Advanced Squat - #2 - La Fiaba Dello Sticking Point

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1 Advanced squat #2 – La fiaba dello sticking point Scopo di questi articoli è creare un modello dello squat che abbia una sua “coerenza interna”: deve spiegare cosa accade senza contraddizioni, per tutti. Ovviamente, il limite è che non sarà né confermabile né confutabile perché servirebbero studi comparativi, ma già il fatto che le spiegazioni siano coerenti con quello che vediamo è un punto a suo favore. Il tutto si baserà sulla spiegazione del perché la traiettoria dello squat è di un certo tipo, ma prima di entrare nel tecnico presento un excursus di tutta la storia, dicendovi il finale in modo che chi avrà lo stomaco di leggere non si perderà nei particolari. Il misterioso sticking point Lo squat è un movimento banale rispetto ad un sollevamento olimpico, di cui costituisce una parte. Un movimento “semplice” di discesa e risalita a differenza di uno snatch in cui esistono fasi dove l’atleta muove il bilanciere ed altre dove si muove intorno a lui. Eppure, esiste un punto, a circa 15cm sopra la risalita, dove l’atleta si “impunta”, come se rimanesse “appiccicato” alle sabbie mobili. Stick 45Kg 45Kg DF DF IP IP s s 45Kg 45Kg DF DF IP IP s s 45Kg 45Kg DF DF IP IP s s 45Kg 45Kg DF DF IP IP s s NoStick

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Scopo di questi articoli è creare un modello dello squat che abbia una sua “coerenzainterna”: deve spiegare cosa accade senza contraddizioni, per tutti. Ovviamente, il limite èche non sarà né confermabile né confutabile perché servirebbero studi comparativi, magià il fatto che le spiegazioni siano coerenti con quello che vediamo è un punto a suo favore.

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Advanced squat #2 – La fiaba dello sticking point Scopo di questi articoli è creare un modello dello squat che abbia una sua “coerenza interna”: deve spiegare cosa accade senza contraddizioni, per tutti. Ovviamente, il limite è che non sarà né confermabile né confutabile perché servirebbero studi comparativi, ma già il fatto che le spiegazioni siano coerenti con quello che vediamo è un punto a suo favore.

Il tutto si baserà sulla spiegazione del perché la traiettoria dello squat è di un certo tipo, ma prima di entrare nel tecnico presento un excursus di tutta la storia, dicendovi il finale in modo che chi avrà lo stomaco di leggere non si perderà nei particolari.

Il misterioso sticking point

Lo squat è un movimento banale rispetto ad un sollevamento olimpico, di cui costituisce una parte. Un movimento “semplice” di discesa e risalita a differenza di uno snatch in cui esistono fasi dove l’atleta muove il bilanciere ed altre dove si muove intorno a lui.

Eppure, esiste un punto, a circa 15cm sopra la risalita, dove l’atleta si “impunta”, come se

rimanesse “appiccicato” alle sabbie mobili.

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E’ il “punto appiccicoso”, lo sticking point. L’atleta arranca e o crolla o chiude l’alzata. Un affare del genere non esiste nei sollevamenti olimpici. Perché accade è molto misterioso e non c’è accordo a livello scientifico sul motivo. Potete leggervi [2] per un’idea di cosa sia.

Ho pertanto scartabellato tonnelate di articoli e materiali, lo squat è effettivamente molto studiato al mondo perché la posizione di “squat”, cioè di “accovacciati” è una postura utilizzata nei lavori manuali, nei sollevamenti e nelle attività di tutti i giorni. Troverete molto meno studi sulla panca, ad esempio, rispetto a quelli per portare carichi sopra la testa.

Sollevare le casse da terra

Secondo voi quale dei tre è il modo migliore per sollevare una cassa da terra? “Ma è semplice, quello a sinistra!”, perché la spina dorsale è alla curvatura fisiologica bla bla bla. Il punto è che questo aspetto NON E’ chiaro, nel senso che ognuno avrà una strategia preferenziale per sollevare una cassa da terra e non è detto che quella a sinistra sia la posizione più sicura o che quella a destra sia dovuta ad una muscolatura troppo debole in certi distretti: in uno studio quella postura era usata da un triplista, di sicuro uno che non aveva debolezze…

In [24] ad esempio hanno fatto un esperimento molto carino in cui fanno sollevare a delle persone delle casse da una altezza un centimetro sempre più alta o sempre più spostata, il risultato è stato che i soggetti passavano da una posizione come quella a sinistra ad una come quella a destra, da squat, accovacciati, a stoop, chinati.

La prossima volta vado io

dietro…

SquatSquatSemi squat

Semi squat StoopStoop

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Aumentando invece il carico accadeva l’inverso. [1] è un compendio dei consumi calorici delle attività, ed è possibile notare come lo squat sia molto più dispendioso dello stoop, che è una posizione simil-stacco.

Ovviamente, sono delle stime, ma il grafico rende l’idea: lo squat è un movimento metabolicamente impegnativo, questo è il motivo per cui le persone che fanno attività ripetitive possono partire con la schiena bella dritta e poi passano all’altra configurazione.

Ma… fa male tirare di schiena? Con carichi “bassi” di fatto non ci sono elementi per dirlo, perché gli erettori spinali non sono attivi ma la stabilità è a carico dei legamenti: la non attività degli erettori spinali è detta Flexion Relaxation Effect ed è uno dei motivi per cui lo stoop “costa” meno in termini di calorie spese, il che significa che questo tipo di modalità di sollevamento è previsto nelle specifiche della spina.

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Carico da sollevare per 50cm, peso corporeo 80Kg

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Squat 0,50 0,63 0,75 0,87 1,00 1,12

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Le ernie non nascono infatti per un singolo episodio acuto o, quanto meno, questa non è di sicuro la causa principale quanto piuttosto la ripetizione di movimenti scorretti in assenza di un’attività di muscolazione che rinforza i muscoli paravertebrali.

Quando il carico è elevato viene naturale sollevare in una posizione sempre più in stile squat, ma il fatto di trasformare uno squat in uno stoop sarà poi rilevante per noi: schienare lo squat è un modo per diminuire la spesa energetica, alla fine la forza da impiegare nel movimento.

Un articolo molto interessante è il [26] in cui viene spiegato come la “forma” della traiettoria di uno squat sia influenzata dalla mutua coordinazione di caviglia, ginocchio e anca e di come i femorali giochino un ruolo fondamentale in quando muscoli biarticolari: trasferiscono forza dal ginocchio all’anca, in [29] una spiegazione una volta per tutte chiara.

Rimbocchiamoci le maniche

Nel tempo mi sono attrezzato per cercare di sperimentare in proprio. Ovviamente, io non sono un’Università né sono sponsorizzato da un’ente di ricerca però alla fine come diceva Confucio 3000 anni fa, “chi fa da se fa per tre” e avere a disposizione un unico soggetto forte nello squat, io, e un ricercatore che sa cosa guardare, io, mi ha permesso di capirci qualcosa, dai…

Con attrezzature che manco McGyver riuscirebbe a sognare nei suoi peggiori incubi, sono riuscito a tirare fuori informazioni interessanti.

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Rapidissimamente perché voglio che vi concentriate sul concetto e non sui dettagli: queste nauseanti curve sono le velocità verticali del bilanciere in 4 mie alzate, le parti riquadrate sono ciò che ci interessa: a sinistra le curve vanno giù e tornano su, a destra no.

“Andare giù e tornare su” significa che la velocità del bilanciere rallenta e poi aumenta di nuovo, se provate a visualizzare un’alzata del genere è proprio quella dove il bilanciere “si intacca” e l’atleta soffre.

A sinistra invece l’avvallamento non c’è e pertanto il bilanciere va su bello veloce, una bella alzata.

In basso le due forme, quella con lo sticking point e quella senza: il punto è che io posso avere uno sticking point con 170Kg come con 130Kg, oppure no! Questo mi ha lasciato di stucco: dagli studi sembra che lo sticking point sia qualcosa di inevitabile, deterministico: deve esserci per forza. nvece non è così.

Questo mi ha fatto formulare la seguente ipotesi: vi è un fortissimo coinvolgimento dell’atleta nella “scelta” della traiettoria dello squat, dovuta certamente al carico e all’antropometria personale ma essenzialmente influenzabile dallo schema motorio che l’atleta stesso ha consolidato nel cervello. Infatti, in [25] viene espresso proprio il concetto appena descritto che, in soldoni, è questo: la tecnica… conta. E conta parecchio.

La difficoltà in queste cose è che ad un certo punto devi scriverti il software da solo, perché i dati che si ottengono sono veramente tantissimi e l’analisi di questi necessita della creazione di uno strumento adatto.

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170Kg

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Perciò, mi sono creato uno strumento in cui posso definire come variano gli angoli di caviglia, anca e ginocchio per creare delle traiettorie di squat differenti, ottenendo tutti gli sticking point del mondo. Mi sono messo ad osservare gli squat su youtube e alla fine credo di averci capito qualcosa.

Due squat

In alto l’uscita dalla buca di uno squat come ci si immagina dovrebbe essere: notate la curva delle chiappe, sono due specie di semicerchi che si sovrappongono, il che significa che l’atleta risale come è sceso dato che ogni semicerchio è relativo ad una fase del movimento.

In basso l’uscita dalla buca per un atleta che spara le ginocchia indietro: notate come la schiena sia più inclinata e come i due semicerchi si separino con quello della risalita che è più a destra di quello della discesa ad indicare che le due fasi hanno comportamenti asimmetrici.

Sebbene nella testa di ognuno di noi ci sia il film dello squat in alto, in realtà quasi tutti gli squat sono come quello in basso. E per tutti intendo anche dei front squat, che hanno delle scodate enormi pur avendo il bilanciere “davanti” e non “dietro”. Ancora, weightlifters

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d’elite scodano da paura con i pesi sopra la testa, come altri lo fanno appena impercettibilmente: c’è così da chiedersi il perché di questi comportamenti.

Questo è il grafico della coppia all’anca e al ginocchio per lo squat “da manuale”: la coppia meccanica è la capacità di imprimere una rotazione ad un oggetto, pertanto i grafici indicano quanta “forza rotativa” è necessario applicare al ginocchio e all’anca per generare il movimento di squat.

Notate come vi sia un fortissimo coinvolgimento delle ginocchia per molto tempo, dato che la curva rossa fa un bel “bozzo”, mentre le anche sono coinvolte meno e quando le ginocchia danno il massimo le anche sono ben più scariche perché la schiena al parallelo viene mantenuta più eretta rispetto alla posizione di partenza e di fine.

Ovviamente, per fare uno squat del genere bisogna avere delle cosce da paura, perché o si genera quella coppia o si soccombe.

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Ecco cosa succede quando vedete uno che scoda con le chiappe: l’atleta opera una separazione delle rotazioni di caviglia/ginocchia e anca. Questo fa si che la coppia al ginocchio sia non solo minore a parità di carico sul bilanciere, ma la richiesta massima abbia una durata inferiore al caso precedente. Quando la schiena si inclina, la coppia al ginocchio diminuisce e aumenta quella all’anca che deve impedire al tronco di ruotare in avanti, poi nuovamente per mettersi in piedi l’atleta deve dare coppia al ginocchio, comportamento che si evidenzia con il secondo “bozzo”.

In pratica nel primo caso devo estendere contemporaneamente anca e ginocchio, in questo secondo caso prima estendo il ginocchio, poi l’anca. Energeticamente parlando, questo caso è meno dispendioso cioè necessita di meno forza complessiva: questo è il motivo per cui lo stoop è più semplice dello squat, spezzare il movimento costa meno che farlo in maniera omogenea.

Per questo tutti scodano e la scodata fa parte del movimento.

Il punto pertanto non è non scodare, ma capire se esiste un modo migliore per farlo e se questo sia o meno dannoso per la schiena.

Scopo dei prossimi articoli, pertanto, è dettagliare tutto questo. Usciremo molto dagli schemi, sono tutte cose veramente nuove e che non avete di sicuro mai viste. Non lo dico per fare del sensazionalismo, nè vi chiedo di credermi perché nemmeno io so fino a che punto sono giuste, ma pretendo una mentalità aperta. Altrimenti… non leggete.

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1. Prediction of metabolic rates for manual material handling jobs - Chaffin et alii - American Industrial Hygiene Association Journal, 1978

2. A three-dimensional biomechanical analysis of the squat during varying stance widths - Escamilla, Fleisig, Lowry, Barrentine, Andrews - Medicine and Science in sports and exercise 2000

3. Effects of technique variations on knee biomechanics during the squat and leg press - Escamilla, Fleisig, Zheng et alii - Medicine and Science in sports and exercise 2001

4. Intra-abdominal pressure during trunk extension motions - Marras, Mirka - Clinical Biomechanics, 1996

5. Cinematographical examination of powerlifting aids in squatting - Escamilla, Sawhill - Washington State University, USA

6. Stance width and bar load effects on leg muscle activity during parallel squat - McCaw, Melrose - Medicine and Science in sports and exercise 1999

7. The Effect of Back Squat Depth on the EMG Activity of 4 Superficial Hip and Thigh Muscles - Caterisano, Moss, Pellinger et alii - Journal of Strength and Conditioning Research, 2002

8. Effects of elastic bands on force and power during back squats Chains - Wallace, Winchester, McGuigan - Journal of strength and conditioning research, 2006

9. Electromyograhic activity in squatting at 40°, 60° and 90° knee flexion positions - Oliveira Sousa et alii - Rev Bras Med Esporte _ Vol. 13, Nº 5, 2007

10. Electromyographic Activity of the Hamstrings During Performance of the Leg Curl, Stiff-Leg Deadlift, and Back Squat Movements -

11. Back stress and assistance exercises in weightlifting - Burnett, Beard, Netto - ISBS 2002, Caceres - Extremadura - Spain

12. Electromyographic Activity of the Hamstrings During Performance of the Leg Curl, Stiff-Leg Deadlift, and Back Squat Movements - Wright, Delong, Gehlsen - Journal of Strength and Conditioning Research, 1999

13. Hamstring electromyographic response of the back squat at different knee angles during concentric ad eccentric phases - Jensen, Ebben - Dept. HPER, Northern Michigan University, Marquette, MI, USA

14. Electromyographycal analysis of hamstring resistance training exercises - Ebben et alii - SAP-13, 2006

15. Deep hip muscle activation during a squat exercise - Decker, Krong, Peterson et alii - Steadman-Hawkins Research Foundation, Biomechanics Laboratory

16. An Electromyographic Analysis of Two Techniques for Squat Lifting and Lowering - Delitto, Rose - Physical therapy VOlume 72 Number 6, 1992

17. Lower extremity joint kinetics and lumbar curvature during squat and stoop lifting - Seonhong, Youngeun, Youngho - BMC Musculoskeletal Disorders 2009

18. Effect of Load Distance on Self-Selected Manual Lifting Technique - Burgess-Limerick - International Journal of Industrial Ergonomics

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19. Neuromuscular Coordination of Squat Lifting, II: Individual differences - Scholz, Milford, McMillian - Physical Therapy /Volume 75, Number2 1995

20. Neuromuscular Coordination of Squat Lifting, I: Effect of Load Magnitude - Scholz, Milford, McMillian - Physical Therapy /Volume 75, Number2 1995

21. Squat, stoop, or something in between? - Burgess-Limerik - Proceedings of CybErg 1999: The Second International Cyberspace Conference on Ergonomics 1999

22. Significant roles of synergistic muscle in human redundant and complicated activities - Kouzaky - International Journal of sports and health science, 2005

23. Spontaneous transitions in repetitive lifting and lowering - Burgess-Limerick - CybErg 1999

24. Spontaneous transitions in the coordination of a whole body task - Burgess-Limerick - Human Movement Science, 2001

25. The control of multi-joint movements relies on detalied internal representations - Schenau et alii - Human Movement Science, 1995

26. Self-selected manual lifting tecnique: functional consequences of the interjoint coordination - Burgess-Limerick et alii - Human Factors, 1995

27. Mechanical output from individual muscles during explosive leg extension - the role of bi-articular muscles - Jacobs, Bobbert, Schenau, - Journal of Biomechanics 1996

28. The action of two-joint muscles: the legacy of W.P.Lombard - Kuo - Classics in Movement Science

29. The unique actions of bi-articular muscles in complex movements - Schenau, Bonnert, Rozendal, J. Anat. 1997

30. Biomechanics of sports - Vaughan - Clemson University South Carolina 1989

31. Biomechanics and exercise physiology – Johnson - Wiley-interscience publication 1991

32. Biomechanics in sports, performance enhancement and injury prevention, Volume IX of the Encyclopaedia of sports Medicine - Zatsiorsky - Blackwell Science Ltd 2000

33. Biomechanical Basis of human movement - Harmill, Knutzen - Lippincott Williams & Wilkins 2009

34. Physiology of Sports - Reilly, Secher, Snell - E & FN Spon 1990

35. Human Body Dynamics: Classical Mechanics and Human Movement - Tozeren - Springer-Verlag New York, 2000

36. A biomechanical dynamic model for lifting in the sagittal plane - El-Bassousi - Textas Tech University - 1974

37. Biomechanical stresses during asymmetric lifting, a dynamic three-dimensional approach - Chen - Textas Tech University - 1988

38. Properties of Body Segments Based on size and Weight - Dempster - AM. J. ANAT 1967