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CONSORZIO PER LA TUTELA DEI VINI “REGGIANOE “COLLI DI SCANDIANO E DI CANOSSAMANUALE DI VITICOLTURA REGGIANA Impianto Cure colturali Costi MANUALE DI VITICOLTURA REGGIANA Rolando Valli Claudio Corradi Stefano Meglioraldi Matteo Vingione EDIZIONE 2007 RIVEDUTA E CORRETTA 2007

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CONSORZIO PER LA TUTELA DEI

VINI “REGGIANO” E “COLLI DI

SCANDIANO E DI CANOSSA”

MANUALEDI VITICOLTURA

REGGIANAImpianto Cure colturali Costi

MANUALE DI VIT

ICOLT

URA REGGIA

NA

Rolando Valli

Claudio Corradi

Stefano Meglioraldi

Matteo Vingione

EDIZIONE

2007

RIVEDUTA

E CORRETTA

2007

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Vecchi vitigni Pag. 86

La gestione del suolo Pag. 90

La fertilizzazione Pag. 94

Irrigazione Pag. 98

La maturazione dell’uva Pag.102

Le regole della qualità Pag.106

Vendemmia manuale e meccanica Pag.108

La meccanizzazione del vigneto Pag. 112

Viticoltura integrata e biologica Pag. 118

I Giallumi della vite:flavescenza dorata e legno nero Pag.120

Costi di impianto Pag.126

Costi di produzione Pag.128

Attività di assistenza tecnica Pag.130

Per saperne di più Pag.132

Appendici

AA La cultura della vite e del vino Pag.134

BB L’evoluzione dei terrenidella provincia Pag.135

CC Distribuzione provincialedei principali vitigni reggiani Pag.136

DD Recenti acquisizionisui vitigni autoctoni Pag.137

EE Costi dettagliati di impianto Pag.140

FF Le cantine sociali ed i privatiiscritti al Consorzio Pag.142

MANUALE DI VITICOLTURA REGGIANAdi Rolando Valli, Stefano Meglioraldi, Claudio Corradi, Matteo Vingione

2ª Edizione - Stampato nel Aprile 2007

VIETATA LA RIPRODUZIONE PARZIALE O TOTALE DEI TESTI E DELLE ILLUSTRAZIONI A TERMINE DI LEGGE

Grafica Cristiano Barsotti per - Foto di copertina Alberto Vezzani

Presentazione Pag. 2

Introduzione Pag. 3

Evoluzione della viticoltura provinciale Pag. 4

Viticoltura in cifre Pag. 8

Filiera vitivinicola e tracciabilità Pag. 12

Vitigni coltivati Pag. 14

Portinnesti Pag. 16

Disciplinare dei DOC e dell’IGT Pag. 18

Suoli di pianura e collina Pag. 22

Clima Pag. 24

Forme d’allevamento Pag, 26

Strutture di sostegno Pag. 32

Potatura e gestione della chioma Pag. 38

Qualità del materiale vivaistico viticolo Pag. 44

Impianto del vigneto Pag. 46

Cure dei primi anni Pag. 50

Introduzione alla schede varietali Pag. 56

Ancellotta Pag. 60

Lambrusco salamino Pag. 62

Lambrusco Marani Pag. 64

Lambrusco Maestri Pag. 66

Lambrusco grasparossa Pag. 68

Lambrusco di Sorbara Pag. 70

Altri lambruschi Pag. 72

Malbo gentile Pag. 76

Altre uve nere Pag. 78

Spergola e Sauvignon Pag. 80

Le malvasie Pag. 82

I trebbiani Pag. 84

Manualedi Viticoltura reggiana

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L'addomesticamento della vite, l'affinamento delle tecniche colturali che la riguar-dano e le declinazioni del suo prodotto possono giustamente considerarsi a fondamen-to della civiltà nella quale ci riconosciamo, della sua infrastruttura agraria e del costu-me urbano. Con il grano e l’olio, il vino ancora costituisce la base dei modi alimentaridell'Europa mediterranea e la sua attualità merita attenzioni scientifiche, imprenditoria-li e politiche.

I manuali si giustificano se vengono utilizzati, se si traducono in gesti consapevoli,disciplinati e corretti. A suggerire l'opportunità della riedizione di questo volume è,appunto, la sua meritevole finalità pratica. E, aggiungerei, la sua specificità. Perché trat-ta di una viticoltura aggettivata, territorialmente definita.

La coltivazione della vite, infatti, nella scena dell'agricoltura reggiana, assume ruoliinequivoci di protagonismo, anche se le sue potenzialità, impacciate da una sorta ditimidezza dovute ad ataviche soggezioni verso i vini cosiddetti blasonati (spesso acca-sati sotto scudi di dubbio lignaggio), non appaiono ancora compiutamente espresse.Nella prefazione alla prima edizione, si dava conto di un processo d’ammodernamentodella nostra viticoltura, che dal 2004 ad oggi è proseguito e si è approfondito, ed ha tro-vato sbocco in una riconosciuta crescita qualitativa media dei vini reggiani, con punteche si possono ormai considerare d’eccellenza. Se qualcosa ancora manca alla vitivini-coltura reggiana è la convinzione diffusa fra gli operatori di poter competere ai più altilivelli, e quindi la congruità dei comportamenti che ciò comporterebbe.

Nel tempo il vino si è trasformato da mero oggetto di consumo a piacevole comple-mento della vita relazionale. La sua valenza edonistica non è più legata all'esito estre-mo del suo consumo patologico, l'ebbrezza, ma al suo ruolo di contesto, nella comples-sità della tavola, alla quale accede con garbo, con misura. Si è trattato di una sorta d'ac-quisizione del diritto di cittadinanza e la sua piena legittimazione è testimoniata dalfatto che i nutrizionisti gli riconoscono specifiche virtù salutistiche.

Come amministratore della Provincia di Reggio Emilia, non posso neppure dimenti-care il contributo che la viticoltura dà alla caratterizzazione del paesaggio. La trama deivigneti, che dilaga nella pianura, comincia finalmente ad inerpicarsi nella media collina,con esiti straordinari. Una Provincia che ha rivolto alla bellezza la barra della propriapolitica territoriale considera l'attività agricola un fattore economico e, insieme, esteti-co del paesaggio.

Per questo la riedizione del Manuale di viticoltura reggiana può apprezzarsi qualeiniziativa lodevole, per il contributo importante offerto all'impegno dei nostri coltivato-ri, alla loro dotazione professionale e quindi al miglioramento del loro lavoro.

Roberta RiviAssessore all’Agricoltura

della Provincia di Reggio Emilia

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La presente pubblicazione è una ristampa aggiornata della precedente versione,andata esaurita in breve tempo per l’importanza e l’attualità dei temi trattati.

La sua realizzazione rientra nell’ambito dell’attività del Consorzio per la tutela deivini “Reggiano” e “Colli di Scandiano e di Canossa” per portare a conoscenza dei viti-coltori, e degli operatori agricoli in generale, la situazione attuale e reale del vigneto reg-giano con tutte le sue implicazioni, positive o negative.

Il Consorzio svolge infatti, fra le proprie attività istituzionali, un importante lavoro disperimentazione, ricerca e assistenza per rendere più moderna la nostra viticoltura,anche attraverso il ripescaggio di vecchi vitigni autoctoni da inserire nei disciplinari diproduzione. La sperimentazione, che coinvolge tutti gli aspetti agronomici della viticol-tura, si prefigge lo scopo di ottenere, nel breve tempo, il Lambrusco di eccellenza peroffrire ai consumatori il meglio in fatto di qualità e di specificità provinciale.

La viticoltura reggiana rappresenta infatti una componente importante dell’economiaprovinciale ed interessa una superficie di circa 8.479 ettari. Di questi 555 Ha vengono uti-lizzati per la produzione di vini DOC Colli di Scandiano e di Canossa e 3.633 Ha per laproduzione di vini DOC Reggiano.

Attualmente la produzione viticola è fondata su alcuni vitigni principali: l’Ancellotta,che ricopre quasi il 50% della superficie viticola totale, pari a circa 4.026 Ha e il gruppodei Lambruschi con circa 3.573 Ha (pari al 42% della sup. vitata complessiva). Tra que-sti spiccano il Lambrusco Salamino ed il Lambrusco Marani, rispettivamente con il 18%e il 15% sul totale. Le varietà a bacca bianca occupano soltanto una piccola percentua-le della superficie vitata provinciale, pari complessivamente a circa 433 ettari, costituitaprincipalmente dalle Malvasie, dalla Spergola, e dai Trebbiani.

I sistemi di impianto si basano essenzialmente su tre forme di allevamento: il Sylvozper il 36% il Bellussi o semi-bellussi per il 32% e il G.D.C. per il 20%. Nel restante 12%vi si trovano forme di allevamento come la Pergola, il Guyot, il Cordone speronato, ilCasarsa, ecc.

I vigneti attualmente esistenti hanno un’età media così suddivisa: il 42% superano i29 anni di vita, il 34% sono da considerarsi in piena produzione, compresi fra i 5 ed i 20anni, mentre il rimanente 14% comprende vigneti che vanno da 0 a 4 anni.

Da qui se ne deduce che la nostra viticoltura presenta ancora impianti abbastanzavecchi, ma che ha cominciato il necessario processo di riconversione, utilizzando impian-ti e tecniche moderne, anche di meccanizzazione, per produrre qualità.

Consorzio per la tutela dei vini“Reggiano” e “Colli di Scandiano e di Canossa”

Il PresidenteGianotti Giorgio

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Presentazione

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A nove anni di distanza dalla pubblicazione di Nuova Viticoltura Reggiana, gli auto-ri hanno inteso riproporre l’argomento con gli aggiornamenti del caso. In pochi anniparte dei vigneti è stata rinnovata: dal 1997 ad oggi ben 2147 ha., pari al 25% dellasuperficie viticola provinciale, è stata impiantata a nuove vigne. Ciò ha significato uncambio di sistema d’allevamento e un rinnovo nella tecnica colturale; infatti,

• il sistema d’allevamento, sia esso GDC che Sylvoz- Casarsa, è stato scelto infunzione della meccanizzazione,

• le distanze d’impianto si sono ristrette, con conseguente maggior numero diviti/ha.,

• la potatura verde sia manuale che meccanica, un tempo trascurata viene oraeseguita con professionale puntualità,

• non si ricava più foraggio dal vigneto, in quanto le gestione del suolo è fattacon inerbimento fra le file e diserbo sulla fila,

• la vendemmia meccanica, con oltre 40 macchine presenti, interessa ormai il20% dell’uva prodotta.

Queste novità sono pienamente recepite ed illustrate nei capitoli che seguono.Ai due autori originari Rolando Valli e Claudio Corradi si sono affiancati due valenti

tecnici viticoli, Stefano Meglioraldi e Matteo Vingione, che da alcuni anni forniscono unaefficace assistenza tecnica ai viticoltori della nostra provincia; essi hanno ampliato le loroconoscenze con specializzazioni in viticoltura, il Meglioraldi corso post laurea di specia-lizzazione in Scienze Viticole ed Enologiche presso l’Università di Torino e il Vingione lau-rea in Viticoltura ed Enologia presso l’Università di Firenze; si è cosi formato un buongruppo di lavoro.

Significativi contributi su specifici argomenti sono pervenuti da Anselmo Montermini,direttore del Consorzio Fitosanitario Provinciale, da Marisa Fontana, responsabile dellafiliera vitivinicola CRPV, da Gian Luca Mordenti del CATEV , da Anna Rosa Babini delCAV, da Giuseppe Benciolini dell’I.ter, da Aldo Rinaldi ed Ester Caffarri, docenti dell’ITASA. Zanelli, da Andrea Franchi, tecnico del Consorzio Fitosanitario Provinciale, da LucaTognoli enologo, da Matteo Storchi, tecnico del Consorzio tutela vini reggiani; a tutti loroun sincero ringraziamento, come pure ringrazio il Consorzio della “Strada dei Vini e deiSapori colline di Scandiano e Canossa” per aver fornito la mappa della strada.

Mi è gradito inoltre evidenziare la sensibilità e la disponibilità degli Enti finanziatori:la Provincia di Reggio Emilia, Assessorato Agricoltura per l’interessamento dell’AssessoreMarco Prandi e del dirigente Massimo Bonacini, il Consorzio per la Tutela dei viniReggiano e Colli di Scandiano e Canossa, nelle persone del presidente Franco Artoni edel direttore e segretario Gian Matteo Pesenti e il Consorzio fitosanitario Provinciale nellepersone del presidente Luigi Peri e del direttore Anselmo Montermini.

Infine mi rivolgo a te lettore viticoltore e tecnico vitivinicolo, con la speranza che lenotizie e le informazioni presenti nel libro ti possano aiutare a migliorate la qualità del-l’uva prodotta, in modo da ricevere sicure soddisfazioni morali ed economiche

Rolando Vallicoordinatore del gruppo di lavoro

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Introduzione

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Nella provincia Reggiana laviticoltura è un’attività agricolad’antica data diffusa in ogni trat-to del territorio, salvo le zoned’alta montagna, rappresentan-do così la più importante fra lecolture agrarie.

La grande importanza chetale attività riveste ed ha rivesti-to storicamente nell’economiaprovinciale, è data dall’elevatointeresse commerciale dei pro-dotti tipici ottenuti dalla lavora-zione delle uve: i rossissimi -mosti e vini da correzione -, il“Lambrusco”, un vino frizzante“la cui esuberanza convivialeancora tradisce i natali selvatici”, nonché alcune tipologie di vinid’alta qualità tipici della primacollina, ora inseriti nella D.O.C.“Colli di Scandiano e diCanossa”.

Il prodotto “Lambrusco” è

associato ad un gruppo d’omoni-mi vitigni, che si pensa abbianoorigini antichissime e derivinodal termine Labrusca o Lambru-sca, già noto ad Etruschi eRomani. Resti fossili di semi divite silvestre sono stati ritrovatiin zone del modenese e del reg-giano, e numerose sono le testi-monianze di personaggi illustrisulla presenza di tali viti: Catonenel II°sec. a.c., ma anche Virgilio,Plinio il Vecchio, ecc. che con iltermine “labrusca” indicano,infatti, un insieme di uve selvati-che locali, nate spontaneamenteda seme.

Solo alla fine del 1500Andrea Bacci di S.Elpidio, medicodel papa Sisto VI e botanico, indi-ca con il termine “Lambrusca”non più una vite selvatica ma ungruppo di vitigni: ““ssuuii ccoollllii ssoott--ttoossttaannttii ll’’AAppppeennnniinnoo,, ddii

di Stefano Meglioraldi,Matteo Vingione

Vendemmia 1910.(Foto Sevardi - Fototeca

della Biblioteca Panizzi diReggio Emilia).

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L’Evoluzione dellaViticoltura Reggiana

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ffrroonnttee aa RReeggggiioo ee MMooddeennaa,,ssii ccoollttiivvaannoo llaammbbrruusscchhee,, uuvveerroossssee,, cchhee ddaannnnoo vviinnii ppiiccccaann--ttii,, ooddoorroossii,, ssppuummeeggggiiaannttiippeerr aauurreeee bboolllliicciinnee,, qquuaalloorraassii vveerrssiinnoo nneeii bbiicccchhiieerrii””..

Il nome Lambrusco ora com-prende un gruppo di 10 varietàiscritte al Registro Nazionaledelle varietà di vite, con differen-ze anche importanti, da cui siottengono vini eterogenei dallecaratteristiche peculiari.

La viticoltura reggiana si svi-luppa fortemente nel medioevo,collegata al nome di Matilde diCanossa (1.000 d.C.); successiva-mente numerosi autori tra i qualiPier De Crescenzi nel 1300 “Liberruralium commodorum” e il giànominato Andrea Bacci, citano iprodotti tipici della provincia,soffermandosi sulle uve lambru-sche. Molto interessante è anche

la produzione di un particolarevino bianco proveniente dallezone collinari di Scandiano, comeafferma Bianca Cappello,Granduchessa di Toscana, nel XVsecolo d.c.

Da allora numerosi autoririconoscono le importanti produ-zioni reggiane - Soderini e Tanaranel 1600, Caula nel 1700 -, ma èsoprattutto nneellll’’oottttoocceennttoo, cheproliferano le descrizioni dellaviticoltura e dei vitigni reggianieseguite da Filippo Re ed altriillustri personaggi quali DallaFossa (1811), Bertozzi (1840),Roncaglia (1849), Galloni (1847),Maini (1854), Agazzotti (1867),Ramazzini (1887). Per dimostrarel’importanza anche internaziona-le delle produzioni reggiane èd’obbligo citare il riconoscimentodel lambrusco all’esposizione diParigi del 1900.

Interno della Cantina diSan Martino in Rio,Reggio Emilia, 1924

(Foto Corghi).

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La migliore conferma dell’im-portanza di tale comparto produt-tivo nell’economia della provinciareggiana resta comunque l’enor-me diffusione della viticoltura sulterritorio, per cui nel 1846 si pro-ducono in provincia di ReggioEmilia 1.100.000 q.li di uva, perpoi salire, nonostante le varie fles-sioni produttive causate principal-mente da oidio e peronospora, ai 2milioni di quintali di uva nel 1915,realizzati su una superficie in col-tura promiscua di 107.000 Ha especializzata di 740 Ha.

AAii pprriimmii ddeell 990000’’ due areetendano a differenziarsi: una dipianura, dove è concentrata lamaggior parte della produzione,caratterizzata da uve lambruschee da uve da colore, e una di colli-na dove la produzione si differen-zia notevolmente e spicca l’uvabianca. La coltura della vite si

estende quindi ininterrotta dalladolce collina alle rive del fiumePo’, utilizzato come via di traspor-to per i barili di vino, come testi-moniano i giornali dell’epoca.

Nello stesso periodo nasconole prime strutture cooperative tracui quella di Rio Saliceto (1901), enel 1906 nasce la prima CantinaSociale in località S. Martino in Rio.Il movimento cooperativistico si èpoi notevolmente diffuso tanto chegià nel 1968 il territorio provincia-le viene denominato “provinciacooperativa”. Nel quinquennio dal1924 al 1928 la produzione mediaannua è di 2.425.000 Q.li, ed inquesti anni un terzo del fatturatodell’azienda agricola provienedalla vite e dal vino. In seguito, finoagli anni ’50, la superficie adibitaalla viticoltura rimane pressochéinvariata (100.000-110.000 Ha),mentre la produzione di uve regi-

L’EvoluzionedellaViticolturaReggiana

Irrorazione con soffietto,1910 ca. (Foto Sevardi).

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stra in quegli anni notevoli fluttua-zioni a causa di condizioni climati-che avverse quali il gelo e di dannicausati dalla guerra: infatti, nel1929 e nel 1945 la produzioned’uva cala fino a circa 600.000 Q.li.

Agli inizi del secolo le varietàd’uva coltivate nella provincia diReggio Emilia superano il centi-naio. Nel 1922 Franceschini ePremuda elencano le seguenti frale più coltivate.

• UUvvee rroossssee: Ancellotta,Fogarina, Lambrusco salamino,Berzemino passo e capolico, L. diRivalta, L. Mazzone, Lambruscaselvatica di Montericco, Fortana,Scorzamara, Negrisella, Brunella,Uva d’Oro, Albana nera,Sangiovese, Pinot, Tintoria,Dolcetto, Aleatico, Barbera,Bonarda, Rossara, Refosco,Posticcia, Punteruolo, Paradisa,Covra, Tondella, Tosca;

• UUvvee bbiiaanncchhee: Malvasia,Spergolina, Retica, Occhio digatto, Squarciafoglia, Moscato,Vernaccia, Dolciola, Trebbiano eDurella.

Questa ampia piattaformaampelografica rimane sostanzial-mente immutata fino agli anni’60-’70, quando la scomparsadell’alberata con conseguentesviluppo della coltura specifica el’entrata in vigore dei disciplinariD.O.C. riducono drasticamente levarietà coltivate.

La coltura della vite fino aquel momento è prevalentemen-te consociata a colture erbacee, etale conduzione è denominata“promiscua”. Già nel 1805

Filippo Re ne aveva fornito unadescrizione sintetica: “terrenocoltivabile disposto in larghicampi, separati da filari d’olmiposti tra mezzodì e settentrione,cui sono vantaggiosamente mari-nate le viti”. L’alberata prevedequindi una bassa densità ettaria-le variabile dalle 350 alle 500viti, disposte in filari solitamentedistanti tra loro 15 metri; sullafila, distanti tra loro circa 7 metri,vi sono i tutori vivi, che sosten-gono ognuno 4-6 viti.

Agli inizi degli anni ’60, lasuperficie viticola reggiana èquasi totalmente investita a col-tura promiscua con 92.500 ha sui94.000 ha totali; nei decenni suc-cessivi questa subisce un fortecalo, fino a scomparire quasitotalmente, sostituita da una viti-coltura di tipo specializzato,ovvero utilizzata solo a vite. Lasituazione all’anno 2000 vede lapresenza sul territorio provincialedi quasi 8.000 ha di viticolturaspecializzata. Questa modifica-zione è accompagnata dal pas-saggio dall’alberata a formeespanse quali il Bellussi ed ilsemi-Bellussi, che predominanoancora oggi sulla viticoltura pro-vinciale. Dal 1970 iniziano poi adiffondersi impianti di vignetiadatti alla meccanizzazione e ledue tipologie che prendono mag-giormente piede sono la contro-spalliera potata a “Sylvoz” e ladoppia cortina denominata“G.D.C”, sebbene siano presentianche altre forme d’allevamentointermedie. 77

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La provincia di Reggio Emilia,compresa tra i 44°13’ e i 45° 0’di latitudine Nord, è posta nellaparte centro meridionale dellapianura padana e presenta unasuperficie complessiva di 2.291Km2, con una superficie agricolautile di 107.429 Ha. Il territorioprovinciale è costituito, proce-dendo da Nord verso Sud, per il44,4% da pianura, per il 23,7%da colline, e per il restante 31,9%da montagne.

I dati, aggiornati al 2007,forniti dal servizio provinciale,indicano una superficie vitatacomplessiva di 8.479 Ha, pari acirca il 7,9% della SAU provin-ciale. Sul totale della superficiea vite, circa 5,8 Ha hanno unadestinazione tecnologica diver-sa dalla vinificazione.

La produzione reggiana diuva nel 2007 è stata di 1.484.367

Q.li, con una produzione mediaettariale di circa 175 Q.li: siriscontra un forte scarto tra laproduzione media realizzata incollina e in pianura, a favore diquesta ultima. L’uva prodotta èstata lavorata, per il 93,5% dalle16 CCaannttiinnee SSoocciiaallii presenti inProvincia e per la restante partedalle CCaannttiinnee PPrriivvaattee.

Il 42% della superficie vita-ta in provincia di Reggio Emiliaè ripartita in soli due comuni:Reggio Emilia e Correggio, chepresentano rispettivamente 1.821e 1.739 Ha coltivati a vite. Altricomuni che hanno elevate esten-sioni viticole sono S. Martino inRio con 477 Ha, Novellara con455 Ha, Rio Saliceto con 450 Hae Scandiano con 441 Ha. Solo 4comuni di alta montagna nonsono vitati.

Più in generale se suddividia-

di Matteo Storchi, Stefano Meglioraldi,

Matteo Vingione,Ferrari Cristina

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Viticoltura in cifre

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mo il territorio reggiano in seizone come indica Greco nel1968: bbaassssaa ppiiaannuurraa,, aallttaappiiaannuurraa,, ccoollllee ppiiaannoo,, aallttooccoollllee,, mmeeddiiaa mmoonnttaaggnnaa eeaallttaa mmoonnttaaggnnaa, troviamo comel’alta pianura, ovvero la “fascia”che si estende dalla prima collinafino a comprendere i comuni diCorreggio, Bagnolo, ReggioEmilia, ecc., sia quella a maggiorsuperficie vitata rappresentandoal 2007 quasi il 59% dell’interasuperficie viticola provinciale.Questa zona è anche la più vita-ta, ovvero con la maggior con-centrazione di vigneti, ottenutarapportando la superficie vitataalla superficie agricola utile.Nella bassa pianura, che si esten-de fino al limitare del fiume Po’,troviamo circa il 26% dellasuperficie vitata provinciale enella prima collina il 13%, con-centrata soprattutto nei comunidi Scandiano, Albinea, QuattroCastella, Casalgrande e S.Polod’Enza.

I comuni a maggior concen-trazione viticola sono: S.Martinoin Rio, dove la viticoltura occupail 31,1% della superficie agricolautile, Rio Saliceto e Correggio.

La viticoltura reggiana èquindi localizzata prevalente-mente nella zona definita di ppiiaa--nnuurraa 8844%%, delimitata a sud daiprimi rilievi consistenti, e per il1155%% iinn zzoonnaa ccoolllliinnaarree; solouna piccolissima percentuale èlocalizzata in montagna.

L’analisi dell’eettàà ddeeii vviiggnnee--ttii presenti nella provincia reggia-

na è un dato importante perchéindica lo stato della viticoltura efornisce indicazioni utili sull’evo-

luzione futura. Il 52% dellasuperficie è costituita da vigneticon un’età superiore ai 20 anni. I 99

Suddivisione in zoneagrarie della superficie

provinciale vitata al 2000.

Distribuzione comunaledella superficie vitata provinciale al 2000.

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vigneti giovani, ovvero fino ai 4anni di vita, rappresentano inveceil 13,6% della viticoltura provin-ciale. I vigneti considerati “matu-ri”, ovvero in piena produzione,con una età compresa tra i 5 ed i20 anni, sono il 34,0%. La mag-gior percentuale di vigneti giova-ni si localizza nell’area di bassapianura ad indicare un maggiorrinnovamento della viticolturadella zona.

Le forme d’allevamento perla coltivazione della vite indivi-duate in provincia di ReggioEmilia sono 16, ma fondamen-talmente prevalgono tre soleforme d’allevamento: il SSyyllvvoozz,la forma più diffusa sul 36,1%della superficie vitata, il RRaaggggiie la sua variante SSeemmii--BBeelllluussssii sul 32,5%, il GG..DD..CC..sul 20,4%. Tra le altre tipologied’impianto sono da segnalare ilCasarsa per l’3,0%, il Cordonesperonato per l’2,9%, la Pergolaper un 2,8% e l’Alberata, anco-ra presente su 68 Ha di vigneto,pari a circa un 0,8% dell’esten-sione totale.

La maggior diffusione delsemi-Bellussi si ha nell’alta pia-nura, mentre in bassa pianura ecollina prevalgono le forme“Sylvoz” e “GDC”. Questa ultimasistemazione si trova maggior-mente concentrata, semprerispetto alla SAU, nel comune di

Superfici vitate dei singoli comuni reggiani e relativa per-

centuale sulla S.A.U.comunale aggiornata al 2007.

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S. Martino i Rio e limitrofi, men-tre il Sylvoz, più diffuso sul terri-torio e soprattutto in zona colli-nare, raggiunge la più alta con-centrazione nel comune di RioSaliceto. Il semi-Bellussi è pre-

sente prevalentemente nel terri-torio di pianura, con le massimeconcentrazioni (o densità) adOvest della Provincia.

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Ripartizione per forme diallevamento della superficie vitata

provinciale al 2007.

Rappresentazione graficadella superficie vitata

provinciale divisa in classidi età al 2007.

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La filiera vitivinicola, che sicompone di coltivazione, trasfor-mazione e commercializzazione,può essere ritenuta, come pro-cesso produttivo ed economico,abbastanza soddisfacente, ma,ad un esame completo ed ocula-to, si possono constatare alcunecarenze che, se eliminate, posso-no fare conseguire ottimi risulta-ti sotto l’aspetto qualitativo ereddituale.

Per evidenziare le carenzetestè denunciate, è necessariochiedersi se , nel comparto dellacoltivazione, i vigneti reggianisiano strutturati per produrreuuvvee ddii qquuaalliittàà o se sia neces-saria invece una opportunariflessione sulla coltivazione

della vite e su quali varietà edimpianti indirizzare i produttori.

Il Consorzio per la tutela deivini “Reggiano” e “Colli diScandiano e di Canossa” ha ini-ziato da qualche anno sperimen-tazioni sul territorio reggiano pervenire incontro alle richieste chei produttori spesso avanzano.

Le sperimentazioni, incentra-te su prove di gestione idrica,sulla gestione di campi varietali,sulla zonazione di pianura e dicollina, sulla gestione di uncampo di portinnesti, sulle stimedi vendemmia e sulle prove dimeccanizzazione, nonché sulrecupero e sulla valorizzazionedi vitigni minori, sono volute ediniziate per impostare una politi-

di Gianmatteo Pesenti

1122

Filiera vitivinicolae tracciabilità

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ca di maggiore qualità del vinoreggiano, il quale comincia adessere percepito dal mercatocome prodotto di qualità.

Il comparto della trasforma-zione non è privo anch’esso dicarenze.

Sul territorio esistono infattistrutture ed attrezzature di tra-sformazione vecchie ed obsoleteche, come tali, non consentonola elaborazione di un buon pro-dotto e quindi non permettonouna buona redditività.

È necessario pertanto unosviluppo del processo logistico-produttivo che sia integrato conil tema delle certificazioni diprocesso e di prodotto, nonchécon quelle ambientali.

Inoltre, poiché le cantinesociali della provincia sonoestremamente e giustamenteinteressate alla vendita di vinosfuso all’ingrosso, spesso perdo-no di vista il mmeerrccaattoo ddeell vviinnooiinn bboottttiigglliiaa molto importante,perché solo attraverso di esso ilvino viene diffuso e fatto cono-scere.

È rilevante anche in questocomparto non dimenticare lapossibilità e l’opportunità diaggregazioni e di concentrazionifra strutture produttive alloscopo di ridurre il più possibile icosti di produzione, consideratoche il mercato tende a richiede-re buone produzioni a costi limi-tati.

Nel comparto della commer-cializzazione è fondamentalereperire invece nnuuoovvee ssttrraattee--

ggiiee ddii pprroommoozziioonnee ee ddii vvaalloo--rriizzzzaazziioonnee del nostro prodotto,che trova una scarsa comunica-zione, sia in Italia che all’estero,comunicazione che sia integrataperò con il territorio reggiano.

È noto infatti che, a fronte diottime caratteristiche del nostroprodotto, di una sua buona com-mercializzazione e di un ottimogradimento del consumatore, ivini reggiani non trovano unbuon riscontro di conoscenza. Sesi aggiunge che, anche il territo-rio con le proprie particolaritàstoriche ed i molti prodotti tipicirientra in misura modesta neiflussi turistici nazionali, ne deri-va una sorta di danneggiamentoall’economia provinciale.

La richiesta di questo compar-to tende pertanto a realizzare unforte e decisivo impulso ad unaconcreta ed organizzata comuni-cazione dei prodotti reggiani e delloro territorio di appartenenza.

Non è da dimenticare, infine,l’impegno che il Consorzio diTutela sta per assumere nei con-fronti dei controlli sulla tracciabili-tà dei prodotti a denominazionedi origine controllata.

Un decreto ministeriale affidainfatti ai consorzi il compito dieffettuare tali ispezioni chedovranno certificare ai consuma-tori la provenienza dei prodottidoc imbottigliati.

Nel corso del 2007, il Consor-zio svolgerà tale gravoso impegnoche riguarderà sia i controlli neivigneti che nelle cantine, che pres-so gli imbottigliatori. 1133

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I dati rilevati all’anno 2007mostrano una viticoltura pro-vinciale basata quasi esclusiva-mente sulla produzione di uvea bacca nera, che sono coltiva-te su circa il 95% della superfi-cie vitata.

Il vitigno principale èll’’AAnncceelllloottttaa con 4.027 Ha,pari a circa il 47,5% dellasuperficie vitata provinciale.Questa varietà, seppur diffu-sa su quasi tutto il territorio,è presente per il 70,6% nel-l’alta pianura, per il 22,2%nella bassa pianura e per il6,7% nel colle piano.

Molto importante risultaanche iill ggrruuppppoo ddeeii llaammbbrruu--sscchhii, che complessivamente rico-pre il 42,2% della superficie inve-stita a vite, all’interno del qualepredominano il Salamino con1.482 Ha ed il Marani con 1.245Ha. I lambruschi sono presenti, in

misura diversa in base alla tipolo-gia, nelle tre principali aree di col-tivazione: il Salamino e il Sorbarasono coltivati prevalentementenella zona di alta pianura; ilMarani si trova invece quasi uni-formemente diviso tra le zone dibassa e alta pianura; il grasparos-sa con 238 Ha è presente inmaniera quasi uguale nel collepiano ed in alta pianura, mentre ilMaestri, presente in provincia su493 Ha, è al contrario diffuso percirca la metà in bassa pianura, eper la restante superficie nellazona collinare e di alta pianura.

La maggiore concentrazionedi Ancellotta, Lambrusco Maranie Lambrusco salamino, ottenutarapportando la superficie occu-pata da ogni varietà alla SAUcomunale, la troviamo nei comu-ni situati a nord-est della provin-cia, interessando principalmenteCorreggio, Rio Saliceto, S.Martino

di Matteo Storchi, Stefano Meglioraldi,

Matteo Vingione

Piattaforma ampelografica della

provincia di Reggio Emilia.

Suddivisione percentualedella superficie

vitata di Reggio Emilia inbase alle principali varietà

coltivate al 2007.

1144

I Vitigni coltivati

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in Rio, e in misura minore i comu-ni limitrofi. Il L. Maestri è invecemaggiormente concentrato neicomuni di Boretto, Gualtieri eMontecchio (si veda, in appendi-ce “Distribuzione provinciale deiprincipali vitigni reggiani”).

II vviittiiggnnii aa bbaaccccaa bbiiaannccaa,al contrario, occupano solo un5% circa della superficie provin-ciale investita a vite.

Il Sauvignon è il vitigno abacca bianca più coltivato conuna superficie di circa 202 Ha,seguono le malvasie (bianca,bianca di Candia e di Candia aro-matica) con complessivi 129 Ha,ed i trebbiani (modenese, roma-gnolo, toscano e giallo) con 47Ha in totale. I vitigni a baccabianca sono coltivati prevalente-mente nelle zone di collina o nel-l’alta pianura. Mentre le malvasiesono coltivate in alta pianura suuna superficie di circa 87 Ha,

superiore ai 46 Ha del collepiano, il Sauvignon (Spergola) èpresente quasi esclusivamente inquest’ultima zona, con unasuperficie di 170 Ha, pari all’83,8% della superficie totalerelativa a tale varietà. Spergola eSauvignon hanno la massimaconcentrazione nei comuni diAlbinea e Scandiano, mentre lemalvasie raggiungono il propriomassimo nei comuni diSant’Ilario e Montecchio. I treb-biani risultano maggiormentedispersi, avendo meno ettari edinteressando un’area più estesarispetto alle altre uve bianche.

Il MMaallbboo ggeennttiillee è pre-sente su una superficie di 132Ha, coltivato principalmentenelle zone di alta pianura e col-lina, con la concentrazionemassima nei comuni diMontecchio, Quattro Castella eScandiano.

Elenco dei vitigni iscritti aCatalogo Nazionale e

denunciati in provincia diReggio Emilia, al 2007,anno della rilevazione.

Abbuoto N., Albana B. (2 Ha), Aleatico N., Ancellotta N. (4.027 Ha), Barbera bianca B., Barbera N. (25Ha), Biancame B., Bianchetta genovese B., Bonarda N. (13 Ha), Cabernet franc N., Cabernet sauvignon N.(89 Ha), Chardonnay B. (14 Ha), Chasselas dorato B., Ciliegiolo N. (2 Ha), Cortese B., Croatina N. (17 Ha),Dolcetto N., Fortana N. (18 Ha), Freisa N. (2 Ha), Garganega B., Greco B. (1 Ha), Greco bianco B., Groppellogentile N., Italica B., Lacrima N., Lambrusca di Alessandria N. (2 Ha), Lambrusco a foglia frastagliata N. (18Ha), Lambrusco di Sorbara N. (43 Ha), Lambrusco grasparossa N. (238 Ha), Lambrusco Maestri N. (493 Ha),Lambrusco Marani N. (1.245 Ha), Lambrusco Montericco N. (32 Ha), Lambrusco oliva N. (16 Ha), Lambruscosalamino N. (1.482 Ha), Lambrusco Viadanese N. (5 Ha), Malbo gentile N. (132 Ha), Malvasia bianca B. (19Ha), Malvasia bianca di Candia B. (17 Ha), Malvasia bianca lunga B., Malvasia di Candia aromatica B. (94Ha), Malvasia Istriana B. (1 Ha), Malvasia N., Marsigliana nera N., Marzemina bianca B., Marzemino N. (82Ha), Merlot N. (17 Ha), Montepulciano N., Moscatello selvatico B., Moscato bianco B. (11 Ha), Moscato gial-lo B. (2 Ha), Moscato nero di Acqui N. (1 Ha), Moscato rosa Rs., Mostola B., Negretto N., Olivella nera N.,Ortrugo B. (1 Ha), Petit rouge N., Petite Arvine B., Pignola N., Pignoletto B., Pinot bianco B. (15 Ha), Pinotgrigio G. (1 Ha), Pinot nero N. (10 Ha), Priè blanc B., Prugnolo gentile N., Raboso Piave N., Raboso verone-se N., Refosco nostrano N., San Michele N., Sangiovese N. (10 Ha), Sauvignon B. (201 Ha), Schiava gentileN., Schiava grossa N., Schiava N., Sgavetta N. (9 Ha), Spergola B. (1 Ha), Tocai di Soave B., Tocai friulano B.(2 Ha), Tocai rosso N., Trebbiano abruzzese B., Trebbiano giallo B. (3 Ha), Trebbiano modenese B. (20 Ha),Trebbiano romagnolo B. (22 Ha), Trebbiano toscano B. (2 Ha), Uva di Troia N. (4 Ha), Uva rara N., Verdea B.(1 Ha), Vernaccia di Oristano B.

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I portinnesti iscritti in Italianel Registro Nazionale delleVarietà di Viti sono 33, di questiperò i 5 riportati in tabella rap-presentano circa il 75% del tota-le, riferito a superficie coltivata avigneti di piante madri.In E milia-Romagna ne sono consigliati 6,mentre in provincia di Reggio ilnumero di portinnesti utilizzatinei nuovi impianti si restringe a3: Kober 5 BB, SO4 e 420 A, piùun po’ di Golia e di 1103 Paulsenper il Lambrusco Grasparossa.

I portinnesti impiegati sianella viticoltura italiana che inquella locale sono ancora quelliselezionati a fine 800 primi 900,quando il problema della fillosse-ra decretò la fine delle viti fran-che di piede. Negli ultimi anni,anche se la ricerca non ha messoa disposizione nuovi portinnesti,si è proceduto alla selezione clo-nale del materiale esistente, percui attualmente il viticoltore può

disporre di materiale selezionato,cartellinato in azzurro.

Ecco i rreeqquuiissiittii pprriinncciippaalliidei portinnesti, oltre evidentemen-te alla resistenza alla fillossera:

• adattabilità al terreno,• quindi buona resistenza al

calcare ed alla clorosi,• resistenza sia alla siccità

che ai terreni umidi,• induzione di buona produt-

tività,• efficienza nell’assorbimen-

to degli elementi minerali.

Rimane il problema del vviiggoo--rree che almeno per le zone di pia-nura, la selezione clonale non haper niente risolto. Cambiamo ilsistema d’allevamento, riduciamole distanze d’impianto ma la vigo-ria del portinnesto rimane la stes-sa, a differenza della frutticolturadove negli ultimi anni si sonoabbandonati non solo i portinnestivigorosi ma anche quelli di mediavigoria, sostituiti dai deboli.

di Rolando Valli

1166

Portinnesti

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Infatti vitigni vigorosi comela maggior parte dei Lambruschi,il Marzemino, l’Amabile diGenova andrebbero innestati suportinnesti deboli. Questo rimaneun grosso limite che mal si conci-lia con l’aumento del numerodelle viti/ha, per cui si rischia diavere scarsa qualità a causa dellafittezza di vegetazione.

Per la rreessiisstteennzzaa aall ccaallccaa--rree dei portinnesti si deve cono-scere oltre al calcare totale pre-sente nel terreno anche il calcareattivo, ossia la sua frazione solu-bile. Siccome l’eccesso di calcareunita alla carenza di ferro indu-cono nella vite la clorosi si e stu-diato ll’’iinnddiiccee ddii ppootteerree cclloorroo--ssaannttee del terreno o IPC: colle-gando la quantità di calcare atti-vo con la quantità di ferro pre-senti nel terreno si può conosce-re se quel terreno può causareclorosi nella vite.Nei nostri terre-ni però il calcare è ben tolleratodai portinnesti impiegati, per cuii fenomeni di clorosi non sonofrequenti.

Invece la presenza di discre-te quantità di potassio, comenella maggior parte dei nostrivigneti, se unita a carenza dimagnesio, può causare in certeannate il ddiisssseeccccaammeennttoo ddeellrraacchhiiddee in varietà sensibili, es.Ancellotta.

Un problema che comincia aporsi con la specializzazione è ilrriissttooppppiioo, ossia estirpare il vec-chio e piantare subito dopo ilnuovo vigneto. L’agronomia clas-sica consiglia di aspettare qual-

che anno per evitare fenomeni distanchezza; se si vuole però pian-tare subito, almeno un anno diintervallo è d’obbligo, ricordandose possibile di cambiare portin-nesto, evitando il 420 A, sensibileal ristoppio.

Di seguito si riporta unabreve descrizione dei più comuniportinnesti tratta dal Disciplinaredi Produzione Integrata dellaRegione E.R.:

• K5BB: vigoria elevata, perterreni tendenzialmente freschi emediamente fertili;

• SO4: vigoria medio elevata,per terreni freschi e fertili, antici-pa la maturazione;

• 420 A: vigoria media, perterreni mediamente siccitosi emediamente fertili, inidoneo alristoppio;

• 140 R: vigoria elevata perterreni poveri, calcarei, siccitosi,ritarda la maturazione

• 110R: vigoria media, perterreni tendenzialmente siccitosie mediamente calcarei.

• 1103P: vigoria elevata perterreni compatti, siccitosi e salini.

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L’istituzione delle “Denomi-nazioni di Origine Controllata”avviene per l’esigenza di dareuna disciplina rigorosa che salva-guardi la tipicità e l’unicità deidiversi vini secondo la loro com-posizione e provenienza.

Secondo le intenzioni deidisciplinari, queste certificazionifanno chiarezza soprattutto neiriguardi del consumatore, il qualepuò sapere dove, secondo il pro-prio gusto, orientare la propriaricerca: ogni denominazione nonsolo indica un determinato luogodi provenienza con le insitecaratteristiche territoriali, matraccia un profilo di quali vitigni ein quali percentuali faccianoparte delle diverse tipologiedisciplinate.

Il 22 luglio 1971 è riconosciu-ta, tramite un decreto delPresidente della Repubblica, laDenominazione d’Origine Con-trollata ““LLaammbbrruussccoo RReegg--ggiiaannoo”” e ne è approvato ancheil relativo disciplinare.

Nel 1976, è firmato il decretoche riconosce la Denominazioned’Origine Controllata ““BBiiaannccooddii SSccaannddiiaannoo”” e ne è approva-to il relativo disciplinare di pro-duzione. Contestualmente sonocreati due consorzi dei vini, i cuiscopi principali sono quelli di farrispettare le normative e di pro-muovere qualsiasi iniziativa inte-sa a salvaguardare la tipicità e lecaratteristiche del vino D.O.C.,tutelandone anche la produzioneed il commercio.

Nel decreto del novembre

1995 è riconosciuta ll’’IInnddii--ccaazziioonnee GGeeooggrraaffiiccaa TTiippiiccaa““EEmmiilliiaa”” oo ““ddeellll’’EEmmiilliiaa””, checomprende vini bianchi, rossi erosati (solo per i vini rossi anchenella tipologia frizzante e novel-lo), ottenuti da uve provenientida uno o più vitigni raccomanda-ti e/o autorizzati per le provincedi Bologna, Ferrara, Modena,Parma, Piacenza e Reggio Emilia.

Il 20 settembre 1996 è revo-cata la denominazione “Biancodi Scandiano” e riconosciuta lanuova D.O.C. ““CCoollllii ddii SSccaann--ddiiaannoo ee ddii CCaannoossssaa””. Il 26novembre 1996, è revocataanche la denominazione “Lam-brusco Reggiano”, e sostituitadalla D.O.C. ““RReeggggiiaannoo””.

Nel 2000 le aziende iscrittealla D.O.C. “Reggiano” sono1.928, per una superficie com-plessiva di 3.074 Ha di colturaspecializzata e 35 Ha di colturapromiscua. La relativa produzio-ne è di 287.096 Q.li. Le aziendeiscritte alla D.O.C. “Colli diScandiano e di Canossa” invecesono 369, le quali coprono unasuperficie complessiva di 335 Hadi coltura specializzata e 7.305m2 di coltura promiscua. La pro-duzione relativa è di 34.418 Q.li.

La produzione d’uve IGT“Emilia” è, nello stesso anno, di657.693 Q.li.

Il 19 marzo 2002 i due con-sorzi storici si modificano, deter-minando la nascita del Consorzioper la tutela dei vini “Reggiano” e“Colli di Scandiano e di Canossa”,e quello per la promozione dei

di Matteo VingioneStefano Meglioraldi

1188

DIisciplinari D.O.C. e I.G.T.

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marchi storici dei vini reggiani. Inparticolare, il primo consorzio halo scopo fondamentale di ttuutteellaa--rree, vvaalloorriizzzzaarree, e ccuurraarree gglliiiinntteerreessssii relativi alle DOC, men-tre il secondo ha come finalità losvolgimento di attivà promozio-nali e pubblicitarie, anche all’este-ro, per la maggior conoscenza edil miglioramento dell’immaginedei vini commercializzati con ilmarchio consortile.

Nel 2003, in attuazione dellanuova OCM (REG. (CE) N.1493/99), la Regione EmiliaRomagna emette la delibera diGiunta N.ro 2003/1949 nellaquale sono elencate le varietà di

vite autorizzate alla coltivazionein regione: decade quindi la pre-cedente classificazione provincia-le di viti autorizzate e raccoman-date. In conformità a tale delibe-ra sono ritenuti idonei alla colti-vazione in ambito regionale eprovinciale ben 66 varietà.

Di queste, in provincia diReggio Emilia, sono attualmen-te iscritte alle Denominazionidi Origine Controllata 26 varie-tà di cui 18 a bacca nera – tracui predominano i lambruschi -7 a bacca bianca e 1 a baccagrigia.

wwwwww..vviinniirreeggggiiaannii..iitt

1199

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DD..OO..CC.. ““RReeggggiiaannoo””

Il disciplinare di produzione presenta sei diverse specificazioni: Reggiano Lambrusco rosso orosato, Reggiano Lambrusco novello, Reggiano Lambrusco Salamino rosso o rosato, Reggiano Rosso,Reggiano Rosso novello e Reggiano Bianco Spumante. Ad eccezione delle dichiarate tipologie novel-lo e spumante, per le altre specificazioni è prevista la tipologia ffrriizzzzaannttee, tipica della zona.

I vitigni contemplati, che concorrono in misura diversa alla costituzione delle quattro tipologie divino sono: Ancellotta, Cabernet Sauvignon, Lambrusco a foglia frastagliata, Lambrusco di Sorbara,Lambrusco grasparossa, Lambrusco Maestri, Lambrusco Marani, Lambrusco Montericco, Lambruscooliva, Lambrusco salamino, Lambrusco viadanese, Malbo gentile, Marzemino, Merlot, Sangiovese.

I vini che si fregiano della D.O.C. devono avere titoli alcolometrici volumici naturali minimi del9,5%, un’acidità minima variabile tra il 5,5 e il 6 per mille secondo le tipologie, estratto secco nettominimo da 16,0 a 20,0 g/l e una resa massima di trasformazione del 70%. La resa massima deivigneti deve essere di 180 Q.li/Ha.

La zona di produzione della tipologia Reggiano lambrusco si estende su 34 comuni, ossia suquasi tutta la provincia, ad eccezione di comuni della media e alta montagna e di uno della bassapianura. Sono compresi l’intero territorio dei comuni di: Rolo, Fabbrico, Campagnola, Rio Saliceto,Correggio, San Martino in Rio, Bagnolo in Piano, Novellara, Cadelbosco Sopra, Castelnovo Sotto,Gualtieri, Reggiolo, Sant’Ilario d’Enza, Reggio Emilia, Cavriago, Bibbiano, Montecchio, San Polod’Enza, Canossa, Quattro Castella, Vezzano sul Crostolo, Albinea, Scandiano, Casalgrande, Rubiera,Viano, Castellarano, Campegine, Poviglio, Boretto, Gattatico, Brescello, Carpineti e Baiso.

Le aree in cui si possono produrre uve destinate alle tipologie Reggiano Rosso, ReggianoLambrusco Salamino e Reggiano Bianco Spumante sono invece più ristrette comprendendo rispetti-vamente 23, 11 e 15 comuni. Ultima modifica D.M. 13-06-2005

DD..OO..CC.. ““CCoollllii ddii SSccaannddiiaannoo ee ddii CCaannoossssaa””

I vini soggetti a tale denominazione sono prodotti solo nelle terre comprese fra i fiumi Enzae Secchia, e più precisamente i comuni interessati sono: Albinea, Quattro Castella, Bibbiano,Montecchio, S. Polo d’Enza, Canossa, Vezzano sul Crostolo, Viano, Scandiano, Castellarano eCasalgrande, ed in parte i comuni di Reggio Emilia, Casina, S. Ilario d’Enza e Cavriago.

Nella disciplina troviamo 11 diverse specificazioni: Colli di Scandiano e di Canossa Biancoanche Classico (anche spumante), Colli di Scandiano e di Canossa Cabernet Sauvignon, Colli diScandiano e di Canossa Chardonnay (anche spumante), Colli di Scandiano e di Canossa L.Grasparossa, Colli di Scandiano e di Canossa L. Montericco rosato e Colli di Scandiano e diCanossa L. Montericco rosso, Colli di Scandiano e di Canossa Malbo Gentile (anche novello), Collidi Scandiano e di Canossa Marzemino (anche novello), Colli di Scandiano e di Canossa Pinot(anche spumante), Colli di Scandiano e di Canossa Sauvignon (anche passito), Colli di Scandianoe di Canossa Malvasia (anche spumante). Ad eccezione delle dichiarate tipologie novello, spu-mante e del Cabernet Sauvignon, per le altre specificazioni è prevista la tipologia ffrriizzzzaannttee, tipi-ca della zona.

La denominazione Colli di Scandiano e di Canossa Bianco Classico ha un’area più ristretta di

2200

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produzione, limitata al comune di Albinea e in parte ai comuni di Viano, Scandiano, Casalgrande,Castellarano e RE.

I vitigni che caratterizzano le tipologie sopra elencate sono: Ancellotta, Cabernet Sauvignon,Chardonnay, Croatina, Lambrusco grasparossa, Lambrusco Marani, Lambrusco Montericco,Lambrusco salamino, Malbo gentile, Malvasia bianca di Candia, Malvasia di Candia aromatica,Marzemino, Merlot, Pinot bianco, Pinot grigio, Pinot nero, Sangiovese, Sauvignon, Sgavetta, Spergolae Trebbiano romagnolo.

I principali limiti imposti dal disciplinare sono: resa massima di uva per ettaro variabile da 150a 160 Q.li secondo le tipologie; il vino deve avere titoli alcolometrici minimi naturali variabili da 9,5a 11% vol., acidità totale minima da 4,5 al 6 per mille, estratto secco netto minimo da 15, 0 a 21,0g/l, e resa massima di uva in vino 70%. Ultima modifica D.M 26-07-2005

IInnddiiccaazziioonnee GGeeooggrraaffiiccaa TTiippiiccaa ((II..GG..TT..)) ““EEmmiilliiaa”” oo ““ddeellll’’EEmmiilliiaa””

La zona di produzione delle uve comprende l’intero territorio amministrativo delle province diFerrara, Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia e parte del territorio di Bologna. Nella disciplinatroviamo 27 specificazioni: Bianco (anche frizzante), Rosso (anche frizzante), Rosato (anche frizzan-te), Alionza (anche frizzante), Ancellotta (anche frizzante), Barbera (anche frizzante), Cabernet,Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Chardonnay (anche frizzante), Fortana (anche frizzante),Lambrusco (anche frizzante), Lambrusco Bianco (anche frizzante), Malbo Gentile (anche frizzante),Malvasia di Candia Aromatica (anche frizzante), Malvasia Bianca (anche frizzante), Marzemino(anche frizzante), Merlot, Montù (anche frizzante), Pignoletto (anche frizzante), Pinot Bianco (anchefrizzante), Pinot Grigio, Pinot Nero, Riesling Italico, Sangiovese, Sauvignon (anche frizzante),Trebbiano (anche frizzante). I vini con specificazione di un vitigno a bacca nera possono essere pro-dotti anche nella tipologia novello. I vitigni che caratterizzano le tipologie sopra elencate, sono:Alionza, Ancellotta, Barbera, Cabernet franc, Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Fortana, Lambruscograsparossa, Lambrusco Marani, Lambrusco Maestri, Lambrusco di Sorbara, Lambrusco salamino,Malbo gentile, Malvasia bianca, Malvasia di Candia aromatica, Marzemino, Merlot, Montù,Pignoletto, Pinot bianco, Pinot grigio, Pinot nero, Riesling italico, Sangiovese, Sauvignon, Trebbianoromagnolo, Trebbiano toscano, e altri vitigni ritenuti idonei alla coltivazione in Emilia Romagna.

I principali limiti imposti dal disciplinare sono: resa massima di uva per ettaro variabile da 200a 290 Q.li secondo le tipologie; il vino deve avere titoli alcolometrici minimi naturali variabili da 10a 11% vol., e resa massima di uva in vino dell’ 80%. Ultima modifica D.M. 04-08-2005

RRiiffeerriimmeennttii lleeggiissllaattiivvii uuttiilliizzzzaattii

D.P.R. 12-7-1963 n. 930, D.P.R. 22-7-1971, D.P.R. 26-11-1976 , D.P.R. 22-7-91, D.D. 26-11-96 ,D.D. 20-09-1996, D.D. 18-11-1995, D.D. 16-05-2002, REG. (CE) N. 1493/99, Del. Reg. ERn. 2003/1949.

2211

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L’estensione del territoriodella provincia di Reggio Emiliadal crinale appenninico al Po,attraversa ambienti tra lorodiversi per caratteristiche climati-che, geologiche, morfologiche epedologiche.

L’area di interesse viticolocomprende praticamente l’interoterritorio di pianura e parte diquello dei rilievi appenninici, finoa quote di 350-400 m s.l.m circa.

Dalla lettura della Carta deiSuoli della Regione Emilia-Romagna in scala 1.250.000(1994) è possibile riconoscereambienti e suoli tra loro moltodiversi

SSUUOOLLII DDII PPIIAANNUURRAANella pianura alluvionale si

distinguono ambienti tra lorodiversi per caratteristiche morfo-logiche e e per caratteri dei suoli.Le quote sono tipicamente com-prese tra 2 e 70 m s.l.m..

I suoli di pianura si sono for-mati in sedimenti minerali a tes-situra variabile, in prevalnezamedia e fine, con elevate frazionidi minerali alterabili e carbonati.

I sedimenti provengono pre-valentemente dai fiumi e dai tor-renti appenninici, tranne quelliriferibili all’ambiente della pianu-ra a meandri del Po, limitati peròin una ristretta fascia a nord.

AArreeee mmoorrffoollooggiiccaammeenntteeddeepprreessssee ddeellllaa ppiiaannuurraa aalllluu--vviioonnaallee ((ccoolloorrii vviioollaa ssuullllaaCCaarrttaa ddeeii SSuuoollii))

I suoli di queste unità carat-terizzano superfici di età diverse,

sono accomunati dalla tessiturafine e dai fenomeni più o menoaccentuati di contrazione erigonfiamento delle argille (fes-surazioni); si differenziano traloro principalmente per contenu-to in carbonato di calcio, reazio-ne (pH), disponibilità di ossigeno.

AArreeee mmoorrffoollooggiiccaammeenntteerriilleevvaattee nneellllaa ppiiaannuurraa aalllluu--vviioonnaallee ((ccoolloorrii ggiiaallllii ssuullllaaCCaarrttaa ddeeii SSuuoollii))

I suoli di queste unità carat-terizzano superfici di età diverse,sono accomunati dalla tessituramedia, dalla buona disponibilitàdi ossigeno e dall’alterazionebiochimica con riorganizzazioneinterna dei carbonati; si differen-ziano tra loro principalmente percontenuto in carbonato di calcioe reazione (pH).

SSUUOOLLII DDEELL RRIILLIIEEVVOOAAPPPPEENNNNIINNIICCOO

I suoli del rilievo appenninicosono distribuiti per mosaici moltocomplessi, in conseguenza dell’e-levata variabilità dei fattori oro-grafici locali, dei processi morfo-genetici, della complessità del-l’assetto geologico-strutturale,della variabilità litologica.

Le quote, limitatamente allafascia di interesse viticolo, sonocomprese tra 70 e 400 m s.l.m.circa.

Si possono distinguere dueraggruppamenti principali: suolidel margine appenninico, e suolidel basso appennino.

AArreeee aannttiicchhee ddeell mmaarrggii--nnee aappppeennnniinniiccoo ((ccoolloorrii rrooss--

di Giuseppe Benciolini

2222

Suoli di pianura e collina

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ssii ssuullllaa CCaarrttaa ddeeii SSuuoollii))I suoli di queste unità si sono

formati in sedimenti alluvionali avaria tessitura la cui deposizionesi ritiene risalga a decine o centi-naia di migliaia di anni; anche nelcorso di periodi caratterizzati daeventi erosivi intensi questi suolinon sono stati completamenteasportati né sepolti grazie allaloro pozizione di ceniera tra lamontagna in sollevamento e lapianura, alla conformazione sub-pianeggiante ed alla coperturaforestale, predominante fino adun recente passato.

Questi suoli sono pianeg-gianti od ondulati, molto profon-di, a moderata disponibilità diossigeno, con tracce di alterazio-ne geochimica e ricchi in ses-quiossidi; si differenziano tra loroper tessitura, contenuto in calca-re, reazione (pH).

AArreeee nneell bbaassssoo aappppeennnnii--nnoo ((ccoolloorrii mmaarrrroonn ssuullllaaCCaarrttaa ddeeii SSuuoollii))

I suoli di queste unità si sonoformate in materiali derivati darocce a prevalente componentecarbonatica, tenere e facilmente

alterabili: peliti, marne, argilliti.Questi suoli sono moderata-

mente ripidi, a buona disponibili-tà di ossigeno, calcarei, modera-tamente alcalini; si differenzianotra loro prevalentemente per laprofondità e la tessitura.

Maggiori dettagli sui suoli della provincia di Reggio Emilia possonoessere reperiti in:

•• II ssuuoollii ddeellll’’EEmmiilliiaa--RRoommaaggnnaa, 1994, AA.VV., a cura di N.Filippee Luisa Sarbati - RER

•• CCaattaallooggoo ddeeii TTiippii ddii SSuuoolloo ddeellllaa PPiiaannuurraa EEmmiilliiaannoo--RRoommaaggnnoollaa, 2003, AA.VV, a cura di ii..tteerr p.s.c.r.l., consultabile al sitoInternet wwwwww..ggiiaass..nneett

• CCaattaallooggoo rreeggiioonnaallee ddeeii pprriinncciippaallii ttiippii ddii ssuuoolloo aaggrriiccoollii ddiiccoolllliinnaa ee mmoonnttaaggnnaa,, 2001, AA.VV, a cura del Servizio Sviluppo siste-ma Agroalimentare e del Servizio Cartografico e Geologico della RegioneEmilia-Romagna.

Stalcio della Carta deisuoli della Regione

Emilia-Romagna in scala1:250.000. In rosso i limitiprovinciali e, tratteggiato,

il limite a monte dellearee di interesse viticolo.

2233

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2244

Il clima condiziona fortemen-te la qualità del prodotto uva e diconseguenza il vino che ne deri-va. In questo capitolo si vuolefornire un quadro delle condizio-ni climatiche della provincia diReggio Emilia, non dimenticandoche oltre agli aspetti generali delterritorio (visione macroclimati-ca), sul risultato produttivo influi-scono fattori più specifici, rileva-bili solo con uno sguardo piùapprofondito, orografico, dellecaratteristiche del vigneto ogget-to d’indagine (visione mesocli-matica) e uno ancora più detta-gliato che riguarda il microclimache s’instaura attorno al grappo-lo, dovuto alle caratteristichedella chioma, e per questo moti-vo che riguarda strettamente lagestione antropica del vigneto.

Da un punto di vista mmaaccrroo--cclliimmaattiiccoo, la radiazione lumino-sa e la temperatura sono influen-zati dalla latitudine della provin-cia di Reggio Emilia che è com-presa tra i 44°13’ e i 45° 0’ lati-tudine Nord, e dal posizionamen-to della stessa nella parte centromeridionale della pianura pada-na. Occorre inoltre sottolineare

come il territorio disponga diun’ampia gamma d’altimetrieche influiscono sui diversi ele-menti climatici, essendo costitui-

to per il 44,4% da pianura e perla restante percentuale da collinee montagne, che raggiungonoanche elevate altezze.

In pianura, cessate le influen-ze esercitate dai rilievi sul clima, sidelineano i caratteri del climaccoonnttiinneennttaallee o ppaaddaannoo, comeindica Simonini nel 1994, caratte-rizzato da spiccate escursioni ter-miche annuali, scarsi apporti plu-viometrici, scarsa ventosità, eleva-ti valori d’umidità.

Queste caratteristiche climati-che si realizzano sempre piùintensamente procedendo versoNord, fino a raggiungere il corsodel fiume Po.

LLee pprreecciippiittaazziioonnii in que-st’area hanno valori medi annuicompresi tra i 632 mm di Borettoed i 795 mm di Reggio E., postaad una altezza di 51 m s.l.m.Procedendo verso Sud si eviden-zia infatti un rilevante incrementodella piovosità per giungere, inzona collinare, a valori compresitra 889 e 1019 mm, per poi salireulteriormente fino a circa 1700mm nella bassa montagna.Sebbene il numero di giorniall’anno interessati dalle precipi-

tazioni abbia un andamento piùirregolare rispetto alla piovositàannua - a RE vi sono in media 114giorni piovosi annui - la distribu-

di Stefano MeglioraldiMatteo Vingione

Definizione del clima: in base ai principali elementi (variabili misurabili) che lo

caratterizzano e ai piùimportanti fattori

determinanti per i diversilivelli di riferimento

(Vercesi et al., 2003).

2244

Clima

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zione delle piogge, che emergedai primi due parametri conside-rati, evidenzia anch’essa unaumento precedendo verso sud.

Nei rilievi vi è così una ridu-zione dell’asprezza del clima dipianura (maggiore ventilazione,migliore distribuzione delle preci-pitazioni, minore umidità edescursione termica), per poi cam-biare radicalmente nelle aree dimontagna, caratterizzate daclima estivo mite e maggior rigo-re invernale. Il clima di collina ècaratterizzato da un’elevatavariabilità, essendo influenzatodalla configurazione, conforma-zione e orientamento dei rilievicollinari e sistemi vallivi, per cuisi possono creare climi miti easciutti nelle valli ben esposteall’insolazione e climi piovosi eventilati sui declivi collinari enelle valli più esposte alle corren-ti umide; la ventilazione frequen-te ostacola l’accumulo d’umidità,limitando le gelate.

Le migliori condizioni sihanno in prossimità delle ultimepropaggini collinari, con valoritermici simili a quelli di pianurama maggiore ventilazione emigliore distribuzione delle preci-pitazioni, che risultano essereanche più abbondanti.

Per quanto riguarda la ddiirree--zziioonnee ddeeii vveennttii si nota unamaggiore presenza di quelli pro-venienti da Ovest e da Nord-Est.

A livello mmeessoocclliimmaattiiccoosono molti i fattori che determi-nano importanti modificazioniclimatiche rispetto ai dati gene-

rali come ad esempio: l’esposi-zione, tipica della viticoltura dicollina, che riveste grandeinfluenza sui risultati attendibili,

l’eventuale presenza di barrieredi dimensioni elevate che si pos-sono trovare in vicinanza divigneti, quali filari di alberi, edifi-ci, ecc. che possono deviare ilnormale corso dei venti, la vici-nanza di masse d’acqua cheinfluiscono soprattutto sull’umi-dità. Non è raro infatti, per le par-ticolari correnti che si formano incerte zone, notare la presenza dieventi meteorologici localizzati,quali correnti d’aria fredda, even-ti grandigeni frequenti, ecc.

A livello mmiiccrroocclliimmaattiiccooinfine entra preponderante ingioco il fattore antropico: il viti-coltore, col tipo di conduzioneagronomica del vigneto e lescelte d’impianto condiziona ilmicroclima del grappolo e dellafoglia (umidità, temperatura, equantità di radiazione solare).Come esempio citiamo l’effettodelle pratiche di “cimatura” o“sfogliatura” che, scoprendomaggiormente il grappolo allaluce, influenzano i risultati pro-duttivi e qualitativi.

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AAssppeettttii ttiippiiccii ddeell cclliimmaa ddeellllaa ppiiaannuurraa::

• Inverni rigidi ed estati afose;• Scarsa ventilazione e frequenti manifestazioni tempora-

lesche estive, con probabili eventi grandigeni;• Precipitazioni localizzate soprattutto in primavera e

autunno, con formazioni nebbiose invernali;• Entità delle precipitazioni estive circa pari a quelle invernali;• Frequenti ricorrenze di condizioni di gelo.

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Nella viticoltura tradizionalele forme d’allevamento della vitesi differenziavano da zona a zonain relazione al clima, al terreno,alle varietà ed alle tradizionilocali.Ultimamente le esigenze dimeccanizzazione le hanno ridottedi numero e semplificate nellastruttura.

La provincia di Reggio Emiliaha visto svolgersi tre fasi:

• quella millenaria con lavviittee mmaarriittaattaa aallll’’oollmmoo o all’a-cero di origine etrusca e che haresistito fino agli anni ’60;

• il trentennio anni ’60- 80con la vite allevata a sseemmii--bbeelluussssii (anche pergola nellabassa pianura );

• la fase attuale del GGDDCC edelle ccoonnttrroo ssppaalllliieerree.

Il forte rinnovamento dellaviticoltura provinciale che dal1990 in poi ha significato 3000ha di nuovi impianti, di cui 343ha negli ultimi 3 anni e unapunta di 437 ha nel 1998 , sibasa sui seguenti criteri:

• qualità del prodotto, conconseguente limitazione dellaquantità,

• intensificazione delledistanze d’impianto, che passanodalle 1000 viti/ha del semi-Belassi alle 2000 viti e oltre degliimpianti attuali,

• scelta di un sistema d’alle-vamento idoneo alla meccanizza-zione integrale di tutte le opera-zione colturali.

Di seguito si descrivono bre-vemente le forme maggiormenteimpiegate nei nuovi impianti, chesono soprattutto sylvoz e GDC, ein misura molto minore cordonesperonato, cordone libero eGuyot in collina.

IILL GGDDCC o DDOOPPPPIIAA CCOORRTTIINNAAIl GDC, o doppia cortina, è un

sistema d’allevamento che hacominciato a diffondersi nellezone viticole della PianuraPadana negli anni ’70 del secoloscorso, per merito del prof.Cesare Intrieri dell’Università diBologna.

Esso è costituito da due cor-doni permanenti paralleli convegetazione a ricadere.

Inizialmente non ha riscossoun grosso successo nella nostraviticoltura, poi però si è afferma-to e attualmente compare inpoco meno nella metà dei nuoviimpianti.

Complessivamente a Reggiosi stimano al 2004 impiantati aGDC 1700-1800 ha di vigneto.

Il sistema si è evoluto con ilpassare degli anni, per cui rispet-

di Rolando Valli

Il GDC o Doppia Cortina

2266

Forme d’allevamento

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2277

to ai primi impianti, gli attualipresentano le seguenti caratteri-stiche:

• infittimento dei sesti da1250 viti/ha (m 4x2), a altre 2000piante/ha,

• braccetti un tempo inclinatie ora orizzontali,

• particolare attenzione allapotatura verde, un tempo trascu-rata,

• potatura secca più cortacon speroni a 1/2 gemme.

LLaa ppoottaattuurraaLa ppoottaattuurraa iinnvveerrnnaallee a

perone è molto pratica e rapida,in quanto richiede, se manuale,35-50 ore/ha e se meccanicasolo 3-5 ore/ha, o tempi inter-medi se meccanica con rifinituramanuale.

Nella nostra zona però i viti-coltori abituati tradizionalmentealla potatura lunga, prima conl’alberata e poi con il semi-Belussi, all’inizio debbono adat-tarsi alla logica dello sperone.Infatti dopo qualche anno, se nonsi opera con attenzione, si rischiadi sguarnire il cordone perma-nente, soprattutto se lungo, nellaparte basale o in tratti mediani.

Per evitare questo inconve-niente e mantenere il cordoneequilibrato è bene:

• evitare i tagli rasi sulcordone

• alternare agli speronilunghi 3-4 gemme, speroncinicorti ad una sola gemma,

• fare speroni corti a duegemme (compresa quellabasale).

Un altro problema da risolve-re è l’allungamento degli speronidopo alcuni anni: essi vanno eli-minati sostituendoli con germo-gli sviluppatisi alla base sellosperone o lungo il cordone.

Nella potatura inoltre si deveevitare di lasciare speroni nellaparte interna del cordone.

La ppoottaattuurraa vveerrddee, pur-troppo inizialmente trascurata,richiede la pettinatura a giugnoper evitare che i due cordoni sicongiungano ed il GDC si trasfor-mi in tendone; tale operazione èfacilitata con l’impiego di aprifilomobili. Altri interventi di spollo-natura, cimatura si richiedonoper tenere sotto controllo lavegetazione, soprattutto nellaparte interna e poi per prepararela pianta alla vendemmia.

GGiiuuddiizziiooIl GDC è una forma d’alleva-

mento che consente di ottenereprodotti di qualità, senza penaliz-zare troppo le rese produttive. Lameccanizzazione integrale ditutte le cure culturali, consente dicontenere i costi di produzione edi mantenere competitiva lanostra viticoltura. Le diverse mac-chine però debbono essere impie-gate con intelligenza, professio-nalità e rispettando i canoni dellabuona tecnica agronomica.

II ddaattii eesssseennzziiaallii ddeell GGDDCC• distanze d’impianto m 3,8/4,2 X 0,75/1,50• piante/ha 2000-3000• gemme per metro di cordone 12-16, pari a 60/80.000/ha• costo di realizzazione dell’impianto e 22-24.000

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SSYYLLVVOOZZ ee CCAASSAARRSSAAIl sylvoz, chiamato Casarsa

quando i tralci si lasciano liberi,èun sistema in uso nelle zone pia-neggianti del Veneto e del Friuli. Inprovincia si è diffuso da alcunianni, in quanto i viticoltori lo riten-gono più produttivo del GDC e piùsimile al semi-belussi, comegestione della chioma. I dati pro-vinciali del censimento del 2000,aggiornati a tutt’oggi, ne conside-rano coltivati ha 2800 e nei nuoviimpianti è la forma prevalente.

LLaa ppoottaattuurraaNel sylvoz si adotta una

potatura lunga con tralci a 8-10gemme; tale potatura manuale,che può però avvalersi di unaprepotatura meccanica, richiede90-120 ore/ha di manodopera.

Per questo tipo di potatura

II ddaattii eesssseennzziiaallii ddii SSyyllvvoozz ee CCaassaarrssaa• distanze d’impianto m 2,75/3,2 x 1,5/2.0• piante/ha 1700-2300• gemme per pianta 40-50, gemme/ha 70-90.000• costo di realizzazione dell’impianto e 18-20.000

valgono le seguenti considera-zioni:

• i tralci sono potati lunghi,con eventuali speroni per il rin-novo,

• si verifica un minor svilup-po dei germogli posti in posizio-ne mediana sul tralcio,

• per cui sia il germoglia-mento che la maturazione sonodisformi,

• nel Casarsa con tralci piùcorti e liberi l’inconveniente èminore.

I tralci, siano essi piegati elegati al filo sottostante, sianoliberi per cui si piegano con ilpeso della produzione, consento-no una netta separazione frafascia produttiva, indirizzataverso il basso e fascia vegetativao di rinnovo, assurgente versol’alto. Per mantenere questaseparazione che evita affastella-menti di vegetazione e consentel’arieggiamento e la penetrazio-ne dei prodotti antiparassitari,sono necessari tempestivi inter-venti di ppoottaattuurraa vveerrddee,soprattutto spollonature, cima-ture e legature. Le macchine cheeseguono questi interventi sononumerose e, se usate bene, ese-guono correttamente l’interven-to richiesto. Mensole mobilireggi rampicanti sono utili alriguardo.

GGiiuuddiizziiooIl sylvoz e/o Casarsa è un

sistema d’allevamento consiglia-bile nei nuovi impianti in quantoconsente buone mete produttive,non disgiunte da qualità del pro-

Forme diallevamento

Il Sylvoz

2288

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dotto. Buoni risultati si ottengo-no con la vendemmia meccanicae con la potatura verde mecca-nizzata; la potatura invernale èinvece manuale e questo rappre-senta un po’ il limite di questosistema. Altro inconveniente chepuò verificarsi è l’inclinazione opeggio la caduta in seguito aitemporali estivi.

CCOORRDDOONNEE SSPPEERROONNAATTOOIl cordone speronato è da

sempre diffuso in tutte le zoneviticole collinari d’Italia, in quan-to consente di ottenere prodottidi qualità, con una gestione dellachioma piuttosto semplice. Inprovincia il cordone è poco diffu-so sia in pianura che in collina ese ne stimano circa ha 200impiantati.

A volte è il risultato dellattrraassffoorrmmaazziioonnee ddeell SSyyllvvoozz: ilviticoltore cambia il sistema diallevamento per ridurre l’impiegodi manodopera, soprattutto perla potatura invernale, ma peròdeve accontentarsi di produzioniminori. In tal caso la preesistentestruttura del Sylvoz deve esseremodificata con abbassamentodell’altezza da terra del cordonepermanente. Infatti per ottenereuve di qualità è indispensabileche al di sopra del cordone lavegetazione possa espandersiper circa 1 metro, per cui l’altez-za del cordone da terra deveessere di m 1,00-1,20.

LLaa ppoottaattuurraaLa potatura del cordone spe-

ronato è quella precedentemente

descritta per il GDC, con cortisperoni di 2-3 gemme inseriti sulcordone permanente. Questaoperazione è meccanizzabile,come la successiva potaturaverde. Sul verde, non essendo lavegetazione a ricadere, si deveintervenire ripetutamente o amano o a macchina, come intutte le contro spalliere, per evi-tare fittezza di vegetazione conscadimento qualitativo dell’uva.

Infatti la produzione che sicolloca in prossimità del cordone

permanente non deve esserecoperta dai tralci di rinnovo; igrappoli così possono beneficiaredi un microclima ideale, benarieggiato ed illuminato.

GGiiuuddiizziiooIl sistema è interessante per le

zone di pedecollina e collina, dove

Il Cordone Speronato

2299

II ddaattii eesssseennzziiaallii ddeell CCoorrddoonnee SSppeerroonnaattoo• distanze d’impianto m 2,5 / 3,0 x 1,0 / 1,5• piante/ha 2400-4000• gemme per metro di cordone 12/16, pari a 50-60.000/ha• costo di realizzazione dell’impianto e 19-21.000

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la vite contiene naturalmente lavigoria. Per raggiungere discreterese produttive si debbonoaumentare le piante/ha, accor-ciando la distanza sulla fila e fra lefile (anche minori di m.2,50); in talcaso si richiedono macchine, siamotrici che operatrici ad ingom-bro ridotto o scavallanti.

CCOORRDDOONNEE LLIIBBEERROOIl cordone libero, o cordone

speronato alto o cortina semplice,sistema d’allevamento conosciutoda alcuni decenni, si è diffuso inalcune zone della Romagna e del

Veneto, ma poco in provincia diReggio Emilia. È una forma, costi-tuita da un cordone permanentecon vegetazione a ricadere, inte-gralmente meccanizzabile, che siadatta alle terre meno fertili di

pianura ed a quelle collinari.Per ottenere successo si richie-

de che:• i germogli siano tendenzial-

mente assurgenti,• la chioma sia ben distribuita

fra i due lati,• il cordone con il peso della

produzione non ruoti verso ilbasso, per cui il filo di sostegnodeve essere spiralato.

Per evitare che la vegetazionericada, si può ricorrere in prefiori-tura ad un intervento di cimatura,che però non sempre fornisce irisultati sperati.

LLaa ppoottaattuurraaLa potatura sia invernale o

secca che estiva o verde è inte-gralmente meccanizzabile e que-sto è uno dei vantaggi del cordo-ne libero. La potatura meccanica,che richiede poche ore/ha, nelprimo intervento aumenta laquantità di gemme presenti finoall’80%, con conseguente aumen-to di produzione ed in generescarsa qualità. Possono poi inne-scarsi meccanismi di alternanza diproduzione, con annate di carica eanni di scarica. Però dopo un paiodi anni di potatura interamentemeccanica la vite tende a riequili-brarsi per:

• la minor fertilità dellegemme,

• meno grappoli quindi per100 gemme,

• grappoli più piccoli e diminor peso.

Allo stato attuale della tecnicasi sconsiglia la potatura solo mec-canica, ma si ritiene indispensabi-

Forme diallevamento

Il Cordone Libero

3300

II ddaattii eesssseennzziiaallii ddeell CCoorrddiinnee LLiibbeerroo• distanze d’impianto m 2,5/3 x 1,0/1,5• piante/ha 2400-4000• gemme per metro di cordone 10-15, pari 50-60.000/ha• costo di realizzazione dell’impianto e 16-18.000

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le un contemporaneo o successivointervento di rifinitura manuale,che corregga l’opera non selettivadella macchina potatrice.

GGiiuuddiizziiooIl cordone libero, per la sem-

plicità della strutture con conse-guente minor costo d’impianto eper la facilità di gestione e mecca-nizzazione delle cure colturali èconsigliabile fra le forme d’alleva-mento da impiantarsi nei terrenimeno fertili di pianura e di collina,se meccanizzabili. Per ottenerebuone rese con un prodotto diqualità, si richiede rispetto ad altrisistemi un maggior numero diviti/ha, con riduzione delle distan-ze d’impianto ed una attentagestione della chioma.

GGUUYYOOTTIl Guyot è il sistema d’alleva-

mento più diffuso in Italia, ancheperché presenta diverse varianti:semplice o doppio, capovolto,cappuccina ecc.; tali variantihanno distanze d’impianto e cari-che di gemme piuttosto diverse.Infatti in caso di guyot doppio odi doppio capovolto le distanzesulla fila dimezzano. In provinciadi Reggio Emilia è poco presente esolo nelle zone collinari.

LLaa ppoottaattuurraaLa potatura del Guyot è a

tralcio nuovo con 1 o2 tralci frut-tiferi di 8-10 gemme inseritidirettamente sul fusto verticaleed uno o due speroni per il rinno-vo. Questa potatura è tuttamanuale con tralci lunghi legatisul filo, per cui richiede un nume-

ro di ore pari a 80-100. Comenelle pergole, la potatura seccadeve evitare di allungare il cordo-ne verticale operando una sceltaoculata degli speroni, su cui sisviluppa il tralcio di rinnovo.Nella potatura verde si richiedo-no diversi interventi per guidarela vegetazione e manteneresgombra la fascia produttiva.

GGiiuuddiizziiooIl Guyot è un sistema che con-

sente produzioni di qualità e se siimpianta un elevato numero diviti/ha si possono ottenere anchebuone rese.Rimane il problema

dell’onerosità della potatura seccain quanto a tralcio lungo e quindinon meccanizzabile. Pertanto nellezone di collina può essere indicatopreferirvi o il cordone speronato oil cordone libero.

Il Guyot

3311

II ddaattii eesssseennzziiaallii ddeell GGuuyyoott• distanze d’impianto m 2,2/2,8 x 0,8/1,5• piante/ha 3000-4500• gemme per pianta 10-16, gemme/ha 40-60.000• costo di realizzazione dell’impianto e 21-23.000

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La nostra viticoltura ha inquesti ultimi anni subito impor-tanti trasformazioni non solo neisesti di impianto ma anche nellestrutture. Sono ormai da diversianni che vengono realizzateesclusivamente ffoorrmmee dd’’aallllee--vvaammeennttoo mmeeccccaanniizzzzaabbiillii e leesperienze che le aziende vannovia via maturando stanno condu-cendo ad ulteriori evoluzioni inun ottica di ulteriore perfeziona-mento degli impianti a favoredelle macchine. La scelta deimateriali, soprattutto i pali, sonoancora oggi l’aspetto più com-plesso della scelta che deve esse-re mirato alla specifica forma diallevamento.

II PPAALLIINel GGDDCC il problema della

scelta del palo è praticamenterisolto risultando il palo in

cemento precompresso il piùsicuro ed affidabile, che non ori-gina problemi di durata neltempo e, non essendo coinvoltodalle macchine in fase di ven-

demmia, non offre nessun tipo diinconveniente. Anche il fissaggiodei braccetti e degli aprifili mobi-li per la pettinatura agevolata sulpalo in cemento è molto più pra-tica. Le incertezze che possonoscaturire nella progettazione diun GDC possono piuttostoriguardare la scelta della colloca-zione delle barbatelle, singole odappaiate, che indirizza anche iltipo di struttura. Viti singole, peresempio, conducono a strutturecon un numero elevato di tutoriche, per motivi di economicità,devono essere in tondino zincatoe pertanto sostenuti da un filolongitudinale. Questo, che sitrova sulla linea di palificazione,diventa un ingombrante appiglioper la vegetazione e rende piùdifficoltosi gli interventi al verdeper il mantenimento delle due

cortine ben separate ed illumina-te. Al contrario, la collocazione diviti appaiate, permette di utiliz-zare un minore numero di palet-ti, più costosi, ma in grado di reg-

di Claudio Corradi

Nello schizzo sonorappresentati, da sinistraa destra, G.D.C. con: vitisingole sdoppiate, viti

doppie e sesto sulla filapiù ampio, viti doppie su

sesto fitto per il raddoppio del

numero di ceppi perettaro e viti singole non

sdoppiate con cordone della

lughezza pari aquello che si ottiene

con viti doppie in unsesto più ampio.

3322

Strutture di sostegno

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gersi da soli grazie al solo inter-ramento. In questo caso lo svan-taggio risulta essere la creazionedi tralci permanenti più lunghi.

Nelle CCoonnttrroossppaalllliieerree, dovela vendemmia meccanica è ascuotimento orizzontale, il palo èun accessorio tanto fondamenta-le quanto di difficile scelta, nonessendo ancora stata individuatauna soluzione ideale in grado diessere al contempo robusta,duratura, sufficientemente elasti-ca e di costo adeguato.

Il PPiinnoo ttrraattttaattoo è moltorobusto ed elastico ma ha l’inco-gnita della durata nel tempo.

Il CCeemmeennttoo pprreeccoommpprreessssooè robusto, non marcisce, ma èpoco elastico, è più soggetto adanneggiamenti meccanici aseguito di urti accidentali edusura maggiormente i battitorianche quando ha gli spigoli ston-dati.

I ppaallii iinn aacccciiaaiioo sono pro-dotti più nuovi e fra questi vannodistinti quelli profilati da quellitubolari così come quelli inacciaio zincato da quelli inox.Negli ultimi anni si sono partico-larmente diffusi anche nellanostra provincia ppaallii iinn aacccciiaaiioopprrooffiillaattoo di diverse forme edimensioni. Le peculiarità di que-sto nuovo tipo di palo vannoinnanzitutto ricercate nella loroleggerezze e nella loro elasticità.La resistenza è direttamente pro-porzionale allo spessore in primoluogo, ma anche alla sagoma delprofilo. La durata nel tempo èlegata alla qualità della zincatura

che deve essere realizzata acaldo. Un’ulteriore aspetto moltointeressante è la presenza diasole portafilo, realizzate in fasedi produzione, che velocizzanotevolmente l’allestimento del-la struttura in campo. A livello diresistenza, pur in presenza di

robustezze estremamente varia-bili fra un tipo di palo ed un altro,questi pali sono nettamente infe-riori a quelli in cemento. Proprioper questo nelle nostre zone è

Pali in Pino trattato

Pali in cementoprecompresso

3333

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bene utilizzare sesti di palifica-zione sulla fila più ravvicinatirispetto a quanto si farebbe conpali in legno o precompressi.

Ovviamente queste scelte sirifletteranno anche sui costi dipalificazione che tuttavia devonotenere conto anche della mag-giore praticità di posa ed allesti-mento della struttura. A livello divendemmia l’elasticità e la sezio-ne modesta permettono di ope-rare egregiamente su questo tipodi palo che pare essere anchelongevo.

NNeeii PPaallii TTuubboollaarrii la maggio-re resistenza rispetto ad un paloprofilato è certamente legata allaforma con la quale ci si confronta.In genere i pali tubolari utilizzatisono di diametro variabile fra i 50ed i 70 mm. con spessori chevanno da 1,2 a 2 mm.

Si tratta di pali meno flessibilie meno pratici nell’installazionedei fili anche se su di essi vengonorealizzati appositi fori per il lorofissaggio a mezzo di una legatura.Sono comunque prodotti leggeri edi pratica installazione in campo.Quelli zincati è bene abbiano unforo a livello del terreno per creareun camino in grado di evitare la

formazione della condensa all’in-terno del tubo. Per ovviare al pro-blema della durata della zincatura,questi pali vengono prodottianche in aacccciiaaiioo iinnooxx.

II PPaallii iinn ppllaassttiiccaa non sonoancora particolarmente diffusima sono osservati con moltaattenzione per le caratteristichedi longevità ed elasticità che tut-tavia non possono prescindereuna certa robustezza. Ne esisto-no di svariate tipologie le princi-pali delle quali possono essereriassunte in quattro tipi di pro-dotto : palo in PVC, palo in vetro-resina, palo in plastica riciclatacon anima metallica e palo inpolietilene stampato con animametallica. A livello di resistenzaquello più robusto ed elastico èquello in vetroresina, prodottoattualmente in tubolare di dia-metro 60 mm. A livello di costosono più interessanti i pali inPVC, di diverse sezioni e forme, oquelli in plastica riciclata conanima metallica. Interessanti,soprattutto per la presenza dipiccoli ganci portafili, sembranoessere i pali in polietilene stam-pato all’interno dei quali vieneinserito un profilato metallicogrezzo.

EELLEEMMEENNTTII CCOOMMUUNNII AA TTUUTTTTEELLEE FFOORRMMEE DDII AALLLLEEVVAAMMEENNTTOO

AAnnccoorraaggggii:: Sono una fon-damentale componente dellastruttura e sono costituiti datiranti zincati, da interrare e checostituiscono il punto di ancorag-gio, e da funi o fili che collegano

Strutturedi sostegno

Caratteristiche dei princi-pali tipi di palo attual-

mente impiegati nel reg-giano. Il dato della resi-stenza risulta dalla misu-razione, con dinamometro elettronico, dello sforzo ditrazione in punta per palialti 300 cm. ed interrati

per 80 cm.

3344

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il tirante al palo da ancorare.I ttiirraannttii, che vengono inter-

rati ad una profondità compresafra i 130 ed i 170 cm., possonoessere ad elica o con piastra incalcestruzzo.

• GGllii aannccoorraaggggii aadd eelliiccaa,detti anche a vite, sono di piùrapida installazione e permetto-no l’immediato tensionamentoin quanto vengono avvitati nelterreno senza smuoverlo e perquesto fanno tenuta da subito. Ilgrande vantaggio delle ancore avite consiste nella semplicità diposa e nel più facile posiziona-mento precisamente in asse conil filare.

• GGllii aannccoorraaggggii ccoonn ppiiaa--ssttrraa iinn cceemmeennttoo necessitanoinvece della formazione di unbuco, da realizzare con una tri-vella di diametro minimo di 40centimetri, che non solo rendepiù laboriosa la messa in operama soprattutto impone un tempodi assestamento del terrenosmosso. Questo tipo di ancorag-gio è indicato in genere per trat-te di lunghezza superiore ai 150– 200 metri e nei GDC.

Le ffuunnii ppeerr aannccoorraaggggiioosono una soluzione ormai col-laudata ed entrata in uso comu-ne per la grande semplicità diinstallazione e la possibilità direalizzare pratici ed efficaciritensionamenti occasionali. Sitratta in genere di vere e propriefuni in fili di acciaio zincatoappositamente preparate conun’asola piombata da infilarenel palo da ancorare e che per-

mette un rapido fissaggio dellostesso. La fune può essere ten-sionata o con appositi morsettirapidi, del tipo di quelli che siusano per i fili, o con un classicotirafilo ed un successivo fissag-gio con morsetti bloccafune. Iltensionamento occasionale delcavo di ancoraggio, che permet-te, con una minima divaricazio-ne verso l’esterno del palo ditesta, il tensionamento dei fili ditutto il filare, risulta in questomodo molto pratico e veloce. Gliancoraggi realizzati con il filozincato di tipo morbido e digrande diametro, che vengonobloccati con la classica torsionedel filo su se stesso, presentanodue grandi inconvenienti.Innanzi tutto questa torsione frai fili tende con il tempo a scorre-re su se stessa e quindi a provo-care allentamenti. In secondoluogo riesce molto difficoltosorealizzare ritensionamenti occa-sionali non solo per la laboriosi-tà ma soprattutto perché allen-tare un filo attorcigliato per poi

Montaggio dei fili

3355

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rifissarlo allo stesso modo risul-ta spesso poco efficace e puòportare alla rottura del filo stesso.

Per la realizzazione di unbuon ancoraggio occorre tenerepresente che:

• La ccoorrrreettttaa ddiissttaannzzaa del-l’ancoraggio dalla base del paloda ancorare è uguale alla misuradalla base del palo al punto in cuil’ancoraggio viene fissato al palostesso.

• La rreessiisstteennzzaa ddeellllaa ffuunneeo del filo di ancoraggio deveessere per lo meno pari allasomma delle resistenze dei filiinstallati sul palo da ancorare.

SSttaaffffee ddii BBaassee PPaalloo:: Sitratta di un accessorio di introdu-zione abbastanza recente ed ècostituito da una piastra inacciaio zincato da fissare al palodi testatata. Si tratta di una sortadi collare che aumenta la superfi-cie di appoggio del palo in modoche una volta interrato alla pro-fondità desiderata non sprofondiulteriormente a seguito del ten-sionamento dell’ancoraggio. Conquesto accessorio, di più sempli-ce installazione rispetto alla pia-stra in cemento sotto al palo ditestata che richiederebbe la for-mazione di un buco, viene risoltoil problema della staticità delpalo di testa e con questo anchequello degli allentamenti dei fili

MMuulliinneellllii tteennddiiffiilloo:: Sonoaccessori apparentemente funzio-nali ma di praticità molto modesta.In certi casi vengono installati suifili di ancoraggio e sui fili longitudi-nali con lo scopo di poterli in segui-to utilizzare per il ritensionamentodopo eventuali assestamenti del-l’impianto. Sui fili in acciaio inoxpossono avere una loro praticitàma sui fili zinco alluminio, più utiliz-zati nelle nostre zone, perdono diutilità essendo comunque accesso-ri che impongono al filo ad avvol-gersi su di un diametro del mulinel-lo molto modesto e non adeguato.

TTuuttoorrii:: Da alcuni anni èstato definitivamente abbando-nato l’impiego di tutori in bam-boo perché poco durevoli. Oltreal fatto che la parte interratamarcisce esiste anche il problemadella fragilità che porta a rotturein fase di vendemmia meccanicaa scuotimento orizzontale conproblemi sia alla pulizia del pro-dotto che al corretto funziona-mento della macchina. Le solu-zioni adottabili sono quindi ilricorso a tutori in acciaio zincato,tondino o tubolare, che possonoessere tranquillamente posti acontatto con i fili zinco alluminio.Dove si utilizzano fili in acciaioinox possono essere utilizzatianche tutori in tondino grezzo.

FFiillii:: I fili oggi utilizzati in viti-coltura possono avere caratteri-stiche di resistenza non semprefacilmente paragonabili per il dif-ferente tenore di carbonio checonferisce loro le caratteristichedi resistenza. In ogni caso i fili più

Strutturedi sostegno

Resistenza media necessaria per fili ed

ancoraggi nel vigneto.

3366

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utilizzati sono ancora quelli a tri-pla zincatura di tipo duro contrattamento benzinal. In aumen-to l’impiego di fili in acciaio inox.Il tipo di filo ed il numero varia infunzione del tipo di impianto edella funzione del filo stesso. Sisono particolarmente diffusinegli ultimi anni anche i fili innylon come fili mobili sia per lapalizzatura manuale delle con-trospalliere che per la pettinaturaagevolate nel GDC.

AAllttrrii aacccceessssoorrii:: Soprattuttonelle controspalliere, dove siattua la vendemmia meccanicaper scuotimento orizzontale etutta la struttura è coinvolta dalpassaggio della vendemmiatrice,è fondamentale che non esistanoaccessori che possano distaccarsie finire nel prodotto conferito alcentro di pigiatura.

È il caso di gancetti fermatu-rori, staffette portafili etc.

È importantissimo, in fase di

realizzazione, assicurarsi di sce-gliere prodotti che non rischinodi danneggiare le macchineenologiche od intralciare il cor-retto svolgimento delle lavora-zioni in cantina. Nei GDC gliaccessori più importanti sono ibraccetti autoportanti e gli apri-filo mobili per la pettinaturasemiatomatica. Questi devonoessere robusti e di semplice erapida installazione.

Interramento di ancore a vite.

Caratteristiche dei fili piùcomunemente impiegati.

3377

CI - TRE CI - AL CI - AL SUPER INOX - CIJDP diam/mm. 1 kg = m. Tripla zincatura Zn/Al Zn/Al Super Inox

resistenza kg. resistenza kg. resistenza kg. resistenza kg.

55 11,,0000 116622 11077 11,,2200 111133 16099 11,,4400 8833 2201100 11,,5500 7722 2501111 11,,6600 6633 95 240 3001122 11,,8800 5500 120 185 300 3801133 22,,0000 4411 150 220 380 4501144 22,,2200 3344 185 275 450 5501155 22,,4400 2288 220 340 590 6501166 22,,7700 2222 275 440 740 8501177 33,,0000 1188 340 580 850 10001188 33,,4400 1144 440 735 1010 13501199 33,,9900 1111 580 915 12502200 44,,4400 88 735 1110 15102211 44,,9900 77 9152222 55,,4400 66 11102244 66,,4400 33,,9955 1530

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La potatura delle vite è, dopola vendemmia, la più importantevoce di costo nella gestione com-plessiva del vigneto. Può essereeseguita per un periodo di tempoche va da dicembre ad aprile eper questo permette una mag-giore elasticità nell’organizzazio-ne aziendale anche se richiedeuna maggiore professionalità delpersonale. Al di la della disponi-bilità di manodopera per l’esecu-zione della potatura secca restatuttavia la ragguardevole inci-

denza dei costi a spingere versola ricerca di soluzioni di impiantoin grado di permettere di rispar-miare sui tempi di esecuzione.

I tipi di potatura realizzabilisul cordone permanente sono aSylvoz od a Sperone.

- La ppoottaattuurraa aa ssppeerroonnee èadottata nel GDC, nel Cordonesperonato e nel Cordone libero.

- La ppoottaattuurraa aa SSyyllvvoozzviene adottata oltre che nei vec-chi Bellussi, nei sistemi a Casarsaed appunto a Sylvoz.

PPOOTTAATTUURRAA AA SSPPEERROONNEELe forme speronate sono

osservate con molta attenzioneperché già di per se permettonouna maggiore celerità nella pota-tura ma soprattutto rendono pos-sibile l’attuazione di prepotaturemeccaniche in grado di contenerei costi di esecuzione.

La potatura a sperone è unapotatura apparentemente piùsemplice di altre perché più rapi-da anche se di fatto richiede unagrande competenza. Per attuarlacorrettamente occorre conoscere,per le differenti varietà, la carat-teristica ffeerrttiilliittàà ddeellllee ggeemm--mmee bbaassaallii per poter disporre lagiusta carica di gemme produtti-ve. Oltre a questo occorre tenerepresente che gli speroni nondevono mai essere troppo lunghie quelli da eliminare per il neces-sario sfoltimento devono essereasportati avendo cura di non eli-minarli troppo a raso per permet-tere un certo rinnovo e nonrischiare che il cordone in pochi

di Claudio Corradi

Prepotatrice con pettinestralciatore.

Preparatrice meccanicaper cordone libero

o speronato.

3388

Potatura e gestionedella chioma

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anni si svesta divenendo cosìscarsamente produttivo. Con l’au-silio di pprreeppoottaattrriiccii mmeeccccaannii--cchhee è possibile realizzare unprimo passaggio con il quale sielimina il legno in eccessotagliando a misura la maggiorparte degli speroni. Dopo il pas-saggio della macchina si potràprocedere alla cosiddetta rifinitu-ra manuale con lo scopo di sfolti-re gli speroni eccedenti, in generequelli peggio disposti ed in posi-zione ventrale. In questo modo itempi di potatura, già di per sepiù brevi rispetto ad altri sistemi,si riducono di un 30 – 35% circa.Le 50 ore/ettaro necessarie per

una potatura completamentemanuale passano così a circa 30,anche se i costi, in considerazionedell’incidenza della macchina, siriducono del solo 10-15%.

PPOOTTAATTUURRAAAADD AARRCCHHEETTTTOO OO SSYYLLVVOOZZ

La potatura a Casarsa è piùrapida di quella a Sylvoz Classicoperché non prevede la legaturadegli archetti. Nel reggiano tutta-via il Casarsa puro non è moltocomune visto che qualche lega-

tura viene comunque realizzatasecondo la vecchia filosofia deiBellussi. La distinzione va quindifatta fra forme con legatura alcordone e forme con legatureall’apposito filo sottostante. Perquest’ultima si adottano già daalcuni anni appositi gancettilegatralcio in acciaio inox, dainstallare permanentemente alfilo di legatura, che velocizzanonotevolmente le operazioni. NelSylvoz la prepotatura meccanicanon è molto diffusa ed eseguibile

Prepotatura meccanicacon rifinitura manuale

al seguito.

3399

TTrraallcciioo rriinnnnoovvaattoo: I sistemidi allevamento diffusi nella nostraprovincia sono praticamene tutti acordone permanente ad eccezio-ne di una molto modesta percen-tuale di Guyot o di vecchie pergo-lette. Se le pergole sono destinatenei prossimi anni ad un rapidoabbandono per i Guyot probabil-mente potremo assistere ad uncerto incremento percentualedelle superfici per l’introduzionedi questo sistema se non altronelle aree collinari. La potatura atralcio rinnovato tuttavia restauna soluzione che richiede inter-venti di potatura esclusivamentemanuali, mentre per la legaturasono disponibili interessanti mac-chinette legatrici a batteria ingrado di velocizzare notevolmen-te i tempi di esecuzione. La pota-tura e la legatura in un Guyotrichiedono circa 70 - 100 ore Ha.

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con macchine a barre falciantidotate di un “ pettine stralciato-re” . Vengono in questo modoridotte le fatiche per il distaccodei tralci più che gli oneri di ese-cuzione, mentre il limite di questesoluzioni consiste nella lunghez-za di taglio che rischia di portaread archetti troppo corti.

GGEESSTTIIOONNEE DDEELLLLAA CCHHIIOOMMAA“Gestione della chioma” è un

termine più appropriato di pota-tura verde, visto che le cimatureestive vengono realizzate inprimo luogo per permettere l’age-vole transito delle macchine fra ifilari. Con una corretta gestionedella chioma si possono eseguirecon maggiore efficacia anche itrattamenti fitosanitari, che pene-trano meglio, assieme ad aria esole, all’interno della chioma stes-sa. Ma a questo mmiigglliioorraammeenn--ttoo ddeell mmiiccrroocclliimmaa non corri-sponde un vantaggio fisiologicoper la pianta tanto che, notoria-mente, la tecnica della cimaturaestiva è definita un “male neces-sario“. Per questo motivo la pota-

tura verde deve essere eeffffeettttuuaa--ttaa mmoollttoo pprreeccoocceemmeennttee,entro pochi giorni dalla fioritura,ed essere ppooccoo iinncciissiivvaa. Lefoglie da asportare devono esserele più giovani e fotosinteticamen-te ancora poco attive mentre pos-sono essere asportate foglie piùmature in perfetta fase di effi-cienza. Le più recenti acquisizioniindicano la prefioritura comemomento ideale per l’esecuzionedella cimatura da eseguire man-tenendo come minimo 1122 ffoogglliieessuull ggeerrmmoogglliioo pprriinncciippaallee. Inquesto modo le foglie asportatesaranno quelle non ancora foto-sinteticamente attive e l’opera-zione avrà un’influenza minimasulla qualità della produzione. Glieventuali interventi che si rende-ranno necessari successivamentea-vranno effetti negativi sullamaturazione e sulla qualità delprodotto in rapporto all’entità deltaglio e per questo, se necessari,devono sempre essere molto leg-geri. In merito alla potatura diprevendemmia si raccolgonospesso pareri contrastanti. Se daun lato la cimatura di prevendem-mia scopre i grappoli e facilita lapulizia del prodotto da parte dellevendemmiatrici, è anche vero chela presenza di un certo quantitati-vo di foglie per le macchine ascuotimento orizzontale funge daammortizzatore e porta ad unminore maltrattamento del pro-dotto. In genere la vigoria deinostri vitigni si avvantaggia diuna cimatura di prevendemmiache non necessariamente deve

Potaturae gestionedellachioma

Potatura manualedel Sylvoz.

4400

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essere molto drastica per lasciareappunto un minimo di protezioneal contatto diretto degli scuotitorisui grappoli.

Anche la ddeeffoogglliiaazziioonneemmeeccccaanniiccaa, già attuata in altreimportanti aree viticole, sullenostre uve è ancora tutta davalutare. Lo scopo di questa ope-razione, da eseguire solo in con-dizioni di eccessiva copertura deigrappoli da parte delle foglie,dovrebbe portare i benefici di unmigliore arieggiamento ed illumi-nazione dei grappoli senza influi-re sull’attività fotosintetica inquanto le foglie asportate sonoquelle ormai vecchie e non piùefficienti. La migliore penetrazio-ne della luce a vantaggio dellefoglie efficienti pare essere unodei principali benefici assieme aquello dell’incremento degliantociani.

Con il termine di Gestionedella chioma vengono inteseanche altre fondamentali opera-zioni colturali quali :

PPaalliizzzzaattuurraa: Viene realizzatanelle controspaliere dotate di filirampicanti per agevolare l’appi-glio della vegetazione dell’anno egiungere al contenimento dellalarghezza della parete. La palizza-tura agevola quindi il transitodelle macchine fra le file predi-sponendo una cimatura molto piùleggera. Può essere realizzata intre modi: ccoommpplleettaammeenntteemmaannuuaallee, rriiccoorrrreennddoo aa ffiilliimmoobbiillii ddaa ppoossiizziioonnaarreemmaannuuaallmmeennttee o ccoonn mmaacccchhii--nnee lleeggaattrriiccii. La forma esclusiva-

mente manuale è poco diffusamentre la soluzione dei fili mobilinon porta a grandi differenze dicosto di esecuzione rispettoall’impiego di macchine legatriciche impongono i vincoli di dipen-denza dal terzista o dall’acquistodella macchina stessa oltre aicosti di gestione annua legati alconsumo di ganci e fili di rafia.

PPeettttiinnaattuurraa nneell GGDDCC: NelGDC la più importante operazio-ne al verde è quella della petti-natura che deve essere necessa-

Cimatrice doppia a barre.

Palizzatrice.

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riamente eseguita per sseeppaarraa--rree llee dduuee ccoorrttiinnee e permette-re un buon arieggiamento edilluminazione della chiomaanche dall’interno.

Deve essere eseguita tempe-stivamente, prima che i nuovigermogli rendano difficoltoso illoro distacco, e può essere ese-guita in modo manuale o conl’ausilio di appositi braccetti apri-filo. In considerazione del perio-do di esecuzione, dei tempi dilavoro necessari e della scomodi-tà dell’esecuzione manuale risul-

ta molto interessante ricorrereall’impiego degli aapprriiffiilloo mmoobbii--llii ppeerr llaa ppeettttiinnaattuurraa sseemmiiaauu--ttoommaattiiccaa che permettono diridurre i tempi di lavoro del 65%.

LLaa PPeettttiinnaattuurraa ddeell GGDDCCÈ un’operazione fondamenta-

le ed indispensabile che in tanticasi, dove non attuata, si è rivela-ta essere proprio la causa dell’in-successo del GDC. Ha lo scopo ditenere le due cortine vegetativeben separate fra loro per permet-tere la migliore illuminazione edaereazione possibile, ed indirizza-re i tralci dell’anno, che sarannosperonati nell’inverno, verso l’in-terfilare, ottimizzando la prepara-zione del legno per l’annata futu-ra. La pettinatura è la praticaagronomica in grado di fare ladifferenza nella gestione del GDCsia per la tempestività e gli oneriche richiede, quanto per la miglio-re qualità del prodotto a cuiporta. Un GDC pettinato è piùilluminato, ha uve più sane, sivendemmia meglio meccanica-mente ed è ben impostato ad unarapida e veloce potatura. Gli ele-vati costi e la scomodità dell’ese-cuzione della pettinatura manua-le se da un lato hanno messo inevidenza gli aspetti negativi deiGDC non pettinati, dall’altro annoportato alla ricerca di soluzionialternative in grado di velocizzaree rendere più gradevole l’esecu-zione di una pratica indispensabi-le. Allo scopo sono stati creati gliaprifilo mobili per la pettinaturasemiatomatica.

Potaturae gestionedellachioma

Sopra: aprifili mobili perpettinatura.

Sotto: montaggio degliaprifili per la pettinatura.

4422

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Sono evidenziati in rossola posizione di lavoro conla quale le vegetazione

viene spinta verso l’ester-no ed in verde la posizio-ne di riposo per permette-re vendemmia e prepota-

tura meccanica. Sonoindicati con le frecce imovimenti da far fare

manualmente all’aprifilo.

4433

AApprriiffiilloo ppeerr ppeettttiinnaattuurraa: Si tratta di accessori mobili che portanoall’estremità due fili, generalmente in nylon, che hanno la funzione diindirizzare la vegetazione nuova verso l’interfila.

• Un primo tipo di aprifilo mobile consiste in un distanziatore, della lar-ghezza di poco superiore a quella della distanza fra i cordoni, posto allasommità del palo ed in grado di rutotare di 90° sullo stesso. In posizionedi “riposo“ i fili dovranno trovarsi ravvicinati sulla linea di palificazione. Inposizione di “lavoro“, la pettinatura si esegue generalmente in giugno,ruotando manualmente gli aprifili, è un’operazione estremamente praticae veloce, si andranno a posizionare i fili verso l’esterno e questi, nel movi-mento, accompagneranno i tralci nuovi verso l’esterno. L’operazione ovvia-mente va effettuata al momento giusto quando cioè i tralci sono di lun-ghezza sufficiente ad essere convogliati dai fili e non troppo tardi quandopotrebbero già essersi appigliati e difficilmente distaccabili.

• Un più recente tipo di aprifilo per pettinatura consiste in un acces-sorio portafilo da applicare al braccetto e che, in posizione di “riposo”,presenta il filo mobile a metà braccetto mentre per essere collocato inposizione di “lavoro” viene spinto obliquamente verso l’alto.

In ogni caso la pettinatura eseguita con questi accessori ha portatoad evidenziare notevoli benefici alla fisiologia della pianta che si trova inquesto modo ad avere una massa fogliare meglio esposta, più arieggia-ta e meno castigata (la vegetazione è meno ricadente) anche nei con-fronti della pettinatura manuale.

SSppoolllloonnaattuurraa:: Il termine di spollonatura si riferisce all’asportazio-ne dei germogli che si sviluppano nella porzione verticale del fusto e chesono tipiche dei primi anni di vegetazione nei quali la pianta deve anco-ra trovare un suo equilibrio. Già dal 3 anno l’emissione di questi pollonidovrebbe ridursi considerevolmente. Se nella fase produttiva del vigne-to l’emissione di polloni continua ad essere elevata ci si trova di frontead una pianta poco equilibrata ed occorre, probabilmente, interveniresulle scelte di potatura secca.

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Uno dei principali obiettivi delvivaismo viticolo è l’ottenimentodi materiali di propagazione conelevate caratteristiche qualitative,visto il carattere strategico cheesso riveste nel rinnovamento deivigneti del nostro paese.

Il percorso per raggiungeretale traguardo passa attraversol’evoluzione tecnica finalizzata almiglioramento del processo pro-duttivo e l’utilizzo di materiale dipropagazione sano.

Per quanto concerne il pro-cesso produttivo, la moderna viti-coltura deve confrontarsi ancoracon il problema Fillossera, anchese il portinnesto, ora, viene consi-derato più per le sue caratteristi-che agronomiche che comemezzo di lotta a questo fitofago.

LL’’iinnnneessttoo ““aa ttaavvoolliinnoo”” haormai quasi completamentesostituito l’innesto in campo,anche perché ricerche e speri-mentazioni effettuate nelle diver-se fasi della filiera (innesto, for-zatura, paraffinatura, vivaio)hanno permesso di superaremolte di quelle difficoltà tecnicheche avevano promosso la diffu-sione di certi portinnesti, a scapi-to di altri, più per i loro meritivivaistici (facilità di radicazione,elevata percentuale di attecchi-mento, affinità d’innesto) chenon agronomici.

Il ppoorrttiinnnneessttoo, infatti, rive-ste l’importante ruolo di elemen-to di mediazione tra l’ambienteed il vitigno ed è capace di impri-mere quel corretto e ricercatoequilibrio vegeto-produttivo indi-

spensabile per ottenere uve diqualità.

Vista l’importanza della qquuaa--lliittàà ddeellllee bbaarrbbaatteellllee per lafutura vita produttiva di unvigneto, diviene fondamentale lostato sanitario delle Piante Madri(PM) da cui i vivaisti prelevano imateriali di moltiplicazione. Essesono sottoposte ad una certifica-zione nazionale obbligatoria, inbase al DPR 1164/69 e successivemodifiche e integrazioni, che sta-bilisce l’esistenza di tre categoriedi materiali definiti “base”, “cer-tificato” e “standard”, identifica-ti da cartellini di colore diverso:bianco, blu e giallo scuro, rispet-tivamente.

Le PPiiaannttee MMaaddrrii di cui pos-sono disporre i vivaisti viticoliderivano da un lungo processo diselezione condotto dal Costi-tutore che ha il compito di valu-tare, nell’ambito di una popola-zione varietale, le caratteristichegenetiche, agronomiche e sanita-rie (vigoria, portamento, compat-tezza del grappolo, tolleranze,attitudine enologica, ecc.) deivari soggetti, individuando quellimigliori, che verranno collocatinei Nuclei di Premoltiplicazioneper essere conservati.

Talora, cclloonnii interessanti dalpunto di vista agronomico possonorisultare affetti da virosi (fatto piut-tosto frequente nella vite, in natu-ra), pertanto si dovrà procedere alloro risanamento prima di passarealla conservazione nel Nucleo.

I Nuclei si preoccupano, poi,della prima moltiplicazione di

di Gian Luca MordentiAnna Rosa Babini,Marisa Fontana

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La qualità del materialevivaistico viticolo

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questi materiali “di pregio” e for-niscono ai vivaisti barbatelleinnestate di categoria base (car-tellino bianco) per impiantare icampi di Piante Madri per varietàe portinnesti. Questi campi sonosottoposti al controllo di funzio-nari ministeriali e forniscono imateriali di propagazione con cuiverranno realizzate le barbatelleche i viticoltori troveranno incommercio con il cartellino blu(categoria certificato).

Il continuo diffondersi dimalattie virali (arricciamentofogliare, legno riccio) e da fito-plasmi (legno nero, flavescenzadorata) diffuse da insetti e nema-todi, sta mettendo in serio peri-colo la sopravvivenza della viti-coltura in molte aree vocate e hastimolato un ulteriore passo in

avanti nella certificazione dellavite: dato che, in base al DM290/91, sono ammesse ancheindicazioni supplementari in eti-chetta, sono nati dei marchi diqualità in grado di certificare ilprocesso di produzione della bar-batella.

Uno di questi è il mmaarrcchhiioo““EESSAAVVEE””, che fornisce ulteriorigaranzie sanitarie per i materialisu cui viene applicato, poiché ivivaisti che li hanno prodotti sot-

topongono i loro campi di PianteMadri a controlli sanitari annualiche ampliano ed integrano quelliprevisti dalla normativa vigente(sopralluoghi in campo e analisidi laboratorio “a campione”) edanche il barbatellaio viene verifi-cato mediante visite ispettive ditecnici esperti. 4455

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Un nuovo vigneto deve essereprogettato con ampio anticipo eper poterlo realizzare al megliooccorre dedicarsi per tempo siaagli aspetti agronomici, legati allapreparazione del terreno ed allescelte di impianto, che a quellaburocratica, relativa alla richiestadi autorizzazione all’impianto epratiche a questo correlate.

Dal punto di vista agronomi-co la sequenza delle operazioniche il produttore deve svolgeresono:

PPrreennoottaazziioonnee ddeellllee bbaarr--bbaatteellllee: Da tenere presente chela barbatella viene innestata unanno prima rispetto al momentoin cui viene consegnata al viticol-tore per cui sarebbe bene pprree--nnoottaarree llee bbaarrbbaatteellllaa ccoonnaallmmeennoo uunn aannnnoo ddii aannttiicciippooper avere la certezza di poter dis-porre di portinnesto, varietà eclone desiderato. Se poi le combi-nazioni sono particolari e pocodiffuse sarebbe addiritturameglio anticipare il tutto di dueanni per dare al vivaista a cui cirivolgiamo il tempo di ricercare esottoporre ai controllo di legge ilmateriale da innestare.

PPrreeppaarraazziioonnee ddeell tteerrrree--nnoo: Le lavorazioni rivestonoancora una importanza fonda-mentale e per questo vanno ese-guite a regola d’arte. Questedevono essere realizzate nelmassimo rispetto del terreno chedeve essere lavorato sempre soloin condizioni di tempera anche acosto di dover rimandare l’im-pianto di un anno. Proprio per

questa esigenza fondamentale ètalvolta consigliato rinunciareaddirittura alla semina di orzo ograno come pprreecceessssiioonnee ccooll--ttuurraallee proprio per poter disporredi maggiore tempo a disposizio-ne per individuare il momentopiù adatto per le lavorazioni. Sesi rendono necessari lavori diruspatura occorre tenere presen-te che movimentazioni di grandimasse possono portare a presen-za di terreno sterile in superficiee forti assestamenti. Nel primocaso è bene lavorare maggior-mente di ruspa, un poco come sifaceva prima dell’avvento dellelivelle a raggio laser, asportando,accantonandolo, lo strato di ter-reno fertile per poter gestireseparatamente quello più sterilee ripristinare una omogeneasuperficie di terreno buono. Inogni caso quando si realizzanoimportanti variazioni dei piani èbene rimandare l’impianto all’an-no successivo per aver modo diosservare gli assestamenti edeventualmente correggere i pic-coli difetti residui. Negli ultimianni si è particolarmente diffusala tecnica del ddrreennaaggggiioo chegrazie anche al costo moltoaccessibile permette di assicurarea terreni particolarmente difficiliun migliore sgrondo delle acque.Questa tecnica tuttavia non deveessere intesa come sostitutivadella normale assegnazione dellapendenza al terreno ma sempli-cemente aggiuntiva e comple-mentare, giusto per permetterel’eliminazione di ingombranti ed

di Claudio Corradi

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L’impianto del vigneto

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impegnativi fossati di scolo checomunque devono sempre resta-re di entità adeguata. Le altrelavorazioni da eseguire sonoquelle classiche a partire dalloscasso, che resta fondamentaleper arieggiare il terreno e smuo-verlo in profondità, fino ad arri-vare alle ripuntature od aratureprima della erpicatura di affina-mento. La sistemazione del terre-no deve essere realizzata tenen-do presente che per avere unideale sgrondo delle acque lapendenza deve essere nel sensodel filare e mai trasversale e chela lunghezza massima dei filarisarebbe bene non superasse i250 – 300 metri per esigenze dimeccanizzazione.

CCoonncciimmaazziioonnee ddii ffoonnddoo:L’apporto di 50/60 tonnellate dilleettaammee maturo per ettaro dainterrare con l’aratura in fase dipreparazione del terreno sonoancora il miglior punto di parten-za per la realizzazione di unnuovo vigneto, sia per la dotazio-ne in sostanza organica che per ilmiglioramento della struttura.Oltre alla sostanza organica, inassenza della quale è possibilericorrere a concimi organici pel-lettati, è il caso di distribuire, inrelazione alle esigenze emersedall’analisi del terreno, ffoossffoorrooed eventualmente ppoottaassssiioo informa chimica.

SSqquuaaddrraattuurraa ee PPiicccchheett--ttaammeennttoo: Una volta completatol’affinamento del terreno è possi-bile procedere alla cosiddettatracciatura del vigneto che consi-

ste nell’individuare, segnandolicon appositi picchetti i filari e laposizione delle barbatelle. In que-sto modi ci si renderà conto del-l’esatta superficie investita anchein considerazione degli spazi dimanovra necessari. Ai fini dellameccanizzazione è bene lasciareuno spazio utile nelle carraie dialmeno 7-8 metri. Nei casi in cuivengono realizzate carraie inter-medie di interruzione di un filarelo spazio sufficiente allo scaricodell’uva raccolta a macchina è di5 – 6 metri. Per facilitare il possi-bile transito dei carri per i tra-sporto dell’uva ed evitare com-plesse manovre è sempre il casodi assicurare il transito dei mezzitutto intorno all’appezzamento.In presenza di palificazioni pub-bliche, luce o telefono, nel GDC èbene che queste vengano a cade-re sulla linea del filare od all’in-terno delle due cortine. Nelle con-trospalliere, per permettere lavendemmia meccanica, il palonon deve trovarsi sulla linea dipalificazione ma sull’interfila ed

Picchettamento.

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in questo caso si dovranno inter-rompere due filari adiacenti postia lato del filare più vicino al palo.In caso di messa a dimora mecca-nica delle barbatelle non si rendenecessario un picchettamentototale ma la squadratura e l’indi-viduazione dei filari resta comun-que indispensabile.

IInntteerrrraammeennttoo ddeeii PPaallii: Èormai pratica diffusa quella diprocedere all’interramento deipali nel periodo estivo per potereoperare su terreno asciutto epoter mettere a dimora le barba-telle perfettamente vicino al paloper favorire le lavorazioni mecca-niche. In genere si ricorre ad esca-

vatori dotati di apposite pinzeprendipalo che , nel caso di pali incemento, sono in grado di racco-gliere il palo da terra riducendo lafatica agli operatori.

L’introduzione di pali in ferro,che richiedono meno sforzo perl’interramento, permettere diricorrere ad escavatori più piccolie leggeri od a piantapali installatialle trattrici ma che in zona sonoscarsamente diffusi per la mode-

sta capacità operativa rispettoagli escavatori classici.

L’interramento dei pali in pre-senza di barbatelle già messe adimora richiede maggiori attenzio-ni, per non danneggiare acciden-talmente le viti, sia in fase di ste-sura dei pali che di interramentovero e proprio. La distanza del palodalla vite in questi casi è sicura-mente maggiore e più eterogenea.

MMeessssaa aa ddiimmoorraa ddeelllleebbaarrbbaatteellllee:: La messa a dimoradelle barbatelle può esseremanuale o meccanica. I metodimanuali possono prevedere llaaffoorrmmaazziioonnee ddeellllaa bbuuccaa,, ll’’iinn--tteerrrraammeennttoo ccoonn ffoorrcceellllaa ooccoonn ggeettttoo dd’’aaccqquuaa. La forma-zione della buca è la tecnica piùlaboriosa ma che permette dilasciare le radici lunghe e di rico-prile con terreno fine che senzadubbio favorirà una ottima par-tenza vegetativa. La forcella è ilmetodo più economico e veloce epuò essere realizzato o con iltaglio raso delle radici o trasci-nando nel terreno la barbatellaprendendola per le radici stesseche in questo modo vengonolasciate più lunghe. Quest’ultimatecnica ha il vantaggio di lasciarepiù radice, e quindi più sostanza diriserva, ma richiede tempi di ese-cuzione leggermente superiori. Labuona riuscita della messa adimora con forcella dipende dallecondizioni del terreno al momen-to dell’impianto che non deveessere eseguito in condizioni dibagnato per non rischiare di crea-re spazi d’aria attorno alla radice

L’impiantodel vigneto

Interramentopali profilati.

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a cui il terreno circostante devepotere aderire perfettamente. Latecnica del getto d’acqua, da alcu-ni anni comunemente utilizzataper la messa a dimora di barbatel-le in vasetto, prevede la formazio-ne del foro con un palo iniettore el’inserimento manuale della bar-batella con radici raccorciate a 2 o3 cm. La messa a dimora meccani-ca può essere fatta con due tipi dimmaacccchhiinnee: quelle che ffoorrmmaannooiill ssoollccoo permettono l’interramen-to di viti a radice lunga mentre lettrraappiiaannttaattrriiccii aa ccoonnii sono ingrado di mettere a dimora sia bar-batelle a radice corta che vasetti.La scarsa diffusione della messa adimora meccanica delle barbatellenel reggiano è dovuta principal-mente alla volontà di interrareprima i pali anche in considerazio-ne della minima differenza dicosto dei vigneti di pianura.Quando le tecniche citate sonoapplicate correttamente ed in con-dizioni ideali non esistono diffe-

CCoommpplleettaammeennttoo ddeellllaa ssttrruuttttuurraa:: Il completamento della strut-tura è l’operazione meno urgente da realizzare dopo la messa a dimo-ra delle barbatelle anche se in genere si tende a realizzare l’immediatastesura del filo portante per il cordone permanente. In questo modo èpossibile procedere alla posa dei tutori ed al loro fissaggio al filo perpotere operare la legatura dei germogli fin dalle prime fasi vegetative.

renze significative di percentualedi attecchimento o di risultati disviluppo. Nei nostri terreni è beneche le barbatelle non venganointerrate a profondità eccessiva edil ppuunnttoo ddii iinnnneessttoo rreessttii ffuuoorriitteerrrraa aallmmeennoo 1155 ccmm.. rriissppeettttooaall lliivveelllloo ddeell tteerrrreennoo. La sceltadell’epoca di impianto dipende ingenere dalla volontà o meno dicoprire le barbatelle. Sicuramenteun impianto precoce a fineNovem-bre inizio di Dicembre per-mette un migliore assestamentodel terreno attorno alle radici ed ingenere una partenza più pronta.L’impianto primaverile talvoltadiventa una necessità per l’impra-ticabilità del terreno nei mesi pre-cedenti, od una scelta per evitarela formazione dei cumuli di terra opoter eseguire un più tradivo di-serbo prima della messa a dimora.Con la frigoconservazione è oggipossibile, in casi estremi, mettere adimora barbatelle a radice nudafino a giugno.

Trapiantatrici meccaniche.

Il ciclo dello svilupporadicale della vite.

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Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

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Nei primi anni, durante la fasedi allevamento del vigneto, sonofondamentali le cure alle giovanipiantine per il loro corretto ed omo-geneo sviluppo. Queste vannodistinte fra cure del primo anno ecure del secondo e terzo anno.

CCUURREE DDEELL 11°° AANNNNOOSSccooppeerrttuurraa ddeellllee bbaarrbbaa--

tteellllee:: si rende necessaria solonei casi in cui si sia eseguita lamessa a dimora invernale concopertura delle barbatelle concumuli di terra. Terminato ilperiodo dei freddi rigidi è beneprocedere con una certa tempe-stività alla scopertura delle bar-batelle prima che queste inizinoa germogliare. Lo scopo di questoanticipo nella scopertura, chetuttavia espone le piantine alrriisscchhiioo ddii bbrriinnaattee ttaarrddiivvee, èquello di evitare notevoli tempidi esecuzione dovuti alle atten-zioni che si dovrebbero prestarein caso di inizio germogliamentoproprio per non rischiare di dan-neggiare i nuovi germogli. Oltreal rischio di rottura del nuovogermoglio esiste il problema ddeell--ll’’eessppoossiizziioonnee aallllaa lluuccee ddii uunnggeerrmmoogglliioo bbiiaannccoo perché svi-luppatosi al buio al pericolo dellascottatura da sole. In questaeventualità è fondamentale,dopo una prima scopertura delcumulo che nel frattempo si è inun certo modo compattato, ripri-stinare lo stesso con terreno fineod in certi casi con erba o fieno inmodo da evitare la totale insola-zione diretta e permetta una

autonoma e graduale fuoriuscitadelle foglioline. Ovviamente tuttoquesto incide notevolmente sulleesigenze di manodopera ed èproprio per questo che si tendead eseguire una scopertura anti-cipata ed in tanti casi a postici-pare l’epoca di messa a dimora.

UUttiilliizzzzoo ddeeii ttuubbii ddii pprroottee--zziioonnee: si tratta di una tecnicaabbastanza recente ma ormai inbuona parte sperimentata edapprofondita. Lo scopo dei tubi diprotezione è molteplice: pprroottee--zziioonnee ddaallllaa sseellvvaaggggiinnaa,, ppooss--ssiibbiilliittàà ddeellll’’eesseeccuuzziioonnee ddeellddiisseerrbboo e della fertilizzazionechimica, pprriimmoo ttuuttoorraaggggiioo findal germogliamento e lleeggggeerraaffoorrzzaattuurraa. Le caratteristiche deltubo sono in tanti casi ininfluentiper alcuni aspetti mentre assu-mono fondamentale importanzaper altri. Esistono per esempiodifferenti altezze delle protezioniin plastica. La mmiissuurraa iiddeeaalleesembra essere quella intorno ai3355//4400 ccmm.. perché tubi più altiavrebbero il solo vantaggio disostenere la vegetazione senzanecessità di interventi di legaturaper un periodo più lungo maavrebbero anche effetti negativi .Tubi troppo alti rischiano di ritar-dare la fuoriuscita delle fogliedalla protezione e di sottoporleal rischio di scottature per causadell’innalzamento eccessivo delletemperature che si verifica conl’avanzare della stagione. Questoin particolar modo si verifica neitipi di protezione perfettamentechiusi, in genere sono quelli

di Claudio Corradi

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Cure dei primi anni

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pronti e non da comporre, dovenon esiste un minimo di ventila-zione e la temperatura può innal-zarsi anche di 8/10 gradi. Insostanza, soprattutto per i tubicompletamente chiusi, il germo-glio deve esser fuori dal tubo

prima dell’arrivo di alte tempera-tura. LLaa vveennttiillaazziioonnee aallll’’iinn--tteerrnnoo ddeell ttuubboo è fondamentaleanche per creare un microclimameno umido, eliminare veloce-mente la condensa e favorire unaperfetta lignificazione della parteprotetta che la rende anche piùresistente ai freddi invernali. Mase nel periodo primaverile, quan-do le ore di freddo sono poche, i

tubi sono in grado di offrire unaprotezione termica interessante,occorre osservare che nel periodoinvernale, dove i freddi sonomolto prolungati, la temperaturainterna al tubo, pur impiegandopiù tempo ad abbassarsi, diventa

del tutto simile a quella esterna.Proprio per questo motivo incaso di impianto invernale il tubonon è in grado di sostituire icumuli di terra. Per quanto rugia-da il diserbo è certamente veroche un tubo alto permette ditenere la barra più alta e lavora-re con infestanti più sviluppatema è altrettanto vero che la cor-retta esecuzione del ddiisseerrbboo

Fresatura interceppo.

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Confronto fra le tempera-ture rilevate nell’arco

della giornata all’internodi due differenti tubi diprotezione e l’esterno.Rilevo del 13 Gennaio

2003. Si evidenzia comein inverno, quando le ore

di freddo durano più alungo, le temperature

minime all’interno dellaprotezione tendono ad

uniformarsi.

Temperature minimeall’interno di due differen-ti tipi di tubi di protezione

e l’esterno rilevate il 29Marzo 2002. Per brevi

periodi di freddo èapprezzabile come il

tempo di abbassamentodella temperatura all’in-

terno dei tubi di protezio-ne influisca sulla tempe-

ratura minima nella notte.

Confronto fra le tempera-ture rilevate nell’arco

della giornata all’internodi due differenti tubi diprotezione e l’esterno.Rilevo del 27 Marzo

2002. Per un tipo di pro-tezione la differenza ditemperatura, rispetto al

testimone senza protezio-ne, verificata in certi

momenti della giornata,è anche di 10 C°.

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cchhiimmiiccoo è quella effettuata coninfestanti poco sviluppate, perottenere la migliore bagnaturadelle erbe con il mmiinniimmoo iimmppiiee--ggoo ddii pprrooddoottttoo, e con organi didistribuzione il più basso possibi-le per contenere ogni fenomenodi deriva. Anche relativamente alproblema delle lepri va conside-rato che pur essendo i tubi in pla-stica una importante protezionesono al tempo stesso dei dissua-sori, per il colore e perché si muo-vono quando la lepre li tocca,

tanto che anche in presenza ditubi molto bassi non si registranodanni alle piantine. Il tubo di pro-tezione permette anche una piùrazionale e veloce esecuzionedella concimazione chimicaanche in presenza di foglie svi-luppate perché evita il contattodiretto del concime con la pianti-na. Il limite dei tubi di protezioneresta quello del costo che rappre-senta mediamente un 25/30 %del costo della barbatella. Lavalutazione dei benefici porta

Ottimo sviluppo di unvigneto al primo annocon tubi di protezione.

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sicuramente a ritenere la soluzio-ne razionale e convenientesoprattutto nella grandi superficidove non è possibile garantire latempestività degli interventialternativi. La protezione plasticadiventa indispensabile nel casodi sostituzione delle fallanze odei rimpiazzi.

FFeerrttiilliizzzzaazziioonnee:: La conci-mazione per la ripresa vegetati-va, che deve servire da starter peruna buona ed omogeneo svilup-po della piantina, pone ancora ildubbio sulla corretta tecnica. Inpiccoli appezzamenti la maggio-re razionalità è quella che siottiene con una localizzazione

manuale. Ottime le soluzioni difertirrigazione con sistemi a goc-cia mentre sono meno razionali,in questo primo periodo, le distri-buzioni con spandiconcime purse dotati di convogliatore.

IIrrrriiggaazziioonnee:: È una praticafondamentale anche per unapianta notoriamente non troppoesigente perché al primo annol’apparato radicale è ancoramolto superficiale e poco espan-so. La tecnica ideale è quella agoccia.

LLaavvoorraazziioonnii ee ccoonnttrroollllooddeellllee iinnffeessttaannttii:: Le lavorazionial terreno nel primo anno sonopreziosissime e non solo per per-mettere il controllo delle infe-stanti od interrompere le perditeidriche per risalita capillare, maanche per migliorare la strutturadel terreno vicino ad un apparatoradicale ancora superficiale.

LLeeggaattuurree:: I germogli che sisviluppano nel corso della stagio-ne vanno legati con una certafrequenza affinché possano esse-re sostenuti verticalmente. Ilfatto che la vegetazione nonvenga lasciata strisciare sul terre-no, non solo permette un agevo-le transito dei mezzi meccanicifra le file, ma sopratutto assicuraun migliore sviluppo dei germoglied una più razionale esecuzionedegli interventi fitosanitari. Lelegature ai tutori possono essererealizzate molto velocementecon apposite mmaacccchhiinneetttteelleeggaattrriiccii con le quali si ottengo-no notevoli risparmi sui costi dimanodopera. Le legature ai pali

Cure deiprimi anni

Lavorazione a dischiinterfilare.

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si eseguono con la classica pla-stica per legature.

CCiimmaattuurree:: In certe realtà edin particolari condizioni vegetati-ve si può procedere alla cimaturadei germogli per indirizzare leenergie della pianta verso ungermoglio principale. Per ottene-re questo non è necessario elimi-nare completamente i germoglinon destinati a divenire cordonepermanente ma è sempre consi-gliabile cciimmaarrnnee lleeggggeerrmmeenntteell’’aappiiccee per creare una situazionedi svantaggio nei confronti delgermoglio dominante. In questocaso si ottiene il beneficio dimantenere un buon apparatofogliare per una più intensa atti-vità fotosintetica. Nel GDC a vitisingole sdoppiate il taglio sulgermoglio principale per deter-minare la sdoppiatura può essererealizzato, in buone condizioni disviluppo, fin dal primo anno.

DDiiffeessaa:: Anche nel primoanno è fondamentale eseguireuna corretta e razionale difesafitosanitaria allo scopo di evitarel’insorgere di ogni malattia efavorire una buona lignificazione.È per questo fondamentale dis-porre fin dall’impianto di un’at-trezzatura appropriata per garan-tirsi comodità e tempestivitànegli interventi.

CCUURREE DDEELL 22°° AANNNNOOPPoottaattuurraa iinnvveerrnnaallee:: Le

scelte di potatura del secondoanno dipendono dal tipo di svi-luppo che le piantine hannoavuto nel corso della prima sta-

gione. Il ritorno a due gemme èsempre consigliato in presenza diterreni difficili o disomogeneitàdi sviluppo. In certi casi è possibi-le ricorrere ad un ritorno similema a 4 o 5 gemme per permette-re di realizzare le prime legaturesul legno di un anno. Solo in pre-senza di vigneti di forte vigore edi omogeneo sviluppo vegetativoè possibile realizzare già alsecondo anno la curvatura deltralcio avendo cura di non pro-lungarlo eccessivamente oltre lacurvatura stessa. Nel GDC conviti singole e sdoppiate il taglioper originare la sdoppiatura puòessere realizzato in questomomento. In questi due ultimicasi è bene lasciare un certonumero di gemme lungo l’astaverticale per irrobustirla.

AAllttrree ccuurree:: Le altre cure col-turali del secondo anno sono deltutto simili a quelle già descritteper il primo anno. In tanti casi alsecondo anno è bene proseguireanche le llaavvoorraazziioonnii ddeell tteerr--rreennoo.

CCUURREE DDEELL 33°° AANNNNOOPPoottaattuurraa iinnvveerrnnaallee:: Al

terzo anno generalmente si con-clude la creazione del cordonepermanente anche se occorreavere l’avvertenza di non volersovraccaricare troppo in fretta lapianta che deve completarsi edirrobustirsi.

AAllttrree ccuurree:: In tanti casi alterzo anno si abbandonano lelavorazioni al terreno e inizia l’ese-cuzione della pratica del diserbo. 5555

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Nei capitoli seguenti sonoriportate diverse informazionicirca i principali vitigni coltivati inprovincia di Reggio Emilia.

Si forniscono, tra l’altro consi-gli agronomici per la loro coltiva-zione, condensati in una tabella,ricavati dai dati raccolti in diversianni di lavoro nelle aziende viti-cole della provincia di ReggioEmilia.

All’interno della tabella sitrovano utili indicazioni circa lascelta dell’impianto, la gestionedello stesso e i risultati produttiviottenibili per ogni varietà tratta-ta. Notizie generali circa i tipi disuoli, forme di allevamento e

Classi di merito per “Quantità”e “Qualità” del prodotto:

• Elevata,• Buo.-Elev.,• Buona,• Accettabile• Scarsa

Classi di merito per “GiudizioFinale” della varietà su un tipo disuolo:

• Consigliato,• Accettabile,• Sconsigliato

conseguente distanza tra le file,indipendenti dalla varietà, sonoriportate in altri capitoli.

Le fasi fenologiche sono stateper la maggior parte rilevate aCoviolo (Reggio Emilia) nelvigneto dell’Università deglistudi di Bologna, secondo lametodologia proposta dall’O.I.V.,mentre l’epoca di maturazione èquella considerata media per laprovincia di Reggio Emilia.

La presenza di un asteriscodopo alcune date indica comeesse siano invece ricavate dallibro: “I vitigni dell’Emilia Ro-magna” a cura di Venturi eFontana.

di Matteo Vingione,Stefano Meglioraldi

5566

Introduzionealle schede varietali

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5577

LLeeggeennddaa::++++ molto consigliata;++ consigliata;-- sconsigliata

AAbbbbrreevviiaazziioonnii::AAlllleevvaamm.. = AllevamentoCCoonnssiiggll.. = ConsigliataCCoorrdd.. SSppeerr.. = Cordone speronatoCCoorrdd.. LLiibbeerroo.. = Cordone LiberoBBuuoo.. =BuonaEElleevv.. =Elevata

EESSEEMMPPIIOO DDII LLEETTTTUURRAA DDEELLLLAA TTAABBEELLLLAASSUULLLLEE IINNDDIICCAAZZIIOONNII AAGGRROONNOOMMIICCHHEE:: VViittiiggnnoo AAnncceelllloottttaaSono distinti tre tipi di suolo in base alla fertilità: alta, bassa e media.Per ogni tipo di suolo vi sono delle indicazioni circa le forme di alle-

vamento più utilizzate. Su un suolo ad alta fertilità, chi volesse ed esem-pio fare un GDC -per il vitigno Ancellotta- dovrebbe tenere una distanzasulla fila, ovvero tra le piante, compresa tra 0,75 e 1 metro. Per chi abbiagià l’impianto, in potatura invernale, dovrebbe lasciare tra le 12 e le 16gemme per metro di cordone. La colonna seguente indica quale forma èla più consigliata per tale varietà, nei diversi tipi di suolo: il GDC è repu-tata quindi la forma più idonea (++) per l’Ancellotta su suoli ad elevatafertilità, mentre su suoli a bassa fertilità è considerato migliore il Sylvoz.

Nella seconda parte della tabella si danno dei giudizi circa i risultatiproduttivi ottenibili sui diversi tipi di suoli, ovvero si valuta l‘adattabilitàdi una varietà al tipo di suolo che abbiamo davanti: l’Ancellotta, peresempio, su suoli fertili, produce una elevata quantità, e una qualitàaccettabile. Il giudizio finale è accettabile. In sintesi, i suoli a media ebassa fertilità risultano essere i migliori per l’Ancellotta.

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CCoossaa ssii iinnddiiccaa ccoonn ffeerrttiillii--ttàà ddeell ssuuoolloo??

Occorre fornire una spiega-zione circa la distinzione princi-pale in diverse fertilità del suolo:alta, bassa e media. La fertilitàdel suolo deriva in primo luogodalle caratteristiche pedologichedel terreno, ma è influenzatadalla disponibilità idrica per lapianta e da interventi antropiciche concorrono a modificarla: adesempio, concimazioni organicheelevate possono aumentare“temporaneamente” la fertilitàdi un suolo. L’insieme dei fattorisopracitati determina infattidiverse risposte fisiologiche dellapianta.

In termini pratici llaa pprriimmaa eeppiiùù ffaacciillee vvaalluuttaazziioonnee ddeellllaaffeerrttiilliittàà ddeell tteerrrreennoo ppuuòòeesssseerree eesseegguuiittaa mmeeddiiaanntteeuunn’’aannaalliissii vviissiivvaa, rilevandol’entità della risposta vegetativae produttiva della pianta, ovveroprincipalmente la quantità dilegno e l’entità della produzione;successivamente un’analisi chi-mica del suolo aiuta a rilevare lecomponenti principali cheinfluenzano tale risposta. Se peròun’azienda può avere caratteri-stiche peculiari, ad esempiogestionali, che modificano larisposta produttiva della vite, lamedia delle aziende su un deter-minato tipo di suolo dà una valu-tazione abbastanza attendibiledella fertilità di questo terreno.

Suoli a tessitura fine, con altedotazioni di argilla, maggiori del35%, sia in superficie che in pro-fondità, e con problemi di rista-gno idrico, sono normalmente daconsiderare a bassa fertilità,come anche numerosi suoli dellacollina. Al contrario suoli a medioimpasto, con argilla compresa trail 22% ed il 28%, senza compo-nenti limitanti quali alti contenu-ti di calcare, e senza problemi diristagno idrico sono da conside-rare ad alta fertilità, in quantonormalmente provocano spintevegetative e produzioni elevate.

Naturalmente i suoli a“media fertilità” avranno tessitu-ra intermedia tra quelle sopraindicate e saranno esenti da pro-blemi di ristagno idrico.

Il progetto “Valutazione sul-l’attitudine dei suoli agricoli allacoltivazione della vita” realizzatodal CRPV su incarico dellaProvincia di Reggio Emilia, in col-laborazione con i.ter e ConsorzioTutela Vini, ha portato, medianteuna prima sintesi, all’elaborazio-ne di una cartina provinciale indi-cativa, dove con colori diversi sidistinguono principali aree adiversa fertilità che provocanoconseguentemente differentirisposte vegetative della pianta.Questa carta, trasmessa nel 2002in un “Bollettino provinciale dilotta integrata” della Provincia diRE, e sotto riportata, può esserequindi di aiuto all’agricoltore.

Introduzionealle schedevarietali

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Carta degli interventi di riequilibriodella chioma della vite in relazione

alla fertilità del suolo nella Provinciadi Reggio Emilia

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È un vitigno probabilmenteoriginario della provincia diReggio Emilia o della limitrofaModena. Citato già nel 1811 dalDalla Fossa tra le varietà da pre-ferire nella coltivazione della vitein pianura, un documento del1891, a cura del Consorzio agri-colo di RE, lo indica diffuso intutti comuni della provincia, e inparticolare nelle zone di Sesso,Mancasale, Massenzatico, Ga-vassa, Pratofontana. Nel quin-quennio 1922-1926, come ripor-ta Rota nella sua tesi di laurea, sirealizza una produzione annualeprovinciale media di circa1.750.000 q.li di Ancellotta, pari

Sinonimi presunti e accertati:Lancellotta, Lancelotta, Ancellotta diMassenzatico.

Varietà adatta alla produzione di filtrati dolci caratterizzati da unvalore zuccherino mediamente elevato, dal colore intenso, dal profu-mo caratteristico e fruttato.

Non ha acidità particolarmente elevata, pertanto conferisce rotondi-tà ai vini che si ottengono. Se opportunamente lavorata, è unica per laproduzione di di mosti e di vini ad altissima concentrazione colorante.

a circa il 70% della produzionetotale di allora.

Il grappolo è medio, piramida-le, spargolo, con un’ala. L’acino èpiccolo, sferoide con una bucciablu-nera, pruinosa. La foglia èmedia, pentalobata, con senopeziolare ad U aperto, seni latera-li profondi, lobi marcati e lanceo-lato il mediano, denti acuti, irre-golari, pagina inferiore pubescen-te. L’apice del germoglio alla fiori-tura è pubescente, con sfumaturerosa, e foglioline apicali aracnoi-dee, pentalobate; l’ asse del ger-moglio è ricurvo e il tralcio è dicolore verde con sfumature mar-roni, circolare, un po’ costoluto.

di Stefano Meglioraldi,Matteo Vingione

6600

Ancellotta(Bacca Nera)

L’Ancellotta è il primo vitigno provinciale per importanza essendocoltivato sul 47,5% degli ettari investiti a vite (2007), per una superfi-cie totale di 4.027 Ha, ed è presente in tutti i comuni vitati. Esso si con-centra soprattutto nelle zone di pianura, nella parte orientale dellaprovincia, ad est del Torrente Crostolo. I comuni attualmente a mag-giore concentrazione (o densità) di Ancellotta, ottenuta rapportandogli ettari della varietà considerata alla SAU comunale, sono S. Martinoin Rio e Correggio.

La forma di allevamento principale di tale vitigno è ancora il Semi-Bellussi che interessa il 40% della superficie coltivata, seguita daSylvoz con il 33% e da GDC con il 20%. L’impianto più vecchio denun-ciato risale al 1884, situato nel comune di Cavriago.

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OOsssseerrvvaazziioonnii AAggrroonnoommiicchhee

CClloonnii:: Fedit 18 CSG, Rauscedo 2.PPoorrttiinnnneessttii:: Consigliati, aseconda del suolo e del sestod’impianto voluto: K5BB, S04,420A, 161/49, 41B.SSeennssiibbiilliittàà aallllee ffiissiiooppaattiiee:L’Ancellotta risulta essere sensi-bile all’oidio e al disseccamentodel rachide. In alcune annatetende ad acinellare od averescarsa allegazione.FFaassii ffeennoollooggiicchhee:Germogliamento 25 marzo/5aprile; Fioritura 25 maggio/5 giu-gno; Invaiatura 20/30 luglio.MMaattuurraazziioonnee: 5/20 settembre.VVeeggeettaazziioonnee: Presenta vigoriaintermedia e portamento semi-eretto sebbene la vegetazionetenda a disporsi in maniera disor-dinata.

Carta provinciale dellezone più densamentevitate per il vitignoAncellotta (2000).

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Il nome “salamino” derivaprobabilmente dalla forma delgrappolo che ricorda un piccolosalame. Il vitigno sembra origina-rio della zona di S.Croce di Carpi,situata in provincia di Modena.Citato da Bertozzi nel 1840 e suc-cessivamente da Galloni, Maini,ecc., tale lambrusco era soprat-tutto diffuso, nel 1891, nei comu-ni reggiani di Correggio, Fabbrico,Campagnola, Rio Saliceto, Roloed era il principale vitigno delcomune di Rubiera. Diversi autoriosservano una notevole eteroge-neità morfologica all’interno dellavarietà, che danno luogo alladistinzione di cinque tipologie: afoglia rossa, a foglia verde, araspo verde, a raspo rosso, tene-ro; Zannoni, ad esempio, nel 1905

indica la tipologia a foglia verdecome la più rustica e resistente, ela più produttiva. Il prodotto eraprincipalmente utilizzato “dataglio”, e il taglio classico preve-deva la combinazione del Sala-mino con uva colorata e Fortana(Uva d’oro).

Il grappolo è piccolo, cilindri-co, compatto, spesso con un’ala.L’acino è medio, sferoide con unabuccia blu-nera, pruinosa. Lafoglia è media, pentagonale, tri-lobata, con seno peziolare a V-Uaperto, seni laterali medi-profon-di, lobi poco marcati, denti pocopronunciati convessi da un lato, ela pagina inferiore è aracnoidea.L’apice del germoglio alla fioritu-ra è cotonoso, verde-biancastro,a volte con sfumature rosa.

di Matteo Vingione,Stefano Meglioraldi

6622

Lambrusco salamino(Bacca Nera)

Sinonimi presunti e accertati:Lambrusco di Santa Croce, LambruscoGalassi, S.Croce di Rio, Lambruschino.

Si ottiene un vino di colore rosso rubino piuttosto carico ma sem-pre vivace. Il profumo è decisamente intenso, e spiccano sentori moltofruttati con fragranti note floreali. In bocca il corpo è buono, e benearmonizzano la freschezza e la sapidità.

Tale lambrusco è estremamente diffuso a livello provinciale con1.482 Ha, tale da costituire il secondo vitigno per importanza, essen-do coltivato sul 17,5% degli ettari investiti a vite (2007). È diffusonella zona di pianura al confine con la provincia di Modena, e soprat-tutto nei comuni di Correggio, San Martino in Rio e Rio Saliceto.

Questi possiedono infatti la maggiore superficie allevata aSalamino rispetto alla propria SAU comunale. La forma di allevamen-to principale di tale vitigno è il Sylvoz con il 35% della superficie,seguita da Semi-Bellussi (29%) e da GDC (27%), quasi a pari merito.Gli impianti più vecchi denunciati risalgono al 1900, situati soprattut-to nel comune di S. Ilario d’Enza.

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OOsssseerrvvaazziioonnii AAggrroonnoommiicchhee

CClloonnii: VCR 1, CAB 1, CAB 3,Rauscedo 5.PPoorrttiinnnneessttii: Consigliati i portin-nesti tradizionali: K5BB, SO4.Quest’ultimo non è consigliato susuoli a bassa fertilità.FFaassii ffeennoollooggiicchhee:Germogliamento 1/10 aprile,Fioritura 30 maggio/10 giugno,Invaiatura 1/10 agosto.MMaattuurraazziioonnee:20 settembre/5 ottobre.SSeennssiibbiilliittàà aallllee ffiissiiooppaattiiee: Ilvitigno risulta molto sensibilealla malattia denominata “Maldell’esca”. Inoltre è sensibile allabotrite e alla spaccatura degliacini (eccessi di acqua e azoto).Alcune tipologie tendono all’aci-nellatura verde.VVeeggeettaazziioonnee: Presenta bassavigoria, portamento semi-eretto.

Carta provinciale dellezone più densamentevitate per il vitigno L.

salamino (2000).

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di Stefano Meglioraldi,Matteo Vingione

6644

Lambrusco Marani(Bacca Nera)

Sinonimi presunti e accertati: nessuno.

Particolarmente vocato per la produzione di vini rosati leggeri,beverini, di poco corpo.

Gode mediamente di una elevata acidità che conferisce al vinovivacità e sapidità.

Per tutte queste particolari caratteristiche si presta egregiamenteper la vinificazione in bianco, anche per l'ottenimento di basi spumante.

Non si hanno informazionistoriche certe sul vitigno fino allametà del 900’ e tanto meno sulladerivazione del nome “Marani”come indicano Cosmo e Polsinellinel 1965, anche se presenta unasostanziale uniformità per i carat-teri ampelografici osservati. Inquanto appartenente al gruppodei lambruschi, si ritiene però siastoricamente citato da altri autorisotto diverso nome: a tale propo-sito è da sottolineare la segnala-zione fatta nel 1891 dall’enologoPizzi di una varietà denominata“Lambrusco Barani”.

Nel 1968 l’indagine di Grecorileva come il lambrusco Maranisia estremamente diffuso neicomuni di Rolo, Fabbrico,Novellara e Campagnola, conuna produzione che si aggira

intorno al 12% della produzionetotale dei lambruschi.

Il grappolo è medio-grande,allungato, cilindrico, mediamen-te compatto. L’acino è medio,sferoide con una buccia blu-nera, pruinosa. La foglia èmedio-grande, rotondeggiante,trilobata, con seno peziolare a Vmolto aperto, seni laterali a V-Upoco profondi, lobi poco marca-ti, superficie bollosa, denti pocopronunciati, convessi a baselarga e la pagina inferiore subla-nugginosa. L’apice del germo-glio alla fioritura è cotonoso,biancastro con bordo rosato-vinoso, con foglioline apicaliaracnoidee, glabre giallastresopra, cotonose sotto; l’asse ècurvo, e il tralcio circolare, unpo’ costoluto.

Il L. Marani è il terzo vitigno provinciale per importanza, attualmen-te diffuso su 1.245 Ha, pari al 14,7% degli ettari investiti a vite (2007).L’area a maggiore concentrazione, valutata rispetto alla SAU comunale,è situata a Nord-Est della provincia e interessa principalmente i comunidi Rio Saliceto, Fabbrico e Campagnola (vedi cartina), ma il vitigno èabbastanza diffuso anche in area pedecollinare e nella prima collina.

La forma di allevamento predominante per tale vitigno è il Semi-Bellussi con il 43% della superficie, seguito a distanza da Sylvoz (29%)e infine da GDC (19%). L’impianto più vecchio denunciato risale al 1925,localizzato nel comune di Guastalla.

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OOsssseerrvvaazziioonnii AAggrroonnoommiicchhee

CClloonnii: Rauscedo 2, CAB 8 A.PPoorrttiinnnneessttii: Consigliati il K5BB,l’SO4 ed il 420A.FFaassii ffeennoollooggiicchhee:Germogliamento 1/10 aprile;Fioritura 30 maggio/10 giugno;Invaiatura 1/10 agosto.MMaattuurraazziioonnee:20 settembre/10 ottobre.SSeennssiibbiilliittàà aallllee ffiissiiooppaattiiee: IlL.Marani risulta molto resistentealle principali avversità.VVeeggeettaazziioonnee: Presenta altavigoria, portamento semi-eretto.

Carta provinciale dellezone più densamentevitate per il vitigno L.

Marani (2000).

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Vitigno tipico della nostraprovincia, è estremamente diffu-so dalla pianura alla collina. Ilnome sembra derivi da “VillaMaestri”, frazione del comune diS.Pancrazio (PR), dove si pensasia originario. Non si hanno noti-zie storiche dettagliate fino allametà del novecento, quandoviene citato nel BollettinoAgricolo, benché siano ancoraesistenti diversi vigneti risalentiai primi del secolo. In quantoappartenente al gruppo dei lam-bruschi, si ritiene sia comunquemenzionato precedentementesotto diverso nome.

Il grappolo è medio, allunga-to, cilindrico-piramidale, con un

ala, piuttosto compatto. L’acino èmedio-piccolo, ellittico, a bucciaspessa, pruinosa, blu-nera. Lafoglia è media, trilobata o intera,con seno peziolare a V-U aperto,seni laterali superiori poco pro-fondi, lembo spesso, pagina infe-riore lanuginosa, nervature rosa-te alla base, e denti non moltopronunciati. L’apice del germo-glio alla fioritura è espanso,lanuginoso, verde-biancastro,leggermente rosato, con foglioli-ne apicali aracnoidee sopra,lanuginose sotto, verde-bronzatechiare; il germoglio alla fiorituraè curvo, con tralcio ellittico, gla-bro, verde e da una parte rosso-violaceo.

di Matteo Vingione,Stefano Meglioraldi

6666

Lambrusco Maestri(Bacca Nera)

Sinonimi presunti e accertati: GroppelloMaestri, Lambrusco di Spagna.

Produce un vino di colore rubino di buona intensità con riflessi vio-lacei. Al naso si presenta decisamente vinoso ma con sentori piace-volmente floreali. In bocca è deciso, tannico ma armonioso.

È coltivato a livello provinciale su una superficie di circa 493 Ha,pari a circa il 6,0% della superficie totale vitata, costituendo il quartovitigno reggiano per importanza (2007). Diffuso in numerosi comuni,interessa un territorio molto eterogeneo che va dalla bassa pianuraall’alta collina: principalmente si colloca nella parte occidentale dellaprovincia, dove i comuni di Montecchio, Boretto e Gualtieri (vedi car-tina) risultano avere maggiore densità del vitigno in oggetto. Per larilevante densità viticola emergono successivamente i comuni diBresciello, Poviglio, Albinea e Scandiano. La forma di allevamento pre-dominante per tale vitigno è il Sylvoz (45%), seguita da Semi-Bellussi(21%), Pergola (11%) e GDC (10%). L’impianto più vecchio denuncia-to risale al 1884, situato nel comune di Cavriago.

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OOsssseerrvvaazziioonnii AAggrroonnoommiicchhee

CClloonnii: VCR 1, CAB 6, CAB 16PPoorrttiinnnneessttii: Consigliati tutti iportinnesti, a seconda del tipo disuolo e del sesto d’impiantovoluto, ed in particolare il K5BB.FFaassii ffeennoollooggiicchhee:Germogliamento15/25 aprile*,Fioritura 1/15 giugno* .MMaattuurraazziioonnee:20 settembre / 5 ottobre.SSeennssiibbiilliittàà aallllee ffiissiiooppaattiiee:Vitigno molto resistente allemalattie. Sembra sensibile allacarenza di magnesio.VVeeggeettaazziioonnee: Presenta mediavigoria, con portamento eretto.

Carta provinciale dellezone più densamentevitate per il vitigno L.

Maestri (2000).

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È un vitigno tipico della limi-trofa provincia di MO, zona diCastelvetro, storicamente diffusoanche nel reggiano ed è attual-mente ritenuto, per le propriecaratteristiche enologiche, unvitigno molto promettente. Vienecitato fin dal 1867 da Agazzottidi cui apprezza i “sentori di man-dorla di persico”, e successiva-mente, ai primi del ‘900 daMolon: “Uva di merito speciale,tipo dei Lambruschi di colle. Sola,da un vino molto sapido e dicolore fosco-carico, ben provvistodi alcool.”. È possibile osservareuna notevole eterogeneità all’in-terno della varietà, che presentacaratteri morfologici diversi: nel1965 Cosmo distingueva quattro

diverse tipologie: a grappolorado, a grappolo serrato, a gra-spo rosso, a graspo verde.

Il grappolo è medio, allunga-to, piramidale, con ala, spargolo.L’acino è medio, subovale, conbuccia pruinosa blu-nera. Lafoglia è media, rotondeggiantepentagonale, trilobata o intera,con seno peziolare a V stretto,seni laterali superiori stretti,denti poco pronunciati, a basemolto larga, arrotondati e paginainferiore aracnoidea. L’apice delgermoglio alla fioritura è espan-so, sublanugginoso, verde (bron-zato), con foglioline apicali lanu-ginose; asse del germoglio ricur-vo e tralcio a sezione ellittica.

di Stefano Meglioraldi,Matteo Vingione

6688

Lambrusco grasparossa(Bacca Nera)

Sinonimi presunti e accertati:Lambrusco di Castelvetro, Lambrusco diSpezzano, Refosca, Lambrusco daigraspi rossi, Lambrusca Aggazzotti,Grasparossa, Graspa rossa.

Si ottiene un vino dal colore rosso rubino carico con caratteri-stici riflessi violacei. I Profumi sono intensi e spaziano dai caratteri-stici sentori di sottobosco alla viola mammola. Il palato è semprericco, prevale la componente tannica che ben si bilancia però con lamoderata acidità.

È coltivato a livello provinciale su una superficie di 238 Ha, pari acirca il 2,8% della superficie totale vitata (2007). Principalmente è col-tivato nella zona collinare e pedecollinare. Si trova maggiormente con-centrato nei comuni di Quattro Castella, Scandiano e Casalgrande.

La forma di allevamento predominante per tale vitigno è il Sylvozcon il 60% della superficie, seguita a grande distanza da GDC (16%).

L’impianto più vecchio denunciato risale al 1920, situato nel comu-ne di Toano.

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OOsssseerrvvaazziioonnii AAggrroonnoommiicchhee

CClloonnii::Rauscedo 1, CAB 7, CAB 14.PPoorrttiinnnneessttii:: Consigliati per pro-blemi di virosi congenite dellacultivar: 1103P o Golia, anche senon si esclude l’utilizzo dei por-tinnesti tradizionali, soprattuttoSO4, su materiale sano.FFaassii ffeennoollooggiicchhee:Germogliamento 20/30 marzo,Fioritura 25 maggio/5 giugno,Invaiatura 5/15 agosto.MMaattuurraazziioonnee: 1/15 ottobre.SSeennssiibbiilliittàà aallllee ffiissiiooppaattiiee:Vitigno con rischi elevati di virosiche si evidenziano con problemidi affinità di innesto. Sensibilitàalla carenza di magnesio. Buonaresistenza alla botrite e alle altrefitopatie.VVeeggeettaazziioonnee: Presenta mediavigoria, portamento della vegeta-zione assurgente.

Carta provinciale dellezone più densamentevitate per il vitigno L.grasparossa (2000).

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di Matteo Vingione,Stefano Meglioraldi

7700

Lambrusco di Sorbara(Bacca Nera)

Sinonimi presunti e accertati:Lambrusco sorbarese.

Si ottiene un vino dal colore generalmente non molto intenso ten-dente al cerasuolo. Il profumo è sempre molto intenso, fresco, fra-grante, in particolare di viola e di frutta rossa. Al palato si presentasecco di buona struttura con una buona acidità che lo caratterizza.

È coltivato a livello provinciale su una superficie di circa 43 Ha, paria circa lo 0,5% della superficie totale vitata (2007). Principalmente ècoltivato nell’area di pianura a contatto con la provincia di Modena: icomuni a maggiore densità viticola per tale varietà risultano proprio S.Martino in Rio, Fabbrico, Rio Saliceto e Rubiera. La forma di alleva-mento predominante per tale vitigno è ancora il Semi-Bellussi, che inte-ressa il 35% della superficie coltivata di questo vitigno, seguita daSylvoz con il 27% e da GDC con il 21%. L’impianto più vecchio denun-ciato risale al 1945, situato nel comune di Bibbiano.

Varietà tipica della limitrofa pro-vincia di Modena, nella omonimalocalità da cui prende il nome, è col-tivata soprattutto nell’area di pianu-ra. Presente a Reggio Emilia dal1840, come testimonia Bertozzi, l’in-dagine di Rota notifica, alla fine dell’‘800, la diffusione del vitigno daovest ad est della provincia reggia-na, nelle zone in prossimità della ViaEmilia, e soprattutto nel comune diRubiera. L’utilizzo principale era inqualità di vino da pasto e l’impor-tanza di questo vitigno è ben spie-gata fin dal 1870 da Giusto Giusti:“Di ogni altra vite nostra la preferi-bile per me è quella che da quel vinotanto ricercato, il quale va con ilnome di L. di Sorbara: esso ha unaroma di mammole speciale e regge(fatto come io soglio) a viaggi lun-ghissimi. Di esso feci una spedizionenel 1860 in Australia a Melbourn alsignor Italo Raguzzi, oriundo bolo-gnese e da una sua lettera ho rileva-

to quanto bene si fosse mantenutonella traversata di mare e dopo diessa.” Storicamente il Ramazzinidistingue quattro tipi diversi diLambrusco di Sorbara di cui l’ultimatipologia è ora denominataLambrusco oliva: sferico a fogliarossa, subsferico a foglia rossa, sferi-co a foglia verde, oliva a fogliaverde. Il grappolo è medio, spargoloper acinellatura, allungato, pirami-dale, con un ala. L’acino è medio,subrotondo, a buccia spessa pruino-sa blu-nera. La foglia è media omedia-piccola,pentagonale, intera oa tre lobi con seni poco profondi emargine seghettato (denti piccoli abase larga), e la pagina inferiore èlanuginosa. L’ apice del germoglioalla fioritura è espanso cotonoso,biancastro, con foglioline apicalicotonose; il tralcio del germoglio allafioritura è circolare, e l’asse dellostesso è curvo. Va incontro ad aci-nellatura dovuta a maschiosterilità

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OOsssseerrvvaazziioonnii AAggrroonnoommiicchhee

CClloonnii:Rauscedo 4, CAB 2 V, CAB 21GPPoorrttiinnnneessttii: Consigliati i portin-nesti tradizionali: K5BB, SO4FFaassii ffeennoollooggiicchhee:Germogliamento 10/20 aprile*;Fioritura 1/10 giugno*.MMaattuurraazziioonnee:28 settembre/10 ottobre*.SSeennssiibbiilliittàà aallllee ffiissiiooppaattiiee:Vitigno particolarmente soggettoad acinellatura e colatura, per lacaratteristica sterilità maschiledel fiore. Non viene facilmenteattaccato dalle tignole.VVeeggeettaazziioonnee: Presenta vigoriaelevata, portamento espanso.

Carta provinciale dellezone più densamente

vitate per il vitigno L.diSorbara (2000).

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di Stefano Meglioraldi,Matteo Vingione

7722

Lambrusco Montericco(Bacca Nera)

AltriLambruschi

Sinonimi presunti e accertati: Lambruscoselvatico, Selvatica, Selvatico diMontericco, Lambruscone di Montericco.

Produce un vino dal colore generalmente non molto intenso ten-dente al cerasuolo. Il profumo è abbastanza intenso, fresco, fragrantecon un accenno di richiamo in particolare alla viola e alla frutta rossa.Al palato si presenta secco, di media struttura, con una buona aciditàche lo caratterizza.

OOsssseerrvvaazziioonnii AAggrroonnoommiicchheeCClloonnii: Nessuno.PPoorrttiinnnneessttii:Consigliati i portinnesti tradizio-nali: K5BB, SO4 ed il 420 A.FFaassii ffeennoollooggiicchhee:Germogliamento 10/20 aprile*;Fioritura 1/12 giugno*MMaattuurraazziioonnee: 25 settembre/10ottobre.SSeennssiibbiilliittàà aallllee ffiissiiooppaattiiee::Non presenta sensibilità partico-lari, a volte va soggetto ad aci-nellatura.VVeeggeettaazziioonnee:Presenta media vigoria, porta-mento semi-eretto o eretto.

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7733

AltriLambruschi

Fornisce un vino dal colore rosso violetto con riflessi violacei, dallaspuma vivace, con profumo gradevole in cui il sentore di viola siaccompagna anche ai delicati speziati e ad un fruttato di ciliegia emora prevalenti. Si possono avvertire anche leggeri sentori di fruttaessiccata (prugna), di caramellizzato ed erbaceo fresco.

Al gusto si presenta fresco, sapido, di buona struttura, poco astrin-gente e con una buona persistenza gusto-olfattiva.

Lambrusco a fogliafrastagliata (Bacca Nera)

Sinonimi presunti e accertati: Enantio

OOsssseerrvvaazziioonnii AAggrroonnoommiicchheeCClloonnii: SMA-ISV 317PPoorrttiinnnneessttii:Consigliato il K5BB.FFaassii ffeennoollooggiicchhee:Germogliamento 1/10 aprile;Fioritura 30 maggio/10 giugno;Invaiatura 5/10 agosto.MMaattuurraazziioonnee:25 settembre/10 ottobre.SSeennssiibbiilliittàà aallllee ffiissiiooppaattiiee:Vitigno rustico, resistente allabotrite e al freddo invernale.VVeeggeettaazziioonnee:Presenta bassa vigoria, porta-mento semi-eretto.

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7744

Lambrusco oliva(Bacca Nera)

Sinonimi presunti e accertati: LambruscoMazzone, Lambrusco olivina, Olivina,Olivello, Lambrusco di Sorbara oliva.

Vino di colore rubino di buona intensità. Il profumo è vinoso conlievi sentori piacevolmente floreali. In bocca è deciso, gradevolmentetannico, armonioso e persistente.

OOsssseerrvvaazziioonnii AAggrroonnoommiicchheeCClloonnii: NessunoPPoorrttiinnnneessttii: Consigliati i portin-nesti tradizionali: K5BB, SO4 equelli a bassa vigoria.FFaassii ffeennoollooggiicchhee:Germogliamento 30 marzo/10aprile; Fioritura 30 maggio/5 giu-gno; Invaiatura 25 luglio/5 agosto.MMaattuurraazziioonnee: 15/30 settembre.SSeennssiibbiilliittàà aallllee ffiissiiooppaattiiee:Vitigno resistente alla botrite, esensibile all’oidio; a maturità gliacini tendono a sgranare. Tralci fra-gili, sensibili all’azione del vento,che porta a frequenti rotture.VVeeggeettaazziioonnee: Presenta vigoriaelevata, portamento semi-eretto.

AltriLambruschi

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Sinonimi presunti e accertati: Lambruscodi Viadana, Grappello Ruberti, Montecchio,Lambrusco salamino mantovano.

7755

Lambrusco viadanese(Bacca Nera)

OOsssseerrvvaazziioonnii AAggrroonnoommiicchheeCClloonnii:: NessunoPPoorrttiinnnneessttii::Consigliato il K5BB ed i portinne-sti a bassa vigoria.FFaassii ffeennoollooggiicchhee::Germogliamento 30 marzo/10aprile; Fioritura 30 maggio/10giugno; Invaiatura 30 luglio/10agosto.MMaattuurraazziioonnee::20 settembre/ 10 ottobre.SSeennssiibbiilliittàà aallllee ffiissiiooppaattiiee::Vitigno rustico, resistente alleprincipali crittogame.VVeeggeettaazziioonnee::Presenta vigoria elevata, porta-mento della vegetazione eretto.

AltriLambruschi

Di colore rosso rubino carico. Il profumo è intenso e spiccano sen-tori fruttati e con note floreali di viola e amarena. Di corpo buono,bene armonizzano la freschezza e la sapidità.

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Questo vitigno può esseredefinito tipico della provincia diReggio Emilia per la presenzastorica sul territorio rilevata giànel 1800 da Bertozzi. Sebbene ilsinonimo Amabile di Genovasuggerisca una provenienzadiversa, nel genovese questavarietà non è mai stata eviden-ziata, come ci confermanoSilvestroni e collaboratori in unaloro ricerca; l’ipotesi più probabi-le circa l’origine del vitigno èl’importazione dello stesso dallaCalifornia U.S.A. nel diciannove-simo secolo, avvenuta da parte diun genovese. La presenza storicasul territorio reggiano è confer-mata dall’individuazione nellazona collinare di ceppi ultracen-tenari.

Le caratteristiche ampelogra-fiche del Malbo gentile sonomolto peculiari.

Il Grappolo è grosso, allunga-to, piramidale, alato, spargolo.L’acino è medio, sferoide, conbuccia pruinosa di medio spesso-re, blu-nera.

La foglia è media, pentago-nale, trilobata o intera, conlembo liscio, piano, seno peziola-re a V aperto e bordi paralleli,seni laterali superiori a V aperto ostretto, pagina inferiore lanugi-nosa molto più chiara della supe-riore, e denti a base larga. L’apicedel germoglio alla fioritura èespanso, a ventaglio, lanuginoso,verde-biancastro, con fogliolineapicali aracnoidee sopra, lanugi-nose sotto.

di Matteo Vingione,Stefano Meglioraldi

7766

Malbo gentile(Bacca Nera)

Sinonimi presunti e accertati:Amabile di Genova, Malbo, Tubino.

Adatto alla produzione di vini dolci caratterizzati da un alto valo-re zuccherino, fornisce un bel colore rubino intenso ma ben vivace; dàinoltre un intenso e fragrante profumo floreale che ben armonizza conla piacevole sensazione di pienezza e fragranza che offre al palato.

È coltivato a livello provinciale su una superficie di circa 132 Ha,pari a circa l’1,6% della superficie totale vitata (2007). Principalmenteè coltivato nella zona collinare e pedecollinare: i comuni a maggioredensità per tale vitigno sono Quattro Castella, Scandiano eMontecchio.

La forma di allevamento predominante per tale vitigno è il Sylvozcon il 61% della superficie. L’impianto più vecchio denunciato risale al1920, situato nel comune di Castellarano.

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OOsssseerrvvaazziioonnii AAggrroonnoommiicchhee

CClloonnii: Nessuno.PPoorrttiinnnneessttii: Consigliati i portin-nesti tradizionali: K5BB, SO4; interreni collinari si consiglia il420A per ridurre la vigoria.FFaassii ffeennoollooggiicchhee:Germogliamento 20/30 marzo;Fioritura 25 maggio/5 giugno;Invaiatura 25 luglio/5 agosto.MMaattuurraazziioonnee: 10/25 settembre.SSeennssiibbiilliittàà aallllee ffiissiiooppaattiiee:Vitigno molto sensibile alla pero-nospora, meno all’oidio. Buonaresistenza alla botrite. Sensibilealle brinate primaverili. Sembrapresenti difficoltà di allegazione.VVeeggeettaazziioonnee: Presenta vigoriaelevata; sebbene abbia porta-mento semi-eretto la vegetazio-ne tende a disporsi in manieramolto disordinata e si attaccacon difficoltà ai fili rampicanti.

Carta provinciale dellezone più densamentevitate per il vitigno

Malbo Gentile (2000).

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di Stefano Meglioraldi,Matteo Vingione

Marzemino(Bacca Nera)Altre

uve nere

Sinonimi presunti e accertati:Marzemina, Marzemino d’Isera,Marzemino gentile, Berzemino,Berzemino Capolico, Marzemino d’Istra,Bassamino, Barzemin.

Si ottiene un vino di colore rosso rubino con riflessi purpurei.Il profumo è intenso, caratteristico che spazia ampiamente nei sen-

tori di frutti rossi del sottobosco. In bocca è di buon corpo ma quelloche più colpisce è la morbidezza che avvolge i tannini, mai spigolosi,che danno lunghezza al palato.

OOsssseerrvvaazziioonnii AAggrroonnoommiicchheeCClloonnii: SMA 9, SMA 18, MIDA-95-132, MIDA-95-172, ISV-V 1, ISV-V13, ISV-V 14, VCR 3, CVP-01-114.PPoorrttiinnnneessttii: Consigliati il 420A (anche nei suoli ad elevata fertilità)ed i portinnesti tradizionali: K5BB, SO4.FFaassii ffeennoollooggiicchhee:Germogliamento 20/30 marzo; Fioritura 25 maggio/5 giugno;Invaiatura 30 luglio/10 agosto.MMaattuurraazziioonnee: 15/25 settembre.SSeennssiibbiilliittàà aallllee ffiissiiooppaattiiee: Molto sensibile all’oidio e un po’ ai mar-ciumi, più tollerante nei confronti della peronospora. I tralci fragili sonomolto sensibili all’azione del vento che tende a rompere la vegetazione.VVeeggeettaazziioonnee: Presenta elevata vigoria, portamento eretto dellavegetazione.

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Altre uve nere

Cabernet Sauvignon(Bacca Nera)

Sinonimi presunti e accertati: Cabernè,Cabernet piccolo.

Dopo la pigiatura, le bucce sono sottoposte ad una lunga macerazione al fine di cedereal vino tutte le caratteristiche varietali che la caratterizzano. Il colore risulterà di un bel rossorubino molto carico con riflessi violacei. Al naso prevale il caratteristico sentore erbaceo dipeperone, al palato spicca l'aggressività dei tannini che lasciano intravedere una importantestruttura. Per tutte queste componenti il Cabernet Sauvignon necessita e merita un periododi affinamento, più o meno lungo, in piccoli fusti di rovere. Ne risulterà un prodotto comple-tamente diverso da quello descritto inizialmente. Il colore vira al granato, al naso si evidenziauna notevole complessità che integra il piacevole ma non invadente sentore del buon legnoad intense note fruttate in bocca; colpiscono l'eleganza, dovuta ai tannini ora morbidi, lastruttura importante e la dolcezza dovuta ai sentori di frutta rossa matura.

OOsssseerrvvaazziioonnii AAggrroonnoommiicchheeCClloonnii iittaalliiaannii: ISV-F-V5, ISV-F-V6, Rauscedo 5 sel. Ferrari; Cloni stra-nieri: ENTAV 169, ENTAV 337, ecc.PPoorrttiinnnneessttii: Consigliati tutti i portinnesti, a seconda del suolo e delsesto d’impianto voluto.FFaassii ffeennoollooggiicchhee: Germogliamento 5/15 aprile; Fioritura 1/10 giu-gno; Invaiatura 1/10 agosto.MMaattuurraazziioonnee: 25 settembre/10 ottobre.SSeennssiibbiilliittàà aallllee ffiissiiooppaattiiee: Molto sensibile a marciumeacido e mal dell’esca.VVeeggeettaazziioonnee: Presenta discreta vigoria, portamento erettodella vegetazione

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Il vino bianco di cui laSpergola è la componente princi-pale è nominato già nel XV secoloda Bianca Cappello, Granduches-sa di Toscana, ma la prima infor-mazione relativa al vitigno ci vienefornita da Tanara, nel 1644, che lodenomina Pomoria o Pellegrina,come sottolineato successivamen-te da Marescalchi e Dalmasso. Nel1811 Dalla Fossa la indica, colnome Spergolina, tra le varietà dapreferire nella coltivazione dellavite in collina, e nel 1839 è citatada Gallesio in qualità di uva rino-mata tra quelle scandianesi, e col-tivata anche a Sassuolo eCasalgande dove sono presentidue tipologie: Spargolina molle, agrappoli piccolissimi e Spargolinanormale, con grappoli e acini piùgrossi. Il grappolo è medio, cilin-

drico o piramidale, alato (2 ali),compatto o mediamento compat-to. L’acino è medio-piccolo, sferoi-de, a volte leggermente schiaccia-to, con buccia verde-giallastra,pruinosa. La foglia è media, cunei-forme (o pentagonale), trilobata(o intera), con lembo piano, senopeziolare aperto ad U a volte condente, seni laterali superiori ad Upoco profondi, denti a base larga,irregolari e la pagina inferiore èlanuginosa con nervature setolo-se. L’apice del germoglio alla fiori-tura è aperto, verde-giallognolo,da aracnoideo al centro a lanugi-noso ai lati, con foglioline apicali agronda, biancastre per i peli emargini verdi-giallognoli a voltecarminati; l’asse è ricurvo, e il tral-cio semieretto, verde con striaturerosse.

di Stefano Meglioraldi,Matteo Vingione

8800

Spergola(Bacca Bianca)

Sinonimi presunti e accertati: Spargolina,Spergolina, Pellegrina, Pomoria.

La varietà produce un vino bianco dal colore giallo paglierino scaricocon tenui riflessi verdolini. Il profumo lieve ma persistente e caratterizza-to da delicati profumi floreali che introducono a un netto sentore di melaverde. In bocca mantiene delicatezza e fragranza e una vena acidula chelo accompagna nel finale. Lo si propone nelle versioni Secco, Semiseccoe Dolce. E', per vocazione, anche una eccellente base spumante.

Sebbene vi sia solo da pochi anni la possibilità di distinguere gliettari di vigneto coltivati a Spergola da quelli coltivati a Sauvignon siritiene che la maggior parte dei 202 Ha presenti a Reggio Emilia sianocostituiti appunto dalla varietà Spergola (2007). La zona di coltivazio-ne è essenzialmente pedecollinare e collinare, nella parte centro orien-tale, dove si trovano i comuni di Scandiano e Albinea, che risultano amaggiore concentrazione per il vitigno considerato. La forma di alle-vamento predominante per tale vitigno è il Sylvoz con il 52% dellasuperficie, seguita da GDC (32%). L’impianto più vecchio denunciatorisale al 1920, situato nel comune di Scandiano.

Spergola e Sauvignon

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OOsssseerrvvaazziioonnii AAggrroonnoommiicchheeIl vitigno mostra una produzione elevata. I migliori risultati si otten-

gono su terreni bianchi di collina, non umidi, magri, ben esposti: il viti-gno non è quindi da considerare ubiquitario come il Sauvignon B. Siconsiglia la potatura a Guyot o altre potatura lunghe.

CClloonnii: Sauvignon Rauscedo1 (Spergola)PPoorrttiinnnneessttii: Consigliati tutti i portinnesti a bassa vigoria ed in parti-colare il 420A.FFaassii ffeennoollooggiicchhee: Germorgliamento 3/10 aprile*; Fioritura 4/12 giu-gno*; Invaiatura 6/15 agosto*.MMaattuurraazziioonnee: 15/25 settembre*SSeennssiibbiilliittàà aallllee ffiissiiooppaattiiee: Mediamente sensibile a oidio e perono-spora, meno sensibile del Sauvignon alla botrite.VVeeggeettaazziioonnee: Vigoria elevata, con portamento della vegetazioneassurgente.

SSaauuvviiggnnoonn (Bacca Bianca)Vitigno internazionale, più precoce, meno produttivo e con acidità totale inferiore rispetto

alla Spergola. I terreni più idonei sono quelli collinari, asciutti e ricchi di scheletro. Buona ferti-lità delle gemme basali. Consigliata la potatura a Guyot.

Le fasi fenologiche di germogliamento e fioritura sono sostanzialmente contemporanee trale due varietà ma l’invaiatura del Sauvignon è molto precoce essendo indicata tra il 15 e il 25luglio, e anche la maturazione e quindi la raccolta dell’uva avviene prima della Spergola, collo-candosi in media intorno al 5/15 settembre. Il Sauvignon è sensibile a oidio, peronospora, maldell’esca, e molto sensibile a botrite e marciume acido.

È meno vigoroso della Spergola, con portamento della vegetazione assurgente.

Carta provinciale dellezone più densamente

vitate per i vitigniSpergola e Sauvignon

(2000).

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colore verde-biancastro con sfu-mature bronzate; le fogliolineapicali sono spiegate, quasi gla-bri, molto lucide e l’asse del ger-moglio è curvo.

Le malvasie sono citate dal DallaFossa fin dal 1811 tra le uvemigliori da impiantare in pianurae in collina. Il grappolo è più chemedio, piramidale, allungato, conala molto sviluppata, da compat-to a spargolo. L’acino è mediosferoidale, con buccia spessa,pruinosa, di colore giallo dorato,opalescente, con sapore gradevo-le di moscato. La foglia è media,pentagonale, quinquelobata, conseno peziolare ad U o a lira, senilaterali superiori a lira molto pro-fondi, poco marcati ma sempre alira gli inferiori, denti irregolari,acuti, e pagina inferiore vellutatacon nervature glabre. L’ apice delgermoglio alla fioritura è media-mente espanso, aracnoideo, di

di Matteo Vingione,Stefano Meglioraldi

8822

Malvasia di Candiaaromatica (Bacca Bianca)

Sinonimi presunti e accertati: Malvasiadi Candida, Malvasia di Candia a saporemoscato, Malvagia, Malvasia bianca aro-matica, Malvasia, Malvasia d’Alessandra.

Produce un vino prettamente aromatico, pertanto riproduce piena-mente le inconfondibili caratteristiche varietali del vitigno. Lo si produ-ce sia dolce che secco; il colore varia dal paglierino al paglierino caricoe il profumo è intenso e caratteristico. Al palato risulta pieno, armoni-co, persistente.

A livello provinciale la Malvasia di Candia aromatica è coltivata suuna superficie di circa 94 Ha, pari all’1,1% della superficie vitata tota-le, costituendo il secondo vitigno bianco reggiano per importanza(2007). Diffusa soprattutto nella parte occidentale della provincia, icomuni di S. Ilario, Montecchio e Bibbiano, risultano essere quelli amaggiore densità per tale vitigno, seguiti dai comuni di QuattroCastella, Albinea, Scandiano e Cavriago. La forma d’allevamento pre-dominante per tale vitigno è il Sylvoz con il 54% della superficie vita-ta, seguito da G.D.C. (16%) e da Cordone speronato (14%).

Gli impianti più vecchi denunciati risalgono al 1940 e sono situatinei comuni di Montecchio e San Polo d’Enza.

Le malvasie

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8833

AAllttrree mmaallvvaassiiee

In provincia di Reggio Emilia sono altresì coltivate la Malvasiabianca (Bacca Bianca) e la Malvasia bianca di Candia (Bacca Bianca),che insieme insistono su una superficie pari a 36 Ha.

La loro diffusione territoriale comprende sia i comuni citati per laMalvasia aromatica, con un calo di superficie del comune di S. Ilario,che quelli di Reggio Emilia e Casalgrande.

Le due malvasie sopracitate e soprattutto la bianca di Candia sidistinguono dall’aromatica per la maggior produzione, l’elevato pesomedio del grappolo e l’assenza di aromaticità della bacca.

Molto simili risultano le fasi fenologiche, mentre per quantoriguarda l’epoca di maturazione l’aromatica è più precoce delle altredue. Le due malvasie non aromatiche risultano meno sensibili allefisiopatie rispetto all’aromatica, in particolare per le malattie crittoga-me. Inoltre la bianca di Candia risulta essere notevolmente più vigo-rosa rispetto all’aromatica.

OOsssseerrvvaazziioonnii AAggrroonnoommiicchheeLa produzione di tale vitigno è elevata e costante. Ai fini qualitativi

sono da preferire i terreni poco fertili e con buona esposizione.

Buona la fertilità delle gemme basali, sono quindi consigliate anchele potature corte. Al fine di contenere le produzioni è importante man-tenere una ridotta carica di gemme per ceppo.

CClloonnii: PC MACA 62, PC MACA66, PC MACA 68PPoorrttiinnnneessttii: Consigliati tutti iportinnesti, a seconda del suolo edel sesto d’impianto voluto: dapreferire quelli a bassa vigorianei terreni più fertili.FFaassii ffeennoollooggiicchhee: Germoglia-mento 14/24 aprile*, Fioritura10/20 giugno*.MMaattuurraazziioonnee: 10/20 settembre.SSeennssiibbiilliittàà aallllee ffiissiiooppaattiiee:sensibile a peronospora,mediamente sensibile a oidio ebotrite, buona resistenza alvento.VVeeggeettaazziioonnee:: Presenta mediavigoria, con portamento della

vegetazione eretto, tendente alcespuglioso per la produzionedi più germogli da una stessagemma.

Carta provinciale dellezone più densamente

vitate per i vitignimalvasie (2000).

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I trebbiani sono citati dalDalla Fossa nel 1811 tra le uvebianche consigliate da coltivaresia in pianura, che in collina: “Adoggetto di migliorare i nostri vini,io sarei di sentimento che invecedi coltivare tante varietà di viti-gni ci limitassimo soltanto allemigliori. Per esempio nella pianu-ra si potrebbero soltanto preferi-re, riguardo alle uve bianche per ivini liquori, le malvasie ed il treb-biano, …”, e nella consapevolez-za che essi “…daranno migliorivini dei vitigni stranieri…”. Itrebbiani sono successivamentecitati anche dal Bertozzi tra lecentodieci varietà coltivate aReggio Emilia nel 1840, che parla

di diversi tipologie. “Terbiàn”,“Terbiàn Moscatlè”, Terbiàn edMòdna”, “Terbianella”.

di Matteo Vingione,Stefano Meglioraldi

8844

I trebbiani

Particolarmente vocati per la produzione di vini bianchi leggeri ebeverini. Di colore giallo scarico, dal profumo gradevolmente fragran-te, al palato spicca la piacevole salinità che chiude con un retrogustolievemente amarognolo.

I trebbiani coltivati in provincia di Reggio Emilia sono principal-mente quattro: il modenese, il romagnolo, il giallo e il toscano, per untotale di circa 46 Ha; di questi i primi due sono i più diffusi e sono trat-tati in dettaglio (2007).

Il Trebbiano modenese è presente in provincia su una superficie dicirca 20 Ha, e lo troviamo maggiormente coltivato, con circa 3,5 Ha, nelcomune di Reggio Emilia.

La forma di allevamento principale per tale vitigno è il Sylvoz, cheinteressa il 45% della propria superficie vitata. L’impianto più vecchiodenunciato risale al 1900 e si trova nel comune di Brescello.

Il Trebbiano romagnolo si estende in provincia su una superficie dicirca 22 Ha, ed è localizzato principalmente nel comune di Albinea conil 16% della superficie provinciale; tale comune è anche quello a mag-giore densità per tale varietà, ottenuta valutando gli ettari di vignetorispetto alla superficie agricola utile.

Il trebbiano romagnolo è coltivato prevalentemente a Sylvoz sul52% della propria superficie vitata. Gli impianti più vecchi denunciatirisalgono al 1900 e si trova nel comune di Guastalla.

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8855

Trebbiano romagnolo(Bacca Bianca)Sinonimi presunti e accertati: Trebbianodella fiamma, Trebbiano di Romagna.

Trebbiano modenese(Bacca Bianca)Sinonimi presunti e accertati: Trebbianocomune, Trebbiano di Modena, Trebbianomontanaro, Trebbianino di collina.

OOsssseerrvvaazziioonnii AAggrroonnoommiicchheePur mostrando un buona adattabilità, predilige terreni freschi, fer-

tili e di limitata siccità estiva; la produzione è elevata e costante.Predilige potature medio-corte e i sistemi di allevamento consiglia-

ti sono il G.D.C. e il Casarsa.CClloonnii: Rauscedo 5, TR 3 T, TR 8 T, TR 12 T PPoorrttiinnnneessttii: Consigliati i portinnesti tradizionali e quelli a bassa vigoria.FFaassii ffeennoollooggiicchhee: Germogliamento 10/20 Aprile*, Fioritura 1/10Giugno* MMaattuurraazziioonnee: 25 settembre/10 ottobre* SSeennssiibbiilliittàà aallllee ffiissiiooppaattiiee: sensibile a peronospora, botrite, marciumeacido e mal dell’esca, mentre è meno sensibile agli attacchi di oidio.Abbastanza sensibile alla carenza di potassioVVeeggeettaazziioonnee: presenta vigoria medio-elevata, con portamento semi-procombente della vegetazione.

OOsssseerrvvaazziioonnii AAggrroonnoommiicchheeMostra un buona adattabilità sia su terreni freschi e fertili che più

pesanti. La produzione è elevata e costante. Non è adatto ad esposizionisfavorevoli (Nord) ed ad altitudini troppo elevate. Predilige potaturemedio-lunghe e i sistemi di allevamento consigliati sono Sylvoz e Casarsa.CClloonnii: Nessuno PPoorrttiinnnneessttii: Consigliato il Kober 5BB.FFaassii ffeennoollooggiicchhee: Germogliamento 8/16 Aprile*, Fioritura 1/10Giugno* MMaattuurraazziioonnee: 28 settembre/8 ottobre* SSeennssiibbiilliittàà aallllee ffiissiiooppaattiiee:: vitigno poco sensibile alle principaliavversità.VVeeggeettaazziioonnee: presenta vigoria elevata, con portamento semi-erettodella vegetazione.

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Alcuni mosaici risalenti adoltre 2000 anni fa raffigurantitralci e grappoli d’uva, rinvenutiin antichi fabbricati del centro diReggio Emilia, testimoniano chel’importanza della vite é antichis-sima ed è simbolo di benessere aReggio Emilia e nella vicinaMantova come dimostrato daVirgilio che nelle Georgiche si sof-ferma su raccomandazioni tecni-che per la coltivazione della vite.

Il bolognese De Crescenzi nel1300 ricorda che le viti lambru-sche sono già citate dalla Bibbia(cfr.Isaia; 5,1-2) e si presentanoin numerose varietà che produco-no grappoli bianchi e rossi condiverse caratteristiche.

Il numero dei vitigni coltivatia Reggio tra la metà del ‘700 efino alla metà del ‘ 900 era dicirca un centinaio, come testimo-niato dagli scritti di diversi stu-diosi del settore agronomico

operanti nella nostra provincia.Significative sono le opere dell’a-gronomo reggiano Filippo Re chealla fine del ‘700 elenca numero-se varietà di cui trascriviamo solola parte relativa alla montagna.

UUvvee nneerree:: Tosca, Manciana,Nigrella, Covra, Montepalina,Cotogna, Squarciafoglia, ScorzaAmara, Cavazzina, Ovara, Daoro,Orsolina, Moscatella, Vernaccia,Scaiabruna.

UUvvee bbiiaanncchhee:: Pergolazza,Biancolina, Bisetta, Lugliatica,Moscatella, Schiavona.

Dice che “ve si ha poi moltealtre di diverse qualità ed ancheottime”.

Nel 1811 il Dalla Fossa diret-tore dell’orto botanico di ReggioEmilia ricorda che fra le uve piùconsigliabili sono da ricordare levarietà Lambruscone, Olivina,Balsamina passa, Balsamina sel-vatica, Scorza amara, Postizza,

di Aldo Rinaldi, Ester Caffarri

A sinistra:Morettina o Filippina.

A destra:Lambrusco Barghi

(Foto Bandinelli R. -UNIFI).

8866

Vecchi Vitigni

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Covra gentile, Sangiovese,Ambrosino, Lancellotta, e le sel-vatiche cioè le uve ordinariamen-te venute da seme.

Nel 1840 il dr. Bertozzi diRivalta compila un elenco di vitiche si coltivano nella nostra pro-vincia, registrando ben 110denominazioni, tutte presentinella sua collezione, di cui 47nere e 63 a bacca bianca.

Il medico Antonio Gallonidella società di agricoltura diReggio Emilia, nel 1847 confer-ma il grande numero di varietàaffermando che i soli vitigni piùcoltivati superano il numero diottanta fra rossi e bianchi.

Nel 1891 l’enologo augustoPizzi della Regia Scuola “Zanelli”di RE analizza 113 campioni diuva provenienti dalle diversezone della provincia e raccolti inuna mostra organizzata dalComizio Agrario.

Nel 1899, secondo la CartaAgronomica della provincia diRE, compilata dalla Regia Scuola“Zanelli”, ogni podere reggianoera quasi una collezione ampelo-grafica e fra i vitigni più rappre-sentativi, venivano menzionatiper gruppi le Lambrusche, leLanzellotte, le Berzemine, iSangiovesi, le Selvatiche e nellabassa pianura, il Lambruscodetto Mazzone (Oliva).

Nel 1913 il Fascetti docentealla regia Scuola “Zanelli” nellapubblicazione: ”Le uve e i vinidella provincia di Reggio Emilia”segnala i seguenti principali viti-gni rossi: Lancellotte, Berzemini,Salamino, Barbera, Pustizza,Lambruschi e Fogarine.

Mentre a frutto bianco indi-cava: Retiche o grassane,Trebbiani, Spergolina, Occhio digatto.

Nel 1922 il prof. Franceschini

Occhio di Gatto(Foto Bandinelli R. -

UNIFI).

8877

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e l’enologo Premuda in un con-vegno tenuto a R.E. indicano inmaniera più specifica ulteriorivarietà non ricordate dagli autoriprecedenti come:

AA bbaaccccaa rroossssaa:: il Lambru-sco di Rivalta o di Firenze o diCorbelli, la Nigrisella, la Brunella,l’Uva d’oro, l’Albana nera, ilPinot, la Tintoria, il Dolcetto,l’Aleatico, la Bonarda, la Rossara,il Refosco, il Punteruolo, laParadisa, la Tondella, la Tosca.

AA bbaaccccaa bbiiaannccaa:: la Squar-ciafoglia, il Moscato, la Vernac-cia, la Dolciola, la Durella.

Cinque anni dopo il prof.Bertolini dell’Ispettorato Agrariodi R.E cita anche i seguenti viti-gni a bacca rossa: L. Sorbara,Sgavetta, Olivina.

Nel 1951 l’Ispettorato Pro-vinciale dell’agricoltura consi-gliava agli agricoltori i seguentivitigni.

NNeerrii: Lancellotta, Barbera,Sgavetta, L. Maestri, L. Salamino,

L. Graspo Rosso, Uva d’oro,Merlot.

BBiiaanncchhii:: Spergolina, Treb-biano di Romagna, Malvasia,Moscato d’Asti.

Nel 1963 secondo una rela-zione presentata da A. Bevilac-qua all’accademia di Agricoltura ivitigni più rappresentativi a R.E.erano:

RRoossssii:: L. Salamino, L. Maestri,L. Marani, L. Oliva, L. Montericco,L. Sorbara, Amabile di Genova,Berzemino e Scorza Amara.

BBiiaanncchhii:: Spergola, Scarsafoglia e Malvasia.

Nel 1965 secondo A. Greco lapiattaforma ampelografica pro-vinciale era così formata:

UUvvee rroossssee:: l’Ancellotta pre-dominante con il 40% della pro-duzione, i lambruschi Salamino,Maestri, Marani, Foglia frasta-gliata, Montericco, seguiti daMarzemino, Fogarina, ScorzaAmara, Sgavetta, Uva d’oro,Fontanelli, Raboso, Sgarpaione, L.Oliva. Uva Tosca prevalente incollina.

UUvvee bbiiaanncchhee:: la Spergola èprevalente su tutte le altre.

Nel 1971 e 1976 i primi disci-plinari “DOC reggiano e Biancodi Scandiano” determinanoinfaustamente una eccessivariduzione del panorama varietalea soli cinque vitigni rossi(Ancellotta, L. Salamino. L.Marani, L. Maestri, L. Montericco)e a tre bianchi (Spergola,Malvasia di Candia e TrebbianoRomagnolo).

Nel 1996 e nel 2000 sotto la

VecchiVitigni

8888

Lambruscodal Picoll Ross.

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spinta delle nuove esigenze diqualità da parte dei consumatori idisciplinari subiscono un’ evolu-zione raggiungendo i 35 vitigni fraraccomandati e autorizzati.

Si va diffondendo sempre piùla consapevolezza dell’importanzadi ricercare sul territorio quel cheresta dei vitigni tradizionali perstudiarli sotto l’aspetto genetico,agronomico ed enologico.

L’Istituto Tecnico Agrario “A.Zanelli” ha manifestato fin daglianni ’70 sensibilità verso il recupe-ro dei vecchi vitigni iniziata dalprof. Egidio Baldacci quindi conti-nuato a partire dal 1982 dal presi-de Rolando Valli con la nostra col-laborazione.

Attraverso studi genetici sipossono individuare i cloni dellevarietà e raggrupparli secondo lerelative parentele al fine di utiliz-zarli in piani di selezione e dimiglioramento genetico.

Gli studi agronomici permet-tono di evidenziare se i motiviche hanno determinato l’abban-dono di certi vitigni sono ancheoggi validi alla luce dei mutatiparametri di riferimento.

Le pprroovvee ddii vviinniiffiiccaazziioonneesu uve tradizionali dismesse pervari motivi, consentono di valu-tarne le caratteristiche organo-lettiche degne di apprezzamento.

Questo patrimonio vegetaleche per secoli ha caratterizzato ilpaesaggio agrario reggiano e lacui origine risale all’epoca degliEtruschi, evidenzia un grandevalore storico e un profondolegame con la vita degli uominiche hanno abitato questo territo-rio fornendo nei secoli non sol-tanto calorie per compensare lascarsità degli alimenti, maaccompagnando i momenti so-cialmente più importanti come lefeste e le cerimonie.

A sinistra: Fogarina.A destra: Termarina.

8899

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Il suolo del vigneto può averediverse gestioni, che vanno dallalavorazione, all’inerbimento, aldiserbo e alla pacciamatura.Queste tecniche in genere non siapplicano singolarmente ma siuniscono per fruire dei vantaggidell’una e dell’altra. Infatti lalavorazione totale del terreno èormai limitata agli ambienti colli-nari siccitosi, dove non sia possi-bile l’irrigazione di soccorso.

Il ddiisseerrbboo ttoottaallee, a diffe-renza della vicina Francia doveancor oggi è applicato in diversecontrade viticole, non si è di fattodiffuso da noi. Invece negli ultimianni, prendendo esempio dallafrutticoltura, ha preso piede l’i-nerbimento o totale o sull’interfi-la o anche a file alterne. Nellanostra provincia prevale lagestione mista del suolo con l’i-nerbimento fra le file e il diserboo la lavorazione sulla fila, ingenere limitata ai primi anni.

IINNEERRBBIIMMEENNTTOOL’inerbimento, già presente

nei frutteti irrigui, cominciò adessere impiegato in viticoltura ametà anni ’70, in concomitanza

IInneerrbbiimmeennttoo -- EEffffeettttii ssuull mmoossttoo::aauummeennttaannoo• gli zuccheri

• il rapporto acido tartarico/malico• i polifenoli totali

e gli antocianiddiimmiinnuuiissccoonnoo• l’acidità totale

• i composti azotati

con la diffusione delle macchinetrinciatrici. I vantaggi principali ditale tecnica sono la facilità ditransito delle macchine nei perio-di piovosi e l’aumento dellasostanza organica nei primi stra-ti di terreno, favorita dall’erbatrinciata e decomposta in loco.Altri vvaannttaaggggii sono:

• si ostacola l’erosione neivigneti collinari,

• si favorisce l’eliminazionedelle acque in eccesso,

• si migliora l’assorbimentodegli elementi minerali,

• si riducono le manifestazio-ni di clorosi e di boro-carenza.

Inoltre, molto importante, ilcotico erboso esercita una discre-ta competizione con la pianta divite per cui ne limita la vigoria eanche la produzione; la piantanei terreni fertili è più equilibra-ta. Infatti il cotico erboso sottraealla vite acqua ed elementi nutri-tivi, ecco perché nel primo e avolte nel secondo anno d’impian-to si preferiscono la lavorazioneo l’inerbimento a file alterne.

Il ccoottiiccoo eerrbboossoo può for-marsi in modo spontaneo conl’appratimento naturale o meglioartificialmente con la semina diun apposito miscuglio, compostoprevalentemente da graminaceealla dose di 40-50 kg/ha.Leessenze sono scelte in modo darispondere ai seguenti requisiti:

• poco competitive per l’ac-qua e gli elementi minerali,

• resistenti al calpestamento• a sviluppo contenuto.Un miscuglio indicato nei

di Rolando Valli

9900

La Gestione del Suolo

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nostri terreni è il seguente: loiet-to perenne 25%, festuca rossa35%, festuca ovina 35%, erbafienarola 5% ; in piccole quantitàpossono essere presenti le legu-minose trifoglio bianco e gine-strino.

DDIISSEERRBBOOIl diserbo totale del vigneto è

molto diffuso in Francia e in paesi

viticoli minori quali Germania eSvizzera, in ragione della limitatadistanza fra le file. Da alcuni anniin provincia il diserbo si praticasulla fila, tramite 2/3 interventiannuali. I criteri principali chedebbono guidare il viticoltorenella scelta del prodotto e nellamodalità e nei tempi di distribu-

zione sono i seguenti:• conoscenza delle infestanti,• interventi ripetuti a basse

dosi,• alternare i prodotti, per evi-

tare fenomeni di resistenza,• miscela di diversi principi

attivi, per aumentarne l’efficaciaDelle piante infestanti è

bene conoscere la durata

(annuali, biennali o perenni),l’epoca di nascita e di sviluppoe la loro resistenza ai diversiprincipi erbicidi.

I principali gruppi di erbicidiusati appartengano al gruppo diquelli assorbiti per via fogliare o iprodotti residuali, assorbiti pervia radicale, impiegati però in 9911

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unione con i primi per rafforzarnel’efficacia.

PPrrooddoottttii rreessiidduuaalliiQuesti prodotti sono usati nel

periodo invernale prevalente-mente per potenziare l’azione delGlifosate. Sulla vite si impieganoi seguenti principi attivi: oxadia-zon, flazasulfuron (di nuovaintroduzione), oxifluorfen, propi-zamide, diuron e isoxaben.

Essi manifestano azione anti-germinello e sulle piante giànate. Sono piuttosto persistentima poco mobili, per cui non ven-gono a contatto con le radicidella vite.

PPrrooddoottttii ssiisstteemmiiccii ffoogglliiaarriiIl glifosate e il glifosate tri-

mesio sono assorbiti dalleparte verdi e traslocati neidiversi organi, radice compre-sa; la loro efficacia miglioracon l’aggiunta del 2% di solfa-to ammonico. Essi possonoessere assorbiti anche dallefoglie della vite, per questomotivo si debbono distribuiredurante il riposo vegetativo ocon attrezzature schermate.

PPrrooddoottttii ffoogglliiaarrii ddii ccoonnttaattttooIl glufosinate ammonio o i

tradizionali disseccanti dipiridilicidiquat e paraquat disseccano leparti verdi con cui vengono acontatto, per cui la loro efficaciaè piuttosto ridotta nel tempo;essi sono anche efficaci contro igiovani polloni che si sviluppanoal piede della vite.

PPrrooddoottttii oorrmmoonniicciiI prodotti ormonici sono stati

molto usati in passato per il dis-

erbo di colture diverse dalla vite,es grano, per il loro basso costo.Attualmente sono poco impiega-ti sulla vite nel periodo primave-rile estivo in quanto ne possonodanneggiare le parti verdi. I prin-cipi attivi più impiegati sono ildicamba e l’MCPA, che dimostrauna buona efficacia contro l’e-quiseto.

LLee eeppoocchhee dd’’iinntteerrvveennttoosono diverse, praticamente si puòintervenire durante tutto l’anno,anche se i tempi classici sono:

• trattamenti autunno inver-nali con glifosate solo o unito aprodotti residuali, con questointervento si arriva alla ripresavegetativa con il terreno sgom-bro da infestanti;

• trattamenti di fine invernocon i principi attivi precedenti,quando le infestanti sono ancorapoco sviluppate;

• trattamenti dopo la ripresavegetativa fatti prevalentementecon prodotti fogliari di contatto:glufosinate ammonio e dipiridilici;si debbono controllare le infestan-ti di fine primavera inizio estatecon particolare attenzione al con-volvolo, di rapido sviluppo e chefa presto ad arrivare all’altezzadell’impalcatura nei vigneti bassi.

Una buona regola che deveguidare il viticoltore nel controllodelle infestanti è quello sì diimpedire lo sviluppo incontrolla-to delle stesse con danni per ilvigneto, ma anche di consentireun moderato sviluppo di alcuneinfestanti soprattutto nel periodoautunno-invernale; questo può

La Gestionedel Suolo

9922

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contribuire a mantenere il giustoequilibrio del sistema vigneto.

È opportuno ricordare che chiadotta la viticoltura integratapuò impiegare i diserbanti foglia-

ri, e tra i residuali il solo oxy-fluorfen miscelato ai precedenti ea dosi ridotte; tutti i diserbantisono invece vietati nel vignetobiologico.

PPaacccciiaammaattuurraa ccoonn ppllaassttiiccaa oo tteessssuuttoo nnoonn tteessssuuttoo• si impiega sulla fila nei primi anni d’impianto,• ottimo controllo delle infestanti• costo, plastica e 0,30 per metro lineare, tessuto non tessuto e 0,70• la plastica può peggiorare fenomeni di asfissia o di scottatura da sole

9933

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La fertilizzazione è la praticacolturale, che maggiormenteinfluisce sulla quantità e sullaqualità delle uve. Non più attualii traguardi produttivi dei passatidecenni, ora si punta decisamen-te alla qualità. Non solo, ma l’e-voluzione della viticoltura haindicato nuovi sistemi d’alleva-mento, quali GDC e controspal-liere, che sono meno espansi delsemi-Belussi, per cui è opportunocontenere la vegetazione. Vistaperò la naturale fertilità dei terre-ni, in relazione al vigore dei por-tinnesti e delle varietà di uve, nonsi può che agire sulla tecnica col-turale ed in primis sulla concima-zione, che deve essere fatta inmodo ragionato e con quantità diconcime senz’altro minori rispet-to al passato.

Spesso però si ritiene che iconcimi una volta distribuitisiano in breve tempo assorbitidalle radici della vite, quasi che ilterreno sia un substrato inerte. Sidebbono invece considerarediversi aspetti:

• il terreno è dotato di nnoottee--vvoollii qquuaannttiittàà ddii eelleemmeennttiinnuuttrriittiivvii, molti dei quali pronta-mente assimilabili,

• la vite sviluppa un aappppaa--rraattoo rraaddiiccaallee potente ed este-so, soprattutto lateralmente, percui esplora grandi quantità di ter-reno alla ricerca di acqua e dinutrienti,

• i concimi distribuiti presen-tano una loro ddiinnaammiiccaa ee ssoolluu--bbiilliittàà, per cui l’assorbimento èparziale e diluito nel tempo.

DDIINNAAMMIICCAA DDEEGGLLII EELLEEMMEENNTTIIAAzzoottoo: dilavato nelle acque

profonde o superficiali e volatiliz-zato ( denitrificazione) soprattut-to se in eccesso

FFoossffoorroo: parzialmente im-mobilizzato, in particolare neiterreni argillosi e calcarei

PPoottaassssiioo: più disponibile deiprecedenti, però può presentarefenomeni di immobilizzazionenelle argille o di dilavamento interre sciolte.

Le brevi note che seguonofanno riferimento al DDiisscciippllii--nnaarree rreeggiioonnaallee ddii pprroodduuzziioo--nnee iinntteeggrraattaa.

AAnnaalliissii ddeell tteerrrreennooAll’inizio delle operazioni di

impianto del vigneto è necessa-rio conoscerne la fertilità fisico -chimica tramite l’analisi del ter-reno, che è bene ripetere ogni5anni, anche se l’ITV francese laconsiglia ogni 8 anni, con peròogni 4 anni l’analisi delle foglie odei peduncoli di vite. Al viticolto-re spetta prima un ccoorrrreettttooccaammppiioonnaammeennttoo e poi unaintelligente interpretazione deirisultati, con l’impiego dellatabella di seguito riportata.

Le indicazioni per prelevare ilcampione di terreno o con appo-sita sonda o più semplicementecon vanga e badile sono leseguenti:

• il terreno nnoonn ddeevvee eessssee--rree ssttaattoo ccoonncciimmaattoo ddii rreecceenn--ttee o almeno da più di 2-3 mesi,

• si richiede un campione peraarreeaa oommooggeenneeaa, in genere di

di Rolando Valli

9944

La Fertilizzazione

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qualche ettaro che però può arri-vare fino a ha 30; per area omo-genea di gestione si intende unsuolo uniforme, che ha ospitatole stesse colture per cui ha avutole stesse cure colturali,

• pprrooffoonnddiittàà di prelievo da0 a cm 50,

• n. 6-7 pprreelliieevvii minimo, indiversi punti dell’appezzamento,sono mescolati fra loro in mododa ricavarne un campione di circakg 1 da inviare al Laboratorio dianalisi.

I livelli medi di ssoossttaannzzaaoorrggaanniiccaa sono compresi fra 1,8-2,0 % e quelli di aazzoottoo fra 1,0-1,6 ‰.

In generale dalle numeroseanalisi fatte ai terreni della pro-vincia negli ultimi ann, si eviden-zia che gli stessi sono calcarei(calcare attivo presente anche indosi elevate, ma tali da non crea-re problemi alla vite), ricchi insostanza organica ed in potassioassimilabile e sufficientementedotati di fosforo assimilabile(vedi appendice).

CCoonncciimmaazziioonnee dd’’iimmppiiaannttooLa concimazione d’impianto

serve a migliorare la struttura delterreno con l’apporto di concimiorganici e ad elevarne il tenore infosforo e potassio, tramite i con-cimi chimici. I quantitativi dasomministrare sono in funzionedei risultati dell’analisi del terre-

no. Si tratta in genere di cospar-gere qualche centinaio di quinta-li di letame ad ettaro o di altriconcimi organici, di 5-10 q./ha diperfosfato minerale e di 3-5 q./hadi solfato di potassio. Secondo ildisciplinare di produzione inte-grata non si debbono superare le250 unità fertilizzanti di fosforo ele 300 unità/ha di potassio.

CCoonncciimmaazziioonnee dd’’aalllleevvaammeennttoo

Nei primi 2-3 anni dopo l’im-pianto si pratica la concimazioned’allevamento, per aiutare le gio-vani piante a raggiungere rapida-mente la maturità produttiva. È ilmomento in cui si instaura anchel’inerbimento o spontaneo o tra-mite semina di apposito miscu-glio, per cui si deve sopperireanche alle esigenze del prato. Perevitare quindi che le giovani vitisi trovino in carenza di elementi,azoto in particolare, è necessariosomministrare alcune decine dikg di unità fertilizzanti di azoto,fosforo e potassio, pari a 3-5 q/hadi un concime complesso bilan-ciato.

CCoonncciimmaazziioonnee ddii pprroodduuzziioonnee

La concimazione di produzio-ne segue anno per anno tutta lamaturità del vigneto e, se oppor-tunamente curata, deve concor-rere a mantenere un giusto equi-librio fra vegetazione e produzio-

Nella tabella sono riportati i valori normali

di fosforo e potassio.

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ne. Ricordo solo rapidamente leinfluenze dei tre principali ele-menti nutritivi:

• aazzoottoo, influisce sul vigore,sull’equilibrio vegetazione - pro-duzione e sulla qualità delle uve,

• ffoossffoorroo, non manifestaevidenze influenze,

• ppoottaassssiioo, agisce sul gradozuccherino, migliora la resistenzaalle malattie, il profumo e la ser-bevolezza dei vini.

L’analisi delle foglie dettaddiiaaggnnoossttiiccaa ffoogglliiaarree o dei pic-

cioli chiamata ddiiaaggnnoossttiiccaappeezziioollaarree possono aiutare ilviticoltore nella concimazione.Infatti il livello degli elementipresenti nelle foglie o nei piccioliè indicativo dello stato nutrizio-nale dell’intera pianta. Il ricorso aqueste tecniche è senz’altro utilequando il vigneto presenta pro-

blemi produttivi, per cui sisospetta uno squilibrio nutritivo.In tabella è riportato l’intervallodi normalità degli elementi mine-rali principali presenti nelle foglieall’allegagione e all’invaiatura enei piccioli all’allegagione.

Alla fine però è il bbiillaanncciioonnuuttrriittiivvoo del vigneto che deveguidarci : da una parte le perdi-te di elementi e dall’altra gliapporti.

Per praticità esamineremo diseguito soltanto le ppeerrddiittee ddiieelleemmeennttii o consumi o asporta-zioni causati dall’uva prodotta +residui di potatura + riserve, cheper una produzione media di uvadi 150- 200 q/ha si stimano paria:

• azoto 60-80 kg/ha,• fosforo 12-20 kg/ha• potassio 80-105 kg/ha• magnesio 15-22 kg/ha.

In relazione alle considera-zioni precedentemente svolte,tenendo inoltre conto della quan-tità e qualità dell’uva prodotta,dello stato vegetativo del vigne-to, del rapporto tra vegetazione eproduzione, si possono fornire inlinea di massima le seguentiiinnddiiccaazziioonnii ddii ssoommmmiinniissttrraa--zziioonnee dei principali elementiminerali:

• azoto 50-80 kg/ha, pari a 2-

PPeerrddiittee ddii eelleemmeennttii ccaauussaattii ddaa:• uva vendemmiata,• legno di potatura, se asportato,• accrescimento del fusto e delle radici (riserve),• perdite di elementi per volatilizzazione, dilavamento

e insolubilizzazione;

AAppppoorrttii ddii eelleemmeennttii ccoonn::• concimi minerali e organici,• mineralizzazione della sostanza organica,• residui del cotico erboso trinciato,• azoto dalle piogge e zolfo dagli antiparassitari.

LaFertilizzazione

9966

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4 q di un concime azotato o lametà di urea,

• fosforo 30-40 kg/ha, pari 2q di perfosfato o la metà di triplo,

• potassio 80-120 kg/ha paria 2 q di concime potassico.

Oltre ai concimi semplici, sipossono impiegare concimi com-plessi, più pratici se si fa un’uni-ca distribuzione a fine inverno

La ccoonncciimmee oorrggaanniiccaa ingenere a base di letame è utileogni 3-4 anni, però dove si prati-ca l’inerbimento non è semprenecessaria, in quanto la trinciatu-ra del prato arricchisce il terrenoin sostanza organica.

Rare sono nei nostri terreni lecarenze in magnesio e microele-menti, per cui si ricorre a questeconcimazioni solo quando sirichiede.

Per quanto riguarda la ccoonn--cciimmaazziioonnee ffoogglliiaarree, non sisono verificate negli ultimi anninovità di rilievo; essa rimaneuna concimazione integrativa aquella radicale, utile soprattut-

to in carenza di microelementi:Non se ne ravvisa pertanto lanecessità nei vigneti equilibratie produttivi.

La ffeerrttiirrrriiggaazziioonnee inizia adiffondersi in viticoltura inparallelo con l’irrigazione agoccia: essa rappresenta unmodo per razionalizzare ulte-riormente la concimazione,risparmiando in unità fertiliz-zanti.

In conclusione si può ragio-nevolmente ritenere che lostrumento della concimazionesia fondamentale per una viti-coltura di qualità, per cui i con-cimi debbono essere sommini-strati in modo oculato e inalcuni casi ridotti rispetto allaattuali quantità.

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La vite è notoriamente unapianta resistente alla siccitàtanto che nella maggioranza deidisciplinari di produzione la pra-tica irrigua è ammessa solo comepratica di soccorso.

Effettivamente l’acqua nondeve essere utilizzata come stru-mento per incrementare la pro-duzione ma come fattore fonda-mentale al mantenimento di uncorretto eeqquuiilliibbrriioo vveeggeettaattii--vvoo ddeellllaa ppiiaannttaa al fine di otte-nere pprroodduuzziioonnii ddii qquuaalliittàà.Nella nostra provincia per esem-pio non è difficile ricordare comel’anomalia stagionale del 2003,sia per quanto riguarda il caldoche la scarsità di precipitazioni,ha permesso di apprezzare laqualità del risultato irriguo ese-guito con tecniche razionali. Ne

emerso che l’irrigazione regolare,localizzata, costante, con apportimodesti ma frequenti e minimeperdite per evaporazione, ha por-tato, rispetto ad altre soluzioni,ad una maggiore produzione, allaproduzione di maggior colore emigliori acidità. La produzione èstata circa del 25% superiore aivigneti di confronto irrigati peraspersione con gli stessi volumidi acqua ma concentrati in unsolo intervento rispetto a 60 gior-ni di irrigazione a goccia.

Nei nuovi impianti l’irrigazio-ne a goccia è praticamente indi-spensabile se si mettono a dimo-ra viti in vasetto, ma risulta moltointeressante anche per comunibarbatelle a radice nuda.

L’apparato radicale, pocoespanso e superficiale, si avvan-

di Claudio Corradi

9988

Irrigazione

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taggia notevolmente della loca-lizzazione degli apporti irriguiche possono anche essere moltomodesti ma fondamentali soprat-tutto in caso di andamenti sta-gionali difficili e siccitosi. In con-siderazione del costo di un siste-ma irriguo a goccia indicativa-mente 2.850,00 euro/ettaro, fil-tro escluso, è possibile sostenereche dotare il vigneto di unimpianto a goccia fin dall’im-pianto costa circa 90 centesimi almetro di filare o l’80% del costodi una barbatella.

In linea generale un impiantoa goccia oggi viene realizzato uti-

lizzando ali gocciolanti premonta-te, autocompensanti od a portatavariabile a seconda delle lunghez-ze delle tratte o delle pendenze,con spaziature di circa 50 – 60 cm.fra un gocciolatore e l’altro. Inquesto modo si riesce a creare unabagnatura continua grazie allacontiguità delle superfici servitedalle singole gocce. A questo pro-posito è bene tenere presente chela diffusione dell’acqua nel terre-no, pur variando in funzione dellatessitura, porta alla costituzione dizone umide di diametro anche di 1– 1,5 metri dal punto di cadutadella goccia stessa. 9999

LL’’IIRRRRIIGGAAZZIIOONNEE AA GGOOCCCCIIAA

VVaannttaaggggii• Massima razionalizzazione degli apporti idrici per la possibilità di irrigare poco e spesso e

quindi di non irrigare mai troppo e di sospendere l’irrigazione in caso di pioggia• Possibilità di realizzare l’irrigazione differenziata per varietà in modo semplice ed economico• Possibilità di effettuare la fertirrigazione• Costante transitabilità del terreno• Non bagna la vegetazione• Ininfluenza del vento• Adatto anche a terreni in pendenza• Risparmio di acqua• Risparmio di energia• Costo contenuto• Maggiore superficie servita nell’unità di tempo rispetto ad altri sistemi. A parità di portata si

irrigano contemporaneamente, ovviamente con portate inferiori, dalle 6 alle 13 volte di super-ficie in più con notevoli vantaggi riguardanti la tempestività dell’irrigazione di soccorso.

• Semplicità di impianto• Possibilità di automazione semplice ed economica• Semplicità di manutenzione• Possibile anche in presenza di portate molto modeste

SSvvaannttaaggggii• La necessità del filtraggio delle acqua che nel caso di prelievo da canale di bonifica risulta onerosa• Necessaria manutenzione di inizio e fine stagione• Necessità di turni molto frequenti non sempre agevoli nel caso di prelievo da bonifica.

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Interramento di ala gocciolante per impianto

di subirrigazione. Una tecnica recente, interessante per la

maggiore area di bagna-tura ma con svantaggi

legati alle scelte tecnicheed alla manutenzione.

Costo di realizzazionedi un impianto a goccia.

110000

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IIRRRRIIGGAAZZIIOONNEE AA GGOOCCCCIIAA:: CCOONNSSIIDDEERRAAZZIIOONNII PPRRAATTIICCHHEE

• FFiillttrraaggggiioo ddeellllee aaccqquuee:: nei sistemi di irrigazione a goccia il filtraggio delle acque è fon-damentale. L’acqua di pozzo in genere non necessita di costosi filtri mentre, nel caso di prelie-vo di acqua da canale irriguo, occorre ricorrere a filtri specifici a sabbia, con controlavaggiomanuale od automatico, od orizzontali automatici. Il loro costo ovviamente va valutato anchein considerazione del fatto che uno stesso filtro può servire più settori irrigui.

• LLuunngghheezzzzaa ddeellllee lliinneeee ggoocccciioollaannttii:: in fase di progettazione di un impianto irriguo agoccia occorre tenere presente che la lunghezza massima delle tratte di ala gocciolante dipen-dono dalla portata dei gocciolatori, dalla distanza fra un gocciolatore e l’altro e dal diametro deltubo. Per le ali gocciolanti autocompensanti influisce anche la pressione di esercizio.Le ali gioc-ciolanti normali, dette anche a portata variabile, sono quelle che permettono lunghezze dellelinee dal punto di alimentazione mai superiori ai 150 metri ma solo se di diametro 20, con spa-ziatura fra i gocciolatori di 50 cm. e portata degli stessi di 1,8 litri l’ora. Ali gocciolanti di diame-tro 16 con la stessa spaziatura e lo stesso tipo di gocciolatore permettono tratte della lunghezzamassima di 100 metri. Ali autocompensanti di diametro 20 con gocciolatori ogni 50 cm. a 4 bardi pressione possono arrivare a lunghezze di 300 metri mentre, se il diametro del tubo fosse di16, la lunghezza massima realizzabile sarebbe di 175. Da sottolineare infine che la differenza dicosto fra ali di 16 ed ali di 20, per spaziature intorno ai 50 cm. , è al massimo di soli 4 centesimial metro per cui non sempre sono giustificabili speculazioni al limite dell’efficienza teorica.

wwwwww..ccoonnssoorrzziioocceerr..iitt

wwwwww..bbppmmss..rree..iitt

wwwwww..bbeennttiivvoogglliiooeennzzaa..rree..iitt

wwwwww..ssuubbiirrrriiggaazziioonnee..iitt

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L’uva è soggetta a continui erapidi mutamenti nel corso dellamaturazione e perciò l’epoca divendemmia rappresenta uno deifattori fondamentali ai fini dellaqualità del prodotto vino risul-tante. Una rraaccccoollttaa ttrrooppppoopprreeccooccee può infatti determinareuna carenza strutturale del pro-dotto, come una vveennddeemmmmiiaaeecccceessssiivvaammeennttee ttaarrddiivvaa puòcausare problemi di conservabili-tà del prodotto, o comunque lanecessità di maggiori interventitecnologici sul vino a discapitodella tipicità. Occorre quindiconoscere perfettamente come,durante la maturazione, si evol-vono le sostanze contenute nel-l’acino.

Una volta avvenuta l’alle-gagione, la bacca inizia ad

accrescersi con un andamentoche può essere rappresentatoda una curva a doppia sigmoi-de, nella quale sono distingui-bili tre diverse fasi: eerrbbaacceeaa,della iinnvvaaiiaattuurraa e quella dimmaattuurraazziioonnee vera e propria.

Nella prima l’acino aumen-

ta notevolmente di peso e volu-me, raggiungendo buona partedello sviluppo definitivo. Nellaseconda fase si assiste ad unastasi dell’accrescimento e labacca inizia ad assumere lacolorazione tipica della varietà,per poi concludersi con lapiena invaiatura che segna giàl’inizio della vera e propria fasedi maturazione.

Molte sono le modificazioniche avvengono nell’acinodurante la maturazione, comeindicato in tabella.

LL’’aaccccuummuulloo ddeeggllii zzuucc--cchheerrii è uno dei fenomeni piùimportanti che avvengono nel-la bacca durante la maturazio-ne, non solo perché da essideriva l’alcool del futuro vino,ma anche perché costituiscono

il mattone di partenza per lasintesi di altri composti - anto-ciani ed aromi - importanti perla qualità finale del prodotto.Da quanto appena detto, sicomprende come la gradazionezuccherina sia un aspettoimportante ma non unico per

di Matteo Vingione,Stefano Meglioraldi

110022

La maturazione dell’uva

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definire la qualità dell’uva.All’inizio della fase di

invaiatura la maggior partedegli zuccheri accumulati nellabacca derivano dagli organi diriserva della pianta, mentre inseguito la fonte principaledegli zuccheri è rappresentatadalle foglie.

La quantità finale di zuc-cheri presenti nella bacca èinfluenzata dall’annata, dalvitigno, dall’ambiente di colti-vazione, dalla forma d’alleva-mento e dalla gestione agrono-mica dell’impianto: condizionirilevate in particolare dai para-metri di vigoria e produzioneper ceppo.

Al contrario degli zuccheril’acidità della bacca tende acalare durante la fase di matu-razione. Tale acidità è prevalen-temente dovuta ad acido tarta-rico e malico, che da soli con-

tribuiscono al 90% dell’aciditàtotale. L’acido malico è menostabile rispetto al tartarico equindi più soggetto al variaredelle condizioni ambientali.Un’eccessiva quantità di dettoacido è indice di scarsa matura-zione dell’uva e possibileasprezza del vino.

Il clima condiziona moltoll’’aacciiddiittàà ddeellllaa bbaaccccaa e, inparticolare, temperatura eleva-ta e siccità provocano undecremento molto rapido econsistente dell’acidità totale.

L’acidità è in parte correlataal pH, altro parametro impor-tante da considerare durante lamaturazione dell’uva: esso,infatti, influenza alcuni aspettidel futuro vino, come il colore,la stabilità biologica e il gusto.

Seguire l’andamento dellamaturazione attraverso succes-sivi prelievi di acini e il relativo

110033Curva di accrescimento della bacca (50-120 gg)

Peso

o v

olum

e de

lle b

acch

e

Fase della maturazione

A I V

Fasetranslucida

e dellainvariatura

Fasedell’accre-scimento

od erbacea

(24 - 42 giorni) (20 - 50 giorni)(4 - 30 gg)

Fasi di accrescimento del-l’acino dall’allegagione

alla maturazione.Si evidenzia l’andamento

a doppia sigmoide(Fregoni, 1998).

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controllo di zuccheri, acidità epH, ovvero mediante la realiz-zazione di “ccuurrvvee ddii mmaattuurraa--zziioonnee”, rappresenta il primopasso per determinare l’epocapiù idonea di vendemmia. Inbase alla tipologia di vino chesi vuole realizzare, si definisceinfatti il giusto rapporto frazuccheri ed acidità che si vuoleraggiungere su quel vitigno,denominato: “iinnddiiccee ddiimmaattuurriittàà tteeccnnoollooggiiccaa”, e diconseguenza si sceglierà ladata di vendemmia.

Tale indice, preso da solo,non è però sufficiente a deter-minare la qualità del futurovino, specie per uve rosse per lequali risulta altresì fondamen-tale la presenza nella bacca diuna giusta quantità di antocia-ni, responsabili del colore e di

tannini, importanti per la strut-tura e il gusto del vino. A taleproposito Glories nota come ilcontenuto d’antociani dellabacca cresce dall’invaiatura allamaturazione, dove raggiunge ilmassimo, per poi decrescere nelcorso della sovramaturazione.La concentrazione dei tannininelle bucce tende anch’essa adaumentare durante la matura-zione, mentre, al contrario, quel-la dei tannini contenuti neivinaccioli, più astringenti e inquantità maggiore rispetto aiprecedenti, diminuisce costan-temente.

Il ppiiccccoo mmaassssiimmoo ddeellccoolloorree può coincidere o menocon il miglior rapporto zucche-ri/acidità, ma questo sembradipendere, oltre che dall’annata,dall’equilibrio vegeto-produttivo

La maturazionedell’uva

Evoluzione dei parametriqualitativi durante la

maturazione della bacca(Borgogno et al., 1984).

110044

30

20

10

Agosto Settembre Ottobre

Colore

Zuccheri g/l

25

50

75

5010

015

020

0

Zucch

eri

Colore

Bian

chi

Rosa

ti

Ross

i

Ross

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hiat

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Pass

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Acidità

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della pianta; in altre parole, l’uvapuò aver già raggiunto un buonequilibrio zuccheri/acidità manon avere ancora espresso tuttoil potenziale di colore.

In definitiva quindi, un acinoal giusto grado di maturazionedovrebbe racchiudere in sé idiversi costituenti sopra citatinel rapporto reciproco più cor-

retto, a seconda del prodottoenologico che si vuole ottenere.Oltre alle già citate curve dimaturazione, al fine di determi-nare la corretta epoca di ven-demmia, sta diffondendosi sem-pre più la tecnica dell’analisisensoriale dell’uva, basata suun esame visivo-tattile e gusta-tivo.

110055

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La qualità finale del prodottouva dipende da molteplici fattoriche interagendo tra loro esaltanoo deprimono le caratteristichepeculiari del vitigno.

Un’uva ottimale è il presuppo-sto fondamentale per l’ottenimen-to di un vino di pregio, sempre piùapprezzato dal consumatore, chetende a bere quantitativamentemeno, ma pretende un prodottoqualitativamente migliore.

A questi nuovi scenari di mer-cato si stanno adattando anche lecantine della nostra provincia, cer-cando di trovare metodi di paga-mento delle uve che vadano ad

di coltivazione della vite.I fattori su cui il viticoltore

può agire per modificare il risul-tato qualitativo del prodotto uvasono quelli variabili, essendo ifissi immutabili in un determina-to ambiente viticolo.

Il viticoltore può interveniresu di essi sia mediante le scelted’impianto (forma d’allevamento,orientamento dei filari, sesto,ecc.), sia attraverso la gestioneagronomica del vigneto.

Il primo fattore su cui agire èsicuramente il qquuaannttiittaattiivvoodd’’uuvvaa pprrooddoottttaa, che se elevato,compromette irreparabilmente laqualità della stessa.

Il contenimento della produ-zione può essere ottenuto siaattraverso l’adozione di tecnichedi potatura invernale corrette(carica di gemme, lunghezza deicapi a frutto ecc.), che mediantepratiche agronomiche volte alcontenimento del vigore genera-le della pianta.

Tra queste ultime si possonoannoverare: elevata densitàd’impianto, inerbimento totaledel vigneto, ridotte concimazioniorganiche ed azotate, uso razio-nale dell’irrigazione.

Contenendo le produzioni econtemporaneamente il vigoredella pianta si raggiunge unequilibrio tra queste due compo-nenti, fondamentale per ottene-re un prodotto di qualità.

Spesso invece, nei vignetidella nostra provincia si notauno squilibrio della componenteproduttiva rispetto a quella

integrare il cosiddetto “montegra-di”, criterio, quest’ultimo, sicura-mente penalizzante la qualità.

Pur non esistendo ricetteassolute per pprroodduurrrree qquuaalliittàà,essendo tale concetto estrema-mente legato al prodotto enolo-gico che si vuole ottenere da undeterminato vitigno in una speci-fica zona, di seguito si riportano ifattori fondamentali che influen-zano le componenti caratteristi-che dell’uva, in tutti gli ambienti

FFAATTTTOORRII FFIISSSSIIClima (temperatura, piovosità, escursioni termiche)

Tipo di terrenoVitigno

FFAATTTTOORRII VVAARRIIAABBIILLIIEntità della produzione

Equilibrio vegeto-produttivoIlluminazione dei grappoliIlluminazione delle foglie

Arieggiamento dei grappoliGrado di maturazione dell’uva

di Matteo Vingione,Stefano Meglioraldi

110066

Le regole della Qualità

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110077

vegetativa, con ripercussioninegative sui costituenti quali-tativi dell’uva, fra i quali zuc-cheri e polifenoli.

La qualità dell’uva si ottimiz-za anche attraverso una ccoorrrreett--ttaa ggeessttiioonnee iinn vveerrddee ddeellllaacchhiioommaa, volta ad avere grappo-li ben esposti al sole e all’aria,favorendo in questo modo sial’aumento del colore dell’acino,che la sanità dello stesso.

Tali scopi si raggiungonoadottando buoni sistemi dipalizzatura o pettinatura dellavegetazione, e tempestive prati-che di cimatura verde che con-sentono al contempo di limitare

il vigore della pianta.La chioma di un vigneto in

equilibrio dovrebbe avereun’ampia superficie esposta allaluce e al contempo un bassonumero di foglie in ombra, evi-tando un eccessivo spessoredella parete: le foglie in ombra,infatti, possiedono una bassaattività fotosintetica risultandopiù dannose che utili.

Infine, il grado di maturitàdell’uva incide sulla qualità dellastessa influenzando il contenutod’antociani e polifenoli in essapresenti, vedi capitolo specifico, esoprattutto la loro estraibilità infase di lavorazione.

Relazione tra Produzionedi uva (per metro) e

Antociani Totali su Ancellotta in un vigneto allevato a

SemiBellussi negli annidal 1998 al 2000.

Variazione dei prezzi diriparto delle uve

a seconda delle tipologiedal 1999 al 2002 in unacantina rappresentativa.

Si noti l’allargamento pro-gressivo della forbice di

prezzo tra uva da tavola eDOC (C.C.).

110077

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Negli ultimi anni la semprepiù difficoltosa reperibilità delpersonale ha portato una certafrenesia nella scelta della data diavvio della vendemmia che èsempre stata tendenzialmenteanticipata. L’organizzazione delpersonale per la raccolta manua-

le è, ancor prima del suo costo,l’aspetto che più convince il viti-coltore ad indirizzarsi verso lameccanizzazione della raccolta.

Anche le cantine sociali, talvoltanon ancora perfettamente ade-guate a questa nuova esigenza,dovranno nel giro di pochi anni

essere in grado di ricevere impor-tanti quantitativi di prodotto rac-colto a macchina. Le grandi emedie aziende si stanno dotandodi macchine proprie e si sono dif-fuse forme di contoterzismo ingrado di rispondere alle esigenzeanche dei piccoli produttori.

Attualmente (2007) circa il55% della superficie viticola pro-vinciale è predisposta alla ven-demmia meccanica e la percen-tuale di prodotto raccolto mecca-nicamente è oggi del 30-35% circasu tutta la provincia con punte del50% nelle aree a viticoltura piùintensiva.

Anche la ddiiffffuussiioonnee ddiimmaacccchhiinnee vveennddeemmmmiiaattrriiccii èdecisamente in espansione tantoche se nel 1997 si contavano inprovincia 13 vendemmiatrici, perlo più destinate al contoterzismo,mentre oggi le macchine, ancheaziendali, sono 61. Più nel detta-glio 25 sono a scuotimento verti-cale e 36 a scuotimento orizzon-tale e di queste 20 sono dedicatead attività di conto terzi.

Per quanto riguarda le situa-zioni di campo, in diversi anni dimeccanizzazione della vendem-mia, a Reggio Emilia sono ormaisuperati tutti i confronti fra costodi vendemmia, rese oraria di rac-colta e perdite di prodotto chesuscitavano qualche dubbio unadecina di anni fa. Oggi si è piùconsapevoli del fatto che la qua-lità del prodotto e la percentualedi perdita sono direttamentedipendenti sia dalla predisposi-zione del vigneto che dalla capa-

di Claudio Corradi

Vendemmiatrice flangiataper G.D.C.

Prodotto raccoltoa macchina.

110088

Vendemmiamanuale e meccanica

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cità dell’operatore di regolare lavendemmiatrice e di utilizzarla almeglio. Per quanto riguarda leppeerrddiittee ddii pprrooddoottttoo non vadimenticato che anche la ven-demmia manuale produce delleperdite, talvolta importanti vistoche cadono a terra o restanosulla pianta grappoli interi,dipendenti non solo dalle condi-zioni di maturazione dell’uva masoprattutto dalla diligenza e dalleattenzioni del personale. In questiultimi anni si iniziano meglio adapprezzare, da parte dei produt-tori, le potenzialità delle macchi-ne che permettono di portarel’uva ad un migliore punto dimaturazione tale da permettereuna migliore remunerazione delprodotto. Un ultimo aspettoancora da risolvere ma cheriguarda anche direttamente lecantine è quello relativo al ttrraa--ssppoorrttoo ddeell pprrooddoottttoo che finirà

per trasformare completamente imezzi di trasporto dell’uva azien-dali imponendo però anche ade-guamenti nelle cantine.

In linea di massima è certa-mente prevedibile che la percen-tuale di prodotto conferito mec-canicamente incrementerà ulte-riormente in tempi tutto somma-to brevi ed i tempi di conferimen-to si accorceranno. Ci si troveràquindi di fronte ad un prodottodifferente perché con mmeennoopprreesseennzzaa ddii rraassppii e dove laqualità del lavoro delle macchinelo renderà fisicamente più etero-geneo. Non secondario l’aspettodei conferimenti alle cantine. Seper la vendemmia manuale iquantitativi di prodotto conferitogiornalmente sono perfettamen-te prevedibili, trattandosi pratica-mente di una costante, in ven-demmia meccanica le scelteaziendali potranno facilmente

Vendemmiatrice a scuotimento orizzontale

trainata.

110099

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Vendemmiamanuale emeccanica

Vendemmiatrice semovente a squotimento

verticale.

Vendemmiatrice semovente a squotimento

orizzontale.

111100

portare a sbilanciare i quantitati-vi giornalieri conferiti anche inmodo molto rilevante. È per que-sto necessario una immediatacollaborazione fra cantine e pro-duttori volta non semplicementea risolvere un problema oggitroppo spesso considerato anco-ra marginale ma per il qualeoccorrerà impostare ogni sceltafutura per essere pronti in tempimolto brevi.

II CCOOSSTTII DDII UUNNAAVVEENNDDEEMMMMIIAATTRRIICCEE

Volendo proporre alcuni sug-gerimenti per la valutazione dellaconvenienza economica all’ac-quisto di una vendemmiatriceaziendale, tenuta presente lanecessità di manodopera specia-lizzata in grado di regolare, gui-dare e fare ordinaria manuten-zione alla macchina, proponiamodi seguito alcune tabelle redattesulle seguenti basi.

Il ccoossttoo ddii aammmmoorrttaammeennttooaannnnuuoo è stato calcolato sullabase di un ammortamento di 5anni, ed è comprensivo degli inte-ressi per il capitale anticipato edei costi fissi di manutenzioneannua non dipendenti dalla quan-tità di lavoro della macchina.

Il ccoossttoo ddii eesseerrcciizziioo dellamacchina è invece proporzionaleal quantitativo di uva raccolta inquanto comprende i costi dimanodopera, carburante e lubri-ficante ed organi di consumocome battitori, cuscinetti etc…

Il costo di ammortamento diuna vendemmiatrice trainata, perla quale è stato ipotizzato uncosto della metà rispetto a quel-lo di macchina semovente, non èdella metà per l’incidenza deicosti fissi di manutenzione pur unpoco inferiori. Anche i costi diesercizio di una trainata sonoleggermente inferiori rispetto aduna semovente ma non in modoincisivo.

Nelle tabelle vengonodescritti i costi relativi a 4 fascedi produzione annua:111100

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Costo di raccolta di unavendemmiatrice semoven-

te da 150.000 euro.

Costo di raccolta di unavendemmiatrice trainata

da 75.000 euro.

111111

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In un moderno vigneto quasitutte le operazioni colturali, sianella fase di allevamento che diproduzione, sono oggi meccaniz-zati. L’azienda viticola in fase dimodernizzazione si trova quindinella necessità di rinnovare ilparco macchine ed attrezzatureproprio per adeguarsi alle nuovesoluzioni di gestione e contenerei costi di produzione. In conside-razione dei nuovi sesti di impian-to ed in relazione alle dimensioni

aziendali stanno sempre più dif-fusamente maturando scelte tec-niche volte all’esecuzione delleoperazioni con il minor numerodi passaggi ricorrendo a macchi-ne sempre più specifiche. Non vadimenticato però che meccaniz-zazione sempre più spinta esigepersonale sempre più qualificatoed il rischio diventa quello di unaminore intercambiabilità dei ruolinell’esecuzione delle operazionicolturali.

Le principali operazioni coltu-rali sono:

LLaavvoorraazziioonnii iinntteerrcceeppppoo:Sono da tempo diffuse macchineper la lavorazione interceppo chepossono essere frese classiche,dischi od erpici. Più recenti sonole fresatrici orizzontali che rendo-no più veloce la lavorazione ridu-cendo il rischio di danni alle pian-tine anche se non risolvono ilproblema della suola di lavora-zione. Oggi le macchine intercep-po possono essere semplici odoppi ed anche ad installazionefrontale. Oggi è possibile dispor-re di ottimi e precisi tastatori peril rientro automatico.

DDiisseerrbboo: La pratica del dis-erbo chimico richiede attrezzatu-re molto semplici, costituite dabbaarrrree sscchheerrmmaattee,, alimentateda una botticella specifica per ildiserbo, equipaggiata di unapompa in grado di erogare bassivolumi e bassa pressione. Lebarre possono essere semplici odoppie e sono più pratiche seinstallate in posizione ventralealla trattrice piuttosto che fron-talmente per un più agevoleingresso nel filare. È evidente chele barre doppie riducono sensibil-mente i tempi di lavoro. Poco dif-fuso nel reggiano è il controllodelle infestante con macchine afilo o coltelli scalzanti.

FFeerrttiilliizzzzaazziioonnee: La fertiliz-zazione è una pratica che nonincide in modo sensibile sui costidi produzione ma utilizzareattrezzature o tecniche inade-guate può condurre ad apporti

di Claudio Corradi,Andrea Franchi

Lavorazione interceppodoppia.

111122

La meccanizzazionedel vigneto

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poco precisi e non razionali. Innetta fase di espansione è la tec-nica della fertirrigazione per leaziende dotate di irrigazione agoccia. Nella maggioranza deicasi però si ricorre ancora allaconcimazione con spandiconci-mi, magari dotati di convogliato-re. Se per la concimazione orga-nica si stanno diffondendo picco-li spandiletame sono ancora irri-levanti le presenza di spandicon-cime attrezzati per l’interramentodel fertilizzante.

CCiimmaattuurraa eessttiivvaa: Le cima-trici sono senza dubbio le mac-chine più innovative introdottenelle aziende viticole in questiultimi anni. Questo è dovuto inprimo luogo all’importanza dellapratica, che necessita di essereeseguita nei tempi e nei modidovuti, ma anche al tutto som-mato modesto costo di questotipo di macchine. Ne esistono didifferenti tipi. Semplici o doppie,a barre falcianti od a coltelli.L’accessorio indispensabile perquesto tipo di macchine è iillmmuulliinneelllloo ccoonnvvoogglliiaattoorree ppeerrii ttrraallccii bbaassssii o mal orientati. Iltipo di cimatrice ideale è quelladoppia installata frontalmente ingrado di tagliare a desta ed asinistra in un unico passaggio.Questo metodo operativo per-mette di sagomare la vegetazio-ne prima del passaggio dellatrattrice che solo così non andràa stappare con le ruote i tralcicome accade con le cimatrici chelavorano su di un solo lato delfilare. Ovviamente questo proble-

ma è legato alla larghezza deifilari ma in genere tende ad indi-rizzare verso potature troppocorte e non razionali. Le cimatriciche completano in un solo pas-saggio tutta la parete, quelle sca-vallanti, peraltro poco diffuse,permettono di risolvere il proble-ma dello spazio per il transitodelle trattrice solo se utilizzatepartendo dall’esterno del vignetogirandoci attorno come si fa perun’aratura a scolmare.

Impongono però di lavorarealla ceca su di una parete e trop-po sovente, nei nostri vigenti, ori-ginano riduzioni eccessivi dellachioma. Le cimatrici a barre effet-tuano un taglio più netto ma esi-gono una velocità di avanzamen-to molto inferiore, Quelle a col-telli sono velocissime ma nonpossono essere utilizzate alsecco. Con cimatrici a coltelli ènecessaria la cabina sulla trattri-ce per proteggere l’operatore

Trinciatricefrontale.

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dalla vegetazione che viene smi-nuzzata e scagliata in direzioneopposta alla velocità di avanza-mento. In queste circostanza sonoindispensabili frequenti puliziedei radiatori delle macchine.

PPaalliizzzzaattuurraa: Consiste nel-l’indirizzare i tralci verso i filirampicanti con mobili fili di con-tenimento. Questi possono esse-re posizionati manualmente omeccanicamente e possono esse-re fili permanenti o fili annuali dasostituire tutti gli anni. Le mac-chine per l’esecuzione di questa

operazione hanno un costo ele-vato ed in pianura i costi com-plessivi di esecuzione non si dis-costano di tanto da quelli a cui sigiunge con l’esecuzione manua-le. Per l’intervento manuale i filipiù adatti solo quelli in nylon aiquali la vegetazione si attaccapiù difficilmente, soprattutto per-ché leggeri e di grande diametro,facilitando il riposizionamentoinvernale.

TTrriinncciiaattuurraa ddeell ttaappppeettooeerrbboossoo: Si tratta di macchine già

da tempo in uso nelle aziendeviticole reggiane. Le uniche novi-tà di questi ultimi anni è l’impie-go di macchine di larghezza suf-ficiente a completare la puliziadel filare in un unico passaggio.L’installazione frontale delle trin-ciatrici è poco diffusa visto checrea problemi di polvere all’ope-ratore ed ai radiatori e perché lelavorazioni combinate possibilisono veramente poche.

GGeessttiioonnee ddeell lleeggnnoo ddiippoottaattuurraa:: Il legno di potaturapuò essere trinciato sul posto ospinto fuori dal filare e bruciato.La tecnica più diffusa è quelladella trinciatura perché più rapi-da, semplice e veloce anche senegli ultimi tempi le diffusemalattie del legno stanno rivalu-tando la tecnica dell’asportazio-ne delle potature facilitata dallapossibilità di installare i forconiin posizione frontale.

DDiiffeessaa ffiittoossaanniittaarriiaa: Quel-lo della difesa è da sempre unaspetto fondamentale dellagestione del vigneto soprattuttoperché impegna il viticoltore perun periodo lungo ed a cadenzaquasi settimanale. Grande evolu-zioni sono state fatte in questosettore grazie alla forte ricerca edall’introduzione dell’elettronica.Oltre agli aspetti tecnici operatividi regolazione delle macchine vaanche considerato il fatto chenegli ultimi anni si sono diffuse inprovincia molte macchine pertrattamenti a file multiple.Queste, che possono essere a tor-retta o scavallanti, ed a 2 o 3 file,

La meccaniz-zazionedel vigneto

Trattamento a file multiple con irroratrice

pneumatica.

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devono essere individuate concognizione di causa e richiedonouna grande professionalità nellaregolazione anche in considera-

zione che i nostri vigneti in gene-re presentano una vegetazioneabbondante e non sempre facil-mente penetrabile.

IIRRRROORRAATTRRIICCII AADD AAEERROOCCOONNVVEEZZIIOONNEEDa sempre identificate con l’improprio termine di “atomizzatori”, rappresentano la soluzio-

ne costruttiva ancor oggi più diffusa per i interventi fitosanitari alla vite.Sono attrezzature di relativa semplicità costruttiva in cui la frantumazione della vena liquida

avviene per polverizzazione meccanica (passaggio ad alta velocità della miscela irrorante attra-verso gli ugelli idraulici), ed il trasporto delle gocce sulla vegetazione viene facilitato dalla cor-rente d’aria generata dal ventilatore (getto portato). Si contraddistinguono per:

•• ppoommppaa aalltteerrnnaattiivvaa di tipo a pistoni-membrana, generalmente impiegata, a secondadelle punte di spruzzo selezionate, con valori di 10-30 bar, può tuttavia raggiungere pressionidell’ordine di 40-50 bar;

•• vveennttiillaattoorree ddii ttiippoo aassssiiaallee (con portata di 10.000-50.000 m3/h e più, velocità delgetto relativamente bassa compresa tra 20-50 m/s) che, nell’assetto classico, presenta aspira-zione posteriore e flusso radiale in uscita.

•• ddiissppoossiizziioonnee ddeeggllii uuggeellllii, nella concezione più tradizionale, a semiraggiera in prossi-mità dell’uscita dell’aria prodotta dalla ventola, con punte di spruzzo a cono, in ragione di 8-16 (con diametro dei fori compreso tra 0,8-1,8 mm) capaci di produrre gocce con diametromedio variabile tra 60-300 mm.

Da sempre identificati come mezzi eroganti volumetrie medie ma soprattutto alte, oggi ilmercato, grazie a strutture costruttive dotate di pompe con portate massime più ridotte, ven-tole più piccole e ugelli tecnologicamente più avanzati (es. TeeJet., Albuz ecc.), mette a dispo-sizione dei viticoltori irroratrici in grado di produrre un range di volumi ampio (200-1600 l/haed oltre). Al fine di porre rimedio ad aallccuunnee ddeeffiicciieennzzee legate all’assimetria distributiva, leirroratrici ad aeroconvezione tradizionali sono state equipaggiate di elementi correttori. Fra leprincipali soluzioni individuate si ricordano: contro-ventilatori fissi montati a valle del flusso,convogliatori dell’aria, deflettori orientabili, raddrizzatori del flusso (a contropale fisse o orien-tabili), doppia ventola, e la disposizione anteriore del ventilatore.

IIRRRROORRAATTRRIICCII PPNNEEUUMMAATTIICCHHEEQuesti mezzi, oltre ad essere meno diffusi dei precedenti, sono concepiti per i trattamenti

a basso volume (100-300 l/ha). La frammentazione ed il trasporto delle gocce avviene graziealla corrente d’aria che, ad alta velocità, investe nel diffusore (tubo di Venturi) il liquido da pol-verizzare dotato di bassa pressione. Le irroratrici pneumatiche si contraddistinguono per esse-re provviste di:

•• ppoommppaa cceennttrriiffuuggaa con pressioni di esercizio di 0,5-2 bar;•• vveennttiillaattoorree rraaddiiaallee in cui l’aria, aspirata assialmente ed emessa radialmente, produ-

ce una corrente d’aria ad alta velocità (80-150 m/s) con portata relativamente bassa (tra1.000-20.000 m3/ha);

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VVeennddeemmmmiiaa: In questi ultimianni le conoscenze e le compe-tenze tecniche dei nostri viticol-tori in materia di macchine ven-demmiatrici sono notevolmentematurate. NNeell GGDDCC sono diffusemacchine vendemmiatrici siasemoventi che portate lateral-mente da una comune trattrice. Iparametri su cui intervenire perrealizzare una buona vendemmiadel G.D.C. sono: la velocità diavanzamento, il numero di battitie la posizione del battitore a stel-la rispetto al filo da scuotere. Perla pulizia del prodotto ovviamen-te il punto di partenza deve esse-re una raccolta ben eseguita chenon può prescindere da una ade-

guata regolazione delle ventole.Le vendemmiatici a ssccuuoottiimmeenn--ttoo oorriizzzzoonnttaallee offrono una piùampia serie di parametri sui qualiintervenire per regolare al megliola qualità del lavoro. Oltre allavelocità di avanzamento ed alnumero dei battiti è possibileintervenire sul numero dei batti-tori, sulla loro distanza sia insenso verticale che orizzontale,sulla loro inclinazione e sull’am-piezza dei battiti. La pulizia delprodotti dipende oltre che dallasofficità della raccolta anchedalla regolazione delle ventole.Anche in questo caso esistonomacchine semoventi o trainate:le prime, essendo esclusivamente

•• llaa ppoollvveerriizzzzaazziioonnee ddeellllaa ssoolluuzziioonnee, garantita da appositi dispositivi d’erogazione, èfine e piuttosto omogenea con diametri delle gocce compresi tra 100-150 mm.

Macroscopiche differenze rispetto alle macchine ad aeroconvezione si traducono, pertanto,nella maggiore velocità dell’aria che consente generalmente una migliore penetrazione dellamiscela, anche se in presenza di chiome rigogliose, si possono registrare danni alla vegetazio-ne prossima ai diffusori, nonché nella minore massa prodotta, la quale può limitare il traspor-to delle gocce in vigneti con elevato sviluppo vegetativo. Inoltre, l’estrema finezza delle gocceprodotte può costituire un altro fattore limitante per effetto dei maggiori effetti di evaporazio-ne e deriva a cui sono soggette le nubi di spray, operando in condizioni termiche elevate.

Infine è doveroso accennare alle iirrrroorraattrriiccii ooppeerraannttii ssuu ppiiùù ffiillaarrii contemporaneamen-te, diffuse in entrambi gli schemi costruttivi prima descritti.

Queste attrezzature, pur capaci di incrementare le capacità di lavoro e di conseguenza latempestività degli interventi, hanno finora trovato limitata diffusione a seguito della notevoleframmentazione delle forme d’allevamento, della non sempre agevole manovrabilità e, non daultimo, del costo. (A.F.)

Tempi indicativi di potatura, espressi in orecomplessive per ettaro,

riferite a differenti Tecniche di potatura in

diversi sistemi di allevamento.

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Trattamento a filemultiple.

scavallatrici hanno il vantaggiocalpestare meno e solo a centrofila. Per quanto riguarda la velo-cità di lavoro non sempre neinostri vigneti le macchine semo-venti hanno una resa di lavoromolto superiore alle trainate. Perquanto riguarda il tipo di scuoti-tori va detto che esistono mac-chine in grado di raccogliere per-fettamente anche vicino al palopur imprimendo una vibrazionepiù energica ma non per questodannosa mentre altri tipi di mac-chine hanno un passaggio moltopiù leggero ma risentono note-volmente dell’effetto “riduzionedei battiti“ che il palo è in gradodi imprimere. A questo propositoè bene tenere presente che ancheil tipo di palo ha la sua incidenzavisto che per esempio un palo dicemento è in grado di far perde-re alla vendemmiatrice 10 battitial minuto ed uno di legno soli 3(corrispondenti ad una riduzionedel numero dei battiti di circa il2,2% sul cemento e dello 0,6%sul legno).

PPoottaattuurraa: La potatura èdopo la vendemmia l’operazioneche, se eseguita totalmente amano, richiede il maggior nume-ro di ore. È per questo motivo chesono state sperimentale negliultimi anni soluzioni di meccaniz-zazione in grado di permettereun certo contenimento dei tempidi lavoro. Una prepotatura mec-canica porta a risultati interes-santi solo sulle forme speronateche nel reggiano è praticamentesolo i GDC. Eseguire la potatura

di un ettaro di GDC con l’ausiliodi una potatrice, in 25 ore piutto-sto che 50 come accade per unapotatura solo manuale, nonsignifica risparmiare il 50%, vistoche l’incidenza del costo dellamacchina porta questo risparmioal solo 20 – 25%.

In tutte le altre forme, nelCasarsa per esempio si sta pro-vando a tagliare appena sottol’ultimo filo ed a “stralciare” (dis-taccare a mezzo di appositi petti-ni) per rendere più veloce e menofaticosa la potatura, questorisparmio è ancora più modesto.Le macchine prepotatrici più dif-fuse sono a barre mentre quelle adischi rotativi sono adatte solo alcordone speronato. Anche l’im-piego di forbici ad aria o forbicielettriche non è agevole in tuttele forme ed il loro impiego variain funzione dell’organizzazioneaziendale.

wwwwww..pprroovviinncciiaa..rree..iittwwwwww..ffiittoossaanniittaarriioo..rree..iitt

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La viticoltura integrata equella biologica si avvalgono diuna tecnica colturale ragionatache riduce o annulla ( la biologi-ca) l’immissione di prodotti chi-mici nelle cure al vigneto. Questetecniche a seguito dei regola-menti CEE dei primi anni ’90 delsecolo scorso si sono diffuse inviticoltura sia per la sensibilitàdegli agricoltori, che per il rispar-mio di prodotti e per contributoerogato dall’Ente pubblico.

VVIITTIICCOOLLTTUURRAA IINNTTEEGGRRAATTAALa viticoltura integrata (reg.

CEE 2078/92 e successiva legisla-zione regionale) discretamentediffusasi nella nostra provincia, sideve attenere al DDiisscciipplliinnaarree ddiipprroodduuzziioonnee iinntteeggrraattaa, che laRegione Emilia-Romagna an-nual-mente emana dai primi anni ’90(wwwwww..ccrrppvv..iitt//vviittiivviinniiccoollttuurraa).

Il disciplinare contiene duegruppi di norme:

• norme generali con indica-zioni (vincoli e consigli) riguar-danti tutte le colture,

• norme tecniche relative aciascuna coltura e riguardanti:

• la tecnica agronomica• la difesa fitosanitaria• il controllo delle infestanti.Le indicazioni sull’impianto

del vigneto riguardano le varietà(suddivise per provincia), i portin-nesti, i sistemi d’allevamento conrelative densità d’impianto.Seguono consigli e prescrizioniper la fase d’allevamento e per lapiena produzione. Particolareattenzione è riservata all’impiego

dei prodotti chimici:• concimi, soprattutto quelli

azotati, con indicazioni nellediverse situazioni di dosi medie esoprattutto massime, onde evita-re inquinamenti;

• diserbanti, con il divieto deldiserbo fra le file e dell’impiegodei prodotti residuali, ad eccezio-ne del oxifluorfen a dosi ridotte;

• antiparassitari, con l’auspi-cato ricorso al basso volume econ particolare attenzione nellascelta degli insetticidi , perchésiano rispettati i parassiti ed ipredatori.

L’insieme di queste normepiuttosto dettagliate nel discipli-nare, guidano in pratica il viticol-tore passo per passo nelle diver-se fasi del ciclo della vite; soprat-tutto la riduzione delle quantità edel numero di principi attiviimpiegati risponde alla doppialogica di risparmiare denaro e digestire il vigneto nel modo piùnaturale possibile.

VVIITTIICCOOLLTTUURRAA BBIIOOLLOOGGIICCAALa viticoltura biologica in

Italia si estende su circa ha40.000, di cui metà in conver-sione; in provincia se ne coltiva-no poco più di ha 100;non tuttal’uva biologica viene pero tra-sformata in vino biologico. Lavite è una coltura che, a diffe-renza ad esempio del melo e delpero, risulta piuttosto sempliceda gestire col metodo biologico,anche se recentemente laFlavescenza dorata ha compli-cato un po’ le cose. Le regole

di Rolando Valli

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Viticolturaintegrata e biologica

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principali da seguire nel biologi-co riguardano i seguenti punti.

1) Divieto di impiegare con-cimi chimici: ll’’iinneerrbbiimmeennttoo, ilssoovveesscciioo ed i ccoonncciimmii oorrggaa--nniiccii riescono a mantenere lavite in un corretto equilibrionutritivo. Presso l’IstitutoSperimentale per la Nutrizionedelle Piante di Roma(wwwwww..iissnnpp..iitt) è istituito il“Registro dei fertilizzanti perl’agricoltura biologica”, dovesono iscritti i fertilizzanti impie-gati nel biologico e che quindipossono inserire in etichetta ladicitura “consentito in agricol-tura biologica”.

2) Divieto di impiegare dis-erbanti chimici, per cui la lottaalle piante infestanti avvienesolo tramite mmeezzzzii mmeeccccaanniiccii;al giorno d’oggi sono però mol-teplici le macchine che riesconoa controllare o eliminare le infe-stanti.

3) Più complessa è la difesacontro le malattie. Per il control-lo della ppeerroonnoossppoorraa i quanti-tativi di rame debbono esserelimitati a 8 kg/ha fino al 2005 epoi solo a 6 kg/ha, ponendoserie difficoltà nelle annate pio-vose. Come alternativa al rraammeesi sta sperimentando il fosfito dipotassio. La lotta contro la fla-vescenza dorata, o meglio con-tro l’insetto vettore, è fatta conil piretro, che ha poca persisten-za.

4) IInn ccaannttiinnaa le uve biolo-giche si vinificano con ottimirisultati, ottenendo dei buoni

vini; non esistono però normebiologiche di vinificazione, inquanto il vino è escluso dal Reg.CE 2092/91, per cui sulla botti-glia non si può scrivere vino bio-logico ma ”vviinnoo ootttteennuuttoo ddaauuvvee bbiioollooggiicchhee” Alcuni Enticertificatori, ad esempio AIAB(wwwwww..aaiiaabb..iitt), hanno redattodei disciplinari di vinificazioneestesi e dettagliati.

Nel comparto del biologicola bbiiooddiinnaammiiccaa si colloca a séstante, in quanto vera e propriafilosofia di vita (antroposofia).Dal punto di vista della coltiva-zione della vite la biodinamicasi avvale delle stesse regoleedegli stessi prodotti del biolo-gico, integrati però da preparati biodinamici utili a rafforzare edifendere le piante(wwwwww..aaggrriiccoollttuurraabbiiooddiinnaa--mmiiccaa..iitt).

Gli Enti certificatori del bio-logico sono 15, di cui 11 operan-ti in regione Emilia - Romagna.Di seguito si segnala l’utilitàdella consultazione dei seguentiportali:

wwwwww..pprroobbeerr..iittassociazione produttori biologici

e biodinamici dell’Emilia -Romagna

wwwwww..ffiiaaoo..iittfederazione italiana agricoltura

organica

wwwwww..bbiioobbaannkk..iittinformazioni sul biologico.

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I giallumi della vite (GY) negliultimi anni hanno caratterizzatola difesa fitosanitaria dei nostrivigneti e non solo.

La flavescenza dorata (FD)prima e il legno nero (BN) poi,hanno interessato tutti i vignetidella provincia, con un’incidenzamedia di piante sintomatichenegli ultimi anni di circa il 7%(vedi istogramma).

FD e BN sono ampelopatiedovute a fitoplasmi, ascritte algruppo dei Giallumi che, almenosulla vite, presentano le stessesintomatologie, rendendo im-possibile visivamente una distin-zione tra le due (almeno almomento attuale).

I fitoplasmi sono organismi-procarioti, simili a batteri, tipica-mente floematici, incapaci dicondurre vita autonoma. La tra-smissione dell’infezione avviene

tramite il materiale di propaga-zione infetto e dei vettori, lo sca-foideo per la FD, Scaphoideustitanus Ball (Rhynchota,Cicadellidae), e lo ialeste,Hyalesthes obsoletus, (Rhyn-chota, Cixiidae) per il BN; non vi

è invece trasmissione mediantecontatto e/o attrezzi, né tramitele radici. Non è possibile alcunalotta diretta contro i fitoplasmi,ma soltanto l’eliminazione dellepiante ammalate e la lotta dicontenimento, diretta o indiretta,dei vettori.

SSIINNTTOOMMAATTOOLLOOGGIIAAI sintomi di FD e BN si mani-

festano generalmente dopo alcu-ni mesi dall’atto infettivo e sonopiù visibili l’anno seguente l’infe-zione, dalla fase fenologica del-l’allegagione (nell’Ancellotta giàdalla fioritura), aggravandosi conl’avanzare della stagione e giun-gendo al culmine con la matura-zione dell’uva.

Per tutta l’estate e sino allafine della stagione vegetativanuove piante possono manifesta-re i sintomi, che possono interes-sare anche solo settori dellapianta (un tralcio o un "archet-to" piuttosto che tutta la vite),così come un settore della fogliao una parte del grappolo.

In sintesi, si osservano iseguenti esiti:SSuullllee ffoogglliiee

• Ingiallimenti nelle varietà abacca bianca o arrossamenti inquelle a bacca nera, settoriali oestesi a tutta la lamina, interes-sando anche le nervature;

• Arrotolamento verso ilbasso dei bordi fogliari, che portala lamina ad assumere una formatriangolare;

• Ispessimenti della lamina,bollosità, consistenza papiracea;

• Filloptosi anticipata.

di Anselmo Montermini

Incidenza di piantesintomatiche di FD e BN

nei vigneti della provincianegli ultimi anni.

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I giallumi della vite(Flavescenza dorata e Legno nero)Riconoscimento, Lotta e Prevenzione

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SSuuii ggrraappppoollii• Aborti fiorali;• Disseccamento del rachide;• Appassimenti ed avvizzi-

menti degli acini dall’allegagionealla maturazione;

• Mancata invaiatura e/omaturazione, anche solo di unaporzione del grappolo.SSuuii ttrraallccii

• Mancato o ritardato ger-mogliamento;

• Aspetto colonnare, dovutoagli internodi raccorciati e ad unridotto angolo d’inserzione delpicciolo sulla foglia;

• Pustole nerastre, dall’aspet-to oleoso, alla base;

• Portamento prostrato, fles-suoso e ricadente;

• Consistenza gommosa oaddirittura spugnosa;

• Lignificazione assente oirregolare.

L’aspetto generale delle pian-te può presentarsi cespuglioso ecadente, di generale sofferenza.L’espressione sintomatologica èfortemente influenzata dal tipodi vitigno, dalle condizioni agro-nomiche e dall’andamento sta-gionale, ma l’arrossamento oingiallimento delle foglie e ilgrappolo disseccato rappresenta-no i due sintomi indispensabili enecessari per la diagnosi e devo-no essere sempre presenti.

Le alterazioni cromatiche sihanno ad iniziare dalle nervature,coinvolgendo successivamente lalamina. La settorialità di tali alte-razioni, nettamente delimitatedalle nervature stesse, è una

caratteristica che facilita molto ladiagnosi. Successivamente, lamancata lignificazione del tral-

cio, con la relativa gommosità, siaffianca come terzo sintomo difacile individuazione.

L’accartocciamento dellefoglie è uno di quei sintomi che sievidenzia con l’avanzare dellastagione, così come la friabilitàdelle stesse (dovuto all’accumulod’amido al loro interno) e nonsempre evidente.

II VVEETTTTOORRIIIl vettore della FD è lo scafoi-

deo, S. titanus. La cicalina dellaflavescenza compie un’unicagenerazione l’anno (monovolti-na) e vive esclusivamente sullavite (monofaga, ampelofaga),succhiando la linfa dalle nervatu-re fogliari (floemomiza); svernaallo stadio di uovo.

Gli stadi giovanili (pre-imma-ginali) sono rappresentati da dueetà neanidali e tre ninfali (provvi-ste, queste ultime, di abbozzialari), tutte con due macchie nerecontrapposte sulla parte dorso-

Presenza diffusa di sintomi di giallumi in un

vigneto di collina.

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laterale dell’ultimo urite(“coda”). Vivono prevalentemen-te sulle pagine inferiori dellefoglie dei polloni, dove è moltofacile osservarli tra le metà dimaggio e giugno. La schiusadelle uova è molto scalare edavviene nella pianura reggianadalla prima decade di maggiofino ad inizio luglio. I primi adulticompaiono a partire dalla terzadecade di giugno.

Essi vivono circa un mese. Ilvolo si protrae fino a tutto set-tembre, talvolta ad inizio ottobre.Le femmine, generalmente, ovi-depongono nelle screpolature deitralci di due anni. Il monitoraggiodegli adulti si può eseguire condelle trappole cromotropichegialle (non particolarmente effi-caci se la popolazione è bassa).

Il ddaannnnoo ddiirreettttoo, derivatodalle punture di suzione, è irrile-

vante. La trasmissione del fito-plasma della FD è di tipo persi-stente (l’insetto resta infettivoper tutta la vita). Il tempo d’incu-

bazione, perché lo scafoideo,assorbito il fitoplasma da unapianta ammalata, possa trasmet-tere l’infezione, è di 30-35 giorni.Non vi è trasmissione trans-ova-rica, cioè da madre a progenie,perciò alla nascita i giovani nonsono infetti.

Il vettore al momento accer-tato di BN è lo ialeste, H. obsole-tus. Fu segnalato per la primavolta in Italia nel 1885 (Ferrari). Èspecie monovoltina, polifaga,vettrice del fitoplasma dello“Stolbur” sulle Solanacee, ha dis-tribuzione circum- mediterranea.

L’aadduullttoo ha ali trasparenti,corpo in parte nero lucente e inparte bianco-avorio, protoraceridotto e giallo, occhi compostigrandi e rossi, lungo 4-5,5 mm.Gli adulti compaiono da metàgiugno ad agosto e visitano lavite saltuariamente. Le ffoorrmmeeggiioovvaanniillii, fulgoromorfe, sonoricoperte di secrezioni cerose dicolore bianchiccio e presentanouno o due ciuffi di sottili raggicerosi rigidi all’estremità dell’ad-dome. Esse vivono sulle radici dimolte specie erbacee (ad es.lavanda, pervinca, pomodoro,patata, melanzana, peperone,Solanum nigrum, Datura stramo-nium L., tabacco e con una predi-lezione quasi esclusiva, per gliAA. Italiani, per convolvolo edortica. Non disdegna il tarassacoe la setaria), così rendendo i trat-tamenti insetticidi inefficaci. Gliindividui in via di sviluppo (gene-ralmente ninfe di III età) sverna-no sulle radici delle piante ospiti

I giallumidella vite

Adulti di S.titanus(a sinistra) e H. obsoletus

(a destra).

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(come sopra accennato, ortica econvolvolo), ad una profondità dica. 100-200 mm

Caratteristiche dell’insetto epresenza diffusa di BN fanno rite-nere che vi siano altri vettoriancora da individuare.

Recenti studi nei vigneti reg-giani hanno individuato la pre-senza di altri potenziali vettori,quali ad es.: Reptalus spp., Cixiusspp. e Hyalesthes luteipes.

LLAA DDIIFFEESSAAAttualmente per le fitopla-

smosi non vi sono cure. La difesava quindi basata sulla prevenzio-ne, sull’eliminazione delle pianteammalate e sul contenimentodelle popolazioni dei vettori. Allaprima comparsa dei sintomiascrivibili ai giallumi, la lottadeve essere di tipo comprenso-riale, attuata sull’intera superficievitata di un territorio ed applica-ta da tutti, anche da chi possiedeuna sola vite in giardino. È fon-damentale eelliimmiinnaarree alla primacomparsa dei sintomi llee vviittiiiinnffeettttee, che rappresentano unfocolaio d’infezione Interveniretempestivamente sulle viti sinto-matiche è il modo più semplice,sicuro ed efficace per tentare dieradicare l’epidemia. Ciò è fon-damentale quando siamo in pre-senza di FD, però è altresì veroche visivamente non sono distin-guibili i due fitoplasmi e ad iniziosintomatologie l’eradicazione èutile anche nei confronti del BN.Bisogna prestare aatttteennzziioonnee aallmmaatteerriiaallee ddii pprrooppaaggaazziioonneeche può essere responsabile del-

l’introduzione di FD e scafoideoin una nuova area, mediante bar-batelle infette e uova svernantisulle stesse. Da tener presenteanche che le specie americane diVitis e i loro ibridi, utilizzati comeportainnesti, solitamente, seppu-re infetti, non manifestano sinto-mi (asintomatici), comportandosicome portatori sani della malat-tia. I vigneti o i filari di viteabbandonati potrebbero rappre-sentare sacche d’infezione e zonedi rifugio per lo scafoideo edovrebbero perciò essere elimi-nati, così anche le viti spontaneelungo le strade, i canali, ecc. LaFD, per l’andamento epidemico ei danni che può causare, è sog-getta a lotta obbligatoria (D.M.31/05/2000, G. U. 10/07/2000).

Nei confronti del BN non c’èlotta obbligatoria, ma per l’evo-luzione epidemica che anch’essaha avuto negli ultimi anni neinostri vigneti, il contenimentodella sua diffusione sta rivesten-do un’importanza fondamentale. 112233

Sintomi gravi di giallumi.

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LLaa lloottttaa ccoonnttrroo lloo SSccaaffoo--iiddeeoo è di tipo chimico e serve acontenerne la popolazione.Compiendo un’unica generazio-ne l’anno ed essendo strettamen-te ampelofago, risulta facilmente“controllabile”. La lotta devetener conto della schiusa piutto-sto scalare delle uova, del perio-do d’incubazione del fitoplasmanella cicalina, affinché diventiinfettante, e delle caratteristichedei prodotti insetticidi utilizzati.In condizioni di popolazioni condensità molto basse (come intante zone dove diversi anni dilotta hanno ridotto fortemente lapresenza dello scafoideo) e inassenza o con uno scarso nume-ro di piante infette, è possibilecontrollare il vettore della FD conun unico trattamento (posiziona-to indicativamente nell’ultimadecade di giugno), utilizzandoesclusivamente prodotti ad azio-ne abbattente.

In presenza di popolazionisignificative del vettore e conepidemie in atto, e in vigneti dipiante madri nonché in vivaio,sono necessari, almeno due trat-tamenti insetticidi se non tre:

aa)) 1° trattamento contro leforme giovanili a ca. 30 gg. dall’i-nizio della schiusa delle uova(indicativamente prima metà digiugno)

bb)) 2° trattamento contro leforme giovanili e gli adulti, daeffettuare ca. 30 gg. dopo il 1°intervento.

Un ulteriore trattamento,posizionato nella prima metà

d’agosto, può essere utile in con-dizioni di elevate popolazioni ini-ziali di scafoideo, in presenza dimolte piante ammalate (checomunque vanno estirpate tem-pestivamente) e per le possibilireinfestazioni della cicalina pro-veniente da vigneti non trattati.

Quest’ultimo trattamento èimportante nei giovani impiantiin zone a rischio (in questo casopotrebbe essere eseguito anche afine agosto).

Sarebbe buona norma eessee--gguuiirree llaa ssppoolllloonnaattuurraa ssoollooddooppoo iill pprriimmoo ttrraattttaammeennttooiinnsseettttiicciiddaa. Questo perché,vista la predilezione delle formegiovanili a vivere sulle partibasse della vegetazione, sipotrebbe meglio colpir la cicalinadirigendo i getti dell’atomizzato-re anche sui polloni ai piedi delleviti. In merito al controllo o lottaal vettore del BN, lo ialeste, dopodiversi anni la ricerca e la speri-mentazione (ancora in atto), con-dotta anche nella nostra provin-cia, hanno messo in evidenzacome sia fondamentale la gestio-ne agronomica della flora spon-tanea all’interno del vigneto. Nontanto la gestione dell’ortica (pre-senza rara negli impianti a con-trospalliera) ma soprattutto quel-la del convolvolo (presenza diffu-sa su fila ed interfila). Non menoimportante è, altresì, la gestionedella vegetazione all’esterno deivigneti.

Infatti, non bisogna dimenti-care che lo ialeste va sulla vite“saltuariamente”, quindi non112244

I giallumidella vite

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112255

Presenza di FD e BN

Solo FD

Solo BN

Non rilevatapresenza di giallumi

Distribuzione territorialedei giallumi

della vite al 2007

Sintomo estivo digiallume su Ancellotta.

dobbiamo “spingerlo” nel vigne-to con pratiche scorrette digestione delle piante ospiti(soprattutto ortica ai bordi delvigneto e lungo le scoline). Daalcuni anni sconsigliamo di sfal-ciare all’esterno del vigneto nelperiodo di fine maggio–primi disettembre, in modo da “tenerefuori dal vigneto” il vettore.

Per la gestione del convolvo-lo sembrano dare buoni risultatialcune pratiche agronomiche digestione della flora (semine digraminacee) o pratiche di diserbomirato, meglio se eseguite a fineestate-autunno.

Infine, sembrano positive lepratiche di capitozzatura di pian-te sintomatiche con tagli di diver-sa importanza, al fine di riportarela pianta ad uno stato asintoma-tico (studi in corso). Si ricordi chedette piante saranno sempre ecomunque meno produttive(circa il 30% in meno).

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Il costo della realizzazione diun nuovo vigneto varia in funzio-ne del sistema di allevamento,del numero di viti per ettaro e deltipo di struttura. Per una stessaforma di allevamento ed il mede-simo tipo di materiali è evidenteche sesti di palificazione differen-ti possono avere una notevoleincidenza sui quantitativi deimateriali così come, al variare delnumero dei ceppi per ettaro,varia considerevolmente il costocomplessivo dell’impianto.

Ovviamente anche l’incidenzadella manodopera ha una suaimportanza e deve essere co-

munque conteggiata sia che sitratti di manodopera aziendaleche specializzata. Il ricorso amanodopera aziendale può tal-volta permettere un certo rispar-mio sui costi o se non altro l’im-

piego del personale in periodimorti della stagione. Da nondimenticare infine che nei casi incui per la realizzazione di unvigneto si debba ricorrere all’ac-quisto di diritti di reimpiantoanche questo valore, che oggi puòaddirittura rappresentare un 70-80% rispetto al costo dell’impian-to, deve essere messo in conto.

In tabella sono evidenziati iccoossttii ccoommpplleessssiivvii ddii rreeaalliizzzzaa--zziioonnee ddii uunn vviiggnneettoo in differen-ti soluzioni di impianto con evi-denziata l’incidenza, anche per-centuale, delle principali voci dicosto. I prezzi sono riferiti ad etta-

ro e calcolati sulla base di un ipo-tetico appezzamento di 50 x 200metri. I costi d'impianto conside-rati sono comprensivi delle spesedi preparazione del terreno chesono comuni a tutti i sistemi di

di Claudio Corradi

In tabella sono riassuntele principali caratteristi-

che tecniche degli impian-ti considerati per la reda-zione sia dei preventivi

riportati integralmente inappendice sia di quelli

riassunti nella tabella deicosti di impianto.

I prezzi sono daaddizionare di IVA.

Costi di impianto

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allevamento e sono comprensividi aratura profonda, ruspatura,concimazione di fondo consostanza organica e concimi

minerali, aratura superficiale elavori di finitura. Tutti i costi sonoredatti sulla base di un costo dellamanodopera di 20,00 euro l'ora.

Andamento dei prezzi,espressi in euro, delle

principali voci di costo diimpianto nel 1996, 2004

e 2006.

Impianto del vigneto:interramento pali.

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I costi di produzione di unvigneto dipendono non solodalla tipologia di impianto maanche dal fatto che in questovenga attuata la meccanizza-zione integrale o meno. Anchel'organizzazione aziendale e lescelte tecniche del viticoltoreincidono sensibilmente sui costidi produzione. L'esame analiti-co dei costi di produzione risul-ta complesso, anche perchéoltre ai comuni costi di gestio-ne, devono essere consideratetutte le spese di ammortamentodell’impianto.

Per semplificare il più possi-bile l'analisi dei costi di gestio-ne del vigneto è stata conside-rata una forma di allevamentomeccanizzabile media senzadistinguere alcuni particolaricome per esempio che il costodi potatura nel GDC può essereinferiore ad altri sistemi o chela quota di reintegrazione del-l’impianto è minore nel Ca-sarsa.

Si sono confrontati due tipidi gestione: una completamen-te manuale, l'altra integralmen-te meccanizzata.

È evidente quindi che non siè voluto in questa sede con-frontare i costi di produzionedei diversi sistemi di allevamen-to, ma evidenziare l'incidenzadella meccanizzazione nellagestione del vigneto e valutarei costi di produzione dell'uva.

Le voci di costo consideratesono distinguibili in ssppeessee ccooll--ttuurraallii e ssppeessee ggeenneerraallii.

SSPPEESSEE CCOOLLTTUURRAALLIIPPoottaattuurraa: comprensiva del-

la potatura secca e delle potatu-re verdi. Da sottolineare che nellepotature a Sylvoz gli oneri dipotatura secca sono maggioririspetto al GDC che per contro haun suo costo nella manualitàdella pettinatura.

GGeessttiioonnee ddeell ssuuoolloo: rag-gruppa tutte le operazioni dilavorazione al terreno, diserbi,trinciatura dei sarmenti e trincia-ture al tappeto erboso nonché dieventuali concimazioni.

DDiiffeessaa: comprende il costodei fitofarmaci per la difesa anti-parassitaria ed il loro onere didistribuzione.

RRaaccccoollttaa: la raccolta Ma-nuale è riferita ad una resa orariadi almeno 80 kg/persona/ora adun costo di 8,88 euro l'ora, men-tre nella raccolta meccanica èconsiderata la tariffa dei conto-terzisti di 4,44 euro il quintale odi 750,00 euro ettaro.

SSPPEESSEE GGEENNEERRAALLIIQQuuoottaa ddii rreeiinntteeggrraazziioonnee

iimmppiiaannttoo: calcolata sulla basedi un costo di impianto fino al 3°anno (comprensivo quindi deglioneri per tutte le cure colturali,potature di allevamento etc..necessari a portare il vigneto inpiena produzione) di euro25.000, per un periodo di pienaproduzione di 20 anni.

AAllttrree: Comprende le voci dicosto relative ad assicurazioni,beneficio fondiario, imposte, con-tributi, interessi, direzione edamministrazione e spese diverse.

di Claudio Corradi

112288

Costi di produzione

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Costo di gestione annuadi un vigneto con

vendemmia manuale.

Costo di gestione annuadi un vigneto con

vendemmia meccanica.

Vendemmia meccanica.

In tabella vengono evidenziati i costi di

produzione di un quintaledi uva in rapporto allaproduzione di uva per

ettaro.

112299

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Il Consorzio per la tutela deivini “Reggiano” e “Colli diScandiano e di Canossa” offre,da diversi anni, ai propri soci affi-liati, un importante servizio d’as-sistenza tecnica svolto da dueagronomi, finanziati in partedalle Cantine associate e in partedalla Provincia di Reggio Emilia,nell’ambito dei Servizi diSviluppo al Sistema Agro-Alimentare.

L’assistenza mira ad aiutare ilviticoltore nelle scelte da compie-re nella gestione del vigneto,informandolo delle innovazionidisponibili e della situazioneattuale, nell’ottica di realizzare unprodotto idoneo alle richiestedelle cantine, che sia al contempoespressione efficace dell’ambien-te e della varietà, al fine di otte-nere un vino tipico e di qualità.

Tale attività si estrinseca indiversi punti, così sintetizzati:•• AAssssiisstteennzzaa AAggrroonnoommiiccaa•• RRiicceerrccaa ee SSppeerriimmeennttaazziioonnee•• DDiivvuullggaazziioonnee

L’assistenza agronomica vie-ne effettuata mediante vviissiittee aarriicchhiieessttaa in azienda per i socidelle cantine consorziate, incontriin aziende pilota e assistenza alleaziende aderenti ai “ProgettiQualità” promossi da diversecantine.

Le informazioni su date e luo-ghi di incontri nelle aziende pilo-ta e di altre iniziative, vengonocomunicate via SMS e sito inter-net, come anche i numeri di tele-fono dei due agronomi, a disposi-zione dei soci per qualunque visi-

ta in azienda, naturalmente gra-tuita.

L’attività di ricerca e speri-mentazione ha assunto notevoleimportanza fra le attività del con-sorzio, che ha concentrato i pro-pri sforzi in particolare sui lavoridi zonazione del territorio sia dipianura che di collina, mirati adevidenziare la vocazionalità deisuoli provinciali in rapporto allacoltivazione della vite.

Altre attività di sperimenta-zione riguardano il recupero evalorizzazione di vitigni autocto-ni, la tutela di vitigni e produzio-ni locali, le prove di potaturameccanica, diradamento, gestio-ne idrica, la valutazione dei siste-mi di pagamento delle uve, l’ana-lisi degli impianti, l’organizzazio-ne della vendemmia meccanica,il controllo e gestione dei campidi piante madri, e le stime e pre-visioni vendemmiali.

L’attività di divulgazione, siprefigge lo scopo di portare aconoscenza di tutti i viticoltori irisultati dell’attività del consor-zio, tramite riunioni, conferenze,giornate di meccanizzazione epubblicazioni. Per migliorare lacomunicazione si sono appronta-ti un servizio di SSMMSS in collabo-razione con il Consorzio Fitosani-tario Provinciale e un sito inter-net dove è possibile scaricaretutti i risultati delle attività:wwwwww..vviinniirreeggggiiaannii..iitt

Dal 2007 il Consorzio diTutela è incaricato dal Ministerodelle Politiche Agricole, Alimen-tari e Forestali all’attuazione del

di Stefano Meglioraldi,Matteo Storchi,Ferrari Cristina

Campo di piante madri diLuzzara (RE), gestito dalConsorzio per la tutela

dei vini, per la costituzio-ne di materiale di base e

certificato: AncellottaFEDIT 18 CSG, Lambrusco

salamino CAB1 eLambrusco grasparossa

CAB7.

113300

Attivitàdi assistenza tecnica

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Piano dei Controlli per le denomi-nazioni “Reggiano” e “Colli diScandiano e di Canossa”, chesarà svolto da tecnici incaricati.

LLaa ZZoonnaazziioonneeIl concetto di “zonazione” è

un fondamento delle denomina-zioni di origine, in quanto presup-pone un legame stretto tra undeterminato territorio ed il pro-dotto uva-vino che ne deriva. Ineffetti l’uva è la risultante dell’ite-razione tra tre componenti princi-pali: l’ambiente circostante (suoloe clima), il vitigno (e relativo por-tinnesto), e l’azione dell’uomo checoltiva la vite. Sebbene quindi ilavori di zonazione si siano molti-plicati solo in questi ultimi anni, loscopo rimane sempre quello divalutare come il territorio influen-zi il prodotto che ne derivi e quin-di, da un altro punto di vista, sta-bilire quali sono le aree vocate perla produzione di un determinatovino. In termini pratici la zonazio-ne si traduce in una delineazione,ovvero nella costituzione di unacartina, che individua territoriomogenei che possono fornire unprodotto omogeneo corrispon-dente. Essa dà inoltre visibilità erilevanza al territorio, fornendoanche uno strumento di commer-cializzazione. In questi anni, laProvincia ed il Consorzio di tutela,hanno impiegato risorse per rea-lizzare una prima zonazione dipianura per i vitigni Ancellotta eLambrusco salamino, al fineappunto di individuare se vi sianoaree che diano produzioni diffe-renti tra loro in termini quantitati-vi e qualitativi. Nel 2007 terminaanche la zonazione di collina perle varietà L. Grasparossa eMalvasia di Candia aromatica. 113311

PPIIAANNOO DDEEII CCOONNTTRROOLLLLIIIl Piano dei Controlli, attuato

dal Consorzio di Tutela rappre-senta una grande opportunitàper la nostra D.O.C., poiché ha lafunzione di tutelare la Denomi-nazione dai gravi comportamentiche la possono danneggiare e nelcontempo è uno strumento peraumentare la coesione tra i pro-duttori, valorizzare le D.O.C., gra-zie alla conoscenza approfonditae reale della filiera produttiva efornire maggiore chiarezza alconsumatore.

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• MMoonnttaallddoo GG..,, 22000011.. Il lambrusco, un vino dalle origini antiche,dal gusto moderno. CCIAA di Modena – Consorzio marchio stori-co dei lambruschi modenesi. Italgraf RE.113322

Per saperne di più…

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Portatori di una antica tradizione vitivinicola, che discendendo daiGreci, dagli Etruschi e dai Romani via via si snoda nei secoli fino aigiorni nostri , abbiamo sviluppato negli ultimi tempi una serie di isti-tuzioni, enti, consorzi che hanno come scopo la diffusione della cultu-ra del vino; però non solo vino ma anche gastronomia, arte, storia etradizione. Di seguito ne descrivo brevemente i più importanti.

AAssssoocciiaazziioonnee NNaazziioonnaallee CCiittttàà ddeell vviinnoo -- wwwwww..cciittttaaddeellvviinnoo..iittL’Associazione nazionale città del vino è nata nel 1987 e com-

prende oltre 500 comuni, che producono nel proprio territorio vini adenominazione di origine e “ che sono legate al vino per storia ,tradi-zione e cultura”. I compiti dell’associazione sono di tutelare e pro-muovere la qualità del vino e delle risorse ambientali, artistiche e sto-riche delle diverse città.

MMoovviimmeennttoo TTuurriissmmoo ddeell vviinnoo -- wwwwww..mmoovviimmeennttoottuurriissmmoovviinnoo..iittNato nel 1993 il movimento conta oggi circa 700 soci soprattutto

produttori; esso interessa 3,5 milioni di visitatori con un giro di affari di2,5 miliardi di e. Organizza con grande successo nell’ultima domenicadi maggio la manifestazione Cantine aperte, che nel 2003 ha coinvolto1 milione di enoturisti, e il 10 agosto di ogni anno Calici di stelle. In col-laborazione con le Città del vino promuove le strade del vino.

SSTTRRAADDEE DDEELL VVIINNOOLe strade del vino circa 80, di cui 12 nella nostra regione, sono regolate dalla legge 268/99, che

le definisce “percorsi segnalati e pubblicizzati con appositi cartelli, lungo i quali insistono valorinaturali, culturali e ambientali, vigneti e cantine di aziende agricole o associate aperte al pubbli-co”. Le strade del vino sono di antica memoria e tradizione, solo però negli ultimi decenni del seco-lo scorso, sia in Italia che all’estero, si sono diffuse nelle più importanti zone vitivinicole. Da questaclassi che strade si è passati alle attuali strade dei vini e dei sapori, che coinvolgono tutto il poten-ziale enogastronomico di un territorio.

In provincia l’iniziative è stata presa dell’Istituto Zanelli che tramite un progetto didattico hastudiato un percorso nella nostra pedocollina, realizzando la pubblicazione “Strada del vino dellecolline reggiane“, un plastico in scala del percorso e presentando lo studio ed i materiali in un con-vegno nel marzo del 1998. Da qui è nata la fase operativa con la realizzazione della “Strada deivini e dei sapori Colline di Scandiano e Canossa“, wwwwww..ssttrraaddaavviinniieessaappoorrii..rree..iitt ,di cui si alle-ga la cartina. È stata pure costituita la “ Strada dei vini e dei sapori delle Corti reggiane”.

EEnnootteeccaa IIttaalliiaannaa ddii SSiieennaa -- wwwwww..eennootteeccaa--iittaalliiaannaa..iitt

EEnnootteeccaa RReeggiioonnaallee ddeellll’’EEmmiilliiaa--RRoommaaggnnaa ddii DDoozzzzaa wwwwww..eennootteeccaaeemmiilliiaarroommaaggnnaa..iitt

di Rolando Valli

113344

La culturadella vite e del vinoAppendice A

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Da quanto sopra esposto si possono trarre le seguenti indicazioni. Innanzitutto l’evolversi delterreno non è facile da seguire e da interpretare, in quanto cambiano sia i metodi di analisi chele tecniche colturali. Senz’altro l’approfondimento delle lavorazioni e le notevoli somministra-zioni di concimi chimici, a cominciare dagli anni ’60, hanno aumentato il tenore in calcio del ter-reno, che di conseguenza ha accentuato l’alcalinità, e lo hanno arricchito di elementi nutritivi.Pertanto in diversi casi una corretta interpretazione delle analisi del terreno consiglierebbe dinon fare la concimazione chimica d’impianto.

I terreni agricoli della provin-cia di Reggio Emilia sono statianalizzati in diverse epoche, percui attualmente si dispone di unanotevole mole di dati: di seguitose ne riportano i più significativi.

1) Ai primi del ‘900 nei““PPrriimmii rriilliieevvii ppeerr llaa ccaarrttaaaaggrroonnoommiiccaa ddeellllaa pprroovviinncciiaaddii RReeggggiioo EEmmiilliiaa””, Compiutidall’Istituto Agrario nelle zone dipianura e di prima collina, si evi-denziava povertà di fosforo nellamedia pianura e nel “pianocolle”, una discreta dotazionepotassica in generale, ottimanella bassa e media pianura euna buona dotazione di ossido dicalcio, fatta eccezione per alcunelocalità del piano colle che eranocarenti.

2) Il Draghetti nel 1938 pub-blica uno studio sistematico deiterreni della provincia “LLaa ccaarrttaaggeeoo -- aaggrroonnoommiiccaa ddeellllaa ppiiaa--nnuurraa rreeggggiiaannaa”, dove sonoanalizzati ben 896 campioni diterreno nelle componenti fisico –meccaniche e chimiche. I terreni

presentano per la maggior partereazione neutra o lievementealcalina, sono sufficientementedotati in calcare attivo, ad ecce-zione dell’alta pianura dove sonopresenti terreni decalcificati. Sirilevano inoltre discrete disponi-bilità azotate (78% dei campio-ni), buone disponibilità di fosforo(81% dei campioni) e di potassio,modeste quantità di magnesio.

3) Il sottoscritto rielaboravale aannaalliissii ddii nn.. 559900 ccaammppiioonniidi terreno esaminati nei labora-tori della Montedison dal 1960 al1970. I terreni mostravano unareazione prevalentemente subalcalina, una sufficiente dotazio-ne in calcare, normale in azoto,buona di potassio, ma scarsa difosforo.

4) Negli anni ’90 le analisi di2601 campioni di terreno sonoriportati in tabella, da cui si rica-va che i terreni reggiani di pianu-ra hanno reazione (Ph) sub-alca-lino, sono dotati di calcare e ric-chi dei principali elementi nutriti-vi: azoto, fosforo e potassio.

di Rolando Valli

Evoluzionedei terreni della provincia Appendice B

Zona pH Calcare Sostanza Azoto Fosforo ass. Potassio ass.agraria attivo % organica % % ppm ppm

Bassa pianura 7,90 5,00 2,40 1,70 43 352Pianura di R.E. 7,80 3,80 2,60 1,60 48 297Collina 7,60 5,70 2,40 1,60 43 315Montagna 7,60 4,20 2,50 1,60 32 239

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Distribuzione provinciale deiprincipali vitigni reggiani

La cartina, realizzata dal Consorzio di tutela dei vini reggiani, mostra i territori comunali a maggiore concen-trazione per le principali varietà di vite presenti a Reggio Emilia. Per ogni varietà o gruppo di vitigni è eviden-ziata una linea che delimita tali comuni a maggiore densità, con la presenza aggiuntiva di almeno un grappolocolorato. Per l’Ancellotta si osservino i grappoli e la linea rossa, che mostra l’elevata diffusione del vitigno sugran parte della provincia. Per i lambruschi Marani e Salamino si notino la prevalente diffusione - linee verdi eblu - nella parte Nord-Orientale, e in un gruppo di comuni situati invece ad Ovest, posti in prossimità o a Suddella Via Emilia. Il L.Maestri e le altre uve nere, evidenziate dal colore marrone, hanno invece una tipica dislo-cazione nei primi rilievi collinari che sconfina nella pianura occidentale, sebbene vi siano anche due comuni,Boretto e Gualtieri, dove queste sono particolarmente concentrate. Le uve bianche, con areali differenti, si pon-gono tutte nella zona collinare: la Malvasia ha una maggiore concentrazione nei comuni ad Ovest della provin-cia, mentre la Spergola (e Sauvignon) si colloca principalmente nella fascia centro orientale dei rilievi.

Appendice C

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113377

Il tentativo di recupero evalorizzazione di alcuni vitigniautoctoni del reggiano, quasiscomparsi dall’attuale coltivazio-ne, è voluto e finanziato dalConsorzio per la tutela dei vini“Reggiano e Colli di Scandiano edi Canossa”, allo scopo di riam-mettere alla coltivazione vitignistoricamente presenti nel territo-rio che dimostrino dal punto divista fitopatologico, agronomicoe soprattutto enologico caratteri-stiche interessanti. L’effetto fina-le consisterebbe quindi in unampliamento della piattaformaampelografica della provincia diReggio Emilia e al contemponella salvaguardia del patrimoniogenetico locale. Questo progettosi inserisce in un discorso piùampio che mira a legare il pro-dotto vino al territorio e di con-seguenza alla tradizione locale,cercando di esaltare i nostri viniin qualità di prodotti tipici, unicie quindi non riproducibili al difuori del territorio reggiano.

Le fasi per la rivalutazione deivitigni autoctoni sono riassuntein tabella. Per tre varietà (eviden-ziate) si è giunti all’iscrizione acatalogo nel 2007.

I vitigni oggetto d’indagine,selezionati in base ad una primaricerca, sono i seguenti:LLaammbbrruussccoo BBeenneettttii NN..,,LLaammbbrruussccoo ddeeii VViivvii NN..,,LLaammbbrruussccoo BBaarrgghhii NN..,,LLaammbbrruussccoo ddaall PPiiccoollll RRoossss NN..,,LLaammbbrruussccoo ddii FFiioorraannoo NN..,,FFooggaarriinnaa NN..,, SSccoorrzzaammaarraa NN..,,TTeerrmmaarriinnaa NN..,, BBoorrddòò NN..,,

MMoorreettttiinnaa oo FFiilliippppiinnaa NN..,,OOcccchhiioo ddii ggaattttoo BB..

In particolare, il consorzio haincaricato il prof. Boselli M., ordi-nario di Viticoltura e i suoi colla-boratori Bandinelli R., Crovetti A.,Di Vecchi M., Mancuso S., MasiE., del dipartimento di ortofloro-frutticoltura dell’Università deglistudi di Firenze, di effettuare laddeessccrriizziioonnee aammppeellooggrraaffiiccaadelle varietà sopraindicate, ese-guita secondo i criteri e le moda-lità indicate dal codice interna-zionale OIV-IPGRI-UPOV.

Oltre alla descrizione ampe-lografica su detti vitigni sonostati eseguiti numerosi rilieviampelometrici; il metodo adotta-to per misurare il grado di dissi-milarità fra i genotipi è statoquello delle reti neurali artificiali.

Questo metodo all’avanguar-dia permette, in base alle nume-rose misurazioni delle foglie, direalizzare una vera e propriaimpronta digitale del vitigno chepermette quindi di riconoscerlo edi distinguerlo da altri.

Per approfondire la cono-scenza dei vitigni selezionati si èinoltre realizzata una aannaalliissiiggeennoommiiccaa (DNA), al fine di sma-scherare eventuali sinonimie oomonimie, e valutare eventualiparentele e affinità con altre cul-tivar di vite. A tal fine, sono statesottoposte alla stessa analisimolecolare, come confronto,numerose altri vitigni diffusi sulterritorio. Questo ha al contempopermesso di raggiungere un altroscopo importante: caratterizzare

di Matteo Vingione,Stefano Meglioraldi

Recenti acquisizionisui vitigni autoctoni Appendice D

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113388

FFAASSII PPEERR LLAA RRIIVVAALLUUTTAAZZIIOONNEE DDII VVIITTIIGGNNII AAUUTTOOCCTTOONNII RREEGGGGIIAANNII

AANNAALLIISSII CCOONN MMAARRCCAATTOORRII MMIICCRROOSSAATTEELLLLIITTII

SSiinnoonniimmiiee rriissccoonnttrraatteeBianca di Poviglio = Trebbiano toscanoBordo’ = CarmenereBalsamina = MarzeminoScorzamara Coviolo = L. grasparossa

da un punto di vista genetico lenostre varietà provinciali, fonda-mentale per un loro riconosci-mento internazionale e per latutela delle stesse. Per la primavolta, quindi, si applica l’analisidel DNA con marcatori microsa-telliti ai molteplici vitigni reggiani.In tale studio si sono analizzati 9loci microsatelliti, di cui 6 impie-gati a livello internazionale nel-l’ambito del progetto europeoGENRES 081; il lavoro è stato rea-lizzato da un gruppo di ricercatoricomposto da A. Schneider, D.Torello Marinoni, P. Boccacci, G.Gambino, R. Botta, dell’Istituto diVirologia Vegetale del CNR, Unitàdi Viticoltura di Grugliasco - TO -di cui è a seguito riportata la sin-tesi dei risultati ottenuti.

Le vvaalluuttaazziioonnii aaggrroonnoommii--cchhee dei vitigni indagati si sono

basate sui rilievi quanti-qualitati-vi delle piante individuate ese-guiti in collaborazione con M.Melotti dell’Istituto sperimentaleCISA “Mario Neri”; le indaginienologiche sono state attuatemediante mmiiccrroovviinniiffiiccaazziioonniidel CATEV di Faenza. A tali vinifi-cazioni, di cui è responsabile M.Simoni, seguiranno degustazioniad opera di “panel” composti daenologi esperti. Le valutazioni dicui sopra necessitano ancora dialcuni anni per fornire risultatiattendibili. Con i vitigni autoctoniin studio si sono realizzate bar-batelle, al fine di costituire unccaammppoo ddii ppiiaannttee mmaaddrrii. Daesso, una volta a maturità, sipotrà ricavare il legno per diffon-dere le varietà più interessanti aiviticoltori che le volesseroimpiantare.

Recentiacquisizionisui vitigniautoctoni

Nella pagina seguente:dendogramma ottenutodall’analisi cluster dei

profili di 9 loci microsatel-liti di vitigni del germo-plasma reggiano in basealla proporzione di alleli

condivisi (MetodoUPGMA: Unweighted

pair-group average), rea-lizzato dal gruppo diricerca del CNR-TO.

Appendice D

•• RRiicceerrccaa ddii vviittiiggnnii aauuttooccttoonnii..•• CCaarraatttteerriizzzzaazziioonnee aammppeelloo--

ggrraaffiiccaa::- descrittiva,- analisi con marcatori mole-

colari.•• VVaalluuttaazziioonnee ddeeggllii aassppeettttii

aaggrroonnoommiiccii..•• VVaalluuttaazziioonnee ddeeggllii aassppeettttii

eennoollooggiiccii..

•• CCrreeaazziioonnee ccaammppii ddii ppiiaanntteemmaaddrrii (saggi virologici edeventuale risanamenti).

•• IIssccrriizziioonnee aall ccaattaallooggoonnaazziioonnaallee ddeeii vviittiiggnnii cchheepprreesseennttaannoo ccaarraatttteerriissttiicchheeiinntteerreessssaannttii..

•• IInnsseerriimmeennttoo ddeeii vviittiiggnniiiiddoonneeii nneellllee lliissttee IIGGTT ee DDOOCC

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113399

I risultati ottenuti hanno messo in evidenza un’elevata variabilità genetica, consentendo didiscriminare ben 30 genotipi diversi. In base alla proporzione di alleli condivisi, che è un para-metro utile per valutare la matrice genetica comune, l’analisi “cluster” ha consentito di suddi-videre i 30 genotipi individuati in 55 ggrruuppppii, indicati con i numeri da 1 a 5 e mostrati in figura.

Il gruppo 1 è costituito dal solo vitigno Bordò, che è risultato nettamente dissimile da unpunto di vista genetico dalle restanti cultivar analizzate: si conferma pertanto l’estraneità ditale vitigno, identificato come il Carmenère di origine bordolese, al germoplasma di vite tipicodel territorio Reggiano.

Nel gruppo 3 è compresa la mmaaggggiioorr ppaarrttee ddeeii LLaammbbrruusscchhii che presentano dunqueelevata similarità genetica; anche la cultivar Fogarina si presenta geneticamente assai prossi-ma a questo gruppo di lambruschi, e in particolare al Marani, mentre l’Occhio di gatto, se purenon così simile, confluisce nello stesso insieme.

Alcuni lambruschi sono invece risultati geneticamente più distanti: il Lambrusco grasparossa (oScorzamara campo Coviolo) è stato infatti posizionato nel gruppo 4, insieme a Termarina, Doratadi Montericco, Bianca di Poviglio (Trebbiano toscano), Ancellotta, e Marzemino (o Balsamina).

Il Lambrusco Maestri ed il Lambrusco Montericco formano, con Malbo gentile, ScorzamaraNeviani, Uva Tosca e Fortana, il gruppo 5.

Diversi vitigni autoctoni oggetto di rivalutazione sono confluiti nel gruppo 2, composto dalLambrusco di Fiorano, Lambrusco dei Vivi, Morettina, Scorzamara Reggiani, Sgavetta, e Rossara.

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2 3 4 5

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114400

Sulla base delle considerazioni sui costi di impianto illustrati a pagina126 vengono di seguito riportati i costi dettagliati di allestimento dellastruttura e messa a dimora delle barbatelle.

di Claudio Corradi

Costi dettagliati diImpiantoAppendice E

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114422

CCAANNTTIINNAA DDII AALLBBIINNEEAA EE CCAANNAALLIIVIA TASSONI, 213 CANALI - 42100 REGGIO EMILIA Tel. 0522 569505 • wwwwww..aallbbiinneeaaccaannaallii..iitt

AAZZIIEENNDDAA AAGGRRIICCOOLLAA LLAA PPRROOVVVVIIDDEENNZZAAdi Meglioraldi StefanoBRAGLIE DI ROSSENA - 42026 CANOSSA (RE)Sede: VIA GAMBUZZI, 127 RIVALTA - 42100 REGGIO EMILIATel. 328 7692201 • wwwwww..llaapprroovvvviiddeennzzaavviinnii..iitt

AAZZIIEENNDDAA AAGGRRIICCOOLLAA MMAAZZZZII EE TTAASSSSEELLLLIIVIA MARTIRI, 30 - 42010 RIO SALICETO (RE)Tel. 0522 699219 - aallllmmeecc@@aallllmmeecc..119911..iitt

AAZZIIEENNDDAA AAGGRRIICCOOLLAA MMOORROOdi Rinaldini PaolaVIA A. RIVASI, 27 - 42049 CALERNO DI S. ILARIO D'ENZA (RE)Tel. 0522 679190 • wwwwww..rriinnaallddiinniivviinnii..iitt

AAZZIIEENNDDAA AAGGRRIICCOOLLAA RREEGGGGIIAANNAAdi Ferrari e ColorettiVIA E. ZACCONI 22/A BORZANO - 42020 ALBINEA (RE)Tel. 0522 591121 • wwwwww..aazziieennddaaggrriiccoollaarreeggggiiaannaa..ccoomm

AAZZIIEENNDDAA AAGGRRIICCOOLLAA VVEENNTTUURRIINNII BBAALLDDIINNIIVIA F. TURATI, 42 RONCOLO - 42020 QUATTRO CASTELLA (RE)Tel. 0522 887080 • wwwwww..vveennttuurriinniibbaallddiinnii..iitt

AAZZIIEENNDDAA PPRRAATTII VVIINNII ss..rr..ll..VIA N. CAMPANINI, 2/3 BORZANO - 42020 ALBINEA (RE)Tel. 0522 591123 • wwwwww..pprraattiivviinnii..iitt

CCAA'' DDEE MMEEDDIICCII ss..rr..ll..VIA DELLA STAZIONE, 34 CADE' - 42100 REGGIO EMILIA Tel. 0522 942141 • wwwwww..ccaaddeemmeeddiiccii..iitt

CCAANNTTIINNAA CCOOOOPPEERRAATTIIVVAA CCOOLLLLII DDII SSCCAANNDDIIAANNOO ss..cc..aa..VIA MUNARI, 2/1 PRATISSOLO - 42019 SCANDIANO (RE)Tel. 0522 857639 • wwwwww..vviinniissccaannddiiaannoo..iitt

CCAANNTTIINNAA SSOOCCIIAALLEE AARRCCEETTOO ss..cc..aa..VIA 11 SETTEMBRE 2001, 3 ARCETO - 42019 SCANDIANO (RE)Tel. 0522 989107 • wwwwww..ccaannttiinnaaddiiaarrcceettoo..iitt

Le cantine sociali ed i privatiiscritti al ConsorzioAppendice F

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114433

CCAANNTTIINNAA SSOOCCIIAALLEE CCEENNTTRROO DDII MMAASSSSEENNZZAATTIICCOO ss..cc..aa..VIA BEETHOVEN , 109/A MASSENZATICO - 42100 REGGIO EMILIA Tel. 0522 950500 • wwwwww..ccaannttiinnaammaasssseennzzaattiiccoo..iitt

CCAANNTTIINNAA SSOOCCIIAALLEE DDII CCAARRPPII ss..cc..aa..Sede: VIA CAVATA, 14 - 41012 CARPI (MO)Cantina di Rio Saliceto: VIA XX SETTEMBRE, 11/1342010 RIO SALICETO (RE)Tel. 0522 699110 • wwwwww..ccaannttiinnaassoocciiaalleeccaarrppii..iitt

CCAANNTTIINNAA SSOOCCIIAALLEE DDII GGUUAALLTTIIEERRII ss..cc..aa..VIA SAN GIOVANNI, 25 - 42044 GUALTIERI (RE) Tel. 0522 828579 • wwwwww..ccaannttiinnaassoocciiaalleegguuaallttiieerrii..iitt

CCAANNTTIINNAA SSOOCCIIAALLEE PPUUIIAANNEELLLLOO EE CCOOVVIIOOLLOO ss..cc..aa..Sede: VIA C. MARX, 19/A PUIANELLO - 42020 QUATTRO CASTELLA (RE)Cantina di Coviolo: VIA A. VOLTA, 12 COVIOLO - 42100 REGGIO EMILIATel. 0522 889120 • wwwwww..ccaannttiinnaappuuiiaanneelllloo..iitt

CCAANNTTIINNAA SSOOCCIIAALLEE DDII RROOLLOO ss..cc..aa..VIA ROMA, 118 - 42047 ROLO (RE) Tel. 0522 666139 • wwwwww..ccaannttiinnaarroolloo..iitt

CCAANNTTIINNAA SSOOCCIIAALLEE DDII VVEEZZZZOOLLAA ss..cc..aa..VIA PROVINCIALE SUD, 153 S. MARIA DELLA FOSSA42017 NOVELLARA (RE) Tel. 0522 657120 • wwwwww..ccaannttiinnaavveezzzzoollaa..iitt

CCAANNTTIINNAA SSOOCCIIAALLEE MMAASSOONNEE -- CCAAMMPPOOGGAALLLLIIAANNOO ss..cc..aa..Sede: VIA BACONE, 20 MASONE - 42100 REGGIO EMILIACantina di Gavassa: VIA FLEMING, 6 GAVASSA - 42100 REGGIO EMILIATel. 0522 340113 • wwwwww..ccaannttiinnaammaassoonneeccaammppooggaalllliiaannoo..ccoomm

CCAANNTTIINNAA SSOOCCIIAALLEE PPRRAATTOO DDII CCOORRRREEGGGGIIOO ss..cc..aa..VIA CONTRADA, 9 PRATO - 42015 CORREGGIO (RE) Tel. 0522 696134 • wwwwww..ccaannttiinnaapprraattoo..iitt

CCAANNTTIINNAA SSOOCCIIAALLEE DDII SS.. MMAARRTTIINNOO IINN RRIIOO ss..cc..aa..VIA ROMA, 123 - 42018 S. MARTINO IN RIO (RE) Tel. 0522 698117 • ccaannttiinnaassoocciiaalleeddiiss..mmaarrttiinnooiinnrriioo@@ttiinn..iitt

CCAANNTTIINNEE LLOOMMBBAARRDDIINNII ss..rr..ll..VIA CAVOUR, 15 - 42017 NOVELLARA (RE)Tel. 0522 654224 • wwwwww..lloommbbaarrddiinniivviinnii..iitt

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114444

CCAANNTTIINNEE CCOOOOPPEERRAATTIIVVEE RRIIUUNNIITTEE ss..cc..aa..Sede: VIA BRODOLINI, 24 - 42040 CAMPEGINE (RE)Cantina di Argine: VIA GRAMSCI, 13VILLA ARGINE - 42023 CADELBOSCO SOPRA (RE)Cantina di Campagnola:VIA GRANDE, 13/1 - 42012 CAMPAGNOLA (RE)Cantina di Correggio: VIA FOSDONDO - 42015 CORREGGIO (RE)Cantina di Luzzara: VIA XXV APRILE, 27 - 42045 LUZZARA (RE)Tel. 0522 905711 • wwwwww..rriiuunniittee..iitt

CCAANNTTIINNEE SSOOCCIIAALLII DDUUEE TTOORRRRII NNEELLLLAA VVAALL DD’’EENNZZAA ss..cc..aa..Sede: STRADA PER BARCO, 2/4 - 42027 MONTECCHIO EMILIA (RE)Punto vendita: VIA XXV APRILE OVEST, 2342049 SANT’ ILARIO D’ENZA (RE)Tel. 0522 864105 • wwwwww..ccaannttiinnaadduueettoorrrrii..iitt

CCAASSAALLII VVIITTIICCUULLTTOORRII ss..rr..ll..VIA DELLE SCUOLE, 7 PRATISSOLO - 42019 SCANDIANO (RE)Tel. 0522 855441 • wwwwww..ccaassaalliivviinnii..iitt

DDOONNEELLLLII VVIINNII ss..pp..aa..VIA DON MINZONI, 1 - 42043 GATTATICO (RE) Tel. 0522 908715 • wwwwww..ddoonneelllliivviinnii..iitt

FFAATTTTOORRIIEE FFEERRRRAARRIINNII ss..pp..aa..Cantina: VIA LUPO FARNETO, 1 CASOLA DI QUERCIOLA - VIANO (RE)Punto vendita: “LE CORTI DI FILIPPO RE” VIA MENOZZI, 29/APUIANELLO - 42020 QUATTRO CASTELLA (RE)Tel. 0522 9321 • wwwwww..ffeerrrraarriinnii..iitt

LLIINNII OORREESSTTEE && FFIIGGLLII ss..pp..aa..VIA VECCHIA CANOLO, 7 - 42015 CORREGGIO (RE) Tel. 0522 690162 • wwwwww..vviinniilliinnii..iitt

MMEEDDIICCII EERRMMEETTEE && FFIIGGLLII ss..rr..ll..VIA NEWTON, 13/A GAIDA - 42100 REGGIO EMILIA Tel. 0522 942135 • wwwwww..mmeeddiiccii..iitt

NNUUOOVVAA CCAANNTTIINNAA SSOOCCIIAALLEE DDII CCOORRRREEGGGGIIOO ss..cc..aa..VIALE REPUBBLICA, 21 - 42015 CORREGGIO (RE) Tel. 0522 692330 • wwwwww..ccaannttiinnaaddiiccoorrrreeggggiioo..iitt

Le cantinesociali ed iprivatiiscritti alConsorzio

Appendice F