Giovanni”. Domanda: il lettore non avrebbe diritto di sapere dal suo giornale quanti erano, con comprensibile approssimazione, i partecipanti alla manifestazione? Che razza di scaricabarile, che prova di impotenza, che trionfo del “così è (se vi pare)” è mai questa attribuzione ai promotori, della dimensione esatta del “Family Day”? Vale la fatica di andare all’edicola e spendere un euro, vale il costo di dispiegare su quella stessa piazza uno, due, tre, quattro cronisti? Non è una faccenda di poco conto, come a prima vista si potrebbe credere, non aver impegnato la propria intelligenza professionale per fornire la stima numerica di una manifestazione: perché sul successo di questa il marketing politico costruisce poi decisioni che hanno effetto sulla vita di tutti i cittadini. La rinuncia a fare giornalismo, che in questo caso avvantaggia cattolici moderati e centro-destra, in tanti altri è stata invece a favore della coalizione avversaria o delle organizzazioni sindacali. Per la manifestazione del 20 ottobre scorso contro il precariato, organizzata stavolta dalla sinistra radicale, i giornali titolavano “Siamo più di un milione”, con lo stesso sistema pilatesco delle virgolette, e invece venne dimostrato, qualche giorno dopo, che non erano più di 150 mila. Ora, calcolare la capienza di una piazza con buona approssimazione è piuttosto agevole. È sufficiente conoscerne la superficie e adottare un indice di affollamento medio. L'ingegner Ferruccio Lombardi, progettista, autore di vari volumi sulle piazze di Roma, già consulente della questura, ha spiegato più volte che Piazza S. Giovanni ha una superficie utile di 40mila metri quadri, per cui, calcolando l’affollamento di 4 persone per metro quadrato, tipico delle manifestazioni più riuscite, può riempirsi di 160mila persone, che diventano 180, persino 200mila se i partecipanti occupano anche le strade intorno. Del resto negli anni Settanta, quelli delle grandi dimostrazioni, raramente si azzardavano cifre superiori: era il tempo in cui un corteo di 100mila metalmeccanici sembrava non finire mai. E, allo stesso modo, Piazza del Popolo non contiene più di 60mila persone, San Pietro per arrivare a 130mila deve impegnare un pezzo di via della Conciliazione; il Circo Massimo, lo spazio più vasto disponibile nella Capitale, tiene al massimo 470mila manifestanti. Vi fornisco queste cifre, perché un giorno possiate rifare i calcoli, a vostro gradimento, per le manifestazioni che vi saranno anche quest'autunno, e confrontarle con le cifre fornite dal vostro quotidiano preferito. Se questo accade per la stima dell'affollamento delle piazze, potete immaginare cosa succeda in circostanze ben più delicate e su tematiche ben più “sensibili”. L'informazione pigra è altamente vulnerabile. Ve lo dimostro, velocemente, con tre esempi. Il primo è datato 1995, a riprova del fatto che il fenomeno non si è determinato all'improvviso, ma ha avuto una lunga incubazione. Nel febbraio di quell'anno, dunque, l'Eurispes giocò un brutto tiro ai giornali inventando un sondaggio finto, realizzato da una società inesistente, che si chiamava Polimedia, su un finto campione di 1500 individui, con un inesistente questionario di 20 domande: ne veniva fuori che Romano Prodi (54,3 per cento dei consensi) rappresentava gli interessi del paese meglio di Berlusconi (42,9 per cento). Tutti i quotidiani caddero nella trappola, finché l'inganno non venne svelato. Il secondo esempio è più recente: la sera del 25 settembre 2007 tutti i telegiornali diedero grande risalto a una notizia struggente: a Cagliari, un pensionato ruba per disperazione un pacco di pasta dagli scaffali di un supermercato e viene scoperto ma perdonato dal titolare, che reagisce dunque in modo un pò diverso, rispetto ai milanesi Fabio e Daniele Cristofoli, che la scorsa settimana hanno ammazzato a bastonate il povero Abdoul detto

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Abba, a quanto pare per un pacchetto di biscotti. Il giorno successivo tutti i quotidiani riprendono la storia (guai a non avere una notizia data la sera prima dai Tg!). Ma Repubblica decide di vincere il torpore e spedisce in Sardegna una giornalista, ad approfondire il caso, Caterina Pasolini. E lei scopre che era tutto inventato, frutto della fantasia sfrenata di un cronista dell'Unione Sarda. Il terzo e ultimo esempio è molto recente. Il 30 agosto 2008 alcuni giornali italiani, e fra questi “La Stampa”, il “Corriere della Sera” e “Il Messaggero” pubblicano con grande evidenza una foto di Sarah Palin, scelta proprio il giorno prima come vice di Mc Cain nella corsa alla Casa Bianca, che fa capolino dalla copertina della rivista Vogue. È un falso, veicolato da Internet. Uno scherzo del “blogger” Ismael Melville Kodiak, che vive in Alaska come la Palin, ma tifa per Obama. Ci cascano i giornali di mezzo mondo, beninteso, non soltanto quelli italiani.

I giornali-fotocopia Se il modo nuovo di realizzare il prodotto, che fa risparmiare soldi e manodopera all'editore, è quello di non spostarsi dalla redazione e utilizzare in gran parte ciò che fuoriesce dal computer, è inevitabile che si realizzeranno dei giornali “fotocopia”, con gli stessi titoli di prima pagina, gli stessi temi trattati, gli stessi approfondimenti. Dovete sapere, del resto, che l'Ansa, che è la più importante agenzia di stampa, ogni sera trasmette una nota per i redattori capo dal nome significativo, “Prima Pagina”, con tre successivi aggiornamenti, alle 17, alle 19 e alle 21: un elenco gerarchicamente numerato delle notizie che è consigliabile mettere in prima. A giudicare dai risultati del giorno dopo, i suggerimenti forniti dall'agenzia sono davvero molto gettonati. Va anche ricordato, peraltro, che l'arrivo del computer ha stimolato una crescita abnorme del flusso delle notizie messe in rete ogni giorno rispetto, ad esempio, agli anni '70: oggi la sola Ansa nell'arco delle 24 ore trasmette qualcosa come 2 mila take. Ma la pigrizia, la paura di sbagliare, la voglia di omologazione, fa sì che i quotidiani non approfittino molto di questa ricchezza, e usino anzi ciambelle di salvataggio per restringere il campo della scelta e fare nello stesso tempo bella figura. La più importante di queste è il cosiddetto “primo piano”. Nella riunione di redazione si sceglie cioè quello che è considerato il tema del giorno, al quale si decide di dedicare una o più pagine del quotidiano in fattura. Anzi, i temi del giorno, perché quasi mai la scelta viene ristretta a uno solo. Ce ne sono due, tre, quattro. Alle volte le prime dieci o quindici pagine del quotidiano sono assorbite dai “primi piani”, con i quali si intende semplificare al lettore l’interpretazione della giornata, dando nel contempo prova di una grande potenza di fuoco e di approfondimento. Intenzione più che lodevole. Soltanto che di fatti e storie così eclatanti, che meritino davvero tanto rilievo, e che stimolino nel lettore altrettanta voglia di lettura, ve ne saranno ad essere ottimisti due o tre nell’arco di un mese. Non cinque o sei in quello delle 24 ore. Il rischio, allora, è semplicemente di abbreviare ulteriormente il tempo di consumo effettivo di un giornale. Il lettore vede il richiamo in prima pagina, affronta dentro il pezzo-guida, in alto a sinistra, dà un’occhiata a quello di spalla, sulla destra, sbircia la tabellina della pagina accanto e poi già non ne può più. Anche perché quel “primo piano” sui tagli della spesa pubblica, che lo sta impegnando, è uno dei trenta sullo stesso tema che gli rifilano nel corso dell'anno. Inoltre, la necessità di montare in poche ore una o due pagine sul tema del giorno, impedisce talvolta di realizzare un prodotto davvero approfondito e originale. Il giornalista grafico disegna un menabò della pagina che garantisca la massima gradevolezza possibile, anche se è difficile non ripetersi. Pezzo, corsivetto, maxi-grafico abbellito da fotografia scontornata a colori e, come verduretta, un

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paio di intervistine di pari lunghezza, spesso con un personaggio “pro” e un altro “contro”. Nei “primi piani” finiscono così talvolta materiali che mai avrebbero avuto la dignità e la forza di un articolo autonomo. Sull’altro piatto della bilancia, questa costruzione elitaria del giornale non di rado espelle, per ragioni di spazio e di carta, tante altre notizie su cui invece sarebbe caduto l’occhio e magari l’attenzione del lettore. In conclusione, nell’era della proliferazione delle notizie, il giornale ne presenta ai lettori una gamma meno ricca che in passato. Ma sono le interviste, come già detto, il vero tratto distintivo dei quotidiani italiani. Nella stragrande maggioranza degli altri paesi, dagli Stati Uniti all’Inghilterra, dalla Germania alla stessa Francia, non è comune che un’intervista appaia su un giornale. Essa rappresenta piuttosto un genere giornalistico proprio della televisione e della radio, o al massimo dei periodici. Non è certo un male che in Italia, invece, le interviste figurino anche sui quotidiani. È questo un tipo di articolo, infatti, che può essere assai gradevole, con l’alternanza delle domande, in neretto, e delle risposte, che consentono al lettore un’appropriazione veloce dei concetti che vi sono espressi. Ma attenzione: un tempo non si abusava di questo strumento. L’intervista era un evento di grande rilievo. Un presidente del Consiglio non ne concedeva che due o tre nel corso di un anno e, quando parlava, era logico che fornisse annunci, notizie e giudizi di grande rilievo e di grande interesse. Figurare fra le testate prescelte era certamente ragione di prestigio. L’intervista comportava un’attenta preparazione e, nove volte su dieci, un incontro diretto fra giornalista e personaggio. Oggi, invece, le interviste sono diventate un’alluvione, dalla quale converrebbe correre ai ripari. I grandi giornali ne presentano sette, otto, anche dieci al giorno. Inoltre, benché le interviste siano una marea, molto spesso esse ruotano attorno allo stesso gruppo di 50 o 60 personaggi della politica, dell’economia, dello spettacolo e dello sport, che se anche fossero dei geni, non potrebbero dire cose originali una volta ogni tre giorni. Uno stesso ministro, per dire, nel corso dell’anno può essere intervistato anche 10 volte dallo stesso giornale. Un apprezzato cronista politico, o economico, o sportivo, è tale anche per la completezza della sua agenda del telefono. Tutto può nascere in un qualsiasi tardo pomeriggio, previo accordo telefonico con il portavoce-capo ufficio stampa del potente di turno, il quale ha il suo bel daffare a dirigere quel traffico di giornalisti, ma ne ricava grande apprezzamento da parte del suo datore di lavoro, che alla visibilità tiene, eccome. E così l’appuntamento, quasi sempre via cellulare, si realizza. Quattro, cinque domande sugli spunti offerti dalla giornata, quindici, venti minuti di telefonata, un’ora o poco più per la stesura dell’articolo e mezza pagina di giornale è a posto. Capita sempre più spesso che siano i giornalisti politici a intervistare, anche quando il tema è ad esempio di carattere economico. Ma il ministro, l’uomo politico, preferisce così. Conosce meglio il suo interlocutore, e poi più facilmente eviterà quesiti troppo pignoli e specialistici. Naturalmente questa è la routine, perché certo non è raro leggere contributi di grandissimo interesse, tali da squarciare la verità su alcuni fatti o suggerirne una geniale interpretazione. L'intervista sta diventando una pericolosa scorciatoia, che consentente ai giornalisti di evitare la lettura di libri, ricerche, rapporti: sai che faccio? Intervisto l'autore, che spiega tutto ai lettori. In questo modo perdiamo competenze, e allentiamo inesorabilmente quel controllo di qualità che dovremmo operare sulla realtà politica, economica e sociale in nome dell'opinione pubblica.

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Rischiamo di perdere la memoria In definitiva, cos’è l’epidemia di interviste se non uno spazio offerto in appalto all’esterno, sottratto all’elaborazione autonoma dei giornali, fuoco pirotecnico di opinioni subìte? Con esse (e, in una certa misura, anche con l’abuso del genere “retroscena”, ormai immiserito dalla sua cadenza quasi quotidiana) i direttori sembrano fare la claque al teatrino della politica. Cerchiamo allora, in conclusione, di elencare sommariamente i singoli corpi che danno poi luogo al reato di informazione pigra, derivata, delocalizzata, etero-diretta, fotocopia, aggiungendo anche altri elementi fino a questo momento non ancora citati. Lo strapotere delle agenzie di stampa del cui prodotto sempre più spesso i redattori si appropriano, magari senza citare la fonte e apponendovi invece la propria firma; la forza degli uffici stampa e la loro moltiplicazione; ancora: l’inflazione delle interviste, che sono, salvo rare eccezioni, nient’altro che un trito “parerificio” con domande ammaestrate; i commenti veri e propri, sempre più affidati a persone esterne al giornale, dai professori ai politici, che di frequente adesso intervengono in forma epistolare; l’inflazione dei sondaggi d’opinione, presi a scatola chiusa, senza esaminarne la validità scientifica; la perdita dei vecchi archivi redazionali e la smobilitazione dei relativi addetti; l’omologazione della raccolta dati nella Dea, l’archivio dell’Ansa; l’altra inflazione dei cosiddetti service, strutture esterne para-giornalistiche, che producono di tutto: dai supplementi ai grafici e agli “infografici” e non di rado cedono lo stesso prodotto a più testate; la scarsa accuratezza con cui si usano le cifre, spesso senza la citazione della fonte; l’esercito di riserva dei precari esterni al giornale, sempre più numeroso e malpagato, cui si delegano sempre di più le funzioni, un tempo centrali, di redazione e invio delle notizie; la fine, salvo poche eccezioni, del giornalismo specializzato; l’importanza abnorme della “carriera di desk”, quella appunto dietro a una scrivania, piuttosto che sui luoghi dove la notizia si genera, e il tramonto della carriera da inviato speciale, senza che nessun’altra figura assimilabile lo sostituisca. Tutto pare montato apposta per ostacolare la riflessione e l’esercizio del ricordare. Il giornalista-confezionatore e fac-totum è l’opposto di quello competente e specializzato. È possibile proporre dall’esterno una notizia o una ricerca e, un paio di mesi dopo la pubblicazione, rilanciarla apportando magari leggerissime modifiche: c’è più di una possibilità che passi lo stesso e torni ad essere pubblicata. Il sistema dell’informazione perde la sua memoria, e questo complica ancor più le cose. In conclusione, volevo darvi tre flash sul contratto dei giornalisti perché c'entra, e molto, con questo discorso, e perché, nonostante 17 giorni di sciopero, non abbiamo avuto la capacità di far capire all'opinione pubblica quale sia la posta in gioco, che non è strettamente economica. Gli editori vogliono tre cose: primo, creare la figura del giornalista multimediale senza limitazioni di sorta: va su un servizio, manda un pezzo scritto, poi l'articolo per Internet, e contemporaneamente ha seguito la conferenza stampa con una telecamerina, e prepara il servizio persino per la tv: secondo voi, questo giornalista-Fregoli può fornire una prestazione qualitativamente elevata? Secondo: gli editori vogliono che i redattori-capo, che sono lavoratori dipendenti a tutti gli effetti, siano licenziabili: secondo voi, rendere licenziabile tutta la catena di comando, rende più liberi o meno liberi i giornali, più autonomi i capi o più ossequiosi degli interessi potenti dei proprietari, che non sono editori puri? Ultimo aspetto: i giornalisti conservano un privilegio, che voi direte corporativo: ogni due anni, hanno un scatto di anzianità, pari al 6 per cento dello stipendio minimo, fino a un totale di 15 scatti. Gli editori sono decisi a smantellare questo sistema. Ma badate bene:

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gli scatti sono l'unico argine che protegge i giornalisti che vogliono continuare ad avere la schiena dritta, che raccontano le cose come le hanno viste, e non come qualcuno vorrebbe imporle. È il sistema che protegge colleghi che difficilmente avranno promozioni e siderali balzi di carriera. Gli scatti, per molti, costituiscono la parte prevalente della retribuzione.

2. Il racconto dell'immigrazione Dopo aver dato questo scossone, vorrei però tranquillizzare un pò l'uditorio. Quello che ho descritto è un trend, che non impedisce che vi siano importanti isole di qualità giornalistica. Un torrente che scorre, e che vorrebbe diventare alluvionale e tutto sommergere, ma che incontra ancora molti sassi, sulla sua strada, che lo costringono a girare intorno. La mia speranza è che quei sassi diventino dighe. Passiamo ora a quello che, con un pò di eufemismo, ho chiamato il racconto dell'immigrazione, così come passa sui mezzi di informazione. Alle volte, più che un racconto, è uno schizzo nervoso e superficiale, influenzato da un'altra piaga che affligge i nostri media, il sensazionalismo, il colorare a tinte forti una storia (e quelle negative piacciono di più) nella speranza che attiri l'opinione pubblica. Mi spiego immediatamente con un esempio, tratto da quello che viene considerato il più autorevole quotidiano italiano, il “Corriere della Sera”. Non, dunque, un foglio fazioso preoccupato soltanto di fomentare gli animi. Domenica 21 settembre 2008, a pagina 13, questo quotidiano riferiva di un sondaggio effettuato da Renato Mannheimer. Titolo: “Pena di morte, a favore un italiano su tre”. Sinceramente, a me questa non pare una notizia sconvolgente. Dimostra, anzi, che nello schieramento di centro-destra, tradizionalmente più attento ai problemi della sicurezza, ci sono molti che non la vorrebbero. Vero che in una precedente rilevazione, datata 2005, il numero dei favorevoli alla condanna a morte era il 26 per cento, contro il 31 di oggi. Ma è proprio questo basso incremento la vera notizia: nell'arco di tre anni, con tutto il carbone che è stato gettato sul fuoco, i fan dell'iniezione letale sono saliti appena di 5 punti percentuali. Capirei se fossero stati la metà, o quasi la metà, o più della metà. Ma così non è. Si è preferito vedere un terzo del bicchiere vuoto, piuttosto che i due terzi pieni. Il vero titolo, infatti, doveva essere: “Il 70 per cento degli italiani è contrario alla pena di morte”. Però poi, con questo titolo, sarebbe crollato tutto l'impianto grafico e giornalistico costruito attorno. E cioè, la consueta intervistina di contorno al sociologo di turno, in questo caso Domenico De Masi, che ha la funzione rituale di spegnere un pò l'incendio artificialmente creato, e di rimettere in qualche modo la palla al centro. Titolo: “De Masi: nel Paese il giustizialismo c'è da sempre”. Si sarebbe poi dovuto buttare la foto del giorno, a metà fra questa pagina e un'altra dedicata alla giustizia, foto che in un suggestivo oblò grafico ritrae Silvio Berlusconi durante la cerimonia di benvenuto al rigassificatore di Rovigo, mentre mette i polsi uno sopra l'altro, come se avesse le manette. Insomma, il dire la verità, avrebbe rovinato un'impaginazione brillante, ancorché di facile e velocissima fattura. Non si può fare. Deve vincere il neo-conformismo delle “pagine passanti”, come vengono chiamate le doppie pagine con foto a colori a metà fra l'una e l'altra, in voga da due o tre anni, quando si è diffusa la tecnologia per stamparle, gettonatissime dalla pubblicità e dedicate, in genere, agli spesso discutibili “primi piani” su cui vi ho già intrattenuto. La notizia positiva fa molta più difficoltà a sfondare. Nello scorso mese di agosto, ad esempio, il quotidiano “Il Sole 24 ore” ha compiuto un autentico scoop, rivelando con alcuni giorni di anticipo i dati i del ministero dell'Interno secondo i quali, nel corso del 2007, l'insieme dei delitti commessi in Italia si è ridotto del 10 per cento rispetto all'anno

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precedente. Regolarmente, poi, è arrivata la conferma del Viminale. Ma la notizia è stata sostanzialmente nascosta dai media: si è pubblicato, quando lo si è fatto, il minimo indispensabile. Non ricordo nemmeno un “primo piano” sul tema. Quando invece nei giorni scorsi il Censis ha comunicato che Roma viene avvertita come la capitale più insicura del mondo, tutti a buttarsi su questo tema, più in linea con il filone consueto dell'informazione pigra e sensazionalista. Eppure sarebbe stato facile trovare notizie che dimostrassero il contrario. Il centro di ricerche Vision, ad esempio, ha rivelato lo scorso anno che per i delitti più gravi, leggi omicidio volontario, Roma è al contrario la capitale più sicura del mondo. Se ne commettono infatti 1,27 ogni 100 mila abitanti, rispetto agli 1,84 di Madrid, ai 2 di Parigi, ai 2,60 di Londra, che dunque per gli omicidi è il doppio più pericolosa della capitale d'Italia, e addirittura 8,65 ogni 100 mila abitanti a New York, città che sarebbe accuratamente da evitare, altro che ombelico del mondo! Ma quanto ad omicidi il ministero dell'Interno aveva già fatto sapere l'anno scorso che anche sul piano nazionale è in atto una riduzione di entità straordinaria. Erano 1916 nel 2000, si sono ridotti a 601 nel 2005, quindi a un terzo appena, nell'arco di sei anni. E il 2005 è stato dichiarato l'anno con meno omicidi dall'inizio del secolo scorso. Ne avete voi questa consapevolezza? Sono certo di no. C'è un clamoroso problema di “insicurezza percepita”, su cui i giornali si guardano bene dal portare la dovuta attenzione, altrimenti dovrebbero autoaccusarsi di essere uno dei veicoli più importanti di trasmissione delle paure. Visto che il tema non può essere del tutto ignorato, lo si affida allora a un commento esterno del sociologo di turno, da Ilvo Diamanti a Giuseppe De Rita. Commento che non scalfisce affatto la linea informativa della paura, che si continuerà tranquillamente a seguire.

Lo stupro durante le elezioni per il sindaco di Roma Sicurezza e insicurezza sono categorie legate saldamente al tema dell'immigrazione, che sembra rappresentare oggi una delle paure più importanti. Il diverso diventa una sorta di capro espiatorio, in un momento di grandi preoccupazioni per un futuro di maggiore povertà e di disoccupazione. E così, una violenza sessuale che si consuma proprio all'antivigilia del ballottaggio per decidere chi sarà il sindaco di Roma, tra Francesco Rutelli e Gianni Alemanno, cade a fagiolo per conquistarsi la ribalta. Precisiamo: ogni anno si consumano in Italia 4.663 violenze sessuali, stando almeno a quelle denunciate. E cioè 13 al giorno. Se volessero registrarle tutte, i giornali dovrebbero inaugurare una pagina degli stupri, a cadenza quotidiana, e agli occhi degli altri paesi appariremmo come un popolo di stupratori, oltre che di pastasciuttari e suonatori di mandolino. In sé e per sé, quello stupro di sabato 19 aprile alla stazione della Storta, non sarebbe stato poi, diciamo la verità, di grande richiamo: figurarsi, una studentessa dalla pelle nera di 31 anni come vittima, originaria del Lesotho, alle prese con un romeno. Roba, lo dico con cinismo, da notizia a una colonna nelle pagine locali, in condizioni di “normalità”. E invece quell'episodio, ovviamente triste e condannabile con tutte le forze, i cui contorni fra l'altro non sono sino ad oggi del tutto chiari, ha guadagnato in molti quotidiani non soltanto la prima pagina, ma addirittura l'apertura di prima: è stato cioè considerato il fatto più importante della giornata. La notizia ha avuto un'eco televisiva vertiginosa, influendo certamente sul voto del giorno dopo. Oggi, a cinque mesi esatti da quello stupro, sono quasi sicuro che diversi direttori di giornale, riguardando indietro la collezione, arrossirebbero davanti al rilievo abnorme che hanno dato a questa notizia. Io, poi, ho un pessimo ricordo di quei giorni. La domenica pomeriggio del 20 aprile, ad urne elettorali aperte per il ballottaggio Rutelli-Alemanno, sono stato invitato da Canale 5

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al popolare programma, farei meglio a dire di tv-spazzatura, “Buona Domenica”, condotto da Paola Perego. Dovresti fornire dati sull'immigrazione, mi era stato chiesto. Entro, e mi trovo in prima fila in una specie di arena da circo, con gente molto rumorosa alle mie spalle, minigonne vertiginose e tanta voglia di farsi scrutare dalle telecamere. Davanti a me, al posto della gabbia per le belve feroci c'è una pedana, dove si affrontano quattro persone, due a favore degli immigrati, e due contro. Hanno dieci secondi a testa per dire le loro ragioni, poi partono gli applausi o i fischi del pubblico. Ricordo che fra gli anti-immigrati c'era donna Assunta Almirante, e il suo intervento fu accolto con un'ovazione e grida ripetute: “Cacciamoli, cacciamoli tutti!”. Dalla parte dei filo-immigrati c'era un'attricetta straniera e un prete, purtroppo non efficace come Don Nozza. Un disastro. Mi utilizzarono come arbitro e io ovviamente ce la misi tutta per sostenere i diritti degli stranieri, che hanno bisogno di noi, come noi di loro. Ma lo ricordo come un incubo. L'Authority ha aperto un procedimento contro quella puntata, per interferenza con le elezioni di quello stesso giorno, ma non so più bene come sia andata a finire, se è finita.

Il vento è cambiato Nel corso degli anni non è stato sempre questo, però, il comportamento del mondo della comunicazione nei confronti dell'immigrazione. Dopo essere stato colto di sorpresa da questo fenomeno epocale, in un'Italia che aveva conosciuto fino agli anni '80 soltanto il processo inverso, quello dell'emigrazione, a poco a poco il sistema dell'informazione aveva iniziato a reagire in positivo alla nuova e sempre più importante realtà, dando un contributo sempre più maturo: Soprattutto nei primi cinque anni del nuovo millennio, sia attraverso il racconto di tante storie esistenziali sfortunate e altrettante storie di successo, sia realizzando articoli e trasmissioni televisive “di servizio” come in gergo diciamo noi (ad esempio per spiegare nei dettagli le procedure necessarie per adempiere alla grande regolarizzazione del 2002), sia garantendo regolarmente una grande quantità di dati sul fenomeno degli stranieri in Italia, dall'aiuto che colf e badanti danno alle nostre famiglie, al prorompere dell'imprenditoria immigrata. Di questi dati, il Dossier statistico della Caritas è stata fonte attendibile e citatissima. Ricordo, ad esempio, che il Dossier del 2005 venne ripreso da ben 11 agenzie di stampa, 10 italiane e una straniera, l'inglese Reuters, da 62 fra quotidiani e settimanali, da 18 siti Internet e 17 fra emittenti radiofoniche e televisive. E sono certo che se aggiornassi ad oggi la rassegna stampa del Dossier, e di tutte le altre ricerche che la Caritas presenta, il riscontro sarebbe egualmente positivo, se non più lusinghiero ancora. Il problema non sono i dati: questi riescono sempre a fare breccia sugli organi d'informazione, magari confusamente, su tabelle e grafici in calce ai quali, per la solita colpevole pigrizia, non si mette nemmeno la fonte. Il guaio è che il quadro è appeso ad una parete sempre più instabile. Le singole storie di vita degli stranieri, che innescavano un processo di immedesimazione capace di ridurre le distanze “fra noi e loro”, sarà forse una mia impressione personalissima, ma trovano oggi meno spazio e continuità di pubblicazione rispetto soltanto a tre anni fa. Vengono normalmente ingigantiti anche i fatti per così dire minori di cronaca nera, quando abbiano gli immigrati per protagonisti. Un caso ricorrente è quello degli ubriachi che fanno danni al volante, causando talvolta delle morti. Se stranieri, il titolo è di corpo più grande, e i responsabili vengono indicati con nome, cognome e nazionalità. Se italiani, se la cavano generalmente con una notizia a una colonna ed è garantita loro una tutela estrema della privacy: il nome, al massimo, è richiamato per sigla. Purtroppo, non si affrontano con la dovuta profondità i veri problemi dell'integrazione, come il mancato rinnovo dei permesso di soggiorno e la mancata erogazione dei nullaosta all'ingresso (soltanto per i flussi 2007,

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ci sono 740 mila domande, ma le pratiche sbrigate, fino ad oggi, sono appena 120 mila, una su sei). Un vero e proprio scandalo, al quale una stampa responsabile dovrebbe dedicare articoli di prima pagina, avviando un processo ai protagonisti del ritardo burocratico e incalzando governo e politici attorno alle misure da prendere per rendere più efficiente il sistema. Quando ha cominciato a cambiare il vento? Secondo me, le prime avvisaglie risalgono addirittura alla metà del 2006, quando al governo c'era Romano Prodi. Vorrei ricordare alcuni fatti di grande impatto mediatico accaduti a catena nell'agosto di quell'anno, perché secondo me rappresentano un autentico punto di svolta. Il 9 agosto, il sindaco di Padova Flavio Zanonato innalza un muro lungo 80 metri e alto tre in via Anelli, dietro un complesso di sei palazzine abitate da immigrati, per controllare meglio gli accessi e difendere la popolazione dallo spaccio di droga. Il giorno successivo Scotland Yard rende noto di avere sventato un nuovo “11 settembre”: i terroristi volevano far saltare dieci aerei partiti dall'Inghilterra e diretti verso cinque città americane. E, amara sorpresa, fra i 23 arrestati molti erano diventati cittadini di Sua Maestà. Davvero un bel viatico, per la riforma Amato della cittadinanza, approvata pochi giorni prima dal Consiglio dei ministri, e che oggi giace impolverata in qualche cassetto della Camera dei Deputati. Il 12 agosto, poi, il delitto che per la sua crudeltà e il suo valore simbolico è destinato a restare impresso a lungo nella nostra memoria collettiva. Una bella ragazza pakistana di vent'anni, Hina Salem, viene sgozzata dal padre Muhammad, e sepolta con la complicità di altri familiari nel giardino di casa a Sarezzo, in provincia di Brescia. Hina ha il torto di ribellarsi a un matrimonio combinatole in Pakistan, di non essere una buona musulmana, di vestirsi, di vivere “da italiana” e di avere anche un fidanzato italiano, Giuseppe. Colmo della sfortuna per Amato, Muhammad, il padre, aveva avviato le pratiche per ottenere la cittadinanza italiana. Di lì a pochi giorni, sempre a Brescia, un insospettabile sacrestano cingalese di 22 anni, che qui da noi aveva preso il nome di Camillo, uccide in chiesa una ragazza italiana, Elena Lonati. Da varie città giungono notizie di stupri compiuti da persone immigrate. Per l'omicidio di un pittore bresciano viene arrestato un maghrebino, mentre bande di microcriminali stranieri terrorizzano i turisti. Il tutto, tenuto insieme dalle consuete immagini degli sbarchi, favoriti dalla buona stagione, e dalle becere dispute politiche che ogni anno, immancabilmente, essi suscitano. E quegli sventurati che entrano attraverso i telegiornali nelle case degli italiani, sembrano venuti tutti, secondo i fomentatori di allarme sociale, a prendersi la nuova cittadinanza promessa da Romano Prodi e Giuliano Amato. Come spesso accade, si fanno due pesi e due misure. Infatti, in un giorno di questo turbolento agosto del 2006, in cui sembrano imperversare i delitti commessi dagli immigrati, un sardo di 28 anni, Francesco Loi, tagliava la testa a uno studente cinese di 17 anni, dandola in pasto agli animali, dopo aver infierito sul suo corpo per circa quattro ore. Il tutto, per giunta, in una Villasimius affollata di turisti. Forse, persino la logica dei “primi piani”, con un pò di fantasia, avrebbe consentito di dare spazio a questo “omicidio controcorrente”. Che, invece, veniva bellamente ignorato da tv e giornali, con la lodevole eccezione de “La Stampa” di Torino, che richiamava la notizia in prima pagina con un magistrale corsivo di Massimo Gramellini, dando una matrice di frenesia collettiva, e non di nazionalità ai delitti di Ferragosto: si è realizzato, spiega il giornalista, un incredibile abbassamento dell'”asticella emotiva” che un essere umano deve oggi scavalcare per arrivare al delitto. Proviamo a immaginare cosa sarebbe successo a parti invertite, col cinese che tronca la testa al sardo. Apriti cielo. Truppe di inviati catapultate in Sardegna, articoli a sette

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colonne con il richiamo in prima pagina, interviste a esperti sugli usi e costumi del Fujan, la regione della Cina dalla quale lo sfortunato giovane proveniva Ma il fatto che proprio in quei mesi il vento dell'informazione abbia cambiato direzione nei confronti degli stranieri in Italia, non ha certo impedito che molti organi di informazione continuassero ad avere atteggiamenti positivi, o semplicemente obiettivi sul fenomeno. E a pubblicare inchieste, testimonianze, storie. La più paradossale, e anche la meno nota, è quella che Giovanni Pluchino ha ricostruito su “La Sicilia” del 2 novembre 2006. Racconta di Mohammed Jelloul, un marocchino da 12 anni a Ragusa, che arriva a svolgere persino il servizio di leva, giurando fedeltà alla Repubblica e che un brutto giorno, dopo un controllo a un posto di blocco, si vede consegnare il decreto di espulsione dal territorio nazionale. Ha 28 anni Jalloul, e a Ragusa aveva frequentato le scuole salesiane, prima di iscriversi all'istituto professionale, per conseguirvi il diploma di tornitore. Ai primi del '98 riceve la cartolina per passare la visita militare al distretto di Catania. Viene dichiarato abile e si presenta al Centro di addestramento reclute di Orvieto dove, dopo 40 giorni, fa il suo giuramento solenne. Poi viene destinato al Reggimento Lancieri di Montebello. È benvoluto da commilitoni e superiori e consegue la patente di guida per i mezzi pesanti militari. A gennaio del 2000 viene congedato, torna a Ragusa, lavora come tornitore, manovale, autista, e presenta in prefettura la domanda per ottenere la cittadinanza italiana: i dieci anni di residenza regolare per poter essere naturalizzato, previsti dalla legge 91 del 1992, scatteranno solo nel 2004, ma che diamine: come può essere negata la cittadinanza a chi ha prestato giuramento di fedeltà alla Patria? Il sospirato pezzo di carta non arriva, ma in compenso una sera la polizia stradale lo trova col permesso scaduto e scatta l'espulsione. Una storia che lascia basiti: come ha fatto il comune di Ragusa a inserire uno straniero nelle liste di leva? E come ha fatto l'esercito, che lo ha avuto alle dipendenze per un anno, a non accorgersi di nulla? Il finale, però, è a tinte rosa: grazie agli articoli di Pluchino, interviene il ministro della Solidarietà sociale del governo Prodi, Paolo Ferrero, a chiedere che il ragazzo resti nel nostro paese e ottenga la cittadinanza. Il prefetto di Ragusa blocca l'espulsione e a Mohamed viene rilasciato un permesso umanitario, che sarà valido fino a che non verrà dichiarato italiano. Questa storia ne richiama alla mente un'altra, accaduta qualche mese prima. Anche qui il protagonista è di origini nordafricane. È un tunisino di 27 anni, Naser Othman. Tunisino si fa per dire: è nato in Sicilia, a Mazara del Vallo, dove è rimasto fino all'età di 12 anni e soltanto delle norme crudeli come quelle previste per i minori dalla già citata legge del 1992 sulla cittadinanza gli impediscono di essere italiano. Per essere naturalizzato, infatti, un bimbo nato nel nostro paese da genitori stranieri deve trascorrere in Italia 18 anni senza interruzione. Un trasferimento di qualche mese all'estero blocca la procedura ed espone il ragazzo a un grave rischio: che, tornato in Italia e divenuto maggiorenne, possa essere dichiarato clandestino. Proprio quello che accade a Naser: segue la sua famiglia all'estero e dopo alcuni anni ritorna in Italia, dove trova un impiego come manovale a Vasto, in Abruzzo. Ma, purtroppo, in nero. Il 2 luglio del 2006 Naser passeggia sul litorale di Casalbordino, vicino a Chieti, quando scorge tre giovani in mare in chiara difficoltà, sospinti vicino a una scogliera artificiale. Il ragazzo non ci pensa due volte: si butta in acqua, li salva. Nemmeno il tempo di ricevere gli applausi dai bagnanti che si accalcano attorno a lui, che il provvedimento di espulsione, avviato in precedenza, si perfeziona davanti al giudice. Un assurdo, che “La Stampa” sottolinea con un grande articolo di prima pagina, mercoledì 30 agosto. Il giorno stesso il ministro dell'Interno Giuliano Amato interviene, blocca l'espulsione e avvia la pratica di cittadinanza.

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L'occasione perduta Ho voluto riproporre in tutti i loro dettagli queste due storie, perché richiamano il tema della cittadinanza da attribuire ai giovani nati in Italia da genitori stranieri o ai minori che da molti anni sono nel nostro paese. È davvero paradossale che ad uno di questi sia capitato di fare il servizio di leva, oggi abolito, senza essere italiano. Qui io non posso nascondere la mia profonda delusione nei confronti del precedente governo di centro-sinistra, totalmente privo di energia riformatrice e di capacità di negoziato con l'opposizione. Non basta approvare un provvedimento in Consiglio dei ministri, bisogna poi battersi giorno dopo giorno perché il Parlamento lo approvi, cosa che non è stata fatta. La riforma Amato, a riassumerla in pillole, prevedeva tre cose: una norma-sbarramento per i matrimoni di comodo, una corsia veloce per i nati in Italia e i minori, e la riduzione da 10 a 5 anni di residenza per la naturalizzazione degli extra comunitari. Ora, che ci voleva a raggiungere su quest'ultimo punto un compromesso a 8 o a 7 anni, purché la riforma passasse? Che senso ha ottenere una legge che sulla carta naturalizza in cinque anni, quando poi la mole delle aumentate richieste comporterà presumibilmente una concreta risposta burocratica dopo altri cinque anni, visto che già oggi, in aggiunta ai dieci anni di residenza obbligata prima di poter presentare la domanda, ne sono richiesti in media altri 3 e mezzo per diventare italiani? Lo dissi pubblicamente in una tavola rotonda al Forum della pubblica amministrazione, al ministro Ferrero. Mi guardò come se fossi un bieco reazionario. E parlava come se il centro-sinistra fosse eterno e avesse una maggioranza in Parlamento del 70 per cento. In quell'occasione, anziché rispondermi, dipinse nell'aria una nuova riforma: il governo, disse, aveva in cantiere una legge sulla libertà religiosa. Risultato: l'Italia, sulla cittadinanza, è regolata ancora dalla famigerata legge 91 del 1992, secondo la quale un bimbo straniero nato nel nostro paese può diventare italiano soltanto dopo 18 anni trascorsi ininterrottamente sul nostro territorio. Io credo che anche adesso vi sia l'occasione per modificare questa norma, e l'ho scritto sul mio giornale e sul mio blog, di cui vi parlerò fra poco, ma non mi pare di essere riuscito a smuovere le acque. In breve: il governo Berlusconi si è impossessato del primo punto della riforma Amato, e cioé lo spostamento da sei mesi a due anni del termine minimo, dopo il matrimonio, perché il coniuge straniero possa presentare domanda di naturalizzazione. La norma è contenuta in un disegno di legge oggi all'attenzione del Parlamento. Ora, perché non tentare un accordo per un emendamento che estenda la cittadinanza ai bimbi stranieri nati in Italia? Era questa, al ritorno dalle ferie e all'inizio di un anno scolastico che vede, secondo le stime più accreditate, ben 640 mila alunni stranieri sui nostri banchi, la vera richiesta da presentare, per un'opposizione che voglia essere costruttiva, cercando di correggere i provvedimenti sbagliati. Non il voto agli immigrati, richiesta destinata oggi a incontrare, purtroppo, un no sicuro e scontato. Mi sembra, sinceramente, che questa opposizione sia fuori del mondo, non stia sulla notizia, per dirla con il gergo dei giornalisti. Sarebbe stato ben più difficile, per il centro-destra, liquidare con un secco “no” una norma in grado di agevolare la vita e di favorire l'integrazione di bimbi che sono nati sul territorio italiano. Ma torniamo, velocemente, al tema di partenza. Le nubi del 2006 sono diventate tuoni nel 2007, con altri delitti che scuotono l'opinione pubblica. In aprile, nella metropolitana della capitale, l'ombrello della ventunenne romena Doina Matei perfora il cranio di Vanessa Russo. Ma il crimine che ancora oggi rimane nella memoria della gente, si verifica nella notte del 30 ottobre, sempre a Roma, quando all'uscita di una stazioncina ferroviaria di Tor di Quinto, un nomade romeno, Romulus Mailat, aggredisce e uccide Giovanna

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Reggiani, moglie di un ufficiale della Marina. L'effetto mediatico di questo delitto è tale che entrano in crisi gli stessi rapporti politici fra Italia e Romania. La destra, ovviamente, specula cinicamente su questi fatti, che la primavera successiva le spianeranno la strada per andare al potere. Il 27 aprile del 2007 avevo intervistato per “Il Messaggero” l'attuale ministro dell'Economia Giulio Tremonti, il quale aveva tra l'altro rivendicato la paternità della legge Bossi-Fini, in quanto derivante da una legge di iniziativa popolare, Berlusconi-Bossi-Fini, di cui lui, Tremonti, si considerava il vero ispiratore. Gli chiesi, come prima domanda, cosa c'era che non andasse nel progetto di riforma Amato-Ferrero, che oggi giace inutilmente in Parlamento. Ascoltate con attenzione la sua testuale risposta, perché contiene l'impostazione ideologica con cui Berlusconi ha riconquistato il governo: <Una legge non è fatta solo di elementi di grammatica, di sintassi, di tecnica. Nel progetto delegato del governo ci sono pure passaggi positivi. Ma fondamentali sono il contesto, i messaggi, la quantità di fenomeni che si intersecano, e certo anche le pulsioni, le paure. La realtà è fatta anche di irrazionale, e la politica deve tenerne conto. La somma politica che deriva da queste norme è nettamente negativa. Ecco perché, se i nostri emendamenti in Parlamento non verranno accolti, ci opporremo fino al referendum>. Ma non c'è stato bisogno di scomodare questo istituto. La Carta di Roma Oggi, inutile nasconderlo, è tutto più difficile per i mezzi di informazione. Intanto, perché è intervenuto quel deterioramento della professione a cui ho dedicato tutta la prima parte di questo intervento, quella despecializzazione, quel graduale processo di espulsione della funzione di ideazione e scrittura dall'interno delle redazioni, quell'informazione pigra, insomma, che tutto aspetta dal computer. Secondo, per le paure diffuse che attraversano la nostra società, fra le quali c'è quella dello straniero. Paura che, bisogna riconoscerlo, non costituisce soltanto una specialità italiana ma, e ampiamente, europea. Terzo, perché è al potere un governo assai forte, che in qualche modo condiziona i direttori delle testate, della carta stampata e soprattutto, televisive e che non fa della difesa dello straniero il suo piatto forte. Quarto, perché l'opposizione è assai debole, e non mette del dibattito spunti e proposte convincenti che i media possano riprendere. Ma sono certo che la partita non sia affatto perduta. In questi cinque mesi sembra che siamo ancora in campagna elettorale: si parla a forza di slogan e di promesse, più che con i dati di fatto, e gli stessi provvedimenti sulla sicurezza sembrano un “can che abbaia non morde”. Dovrà pur venire il tempo in cui i nodi giungono al pettine. Gli stranieri sono una presenza strutturale per la nostra società e per la nostra economia, non si può tornare indietro. E la loro soddisfacente integrazione non può che interessare un paese guidato da un governo conservatore, proprio perché la sicurezza è uno dei valori a cui si ispira. Intanto, però, dobbiamo addestrarci per rendere più corretto il nostro approccio al tema. E a questo mira la cosiddetta “Carta di Roma”, approvata proprio nel luglio 2008 dall'Ordine dei giornalisti e dalla Federazione nazionale della stampa, il nostro sindacato, con il prezioso apporto del Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Si tratta, in pratica, di uno snello Protocollo deontologico, che i giornalisti sono tenuti a rispettare, quando trattino nei loro articoli e nei loro servizi di richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti. La Carta, che ho allegato a questa relazione, fa perno sul “rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati”. Ragion per cui si invitano i giornalisti ad “adottare termini giuridicamente appropriati”, ad “evitare la diffusione di informazioni imprecise, sommarie o distorte” e “comportamenti superficiali e non corretti, che possano suscitare allarmi

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ingiustificati”. Viene allegato un breve glossario, in cui si spiega che cosa si intenda per richiedente asilo, rifugiato, beneficiario di protezione umanitaria, vittima della tratta, migrante o immigrato e migrante irregolare. Ovviamente, la fortuna della “Carta di Roma” sta nella sua capillare diffusione in tutte le redazioni, attraverso gli organismi sindacali di base, o comitati di redazione. Internet In questo intervento che mi avvio a concludere, e della cui lunghezza mi scuso, ho fatto riferimento in modo particolare ai giornali, non solo perché li conosco meglio degli altri mezzi di comunicazione, ma anche perché sono ancora oggi i “media direttori”, come li definisce il filosofo tedesco Jurgen Habermas, cioè gli organi che guidano la gerarchia dei media. Della tv, che pure ha un impatto così massiccio sul pubblico, ho parlato solo di passaggio. E nulla ho detto di Internet, la nuova forma di comunicazione, immediata e democratica, sia per la sua gratuità, sia per i processi di dialogo interattivo che consente. Direi che la rete è naturalmente deputata a trattare temi come l'immigrazione, anche per il numero crescente di stranieri in Italia che vi si connettono. E qui, mi faccio un pò di pubblicità. Sul sito internet del mio giornale, www.ilmessaggero.it, mi è stato affidato, a partire dal 15 novembre scorso, un blog che ho chiamato “I nuovi italiani”: siete caldamente invitati e visitarlo, e, naturalmente, a intervenire. È una creatura che ho fatto nascere e, credetemi, con amore e passione sto cercando di far crescere. Mi sono reso subito reso conto, dai primi post che ho messo in rete (così si chiamano, lo sapete meglio di me, i testi di un blog) dell'atteggiamento ostile di molti italiani nei confronti degli immigrati. Se questo è un test, mi sono detto, pur nella sua imprecisione statistica, allora vuol dire che alle elezioni vincerà la destra. È pur vero che più spesso sono stimolati a intervenire e a commentare, le persone più risentite, quelle che hanno avuto forti esperienze negative, ma il clima l'ho subito intuito bene. È importante garantire una cadenza puntuale e regolare con gli internauti di un blog. Sono arrivato alla conclusione che l'intervallo giusto per far digerire a tutti un post, un mio articolo, insomma, è una settimana. Così, ne ho messi in rete 46 fino ad oggi, e in genere li cambio attorno al martedì. Non mi limito ad aprire il dibattito sul tema, ma cerco di fornire ogni volta notizie e analisi in qualche modo nuove, anche se i miei pezzi raramente sono più lunghi di una cartella e mezza. Ho imparato molte cose: per esempio che il titolo di un post, su Internet, è molto più importante che su un giornale, per attirare lettori. È esaltante vedere come con questo strumento ti metti agevolmente in contatto con internauti che sono, in Romania, in Marocco, in Francia, negli Stati Uniti, persino in Australia. Sono io che leggo i commenti prima di metterli in rete: censuro soltanto quelli che hanno un contenuto razzista. All'inizio non erano tanto infrequenti, poi l'azione educativa ha funzionato, e ora sono diventati piuttosto rari. Ho affrontato una grande quantità di temi, dalla scuola alla cittadinanza, dal numero dei clandestini negli Stati Uniti, al nuovo sistema a punti adottato nel Regno Unito per l'ingresso degli immigrati. Ho aperto un dibattito su quale potrebbe essere, in Italia, l'alternativa migliore al decreto flussi. Ho raccolto spunti di cronaca (uno dei post più letti ha per titolo “La supermulta al barista razzista”) e, più raramente, mi sono cimentato nelle interviste. A Don Ciotti, ad esempio, al quale ho chiesto se l'Italia sia o no razzista. Come ben sapete, un blog è una nicchia, non ha il pubblico di un grande giornale e men che meno della tv. Ma non crediate che “I nuovi italiani” sia un appuntamento per pochi iniziati. Sapete in dieci mesi, e cioè fino al 15 settembre scorso, quante letture ho avuto? Sono dati riservati, ma mi prendo la responsabilità di rivelarveli, anche perché li ho

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conteggiati per voi: 157 mila 054. Adesso avrò agevolmente superato quota 160 mila, perché l'ultimo post che ho messo in rete per una settimana, e cioè “Maestro unico, follia per bimbi italiani e stranieri” ha avuto un grande successo, più di 5 mila letture e un'ottantina di commenti. È importante intervenire e dialogare direttamente anche con chi la pensa in modo diverso. È questo uno degli impegni da prendere, in un momento difficile come quello attuale. E sapete bene che bastano dieci minuti per leggere e dire, brevemente, la vostra. “I nuovi italiani” hanno bisogno della vostra partecipazione, del vostro entusiasmo, della vostra competenza. Ci conto.

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La Carta di Roma

Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti

Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, condividendo le preoccupazioni dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) circa l’informazione concernente rifugiati, richiedenti asilo, vittime della tratta e migranti, richiamandosi ai dettati deontologici presenti nella Carta dei Doveri del giornalista - con particolare riguardo al dovere fondamentale di rispettare la persona e la sua dignità e di non discriminare nessuno per la razza, la religione, il sesso, le condizioni fisiche e mentali e le opinioni politiche - ed ai principi contenuti nelle norme nazionali ed internazionali sul tema; riconfermando la particolare tutela nei confronti dei minori così come stabilito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dai dettati deontologici della Carta di Treviso e del Vademecum aggiuntivo, invitano, in base al criterio deontologico fondamentale ‘del rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati’ contenuto nell’articolo 2 della Legge istitutiva dell’Ordine, i giornalisti italiani a: osservare la massima attenzione nel trattamento delle informazioni concernenti i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta ed i migranti nel territorio della Repubblica Italiana ed altrove e in particolare a: a. Adottare termini giuridicamente appropriati sempre al fine di restituire al lettore ed all’utente la massima aderenza alla realtà dei fatti, evitando l’uso di termini impropri; b. Evitare la diffusione di informazioni imprecise, sommarie o distorte riguardo a richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti. CNOG e FNSI richiamano l’attenzione di tutti i colleghi, e dei responsabili di redazione in particolare, sul danno che può essere arrecato da comportamenti superficiali e non corretti, che possano suscitare allarmi ingiustificati, anche attraverso improprie associazioni di notizie, alle persone oggetto di notizia e servizio; e di riflesso alla credibilità della intera categoria dei giornalisti;

c. Tutelare i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta ed i migranti che scelgono di parlare con i giornalisti, adottando quelle accortezze in merito all’identità ed all’immagine che non consentano l’identificazione della persona, onde evitare di esporla a ritorsioni contro la stessa e i familiari, tanto da parte di autorità del paese di origine, che di entità non statali o di organizzazioni criminali. Inoltre, va tenuto presente che chi proviene da contesti socioculturali diversi, nei quali il ruolo dei mezzi di informazione è limitato e circoscritto, può non conoscere le dinamiche mediatiche e non essere quindi in grado di valutare tutte le conseguenze dell’esposizione attraverso i media;

d. Interpellare, quando ciò sia possibile, esperti ed organizzazioni specializzate in materia, per poter fornire al pubblico l’informazione in un contesto chiaro e completo, che guardi anche alle cause dei fenomeni.

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IMPEGNI DEI TRE SOGGETTI PROMOTORI

i. Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, in collaborazione con i Consigli regionali dell’Ordine, le Associazioni regionali di Stampa e tutti gli altri organismi promotori della Carta, si propongono di inserire le problematiche relative a richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti tra gli argomenti trattati nelle attività di formazione dei giornalisti, dalle scuole di giornalismo ai seminari per i praticanti. Il CNOG e la FNSI si impegnano altresì a promuovere periodicamente seminari di studio sulla rappresentazione di richiedenti asilo, rifugiati, vittime di tratta e migranti nell’informazione, sia stampata che radiofonica e televisiva.

ii. Il CNOG e la FNSI, d’intesa con l’UNHCR, promuovono l’istituzione di un Osservatorio autonomo ed indipendente che, insieme con istituti universitari e di ricerca e con altri possibili soggetti titolari di responsabilità pubbliche e private in materia, monitorizzi periodicamente l’evoluzione del modo di fare informazione su richiedenti asilo, rifugiati, vittime di tratta, migranti e minoranze con lo scopo di:

a) fornire analisi qualitative e quantitative dell’immagine di richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti nei mezzi d’informazione italiani ad enti di ricerca ed istituti universitari italiani ed europei nonché alle agenzie dell’Unione Europea e del Consiglio d’Europa che si occupano di discriminazione, xenofobia ed intolleranza;

b) offrire materiale di riflessione e di confronto ai Consigli regionali dell’Ordine dei Giornalisti, ai responsabili ed agli operatori della comunicazione e dell’informazione ed agli esperti del settore sullo stato delle cose e sulle tendenze in atto. iii. Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e la Federazione Nazionale della Stampa Italiana si adopereranno per l’istituzione di premi speciali dedicati all’informazione sui richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime di tratta ed i migranti, sulla scorta della positiva esperienza rappresentata da analoghe iniziative a livello europeo ed internazionale. Il documento è stato elaborato recependo i suggerimenti dei membri del Comitato scientifico, composto da rappresentanti di: Ministero dell’Interno, Ministero della Solidarietà sociale, UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) / Presidenza del Consiglio – Dipartimento per le Pari Opportunità, Università La Sapienza e Roma III, giornalisti italiani e stranieri.

ALLEGATO: GLOSSARIO

- Un richiedente asilo è colui che è fuori dal proprio paese e presenta, in un altro stato, domanda di asilo per il riconoscimento dello status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, o per ottenere altre forme di protezione internazionale. Fino al momento della decisione finale da parte delle autorità competenti, egli è un richiedente asilo ed ha diritto di soggiorno regolare nel paese di destinazione. Il richiedente asilo non è quindi assimilabile al migrante irregolare, anche se può giungere nel paese d’asilo senza documenti d’identità o in maniera irregolare, attraverso i cosiddetti ‘flussi migratori misti’, composti, cioè, sia da migranti irregolari che da potenziali rifugiati.

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- Un rifugiato è colui al quale è stato riconosciuto lo status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, alla quale l’Italia ha aderito insieme ad altri 143 Paesi. Nell’articolo 1 della Convenzione il rifugiato viene definito come una persona che: ‘temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale od opinioni politiche, si trova fuori del paese di cui ha la cittadinanza, e non può o non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della protezione di tale paese’. Lo status di rifugiato viene riconosciuto a chi può dimostrare una persecuzione individuale.

- Un beneficiario di protezione umanitaria è colui che - pur non rientrando nella definizione di ‘rifugiato’ ai sensi della Convenzione del 1951 poiché non sussiste una persecuzione individuale - necessita comunque di una forma di protezione in quanto, in caso di rimpatrio nel paese di origine, sarebbe in serio pericolo a causa di conflitti armati, violenze generalizzate e/o massicce violazioni dei diritti umani. In base alle direttive europee questo tipo di protezione viene definita ‘sussidiaria’. La maggior parte delle persone che sono riconosciute bisognose di protezione in Italia (oltre l’80% nel 2007) riceve un permesso di soggiorno per motivi umanitari anziché lo status di rifugiato.

- Una vittima della tratta è una persona che, a differenza dei migranti irregolari che si affidano di propria volontà ai trafficanti, non ha mai acconsentito ad essere condotta in un altro paese o, se lo ha fatto, l’aver dato il proprio consenso è stato reso nullo dalle azioni coercitive e/o ingannevoli dei trafficanti o dai maltrattamenti praticati o minacciati ai danni della vittima. Scopo della tratta è ottenere il controllo su di un’altra persona ai fini dello sfruttamento. Per ‘sfruttamento’ s’intendono lo sfruttamento della prostituzione o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, la schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo degli organi.

- Un migrante/immigrato è colui che sceglie di lasciare volontariamente il proprio paese d’origine per cercare un lavoro e migliori condizioni economiche altrove. Contrariamente al rifugiato può far ritorno a casa in condizioni di sicurezza.

- Un migrante irregolare, comunemente definito come ‘clandestino’, è colui che a) ha fatto ingresso eludendo i controlli di frontiera; b) è entrato regolarmente nel paese di destinazione, ad esempio con un visto turistico, e vi è rimasto dopo la scadenza del visto d’ingresso (diventando un cosiddetto ‘overstayer’); o c) non ha lasciato il territorio del paese di destinazione a seguito di un provvedimento di allontanamento.

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L’educazione all’intercultura

Prof. Milena Santerini, Università Cattolica di Milano

Intervento in occasione del Seminario di formazione “Quale società interculturale?”, organizzato da Caritas Italiana e SIMI

Roma, 24-25 settembre 2008 L’intercultura si trova oggi di fronte a un bivio, stretta tra due rischi. Da un lato, il pericolo di considerare la differenza culturale un ostacolo alla convivenza, e nello straniero vedere il nemico, sognando di tornare a una mitica società del passato omogenea quale non è mai stata. D’altro canto, c’è il rischio di banalizzare l’incontro tra culture, che è sempre, come affermava Jacques Dupront, drammatico; si sottolinea allora la effettiva ricchezza dello scambio e del dialogo senza però prepararsi alle difficoltà che possono nascere dalla fatica di uscire - reciprocamente - dalla propria visione delle cose. Tra questi due rischi si colloca l’educazione all’intercultura: essa non è altro che la forma più alta dell’educazione, che motiva a vivere con gli altri e per gli altri, in un’apertura che è insieme capacità di decentramento, comprensione della complessità, empatia verso l’altro, costruzione di progetti comuni. L’intercultura non riguarda quindi solo gli immigrati, ma tende a sostenere la convivenza in una società fragile perché pluralistica. Vivere insieme esige competenze diverse da quelle che venivano in passato richieste a chi si trovava in società monoculturali. Il mondo è divenuto globale e le società sono attraversate dalle differenze culturali, non solo etniche, ma anche di visioni diverse della vita, della morte, della nascita, del lavoro, della politica. L’educazione interculturale prepara a dialogare con diverse culture etiche all’interno del proprio paese, a prepararsi alle diversità delle generazioni, delle classi sociali, delle appartenenze. Intercultura e cittadinanza Il ruolo della scuola e l’importanza dell’educazione interculturale al suo interno è, quindi, evidente. L’educazione e la scuola non possono limitarsi a preparare i membri di uno stato che abbiano tutti la stessa idea, ma devono formare i cittadini pronti a conoscere, confrontare, scambiare i propri punti di vista cercando allo stesso tempo di mantenere la coesione sociale. Si tratta di un progetto di educazione alla cittadinanza centrale per la scuola attuale. La scuola del passato poteva avere un progetto di società “mono” ma ora siamo nel tempo dell’inter, cioè del dialogo e della capacità di vivere insieme attraverso le differenze. Essa era nata per “fare gli italiani” ovvero per garantire l’unità sociale e culturale richiesta dalla giovane e nascente nazione. Tutti gli stati moderni hanno fatto delle politiche scolastiche uno strumento di unità, principalmente linguistica, e della scuola il luogo della trasmissione della memoria collettiva (Bottani 1986, p.90). Questa funzione non è esaurita, e anzi andrebbe rivalutata nel suo valore di coesione sociale e soprattutto di formazione dell’identità: un’identità però non nazionalistica, bensì, come è nella storia italiana, universalistica e aperta al mondo. L’universalismo dell’identità italiana, anche se

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a volte sofferto, è un valore su cui investire; ad esso corrisponde una visione universalistica della scuola, aperta all’integrazione (si pensi ai disabili) e che sempre di più deve investire nell’includere e nel dare a tutti gli strumenti necessari. Parlerei quindi di una educazione alla cittadinanza che oggi non può essere insegnata se non in prospettiva interculturale. E di un’educazione interculturale che ha come obiettivo e tela di fondo rendere tutti, italiani e stranieri, cittadini a pieno titolo, consapevoli di diritti e doveri. Uno sguardo alla scuola I dati (a.s. 2007/2008)

• Alunni con cittadinanza non italiana: poco più di 574.000 unità. • Incidenza sul totale degli alunni: 6,4% • Aumento nel triennio 2004-06 : mediamente di 70mila unità all’anno

Le caratteristiche

Diversità dei paesi di provenienza (191) Distribuzione non omogenea (concentrazione prevalente nel Centro-Nord) Sempre più alunni senza cittadinanza ma nati in Italia (35%, corrispondenti al

2,2% di tutti gli studenti) Emergenza di riconoscimento e problemi simbolico-culturali (velo, feste, crocifisso,

lingua d’origine) Presenza di insuccesso scolastico (42% non in regola con gli studi)

Le resistenze

Politiche scarsamente integrative Percezione dell’immigrato come alunno-problema Meccanismi, fra le scuole, di logica di mercato con conseguente ineguale

distribuzione degli alunni Gerarchia nascosta delle lingue Formazione inadeguata degli insegnanti

Gli orientamenti della scuola: integrazione e intercultura L’Italia ha scelto la piena integrazione di tutti nella scuola e l’educazione interculturale come suo orizzonte culturale (CM 205/ 1990, CM 73/1994, Legge 40/98) Si sta delineando in Italia una scuola delle cittadinanze, europea nel suo orizzonte, radicata nell’identità nazionale, capace di valorizzare le tante identità locali e, nel contempo, di far dialogare la molteplicità delle culture entro una cornice di valori condivisi. (CM 24/2006, Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri) La scuola italiana sceglie di adottare la prospettiva interculturale - ovvero la promozione del dialogo e del confronto tra le culture – per tutti gli alunni e a tutti i livelli: insegnamento, curricoli, didattica, discipline, relazioni, vita della classe. Scegliere l’ottica interculturale significa, quindi, non limitarsi a mere strategie di integrazione degli alunni

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immigrati, né a misure compensatorie di carattere speciale. Si tratta, invece, di assumere la diversità come paradigma dell’identità stessa della scuola nel pluralismo, come occasione per aprire l’intero sistema a tutte le differenze (di provenienza, genere, livello sociale, storia scolastica). (Documento dell’Osservatorio per l’integrazione MPI, La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri, ottobre 2007) Questi documenti ministeriali sottolineano che la dimensione interculturale è una prospettiva (non un contenuto), attraverso cui trasformare la scuola stessa e non una misura speciale per alcuni. È importante quindi considerare distinte e complementari le due dimensioni della integrazione e dell’intercultura. La prima dimensione è diretta a integrare gli immigrati, garantendo una uguaglianza di opportunità con gli alunni italiani, fornire l’insegnamento dell’Italiano L2, provvedere a migliorare il loro rendimento scolastico La seconda dimensione riguarda la qualità interculturale della scuola ed è diretta a tutti gli alunni-studenti. Il primo obiettivo sarebbe limitato se rivolto solo ad un rapido e pieno inserimento dei bambini e dei ragazzi stranieri, soprattutto se non italofoni, attraverso attività di tipo compensativo e di recupero. Questa prospettiva di integrazione corre il rischio di considerare solo l’obiettivo dell’adattamento e dell’assimilazione degli alunni al sistema scuola, la trasmissione degli apprendimenti necessari e il raggiungimento di un livello adeguato di rendimento: insomma lavorare per il rapido assorbimento degli “stranieri” nel sistema scuola del paese, per farli adattare il più velocemente possibile al profilo del buon alunno che non intralcia i lavori. Il problema non è concentrare l’attenzione sugli alunni-problema, ma integrare questo sforzo in un più ampio programma di educazione interculturale, coinvolgente tutta la classe. L’obiettivo di integrare, quindi, va visto in sinergia col secondo, e cioè le azioni interculturali (miglioramento delle relazioni, prospettiva interculturale nelle discipline, attività contro le discriminazioni, qualificazione dei rapporti con le famiglie, conservazione della lingua di origine). Tale approccio interculturale è fondato su una concezione dinamica della cultura, espressa soprattutto nell’ambito delle relazioni tra l’insegnante e gli alunni e tra gli alunni stessi. Porterebbe fuori strada infatti pensare che l’intercultura sia “conoscere le culture” considerate in modo statico. Questo equivoco è nato dalle caratteristiche di molte azioni cosiddette “interculturali” diffuse finora nelle scuole, che hanno accentuato la dimensione culturalista nella relazione coi ragazzi immigrati, ricorrendo a visioni stereotipate e folkloriche della cultura d’origine, spesso “sovrapposta” più che vissuta dagli alunni, soprattutto se da vario tempo in Italia. In passato, da parte di molti insegnanti è stata assunta una concezione culturalista, che tende a confrontarsi con le “culture d’origine” in quanto tali, e che rischia di assolutizzare l’appartenenza etnica degli alunni, predeterminando i loro comportamenti e le loro scelte, in realtà etichettandoli come stranieri. Una concezione personalista della cultura, invece, valorizza le persone nella loro singolarità e nel modo irripetibile con cui vivono gli aspetti identitari, l’appartenenza, il percorso migratorio, senza creare “gabbie etnico/etno culturali”. Queste dinamiche permettono anche di affrontare i problemi del pregiudizio e dei comportamenti di tipo razzista senza tacerli o sottovalutarli; l'educazione antirazzista può essere considerata uno degli obiettivi all'interno dell'intercultura, anche se non coincide interamente con essa. In questo ambito devono essere comprese anche tutte le strategie specifiche attraverso cui oggi si costruisce l’alterità, miranti a contrastare antisemitismo, islamofobia, antigitanismo. Respingere il razzismo significa, dunque, contrastare la

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costruzione dell’altro come nemico (lo straniero, lo zingaro, l’ebreo, il musulmano) e una visione essenzializzata e stereotipata di esso. La qualità dell’intercultura Come si è detto, la nuova intercultura si colloca nella prospettiva di rendere tutti cittadini superando la pura esaltazione della differenza; investe la scuola nel suo complesso, senza limitarsi a misure speciali di integrazione. Possiamo delineare alcuni criteri di qualità di un’educazione interculturale rinnovata:

- Continuità nell’insegnamento Italiano L2 e didattica “ordinaria” L’insegnamento dell’Italiano L2 resta uno dei punti-base dell’integrazione, su cui tendono a concentrarsi i progetti delle scuole. In un certo senso, la percezione dell’insegnante resta ancorata all’idea di una “emergenza linguistica” da tamponare rapidamente per poter permettere all’alunno di seguire il passo degli altri. Se, indubbiamente, l’insegnamento dell’Italiano L2 resta uno dei capisaldi dell’integrazione, occorre sempre di più pensare la qualità dei progetti alla luce di occasioni formative differenziate supplementari, ma non speciali (laboratori linguistici, presenza di facilitatori e mediatori culturali) integrando questo sforzo in un più ampio programma di educazione interculturale, coinvolgente tutta la classe, impostata secondo la logica della pluralità. In questo senso, l’insegnamento della L2 dovrebbe uscire dall’impostazione episodica, per acquisire la logica del percorso disciplinare vero e proprio, strutturato e stabile nel tempo. - Responsabilità e condivisione nelle scelte relative alla distribuzione degli alunni Nelle zone di alta presenza di famiglie straniere, gli alunni sono concentrati in alcune scuole (alcune tendono a “dirottarli”), o all’interno dei plessi in una sede, o in alcune classi. Le famiglie italiane tendono a evitare le “scuole degli stranieri” tanto da dover fronteggiare il fenomeno della differenza tra “scuole forti” e “scuole deboli”. In queste ultime vi è la tendenza a rendere più indulgenti le valutazioni, con la conseguente amplificazione delle disuguaglianze. Un progetto di accoglienza deve quindi tener presente queste dinamiche, affrontando la problematica della distribuzione non tanto in un’ottica compensativa, quanto di valorizzazione delle risorse esistenti. Le esperienze più innovative realizzate in Italia prevedono di stabilire protocolli di accoglienza e inserimento a livello territoriale mediante patti tra scuole e Enti locali, convogliare risorse aggiuntive alle scuole con maggiori necessità, porre attenzione alla distribuzione nelle classi, realizzare il coinvolgimento dei genitori italiani. - Sviluppare il plurilinguismo La scuola italiana è attualmente plurilingue, sia in quanto prevede l’insegnamento di lingue comunitarie, sia per la presenza del plurilinguismo degli alunni immigrati. La diffusione di quest’ultimo è un’opportunità per tutti, qualificante i progetti interculturali, che trova la sua ragione anzi tutto nei diritti della persona, in particolare attraverso il mantenimento della Lingua e Cultura d’origine (LCO). Il plurilinguismo valorizza, inoltre, il Piano di Offerta Formativa delle scuole, poiché evidenzia il rapporto stretto esistente tra lingua e cultura, contribuendo ad arricchire ed aprire gli orizzonti mentali e culturali degli alunni; inoltre rende coscienti dell’esistenza di altre modalità di comunicazione , aumentando la capacità di decentramento e sviluppo cognitivo di tutti gli alunni. L’insegnamento della lingua

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d’origine, tuttavia, trova notevoli ostacoli di realizzazione a causa soprattutto dell’elevato numero di gruppi linguistici presenti nelle scuole italiane (circa 60) e delle difficoltà nell’inserire l’insegnamento all’interno del curricolo e del calendario scolastico. - Rilettura dei saperi in chiave interculturale Non esistono oggetti intrinsecamente interculturali, ma ogni argomento o dato può essere visto in una prospettiva interculturale. L’approccio alle discipline scolastiche (storia, letteratura, geografia, scienze etc.) deve essere quindi rivisto in senso interculturale, per rendere consapevoli gli alunni degli apporti e degli intrecci delle diverse culture allo sviluppo umano. Tutte le discipline possono offrire la possibilità di un’integrazione sia nei contenuti (diritti umani, fenomeno delle migrazioni) sia del potenziale critico. In particolare, la prospettiva interculturale può essere collocata all’interno di una nuova “Educazione alla cittadinanza” in senso attivo, sia nelle forme previste dal vigente curricolo, sia negli spazi offerti all’autonomia delle scuole per elaborare una coesione sociale messa alla prova dalle differenze. - Prestare attenzione ad una comunicazione efficace scuola-famiglia Spesso le famiglie immigrate sono destinatarie di informazioni e sollecitazioni volte a favorire l’adattamento alla istituzione scuola, superando gli ostacoli posti dalle differenze culturali e dai problemi di comunicazione; in realtà, le famiglie possono essere spinte anche a divenire protagoniste di una comunicazione scuola-famiglia centrata sulla personalità dell’alunno, i suoi atteggiamenti e la sua storia, superando il mero rapporto basato sul rendimento scolastico. In questo senso va anche la promozione della partecipazione delle famiglie immigrate, spesso ostacolata da mancanza di tempo e di strumenti culturali. La scuola accogliente può creare nuove modalità di incontro con le famiglie, di tipo flessibile, centrate sullo scambio educativo e non solo sulla comunicazione mono-direzionale. - Affrontare a livello di istituto le problematiche di discriminazione e razzismo Stereotipi, pregiudizi, forme di etnocentrismo possono fare da elemento scatenante della xenofobia o del vero e proprio razzismo, nelle sue varie forme e livelli (da quello scientifico a quello non teorizzato ma ugualmente pericoloso). La scuola, anziché tacere o sottovalutare questi fenomeni, deve considerare l'educazione antirazzista come uno degli obiettivi all'interno dell'intercultura, anche se non coincide interamente con essa. Un progetto di educazione interculturale che abbia tra gli obiettivi la prevenzione delle discriminazioni e la promozione della comprensione reciproca deve tendere a svilupparsi su due dimensioni complementari: da un lato ampliare il campo cognitivo, fornire informazioni, promuovendo la capacità di decentramento, con l’obiettivo di mostrare la varietà di punti di vista da cui osservare una situazione, organizzandone lo scambio; dall’altro agire anche sul piano affettivo e relazionale, attraverso il contatto, la condivisione di esperienze, il lavoro per scopi comuni, la cooperazione. La scelta delle strategie dovrà soprattutto essere fatta nel senso della "convergenza", mirando cioè maggiormente alla ricerca dell'inclusione, di ciò che unisce. Conclusioni L’educazione interculturale, come si è visto, è una dimensione della cittadinanza che riguarda tutto l’insegnamento. In questo senso, richiede uno spazio specifico e una

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valutazione ma, allo stesso tempo, deve attraversare trasversalmente le discipline e il tempo scolastico. Non si può fare dell’intercultura, come della cittadinanza, un mero contenuto di conoscenza, perché essa è principalmente uno sguardo sulla diversità e sulla complessità, un’apertura all’altro e un’assunzione di responsabilità insieme all’impegno morale di costruire la convivenza. Tutto questo non si insegna con i libri di testo, ma attraverso una didattica dell’apprendimento cooperativo anziché della competizione, attraverso gli scambi e le esperienze interculturali, lo sguardo critico sui propri pregiudizi e la pratica del confronto. L’interculturalità come cambiamento nelle relazioni, infine, riguarda soprattutto l’insegnante: l"effetto specchio" induce il docente a confrontarsi e a criticarsi, svelando rigidità e stereotipi del proprio modo di pensare, aprendo nuove possibilità di comprensione. Si tratta di rendere la formazione degli insegnanti adeguata a queste nuove sfide, contribuendo a rendere i docenti “sensibili alle culture”. Ciò significa una formazione critica e riflessiva anziché prevalentemente conoscitiva o di tipo informativo-culturale.

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Seconde generazioni: stranieri in casa propria

Paula Baudet Vivanco, giornalista e rappresentante della rete G2 Intervento in occasione Coordinamento Nazionale Immigrazione di Caritas

Italiana, Roma, 14 febbraio 2008

La “generazione del sacrificio”, è così che alcuni studiosi chiamano i figli dell’immigrazione: una realtà che deve misurarsi fino in fondo con gli alti costi del percorso migratorio familiare e allo stesso tempo vivere in società che spesso faticano a percepire le seconde generazioni dell’immigrazione come figli propri. È successo ai discendenti italiani in giro per il mondo (oltre 28 milioni di espatri in 150 anni) e accade oggi in Italia ai figli di asiatici, latinoamericani, africani e altri europei che sono arrivati nel Paese mediterraneo alla ricerca di miglior fortuna. Proprio in Italia ci si interroga sempre più sul presente e futuro dei cittadini che l’hanno scelta come Paese dove proseguire le proprie vite e anche sulla realtà dei loro discendenti. Un interesse particolare si registra negli ultimi anni proprio nei confronti dei figli degli immigrati perché secondo gli esperti è su di loro che si valutano capacità e maturità dei modelli inclusivi delle società. Nella scuola gli alunni con cittadinanza non italiana hanno superato la quota dei 500mila, secondo i dati forniti dal Ministero della Pubblica Istruzione per l’inizio dell’anno scolastico 2007-2008. Una realtà che cresce di anno in anno di 60-70mila nuovi iscritti diventando una presenza che ha portato la scuola a sperimentare speciali percorsi di inserimento per bambini e adolescenti, a cominciare dall’insegnamento della lingua italiana per chi arriva attraverso ricongiungimento familiare. E corsi rivolti a tutti gli studenti con materie che tengano conto della nuova composizione della società, dalla storia delle religioni a riflessioni antirazziste. In alcuni casi si è arrivati anche a proporre, e a volte a realizzare, scuole private per specifici gruppi linguistici o religiosi, secondo le richieste dei genitori stranieri. Visto un tale boom di iscritti, che in realtà non è più una novità ma una costante di alcuni anni, nell’immaginario italiano i figli degli immigrati sono soprattutto relegati ai banchi di scuola. Frequenti sono i servizi in televisione o della stampa che si soffermano sulla ricchezza di volti e culture della scuola di oggi, con una rappresentazione continua di giovanissimi “nuovi compagni di classe”, “bellissimi bambini dei colori dell’arcobaleno”. Così ne parlano i media restituendo un’immagine ingannevole visto che in realtà negli ultimi anni le scuole hanno parlato di boom soprattutto per le scuole superiori. Un esercito di adolescenti che sembrano quasi sparire miracolosamente una volta iniziato il difficile percorso verso l’età adulta, raggiungendo il coronamento dell’invisibilità quando escono dalle scuole dell’obbligo e diventano meno “carini” e più simili, per tratti somatici ed età, alla generazione dei loro genitori. Sempre che non compiano qualche reato perché allora potrà essere riservata loro la prima pagina per incarnare i primi segnali del fantasma delle banlieues, le periferie parigine. È chiaro che i bambini non restano magicamente cristallizzati dentro le scuole. Tocca anche a loro crescere, prima o poi, realizzando questo miracolo all’interno di diversi contesti. A cominciare dalle famiglie di origine, dove le seconde generazioni trascorrono una parte importante delle loro vite.

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Chiamati spesso anche ad assumersi responsabilità particolari, a cominciare dal ruolo di mediazione linguistica e culturale nell’avvicinamento di padri e madri alla realtà italiana, soprattutto nel caso dei ragazzi nati in Italia o arrivati nel Paese fin dalla scuola primaria. Ed è sempre all’interno delle famiglie di origine che maturano i dissapori generazionali tipici tra genitori e figli con formazione, percorso e idee diverse. Normali conflitti di crescita di padri e prole, che però, nella maggioranza dei casi, non sfiorano guerra e tragedia, non diventano sacrificio della vita, non finiscono nelle pagine dei giornali. La fine della giovane Hina Saleem, la figlia di pachistani del Bresciano uccisa atrocemente nell’estate del 2006 e sepolta dal padre e da altri parenti, rappresenta finora un caso drammatico e terribile, ma finora isolato. In realtà nell’avvicinarsi ai figli dell’immigrazione in Italia viene oggi da parlare, più che di generazione del sacrificio, di generazione invisibile. A parte la ribalta delle cronache, assicurata dai media a larga diffusione ai bambini delle scuole multietniche o alle indicibili tragedie familiari, restano spesso sommersi nel buio del disinteresse i percorsi di protagonismo che i giovani figli di stranieri stanno mettendo in atto. Percorsi realizzati nonostante le difficoltà incontrate o, sarebbe meglio dire, a partire proprio da quelle difficoltà. Di cui poco si parla perché ritenute normale sacrificio, pane quotidiano, per gli immigrati che arrivano in cerca di un futuro migliore ma che ai figli dell’immigrazione finiscono per stare molto “strette”. Sono infatti molto mal sopportati dalle seconde generazioni tutti quei documenti, prove, file, sguardi, esclusioni, che ne fanno degli “stranieri in casa propria”. Soprattutto vengono assaliti dall’amarezza i ragazzi e ragazze che restano senza passaporto italiano una volta raggiunta la maggiore età. Perché è al superamento di quel traguardo che comincia il gioco più duro: le seconde generazioni si rendono conto più che mai di non essere considerati alla pari dei loro coetanei di nazionalità italiana. Questo vale sia per chi è nato in Italia e non riesce ad ottenere la cittadinanza italiana, anche perché non è automatica ma bisogna richiederla e rispettare determinati requisiti; sia per chi in Italia non è nato e potrà riceverla solo attraverso lo stesso percorso dei genitori. Con il rischio molto alto di non ottenerla a causa di un reddito troppo basso, come è già successo, ad esempio, ad alcuni figli di immigrati. E così ereditano dai genitori la “maledizione di famiglia”: un permesso di soggiorno nuovo e fiammante tutto per sé, le impronte digitali, le file al commissariato, l’impossibilità di votare, l’incubo della clandestinità se il permesso scade e si resta senza lavoro. Questo mentre tutti gli altri festeggiano i 18 anni come una liberazione, l’ingresso nella vita da vero cittadino, dal diritto di voto alla libera circolazione lontano dalle “grinfie” dei genitori. Per chi poi ottiene la cittadinanza resta da colmare lo scarto di avere finalmente sì i documenti che attestano l’appartenenza alla casa dove si è cresciuti ma allo stesso tempo si vive ancora sulla pelle il fatto di sentirsi trattare ancora da straniero, perché si hanno tratti somatici diversi da quelli tipici del Paese. Come se fossero cittadini del futuro catapultati da un momento all’altro in una dimensione passata dove nessuno ne riconosce il volto. Per gli italiani di origine straniera, figli di immigrati, una simile condizione è il pane quotidiano e solo chi è cresciuto con loro, dai banchi di scuola alle tipiche esperienze di vita verso l’età adulta e la maturità, riesce invece a riconoscerne la “normalità”. Un esempio del protagonismo della nuova generazione di fronte agli ostacoli è rappresentato dalla rete “G2 – Seconde Generazioni”, nome che alcuni figli e figlie di immigrati, nati in Italia o arrivati qui da minorenni, hanno scelto per definirsi proponendo un’aggregazione su base generazionale e transnazionale. Si tratta di un network di “cittadini del mondo”, originari di Asia, Africa, Europa e Americhe (tra loro figli di filippini,

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cinesi, marocchini, senegalesi, peruviani, etiopi, iraniani, libici, cingalesi, egiziani, messicani, eritrei, albanesi), che hanno deciso di lavorare insieme su due punti fondamentali: le difficoltà di accesso alla cittadinanza italiana da parte della seconde generazioni senza passaporto italiano, e la loro identità come incontro di più culture. G2 nasce a Roma nel 2005 e oggi ne fanno parte anche seconde generazioni di altre città italiane (Milano, Prato, Genova, Mantova, Arezzo, Padova, Imola, Bologna, Bergamo e Ferrara). Nel 2006 G2 ha creato un blog in rete a più voci, un forum di discussione che conta con 260 iscritti e due video. Storie di giovani dai 17 ai 34 anni che non vogliono essere considerati un problema ma che, piuttosto, pensano che il sistema italiano abbia un problema con loro, una sorta di miopia che rischia di diventare congenita. Sostengono di non voler restare ai margini e di essere i protagonisti di cambiamento, una nuova generazione dalle diverse origini e con una casa da condividere. Per questo vogliono dare una mano perché l’Italia apra meglio gli occhi su un mondo che, per loro, già esiste e che richiede passi importanti. Sono rappresentanti di una realtà in crescita che chiede un percorso di accesso alla cittadinanza specifico per le seconde generazioni, più semplice di quello riservato ai padri. Sostengono che l’attuale normativa li rende invisibili, dissolvendoli nel grande mare dell’immigrazione. Pensano che la loro formazione, cultura, sogni e aspirazioni non siano identici a quelli dei loro genitori e non vogliono restare legati a vita a permessi di soggiorno che, secondo loro, ne limitano la partecipazione ad una società alla quale dichiarano di appartenere al pari dei loro coetanei. Tra il 2006 e il 2007 la loro voce ha trovato ascolto presso le istituzioni nazionali che hanno invitato G2 a entrare a far parte della Consulta dell’“Osservatorio per l’integrazione degli alunni stranieri e l’educazione interculturale” presso il ministero della Pubblica istruzione e della Consulta del ministero della Solidarietà sociale “per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie”. Altro esempio di partecipazione è l’esperienza di un gruppo di seconde generazioni, coinvolte sulla base di una comune origine nazionale, che ha creato uno dei più frequentati siti su internet rivolti in lingua italiana ai figli degli immigrati. Paradossalmente questi giovani sono originari del gruppo di cui si sente tanto spesso parlare come il più chiuso e più restio a comunicare: i cinesi. Si tratta di “Associna.Com”, sito e forum di discussione su internet ideato nel marzo del 2005 da ragazzi e ragazze figli di cittadini cinesi che vivono in diverse città d’Italia. AssoCina conta oggi con circa 1.200 utenti del forum. Tra gli obiettivi del progetto di comunicazione delle seconde generazioni vi è innanzitutto quello di dare una informazione reale e meno stereotipata sugli stranieri e figli di stranieri in Italia, a partire dalla comunità cinese. E di imparare a farlo in prima persona rivolgendosi ad altri giovani cinesi o di altra nazionalità e anche ai figli di italiani. Tale era la loro voglia di comunicare che hanno messo in piedi, tutto da soli, un percorso di produzione di strumenti, forme e contenuti. Vogliono che il loro mondo li veda per quello che sono e si accorga delle loro potenzialità e risorse così come della normalità delle loro esistenze. Protagonisti di una trasformazione che ormai va avanti da sola, vite che non possono interrompersi.

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Progetto RET.IN. Un viaggio nell’Italia dell’immigrazione L’esperienza delle Caritas diocesane

Gli obiettivi del progetto L’idea del progetto RET.IN. (Rete per l’Integrazione) è nata all’interno dell’Ufficio immigrazione di Caritas Italiana nella prima metà del 2007 con l’intento di “fare rete”, e cioè di promuovere un processo di conoscenza reciproca e nuova operatività. Conoscenza reciproca, delle proprie peculiarità e progettualità locali sia a livello intra-regionale che inter-regionale, e naturalmente anche con Caritas Italiana, allo scopo di valorizzare le peculiarità di ciascuno e mettere in moto processi di interazione positiva. La finalità principale di questo processo di reciproca conoscenza è ovviamente quella di rafforzare e intensificare, a livello progettuale ma anche operativo, quella rete di oltre 200 Caritas diocesane che costituisce probabilmente il più capillare network a livello nazionale di organizzazioni attive nel settore dell’immigrazione. Attive non soltanto con le concrete iniziative di accoglienza, supporto e integrazione dei nostri concittadini stranieri, ma anche con attività di studio e di riflessione sul fenomeno a livello locale (si pensi soltanto ai rapporti sulla povertà stilati regolarmente da diverse Caritas diocesane sulla base dei dati dei centri d’ascolto) in un mix di ricerca e azione in cui la prima supporta e indirizza la seconda. Una rete di siffatte proporzioni e potenzialità può svolgere un ruolo importante, a livello nazionale, non soltanto come pungolo nei confronti delle istituzioni, per stimolarle in quel cammino di governo solidale del fenomeno migratorio che attualmente sembra smarrito, ma anche, e forse primariamente, rivolgendosi al proprio interno con un’opera di sensibilizzazione della propria constituency verso il fenomeno migratorio, contrastando con la semplicità dei fatti e degli esempi quella sottile percezione di insicurezza (che porta inevitabilmente a rinchiudersi nella diffidenza) non di rado creata ad arte dagli imprenditori della paura. La metodologia di azione: opzioni e limiti Naturalmente per instaurare o rafforzare un rapporto di collaborazione è necessario conoscersi di persona. Questa convinzione ci ha portato ad organizzare RET.IN. attorno ad un viaggio nel mondo delle Caritas diocesane di tutte le regioni d’ Italia, nessuna esclusa, con un approccio che i sociologi chiamerebbero di tipo “qualitativo”. In un viaggio di migliaia di chilometri, che dal settembre 2007 ci ha portato dal Piemonte alla Sicilia, dalla Calabria al Veneto alla Sardegna, abbiamo incontrato decine di volontari, operatori, direttori, referenti regionali per l’immigrazione, delegati regionali (agli incontri ha finora partecipato un totale di quasi 200 persone, in rappresentanza di 109 Caritas diocesane). Da loro abbiamo ricevuto un quadro delle criticità del fenomeno migratorio a livello locale, una panoramica delle attività svolte, e uno sguardo alle priorità da realizzare nel futuro. Per restare nei termini temporali che il progetto si era dato, ed anche per non porre troppo tempo fra la prima visita e l’ultima, ovviamente a ciascun incontro si è potuta dedicare in media soltanto una mezza giornata, lasciando da parte (salvo rarissimi casi) le visite dei progetti, che pure avrebbero contribuito a rendere più nitida l’immagine che abbiamo cercato di riprendere. In questa fase si è preferito privilegiare un primo sguardo di insieme, che necessariamente tralascia i dettagli delle singole situazioni.

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Gli incontri sono però anche serviti per avviare la parte quantitativa dell’indagine, fondamentale per corredare di dati “oggettivi” le impressioni raccolte durante gli incontri. Già all’inizio della fase operativa del progetto, infatti, abbiamo elaborato un questionario per renderci conto della struttura, delle attività, dei beneficiari, delle fonti di finanziamento e dei legami istituzionali sul territorio delle Caritas che avremmo incontrato. Con il questionario, abbiamo cercato di tenere insieme l’esigenza di acquisire un numero significativo di informazioni con la doverosa necessità di snellezza, per non appesantire il lavoro quotidiano di chi avrebbe dovuto compilarlo. I questionari che ci sono ritornati compilati sono finora 124, pari al 56% delle Caritas diocesane. Purtroppo, solo in rari casi abbiamo potuto disporre del questionario compilato prima dell’incontro, in modo da poter indirizzare la discussione sulla base dei dati ricevuti, ma nella maggior parte dei casi abbiamo dovuto a posteriori riconciliare, per così dire, i dati quantitativi dei questionari con le interviste effettuate negli incontri. Inoltre, le Caritas diocesane che hanno compilato il questionario non sempre coincidono con quelle che hanno partecipato agli incontri, determinando una situazione in cui di alcune abbiamo solo il questionario, oppure solo l’intervento nella riunione regionale. A questi due elementi portanti del progetto, raccolti sul campo (sia pure con diverse metodologie) si affianca poi lo studio effettuato sulla documentazione dei progetti 8x1000 relativi al settore immigrazione o ad esso riconducibili sulla base delle attività e degli obiettivi (per maggiori dettagli si veda il rapporto specifico). Per l’analisi di questi progetti abbiamo scelto come anni di riferimento il 2005, 2006 e 2007, nella convinzione che possano rappresentare uno spettro temporale sufficientemente ampio per consentire uno sguardo complessivo, ma allo stesso tempo ancora di attualità, sulle iniziative progettuali delle Caritas diocesane. Naturalmente, dall’incrocio di questi dati con le risultanze degli incontri e dei questionari sarà possibile, in un secondo momento, risalire ad una notevole serie di informazioni, che permetteranno di mettere in relazione la struttura, le fonti di finanziamento e le priorità contenutistiche delle singole Caritas diocesane (in presenza, ovviamente, del questionario) con la qualità e la frequenza dell’utilizzo dei fondi dell’8x1000. In tal modo si potrà risalire alle cause che in qualche caso possono aver impedito o reso difficoltoso l’utilizzo dei fondi, rispetto alle quali già si è avuta qualche prima informazione nel corso degli incontri: scarsa “capacità di assorbimento” da parte di organizzazioni costituite per la gran parte da operatori volontari, scarsa congruità fra gli obiettivi del progetto (o del semplice acquisto da effettuare) e il dispendio di energie necessario alla compilazione della modulistica predisposta dalla Caritas italiana, difficoltà nel reperimento della quota di autofinanziamento richiesta. I temi emersi I risultati emersi dalla valutazione congiunta dei questionari e degli incontri regionali disegnano un quadro estremamente frammentato della realtà Caritas a livello interregionale e nazionale. Per questa ragione (ma anche per la brevità degli incontri e per la presenza di poco più della metà dei questionari compilati, come già accennato sopra) sarebbe oltremodo difficoltoso (nonché arbitrario) pretendere di tracciare delle linee univoche e omogenee cui ricondurre l’agire di tutte le Caritas diocesane d’Italia. In fondo, non va dimenticato che l’eterogeneità di strutture e modi di agire, oltre che riconducibile alla genesi storica delle organizzazioni e alla loro autonomia sul territorio, rappresenta anche un punto di forza del sistema Caritas, la cui eterogeneità risponde alla necessità di adattamento alle specificità locali.

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Ciò premesso, la maniera forse più produttiva di avvicinarci alle risultanze dell’indagine ci è sembrata l’individuazione di temi (sia di ordine strutturale-gestionale che più propriamente settoriale-contenutistico) che emergono dai questionari e/o che sono stati portati alla nostra attenzione nel corso degli incontri regionali.

Le attività principali Nella classica distinzione fra progetti e servizi (laddove il progetto è un’azione circoscritta nel tempo, che si propone di dare risposte concrete e sostenibili ad un problema specifico con l’impiego mirato di mezzi finanziari e risorse umane, mentre invece il servizio è un’attività che tende ad essere continuativa e il cui obiettivo è quello di correggere una situazione problematica attraverso un impegno sistematico e protratto nel tempo, nonché in genere privo del requisito della sostenibilità economica) è indubbio che le Caritas diocesane propendano, nella pratica, per i secondi, anche perché la loro mission non si presta troppo, per sua natura, ad attività puntuali di tipo progettuale. Alcune fra le Caritas incontrate (e che hanno risposto al questionario) riconoscono apertamente questa tendenza: la Caritas della diocesi di La Spezia, ad esempio, afferma in un suo documento che “l’impegno concreto è ancora sbilanciato più sul fronte caritativo che su quello educativo, come invece imporrebbero i dati reali”41,ampliando in questo caso la riflessione alla necessità di svolgere un ruolo di sensibilizzazione presso i fedeli. Se si scorrono i questionari in maniera trasversale alle regioni ecclesiastiche, si vedrà che la stragrande maggioranza delle Caritas privilegia attività come i centri d’ascolto (82%), le mense (55%) e i servizi di accoglienza (54%)42, spesso aperti sia a stranieri che italiani, ma frequentati soprattutto dai primi. Questi servizi (come sopra definiti), tipici del patrimonio esperienziale della Caritas e di altre organizzazioni di ispirazione religiosa, rappresentano, al di là del dato di fatto che sono virtualmente perenni, un importante grimaldello conoscitivo della realtà del disagio e della povertà. Soprattutto sui centri d’ascolto, infatti, si basano i rapporti annuali sulla povertà che diverse Caritas elaborano, e che servono poi (attraverso la funzione di advocacy esercit ata dalla Caritas stessa) a determinare ed indirizzare le politiche sociali del decisore istituzionale nei confronti del disagio e della povertà. Sempre prendendo in considerazione queste tre tipologie di intervento più frequenti, si vede che il centro d’ascolto prevale sulle mense e sui servizi d’accoglienza in misura di quasi due a uno. Una spiegazione molto pratica di questa differenza potrebbe ritrovarsi nel dato di fatto che il centro d’ascolto è l’attività, fra le tre considerate, a minor “intensità di capitale” rispetto all’impiego di personale (ad ogni modo in gran parte volontario). A riprova di questa differenza di impegno finanziario, dal rapporto sui progetti 8x1000 si nota che al primo posto nelle richieste troviamo appunto l’accoglienza (con 124 progetti), mentre soltanto in 26 casi l’apertura di un centro d’ascolto ha richiesto l’intervento dei fondi 8x1000. Che l’immigrazione straniera in Italia sia diventata un fatto strutturale è ormai quasi un luogo comune ripetuto da più parti (e utilizzato anche per porre un freno alla legislazione di emergenza e sicuritaria). A soffermarsi però con attenzione sul lavoro svolto dalle Caritas nelle diocesi, emerge chiaramente che, accanto al fenomeno strutturale, inserito ed integrato, e solo in attesa di un riconoscimento della propria esistenza da parte dell’opinione pubblica e del decisore politico, troviamo una larga fascia di bisogno, disagio

41 Da “L’impegno della Caritas diocesana della Spezia e dell’Ufficio diocesano Migrantes nell’ambito dell’immigrazione, pag. 3 42 Una conferma dell’importanza dei servizi di accoglienza viene dalla relazione sui progetti 8x1000 (box successivo), che li individuano come il principale settore di intervento.

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e marginalità, che non possiamo certo ignorare. Le Caritas diocesane intercettano, con i propri centri di ascolto, le proprie mense, i propri centri d’accoglienza, un’emergenza permanente, di cui le istituzioni pubbliche, duole dirlo, non si occupano, o si occupano troppo poco; di più, in diversi casi (soprattutto nelle regioni meridionali) è venuto fuori il fenomeno dello “scaricabarile”, in cui le istituzioni preposte al governo del territorio si rivolgono alla Caritas per la soluzione di spinose questioni di accoglienza di emergenza, quasi dando per scontata una tacita divisione del lavoro. Si può naturalmente discutere se la risposta immeditata al bisogno immediato sia quella corretta, oppure se non stia a mascherare una mancanza di visione e di capacità progettuale. Quello che è fuori discussione, al di là della retorica sull’immigrazione come fenomeno strutturale e strutturato, è l’esistenza e l’urgenza di queste sacche di bisogno. Ora, che le Caritas cerchino di dare una risposta a questa domanda, pur fra problemi strutturali, di risorse e di personale spesso rilevanti, appare consustanziale alla mission fondamentale dell’organizzazione, almeno come percepita da un osservatore esterno. È altrettanto chiaro, però, che ciò che è indispensabile non è però anche sufficiente, e che le Caritas diocesane devono intensificare i propri sforzi verso il lavoro, di per sé più complesso e problematico, di fornire risposte meno emergenziali a questi disagi, risposte che affrontino il problema alla radice (anche se in contesti territorialmente circoscritti), senza limitarsi ad alleviarne gli effetti. In realtà, già diverse Caritas forniscono una risposta di tipo progettuale al grande tema dell’integrazione dei migranti. Dato il carattere non esaustivo delle interviste nel corso degli incontri regionali, non è qui possibile restituire un’immagine statisticamente circostanziata ed attendibile. Uno spunto interessante viene ad ogni modo fornito dai progetti di microcredito sviluppati da numerose Caritas diocesane, in genere con il supporto tecnico-finanziario di istituti di credito. La frequenza dei progetti di microcredito denota una precisa volontà, da parte delle Caritas, di accompagnare i propri utenti fuori dalla spirale assistenzialistica dell’aiuto puntuale al pagamento delle spese correnti (affitto e bollette in primis) per promuovere una maggiore responsabilità nella gestione del denaro. Il tasso di sofferenza dei crediti, in genere molto contenuto, sta a testimoniare che la scommessa, anche dal punto di vista pedagogico, può essere vinta.

Legalità vs. coscienza: i rapporti con le istituzioni pubbliche In diversi casi (qui l’analisi si fa puramente qualitativa) nel corso del dibattito è emersa una tensione ideale fra l’agire nel più rigoroso rispetto della legalità e seguire invece quelli che sono i dettami della propria coscienza di cristiano. Forse non a caso questa tematica è emersa soprattutto nelle regioni meridionali, dove, di fronte ad un’illegalità diffusa (che, come è noto, tende a far vacillare la stessa forza cogente del diritto), l’operatore di un’organizzazione non profit e di ispirazione religiosa tende a percepirsi come un baluardo della legalità. Quando però questa legalità viene interpretata rigidamente, entra in crisi e si trova in conflitto con se stesso. Un esempio può forse aiutare a chiarire meglio la situazione: in qualche contesto territoriale, ci è stato riferito, le Caritas diocesane sono di fatto un punto di riferimento sia per gli stranieri illegali alla ricerca di un lavoro stagionale nei campi, che per i potenziali datori di lavoro, agricoltori che necessitano, in determinati periodi dell’anno, di un supplemento di braccia (preferibilmente flessibili) da impiegare nella raccolta. Gli operatori Caritas si trovano quindi materialmente nella situazione di “consegnare” quanti chiedono un lavoro purchessia nelle mani di sfruttatori di manodopera illegale e di lavoro nero, agendo di fatto come agenzia di intermediazione al lavoro (nero, per di più). Un comportamento rispettoso della legalità in senso stretto richiederebbe di

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non mettere in contatto lavoratori con datori di lavoro, mentre invece un atteggiamento aderente alla realtà del luogo (nonché di concreto problem solving) impone una risposta più flessibile. In genere le Caritas che abbiamo incontrato, confrontate con questa problematica, adottano il secondo tipo di risposta, entrando però in conflitto con le istituzioni. Alla base di questa risposta ci sono non soltanto le ragioni appena esposte, ma anche la considerazione che, anche i datori di lavoro non si possono ascrivere sic et simpliciter alla categoria dei latifondisti senza scrupoli, sfruttatori di manodopera in stato di bisogno, in quanto sono essi stessi piccoli e piccolissimi coltivatori spesso costretti ad abbandonare le terre (fenomeno molto comune al Sud) per gli eccessivi costi di produzione e l’impossibilità di reggere la concorrenza. Un caso dalla soluzione in un certo senso meno gravosa è quello dell’ospitalità notturna concessa agli irregolari, a causa della quale più di un parroco si è trovato in aperto conflitto con la Questura. Qui l’atteggiamento di quanti hanno sollevato il tema è stato compattamente a favore dell’opzione di ospitalità. Una conseguenza in parte di questo conflitto si ritrova poi nell’atteggiamento tenuto di fronte alla possibilità di accedere a fondi pubblici per la gestione di servizi di accoglienza in convenzione: diverse Caritas preferiscono non stipulare convenzioni con l’ente pubblico per non doverne subire i condizionamenti e le direttive. Invece delle conclusioni Troppo vasto ed eterogeneo è il campo di indagine, e troppo frammentarie e lacunose le informazioni raccolte per poter avere l’ambizione di formulare conclusioni degne di questo nome, anche perché ci troviamo ancora ad uno stadio intermedio dell’elaborazione dei risultati. Molto rimane ancora da fare, come ad esempio sviluppare l’enorme potenziale di correlazioni che si possono ottenere confrontando i risultati dei questionari con quelli dell’indagine sui progetti e capire quindi in che modo aumentare l’utilizzo dei fondi dell8x1000 da parte di tutte le Caritas. La combinazione di queste due metodologie, scelta (insieme all’indagine sui progetti 8x1000) per rappresentare questa realtà multiforme, fa sì che RET.IN. sia in parte un dipinto (ossia le interviste che tratteggiano attività, progetti, future priorità di intervento) e in parte una fotografia (quella che risulta dalle risposte codificate e numeriche al questionario). Ma anche l’immagine della fotografia in realtà è riduttiva, e andrebbe invece rappresentata come un fotogramma di un’immagine in continuo movimento, come è appunto la realtà delle Caritas diocesane. Crediamo che il senso di questa presentazione in anteprima sia stato anche e soprattutto quello di dare un primo spunto di riflessione e di discussione, e verificare prima di tutto insieme a voi queste nostre ipotesi. Ma quali sono queste ipotesi? Riassumendo, il lavoro di quest’anno ci ha fatto vedere una serie di organizzazioni con un grande potenziale di sviluppo e trasformazione in una vera e propria rete organica. I punti di forza sono, paradossalmente, proprio quelli che sembrano contrapporsi alla logica della rete, e cioè un forte radicamento nel proprio territorio e una forte centralità della dimensione locale. È necessario aprirsi all’esterno, in una dimensione intraregionale e interregionale, senza per questo perdere la capacità di leggere il proprio territorio. La rete va intesa anche nel senso di un organismo vivo, capace interagire al proprio interno, sia a livello regionale che nazionale, dove le Caritas con maggiore esperienza e capacità operative mettono queste loro qualità al servizio delle altre, per rafforzarne la capacità di incidere sul proprio territorio. Oltre a ciò, è però necessario l’impegno di tutti per rafforzare la propria capacità progettuale, investendo nella formazione e nella crescita degli operatori, facendo una scelta di professionalità che può dare i suoi frutti nel medio periodo. E poi, sviluppare i rapporti con le istituzioni di governo

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locale, per essere, tutti e sempre di più, interlocutori ascoltati e indispensabili nei processi decisionali sul governo dell’immigrazione, affiancando alla tradizionale immagine di organizzazione caritatevole quella di un’organizzazione dotata di un’ampia visione strategica e di una forte capacità di realizzarla. Un’organizzazione forte, ramificata e coesa, però, ha anche bisogno di una solida base di sostenitori, che ne appoggi e sostenga le linee di intervento. E dunque non bisogna sottovalutare gli umori e le tendenze di questa base a farsi trascinare nel solco dell’indifferenza e della diffidenza verso il diverso, ma sensibilizzarla e coltivarla costantemente, moltiplicando le occasioni di incontro e di confronto, coinvolgendola nelle scelte di fondo. Credo che questi pochi, ma fondamentali elementi possano costituire una base di dibattito per individuare il modo migliore di realizzarli superando le difficoltà che inevitabilmente vi si frappongono. In fondo, la forza di un’organizzazione è soprattutto quella di trovare al proprio interno la capacità di svilupparsi e di crescere, candidandosi ad essere punto di riferimento per la società in cui opera.

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PASTORALE

INTRODUZIONE Anche nel corso del 2008 sono state molteplici le occasioni nelle quali la Chiesa Italiana e la Santa Sede sono intervenute sui temi della mobilità umana. Non solo in occasione della giornata mondiale del migrante o in quella del rifugiato ma ogni qualvolta è stato necessario ribadire la centralità della persona, titolare di diritti inalienabili, la voce della Chiesa si è fatta sentire a sostegno degli ultimi. Oltre ai vari interventi di Benedetto XVI, sono riportate alcune importanti riflessioni pastorali della Caritas Italiana e documenti del Pontifico Consiglio per i Migranti.

Messaggio di Sua Santità Benedetto XVI per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato

13 gennaio 2008

I giovani migranti

Cari fratelli e sorelle,

il tema della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato invita quest'anno a riflettere in particolare sui giovani migranti. In effetti, le cronache quotidiane parlano spesso di loro. Il vasto processo di globalizzazione in atto nel mondo porta con sé un'esigenza di mobilità, che spinge anche numerosi giovani ad emigrare e a vivere lontano dalle loro famiglie e dai loro Paesi. La conseguenza è che dai Paesi d'origine se ne va spesso la gioventù dotata delle migliori risorse intellettuali, mentre nei Paesi che ricevono i migranti vigono normative che rendono difficile il loro effettivo inserimento. Di fatto, il fenomeno dell'emigrazione diviene sempre più esteso ed abbraccia un crescente numero di persone di ogni condizione sociale. Giustamente pertanto le pubbliche istituzioni, le organizzazioni umanitarie ed anche la Chiesa cattolica dedicano molte delle loro risorse per venire incontro a queste persone in difficoltà.

Per i giovani migranti risulta particolarmente sentita la problematica costituita dalla cosiddetta "difficoltà della duplice appartenenza": da un lato, essi sentono vivamente il bisogno di non perdere la cultura d'origine, mentre, dall'altro, emerge in loro il comprensibile desiderio di inserirsi organicamente nella società che li accoglie, senza che tuttavia questo comporti una completa assimilazione e la conseguente perdita delle tradizioni avite. Tra i giovani ci sono poi le ragazze, più facilmente vittime di sfruttamento, di ricatti morali e persino di abusi di ogni genere. Che dire poi degli adolescenti, dei minori

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non accompagnati, che costituiscono una categoria a rischio tra coloro che chiedono asilo? Questi ragazzi e ragazze finiscono spesso in strada abbandonati a se stessi e preda di sfruttatori senza scrupoli che, più di qualche volta, li trasformano in oggetto di violenza fisica, morale e sessuale.

Guardando poi più d'appresso al settore dei migranti forzati, dei rifugiati, dei profughi e delle vittime del traffico di esseri umani, ci si incontra purtroppo anche con molti bambini e adolescenti. A questo proposito, è impossibile tacere di fronte alle immagini sconvolgenti dei grandi campi di profughi o di rifugiati, presenti in diverse parti del mondo. Come non pensare che quei piccoli esseri sono venuti al mondo con le stesse legittime attese di felicità degli altri? E, al tempo stesso, come non ricordare che la fanciullezza e l'adolescenza sono fasi di fondamentale importanza per lo sviluppo dell'uomo e della donna, e richiedono stabilità, serenità e sicurezza? Questi bambini e adolescenti hanno avuto come unica esperienza di vita i «campi» di permanenza obbligatori, dove si trovano segregati, lontani dai centri abitati e senza possibilità di frequentare normalmente la scuola. Come possono guardare con fiducia al loro futuro? Se è vero che molto si sta facendo per loro, occorre tuttavia impegnarsi ancor più nell'aiutarli mediante la creazione di idonee strutture di accoglienza e di formazione.

Proprio in questa prospettiva si pone la domanda: come rispondere alle attese dei giovani migranti? Che fare per venire loro incontro? Occorre certo puntare in primo luogo sul supporto della famiglia e della scuola. Ma quanto complesse sono le situazioni e quanto numerose sono le difficoltà che incontrano questi giovani nei loro contesti familiari e scolastici! All'interno delle famiglie sono venuti meno i tradizionali ruoli che esistevano nei Paesi di origine e si assiste spesso ad uno scontro tra genitori rimasti ancorati alla loro cultura e figli velocemente acculturati nei nuovi contesti sociali. Né va sottovalutata la fatica che i giovani incontrano per inserirsi nei percorsi educativi vigenti nei Paesi in cui vengono accolti. Lo stesso sistema scolastico pertanto dovrebbe tener conto di queste loro condizioni e prevedere per i ragazzi immigrati specifici itinerari formativi d'integrazione adatti alle loro esigenze. Importante sarà anche l'impegno di creare nelle aule un clima di reciproco rispetto e dialogo tra tutti gli allievi, sulla base di quei principi e valori universali che sono comuni a tutte le culture. L'impegno di tutti - docenti, famiglie e studenti - contribuirà certamente ad aiutare i giovani migranti ad affrontare nel modo migliore la sfida dell'integrazione ed offrirà loro la possibilità di acquisire quanto può giovare alla loro formazione umana, culturale e professionale. Questo vale ancor più per i giovani rifugiati per i quali si dovranno approntare adeguati programmi, nell'ambito scolastico e altresì in quello lavorativo, in modo da garantire la loro preparazione fornendo le basi necessarie per un corretto inserimento nel nuovo mondo sociale, culturale e professionale.

La Chiesa guarda con singolare attenzione al mondo dei migranti e chiede a coloro che hanno ricevuto nei Paesi di origine una formazione cristiana di far fruttificare questo patrimonio di fede e di valori evangelici in modo da offrire una coerente testimonianza nei diversi contesti esistenziali. Proprio in ordine a ciò invito le comunità ecclesiali di arrivo ad accogliere con simpatia giovani e giovanissimi con i loro genitori, cercando di comprenderne le vicissitudini e di favorirne l'inserimento. Vi è poi tra i migranti, come ebbi a scrivere nel Messaggio dello scorso anno, una categoria da considerare in modo speciale, ed è quella degli studenti di altri Paesi che per ragioni di studio si trovano lontani

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da casa. Il loro numero è in continua crescita: sono giovani bisognosi di una pastorale specifica, perché non solo sono studenti, come tutti, ma anche migranti temporanei. Essi si sentono spesso soli, sotto la pressione dello studio e talvolta stretti anche da difficoltà economiche. La Chiesa, nella sua materna sollecitudine, guarda a loro con affetto e cerca di porre in atto specifici interventi pastorali e sociali, che tengano in conto le grandi risorse della loro giovinezza. Occorre far sì che abbiano modo di aprirsi al dinamismo dell'interculturalità, arricchendosi nel contatto con altri studenti di culture e religioni diverse. Per i giovani cristiani quest'esperienza di studio e di formazione può essere un utile campo di maturazione della loro fede, stimolata ad aprirsi a quell'universalismo che è elemento costitutivo della Chiesa cattolica.

Cari giovani migranti, preparatevi a costruire accanto ai vostri giovani coetanei una società più giusta e fraterna, adempiendo con scrupolo e serietà i vostri doveri nei confronti delle vostre famiglie e dello Stato. Siate rispettosi delle leggi e non lasciatevi mai trasportare dall'odio e dalla violenza. Cercate piuttosto di essere protagonisti sin da ora di un mondo dove regni la comprensione e la solidarietà, la giustizia e la pace. A voi, in particolare, giovani credenti, chiedo di profittare del tempo dei vostri studi per crescere nella conoscenza e nell'amore di Cristo. Gesù vi vuole suoi amici veri e per questo è necessario che coltiviate costantemente un'intima relazione con Lui nella preghiera e nell'ascolto docile della sua Parola. Egli vi vuole suoi testimoni e per questo è necessario che vi impegniate a vivere con coraggio il Vangelo traducendolo in gesti concreti di amore a Dio e di servizio generoso ai fratelli. La Chiesa ha bisogno anche di voi e conta sul vostro apporto. Voi potete svolgere un ruolo quanto mai provvidenziale nell'attuale contesto dell'evangelizzazione. Provenendo da culture diverse, ma accomunati tutti dall'appartenenza all'unica Chiesa di Cristo, potete mostrare che il Vangelo è vivo e adatto per ogni situazione; è messaggio antico e sempre nuovo; Parola di speranza e di salvezza per gli uomini di ogni razza e cultura, di ogni età e di ogni epoca.

A Maria, Madre dell'intera umanità, e a Giuseppe, suo castissimo sposo, profughi entrambi con Gesù in Egitto, affido ciascuno di voi, le vostre famiglie, quanti si occupano in vario modo del vasto mondo di voi giovani migranti, i volontari e gli operatori pastorali che vi affiancano con la loro disponibilità e il loro sostegno amichevole. Il Signore sia sempre accanto a voi e alle vostre famiglie, perché insieme possiate superare gli ostacoli e le difficoltà materiali e spirituali che incontrate nel vostro cammino. Accompagno questi miei voti con una speciale Benedizione Apostolica per ciascuno di voi e per le persone che vi sono care.

Dal Vaticano, 18 Ottobre 2007

BENEDICTUS PP. XVI

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Intervento della Santa Sede alla settima Sessione Ordinaria del Consiglio dei Diritti dell’Uomo

Intervento di S.E. Mons. Silvano M. Tomasi

sul problema del razzismo Ginevra, martedì, 18 marzo 2008

Presidente,

1. La Delegazione della Santa Sede considera opportuno e necessario il coinvolgimento costante del Consiglio dei Diritti dell'Uomo nel problema del razzismo. Purtroppo la discriminazione basata sulla razza e sulle differenze percepite è ancora utilizzata per trattare le persone in modo indegno e anche per ridurle in schiavitù. Nessuna parte del mondo è esente da esperienze di discriminazione razziale, sebbene sia divenuta convinzione comune che il razzismo, la xenofobia e le relative forme di intolleranza vengano condannate dal diritto consuetudinario, dallo ius cogens, che tutti gli attori statali e non sono obbligati a rispettare. Il fenomeno della globalizzazione ha unito persone che prima vivevano lontane e le cui culture e credenze sono piuttosto diverse fra di loro. Al contempo, la conseguente pluralizzazione delle società ha aumentato il rischio di razzismo. Infatti, la mancanza di conoscenza e la presenza di tradizioni e costumi non familiari tendono a scatenare la paura dell'altro e il rischio di rifiuto. Tuttavia, questa paura deve essere superata.

2. Il cammino che ci attende non è un dialogo astratto fra civiltà, una difesa insistente del comunitarismo o un'idea dell'individuo tagliato fuori da qualsiasi relazione umana. Come osserva il rapporto su Razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e relative forme di intolleranza, verifica e realizzazione della Dichiarazione e del Programma di Azione di Durban, nell'era della globalizzazione, lo Stato non può basarsi esclusivamente sull'idea dell'identità nazionale. La legge sui diritti umani internazionali riconosce chiaramente che la funzione principale dello Stato è il servizio alla persona umana, la sua vita in comunità e la promozione del bene comune. La questione del pluralismo nelle società contemporanee e la lotta contro il razzismo possono trovare una soluzione in un ambiente in cui le persone godano dei diritti umani, civili e politici così come di quelli sociali, culturali ed economici. Non è mediante l'assimilazione o la separazione radicali, ma mediante l'interazione e l'integrazione sulla base dei valori comuni espressi dai diritti umani che il dialogo autentico diviene possibile. La tolleranza da sola non è sufficiente. Ognuno dovrebbe riconoscere sia la differenza sia l'uguaglianza con l'altra persona per elaborare soluzioni ai problemi pratici della convivenza.

3. In primo luogo, un incontro fra le persone richiede la conoscenza e la volontà positiva di condividere ciò che è prezioso. Per ottenere questo, sono necessari requisiti quali "libertà di ricercare la verità, e, nei limiti dell'ordine morale e del bene comune, libertà di

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parola e di stampa... e anche il diritto di essere accuratamente informati sui pubblici eventi" (Cfr Giovanni XXIII, Pacem in terris, n. 12).

In secondo luogo, in un dialogo franco devono essere presenti senso di responsabilità e capacità di accettare critiche volte a incentivare la crescita personale nell'ambito dei diritti umani. Più che insistere su uno scontro di civiltà e sul linguaggio della fobia, che rischiano di polarizzare ulteriormente le posizioni, è meglio concentrarsi sulla difesa e sulla promozione dei diritti umani. Può sorgere il problema di come sia possibile un dialogo quando, per esempio, i migranti e coloro che cercano asilo vengono confinati a una esistenza degradata e quando minoranze e gruppi di cittadini vengono considerati di status inferiore anche istituzionalmente.

4. L'intolleranza religiosa è affiorata di nuovo come questione controversa che dovrebbe essere affrontata nel contesto della indivisibilità, dell'interdipendenza e dell'universalità dei diritti umani. Esistono gruppi che vengono identificati dalla loro etnicità e da una particolare religione mentre altri sono diversi solo per il loro credo. La complessità di situazioni richiede un approccio collaborativo e olistico da parte dei Rapporteur Speciali e di altri meccanismi internazionali per un impatto più efficace e per una convergenza più facile sulle soluzioni. Un approccio comune può essere quello di prestare un'attenzione speciale alle vittime di discriminazione razziale e/o religiosa, i cui diritti umani fondamentali vengono continuamente negati fino alla privazione violenta della vita. Per esempio, in alcuni Paesi è difficile per i cristiani professare pubblicamente la propria fede poiché viene imposta loro l'invisibilità. Questi dati effettivi, se inclusi, renderebbero il Rapporto più obiettivo e completo.

5. Il razzismo e l'intolleranza andrebbero combattuti mediante misure concrete concertate. L'educazione che favorisce la conoscenza reciproca e sostiene la realizzazione dei diritti umani, può servire come veicolo critico di un dialogo efficace. Altri modi concreti sono il miglioramento dei primi meccanismi di ammonizione delle Nazioni Unite legati a tale questione, la ratifica della Convenzione sull'Eliminazione di tutte le Forme di Discriminazione Razziale, la realizzazione della Dichiarazione e del Programma di Azione di Durban, e la redazione da parte del Comitato per i Diritti Umani di un commento generale sull'articolo 20 del Patto Internazionale sui Diritti politici e civili. Tuttavia, merita priorità un cambiamento di atteggiamento cosicché il cuore possa essere continuamente purificato e non più governato dalla paura o dallo spirito di dominio, ma dall'apertura agli altri, dalla solidarietà. Questo è un ruolo fondamentale delle religioni che hanno la responsabilità di offrire un insegnamento che sottolinei la dignità di ogni essere umano e l'unità della famiglia umana (cfr Pontificio Consiglio Iustitia et Pax, La Chiesa e il razzismo. Verso una società più fraterna. Città del Vaticano, 2001, p.11).

Grazie, Presidente.

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Viaggio apostolico negli Stati Uniti d'America e visita alla sede dell'Organizzazione delle Nazioni Unite

INCONTRO CON I MEMBRI DELL'ASSEMBLEA GENERALE DELL'ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE

Discorso di Sua Santità Benedetto XVI

New York, venerdì, 18 aprile 2008

Signor Presidente

Signore e Signori,

nel dare inizio al mio discorso a questa Assemblea, desidero anzitutto esprimere a Lei, Signor Presidente, la mia sincera gratitudine per le gentili parole a me dirette. Uguale sentimento va anche al Segretario Generale, il Signor Ban Ki-moon, per avermi invitato a visitare gli uffici centrali dell’Organizzazione e per il benvenuto che mi ha rivolto. Saluto gli Ambasciatori e i Diplomatici degli Stati Membri e quanti sono presenti: attraverso di voi, saluto i popoli che qui rappresentate. Essi attendono da questa Istituzione che porti avanti l’ispirazione che ne ha guidato la fondazione, quella di un “centro per l’armonizzazione degli atti delle Nazioni nel perseguimento dei fini comuni”, la pace e lo sviluppo (cfr Carta delle Nazioni Unite, art. 1.2-1.4). Come il Papa Giovanni Paolo II disse nel 1995, l’Organizzazione dovrebbe essere “centro morale, in cui tutte le nazioni del mondo si sentano a casa loro, sviluppando la comune coscienza di essere, per così dire, una ‘famiglia di nazioni’” (Messaggio all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nel 50° anniversario della fondazione, New York, 5 ottobre 1995, 14).

Mediante le Nazioni Unite, gli Stati hanno dato vita a obiettivi universali che, pur non coincidendo con il bene comune totale dell’umana famiglia, senza dubbio rappresentano una parte fondamentale di quel bene stesso. I principi fondativi dell’Organizzazione - il desiderio della pace, la ricerca della giustizia, il rispetto della dignità della persona, la cooperazione umanitaria e l’assistenza - esprimono le giuste aspirazioni dello spirito umano e costituiscono gli ideali che dovrebbero sottostare alle relazioni internazionali. Come i miei predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II hanno osservato da questo medesimo podio, si tratta di argomenti che la Chiesa Cattolica e la Santa Sede seguono con attenzione e con interesse, poiché vedono nella vostra attività come problemi e conflitti riguardanti la comunità mondiale possano essere soggetti ad una comune regolamentazione. Le Nazioni Unite incarnano l’aspirazione ad “un grado superiore di orientamento internazionale” (Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 43), ispirato e governato dal principio di sussidiarietà, e pertanto capace di rispondere alle domande dell’umana famiglia mediante regole internazionali vincolanti ed attraverso strutture in grado di armonizzare il quotidiano svolgersi della vita dei popoli. Ciò è ancor più

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necessario in un tempo in cui sperimentiamo l’ovvio paradosso di un consenso multilaterale che continua ad essere in crisi a causa della sua subordinazione alle decisioni di pochi, mentre i problemi del mondo esigono interventi nella forma di azione collettiva da parte della comunità internazionale.

Certo, questioni di sicurezza, obiettivi di sviluppo, riduzione delle ineguaglianze locali e globali, protezione dell’ambiente, delle risorse e del clima, richiedono che tutti i responsabili internazionali agiscano congiuntamente e dimostrino una prontezza ad operare in buona fede, nel rispetto della legge e nella promozione della solidarietà nei confronti delle regioni più deboli del pianeta. Penso in particolar modo a quei Paesi dell’Africa e di altre parti del mondo che rimangono ai margini di un autentico sviluppo integrale, e sono perciò a rischio di sperimentare solo gli effetti negativi della globalizzazione. Nel contesto delle relazioni internazionali, è necessario riconoscere il superiore ruolo che giocano le regole e le strutture intrinsecamente ordinate a promuovere il bene comune, e pertanto a difendere la libertà umana. Tali regole non limitano la libertà; al contrario, la promuovono, quando proibiscono comportamenti e atti che operano contro il bene comune, ne ostacolano l’effettivo esercizio e perciò compromettono la dignità di ogni persona umana. Nel nome della libertà deve esserci una correlazione fra diritti e doveri, con cui ogni persona è chiamata ad assumersi la responsabilità delle proprie scelte, fatte in conseguenza dell’entrata in rapporto con gli altri. Qui il nostro pensiero si rivolge al modo in cui i risultati delle scoperte della ricerca scientifica e tecnologica sono stati talvolta applicati. Nonostante gli enormi benefici che l’umanità può trarne, alcuni aspetti di tale applicazione rappresentano una chiara violazione dell’ordine della creazione, sino al punto in cui non soltanto viene contraddetto il carattere sacro della vita, ma la stessa persona umana e la famiglia vengono derubate della loro identità naturale. Allo stesso modo, l’azione internazionale volta a preservare l’ambiente e a proteggere le varie forme di vita sulla terra non deve garantire soltanto un uso razionale della tecnologia e della scienza, ma deve anche riscoprire l’autentica immagine della creazione. Questo non richiede mai una scelta da farsi tra scienza ed etica: piuttosto si tratta di adottare un metodo scientifico che sia veramente rispettoso degli imperativi etici.

Il riconoscimento dell’unità della famiglia umana e l’attenzione per l’innata dignità di ogni uomo e donna trovano oggi una rinnovata accentuazione nel principio della responsabilità di proteggere. Solo di recente questo principio è stato definito, ma era già implicitamente presente alle origini delle Nazioni Unite ed è ora divenuto sempre più caratteristica dell’attività dell’Organizzazione. Ogni Stato ha il dovere primario di proteggere la propria popolazione da violazioni gravi e continue dei diritti umani, come pure dalle conseguenze delle crisi umanitarie, provocate sia dalla natura che dall’uomo. Se gli Stati non sono in grado di garantire simile protezione, la comunità internazionale deve intervenire con i mezzi giuridici previsti dalla Carta delle Nazioni Unite e da altri strumenti internazionali. L’azione della comunità internazionale e delle sue istituzioni, supposto il rispetto dei principi che sono alla base dell’ordine internazionale, non deve mai essere interpretata come un’imposizione indesiderata e una limitazione di sovranità. Al contrario, è l’indifferenza o la mancanza di intervento che recano danno reale. Ciò di cui vi è bisogno e una ricerca più profonda di modi di prevenire e controllare i conflitti, esplorando ogni possibile via diplomatica e prestando attenzione ed incoraggiamento anche ai più flebili segni di dialogo o di desiderio di riconciliazione.

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Il principio della “responsabilità di proteggere” era considerato dall’antico ius gentium quale fondamento di ogni azione intrapresa dai governanti nei confronti dei governati: nel tempo in cui il concetto di Stati nazionali sovrani si stava sviluppando, il frate domenicano Francisco de Vitoria, a ragione considerato precursore dell’idea delle Nazioni Unite, aveva descritto tale responsabilità come un aspetto della ragione naturale condivisa da tutte le Nazioni, e come il risultato di un ordine internazionale il cui compito era di regolare i rapporti fra i popoli. Ora, come allora, tale principio deve invocare l’idea della persona quale immagine del Creatore, il desiderio di una assoluta ed essenziale libertà. La fondazione delle Nazioni Unite, come sappiamo, coincise con il profondo sdegno sperimentato dall’umanità quando fu abbandonato il riferimento al significato della trascendenza e della ragione naturale, e conseguentemente furono gravemente violate la libertà e la dignità dell’uomo. Quando ciò accade, sono minacciati i fondamenti oggettivi dei valori che ispirano e governano l’ordine internazionale e sono minati alla base quei principi cogenti ed inviolabili formulati e consolidati dalle Nazioni Unite. Quando si è di fronte a nuove ed insistenti sfide, è un errore ritornare indietro ad un approccio pragmatico, limitato a determinare “un terreno comune”, minimale nei contenuti e debole nei suoi effetti.

Il riferimento all’umana dignità, che è il fondamento e l’obiettivo della responsabilità di proteggere, ci porta al tema sul quale siamo invitati a concentrarci quest’anno, che segna il 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Il documento fu il risultato di una convergenza di tradizioni religiose e culturali, tutte motivate dal comune desiderio di porre la persona umana al cuore delle istituzioni, leggi e interventi della società, e di considerare la persona umana essenziale per il mondo della cultura, della religione e della scienza. I diritti umani sono sempre più presentati come linguaggio comune e sostrato etico delle relazioni internazionali. Allo stesso tempo, l’universalità, l’indivisibilità e l’interdipendenza dei diritti umani servono tutte quali garanzie per la salvaguardia della dignità umana. È evidente, tuttavia, che i diritti riconosciuti e delineati nella Dichiarazione si applicano ad ognuno in virtù della comune origine della persona, la quale rimane il punto più alto del disegno creatore di Dio per il mondo e per la storia. Tali diritti sono basati sulla legge naturale iscritta nel cuore dell’uomo e presente nelle diverse culture e civiltà. Rimuovere i diritti umani da questo contesto significherebbe restringere il loro ambito e cedere ad una concezione relativistica, secondo la quale il significato e l’interpretazione dei diritti potrebbero variare e la loro universalità verrebbe negata in nome di contesti culturali, politici, sociali e persino religiosi differenti. Non si deve tuttavia permettere che tale ampia varietà di punti di vista oscuri il fatto che non solo i diritti sono universali, ma lo è anche la persona umana, soggetto di questi diritti.

La vita della comunità, a livello sia interno che internazionale, mostra chiaramente come il rispetto dei diritti e le garanzie che ne conseguono siano misure del bene comune che servono a valutare il rapporto fra giustizia ed ingiustizia, sviluppo e povertà, sicurezza e conflitto. La promozione dei diritti umani rimane la strategia più efficace per eliminare le disuguaglianze fra Paesi e gruppi sociali, come pure per un aumento della sicurezza. Certo, le vittime degli stenti e della disperazione, la cui dignità umana viene violata impunemente, divengono facile preda del richiamo alla violenza e possono diventare in prima persona violatrici della pace. Tuttavia il bene comune che i diritti umani aiutano a raggiungere non si può realizzare semplicemente con l’applicazione di procedure corrette e neppure mediante un semplice equilibrio fra diritti contrastanti. Il merito della

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Dichiarazione Universale è di aver permesso a differenti culture, espressioni giuridiche e modelli istituzionali di convergere attorno ad un nucleo fondamentale di valori e, quindi, di diritti. Oggi però occorre raddoppiare gli sforzi di fronte alle pressioni per reinterpretare i fondamenti della Dichiarazione e di comprometterne l’intima unità, così da facilitare un allontanamento dalla protezione della dignità umana per soddisfare semplici interessi, spesso interessi particolari. La Dichiarazione fu adottata come “comune concezione da perseguire” (preambolo) e non può essere applicata per parti staccate, secondo tendenze o scelte selettive che corrono semplicemente il rischio di contraddire l’unità della persona umana e perciò l’indivisibilità dei diritti umani.

L’esperienza ci insegna che spesso la legalità prevale sulla giustizia quando l’insistenza sui diritti umani li fa apparire come l’esclusivo risultato di provvedimenti legislativi o di decisioni normative prese dalle varie agenzie di coloro che sono al potere. Quando vengono presentati semplicemente in termini di legalità, i diritti rischiano di diventare deboli proposizioni staccate dalla dimensione etica e razionale, che è il loro fondamento e scopo. Al contrario, la Dichiarazione Universale ha rafforzato la convinzione che il rispetto dei diritti umani è radicato principalmente nella giustizia che non cambia, sulla quale si basa anche la forza vincolante delle proclamazioni internazionali. Tale aspetto viene spesso disatteso quando si tenta di privare i diritti della loro vera funzione in nome di una gretta prospettiva utilitaristica. Dato che i diritti e i conseguenti doveri seguono naturalmente dall’interazione umana, è facile dimenticare che essi sono il frutto di un comune senso della giustizia, basato primariamente sulla solidarietà fra i membri della società e perciò validi per tutti i tempi e per tutti i popoli. Questa intuizione fu espressa sin dal quinto secolo da Agostino di Ippona, uno dei maestri della nostra eredità intellettuale, il quale ebbe a dire riguardo al Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te che tale massima “non può in alcun modo variare a seconda delle diverse comprensioni presenti nel mondo” (De doctrina christiana, III, 14). Perciò, i diritti umani debbono esser rispettati quali espressione di giustizia e non semplicemente perché possono essere fatti rispettare mediante la volontà dei legislatori.

Signore e Signori, mentre la storia procede, sorgono nuove situazioni e si tenta di collegarle a nuovi diritti. Il discernimento, cioè la capacità di distinguere il bene dal male, diviene ancor più essenziale nel contesto di esigenze che riguardano le vite stesse e i comportamenti delle persone, delle comunità e dei popoli. Affrontando il tema dei diritti, dato che vi sono coinvolte situazioni importanti e realtà profonde, il discernimento è al tempo stesso una virtù indispensabile e fruttuosa.

Il discernimento, dunque, mostra come l’affidare in maniera esclusiva ai singoli Stati, con le loro leggi ed istituzioni, la responsabilità ultima di venire incontro alle aspirazioni di persone, comunità e popoli interi può talvolta avere delle conseguenze che escludono la possibilità di un ordine sociale rispettoso della dignità e dei diritti della persona. D’altra parte, una visione della vita saldamente ancorata alla dimensione religiosa può aiutare a conseguire tali fini, dato che il riconoscimento del valore trascendente di ogni uomo e ogni donna favorisce la conversione del cuore, che poi porta ad un impegno di resistere alla violenza, al terrorismo ed alla guerra e di promuovere la giustizia e la pace. Ciò fornisce inoltre il contesto proprio per quel dialogo interreligioso che le Nazioni Unite sono chiamate a sostenere, allo stesso modo in cui sostengono il dialogo in altri campi

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dell’attività umana. Il dialogo dovrebbe essere riconosciuto quale mezzo mediante il quale le varie componenti della società possono articolare il proprio punto di vista e costruire il consenso attorno alla verità riguardante valori od obiettivi particolari. È proprio della natura delle religioni, liberamente praticate, il fatto che possano autonomamente condurre un dialogo di pensiero e di vita. Se anche a tale livello la sfera religiosa è tenuta separata dall’azione politica, grandi benefici ne provengono per gli individui e per le comunità. D’altro canto, le Nazioni Unite possono contare sui risultati del dialogo fra religioni e trarre frutto dalla disponibilità dei credenti a porre le propri esperienze a servizio del bene comune. Loro compito è quello di proporre una visione della fede non in termini di intolleranza, di discriminazione e di conflitto, ma in termini di rispetto totale della verità, della coesistenza, dei diritti e della riconciliazione.

Ovviamente i diritti umani debbono includere il diritto di libertà religiosa, compreso come espressione di una dimensione che è al tempo stesso individuale e comunitaria, una visione che manifesta l’unità della persona, pur distinguendo chiaramente fra la dimensione di cittadino e quella di credente. L’attività delle Nazioni Unite negli anni recenti ha assicurato che il dibattito pubblico offra spazio a punti di vista ispirati ad una visione religiosa in tutte le sue dimensioni, inclusa quella rituale, di culto, di educazione, di diffusione di informazioni, come pure la libertà di professare o di scegliere una religione. È perciò inconcepibile che dei credenti debbano sopprimere una parte di se stessi – la loro fede – per essere cittadini attivi; non dovrebbe mai essere necessario rinnegare Dio per poter godere dei propri diritti. I diritti collegati con la religione sono quanto mai bisognosi di essere protetti se vengono considerati in conflitto con l’ideologia secolare prevalente o con posizioni di una maggioranza religiosa di natura esclusiva. Non si può limitare la piena garanzia della libertà religiosa al libero esercizio del culto; al contrario, deve esser tenuta in giusta considerazione la dimensione pubblica della religione e quindi la possibilità dei credenti di fare la loro parte nella costruzione dell’ordine sociale. In verità, già lo stanno facendo, ad esempio, attraverso il loro coinvolgimento influente e generoso in una vasta rete di iniziative, che vanno dalle università, alle istituzioni scientifiche, alle scuole, alle agenzie di cure mediche e ad organizzazioni caritative al servizio dei più poveri e dei più marginalizzati. Il rifiuto di riconoscere il contributo alla società che è radicato nella dimensione religiosa e nella ricerca dell’Assoluto – per sua stessa natura, espressione della comunione fra persone – privilegerebbe indubbiamente un approccio individualistico e frammenterebbe l’unità della persona.

La mia presenza in questa Assemblea è un segno di stima per le Nazioni Unite ed è intesa quale espressione della speranza che l’Organizzazione possa servire sempre più come segno di unità fra Stati e quale strumento di servizio per tutta l’umana famiglia. Essa mostra pure la volontà della Chiesa Cattolica di offrire il contributo che le è proprio alla costruzione di relazioni internazionali in un modo che permetta ad ogni persona e ad ogni popolo di percepire di poter fare la differenza. La Chiesa opera inoltre per la realizzazione di tali obiettivi attraverso l’attività internazionale della Santa Sede, in modo coerente con il proprio contributo nella sfera etica e morale e con la libera attività dei propri fedeli. Indubbiamente la Santa Sede ha sempre avuto un posto nelle assemblee delle Nazioni, manifestando così il proprio carattere specifico quale soggetto nell’ambito internazionale. Come hanno recentemente confermato le Nazioni Unite, la Santa Sede offre così il proprio contributo secondo le disposizioni della legge internazionale, aiuta a definirla e ad essa fa riferimento.

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Le Nazioni Unite rimangono un luogo privilegiato nel quale la Chiesa è impegnata a portare la propria esperienza “in umanità”, sviluppata lungo i secoli fra popoli di ogni razza e cultura, e a metterla a disposizione di tutti i membri della comunità internazionale. Questa esperienza ed attività, dirette ad ottenere la libertà per ogni credente, cercano inoltre di aumentare la protezione offerta ai diritti della persona. Tali diritti sono basati e modellati sulla natura trascendente della persona, che permette a uomini e donne di percorrere il loro cammino di fede e la loro ricerca di Dio in questo mondo. Il riconoscimento di questa dimensione va rafforzato se vogliamo sostenere la speranza dell’umanità in un mondo migliore, e se vogliamo creare le condizioni per la pace, lo sviluppo, la cooperazione e la garanzia dei diritti delle generazioni future.

Nella mia recente Enciclica Spe salvi, ho sottolineato “che la sempre nuova faticosa ricerca di retti ordinamenti per le cose umane è compito di ogni generazione” (n. 25). Per i cristiani tale compito è motivato dalla speranza che scaturisce dall’opera salvifica di Gesù Cristo. Ecco perché la Chiesa è lieta di essere associata all’attività di questa illustre Organizzazione, alla quale è affidata la responsabilità di promuovere la pace e la buona volontà in tutto il mondo. Cari amici, vi ringrazio per l’odierna opportunità di rivolgermi a voi e prometto il sostegno delle mie preghiere per il proseguimento del vostro nobile compito.

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Intervento della Santa Sede 59ª Sessione Generale

del Comitato esecutivo dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR)

Intervento di S.E. Mons. Silvano M. Tomasi

Ginevra, 7 ottobre 2008

Presidente,

1. I riflettori dell'opinione pubblica sono puntati sulla crisi dei mercati finanziari, sull'attuale forma dell'organizzazione economica e sulla irresponsabilità e l'avidità di alcuni nel gestirla. Le conseguenze di questa crisi enormemente complicata hanno un duro impatto sui gruppi vulnerabili nella società e dimostrano in maniera concreta l'interconnessione e la mancanza di equità nel mondo di oggi. La comunità internazionale deve affrontare ulteriori sfide molto urgenti. Il mutamento climatico causa scarsità di cibo e di acqua, degrado dell'ambiente e aumento di disastri naturali. In alcune regioni, questi fattori insieme ai relativi conflitti portano a una intensificazione del dislocamento forzato delle persone e a una maggiore incertezza sulla nostra capacità di offrire loro la protezione e l'assistenza di cui hanno bisogno. D'altro canto, questo momento può risvegliare la consapevolezza che è veramente responsabilità comune determinare la prosperità o la sofferenza del villaggio globale.

2. I disastri naturali e quelli causati dall'uomo espongono milioni di persone e famiglie a condizioni di estrema povertà e a violazioni dei loro diritti umani fondamentali. Queste situazioni intollerabili rendono loro impossibile restare nei luoghi di residenza, anche se vorrebbero. Guardando al futuro, le condizioni delle persone sradicate appaiono più che mai ambigue e deprimenti. In vista dell'emergere e della sovrapposizione di queste nuove complessità, i nostri dibattiti sulla protezione potrebbero dover affrontare gravi ostacoli. Risposte politiche, un'assistenza immediata e conoscenze tecniche sono necessarie, ma bisogna acquisire anche una chiara dimensione etica e porla al centro del dibattito mentre prendiamo decisioni su come offrire un'adeguata protezione.

La Delegazione della Santa Sede ha partecipato con grande interesse ai dibattiti sulla protezione. Ha sostenuto la priorità accordata a questo aspetto urgente nelle recenti iniziative dell'UNHCR come le conclusioni sulla disposizione sulla protezione internazionale mediante forme complementari di protezione (2005), la conclusione sulle donne e le giovani a rischio (2006), la conclusione sui bambini a rischio (2007), il dialogo del commissario sulle sfide per la protezione (2007) e l'agenda per la protezione (2002). Infatti, l'UNHCR ha ricevuto dall'Assemblea generale il compito di estendere le sue capacità di protezione a nuovi gruppi: apolidi, persone ritornate nel proprio paese e alcuni gruppi di persone dislocate all'interno della loro stessa nazione. Nel corso degli anni, sono stati introdotti i concetti di "determinazione dei gruppi (prima facie)" e di "protezione temporanea" in considerazione di situazioni di movimenti di afflusso di massa. Inoltre, gli

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accordi regionali e l'approccio per gruppi hanno ampliato il campo di protezione e la capacità di soddisfare tale esigenza.

3. Il processo di allertare gli Stati su nuove esigenze di protezione mostra sia un metodo pragmatico sia una comprensione dinamica delle implicazioni della Convenzione sui rifugiati del 1951 e il suo protocollo del 1967. Nello stesso spirito, attraverso strumenti regionali, gli Stati hanno esaminato le rispettive realtà locali e hanno concordato su una strategia più adatta e integrale, adattando le norme giuridiche all'evoluzione della dislocazione forzata e alle condizioni geografiche. La più recente conclusione generale sulla protezione internazionale, ora sottoposta ad approvazione, evidenzia giustamente alcuni problemi attuali legati all'intolleranza e al fallimento nella soddisfazione di diritti dei richiedenti asilo e, nello stesso tempo, incoraggia il mantenimento di importanti leggi internazionali relative ai diritti umani come necessario elemento di riferimento. Infatti, sembra urgente estendere la riflessione e le norme statutarie per coprire l'intera gamma di situazioni in costante mutamento di persone costrette a lasciare i propri luoghi di residenza.

4. La comunità internazionale è riuscita a elaborare strumenti coraggiosi e chiari per proteggere i rifugiati dalla violenza e dalla persecuzione attraverso la Convenzione sui rifugiati del 1951, il protocollo del 1967 e accordi regionali aggiuntivi. Gli esistenti strumenti per rifugiati costituiscono l'inizio di un continuum all'estremità del quale potremmo porre le convenzioni e gli accordi approvati dalle Nazioni Unite e dall'Organizzazione internazionale del lavoro per proteggere i lavoratori migranti e le loro famiglie. Attualmente, fra queste due politiche polarizzate si situano milioni di altre persone costrette ad abbandonare la propria residenza a causa della desertificazione, della carestia, del cambiamento climatico, dell'oppressione generalizzata e dell'abuso dei diritti umani. Molte di queste persone sradicate rientrano nel mandato dell'UNHCR, come quanti divengono apolidi. Tuttavia, molte altre non rientrano nella tipologia dei rifugiati o dei lavoratori migranti, ma la comunità internazionale non può ignorare la loro piaga né può negare l'obbligo etico di estendere anche a loro la protezione, per quanto tale compito possa risultare difficile.

5. Nel nostro mondo interconnesso siamo legati a tutte le persone dislocate dalla nostra comune umanità e dall'idea che la globalizzazione della giustizia e della solidarietà è la migliore garanzia per la pace e per un futuro comune. Bisogna dunque affrontare il problema di come avviare il processo per formalizzare modi e mezzi per la protezione di milioni di persone al centro del continuum: la responsabilità di proteggerle, fornire assistenza per la sopravvivenza immediata, criteri per la loro accoglienza in altri luoghi, strutture di coordinamento. Le migliori pratiche esistenti e gli obblighi relativi ai diritti umani possono essere un punto di partenza per l'elaborazione di uno strumento giuridico.

6. L'esperienza della comunità internazionale con la realizzazione delle convenzioni giuridicamente vincolanti mostra il valore dei comitati di esperti che monitorano e raccomandano una interpretazione comune del loro contenuto. Forse un gruppo simile per la Convenzione dei rifugiati può essere un utile complemento, possibilmente nell'ambito delle strutture esistenti dell'UNHCR, in questo momento in cui i tribunali, a volte, divergono ampiamente nelle interpretazioni.

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7. In conclusione, signor Presidente, lo sforzo costante per tutelare i diritti umani di tutte le persone costrette ad abbandonare i propri luoghi di residenza è in linea con un'etica coerente di vita e con una realizzazione sempre più integrale della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, il cui 60º anniversario cadrà quest'anno. Il dislocamento non è un fenomeno isolato da altre realtà sociali. È il risultato di decisioni politiche, di negligenza e di mancanza di prevenzione nonché di eventi naturali imprevisti. È un fenomeno che ricade sotto la responsabilità degli Stati e della comunità internazionale. Una risposta adeguata, quindi, non è possibile senza l'azione coerente delle agenzie e degli attori che hanno il mandato di trovare le soluzioni migliori. Lo stato di allerta creativo richiesto per tali soluzioni dovrebbe spingere la comunità internazionale a muovere nuovi passi nell'ambito della protezione. Gli strumenti giuridici sono certamente necessari, ma, in definitiva, saranno una cultura di solidarietà e l'eliminazione delle cause del dislocamento a sostenere il sistema di protezione.

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Intervento della Santa Sede al secondo Forum Mondiale su Migrazione e Sviluppo

(Manila, 27-30 ottobre 2008)

Discorso di s.e. Mons. Agostino Marchetto, SEGRETARIO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO

DELLA PASTORALE PER I MIGRANTI E GLI ITINERANTI

29 ottobre 2008

Signor Presidente,

A nome della Santa Sede, desidero rinnovare le mie congratulazioni per questa opportunità che ci è offerta di riflettere assieme su migrazione e sviluppo.

Vorrei ugualmente esprimere agli organizzatori di questo Secondo Forum l’apprezzamento della Santa Sede per aver inserito nell’ordine del giorno un dibattito sulle relazioni tra migrazione internazionale, sviluppo e diritti umani. Tale iniziativa è un chiaro riconoscimento del fatto che il rispetto per i diritti umani dei migranti è condizione essenziale se l’umanità vuole beneficiare appieno della migrazione internazionale. E ciò è vero non solo per coloro che emigrano, ma anche per i Paesi di partenza e di accoglienza.

Ciò vuole dire anche che tutti i migranti, a prescindere dal loro status, hanno diritto di godere dei diritti umani e che dev'essere rivolta loro un’attenzione particolare per evitare la discriminazione e proteggere quanti tra essi sono vulnerabili, come lo sono le donne, i minori non accompagnati, gli anziani e i diversamente abili.

Esistono già trattati che comprendono un forte impegno a proteggere i rifugiati, gli apolidi, i lavoratori migranti e i membri delle loro famiglie, e quanti sono vittime dell’immigrazione clandestina e del traffico di esseri umani. Si tratta di misure chiave multilaterali dirette ad assicurare il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dei migranti, tutti fattori – e questo è uno degli scopi del nostro Forum – legati allo sviluppo. Come possono, infatti, i migranti, uomini o donne, contribuire al meglio al vero sviluppo se la loro non è una situazione umana?

A tale riguardo, vorrei ricordare le parole del Santo Padre Benedetto XVI nel discorso alle Nazioni Unite, il 18 aprile di quest’anno. Egli ha detto: "Il futuro sarà costruito sui diritti umani". Stiamo parlando di un nucleo fondamentale di valori, quindi di diritti, ma anche di doveri e responsabilità, compresa la necessità di promuovere la dignità umana e la giustizia, senza imporre né il relativismo, né l’imperialismo culturale, e con la piena accettazione dei principi di sussidiarietà e solidarietà. L’applicazione concreta di questi valori è un fattore-chiave per il successo delle politiche governative in questo ambito.

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Negli ultimi decenni, la Santa Sede ha intrapreso e promosso una vasta difesa della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo nella sua integrità e indivisibilità, intesa come conforme al Diritto Naturale.

Approfitto di questa occasione per ripetere che ogni forma di migrazione temporanea e circolare non deve mai essere presa come pretesto per evitare il pieno rispetto dei diritti dei migranti, e in maniera specifica, del loro diritto alla riunificazione familiare, al riconoscimento del loro contributo allo sviluppo, sia attraverso il lavoro, sia con le rimesse di denaro a casa. Ogni fallimento in questo ambito indicherebbe una mancanza di politiche di integrazione e cooperazione nei Paesi di arrivo, come pure di politiche di sviluppo nazionale in quelli d’origine.

Sviluppo è una parola chiave nei nostri incontri, ma spesso, dietro, vi si nasconde la povertà. Discriminazione, violenza, restrizioni di libertà personali e collettive, sono tutte realtà comuni, tanto alla migrazione quanto alla povertà. Le due sono accomunate, tra l’altro, dalla formazione di gruppi chiusi, che impediscono l’incontro e il dialogo, e che privano le persone dell’arricchimento e dello scambio vicendevoli, dell’integrazione e della reciprocità, della comprensione e del beneficio comune.

I Governi dovrebbero continuare a creare le condizioni per cui la migrazione non sia mai la sola opzione che resta alle persone al fine di trovare un lavoro e condurre una vita sicura e dignitosa. Maggiori occasioni di lavoro dovrebbero essere create nei Paesi d’origine e dovrebbe essere evitata ogni politica migratoria che mini i fondamenti della società, specialmente la famiglia, che ne è la cellula di base. I potenziali vantaggi dell’emigrazione sono superati dai problemi che appaiono in particolare nelle famiglie esposte al rischio della disintegrazione. In questa situazione, a soffrire maggiormente sono i bambini che spesso crescono senza genitori e sono obbligati ad assumere il peso di gravose responsabilità.

Nei Paesi di accoglienza, la riunificazione familiare è il modo migliore per promuovere l’integrazione degli immigrati ed eliminare molti problemi, in particolare quelli legati alla sicurezza e all’ordine pubblico.

I migranti non rappresentano solo un problema, ma anche un dono per le nostre società. Essi ci aiutano nel nostro lavoro, ci obbligano ad aprire la nostra mente, le nostre economie e le nostre politiche e ci stimolano a ricercare nuovi modelli. Soltanto assieme potremo vincere questa sfida ed aprire il nostro mondo al futuro, di cui tutti vogliamo godere.

Grazie, Signor Presidente.

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Intervento dell'Osservatore permanente della Santa Sede

durante la 41a sessione della Commissione su popolazione e sviluppo

del Consiglio Economico e Sociale dell'ONU

ADDRESS OF H.E. MSGR. CELESTINO MIGLIORE

New York, mercoledì, 9 aprile 2008

Monitoraggio della popolazione mondiale, incentrato sulla distribuzione della popolazione, l'urbanizzazione, la migrazione interna e lo sviluppo

Presidente,

Questa sessione della Commissione su Popolazione e Sviluppo giunge nel momento storico in cui, per la prima volta nella storia, il numero degli abitanti dei centri urbani supererà il numero delle persone che vivono nelle aree rurali. Questa sessione, pertanto, ci invita a riflettere su questo fenomeno e a fare il punto sulle opportunità e sulle sfide che si prospettano.

L'urbanizzazione delle popolazioni mondiali offre nuove opportunità di crescita economica. Con l'accesso a salari più elevati e a servizi sociali migliori, come l'educazione, la salute, i trasporti, le comunicazioni, la fornitura di acqua potabile e i servizi igienici, i migranti che dalle aree rurali si trasferiscono nei centri urbani hanno più possibilità di promuovere il loro sviluppo personale e sociale.

Quando affrontiamo le questioni dell'immigrazione e dello sviluppo dobbiamo mettere al primo posto le esigenze e le preoccupazioni della gente. Porre la persona umana al servizio di riflessioni economiche o ambientali crea l'effetto disumano di trattare le persone come oggetti invece che come soggetti. La migrazione e l'urbanizzazione delle società non dovrebbero essere misurate meramente in base al loro impatto economico. Nel trovare modi per far fronte alle serie sfide poste da una massiccia migrazione interna e transnazionale non dobbiamo dimenticare che al centro di tale fenomeno c'è la persona umana. Pertanto, dobbiamo anche affrontare le ragioni per le quali le persone migrano, i sacrifici che fanno, le angosce e le speranze che le accompagnano. La migrazione spesso impone ai migranti grandi pressioni, poiché si lasciano dietro la famiglia e gli amici, le reti socio-culturali e spirituali.

Come giustamente illustra la relazione del Segretario Generale, mentre l'urbanizzazione ha creato migliori opportunità per gli individui e le loro famiglie, la migrazione dall'ambito rurale ai centri urbani crea anche numerose sfide. In effetti, nuovi problemi ambientali, sociali ed economici emergono con la nascita di mega città. Tuttavia, una delle conseguenze più pressante e dolorosa della rapida urbanizzazione è il numero crescente

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delle persone che vivono nei quartieri poveri urbani. Solo nel 2005 oltre 840 milioni di persone in tutto il mondo vivevano in tali condizioni. Prive di quasi tutto, queste persone possono perdere il loro senso di autostima e di conseguente dignità. Restano intrappolate in un circolo vizioso di povertà estrema e di emarginazione. Occupano abusivamente le proprietà dello Stato o di altre persone. Si sentono impotenti di chiedere perfino i servizi pubblici più fondamentali. I bambini non vanno a scuola ma nelle discariche, tirando avanti in qualche modo cercando tra i rifiuti. I legislatori e i responsabili della società civile devono porre queste persone e le loro preoccupazioni tra le priorità nei loro processi decisionali.

Mentre l'urbanizzazione produce una crescita netta in termini di sviluppo economico, non dobbiamo perdere di vista le terribili sfide che le comunità rurali devono affrontare, specialmente nei paesi in via di sviluppo. Se desideriamo raggiungere i Millennium development goals (Mdgs) entro il 2015, occorre rivolgere maggiore attenzione a quelle comunità in cui circa 675 milioni di persone ancora non hanno accesso all'acqua potabile e ai due miliardi di persone che vivono senza poter accedere ai servizi sanitari di base. Le politiche nazionali e internazionali farebbero bene a garantire che le comunità rurali abbiano accesso a servizi sociali migliori e più accessibili.

Presidente,

Da parte sua, la Santa Sede, con le sue istituzioni, mantiene il suo impegno ad affrontare le preoccupazioni di tutti i migranti e a trovare modi per collaborare con tutti, al fine di assicurare un adeguato equilibrio tra le legittime sollecitudini dello Stato e quelle delle singole persone umane. Aiutare i migranti a far fronte ai loro bisogni più elementari non contribuisce soltanto a favorire il momento del passaggio e a tenere unite le famiglie, ma è anche un modo positivo per incoraggiarli a diventare produttivi, responsabili, rispettosi della legge e a contribuire al bene comune della società. Grazie, Presidente.

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BENEDETTO XVI

ANGELUS

24 agosto 2008

Giornata Mondiale delle Migrazioni: Un particolare pensiero al mondo dei marittimi

Cari fratelli e sorelle! Ricorre oggi la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Poiché quest’anno si celebra l’Anno Paolino, pensando proprio a San Paolo quale grande missionario itinerante del Vangelo, ho scelto come tema: “San Paolo migrante, Apostolo delle genti”. Saulo – questo il suo nome ebraico – nacque in una famiglia di ebrei emigrati a Tarso, importante città della Cilicia, e crebbe con una triplice cultura – ebraica, ellenistica e romana – e con una mentalità cosmopolita. Quando si convertì da persecutore dei cristiani in apostolo del Vangelo, Paolo divenne “ambasciatore” di Cristo risorto per farlo conoscere a tutti, nella convinzione che in Lui tutti i popoli sono chiamati a formare la grande famiglia dei figli di Dio. Questa è anche la missione della Chiesa, più che mai in questo nostro tempo di globalizzazione. Come cristiani, non possiamo non avvertire il bisogno di trasmettere il messaggio d’amore di Gesù, specialmente a quanti non lo conoscono, oppure si trovano in situazioni difficili e dolorose. Oggi penso particolarmente ai migranti. La loro realtà è senz’altro variegata: in alcuni casi, grazie a Dio, è serena e ben integrata; altre volte, purtroppo, è penosa, difficile e talora persino drammatica. Vorrei assicurare che la comunità cristiana guarda ad ogni persona e ad ogni famiglia con attenzione, e chiede a San Paolo la forza di un rinnovato slancio per favorire, in ogni parte del mondo, la pacifica convivenza tra uomini e donne di etnie, culture e religioni diverse. L’Apostolo ci dice quale fu il segreto della sua nuova vita: “Anch’io – egli scrive – sono stato conquistato da Cristo Gesù” (Fil 3,12); e aggiunge: “Fatevi miei imitatori” (Fil 3,17). Si ognuno di noi, secondo la propria vocazione è là dove vive e lavora, è chiamato a testimoniare il Vangelo, con una cura più grande per quei fratelli e sorelle che da altri Paesi, per diversi motivi, sono venuti a vivere in mezzo a noi, valorizzando così il fenomeno delle migrazioni come occasione di incontro tra civiltà. Preghiamo ed agiamo perché questo avvenga sempre in modo pacifico e costruttivo, nel rispetto e nel dialogo, prevenendo ogni tentazione di conflitto e di sopraffazione. Desidero aggiungere una parola speciale per i marittimi e i pescatori, che vivono da qualche tempo maggiori disagi. Oltre alle abituali difficoltà, essi subiscono restrizioni per scendere a terra e accogliere a bordo i cappellani, come pure affrontano i rischi della pirateria e i danni della pesca illegale. Esprimo ad essi la mia vicinanza e l’augurio che la loro generosità, nelle attività di soccorso in mare, sia ricompensata da maggiore considerazione. Dopo la preghiera il Santo Padre torna sulla Giornata nel saluto rivolto ai presenti di lingua francese: “Accolgo con gioia i pellegrini di lingua francese. In questa Giornata del Migrante e del Rifugiato, l’esempio di San Paolo, Apostolo delle genti, lui stesso migrante e itinerante, ci invita ad essere anche noi portatori instancabili della Buona Novella”. Altrettanto con i pellegrini di lingua inglese:

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“In questa Giornata Mondiale dei Migranti e dei Rifugiati incoraggio singoli, comunità e istituzioni ad essere generosi con quelli che hanno lasciato la loro madrepatria. Il Padre delle misericordie riempia i nostri occhi e i nostri cuori delle sofferenze e dei bisogni di coloro che si sono affidati alla nostra ospitalità. E con quelli di lingua polacca: “Saluto cordialmente tutti i polacchi. Oggi, nella Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, ricordiamo in modo particolare quanti dimorano fuori dalla patria. Nell’anno di San Paolo, Apostolo che ha portato il messaggio di Cristo alle genti, auguro a voi e ai vostri connazionali che vivono all’estero di rimanere sempre fedeli al Vangelo. Che la fede aiuti ognuno di voi a superare tutte le difficoltà spirituali e materiali. Dio sostenga sempre voi e le vostre famiglie. Graditissimo infine, accolto con applauso scrosciante e sventolio di bandiere, è stato il saluto ai rappresentati delle molte comunità etniche di Roma presenti in Piazza San Pietro: “Rivolgo un cordiale saluto ai rappresentati delle comunità cattoliche migrantes presenti a Roma. Cari amici vi ripeto le parole dell’Apostolo Paolo: nella Chiesa voi non siete stranieri né ospiti, ma fate parte della famiglia di Dio. Sappiate inserirvi bene nella comunità ecclesiale e civile, con la ricchezza della vostra fede e delle vostre tradizioni”.

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BENEDETTO XVI

ANGELUS

31 agosto 2008

Cari fratelli e sorelle!

Anche oggi, nel Vangelo, compare in primo piano l’apostolo Pietro. Ma, mentre domenica scorsa l’abbiamo ammirato per la sua fede schietta in Gesù, da lui proclamato Messia e Figlio di Dio, questa volta, nell’episodio immediatamente seguente, mostra una fede ancora immatura e troppo legata alla "mentalità di questo mondo" (cfr Rm 12,2). Quando infatti Gesù comincia a parlare apertamente del destino che l’attende a Gerusalemme, che cioè dovrà soffrire molto ed essere ucciso per poi risorgere, Pietro protesta dicendo: "Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai" (Mt 16,22). È evidente che il Maestro e il discepolo seguono due modi di pensare opposti. Pietro, secondo una logica umana, è convinto che Dio non permetterebbe mai al suo Figlio di finire la sua missione morendo sulla croce. Gesù, al contrario, sa che il Padre, nel suo immenso amore per gli uomini, lo ha mandato a dare la vita per loro, e che se questo comporta la passione e la croce, è giusto che così avvenga. D’altra parte, Egli sa pure che l’ultima parola sarà la risurrezione. La protesta di Pietro, pur pronunciata in buona fede e per sincero amore verso il Maestro, suona per Gesù come una tentazione, un invito a salvare se stesso, mentre è solo perdendo la sua vita che Lui la riceverà nuova ed eterna per tutti noi.

Se, per salvarci, il Figlio di Dio ha dovuto soffrire e morire crocifisso, non è certamente per un disegno crudele del Padre celeste. La causa è la gravità della malattia da cui doveva guarirci: un male così serio e mortale da richiedere tutto il suo sangue. È infatti con la sua morte e risurrezione, che Gesù ha sconfitto il peccato e la morte ristabilendo la signoria di Dio. Ma la lotta non è finita: il male esiste e resiste in ogni generazione, anche ai nostri giorni. Che cosa sono gli orrori della guerra, le violenze sugli innocenti, la miseria e l’ingiustizia che infieriscono sui deboli, se non l’opposizione del male al regno di Dio? E come rispondere a tanta malvagità se non con la forza disarmata dell’amore che vince l’odio, della vita che non teme la morte? È la stessa misteriosa forza che usò Gesù, a costo di essere incompreso e abbandonato da molti dei suoi.

Cari fratelli e sorelle, per portare a pieno compimento l’opera della salvezza, il Redentore continua ad associare a sé e alla sua missione uomini e donne disposti a prendere la croce e a seguirlo. Come per Cristo, così pure per i cristiani portare la croce non è dunque facoltativo, ma è una missione da abbracciare per amore. Nel nostro mondo attuale, dove sembrano dominare le forze che dividono e distruggono, il Cristo non cessa di proporre a tutti il suo chiaro invito: chi vuol essere mio discepolo, rinneghi il proprio egoismo e porti con me la croce. Invochiamo l’aiuto della Vergine Santa, che per prima e sino alla fine ha

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seguito Gesù sulla via della croce. Ci aiuti Lei ad andare con decisione dietro al Signore, per sperimentare fin d’ora, pur nella prova, la gloria della risurrezione.

Dopo l'Angelus

In queste ultime settimane la cronaca ha registrato l’aumento degli episodi di immigrazione irregolare dall’Africa. Non di rado, la traversata del Mediterraneo verso il continente europeo, visto come un approdo di speranza per sfuggire a situazioni avverse e spesso insostenibili, si trasforma in tragedia; quella avvenuta qualche giorno fa sembra aver superato le precedenti per l’alto numero di vittime. La migrazione è fenomeno presente fin dagli albori della storia dell’umanità, che da sempre, pertanto, ha caratterizzato le relazioni tra popoli e nazioni. L’emergenza in cui si è trasformata nei nostri tempi, tuttavia, ci interpella e, mentre sollecita la nostra solidarietà, impone, nello stesso tempo, efficaci risposte politiche. So che molte istanze regionali, nazionali e internazionali si stanno occupando della questione della migrazione irregolare: ad esse va il mio plauso e il mio incoraggiamento, affinché continuino la loro meritevole azione con senso di responsabilità e spirito umanitario. Senso di responsabilità devono mostrare anche i Paesi di origine, non solo perché si tratta di loro concittadini, ma anche per rimuovere le cause di migrazione irregolare, come pure per stroncare, alle radici, tutte le forme di criminalità ad essa collegate. Dal canto loro, i Paesi europei e comunque quelli meta di immigrazione sono, tra l’altro, chiamati a sviluppare di comune accordo iniziative e strutture sempre più adeguate alle necessità dei migranti irregolari. Questi ultimi, poi, vanno pure sensibilizzati sul valore della propria vita, che rappresenta un bene unico, sempre prezioso, da tutelare di fronte ai gravissimi rischi a cui si espongono nella ricerca di un miglioramento delle loro condizioni e sul dovere della legalità che si impone a tutti. Come Padre comune, sento il profondo dovere di richiamare l’attenzione di tutti sul problema e di chiedere la generosa collaborazione di singoli e di istituzioni per affrontarlo e trovare vie di soluzione. Il Signore ci accompagni e renda fecondi i nostri sforzi!

Je vous salue, chers pèlerins francophones, qui êtes venus saluer et prier avec moi la Mère du Christ, en particulier les jeunes de Chiry-Ourscamp. À quelques jours de la rentrée scolaire, je désire tout spécialement confier à la Vierge Marie les élèves et les professeurs qui s’apprêtent à vivre ensemble une nouvelle année de découvertes, d’apprentissages et d’efforts. Que le Seigneur donne à chacun de faire fructifier les talents qui sont en lui pour le bien et la joie de tous. Avec ma Bénédiction apostolique.

I am happy to greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus prayer. In today’s Gospel, Jesus reveals to his disciples his coming passion, death and resurrection. He also teaches us that, to follow him, we too must enter into the mystery of the cross. Faithful obedience to God and loving service of our neighbour do not always come easily. But to embrace the cross of Christ is to share in his victory. May the Lord keep us in his love! I wish you all a pleasant stay in Castel Gandolfo and Rome, and a blessed Sunday!

Einen frohen Gruß richte ich an alle Brüder und Schwestern deutscher Zunge; unter ihnen grüße ich besonders Pilger aus dem Bistum Rottenburg-Stuttgart. Petrus und die Apostel, so haben wir es heute im Evangelium gehört, müssen lernen, was es heißt, Jünger Jesu zu

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sein und Ihm nachzufolgen: das wollen, was Gott will; auch dann, wenn es schwer scheint und sogar Leid und Kreuz mit einschließt. Haben wir keine Angst, unseren Weg mit Gott zu gehen. Er gibt uns Kraft und hilft uns, das Gute zu vollbringen. Mit meinem Segen begleite ich euch alle.

Saludo cordialmente a los fieles de lengua española, en particular a los Pastores y fieles de la querida Nación cubana, que ayer inauguraron solemnemente el Trienio preparatorio de la celebración de los cuatrocientos años del hallazgo y la presencia de la venerada imagen de Nuestra Señora de la Caridad del Cobre. A todos los amados hijos e hijas de la Iglesia que vive en ese noble País los encomiendo fervientemente en mi plegaria, para que, a ejemplo de María Santísima, y ayudados por su maternal intercesión, tengan una fe rica en obras de misericordia y amor. Los invito asimismo a acoger cotidianamente en su corazón la Palabra de Dios, a meditarla y llevarla a la práctica con valentía y esperanza para que, como auténticos hijos de Dios Padre, discípulos fieles de Cristo y, con la fuerza del Espíritu Santo, sean misioneros del Evangelio en cualquier circunstancia de la vida. Reciban a la Virgen en sus casas, permanezcan con Ella en oración y encuentren su dicha en hacer lo que su Hijo Jesús les diga. En este hermoso camino los acompaña el afecto y la cercanía espiritual del Papa. Que Dios bendiga a Cuba y a todos los cubanos.

Pozdrawiam wszystkich Polaków. Dziś w liturgii Chrystus wzywa, abyśmy Go naśladowali. Nie ukrywa, że na tej drodze trzeba wejść w tajemnicę krzyża. Zapewnia jednak, że kto traci swoje życie z Jego powodu, znajdzie je. Niech ta obietnica umacnia nas, gdy ciąży krzyż codzienności. Niech Bóg wam błogosławi.

[Saluto tutti i polacchi. Nella liturgia odierna Cristo ci chiama a seguirLo. Non nasconde che su questo cammino bisogna entrare nel mistero della croce. Tuttavia assicura che chi perde la propria vita per causa sua, la troverà. Questa promessa ci sostenga, quando pesa la croce della quotidianità. Dio vi benedica.]

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai Sacerdoti salesiani provenienti da diversi Paesi e alle Suore Domenicane Missionarie di San Sisto. Saluto inoltre i fedeli di Bassano del Grappa, Galliera Veneta, Bedizzole, Boccaleone, Moncalieri e Riposto, i cresimandi di Zané con i loro genitori e il gruppo della diocesi di Lodi. A tutti auguro una buona domenica.

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Evangelizzare la comunità cristiana all’incontro e all’accoglienza

delle persone immigrate

DIECI PERCORSI PASTORALI Don Giancarlo Perego, Responsabile Centro Documentazione Caritas

Italiana

1. Introduzione L‘”atto”, il “fenomeno” dell’immigrazione che entra nelle nostre comunità cristiane, oltre ad essere incontrato e conosciuto, chiede dei percorsi di discernimento e di educazione. Se è vero - come ha ricordato il Papa nel messaggio per la Giornata mondiale delle migrazioni dell’anno 1996 - che “nella Chiesa nessuno è straniero e la Chiesa non è straniera a nessun uomo e in nessun luogo”, diventa indispensabile costruire percorsi di “credibilità” di una fraternità ecclesiale che riconosce il valore dello straniero che entra nella comunità cristiana, in ogni comunità cristiana. 2. Dieci piste di lavoro pastorale per evangelizzare la comunità cristiana all’ incontro e all’accoglienza degli immigrati Anche alla luce del recente Convegno ecclesiale di Verona (ottobre 2006) e delle piste pastorali indicate nei lavori preparatori e di gruppo (Tradizione, cittadinanza, festa e lavoro, affetti, fragilità), possiamo individuare dieci percorsi per evangelizzare la comunità cristiana all’accoglienza degli immigrati43. 2.1 Un primo percorso è l’educazione all’incontro. Se in parrocchia, nelle nostre comunità non si costruiscono occasioni di incontro con le persone e le famiglie straniere, il rischio è di alimentare i pregiudizi, le distanze, i luoghi comuni. Ma non basta costruire luoghi d’incontro - uno dei quali può essere il centro d’ascolto parrocchiale, ma anche il centro pastorale parrocchiale -: occorre aiutare l’incontro, accompagnare l’incontro con persone immigrate, sia da parte degli anziani o adulti, come da parte dei giovani e dei ragazzi. 2.2. Un secondo percorso è educare all’identità cristiana. “Un’identità debole - scrive Lanza - non è servizio allo straniero, ma aggravamento della sua situazione. Infatti rende arduo il processo di ridefinizione della sua identità, così come l’imposizione assimilatoria lo

43 Tra gli strumenti consultati nella costruzione delle dieci piste ricordo: La pastorale etnica oggi e in prospettiva, Roma, Ucei, 1986; Commissione per l’educazione Cattolica-Pontificia Commissione Migrazioni e Turismo, Orizzonti pastorali oggi, Padova, Edizioni Messaggero, 1987; CARITAS ITALIANA-MIGRANTES-UFFICIO NAZIONALE PROBLEMI SOCIALI, “Nella Chiesa nessuno è straniero”. Guida pratica per l’immigrazione ad uso degli operatori socio-pastorali, Roma, CEI, 2000; COP, Gli immigrati interpellano la comunità cristiana, Bologna, EDB, 2001; V. MARCON e F. LANA (a cura di), Immigrazione: lavoro e dignità della persona, Roma, Azione Cattolica Italiana, 2002.

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rende fittizio”44. L’educazione all’identità cristiana chiede una formazione permanente negli adulti cristiani, che renda capaci di dire la fede e testimoniarla. 2.3 Un terzo percorso è costruire gesti e momenti di integrazione. L’incontro e l’accoglienza delle persone e famiglie immigrate ha bisogno di gesti che, in maniera continua, aiutino a costruire relazioni vere e responsabili tra le persone della comunità cristiana e gli immigrati. L’integrazione non ha bisogno solo di mediazione, ma anche di scambi, di una partecipazione continua degli immigrati ai luoghi di vita sociale ed ecclesiale. L’integrazione è un gesto “politico” chiaro e distinto che, in questi momenti di scelta legislativa di ‘precarietà’ della persona immigrata, può provenire come scelta operativa dalle nostre comunità cristiane. 2.4. Un quarto percorso è la conoscenza delle culture. L’incontro, lo scambio dentro la comunità cristiana tra persone locali e persone provenienti da altri popoli chiede uno sforzo di conoscenza delle altre culture straniere, ma anche di una geografia del mondo, delle cause che generano fenomeni migratori da alcuni Paesi del sud del mondo rispetto ad altri Paesi. Anche la conoscenza dei Paesi di provenienza degli immigrati aiuta a superare pregiudizi, giudizi affrettati e a entrare nella prospettiva dell’altro. Soprattutto per i ragazzi e i giovani, che oggi vivono in una scuola aperta alla multiculturalità, la conoscenza culturale di altri paesi da cui provengono gli amici di classe aiuta a costruire relazioni positive e costruttive. 2.5 Un quinto percorso è la scelta ecumenica e il dialogo interreligioso. La conoscenza degli aspetti fondamentali, sul piano veritativo e morale, delle religioni degli immigrati aiuta a riscoprire vari aspetti e non si ferma alla sola fiducia e al semplice rispetto. Anzitutto aiuta a vivere concretamente una relazione ecumenica con sorelle e fratelli separati (in particolare ortodossi) che dai Paesi dell’Est giungono nei nostri paesi e nelle nostre famiglie. Il dialogo ecumenico con i nostri fratelli separati può trovare, nelle nostre comunità cristiane, un momento concreto, anche di coinvolgimento, nella tradizionale “Settimana ecumenica per l’unità dei cristiani”. Con i fratelli immigrati che professano altre religioni e vivono nelle nostre comunità (islamici, induisti, buddisti...), la conoscenza e il dialogo alimenta la stima anche verso la diversità di impostazione di vita e di celebrazione religiosa, aiuta il confronto, stimola l’approfondimento della propria fede. Nel dialogo si costruisce un processo di comprensione che va oltre la semplice “tolleranza”, per valorizzare le tradizioni, la festa. 2.6 Un sesto percorso riguarda un processo di inserimento del fenomeno immigratorio e degli immigrati nel quadro pastorale. È un processo non facile, ma indispensabile. Si tratta di valorizzare presenze e competenze anzitutto di cattolici provenienti da altre chiese, e che vivono una sorta di ”diaspora”, dentro le nostre comunità cristiane. La presenza di immigrati cattolici nei nostri consigli pastorali, nell’Azione cattolica, nella Caritas parrocchiale, tra gli educatori non può che arricchire non solo il volto “cattolico” della nostra Chiesa, ma anche offrire spunti e stimoli provenienti da altre chiese, magari giovani

44 COP, Gli immigrati interpellano la comunità cristiana, cit., p. 128.

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chiese, ricche di un dinamismo e di una fede “delle origini”, cariche di problemi e difficoltà che aiuta a ridimensionare i problemi quotidiani delle nostre comunità. Un ruolo importante possono avere gli immigrati cattolici che vivono nelle nostre comunità rispetto al percorso di “catecumenato” che iniziano i loro e nostri fratelli cristiani dentro le comunità parrocchiali. L’esperienza e i cammini nelle comunità d’origine possono risultare significativi nella problematica della prima evangelizzazione e nell’accompagnamento alla scelta di fede. 2.7 Un settimo percorso nelle nostre comunità cristiane ha come attenzione privilegiata la donna immigrata. La donna immigrata vive un doppio disagio: di un retaggio culturale e morale che, talora, la pone in una condizione sociale e familiare di grave dipendenza; di un contesto socio-culturale di promozione ed emancipazione femminile. La comunità cristiana, soprattutto attraverso il gruppo famiglie, ma anche attraverso la sensibilità e l’amicizia di alcune persone, deve aiutare la donna immigrata a tutelare la propria dignità, a vivere e superare il disagio, nel quadro di un inserimento sociale, culturale e religioso rispettoso di alcune diversità45. 2.8 Un ottavo percorso nelle nostre comunità riguarda la pastorale d’ambiente. Forse in nessun altro ambiente, più che nel mondo dell’immigrazione, vale quanto i Vescovi italiani scrivono negli Orientamenti pastorali per il primo decennio del 2000. “Perché a tutti che l’attendono - scrivono i Vescovi italiani - sia donata la parola del Vangelo, è importante la presenza significativa dei fedeli laici negli ambienti di vita...L’intera società, nei suoi vari ambiti, è attraversata da un processo di cambiamenti profondi e accelerati. Diventa prioritaria, di conseguenza, una lettura attenta di tali contesti, onde poter rilanciare una pastorale d’ambiente sempre più indispensabile per compaginare la comunità battesimale, per raggiungere quanti sono in attesa dell’annuncio cristiano”46. Molto spesso le donne immigrate prima che arrivino in parrocchia le incontriamo nelle famiglie o ai giardini, mentre accudiscono i nostri anziani; i giovani immigrati nelle aziende e sui posti di lavoro; i bambini immigrati li incontriamo sulle strade a giocare o nelle nostre scuole; le persone immigrate in difficoltà le incontriamo nei Centri di ascolto e agli sportelli o ai patronati: questi e altri ambienti diventano luoghi di “missione”. 2.9. Un nono percorso nelle nostre comunità riguarda l’educazione alla mondialità e alla cooperazione internazionale. L’incontro, lo scambio, le relazioni quotidiane in parrocchia e nei diversi ambienti di vita spingono a riconsiderare un’educazione alla mondialità come uno dei volti della cattolicità della Chiesa, ma anche a costruire gesti e stili di vita che rafforzino sul piano politico-sociale, il valore della cooperazione internazionale come strumento per costruire la giustizia e per promuovere lo sviluppo dei popoli. Bilanci di giustizia, commercio equo solidale, microrealizzazioni e ogni altro gesto che nelle nostre comunità sposano la giustizia, la solidarietà e lo sviluppo acquistano un significato più profondo se condivisi con i nostri fratelli immigrati che provengono dal Sud del mondo e sono, talora, i nostri vicini di casa.

45 Si possono trova re utili indicazioni nel contributo di M.P. COLOMBO SVEVO, L’immigrazione femminile; in: COP, Gli immigrati interpellano la comunità cristiana, cit., pp. 195-212. 46 CEI, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia,(Roma, 29 giugno 2001), n.61.

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2.10. L’ultimo percorso che si suggerisce riguarda la scelta di coniugare in parrocchia “‘legalità, solidarietà e giustizia”. Tra gli immigrati ci sono talora i poveri per i quali fare una scelta preferenziale: perché privi di ogni tutela, perché fuggiti da Paesi in povertà guerra e persecuzione e sbarcati sulle nostre coste del Meridione, perché senza una famiglia, perché senza una casa, perché sfruttati, perché malati. Nei percorsi delle nostre comunità, di preghiera e di azione, di annuncio e di denuncia, non può mancare un posto per loro. Anche loro sono i ‘fratelli più piccoli’ per i quali, nel nostro tempo, nelle nostre comunità, “siamo chiamati a farsi prossimi”47.

47 CEI, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, cit., n.62.

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Il patto europeo per l'immigrazione e il diritto d'asilo - Poca memoria pochissima speranza

Don Vittorio Nozza – Direttore di Caritas Italiana

Restrizioni, ostacoli, barriere. Sono i segnali che arrivano dal Parlamento europeo e dal patto per l'immigrazione e il diritto d'asilo che dovrebbe essere adottato dal vertice europeo dei capi di Stato e di Governo del prossimo 15 ottobre. Con possibili eccezioni e corsie preferenziali per i lavoratori altamente specializzati. Un giro di vite anche in Italia sui ricongiungimenti e per i richiedenti asilo. Tolleranza zero contro gli irregolari, ma anche qui con eccezioni in base alle nostre convenienze. Tendenze che non meravigliano in questo primo segmento del terzo millennio in cui c'è sempre meno memoria e scarsa speranza. In cui la vita è sempre più "usa e getta", più che curata e vissuta. Con i deboli e i poveri costretti a pagare due volte. Le recenti parole del Papa, di compassione per le tragedie nelle quali si concludono i tentativi degli immigrati di approdare alle nostre coste e di appello ai Paesi occidentali affinché mettano in atto politiche di soccorso, sono però un invito a valutare criticamente le scelte che criminalizzano l'immigrazione indesiderata. Parole che devono interrogarci sulle contraddizioni delle politiche di chiusura delle frontiere e sulla necessità di prestare al fenomeno migratorio una maggiore e più qualificata attenzione e progettualità. Le migrazioni mettono a nudo principalmente due problemi: la giustizia distributiva e la giustizia politica. Circa il primo problema è palese che la povertà, il sottosviluppo e la disperazione di molte persone sono drammatici. Spesso queste situazioni portano le persone ad intraprendere rischiosi viaggi verso l'Europa, che per molti finisce con la morte. L'unica soluzione, a questa che è una vera tragedia umanitaria, è che i Paesi del primo mondo adottino politiche globali di giustizia redistributiva. L'appello del Papa all'Europa affinché accolga gli irregolari pone un secondo problema di giustizia politica. Cioè la capacità di parlare e operare di impasto tra dignità e giustizia. E qui la ricerca del bene comune, cioè la politica, deve fare la sua parte, riaffermando il primato della persona umana. La politica infatti è creazione di opinioni non tenute al guinzaglio dell'opinione corrente; è capacità e coraggio di influire sul giudizio politico dei cittadini; è azione capace di operare affinché si determinino cambiamenti nell'opinione pubblica imperante. Intristisce quando, dal mondo politico, arrivano segnali contrari che - per mitigare le frustrazioni di chi vede riflesse nell'altro, nel diverso le proprie insicurezze - alimentano un clima di paura e di intolleranza. Tanto che nella dimensione locale del vivere si accentuano tendenze di chiusura autarchica e di arroccamento sociale. Le solidarietà si accorciano sempre più, mentre si moltiplicano affermazioni, intenzioni e decisioni che incrementano l'orientamento ad attuare una sorta di principio di indesiderabilità per chi bussa alla porta e di riconduzione generalizzata dell'immigrazione alla questione sicurezza. Gli orientamenti corrono il rischio di essere oscurati da questa logica emergenziale, mentre alcune questioni di fondo attendono di essere definite in un quadro limpido di solidarietà e di legalità. È giusto infatti chiedere alla politica l'indicazione di un progetto fondato sull'equilibrio tra diritti e doveri, tra sicurezza e integrazione, che produca provvedimenti idonei ad affrontare i diversi profili di una questione che chiama in causa valori profondi del nostro modo d'essere e di rapportarci agli altri. La stessa Commissione europea ha definito l'integrazione come un processo continuativo e a doppio senso, basato su diritti e doveri che gravano tanto sugli

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immigrati che sulla società di accoglienza. Senza contare che ormai tutti parlano di un'Europa dei popoli, sia chi vorrebbe vedere accresciuto il peso dei popoli rispetto ai Governi, sia chi sostiene invece chiusure xenofobe e ritiene che essere popolo significhi avere un'eredità comune impermeabile ad ogni apporto esterno. Al riguardo ci si deve interrogare circa i cambiamenti culturali in atto. È evidente che il solo appello - pur necessario - ai valori presenti nella cultura istituzionale e nel diritto internazionale (si prenda il caso dell'asilo) non sono più considerati valori comuni. Esistono più voci, nell'informazione, nella cultura, nelle forze politiche, che spingono a forme più o meno raffinate, di diffidenza, intolleranza, contrasto, violenza. È urgente pertanto una rinnovata tensione e azione pedagogica. In quest'ottica deve essere chiaro che quando la Chiesa predica i valori di rispetto della dignità, solidarietà, condivisione tra i popoli, di incontro tra le culture e le religioni non fa battaglie politiche ma - a partire dai principi evangelici e dall'azione che dispiega giorno per giorno - precisa solo i presupposti sui quali la politica deve costruire. Si tratta di un contributo morale, culturale, di esperienza, di disponibilità del quale, a nostro avviso, la politica ha bisogno.