Abbandono berti 18nov11

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Modulo Territori rurali in abbandono: interventi di sviluppo e gestione attraverso progetti partecipati Potenzialità e criticità dell’agricoltura in aree marginali: valutazioni teoriche e casi studio Dipartimento Agronomia e Gestione Agroecosistema – Università di Pisa Giaime Berti

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Disclaimer questo materiale è stato presentato durante il corso di Alta Formazione Progettazione Partecipata per lo Sviluppo Sostenibile dei Territori Rurali svolto presso La Scuola Superiore Santa Anna di Pisa tra novembre 2011 e giugno 2012. Il materiale è stato reso pubblico per gentile concessione dei docenti ma non può essere utilizzato senza il loro specifico consenso. Per maggiori informazioni www.sssup.it/territorirurali www.territorirurali.wordpress.com

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Modulo

Territori rurali in abbandono: interventi di sviluppo e gestione attraverso progetti partecipati

Potenzialità e criticità dell’agricoltura inaree marginali: valutazioni teoriche e casi studio

Dipartimento Agronomia e Gestione Agroecosistema – Università di Pisa

Giaime Berti

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Individuazionedei concetti

teoriciattraverso un processo diastrazione

Descrizione e spiegazionedella realtà

Individuazionedi percorsi utili

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La  marginalità socio‐economica  è definita  come  un depotenziamento strutturale della capacità di reazione del sistema locale prodotta  dal  processo  di  spopolamento attraverso  un  incrocio  di  effetti recessivi (Aimone e Buran; Buchi G., 2001). 

Tale  definizione  di  marginalità che riguarda il :

•dinamismo demografico, •il  potenziale  di  reddito  e consumo locale, •le  dotazioni  di  servizi  locali  di uso quotidiano•e    il  tessuto  imprenditoriale locale, 

identifica  le dimensioni attraverso cui  si sviluppo  il  circolo  vizioso  della marginalizzazione  rurale  (OECD; 2006; p. 12). 

circolo vizioso della marginalizzazione rurale 

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PROVINCIA DI MASSA­CARRARA 

Toscana

LUNIGIANA

AREA di COSTA

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Fonte: IRPET, 2002; p. 208

AREA  RURALE MARGINALE:

•esodo rurale: • ’50‐’80 :  ‐ 28,9% popolazione• ‘84‐’04: ‐ 7,08% popolazione

•l’indice di vecchiaia:• Lunig. 283,3%> 192,30% Toscana;

•tasso di disoccupazione :• Lunig. 9,02% > 6,87% Toscana

•tasso di occupazione in agricoltura• Lunig. 4,27% > 3,93% Toscana

(fonte: nostra elaborazione su dati Istituto Studi e Ricerche, 2005 e  ISTAT, 2001)

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La Lunigiana non è uno “spazio di produzione” ne in termini di produzione di massane  in  termini di sistema agro‐industriale locale  specializzato in prodotti di elevataqualità :• polverizzazione della proprietà: 

• media aziendale SAT  (ettari) : 5,66 < 11,64 Toscana• media aziendale SAU (ettari): 2,18 < 6,35 Toscana

• micro aziende familiari:• il 95 % delle aziende sono familiari• Con occupati non familiari 1,69 % < 3,49% Tuscany

• Mancanza sistema di trasformazione e  frammentata e disorganizzata  rete per  la raccolta, la conservazione e distribuzione dei prodotti (Cortesi, 1977; p. 139‐143, Camera diCommercio, 2005) ….. ma il macello a Fivizzano

• Multifunzionali:    attività economica,  mantenimento del  paesaggio e  assettoidrogeologico, relazioni sociali (PLSR, 2007)

• Turismo rurale (Balerstrieri, 2006, Camera di Commercio, 2005): • Basato sulle “seconde case” (Camera di Commercio, 2005)• Agriturismo molto inferiore alla media regionale ma  in aumento (da 73 nel 2004 a 109 nel 2007) (Balestrieri, 2005; PLSR, 2007)

• 72 prodotti agro‐alimentari locali  registrati nel catalogo ARSIA 

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2001 1990 1982

N. Aziende SAT

N. Aziende SAT

N. Aziende SAT

SEL 1 ­Lunigiana

valori assoluti 77.43 43.643 8.886 53.574 10.640 71.864riduzione in termini % rispetto al 1982 ‐ 27% ‐ 39% ‐ 16% ‐ 24% ‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐ ‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐

REGIONE TOSCANA 

valoriassoluti 139.872 1.627.461 149.741 1.776.563 163.800 1.863.632riduzione in termini % rispetto al 1982 ‐ 15% ‐ 13% ‐ 9% ‐ 5% ‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐ ‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐

Superficie  agricola  e  numero  delle aziende

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“la rivalutazione di funzioni di tutela ambientale, lo sviluppo di funzioni residenziali e,  soprattutto,  la  crescente  diffusione  del  turismo  rurale  le  stanno progressivamente  trasformando  in  direzione  delle  aree  turistico  rurali”(IRPET, 2002; p.209). 

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“Oggi Zeri non è più solo un puntino sperduto tra i monti della Lunigiana:è qualcosa che resiste, qualcosa che 

esiste” (Riconda, 2004 )

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Toscana LIGURIA

Emilia Romagna Pontremoli

Mulazzo

La superficie comunale è di 73,59 Kmq con una densità abitativa di neppure 18 abitanti per kmq. La parte inferiore delle vallate è inabitata e inutilizzata, mentre nella parte mediana e medio-alta, tra i 600 e 1.400 m. s.l.m., vivono 682 famiglie, 1.314 Zeraschi (Istituto di Studi e Ricerche (ISR), 2005).

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La Vallata di Zeri comprende le seguenti frazioni: Patigno, Valditermine, Villaggio Aracci, Costa d'Asino, Piandelmonte, Antara, Chiosa, Torricella, Bergugliara, Serralunga, Fichi, Villaggio Passo Rastrello, Castello, Coloretta, Noce, La Dolce e Conciliara.

La Vallata di Adelano comprende le seguenti frazioni:Casa Rocchino, Calzavitello, Casa Bornia, Casa Maddalena, Casa Biagi, Casa Tosi, Frandalini.

La Vallata di Rossano comprende le seguenti frazioni: Piagna, Castoglio, Chioso, Montelama, Chiesa, Paretola, Valle e Bosco.

La Vallata di Codolo comprende le seguenti località: Chiesa, Mola, Cernatore, Villa di Sotto, Baraccone, Ripola.

Zeri non è un unico borgo rurale ma è un nome collettivo di numerose località sparse nelle quattro vallate di Adelano, di Rossano, di Codolo e la valle di Zeri

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“io ho sempre pensato che fossero popolazioni non proprio così omogenee che avevano tradizioni e usi e costumi diversi, magari con una stessa base ma con molte varianti diverse come il dialetto, ogni frazione ha il suo dialetto.

Zeri non esiste fisicamente e non esiste neanche come unico concetto anche se sembra che significhi Cerri. Cerri perché ci sono tante querce ma questo è il vecchio toponimo che è stato sfatato un paio di volte”.

Zeri è una “ragnatela di rapporti intricati”“città invisibile” di Ersilia, dove “per stabilire i rapporti che reggono la vita della città, gli abitanti tendono dei fili tra gli spigoli delle case, bianchi o neri o grigi o bianco‐e‐neri a seconda se segnano relazioni di parentela, scambio, autorità, rappresentanza” (Calvino, 1999; p.76). 

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Zeri Lunigiana ToscanaIndice di vecchiaia 651,81% 283,23% 192,30%Tasso di disoccupazione 9,48% 9% 6,87%Occupazione in agricoltura 16,2% 4,27 % 3,93%Variazione popolazione residente(1982‐2001)

‐22,96% ‐7,57% ‐ 2,37%

• 1.134 abitanti  e 192 imprese agricole: una ogni 6 abitanti • il tasso di occupazione è del 16,2%, quattro volte superiore rispetto 

alla media della Lunigiana. • Secondo  i  dati  del  Comune  di  Zeri,  il  numero  di  “coinvolti” in 

agricoltura  sono  300,  questo  significa  che  almeno  il  40%  della popolazione è legata agricoltura. 

Zeri Lunigiana Toscana

Aziende  con  allevamento bovino in valori %

50,54 % 22,40% 9,98%

Aziende  con  allevamento ovino in valori %

45,65% 9,72% 9,31%

2000‐1982aziende SATVariazione in valori percentuali

Zeri ‐123,96% ‐52,70%

SEL 1 ‐ Lunigiana ‐37,41% ‐64,66%Toscana ‐17,11% ‐14,51%

Area marginale

Specializzazioneallevamento

Ovinobovino

Economiaagricola

Crisi lungoperiodo

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Brochure di presentazione dell’iniziativa regionale “Il Mercatale”, presentata in occasione della Conferenza Regionale dell’Agricoltura e dello Sviluppo Rurale della Toscana del 2006

Paolo Pellegrini, inviato del quotidiano La Nazione al Salone del Gusto di Torino, 2004

“[…] Zeri e le sue montagne, un angolo di mondo lontano da tutto ma al centro di un piccolo miracolo: le “signore degli agnelli”, le ha ribattezzate qualcuno con intuizione felicissima […] Sono loro la bandiera della Toscana dei sapori […]”. 

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“Ai tempi dei miei nonni e prima di loro a Zeri non c’era scelta si nasceva per diventare contadini, e in particolare allevatori.

Mia madre e mia zia come tutti di quella generazione e successive hanno abbandonato Zeri per andare nelle città. […]

Mi sono sposata a Zeri, sono venuta a vivere a Zeri, però lavoravo a Pontremoli in un ufficio, finché i miei nonni hanno deciso di vendere quello che avevano, 20 pecore ed una mucca, e a quel punto io non me la sono più sentita di lavorare laggiù, ho deciso di abbandonare il lavoro.

Nel 2001 ho preso quei pochi animali che avevano i miei nonni perché erano già pensionati e adesso ho 100 pecore e una decina di mucche.

[…]

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I nonni facevano formaggio, poi è mancata una generazione a Zeri, che non c’è stata quella dei miei genitori,

saranno rimaste due o tre persone a fare questo lavoro e quei due o tre allevatori che sono rimasti a Zeri non hanno fatto questo lavoro cercando di ripristinare quello che era, hanno trasformato l’allevamento in allevamento intensivo, hanno cambiato radicalmente il modello di allevamento.

Io cerco di fare come nella tradizione, aprendo un caseificio familiare, producendo in piccole quantità, sempre come facevano i nonni ma in regola.

Io vendo la nostra storia, le persone che vengono in azienda sono interessate sì al prodotto ma soprattutto alla storia che c’è dietro, a visitare l’azienda, al contatto, alle leggende, alle passeggiate, a quello che è appunto il territorio”.

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Anni ‘50‐’60

Anni ’90

Allevamento  ovino tradizionale 

La modernizzazione agricola

Nuovo modello contadino

• attività integrativa rispetto all’allevamento bovino• produzione  di  carne  per  l’autoconsumo  o  per  mercato  familiare‐

amicale informale, • produzione casearia casalinga per autoconsumo

Declino della modernizzazione

Reinassance rurale

• Modello Produttivista Incrocio: • con  razza  massese  (aumento produzione di latte)  mastite

• con  razza  bergamasca  (aumento produzione  di  carne)  resa minore

• Esodo agricolo• Esoso rurale• Abbandono allevamento

razza zerasca razza via estinzione

• Modello Sviluppo rurale sostenibile:• Valorizz.  risorsa  locale  e ricongiungimento uomo‐natura 

• Creazione  del  “mercato  ufficiale”(carne,  formaggio  e  altre prospettive)

• Valorizzazione  di  tutte  le  risorse 

• Recupero e  valorizzionerazza e capitale territoriale

• Vitalità socio‐economico‐culturale

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Allevamento  ovino tradizionale “La "Zerasca" è la razza ovina del territorio di Zeri e la sua formazione è stata favorita dall'isolamento geografico della zona”.

“la grande qualità delle carni deriva sia dalla particolarità della razza, che sa utilizzare al massimo le risorse del territorio, sia dal grande pregio di queste risorse: prati, pascoli e cespugli, crescono in un ambiente incontaminato rendendo disponibili specie foraggere fresche, di grande appetibilità e di valore nutritivo elevato” (Comunità Montana della Lunigiana). 

•“Molte aziende  se non avessero  terreni di uso civico non  riuscirebbero ad allevare piùbestiame. Poi  si appoggiano a questi  terreni per allevare non  solo  le pecore ma anche bovini” (Patrizia Figaroli in Report, 2003);

•“Io  per  prima  ho  più di  80  pecore.  Se  non  potessi  più d'estate mandarle  nel  terreno comune, credo che ne potrei tenere una trentina poi stop, le altre no” (Valentina Merletti in Report, 2003)

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Esodo rurale

Il “grande esodo rurale”

Fonte: nostra elaborazione su grafico prodotto da wikipedia su dati ISTAT 

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“Negli  anni  '60  – '70  è stato  fatto  un ampio  ricorso  ad  arieti  di  razza Massese  allo  scopo  di  aumentare  la quantità di latte prodotto. 

Sono stati tentati anche  incroci con  la razza  Bergamasca,  per  aumentare  la produzione di carne (Verità et al, 2001)

in passato quando io ero una bambina (avevo 7‐8 anni) mio papà nel branco aveva il montone grigio dato dall’APA, sicuramente era della razza massese”

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“Negli anni '60 – '70 è stato fatto un ampio ricorso ad arieti di razza Massese allo scopo di aumentare la quantità di latte prodotto. Questa pratica ha portato ad una riduzione della rusticità, e quindi delle capacità di sfruttamento da parte degli animali di un ambiente non facile sia dal punto di vista climatico che di reperimento delle fonti alimentari […] Comunque, gli incroci non hanno raggiunto lo scopo voluto: se da un lato si ottenevano agnelli di maggiore peso e precocità, dall'altra aumentavano i problemi di patologia mammaria e la produzione lattea si modificava solo di poco, per cui questa pratica è stata abbandonata […]

Sono stati tentati anche incroci con la razza Bergamasca, poi abbandonati in quanto la resa alla macellazione degli agnelli risultava inferiore a quella dei soggetti non incrociati”

ABBANDONO“RAZZA”ZERASCA

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Anni Aziende  Numero di capi (bovini)

1982 199 9551990 138 5742000 93 510

Variazione % 1990/1982 ­30,7 ­39,9Variazione % 2000/1990 ­32,6 ­11,1Variazione % 2000/1982 ­53,3 ­46,6

Aziende Numero di capi(ovini)

N°medio capi per azienda

1982 137 1.755 12,81990 139 2.687 19,32000 84 2.982 34,3

Variazione % 1990/1982 1,5 53,1

Variazione % 2000/1990 ­39,6 11,0

Variazione % 2000/1982 ‐38,7 69,9

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Anni 50‐60

Declino dellamodernizzazione

agricola

La Renassancerurale

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Piccolo miracolo

Riscoperta

Valorizzazione

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tra il 1999 e il 2000 diventiamo presidio Slowfood, e lo diventiamo per l’aiuto dell’amministrazione provinciale, del comune e di Slowfood».

La partecipazione al Salone del Gusto, 2001

L’importanza di tale esperienza risiede in cinque aspetti:•gli allevatori divennero pienamente consapevoli della qualità del loro prodotto;•gli allevatori consolidarono la loro rete relazionale (interna) e intuiscono la necessità di rafforzare la capacità organizzativa e definire un progetto collettivo;•il prodotto ha iniziato ad essere conosciuto ed apprezzato e promosso su scala nazionale e gli allevatori diventano consapevoli della la centralità della comunicazione, •gli allevatori iniziano a creare una rete di conoscenza con realtà simili, •e, soprattutto, si intravede con chiarezza la possibilità della costruzione di un mercato formale attraverso l’attivazione dei primi canali commerciali con realtà extra regionali.

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Tornati dal Salone del gusto decidono di costituire il Consorzio:

•Dall’azione individuale all’azione collettiva

•Nicchia biologico‐sociale dell’allevamento:

• razza ovina autoctona (standard di razza)

• tecniche di allevamento estensive e no OGM

• perimetrazione aperta” della zona di produzione

•Costruzione di un macello a Zeri;

•Nel  passaggio  dall’allevamento  finalizzato  alla  sola  produzione  di  carne  alla 

valorizzazione di tutta la “filiera”

• Salume di pecora

• Mezzalana e prodotti lana

• Formaggio e caesifici aziendali

•Nella promozione della cultura e dell’arte del fare locale;

•Nella realizzazione della sagra della pecora Zerasca

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Istituzionalizzazionedell’azione collettiva

Creazione del Consorzio

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Nel Disciplinare di produzione, il Consorzio stabilisce la denominazione del prodotto (art. 1, “l’agnello da carne di razza Zerasca assumerà il nome di ‘Agnello di Zeri’”), la cui utilizzazione è riservata esclusivamente alla presenza di un prodotto che soddisfi determinate condizioni:

•Gli ovini devono presentare determinate caratteristiche che definiscono lo “standard di razza” (art. 2);

•Gli ovini devono essere allevati in un determinato ambito geografico (art. 3);

•Gli ovini devono essere allevati secondo specifiche pratiche (art. 4);

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MERCATOLOCALE

E EXTRA‐LOCALE 

(regionale e nazionale)

Macello Pontremoli

Macello mobileZERI

VENDITA SOTTO BANCO

Consorzio

Regione

Provincia

Comune Zeri

Aziende locali

Comune Pontremoli

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«partecipo al progetto la ‘Tela di Aracne’, un progetto della Regione che costruisce con imprenditori di diverse realtà produttive. Lì incontro tutta una serie di realtà che si occupano di lana, di come lavorarla, di tutta una serie di cose che mi diventano estremamente utili, come estremamente utile mi diventa il contatto con il mondo, l’esterno […]»

«Ho fatto una proposta allo Slow Food per utilizzare le nostre lane e quelle dell’Alpago per fare l’oggettistica da vendere».

Il primo passo è stato la partecipazione al "Progetto sviluppo economico e valorizzazione del territorio e dei prodotti naturali" promosso nell’ambitonell’iniziativa “Filo e artificio” sostenuta dalla Regione Toscana. Questo progetto pilota aveva lo scopo di riassumere i vari aspetti della filiera tessile che, partendo dalla produzione delle fibre tessili di origine animale e vegetale, attraverso la tintura, la tessitura e la sartoria, giungesse alle creazione di tessuti, manufatti e capi di abbigliamento.

“Il progetto “Mezzalana” termina con la realizzazione da parte della Filanda Giannini localizzata a Cutgliano, un Comune della montagna pistoiese, di alcuni prodotti tra alcuni vestiti tradizionali e qualche gadget”

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Cerco di portare avanti quello che facevano i miei nonni adeguandomi ai tempi, perchénon puoi fare come facevano una volta in tutto e per tutto[…]. Io quest’anno sto aprendo un caseificio che era una cosa impensabile qualche anno fa, l’idea di un caseificio a Zeri. I miei nonni facevano il 

formaggio […]

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I salumi sono prodotti con la carne delle «pecore a fine carriera»: «l’anno scorso abbiamo provato anche noi, per evitare di buttare, poi non è che le butti, le pecore a fine carriera sono pecore che non puoi più mettere in produzione allora vengono i camion qua e le vengono a ritirare le portano via e portano via le pecore per 5 euro, per 10 euro e non è produttivo per l’allevatore».

Si tratta di un salume che è composto da 60% di carne di pecora e 40% di carne di maiale.

Nel 2008, però, la collaborazione per la produzione del salume di pecora si èspostata a Pisa con un’azienda biologica, in quanto il maiale utilizzato a Valestra è sembrato agli allevatori Zeraschi troppo “industriale”:

«La cosa che mi ha lasciato un po’ perplessa è che a Valestra il salume lo lavorano in un laboratorio che a me è sembrato poco artigianale e molto industriale, che a me questa cosa della quantità non piaceva molto, con un maiale che hanno messo loro perché il salume è 60 di pecora e 40 di maiale, la pancetta del maiale, però se io non so come è allevato il maiale, magari butto il mio 60 di pecora in un maiale che poi è allevato come negli stabilimenti, e quindi quest’anno abbiamo preso in considerazione di provare a farlo con un ragazzo che ha preso la Zerasca in provincia di Pisa».

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Circoli di stuido su: • Lana • Maschera di serrar la vecchia • Balli: giva e piva 

 

Coro "Al Sass" Circolo ACLI 

“Don Adriano” 

Tarandandan

‐ Il  vestito  tradizionale contadino e la mezzalana, 

‐ Il “canto del maggio”; ‐ Le danze tradizionali locali: la “giva” e la “piva”  

‐ Il “canto della pastorella”  ‐ La scenetta teatrale “serrar la vecchia” 

‐ Il cappelmontale Consorzio 

Ass.ne Zerinsieme 

Comunità locale  Museo Etnografico 

di La Spezia 

Contesto locale 

Riscoperta, valorizzazione del capitale culturale (rurale) 

Gruppi folkoristici di altre realtà territoriali 

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La Fiera non è solo promozione commerciale del prodotto, è anche molto altro ed è proprio in questa plurima funzionalità che essa gioca un ruolo fondamentale nel processo di valorizzazione dell’agnello e di sviluppo del territorio.

Le diverse funzioni che la festa svolge sono le seguenti:

•promozione del prodotto;

•promozione del territorio;

•momento di integrazione tra la comunità locale e gli allevatori, senza l’aiuto dei

numerosissimi giovani e meno giovani volontari non sarebbe possibile organizzare la festa,

•momento di ri-definizione dell’identità locale;

•“think tank”: la festa è l’occasione per promuovere dibatti a cui partecipano attori del mondo

universitario, politico e di confronto tra gli allevatori e la comunità locale;

•vetrina della progettualità promossa e a cui il Consorzio partecipa;

•momento di scambio con altre realtà della pastorizia italiana che sono invitate a partecipare

ai dibattiti ed a portare il contributo della propria esperienza;

•manifestazione della cultura tradizionale contadina locale e di scambio con tradizioni

culturali di altre locali.

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marginalità Sviluppo sostenibileattraverso l’agricoltura

Resistenzacontadina

Innovazione Differnziazione:Processo di costruzione della diversità

Capitale territorialeNetwork

Ibridità :umano/non‐umanoLocale/extralocale

Retro‐innovazioneRadicale vs incrementale

rottura rispetto al regimeBricolage vs breakthrough

conoscenza e agency distribuita e embeddedSocial/situated learning

network e contesto e ibridità

Co‐produzione/Azione collettivasocialeUomo‐natura

Governance o meglio GOVERNANZIONE AGENDA STRATEGICA TERRITORIALE

Democrazia diliberativa partecipataEmbedded Deliberative Democracy (Fung e Wright, 2001 

Approcciostrategico ainetwork

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La figura di BoringE.G. Boring, "A New Ambiguous Figure", American Journal of Psychology, 42, 444 (1930).

Il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà: 

la resistenza contadina ai processi di marginalizzazione rurale 

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Anni ‘50‐’60

Anni ’90

Società agricola tradizionale:• Popolazione stabile:  fino al 1921 crescita, dal 1931 al 1951 perdita solo del 3,6%• Occupati: 

Controstrutturazione:

la transizione

Marginalizzazione

Anno Agricoltura Industria Altre attivitàeconomiche

1951 46,8 29,5 23,7

Esodo rurale e agricolo:• Dal 1951 al 1984 riduzione della popolazione del ‐28,4 %•Riduzione superfici agricole e numero di impreseTrasformazione dell’economia:• 1951‐1971: secondarizzazione dell’economia• 1971‐1984: terziarizzazione•Fallimento modernizzazione industriale•Fallimento modernizzazione agricola

Nuovi modelli di cultura‐consumo:•Svolta della qualità•Mercificazione spazio rurale

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LUNIGIANA 

Discorso sullo sviluppo rurale 

Istituzioni locali  

Attori locali 

Nuovo percorso di sviluppo  

• Dal  tradizionale  sviluppo  economico  settoriale alla  mobilizzazione,  riconfigurazione  e (ri)costruzione del capitale territoriale,   

• Dall’azione individuale all’azione collettiva e alla cooperazione 

Unione europea Università Regione Toscana ARSIA Slow Food  

“Effetto Toscana” 

Valorizzazioneprodotti agro‐alimentari locali

Valorizzazionealtre risorseendogene

Consorzi, stradedel vino e pani, associazioni etc.

Limiti

• Mancato allineamentonetwork diversi:

• assenza prodottodominante

• frantumazione offerta

• Scarsa capacitàintegrazione

• Individualismo e municipalismo

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LIMITI ALLA VALORIZZAZIONE:•Mancanza di una immagine unitaria:

• Sono 4 anni che  sto cercando di  fare un manifesto con una parola chiave che identifichi il territorio e non ci siamo riusciti. 

•Frammentazione dell’offerta• “eccessiva  frammentazione  dell’offerta  per  cui  risulta  difficile  proporsi  con 

qualcosa”

•Campanilismo:• “recupero  di  una  memoria  storica  collettiva  che  deve  diventare  collettiva 

veramente, un senso di appartenenza ad un territorio che è uno e non  fatto di tanti castelli e campanili […]”

•Scarsa capacità di agire collettivamente• “non è che ogni comune si deve attrezzare da solo ma fare insieme”. 

•Scarso livello di integrazione• “ […]io non posso andare ad un ristorante o ad un agriturismo e  trovare  l’olio 

che viene da Lucca o il vino che viene dal Piemonte”.• “i nostri ristoratori non hanno i prodotti della strada del vino”.

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“Penso che un uomo senza utopia, senza sogno e senza ideali, vale a dire senza passioni e senza slanci, sarebbe un mostruoso animale fatto semplicemente di istinto e raziocinio: una specie di cinghiale laureato in matematica pura”

Fabrizio De André

Il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà: 

la resistenza contadina ai processi di marginalizzazione rurale