Albero Lacchin

2
Le nostre radici INSERTO DE l’Artugna n. 116 · APRILE 2009 NOTE 1. Ci sono le seguenti attestazioni. Dal Registro dei Battesimi (n° 1). Nel 1658, il 7 aprile è bat- tezzato «Fran.co di Pol q. Jseppo de COMIN d.o LACHIN e di Maria q. Antonio del Cont di Giais», mentre nell’atto della sua morte, il 29 marzo 1672, (Registro dei Morti n° 1) è registrato con il cognome «DELLA CHIN». Pure le sorelle – Anzola, Ja- coma, Menega, Pasqua, – riportano nell’atto di battesimo il soprannome Lachin. Altri 15 battezzati e 6 defunti conservano lo stesso cognome, mentre uno (Matthia, 1657) porta il co- gnome de LUCCHINO. Così anche i figli di Nicolò di Antonio e di Appolonia Celant, di Jseppo e di Osvalda de Fort, e di Giacomo e di Rosa Busetto sono presenti con il cognome COMIN d.o LACHIN. Dal Registro dei Matrimoni (n° 1). Due persone – Domenego de Antonio e Iseppo de Mattheo – conservano il cognome COMIN d.o LACHIN, mentre Gio:maria di Antonio e Valentin de Pol mantengono la nuova registrazione LACHIN. (APSMMD) 2. Il 4/6/1626. Piero LACCHIN di Santa Lucia, insieme con Nicolò COMIN di San Giovanni, sono citati dal conte Gu- glielmo di Polcenigo per danni provocati in montagna (APSMMD). 3. I quattro figli di Sebastiano e Angela Scussat (Giovanna Maria, Santa, Elisabetta Maria, Maria) sono registrati con il cognome privo di raddoppiamento sia a Venezia che a Dar- dago; gli altri figli (Domenico Giuseppe Salvatore, Antonio, Antonia, Francesco e Martino) acquisiscono la versione attuale del cognome. 4. CARLO ZOLDAN, La pieve di Dardago tra XIII e XVI se- colo. Le pergamene dell’archivio, l’Artugna Editore, 2008. 5. Esiste la località Col dei Bof in Val di Seren, nel Feltrino. Il nome del luogo e il cognome di chi vi risiedeva sono ricondu- cibili a San Bove, cavaliere combattente divenuto contadino e protettore degli animali, in particolare dei bovini. 6. ALESSANDRO FADELLI, Frammenti storici budoiesi (1752-53), in l’Artugna Anno XXI – Agosto 1992, n. 66. 7. FABRIZIO FUCILE (a cura), Nota storica della Veneranda Chiesa di Santa Lucia, Parrocchia di Santa Lucia, 1988. torno al 1670, lasciando spazio definitivamente al soprannome. Tale documentazione archivistica ci permette di ricostruire l’evoluzione del significante del co- gnome nei cinque secoli di presenza nel territo- rio. Negli ultimi tre decenni del secolo XVII, prevalgono le varianti cognominali «del- l’ACHINO, ACHINI (1670), dell’ACHIN, della CHIN, della CHINO(1671)». Dagli ultimi decenni del ’600 si stabilizza la ver- sione priva di raddoppiamento della consonante C, nei secoli alternata alla variante con raddoppia- mento; quest’ultima forma per molti acquisita in terra veneziana. Nel caso del ramo in questione, si attesta la versione con raddoppiamento a Vene- zia dal 1841, il 3 aprile, con la registrazione del- l’atto di battesimo di Domenico Giuseppe Salvatore; da allora i discendenti furono registrati LACCHIN (3) . Secondo Enos Costantini, nel «Dizionario dei co- gnomi friulani», il cognome «sembra una deriva- zione dal veneto lache, «cosce, gambe» da cui il noto «tirar le lache», variante veneta del notis- simo «tirar le cuoia». Le lache derivano dal la- tino lacca, «rigonfiamento a forma di vescica nelle gambe dei giumenti», passato poi ad indicare le predette parti anatomiche umane, come nell’ita- POLAT, dal patronimico Pol, 5 persone dal 1808 al 1873; PELLENTE, 5 persone a cavallo tra la se- conda e la terza decina del XIX secolo; PEL- LIUTE, forse persona fragile, non resistente oppure si potrebbe ricercare nella parola «pel- liccia», presente dal 1847 al 1867 con 14 persone; POLET, forma diminutiva del patronimico Pol, Paolo, in versione veneta, una sola persona, nel 1867. I LACHIN/LACCHIN popolano ancora il territo- rio, numerosi in Santa Lucia di Budoia, una fami- glia in Dardago e alcune nel capoluogo. Un personaggio di spicco fu GIOBATTA LA- CHIN, notaio, che operò dal 1750 al 1770. Nel 1753 stilò un atto che lo riguardava direttamente: insieme con il fratello Antonio costituì una «re- sponsion livelaria» di 186 lire con la «Scola del Venerabile di Santa Lucia». La garanzia offerta dai Lachin consisteva in un loro appezzamento di terra arativa con piante d’olivo in località «la Cro- sera», sul retro delle case in cui abitavano i due fratelli, nella parte iniziale di via Lachin per chi giunge da San Giovanni di Polcenigo (6) . Giobatta fu impegnato, inoltre, come «procurator» nella costruzione del campanile della chiesa di Santa Lucia (7) . VITTORINA CARLON I Lachin di Santa Lucia Dal 1760 al 1899, le persone con il cognome LACCHIN, presenti in Santa Lucia di Budoia, sono così numerose – ben seicentosettanta, di cui 157 nei quattro decenni del ’700 e il rimanente, 513, nel secolo successivo – da determinare, già nei primissimi anni dell’Ottocento, l’intitola- zione di una via nel versante meridionale del paese: Strada Comunale detta Lachin. Fu proprio tale sviluppo demografico una delle cause dell’emigrazione degli abitanti di Santa Lucia verso Venezia, come nel caso dei Lachin di quest’albero genealogico, stabilitisi nella città la- gunare all’inizio del secolo XIX, che hanno ri- chiesto il nostro aiuto per risalire alle loro origini. Il cognome LACHIN non appare nei registri ana- grafici dell’archivio storico della Pieve di Dar- dago, negli anni ’50 -’60 del secolo XVII (1) , mentre è attestato in un documento del 1626 ap- partenente sempre al medesimo archivio (2) . Lachin è presente, invece, come soprannome di un ramo del casato dei COMIN, scomparso in- liano antico lacca «anca, coscia» (Dario Soranzo, in «La nuova Venezia» 25 novembre 1996). Potrebbe, invece, aver radici nel patronimico Chi- nus Chinus de Dardaco, Chinus q. Federici presente nel 1408/1415 nei nostri paesi (4) . Salvador COMIN d.° LACHIN (n. 1545 ca.), eb- be 4 figli maschi: PIETRO, nato nel 1574 e morto il 31/1/1658, capostipite del ramo in con- siderazione; DOMENEGO (n. 1580 ca.); BEDIN (n. 1576 ca.); POL (n. 1578 ca.). I soprannomi dei LACHIN, nella seconda metà del XVIII secolo, sono: QUAIN, da un cognome budoiese, presente dal 1777 al 1857, a cui appar- tenevano 16 persone; TOMÈ, dal patronimico Tommaso, con 12 persone registrate dal 1779 al 1873; BOF, probabilmente dall’agionimo San Bove (5) , con 33 persone, dal 1795 al 1866; Storia e origini della famiglia Lacchin La nostra famiglia ha sempre abitato nel se- stiere di Cannaregio, in Calle della Malvasia e più precisamente al numero 2784/B. La nostra casa era molto grande aveva 3 ca- mere da letto, una dove dormivano i maschi, una dove dormivano le femmine e una per i nostri genitori, poi c’era una cucina, un bagno e una sala da pranzo enorme che ci permetteva di mangiare sempre tutti assieme. La domenica era sempre festa, mi ricordo quando ero bambino che la mamma prepa- rava la tavola per quattordici persone (6 fra- telli, 5 sorelle, i miei genitori e la nonna materna), a volte eravamo molti di più quan- do venivano anche i cognati, uno in più non faceva la differenza e a tavola un piatto in più c’era sempre. L’usanza della domenica erano gli gnocchi fatti in casa, la mamma li prepa- rava con l’aiuto delle mie sorelle maggiori, ne venivano fatti tantissimi, servivano sei- sette chili di patate, circa duemila gnocchi. Erano talmente tanti che sopra la tavola non ci stavano e venivano stesi sui letti con delle tovaglie e quando era il momento di cucinarli chiedeva sempre quanti ne volevamo, chi ne voleva 50, chi 60-70-80, qualcuno addirittura ne mangiava 100. La stessa cosa quando dovevano ordinare il pane per il sabato e la domenica, ne venivano prenotati dai 15 ai 18 chili, sia da mangiare a tavola per pranzo e cena, sia per la nostra me- renda pomeridiana: ci nascondevamo i panini nelle tasche e scendevamo a giocare nelle calli e nei campi di Venezia. Una cosa che ricordo con piacere è la «poe- sia» che nonna Angela recitava a tavola du- rante il pasto: Vino vinello, tu sei il più buono e il più bello, ma qualche volta mi fai perdere il cervello. O barone, o briccone ti metterò in quella prigione e quando hai finito la tua condanna ti manderò giù per quella canna. I nostri genitori ci hanno cresciuto bene, non ci hanno mai fatto mancare niente e soprat- tutto da mangiare, quello c’era sempre e non mancava mai. Altra cosa che ricordo, molto divertito, della domenica sono i vassoi di paste che i miei cognati portavano. Ci nascondevamo sotto la tavola e mangiavamo le paste di nascosto e, quando era il momento di mangiarle, dopo aver pranzato, mezzo vassoio era sparito, così i nostri genitori si arrabbiavano tantis- simo. Allora molte volte il papà per farci stare buoni mangiava con me e mia sorella Bruna in braccio. Eravamo i più piccoli e anche i più viziati. Ero anche il più viziato dalla nonna materna Angela, ero il suo pupillo; quando litigavo con i miei fratelli mi difendeva sempre di- cendo loro di lasciarmi stare, perché ero il più piccolo, e loro erano invidiosi anche perché ero l’unico a cui la nonna dava dei soldi la domenica. Quando andavamo a trovare la nonna paterna Elvira, diventata cieca con la vecchiaia, non voleva assolutamente sapere chi era andato a trovarla, voleva capirlo da sola; allora ci toc- cava il viso per riconoscerci, e alla fine indo- vinava sempre i nomi di tutti. Anche lei voleva viziare i nipoti, così la domenica rega- lava a me e ai miei fratelli dei soldini; a qual- cuno dava di più, a qualcun’ altro meno in base alle preferenze, e anche in quel caso vo- leva riconoscere da sola le monetine, non vo- leva che noi le dicessimo cosa ci stesse dando. Eravamo veramente dei piccoli terremoti, e a quel tempo, non essendoci la televisione, i nostri genitori dovevano trovare il sistema per farci stare buoni, allora ci riunivano tutti assieme attorno alla stufa e ci raccontavano delle storie di spiriti e fantasmi, così tutti ascoltavamo con attenzione, molto impauriti. Una sera, dopo aver ascoltato la storia, siamo andati tutti a dormire ma, entrati in camera, abbiamo visto il letto che si alzava. Io e i miei fratelli ci siamo guardati e siamo saltati tutti sopra il letto. In quel momento abbiamo sen- tito un urlo talmente forte che tutti sono ac- corsi per vedere cos’era successo. Purtroppo sotto il letto c’era mia sorella Bruna, la più piccola di tutti. Voleva farci uno scherzo, fa- cendoci pensare che c’era uno spirito che al- zava il letto, invece era lei che lo alzava con la schiena, così noi saltandoci sopra le ab- biamo rotto una gamba e per l’ennesima volta la mamma dovette correre all’ospedale. Moro era il nome del nostro gatto, un bel gatto tutto nero. Quando eravamo molto pic- coli, non lo lasciavamo mai stare, volevamo giocare con lui, ma lui non vedeva l’ora di potersi nascondere in soffitta. Dopo che la mamma gli aveva dato da mangiare, gli ve- niva aperta la porta di casa e lui scappava a grande velocità. La sera, invece, la mamma lo mandava giù per le scale nel magazzino dove c’erano i remi per la barca, le fiocine per la pesca e il carbone per la stufa, e lo fa- ceva scendere per un motivo ben preciso: la mattina seguente Moro ci presentava sul tap- peto tutti i topi che aveva cacciato durante l’intera notte e miagolava per avere la sua ri- compensa. La mamma, quindi, lo premiava con un bel pesce e il gatto sembrava proprio pensasse di essere stato bravo. Il 7 Giugno 1961 è un’altra data che ricordo molto bene: quel giorno io e i miei fratelli Luigi e Bruna abbiamo ricevuto la Prima Co- munione e la Cresima assieme e nella stessa giornata, perché a quel tempo si usava così. Quella mattina ci siamo alzati molto presto, perché la mamma ci doveva preparare per questa cerimonia importantissima. Una volta vestiti, siamo scesi ad aspettare che la mamma finisse di prepararsi, ma, quando lei scese, non ci trovò più ed iniziò a cercarci dappertutto. Eravamo andati con i nostri amici a giocare vicino alla riva, dove c’era una risacca, a lan- ciare pietre in acqua e contro le bottiglie di vetro; dopo di che ci dirigemmo verso la sta- zione dei treni. Quando la mamma ci ritrovò tutti sporchi ed intenti ad aiutare i porta bagagli a scaricare le valigie, cominciò a riempirci di parole di- cendo che ci stava cercando da ore. Mamma dovette riportarci a casa e ripulirci un’altra volta, così dopo averle prese di santa ragione (e ce le meritavamo!) ci siamo incamminati verso la chiesa di Sant’Alvise a fare ciò per cui eravamo stati preparati. Per ben due volte. Avrei ancora molti ricordi da riesumare, ma ora devo proprio raccontarvi di come sono riuscito a ricostruire, per quello che era possi- bile, la storia della nostra Famiglia. Circa quattro anni fa, dopo aver guardato un vecchio cd con immagini di Venezia del ’900, stupito per il cambiamento che aveva subito nel tempo – posti mai visti o totalmente cam- biati e irriconoscibili – cominciai a pensare ai miei genitori, alla mia famiglia e come anche noi eravamo cambiati, e mi resi conto che mi sarebbe piaciuto riunire le foto della nostra fa- miglia in un «cd ricordo». I nostri genitori, papà Ferruccio e mamma Giannina, avevano dato vita ad una famiglia numerosa composta da 6 maschi e 5 fem- mine: (in ordine di età) Irma, Giulio, Maria, Laura, Marialuigia, Guerrino, Rino, Gio- vanni, Luigi, Roberto e Bruna. La ricerca cominciò con il chiedere ai miei fratelli e sorelle di procurarmi tutte le foto gela (nonni materni). Lei era nata a Budoia in Friuli e si sposò alla Madonna dell’Orto a Ve- nezia con mio nonno Oreste. Guardando tra i libri della parrocchia, sco- privo sempre cose nuove: mio bisnonno pa- terno, Domenico, era nato a Venezia alla Madonna dell’Orto, ma suo padre Sebastiano era nato in Friuli, si sposò a Dardago e in se- guito si trasferì a Venezia per fare il muratore e con lui tutta la sua famiglia: il padre Gio- batta, la madre e tre suoi fratelli Francesco, Alvise e Valentino. Si stabilirono tutti alla Madonna dell’Orto, creando un ramo dei Lac- chin a Venezia. Tutte le informazioni che ricavavo m’indiriz- zavano sempre a Dardago e Budoia, quindi le mie ricerche iniziarono da lì. Mi misi in con- tatto con il parroco della parrocchia di Budoia che mi diede un appuntamento per vedere le copie dei libri presenti in parrocchia inserite in computer, con la promessa che mi avrebbe ricontattato quando sarebbe stato meno impe- gnato, per farmi vedere altri estratti. Quella volta trovai soltanto la nascita di nonna An- gela e nient’altro. Tutte le ricerche che però continuavo a fare a Venezia comunque mi rimandavano sempre nelle zone di Budoia e Dardago; quindi, non avendo ricevuto nessuna telefonata da parte del parroco, ritornai lì una domenica, ma con- clusa la messa domenicale il parroco mi disse che non aveva avuto il tempo di verificare e mi diede un nominativo di una persona che faceva ricerche e alberi genealogici. Mi recai dalla signora Vittorina, le spiegai le ricerche fino allora eseguite e le chiesi aiuto per poter accedere ai libri della parrocchia in quanto lei, essendo della rivista l’Artugna (pe- riodico di Dardago, Budoia e Santa Lucia), poteva accedere alla biblioteca e ai libri in essa contenuti senza la presenza del parroco. La signora Vittorina cominciò le ricerche e trovò i miei bisnonni, i loro genitori e i vari figli nati dai vari matrimoni, riuscii inoltre a fotografare i registri di matrimoni avvenuti in altri paesini del Friuli: Aviano, Castel d’Aviano, Pieve di Villotta, Vigonovo, San della nostra famiglia da quando eravamo nati ad oggi, poi chiesi anche ai vari cugini, e col tempo riuscii a raccogliere una grandissima quantità di fotografie, ma non solo della no- stra famiglia, bensì anche di tutti i matrimoni dei miei fratelli e sorelle, qualche foto dei miei nonni, zii, nipoti e cugini. Dopo averle sistemate in ordine cronologico, provai a comporre il «cd ricordo». Ci volle quasi un anno, ma alla fine ce la feci e con grande soddisfazione lo regalai per Natale a tutti i miei fratelli. Furono tutti molto contenti in quanto il cd conteneva foto mai viste, per- ché ognuno aveva qualche fotografia ma io le riunii tutte. Essendo riuscito a fare questo, che già è stata un’impresa ardua, pensai di scoprire le origini del nostro cognome e da dove proveniva. Sapevo che sarebbe stata una ricerca molto difficile e, per capire come si cercavano sui registri matrimoni, cresime, comunioni, batte- simi e nascite, cominciai proprio da me stesso e da mia moglie Rosetta, continuando con papà Ferruccio e mamma Giannina, poi col nonno Giulio e la nonna Elvira (nonni pa- terni) e infine col nonno Oreste e la nonna An- Giovanni di Polcenigo, Polcenigo, Dardago, Budoia e Santa Lucia di Budoia. Ringrazio Vittorina Carlon e il parroco di Bu- doia, don Adel, per la loro disponibilità e gen- tilezza, la Curia per avermi offerto la possibilità di guardare e fotografare registri potendo così continuare la mia ricerca. Un grazie anche ai parroci di Venezia, in par- ticolare a don Giovanni, a mio fratello Luigi e mia cognata Fanni che mi hanno seguito nei vari viaggi, e a mio fratello Rino per l’ospita- lità riservataci durante i soggiorni a Maniago. Un grazie anche a mia figlia Elisa per avermi aiutato, con molta pazienza, nella stesura di questo testo. Questa non è la fine della mia ricerca. Andrà avanti, sto cercando ancora, ho girato quasi dappertutto ma non ho ancora intenzione di fermarmi, ho visto mezzo Friuli e posti bellis- simi che non conoscevo; non so dove le mie ricerche mi possano portare ma, per capire ve- ramente qual è la nostra origine, sono dispo- sto a girare anche tutta l’Italia. Qualcos’altro troverò, per ora ringrazio tutti, anche tutti co- loro i quali non sono espressamente citati. ROBERTO LACCHIN La famiglia Lacchin al completo, il 2 dicembre 1953. Da sinistra: mamma Giannina, papà Ferruccio, Giulio, Maria, la nonna Angela Biscontin, Laura, Roberto, Giovanni, Luigi, Maria Lui- gia, Irma, Guerrino, Rino, Bruna. Il nonno Giulio Lacchin, nel 1918. La nonna Teresa Elvira Peron, nel 1958. Mamma Giannina e papà Ferruccio, il giorno del loro matrimonio, il 20 marzo 1934. Papà e mamma con la neonata Laura, Maria, Giulio e Irma, in Calle Squero dei Muti, il 20 agosto 1940. Irma tra i nonni materni, Oreste Zabeo e Angela Biscontin, sul Ponte Pa- squaligo, nel 1948. 7 giugno 1961. Luigi, Laura e Roberto sul Ponte di San Felice, dopo aver ricevuto la Prima Comunione e la Santa Cresima, nella Chiesa di Sant’Alvise. Il giorno del matrimonio di Giulio con Mariarosa Grandi, il 18 maggio 1972 Gli sposi sono attorniati da tutti i fratelli. Da sinistra: Maria Lui- gia, Mariarosa, Giulio, Roberto, Irma, mamma Giannina, Maria, Giovanni, Bruna, Laura, Luigi, Guerrino, Rino. Irma con il piccolo Daniele e il marito Mirco De Gobbis. Il loro matrimonio avvenne il 17 dicembre 1960. 9 settembre 1962. Matrimonio di Maria con Isidoro Pelliccioli. Da sinistra: Giulio, Guerrino, Laura, zia Cate- rina, Irma, Daniele, Mirco, Giovanni, Maria, Isidoro, Rino, Oreste, Roberto, Bruna, Luigi e mamma Giannina. Maria Luigia e Roberto Fontana, il giorno del loro matrimonio, l’8 giugno 1973. Matrimonio di Laura con Giovanni Barbato, il 28 marzo 1965. Da sinistra: Daniele, Rino, Laura e Giovanni. Gli sposi Guerrino e Anita Barbassi con mamma Giannina e Giulio, il giorno del loro ma- trimonio (9 aprile 1972). Gli sposi Rino e Carmelina Cicco (30.11.1968). Da sinistra: Maria Grazia Antonietta, Pacifico Emilio, Lina, Rino, Giannina, Giulio. 14 maggio 1973, il giorno del matrimonio di Giovanni con Liliana Canciani. Nella foto gli sposi con la mamma Giannina, Bianca e Fulvio. Foto a destra. Nozze di Luigi e Fannì Rugoletto, il 29 settembre 1974. Da sinistra, in alto: Maria con il pic- colo Massimo, Mirco, Guerrino, Anita, Giovanni, Liliana, Laura, Giulio, Rosa, Giovanni, gli sposi, mamma Giannina, Irma, Roberto. In prima fila: Gabriella, Michele, Ferruccio, Stefano, Giancarlo, Maria Luigia e il figlio Alessandro. Nonna Giannina con i nipoti, al compleanno di Gabriella, il 12 maggio 1970. Da sinistra: Da- niele, Gabriella, Michele, in braccio allo zio Luigi, Stefano, la nonna, Ferruccio, Giancarlo e Riccardo. La famiglia di Roberto e di Rosetta con i figli Elisa ed Alessio, il 7 luglio 2008. Foto a sinistra. I fratelli Roberto e Bruna il giorno del loro matrimonio, il 5 giugno 1977, con i rispettivi consorti Ro- setta Gregorin e Luigino Gaspari, nell’isola di San Giorgio. Il 6 gennaio 2009, con la Befana è giunta anche Niki, figlia di Elisa Lac- chin e Raffaele Olivucci, e nipote di Roberto e Rosetta. VENTUNESIMO INSERTO a cura di Vittorina Carlon, Roberto Lacchin e Roberto Zambon Santa Lucia di Budoia-Venezia Da Salvador Comin d.° Lachin ai Lacchin veneziani Un arco d’accesso ad una casa di via Lachin. Sopra. La chiave di volta dell’arco di una casa di via Lachin. In alto. La via di Santa Lucia intito- lata ai Lachin.

description

Inserto de l'Artugna

Transcript of Albero Lacchin

Page 1: Albero Lacchin

Le nostre radici

INSERTO DE l’Artugna n. 116 · APRILE 2009

NOTE

1. Ci sono le seguenti attestazioni.Dal Registro dei Battesimi (n° 1). Nel 1658, il 7 aprile è bat-tezzato «Fran.co di Pol q. Jseppo de COMIN d.o LACHIN e diMaria q. Antonio del Cont di Giais», mentre nell’atto della suamorte, il 29 marzo 1672, (Registro dei Morti n° 1) è registratocon il cognome «DELLA CHIN». Pure le sorelle – Anzola, Ja-coma, Menega, Pasqua, – riportano nell’atto di battesimo ilsoprannome Lachin. Altri 15 battezzati e 6 defunti conservanolo stesso cognome, mentre uno (Matthia, 1657) porta il co-gnome de LUCCHINO. Così anche i figli di Nicolò di Antonioe di Appolonia Celant, di Jseppo e di Osvalda de Fort, e diGiacomo e di Rosa Busetto sono presenti con il cognomeCOMIN d.o LACHIN.Dal Registro dei Matrimoni (n° 1). Due persone – Domenego deAntonio e Iseppo de Mattheo – conservano il cognome COMINd.o LACHIN, mentre Gio:maria di Antonio e Valentin de Polmantengono la nuova registrazione LACHIN. (APSMMD)2. Il 4/6/1626. Piero LACCHIN di Santa Lucia, insieme conNicolò COMIN di San Giovanni, sono citati dal conte Gu-glielmo di Polcenigo per danni provocati in montagna(APSMMD).

3. I quattro figli di Sebastiano e Angela Scussat (GiovannaMaria, Santa, Elisabetta Maria, Maria) sono registrati con ilcognome privo di raddoppiamento sia a Venezia che a Dar-dago; gli altri figli (Domenico Giuseppe Salvatore, Antonio,Antonia, Francesco e Martino) acquisiscono la versione attualedel cognome.4. CARLO ZOLDAN, La pieve di Dardago tra XIII e XVI se-colo. Le pergamene dell’archivio, l’Artugna Editore, 2008.5. Esiste la località Col dei Bof in Val di Seren, nel Feltrino. Ilnome del luogo e il cognome di chi vi risiedeva sono ricondu-cibili a San Bove, cavaliere combattente divenuto contadino eprotettore degli animali, in particolare dei bovini.6. ALESSANDRO FADELLI, Frammenti storici budoiesi(1752-53), in l’Artugna Anno XXI – Agosto 1992, n. 66.7. FABRIZIO FUCILE (a cura), Nota storica della VenerandaChiesa di Santa Lucia, Parrocchia di Santa Lucia, 1988.

torno al 1670, lasciando spazio definitivamente alsoprannome.Tale documentazione archivistica ci permette diricostruire l’evoluzione del significante del co-gnome nei cinque secoli di presenza nel territo-rio. Negli ultimi tre decenni del secolo XVII,prevalgono le varianti cognominali «del-l’ACHINO, ACHINI (1670), dell’ACHIN, dellaCHIN, della CHINO(1671)».Dagli ultimi decenni del ’600 si stabilizza la ver-sione priva di raddoppiamento della consonanteC, nei secoli alternata alla variante con raddoppia-mento; quest’ultima forma per molti acquisita interra veneziana. Nel caso del ramo in questione,si attesta la versione con raddoppiamento a Vene-zia dal 1841, il 3 aprile, con la registrazione del-l’atto di battesimo di Domenico GiuseppeSalvatore; da allora i discendenti furono registratiLACCHIN(3).Secondo Enos Costantini, nel «Dizionario dei co-gnomi friulani», il cognome «sembra una deriva-zione dal veneto lache, «cosce, gambe» da cui ilnoto «tirar le lache», variante veneta del notis-simo «tirar le cuoia». Le lache derivano dal la-tino lacca, «rigonfiamento a forma di vescica nellegambe dei giumenti», passato poi ad indicare lepredette parti anatomiche umane, come nell’ita-

POLAT, dal patronimico Pol, 5 persone dal 1808al 1873; PELLENTE, 5 persone a cavallo tra la se-conda e la terza decina del XIX secolo; PEL-LIUTE, forse persona fragile, non resistenteoppure si potrebbe ricercare nella parola «pel-liccia», presente dal 1847 al 1867 con 14 persone;POLET, forma diminutiva del patronimico Pol,Paolo, in versione veneta, una sola persona, nel1867.I LACHIN/LACCHIN popolano ancora il territo-rio, numerosi in Santa Lucia di Budoia, una fami-glia in Dardago e alcune nel capoluogo.Un personaggio di spicco fu GIOBATTA LA-CHIN, notaio, che operò dal 1750 al 1770. Nel1753 stilò un atto che lo riguardava direttamente:insieme con il fratello Antonio costituì una «re-sponsion livelaria» di 186 lire con la «Scola delVenerabile di Santa Lucia». La garanzia offertadai Lachin consisteva in un loro appezzamento diterra arativa con piante d’olivo in località «la Cro-sera», sul retro delle case in cui abitavano i duefratelli, nella parte iniziale di via Lachin per chigiunge da San Giovanni di Polcenigo(6). Giobattafu impegnato, inoltre, come «procurator» nellacostruzione del campanile della chiesa di SantaLucia(7).

VITTORINA CARLON

I Lachin di Santa Lucia

Dal 1760 al 1899, le persone con il cognomeLACCHIN, presenti in Santa Lucia di Budoia,sono così numerose – ben seicentosettanta, di cui157 nei quattro decenni del ’700 e il rimanente,513, nel secolo successivo – da determinare, giànei primissimi anni dell’Ottocento, l’intitola-zione di una via nel versante meridionale delpaese: Strada Comunale detta Lachin.Fu proprio tale sviluppo demografico una dellecause dell’emigrazione degli abitanti di SantaLucia verso Venezia, come nel caso dei Lachin diquest’albero genealogico, stabilitisi nella città la-gunare all’inizio del secolo XIX, che hanno ri-chiesto il nostro aiuto per risalire alle loro origini.Il cognome LACHIN non appare nei registri ana-grafici dell’archivio storico della Pieve di Dar-dago, negli anni ’50 -’60 del secolo XVII (1),mentre è attestato in un documento del 1626 ap-partenente sempre al medesimo archivio(2).Lachin è presente, invece, come soprannome diun ramo del casato dei COMIN, scomparso in-

liano antico lacca «anca, coscia» (Dario Soranzo,in «La nuova Venezia» 25 novembre 1996). Potrebbe, invece, aver radici nel patronimico Chi-nus – Chinus de Dardaco, Chinus q. Federici –presente nel 1408/1415 nei nostri paesi (4).Salvador COMIN d.° LACHIN (n. 1545 ca.), eb-be 4 figli maschi: PIETRO, nato nel 1574 emorto il 31/1/1658, capostipite del ramo in con-siderazione; DOMENEGO (n. 1580 ca.); BEDIN(n. 1576 ca.); POL (n. 1578 ca.).I soprannomi dei LACHIN, nella seconda metàdel XVIII secolo, sono: QUAIN, da un cognomebudoiese, presente dal 1777 al 1857, a cui appar-tenevano 16 persone; TOMÈ, dal patronimicoTommaso, con 12 persone registrate dal 1779 al1873; BOF, probabilmente dall’agionimo SanBove (5), con 33 persone, dal 1795 al 1866;

Storia e origini della famiglia Lacchin

La nostra famiglia ha sempre abitato nel se-stiere di Cannaregio, in Calle della Malvasiae più precisamente al numero 2784/B.La nostra casa era molto grande aveva 3 ca-mere da letto, una dove dormivano i maschi,una dove dormivano le femmine e una per inostri genitori, poi c’era una cucina, unbagno e una sala da pranzo enorme che cipermetteva di mangiare sempre tutti assieme.La domenica era sempre festa, mi ricordoquando ero bambino che la mamma prepa-rava la tavola per quattordici persone (6 fra-telli, 5 sorelle, i miei genitori e la nonnamaterna), a volte eravamo molti di più quan-do venivano anche i cognati, uno in più nonfaceva la differenza e a tavola un piatto in piùc’era sempre. L’usanza della domenica eranogli gnocchi fatti in casa, la mamma li prepa-rava con l’aiuto delle mie sorelle maggiori,ne venivano fatti tantissimi, servivano sei-sette chili di patate, circa duemila gnocchi.Erano talmente tanti che sopra la tavola nonci stavano e venivano stesi sui letti con delletovaglie e quando era il momento di cucinarlichiedeva sempre quanti ne volevamo, chi nevoleva 50, chi 60-70-80, qualcuno addiritturane mangiava 100. La stessa cosa quando dovevano ordinare ilpane per il sabato e la domenica, ne venivanoprenotati dai 15 ai 18 chili, sia da mangiare atavola per pranzo e cena, sia per la nostra me-renda pomeridiana: ci nascondevamo i panininelle tasche e scendevamo a giocare nellecalli e nei campi di Venezia.Una cosa che ricordo con piacere è la «poe-sia» che nonna Angela recitava a tavola du-rante il pasto:

Vino vinello,tu sei il più buono e il più bello,ma qualche volta mi fai perdere il cervello.O barone, o bricconeti metterò in quella prigionee quando hai finito la tua condannati manderò giù per quella canna.

I nostri genitori ci hanno cresciuto bene, nonci hanno mai fatto mancare niente e soprat-tutto da mangiare, quello c’era sempre e nonmancava mai.Altra cosa che ricordo, molto divertito, delladomenica sono i vassoi di paste che i mieicognati portavano. Ci nascondevamo sotto latavola e mangiavamo le paste di nascosto e,quando era il momento di mangiarle, dopoaver pranzato, mezzo vassoio era sparito,così i nostri genitori si arrabbiavano tantis-simo. Allora molte volte il papà per farcistare buoni mangiava con me e mia sorellaBruna in braccio. Eravamo i più piccoli eanche i più viziati. Ero anche il più viziato dalla nonna maternaAngela, ero il suo pupillo; quando litigavocon i miei fratelli mi difendeva sempre di-cendo loro di lasciarmi stare, perché ero il piùpiccolo, e loro erano invidiosi anche perchéero l’unico a cui la nonna dava dei soldi ladomenica.Quando andavamo a trovare la nonna paternaElvira, diventata cieca con la vecchiaia, nonvoleva assolutamente sapere chi era andato atrovarla, voleva capirlo da sola; allora ci toc-cava il viso per riconoscerci, e alla fine indo-vinava sempre i nomi di tutti. Anche leivoleva viziare i nipoti, così la domenica rega-lava a me e ai miei fratelli dei soldini; a qual-cuno dava di più, a qualcun’ altro meno inbase alle preferenze, e anche in quel caso vo-leva riconoscere da sola le monetine, non vo-leva che noi le dicessimo cosa ci stessedando.Eravamo veramente dei piccoli terremoti, e aquel tempo, non essendoci la televisione, inostri genitori dovevano trovare il sistemaper farci stare buoni, allora ci riunivano tuttiassieme attorno alla stufa e ci raccontavanodelle storie di spiriti e fantasmi, così tuttiascoltavamo con attenzione, molto impauriti.Una sera, dopo aver ascoltato la storia, siamoandati tutti a dormire ma, entrati in camera,abbiamo visto il letto che si alzava. Io e i mieifratelli ci siamo guardati e siamo saltati tuttisopra il letto. In quel momento abbiamo sen-tito un urlo talmente forte che tutti sono ac-corsi per vedere cos’era successo. Purtropposotto il letto c’era mia sorella Bruna, la piùpiccola di tutti. Voleva farci uno scherzo, fa-cendoci pensare che c’era uno spirito che al-zava il letto, invece era lei che lo alzava conla schiena, così noi saltandoci sopra le ab-biamo rotto una gamba e per l’ennesimavolta la mamma dovette correre all’ospedale.Moro era il nome del nostro gatto, un belgatto tutto nero. Quando eravamo molto pic-coli, non lo lasciavamo mai stare, volevamogiocare con lui, ma lui non vedeva l’ora dipotersi nascondere in soffitta. Dopo che lamamma gli aveva dato da mangiare, gli ve-niva aperta la porta di casa e lui scappava agrande velocità. La sera, invece, la mammalo mandava giù per le scale nel magazzinodove c’erano i remi per la barca, le fiocineper la pesca e il carbone per la stufa, e lo fa-ceva scendere per un motivo ben preciso: lamattina seguente Moro ci presentava sul tap-peto tutti i topi che aveva cacciato durantel’intera notte e miagolava per avere la sua ri-compensa. La mamma, quindi, lo premiavacon un bel pesce e il gatto sembrava propriopensasse di essere stato bravo.

Il 7 Giugno 1961 è un’altra data che ricordomolto bene: quel giorno io e i miei fratelliLuigi e Bruna abbiamo ricevuto la Prima Co-munione e la Cresima assieme e nella stessagiornata, perché a quel tempo si usava così.Quella mattina ci siamo alzati molto presto,perché la mamma ci doveva preparare perquesta cerimonia importantissima. Una voltavestiti, siamo scesi ad aspettare che lamamma finisse di prepararsi, ma, quando leiscese, non ci trovò più ed iniziò a cercarcidappertutto.Eravamo andati con i nostri amici a giocarevicino alla riva, dove c’era una risacca, a lan-ciare pietre in acqua e contro le bottiglie divetro; dopo di che ci dirigemmo verso la sta-zione dei treni.Quando la mamma ci ritrovò tutti sporchi edintenti ad aiutare i porta bagagli a scaricare levaligie, cominciò a riempirci di parole di-cendo che ci stava cercando da ore. Mammadovette riportarci a casa e ripulirci un’altravolta, così dopo averle prese di santa ragione(e ce le meritavamo!) ci siamo incamminativerso la chiesa di Sant’Alvise a fare ciò percui eravamo stati preparati. Per ben due volte.Avrei ancora molti ricordi da riesumare, maora devo proprio raccontarvi di come sonoriuscito a ricostruire, per quello che era possi-bile, la storia della nostra Famiglia.Circa quattro anni fa, dopo aver guardato unvecchio cd con immagini di Venezia del ’900,stupito per il cambiamento che aveva subitonel tempo – posti mai visti o totalmente cam-biati e irriconoscibili – cominciai a pensare aimiei genitori, alla mia famiglia e come anchenoi eravamo cambiati, e mi resi conto che misarebbe piaciuto riunire le foto della nostra fa-miglia in un «cd ricordo».I nostri genitori, papà Ferruccio e mammaGiannina, avevano dato vita ad una famiglianumerosa composta da 6 maschi e 5 fem-mine: (in ordine di età) Irma, Giulio, Maria,Laura, Marialuigia, Guerrino, Rino, Gio-vanni, Luigi, Roberto e Bruna. La ricerca cominciò con il chiedere ai mieifratelli e sorelle di procurarmi tutte le foto

gela (nonni materni). Lei era nata a Budoia inFriuli e si sposò alla Madonna dell’Orto a Ve-nezia con mio nonno Oreste. Guardando tra i libri della parrocchia, sco-privo sempre cose nuove: mio bisnonno pa-terno, Domenico, era nato a Venezia allaMadonna dell’Orto, ma suo padre Sebastianoera nato in Friuli, si sposò a Dardago e in se-guito si trasferì a Venezia per fare il muratoree con lui tutta la sua famiglia: il padre Gio-batta, la madre e tre suoi fratelli Francesco,Alvise e Valentino. Si stabilirono tutti allaMadonna dell’Orto, creando un ramo dei Lac-chin a Venezia.Tutte le informazioni che ricavavo m’indiriz-zavano sempre a Dardago e Budoia, quindi lemie ricerche iniziarono da lì. Mi misi in con-tatto con il parroco della parrocchia di Budoiache mi diede un appuntamento per vedere lecopie dei libri presenti in parrocchia inseritein computer, con la promessa che mi avrebbericontattato quando sarebbe stato meno impe-gnato, per farmi vedere altri estratti. Quellavolta trovai soltanto la nascita di nonna An-gela e nient’altro. Tutte le ricerche che però continuavo a fare aVenezia comunque mi rimandavano semprenelle zone di Budoia e Dardago; quindi, nonavendo ricevuto nessuna telefonata da partedel parroco, ritornai lì una domenica, ma con-clusa la messa domenicale il parroco mi disseche non aveva avuto il tempo di verificare emi diede un nominativo di una persona chefaceva ricerche e alberi genealogici.Mi recai dalla signora Vittorina, le spiegai lericerche fino allora eseguite e le chiesi aiutoper poter accedere ai libri della parrocchia inquanto lei, essendo della rivista l’Artugna (pe-riodico di Dardago, Budoia e Santa Lucia),poteva accedere alla biblioteca e ai libri inessa contenuti senza la presenza del parroco.La signora Vittorina cominciò le ricerche etrovò i miei bisnonni, i loro genitori e i varifigli nati dai vari matrimoni, riuscii inoltre afotografare i registri di matrimoni avvenuti inaltri paesini del Friuli: Aviano, Casteld’Aviano, Pieve di Villotta, Vigonovo, San

della nostra famiglia da quando eravamo natiad oggi, poi chiesi anche ai vari cugini, e coltempo riuscii a raccogliere una grandissimaquantità di fotografie, ma non solo della no-stra famiglia, bensì anche di tutti i matrimonidei miei fratelli e sorelle, qualche foto deimiei nonni, zii, nipoti e cugini. Dopo averle sistemate in ordine cronologico,provai a comporre il «cd ricordo». Ci vollequasi un anno, ma alla fine ce la feci e congrande soddisfazione lo regalai per Natale atutti i miei fratelli. Furono tutti molto contentiin quanto il cd conteneva foto mai viste, per-ché ognuno aveva qualche fotografia ma io leriunii tutte. Essendo riuscito a fare questo, che già è stataun’impresa ardua, pensai di scoprire le originidel nostro cognome e da dove proveniva. Sapevo che sarebbe stata una ricerca moltodifficile e, per capire come si cercavano suiregistri matrimoni, cresime, comunioni, batte-simi e nascite, cominciai proprio da me stessoe da mia moglie Rosetta, continuando conpapà Ferruccio e mamma Giannina, poi colnonno Giulio e la nonna Elvira (nonni pa-terni) e infine col nonno Oreste e la nonna An-

Giovanni di Polcenigo, Polcenigo, Dardago,Budoia e Santa Lucia di Budoia.Ringrazio Vittorina Carlon e il parroco di Bu-doia, don Adel, per la loro disponibilità e gen-tilezza, la Curia per avermi offerto lapossibilità di guardare e fotografare registripotendo così continuare la mia ricerca. Un grazie anche ai parroci di Venezia, in par-ticolare a don Giovanni, a mio fratello Luigie mia cognata Fanni che mi hanno seguito neivari viaggi, e a mio fratello Rino per l’ospita-lità riservataci durante i soggiorni a Maniago.Un grazie anche a mia figlia Elisa per avermiaiutato, con molta pazienza, nella stesura diquesto testo.Questa non è la fine della mia ricerca. Andràavanti, sto cercando ancora, ho girato quasidappertutto ma non ho ancora intenzione difermarmi, ho visto mezzo Friuli e posti bellis-simi che non conoscevo; non so dove le miericerche mi possano portare ma, per capire ve-ramente qual è la nostra origine, sono dispo-sto a girare anche tutta l’Italia. Qualcos’altrotroverò, per ora ringrazio tutti, anche tutti co-loro i quali non sono espressamente citati.

ROBERTO LACCHIN

La famiglia Lacchin al completo, il 2 dicembre 1953.Da sinistra: mamma Giannina, papà Ferruccio, Giulio, Maria, la nonna Angela Biscontin, Laura, Roberto, Giovanni, Luigi, Maria Lui-gia, Irma, Guerrino, Rino, Bruna.

Il nonno Giulio Lacchin, nel 1918. La nonna Teresa Elvira Peron, nel 1958.

Mamma Giannina e papà Ferruccio, il giorno del loro matrimonio, il 20 marzo 1934.

Papà e mamma con la neonata Laura, Maria, Giulio e Irma, in CalleSquero dei Muti, il 20 agosto 1940.

Irma tra i nonni materni, Oreste Zabeo e Angela Biscontin, sul Ponte Pa-squaligo, nel 1948.

7 giugno 1961. Luigi, Laura e Roberto sul Ponte di San Felice, dopoaver ricevuto la Prima Comunione e la Santa Cresima, nella Chiesadi Sant’Alvise.

Il giorno del matrimonio di Giulio con Mariarosa Grandi, il 18 maggio 1972 Gli sposi sono attorniati da tutti i fratelli. Da sinistra: Maria Lui-gia, Mariarosa, Giulio, Roberto, Irma, mamma Giannina, Maria, Giovanni, Bruna, Laura, Luigi, Guerrino, Rino.

Irma con il piccolo Daniele e il marito Mirco DeGobbis. Il loro matrimonio avvenne il 17 dicembre1960.

9 settembre 1962. Matrimonio di Maria con Isidoro Pelliccioli. Da sinistra: Giulio, Guerrino, Laura, zia Cate-rina, Irma, Daniele, Mirco, Giovanni, Maria, Isidoro, Rino, Oreste, Roberto, Bruna, Luigi e mamma Giannina.

Maria Luigia e Roberto Fontana, il giorno del loro matrimonio,l’8 giugno 1973.

Matrimonio di Laura con Giovanni Barbato, il 28 marzo 1965. Da sinistra: Daniele, Rino, Laura e Giovanni. Gli sposi Guerrino e Anita Barbassi con mamma Giannina e Giulio, il giorno del loro ma-trimonio (9 aprile 1972).

Gli sposi Rino e Carmelina Cicco (30.11.1968). Da sinistra: Maria Grazia Antonietta, Pacifico Emilio, Lina, Rino, Giannina, Giulio.

14 maggio 1973, il giorno del matrimonio di Giovanni con Liliana Canciani. Nella foto gli sposi con la mammaGiannina, Bianca e Fulvio.

Foto a destra. Nozze di Luigi e Fannì Rugoletto, il 29 settembre 1974. Da sinistra, in alto: Maria con il pic-colo Massimo, Mirco, Guerrino, Anita, Giovanni, Liliana, Laura, Giulio, Rosa, Giovanni, gli sposi, mammaGiannina, Irma, Roberto. In prima fila: Gabriella, Michele, Ferruccio, Stefano, Giancarlo, Maria Luigia e ilfiglio Alessandro.

Nonna Giannina con i nipoti, al compleanno di Gabriella, il 12 maggio 1970. Da sinistra: Da-niele, Gabriella, Michele, in braccio allo zio Luigi, Stefano, la nonna, Ferruccio, Giancarloe Riccardo.

La famiglia di Roberto e di Rosetta con i figli Elisa ed Alessio, il 7 luglio 2008.

Foto a sinistra. I fratelli Roberto e Bruna il giorno del loro matrimonio, il 5 giugno 1977, con i rispettivi consorti Ro-setta Gregorin e Luigino Gaspari, nell’isola di San Giorgio.

Il 6 gennaio 2009, con la Befana è giunta anche Niki, figlia di Elisa Lac-chin e Raffaele Olivucci, e nipote di Roberto e Rosetta.

VENTUNESIMO INSERTOa cura di Vittorina Carlon, Roberto Lacchin e Roberto Zambon

Santa Lucia di Budoia-VeneziaDa Salvador Comin d.° Lachin ai Lacchin veneziani

Un arco d’accesso ad una casa divia Lachin.

Sopra. La chiave di volta dell’arcodi una casa di via Lachin.

In alto. La via di Santa Lucia intito-lata ai Lachin.

Page 2: Albero Lacchin

Da Salvador Comin d.° Lachin ai Lacchin veneziani

I fratelli Guerrino, Rino, Giovanni, Roberto e Luigi in Colonia Rondinella, nel 1957.

A sinistra. Papà Ferruccio, Laura, mamma Giannina, Giulio, Maria e Irma, in Squero Muti, il 20agosto 1940.

Cresima di una cugina, nel 1958. Al centro nonna Teresa Elvira attorniata da figli, nuore e nipoti. Da sinistrazia Angelina Vinello, Laura, Orsola Vinello, zio Vittorio, zia Guglielmina Giani, zio Pietro, Giulio, Giusep-pina Grassetti, zio Domenico, zio Antonio, Daniela, Franca, zia Amalia Rossetti. Zia Giulia e zio GiulianoNovelli.

San Michele in Isola, primo marzo 1991. I fratelli Lacchin, riuniti per la riesumazione delle spoglie di mammaGiannina. Da sinistra, in alto: Luigi, Giovanni, Laura, Roberto. Seconda fila: Guerrino, Irma, Rino, Maria,Bruna. In basso: Maria Luigia e Giulio.

Atto di morte di Pietro q. Salvador Comin d.° Lachin (1574-1658).

Atto di nascita di Francesco di Giomaria (6 novembre 1712).

A destra. Atto di morte di Giovanni Maria Lacchin. Il 24 maggio 1867 morì improvvisamente per lacaduta dal tetto di una casa in Calle Terrazzera, a Venezia.Fu il primo dei figli di Giambatta ad essere nato a Venezia, il 16 ottobre 1804.

1. PIERO LACHIN nominato in un documento (4/6/1626)con Nicolò de Bastian COMIN di San Giovanni. (APSMMD).

2. AGNOLO LACHIN è citato quale esattore di un livello della Chiesadi Santa Lucia in un documento datato 19 giugno 1667.

3. I nomi di OSVALDO e GIACOMO LACHIN di GIOMARIA sonopresenti in un documento del 27/11/1766. Con ANDREA q. DOMENEGOq. ANDREA LACHIN, istituirono la Scuola del S. Rosario, il 27 novembre1766 (APSMMD).

4. OSVALDO LACHIN è membro della Commissione per la stesuradell’atto costitutivo dell’accordo sull’uso dei beni comunali, con Domenicode Forte, in rappresentanza del Comune di Santa Lucia, insieme con altrieletti dai Comuni di Budoia, Dardago, San Giovanni, Polcenigo e Coltura.Commissione costituitasi nella primavera del 1792.

NOTE

Atto di matrimonio di Agnolo Comin e Paula Cassin (12 novembre 1642).