Allegato Notiziario n. 3 | 2014 | 3 - OMCeO Bari...Giacomo Lucarelli, Rita Triggiani Medicina di...

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    processi 4Il metodo della scienza: il futuro della ricerca biomedica, tra razionalità e integrità di Antonio G. Solimando

    universitÀ 10Le vecchie torri d’avorio? No, graziedi Angelo Vacca

    irccs 14Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientificodi Girolamo Ranieri, Cosmo Damiano Gadaleta

    ospedali 20Non più solo assistenza. Il caso dell’u.o.C. di Radiologia del San Paolo di Baridi Antonietta Ancona

    preMi oMceo 24Dove va il futuroa cura della redazione

    Premi alla ricerca 26

    Premi alle migliori tesi di laurea in MMG 34

    nuovi percorsi 36 Psicologo di Base e medico di famiglia: uno studio pilota nella provincia di Baridi Katia Balenzano, Lucia Elia, Anna Gasparre, Valentina Marzano, Rosa Palmieri, Edvige Zatton, Filippo Anelli, Gaetano Bufano, Alessia Mancini

    anticoaGulanti 44Terapie innovative per la trombosidi Nicola Ciavarella, Giovanni Dirienzo, Prudenza Ranieri, Giuseppe Malcangi, Giacomo Lucarelli, Rita Triggiani

    Medicina di Base 51Salute e Immigrazione in Pugliadi Pasquale Renna

    oMeGa 3 54The Pufa-Storydi Luigi Santoiemma, Lora Accettura

    S O M M A R I O

    AllegAtO Al nOtIzIARIO OMceO n. 3 | OttObRe 2014Hanno collaborato: Antonio G. Solimando, Angelo Vacca, Girolamo Ranieri, Cosmo Damiano Gadaleta, Antonietta Ancona, Katia Balenzano, Lucia Elia, Anna Gasparre, Valentina Marzano, Rosa Palmieri, Edvige Zatton, Filippo Anelli, Gaetano Bufano, Alessia Mancini, Nicola Ciavarella, Giovanni Dirienzo, Prudenza Ranieri, Giuseppe Malcangi, Giacomo Lucarelli, Rita Triggiani, Pasquale Renna, Luigi Santoiemma, Lora Accettura

    24

    2010

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    di ANToNio G. SoLiMANDo Medico in formazione specialistica in Medicina Interna presso l’Università degli Studi di Bari

    [email protected]

    Il metodo della scIenza: Il futuro della rIcerca bIomedIca, tra razIonalItà e IntegrItà La ritrattazione scientifica è in crescita. Spesso

    a causa di frodi, plagi, pubblicazioni duplicate

    e cattiva condotta scientifica

    p r o c e s s I

  • Allegato Notiziario n. 3 | 2014 | 7

    “Il metodo della scienza è razionale: è il migliore che abbiamo.

    Perciò è razionale accettare i suoi risultati; ma non nel senso di confidare ciecamente in essi:

    non sappiamo mai in anticipo dove potremmo essere piantati in asso.”

    K.R. Popper

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    Come certificare la qualità della ricer-ca? Misure e istituzioni con questo compito sono sempre più rappresen-tate1. Nel 1992 i National Institutes of Health

    statunitensi hanno creato un office for Rese-

    arch Integrity; un numero crescente di enti e

    università hanno ritenuto di dotarsi di codici

    di condotta, atti a garantire l’integrità nella

    ricerca e a prevenire la scientific misconduct

    (cattiva condotta). La Commissione Europea

    ha rivolto attenzione all’argomento; nell’am-

    bito di Horizon 2020 esiste un bando per la

    presentazione di proposte sul tema “Ethics in

    Research: Promoting Integrity”2. La cronaca

    ha sollevato un ampio dibattito circa temi che

    comprendono l’etica nella attività di ricerca3.

    Quali sono i motivi di tali evidenze? Partendo

    dai dati alla base dell’attualità, si scopre che

    alcuni ricercatori sulla rivista “Frontiers in Hu-

    man Neuroscience” hanno descritto una cre-

    scita nella ritrattazione scientifica4. In termini

    assoluti il fenomeno è limitato, ma implica

    importanti conseguenze. Le ritrattazioni pos-

    sono anche non avere alcuna attinenza con

    l’integrità. Nella maggioranza dei casi, però,

    la scientific misconduct è cardinale, configu-

    randosi quale evento in crescita, in particola-

    re in termini di frodi, plagio o pubblicazione

    duplicata. Il mero errore involontario conta

    marginalmente. L’elusione dell’integrità de-

    termina il noto publication bias4: le riviste,

    attratte da un segmento di mercato più am-

    pio, certificato dalle citazioni degli articoli

    che pubblicano, tendono alla selezione sulla

    base del possibile fattore di impatto (I.F.) o

    interesse riscontrati. Tali elementi hanno un

    riflesso: i ricercatori, interfacciandosi con gli

    enti finanziatori, subiscono pressioni dalle

    sedi universitarie o istituti; l’obiettivo di que-

    sti ultimi si esplica frequentemente nell’otte-

    nimento di fondi. Vi è allora una attenzione,

    involontaria o consapevole, a selezionare i

    dati più innovativi, positivi e che conferiscano

    la possibilità di ambire alla pubblicazione su

    riviste scientificamente rilevanti.

    Abbiamo dunque delineato il circuito inne-

    scato e le conseguenze pratiche, quali ad

    esempio il decline effect (effetto di declino):

    al crescere del I.F. aumenta la probabilità

    che una porzione maggiore di articoli ven-

    ga ritrattata per cattiva condotta scientifi-

    ca, un dato paradossale, che appare tanto

    vero, quanto maggiormente pesato sulla

    solidità dello studio, intesa come numerosità

    campionaria. Dunque il ranking dei giornali

    scientifici diventa un predittore dell’inciden-

    za di scientific misconduct nella ritrattazione.

    una seconda osservazione è di ambito precli-

    nico: verificando il livello di riproducibilità dei

    risultati, risulta inquietante che una minoran-

    za delle acquisizioni si riveli effettivamente

    riproducibile. Probabilmente assistiamo alla

    punta di un iceberg5; considerato anche il

    grado di controllo inferiore rispetto al con-

    testo degli studi clinici, la rilevanza risulta

    non trascurabile. un terzo aspetto è svelato

    tramite questionari in forma anonima. Ri-

    un numero crescente di enti e università hanno

    ritenuto di dotarsi di codici di condotta,

    atti a garantire l’integrità nella ricerca e a prevenire la “scientific misconduct”

    (cattiva condotta)

  • Allegato Notiziario n. 3 | 2014 | 9

    chiedendo quanti ricercatori riconoscano un

    comportamento “dubbio” se non franca-

    mente inaccettabile, operati gravi, come la

    falsificazione e il plagio, registrano una bassa

    frequenza. Diventano più probabili l’inappro-

    priata assegnazione del ruolo di autori a col-

    laboratori del gruppo o l’utilizzo di disegni

    sperimentali inadeguati, sino all’esclusione

    di singoli risultati dalla valutazione comples-

    siva del progetto; ne consegue un “miglio-

    ramento” del dato. Con frequenza crescen-

    te è poi riferita un’inadeguata registrazione

    delle procedure, elemento fondamentale nel

    perseguire l’obiettivo della responsabilità

    (accauntability); si deroga, infine, in modo

    quasi sistematico, ad accogliere l’adozione

    e promozione dei principi di sostituzione

    (replacement), riduzione (reduction) e perfe-

    zionamento (refinement). Dettagli di ulteriore

    preoccupazione sono le differenze tra varie

    età scientifiche dei protagonisti della ricerca

    (giovani, ricercatori a metà della loro carriera

    ed esperti). I soggetti più anziani ammettono

    di porre in atto in misura maggiore compor-

    tamenti eufemisticamente “dubbi”. Come

    scardinare il circolo vizioso?

    Ripartiamo dall’imprinting all’esordio della

    vita scientifica: le modalità di stesura delle

    tesi di laurea e di dottorato di ricerca. Dero-

    gare ad atteggiamenti incongrui alla buona

    pratica di ricerca biomedica, rappresenta la

    benzina per mantenere lo status quo; la fal-

    la è di natura culturale. Il progetto basilare,

    facendo a meno del quale il circolo

    i paraMetri scelti per valutare i concorrenti al fine della carriera accadeMica sono, alMeno per i settori BiBlioMetrici, tutti Basati sul nuMero

    di puBBlicazioni e di citazioni

  • 10 | Allegato Notiziario n. 3 | 2014

    vizioso tenderà ad autoalimentarsi, è la for-

    mazione, di cui alcuni indicatori diventano

    fondamentali: la verificabilità, la riproduci-

    bilità e quindi l’integrità, che comprende

    l’etica. Radicalizzando le conseguenze della

    programmazione educativa, notiamo che i

    parametri ad oggi scelti nella valutazione

    dei concorrenti alla progressione nella car-

    riera accademica sono, almeno per i settori

    bibliometrici, tutti basati sul numero di pub-

    blicazioni e di citazioni. C’è un elemento da

    valutare: consistenza e visibilità dei lavori

    condizionano quantitativamente e per legge

    le prospettive di carriera. Questo rappresen-

    ta un fattore notevole di pressione sull’indi-

    viduo. Infine, con riferimento alla disponi-

    bilità di codici di condotta, assistiamo a un

    gradiente. Nel Nord Europa esistono chiare

    indicazioni; vi sono, poi, realtà prive di co-

    dici nazionali, ma in cui delle linee

    guida possono in qualche modo

    essere pubblicate anche se non

    sono un vero sistema per legge. In

    Italia è francamente difficile reperi-

    re delle direttive di comportamento

    e di approccio metodologico.

    È pur vero che in talune

    realtà virtuose sono stati

    introdotti nel codice eti-

    co i concetti di onestà e

    rigore nella ricerca e nella

    pubblicazione dei relativi

    risultati, di astensione da

    ogni forma di plagio o condotta riprovevole,

    nonché di impegno attivo nella prevenzione

    e repressione.

    La politica istituzionale sembra, però, ta-

    lora incentrata a fornirsi di strumenti atti a

    difendersi da accuse di cattiva condotta. Si

    conseguirebbero invece vantaggi se si anti-

    cipasse la scientific misconduct. I fenomeni

    di autocontrollo diventerebbero costrutti-

    vi, costituendosi come l’intento di esaltare

    la propensione intellettuale del ricercatore

    a sottoporre il proprio risultato e quello al-

    trui a costante giudizio, per trovarne i punti

    critici da cui generare nuove prospettive di

    conoscenza reale, ripetibile e utile. Il rigore

    nel controllo di qualità può generare rallen-

    tamenti, ma le evidenze di risultati emersi

    da una siffatta metodologia produrranno

    conclusioni attendibili, corroborando il più

    possibile la produzione scientifica. Le pres-

    sioni risultano accentuate da fattori che esu-

    lano dall’integrità, ma la intaccano. In que-

    ste istanze possiamo scorgere la tendenza a

    percepire la ricerca biomedica come ancillare

    a priorità differenti. La subordinazione all’as-

    sistenza clinica è errata; si tratta di entità in

    continuità “orizzontale”. Non può esserci

    ricerca che non consideri in modo diretto o

    indiretto il bene della persona e in particolar

    modo del malato quali prioritari e non può

    esistere procedura medica che non riceva la

    necessaria validazione, quanto più possibile

    basata sull’evidenza.

    nOte1. McNutt M., Raising the bar. Science. 2014 Jul 4; 345(6192): 9.

    2. http://ec.europa.eu/programmes/horizon2020/en/h2020-section/science-and-society.

    3. Patitucci D., Cuore, studio UK accusa: migliaia di morti in UE per linee guida basate su dati falsi. Il Fatto Quotidiano (edizione online), 1 marzo 2014: http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/03/01/cuore-studio-uk-accusa-migliaia-di-morti-in-ue-per-linee-guida-basate-su-dati-falsi/891975.

    4. Brembs B., Button K., Munafò M., Deep impact: unintended consequences of journal rank. Front Hum Neurosci. 2013 Jun 24;7:291

    5. Fang FC, Steen RG, Casadevall A., Misconduct accounts for the majority of retracted scientific publications Proc Natl Acad Sci U S A. 2012 Oct 16;109(42):17028-33.

    6. Martinson B. C., Anderson M. S., de Vries R., Scientists behaving badly Nature Commentary Vol 435, 9 June 2005.

  • 12 | Allegato Notiziario n. 3 | 2014

    u n I v e r s I tà

    di ANGELo VACCA

    Professore ordinario di Medicina Interna

    Delegato per il Rettore alla Ricerca Università degli Studi

    Aldo Moro di Bari

    [email protected]

    Per attrarre risorse finanziarie le Università italiane devono pianificare la promozione

    e la valorizzazione della ricerca di base, in tutte le ricadute culturali, sociali, economiche

    e produttive sul territorio. E devono aprirsi a politiche di integrazione e cooperazione

    L’università italiana, per anni definita una torre d’avorio, sganciata e in al-cuni casi avulsa dal contesto territoria-le, autoreferenziale e con una ricerca a volte

    fine a se stessa, non ha più ragion d’essere.

    La precarietà delle risorse umane ed econo-

    miche e la necessità di confrontarsi con un

    linguaggio, quello europeo e internazionale,

    basato su “cose concrete” ha selezionato

    quasi darwinianamen-

    te tutti coloro che sono

    capaci di sostenere,

    implementare e comu-

    nicare una ricerca al

    servizio del territorio.

    Questa nuova visione

    dell’università moder-

    na, da alcuni non condivisa perché ritenuta

    non più università libera e indipendente, è

    l’unica che permetta di attrarre risorse finan-

    ziarie anche per la ricerca di base.

    In quest’ottica, azioni primarie che le univer-

    sità devono pianificare sono la promozione e

    la valorizzazione sia della ricerca di base che

    di quella applicata, in tutte le loro ricadute

    nei processi culturali, sociali, economici e

    produttivi, l’implementazione dei processi di

    internazionalizzazione attraverso l’attuazione

    di politiche di integrazione e di cooperazione

    fra università, Enti di ricerca e organismi di

    alta qualificazione operanti all’estero, non-

    ché l’intensificazione delle azioni di trasferi-

    mento tecnologico dei risultati della ricerca.

    A tal fine, l’università deve dotarsi di stru-

    menti adeguati che coinvolgano in primis la

    riorganizzazione delle risorse umane. Gli Ate-

    nei italiani che hanno ottenuto negli ultimi

    anni un bilancio positivo, sia in termini eco-

    nomici che gestionali, sono partiti proprio da

    quello che gli esperti

    definiscono change

    management, ossia il

    governo del cambia-

    mento che deve coin-

    volgere regole, risorse

    umane e gestione del-

    le risorse finanziarie.

    Rafforzare le strutture di supporto alla ricer-

    ca e all’innovazione con la creazione di veri

    e propri Research Support offices (RSo) con

    personale formato e motivato porta a mi-

    gliorare la capacità di attrarre risorse finan-

    ziarie, permettendo così agli Atenei di lavo-

    rare nella direzione tracciata dal programma

    dell’unione Europea per il finanziamento

    della ricerca e dell’innovazione Horizon 2020

    (H2020), unica vera fonte di finanziamento

    pubblico alla ricerca. Per questo il fronte del-

    la partnership privata dev’essere valorizzato

    e potenziato, vista l’impronta tecnolo-

    le veccHIe torrI d’avorIo? no, grazIe

    favorire l’inserimento dei dottori di ricerca nel mercato del lavoro attraverso esperienze di stages

    significa potenziare il Job placement dei propri laureati

  • Allegato Notiziario n. 3 | 2014 | 13

    le veccHIe torrI d’avorIo? no, grazIe

    Is13,7%

    rca (25)10,9%

    Altre i tuz. pubbliche2,8%

    Spesa in r&S per settore istituzionale. Italia. anno 2010 (valori percentuali)

    (Fonte: Istat - Rilevazione statistica sulla ricerca e sviluppo)

  • 14 | Allegato Notiziario n. 3 | 2014

    le universitÀ italiane hanno iMparato a fare MarketinG, puntando sull’iMMaGine, sui sondaGGi, sulle relazioni, e sulla coMunicazione

    l’università deve dotarsi di strumenti adeguati

    che coinvolgano in primis la riorganizzazione

    delle risorse umane

    gico-applicativa che l’Europa riserva a tutti i

    progetti da essa finanziati.

    D’altro canto, la ricognizione dei prodot-

    ti della ricerca al proprio interno permette

    all’università una proiezione verso il territo-

    rio, processo che si definisce “trasferimento

    tecnologico”, anch’esso gestito e promosso

    da uffici di Trasferimento Tecnologico (o uf-

    fici ILo: Industrial Liaison office), di cui or-

    mai tutti gli Atenei sono dotati. Non basta

    però implementare tali unità ILo in organico;

    esse devono favorire la creazione di una rete

    virtuosa che metta in relazione eccellenze

    scientifiche riconosciute, creando occasio-

    ni di incontro con le Aziende. Nell’ambito

    di tale attività si collocano specifici servizi,

    quali la definizione di accordi/contratti per

    la ricerca a tutela della proprietà intellettua-

    le, l’implementazione di progetti di ricerca

    congiunti, la valorizzazione dei risultati della

    ricerca (brevetto; contratto di sviluppo; spin

    off; contratto cessione know-how).

    un ruolo chiave nello svolgimento di que-

    sta importante attività è svolto dai giovani

    in formazione. Favorire l’inserimento dei

    Dottori di ricerca nel mercato del lavoro at-

    traverso esperienze di stages acquisite du-

    rante il corso di Dottorato nell’ambito delle

    collaborazioni con soggetti pubblici e privati,

    italiani e stranieri, significa potenziare il Job

    Placement dei propri laureati, attività ritenu-

    ta di notevole prestigio negli Atenei stranie-

    ri. Implementare il senso di appartenenza

    al proprio Ateneo del laureato permette di

    competere a livello privato, nazionale e in-

    ternazionale, e di migliorare la propria imma-

    gine. È un’attività a costo zero per le azien-

    de, che probabilmente conoscono poco le

    opportunità occupazionali legate a vantaggi

    fiscali nell’assunzione di Dottori di ricerca

    (Contratti di Alto Apprendistato).

    un altro obbiettivo che gli Atenei stanno cu-

    rando è l’internazionalizzazione. Si diventa

    Internazionali se si è conosciuti. Ne deriva

    che il rafforzamento della partnership in-

    ternazionale (tra l’altro fondamentale per la

    competizione europea), l’accreditamento di

    Scuole di Dottorato internazionali, l’imple-

    mentazione delle reti Erasmus sia degli stu-

    denti che dei docenti, l’offerta formativa a re-

    spiro internazionale (corsi di laurea in lingua

    straniera, Master europei), l’accoglienza di

    Visiting Scholars & Professors e la promozio-

    ne della mobilità dei docenti e dei dottoran-

    di contribuirà a rendere gli Atenei italiani dei

    grandi Spin off, “rotolando fuori” dal ristretto

    contesto di sede. Da non trascurare, infine,

    l’eccellenza della ricerca e dei ricercatori. Le

    recenti riforme hanno spronato i ricercato-

    ri a confrontarsi con indicatori bibliometrici

  • Allegato Notiziario n. 3 | 2014 | 15

    “PReMIO WeItzMAn” A giugno 2014 l’Università

    di Bari ha avuto l’onore di

    festeggiare Antonio Mo-

    schetta, vincitore del pre-

    stigioso Richard Weitzman

    Award. Il professore asso-

    ciato di Medicina Interna

    e Nutrizione Clinica ha

    ricevuto il premio per le

    sue scoperte nell’ambito

    dell’entero-endocrinolo-

    gia. A conferire il ricono-

    scimento, la società di

    Endocrinologia americana,

    che ha esaminato gli ultimi

    tre anni di attività svolte

    dal ricercatore.

    molto stringenti che se da una parte hanno

    agevolato gruppi di ricerca all’avanguardia,

    dall’altra hanno messo in crisi un sistema sot-

    to molti aspetti stagnante. È stato necessario

    accelerare, cominciare a organizzare il pro-

    prio tempo lavorativo secondo una visione di

    rete o di sistema di reti per tradurre il tempo

    in prodotti tangibili (pubblicazioni, brevetti,

    progetti, attività didattica). La vera sfida è

    che nessuno in questa corsa può permettersi

    di fermarsi perché la comunità universitaria

    nel suo insieme ne risentirebbe. Pertanto av-

    viare, sempre in quel programma di gestione

    innovativa, una riorganizzazione delle risorse

    sottoutilizzate, isolate, non motivate, a volte

    escluse è dovere di un’università moderna.

    Per quanto esposto sopra, le università ita-

    liane hanno imparato a fare marketing, pun-

    tando sull’immagine, sui sondaggi, sulle re-

    lazioni, e sulla comunicazione. Comunicare è

    dunque un ulteriore obbiettivo che le univer-

    sità devono perseguire nei loro programmi.

    Si comunicano le attività didattiche, le inte-

    razioni socio-culturali e i risultati della ricerca

    superando, per esempio con gli Archivi isti-

    tuzionali open Access, il limite dell’inacces-

    sibilità alle fonti bibliografiche.

    Ecco che la promozione di Giornate della Ri-

    cerca universitaria, aperte anche al contesto

    socio-economico locale, la divulgazione del-

    la scienza, attraverso innovativi strumenti di

    diffusione e comunicazione offerti anche da

    progettualità europee (Notte dei Ricercatori),

    il coinvolgimento nell’attività di comunicazio-

    ne delle altre Istituzioni universitarie pugliesi

    e degli Enti locali per un’azione di marketing

    territoriale e la promozione sul territorio di

    Fiere dell’innovazione, per favorire il confron-

    to e le relazioni, sono tutti strumenti che un

    buon Ateneo deve utilizzare.

  • 16 | Allegato Notiziario n. 3 | 2014

    Il caso dell’Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari: rievocando la storia, divulgando

    il presente e prospettando il futuro

    I r c c s

    di GiRoLAMo RANiERi e CoSMo DAMiANo GADALETA

    IstItutI dI rIcovero e cura a carattere scIentIfIco

  • Allegato Notiziario n. 3 | 2014 | 17

    “Si cura meglio dove si fa ricer-ca”: è questo lo slogan più volte enunciato in diverse occasioni, da umberto Veronesi, scienziato di chiara

    fama internazionale e icona mondiale per la

    ricerca e la cura dei tumori maligni. E nel ri-

    prendere questo slogan, è importante iden-

    tificare le realtà istituzionali italiane ove si fa

    ricerca. Esse sono sostanzialmente le univer-

    sità caratterizzate dalla mission della didat-

    tica e della ricerca e gli Istituti di Ricovero e

    Cura a Carattere scientifico (IRCCS) caratte-

    rizzati dalla mission di eseguire ricerca clini-

    ca e traslazionale con ricaduta terapeutica

    immediata sui pazienti. Pertanto nell’ambito

    della medicina oncologica non accademica

    e più, in senso lato, di tipo ospedaliero gli

    IRCCS si pongono come Istituzioni fonda-

    mentali sul territorio nazionale. La centralità

    degli IRCCS a carattere oncologico è dovu-

    ta a motivazioni storiche, poiché in essi ha

    avuto corso in Italia l’inizio della terapia dei

    pazienti oncologici e la ricerca delle nuove

    strategie terapeutiche per la cura dei tumori.

    Risale al 1925 l’inaugurazione di una strut-

    tura ospedaliera completamente diversa da

    quelle esistenti, l’Istituto Tumori di Milano

    (INT) dedicato alla cura dei pazienti affet-

    ti da cancro. L’INT nasce sulla presa di co-

    scienza, sempre più diffusa, che accanto alle

    patologie infettive di grande impatto sociale

    dell’epoca quali tubercolosi, sifilide, tifo e

    malaria, esisteva la patologia oncologica. Si

    osservava infatti una maggiore incidenza dei

    tumori e tale incidenza era apparente, cioè

    dovuta al miglioramento della conoscenza e

    delle tecniche diagnostiche, ma anche reale

    in quanto facente seguito ai processi di

    rca (25)11,3%

    Altre is4,1%

    Is15,4%

    Personale impiegato (EtP) in r&S. Italia. anno 2010 (valori percentuali)

    (Fonte: Istat - Rilevazione statistica sulla ricerca e sviluppo)

    nell’ambito della medicina oncologica

    non accademica e più, in senso lato, di tipo

    ospedaliero gli Irccs si pongono come

    Istituzioni fondamentali sul territorio nazionale

  • 18 | Allegato Notiziario n. 3 | 2014

    È coMpito del Ministero della salute viGilare suGli irccs per Garantire che la ricerca da essi svolta sia finalizzata all’interesse puBBlico

    negli Irccs a carattere oncologico ha avuto inizio

    la terapia dei pazienti oncologici e la ricerca delle nuove strategie

    terapeutiche per la cura dei tumori

    industrializzazione di fine ottocento e inizio

    novecento. Nel 1940 viene istituito l’IRCCS

    Giovanni Pascale di Napoli, primo tra gli

    IRCCS del Mezzogiorno e secondo in Italia.

    A seguire negli anni, nasceranno e si conso-

    lideranno tutti gli altri IRCCS a carattere on-

    cologico attualmente esistenti sul territorio

    nazionale italiano.

    Ma come sono identificati e regolamentati gli

    IRCCS dalla giurisdizione italiana? Essi sono,

    ex art. 1 comma 1 del decreto legislativo 16

    ottobre 2003, n. 288 e successive modifica-

    zioni e integrazioni, “enti a rilevanza naziona-

    le dotati di autonomia e personalità giuridica

    che, secondo standard di eccellenza, perse-

    guono finalità di ricerca, prevalentemente

    clinica e traslazionale, nel campo biomedico

    e in quello dell’organizzazione e gestione dei

    servizi sanitari, unitamente a prestazioni di ri-

    covero e cura di alta specialità”. La peculiari-

    tà dell’attività di ricerca degli IRCCS sta nello

    scambio continuo di conoscenze scientifiche

    fra laboratorio e clinica. Essi effettuano infatti

    una ricerca che deve trovare necessariamen-

    te sbocco in applicazioni terapeutiche negli

    ospedali. Tale processo richiede il coinvolgi-

    mento di diverse figure dotate di specificità

    professionali, ma accomunate da un unico

    obiettivo: finalizzare l’attività della ricerca al

    miglior risultato, diagnostico e terapeutico,

    per il paziente. Il citato decreto legislativo ha

    disposto il riordino degli Istituti di ricovero e

    cura a carattere scientifico pubblici. È com-

    pito del Ministero della Salute vigilare sugli

    IRCCS per garantire che la ricerca da essi

    svolta sia finalizzata all’interesse pubblico

    con una diretta ricaduta sull’assistenza del

    malato, anche perché sono di supporto tec-

    nico e operativo agli altri organi del SSN, per

    l’esercizio delle funzioni assistenziali al fine

    del perseguimento degli obiettivi del Piano

    Sanitario Nazionale in materia di ricerca sani-

    taria e per la formazione del personale. Il ri-

    conoscimento del carattere “scientifico” è la

    procedura attraverso cui queste realtà ospe-

    daliere vengono qualificate come IRCCS: ciò

    conferisce il diritto alla fruizione di un finan-

    ziamento statale (che va ad aggiungersi a

    quello regionale) finalizzato esclusivamente

    allo svolgimento della attività di ricerca relati-

    va alle materie riconosciute, nella fattispecie

    all’oncologia.

    Per sottolineare il ruolo e l’impatto degli

    scienziati e delle terapie che sono state svi-

    luppate negli IRCCS oncologici basti solo

    pensare, sul versante dell’oncologia medi-

    ca, alla polichemioterapia del Linfoma di

    Hodgkin secondo lo schema ABVD speri-

    mentata e validata dal professor Giovanni

    Bonadonna, maestro indiscusso e capofila

    dell’oncologia medica italiana e allo schema

    CMF, sempre opera di Bonadonna, quale

    chemioterapia adiuvante nel carcinoma del-

    la mammella. Tali terapie, diffusesi in tutto il

  • Allegato Notiziario n. 3 | 2014 | 19

    mondo, hanno consentito di salvare milioni

    di vite umane. Sul versante chirurgico è an-

    cora una volta da richiamare la genialità del

    professor Veronesi che intuì, dimostrandone

    la veridicità, come si potesse conservare la

    mammella della paziente affetta da carci-

    noma mammario. Gli studi di Veronesi di-

    mostrarono che la mastectomia, intervento

    mutilante, poteva essere sostituita dalla qua-

    drantectomia mammaria associata a radiote-

    rapia così detta (QuART) ottenendo gli stessi

    risultati in termini di guarigioni.

    L’Istituto Giovanni Paolo II di Bari si pone

    quale ente di riferimento per la patologia on-

    cologica in Puglia. Il Giovanni Paolo II trae

    le sue origini dal Centro Tumori, istituito nel

    1955. Esso fu costituito quale Ente ospeda-

    liero e dichiarato “ospedale Provinciale Spe-

    cializzato in oncologia” nel 1976. Nel 1985

    ottenne il riconoscimento di Istituto di Rico-

    vero e Cura a Carattere Scientifico. L’Istituto

    Giovanni Paolo II promuove rapporti di col-

    laborazione con ospedali del territorio, con

    la Regione Puglia, con le università e altri

    centri di eccellenza nazionali ed internazio-

    nali. La ricerca clinica dell’Istituto è caratteriz-

    zata da diverse filiere tutte con una ricaduta

    immediata sui pazienti. In particolare sono

    in corso, nell’ambito dell’oncologia medi-

    ca, studi e nuove applicazioni terapeutiche

    con farmaci biologici a cosiddetto bersaglio

    molecolare, farmaci cioè in grado di blocca-

    re in modo selettivo la proteina alterata del

    tumore che lo induce a svilupparsi. È questo

    il caso dei tumori del fegato, della mammel-

    la, del polmone, del colon-retto e di alcuni

    tumori ematologici. Particolarmente innova-

    tivi sono i trattamenti integrati di tipo loco-

    regionale e interventistico che si basano sul

    principio di “ablare”, cioè di demolire con

    metodi fisici direttamente il nodulo tumorale.

    Tra questi sono da evidenziare i trattamenti

    di termoablazione con radiofrequenza e con

    microonde che si realizzano mediante ago-

    elettrodi inseriti per via percutanea e sotto

    guida radiologica nel nodulo tumorale. Gli

    ago-elettrodi così posizionati erogano calo-

    re inducendo la necrosi coagulativa del

    bIblIOgRAfIA

    Veronesi U., Salvadori B.,

    Luini A. et al., Conservative

    treatment of early breast

    cancer. Long-term results

    of 1232 cases treated

    with quadrantectomy,

    axillary dissection, and

    radiotherapy. Ann Surg.

    1990 Mar; 211(3): 250-9.

    Bonadonna G., Santoro

    A., Current issues in the

    management of advanced

    Hodgkin’s disease.

    Blood Rev. 1990 Mar; 4(1):

    69-73.

    Gadaleta C.D., Solbiati

    L., Mattioli V. et al.,

    Unresectable lung

    malignancy: combination

    therapy with segmental

    pulmonary arterial

    chemoembolization with

    drug-eluting microspheres

    and Radiofrequency

    ablation in 17 patients.

    Radiology. 2013 May;

    267(2): 627-37.

    Ranieri G., Gadaleta C.D.,

    Patruno R., Zizzo N.,

    Daidone M.G., Hansson

    M.G., Paradiso A., Ribatti

    D., A model of study for

    human cancer: Spontaneous

    occurring tumors in

    dogs. Biological features

    and translation for new

    anticancer therapies. Crit

    Rev Oncol Hematol. 2013

    Oct; 88(1): 187-97.

  • 20 | Allegato Notiziario n. 3 | 2014

    tumori. Queste tecniche mini-invasive con-

    sentono al paziente di deambulare dopo 24

    ore dall’intervento. Le applicazioni consolida-

    te riguardano i tumori del fegato ma più re-

    centemente sono stati ottenuti risultati unici

    in Europa nel trattamento dei tumori polmo-

    nari. un altro settore in itinere e di prossima

    applicazione è il trattamento delle neoplasie

    maligne con il beta emittente ittrio 90 per i

    quali l’Istituto Giovanni Paolo II si pone come

    capofila di tutto il Centro-sud. Questi trat-

    tamenti si potenziano vicendevolmente con

    le chemioterapie sistemiche, eseguite cioè

    per via endovenosa, e con le chemioterapie

    loco-regionali organo, eseguite cioè per via

    intrarteriosa. A tal proposito l’Istituto è dota-

    to, unico tra gli ospedali oncologici pugliesi,

    di una strumentazione d’avanguardia per l’i-

    pertermia capacitiva esterna che, erogando

    calore con dei cuscini-elettrodi posti sull’or-

    gano ammalato, potenziano gli effetti delle

    chemioterapie. Le applicazioni della “dop-

    pietta” chemioterapia più ipertermia esterna

    riguardano in particolare i pazienti affetti da

    tumori del pancreas, dei tessuti molli (sarco-

    mi), polmonari, epatici, del colon-retto, della

    mammella e della cervice uterina. Nell’ambi-

    to dell’oncoematologia sono da evidenziare

    i nuovi protocolli terapeutici nella terapia dei

    linfomi e delle patologie linfoproliferative.

    Sotto il profilo delle tecnologie l’Istituto si ca-

    ratterizza per la disponibilità della strumenta-

    zione IoRT (Intra-operatory-Radio-Therapy,

    ovvero radioterapia intraoperatoria) che con-

    sente, in casi selezionati, di erogare il tratta-

    mento direttamente nel corso dell’intervento

    chirurgico risparmiando al paziente tratta-

    menti di radioterapia e liste di attesa succes-

    sive all’intervento chirurgico. E a proposito

    dell’offerta di chirurgia oncologica, l’IRCCS

    Giovanni Paolo II copre i settori della: chi-

    rurgia addominale, ginecologica, cutanea,

    senologica e ricostruttiva d’organo. Accanto

    alla ricerca clinica la mission dell’IRCCS è di

    fare ricerca traslazionale. Ma cose significa

    per i non addetti ai lavori questo tipo di ri-

    cerca? La ricerca traslazionale si pone come

    ponte di collegamento tra la ricerca di base

    e l’applicazione clinica e viceversa. Si tratta

    cioè di quel tipo di ricerca che gli anglosas-

    soni definiscono from bench to bedside, ov-

    vero dal laboratorio al letto del paziente. Per

    esempio se è stata scoperta dalla ricerca bio-

    logica di base un’alterazione genetica che

    comporta la sintesi di una proteina anomala,

    che a sua volta induce la proliferazione e la

    formazione del tumore, potrà essere identi-

    ficato il farmaco che blocca quella proteina.

    Ma per farne un’applicazione clinica tera-

    peutica l’oncologo medico, dovrà possedere

    conoscenze composite cioè traslazionali, ov-

    vero conoscere aspetti biologici del tumori

    che presentano la proteina alterata, chiedere

    ai laboratori l’identificazione dell’alterazione

    e quindi del fattore predittivo di risposta te-

    rapeutica e, una volta avuta la certezza che il

    tumore esprima la proteina anomala, essere

    in grado di somministrare con le posologie

    e i tempi idonei il farmaco antitumorale.

    Nell’ambito della ricerca traslazionale l’Isti-

    tuto si caratterizza per linee che riguardano:

    l’angiogenesi tumorale, i fattori sierici e pro-

    teomici predittivi di risposta terapeutica, la

    caratterizzazione tessutale e molecolare di

    recettori tirosino-chinasici e peptidi quali fat-

    tori predittivi e marcatori di malignità della

    neoplasia, farmacocinetica e farmacodinami-

    ca di nuove molecole e colture cellulari.

    Al fine di poter eseguire gli studi traslazio-

    nali è tuttavia necessaria la disponibilità di

    campioni biologici provenienti da pazienti

    oncologici. Tali campioni sono costituiti da

    frammenti di tumore e campioni di siero e

    plasma. Ed ecco il concetto di biobanca isti-

    tuzionale cioè di un “archivio” di materiale

    biologico tumorale, opportunamente prele-

    la ricerca traslazionale si pone coMe ponte di colleGaMento tra la ricerca di Base e l’applicazione clinica e viceversa

    cani e gatti da compagnia condividono fattori

    ambientali ed alimentari con l’uomo e pertanto i possibili cancerogeni

  • Allegato Notiziario n. 3 | 2014 | 21

    vato e conservato con tecniche atte a preser-

    varne l’integrità, identificato e identificabile,

    ceduto dai pazienti mediante un opera di

    informazione, sensibilizzazione e con oppor-

    tuno consenso informato. L’Istituto Giovanni

    Paolo II ha già qualche anno realizzato una

    biobanca che si affianca ad altre, già istituite

    sul territorio nazionale. Di particolare impor-

    tanza al proposito lo studio delle patologie

    oncologiche eredo-familiari, già in corso nei

    laboratori dell’Istituto, che offre un servizio

    di consulenza per i soggetti a rischio. E se

    da un lato la biobanca dell’Istituto è già una

    realtà, un interesse particolare è riservato al

    gemellaggio già in essere con la biobanca

    istituzionale degli animali da compagnia, in

    particolare cani e gatti, dell’università degli

    Studi di Bari. È noto infatti che cani e gatti

    da compagnia condividono fattori ambien-

    tali ed alimentari con l’uomo e pertanto i

    possibili cancerogeni. Di grande interesse è

    inoltre la similitudine delle forme tumorali ca-

    nine, feline e dell’uomo. A differenza dei topi

    da laboratorio, nei quali i tumori vengono

    artificiosamente indotti, gli animali da com-

    pagnia offrono un modello spontaneo della

    insorgenza delle neoplasie maligne. Essi per-

    tanto costituiscono da un lato una sentinella

    della patologia oncologica capace di anti-

    cipare negli anni l’insorgenza dell’omologa

    patologia umana e dall’altro possono fornire

    materiale per una biobanca biologica, atta

    a studi capaci di realizzare nuovi e più attivi

    farmaci per l’uomo. In questo senso l’Istitu-

    to, primo nel Centro-sud prendendo spunto

    dal Comparative oncology Program Natio-

    nal Cancer Institute’s Center for Cancer Re-

    search americano, ha messo su una filiera di

    studi comparati con ricadute traslazionali in

    oncologia umana i cui risultati sono stati già

    pubblicati su importanti riviste scientifiche di

    settore.

    In sintesi l’IRCCS Giovanni Paolo II di Bari, in

    rete con gli altri IRCCS italiani, si interpone in

    un network fondamentale per la ricerca on-

    cologica al fine di erogare nuovi e più efficaci

    trattamenti integrati ai pazienti oncologici,

    con lo scopo ultimo di guarire o cronicizzare

    il più possibile la patologia oncologica, mi-

    gliorando la qualità di vita dei pazienti, con

    un rapporto di umanizzazione che costituisce

    in ogni caso il supporto relazionale fonda-

    mentale per ogni atto medico degno di tale

    nome.

    GIRolAMo RAnIERI U.o.C. Di Radiologia

    Diagnostica, Interventistica e oncologia Medica Integrata

    IRCCS Giovanni Paolo II

    CoSMo DAMIAno GADAlETA Direttore U.o.C. Di Radiologia

    Diagnostica, Interventistica e oncologia Medica Integrata

    IRCCS Giovanni Paolo II

    I DAtI Del RAPPORtO AVUR

    Il rapporto 2013 AVUR (Agenzia nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca) sullo stato del sistema universitario e della ricerca rileva come dai dati emerga in

    primo luogo che nella media degli ultimi 5 anni la quota

    italiana di spesa in Ricerca e Sviluppo rispetto al PIL è inferiore

    alla media europea e a quella dei principali paesi industriali,

    collocandosi al 19esimo posto su 23 paesi considerati

    nell’analisi, superiore in ambito UE alle sole Grecia e Polonia.

    Esistono peraltro notevoli differenze a livello regionale, con

    alcune regioni allineate alla media UE e altre, principalmente

    del Mezzogiorno, notevolmente al di sotto di essa.

  • 22 | Allegato Notiziario n. 3 | 2014

    non pIù solo assIstenza

    Dimostra come in un ospedale moderno entrino anche la didattica

    e la ricerca. Dal caso SIRIo, il sistema di navigazione computerizzata

    all’EcoColorDoppler dei vasi venosi del collo

    Il caso dell’u.o.c dI radIologIa del san paolo dI barI

    o s p e d a l I

  • Allegato Notiziario n. 3 | 2014 | 23

    di AntoniettA AnconA

    Antonietta AnconaDirettore u.o.C. Radiologia,

    ospedale San Paolo, ASL BA, Bari

    [email protected]

    Se in passato l’università era deputata alla didattica e alla ricerca, mentre gli ospedali all’assistenza, oggi, in una visione più moderna, un grosso ospedale

    dovrebbe avere come finalità lo svolgimento

    unitario e coordinato delle funzioni di assi-

    stenza, didattica e ricerca. L’unità operativa

    Complessa di Radiologia dell’ospedale San

    Paolo della ASL BA da anni, ormai, ha fatto

    propria questa sfida, consapevole che ciò mi-

    gliorerà sempre di più i livelli di qualità dell’as-

    sistenza offerta. Particolare attenzione presso

    tale u.o.C. è stata data all’innovazione tec-

    nologica con l’acquisizione di apparecchiatu-

    re di ultima generazione; ciò ha consentito di

    poter dare una risposta efficace alle esigenze

    dei clinici, in un’ottica di medicina più moder-

    na e multidisciplinare. In ambito didattico-

    formativo tale struttura è stata individuata

    come riferimento per la frequenza di medici

    specializzandi in Radiologia di differenti scuo-

    le di Specializzazione (università degli Studi di

    Bari, di Foggia e Federico II di Napoli).

    La presenza di giovani specializzandi impe-

    gna tutto il personale delle varie sezioni alla

    didattica e alla formazione pratica. Questa

    esperienza, oltre a garantire un’osmosi conti-

    nua con le nuove generazioni di professioni-

    sti, crea negli operatori uno stimolo costante

    al confronto, all’aggiornamento e alla cresci-

    ta professionale. Questo si concretizza an-

    che nell’impegno e nel lavoro profuso

  • 24 | Allegato Notiziario n. 3 | 2014

    nell’ambito della ricerca. Gli studi in corso,

    ovviamente collegati all’impiego di nuove

    tecnologie non ancora diffuse sul territorio,

    riguardano i seguenti ambiti:

    1. agobiopsie percutanee tc guidate di no-

    duli polmonari SIrIo assistite.

    SIRIo è un sistema di navigazione compute-

    rizzata, realizzato da un gruppo di ingegneri

    di una società barese (Masmec Biomed) che

    effettua una ricostruzione virtuale multipla-

    nare di immagini TC, tale da raffigurare con-

    temporaneamente l’anatomia endotoracica,

    la lesione e l’ago introdotto, consentendo

    così la scelta, in tempo reale, della migliore

    angolazione del percorso dell’ago. La sicura

    angolazione della traiettoria dell’ago garan-

    tisce il raggiungimento di lesioni polmonari

    localizzate in qualsiasi sede, con un unico af-

    fondamento e quindi con una netta riduzione

    delle complicanze e dei tempi di esecuzione.

    La maggior precisione del sistema SIRIo si

    rileva pertanto particolarmente efficace in

    quelle condizioni che, a tutt’oggi, costitui-

    scono un limite nell’esecuzione dell’agobiop-

    sia TC guidata con metodica tradizionale: i

    prelievi su noduli centrali e su quelli di picco-

    le dimensioni (sino a 15-20 mm). La biopsia

    di noduli polmonari centrali TC guidata, gra-

    zie al sistema SIRIo, si è rilevata una valida

    alternativa alla biopsia chirurgica rispetto la

    quale è meno costosa, meno invasiva, ugual-

    mente accurata e indispensabile nei pazienti

    con prelievo broncoscopio negativo o co-

    munque ritenuti non operabili. Il ricorso a

    tale metodica ha notevolmente ridotto il nu-

    mero di interventi chirurgici a fini diagnostici,

    con buona tollerabilità da parte dei pazienti,

    riduzione dei tempi di ricovero e riduzione

    della spesa pubblica.

    2. contrast-Enhanced Digital Mammo-

    graphy.

    È una nuova tecnica di imaging senologico

    che utilizza la mammografia digitale con tec-

    nica di ripresa dual-energy in associazione

    all’iniezione di mdc iodato. Si tratta di un’in-

    dagine senologica di II livello; le indicazioni

    a tale esame sono le stesse previste per la

    RM mammaria. Nel nostro studio la sensibili-

    tà di tale metodica raggiunge il 95%, la spe-

    cificità 76%, il VPP 88%, il VPN 90%. Il tasso

    di Falsi Positivi è piuttosto basso rispetto a

    quello della RM. Tale metodica, ancora non

    introdotta nei protocolli diagnostici, risulta

    essere una tecnica molto promettente nella

    ricerca e nello studio del CR mammario; è

    inoltre ben tollerata dalle pazienti, veloce ed

    economica soprattutto se messa a confronto

    con la RM.

    3. EcocolorDoppler dei vasi venosi del collo.

    Si tratta di un esame EcoColorDoppler per la

    diagnosi e il monitoraggio della Insufficienza

    Venosa Cronica Cerebro-Spinale (CCSVI). È

    noto come la Sclerosi Multipla sia una pato-

    logia a elevata incidenza, rappresentando un

    vero problema sociale. Attualmente la ricer-

    ca è impegnata in numerosi studi riguardanti

    nuove strategie terapeutiche e nuovi mezzi

    di diagnosi. Proprio nell’ambito diagnostico

    è stata dimostrata l’utilità dell’esame Eco-

    ColorDoppler dei vasi venosi del collo per la

    un grosso ospedale deve avere come finalità

    lo svolgimento unitario e coordinato delle funzioni

    di assistenza, didattica e ricerca

  • Allegato Notiziario n. 3 | 2014 | 25

    diagnosi e il monitoraggio della Insufficien-

    za Venosa Cronica Cerebro-Spinale (CCSVI),

    una patologia recentemente introdotta in

    letteratura, per la quale è stata ipotizzata una

    correlazione con la Sclerosi Multipla. A se-

    guito di tali possibilità diagnostiche si vanno

    dimostrando efficaci procedure di interven-

    tistica vascolare venosa per il controllo della

    sintomatologia della malattia con netti e do-

    cumentati benefici sugli indici della Quality

    of Life di tali pazienti. Presso la nostra unità

    operativa da circa 3 anni i pazienti affetti da

    SM possono eseguire tale esame gratuita-

    mente, secondo i più aggiornati protocolli

    raccomandati dalle società scientifiche del

    settore.

    4. rM addome.

    La risonanza magnetica, grazie anche all’in-

    troduzione di nuove sequenze fast e ultra-

    fast, perfusione e diffusione, è, allo stato at-

    tuale, la metodica più accurata nello studio

    dell’apparato gastro-enterico permettendo

    una valutazione sia morfologica che funzio-

    nale. Presso la u.o.C. di Radiologia sono in

    corso delle ricerche, in collaborazione con

    altri Centri Nazionali, mirate allo studio del-

    le modificazioni morfologiche e funzionali

    dell’apparato digerente in caso di morbo di

    Crohn o neoplasie dell’intestino tenue. Nel

    caso del morbo di Crohn la RM consente non

    solo di identificare la malattia ma anche di

    definirne sede ed estensione, il grado e la

    risposta alla terapia nonché la presenza di

    complicanze quali fistole o ascessi. Nelle pa-

    tologie neoplastiche del tenue oggi appare

    promettente l’utilizzo delle sequenze pesate

    in diffusione per l’identificazione e stadiazio-

    ne di piccoli tumori.

    sirio È un sisteMa di naviGazione coMputerizzata realizzato da un Gruppo di inGeGneri di una societÀ Barese che effettua

    una ricostruzione virtuale Multiplanare di iMMaGini tc

  • 26 | Allegato Notiziario n. 3 | 2014

  • Allegato Notiziario n. 3 | 2014 | 27

    Dove va il futuroIstituendo quest’anno i Premi alla ricerca e i Premi alle Migliori Tesi

    di Laurea in MMG, l’OMCeO ha voluto riconoscere il lavoro e l’impegno

    di molti giovani colleghi, che rappresentano il futuro della professione.

    Ecco gli abstract dei loro lavori e il profilo degli autori premiati

    a cura della redazione

    p r e m I o m c e o

  • 28 | Allegato Notiziario n. 3 | 2014

    Michele Vacca

    laurea in Medicina e chirurgia (2004, cum laude) e Specializzazio-ne in Medicina Interna (2008, cum laude) c/o clinica Medica “a. Murri” (Direttore: Prof. Giuseppe Palascia-no), Università di bari. Dottorato di ricerca in oncologia e Patologia Molecolare e clinica (relatore: Prof. renato Mariani-costantini) c/o l’U-niversità di chieti-Pescara (2012). (2009-2012) attività di ricerca presso

    il laboratorio del Metabolismo lipi-dico e tumorale (responsabile: Prof. antonio Moschetta), consorzio Mario negri Sud. Da aprile 2014: Senior clinician Scientist presso l’istituto Human nutrition research (respon-sabile: Dr. Jules Griffin) e l’Institute of Metabolic Science (responsabile: Prof. antonio Vidal-Puig), University of cambridge.

    Quali sono i suoi progetti per il fu-turo? A Cambridge sto studiando il ruolo della nutrizione nell’eziopatogenesi dell’obesità, un problema sociale di dimensioni epidemiche che si associa a un aumentato rischio di patologie cardiovascolari e neoplasie. Sto ap-procciando i temi della prevenzione e del trattamento delle malattie meta-boliche partendo dalla radice di tutti i problemi: in che maniera ci interfac-ciamo agli alimenti. Il mio obiettivo è di approfondire le mie conoscenze, sviluppare un’indipendenza culturale

    e scientifica e sviluppare un mio per-sonale filone di ricerca innovativo.

    La sua ricetta per migliorare la ri-cerca e le opportunità per i giovani ricercatori in Italia? L’Italia è fra i paesi che meno investo-no nella ricerca scientifica, nonostan-te questo limite è ancora in grado di realizzare prodotti scientifici di quali-tà e le nostre eccellenze sono ricono-sciute nel mondo. E’ necessario osa-re, promuovendo i “cervelli in fuga” (si va all’estero per imparare, lo scam-bio culturale è il “sale” della ricerca), aumentando gli investimenti atti a favorirne il reinserimento. Questo processo richiede coraggio: investire nella meritocrazia, sradicare lo stere-otipo che se non si rimane a “presi-diare” la posizione ci sarà qualcuno (probabilmente meno valido) che ne beneficerà. È anche necessario sman-tellare la gerontocrazia, dando spazio a giovani promettenti, permettendo loro di crescere.

    PreMi alla ricerca

    ABSTRACTnor-1 ProMUoVE

    la ProlIfErazIonE EPatocItarIa

    Il fegato è caratterizzato da una stra-ordinaria capacità rigenerativa, poi-ché è capace di ripristinare la massa epatocitaria a seguito di una perdita imponente di epatociti, ad esempio dopo epatectomia parziale o a una necrosi epatocitaria da sostanze tos-siche. Lo studio dei meccanismi mo-lecolari alla base della rigenerazione epatocitaria è importante al fine di sviluppare nuove strategie d’inter-vento in patologie caratterizzate da

    un’alterata proliferazione degli epa-tociti (ad esempio nelle epatopatie croniche o nell’epatocarcinoma). In questa ricerca, abbiamo dimostrato che i livelli di espressione del recetto-re nucleare Neuron Derived orphan Receptor 1 (Nor-1), un fattore di tra-scrizione poco espresso nel fegato normale, sono aumentati durante rigenerazione epatica e nell’epato-carcinoma. Al fine di comprenderne il significato biologico, abbiamo in-gegnerizzato adenovettori per la “te-rapia genica” al fine di utilizzarli per “accendere” e “spegnere” Nor-1 nel fegato. Quest’approccio ha permes-so di dimostrare che se la rigenera-zione epatica è rallentata in assenza

    di Nor-1, la sua attivazione nel fegato

    normale induce una spontanea at-

    tivazione della crescita epatocitaria

    grazie alla promozione di pathways

    coinvolte nella proliferazione cellula-

    re e del metabolismo del glucosio. In

    conclusione, questa ricerca ha chiari-

    to che Nor-1 svolge un ruolo chiave

    nella modulazione dello switch pro-

    liferativo degli epatociti: lo studio

    dei meccanismi in grado di indurre

    l’espressione di questo fattore di

    trascrizione o di modularne l’attività,

    potrebbe portare allo sviluppo nuovi

    approcci terapeutici nelle epatopatie

    croniche e nell’epatocarcinoma.

  • Allegato Notiziario n. 3 | 2014 | 29

    Pietro iaffaldano

    Specialista in neurologia, collabora con il centro Sclerosi Multipla diretto dalla Prof.ssa Maria trojano dal 2005. È autore di 25 lavori su riviste internazionali e di oltre 50 contributi presentati in congressi nazionali/internazionali. nel 2013 ha vinto il Premio “De Salvia” per la migliore tesi di specializzazione

    in neurologia. lavora come consulente Scientifico dell’Unità Sclerosi Multipla del laboratorio di Epidemiologia assistenziale della fondazione Mario negri Sud. lavora inoltre come neurologo presso il centro di riabilitazione “la nostra famiglia” di ostuni.

    Quali sono i suoi progetti per il fu-turo? I miei progetti per il futuro riguarda-no soprattutto la ricerca nell’ambito della Sclerosi Multipla. Sono inte-ressato ad approfondire soprattutto gli aspetti farmaco-epidemiologici di questa frequente malattia neuro-logica. Sono fortemente motivato a continuare le mie ricerche in Italia, perché credo che nel nostro Paese

    ci siano tutti i presupposti per fare ricerca di alta qualità.

    La sua ricetta per migliorare la ri-

    cerca e le opportunità per i giovani

    ricercatori in Italia?

    Non si può parlare del futuro della ricerca in Italia senza parlare del fi-nanziamento della stessa. Per creare opportunità per i giovani ricercatori sono necessari investimenti che per-mettano ai ricercatori di lavorare in Italia e di poter avere fiducia nel fu-turo per se e per le proprie famiglie. Io personalmente, sono sposato ed ho due figli, e nella situazione attua-le sono costretto a svolgere due la-vori per potermi permettere di “fare ricerca”.

    ABSTRACTtHE IMProVEMEnt

    of coGnItIVE fUnctIonS IS aSSocIatED wItH

    a DEcrEaSE of PlaSMa oStEoPontIn lEVElS

    In natalIzUMab trEatED rElaPSInG MUltIPlE

    SclEroSIS

    Autori: Iaffaldano Pietro, Ruggieri M, Viterbo RG, Mastrapasqua M, Trojano M.Affiliazione autori: Department of Basic Medical Sciences, Neuroscien-ces and Sense organs, university of Bari Aldo Moro, Bari, Italy.Rivista: Brain, Behavior, and Immunity 2014 Jan;35:96-101. doi: 10.1016/j.bbi.2013.08.009. Rivista ufficiale del-la Psychoneuroimmunology Research Society (PNIRS).

    obiettivo: valutare l’effetto di 2 anni di trattamento con Natalizumab su livelli plasmatici di osteopontina (poPN) e funzioni cognitive in pa-zienti con Sclerosi Multipla Recidivan-te-Remittente (RRMS).Metodi: sono stati arruolati 49 pa-zienti RRMS programmati per il trat-tamento di seconda linea con Nata-lizumab. Campioni di plasma di 24 pazienti RRMS mai sottoposti a trat-tamenti immunomodulanti e di 22 controlli sani (CS) sono stati utilizzati come controllo per i valori basali di osteopontina. I livelli di poPN, do-sati con un kit ELISA, e le funzioni cognitive, valutate con una specifica batteria di test, sono stati misurati al basale e poi ogni 12 mesi. Per ogni paziente è stato calcolato un indice di funzionamento cognitivo globale (CII).Risultati: I pazienti eleggibili per il Natalizumab avevano più alti livelli

    di poPN rispetto ai CS (media [DS] 65.42 [22.20]ng/ml vs 53.20 [12.68]ng/ml; p=0.013), ma non differenti dai pazienti mai trattati farmacolo-gicamente (67.70 [24.23]ng/ml). Il 30.6% dei pazienti presentava un de-terioramento cognitivo (risultati defi-citari in almeno 3 test su 9). Durante il trattamento si è assistito ad una riduzione significativa della poPN e del CII(p

  • 30 | Allegato Notiziario n. 3 | 2014

    carla Minoia

    nel 2005 ho conseguito la laurea in Medicina con lode. Dal 2004 al 2009 ho svolto attività assistenziale e di ricerca di base presso l’U.o. di Me-dicina Interna e oncologia ed il la-boratorio di Immunologia e biologia cellulare, conseguendo la specia-lizzazione in oncologia con lode. Dal 2009 ho svolto attività assistenziale e di ricerca clinico-traslazionale pres-so l’U.o.c. di Ematologia dell’IrccS Istituto tumori “Giovanni Paolo II”. nel 2012 ho conseguito il titolo di Dottore di ricerca in Medicina tra-slazionale presso la facoltà di Medi-cina e chirurgia dell’Università degli

    Studi di foggia. Dal 2012 frequento il Master Universitario Inter-ateneo di II livello “Diagnosi e terapia dei pazienti con linfoma” presso Univer-sità degli Studi di Udine – facoltà di Medicina e chirurgia, patrocinato dall’Università del Piemonte orien-tale “amedeo avogadro” e dalla fon-dazione Italiana linfomi. Dal 1 luglio 2014 lavoro in qualità di Dirigente Medico t.d. presso l’U.o.c. di Ema-tologia con trapianto dell’ospedale “San Giuseppe Moscati” di taranto.

    Quali sono i suoi progetti per il fu-turo? Vorrei proseguire l’attività assistenzia-le e di ricerca in ambito onco-emato-logico, in particolar modo nei linfomi. Ho pianificato per il prossimo anno un periodo di fellowship presso la Lym-phoma unit dell’Ist. oncologico della Svizzera Italiana di Bellinzona, con un grant dell’ESMo. L’attività di ricerca sarà subordinata all’ottenimento del-la stabilità contrattuale che consenta di effettuare progetti a più lungo ter-mine e di crescere all’interno di un gruppo di lavoro. Il premio ricevuto dall’oMCeo rappresenta un fonda-mentale incentivo alla prosecuzione dell’attività scientifica.

    La sua ricetta per migliorare la ri-cerca e le opportunità per i giovani ricercatori in Italia? La ricerca di base e clinico-traslazio-nale richiede tempi lunghi di proget-tazione e realizzazione, di diversi anni. Questo si scontra con la possibilità che un giovane medico ha in Puglia di stipulare contratti a lungo termine con enti pubblici di ricerca o ospedalieri, al di fuori del contesto universitario. E inficia la maturazione e lo svolgimen-to del progetto di ricerca e la crescita del gruppo di lavoro, a discapito della produzione scientifica. È auspicabile quindi che si investa sulle figure me-diche che intendono fare ricerca. Per migliorare la ricerca in Puglia, inoltre, sarebbe interessante creare una rete collaborativa per argomento su tutto il territorio, che comprenda le aziende ospedaliere, gli IRCCS e l’università, ed individuare giovani medici a coor-dinare il gruppo di lavoro. Ringrazio l’oMCeo di Bari per il pre-mio conferitomi, il dott. Attilio Guarini ed i Colleghi dell’u.o.C. di Ematolo-gia dell’IRCCS Istituto Tumori “Gio-vanni Paolo II” con cui ho condiviso questo lavoro.

    ABSTRACTMEccanISMI alla

    baSE DElla rEcIDIVa E ProGrESSIonE DEI

    lInfoMI non HoDGKIn

    Il lavoro premiato dall’oMCeo, pub-blicato a dicembre 2013 sul British Journal of Haematology, è incentrato sulla comprensione dei meccanismi alla base della recidiva e progressio-ne dei Linfomi non Hodgkin a cellule B indolenti, in particolare del Linfoma follicolare. Questo gruppo di linfomi è di frequente caratterizzato da ripre-sa della malattia anche a distanza di diversi anni. I meccanismi alla base della recidiva non sono al momento definiti, pertanto maggiori informa-zioni in questo senso sono di ausilio sia alla comprensione della storia naturale della patologia che all’indivi-duazione di nuove strategie terapeu-tiche, al fine di ottenere la guarigione

    o una remissione più prolungata nel tempo. L’angiogenesi, ovvero la for-mazione di nuovi vasi a partire da vasi preesistenti, è alla base della pro-gressione di molte neoplasie solide ed ematologiche, ma il ruolo diretto nei Linfomi indolenti non era stato documentato. Al centro di pathways di angiogenesi, resistenza a farmaci e apoptosi si trova la proteina HIF-1α (Hypoxia-inducible factor-1α), il cui ruolo nei linfomi non era definito.È stata quindi raccolta nell’arco di al-cuni anni una casistica di pazienti af-ferenti all’unità operativa Complessa di Ematologia dell’IRCCS Istituto Tu-mori “Giovanni Paolo II” di Bari che è andata incontro a recidiva o progres-sione di malattia dopo la migliore terapia disponibile (chemioterapia/ radioterapia/ immunoterapia). È stata effettuata una valutazione in immu-noistochimica su sezioni di biopsia linfonodale alla diagnosi ed alla ri-presa di malattia di 16 pazienti (età

    mediana 56 anni) finalizzata all’analisi dell’angiogenesi (mediante marcatu-ra con anti-CD34 ed analisi morfome-trica computerizzata) e dell’espressio-ne della proteina HIF-1α. È stato osservato nella maggior par-te dei casi analizzati alla recidiva/progressione di malattia la creazione di una rete di neoangiogenesi rami-ficata e complessa a livello linfono-dale. Questo pone evidenza diretta del ruolo dell’angiogenesi nella pro-gressione dei Linfomi non Hodgkin B indolenti, in particolare del Linfoma follicolare. In parallelo è stato docu-mentata per la prima volta l’espres-sione in tutti i campioni alla recidiva della proteina HIF-1α. una terapia an-ti-neoplastica comprendente farmaci che interferiscono con le pathways a monte di HIF-1α potrebbero miglio-rare le attuali strategie terapeutiche per questo sottogruppo di linfomi.

  • Allegato Notiziario n. 3 | 2014 | 31

    SiMona d’aMore

    laureata in Medicina e chirurgia (2004, cum laude), ha conseguito la Specializzazione in Medicina Interna (2009, cum laude) presso l’Università di bari. Presso la stessa Università ha conseguito il Dottorato di ricerca in Scienze del benessere (2014; relatore: Prof. Giuseppe Palasciano). Durante il Dottorato ha svolto attività di ricerca presso il laboratorio del Metabolismo lipidico e tumorale (responsabile: Prof. antonio Moschetta) della fondazione Mario negri Sud. Da

    novembre 2013 fa parte di un gruppo di ricercatori dell’Istituto oncologico di bari coordinati dal Prof. antonio Moschetta che si occupa di ricerca traslazionale in ambito oncologico e metabolico.

    Quali sono i suoi progetti per il fu-turo? Mi piacerebbe continuare a cresce-re professionalmente, maturando maggiori competenze scientifiche nel campo della ricerca applicata. Il traguardo ideale sarebbe quello di acquisire maggior responsabilità pro-gettuale al fine di strutturare un grup-po di lavoro che abbia la capacità di sviluppare le proprie idee e valutarne il beneficio diagnostico e/o terapeu-tico: spaziare dal letto del malato al laboratorio per studiarne la patolo-gia con le più avanzate tecnologie di biologia molecolare al fine di rendere reale il concetto di Medicina Moleco-

    lare Personalizzata.

    La sua ricetta per migliorare la ri-cerca e le opportunità per i giovani ricercatori in Italia? Per guardare al futuro della ricerca è necessario che il nostro Paese colti-vi l’entusiasmo delle giovani menti e che offra opportunità ai propri ta-lenti al pari degli altri Paesi Europei. Attualmente il nostro Paese non è in grado di attrarre talenti dall’este-ro né di trattenere i propri: questo, purtroppo, sta pregiudicando il futu-ro della ricerca. Spero che in futuro si torni a investire in cultura e salute, ad aumentare i fondi per l’università e la Ricerca, promuovendone la qua-lità, potenziando gli approcci interdi-sciplinari e le collaborazioni, ma so-prattutto valorizzando i molti talenti “pre-ruolo” della ricerca che, disillusi, cercano fortuna fuori dall’Italia.

    ABSTRACTnUclEar rEcEPtorS ExPrESSIon cHart

    In PErIPHEral blooD MononUclEar cEllS IDEntIfIES PatIEntS

    wItH MEtabolIc SynDroME

    La Sindrome Metabolica (SM) è una patologia complessa caratterizzata da obesità, dislipidemia, alterazioni del metabolismo glucidico e iperten-sione arteriosa, che si associa a uno stato pro-trombotico e pro-infiamma-torio e a complicanze cardiovascolari. I recettori nucleari (NRs) sono fattori di trascrizione attivati da specifici li-gandi che svolgono un importante ruolo nella modulazione del metabo-

    lismo e della risposta immunitaria. I Peripheral Blood Mononuclear Cells (PBMCs) sono una popolazione ete-rogenea di cellule infiammatorie del sangue (i mononucleati), coinvolte nei meccanismi infiammatori, nella modulazione del metabolismo lipidi-co e nell’eziopatogenesi della placca aterosclerotica.Il nostro studio ha avuto come obiettivo quello di approfondire la conoscenza dei meccanismi pato-genetici alla base della SM, al fine di identificare pathways modulabili a livello farmacologico e potenziali biomarkers di patologia nei PBMCs. Lo studio dei livelli di espressione dei NRs ha dimostrato che le cellule infiammatorie dei soggetti con SM sono caratterizzate da un’aumentata espressione dei sensori intracellulari

    dei lipidi (peroxisome proliferator-activated receptors, PPARs), del re-cettore della vitamina D (vitamin D receptor, VDR) e del neuron-derived orphan receptor 1 (NoR-1). Queste alterazioni costituiscono la “carta d’i-dentità genetica” dei PBMCs in corso di SM, e correlano con i livelli ematici di diversi indicatori di rischio cardio-vascolare. Questo studio ha indubbie implicazioni fisiopatologiche e clini-che: abbiamo identificato i NRs nei PBMCs come potenziali biomarkers di patologia (i loro livelli di espres-sione hanno dimostrato un’elevata accuratezza nella diagnosi della SM) e target terapeutici modulabili con la dieta (nutrigenomica) o farmacologi-camente (farmacogenomica) al fine di prevenire e trattare le patologie me-taboliche associate all’obesità.

  • 32 | Allegato Notiziario n. 3 | 2014

    anna leonardini

    tutto il mio percorso formativo è sta-to condotto presso l’Università degli Studi di bari (laurea in Medicina e chirurgia, specializzazione in “Endo-crinologia e Malattie del ricambio”, dottorato di ricerca in “biotecnolo-gie applicate ai trapianti di organi e

    tessuti” e Master di II livello in “Me-todologie per la ricerca bio-medica nel diabete”) sotto la guida del Prof. francesco Giorgino. nel 2009 sono risultata vincitrice del primo bando indetto dalla fondazione Eli-lilly per lo studio dei meccanismi cellula-ri e molecolari della cardiomiopatia diabetica.

    Quali sono i suoi progetti per il fu-turo? Vorrei portare a termine questo pro-getto definendo le anomalie cellula-ri e molecolari delle CPC di pazienti diabetici, individuando nuove vie di segnale che regolano la sopravviven-za delle CPC, da considerare target per nuove terapie geniche e farmaco-logiche; e testando la capacità delle CPC di migliorare la funzione miocar-dica in modelli sperimentali animali in

    vivo con l’obiettivo di implementare terapie rigenerative del miocardio nelle malattie metaboliche umane.

    La sua ricetta per migliorare la ri-cerca e le opportunità per i giovani ricercatori in Italia? Manca, soprattutto in ambito univer-sitario, una politica in grado di dare vere opportunità. È di fondamentale importanza sostenere e incentivare la produzione scientifica: bisogna rischiare di più e investire in nuove idee per avere risultati importanti e rendere il nostro sistema attrattivo a livello internazionale ed evitare così che i ricercatori italiani vadano all’e-stero per sviluppare le loro attività di studio. È necessario valorizzare i la-boratori eccellenti del nostro Paese e potenziare la competitività dei ricer-catori di domani.

    ABSTRACTcaPacItà DEl GlP-1

    E DEGlI aGonIStI DEl GlP-1 DI ProMUoVErE la

    VItalItà DEllE cPc

    L’incidenza del diabete sta aumen-tando in tutto il mondo. Più del-la metà delle persone con diabete muoiono per patologie cardiovasco-lari (CVD). Sebbene le terapie con-venzionali abbiano migliorato la pro-gnosi delle CVD, la mortalità rimane elevata. La terapia cellulare rappre-senta un approccio innovativo per il trattamento delle malattie cardiache; tuttavia, le cellule progenitrici cardia-che (CPC) di pazienti diabetici sono mal funzionanti. La comprensione

    della loro biologia e farmacologia è indispensabile per renderle idonee a un’efficace terapia rigenerativa. A partire da frammenti bioptici pre-levati dall’auricola destra di pazienti sottoposti ad interventi di cardiochi-rurgia, è stato possibile allestire col-ture primarie di CPC. È stata così in-dagata la vitalità delle CPC in seguito ad esposizione al “milieu diabetico” (stress ossidativo, iperglicemia, au-mento acidi grassi) valutando la capa-cità di indurre apoptosi e autofagia. C’è l’evidenza crescente che il glu-cagon-like peptide-1 (GLP-1), un ormone prodotto dalle cellule endo-crine della muscosa intestinale, e le terapie basate sul GLP-1 siano in gra-do di promuovere la sopravvivenza delle cellule cardiache in condizioni

    di stress. Inizialmente, abbiamo di-mostrato che le CPC esprimono un recettore per il GLP-1 funzionalmen-te attivo. Sono stati quindi valutati gli effetti del GLP-1 in CPC umane. La pre-incubazione delle cellule con GLP-1 ha determinato una inibizione dell’apoptosi e dell’autofagia indotta dal “milieu diabetico”. Sono stati in-fine indagati ed individuati i meccani-smi molecolari coinvolti. In conclusione, la capacità del GLP-1 e degli agonisti del GLP-1 di pro-muovere la vitalità cellule progenitrici cardiache umane può contribuire agli effetti cardiovascolari benefici osser-vati in soggetti trattati con i farmaci basati sul GLP-1.

  • Allegato Notiziario n. 3 | 2014 | 33

    Maria carolina roManelli

    Dopo gli studi classici e la laurea in Medicina e chirurgia conseguita nel 2009 presso l’Università degli Studi di bari “aldo Moro”, nel 2010 ha vinto il concorso di ammissione alla Scuola di Specializzazione in Medicina legale presso la medesima Università. attualmente è iscritta all’ultimo anno di corso e dovrebbe conseguire il titolo di specialista in Medicina legale l’anno prossimo.

    Quali sono i suoi progetti per il fu-turo? Per il futuro mi auguro di poter pro-seguire con la ricerca in ambito me-dico legale, settore nel quale pochi credono veramente. Mi rendo conto, tuttavia, che questo mio auspicio può

    concretamente realizzarsi soltanto laddove, dopo la specializzazione, riesca a conseguire un’occupazio-ne stabile in ambito universitario, come ricercatore, ovvero, almeno ed inizialmente, come dottore di ricer-ca, anche se, nell’attuale situazione dell’università italiana, tale obbietti-vo appare difficilmente raggiungibile in tempi brevi. Sicché, per il prossimo futuro, in attesa di un sbocco lavora-tivo duraturo, anche in altra struttura pubblica che mi offra la possibilità di continuare a svolgere attività scien-tifica, penso di dedicarmi alla libera professione.

    La sua ricetta per mi-gliorare la ricerca e le opportunità per i giovani ricercatori in Italia? La mia ricetta? Più fondi ai progetti di ricerca, attin-gendo, magari, alle risorse gia-centi da anni e mai utilizzate; possibilità di accedervi anche per ricercatori non strutturati e, quindi,

    soprattutto, per i giovani medici, che, loro malgrado, non hanno la possibi-lità di partecipare a gruppi di ricerca universitari o, comunque, operanti nell’ambito di strutture sanitarie: ciò che si può realizzare prevedendo che i fondi siano assegnati con bandi pub-blici aperti a tutti coloro (strutturati o meno), che hanno validi progetti da proporre, ovvero, prevedendo che i gruppi di ricerca strutturati cooptino obbligatoriamente uno o più giovani medici che abbiano dimostrato nel corso degli studi una spiccata pro-pensione alla ricerca.

    ABSTRACTMotIlItà cIlIarE PoSt-MortEM qUalE MEtoDo DI ValUtazIonE DEl PMI

    La stima dell’epoca della morte è una delle sfide più ardue in me-dicina legale, non essendo possibi-le definire con certezza matematica l’ora e i minuti in cui un soggetto sia deceduto. Il metodo più utilizzato per tale scopo è rappresentato dalla valu-tazione del raffreddamento cadaveri-co che, tuttavia, perde di affidabilità man mano che l’intervallo post-mor-tale (PMI) si allunga. In quest’ottica, allora, risulta interes-sante integrare i metodi già in uso

    attraverso l’approfondimento dei co-siddetti “fenomeni di vita residua”, ovvero di quelle manifestazioni vitali che perdurano anche post-mortem. In particolare, si è studiata per sco-pi forensi la persistenza nel periodo post-mortale della motilità ciliare nasale. L’obiettivo della ricerca ver-teva sulla possibile utilità diagnostica dello studio dei movimenti delle ci-lia della mucosa nasale nella deter-minazione dell’epoca del decesso. Campioni di epitelio ciliato sono stati ottenuti strisciando una curette sulla mucosa nasale di 100 cadaveri, in tre diversi intervalli post-mortali. I cam-pioni così ottenuti sono stati quindi strisciati su un vetrino ed osservati

    in vitro in microscopia in contrasto di fase per valutare la presenza o meno dei movimenti ciliari. I risultati raccolti hanno da un lato conferma-to la persistenza della attività ciliare nasale nel post-mortem, e dall’altro hanno dimostrato l’esistenza di una relazione statisticamente significativa fra il decrescere dei movimenti del-le cilia ed il trascorrere dell’intervallo post-mortale, ciò anche in presenza di modificazioni putrefattive a cari-co delle componenti ultrastrutturali delle cilia. La ricerca pone quindi le basi per l’utilizzo della motilità ciliare nasale post-mortem quale possibile nuovo metodo da utilizzare nella va-lutazione del PMI.

  • 34 | Allegato Notiziario n. 3 | 2014

    antonio SoliMando

    Medico in formazione specialistica in “Medicina Interna” presso l’Univer-sità degli Studi di bari, si è laureato presso la stessa Università nel luglio 2011 (110/110 e lode). Durante il percorso di studi, in qualità di stu-dente interno presso il Dipartimento di Scienze biomediche ed oncologia Umana, ha partecipato a programmi di scambio internazionale (ospedale Universitario di coimbra – Portogal-lo e Davidoff center – Dipartimento di oncologia ed Ematologia rabin Medical center – beilinson Hospi-tal, tel aviv). È coautore di articoli pubblicati su “Stem cells Interna-tional” e “clinical cancer research” riguardanti la terapia di induzione-mobilizzazione di cellule staminali autologhe nei pazienti con mieloma

    multiplo di nuova diagnosi ed il ruo-lo di phospho-cMEt, sia in termini di target farmaceutico che di attività proangiogenica nei pazienti con di-scrasie plasmacellulari.

    Quali sono i suoi progetti per il fu-turo? Intendo completare il mio percorso di formazione, con attenzione parti-colare agli obiettivi integrati e speci-fici della scuola di specializzazione. In tal senso ritengo indispensabile una soddisfacente conoscenza teorica e una competenza professionale nel riconoscimento e nel trattamento, anche in condizioni di emergenza-urgenza, delle più diffuse patologie negli ambiti internistici, supportate, al tempo stesso, da competenze te-oriche, scientifiche e professionali maturate in campi diversi, come la fisiopatologia medica, la semeiotica medica funzionale, la metodologia clinica. Considero indispensabile per un medico coniugare il percorso di formazione ed assistenziale con l’attività di ricerca. Diventa quindi essenziale lo scambio culturale, intel-lettuale e professionale che coinvol-ga centri di riferimento nazionali ed internazionali, al fine di arricchire il bagaglio di competenze scientifiche e pratiche.

    La sua ricetta per migliorare la ri-cerca e le opportunità per i giovani ricercatori in Italia? I progressi della medicina sono inti-mamente legati all’acquisizione di nuove conoscenze. Il miglioramento della qualità dell’assistenza medica necessita della trasmissione di tali ri-sultati. Nel quadro di una sempre mi-gliore responsabilità sociale, la sensi-bilizzazione collettiva a questi temi, quali progetti eticamente ammissibili e regolarmente approvati, rappre-senta un punto di partenza e non di arrivo; costituisce una premessa di ci-viltà e non una alternativa o, peggio, un lusso, in tempi di razionalizzazione economica. Infine, il profondo con-notato etico della nostra professione esige di considerare in ogni progetto la centralità degli interessi del pa-ziente, inteso come singolo e come comunità allo stesso momento. Dare dignità al ruolo della ricerca significa fare scelte strutturali e politiche forti, che qualifichino i ricercatori, i dottori ed i dottorandi di ricerca, soprattut-to giovani, quali importanti soggetti del mondo del lavoro, superando lo sgradevole equivoco di interpretare quella iniziale definizione di “studen-te” quale “discente – borsista”, nella migliore delle ipotesi, se di non di “precario” nella peggiore.

    ABSTRACToncoGEnE cMEt

    E cHEMIorESIStEnza DEl MIEloMa MUltIPlo

    Scopo: Verificare l’ipotesi che l’on-cogene cMET fosse implicato nella acquisizione di un fenotipo di che-mioresistenza da parte del mieloma multiplo (MM). Disegno sperimentale: Sono sta-ti valutati i livelli di espressione di cMET / fosfo-cMET (forma fosforilata “p-cMET”) e l’attività dell’inibitore selettivo di p-cMET (Su11274) su cel-lule di MM, sia sensibili (linee cellulari RPMI-8226 e MM.1S) sia resistenti (R5

    e MM.1R) a farmaci comunemente impiegati. Gli esperimenti sono stati condotti su modelli in vitro ed in vivo (xenotrapianto murino). Risultati: I dati hanno mostrato che le linee resistenti presentavano una attivazione costitutiva delle vie mo-lecolari cMET dipendenti. Inoltre, le cellule R5 hanno mostrato una mag-giore suscettibilità agli effetti inibitori del composto Su11274 sulla vitalità, proliferazione, chemiotassi, adesio-ne, oltre che ai suoi effetti citotossici. Su11274 è stato in grado di ripristi-nare la sensibilità ai farmaci in cellule R5. I livelli di cMET e p-cMET sono risultati essere superiori in plasmacel-lule isolate da pazienti in fase di ma-

    lattia clinicamente refrattaria rispetto a quelle isolate da pazienti al momen-to della diagnosi o in remissione ed ancor più rispetto a pazienti con pa-tologie benigne. Su11274 ha mostra-to una maggiore attività terapeutica in tumori xenotrapiantati costituiti da cellule R5 più che in quelli costituiti da cellule RPMI-8226. Il trattamento con tale molecola, ha determinato apoptosi e necrosi, oltre a ripristinare la sensibilità ad altri trattamenti.Conclusioni: La via cMET è risultata costitutivamente attivata in pazienti con MM in fase avanzata, ove può essere responsabile dell’induzione di resistenza farmacologica, fornendo un razionale per il target di cMET.

  • Allegato Notiziario n. 3 | 2014 | 35

    Maria nicola’ d’errico

    Ha studiato presso l’Università di bari, ove si è laureata in Medicina e chirurgia nel 2007 (110/110 e lode). È iscritta all’ordine della Provincia di bari. Si è specializzata in Medicina del lavoro nel 2012 con voto 70/70 e lode e frequenta il III anno di Dottorato di ricerca in ambiente, Medicina e Salute presso il D.I.M., Sez. di Medicina del lavoro “E.c. Vigliani”, con Progetto di ricerca “la Sindrome Metabolica nei lavoratori della pesca”. Ha partecipato a congressi nazionali/internazionali, è coautore di pubblicazioni scientifiche e iscritta alla SIMlII e all’IcoH.

    Quali sono i suoi progetti per il fu-turo? Collaborare con la Sez. di Medicina del Lavoro “E.C. Vigliani” dell’u-niversità di Bari e approfondire lo studio degli effetti degli inquinan-ti professionali ed ambientali sulla salute dell’uomo, anche attraverso programmi di sorveglianza sanitaria e promozione della salute, e ricercare le procedure e i sistemi volti a ridurre fino ad eliminare i rischi occupaziona-li, ponendo la ricerca al centro della sua attività professionale di Medico del Lavoro. La sua ricetta per migliorare la ri-cerca e le opportunità per i giovani ricercatori in Italia? In Italia il giovane ricercatore, over 30-40, spesso affronta una strada tut-

    ta in salita, a fronte di compensi e precarie-tà insostenibili dopo un percorso forma-tivo lungo e faticoso come nell’ambito medico; è obbligato a scelte dolorose, ri-tardare un progetto di vita e l’inserimento lavorativo, rinun-ciare o andare all’estero. La ricetta che prescrivo: la gestione cor-retta delle ri-sorse da parte della classe politica/dirigenziale e disporre fondi congrui per una ricerca mirata a risolvere problemi concreti, sicché il giovane ricercatore possa dedicarsi

    ABSTRACTIMMUnE EffEctS of PolycHlorInatED bIPHEnylS,

    SMoKInG anD alcoHol

    D’Errico MN, De Tullio G, Di Gioacchino M, Lovreglio P, Basso A, Drago I, Serra R, Apostoli P, Vacca A, Soleo L. Int J Immunopathol Pharmacol. 2012; 25: 1041-54.

    Obiettivo: Studiare gli effetti dei PCB su alcuni parametri immunitari, quali TCR α-β, TCRγ-δ e linfociti T regolatori (Treg), considerando l’influenza del fumo di sigaretta e dell’assunzione di bevande alcoliche.Materiali e metodi: Sono stati esaminati 26 lavoratori, manutentori elettrici di uno stabilimento siderurgico con pregressa esposizione a PCB (esposti), e 30 lavoratori, mai esposti occupazionalmente a PCB (controlli). A tutti i sog-getti è stato somministrato un questionario anamnestico e sono stati raccolti campioni di sangue venoso periferico per la determinazione di PCB sierici (33 congeneri), colesterolo totale e trigliceridi, leucociti, linfociti totali e sottopo-polazioni T linfocitarie (TCR α-β, TCRγ-δ, CD4+, Treg).Risultati: I PCB sierici sono risultati significativamente più elevati negli esposti rispetto ai controlli e correlati con l’età. I monociti% e i CD4+ sono risultati significativamente ridotti negli esposti rispetto ai controlli. I PCB hanno mo-strato una correlazione significativa positiva con i TCR α-β e negativa con i TCRγ-δ. I Treg hanno mostrato una relazione di dipendenza positiva solo dal fumo di sigaretta, mentre i monociti% e i CD4+ hanno mostrato una dipen-denza rispettivamente negativa e positiva dal consumo di alcol. Conclusioni: L’esposizione alle basse concentrazioni di PCB sembra avere al-cuni effetti sul sistema immunitario, in particolare riducendo la concentrazio-ne relativa dei TCR γ-δ. Questo effetto indirettamente può favorire l’aumento dei Treg indotto dal fumo di sigaretta e l’azione antinfiammatoria o proin-fiammatoria/fibrogena/angiogenica di alcune citochine prodotte da queste cellule, in particole del TGFβ.

    alla ricerca e viverne dignitosamente, ricevendo la giusta gratificazione.

  • 36 | Allegato Notiziario n. 3 | 2014

    giuSePPe di lorenzo

    Ha conseguito la laurea in Medicina e chirurgia nel 2009; ha completato il corso di formazione Specifica in Medicina Generale nel 2013. attual-mente è impegnato in uno studio as-sociato di Medicina Generale.

    Quali sono i suoi progetti per il fu-turo? Nel futuro farò di sicuro il medico, molto probabilmente di Medicina Generale non precludendomi altre esperienze.

    Il medico di medicina generale del futuro sarà... Non penso che la figura del medico di famiglia debba scomparire sotto l’onda d’urto dei nuovi mezzi diagno-stici e di cura sempre più raffinati e precisi. Ritengo, anzi, che l’utilizzo dei nuovi sistemi, se accoppiati alla capa-cità empatica e alla relazione che il medico di famiglia ha con i suoi pa-zienti, darà nuovo impulso e impor-tanza a questa figura di sanitario che, secondo me, ha enormi potenzialità inespresse. Se guardiamo a paesi a noi vicini come la Germania, ci ren-

    diamo conto dell’estrema importanza che ha la figura del medico di fami-glia con la sua PRAXIS(studio medico) , intorno al quale tutta la sanità ruota. Certamente , per nuovi compiti, ci sarà bisogno di maggiore apertura e di meno provincialismo culturale. Comunque, già attualmente il medi-co di famiglia, obbligato all’uso del computer, si sta evolvendo, per me, in senso positivo. Il facile accesso a dati prima appannaggio dei centri di ricerca, sta dando buoni frutti insie-me a un ritrovato orgoglio di molti colleghi che ho conosciuto nel cor-so di questi anni. Il ventre molle di questa positiva evoluzione rimane la controparte pubblica con la sua bu-rocrazia dai lenti ritmi e dalla difficile acquisizione dei rapidi cambiamenti in medicina.

    PreMi alle migliori tesi di laurea in MM G

    ABSTRACTIMPatto DElla DEPrESSIonE

    nEll’aMbUlatorIo DI MEDIcIna GEnEralE.

    rElazIonE tra DIStUrbo DEPrESSIVo E frEqUEnt

    attEnDErS: StUDIo oSSErVazIonalE E

    raccolta DatI

    obiettivo della tesi è verificare l’e-sistenza di una possibile relazio-ne tra depressione mascherata e fre-quentatori abituali. Ho scelto questo argomento in quanto la depressione nelle sue forme subcliniche e masche-rate è di frequente riscontro nell’ am-bulatorio di Medicina Generale.

    Si considerano Frequent Attenders i soggetti che accedono alla Medicina Generale più di 15 volte l’anno quin-di assorbono tempo ed energia al medico e risorse del SSN. Lo studio riguarda il periodo Gennaio 2012 - Di-cembre 2012.Su un numero totale di 3025 pazienti 190 presentavano un numero di ac-cessi in ambulatorio maggiore di 15; Di questi 190, 60 erano già in terapia con antidepressivi. I restanti 130 sono stati sottoposti al test di screening BDI -II.Di questi 130, 70 sono risultati positivi al test (53,8%) e il disturbo più rap-presentato risulta essere quello lieve-medio (80%).I risultati ottenuti sono suggestivi di una componente depressiva impor-

    tante nei frequentatori abituali , spes-

    so nascosta dal paziente alexitimico

    o con comunicazione diagonalizzata

    (presenta cioè problemi in modo de-

    viato). Le problematiche psichiatriche

    quindi hanno un peso rilevante nella

    pratica clinica della Medicina Genera-

    le; ponendo più attenzione ai sogget-

    ti lamentosi senza patologia organica,

    si può riconoscere una patologia psi-

    chiatrica nascosta; conseguentemen-

    te un adeguato approccio clinico, far-

    macologico ed empatico potrebbe

    ridurre le richieste deviate in ambito

    somatico con riduzione sia del carico

    di lavoro del medico sia della spesa

    sanitaria.

  • Allegato Notiziario n. 3 | 2014 | 37

    alle migliori tesi di laurea in MM G

    Maria roSariaBellotta

    Dopo aver conseguito la laurea si è specializzata in Medicina del lavoro; ha svolto per qualche anno l’attività di Medico competente in Italia ed in francia e Medico di continuità assi-stenziale. nel 2013 ha conseguito il Diploma di formazione in Medicina generale. attualmente, dopo una breve esperienza presso il Pronto Soccorso dell’ospedale Santissima annunziata di taranto, è in servizio presso il Punto di Primo Intervento territoriale di conversano.

    Quali sono i suoi progetti per il fu-turo? In attesa dello scorrimento delle gra-duatorie della Medicina Generale, mi auguro di poter contribuire alla rea-lizzazione di un servizio di emergenza territoriale rispondente alle esigenze dell’utenza.

    Il medico di medicina generale del futuro sar