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www.otorinolaringoiatria.it 1 Acufeni, iperacusia e Tinnitus Retraining Therapy Dr. Andrea La Torre Centro di Otorinolaringoiatria - Roma, Piazza dei Carracci, 1 - Tel. 06-3233158 348-3814785 Aggiornato il 8-01-2002 Introduzione Con il termine di “ acufene ” o “ tinnitus ” definiamo la percezione di rumore in assenza di qualunque sor- gente sonora esterna al nostro organismo. Si tratta di un fenomeno estremamente frequente, descritto con ca- ratteristiche variabili (sibilo, ronzio, fischio, rombo, fruscio…). Acufeni vengono avvertiti, per brevi o lun- ghi periodi, anche in assenza di qualunque patologia, da almeno un quinto delle persone, nella maggior parte dei casi senza che da ciò derivi alcun particolare fasti- dio. L'acufene diventa un "disturbo", e come tale degno di trattamento, quando la sua presenza procura fastidio limitando la concentrazione, il sonno e le altre attività della vita quotidiana o determinando una vera e propria reazione di allarme costante nei confronti di questo se- gnale "misterioso". Definiamo invece “ iperacusia ” l’intolleranza (iper- sensibilità) nei confronti dei rumori esterni. Questi due distinti disturbi (acufeni ed iperacusia) possono presentarsi isolatamente od in associazione tra loro, accompagnati o meno da una riduzione della ca- pacità uditiva ( ipoacusia ) e riconoscono meccanismi almeno in parte simili. Fino a pochi anni fa a tali fenomeni non è stata de- dicata molta attenzione, sia nella pratica clinica che nella ricerca scientifica, e l'insegnamento che lo spe- cialista riceveva su questo argomento era quasi sempre destinato alla triste conclusione che "l'acufene è la tomba dell'otorinolaringoiatra" con l’ovvia conseguen- za che, nella maggior parte dei casi, l’unico consiglio che il paziente riceveva era quello di abituarsi a convi- vere con tale problema per tutta la vita. D’altronde quasi tutte le terapie, farmacologiche e non, studiate nel corso degli anni, hanno dimostrato la loro sostanziale inefficacia, e questo ha purtroppo av- valorato la tendenza da parte degli specialisti ad assu- mere un atteggiamento negativo nei confronti di questi disturbi. Fortunatamente le nostre conoscenze sono oggi de- cisamente migliori e, a dispetto di quanto si crede, di- sponiamo di un trattamento che si è rivelato estrema- mente efficace, in grado di ottenere la scomparsa del fastidio e spesso perfino della percezione cosciente dell’acufene in oltre l’80% dei casi trattati, oltre che di accertamenti diagnostici che ci permettono, nella mag- gioranza dei casi di individuare in modo accurato, i meccanismi sottostanti e le cause di insorgenza e persi- stenza di tali fenomeni. Già alla fine degli anni '80 il Prof. Pawel Jastreboff, neurofisiologo dell'Università di Baltimora (U.S.A.), oggi direttore del Tinnitus and Hyperacusis Center di Atlanta, propose un modello neurofisiologico in grado di spiegare perfettamente tali disturbi ed ideò, sulla ba- se di quelle considerazioni fisiologiche, un trattamento denominato Tinnitus Retraining Therapy (spesso indi- cato con la sigla TRT), diffusosi inizialmente negli Stati Uniti ed in Inghilterra, ed oggi adottato in nume- rosi centri in tutto il mondo, ma inspiegabilmente quasi sconosciuto in Italia, almeno fino a poco tempo fa. In sintesi, tale trattamento mira od ottenere la ridu- zione o la scomparsa delle reazioni attuate dal sistema nervoso centrale nei confronti dell’acufene attraverso la rimozione dei fattori condizionanti negativi che ren- dono impossibile lo sviluppo dei fenomeni di adatta- mento neurologico, annullando in tal modo il fastidio ed eventualmente la percezione dell’acufene stesso o l’intolleranza nei confronti dei rumori esterni (iperacu- sia). Ciò viene realizzato principalmente attraverso l'a- deguata demistificazione dell'acufene, che non può pre- scindere dall'attenta e meticolosa valutazione diagno- stica e dalla capacità da parte dello specialista di forni- re valide informazioni e spiegazioni, e mediante l'arric- chimento della percezione sonora "ambientale" al fine di ridurre la percezione dell'acufene stesso, ottenuto- principalmente (ma non esclusivamente) mediante l'ap- plicazione di generatori di rumore bianco indossabili a livello dell'orecchio. Sebbene tali concetti possano sembrare poco com- prensibili, la lettura di questo documento permetterà di comprendere a fondo le basi ed il significato di questo trattamento. Nel maggio del 2000, venuto a conoscenza di tali nuove possibilità, invitai a Roma il Prof. Jastreboff per una conferenza sulla Tinnitus Retraining Therapy da lui ideata, e, dopo aver appreso i cardini di questo in- novativo trattamento, iniziai a proporlo ai pazienti affe- renti al Centro di Otorinolaringoiatria e contemporane- amente a promuovere la diffusione anche in Italia delle nuove conoscenze e della TRT attraverso la realizza- zione di una iniziativa denominata "Tinnitus Italian Project". Qualche mese dopo ebbi la fortuna di trovare ne l- l'Ing. Luca del Bo, bioingegnere ed audioprotesista, e nel Dr. Enrico Fagnani, specialista audiologo, che sta- vano parallelamente portando avanti le stesse idee a Milano, due validi alleati nella ricerca scientifica. Insieme a loro nel mese di luglio del 2001 è stato

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www.otorinolaringoiatria.it

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Acufeni, iperacusia e Tinnitus Retraining Therapy

Dr. Andrea La Torre

Centro di Otorinolaringoiatria - Roma, Piazza dei Carracci, 1 - Tel. 06-3233158 348-3814785

Aggiornato il 8-01-2002

Introduzione

Con il termine di “ acufene ” o “ tinnitus ” definiamola percezione di rumore in assenza di qualunque sor-gente sonora esterna al nostro organismo. Si tratta di unfenomeno estremamente frequente, descritto con ca-ratteristiche variabili (sibilo, ronzio, fischio, rombo,fruscio…). Acufeni vengono avvertiti, per brevi o lun-ghi periodi, anche in assenza di qualunque patologia,da almeno un quinto delle persone, nella maggior partedei casi senza che da ciò derivi alcun particolare fasti-dio. L'acufene diventa un "disturbo", e come tale degnodi trattamento, quando la sua presenza procura fastidiolimitando la concentrazione, il sonno e le altre attivitàdella vita quotidiana o determinando una vera e propriareazione di allarme costante nei confronti di questo se-gnale "misterioso".

Definiamo invece “ iperacusia ” l’intolleranza (iper-sensibilità) nei confronti dei rumori esterni.

Questi due distinti disturbi (acufeni ed iperacusia)possono presentarsi isolatamente od in associazione traloro, accompagnati o meno da una riduzione della ca-pacità uditiva ( ipoacusia ) e riconoscono meccanismialmeno in parte simili.

Fino a pochi anni fa a tali fenomeni non è stata de-dicata molta attenzione, sia nella pratica clinica chenella ricerca scientifica, e l'insegnamento che lo spe-cialista riceveva su questo argomento era quasi sempredestinato alla triste conclusione che "l'acufene è latomba dell'otorinolaringoiatra" con l’ovvia conseguen-za che, nella maggior parte dei casi, l’unico consiglioche il paziente riceveva era quello di abituarsi a convi-vere con tale problema per tutta la vita.

D’altronde quasi tutte le terapie, farmacologiche enon, studiate nel corso degli anni, hanno dimostrato laloro sostanziale inefficacia, e questo ha purtroppo av-valorato la tendenza da parte degli specialisti ad assu-mere un atteggiamento negativo nei confronti di questidisturbi.

Fortunatamente le nostre conoscenze sono oggi de-cisamente migliori e, a dispetto di quanto si crede, di-sponiamo di un trattamento che si è rivelato estrema-mente efficace, in grado di ottenere la scomparsa delfastidio e spesso perfino della percezione coscientedell’acufene in oltre l’80% dei casi trattati, oltre che diaccertamenti diagnostici che ci permettono, nella mag-gioranza dei casi di individuare in modo accurato, imeccanismi sottostanti e le cause di insorgenza e persi-stenza di tali fenomeni.

Già alla fine degli anni '80 il Prof. Pawel Jastreboff,

neurofisiologo dell'Università di Baltimora (U.S.A.),oggi direttore del Tinnitus and Hyperacusis Center diAtlanta, propose un modello neurofisiologico in gradodi spiegare perfettamente tali disturbi ed ideò, sulla ba-se di quelle considerazioni fisiologiche, un trattamentodenominato Tinnitus Retraining Therapy (spesso indi-cato con la sigla TRT), diffusosi inizialmente negliStati Uniti ed in Inghilterra, ed oggi adottato in nume-rosi centri in tutto il mondo, ma inspiegabilmente quasisconosciuto in Italia, almeno fino a poco tempo fa.

In sintesi, tale trattamento mira od ottenere la ridu-zione o la scomparsa delle reazioni attuate dal sistemanervoso centrale nei confronti dell’acufene attraversola rimozione dei fattori condizionanti negativi che ren-dono impossibile lo sviluppo dei fenomeni di adatta-mento neurologico, annullando in tal modo il fastidioed eventualmente la percezione dell’acufene stesso ol’intolleranza nei confronti dei rumori esterni (iperacu-sia). Ciò viene realizzato principalmente attraverso l'a-deguata demistificazione dell'acufene, che non può pre-scindere dall'attenta e meticolosa valutazione diagno-stica e dalla capacità da parte dello specialista di forni-re valide informazioni e spiegazioni, e mediante l'arric-chimento della percezione sonora "ambientale" al finedi ridurre la percezione dell'acufene stesso, ottenuto-principalmente (ma non esclusivamente) mediante l'ap-plicazione di generatori di rumore bianco indossabili alivello dell'orecchio.

Sebbene tali concetti possano sembrare poco com-prensibili, la lettura di questo documento permetterà dicomprendere a fondo le basi ed il significato di questotrattamento.

Nel maggio del 2000, venuto a conoscenza di talinuove possibilità, invitai a Roma il Prof. Jastreboff peruna conferenza sulla Tinnitus Retraining Therapy dalui ideata, e, dopo aver appreso i cardini di questo in-novativo trattamento, iniziai a proporlo ai pazienti affe-renti al Centro di Otorinolaringoiatria e contemporane-amente a promuovere la diffusione anche in Italia dellenuove conoscenze e della TRT attraverso la realizza-zione di una iniziativa denominata "Tinnitus ItalianProject".

Qualche mese dopo ebbi la fortuna di trovare ne l-l'Ing. Luca del Bo, bioingegnere ed audioprotesista, enel Dr. Enrico Fagnani, specialista audiologo, che sta-vano parallelamente portando avanti le stesse idee aMilano, due validi alleati nella ricerca scientifica.

Insieme a loro nel mese di luglio del 2001 è stato

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organizzato il 1° Corso Italiano di Tinnitus RetrainingTherapy, tenuto a Milano dal Prof. Jastreboff per dif-fondere tali nuovi concetti tra gli altri specialisti italianie tra i pazienti in cerca di aiuto per questo disturbo er-roneamente ritenuto "misterioso" ed "intrattabile"

L’esperienza estremamente positiva con oltre 500pazienti già seguiti presso il Centro di Otorinolarin-goiatria a Roma, o presso il Centro diretto dall'Ing. DelBo a Milano, ci ha portato oggi a considerare la TRTcome il miglior trattamento oggi disponibile per acufe-ni ed iperacusia, confermando gli ottimi risultati giàottenuti a livello internazionale.

L'esperienza diretta, con un così elevato numero didifferenti situazioni cliniche in breve tempo, ci ha per-messo inoltre di affinare e personalizzare l'approcciodiagnostico e terapeutico a tali problemi, puntando nonsolo al trattamento del sintomo ma anche all'identifica-zione precoce di qualunque patologia sottostante a ca-rico dell'apparato uditivo, meritevole di essere identifi-cata e trattata.

In particolare, la concomitante crescente esperienzadel nostro Centro con altre patologie dell'orecchio,quali l'idrope endolinfatico e la malattia di Meniere, ela disponibilità di tecniche di indagine particolari, qualil'elettrococleografia peritimpanica o le otoemissioniacustiche, ci consente oggi di individuare precoce-mente acufeni sintomatici da idrope, ovvero legati adalterazioni transitorie dei liquidi dell'orecchio interno,situazione per la quale già da tempo disponiamo ditrattamenti specifici. La relazione tra idrope e malattiadi Meniere (che può rappresentarne una evoluzione) edacufeni verrà ampiamente trattata in questa monogra-fia, mentre ulteriori informazioni specifiche sulle cau-se, sulla diagnosi, l'evoluzione e le terapie per questamalattia sono disponibili in un altro documento.

La promozione della TRT in Italia, favorita dall'inte-ressamento dei media e della stampa ha però avuto giàalcuni riflessi negativi rilevanti. La diffusione delle co-noscenze su questa nuova possibilità terapeutica per gliacufeni ha, infatti, già portato ad abusi commerciali edeviazioni rispetto ai principi base di questo tratta-mento che già oggi, a breve distanza dalla sua introdu-zione in Italia, viene interpretato da molti audioprotesi-sti e purtroppo anche da molti specialisti come la sem-plice applicazione o prescrizione di generatori di rumo-re senza alcun effettivo retraining e senza alcuna spie-gazione sull'effettivo impiego di tali dispositivi che nonsono "la terapia" ma ne costituiscono solo uno deglielementi.

E' soprendente riscontrare come, appena due anni fa,in Italia fosse praticamente impossibile reperire i gene-ratori di rumore (necessari per il protocollo completo),mentre ora ci troviamo già a seguire pazienti che riten-gono erroneamente di essere stati trattati senza alcunrisultato con la TRT, solo perché hanno acquistato oprovato, magari dal rivenditore sotto casa un generato-re.

La lettura di questo lungo e complesso documentonon sarà certo semplice ma riteniamo possa giovaremolto ai pazienti afflitti da tale problema, erronea-mente ritenuto "irrisolvibile", ed agli specialisti ed au-

dioprotesisti che desiderino allargare i propri orizzontiin questo settore.

Inizieremo la trattazione di questo complesso argo-mento chiarendo la distinzione tra acufene “soggettivo”ed acufene “oggettivo”, classificazione tradizionale maa nostro giudizio poco idonea.

Dopo aver fornito indispensabili cenni sul funzio-namento dell’apparato uditivo, cercheremo quindi dianalizzare, grazie al modello neurofisiologico di Ja-streboff, i meccanismi che determinano la persistenza ela minor o maggior tollerabilità di un acufene, indipen-dentemente dalla causa sottostante. Sin da questo ca-pitolo sarà subito evidente come il ruolo del cervellosia predominante per questi disturbi, ben più che quellodell'orecchio o di altre strutture periferiche che, pur sein grado di "generare" un acufene, non sono responsa-bili del fastidio e dell'interferenza prodotti dall'acufenestesso.

Analizzeremo quindi in dettaglio le possibili causein grado di determinare la comparsa di tale fenomeno,evidenziando come un acufene possa derivare in molticasi da meccanismi di tipo parafisiologico (nei limitidella norma), estremamente frequenti ma non definibilicome “patologie”.

Descriveremo quindi il protocollo diagnostico at-tuale del Centro di Otorinolaringoiatria, dedicato nonsolo all’identificazione delle possibili cause sottostantied allo studio dello stato funzionale dell’orecchio edell'apparato uditivo, mediante indagini audiologicheparticolari, ma anche all’identificazione dei meccani-smi neurofisiologici predisponenti ed all’impatto deldisturbo sul paziente, anche mediante appositi questio-nari.

Entreremo quindi in dettaglio nella descrizione dellaTinnitus Retraining Therapy, del suo meccanismod’azione e dei differenti protocolli di trattamento attua-bili in base alla situazione specifica, che prevedonocomunque sempre un appropriato ed inevitabile“retraining” del paziente da parte dello specialista as-sociato, nel protocollo completo, con l’impiego di tec-niche per arricchire il rumore ambientale di sottofondo(inclusa la correzione di un’ eventuale ipoacusia sotto-stante), permettendo in tal modo di contrastare la per-cezione dell’acufene e di eliminare (è bene precisaresin d'ora che si tratta di un processo lungo che richiedetempo per ottenere dei risultati!) in modo permanente ilfastidio da questo generato.

Per una proficua comprensione dei concetti esposti,certamente difficili, è consigliata la lettura integrale edattenta di tutto il documento, nel quale i concetti piùrilevanti saranno ribaditi più volte.

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Acufeni “soggettivi “ ed “acufeni oggettivi”

Tradizionalmente, parlando di acufeni, viene propo-sta una suddivisione tra acufeni “oggettivi” ed acufeni“soggettivi” a seconda che il rumore possa essere per-cepito o analizzato dall’esaminatore o solo dal pazien-te.

In realtà questa tradizionale classificazione, basatasolo sulla possibilità (e capacità) o meno di riscontroobiettivo da parte di chi visita il paziente, ci sembra deltutto priva di qualunque utilità dal punto di vista dia-gnostico.

Più importante è invece conoscere le diverse moda-lità con le quali, in senso generale, può determinarsi lapercezione di un acufene e che solo parzialmente coin-cidono con la classificazione tradizionale.

Nella maggior parte dei casi, nonostante la perce-zione dell'acufene sia "reale" e non certo "immaginata"dal paziente, tale fenomeno non corrisponde in effetti anessun "suono" o rumore, nel senso fisico del termine,ma solo ad un segnale bioelettrico generato a livellodell'orecchio o delle vie uditive. Non vi è, in questo ca-so nessuna sorgente "sonora" che generi un rumore,bensì una sorgente neurale che genera un segnale bio-elettrico. Possiamo, pertanto, definire questo tipo diacufene come una percezione uditiva "fantasma", doveun segnale bioelettrico a livello delle vie uditive e delsistema nervoso viene "individuato" ed "identificato"come un segnale sonoro. Un acufene di questo tipo è“soggettivo”, riferendosi alla classificazione tradizio-nale, in quanto in assenza di una vera e propria sor-gente sonora non è in alcun modo possibile che un e-saminatore riesca a percepire tale segnale.

Diversa è la situazione in cui il rumore avvertito dalpaziente è effettivamente generato da una sorgente fisi-ca all'interno del nostro organismo, in rapporto di vici-nanza con l'orecchio. Per tale classe di acufeni, prefe-riamo usare il termine di "rumori endo-auricolari o pe-riauricolari”. In questo secondo caso ciò che viene per-cepito è un rumore reale, prodotto all'interno od inprossimità dell'orecchio che, talvolta, può essere perce-pito (da cui il termine di acufene "oggettivo" ovvero"dimostrabile") anche da un esaminatore, mediante unfonendoscopio, o registrato mediante un’idonea stru-mentazione.

Piuttosto che distinguere acufeni di tipo“soggettivo” ed “oggettivo”, riteniamo comunque piùutile, ai fini di una corretta identificazione dei meccani-smi sottostanti, che lo specialista individui prima ditutto quale tipo di acufene ci si trova ad affrontare inbase ad un diverso tipo di classificazione, basata sullecaratteristiche del rumore percepito dal paziente piùche sulla possibilità di riscontro obiettivo.

1. Acufene di tipo " continuo " (che può essere de-scritto dal paziente come un fischio, un fruscio, un si-bilo, un soffio, un ronzio, un rombo o in molti altrimodi ma sempre con le caratteristiche di un rumorecontinuo, non pulsante od intermittente). Il termine“continuo” non si riferisce, in questo caso, alla costante

persistenza o meno dell’acufene o a variazioni dellasua intensità ma alle caratteristiche acustiche del rumo-re percepito. Generalmente tali acufeni riconoscono unmeccanismo d'insorgenza “bioelettrico” a livellodell’apparato uditivo.

2. Acufene di tipo " pulsante ", ovvero un rumore sin-crono con il battito cardiaco che, indipendentementedal fatto che possa essere percepito o menodall’esaminatore, è sempre l’espressione di un fenome-no di tipo vascolare (flusso di sangue), peraltro non ne-cessariamente correlato ad una patologia. Talvolta que-sti rumori sono rilevabili anche dall'esaminatore attra-verso un fonendoscopio posto sull'orecchio o sui vasidel collo o registrabili attraverso una speciale sonda alivello del condotto uditivo (impedenzometria, otoe-missioni acustiche).

3. Acufene di tipo " vibrante" o "intermittente ",spontaneo o provocato da movimenti della mandibola,deglutizione, respirazione o altro ancora. Rientrano inquesta categoria clicks tubarici, crepitii articolari, ron-zii correlati ad alterazioni funzionali dell'articolazionetemporo-mandibolare le cui connessioni con l’orecchiosono ben note, o spasmi dei piccoli muscoli intrinsecidell'orecchio o della muscolatura del palato molle. Sitratta in ogni caso di acufeni di origine “meccanico”,ben percepiti dal paziente ed occasionalmente apprez-zabili dall’esaminatore nel corso della visita.

Cenni di anatomia e fisiologia dell’orecchioe dell’apparato uditivo

Una corretta comprensione del problema "acufeni"non può prescindere dalla conoscenza almeno somma-ria del funzionamento dell'apparato uditivo.

L’apparato uditivo, in senso generale, è costituitodall’orecchio, dal nervo acustico e dai centri e vie udi-tive del sistema nervoso centrale.

L'orecchio, organo dell'udito, si trova in gran partealloggiato in un osso del cranio, bilaterale e simmetri-co, detto osso temporale , che ne protegge le delicatestrutture.

Dell'intero organo solo il padiglione auricolare e laporzione iniziale del condotto uditivo sono visibili al-l'esterno, ed anche con un esame otoscopico, in condi-

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zioni normali, solo la parte più laterale ed esterna finoalla membrana del timpano è accessibile all'esame di-retto.

Da un punto di vista anatomico, ed in base a diffe-renze funzionali e di sviluppo, l'intero organo vienesuddiviso in tre parti, note come orecchio esterno, o - recchio medio e orecchio i n terno .

L'orecchio esterno è costituito dal padiglione (laporzione esterna visibile a tutti) e dal condotto uditivoesterno , canale stretto e profondo la cui funzione èquella di convogliare l'onda sonora verso la membranadel timpano , struttura vibrante che costituisce il fondodel condotto stesso.

L'orecchio medio è formato da una cavità aerea rive-stita da mucosa, il cui drenaggio e ventilazione sonoassicurati dalla tuba di Eustachio, che connette l'orec-chio medio con lo spazio retrostante le cavità nasali.All'interno della cavità ed in collegamento con lamembrana del timpano troviamo gli ossicini dell'orec-chio (martello, incudine e staffa) che hanno il compitodi trasmettere la vibrazione della membrana all'orec-chio interno.

Quando percepiamo un suono, quindi, l’onda sono-ra, convogliata attraverso il padiglione auricolare nelcondotto uditivo, raggiunge la membrana del timpano,mettendola in vibrazione. Tale vibrazione è trasmessaattraverso la catena degli ossicini (martello, incudine,staffa), all'orecchio interno.

Nell'orecchio interno (noto anche come "labirinto" acausa della sua complessa struttura) è possibile distin-guere due porzioni, ciascuna deputata ad una funzionespecifica. La porzione anteriore, la coclea (chiamatacosì per la sua forma a spirale che ricorda una chioc-ciola), appartiene funzionalmente all’apparato uditivo,mentre il labirinto posteriore (costituito dal vestibolo edai canali semircolari) partecipa alla regolazionedell’equilibrio.

Questa duplice funzione dell'orecchio interno spi e-ga la possibile presenza, in alcune patologie interes-santi questa porzione dell’orecchio, di disturbi a caricodel sistema dell’equilibrio (vertigini, instabilità) ac-

canto ai sintomi uditivi.In una sezione trasversale della coclea possono esse-

re ben identificati tre distinti compartimenti che si e-stendono per tutto il suo decorso a spirale. All’internodei due spazi laterali circola un liquido di composizio-ne simile al liquor cerebrale, conosciuto come perilinfa (“liquido che circonda”), mentre il compartimento in-terno ( canale cocleare o "scala media") contiene un li-quido dalle caratteristiche chimiche differenti, notocome endolinfa (“liquido interno”).

Il canale cocleare contiene, per tutta la sua estensio-ne, l' organo del Corti , i cui elementi principali, le ce l - lule ciliate cocleari (così dette per la caratteristica pre-senza di microcigli sulla loro superficie) rappresentanoi veri e propri recettori sensoriali dell'apparato uditivo.

Queste particolari cellule specializzate sono in gradodi convertire lo stimolo meccanico ricevuto attraversola vibrazione della catena ossiculare, e propagato attra-verso i liquidi cocleari, in un segnale bioelettrico com-prensibile al nostro cervello (trasduzione meccano-elettrica).

Nell’ambito delle cellule cocleari distinguiamo, inrealtà, due diversi gruppi cellulari: le cellule interne ,veri trasduttori meccano-elettrici, e le cellule esterne ,alle quali le attuali conoscenze attribuiscono un ruolofondamentale nel facilitare il meccanismo di trasduzio-ne meccano-elettrica cocleare e nel modulare l’attività,sia a livello cocleare, che, probabilmente, a livello deicentri e delle vie uditive a livello neurologico, anchemediante segnali di tipo inibitorio.

La discriminazione in frequenza ed intensità del se-gnale sonoro avviene già a livello delle cellule cocleari,disposte in un ordine prestabilito lungo il canale cocle-are stesso, sulla base della tonalità alla quale sono de-putate a rispondere.

Caratteristicamente il rapporto tra le cellule interne equelle esterne è di 1:3 per tutta l’estensione della co-clea. Vedremo in seguito come alterazioni minime diquesta precisa organizzazione tessutale a livello coclea-re possano manifestarsi generando un acufene, pur inassenza di alcuna compromissione della capacità uditi-va.

A differenza di altri tipi cellulari, ad esempio lecellule della pelle che cambiano continuamente, lecellule cocleari, interne od esterne, sono elementi

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“perenni” ovvero le stesse cellule ci accompagnano pertutta la vita senza possibilità di rigenerazione. In un in-dividuo di 60 anni, la stesse cellule sono attive da 60anni, e sopravvivono da 60 anni nonostante i costantifattori di rischio a cui sono esposte, in particolare itraumi acustici e l’iperattività, a causa della costanteesposizione a stimoli sonori caratteristica dell’era mo-derna e delle popolazioni più industrializzate. Questoconcetto fondamentale verrà ripreso trattando le cause"non patologiche" di insorgenza di acufeni.

La coclea è collegata al sistema nervoso centrale at-traverso il nervo acustico .

Attraverso le fibre nervose del nervo acustico, il se-gnale generato dalla coclea, in risposta alla stimolazio-ne sonora, giunge ai centri ne r vosi cerebrali.

A livello del sistema nervoso centrale il segnale vie-ne ulteriormente elaborato, analizzato, confrontato conesperienze precedenti, filtrato in base al suo significato,inviato ai centri deputati a generare una risposta auto-matica (quando necessaria) ancor prima che la perce-zione giunga a livello di coscienza, e quindi percepito alivello della corteccia cerebrale . Tale elaborazione“centrale” del segnale proveniente dall’orecchio, assu-me, come vedremo tra breve, una importanza fonda-mentale ai fini della percezione dell’acufene e del fa-stidio da questo determinato.

Dal punto di vista fisiologico, nella funzione uditivapossiamo quindi distinguere quattro momenti fonda-mentali rappresentati da:

I. Trasmissione dello stimolo sonoro ai recettoridella coclea (condotto uditivo esterno, membrana deltimpano, catena degli ossicini e, all'interno della stessacoclea, liquidi cocleari).

II. Trasformazione, a livello cocleare, dell’onda s o - nora in un segnale bioelettrico (cellule ciliate cocleari).

III. Propagazione di questo segnale ai centri del s i - stema nervoso centrale (nervo acustico).

IV. Successiva elaborazione e riconoscimento delsegnale (centri e vie uditive cerebrali).

Ogni riduzione della capacità uditiva, dovuta all'al-terazione di uno o più di questi passaggi, viene definitacon il termine “ ipoacusia ”. Le indagini audiologiche cipermettono di distinguere due tipi di ipoacusia. L'ipoa-cusia viene definita " trasmissiva " quando l’alterazioneresponsabile coinvolge il meccanismo di trasmissionedell’onda sonora fino alla coclea, e "neurosensoriale"quando è alterata l'elaborazione dell’onda sonora in unsegnale bioelettrico da parte della coclea (ipoacusianeurosensoriale cocleare), oppure la propagazione delsegnale cocleare attraverso il nervo acustico ( ipoacusianeurosensoriale retrococleare ). L'ipoacusia è definita

" mista " quando un problema trasmisisvo e neurosenso-riale si associano nello stesso orecchio. Ulteriori appro-fondimenti sul funzionamento dell'apparato uditivo esulla diagnosi e la terapia della sordità sono disponibiliin un altro documento.

Il modello neurofisiologico di Jastreboff

Prima ancora di addentrarci nell’analisi dei possibilimeccanismi in grado di determinare la produzione diun acufene è fondamentale comprendere come mai l'a-cufene stesso, fenomeno estremamente frequente, epossibile anche in assenza di qualunque patologia di-mostrabile, possa risultare così invalidante per alcuniindividui e del tutto privo di conseguenze per altri eperché tale percezione, del tutto transitoria in alcuni,possa persistere in altri.

Le basi neurofisiologiche del modello di Jastreboff

Dobbiamo a Pawel Jastreboff, un neurofisiologo, losviluppo di un nuovo modello teorico che spostal’attenzione dal sistema uditivo ad altre aree del nostrosistema nervoso centrale. Il modello proposto alla finedegli anni’80 da Jastreboff per spiegare gli acufeni, eche rappresenta la base teorica della Tinnitus Retrai-ning Therapy, si basa su dei principi di neurofisiologiaormai ampiamente dimostrati e accettati, validi in sen-so generale, perfettamente adattabili alla comprensionedei meccanismi sottostanti il problema del quale cistiamo occupando e che debbono essere compresi perinterpretare correttamente il modello vero e proprio.

La plasticità neuronale

La memoria del cervello è correlata ad associazionie connessioni tra singole reti di neuroni suscettibili dicontinue variazioni (plasticità ne u ronale).

La cellula base del sistema nervoso centrale è il neu-rone. Ogni neurone è costitituito da un corpo cellularee da espansioni di lunghezza variabile (assoni, dendriti)che gli permettono di prendere contatto con altri neu-roni formando le reti neurali.

Il collegamento tra i diversi neuroni è assicuratodalla cosiddetta "trasmissione sinaptica". Lo stimoloricevuto da un neurone si propaga lungo i prolunga-menti del neurone stesso sotto forme di segnale bioe-lettrico. A livello della sinapsi (il punto di contatto tra

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due neuroni) viene liberata una particolare sostanza(neurotrasmettitore) in grado di stimolare a sua volta ilneurone contiguo propagando il segnale.

Anche i neuroni, come le cellule cocleari, sono ele-menti perenni, non suscettibili di rinnovamento, ma adifferenza delle cellule cocleari la loro forma variacontinuamente modificando le connessioni tra i diversineuroni ( plasticità neuronale ), in risposta ai segnaliprovenienti dall'esterno ed alle "esperienze sensoriali".La "memoria" del cervello e la capacità di apprendi-mento sono correlate proprio a queste associazioni econnessioni tra singole reti di neuroni suscettibili dicontinue variazioni. La plasticità neuronale, massimanel bambino, viene però a deteriorarsi progressiva-mente in età avanzata. Come vedremo in seguito talelimite può determinare una maggior difficoltà nel trat-tamento degli acufeni con TRT, che agisce proprio mo-fificando le reti neurali, nei pazienti anziani.

Il "filtro" cerebrale

Il sistema nervoso è in grado di filtrare le inform a - zioni sensoriali aumentandone o riducendone la perc e - zione in base non solo alla loro intensità, ma sopra t - tutto all’attenzione volontaria specifica ed al signif i - cato emotivo associato a quello specifico s e gnale.

Come abbiamo già visto nel capitolo precedente,dedicato all'anatomia ed alla fisiologia dell'apparatouditivo, quando un determinato segnale, opportuna-mente tradotto in stimolo bioelettrico (l'unico linguag-gio compreso dal nostro sistema nervoso) raggiunge ilnostro cervello, il segnale stesso non viene immedia-tamente portato a livello di coscienza ma subisce ulte-riori elaborazioni complesse. La gestione cerebrale del-l'informazione sensoriale avviene a diversi livelli delnostro sistema nervoso, e ciascun livello dà un propriocontributo a tale processo di elaborazione prima chel’informazione stessa venga percepita coscientementedalla corteccia cerebrale. In termini più chiari il nostrosistema nervoso possiede dei meccanismi di filtro chepossono amplificare o ridurre la percezione di un de-terminato segnale in base al significato del segnalestesso più che non in base alle sue caratteristiche fisi-che (intensità, frequenza, ecc). Solo una minima partedegli stimoli sonori che costantemente giungono al no-stro orecchio viene in effetti "percepita" a livello co-sciente, e tale priorità deriva dal significato di ciascunparticolare stimolo più che dalla sua intensità.

L' intensità del segnale rappresenta certamente unodegli elementi che condizionano il "filtro cerebrale" edè evidente come un rumore molto intenso non possacerto essere ignorato dal soggetto, ma è esperienza co-mune di molte persone come sia possibile continuare adormire tranquillamente nonostante il suono estrama-mente intenso di una sveglia o di un telefono per poisvegliarsi, magari, per stimoli molto meno intensi maben più significativi. Caratteristicamente però, a livellodel nostro cervello, i segnali periferici non vengonopercepiti in base alla loro effettiva intensità fisica ori-ginale ma solo relativamente al rapporto tra il segnale

stesso ed il rumore ambientale circostante. Ovverol'aumento del rumore di fondo determina una apparenteriduzione di intensità, in termini di percezione sogget-tiva di un segnale sonoro e, al contrario, la sua riduzio-ne (come avviene nel silenzio relativamente all'acufe-ne) determina un apparente incremento dell'intensitàdel segnale. Quest'ultimo concetto è alla base dell'im-piego dei generatori di rumore utilizzati nella TinnitusRetraining Therapy e verrà approfondito in seguito.

Anche l’attenzione volontaria , spesso ben più del-l'intensità, è uno dei meccanismi con il quale siamo ingrado di potenziare o ridurre la percezione di determi-nati stimoli sensoriali. Il nostro cervello non è però ingrado di prestare il medesimo grado di attenzione astimoli diversi provenienti dallo stesso canale senso-riale e presentati contemporaneamente. Non si possonoascoltare contemporaneamente due brani musicali di-stinti, prestare attenzione a due conversazioni distintein contemporanea e così via, ma è esperienza comunecome si possa completamente "escludere" un interlo-cutore vicino e percepire distintamente un'altra conver-sazione ben più distante da noi.

Ma la caratteristica principale che determina la per-cezione privilegiata o meno di un determinato segnaleè il “ significato ” del segnale stesso, che deriva dallaprecedente esperienza o meno di quello specifico se-gnale e dalle associazioni emotive connesse a quel tipodi segnale. Tale meccanismo, non controllabile volon-tariamente, assume un ruolo ben maggiore rispettoall’attenzione od all'intensità del segnale sonoro. Undeterminato segnale di bassa intensità ma estrema-mente significativo dal punto di vista emotivo (o anchesemplicemente più interessante) può essere percepito inmodo più rilevante di un segnale di intensità ben mag-giore ma meno significativo. In particolare, in ordine diimportanza, i segnali di pericolo o che vengano (cor-rettamente od erroneamente) interpretati come segno diun potenziale pericolo o minaccia vengono sempre pri-vilegiati ed amplificati. Quest’ultima caratteristica, pre-sente non solo dell’uomo ma in tutte le specie animali,assume un ruolo fisiologico di protezionedell’organismo. Nonostante qualunque sforzo volonta-rio per "distrarsi", è infatti impossibile “ignorare" unsegnale, seppur debole, che il nostro cervello interpreticome un segno di potenziale pericolo e ciò, come ve-dremo, è certamente valido anche per l'acufene.

Sulla base dell'interesse specifico e del significatodei vari segnali, il nostro cervello è quindi in grado di"sintonizzarsi" sull'uno o sull'altro. Già da questo pre-supposto è facile comprendere come la vera causa dipersistenza di un acufene è a livello del cervello, cheresta sintonizzato, per qualche motivo, sull'acufenestesso.

Le risposte condizionate e la reazione d'allarme

Il sistema nervoso è in grado di generare delle re a - zioni riflesse, inconscie ed automatiche, in base al s i - gnificato di un determinato segnale. Queste riposte s o - no condizionabili in base all'associazione di due st i - moli apparentemente non collegati tra loro.

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Il sistema uditivo, così come tutti gli altri sistemisensoriali (vista, tatto, olfatto, gusto) è in stretta corre-lazione con le aree del nostro cervello che controllanogli aspetti emotivi della nostra vita di relazione ( sist e - ma limbico ) e, attraverso queste, con altre aree (il co-siddetto sistema nervoso autonomo o neurovegetativo )responsabili delle risposte automatiche del nostro orga-nismo e dei meccanismi automatici della nostra vitavegetativa (respirazione, circolazione ecc). In particola-re, queste connessioni sono deputate allo sviluppo diuna rapida risposta automatica di fronte al pericolo,ovvero la cosiddetta "reazione d'allarme", elemento,come già detto, fondamentale per la sopravvivenzastessa dell’individuo e della specie. A questo meccani-smo partecipa certamente anche la cosiddetta " sostanzareticolare ", ovvero quell'area del nostro cervello depu-tata a mantenere in stato di veglia e preattivazione lacorteccia cerebrale.

Ogni segnale "nuovo" od “inatteso”, viene sempreconsiderato dal nostro sistema nervoso come "signifi-cativo", per cui la sua trasmissione viene privilegiata ecomporta una risposta "emotiva" (intesa in termini neu-rofisiologici e non psicologici) che predispone alla e-ventuale reazione d'allarme mediata dal sistema neuro-vegetativo. Questo meccanismo è del tutto involontarioe non controllabile coscientemente.

Inevitabilmente, la persistenza o la frequente ripeti-zione dello stesso stimolo, non associata ad un qualun-que significato emotivo negativo o positivo, il che ge-neralmente corrisponde all' identificazione cosciente edal riconoscimento dell'origine del segnale stesso, de-termina prima o poi una progressiva attenuazione, finoalla scomparsa della "reazione neurovegetativa" perquello specifico segnale, ovvero all'"abitudine", intesacome fenomeno neurofisiologico, morfologicamentelegato alla modifica delle connessioni tra le reti neuro-nali cerebrali, possibile grazie alla plasticità del sistemanervoso stesso.

Al contrario l’attribuzione ad un segnale di un signi-ficato negativo o di pericolo è in grado di generaredelle connessioni stabili tra il segnale stesso, le areeemotive (sistema limbico) e le aree deputate a generarela “reazione d’allarme” (sistema neurovegetativo).

Da quanto sopra esposto è già facile comprenderecome sia il "significato" che l'acufene assume per il si-stema nervoso di quello specifico a determinare in mo-do fondamentale la persistenza della percezione e loscatenamento ed il mantenimento della reazione d'al-larme che rappresenta la vera e propria componente"invalidante" degli acufeni.

Il cervello può essere “condizionato” a generare unarisposta automatica ad un determinato segnale, di persé inefficace, mediante l’associazione tra segnali edinformazioni sensoriali diverse. Quando due stimolivengono presentati ripetutatamente in contemporaneaod in costante successione cronologica, nel nostro cer-vello si crea un’ associazione (fisicamente corripon-dente ad una modifica delle connessioni neurali) ingrado di determinare una successiva risposta automati-ca anche ad un segnale che fisiologicamente non sa-rebbe in grado, di per sé di provocare quella risposta ed

indipendentemente dallo stimolo primario.L’esempio classico con il quale vengono spiegati i

cosiddetti " riflessi condizionati " è quello dell’ esperi-mento sui cani del fisiologo russo Pavlov.

Mostrando del cibo ad un cane si genera un aumentodella salivazione. Se allo stimolo rappresentato dal ciboviene aggiunto un segnale sonoro (il suono di una cam-pana nell’esperimento classico), e soprattutto se taleassociazione temporale viene presentata più volte (rin-forzo del condizionamento), in una fase successiva an-che la sola stimolazione sonora sarà in grado di genera-re la produzione di saliva.

L’associazione di uno “stimolo condizionato” (ilsuono della campana) con uno “stimolo incondiziona-to” (il cibo) ha creato in questo caso un’associazione(intesa in senso di modifica della connessione tra neu-roni, possibile grazie alla plasticità neuronale), chepermette una successiva risposta riflessa anche in as-senza dello stimolo incondizionato (il cibo) semplice-mente grazie all’esposizione allo stimolo condizionato(il suono).

Meccanismi di questo tipo si verificano costante-mente e quotidianamente all’interno del nostro cervelloe sono fondamentali per la regolazione della nostra vitaquotidiana.

I riflessi condizionati possono essere modificati ri-percorrendo il percorso all'inverso (nel nostro esempiocon il suono della campana non più seguito dall'effetti-vo arrivo del cibo), ma tale processo inverso richiedemolto più tempo di quanto non occorra per creare unanuova associazione. Altra caratteristica dei riflessi con-dizionati è la "generalizzazione". Una volta stabilitasil'associazione tra il segnale sonoro e l'arrivo del cibo,anche altri suoni possono essere in grado di provocarela stessa risposta. E' probabile che tale meccanismo siaalla base della reazione di fastidio (neurovegetativa)generalizzata che si viene a creare nei pazienti con acu-feni nei confronti del rumore in genere (iperacusia).

Uno dei più importanti esempi di riflessi condizio-nati è il condizionamento della paura, che permette dispiegare le basi fisiologiche della reazione d'allarmenei confronti di un pericolo.

Un ulteriore esperimento fisiologico ci permette dispiegare meglio questo il concetto di reazione di allar-me condizionata che sottosta la "paura". Ad un topoli-no da laboratorio chiuso in una gabbietta metallica vie-ne inviato un segnale sonoro seguito immediatamentedopo da una stimolazione elettrica dolorosa attraversola gabbietta metallica. L’animale si irrigidisce in rispo-sta alla stimolazione dolorosa. Dopo poche ripetizioni,lo stesso atteggiamento è riproducibile anche già in ri-sposta alla stimolazione sonora, anche prima che vengainviata la stimolazione elettrica dolorosa.

L'associazione tra acufene e pericolo o tra rumore ingenerale e pericolo (nel caso dell'iperacusia) è alla basedella risposta del nostro cervello nei confronti di questidisturbi. La percezione di questo segnale, in fin deiconti semplice rumore ma associato all'idea di un po-tenziale pericolo, è in grado di generare una rispostaemotiva negativa ed una reazione di allarme persistenteche interferisce con la vita quotidiana.

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Persistenza ed interferenza dell'acufene secondo ilmodello di Jastreboff

Come abbiamo visto, lo stesso "segnale in ingresso"può generare, grazie alla plasticità dei vari livelli delnostro sistema nervoso, risposte differenti ed una per-cezione differente, in base al significato del segnalestesso ed alla precedente "esperienza" di quel segnale,o di quella associazione di segnali ("informazione sen-soriale"), in particolare determinando una maggior "re-azione" ai segnali "significativi", ed una riduzione dellarisposta nei confronti di quelli irrilevanti. Tale caratte-ristica non riguarda, ovviamente solo le aree connessecon l'apparato uditivo, ma l'intero sistema nervosocentrale. Le basi delle reazioni automatiche cerebralisono quindi regolate a livello fisico all’interno del no-stro cervello grazie a vere e proprie connessioni tra idiversi neuroni, ovvero le cellule che con i loro prolun-gamenti costituiscono la struttura anatomica e funzio-nale del sistema nervoso centrale.

L'applicazione di tali nozioni alla fisiopatologia de-gli acufeni costituisce la base del modello neurofisiolo-gico di Jastreboff. Il concetto fondamentale che emergedal modello neurofisiologico è che l'origine del fastidiogenerato dall'acufene non è l'apparato uditivo, ma learee non-uditive del sistema nervoso centrale e più inparticolare quella parte del cervello nota come sistemalimbico (implicato nei processi emotivi), ed il sistemanervoso autonomo o "neurovegetativo", deputato alcontrollo di tutte le funzioni corporee (ad es.: la fre-quenza cardiaca, la pressione arteriosa, la respirazione,la digestione ecc) ed al meccanismo neurologico dellacosiddetta "reazione d'allarme" nei confronti di un se-gnale vissuto come potenziale pericolo.

L' apparato uditivo, inteso come l'insieme delle vieuditive, dall'orecchio al sistema nervoso, può avere unruolo di "sorgente" del segnale ed essere responsabiledella sua percezione iniziale, ma non della persistenzadi tale percezione e nemmeno del fastidio generatodalla percezione stessa, che riconosce come responsa-bili le due aree extra-uditive sopramenzionate, attivatein presenza di un segnale "significativo", generando larezione di allarme che determina la persistenza dellapercezione di un acufene ed il fastidio e l'interferenzanella vita quotidiana da questo determinato.

Tal concetto rappresenta il razionale della TinnitusRetraining Therapy, che mira proprio ad ottenere lamodifica selettiva delle connesioni neurali specifichetra vie uditive e centri emotivi e neurovegetativi.

Grazie a quanto si è appreso fin'ora diventa più

semplice comprendere in che modo può generarsi il"disturbo acufene".

Al momento in cui un paziente percepisce per laprima volta l’acufene, idipendentemente dalla causa,patologica o meno, che lo ha generato, essendo tale ti-po di segnale "nuovo" per il cervello, la sua trasmissio-ne viene privilegiata e amplificata dai centri sottocorti-cali, fino a giungere a livello della corteccia cerebraledove tale segnale proveniente dalle vie uditive vieneinterpretato come "suono" (l'acufene, appunto) e quindivalutato e confrontato con le precedenti esperienze sen-soriali immagazzinate nel nostro cervello grazie alla"plasticità" neuronale.

Nella maggior parte di casi la presenza, seppur con-tinua, di questa anomala attività bioelettrica, se noncombinata con nessuna associazione emotiva (sistemalimbico!) positiva o negativa, non genera nessun fasti-dio, indipendentemente dal fatto che possa essere per-cepita o meno, venendosi a determinare un inevitabilefenomeno di assuefazione al segnale con il tempo e ve-nendo quindi a mancare la reazione d'allarme scatenatadal sistema autonomo. Questo avviene frequentementenei bambini (meno suscettibili alla paura delle malattie)ed è esperienza comune anche in chi frequenta discote-che o concerti rock, che considerando naturale e "ac-cettato" la comparsa di acufeni non viene infastiditodall'acufene stesso. Pur in presenza di una sorgentebioelettrica periferica la percezione dell'acufene vienesuccessivamente a cadere grazie all'azione del filtrocerebrale ed allo sviluppo dell' abitudine.

Tuttavia in alcune situazioni, legate alla particolarelabilità ansioso-emotiva del soggetto, transitoria o me-no, o alla coincidenza temporale con uno specifico e-vento negativo, ad esempio la comparsa dell’acufene inconcomitanza con una riduzione improvvisa della ca-pacità uditiva, o con un possibile evento lesivo colle-gato cronologicamente all’insorgenza della percezionecosciente dell’acufene, o come più spesso avviene allapaura nei confronti di un fenomeno che non trova spie-gazione, la percezione stessa dell'acufene si associa aduna "emozione" negativa e l’acufene inizia ad assume-re un significato negativo. L'acufene diventa allora peril paziente, prima a livello conscio, grazie all’aumentodell’attenzione specifica volontaria, e poi a livello in-conscio (non più condizionabile quindi dalla volontàdel paziente stesso che non può semplicemente "igno-rarlo"), un segnale di qualcosa di alterato, malato, a li-vello dell'orecchio, o peggio ancora del cervello, e co-me risultato il nostro sistema neurovegetativo inizia ascatenare una più o meno costante reazione d'allarme,che non è utile all'organismo ma provoca il "fastidio" el'interferenza che spingono il paziente dal medico, oanzi, come più spesso avviene, da una serie di speciali-sti in sequenza.

Purtroppo, spesso, proprio gli specialisti, spaventan-do il paziente con possibili cause patologiche irreversi-bili, senza fornire adeguate spiegazioni in merito, o li-mitandosi a lasciare il paziente con la falsa convinzioneche dovrà "convivere con l'acufene per tutta la vita",con tali approcci "tradizionali" non fanno altro che cre-are un’ulteriore associazione emotiva negativa incre-

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mentando nel paziente stesso l'attenzione destinata al-l'acufene ed il suo "significato" di malattia, generandouna modifica "negativa" a livello delle reti neurali conun ulteriore aumento della reattività del sistema neuro-vegetativo al segnale "acufene" che, di per sé, è beneribadirlo, non contiene alcun significato patologico.

Si è venuta in tal modo a determinareun’associazione emotiva tra l’acufene (di per sé sem-plicemente una percezione sonora, come tante altre allequali siamo costantemente sottoposti) e la sensazionedi pericolo, minaccia, che genera, come sarebbe fisio-logico nei confronti di una reale situazione di pericolo,una corsia d’accesso privilegiata per questo segnale alivello cerebrale (dove il segnale viene pertanto ampli-ficato), l’interferenza e la predominanza nei confrontidi qualunque altro segnale, l’impossibilità di rilassarsiadeguatamente (condizione necessaria per prenderesonno), la difficoltà a concentrarsi su situazioni diversedall’acufene stesso, fino a veri e propri stati di depres-sione, certamente possibili, in soggetti già predisposti.

In termini neurofisiologici tale fenomeno viene adeterminare uno stato di eccitazione più o meno co-stante di un sistema cerebrale deputato a mantenere lostato di vigilanza e di preallarme, ed è questa situazio-ne neurofisiologica, e non la percezione dell’acufene diper sé, che rappresenta la vera componente invalidantedell’acufene.

La minore o maggior gravità di un acufene è quindilegata esclusivamente al fastidio da questo generato emolto meno dall'intensità (volume), dalla sua tonalità odal tipo di acufene percepito (sia esso un fischio, unronzio, un fruscio o altro ancora) o dall'eventuale pre-senza o meno di una concomitante ipoacusia.

In altre parole due persone che "percepiscono" un a-cufene dalle caratteristiche pressochè identiche posso-no riferire un livello di fastidio derivante dall'acufenecompletamente diverso, dalla completa assenza di al-cun disturbo o interferenza, (il che, a dispetto di quantopossono credere molti pazienti, avviene in oltre il 70-80% dei casi), fino alla situazione diametralmente op-posta in cui l'acufene viene vissuto in modo totalmenteinvalidante e come componente "fondamentale" dellapropria vita quotidiana.

La presenza di un’associazione, a livello cerebrale,tra l’acufene ed il suo possibile significato patologico(che avviene ad un livello non controllabile e non va-lutabile dal soggetto) impedisce lo sviluppodell’abitudine ed anzi spesso determina un aumentodella percezione, favorito dall’attenzione volontariache il paziente stesso porta a questo disturbo, soprat-tutto nelle prime fasi che seguono la sua comparsa.

L’intensità dell’acufene e del fastidio da esso deri-vante è poi del tutto indipendente dalla causa sotto-stante e non è in alcun modo in relazione con la pre-senza o meno di una patologia correlata. Maggior si-gnificato può assumere, come vedremo in seguito, lapresenza di evidenti e marcate fluttuazioni di intensitàdell’acufene stesso o la sua comparsa in relazione adaltri sintomi specifici come avviene in determinate pa-tologie.

Qualunque sia la causa sottostante, la percezione

prolungata o meno dell’acufene ed il fastidio da essoderivante sono quindi, in conclusione, in relazione e-sclusivamente con la reattività specifica del nostro cer-vello a quello specifico segnale, in base al significatoche il segnale stesso assume (ed alle correlazioni fisi-che neuronali che da ciò derivano tra le vie uditive e learee emotive all’interno del nostro cervello), e non allecratteristiche del segnale stesso od alla causa sotto-stante.

Proprio sulla base di tali concetti, il trattamento chedal modello di Jastreboff è derivato, la Tinnitus Retrai-ning Therapy, è applicabile ed efficace per ogni tipo diacufene, indipendentemente dalla causa scatenante, siaessa una patologia evolutiva o meno, visto che il suolivello d'azione è il cervello e non l'orecchio. Vedremoin seguito come tale efficacia renda tale trattamento, anostro giudizio, uno strumento eccezionale se accom-pagnato ad una concomitante adeguata valutazionediagnostica, ma potenzialmente pericoloso (al pari diun farmaco capace di coprire i sintomi di una malattiasenza però arrestarne le conseguenze) se usato in modoerrato, puntando al controllo del disturbo senza una a-deguata valutazione delle cause sottostanti.

Le cause di insorgenza degli acufeni

Posti di fronte ad una scelta obbligatoria, molti pa-zienti ammettono che la loro necessità di "trovare lacausa”, e di capire come si possa generare tale fenome-no, è ben superiore all'effettivo fastidio procurato dal-l'acufene. Spesso il paziente stesso è già conscio delfatto che "sapere" ridurrebbe il fastidio.

Purtroppo l'atteggiamento generalmente negativo dimolti specialisti nei confronti di questo disturbo e l'ef-fettiva ineguatezza di molte valutazioni specialistiche(magari limitate ad un quarto d'ora, esami inclusi) nonpermettono a questi pazienti, nella maggior parte deicasi, di avere una diagnosi, passo fondamentale primadi instaurare un trattamento.

Caratteristicamente, talvolta, il paziente accentua lareale entità del disturbo nella speranza di essere presoin maggior considerazione, prefigurandosi in anticipo(spesso fondatamente sulla base di precedenti esperien-ze negative) che "i medici non prendono sul serio que-sti problemi". Un acufene che "impedisce qualunqueattività e relazione" e che ha "distrutto la vita", se conattenzione andiamo a scomporre, nei vari aspetti dellavita quotidiana, la giornata del paziente, spesso risultaessere percepito solo nel silenzio assoluto della propriacamera o in momenti di particolare relax, in cui man-cano "distrazioni". Spesso però è "palpabile" la pauranei confronti di una malattia sconosciuta o la reazione(giustificata sulla base di quanto gli è stato riferito fi-n'ora) all'idea di qualcosa che durerà, tutta la vita, cherappresenta, per tutto quanto visto sopra, la vera causa"invalidante". Pur se ciò può sembrare paradossale, tal-volta è soprattutto l'atteggiamento negativo del primospecialista consultato ad impedire lo sviluppo dei fe-nomeni di adattamento ed abitudine in un paziente chemagari si era rivolto al medico credendo di avere un

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semplice tappo di cerume.L'acufene di per sé può diventare allora addirittura

secondario nell'ambito della problematica generale delpaziente, poiché la situazione psicologica che ne con-segue appare ben più grave e limitante dell'acufenestesso, soprattutto in considerazione del fatto (ne ri-parleremo tra poco) che soggetti ansiosi ed iperemotivisono certamente più predisposti. La stessa idea di per-sistenza "per tutta la vita" può portare pazienti predi-sposti ad associare l'idea dell'acufene a pensieri "nega-tivi" connessi alla morte, ma è fondamentale sin d'oracomprendere che idee suicide compaiono praticamentesolo in pazienti affetti, indipendementemente dall'acu-fene stesso, da patologie psichiatriche pre-esistenti(seppur latenti), delle quali peraltro l'intolleranza all'a-cufene, come vedremo in seguito, può talvolta essereuna manifestazione.

La reazione d’allarme che abbiamo visto essere cosìimportante nel determinare l’interferenza dell’acufenestesso, viene comunque certamente ad essere alimen-tata dal mancato riconoscimento dei meccanismi sotto-stanti o quantomeno dalla mancata esclusione (che de-ve essere verificata e accettata non solo dal medico, maanche dal paziente stesso) di qualunque patologia im-portante o comunque “degna di trattamento”.

Vedremo in seguito come la corretta informazionedel paziente da parte dello specialista abbia di per sé unruolo terapeutico fondamentale nell’ambito della Tin-nitus Retraining Therapy, e come già il solo riconosci-mento di una causa sottostante non “patologica”, pur-chè il paziente riceva adeguate spiegazioni sul possibilemeccanismo d’azione (decondizionamento dell'asso-ciazione acufene - pericolo) possa assicurare in molticasi quella tranquillità tale da spegnere, prima a livellocosciente o poi a livello dei meccanismi involontari delsistema nervoso centrale, la stessa reazione d’allarme.E' però evidente che ciò non può certamente avvenireprima di aver effettuato un corretto ed accurato iterdiagnostico, oggi sempre possibile, e doveroso, con leattuali risorse diagnostiche delle quali disponiamo. Inun certo senso la valutazione diagnostica, nel pazientecon acufeni, assume già di per se, nell'ambito dellaTRT, valore terapeutico.

Purtroppo, è importante ribadirlo, non basta eseguireogni accertamento sufficiente a tranquillizzare il medi-co sull'assenza di patologie per poter ottenere un' ana-loga tranquillità nel paziente.

Inutile sarebbe dire al paziente che "non c'è nulla epuò smettere di aver paura" (ricordando, tra l'altro chela paura è un meccanismo non controllabile volonta-riamente) senza aver messo il paziente in condizione dicomprendere perché, sulla base di ogni singolo accer-tamento effettuato (i cui risultati debbono essere benspiegati dal medico e ben compresi dal paziente), edelle caratteristiche della sua particolare situazione cli-nica, siamo sicuri di aver escluso ogni possibile patolo-gia sottostante, o qualora questa fosse davvero presen-te, di averne individuato l'origine. E non c'è da stupirsise spesso il paziente giunge a comprendere finalmentela reale entità del suo disturbo solo dopo aver consul-tato decine di specialisti diversi, giudicati troppo super-

ficiali.Il modello di Jastreboff, e tutte le considerazioni

neurofisiologiche già esposte nel capitolo precedente,sono perfettamente in grado di spiegare i meccanismiche generano il fastidio derivante dalla percezionedell’acufene, meccanismi peraltro, come già ribaditopiù volte, del tutto indipendenti dalla causa sottostantee semmai influenzati più dallo stato emotivo del pa-ziente che dalle eventuali condizioni scatenanti, pato-logiche o meno, peraltro non necessariamente riguar-danti l’orecchio. Il solo modello neurofisiologico non èperò in grado di spiegare i meccanismi periferici di in-sorgenza di tale fenomeno, diversi da caso a caso.

In realtà, a dispetto di quanto comunemente si credee di quanto spesso gli stessi pazienti si rassegnano acredere, è oggi sempre possibile, con un corretto proto-collo diagnostico, riconoscere od escludere qualunquecausa patologica tra tutte quelle che possono associarsiad un acufene, sebbene i meccanismi sottostanti, comevedremo, non debbano necessariamente essere legati aduna patologia, ma possano essere correlabili a situazio-ni parafisiologiche che, di per sé, non necessitano dialcun trattamento se non finalizzato all'eliminazionedel disturbo procurato dall'acufene stesso.

Alla fine di un corretto iter diagnostico lo specialistadovrà, prima di tutto, essere in grado di inquadrare lapossibile “causa” dell’acufene in tre distinte situazioni:

1. Evento “parafisiologico” (acufene "non patologi-co") non correlabile ad alcun evento patologico in sen-so stretto, per il quale può essere eventualmente neces-sario un trattamento (TRT), al solo scopo di eliminarel’acufene stesso ed il fastidio da questo generato.Rientrano in questa categoria, come vedremo, un nu-mero elevato di casi per i quali si suppone possano es-sere in causa microdanni a livello delle cellule cocleari,privi di alcun significato dal punto di vista della fun-zione uditiva, o minime alterazioni di altre strutture,quali l’articolazione temporo-mandibolare, che nonmeriterebbero di per sé un trattamento specifico od untrattamento preventivo. Rientrano in questa categoriaanche gli acufeni associati a "presbiacusia", ovveroall’invecchiamento fisiologico al quale l’apparato udi-tivo va incontro con l’avanzare degli anni, e numerosecause del tutto benigne di acufene “oggettivo” di tipovibratile o pulsante.

2. Acufene correlato ad un danno pregresso (acufene"esito") ormai stabilizzatosi (come ad esempio nel casodi un' ipoacusia di vecchia data causata da un traumaacustico o da una infezione virale) non più suscettibiledi trattamento diretto finalizzato al recupero del dannostesso (si ricordi che le cellule cocleari sono "perenni"),ma in cui il disturbo determinato dall'acufene è pursempre trattabile mediante la TRT. In tali casi il preci-so riconoscimento della causa esatta che, a suo tempo,può aver determinato il danno, perde di significato, senon per semplice curiosità, trattandosi di un evento le-sivo pregresso ormai non più in grado di rappresentareun ulteriore pericolo. E' compito dello specialista, inquesto caso, far comprendere adeguatamente tale con-cetto al paziente stesso.

3. Acufene correlato ad una patologia ancora attiva

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(acufene "sintomo") in grado potenzialmente di provo-care ulteriori danni oltre quelli eventualmente già veri-ficatisi. E’ il caso ad esempio dell'acufene fluttuantedella Malattia di Meniere e dell'idrope endolinfatico,situazioni che, se cercate, risultano molto più frequenticome causa di acufeni di quanto non si ritenesse untempo, dei ben più rari neurinomi del nervo acustico, odi eventuali patologie vascolari che talvolta possonomanifestarsi con acufeni “oggettivi” di tipo pulsantepercepibili dall’orecchio, ed in generale degli acufenisoggettivi che possono accompagnarsi ad una perditaprogressiva della capacità uditiva. Ulteriori situazionirientranti in questo gruppo possono essere gli acufeni“meccanici” generati da patologie dell’articolazionetemporo-mandibolare di entità tale da necessitare unappropriato trattamento per prevenire alterazioni fun-zionali o altri sintomi. In questo gruppo vanno certa-mente inquadrati anche gli effetti lesividell’esposizione abituale a rumori di elevata intensità.

Vedremo in seguito come, nel nostro Centro, siastata da tempo riscontrata una possibile associazionetra la presenza di acufeni e/o ipoacusia da un lato e lasindrome delle apnee notturne ostruttive (situazioneche può accompagnare il russamento abituale)dall’altro, che ci suggerisce una possibile relazione traqueste distinte situazioni patologiche, la quale meritasenz’altro di essere presa in considerazione per le com-plicanze che possono derivarne.

Un caso particolare è certamente rappresentato dagliacufeni correlati a disturbi psichiatrici (anche la sem-plice ansia generalizzata può rientrare in questo grup-po), tali da influire in modo significativo sull'efficienzadel filtro cerebrale, dove sebbene la sorgente dell'acu-fene non sia necessariamente attribuibile ad una pato-logia, lo stato psichiatrico del paziente è certamente daconsiderare tale.

Questa suddivisione ha importanti ed evidenti riper-cussioni sul piano terapeutico. La Tinnitus RetrainingTherapy (TRT) rappresenta senz’altro il trattamento diprima scelta dei casi rientranti nei gruppi 1 e 2 (acufeniin cui sia stata esclusa in modo definitivo una causapatologica sottostante ancora in grado di generare nuo-vi danni). Quando l’acufene può essere effettivamenteconsiderato “sintomo” di una patologia sottostante an-cora attiva che meriti di essere riconosciuta ed ade-guatamente trattata, l’eventuale TRT deve, invece,certamente essere preceduta o comunque accompa-gnata dall’idoneo trattamento della patologia sotto-stante, indipendentemente dal fatto che questo sia giàda solo in grado o meno di rimuovere anche l’acufene.

E’ infatti impensabile ottenere una riduzione deimeccanismi neurofisiologici di allarme che sottostannoal fastidio generato dall’acufene in presenza di un ef-fettivo pericolo, peraltro confermato dallo specialista,senza che venga instaurato un idoneo trattamento voltoa controllare la malattia di base.

Sarebbe del tutto illogico dire ad un paziente: "Leabbiamo scoperto una malattia dell'orecchio per laquale diventerà sordo e non abbiamo la più pallida ideadi come evitarlo, ma per l'acufene non si preoccupi checon la TRT possiamo fare miracoli…".

E’ altresì certamente inopportuno, e potenzialmentein grado di determinare un ritardo diagnostico, avviareun trattamento con TRT in un paziente in cui non sianoancora stati eseguiti tutti i necessari accertamenti dia-gnostici volti ad escludere qualunque eventuale patolo-gia sottostante od identificare tutte le possibili causesuscettibili di trattamento, indipendentemente dal fattoche tale trattamento possa essere significativo a fini delsintomo “acufene”, il quale comunque, a sua volta, po-trà essere in ogni momento trattato con la TRT, indi-pendentemente dalla causa primaria.

Nell’ambito del procedimento diagnostico e nellaprogrammazione del trattamento deve però anche esse-re preso in considerazione anche un altro parametro: iltempo trascorso dal momento della comparsa dell’ acu-fene.

Un acufene di recente insorgenza (giorni, settimane,o qualche mese), apparentemente non collegabile adalcun evento patologico e senza alcun altro sintomoassociato, può essere in effetti l'unica manifestazioneiniziale di una patologia dell'orecchio (ad esempio unaotosclerosi od una Meniere) ed è vero che in una bas-sissima percentuale (forse inferiore allo 0,2%) dei casila percezione continua di un acufene (monolaterale)come fenomeno isolato (senza altri sintomi), può essereinizialmente scatenata da un tumore del nervo acustico(neurinoma), ma le attuali risorse della medicina mo-derna (che non si limitano certamente agli esami au-diologici di base comunemente effettuati) permettonodi confermare od escludere in modo assolutamente pre-ciso qualunque patologia sottostante nel giro di qualcheora o comunque di verificare che al momento non visono patologie tali da richiedere una diagnosi precoce.

In particolare, mediante i potenziali evocati uditivi(se ben eseguiti ed interpretati), siamo in grado di e-scludere con notevole affidabilità la possibilità che re-sponsabile della comparsa dell'acufene sia il famigeratoneurinoma dell'acustico, che peraltro è una lesione be-nigna, senza la necessità di ricorrere in ogni caso all'ef-fettuazione di una risonanza magnetica, la cui prescri-zione dovrà essere riservata solo a quei casi che pre-sentano un tracciato anomalo ai potenziali evocati oaltri sintomi che possano far sospettare una lesione acarico del nervo acustico. Completamente inutile è poila TAC che, soprattutto se eseguita senza mezzo dicontrasto, non può dare in questi casi nessuna informa-zione né in senso positivo né negativo. In ogni caso èdecisamente criticabile e controproducente l'atteggia-mento di molti pazienti che si auto-prescrivono tali ac-certamenti radiologici nella convinzione che il mediconon sia stato in grado di escludere qualche "male oscu-ro".

E' perfettamente logico e ragionevole quindi che ilpaziente con un acufene di recente insorgenza, anche inassenza di altri disturbi concomitanti, richieda una con-sulenza specialistica per tranquillizzarsi sulla assolutabenignità del fenomeno, ma con la coscienza che si staandando a effettuare un check-up per escludere l'eve-nienza di una patologia sottostante, e non che tale pa-tologia "deve esserci sicuramente", sebbene nessunmedico riesca ad individuarla.

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Ed il ruolo dello specialista diventa, proprio in que-sti casi, determinante sulla successiva evoluzione deldisturbo. Mentre un corretto inquadramento diagnosti-co, seguito da opportune e chiare spiegazioni sulle pos-sibili cause di insorgenza di questo fenomeno (che ri-chiedono necessariamente tempo da offrire al pazien-te), possono eliminare sul nascere la reazione d’allarmenei confronti di questo segnale “nuovo”, una visita su-perficiale seguita dal classico consiglio “a non farci ca-so” e ad “abituarsi a conviverci" sulla basedell’affermazione che “non esiste alcuna cura” e che"l'acufene durerà tutta la vita" possono far assumerecome già visto a questo innocuo segnale un significatoestremamente negativo avviando quei processi in gradodi far precipitare la situazione.

Proprio per tale motivo, presso il nostro Centro, nonconsigliamo quasi mai l'applicazione di miscelatori (equindi il protocollo completo di TRT) a pazienti neiquali l'acufene sia comparso da meno di sei mesi, ov-viamente dopo aver eseguito tutti gli accertamenti dia-gnostici necessari. In tali casi, infatti, spesso, la solavalutazione diagnostica, associata ad adeguate spiega-zioni ed alla riduzione dell'attenzione volontaria daparte del paziente sono sufficienti a risolvere od ad at-tenuare notevolmente il problema senza alcun ricorso afarmaci od altre terapie.

Dovrebbe ormai essere chiaro come ciò sia realizza-bile. Questo concetto verrà comunque ripreso trattandoin dettaglio il nostro protocollo terapeutico.

E' comunque evidente che per un acufene di recenteinsorgenza (giorni, settimane, mesi) sarà opportunocomunque effettuare dei controlli a distanza, vista laseppur rara possibilità che gli altri sintomi o segni di uneventuale patologia nella quale la diagnosi in questistadi è impossibile e, se misconosciuta, non pregiudi-zievole per la guarigione, non siano ancora comparsi oriscontrabili (come può avvenire ad esempio in formeiniziali di otosclerosi o di idrope endolinfatico). Per unacufene che perduri da molti anni, senza altri sintomi econ tutti gli accertamenti ancora nella norma, è invececertamente inutile e controproducente insistere con ilcercare a tutti i costi una malattia dell'orecchio, visto ilnotevole numero di situazioni non patologiche in gradodi generare la percezione dell’acufene stesso e la di-sponibilità attuale di indagini così sofisticate da per-metterci di svelare minime alterazioni dell'apparato u-ditivo. L'accurata effettuazione di tutte le indagini as-sume in questo secondo caso, però, valore terapeutico,allo scopo di dimostrare in modo inequivocabile al pa-ziente la benignità dell'acufene stesso.

L’accanimento diagnostico alla continua ricercadella "malattia" sottostante può solo caricare, per l'ine-vitabile fallimento di tale ricerca (visto che può nonesserci alcuna "patologia"), il senso di frustrazione,rabbia ed impotenza di fronte a questo sintomo conconseguente aggravamento della situazione per quantofin'ora ampiamente illustrato e deve mettere in guardiail medico su una probabile situazione di ipocondria(paura generalizzata delle malattie) che rappresenta intal caso la vera patologia sottostante in grado di modi-ficare il filtro cerebrale.

Il concetto che si intende sottolineare è che quandol'acufene è effettivamente sintomo di una patologiasottostante degna di attenzione è sempre possibile conle attuali possibilità della diagnostica ORL e audiologi-ca, rivelarne la causa, e che quindi i pazienti non devo-no temere che qualcosa sia stato trascurato, sempre cheovviamente siano stati eseguiti effettivamente gli op-portuni accertamenti (il che purtroppo non è assoluta-mente la regola). Vedremo in seguito, descrivendo ilprotocollo diagnostico attuato nel nostro Centro, qualisiano le indagini indispensabili e quali quelle inutili.

Analizzeremo ora in dettaglio le varie cause in gra-do di determinare l'insorgenza di acufeni, iniziando asottolineare il ruolo dei fattori psico-emotivi, e quindile possibili situazioni parafisiologiche o patologichealla base di tale fenomeno.

Il ruolo dei fattori psico-emotivi e dello stress

Se il ruolo del cervello "emotivo" e del "filtro cere-brale" nel meccanismo fisiopatologico degli acufeni èstato ben acquisito, non sarà difficile comprendere co-me fattori psico-emotivi predisponenti possano contri-buire in modo significativo nell'evoluzione di questofenomeno.

Nello stabilire le possibili cause di insorgenza di unacufene, in relazione al periodo di comparsa, bisognainoltre tener presente che spesso un determinato eventopuò portare l’attenzione su tale fenomeno, magari giàpre-esistente sebbene non avvertito o non notato inprecedenza, solo a causa di una alterazione transitoriadel filtro cerebrale.

Ciò è vero anche per situazioni non correlate ad al-cuna patologia quando periodi od eventi comportantiun particolare stress psico-fisico facilitano l’insorgenzadi reazioni emotive e di allarme e quindi portanol’attenzione su un fenomeno al quale in precedenza ilpaziente non aveva fatto caso e che, da quel momento,viene ad essere amplificato a livello cerebrale ed inter-pretato come un evento nuovo con tutte le conseguenzeche questo comporta.

E’ il caso ad esempio di pazienti con un’ ipoacusiamai notata prima e, magari, risalente all’infanzia senzaalcun carattere di malattia progressiva. Al momento dieffettuare, anche per tutt’altro motivo, un esame au-diometrico (mai eseguito in precedenza) che riveli perla prima volta l’alterazione della capacità uditiva, pre-occupato di perdere l’udito, soprattutto se non sonostate fornite adeguate spiegazioni in merito, il pazienteinizia a notare ed a cercare (attenzione volontaria!) o-gni segnale proveniente dall'orecchio "malato". Di-venta a tal punto facile "scoprire" la presenza di acufe-ni (fenomeno di per sé frequente), soprattutto nel silen-zio assoluto, che assumono in tal caso un chiaro signi-ficato di "minaccia" con tutto quanto ne deriva sullabase del modello neurofisiologico già esposto.

Non è un caso che nella nostra casistica vi sia unaelevata percentuale di musicisti (o spesso giovani cheaspirano ad una carriera in questo settore) nei quali so-no state riscontrati lievi segni di trauma acustico (pos-

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sibile causa di acufene), per i quali il pericolo specificoviene considerata la perdita uditiva (e quindi l'impossi-bilità di realizzare le proprie aspirazioni), della qualel'acufene rappresenta, per il paziente stesso, una co-stante spia di allarme (" acufene da paura specifica "). E'evidente che la coscienza che l'esposizione a rumorielevati, quali quelli della musica rock sia (e questo èassolutamente vero!) potenzialmente lesiva per l'udito,contribuisce in tal caso ad avvalorare tale sensazione di"pericolo".

Non di rado l’acufene viene avvertito, senza alcunnuovo elemento patologico correlabile, in occasione disituazioni particolarmente stressanti (pensionamento,cambio di lavoro, separazione, lutto…). Definiamo talemeccanismo di insorgenza " acufene da riduzione delfiltro cerebrale ". In tal caso la comparsa dell'acufene,più che ad un effettivo nuovo fenomeno periferico, pre-esistente ma fino ad allora non percepito grazie all'a-zione del "filtro", è da attribuire al mancato blocco delsegnale generato in periferia, da parte di un cervellotroppo occupato da altre situazioni stressanti. Comevedremo in seguito questo stesso meccanismo può es-sere implicato in situazioni nelle quali l'acufene sia di-rettamente espressione di una vera e propria patologiapsichiatrica.

Una situazione interessante è il caso (ben più fre-quente di quanto non si creda) dell’” acufene per anal o - gia ”. Ad un amico o ad un parente con acufeni è statoriscontrato un danno all’orecchio od una malattia (ma-gari assolutamente indipendente) e da quel momentoanche il paziente, che non vi aveva mai fatto caso pri-ma, inizia a notare la presenza di un acufene, a proccu-parsene, e così via. Frequente è poi la “comparsa” – madovremmo dire “scoperta” – di acufeni dopo letture diarticoli su riviste, siti internet o trasmissioni televisiveche affrontano in modo allarmistico e negativo tale fe-nomeno. Anche tale fenomeno è più frequente in pa-zienti che temono in modo esagerato le malattie in sen-so generale (ipocondria).

Diverso è il caso dell’idrope endolinfatico e dellamalattia di Meniere (ne riparleremo in seguito), dovefattori psicosomatici o veri e propri disturbi psichiatricipossono essere direttamente responsabili dell’ insor-genza di una vera e propria patologia dell’orecchio cheaccanto ad altri sintomi (ipoacusia fluttuante, orecchiochiuso, e nella forma più conclamata, crisi vertiginose)presenta quasi sempre anche la comparsa di acufeni.

E’ evidente, come già accennato, che lo sviluppo ditali meccanismi reattivi è facilitato senza dubbio dallapredisposizione ansioso-emotiva del paziente o dallapresenza di disturbi di tipo psichiatrico, in prevalenzasituazioni di tipo bipolare, con tendenza a rapide varia-zioni dell’umore, che rivelano già di per sé una abnor-me reattività agli stimoli carichi emotivamente o situa-zioni di ipocondria o fobia nei confronti delle malattie.

E' quindi certamente vero, indipendentemente dallacausa sottostante, che il fastidio e l'intolleranza nei con-fronti dell'acufene siano generalmente maggiori in que-sti pazienti predisposti e che spesso tali situazioni, giàpresenti, magari in forma latente, prima della comparsadel disturbo siano, anzi, l'elemento principale che con-

diziona l'evoluzione dell'acufene stesso.Nel considerare le possibili cause di insorgenza di a-

cufene, che verranno ora esaminate in dettaglio, nonbisogna quindi dimenticare il ruolo dei fattori ansioso-emotivi pre-esistenti e della predisposizione del pa-ziente, oltre che delle situazioni di stress che possonoagire modificando la capacità del cervello di "filtrare"l'acufene.

Vedremo in seguito, affrontando in dettaglio il pro-tocollo diagnostico e terapeutico attuato presso il Cen-tro di Otorinolaringoiatria, come, per i motivi sopra e-sposti, la consulenza psichiatrica costituisca spesso unaparte integrante e fondamentale nell’approccio attuatodal nostro Centro, al fine di non trascurare nemmenotale elemento nella valutazione diagnostica del pazientecon acufeni ed iperacusia.

L'argomento verrà ripreso affrontando le cause pa-tologiche di acufene, in quanto, talvolta il disturbo puòessere giustamente considerato sintomo di una patolo-gia psichiatrica rilevante che non deve essere sottova-lutata. E' sin d'ora fondamentale comprendere che an-che il cervello "emotivo" (costituito da reti di cellulespecializzate) può ammalarsi, esattamente come tuttigli altri tessuti ed organi del nostro corpo, e che spessosintomi psichiatrici derivano da alterazioni ben deline-abili e suscettibili di opportuno trattamento farmacolo-gico.

Le cause “parafisiologiche” di insorgenza di acufene

Abbiamo già visto come un acufene possa ricono-scere tre principali meccanismi: bioelettrico, vascolare(per gli acufeni pulsanti) e meccanico.

Sugli acufeni di tipo pulsante e su quelli che ricono-scono un'origine meccanica, entrambi corrispondentiad una effettiva percezione sonora, ci soffermeremo inseguito.

Nei paragrafi seguenti ci riferiremo quindi preva-lentemente agli acufeni di tipo “bioelettrico” non legatia fenomeni di tipo circolatorio o meccanico, che rap-presentano senz’altro la situazione più frequente.

E’ importante ribadire che oltre a cause espressionedi una patologia (acufene “sintomo”) o di un dannopregresso, esistono numerosi possibili meccanismi ingrado di generare un possibile squilibrio bioelettrico alivello delle vie uditive (che può essere percepito comeacufene), anche in assenza di qualunque situazionepatologica, tanto da poter affermare che in un modo onell’altro quasi tutti, almeno per alcuni istanti, speri-mentiamo prima o poi un transitorio acufene.

Tale dato è stato peraltro confermato da un esperi-mento effettuato da due ricercatori (Heller e Ber-gmann) già molti anni fa, nel 1953. Un certo numero distudentesse giovani, senza alcuna patologia otologicadimostrabile, vennero riunite in una stanza completa-mente isolata dal punto di vista acustico per qualcheminuto, chiedendo loro al termine dell’esperimento diriportare l’eventuale percezione di rumore. Oltre l’80%dei soggetti in esame riferirono in tali condizioni lapercezione di un acufene. L’attenzione cosciente e vo-lontaria, oltre alla completa assenza di altri segnali per-

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cepiti contemporaneamente in condizione di silenzioassoluto avevano permesso di percepire un segnale so-noro, la cui sorgente non poteva ovviamente essere e-sterna, viste le condizioni ambientali particolari, ovve-ro un acufene.

Sia la coclea che le vie acustiche centrali, in quantorelais bioelettrici, mantengono peraltro, anche in con-dizioni di riposo un certo stato di attività bioelettricache può essere occasionalmente percepita. Estrapolan-do tali considerazioni si può giungere perfino ad affer-mare che praticamente in tutti noi esiste una sorgenteattiva in grado di produrre acufeni. In condizioni nor-mali, meccanismi di tipo inibitorio sia generati dallostesso orecchio che a livello cerebrale, oltre alla com-petizione del rumore di sottofondo nel quale siamoquasi costantemente immersi, impediscono la perce-zione di questo segnale insignificante o comunque nelimitano la percezione nel tempo, in assenza di un si-gnificato patologico o di “pericolo”, come abbiamo giàampiamente descritto.

Ma non tutti percepiscono acufeni e pertanto, al di làdei meccanismi cerebrali ampiamente illustrati fin'ora,che spiegano il minore o maggior fastidio da questiprocurato, debbono esistere altri fattori in grado di de-terminare deviazioni dalla norma seppur ancora consi-derabili come variabili "non patologiche".

Acufeni e microdanno "discordante" cocleare

Una delle teorie più accreditate in grado di spiegarela genesi a livello cocleare di acufeni anche in assenzadi alcuna alterazione della percezione uditiva e di alcu-na patologia dimostrabile prevede la possibilità che uncosiddetto "danno discordante”, ovvero una perdita re-lativa di cellule esterne, le più fragili e le più suscetti-bili a qualunque evento lesivo, dal rumore a transitoriealterazioni metaboliche, non accompagnata da un corri-spondente danno ai veri e propri recettori, le celluleinterne, più resistenti, sia all'origine di un'attività bioe-lettrica cocleare asincrona.

La condizione di cellule “perenni”, non suscettibilidi rigenerazione, delle cellule cocleari rende evidenteche microdanni a questo livello siano estremamentefrequenti e che tali entità non possano essere realmenteconsiderate come “malattia”. Queste piccole alterazio-ni, spesso rilevabili con sofisticate indagini audiologi-che (ad esempio, lo studio delle otoemissioni acustichee dei prodotti di distorsione cocleari) sono pertanto e-stremamente frequenti e potenzialmente in grado di ge-nerare in ognuno di noi la percezione di un acufenetransitorio, che può rappresentare la sensazione co-sciente di questo minimo squilibrio. Il rapporto 3:1 tracellule esterne ed interne e l'enorme numero di ele-menti cellulari in grado di rispondere alle stesse fre-quenze è in grado di spiegare perfettamente come siapossibile la concomitanza della percezione di un acufe-ne con una capacità uditiva del tutto normale eviden-ziabile all'audiometria.

La relazione tra microdanno cocleare ed acufenepotrebbe poi essere costituita dalla conseguente ridu-zione di un segnale inibitorio diretto dall’orecchio sulle

vie uditive centrali e normalmente generato dalle cel-lule ciliate esterne. Le stazioni "centrali" della via udi-tiva aumenterebbero in tal modo la propria attività e-lettrica spontanea e tale iperattività bioelettrica può es-sere responsabile della percezione dell'acufene.

E' evidente però che, in presenza di un adeguata a-zione di filtro a livello cerebrale ed in assenza di fattoriche ne favoriscano la trasmissione privilegiata, tale se-gnale proveniente dall'asimmetria tra cellule interne edesterne, probabilmente prodotto in quasi tutti noi, po-trebbe essere percepito solo per breve tempo al massi-mo e senza alcun fastidio.

Acufeni ed ipoacusia alle frequenze oltre 8000 Hz

Il range di frequenze (misurate in Hetrz, Hz, ovverocicli al secondo) udibili dell’orecchio umano spazia dai16 Hz (soglia al di sotto della quale parliamo di infra-suoni) ai 16.000 Hz (suoni più acuti vengono definitiultrasuoni e sono percepibili da alcuni animali, ma nondall’uomo). Tali limiti superiori od inferiori possonoperaltro variare da individuo ad individuo anche in ba-se al particolare “allenamento” acustico. Normalmenteciò che viene studiato con gli esami audiologici è lacapacità uditiva tra i 125 ed gli 8000 Hz essendo le fre-quenze superiori od inferiori a tali valori sostanzial-mente ininfluenti ai fini della percezione uditiva quoti-diana.

Studi dedicati all’analisi della capacità uditiva adalta frequenza (oltre gli 8000 Hz) in soggetti sani han-no peraltro rilevato come sia possibile il riscontro dialterazioni della capacità uditiva a frequenze così ele-vate anche in assenza di alcuna patologia e di alcunsintomo rivelatore e l'estrema variabilità delle risposte,ripetendo più volte l'esame audiometrico E’ pertantopossibile che l'alterazione responsabile della genesidell’acufene sia a livello di cellule deputate all’analisidelle frequenze più elevate non analizzabili con i tradi-zionali esami audiometrici. Indagini volte a misurare(seppure tale indagine sia da considerare generalmentepoco afidabile) la frequenza di base dell'acufene rivela-no spesso valori attorno ai 12.000 Hz, al di fuori cioèdelle frequenze esaminate con l'audiometria.

Riteniamo però, per quanto sopra esposto, che unaipoacusia limitata esclusivamente a frequenze superioriagli 8.000 non possa essere definita patologiadell’orecchio, e che eventuali alterazioni riscontrabili aquesto livello non abbiano alcun valore diagnostico eprognostico nei confronti di una eventuale patologia odi una futuro deterioramento della capacità uditiva.

Acufeni e presbiacusia (invecchiamento fisiologicodell’apparato uditivo)

Una riduzione della capacità uditiva limitata alle altefrequenze ed ancor più la comparsa di acufeni, può es-sere considerata del tutto fisiologica in età avanzata(presbiacusia), in considerazione del fatto che le carat-teristiche di cellule perenni (non rinnovabili) delle cel-lule cocleari, rende estremamente probabile la riduzio-

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ne numerica irreversibile (morte cellulare) di questestesse cellule con il passare degli anni. La predominan-za di tali alterazioni a livello delle alte frequenze è fi-siologica ed è legata allo stesso meccanismo di perce-zione dei suoni a livello della coclea. Le alte frequenzevengono infatti a simolare maggiormente il giro basaledella coclea, quello più vicino all'orecchio medio ed ilpiù esposto a microtraumi.

Con l’avanzare dell’età si assiste quindi ad un fisio-logico invecchiamento della coclea (ma anche ad uncorrispondente invecchiamento delle vie uditive cen-trali) che comporta una progressiva riduzione della ca-pacità uditiva, dapprima limitatamente alle alte fre-quenze (suoni acuti) e in seguito estesa alle frequenzemedie e gravi. Tale “orologio” biologico può esserevariabile da individuo ad individuo ed è certamente in-fluenzato da fattori endogeni o esogeni ambientali, co-me avviene per altre parti del nostro organismo.

La possibilità di comparsa di acufeni aumenta an-ch'essa con il progredire degli anni. Certamente la ri-dotta capacità uditiva determina una minor competi-zione nei confronti del "rumore interno" da parte deirumori esterni. E' probabile che alla maggior possibilitàdi percezione di acufeni contribuisca anche la minorefficienza, a livello neurologico, del filtro cerebrale.

Caratteristicamente però la presenza di acufeni èmeglio tollerata (forse perché più accettata) nell'anzia-no, in confronto a pazienti più giovani, almeno in ter-mini statistici ed in apzienti nei quali non siano presenticoncomitanti disturbi psichiatrici. La miglior tolleranzanei confronti dell'acufene può certamente dipendere danumerosi fattori, tra i quali una minore riposta deimeccanismi emotivi e dei sistemi deputati a generareuna reazione di allarme.

Purtroppo anche l'efficacia della TRT tende a ridursiin età molto avanzata a causa della minor plasticitàdelle reti neurali ed alla loro maggior resistenza allemodifiche delle associazioni da tempo consolidate.

L’unico trattamento farmacologico che sembra ave-re, a nostro giudizio, una qualche valenza preventivasulla presbiacusia in questi casi è l’impiego della me-latonina (non i prodotti tradizionalmente in commercio,bensì un preparato galenico nel quale tale sostanza adosi ben stabilite è associata ad altre sostanze che nemodificano l’azione). Il potere antossidante della me-latonina previene infatti l’azione dannosa dei radicaliliberi e l’invecchiamento cellulare rallentandol’evoluzione del danno cocleare, pur non essendo inalcun modo in grado di rigenerare le cellule già irrever-sibilmente danneggiate.

Acufeni e otoemissioni acustiche spontanee

La capacità della coclea di emettere spontaneamente(oltre che in risposta a determinati stimoli) minimequantità di suono, espressione probabilmentedell’attività delle cellule ciliate esterne, è nota da tem-po e verificabile agevolmente a livello clinico. Alcuniricercatori hanno supposto, in passato che alcuni acu-feni possano essere espressione di questi rumori cocle-ari spontanei, espressione di una coclea perfettamente

funzionante, sebbene tutte le ricerche effettuate perconfermare tale ipotesi non siano riuscite a rivelare al-cuna correlazione tra i due fenomeni.

Acufeni ed inquinamento acustico

Certamente il “normale” livello di inquinamento a-custico al quale ciascuno di noi è abitualmente sottopo-sto quotidianamente nell’attuale società moderna, deveessere considerato un fattore facilitante l’insorgenza diacufeni correlati a microtraumi cocleari rendendosenz’altro sottile in tal caso il confine tra situazioni“fisiologiche” e “patologiche”. Diversa è la situazionederivante dalla esposizione abituale a rumori di elevataintensità o conseguente a traumi acustici acuti, certa-mente in grado di esercitare una azione lesiva a livellococleare, che verrà pertanto considerata in un appositocapitolo dedicato alle situazioni “patologiche”.

Acufeni e protezione dal rumore

Pur se ciò può apparire paradossale, anche l'abitudine aproteggere l'orecchio con tappi in materiale vario perproteggersi dal rumore e la ricerca del silenzio assolutoper addomentarsi possono essere responsabili della"comparsa" di acufeni. Oltre che ad un meccanismodiretto dovuto alla ridotta competizione del rumoreambientale, l'isolamento acustico genera con il tempol'ipersensibilità delle vie uditive, possibile causa di acu-feni ed iperacusia. Come vedremo, evitare il silenzio èuno dei cardini concettuali della TRT.

Acufeni, telefoni cellulari e computers

Un argomento di grande attualità e la possibile asso-ciazione tra uso di telefoni cellulari ed insorgenza diacufeni.

Sui possibili effetti patologici dei cosidetti“telefonini” molto si è detto e nulla si è concluso (al-meno fin’ora), ma certamente un possibile effetto diinterferenza delle onde elettromagnetiche sull’apparatouditivo e sulle vie uditive centrali merita di esserequantomeno studiato (senza eccessivi allarmismi). Aquanto ci risulta comunque non esiste al momento al-cun dato che ci permetta di confermare od escluderetale possibile relazione.

Anche qualora venisse rilevata una associazionestatisticamente significativa tra l’uso del telefonino el’insorgenza di acufeni, non è da escludere che anchealtri fattori correlati (ad esempio lo stress di chi usaintensamente il telefonino per motivi professionali)debbano essere tenuti in considerazione.

Anche l’uso esagerato di computer è uno dei fattoriper i quali è possibile prospettare una relazione diretta,sebbene anche in questo caso lo stress “da terminale”,fenomeno ben noto da molti anni, possa probabilmenterappresentare un fattore rilevante in grado di agire sullareattività del sistema neurovegetativo.

Se tali relazioni venissero confermate da studi

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scientifici, che non ci risulta siano al momento maistati portati a termine, probabilmente tali situazioni do-vrebbero essere inserite, più che nel capitolo degli acu-feni “parafisiologici”, in quello degli acufeni“patologici” al pari di quelli correlabili all’esposizionecronica al rumore.

Le principali cause “patologiche” di acufene

Se è ormai un concetto assodato che un acufene puòessere percepito anche in assenza di qualunque condi-zione “patologica”, è altresì vero che qualunque pato-logia dell’orecchio e qualunque evento in grado di ri-durre la percezione acustica (ipoacusia) è in grado digenerare la percezione di un acufene. E’ quindi fre-quente che tale fenomeno si accompagni ad una pato-logia dell’orecchio, in tal caso sempre evidenziabile ericonoscibile, ed in particolare ad una alterazione co-cleare in grado di determinare una più o meno cospicuariduzione della capacità di percezione dell’orecchiocolpito (ipoacusia neurosensoriale), transitoria o stabi-le.

Ma come ripetutamente sottolineato, la persistenzadella percezione dell’acufene e ancor più il fastidio daquesto determinato o l’interferenza nella vita del pa-ziente sono per lo più indipendenti dalle condizionidell’orecchio, tanto che accanto a pazienti senza alcunaalterazione della capacità uditiva con gravi acufeni in-validanti, è altresì estremamente frequente osservarepazienti con grave ipoacusia che non riferiscono alcunacufene.

Oltre alle più comuni cause e situazioni patologichea livello dell’orecchio in grado di generare la percezio-ne di acufeni, siano esse conseguenze ormai stabiliz-zate di un pregresso danno acuto o situazioni patologi-che persistenti e con possibile ulteriore evoluzione, a-nalizzeremo, nei paragrafi seguenti, anche possibilicause extra-otologiche, quali le disfunzionidell’articolazione temporo-mandibolare, le alterazionidella colonna cervicale, che spesso possono agire an-che sull’articolazione temporo-mandibolare stessa conmeccanismo riflesso, ed infine il possibile ruolo rap-presentato dall’ipossia notturna cronica causata da ap-nee notturne ostruttive, fenomeno spesso associato alrussamento abituale.

Nonostante per alcune delle patologie e cause cheverranno tra breve discusse, la correzione del disturbodi base, ove possibile, possa essere efficace nel tratta-mento di un acufene “sintomatico”, in generale è piut-tosto difficile che, una volta instauratosi un meccani-smo reattivo a livello neurologico, la sola terapia deldisturbo primario sia in grado di eliminare il problema,come invece è possibile ottenere con la Tinnitus Re-training Therapy che, indipendentemente dalla causascatenante, mira a modificare proprio i meccanismineurologici reattivi che rappresentano la vera “causa”del fastidio.

Ciò nonostante, salvo in condizioni di danno irrever-sibile ormai stabilizzato, come ad esempio in caso diun' ipoacusia improvvisa di vecchia data, è sempre im-portante identificare eventuali cause patologiche sotto-

stanti, non tanto (e non solo) per il trattamentodell’acufene in sé, quanto per prevenire ulteriori danniderivanti dal persistere della patologia.

Acufeni e trauma acustico

Il rumore, nella società moderna, ha senz’altro unruolo importante nella genesi di acufeni ed altri disturbiotologici ed extra-otologici, tra cui senz’altro lo stress,fattore senz’altro precipitante la cascata di eventi neu-rologici che possono rendere un acufene persistente efastidioso.

Il nostro orecchio è stato fortunatamente dotato diun meccanismo protettivo nei confronti dei rumori abrusca insorgenza, rappresentato dalla contrazione ri-flessa di un piccolo muscolo dell’orecchio, la stapedio,che si inserisce sulla staffa limitando la trasmissionedell’onda sonora all’orecchio interno. Purtroppo talemeccanismo fornisce una protezione molto limitata neiconfronti di intensità molto elevate e prolungate, an-dando incontro ad un progressivo affaticamento dellarisposta in breve tempo.

L’esposizione cronica o abituale (per motivi profes-sionali o spesso voluttuari – caccia, discoteca, concertirock, stereo ad alto volume…) a rumori di intensità piùo meno elevata comporta necessariamente un maggiorcarico di lavoro ed un maggior consumo metabolicodelle cellule cocleari che rende estremamente probabilela formazione di microlesioni in grado di provocare omeno una concomitante ipoacusia (generalmente limi-tata alle alte frequenze) che possono frequentementeassociarci alla percezione di acufeni.

Spesso il paziente in tali casi non è consciodell’associazione tra l’insorgenza dell’acufene (con osenza ipoacusia) e l’esposizione al rumore e la perce-zione dell’acufene stesso è in grado in tal caso di gene-rare la preoccupazione per qualche malattia sottostante,assente invece, quando l’acufene insorge in condizioninotoriamente correlata alla comparsa transitoria di acu-feni, come ad esempio una notte in discoteca. La con-sapevolezza che tale situazione patologica può esserecollegata all’esposizione cronica per motivi professio-nali al rumore genera invece, spesso, un senso di rabbiao di frustrazione che non di rado facilita lo sviluppo diuna reazione cerebrale, spesso alimentata dal desideriodi un indennizzo economico per il danno subito. E’ undato certo che l’acufene e l’ipoacusia si presentano ge-neralmente più invalidanti in un operaio, che attribui-sce (spesso fondatamente) il suo problema al rumore infabbrica, che non in un giovane musicista rock che nonpuò richiedere nessun indennizzo per il danno subito.

Diverso è il caso di brusca esposizione ad un rumoread elevata intensità (trauma acustico acuto) qualequello prodotto, ad esempio, dallo scoppio di un petar-do (il numero delle richieste di visita per acufeni au-menta nettamente, ogni anno, nei giorni immediata-mente seguenti la notte di Capodanno). In tal caso ilpaziente è perfettamente conscio della causa e la rea-zione cerebrale deriva semmai dalla paura di un dannoirreversibile che contrasta spesso con la situazione re-ale nella quale l’ipoacusia, a volte del tutto transitoria,

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recede dopo pochi giorni, mentre l’acufene, di intensitàsenz’altro ridotta, persiste nel tempo alimentato (con imeccanismi ben evidenziati dal modello neurofisiolo-gico) dalla paura di un danno uditivo invalidante.

Nei primi giorni immediatamente seguenti un trau-ma acustico, la somministrazione di sostanze antiossi-danti (melatonina, allopurinolo, acido ascorbico – vit.C) sembrerebbe essere in grado di impedire o ridurre ildanno cellulare irreversibile e di ottenere anche unarapida riduzione dell’acufene, ma tali trattamenti, e-ventualmente effettuabili anche mediante infiltrazionelocale, sono ancora in fase sperimentale.

Riteniamo però utile che un paziente che abbia su-bito un importante trauma acustico, dal quale sia deri-vato un acufene, con o senza una concomitante ipoacu-sia rilevabile dal paziente stesso, si rivolga subito allospecialista per tentare un eventuale trattamento medico.

Interessante è, comunque, il riscontro di una diversasuscettibilità al rumore in individui diversi sottopostiallo stesso stimolo acustico, sia esso un rumore isolatoad elevata intensità od una stimolazione abituale. E’probabile come vedremo anche a proposito della tossi-cità da farmaci, che tali differenze siano regolate a li-vello genetico. Non risultano correlazioni tra la suscet-tibilità al rumore e l’efficienza del riflesso stapedialenei soggetti normali.

Acufeni ed ipoacusia improvvisa neurosensoriale mo-nolaterale

L’insorgenza della percezione dell’acufene può es-sere concomitante ad un effettivo danno cocleare acuto,anche importante, che, se non adeguatamente ricono-sciuto e trattato precocemente (e spesso purtroppo an-che l’intervento terapeutico più tempestivo può esseredel tutto inefficace), può portare ad una sordità mono-laterale irreversibile di grado variabile. Talvolta con iltrattamento, o anche spontaneamente, l’ipoacusia puòrecedere pur persistendo l’acufene al quale, ovviamen-te, vista la concomitanza con un importante evento pa-tologico e la paura per la possibile causa sottostante oper l’irreversibilità (o ancor peggio, la progressione odil coinvolgimento dell'altro lato) del danno all’apparatouditivo il paziente tende ad attribuire particolare atten-zione facilitando lo sviluppo di una reazione di allarmepermanente con la conseguenza di una persistenza delfastido nonostante la risoluzione dell’ipoacusia.

Ogni sordità improvvisa comporta inoltre necessa-riamente la perdita di afferenze competitive (percezio-ne del rumore di fondo ambientale) dal latodell’orecchio colpito, facilitando la percezionedell’acufene stesso.

Generalmente comunque l’acufene da ipoacusia im-provvisa, così come quello da trauma acustico acuto,tende generalmente, in assenza di rinforzi emotivi checarichino l’acufene stesso di significato negativo, adattenuarsi progressivamente e talvolta a scomparirespontaneamente anche in assenza di alcun trattamento.

Le più frequenti cause di ipoacusia cocleare (neuro-sensoriale) improvvisa sono l’idrope endolinfatico, cheper le sue caratteristiche particolari, verrà discusso in

dettaglio nel prossimo paragrafo, le infezioni virali (al-cuni virus, in particolare quello della parotite epidemi-ca ma anche i comuni virus influenzali, possiedono unaspiccata predilezione per l’orecchio interno e per le fi-bre del nervo acustico), e gli eventi microcircolatori(microtrombosi dei vasi sanguigni con riduzione im-provvisa dell’apporto di sangue e ossigeno alla coclea).

Questi ultimi sono sicuramente più frequenti in sog-getti di età avanzata o con fattori predisponenti le pa-tologie circolatorie e cardiovascolari, che debbono intal caso essere identificati e corretti per prevenire e-ventuali futuri danni più seri a livello cerebrale o di al-tri organi.

In un paziente giovane e senza alcun fattore predi-sponente, colpito da ipoacusia improvvisa, è piuttostoinverosimile che possano essere in causa meccanismicircolatori mentre sembra più plausibile l’ipotesi virale,eventualmente verificabile a breve distanzadall’episodio acuto, mediante il dosaggio di anticorpispecifici per alcuni virus più frequentemente in causa.In questo caso l’evento, nonostante il danno funzionaleirreversibile, non deve destare alcuna preoccupazionenei confronti di future conseguenze vista la totale ca-sualità dell’evento, statisticamente ben difficilmenteripetibile.

E’ importante, inoltre, tener sempre a mente che unaipoacusia improvvisa può (seppur raramente) rappre-sentare la prima manifestazione clinica di un neurino-ma, neoformazione benigna del nervo acustico, patolo-gia che verrà discussa in un paragrafo successivo.

I protocolli di trattamento previsti per tali forme so-no estremamente variabili e rispecchiano generalmentele scarse conoscenze che abbiamo su tali situazioni.

Sebbene la sordità che ne deriva possa essere, in ef-fetti, irreversibile è importante sottolineare, anche inquesto caso, come la persistenza dell’acufene, e del fa-stidio da questo eventualmente derivante sia sempre inconnessione con i meccanismi reattivi cerebrali, su-scettibili di modifiche con la TRT anche a distanza dianni dall’episodio acuto.

Acufeni e idrope endolinfatico / malattia di Meniere

In questa sede ci limiteremo a fornire un breve cen-no su questa patologia invitando chi fosse interessatoad approfondire questo complesso argomento alla lettu-ra dell’apposito documento dedicato all’idrope endolin-fatico ed alla malattia di Meniere.

La malattia di Meniere è una patologia dell'orecchiointerno, caratterizzata da disturbi ricorrenti e fluttuantia carico di un orecchio (ipoacusia, acufeni, e senso diorecchio chiuso), che, nella forma più tipica, sono se-guiti dalla comparsa di una crisi vertiginosa intensa didurata variabile da circa 10 minuti a diverse ore, gene-ralmente accompagnata da intensi fenomeni neurove-getativi (vomito, nausea…). La patologia può però peranni essere limitata al porzione cocleare dell'orecchiointerno, e manifestarsi esclusivamente con sintomi acarico dell'apparato uditivo.

Tali episodi (attacco o crisi di Meniere) si presenta-no con andamento variabile e capriccioso, spesso in

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modo assolutamente imprevedibile. Nelle fasi iniziali,generalmente, il paziente è, al di fuori delle crisi, deltutto libero da qualunque sintomo ed in perfetta salute,sebbene disturbi transitori dell’apparato uditivo sianofrequenti anche in assenza di vertigine. Con il tempo, ilsusseguirsi degli episodi porta, in assenza di un oppor-tuno trattamento, ad una perdita progressiva della ca-pacità uditiva permanente ed irreversibile nell’orecchiocolpito, possibile peraltro, sebbene più raramente, sindai primi episodi, mentre le vertigini, dopo qualche an-no, diventano più frequenti ma più brevi e meno inten-se, fino a cessare completamente a causa del definitivodanno funzionale del labirinto.

Il meccanismo fisiopatologico alla base di tale pa-tologia è l’aumento di pressione e volume dell'endolin-fa (il liquido cocleare interno) definito "idrope endolin-fatico", che può manifestarsi, come già detto, anche inassenza di crisi vertiginose e tal volta anche solo con lacomparsa di un acufene occasionale o di intensità flut-tuante anche se il sintomo più comune dell’idrope en-dolinfatico è certamente il senso di ovattamento auri-colare ben definito con il termine inglese “fullness”,ovvero “pienezza”.

L’esperienza con numerosi casi di Meniere e con unelevato numero di pazienti seguiti per acufeni ci haportato ad azzardare l’ipotesi che alla base di ogni acu-fene monolaterale di intensità fluttuante, variabile, (as-sociato o meno ad altri sintomi) ci possa essere, fino aprova contraria, un idrope endolinfatico, e ad adottaredelle opportune strategie terapeutiche analoghe a quelleda noi applicate con successo per il trattamentodell’idrope endolinfatico o della malattia di Meniereconclamata, che ci permette in questi casi di ottenerespesso una netta riduzione se non la scomparsadell’acufene anche senza ricorrere alla TRT. Tale at-teggiamento si basa sulla considerazione che l’acufenedella malattia di Meniere sia diretta espressione dellapresenza dell’idrope ovvero un fenomeno acusticosquisitamente cocleare, e quindi in grado di regredirecon il cessare dell’alterazione dei liquidi cocleari, seb-bene anch’esso suscettibile di una reazione di allarme alivello cerebrale così come per ogni altro acufene.

L’idrope, ovvero, l’abnorme distensione dei liquididell’orecchio interno è, probabilmente, secondo la no-stra ipotesi, direttamente responsabile dell’acufene“tipico” della Meniere, per compressione cellulare estimolazione meccanica diretta delle cellule ciliate co-cleari, i recettori dell’orecchio interno. Ovvero, anchein assenza di una sorgente esterna, le cellule vengonostimolate, fisicamente, meccanicamente, dalla pressio-ne dei liquidi e generano quindi un impulso bioelettricoesattamente come in risposta ad un suono provenientedall’esterno. A sostegno di tale ipotesi sta anche lastretta correlazione tra la frequenza dell’acufene (gene-ralmente sulle basse frequenze) e la perdita uditivanelle fasi attive della malattia. La disponibilità di inda-gini particolari, quali l’elettrococleografia e le otoemis-sioni acustiche, ci permette, inoltre, spesso di fornireun supporto diagnostico a tale ipotesi in molti casi.

Ciò che è certo (ed è forse la prova più significativa)

è che, nella maggior parte dei casi, il trattamento ade-guato dell’idrope comporta anche la riduzione o lascomparsa dell’acufene a bassa tonalità nei pazientimenierici e che le recidive di idrope si accompagnanoad un ritorno o ad un aumento di intensità dell’acufene.

Per tale motivo non proponiamo al paziente conmalattia di Meniere, o con accertato o sospetto idropeendolinfatico, il trattamento con Tinnitus RetrainingTherapy, ma puntiamo al controllo diretto dell’idrope(quasi sempre possibile grazie al trattamento dietologi-co iperidrico da noi utilizzato con successo per talepatologia od ai trattamenti complementari da noi pro-posti) e solo successivamente, a malattia ormai stabi-lizzata, se necessario, ci avvaliamo della TRT.

Tutte le considerazioni sopra esposte si riferisconoal tipico acufene generalmente a bassa tonalità, di in-tensità fluttuante, ed in relazione con l’andamento “acrisi” della Meniere, e non all’acufene persistente e co-stante generalmente tipico delle fasi avanzate dellamalattia, che può essere considerato diretta espressionedel danno cocleare irreversibile e come tale trattabilesolo con la TRT una volta ottenuta la stabilizzazionedella malattia.

E’ importante sottolineare come in caso di acufenefluttuante che si presenti frequentemente e che persistaper un tempo superiore a pochi minutil’approfondimento delle indagini diagnostiche el’eventuale trattamento dell’idrope siano necessari an-che in essenza di particolare fastidio, soprattutto quan-do questo si associ ad un evidente senso di ovattamentoauricolare (orecchio chiuso) dallo stesso lato, per pre-venire l’evoluzione della patologia e la possibile insor-genza di un danno cocleare successivo o la comparsa(non obbligatoria, ma pur sempre possibile) di futurecrisi vertiginose.

Acufeni e ototossicità

Numerosi farmaci sono noti per il loro potenziale le-sivo sull’orecchio interno. L’elenco è molto lungo, mai più noti sono senza dubbio alcuni antibiotici (amino-glicosidi), per fortuna realmente necessari solo in casodi gravi infezioni (sebbene ancora oggi si tendaall’impiego sconsiderato di tali farmaci), ed alcunifarmaci utilizzati per la chemioterapia oncologica (ri-cordiamo in particolare il cisplatino).

Altri farmaci per i quali è stato riconosciuto un pos-sibile effetto ototossico sono l’acido acetilsalicilico (lacomune aspirina), ma solo a dosi elevate, alcuni diure-tici, ed chinino (farmaco utilizzato per la profilassi an-timalarica).

Oltre a numerosi altri farmaci anche altre sostanzenon farmacologiche, ad es. solventi chimici, possonoessere lesivi per l’orecchio.

Sebbene non si sappia ancora quanto tale fenomenosia attribuibile ai farmaci utilizzati od allo stress psico-fisico correlato all’intervento stesso sono descritti epi-sodi di acufeni comparsi in seguito ad anestesia gene-rale.

Alcune ricerche sembrano attribuire a fattori geneti-ci predisponenti la minore o maggior sensibilità della

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coclea al danno cocleare, come già visto anche a pro-posito della suscettibilità al rumore.

E’ importante ricordare che alcuni dei farmaci so-pracitati sono tossici anche per il labirinto posteriore,ovvero quella parte dell’orecchio interno coinvoltanella regolazione dell’equilibrio.

Il danno cocleare da farmaci ototossici si manifestacon ipoacusia neurosensoriale prevalente alle alte fre-quenze del campo uditivo, preceduta ed associata allacomparsa di acufeni, tende generalmente a progredirefino alla sospensione del trattamento, è spesso stretta-mente legato alla dose ed alla quantità di farmaco as-sunta nel tempo, può essere inizialmente reversibile,ma una volta definitivamente instauratosi non è più su-scettibile di alcun trattamento.

Recenti ricerche hanno però dimostrato un possibileruolo preventivo di alcuni farmaci (eventualmente uti-lizzabili localmente) nel proteggere le strutture coclearidalla tossicità da farmaci.

L’acufene da farmaci ototossici, come l’ipoacusia,può spesso regredire con la sospensione del trattamen-to.

Anche in tal caso, come per molte altre situazioni,non bisogna però dimenticare che spesso la persistenzadell’acufene è correlata anche al maggior livello distress psico-fisico ed allo stato di allarme al quale unpaziente con una patologia tale da richiedere un tratta-mento con farmaci ototossici è certamente sottoposto.Consideriamo ad esempio il caso di un paziente nelquale l’acufene sia comparso in seguito ad un tratta-mento chemioterapico per una neoplasia maligna. E’evidente che la persistenza dell’acufene è facilitatadalla sua correlazione cronologica con la grave patolo-gia per la quale è stato trattato che, per tale contempo-raneità, rappresenta un costante “promemoria” negati-vo, in grado di richiamare l’attenzione sulla condizionedi “malato” anche a distanza di anni dall’eventualeguarigione clinica della patologia primaria.

Acufeni e ipoacusia neurosensoriale progressiva

Un progressivo deterioramento bilaterale della fun-zione della coclea può riconoscere numerose cause ol-tre quelle già descritte.

L’identificazione della causa scatenante è in questicasi importante, più che per il trattamento dell’acufenestesso, per prevenire il progredire dell’ipoacusia quan-do sia possibile instaurare una opportuna terapia medi-ca preventiva.

Purtroppo, infatti, la caratteristica di cellule“perenni”, non suscettibili di rigenerazione, delle cel-lule cocleari, rende a tutt’oggi impossibile il recuperodi un danno cocleare ormai instauratosi, sebbene nellamaggior parte dei casi sia possibile ripristinare una va-lida funzione uditiva, con effetti positivi anchesull’acufene stesso, mediante una corretta protesizza-zione acustica.

Una delle ipotesi maggiormente studiate tra le pos-sibili cause di ipoacusia neurosensoriale rapidamenteprogressiva è quella autoimmunitaria.

Per autoimmunità intendiamo una particolare situa-

zione in cui l’organismo inizia a produrre anticorpicontro i propri tessuti od organi (auto-anticorpi), nonriconoscendoli più come propri, e trattandoli quindicome estranei, allo stesso modo in cui l’organismo puòreagire ad una infezione, ad una trasfusione di sanguedi gruppo sanguigno diverso o ad un trapianto.L’eventuale riscontro, attraverso opportune indagini, diuna possibile reazione autoimmune diretta contro lacoclea può giustificare il trattamento di tali forme concorticosteroidi od altri immunosoppressori. L’ autoim-munità sembra peraltro essere implicata anche in nu-merosi casi di malattia di Meniere.

Acufeni e otosclerosi

L'otosclerosi è una malattia della zona di confine tral'orecchio medio e l'orecchio interno che, nella formapiù frequente, porta al blocco progressivo della staffa ead ipoacusia trasmissiva ma che, meno frequentemente,può danneggiare anche le delicate strutture della cocle-a. La malattia tende ad essere in genere bilaterale, an-che se i due lati posso essere colpiti in epoche e conmodalità ed evoluzione differenti tra loro. La terapiadelle forme trasmissive è chirurgica (sostituzione dellastaffa con una microprotesi, stapedioplastica) mentrenon esistono al momento valide terapie per recuperarel’eventuale danno cocleare.

Cause, diagnosi e terapia di questa patologia sonotrattate in dettaglio in un apposito documento.

La presenza o meno di acufeni nell'otosclerosi è deltutto imprevedibile, sebbene si ritenga che la loro com-parsa possa far sospettare un interessamentodell’orecchio interno. Il meccanismo di produzionedell’acufene in tale patologia non è comunque ancoraben chiarito è non è possibile prevedere in anticipol’efficacia dell’eventuale intervento chirurgicosull’acufene stesso. Accanto a situazioni in cuil’acufene recede completamente con l’intervento stesso(verosimilmente grazie al recupero dell’udito) vi sononumerosi casi in cui un intervento perfettamente riu-scito dal punto di vista funzionale può essere del tuttoinefficace sull’acufene.

Particolarmente importante è quindi sottolineare chel’intervento chirurgico deve essere programmato solocon la finalità di un recupero uditivo e non quale trat-tamento dell’acufene.

In ogni caso il recupero dell’udito nell’otosclerosicome in ogni altra forma di ipoacusia trasmissiva, chepuò giovarsi della terapia chirurgica, deve essere con-siderato preliminare alla Tinnitus Retraining Therapymediante la quale potrà comunque essere trattato ogniacufene residuo. In alternativa alla chirurgia od in atte-sa di poter eseguire l'intervento, indicato solo in pre-senza di una marcata alterazione della funzione di tra-smissione dell'orecchio medio, può essere consideratal'applicazione di una protesi acustica.

Acufeni e cerume

Anche un banale tappo di cerume può determinare

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l’insorgenza di un acufene improvviso, accompagnatoda una improvvisa riduzione dell’udito dal lato colpitoe da un marcato senso di orecchio chiuso. Questi sin-tomi sono comuni a molte patologie dell’orecchio, piùo meno gravi, e pertanto ogni situazione che compaiaimprovvisamente deve essere sempre valutata urgen-temente dallo specialista, anche in considerazione deirischi di auto-diagnosticarsi un tappo di cerume ritar-dando, magari il trattamenti di una malattia di Meniereo di una ipoacusia improvvisa neurosensoriale che po-trebbe divenire irreversibile.

L’acufene “da tappo di cerume” recede con la sua a-sportazione ed è senza dubbio in tali casi legatoall’ipoacusia determinata dal tappo stesso che determi-na la perdita improvvisa delle afferenze competitiveambientali. L'eventuale persistenza dell'acufene dopo larisoluzione dell'ostruzione del condotto uditivo devefar pensare ad un'altra causa concomitante. In tal casol'acufene potrebbe essere stato "scoperto" a causa del-l'aggiunta del tappo di cerume e dei sintomi derivanti.

Non è raro che al nostro centro giungano pazienti incui l’acufene è stato scatenato proprio da un brusco la-vaggio auricolare per rimuovere il cerume.

Nella maggior parte dei casi tale fenomeno, desti-nato probabilmente ad essere transitorio, persiste pro-prio per l’intaurarsi di meccanismi reattivi centrali ali-mentati dalla paura che il lavaggio possa aver provo-cato danni irreparabili (il che non è praticamente maivero). Riteniamo comunque che la tecnica del lavaggiodebba essere definitivamente abbandonata in favoredelle manovre di pulizia strumentale ed aspirazione daeffettuare delicatamente sotto controllo visivo direttoutilizzando il microscopio otologico ambulatoriale.

Acufeni ed otite

Sebbene tale evenienza sia più rara, tutte le patolo-gie infiammatorie dell’orecchio esterno e medio posso-no accompagnarsi ad acufeni, che recedono general-mente con la risoluzione della patologia sottostante edell’ipoacusia concomitante.

Acufeni, russamento abituale ed apnee notturne

La presenza di apnee ostruttive durante il sonno, fe-nomeno generalmente associato al russamento abituale,è una situazione estremamente importante (e molto piùfrequente di quanto non si creda), che deve essere cor-rettamente diagnosticata e trattata per le conseguenzeanche gravi e perfino letali a carico di numerosi organied apparati che la cronica carenza di ossigeno (ipossianotturna) può determinare nel corso degli anni.L’argomento viene discusso in dettaglio, con i suoimeccanismi fisiopatologici, i sintomi che permettono disospettare tale situazione, gli accertamenti diagnostici ei trattamenti terapeutici necessari in un apposito docu-mento.

Già da tempo avevamo notato, presso il Centro diOtorinolaringoiatria, una associazione apparentementesignificativa dal punto di vista statistico tra russamento

ed apnee notturne da un lato, ipoacusia ed acufenidall’altro.

E’ probabile che tra i due tipi di disturbo ci possaessere, almeno inizialmente un nesso causale L’ipossia(carenza di ossigeno nel sangue) notturna cronica puòinfatti certamente alla lunga determinare dei danni alivello cocleare oltre a modifiche a livello delle retineurali delle vie uditive. Anche l'efficienza del filtrocerebrale potrebbe venire a ridursi a causa delle altera-zioni determinate dall'ipossia.

Un' adeguata concentrazione tissutale di ossigenopreviene la formazione di radicali liberi, sostanze tossi-che per le celllule, che oggi sono considerate i princi-pali responsabili dell'invecchiamento di organi e tessu-ti. In un certo senso, quindi l'associazione tra acufeni eapnee notturne può derivare a meccanismi simili aquelli che si verificano per la presbiacusia, con precoceinvecchiamento dell'apparato uditivo.

Oltre che esercitare un effetto diretto sulle cellulecocleari e sulle reti neurali, l’ipossia notturna cronicarappresenta, probabilmente, un fattore facilitantel’azione tossica di altri agenti lesivi quali il rumore ofarmaci ototossici.

Anche l'esposizione abituale ad un rumore intensoquale il russamento stesso, d'altronde, potrebbe, attra-verso il maggior consumo metabolico delle cellule co-cleari e con meccanismo simile a quello di qualunquerumore esterno, generare un danno cocleare progressi-vo. Le intensità alle quali l'orecchio di un russatore ècronicamente esposto sono, grazie alla trasmissioneinterna, ben maggiori di quanto non possa essere per-cepito da un ascoltatore esterno, e certamente tali dapoter rappresentare un agente lesivo per l'orecchio in-terno sprattutto considerata la maggior suscettibilitàdelle cellule cocleari a causa della stessa ipossia.

Presso il nostro Centro staimo attualmente avviandoun progetto di ricerca per identificare una eventualeassociazione tra russamento, apnee e stati ansioso-emotivi. Gli effetti dell'ipossia sul sistema nervosocentrale potrebbero infatti determinare una maggiorsensibilità delle reazioni di allarme, facilitando l'evolu-zione negativa dell'acufene e lo sviluppo del fastidio. E'certamente indubbio che la presenza di apnee abitualicomporta modifiche significative in vari distretti cere-brali, riducendo tra l'altro la capacità di concentrazioneed è evidente come ciò possa contribuire ad aggravarel'interferenza dell'acufene stesso nella vita quotidiana.

Tutte queste considerazioni non sono ancora stateconfermate a livello specifico e restano per ora validesolo a livello teorico. Ciò nonostante, per tutte le con-siderazioni sopra esposte, riteniamo opportuno in pa-zienti per i quali sia sospettabile tale evenienza inserirenel protocollo diagnostico uno studio del sonno me-diante ossimetria notturna o polisonnografia che cipermette di verificare l'effettiva presenza di apnee not-turne. L’identificazione di eventuali apnee notturne di-venta particolarmente importante per il possibile ag-gravamento delle apnee stesse quando vengano pre-scritti psicofarmaci tipo benzodiazepine o miorilassanti(utilizzati talvolta nel trattamento degli acufeni).

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In caso di conferma diagnostica, la risoluzione dellaapnee, che richiede spesso il ricorso a trattamenti chi-rurgici, potrebbe non solo essere facilitare il tratta-mento dell’acufene (associata alla TRT), grazie all'a-zione a livello del sistema nervoso centrale ma è senzadubbio necessaria per evitare conseguenze ben peggio-ri.

Acufeni e patologie psichiatriche

La prevalenza di disturbi di pertinenza psichiatricanei pazienti con acufeni, senz'altro elevata, è erronea-mente ritenuta conseguenza dell'acufene stesso, mentrenella maggior parte dei casi essa risulta antecedentesebbene spesso sottovalutata.

Non di rado in situazioni cicliche, come avviene peralcune particolari patologie, l'acufene accompagna inmaniera caratteristica il periodo di riacutizzazione dellamalattia, per poi ridursi o scomparire del tutto con ilsuperamento della fase critica.

Una patologia psichiatrica può coinvolgere diretta-mente le aree interessate dai meccanismi di elaborazio-ne e filtro dei segnali periferici determinando la man-cata soppressione di un segnale di per sé insignificanteo alterare la suscettibilità della reazione d'allarme delsoggetto, evidente ad esempio nei pazienti fobici, ipo-condriaci o affetti da attacchi di panico ricorrenti. Sutali concetti ci siamo già soffermati ma è importantesottolineare l'importanza di identificare queste situa-zioni patologiche, per non commettere l'errore di pun-tare al solo trattamento del sintomo (acufene), trascu-rando e sottovalutando la patologia (disturbo psichia-trico) che rappresenta la vera componente patologicanella vita del paziente stesso, spesso misconosciuta onegata e sulla quale deve essere indirizzato il tratta-mento primario. Dal punto di vista neurofisiologico undisturbo psichiatrico (dalla semplice transitoria situa-zione di stress temporaneo, fino a disturbi di portatamaggiore, comporta spesso il consumo esagerato dideterminati neurotrasmettitori (i messaggeri chimiciche permettono ai neuroni di comunicare tra loro), tra iquali ad esempio la serotonina. Tale "impoverimento"biochimico è perfettamente in grado di spiegare l'asso-ciazione tra cervello "psichico" ed acufeni ed anche lafrequente presenza di iperacusia, ovvero di una iper-sensibilità al rumore.

Spesso la responsabilità di una alterazione cerebralepsichiatrica, in assenza di qualunque patologia periferi-ca a livello dell'orecchio, nel determinare la percezionedi un'acufene o l'intolleranza al rumore è poco accettatadal paziente o dai suoi familiari.

Un esempio pratico è in grado di farci capire ancormeglio, se ve ne fosse bisogno, come l'alterazione delfiltro cerebrale sia in grado di rivelarsi con acufeni. Unsoggetto in stato di ebbrezza o reduce da notti "in bian-co" avverte in modo nettamente più accentuato rumori,luci, stimoli tattili, dolore ed altre sensazioni periferi-che a causa della transitoria inibizione dei meccanismidi soppressione selettiva di questi segnali. Basta pensa-re alla cefalea del "day after" dopo notti "esagerate", enon è da escludere (non ci risulta siano mai stati com-

piuti studi su qusto argomento che sarebbe senz'altrointeressante approfondire) che l'acufene da discotecasia in parte legato oltre che all'evidente trauma acusticoanche alla concomitante alterazione transitoria del fil-tro cerebrale causata dall'assunzione di alcoolici e dallaprivazione del sonno.

Possiamo comunque affermare, sulla luce della no-stra esperienza, che tutti i casi di acufene estremamenteinvalidante comportano sempre, accanto all’eventualecausa di insorgenza primaria, anche un substrato pato-logico a livello psico-emotivo, quasi sempre preesi-stente all’insorgenza dell’acufene stesso, con una bassasoglia aspecifica della reazione d’allarme. Quando talealterazione del filtro cerebrale sia tale da costituire unavera e propria patologia psichiatrica sarà impossibileattuare un protocollo di TRT senza aver prima agitodirettamente sulla patologia psichiatrica stessa che rap-presenta in tal caso, è importante ribadirlo, la vera con-dizione patologica sottostante.

Acufeni e neurinoma dell’acustico

Il neurinoma dell'acustico è un tumore benigno delnervo che trasporta le informazioni uditive e vestibolarial nostro sistema nervoso centrale (nervo stato-acusticoo VIII n.c.). Benigno istologicamente, viene conside-rato però pericoloso per la sua situazione interna alcranio, in prossimità di importanti strutture che posso-no essere danneggiate dalla sua crescita, per cui nell'e-venienza di tale diagnosi si rende necessaria nellamaggior parte dei casi l'asportazione chirurgica.

Il neurinoma rappresenta una delle patologie più te-mute dai pazienti con acufeni (anche per l'errata infor-mazione da parte di medici), ed in questa sede è im-portante ribadire alcuni concetti fondamentali, già in-trodotti in precedenza, per spiegare come sia ingiustifi-cato temere in modo eccesivo questo pericolo.

Non si tratta di una patologia misteriosa e difficileda individuare: un corretto protocollo diagnostico chepreveda l'impiego di accertamenti in grado di studiaretutto l'apparato uditivo, e quindi anche la funzione delnervo acustico, mediante i potenziali evocati uditivi,associato ad una accurata raccolta dei sintomi ,permettesempre di individuare quali casi debbano essere ulte-riormente studiati con una risonanza magnetica (laTAC, lo ricordiamo, non è sufficiente) per escluderedefinitivamente tale possibilità.

Nella nostra notevole casistica (superiore al mo-mento di questa pubblicazione ai 500 casi solo negliultimi due anni) non abbiamo MAI, nonostante l'atten-zione diagnostica ed il frequente ricorso per ogni casosospetto alla diagnostica per immagini (risonanza) ri-scontrato un neurinoma dell'acustico in pazienti in cuil'acufene fosse l'unico sintomo, ed in particolare è rigo-rosamente da escludere che tale neoformazione possamanifestarsi con un acufene bilaterale od in testa.

Un acufene presente da tempo senza altri sintomi,quali vertigini o disturbi dell'equilibrio od una ipoacu-sia neurosensoriale dallo steso lato, quasi sicuramente(il "quasi" è eliminabile con una seria valutazione dia-gnostica), non è da attribuire ad una neoformazione del

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nervo acustico.Il neurinoma è un lesione a lentissima crescita per

cui è totalmente ingiustificato anteporre agli accerta-menti diagnostici audiologici una risonanza magnetica,ai fini di una diagnosi precoce, visto che nulla può ac-cadere qualora si ritardasse di qualche mese (non anni!)la diagnosi. I potenziali evocati uditivi, se corretta-mente eseguiti ed interpretati, rappresentano un accer-tamento altamente affidabile per escludere tale possi-bilità, e anche nel raro caso in cui un piccolo neurino-ma che si sia rivelato con un acufene monolaterale daqualche mese, con alterazioni così limitate da non poteressere ancora rilevabili con questo esame, venisse mi-sconosciuto il suo eventuale riscontro al momento dellacomparsa di nuovi sintomi a breve distanza non costi-tuirebbe in alcun modo un fattore di aggravamentodella patologia stessa.

Qualunque alterazione del nervo acustico, e non soloquindi un tumore, può determinare una alterazione deipotenziali evocati uditivi, giustificando così la richiestadi un approfondimento con una risonanza magnetica.La richiesta di questo esame non significa che lo spe-cialista sia convinto di trovare un neurinoma, ma soloche è doveroso completare le indagini per escluderlovisto il riscontro di una anomalia a livello del nervoacustico.

Infine, il neurinoma, seppur effettivamente presenteè una lesione benigna e curabile.

Ovvero: è rarissimo se non estremamente improba-bile nei pazienti nei quali l'acufene sia l'unico sintomorilevabile, facilmente diagnosticabile ed escludibile, alenta crescita e soprattutto, anche qualora presente, cu-rabile. Deve però essere rigorosamente escluso concertezza in ogni paziente con acufeni, senza che al pa-ziente resti la più piccola ombra di dubbio per evitareche una persistente reazione di allarme renda inattua-bile qualunque trattamento dell'acufene stesso.

In conclusione, il neurinoma deve essere la prima i-potesi che il medico deve escludere di fronte ad un pa-ziente con acufene monolaterale di recente insorgenzasenza altri sintomi e soprattutto quando questo si associad una concomitante riduzione progressiva dell'uditodal lato dell'acufene, ma sicuramente l'ultima che devepreoccupare il paziente.

Acufeni e conflitti neurovascolari

I nervi cranici sono i cordoni di fibre nervose checollegano il nostro cervello con la periferia del distrettocranio-cervicale. In numero di dodici per lato vengonogeneralmente distinti in nervi sensitivi o sensoriali, lecui fibre trasportano le informazioni dalla periferia alcentro (sensibilità cutanea, dolore, vista, olfatto, gusto,equilibrio e naturalmente, udito) e nervi motori che tra-sportano i comandi di movimento dal centro alla peri-feria (ad esempio i movimenti della muscolatura dellafaccia, degli occhi, della bocca o della lingua).

Nel loro decorso dal sistema nervoso centrale (tron-co dell'encefalo) alla periferia extracranica, che rag-giungono dopo aver attraversato le pareti ossee del cra-nio, vengono frequentemente in contatto con vasi san-

guigni (arterie e vene).Per cause ancora oggi poco conosciute, uno o più di

questi vasi sanguigni possono alterare la funzione delnervo, danneggiandone la guaina di rivestimento e ve-nendo a creare una situazione conosciuta come " co n - flitto neurovascolare ".

Per molte patologie un tempo considerate "idiopati-che" (a causa sconosciuta), ad esempio la nevralgia deltrigemino e lo spasmo emifacciale, è stato con certezzariconosciuto tale meccanismo e sono stati proposti effi-caci interventi neurochirurgici (decompressione neuro-vascolare) volti ad impedire in modo permanente ilcontatto tra il vaso ed il nervo.

Per analogia, tale ipotesi è stata applicata anche adaltre situazioni cliniche quali alcune sindromi vertigi-nose e, ovviamente, acufeni, e certamente non si puòescludere che alcune forme di acufeni riconoscano que-sto meccanismo in grado di generare, a livello del ner-vo acustico, l'abnorme stimolo bioelettrico percepitodal paziente come acufene.

Purtroppo, a differenza delle patologie già citate acarico del nervo trigemino e facciale, le alterazioni del-l'apparato uditivo (e gli acufeni in particolare) ricono-scono numerose altre possibili cause e, d'altra parte,non esiste ancora oggi alcun esame in grado di farciaffermare con certezza che un eventuale conflitto neu-rovascolare evidenziabile con una risonanza magnetica,per quanto accurata, sia effettivamente responsabile deldisturbo.

L'entità della procedura chirurgica (si tratta pursempre di un intervento di neurochirurgia) non per-mette certo di effettuare una decompressione neurova-scolare come "tentativo", e le caratteristiche stesse deldisturbo che le implicazioni psicologiche che derive-rebbero da un eventuale fallimento, sconsigliano cer-tamente, almeno per il momento l'applicazione di taleipotesi di trattamento eclusivamente allo scopo di ri-solvere un acufene.

E' importante però precisare che il conflitto neuro-vascolare non è di per sé una situazione pericolosa, perla quale vi sia un obbligo di cura, e che pertanto il fattoche tale ipotesi non possa essere confermata od esclusacon certezza in nessun paziente non deve destare alcu-na logica preoccupazione.

Sebbene quindi un conflitto neurovascolare possasenz'altro essere all'origine di alcuni casi di acufene,anche quando tale ipotesi sia supportata dal riscontro diuna marcata alterazione del nervo acustico evidenzia-bile con i potenziali evocati uditivi associata alla vi-sualizzazione di un possibile conflitto tra vasi e nervialla risonanza magnetica, necessaria in questo caso perescludere la presenza di un neurinoma, non è possibile,al momento, a nostro giudizio, porre indicazione per unintervento di decompressione neurovascolare

Acufeni ed iperattività centrale compensatoria nel pa-ziente ipoacusico

A tutte queste cause "periferiche" di insorgenza diacufeni deve certamente essere aggiunta un'altra possi-bilità, overo che l'acufene e l'iperacusia, in un paziente

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affetto da una riduzione della capacità uditiva mono- obilaterale, causata da una patologie dell'orecchio, deri-vino dall'iperattività compensatoria messa in atto dallevie uditive centrali per tentare di recuperare la ridottatrasmissione del segnale in periferia, cioè a livello del-l'orecchio. Le vie uditive, in parole povere, si sforze-rebbero di più in presenza di una alterazione dell'orec-chio. Allo stempo tempo l'attenzione specifica del pa-ziente verso l'apparato uditivo, nel tentativo di captaremeglio suoni e parole verrebbe ad aumentare contri-buendo certamnete in modo maggiore alla captazionedell'acufene.

E' probabile, come già detto che questo adattamentocentrale, possibile causa di acufene ed iperacusia, siaregolato anche a livello periferico attraverso l'invio,dalla coclea al cervello, in condizioni normali, di se-gnali inibitori, che verrebbero a mancare in caso dipatologia cocleare o del nervo acustico.

Tale possibilità spiega i benefici ottenibili con laprotesizzazione acustica nell'ambito della TRT (ne ri-parleremo al momento opportuno), per i pazienti conconcomitante ipoacusia.

Gli acufeni “oggettivi”

Come abbiamo già visto i meccanismi di insorgenzadei cosidetti acufeni oggettivi, almeno per quanto ri-guarda lo stimolo in grado di determinarne la comparsasono del tutto differenti da quelli dell’acufene“soggettivo” del quale ci siamo occupati fin’ora, e chericonosce quale sorgente primaria nella maggior partedei casi l’orecchio o le vie uditive all’interno del siste-ma nervoso centrale.

Gli acufeni oggettivi sono in effetti veri e propri ru-mori generati in prossimità di un orecchio in grado dipoterli realmente percepire. Anche in questo caso è pe-rò importante ricordare che il fastidio da questi deter-minato non è esclusivamente legato alla loro intensità,bensì al significato che tali rumori assumono per il pa-ziente.

Sin d’ora è importante precisare che, una volta e-scluse eventuali patologie sottostanti, la Tinnitus Re-training Therapy è applicabile, con le opportune modi-fiche, anche a questi tipi di acufeni “oggettivi” poichésebbene i meccanismi che ne determinano l’insorgenzasiano completamente differenti, la successiva evolu-zione della semplice percezione verso un vero e pro-prio “fastidio” segue quanto postulato dal modello diJastreboff. Quando quindi non sia possibile individuareod eliminare la sorgente responsabile del rumore pe-riauricolare, anche i pazienti affetti da questo particola-re tipo di acufeni (che rappresentano comunquesenz’altro una percentuale minore) possono essere ade-guatamente trattati con la TRT.

Schematicamente i rumori periauricolari od endoau-ricolari possono essere distinti in rumori meccanici erumori vascolari .

I primi possono presentarsi con caratteristiche e-stremamente variabili (ronzio, fruscio, vibrazione, cre-pitio..) mentre caratteristica peculiare dell'acufene di

origine vascolare è la pulsazione sincrona con il battitocardiaco, per cui l'acufene stesso varia con le modifica-zioni della frequenza cardiaca stessa.

E’ importante tener presente che un acufene che sipresenti con caratteristiche di vibrazione o pulsazione èsempre correlabile ad una effettiva sorgente peri o en-doauricolare non essendo tale caratteristica tipica di unsegnale bioelettrico. Quale unica eccezione a questopostulato si debbono ricordare i conflitti neurovascola-ri, ai quali abbiamo già accennato, sulla cui esatta di-namica conosciamo ancora poco.

E’ altresì importante considerare che le stesse causein grado di determinare un acufene oggettivo (ad e-sempio le alterazioni funzionali dell’articolazione tem-poro-mandibolare o delle rachide cervicale, alle qualiaccenneremo tra poco) sono talvolta in grado di agirecon un meccanismo “neurogeno” non dissimile daquanto visto per gli acufeni soggettivi.

I rumori endoauricolari e periauricolari di originemeccanica

Nell’ambito dei rumori meccanici una delle causepiù frequenti è rappresentata dalle alterazionidell’articolazione temporo-mandibolare, ma anche alte-razioni della colonna cervicale o altri meccanismi me-no comosciuti possono essere all'origine di questo tipodi acufeni.

Acufeni ed articolazione temporo-mandibolare (ATM)

Sebbene una relazione tra disturbi otologici (nonsolo acufeni ma anche ipoacusia e disturbidell’equilibrio) ed alterazioni dell’articolazione tramandibola e cranio (articolazione temporo-mandibolare) sia già stata descritta da oltre 70 anni daCosten, i meccanismi sottostanti tale relazione non so-no ancora stati completamenti precisati.

Ciò che sappiamo è che stimoli a partenzadell’articolazione possono determinare l’insorgenza ela percezione di acufeni con meccanismi differenti.

La presenza di un legamento (legamento mandibolo-malleolare) tra il martello (il primo dei tre ossicinidell’orecchio - in latino "malleus") e l’articolazione èstata riconosciuta da tempo ed è in grado di spiegare inmodo meccanico la comparsa di acufene o la sua modi-fica in relazione a movimenti della mandibola stessa incondizioni patologiche. La vibrazione del martello sitrasmetterebbe in tal caso all’orecchio interno (cosìcome per altro stimolo sonoro) e verrebbe percepitacoscientemente.

L’origine “meccanica” dell’acufene potrebbe poi es-sere legata alla presenza di superfici in attrito a livellodell’articolazione stessa od agli stretti rapporti tral’articolazione e la muscolatura che determinal’apertura della tuba di Eustachio, il condotto di venti-lazione della cassa del timpano.

In tali casi puramente “meccanici” la correzione deldisturbo o della vera e propria patologia articolare puòessere in grado di eliminare l’acufene e, pertanto, tale

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possibilità deve essere sempre presa in considerazione.Talvolta sospettare la responsabilità dell’ATM nella

genesi di un acufene è semplice, soprattutto quandoquesto compare o si modifica con movimenti dellamandibola, o quando siano associati altri possibili di-sturbi quali dolore, lievi disturbi dell’equilibrio, o segnirilevabili dallo specialista quali malocclusione dentaria,asimmetrie alla palpazione, clicks di apertura ausculta-bili.

Talvolta poi l’associazione cronologica dell’acufenepoco dopo interventi odontoiatrici rende ancora più a-gevole l’identificazione della causa primaria del distur-bo. Non deve peraltro essere dimenticato, sebbene talefattore sia spesso trascurato, che anche il rumore gene-rato dalla turbina odontoiatrica è in grado, talvolta, digenerare microdanni cocleari anche senza che vengacreata alcuna modifica “scatenante”.

Ma a complicare le cose nel valutare un paziente conacufene associato ad una possibile disfunzionedell’ATM subentrano due fattori importanti:

Le disfunzioni dell’ATM sono spesso correlate a fe-nomeni di stress abituale, poiché questo può determina-re contrazioni della muscolatura masticatoria e conl’abitudine di digrignare i denti, soprattutto durante ilsonno (bruxismo). Lo stress potrebbe peraltro favorirein modo diretto lo sviluppo di una reazione d’allarmeaccentuata favorendo in modo significativo lo sviluppodel fastidio derivante dall’acufene stesso.

Alterazioni dell’articolazione temporo-mandibolarepossono inoltre generare la percezione dell’acufene at-traverso l’invio di un segnale al sistema nervoso cen-trale che, a sua volta, attraverso connessioni non ancoraben conosciute con le vie nervose centrali uditive puòdeterminare una alterazione bioelettrica, che verrebbeeinterpretata come acufene. In tal caso l’acufene che nederiva non sarebbe di natura meccanica ma un fenome-no bioelettrico, assimilabile agli acufeni “soggettivi”,che, una volta instauratosi, può procedere e scatenare lacatena di eventi in modo del tutto indipendente dallapersistenza o meno dell’anomalia a livello della arti-colazione temporo-mandibolare stessa ed essere sucet-tibile di trattamento solo mediante la TRT e non con lacorrezione esclusiva della patologia periferica.

A tutto ciò si deve aggiungere la frequente associa-zione tra disturbi del sonno (quali la presenza di apneenotturne, il cui ruolo è già stato analizzato in preceden-za) malocclusione e bruxismo, ed indirettamente quinditra le apnee, le disfunzioni dell’ATM e l’acufene.

Possiamo quindi concludere che le relazioni traATM e acufene non sono solo di ordine squisitamentemeccanico ma possono implicare anche meccanismineurologici, il che spiega la possibilità che il solo trat-tamento della disfunzione stessa mediante bite od altritrattamenti ortodontici spesso in grado di risolverel’acufene, nonostante l'efficacia del trattamento stessosul disturbo dell'articolazione, ferma restando la cor-rettezza della diagnosi.

In base a tale considerazione riteniamo opportunoun trattamento ortodontico in pazienti con evidenti se-gni obiettivi di alterazioni occlusive o dell'ATM solo inpresenza di una disfunzione temporo-mandibolare tale

da creare successivi problemi o che si sia già manife-stata con altri sintomi per i quali sia necessario un trat-tamento. Non riteniamo opportuna la prescrizione delbite o, peggio, di ingiustificate molature od estrazionidentarie al solo scopo di risolvere l'acufene.

Acufeni ed alterazioni del rachide cervicale

Anche alterazioni cervicali, quali ad esempio quelleconseguenti ad un colpo di frusta possono essere re-sponsabili della genesi dell’acufene, o attraversol’invio di stimoli abnormi al sistema nervoso centrale,come già visto per le disfunzioni dell’articolazionetemporo-mandibolare, oppure attraverso possibile a-nomalie secondarie dell’ATM stessa che oggi sappia-mo essere in relazione dal punto di vista funzionale conil rachide cervicale.

Anche in questo caso l’alterazione non deve neces-sariamente essere espressione di una vera e propriapatologia ma può comparire secondariamente a situa-zioni di stress che determinino anomale tensioni dellamuscolatura cervicale.

Un caso particolare è rappresentato dagli acufeni e-sito di "colpo di frusta" dove certamente lo stress acutoprocurato dall'evento traumatico (quando non si ag-giungano vere e proprie "sindromi da indennizzo assi-curativo") contribuisce in modo rilevante all'insorgenzadel disturbo.

Indubbiamente non è da escludere che alcune formedi acufeni possano essere trattate adeguatamente (rien-tra anche nella nostra esperienza diretta) con farmaciad azione rilassante sulla muscolatura o anti-infiammatori sebbene le basi neurofisiologiche di talepossibile successo non siano ancora ben delineate.

Dal punto di vista diagnostico però, non hanno nes-suna affidabilità, le normali indagini radiologiche poi-ché il problema insorge semmai a livello muscolare e enon a livello delle vertebre, gli unici elementi eviden-ziabili con l'esame rx diretto.

Acufeni e clono dei muscoli endoauricolari e perituba-rici

Meritano di essere almeno accennati due altri mec-canismo meno conosciuti in grado di generare sicura-mente la percezione di un rumore meccanico endo- operi-auricolare.

All'interno del nostro orecchio agiscono due piccolimuscoli che hanno il compiti di modificare la resisten-za del sistema timpano-ossicini nei confronti di rumoridi elevata intensità: il muscolo stapedio ed il tensoredel timpano.

Come tutti i muscoli del nostro corpo anche questipiccoli muscoli endoauricolari possono essere soggettia contrazioni ritmiche involontarie (clono), che posso-no determinare una vibrazione della catena degli ossi-cini percepibile dal paziente e spesso registrabile me-diante la sonda con l'esame impedenzometrico. Un acu-fene con caratteristiche di vibrazione (tipo un motorinoo "un gatto che fa le fusa"), costamente presente od in

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risposta all'esposizione al rumore, e rivelabile obbietti-vamente all'impedenzometria, può giustificare la sezio-ne dei muscoli dell'orecchio medio attraverso una pic-cola procedura chirurgica che potrà spesso in tal casoessere risolutiva.

Un meccanismo analogo può però verificarsi ancheper spasmi della muscolatura peritubarica e del palatomolle, che determinano l'apertura della tuba di Eusta-chio, il condotto che collega la cavità timpanica con lospazio retrostante le fosse nasali (rinofaringe). La dia-gnosi richiede, in questo caso, una conferma direttadella vibrazione (osservabile in endoscopia) ed un e-ventuale studio elettromiografico (ovvero la registra-zione elettrica dell'attività del muscolo).

Si tratta comunque di evenienze piuttosto rare, chemeritano però di essere conosciute.

I rumori di origine vascolare (acufene pulsante)

Sono senza dubbio attribuibili ad una origine va-scolare (flusso di sangue) tutti gli acufeni che si pre-sentino come pulsazioni in sincronia con il battito car-diaco, coincidenza facilmente rilevabile anche dallostesso paziente.

Alcuni parametri particolari possono essere impor-tanti per definire le caratteristiche di un acufene pul-sante, tra le quali l'auscultabilità (ovvero la capacità dipercepire la pulsazione con un fonendoscopio), e la ca-pacità di modificare l'intensità dell'acufene con varia-zioni della posizione del corpo, la rotazione della testao con la compressione dei vasi del collo.

Accanto a situazioni non necessariamente patologi-che, un acufene poulsante può talvolta essere detremi-nato da cause importanti che debbono essere adegua-tamente identificate o escluse dallo specialista.

A differenza degli acufeni soggettivi o meccaniciche non sono praticamente mai espressione di una pa-tologia grave, ogni acufene pulsante deve infatti esserevalutato con sospetto e portare ad indagini quali la ri-sonanza magnetica con contrasto angiografico, l'eco-doppler o la consulenza angiologica, cardiologica oneurochirurgica, apparentemente sproporzionate al di-sturbo stesso ma necessarie per escludere possibili si-tuazioni pericolose.

E' però altresì vero che, nella maggior parte dei casi,l'acufene pulsante può essere solo espressione di unaabnorme posizione congenita di un vaso sanguigno (adesempio carotide o bulbo della giugulare "alti"), o dellapersistenza di piccoli vasi sanguigni embrionali all'in-terno dell'orecchio (ad esempio l'arteria stapediale, chenormalmente scompare alla nascita o nella prima in-fanzia). L'apparente incongruenza tra una causa conge-nita e la sua manifestazione in età avanzata può esserespiegata con un' eventuale transitoria riduazione di atti-vità del filtro cerebrale, così come già visto a propositodegli acufeni in generale, tale da permettere la perce-zione di un fenomeno prima inapparente. La logicapreoccupazione nei confronti di un disturbo ritenuto"nuovo" giustifica poi, in base al modello neurofisiolo-gico già ampiamente discusso in alti capitoli, la persi-stenza della percezione dell'acufene stesso.

In altri casi la pulsazione può essere legata a realimodifiche della dinamica circolatoria o del flusso va-scolare, possibili a qualunque età.

L'ipertensione arteriosa (la comune ipertensione) ègià di per sé, senza dubbio, in grado di rivelarsi in al-cuni pazienti con questo sintomo, così come stati in-fiammatori dell'orecchio come l'otite o l'otosclerosi,che determinino un aumentato apporto di sangue all'o-recchio stesso.

Nei paragrafi seguenti si accennerà a due condizionipatologiche rare (l'ipertensione endocranica benigna e itumori glomici) ma sicuramente importanti e perfinopericolose che possono essere responsabili di una acu-fene pulsante. Deve però essere ben chiaro che i pa-zienti affetti da tale disturbo non debbono in alcun mo-do ritenere che il loro problema sia certamente espres-sione di una grave patologia, che così come per ogniacufene, può essere accuratamente esclusa da una cor-retta valutazione diagnostica.

L'ipertensione endocranica benigna , definita anchecome "pseudotumor cerebri", ovvero "falso tumore ce-rebrale" è una situazione causata dall'abnorme aumentodi pressione all'interno del cervello. Decisamente piùfrequente nel sesso femminile tra i 20 e i 50 anni ed iparticolare in presenza di obesità o sovrappeso, puòportare se misconosciuta a paralisi dei movimenti dilateralizzazione dell'occhio (paralisi del VI nervo cra-nico) o ad alterazioni irreversibili della vista, sebbenela corretta riduzione della pressione intracranica conopportuna terapia sia perfettamente in grado di scon-giurarne l'evoluzione. Oltre che l'acufene pulsante(monolaterale o bilaterale) i sintomi possono includerecefalea, nausea e vomito, come per qualunque iperten-sione endocranica.

I tumori glomici (o chemodectomi) sono neoplasiebenigne che si originano dai cosiddetti chemorecettori,particolari sensori diffusi lungo il corpo in grado di a-nalizzare il contenuto del sangue. Nonoste la loro beni-gnità istologica i tumori glomici originati all'internodell'orecchio (tumore glomico timpanico) od in pros-simità di questo (tumore glomico giugulare), oltre amanifestarsi con acufene pulsante, dovuto all'aumen-tato flusso di sangue, possono portare ad ipoacusia,parlisi del facciale ed interessamento di altri nervi cra-nici. All'esame otoscopico un tumore glomico può es-sere evidenziato come una massa pulsante violacea obluastra visibile attraverso la membrana del timpano.

Il protocollo diagnostico del Centro di Oto-rinolaringoiatria

L'accurata valutazione diagnostica del paziente conacufeni è un passo fondamentale preliminare a qualun-que trattamento e già da sola, se seguita da idoneespiegazioni, assume anche un significato terapeutico,riuscendo spesso a ridurre la reazione d'allarme del pa-ziente, e a rompere l'associazione tra acufene e perico-lo, grazie alla possibilità di escludere od accertare concertezza qualunque causa patologica sottostante.

Anche se ciò dovrebbe essere la regola (e nel nostro

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Centro lo è) per ogni patologia o disturbo che porti unpaziente a richiedere una visita specialistica, la neces-sità di una valutazione non superficiale è quindi ancoramaggiore del solito nel paziente con acufeni. Non sideve infatti dimenticare il ruolo negativo che una enne-sima esperienza frustrante o diagnosi affrettate possonoavere in questa particolare categoria di pazienti, speeogià provati non solo dal disturbo ma anche da un'iter divisite frettolose ed inconcludenti o "viaggi della spe-ranza" alla ricerca di una soluzione al loro problema"così poco conosciuto" e "senza speranza", senza di-menticare la predisposizione ansioso-emotiva dellamaggior parte dei pazienti affetti da questi disturbi.

Ma allo stesso tempo sarebbe un 'errore allargare inmodo indiscriminato le indagini diagnostiche, solo perdare al paziente la sensazione che sono stati eseguititanti esami. Un protocollo diagnostico per acufeni devequindi essere in grado di rispondere ad una serie didomande precise e di fornire risposte utili non solo almedico ma anche al paziente stesso. E, come già piùvolte ripetuto, a poco servirebbe effettuare indagini mi-rate senza fornire adeguate spiegazioni al paziente (an-che questo, in realtà, dovrebbe essere la regola in ognivisita) sulle informazioni che tale esame ci ha fornito.

E' d'altronde impossibile tranquillizare il pazientesull'assenza di una patologia senza aver prima verifi-cato che ciò sia vero.

Il nostro protocollo diagnostico prevede diverse fasi.Inizialmente, con l' anamnesi vengono indagate, comeper qualunque altra patologia, le caratteristiche delsintomo (acufene verosimilmente soggettivo, pulsazio-ne o vibrazione, presenza costante o fluttazioni), l'epo-ca di comparsa, gli eventuali fattori associati, la con-comitante presenza di ipoacusia, ecc…

Particolare attenzione viene data, mediante la com-pilazione di speciali questionari all'impatto dell'acufe-ne, dell'eventuale ipoacusia, e, se presente, dell'ìpera-cusia (l'intolleranza al rumore), nella vita quotidianadel paziente. Le risposte fornite verranno ricontrollatesuccesivamente al termine della valutazione diagnosti-ca, ed è significativo riscontrare come spesso, dopo a-ver avuto un riscontro diretto e palese dell'assenza diqualunque alterazione o sufficienti spiegazioni in me-rito, lo stesso paziente tenda già a ridurre il giudiziosull'effettivo fastidio. L'uso dei questionari specifici,oltre ad essere parte integrante della valutazione preli-minare dei candidati alla TRT, permette un agevolevalutazione dei progressi ottenuti con la terapia neisuccessivi controlli periodici.

Ovviamente, in tutti i pazienti viene eseguito l'esameobiettivo dell'orecchio ( otoscopia ), se necessario me-diante microscopio otologico ambulatoriale.

Il protocollo diagnostico proseguirà poi in modo dif-ferente, in base al tipo di percezione riferita, a secondacioè che l'acufene appaia di verosimile origine bioelet-trica (cosidetto acufene "soggettivo", oppure si presenticon caratteristiche di pulsazione o vibrazione, tali dafar sospettare un'origine vascolare o meccanica ed unaeffettiva sorgente sonora endo-auricolare o peri-auricolare.

La valutazione diagnostica degli acufeni "soggetti-vi" di probabile origine bioelettrica.

In caso di acufene di probabile origine bioelettrica(acufene "soggettivo") viene effettuata sistematica-mente una batteria di indagini audiologiche che ci per-mettono di studiare la funzione di ogni settore dell'ap-parato uditivo, e di determinare la presenza od assenzadi alterazioni funzionali sia a livello dell'apparato ditrasmissione, che della coclea, del nervo acustico e per-fino delle vie e dei centri a livello del sistema nervosocentrale.

La pervietà del condotto uditivo e le condizioni dellamembrana del timpano vengono valutate con l'esameobiettivo (otoscopia), necessariamente effettuato intutti i pazienti.

L' esame audiometrico ci permette di valutare la ca-pacità uditiva del paziente oltre a fornirci informazioni,in caso di ipoacusia sulla sede dell'alterazione (ipoacu-sia trasmissiva o neurosensoriale). In presenza di unaconcomitante perdita uditiva, l'esame viene integratocon l' audiometria vocale , studiando la capcità del pa-ziente di discriminare le parole a varie intensità, ed e-ventualmente anche in presenza di un rumore competi-tivo.

L' impedenzometria ci consente uno studio accuratodella funzione di trasmissione e dell'orecchio medio(membrana del timpano ed ossicini).

Lo studio dello otoemissioni acustiche e dei prodottidi distorsione ci consente di riconoscere minime altera-zioni delle cellule cocleari, che seppur non in grado dideterminare una risuzione dell'udito, possono, come giàvisto essere responsabili della genesi dell'acufene.

L' elettrocleografia è un'indagine fondamentale pervalutare l'attività bioelettrica dell'orecchio interno e ri-conoscere precocemente un eventuale idrope endolin-fatico (alterazione dei liquidi cocleari).

I potenziali evocati uditivi del tornco encefalico , in-fine, ci forniscono informazioni sulla corretta trasmis-sione del segnale a livello del nervo acustico e delle vieuditive centrali.

Ricordando il funzionamento dell'apparato uditivo,descritto all'inizio di questo documento, è evidente co-me la successione di queste indagini sia in grado di a-nalizzarne ogni minima parte, il che non è certamentepossibile limitandosi al solo esame audiometrico ed alsemplice riscontro di una normale capacità uditiva. Trapoco affronteremo in dettaglio metodiche e significatodi ciascuna delle indagini citate, ma nonostante tutte leindagini audiologiche, la particolare complessità deimeccanismi fisiopatologici che sottostanno alla basedegli acufeni soggettivi e dell'iperacusia rendono insuf-ficiente una valutazione limitata alla solo studio fun-zionale dell'apparato uditivo.

Sebbene tale indagine non abbia alcun valore ai finiterapeutici, lo studio delle caratteristiche psicoacusti-che dell'acufene (in particolare la frequenza - suonograve o acuto), definito "acufenometria" si è rivelatoinfatti nella nostra recente esperienza importante, inassociazione con altre indagini, per identificare le cau-se sottostanti, a dispetto di quanto da noi stessi ritenuto

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fino a qualche tempo fa.Lo studio del campo dinamico uditivo, valutando la

soglia del fastidio per ciascun orecchio ed alle variefrequenze è invece importante per valutare l'entità diun' eventuale iperacusia.

La soglia per il rumore bianco ed il test di soppre s - sione forniscono invece informazioni importanti dalpunto di vista terapeutico in vista dell'eventuale appli-cazione di generatori di rumore per la TRT e sono utilianche per mostrare al paziente quale ruolo assuma lacompetizione del rumore ambientale nel controllo dellapercezione dell'acufene..

Ma anche queste informazioni non completano lavalutazione del paziente con acufeni, poichè nulla èstato esaminato circa le possibili alterazioni primariedel filtro cerebrale o la presenza di eventuali patologiepsichiatriche, o l'entità dei fattori psico-emotivi, checome abbiamo visto giocano un ruolo importante pertali disturbi.

Per tali motivi, la consulenza psichiatrica , eseguitanecessariamente dal nostro consulente, che ha affinatouna particolare esperienza nella valutazione del pa-ziente con acufeni, integrata da eventuali questionarspecifici, costituisce spesso parte integrante del nostroprotocollo diagnostico., e probabilmente verrà tra breveeffettuata routinariamente nella stessa seduta diagnosti-ca. Dalla valutazione interdisciplinare scaturisce unavisione diagnostica completa di tutti i fattori in causa.D'altronde la psichiatria è la branca della medicina chesi occupa delle patologie di quei sistemi (tra i quali learee cerebrali deputate al controllo delle emozioni edelle reazioni di allarme) che grazie al modello neuro-fisiologico abbiamo riconosciuto così importanti neldeterminare i disturbi che affliggono i pazienti con acu-feni.

Condizioni particolari emergenti dalla visita posso-no richiedere ulteriori indagini quali il monitoraggiodel sonno con pulso-ossimetria o polisonnografia , laconsulenza odontostomatologica per eventuali altera-zioni dell'ATM, esami di laboratorio in caso di idropeendolinfatico o patologie autoimmuni, fino alla ris o - nanza magnetica , necessariamente con mezzo di con-trasto, quando debba essere escluso un neurinoma del-l'acustico.

Il passo più importante dell'intera visita è però ilcolloquio medico-specialistico al quale dedichiamomolta attenzione e che viene eseguito prefribilmentedopo l'effettuazione delle indagini audiologiche. Dopoaver ricontrollato il questinario specifico e delineatomeglio caratteristiche e entità dell'interferenza determi-nata dall'acufene, al paziente viene spiegato l'esito delleindagini, la struttura ed il funzionamento dell'apparatouditivo, utile per comprendere quanto emerso dai variaccertamenti e le cause che abbiamo riconosciuto comeresponsabili dell'insorgenza e della protratta percezionedell'acufene nel caso specifico in esame. Anche il mo-dello neurofisiologico, con i meccanismi specifici chepossono aver generato il fastidio e la reazione d'allarmevergono discussi in questa sede. In caso di riscontro diuna patologia attiva questa viene discussa, con le suepossibilità di trattamento, in modo chiaro con il pa-

ziente in questa fase. Dal colloquio e dall'analisi dellasituazione specifica del paziente deriva anche l'indica-zione alla valutazione specialistica psichiatrica e lo ne-cessità di ricorrere ad altre indagini complementari. Inassenza di una patologia specifica potenzialmente an-cora in grado di procurare danni (acufene sintomatico),verrà deciso quale tipo di protocollo di TRT sia neces-sario e con quali modalità debba essere attuato. L'e-ventuale valutazione audioprotesica, qualora sia neces-sario ricorrere all'applicazione di generatori di rumoreo ad una protesizzazione acustica, completerà l'iter dia-gnostico.

Al termine della visita il paziente avrà compreso lecause del suo acufene e le modalità per trattarlo, e allostesso tempo sarà stato realizzato il primo fondamen-tale passo verso la risoluzione del problema. Non è raroche tornando per l'applicazione dei generatori di rumo-re il paziente riferisca, infatti, di aver tollerato megliol'acufene dopo la visita. E' evidente che tale risultatorappresenta la conseguenza dell'iniziale decondiziona-mento dell'acufene dall'idea di pericolo, o comunquedal mistero che avvolgeva questo disturbo, oltre chedella nuova speranza prospettata dalla possibilità ditrattamento con TRT, che per essere efficace deve esse-re compresa dal paziente.

La valutazione diagnostica degli acufeni pulsanti odi tipo meccanico

In presenza di un acufene pulsante o con caratteristi-che di acufene "meccanico" (rumore endoauricolare operiauricolare) le indagini necessarie saranno ovvia-mente differenti. Più che una valutazione funzionaledell'apparato uditivo è infatti in tal caso necessario cer-care la sorgente endo- o periauricolare responsabile delrumore.

Alla valutazione del condotto uditivo e della mem-brana del timpano, eseguita sempre con microscopiootologico alla ricerca di eventuali minime pulsazioniobiettivabili, viene associata l' auscultazione del con-dotto uditivo, con uno fonendoscopio modificato, e deivasi del cranio e del collo.

Vengono quindi valutate sommariamente le condi-zioni dell'articolazione temporo-mandibolare e dell'oc-clusione dentaria, ricorrendo, ove necessario, ad unapiù accurata consulenza odontostomatologica , per laquale affidiamo il paziente al nostro consulente. Dallavalutazione interdisciplinare emergerà l'utilità o menodi un trattamento specifico.

L'esame impedenzometrico acquista particolare uti-lità in caso di rumori endo- o periauricolari poiché, tal-volta, ci permette di registrare obiettivamente la pulsa-zione o la vibrazione riferita dal paziente oltre ad e-ventuali anomalie dell'apparato di trasmissione e dellacatena ossiculare.

L' esame audiometrico è necessario valutare l'even-tuale concomitanza di ipoacusia.

In presenza di un esame audiometrico ed impeden-zometrico del tutto nella norma, non è necessario, incaso di acufene pulsante o di indubbia origine mecca-nica, effettuare una valutazione completa dell'orecchio

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interno e non vengono pertanto eseguite ulteriori inda-gini audiologiche che non sarebbero di alcuna utilità.

Più utile è lo studio endoscopico della funzione tu-barica e la ricerca di eventuali cloni muscolari a livellodel palato molle.

In tutti i pazienti con acufene pulsante viene richie-sta una risonanza magnetica integrata dalla visualizza-zione angiografica ( angio-RM ) che ci permette di inda-gare calibro e decorso dei vasi della testa e del collo edi escludere un' eventuale ipertensione endocranica be-nigna. In caso di riscontro di pulsazioni all'esame oto-scopico potrà essere utile anche una TAC dell'orecchiomedio. Un monitoraggio dinamico della pressione arte-riosa (holter pressorio) così come eventuali indagini dilaboratorio possono essere richiesti per escludere unapatologia emodinamica.

Anche per gli acufeni "oggettivi" particolare impor-tanza viene ovviamente data al colloquio tra medico epaziente ed alle indispensabili spiegazioni sulle possi-bili cause, indispensabili per tranquillizzare sulla asso-luta benignità del disturbo o per programmare il tratta-mento qualora venisse riscontrata una qualche patolo-gia. La consulenza psichiatrica costituisce anche perquesti tipi di acufeni un utile elemento diagnostico inalcuni pazienti, allo scopo di identificare eventuali alte-razioni a carico delle aree cerebrali implicate nella rea-zione d'allarme.

Le indagini audiologiche

Come abbiamo visto, le risorse offerte dalla moder-na diagnostica audiologica ci consentono di valutare inmodo accurato ogni settore dell'apparato uditivo e dipoter escludere o verificare la presenza di qualunquealterazione sottostante meritevole di trattamento. Neiparagrafi seguenti approfondiremo le varie metodiched'indagine ed il significato di ciascun accertamento aifini specifici degli acufeni e dell'iperacusia.

L'esame audiometrico tonale

Al paziente, posto all'interno di una cabina insono-rizzata, vengono inviati dei suoni ben definiti ("toni"puri) di intensità e frequenza nota e regolabile dall'e-saminatore, mediante un apparecchio detto audiometro,chiedendo al paziente di segnalare quando avverte iltono inviato. Per ogni frequenza esaminata e per cia-scun orecchio viene registrata la "soglia audiometrica"ovvero la minor intensità che il paziente riesce a perce-pire.

E' quindi un esame soggettivo, dipendente cioè dallarisposta del paziente e dalla abilità dell'esaminatore.

Lo stimolo viene inviato sia per "via aerea", attra-verso la cuffia, che per "via ossea" mediante un piccolovibratore posto direttamente sulla mastoide (la protube-ranza ossea dietro l'orecchio). In tal modo è possibilestimolare direttamente l'orecchio interno, "saltando"l'apparato di trasmissione, e valutarne separatamente lacapacità uditiva.

In caso di ipoacusia monolaterale, o quando comun-

que vi sia un'evidente asimmetria tra i due lati, è indi-spensabile che, esaminando l’orecchio migliore, vengainviato un rumore “mascherante” all’orecchio contro-laterale, ad evitare che il suono venga in realtà perce-pito da quest’ultimo, al quale può giungere per viatranscranica (stimolazione per via ossea dell'altro lato).

Alla fine si otterranno, per ciascun orecchio esami-nato, due curve grafiche ( audiogramma ) che permette-ranno di determinare le principali caratteristiche dell'i-poacusia e di definire l’ipoacusia come trasmissiva (quando la soglia per via aerea risulta peggiore diquella anche della via ossea, ad indicare che la patolo-gia interessa l'orecchio interno e non l'apparato di tra-smissione), neurosensoriale (con via aerea e via osseaequivalenti, poichè il problema è a valle dell'apparatodi trasmissione), o mista (quando la soglia uditiva ri-sulti abbassata per entrambe le vie di stimolazione macon una differenza tra la via aerea, necessariamentepeggiore, e la via ossea).

Un’errata esecuzione tecnica dell’esame, che richie-de tal volta una notevole esperienza ed abilità da partedell’esaminatore, può generare errori diagnostici anchegravi che possono portare completamente fuori strada.L’errore più tipico è rappresentato dal mancato ricorsoal mascheramento controlaterale che, rivelando una viaossea apparentemente nella norma, può portare a dia-gnosi generiche e superficiali di “otite catarrale” inpresenza di gravi ipoacusie neurosensoriali.

L’audiometria vocale

Mentre l’esame audiometrico ci permette di valutarela capacità dell’orecchio di percepire suoni di diffe-rente intensità e frequenza, con l’audiometria vocale èpossibile studiare la capacità di discriminazione el’abilità dell’apparato uditivo nel riconoscere parole efrasi.

La metodica prevede l’invio, attraverso un CD, di li-ste di parole presentate a diversa intensità all’orecchioin esame registrando il numero di risposte corrette for-nite per ogni intensità di presentazione, ovviamentemascherando l'orecchio sano in caso di marcata asim-metria rilevata con l'esame audiometrico.

Viene eseguito, nei pazienti con acufeni, solo in ca-so di concomitante ipoacusia. L'indagine è indispensa-bile anche ai fini di una eventuale protesizzazione acu-stica, che può essere necessaria per la TRT nei pazienticon ridotta capacità uditiva.

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L’impedenzometria

Con un unico strumento, l'impedenzometro, possonoessere eseguiti in pochi minuti alcuni test fondamentaliper la valutazione dell'orecchio medio: la timpanome-tria, che permette di conoscere lo stato della membranadel timpano, la ricerca dei riflessi stapediali, lo studiodella funzione tubarica di drenaggio e ventilazione.Negli acufeni soggettivi l'esame ci permette di ricono-scere eventuali alterazioni a livello della membrana odella catena ossiculare e di diagnosticare una eventualeotosclerosi in fase precoce che sia sia manifestata solocon acufeni senza aver ancora determinato una ipoacu-sia.

Negli acufeni meccanici o pulsanti questa indaginepermette talvolta di registrare la pulsazione o la vibra-zione, e di identificare eventuali cloni dei muscoli sta-pedio o tensore del timpano così come possibili mio-cloni palatali. In pazienti con iperacusia lo studio deiriflessi stapediali permette inoltre di distinguere le for-me periferiche (recruitment) che si rivelano con unariduzione della soglia del riflesso da quelle centrali,nelle quali a dispetto del fastidio soggettivo riferito dalpaziente, i riflessi si mantengono nella norma.

L’esame viene effettuato inserendo nel condotto u-ditivo dell’orecchio in esame una piccola sonda ed in-viando suoni sia nello stesso lato che nel lato opposto.

La timpanometria permette, attraverso la creazionedi una pressione variabile e nota nel condotto mediantela sonda dell'apparecchio, di conoscere le condizionidella cassa del timpano analizzando la capacità di vi-brazione della membrana, che viene registrata dallastessa sonda.

Si otterrà un grafico ( timpanogramma ) della "com-pliance" (termine anglosassone che indica il valore in-verso della resistenza alla vibrazione) con un picco, lacui posizione sull'asse delle pressioni espressione dellacondizione di massima mobilità della membrana stessa.

La normalità del timpanogramma in un paziente cheriferisce senso di occlusione auricolare, associato allacomparsa di acufeni può far indirettamente sospettareun idrope endolinfatico, ovvero un aumento di pressio-ne dei liquidi dell'orecchio interno, che può manifestar-si con sintomi simili a quelli di un problema a livellodel condotto uditivo o della cassa del timpano. E' evi-dente come la mancata effettuazione dell'esame impe-denzometrico può portare in questo caso a errori note-voli nell'interpretazione diagnostica.

Stimoli acustici intensi attivano per via riflessa me-diata dal sistema nervoso la contrazione del muscolostapedio, che si inserisce con il suo tendine sulla staffa,limitandone il movimento, allo scopo di proteggere l'o-recchio interno da vibrazioni troppo intense.

Tale fenomeno definito “ riflesso stapediale ”, si veri-fica sia ipsilateralmente (contrazione dello stapedio dellato stimolato) sia controlateralmente (contrazionedello stapedio dell'altro lato) determinando una varia-zione della rigidità del sistema membrana - ossicini(impedenza) registrabile dalla sondadell’impedenzometro.

Analizzando le risposte a stimoli di una certa inten-sità, inviati prima nello stesso orecchio esaminato equindi nell'orecchio opposto, si possono avere informa-zioni sia sulla mobilità degli ossicini che sulla funzio-nalità dell'orecchio interno.

L'invio di stimoli ad alta intensità, necessario perl'effettuazione dell'indagine, può, a causa dell'iperacu-sia risultare fastidioso in alcuni pazienti, ma non è innessun modo in grado di arrecare alcun danno all'ap-parto uditivo e nessun fastido protratto oltre la duratadell'esame stesso..

Le otoemissioni acustiche

Questo tipo di indagine relativamente poco cono-sciuta permette di ricavare maggiori informazioni sulfunzionamento dell’orecchio interno. Già da quasiventi anni, infatti, sappiamo che le cellule ciliate ester-ne della coclea emettono deboli suoni spontanei, e-spressione dell’attività delle cellule stesse, che possonoessere registrati con uno speciale microfono partico-larmente sensibile, e riportati graficamente ( otoemi s - sioni acustiche spontanee ).

Ancora più affidabile è la registrazione del segnalesonoro emesso dalle cellule cocleari in rispostaall’invio di due toni a frequenza nota ( prodotto di d i - storsione ) che può essere considerato un valido e sen-sibile metodo per studiare l’attività cocleare. L’esamepresenta una maggior sensibilità nei confronti del tradi-zionale esame audiometrico sebbene presentil’importante limitazione di non poter essere effettuatoin presenza di sordità medio grave, ma solo quandol’eventuale sordità non superi i 30-40 dB (con le do-vute eccezioni che vedremo tra poco). La registrazionedelle otoemissioni richiede, inoltre, l'integrità dell'ap-parato di trasmissione.

La sensibilità di questo esame permette spesso disvelare precocemente un eventuale interessamento co-cleare in presenza di acufeni con esame audiometriconormale, o il coinvolgimento dell’orecchio controlate-rale per alcune patologie. Lo studio dei prodotti di di-storsione alle varie frequenze rivela, inoltre, una di-screta analogia, in alcuni casi, tra la curva ricavata conl’esame audiometrico e quella ottenuta con tale tecnicaobiettiva.

In caso di acufeni con udito normale, il riscontro di

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un ridotta o assente a determinate frequenze è in gradodi rilevare gli eventuali microdanni delle cellule cocle-ari esterne senza concomitante alterazione delle celluleinterne, che rappresentano, come abbiamo visto a pro-posito dei meccanismi parafisiologici di insorgenza,una causa frequente.

Affinché la registrazione delle otoemissioni acusti-che possa essere considerata attendibile è però necessa-rio che l'esame venga ripetuto due volte per tutte le fre-quenze e che i due tracciati siano sovrapponibili.

Il dispositivo da noi utilizzato permette la valutazio-ne di prodotti di distorsione con scansioni fino a 20 perottava, permettendoci di identificare eventuali altera-zioni selettive delle cellule ciliate esterne.

Potenziali evocati uditivi del tronco encefalico

Questo esame elettrofisiologico, talvolta indicatocome BSER (Brain Stem Evoked Responses) o ABR(Auditory BrainStem Responses) o con altre sigle (A-EP, BAEP, ERA), ci permette di indagare l'integrità delnervo acustico e delle vie uditive del tronco encefalico.

La notevole sensibilità di un potenziale evocato, cor-rettamente eseguito ed interpretato (il che dipendemolto dalla specifica esperienza e capacità dell'esami-natore), permette di riconoscere precocemente un e-ventuale neurinoma senza necessità di ricorrere, in casodi tracciati assolutamente nella norma, ad una risonan-za magnetica.

Dopo aver applicato 3 o 4 elettrodi sulla pelle benpulita e sgrassata del paziente, si invia all'orecchio e-saminato una serie di circa 2000 stimoli di brevissimadurata (click) tipo una scarica di mitragliatrice.

La risposta elettrica viene registrata dal computerche alla fine dell'esame fornirà un tracciato che rappre-senta la media delle risposte elettriche a ciascuno sti-molo generate dalle cellule cocleari, dal nervo acusticoe dalle stazioni cellulari del sistema nervoso centrale,sotto forma di picchi detti onde.

Analizzando i parametri della risposta e soprattuttogli intervalli di tempo (parliamo di frazioni di millise-condo) tra le varie onde, e confrontando i due lati esa-minati è possibile sapere se vi sono ostacoli alla tra-smissione elettrica dello stimolo lungo le vie uditive.

Elettrococleografia (E.Coch.G.)

Utilizzando la stessa metodica già descritta per ipotenziali evocati, ma introducendo un elettrodo diret-tamente a contatto della membrana del timpano, e va-riando i parametri di registrazione, è possibile ottenereun analisi elettrofisiologica molto più dettagliata deifenomeni elettrici che si verificano nell’orecchio inter-

no e nei neuroni del nervo acustico in risposta agli sti-moli acustici.

Tale indagine, denominata elettrococleografia, co-nosciuta da tempo sebbene poco diffusa in Italia, è an-cora oggi ritenuta la metodica più affidabile per dimo-strare, attraverso l’analisi delle caratteristiche della ri-sposta, la presenza di un idrope endolinfaticonell’orecchio in esame.

La tecnica originale, utilizzata nella maggior partedei centri, prevede, in realtà, l’introduzione di un elet-trodo ad ago attraverso il timpano, posto direttamente acontatto con la coclea, ma, come altri ricercatori, ab-biamo potuto riscontrare che anche la tecnica extratim-panica, nella quale un particolare elettrodo viene postoa contatto del versante esterno della membrana deltimpano, senza necessità di forare la membrana stessa.Tale metodica può essere ritenuta estremamente affi-dabile e permette di eseguire tale indagine di routine edi ripeterla per la sua assoluta innocuità ogni qual voltasia necessario e ad ogni controllo.

L'elettrococleografia è divenuta recentemente parteintegrante del nostro protocollo diagnostico per acufeni"soggettivi" grazie alla possibilità di riconoscere preco-cemente un acufene "sintomatico" da idrope.

Un ulteriore importante vantaggio dell’E.Coch.G. èla possibilità di identificare con precisione le primecomponenti del tracciato elettrofisiologico, talvolta,soprattutto in caso di marcata ipoacusia, non ben evi-denti con i potenziali evocati uditivi del tronco encefa-lico.

Acufenometria e test di soppressione (mascheramento)con rumore bianco.

Pur non avendo alcun significato ai fini dell'impo-stazione della TRT, l'acufenometria è stata recente-mente reintrodotta nel nostro protocollo grazie allapossibilità di identificare eventuali relazioni tra la fre-quenza (tonalità) dell'acufene e eventuali alterazionispecifiche riscontrate alle otoemissioni acustiche. Alpaziente vengono presentati in cuffia due distinti toniin successione a frequenza variabile chiedendo di indi-care quale dei due toni assomiglia di più al proprio acu-fene. La prova viene ripetuta più volte fino ad indenti-ficare con accuratezza la frequenza di base dell'acufe-ne. In una fase successiva si cerca di identificare l'in-tensità soggettiva dell'acufene in rapporto alla sogliaaudiometrica per quella specifica frequenza.

Importanti ai fini dell'applicazioni di generatori dirumore e della TRT sono, invece, il test di mascher a - mento , con il quale viene valutata qual è l'intensità dirumore bianco (rumore a spettro largo contenente tutte

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le frequenze del campo uditivo), in grado di copriretotalmente la percezione dell'acufene e la ricerca del" mixing point ", ovvero l'intensità alla quale il pazientenon riesce più a distinguere quale delle due percezioni(l'acufene e quella fornita dall'esterno) sia predomi-nante. In caso di ipoacusia viene anche valutata la so-glia audiometrica per il rumore bianco, ovvero la mi-nima intensità di rumore che il paziente riesce a perce-pire.

Ricerca della soglia del fastidio

Al paziente, posto incabina come per un esame au-diometrico tradizionale viene richiesto di segnalare, perogni frequenza, non appena l'intensità di stimolo in-viata attraverso la cuffia, che viene aumentata progres-sivamente, risulta fastidiosa. Dal confronto tra la sogliaaudiometrica (minima intensità percepibile) e la sogliadel fastidio (minima intensità giudicata fastidiosa) èpossibile ricavare il campo dinamico, parametro fon-damentale per l'applicazione di un' eventuale protesiacustica. Dal tipo di risposte fornite dal paziente, cheper essere giudicate affidabili debbono essere sempre lestesse in più ripetizioni, è possibile quantificare l'e-ventuale iperacusia.

La Tinnitus Retraining Therapy (TRT)

Nel corso di questo docuemnto abbiamo pratica-mente già spiegato, afforntando il modello neurofisio-logico proposto da Jastreboff, quale sia il livello d'a-zione di questo trattamento.

La TRT non agisce sulla "sorgente" o sulla "causa"degli acufeni ma mira a "decondizionare", "scollegare"la reazione neurovegetativa che intensifica e mantienela percezione dell'acufene, dalla sorgente stessa, (Re-action Habituation, ovvero "adattamento della reazio-ne"), creando delle vere e proprie modifiche strutturalia livello del sistema nervoso, possibili grazie alla pla-sticità del sistema nervoso stesso e quindi, grazie allaperdita di "significato" del segnale, una vera e propriaassenza di percezione dell'acufene (Perception Habi-tuation).

Obiettivo della TRT è quindi in definitiva romperel'associazione negativa tra il segnale bioelettrico gene-rato a livello sottocorticale e la reazione neurovegetati-va d'allarme a quello specifico segnale, mediato dallacomponente emotiva gestita dal sistema limbico.

Il limite della TRT è purtroppo rappresentato dalladurata del trattamento generalmente non inferiore ad12-18 mesi e talvolta protratto fino 24 mesi. Tale tem-po è necessario per realizzare in maniera stabile le mo-difiche plastiche delle reti neurali, obiettivo della tera-pia.

La TRT è però in grado di determinare nel tempo laprogressiva riduzione, fino alla totale scomparsa, delfastidio generato dall'acufene e della sua interferenzacon la vita quotidiana (sonno, concentrazione ec.), espesso anche la scomparsa dell'effettiva percezionedell'acufene stesso, sempre però rintracciabile, qualora

il paziente lo cerchi volutamente, anche a distanza ditempo, sebbene di intensità nettamente inferiore e quasiirrilevante. L'impossibilità di eliminare in modo defini-tivo la percezione dell'acufene, che ritorna però ad es-sere, anche qualora ancora percepito, un comune rumo-re insignificante, incapace di arrecare alcun fastidio,deriva dal fatto che, in effetti, non si sta agendo sullasorgente periferica dell'acufene, ad esempio la scaricaasincrona delle cellule ciliate cocleari, sulla quale nonpossiamo intervenire, bensì sui meccanismi reattivi ce-rebrali responsabili del fastidio e della reazione d'al-larme conseguente.

Diversa è la situazione quando l'acufene sia in effettiesclusivamente determinato da un meccanismo attivoancora reversibile (acufene sintomatico), quale ad e-sempio l'idrope endolinfatico, per il quale, talvolta,l'opportuna terapia specifica, in assenza di danni per-manenti a livello cocleare riesce ad eliminare effetti-vamente la sorgente periferica dell'acufene stesso.

Tali importanti obiettivi sono realizzabili in oltrel'80% dei casi che vengano trattati correttamente e siattengano scrupolosamente a quanto prescritto e consi-gliato. Tale percentuale è probabilmente destinata adaumentare, nella nostra personale casistica, grazie allamiglior selezione dei pazienti che le nuove risorse au-diologiche ci permettono, ricordando che in caso di ef-fettivo riscontro di patologie sottostanti attive (acufenesintomatico) non avviamo un protocollo completo diTRT fino ad aver ottenuto il controllo della patologia.

Questo innovativo ed efficace trattamento viene at-tuato, in pratica, mediante due distinti elementi tera-peutici associati: l'adeguata "demistificazione" dell'acu-fene e l'arrichimento della competizione acustica am-bientale.

La demistificazione dell'acufene e la rottura dell'as-sociazione acufene-pericolo.

Il passo fondamentale della TRT, senza il quale nonè in alcun modo ottenibile alcun risultato duraturo, èrappresentato dall'accurata "demistificazione" dell'acu-fene, dimostrando al paziente in modo inequivocabileperché siamo assolutamente certi che non vi sia alcunapatologia sottostante potenzialmente pericolosa, sullabase della valutazione diagnostica effettuata, ed allostesso tempo che l'acufene non è un fenomeno irrever-sibile, e che, anzi, se i meccanismi reattivi cerbrali nonavessero impedito l'instaurasi dell'abitudine, la suastessa percezione e soprattutto il fastidio si sarebberospenti spontaneamente senza alcuna necessità di trat-tamento, come avviene nella maggior parte delle per-sone. Lo specialista dovrà essere in grado di risponderein modo appropriato ad ogni domanda, anche la più as-surda, "demolendo" progressivamente qualunque dub-bio e qualunque preconcetto o pregiudizio (che non so-no altro poi, neurofisiologicamente, che connessionineurali costituitesi sulla base di precedenti esperienzenegative), di spiegare accuratamente al paziente il fun-zionamento dell'apparato uditivo e del sistema nervoso,il modello neurofisiologico ed i meccanismi specificiche sono stati riscontrati nel caso del paziente che

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stiamo seguendo.Tali processi di decondizionamento non avvengono,

come già detto, in poco tempo, ma possono essere ne-cessari anche 2 anni di incontri periodici (in media ogni3 o 6 mesi), con l'aggiunta di colloqui telefonici o altraforma di contatto diretto tra il medico ed il paziente(rinforzo del decondizionamento) per creare quellemodifiche plastiche delle reti neurali in grado di bloc-care la trasmissione dell'acufene e le reazioni cerebrali.

Nei casi più lievi, di recente insorgenza, o con ri-dotta reazione di allarme ed interferenza minima, ed inassenza di patologie psichiatriche, la maggior parte delrisulstato è ottenibile solo con il dialogo tra medico epaziente ("counseling").

L'attenta lettura di tutto quanto riportato fin'ora inquesto documento dovrebbe essere stata più che suffi-ciente a comprendere perché un metodo apparente-mente così semplice possa essere così efficace. In findei conti, ciò che viene a realizzarsi è l'inversione delprocesso di condizionamento che aveva portato alloscatenamento della reazione d'allarme in risposta all'a-cufene (relazione fisica tra reti neurali), che così comeall'inizio era stata facilmente creata o comunque stabi-lizzata da informazioni errate ed inadeguate può essererimossa (purtroppo più difficilmente ed in tempo piùlungo, si ricordi l'esperimento con il cane di Pavlov) dainformazioni corrette.

E' bene precisare che la TRT non è una psicoterapia,poiché non interviene in alcun modo sui processi psi-cologici generali o sulle reazioni emotive generiche ocaratteriali del paziente, ma va solo a modificare la ca-tena specifica di eventi sottostante alla percezione del-l'acufene ed alla determinazione del fastidio. Un pa-ziente ansioso od iperemotivo restarà tale anche du-rante e dopo la TRT. Ciò che verrà rimosso progressi-vamente sarà l'ansia o la reazione emotiva specifica neiconfronti dell'acufene o, in caso di iperacusia, del ru-more in generale.

L'arricchimento del rumore di fondo ambientale. I"miscelatori" e gli altri dispositivi per la TRT.

L'altro elemento fondamentale della TRT è la ridu-zione dell'intensità di percezione soggettiva dell'acufe-ne, ottenuta attraverso la competizione del rumore am-bientale o mediante la somministrazione continuata diuna minima quantità aggiuntiva di rumore dall'esterno.

Ricordando che ciò che viene effettivamente perc e-pito è la componente di un segnale emergente dal ru-more di fondo, è evidente come l'aggiunta di rumoresia in grado di ridurre in modo significativo l'intensitàsoggettiva dell'acufene stesso.

La prima regola per un paziente con acufeni od ipe-racusia è quindi quella di evitare in modo rigoroso ilsilenzio assoluto, che priverebbe di qualunque compe-tizione la percezione dell'acufene. E ciò è ancora piùvero nei pazienti con iperacusia, nella quale la priva-zione sensoriale acustica determina una ipereccitabilitàdelle vie uditive in grado di far solo aggravare la situa-zione.

Oltre che permettere una più rapida azione benefica

grazie alla riduzione dell'intensità dell'acufene, la com-petizione da parte di un rumore fornito dall'esterno egestibile dal paziente, contribuisce in modo significati-vo al processo di decondizionamento. Un segnale con-trollabile, la cui percezione può essere modulata attra-verso la somministrazione di un'altra percezione com-petitiva, viene, dopo un certo tempo, ad essere inter-pretato in modo differente perdendo il suo significatodi pericolo, proprio poiché controllabile.

E' bene però precisare che scopo dell'arrichimentodel rumore di fondo non è il "mascheramento" dell'acu-fene, ovvero la soppressione della sua percezione, pe-raltro spesso agevolmente realizzabile. L'eccessivo li-vello di rumore "aggiunto", tale da mascherare total-mente l'acufene è anzi controproducente ai fini diquanto si desidera ottenere con la TRT, ovvero lo svi-luppo di una "abitudine neurologica", impossibile darealizzarsi se viene impedita totalmente la percezionedel segnale, che, una volta rimossa la sorgente compe-titiva, tornerebbe tale e quale a prima suscitando lestesse reazioni, in quanto segnale "nuovo".

E' però altrettanto vero che anche un livello eccessi-vamente basso di rumore aggiunto può essere contro-producente ed addirittura intensificare la percezionedell'acufene.

Tale fenomeno, conosciuto come "risonanza stoca-stica", si caratterizza per l'intensificazione di una per-cezione quando la seconda percezione "competitiva"viene portata a livello di soglia (minima intensità dirumore percepibile)

Si tratta di concetti certamente difficili da compren-dere, ma ciò che è importante sottolineare e che l'azio-ne terapeutica del rumore di fondo è tale solo se vieneindividuata per ogni paziente l'intensità idonea, gene-ralmente molto bassa, ma mai a livello di soglia.

Per ogni orecchio esiste una precisa intensità tera-peutica denominata "mixing point", che viene indagatanel corso della valutazione diagnostica preliminare. Il"mixing point" corrisponde a quell'intensità di rumorebianco appena lievemente inferiore a quella dell'acufe-ne (in termini di percezione soggettiva), tale da per-mettere al paziente di avvertire sia il rumore bianco chel'acufene, ma con così poco contrasto tra i due segnaliche la sensazione finale è quella di una nuova perce-zione, diversa dal solo acufene o dal solo rumore bian-co. Essendo la sua percezione "attesa", programmata, econ un significato noto, questo nuovo segnale, che ten-de progressivamente ad affiancarsi e poi a sostituirsi aquello dell'acufene "puro" non genera alcuna associa-zione negativa, non determina nessuna reazione di al-larme ed impegna l'attenzione del paziente in fase ini-ziale, distraendo dall'acufene stesso, per poi essere fa-cilmente filtrata a livello cerebrale, in quanto priva diqualunque significato di allarme. Ovvero, nei confrontidella miscela "acufene + rumore bianco" si genera fa-cilmente un processo di abitudine che porta il pazientead ignorare la percezione del rumore dopo un tempogeneralmente breve.

Da tutto quanto sopra emerge però un problema tec-nico: come garantire un' omogenea, continua ed idoneasomministrazione di rumore bianco "ambientale" al pa-

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ziente con acufeni?E' evidente che metodi quali l'ascolto della musica o

di radio desintonizzate, possono solo parzialmente ri-sultare adeguati, per la difficoltà di regolare ad hoc ilvolume, e per il significato associato al segnale stesso.L'evoluzione della ricerca e della tecnologia ha fortu-natamente portato allo sviluppo di differenti soluzionispecifiche per inviare rumore ambientale nelle diversesituazioni, quali i generatori di rumore bianco indossa-bili ("sound generators"), i diffusori ambientali ("soundmachines") e perfino speciali cuscini amplificati per iltrattamento notturno ("sound pillows").

I generatori di rumore "indossabili", strutturalmentesimili a delle piccole protesi acustiche, rappresentanola soluzione migliore nella maggior parte dei casi per-mettendo una somministrazione a volume perfetta-mente regolabile e costante, eventualmente differentesui due lati, in caso di asimmetria uditiva.

E' essenziale che, anche per un acufene monolatera-le, il segnale giunga al cervello senza una precisa loca-lizzazione spaziale (effetto surround), per garantire lanaturalezza del segnale stesso e l'effettivo azione a li-vello delle vie uditive centrali. Analizzando l'anatomiadell'apparato uditivo, abbaimo infatti già visto come alivello del sistema nervoso centrale le vie acustiche su-biscano un parziale incrocio delle fibre provenienti dal-l'orecchio destro con quelle provenienti dall'orecchiosinistro. E' pertanto fondamentale, che anche in caso diacufene squisitamente monolaterale siano applicati(salvo casi particolari) due generatori, uno per ciascunlato.

Esistono oggi diversi modelli di generatori di rumo-re indossabili (definiti anche "miscelatori") in base allafunzione che debbono assolvere. Affinchè siano idoneiai fini della TRT i generatori debbono però rispettarealcune regole fondamentali.

Il generatore non deve in alcun modo occludere ilcondotto uditivo, il che verrebbe a ridurre la percezionedei rumori ambientali nomalmente provenienti dall'e-sterno, aumentando l'intensità soggettiva dell'acufene eriducendo la capcità uditiva, cosa che non avviene as-solutamente quando il condotto venga lasciato aperto.

Il generatore deve essere pratico, facilmente indos-sabile e rimovibile, ben stabilizzato e non percepito,come presenza fisica, dal paziente, onde evitare che ilche venga portata volontariamente attenzione all'orec-chio.

Nella nostra esperienza diretta la soluzione miglioreè rappresentata dai dispositivi retroauricolari, simili adelle piccole protesi acustiche da indossare dietro e so-pra l'orecchio. Al generatore vero e proprio è collegatoun piccolo tubicino trasparente attraverso il quale ilrumore (di intensità molto bassa, lo ricordiamo) vieneinviato all'interno dell'orecchio. Il tubicino viene anco-rato alll'orifizio esterno del condotto uditivo attraversouna chiocciola in materiale plastico (rigorosamente a-perta e non occludente), perfettamente adattata allaconformazione fisica del padiglione del paziente, delquale viene allo scopo presa l'impronta dall'audioprote-sista.

Il "miscelatore" va indossato per tutta la giornata e

rimosso solo per esigenze particolari o al momento dicoricarsi la sera.

E' bene però precisare che non sempre è indispensa-bile l'applicazione dei miscelatori e che molti pazienticon situazioni più lievi od acufeni percepiti solo nelsilenzio, o nel relax, possono limitarsi ad utilizzare altridipositivi quali i generatori ambientali (sound-machines), in grado di diffondere nell'ambiente un o-mogeneo rumore di contrasto per evitare il silenzio as-soluto, oppure CD appositamente realizzati con idoneorumore ambientale di sottofondo privo di significato(es. pioggia, scroscio d'acqua, rumore bianco, o asso-ciazioni tra vari elementi acustici).

Un dispositivo particolarmente utile, per proseguireil trattamento anche durante il sonno (si ricordi che levie uditive restano operative ed attive anche durante ilsonno), e per agevolare l'addormentamento, sono i co-sidetti "tinnitus.pillows" ovvero speciali cuscini modi-ficati, contenenti all'interno due micro-diffusori acusti-ci, ai quali può essere collegato il lettore di CD.

Qualunque sia la tecnica utilizzata, valutata caso percaso sulla base di quanto emerso dalla visita e dal col-loquio tra medico e paziente, l'obiettivo resta lo stesso:evitare il silenzio per contrastare (non impedire!) lapercezione dell'acufene.

Poiché la TRT mira ad una stabile risoluzione delproblema, e non alla semplice copertura del disturbomediante il mascheramento temporaneo dell'acufene, èimportante comprendere che l'applicazione dei misce-latori, pur protratta per un lungo periodo, è assoluta-mente un trattamento "a termine" e non un rimedio "avita". Sarà il paziente stesso, di concerto con lo specia-lista e con l'audioprotesista, a ridurre progressivamenteil tempo di effettiva applicazione parallelamente all'e-voluzione del miglioramento.

TRT per particolari situazioni

Quello sommariamente descritto è il protocollo dibase generale, applicato nel paziente con acufene mo-nolaterale, bilaterale o generalizzato ("in testa"), in as-senza di una riduzione della capacità uditiva, ma fermorestando l'obbligo di un accurato "counseling" da partedel medico, e la necessità di evitare di trovarsi nel si-lenzio assoluto, condizioni particolari comportano ne-cessità differenti e soluzioni diverse rispetto al tratta-mento di base.

TRT nel paziente ipoacusico

Se l'impiego dei miscelatori è certamente applicabilenel paziente normoacusico (con una normale capacitàuditiva bilaterale), un diverso problema presenta l'at-tuazione della TRT nei pazienti in cui l'acufene sia as-sociato ad una riduzione della capacità uditiva. In casodi lieve ipoacusia, con una buona soglia per il rumorebianco ed una buona audiometria vocale (discrimina-zione delle parole) non alterata dalla presenza di unrumore competitivo, potranno essere ugualmente appli-cati i miscelatori, rinunciando per il momento al trat-

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tamento protesico dell'ipoacusia.Ciascun generatore dovrà però essere regolato cer-

cando di garantire una simmetria della percezione perottenere un effetto "surround", tenendo presente la so-glia per il rumore bianco di ciascun orecchio.

In presenza di un' ipoacusia più marcata, tale da ren-dere impossibile il raggiungimento del "mixing point"con le deboli intensità generabili dal miscelatore, sarànecessario ricorrere alla protesizzazione acustica. Saràindispensabile in tal caso applicare una o due protesi(in caso di ipoacusia bilaterale) retroauricolari, rinun-ciando ai vantaggi estetici (se pur tecnicamente possi-bile sulla base della gravità e delle caratteristiche del-l'ipocusia) di una protesi endoauricolare, certamentepiù discreta, ma sconsigliabile ai fini dell'acufene perl'effetto di occlusione sul condotto uditivo.

Il beneficio della protesi acustica nel paziente con a-cufeni è duplice. Da un lato la correzione dell'ipoacusiapermette la percezione del rumore ambientale di fondo,riducendo od annullando la captazione isolata dell'acu-fene; dall'altro il minor sforzo necessario per la com-prensione dei suoni e dei messaggi verbali permette diridurre l'iperattività compensatoria delle vie uditivecentrali, che come abbiamo visto in precedenza, rap-presenta una possibile sede di origine dell'acufene nelpaziente ipoacusico.

Qualora l'ipoacusia sia di natura trasmissiva o mista,dovuta a patologie dell'orecchio medio (ad esempio peruna otosclerosi od una otite cronica), correggibilequindi in tutto od in parte con un intervento di micro-chirurgia otologica, anche questa opzione terapeuticadovrà essere presa in considerazione, pur ricordandoche nessun intervento può garantire in modo certo lascomparsa dell'acufene, nonostante il recupero dellacapacità uditiva.

La protesi acustica può però, talvolta, non esseresufficiente, poiché, in fin dei conti, il dispositivo si li-mita ad amplificare i rumori ambientali, ma non creaalcun rumore competitivo quando il paziente si trova incondizioni di silenzio.

Tecnicamente la soluzione ideale, per questi pazien-ti, consisterebbe in un dispositivo in grado di aggiunge-re, opportunamente amplificato, ulteriore rumore bian-co, la cui intensità dovrebbe però poter essere regolataautonomamente ad hoc. Purtroppo i pochi dispositiviesistenti in commercio che forniscono entrambe le fun-zioni si sono rivelati, al momento, del tutto inidonei esarà necessario attendere ulteriori evoluzioni tecnologi-che.

La miglior soluzione "attualmente" possibile per unacorretta applicazione della TRT nel paziente con ipoa-cusia neurosensoriale tale da impedire un uso proficuodei soli miscelatori, consiste nella corretta protesizza-zione acustica con protesi retroauricolari, associata al-l'arrichimento ambientale mediante generatori am-bientali (sound-machines).

TRT nel paziente sottoposto a trauma acustico conti-nuato nell'ambiente lavorativo

Un caso particolare è certamente rappresentato dai

pazienti con acufeni che, per motivi lavorativi, debbanonecessariamente esporsi ancora a rumori ambientali dielevata intensità, che comportino l'obbligo o consiglinol'adozione di una idonea protezione acustica (tappi,cuffie).

Certamente in un paziente che ha già mostrato segnidi alterazioni cocleari misurabili, con ipoacusia ed acu-feni, dovrebbe essere comunque sconsigliato il prose-guimento di quella specifica attività lavorativa o alme-no suggerito, anche mediante certificazione medica, iltrasferimento ad un reparto più idoneo (purtroppo nonsempre realizzabile).

Questi pazienti, costantemente sottoposti ad un ma-scheramento ambientale avvertono acufeni pur se im-mersi nel rumore, proprio a causa dell'impiego di pro-tettori auricolari. Generalmente peraltro il disturbo sirende più intenso e meno tollerabile al termine dellagiornata lavorativa, quando cessa il contrasto del rumo-re ambientale (così come avviene per chi esce da unadiscoteca).

Non potendo certamente eliminare la protezione a-custica, la soluzione consiste, in tal caso, nell'applica-zione di miscelatori da indossare sotto la cuffia di pro-tezione (sono comunque da evitare i tappi endoaurico-lari) o nell'adozione di speciali cuffie che oltre a pro-teggere dai rumori esterni siano collegate ad un lettoredi CD. In talo verrà fornita una quota di rumore biancotale da evitare che all'interno della cuffia vi sia una si-tuazione di insufficiente contrasto.

Ovviamente al di fuori dell'attività lavorativa il trat-tamento dovrà essere proseguito come di consueto.

La TRT nel paziente con acufene in un orecchio total-mente sordo (anacusia)

Questa situazione, possibile conseguenza dell'a-sportazione di un neurinoma dell'acustico o di una pre-gressa ipoacusia improvvisa, rappresenta senz'altro unadelle situazioni più difficili da trattare, poiché non vi èalcun modo di inviare un rumore di contrasto ad un o-recchio anacusico (totalmente sordo).

Fortunatamente esistono però alcuni sistemi per in-viare gli stimoli ricevuti dal lato sordo verso il lato sa-no, sfruttando sistemi protesici incrociati (protesiCROS - "Controlateral Rerouting Of Signals)) o attra-verso l'impianto di una piccola protesi per via ossea(BAHA - "Bone Anchored Hearing Aid)) dietro l'orec-chio sordo. In quest'ultimo caso il segnale raccoltodalla protesi impiantata dal lato sordo viene trasferitoalla coclea del lato sano per via transcranicaa, esatta-mente come quando inviamo, durante l'esame audio-metrico, un tono per via ossea dimenticando di masche-rare il lato buono. Chi desiderasse approfondire talipossibilità, in grado di restituire un udito "bilaterale",sfruttando il lato sano, ed una discreta localizzazionedella provenienza dei suoni può consultare il docu-mento sull'ipoacusia.

Ai fini dell'acufene, sfruttando anche la perdita diseparazione spaziale che si ha a livello delle vie uditivecentrali (ed è il motivo che ci obbliga nel pazientenormoacusico ad applicare due distinti miscelatori an-

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che in caso di acufene monolaterale), abbiamo pensatodi associare alla protesizzazione crociata, o preferibil-mente per via ossea con il BAHA, l'applicazione di unmiscelatore nell'recchio controlaterale quello sano.

Al momento della stesura di questo deocumento nonabbiamo però ancora una esperienza diretta (e non èpossibile quindi fornire alcun dato in termini di risulta-ti) con tale metodica, indubbiamente logica dal puntodi vista anatomo-fisiologico.

Una conferma evidente di tale possibilità è offertadai pazienti con un 'orecchio anacusico che rifericono,oltre all'acufene, una evidente iperacusia. E' evidenteche i suoni od i rumori che il paziente giudica fastidiosipossono giungere al cervello solo attraverso il lato sa-no, quello dell'unico orecchio udente, e come sia suffi-ciente chiudere transitoriamente l'orecchio sano (e noncerto quello sordo) per eliminare il fastidio totalmente.

La TRT nel paziente con patologie psichiatriche

Come abbiamo visto la consulenza pischiatrica co-stituisce un elemento importante nella valutazione dia-gnostica del paziente con acufeni od iperacusia, pervalutare eventuali problemi primari a livello delle areecerebrali extrauditive coinvolte nel meccanismo dipropagazione dell'acufene.

La presenza di un patologia psichiatrica rilevante infase attiva, rappresenta una controindicazione all'attua-zione "ab initio" di un protocollo completo di TRT, inquanto non sarebbe possibile ottenere, in presenza diuna così complessa situazione cerebrale modifiche pla-stiche mirate. Sarà in questo caso quindi avviare untrattamento mirato (con farmaci attivi sul sistema ner-voso centrale) volto al controllo della patologia psi-chiatrica prima di effettuare l'applicazione dei misce-latori. Generalmente dopo poco tempo la riduzione e-vidente della sintomatologia psichiatrica ci permette diavviare la TRT come di norma, proseguendo paralle-lamente il trattamento farmacologico in caso di neces-sità. Peraltro, non di rado, in questi pazienti i farmacipsicotropi riescono già, se prescritti sulla base di unadiagnosi chiara ed in modo razionale, a migliorare net-tamente parallelamente alla situazione psichiatrica ilfastidio correlato all'acufene, quando questo sia espres-sione diretta del disturbo psichiatrico.

Un supporto farmacologico con la carbamazepina(Tegretol), un anti-epilettico noto anche per la sua effi-cacia nella nevralgia del tigemino, e/o con farmaci cheagiscano sul metabolismo della serotonina (un neuro-trasmettitore importante nel controllo delle afferenzeperiferiche) si è dimostrato peraltro utile in molti pa-zienti con problematiche psichiatriche minori, qualeterapia complementare da affiancare alla TRT.

E' importante precisare però che, salvo quando l'acu-fene sia diretta espressione della patologia psichiatrica,la terapia farmacologica, isolatamente, non è in gradodi agire in modo duratuto sull'acufene ma solo di faci-litare l'azione della TRT riducendo l'iperattività gene-rale del sistema nervoso centrale.

I limiti della TRT nell'anziano

Come abbiamo visto, il meccanismo d'azione dellaTRT è la modifica delle reti neurali e lo sviluppo di undecondizionamento, processi possibili grazie alla pla-sticità delle relazioni tra i diversi neuroni.

La plasticità neuronale tende però inevitabilmente aridursi con il passare degli anni e con l'invecchiamentocerebrale, ricordando che i neuroni, gli elementi fun-zionali del nostro cervello, sono cellule perenni, che ciaccompagnano per tutta la vita.

Ciò comporta una maggior difficoltà ad intervenirein tempi relativamente brevi con la TRT nel paziente inetà molto avanzata, sebbene sia noto come l'età anagra-fica non corrisponda necessariamente in modo precisoall'età "cerebrale".

Sarebbe inoltre difficile far accettare al pazientemolto anziano, con una aspettativa di vita relativa-mente limitata, un trattamento di lunga durata che inizia dare risultati dopo mesi e che debba essere protrattoper quasi due anni.

Per tali motivi in assenza di vere terapie in grado dimigliorare la plasticità cerebrale (i vari prodotti incommercio sono generalmente meno efficaci di quantopromesso), può essere preferibile, nel paziente in etàmolto avanzata, rinunciare all'impiego dei generatori dirumore come "miscelatori" e proporne l'impiego con lafunzione di mascherare l'acufene, portando il livello delrumore bianco al di sopra dell'intensità dell'acufene conimmediato beneficio se l'applicazione dei dispositivi èaccompagnata dall'inevitabile "retraining" e dalla de-mistificazione dell'acufene.

In presenza di una evidente ipoacusia (presbiacusia)diventa invece necessario applicare delle protesi acu-stiche, sempre retroauricolari, associando eventual-mente generatori ambientali (sound machines) o CD daimpiegare anche in questo caso per ottenere un ma-scheramento dell'acufene, il che non rientra nel proto-collo della TRT.

Fortunatamente nel paziente anziano l'acufene tendegeneralmente ad essere meglio tollerato che nelle per-sone più giovani, sebbene la maggior incidenza di di-sturbi psichiatrici di tipo depressivo, incida negativa-mente, dal punto di vista statistico, su tale affermazio-ne.

Come abbiamo già rilevato a proposito della pre-sbiascusia riteniamo utile associare nel trattamento delpaziente anziano una profilassi con melatonina, asso-ciata ad altre sostanze. Oltre che come regolatore delsonno, il potere antiossidante della melatonina sembrain fatti in grado di rallentare l'evoluzione della presbia-cusia.

La TRT nel paziente con malattia di Meniere od idropeendolinfatico.

Come abbiamo già più volte ripetuto quando l'acu-fene sia diretta espressione della presenza di idrope al-l'interno della coclea, generalmente il trattamento spe-cifico della patologia da noi proposto (ben descritto nel

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documento dedicato all'idrope ed alla Meniere), riescead ottenere la remissione dell'acufene accanto a quelladegli altri sintomi fluttuanti.

Ciò nonostante l'idrope può già aver determinatoalterazioni da generare un acufene stazionario, al qualel'acufene fluttuante va a sovrapporsi.

Come per ogni altro acufene, anche questo segnalestazionario risente positivamente della TRT, ma solouna volta ottenuto il controllo della patologia ed averridotto al minimo le fluttuazioni dei sintomi uditivi.Proporre ad un paziente con idrope o Meniere concla-mata l'applicazione di miscelatori, o la protesizzazioneacustica, sin dall'inizio è, a nostro giudizio, non soloinutile ma anche inefficace, vista la difficoltà di regola-re in modo appropriato l'intensità del rumore bianco, oil guadagno della protesi, a causa delle costanti modifi-che della funzione cocleare, dovute alla remisione edalla ricorrenza dell'idrope.

E' evidente, quindi come, di fronte ad ogni acufenedi intensità estremamente variabile nel tempo diventiimportante puntare al controllo della fluttuazione edidentificare il probabile idrope sottostante prima di at-tuare il protocollo completo di TRT riservato all'even-tuale acufene residuo una volta arrestato il decorsofluttuante e scongiurata la progressine dell'ipoacusia.

TRT nel paziente con un acufene di recente insorgenza

La TRT è un trattamento estremamente efficace macertamente lungo e, quando sia necessario applicaredispositivi elettronici quali i miscelatori, purtroppo an-che costoso.

Per tale motivo, in assenza di una patologia evoluti-va sottostante, considerata l'elevata possibilità che lasituazione si risolva spontaneamente nel giro di brevetempo, in assenza di rinforzi emotivi negativi ed unavolta tranquillizato il paziente con una accurata valuta-

zione specialistica, non riteniamo opportuna la prescri-zione di miscelatori quando l'acufene è comparso re-centemente, rinviando l'eventuale attuazione di unprotocollo completo solo in caso di persistenza dell'a-cufene oltre i sei mesi e limitando la TRT al solo"counseling", eventualmente accompagnato dall'uso digeneratori ambientali al bisogno e dal consiglio di evi-tare il silenzio.

Ovviamente in presenza di una patologia evolutiva oquando l'acufene sia conseguenza di un evento acutorecente (giorni, non mesi) sarà necessario attuare prov-vedimenti terapeutici volti ad impedire l'evoluzione ol'irreversibilità del danno cocleare.

La decisione di rinviare l'applicazione dei miscelato-ri per un acufene di recente insorgenza nasce anchedalla mia esperienza diretta. Due anni fa, nel pienodelle mie ricerche sulle possibili terapie per questo di-sturbo, ho avuto anch'io la "fortuna", professional-mente parlando, di sperimentare un acufene che è per-sistito in modo piuttosto fastidioso ed "invadente" perqualche giorno e si è progressivamente attenuato nelcorso di 6-7 mesi senza necessità di alcuna terapia o dimiscelatori, fino a scomparire completamente. Nel miocaso, peraltro si trattava di un acufene "sintomatico" diun' otosclerosi iniziale al primo stadio, scoperta in se-guito, che è ancora presente nonostante l'acufene nonsia nemmeno più percepibile, se non in momenti diparticolare stress, o nel silenzio assoluto. La conoscen-za del modello neurofisiologico e della TRT, al cuistudio mi stavo dedicando proprio in quel periodo, el'assenza di qualunque preoccupazione, hanno risolto ilproblema senza la necessità di alcun trattamento ag-giuntivo, spegnendo sul nascere l'inevitabile reazionedi allarme comparsa, come è logico in tutti, di fronte adun fenomeno "nuovo", seppur professionalmente cono-sciuto.

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Ultimo aggiornamento: 8-01-2002