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Le sezioni a, b, c, d, e, f, g, h del Capitolo sono state tradotte dal Dr.Edmond Çali con la revisione della Dott.ssa Zaira Tocci.

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Dhurata Shehri

Come leggere la letteratura albanese

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I edizione: febbraio

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A mia figlia Andra

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Indice del volume

1. Letture e riletture della letteratura albanese 7 2. Riletture filologiche 25a. Le differenze fra le due varianti degli Specchi di Narciso 27b. Modellazioni di prosa e poesia 453. Riletture delle letture ideologiche 65a. I francescani nella storia della letteratura albanese 67b. Il romanzo Pse oppure l’eros estetizzato 75c. La rilettura della tradizione, il caso della poesia di Lasgush Poradeci 81d. Il discorso poetico come discorso politico 87e. Ernesto Koliqi, scrittore dell’esilio 95f. Storia della ricezione della letteratura albanese (il testo ed il contesto) 103g. Lo spazio della libertà 113h. La libertà della solitudine oppure l’uomo con se stesso e senza gli altri 117i. La collettivizzazione del soggetto lirico nella letteratura albanese del realismo socialista 1234. Letture della contemporaneità 129a. Il dolore e l’estetismo del dolore nella prosa contemporanea albanese 131b. Della frontiera, oppure “Odë e Mesit” 135c. Poezia contemporanea albanese: antimodelli alla ricerca di modelli 1395. Bibliografia 145

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1. Letture e riletture della letteratura albanese

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Letture e riletture della letteratura albanese

I lettori albanesi sono sempre stati esigui, per non dire piuttosto rari, tra la massa dominante degli analfabeti. Storicamente bramosi di leggere nella loro lingua, essi solo recentemente sono riusciti a soddisfare questa loro bramosia, poiché la lingua albanese, anche se documentata fin dal XV sec., divenne lingua di cultura con delle forme propriamente letterarie solo in epoca moderna. Per un lungo periodo, precisamente fino al 1908, chi si cimentava nell’impresa di scrivere in albanese doveva prima di tutto scegliere uno dei numerosi alfabeti in circolazione, sempre se resisteva alla tentazione di crearne uno nuovo. Come se non bastasse, in mancanza di una norma ortografica e grammaticale unificata, fino al XX secolo inoltrato si usava scrivere in dialetto. Queste sono alcune delle caratteristiche che contraddistinguono il complicato rapporto degli albanesi con il libro e la letteratura.

La letteratura è mai stata realmente parte della loro vita? Essa è mai servita agli albanesi come tramite per arrivare alla verità dell’essere? Le risposte a queste domande non sono facili e immediate. L’esperienza della letteratura albanese, dei suoi autori e delle rispettive opere dimostra che, anche se gli autori sono stati venerati come dei, la letteratura che essi hanno prodotto è stata in pratica poco conosciuta. Fino a settant’anni fa l’autore più amato degli albanesi è stato Gjergj Fishta. Pochi erano stati i lettori delle sue opere, ma altrettanto pochi erano gli albanesi (specialmente gheghi) che non conoscevano a memoria il suo poema “Lahuta e Malcis”. Dopo di lui un altro autore, Mitrush Kuteli, soleva scrivere i suoi racconti come fiabe, cioè in una forma più adatta a essere ascoltata piuttosto che letta. Per la prima volta, forse, con la letteratura della Rilindja (il Risorgimento Nazionale) si crea una sorta di comunicazione e di sintonia tra ciò che gli scrittori albanesi scrivevano e ciò che i lettori percepivano nel leggere. Tale sintonia si basava su un’esigenza di identità: si identificava infatti con la terra, con il sangue e la lingua comune,

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in altre parole, con la patria. Paradossalmente fu proprio questa dimensione sacralizzante dell’idea della patria a viziare per sempre la comunicazione degli albanesi con la lettura.

Il rapporto degli albanesi con la letteratura contrasta con il rapporto che essi avevano istaurato con la pre-letteratura: i miti, le fiabe, i canti popolari. Questi ultimi erano parte della quotidianità, anzi erano il miglior modo di vivere la quotidianità, mentre la letteratura colta, pur essendo stata sempre vista con una sorta di rispetto reverenziale, in pratica rimase poco conosciuta e poco accettata a tal punto che per essere recepita doveva trasformarsi e assumere sembianze folkloristiche. Per più di un secolo gli albanesi istaurarono con la letteratura un rapporto romantico, roussoniano. Sostanzialmente essi credevano nella letteratura, ma non in quanto tale, cioè non in quanto letteratura. Il poema epico, ad esempio, di solito veniva composto in onore di un conoscente dell’autore, la cui vita a causa di un incidente (preferibilmente mortale) assumeva tratti epici. Un’acuta spiegazione dei meccanismi interni di questo processo creativo nell’Albania di settant’anni fa ci ha fornito Koliqi nel suo celebre saggio “Come nasce in Albania un canto popolare”: “Tutte le regioni d’Albania, ma specie le Alpi Albanesi, estrema propaggine meridionale di quelle dinariche, pullulano ancora oggi di rapsodi che, al suono della lahuta, allietano le riunioni solenne. Vi sono cantori i quali soltanto cantano, ritmandole su un lineare motivo musicale, le rapsodie dei cicli epico-romanzeschi che esaltano le gesta di mitici eroi locali; ma vi sono anche poeti, cioè compositori di canti, i quali, per circa cinque marenghi d’oro (esiste una tariffa) accondiscendono a celebrare con versi di propria fattura qualsiasi evento che venga loro proposto come argomento di canto.”1 Impossibile stabilire dove comincia la quotidianità e dove finisce la finzione in questa letteratura “cantata”.

Il rapporto con la lettura/scrittura era completamente diverso. Lo status sociale della lettura poco aveva a che fare con la lingua albanese e tanto meno con la vita quotidiana degli albanesi. I

1 Ernest Koliqi, “Come nasce in Albania un canto popolare”, in Saggi di letteratura albanese, Leo S. Olschki Editore, Firenze 1972, p. 35.

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pochi scrittori albanesi non leggevano in albanese perché non c’era quasi niente da leggere, quindi essi erano diventati scrittori dell’albanese prima ancora di essere lettori in albanese.

In altre parole, quello degli albanesi con la lettura è un rapporto nuovo tanto quanto è giovane la storia del libro in albanese. Tale rapporto però, intriso di una particolare dimensione risultante dalla fusione degli aspetti materiali (la carta) con quegli spirituali (la relazione degli albanesi con loro stessi e con il mondo) si intensifica quando i libri scritti in albanese cominciano ad essere anche stampati in Albania. Questa novità non di poco conto allarga ulteriormente i confini dell’indagine sul periodo della Rilindja. Le circostanze extraletterarie nelle quali i libri albanesi cominciarono a circolare liberamente tra i lettori in patria influenzarono profondamente la stessa letteratura albanese, che vide così per la prima volta il proprio ciclo compiuto. Caratteristica fondamentale della letteratura albanese era la funzionalità, il vero e unico scopo degli stessi emittenti (cioè gli autori della Rilindja). I riceventi (i lettori della letteratura albanese di quel periodo), dapprima inconsapevoli di questa particolarità, cominciarono a prendere sempre di più consapevolezza del fatto che il valore della letteratura risiede proprio nella sua funzionalità. Il testo letterario, come espressione della soggettività autoriale da essere decodificato attraverso un altro soggetto, era ridotto al minimo. Le cose cominciano a cambiare durante gli anni ’20-’30 del XX sec. Proprio in quegli anni la consapevolezza critica assume un ruolo emancipatore nei confronti del lettore. I celebri scritti di Konica, Kuteli, Maloki, Pipa, Vangjel Korça, ecc. testimoniano pienamente tale tendenza.

La situazione si capovolge totalmente dopo la Seconda Guerra Mondiale. Tutti gli elementi dello schema della comunicazione letteraria (e non solo) subiscono delle distorsioni: l’autore, il testo, il tramite (la critica) e, infine, il lettore. Quest’ultimo elemento aumenta sensibilmente dal punto di vista quantitativo, rimanendo fedele dal punto di vista dell’orientamento ricettivo, alla stessa logica di “consumo” letterario, ereditata dal periodo

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della Rilindja. La distorsione parte dal testo per ritornare ad esso attraverso la decodificazione degli altri attori presenti in questo processo comunicativo, sopratutto attraverso la critica, la quale a sua volta raddoppia inevitabilmente la distorsione per effetto del suo duplice status: il critico agisce da emittente di un testo che ha per oggetto un altro testo verso cui non è che mero ricevente. Tutti mirano al lettore, attaccandolo. Blanchot a questo punto distingue la lettura dall’interpretazione. La lettura, ossia “il metodo della discrezione” si ha allorquando il lettore mantiene integra la distanza dall’opera, la quale, essendo manifestazione di un vuoto – il cui riempimento costituisce l’unico stimolo per l’autore – tiene il lettore a debita distanza. Proprio questa distanza fa sì che il lettore riconosca l’esistenza dell’opera indipendentemente dalla propria esistenza. L’interpretazione, o per meglio dire, la pretesa di interpretazione che si contrappone alla lettura “discreta”, costituisce l’essenza vera della critica del realismo socialista. Questo tipo di critica, secondo Blanchot, non solo è inutile, ma anche dannosa. Il suo giudizio “è colpevole di coprire il vuoto costitutivo della letteratura, di spostarne lo spazio paragonando l’opera a qualcosa d’altro, fosse la morale o le regole di estetica...2.

Dopo gli anni ’90 in Albania avviene ciò che abbiamo descritto come “assenza di critica”. Paradossalmente tale assenza coincide con l’unico merito che Blanchot riconosce alla critica: “per realizzarsi la critica deve sparire e farsi quanto più simile alla lettura”.

Che cosa succede nel momento in cui leggiamo? I teorici della letteratura hanno dato a questa domanda risposte diverse e talvolta contrapposte. Le prime avvisaglie del problema si scorgono nei meandri della esegesi biblica. Ma solo nel XX sec., specie in questi ultimi settant’anni, tanto il lettore come uno degli elementi dello schema di comunicazione, quanto la lettura come processo di significato e di significazione, sono stati posti al centro dell’attenzione. Il lettore cerca una comunicazione

2 F. Muzzioli, Le teorie della critica letteraria, La nuova Italia Scientifica, Roma 1996, p. 170.

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soggettiva con il testo, però è condizionato da una serie di fattori, tra cui la critica, la quale a sua volta, in modo esplicito e sistematico, è soggetta, ancor più del lettore, a degli “ostacoli” e “impedimenti” di tipo formalista che derivano dalla tradizione letteraria. La libertà e la responsabilità del lettore furono poste al centro delle teorie di ricezione. Per la scuola di Costanza (Iser, Jauss), la lettura era condizionata dalle attese del lettore, dalla sua formazione individuale, nonché dal contesto socio-culturale. Il riempimento degli spazi bianchi o oscuri del testo durante l’interazione con il lettore cambia lo stesso concetto del testo, da un’entità chiusa (come lo consideravano gli strutturalisti) ad una aperta, come lo vide Eco in “Opera aperta” (anche se più tardi Eco ammetterà che in effetti è l’intentio operis a determinare la lettura collaborativa del testo). Dunque il compito del lettore moderno oscilla tra la libertà (per via dell’allargamento progressivo dei saperi enciclopedici) e i limiti posti dalla responsabilità, nonché dalla ideologia del discorso letterario o enciclopedico. Lo spostamento dell’attenzione dal concetto del lettore ideale a quello del consumatore reale del testo letterario ha dato luogo alle teorie del decostruttivismo e della scuola americana Reader-Response Criticism, che, soprattutto con l’opera di Stanley Fish, pone l’accento sulla necessità di “educare” il lettore. La consapevolezza di tale esigenza di educazione nell’ambito del concetto dell’ideologia come coscienza e subcoscienza discorsiva unisce di nuovo insieme tutti gli elementi dello schema della comunicazione: il lettore al centro, l’autore come produttore di un discorso che non è esclusivamente suo, il testo (aperto o chiuso che sia) e infine il tramite, cioè la critica come linguaggio e metalinguaggio interpretativo che a sua volta stabilisce il canone letterario3. Il dibattito in corso negli USA sulla lettura e la mislettura è caratterizzato da diverse e talvolta opposte posizioni sui limiti o l’assenza dei limiti di interpretazione. Se per Hirch il limite dell’interpretazione sta nell’obbligo di non falsificare il

3 Per una rassegna delle teorie sul lettore cfr.L. Rodler, I termini fondamentali della critica letteraria, Bruno Mondadori, Milano 2004; F. Muzzioli, Le teorie della critica letteraria, La nuova Italia Scientifica, Roma 1996; E. Biagini, A. Brettoni, P. Orvieto, Le teorie critiche del Novecento, Carroci, Roma 2001.

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testo, Stanley Fish assume una posizione contrastante. Attraverso il concetto del “relativismo” interpretativo dal punto di vista del lettore, lui non solo sostituisce la stessa lettura con la scrittura, ma arriva ad affermare che “il testo non esiste” e che “gli interpreti non decodificano poesie: le fanno”4.

La pluralità delle letture, la moltiplicazione delle scritture, lo status odierno della critica letteraria in Albania, la consapevolezza che nessuna interpretazione, per quanto “perfetta” sia, può impedire nuove future interpretazioni, tutto questo ci porta inevitabilmente verso una dinamica di letture come sfida e come necessità, come piacere individuale e come dovere collettivo. “L’opera letteraria non è un oggetto che stia a sé, che offra lo stesso aspetto ad ogni osservatore in ogni tempo. Essa non è un monumento che manifesti attraverso un monologo la sua natura atemporale” – scrive Jauss5. Da quest’ottica possiamo esaminare non solo l’evoluzione dei concetti della lettura e del lettore della letteratura albanese, ma anche i cambiamenti dello status del testo letterario alla luce di caratteristiche particolari della comunicazione letteraria albanese:

1) Fin dai suoi esordi la letteratura albanese, da sempre isolata, è caratterizzata dalla non-comunicazione. Scritta e pubblicata storicamente in “isole” culturali senza comunicazione tra loro, essa comincia e comunicare normalmente solo intorno agli anni ’20-’30 del XX sec.

2) Dopo il 1945, cioè pochi lustri più tardi, il sistema politico comunista interrompe bruscamente la normale comunicazione letteraria appena stabilita costringendo letteratura albanese a rintanarsi nuovamente in “isole” non comunicanti. Proprio in questo periodo si interrompe la comunicazione con la letteratura kosovara da una parte e con quella della diaspora dall’altra.

3) Nello stesso periodo il lettore albanese all’interno della Repubblica d’Albania perde i contatti non solo con la letteratura contemporanea straniera, ma anche con buona parte della

4 F. Muzzioli, Le teorie della critica letteraria, cit. p. 181.5 H. R. Jauss, Perché la storia della letteratura, Guida Editori, Napoli 2001, p. 38

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15Letture e riletture della letteratura albanese

tradizione letteraria albanese. Se aggiungiamo a queste specifiche circostanze della

comunicazione (non-comunicazione) letteraria il desiderio o la necessità che avverte ogni generazione di lettori per reinterpretare la letteratura nel tentativo di affermarsi e differenziarsi dai predecessori, allora la rilettura assume una funzione polivalente e si configura come:

Ri-scrittura – con riferimento al concetto di Barthes secondo cui: “Se definiamo il critico come un lettore che scrive, esso nel suo percorso si incontra con un pericoloso tramite: la scrittura”6;

Ri-critica – ossia critica nuova rispetto allo status della critica precedente del realismo socialista, che I. Rugova descrive così: “Nei contorni generali del realismo socialista si pone il ruolo e la rigorosa funzione sociale della letteratura, come criterio e misura del suo valore. Su tale funzione è basata la teoria e la critica sociale nel rispetto dei seguenti principi terminologici e metodologici: la rappresentazione del conflitto tra il nuovo e il vecchio, l’esaltazione dell’eroe positivo, l’antagonismo espresso tramite la lotta di classe, l’uomo nuovo socialista, la realtà socialista, ecc. In genere la letteratura è vista come forma ideologica, come uno dei settori ideologico-sociali nell’ambito della cultura, guidata dal principio di “fedeltà al partito”. In breve, l’arte e la letteratura vengono considerate come mezzi di educazione di massa”7. Ri-configurazione dell’immaginario culturale associandosi all’affermazione di Molly Abel Travis, secondo cui “le trasgressioni realizzate nelle forme letterarie non influenzano

6 Roland Barthtes, L’avventura semiologica, Piccola Biblioteca Einaudi, Milano1991, p. 205.

7 Ibrahim Rugova, Kahe dhe premise të kritikës…, cit., pp. 203-4: “Në konturet e përgjithshme të realizmit socialist vihet roli dhe funksioni rigoroz social i letërsisë dhe merret si kriter e masë vlerësuese e saj. Ky funksion vështrohet kryesisht në bazë të teorisë dhe të kritikës shoqërore sipas këtyre kualifikimeve terminologjike e metodologjike: kërkohet dhënia e luftës midis të resë dhe të vjetrës, heroi pozitiv, teoria e antagonizmave, që shprehet përmes luftës së klasave, njeriu i ri socialist, realiteti socialist, konflikti si zgjedhje e antagonizmave dhe e raportit mjaft të ndjeshëm të luftës së klasave etj. Përgjithësisht letërsia merrej si formë e ideologjisë, si ideologji e sistemit, si “sektor” ideologjik e shoqëror në kulturë që udhëhiqej nga partishmëria, si kategori vlerësuese. Shkurt, arti e letërsia merret si mjet i edukimit të masave.”

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solo le convenzioni di lettura, bensì tutta la costituzione culturale della soggettività e in genere dell’identità, aiutando così a plasmare un nuovo episteme e a riconfigurare l’immaginario culturale”8; e infine

Interpretazione personale ossia confronto con sé stessi (per quanto ciò sia possibile), come mezzo per arrivare allo “stupore” nel senso che dà a questo concetto S. Hamiti nell’introduzione al suo celebre studio sull’arte della lettura: “Si può rileggere con “stupore” un testo già letto e ben conosciuto?”9

1. La rilettura come lettura filologica

a) La letteratura inedita

Quando parliamo di processo di rilettura come lettura non intendiamo la spiegazione metaforica di Calvino secondo cui “D’un classico ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima e ogni prima lettura è in realtà una rilettura”10, bensì in un senso più diretto e letterale, perché il lettore albanese in realtà ancora non ha potuto leggere la letteratura albanese11. Più del mito della lettura, nella letteratura albanese predomina il mito della non-lettura. La lingua albanese è stata scritta in tempi relativamente recenti e gli albanesi, essendo stati in gran parte analfabeti, non hanno potuto leggere fino a un secolo fa. La “rivoluzione della lettura” che coinvolse l’intera Europa durante la seconda

8 Molly Abel Travis, Reading Cultures: The Construction of Readers in the Twentieth Century, Southern Illinois University Press, Carbondale 1998, p. 5 “I want to claim that the transgressions achieved in literary form not only affect conventions of reading but influence the cultural construction of subjectivity and identity in general, helping to shape an emergent episteme and to reconfigure the cultural imaginary.”

9 Sabri Hamiti, Arti i leximit, Rilindja, Prishtinë 1983, p. 191.10 Italo Calvino, Perché leggere i classici, Oscar Mondadori, Milano 1995, p. 7.11 Le edizioni critiche delle opere degli autori italo-albanesi, apparse recentemente

in Italia a cura di filologi arbëreshë, sono poco conosciute in Albania. I metodi ecdotici nella pubblicazione delle opere della tradizione letteraria sono tuttora disattesi in Albania non solo per la mancanza di specifiche competenze, ma anche a causa di una mentalità editoriale incurante del rispetto della volontà autoriale.

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17Letture e riletture della letteratura albanese

metà del settecento, sfiorò appena la letteratura albanese. Ma sopratutto va detto che buona parte della tradizione letteraria albanese è tuttora inedita, e quindi non letta. Se per ogni letteratura e per ogni tempo la rilettura è indispensabile, nel caso albanese essa è soprattutto prima lettura.

b) La letteratura non in originale

La “lettura filologica” di Barthes sia a livello letterale, sia a livello base è ancora impossibile per la letteratura albanese. Le ragioni di questa anomalia sono molteplici, ma soprattutto perché vi predomina la tendenza di pubblicare degli adattamenti delle opere classiche piuttosto che i testi originali. In altre parole, per la maggior parte della letteratura classica in lingua albanese, non esistono ancora delle edizioni critiche, bensì delle edizioni più o meno divulgative, che “adattando” il linguaggio e lo stile del testo originale affinché diventi più comprensibile alle masse dei lettori, alterando inevitabilmente la volontà dell’autore. La scuola è stata la prima promotrice di tale tendenza. Generazioni intere di studenti non hanno mai potuto leggere le opere classiche albanesi in originale, come ad esempio i “Canti di Milosao” di De Rada, scritta solo 176 anni fa, ma solo delle versioni “adattate per le scuole”.

c) La letteratura in dialetto ghego.

Durante il regime comunista una buona parte della letteratura albanese scritta in dialetto ghego è stata censurata per motivi ideologici e quindi proibita per le scuole; qualora fosse trattata nei manuali di storia della letteratura, ciò avveniva solo in termini denigratori. In più, la diffusione sempre maggiore dello standard normativo basato sul dialetto tosco dal 1972 non solo in Albania ma anche nel Kosovo ostacolava maggiormente la lettura dei testi redatti in ghego, soprattutto tra i giovani. La perversa combinazione di questi due fatti ha portato gradualmente il