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A cura di: Gianni Bisogno Giovanni Cecchetto Paola Collini Paolo Indolfi Luigi Piva Referente: Paolo Indolfi Tel: 081/5665410 e-mail: [email protected] Versione 2.0 Marzo 2008

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A cura di: Gianni Bisogno

Giovanni Cecchetto

Paola Collini

Paolo Indolfi

Luigi Piva

Referente: Paolo Indolfi

Tel: 081/5665410

e-mail: [email protected]

Versione 2.0 Marzo 2008

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TREP – Carcinoma del rene

Indice

1.0 Background pag. 1

1.1 Aspetti clinici pag. 1

1.2 Aspetti isto-patologici pag. 2

1.2.1 Clasificazione dei carcinomi renali pag. 4 1.2.2 I carcinomi a cellule renali pag. 4 1.2.3 Carcinoma a cellule renali familiare pag. 5 1.2.4 Classificazione dei carcinomi renali WHO 2004 pag. 6 1.2.5 Stadiazione pag. 7 1.2.6 Grading pag. 7

1.3 Terapia pag. 7

2.0 Studio retrospettivo AIEOP pag. 10

3.0 Linee guida diagnostico terapeutiche pag. 11

3.1 Indagini strumentali pag. 11

3.2 Trattamento pag. 12

4.0 Programmazione terapeutica in funzione dello stadio pag. 16

Appendice 1- Modalità di centralizzazione pag. 17

Appendice 2- Stadiazione secondo Robson pag. 19

Appendice 3 – Grading citologico secondo Furhman pag. 19

Appendice 4 – Classificazione clinica TNM-UICC 1997pag. 20

Appendice 5 – Analisi Molecolare pag. 21

5.0 Bibliografia pag. 22

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CARCINOMA DEL RENE

1.0 BACKGROUND

Il Carcinoma renale (Renal Cell Carcinoma, RCC) è una neoplasia

maligna che deriva dalle cellule epiteliali tubulari, tipica degli adulti dove

rappresenta il 2-3% di tutte le neoplasie maligne (1). Il RCC è molto raro in

età pediatrica dove rappresenta solo lo 0.1% di tutte le neoplasie maligne

ed il 2-6% delle neoplasie renali (2). Dal 1986 sono stati pubblicati circa

160 casi ben documentati (3,4).

La prognosi del RCC in età pediatrica è buona negli stadi localizzati, ma,

ancora oggi, sono controversi i risultati nei pazienti con interessamento

linfonodale o, ancor peggio, con metastasi a distanza. In uno studio

condotto su 84 bambini la sopravvivenza attuariale è stata del 60% a 2 anni

e del 56% a 5 anni (5).

Il trattamento, considerata la rarità di tale neoplasia, non è ancora ben

codificato. La chirurgia rappresenta sicuramente la terapia di elezione. Meno

chiaro è il ruolo della radioterapia o dei modificatori della risposta biologica,

mentre la chemioterapia ha mostrato una minima attività.

1.1 Aspetti clinici

Il RCC in età pediatrica si osserva di solito in soggetti di terza infanzia,

con un’età media osservata di 9 anni (6). Di converso, il tumore di Wilms è

diagnosticato di solito in bambini di età inferiore ai 5 anni. Nei bambini non

esiste una predilezione per il sesso maschile, come si verifica nell’adulto.

Contrariamente all’adulto in cui il RCC si manifesta con la classica triade

sintomatologica (dolore, ematuria, massa), nella maggior parte dei casi

pediatrici è presente uno solo di questi sintomi. Solo in una minoranza di

casi, contrariamente a quanto si verifica nel tumore di Wilms, la massa

addominale rappresenta il sintomo di esordio di un RCC. I fenomeni

paraneoplastici, comuni nell’adulto (7), sono di infrequente riscontro in età

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pediatrica, come è rara una sintomatologia di esordio legata ad un’infezione

aspecifica o a metastasi a distanza.

Anche se la maggior parte delle neoplasie renali sono sporadiche il RCC è

stato associato, soprattutto in casistiche di adulti, alla sclerosi tuberosa (8)

o alla malattia di von Hippel Lindau (9).

L’associazione tra RCC e malattia di von Hippel Lindau, anche se rara in età

pediatrica, sembra essere associata ad una prognosi più favorevole (10)

Talvolta il RCC può insorgere su malformazioni congenite.

La diagnosi differenziale si pone essenzialmente con il tumore di Wilms

anche se la diversa età d’insorgenza, le dimensioni della massa all’imaging,

la presenza di dolori addominali o al fianco, associati o meno ad ematuria

macroscopica, possono orientare la diagnosi.

Questa neoplasia può percorrere tutte le vie di diffusione conosciute:

- localmente tende ad ingrandirsi invadendo progressivamente da un lato la

pelvi renale e dall’altro la capsula renale, poi il grasso perirenale ed infine

gli organi e le strutture adiacenti. Anche i tumori ben differenziati non

possiedono una vera e propria capsula, ma hanno piuttosto una

pseudocapsula composta dal parenchima circostante compresso e da

tessuto fibroso reattivo.

- per via linfatica interessa sia i linfonodi dell’ilo renale che quelli

paraaortici, fino ad arrivare, passando sotto i pilastri del diaframma, a quelli

mediastinici e sovraclaveari. I linfonodi iliaci possono essere interessati

soprattutto nei tumori del rene destro.

- la notevole tendenza a diffondere attraverso la via ematica è confermata

dal frequente riscontro di trombosi neoplastica venosa. I trombi neoplastici

iniziano nelle vene intrarenali e si estendono progressivamente alla vena

renale, alla cava inferiore fino a raggiungere l’atrio destro.

L’interessamento metastatico a distanza coinvolge con maggior frequenza il

polmone, i linfonodi mediastinici e le ossa. Altri possibili siti di metastasi,

molto più rari, sono il fegato, il diaframma, la cute, la pleura, il SNC ed il

midollo.

1.2 Aspetti isto-patologici

• I tumori epiteliali maligni (carcinomi) del rene sono molto rari in età

pediatrica, rappresentando meno dello 0,1% delle neoplasie maligne

pediatriche.

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• L’età mediana di insorgenza è 9-10 anni

• In caso di tumore renale in un paziente con età dai 9 anni in poi, il

carcinoma renale diventa più probabile e va tenuto in considerazione

nella diagnosi differenziale rispetto a tumori come il nefroblastoma

• Bisogna tenere sempre presente che le neoplasie renali del gruppo

nefroblatoma - carcinoma a cellule renali - adenoma metanefrico

possono essere eterogenee. Esistono casi in cui si ha coesistenza di

nefroblastoma e carcinoma a cellule renali, e che in alcuni casi diventa

molto difficile distinguere fra un carcinoma a cellule renali, un

nefroblastoma ed un adenoma metanefrico, che in certi casi possono

essere anche coesistenti (Muir et al, Am J Surg Pathol 25:1290-

1296,2001)

• Questo è particolarmente da sottolineare nel caso in cui si tenti un

approccio diagnostico preoperatorio con agobiopsia o un accertamento

intraoperatorio, che esaminano solo una parte della neoplasia, non

sempre rappresentativa di tutta la massa neoplastica. (APPENDICE 1)

• L’approccio chirurgico contenuto nel Protocollo AIEOP TW 2003 è comune

per tutte le neoplasie renali pediatriche, indipendentemente dall’istotipo,

e non prevede l’accertamento preoperatorio dell’istotipo, se non in casi

selezionati. Ciò comporta per il patologo la necessità di un

campionamento che consenta la diagnosi istologica e la stadiazione di

tutti i tipi di neoplasia renale. Questo è lo spirito con cui sono state

redatte le istruzioni per l’esame macroscopico ed il campionamento

contenute nel Protocollo TW 2003, che sono indipendenti dall’istotipo

della neoplasia, e che sono pertanto applicabili anche alle nefrectomie

per carcinoma renale.

• La classificazione dei carcinomi renali seguita è la Classificazione

WHO 2004, che tiene conto di aspetti patologici e genetici

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• Ai carcinomi a cellule renali si applica la gradazione di Fuhrman

(11) e la stadiazione di Robson (12) (Appendice 1).

1.2.1 Classificazione dei carcinomi renali (30)

I carcinomi renali primitivi comprendono:

- i carcinomi a cellule renali

- i carcinomi neuroendocrini

- i carcinomi uroteliali della pelvi renale

Verranno trattati in questa sezione i carcinomi a cellule renali (31-34),

mentre per i carcinomi neuroendocrini ed i carcinomi uroteliali si rimanda

alle sezioni di anatomia patologica dei relativi protocolli.

1.2.2 I carcinomi a cellule renali

Le conoscenze in fatto di classificazione istopatologica, graduazione,

stadiazione, storia naturale e prognosi dei carcinomi del rene in età

pediatrica sono in gran parte mutuate dagli studi su casistiche di adulti, e

fino a pochi anni fa la classificazione dei carcinomi del rene pediatrico era

praticamente sovrapponibile a quella dell’adulto.

Rispetto all’adulto sono oggi note alcune importanti differenze:

- sono più frequenti le forme papillari

- è meno frequente la forma a cellule chiare con -3p in assenza di

predisposizione genetica, tipo la sindrome VHL, peraltro rara in età

pediatrica

- grazie agli studi genetico-molecolari resi possibili anche dalle raccolte di

materiale nei gruppi di studio ed alla disponibilità di tecniche sempre più

sofisticate, negli ultimi anni sono emerse diversità a livello genetico-

molecolare e morfologiche caratterizzanti un gruppo di carcinomi,

denominati ‘carcinomi con translocazione Xp11.2’ (Argani et al, Am J

Pathol 159:179-192, 2001; Argani et al, Am J Surg Pathol 26:1553-1556,

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2002; Bruder et al, Am J Surg Pathol 28:117-1132, 2004), tipici dell’età

infantile e del giovane adulto. Questi nuovi istotipi sono inclusi nella

nuova Classificazione WHO del 2004.

- Il carcinoma a cellule renali può essere associato a nefroblastoma ed

adenoma metanefrico (Muir et al, Am J Surg Pathol 25:1290-

1296,2001)

1.2.3 Carcinoma a cellule renali familiare

- sindrome di von Hippel-Lindau: carcinomi a cellule renali a cellule

chiare multipli e bilaterali, e cisti renali. Il coinvolgimento del gene VHL è

raro in età pediatrica.

- raramente in pazienti con sclerosi tuberosa

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1.2.4 Classificazione dei carcinomi renali WHO 2004 (29)

Caratteristiche morfologiche Caratteristiche

genetiche

Carcinoma a cellule renali

a cellule chiare citoplasma chiaro e/o eosinofilo;

vimentina +

CD10+

-3p, VHL

papillare

tipo 1 CK7 ++ +7,+17,-Y

tipo 2 CK7 + +7,+17,-Y

a cellule cromofobe

classico Vimentina –

Hale +

Varie alterazioni

variante eosinofila Vimentina –

Hale +

Varie alterazioni

non classificato

Carcinoma dei dotti collettori di Bellini

classico HMW-CKs+ Varie alterazioni

varianti

Carcinoma della midollare renale

Carcinoma con traslocazione Xp11.2 / TFE3

PRCC-TFE3 TFE3+ Gene di fusione

PRCC-TFE3

ASPL-TFE3 TFE3+ Gene di fusione

ASPL-TFE3

Carcinoma associato a neuroblastoma

Carcinoma mucinoso tubulare e a cellule fusate

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1.2.5 Stadiazione

- Il fattore prognostico più importante nel carcinoma a cellule renali è lo

stadio, seguito dal grado.

- Al carcinoma a cellule renali in età pediatrica si applica la Stadiazione

patologica di Robson (Appendice 2)

- La Classificazione TNM dei Tumori Maligni più recente è la 6° Edizione del

2002, che prevede un cut-off di 7 cm fra pT1 e pT2. Questo cut-off è

però oggetto di sempre maggiori critiche, perchè pare che la misura

prognosticamente più valida sia in realtà 4 cm. Nel caso dei carcinomi a

cellule renali pediatrici la classificazione TNM non viene considerata ai

fini del trattamento. Per fini di studio devono comunque essere riportati

nella diagnosi istopatologica tutti i parametri che consentono di

effettuare una corretta classificazione TNM, che verrà paragonata alla

Classificazione di Robson.

1.2.6 Grading

- Al carcinoma a cellule renali si applica il grading nucleare di Fuhrman,

articolato su 4 gradi (Appendice 3)

1.3 Terapia

Chirurgia La resezione completa della neoplasia al momento dell’intervento

chirurgico iniziale, rappresenta l’evenienza più favorevole sotto il profilo

prognostico. Pertanto la nefrectomia radicale, cioè l’asportazione in unico

blocco del rene, del grasso perirenale e del surrene omolaterale

(nefrectomia extrafasciale) rappresenta sicuramente il trattamento di

elezione in tutti casi di RCC.

Ancora oggi però non è ben chiaro, in rapporto alle casistiche pediatriche

pubblicate, se la nefrectomia, negli stadi 2, debba prevedere anche la

linfoadenectomia regionale, intendendo con essa l’asportazione dei linfonodi

regionali dai pilastri del diaframma alla biforcazione aortica e, per i tumori

del rene destro, anche dei linfonodi iliaci comuni omolaterali (13,14). E’

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comunque opportuno eseguire sempre una campionatura bioptica dei

linfonodi regionali anche se macroscopicamente normali e l’asportazione di

tutti quelli ingrossati. Studi recenti, condotti sugli adulti, hanno ipotizzato la

possibilità, in casi selezionati di RCC, cioè con lesioni polari <4cm e con

rene controlaterale indenne, di eseguire una nefrectomia parziale. In uno

studio, condotto su 50 pazienti adulti, sono state eseguite 65 nefrectomie

parziali e, tra essi si è sviluppata una sola recidiva metastatica in un

paziente che aveva, all’esordio, una neoplasia di 4.5 cm. Alle stesse

conclusioni sono giunti anche altri studi, sempre condotti su adulti,

recentemente pubblicati (15-18).

In età pediatrica la rarità di questa neoplasia e la conseguente mancanza di

casistiche numericamente adeguate sconsiglia, a tutt’oggi, se non in casi

particolari, quest’ultimo approccio terapeutico.

Una nefrectomia con linfoadenectomia regionale è imperativa in tutti i casi

nei quali l’imaging pre-chirurgico ha evidenziato un coinvolgimento

linfonodale o una biopsia linfonodale estemporanea ha confermato

un’infiltrazione locale.

La letteratura pediatrica al riguardo, anche se su casistiche non ampie,

sembrerebbe avvalorare tale condotta terapeutica: 5/6 stadi 3B vivi e liberi

da malattia nell’esperienza di Carcao (19).

La chirurgia, infine, riveste un ruolo importante nel trattamento delle

metastasi uniche o comunque confinate ad un singolo organo o apparato.

Secondo l’esperienza dell’Istituto tumori di Milano, su pazienti adulti, la

metastasectomia eseguita in pazienti con localizzazioni metacrone insorte

almeno due anni dopo il trattamento della neoplasia primitiva è in grado di

consentire una sopravvivenza libera da malattia a 5 anni in oltre il 30% dei

casi (20).

Chemioterapia Il RCC è considerato un tumore chemioresistente, con tassi di risposta

per i singoli chemioterapici che varano dal 4 al 6%. In casistiche pediatriche

retrospettive sono stati utilizzati farmaci attivi nel tumore di Wilms, senza

alcuna efficacia (24 nel nostro studio retrospettivo), come anche,

nell’adulto, sono stati impiegati la vinblastina (con risposte comunque non

superiori al 5% negli studi più recenti) e la floxuridina. Promettente è

risultata l’infusione continua di fluxorudina (21,22). Hrushesky, per primo,

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partendo da studi sperimentali sul ratto e dalla dimostrazione che la

risposta agli antiblastici varia nell’arco del giorno come risultato

dell’interazione della cinetica cellulare, della farmacocinetica e dei ritmi

endocrini e immunologici circadiani, ha utilizzato la fluxorudina (FUDR) per

infusione mediante pompa portatile. Tale regime di somministrazione ha

permesso di ottenere percentuali di risposta globale pari al 20%, con il 7%

di remissioni complete (23).

Un altro studio, nello stesso tipo di pazienti, ha utilizzato il trapianto

allogenico, non mieloablativo, di cellule staminali (24-26).

Radioterapia Il ruolo della radioterapia post-operatoria non è ancora ben chiaro. In

uno dei pochi studi condotti in età pediatrica tale trattamento è sembrato

essere efficace nei pazienti con coinvolgimento linfonodale alla diagnosi: 5/6

vivi, senza malattia a 5 anni (7).

Nell’adulto il ruolo della radioterapia nel trattamento del carcinoma renale è

praticamente limitato alla terapia palliativa delle metastasi ossee e di quelle

cerebrali. Alcuni autori utilizzano la radioterapia postoperatoria, sulla loggia

renale, nell’intento di prevenire o diminuire l’incidenza delle recidive locali.

Non esiste però alcuno studio recente che confermi, anche nei pazienti con

malattia avanzata, l’efficacia di questo trattamento.

Immunoterapia Diversi trials hanno dimostrato, soprattutto nell’adulto, l’attività, nel

RCC avanzato, dei modificatori della risposta biologica quali l’Interferone α

(IFN) (27) o l’Interleukina 2 (IL) a dosi elevate (28). Sono stati riportate

difatti tassi di risposta variabili dal 3 al 30%, con alcune risposte durature.

Non c’è però, a tutt’oggi, un consenso unanime sul loro impiego e poco può

essere detto per l’età pediatrica, considerato il limitato numero di pazienti

trattati.

Lo schema di trattamento più utilizzato è il seguente:

Interferone 2α: 3.000.000 IU/mq/3 volte alla settimana sottocute per 6

mesi (se ben tollerato il dosaggio può essere elevato fino a 9.000.000

IU/mq)

Interleukina- 2: 3.000.000 IU/mq/ die sottocute per 5 giorni � 9 giorni di

sospensione, per 6 mesi (se ben tollerato il dosaggio può essere elevato fino

a 6.000.000 IU /mq).

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I due farmaci sono stati anche utilizzati in associazione (Atzpodien et al.

Lancet 335:1509-12,1990), con discreti risultati, in pazienti adulti, affetti da

carcinoma renale metastatico (14% CR e 21% PR), anche se tali dati

sembra che non siano stati riprodotti successivamente.

Il piano di trattamento prevedeva:

IL-2: 9.000.000 IU/mq ogni 12 ore sottocute, per 2 giorni

Successivamente:

IL-2 1.8 milioni IU/mq ogni 12 ore sottocute gg 1-5

+ IFN 2α: 5.000.000 IU/mq sottocute o per via intramuscolare gg 1-3-5

Anche l’impiego dei modificatori della risposta biologica, utilizzati a dosi

convenzionali, non sembra aver dato alcun risultato nei pazienti metastatici.

Sono necessari pertanto, per questa fascia di pazienti, approcci terapeutici

innovativi, quali, ad esempio, l’infusione continua di Interleukina 2 (28).

Trapianto di midollo L’attività degli immunomodulatori contro il RCC ha portato alcuni ricercatori ad

utilizzare il trapianto di midollo allogenico da familiare compatibile nella speranza di

promuovere una graft versus tumor. I risultati sono al momento incoraggianti. Childs

et al. hanno riportato 15 risposte maggiori in 33 pazienti affetti da RCC metastatico

dopo trapianto non mieloablativo (25). Da notare che in alcuni pazienti è stata

raggiunta una remissione completa duratura. Un’esperienza simile è stata riportata,

con un approccio simile, da Rini et al. con 33% di risposte parziali in 12 pazienti (26).

2.0 STUDIO RETROSPETTIVO AIEOP

Tra Gennaio 1973 e Gennaio 2001 sono stati osservati, in 11 centri

AIEOP, 41 pazienti, 18 maschi e 23 femmine, di età compresa tra 18 e 215

mesi (mediana 124 mesi), affetti da RCC.

Allo studio hanno collaborato 18 centri AIEOP che hanno osservato, nello

stesso periodo, 1096 neoplasie renali maligne, determinando un’incidenza di

RCC, nella popolazione studiata, del 3.7%.

Alla diagnosi una massa addominale era apprezzabile in 9 pazienti, ematuria

macroscopica in 12 e dolori addominali in 17 pazienti. Sei pazienti (14.6%)

hanno presentato, all’esordio, fenomeni paraneoplastici. In due pazienti la

neoplasia è esordita con una sintomatologia aspecifica: distress respiratorio

e sintomatologia neurologica, rispettivamente. In 3 pazienti la neoplasia era

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insorta su una condizione clinica preesistente: tetralogia di Fallot, rene a

ferro di cavallo e tiroidite, rispettivamente.

In rapporto al sistema classificativo proposto i 41 pazienti sono stati

suddivisi in 18 casi stadio 1 (43.9%), 1 stadio 2 (2.4%), 2 stadio 3A

(4.8%), 10 stadio 3B (24.3%) e 9 stadio 4 (21.9%). Un solo paziente aveva

una neoplasia bilaterale. I siti metastatici di più frequente riscontro sono

risultati il polmone, i linfonodi mediastinici e l’osso. Molto più rare le

localizzazioni al fegato, alla cute, al diaframma ed al SNC.

La nefrectomia alla diagnosi, è stata eseguita in 35 pazienti ed in 15 di essi

è stata associata una linfoadenectomia regionale. In 5 pazienti in stadio 4 è

stata eseguita una biopsia diagnostica, sul tumore primitivo (2 casi) o sulle

lesioni metastatiche (3 casi). In 12 pazienti la chirurgia è stata preceduta da

una chemioterapia pre-operatoria, senza ottenere beneficio aggiuntivo

sull’outcome della malattia. La radioterapia è stata erogata in 3/10 pazienti

stadio 3B senza che vi sia stata una ripresa locale di malattia, mentre nei 7

pazienti non irradiati si sono verificate due recidive epatiche. Sono deceduti

i 4 pazienti stadio 4 che erano stati irradiati.

Anche l’immunoterapia sembra essere efficace nella terapia adiuvante degli

stadi 3: 5/7 pazienti trattati con IFN e/o IL-2, sono vivi e liberi da malattia,

mentre 4/5 pazienti trattati con chemioterapia sono recidivati.

Infine, anche il nostro studio conferma la pessima prognosi dei pazienti

stadio 4: 10 casi, tutti deceduti, nonostante il trattamento (chirurgia,

radioterapia, chemioterapia, immunoterapia).

Attualmente 23 pazienti (56%) sono vivi e liberi da malattia. Un solo

paziente è vivo con malattia. Quindici pazienti (36.5%) sono deceduti: 13

per progressione di malattia, uno per LMA secondaria ed uno per overdose,

in remissione completa, a 22 anni dalla diagnosi.

3.0 LINEE GUIDA DIAGNOSTICO-TERAPEUTICHE

3.1 Indagini strumentali

• Ecografia addome + TAC/RMN addominale: indispensabili per una

misurazione volumetrica della massa, dell’eventuale grado di

colliquazione, dell’invasione vascolare e/o dei linfonodi regionali, della

eventuale presenza, anche se rara, di metastasi epatiche.

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• Xgrafia convenzionale del torace + TAC del torace: quest’ultima

rappresenta la tecnica di scelta per evidenziare eventuali lesioni

ripetitive a carico del parenchima polmonare, organo bersaglio molto

frequente nel RCC.

• Scintigrafia ossea: le ossa rappresentano, nel RCC, un apparato di

frequente localizzazione della malattia.

• TAC cranio: anche se rare, le localizzazioni a carico del SNC,

rappresentano un possibile sito di metastatizzazione

• Agoaspirato midollare + Biopsia osteo-midollare: anche se rara in

età pediatrica, la localizzazione al midollo è spesso segnalata nell’adulto,

soprattutto nei pazienti con malattia avanzata. E’ consigliata pertanto

una valutazione in tal senso nei soggetti con stadio 3 o 4.

Nota: per ogni paziente con Carcinoma Renale nella variante a Cellule

chiare va eseguita una valutazione clinica e genetica per possibili sindromi

associate, in particolare per la sindrome di von Hippel Lindau (Appendice

5)

3.2 Trattamento

Chirurgia La nefrectomia radicale rappresenta il momento

diagnostico/terapeutico fondamentale in tutti i casi di RCC. La nefrectomia

dovrebbe essere condotta con le stesse regole di radicalità indicate per il t.

di Wilms: del resto può accadere che il riscontro di ca. renale sia solo

all’esame istologico, dopo l’intervento.

Una resezione completa è in grado, da sola, di garantire la guarigione.

L’intervento, di regola, viene effettuato attraverso una laparotomia

trasversale sovraombelicale con accesso transperitoneale e prevede, oltre

alla nefrectomia anche la surrenectomia e l’asportazione del grasso

perirenale. Altra via di accesso accettata è la longitudinale mediana

transperitoneale.

La necessità di impedire il distacco e la messa in circolo di micro o

macroemboli neoplastici, oltre che diminuire il sanguinamento

intraoperatorio, impone l’aggressione preliminare del peduncolo renale,

legando prima l’arteria e poi la vena. La trombosi neoplastica cavale, se

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estesa sopra lo sbocco delle vene sovraepatiche o addirittura all’atrio

destro, richiede un approccio chirurgico in circolazione extracorporea (CEC);

se intraepatica richiede il controllo dell’ilo epatico e della cava sopra e sotto

epatica: se sotto epatica è sufficiente il controllo della cava sopra e sotto

renale e delle vene renali, ricordando che la vena renale sinistra ha tre vie

di fuga: la surrenale, la vena gonadica e, soprattutto, la seconda vena

lombare.

Una chirurgia conservativa è ammissibile solo nei pazienti con rene unico o

con tumore bilaterale per evitare il successivo trattamento dialitico cronico

Chirurgia dei linfonodi regionali In considerazione del ruolo fondamentale del chirurgo nel controllo

locale della malattia la chirurgia dei linfonodi regionali rappresenta un

momento importante della procedura chirurgica.

1) Biopsia linfonodale: E’ necessario eseguire sempre una campionatura

bioptica dei linfonodi regionali, anche se normali all’imaging, e

l’asportazione di quelli che appaiono ingrossati all’intervento. Si raccomanda

di eseguire sempre un esame estemporaneo dei linfonodi biopsiati (o

asportati), poiché, se invasi, è necessario procedere nella stessa seduta alla

linfoadenectomia regionale.

2) Linfoadenectomia: La linfoadenectomia di principio è raccomandata in

tutti i casi in cui l’imaging preoperatoria dimostri invasione linfonodale o

invasione della vena renale o della cava (stadio 3)

Il paziente dovrà essere rioperato per eseguire linfoadenectomia nei casi in

cui:

a) la valutazione estemporanea dei linfonodi biopsiati non sia possibile e

questi risultano invasi all’esame istologico definitivo.

b) L’esame istologico sul rene asportato dimostra invasione della capsula

renale (stadio 2).

Chirurgia nei pazienti con metastasi (Stadio IV) La nefrectomia extrafasciale con linfoadenectomia regionale e

contemporanea metastasectomia è indicata in presenza di metastasi uniche

o comunque interessanti un singolo organo o apparato (max due

metastasi).

Nei pazienti con metastasi multiple la nefrectomia riveste principalmente un

ruolo palliativo (sembra prolungare di alcuni mesi la sopravvivenza) o,

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TREP – Carcinoma del rene

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molto teoricamente, può avere uno scopo cito-riduttivo nell’intento di

aumentare la responsività alla successiva terapia sistemica.

La nefrectomia all’esordio, in pazienti metastatici, è consigliata a meno che

non si esponga il paziente ad alto rischio di morbilità o mortalità post-

operatoria. Uno studio randomizzato, condotto su 83 pazienti adulti,

pubblicato recentemente, ha focalizzato i diversi vantaggi che deriverebbero

da tale approccio terapeutico tra cui il potenziale miglioramento del

performance-status del paziente ed una più alta probabilità di risposta alla

successiva immunoterapia.

N.B. Non va trascurata la difficoltà nel proporre delle linee guida chirurgiche

per una patologia in cui è necessario mutuare l’esperienza consolidata dei

chirurghi dell’adulto con l’esperienza dei chirurghi pediatri, più esperti in

tumori propri dell’età pediatrica

Radioterapia E’ molto meno chiaro il ruolo della radioterapia. In rapporto agli studi

pubblicati nell’adulto ed all’esiguità delle casistiche pediatriche si lascia alla

discrezione del centro curante l’eventuale impiego della radioterapia post-

chirurgica nei pazienti in stadio 3. L’eventuale trattamento da erogare

potrebbe prevedere un dosaggio globale di 30-40 Gy in frazioni giornaliere

di 150 cGy.

Immunoterapia Nei pazienti in stadio avanzato (II, III e IV) si suggerisce la

somministrazione di:

Interleukina- 2:

3.000.000 IU/mq/die sottocute per 5 giorni seguita da 9 giorni di

sospensione a cicli consecutivi per 6 mesi complessivi

(se ben tollerato il dosaggio può essere elevato fino a 6.000.000

IU/mq/die.

Altri farmaci

Background

La pessima prognosi dei pazienti affetti da RCC Stadio IV, nonostante

l’impiego dell’Immunoterapia ed, in alcuni casi, del Trapianto di cellule

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TREP – Carcinoma del rene

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staminali non mieloablativo, impone la necessità di proporre ulteriori

raccomandazioni di strategia terapeutica in rapporto alle ultime evidenze

della letteratura, anche se riferite ad una popolazione adulta.

E’ stato dimostrato che alterazioni genetiche nei RCC sono responsabili

di elevati livelli di ipossia con conseguente iperespressione dei fattori di

crescita vascolare endoteliale (VEGF) e di derivazione piastrinica (PDGF). Tali

fattori di crescita promuoverebbero l’angiogenesi tumorale contribuendo alla

ipervascolarizzazione dei RCC. In rapporto a tale considerazione l’impiego di

inibitori di tali fattori di crescita potrebbe inibire la progressione tumorale.

Sono già diversi gli studi riportati nell’adulto relativamente all’impiego di tali

farmaci nei RCC avanzati e tra essi il Sunitinib ed il Sorafenib sembrano aver

mostrato una maggiore efficacia. Un recente studio sull’uso del Sorafenib

avrebbe dimostrato, in questi pazienti, una migliore sopravvivenza libera da

progressione rispetto al placebo ma un minor numero di risposte parziali

rispetto al Sunitinib.

I farmaci vanno somministrati come segue:

Sorafenib (35-38) 400 mg/die associato ad IFN α-2b (secondo schema

già riportato) o IFN α-2b pugilato (1.5 microg/kg/settimana s.c.), entrambi i

farmaci per 6 mesi consecutivi

N.B. Riduzioni o sospensione temporanea in rapporto all’eventuale grado

di tossicità registrata

In alternativa, o in caso di insuccesso, SUNITINIB: (39-42) 50 mg/die

per 4 settimane seguite da 2 settimane di intervallo, associato o meno ad IFN

α-2b.

Trapianto allogenico

Trapianto di cellule staminali non mieloablativo (se donatore

compatibile) in caso di non risposta/non operabilità della massa residua.

Note: Poiché i farmaci consigliati sono indicati in letteratura per

pazienti adulti, prima di iniziare il trattamento si consiglia di contattare il

referente

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TREP – Carcinoma del rene

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4.0 Programmazione terapeutica in funzione dello stadio

(vedi tabella allegata)

Stadio 1: nefrectomia radicale con estemporanea biopsia linfonodale (chirurgia

conservativa solo in caso di rene unico o tumore bilaterale)

Stadio 2-3: nefrectomia radicale con linfoadenectomia regionale (chirurgia

conservativa solo in caso di rene unico o tumore bilaterale)

seguita da IL-2 (secondo lo schema sopra riportato)

Stadio 4: nefrectomia radicale con linfoadenectomia regionale

SORAFENIB + IFN α-2b/SUNITINIB

Trapianto di midollo (se familiare compatibile) in caso di non

risposta/non operabilità della malattia residua

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TREP – Carcinoma del rene

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Appendice 1

ACCERTAMENTO PREOPERATORIO

E’ prevista la stessa procedura riportata nel protocollo TW 2003, che

consiste in una agobiopsia con ago 18-22G da applicare a casi selezionati

secondo le istruzioni dello stesso protocollo

L’esecuzione di un esame citologico mediante agoaspirato non è ritenuta

una procedura idonea.

ESAME ESTEMPORANEO INTRAOPERATORIO

L’esame estemporaneo intraoperatorio per la definizione dell’istotipo delle

neoplasie renali pediatriche non è previsto dal Protocollo AIEOP TW 2003, e

tale atteggiamento è applicato anche al carcinoma renale

Se non evitabile nella situazione particolare, deve essere comunque

concordato precedentemente con il patologo.

ESAME DEL PEZZO OPERATORIO E CAMPIONAMENTO

Si rimanda alle istruzioni dettagliate contenute nel Protocollo AIEOP TW

2003 (vedi Appendice 3). Le indicazioni fornite in tale Protocollo sono

applicabili a qualsiasi campione operatorio di nefrectomia,

indipendentemente dall’istotipo

Come sottolineato nella parte relativa al trattamento, la radicalità chirurgica

è un fattore fondamentale da stabilire, per cui si deve porre particolare

attenzione allo studio dei margini di resezione, marcando sempre i punti

sospetti con nero di china

In caso di nefrectomia parziale diventa fondamentale stabilire anche lo stato

del margine di resezione sul parenchima renale, che va marcato in china,

per stabilire la radicalità della resezione.

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TREP – Carcinoma del rene

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CHECK-LIST DI REFERTAZIONE

- Istotipo (vedi Classificazione WHO 2004)

Grado di Fuhrman (da 1 a 4), quando previsto (vedi Appendice 2)

Sede (rene D/S; altra sede)

Rapporto con la capsula renale / peritumorale (indenne, infiltrata ma non

superata, infiltrata e superata; presenza di invasione vascolare nella

capsula)

Stato del tessuto adiposo perirenale (indenne, infiltrato, invasione

vascolare)

Stato della fascia di Gerota (indenne, infiltrata)

Rapporto con il tessuto adiposo del seno renale e dell’ilo renale (indenne,

infiltrato, invasione vascolare) e stato della vena renale

Stato dei margini di resezione (uretere, vasi, margine sulla superficie

esterna della capsula renale, sul tessuto adiposo perirenale o dell’ilo renale,

o magine peritumorale in qualunque sede; sul parenchima renale in caso

nefrectomia parziale)

Stato del parenchima apparentemente indenne (indenne, invasione

vascolare, residui nefrogenici)

Stato del surrene (indenne, infiltrato, con metastasi)

Stato dei linfonodi, divisi per sedi

Stato di ogni altro organo/struttura compresi nel pezzo operatorio

CENTRALIZZAZIONE DEL MATERIALE ISTOPATOLOGICO

Il carcinoma del rene rientra tra i tumori renali pediatrici afferenti al

Registro Tumori Renali Pediatrici che ha sede all’Istituto Nazionale Tumori di

Milano – Dipartimento di Anatomia Patologica

Per la centralizzazione del materiale istopatologico dei carcinomi renali

valgono le istruzioni e le condizioni contenute nel Protocollo AIEOP TW

2003, valide per tutti i casi di tumore renale insorto in età pediatrica e per

gli istotipi pediatrici insorti in età adulta (Appendice 4)

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TREP – Carcinoma del rene

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Appendice 2- Stadiazione secondo Robson-modificata

Stadio 1: Tumore confinato al rene senza coinvolgimento del grasso perirenale Stadio 2: Tumore confinato al rene con estensione al grasso perirenale ma confinato entro la capsula di Gerota Stadio 3A: Tumore localizzato ma con coinvolgimento vascolare (vena renale o vena cava inferiore) Stadio 3B: Tumore localizzato ma con metastasi ai linfonodi regionali Stadio 4: Presenza di metastasi a distanza

Appendice 3- Grading citologico secondo Furhman

Grading Grandezza nucleo Aspetto nucleo Nucleoli

1 10 µm uniforme assenti

2 15 µm irregolare presenti

3 20 µm irregolare grandi

4 20 µm multilobulato grandi

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TREP – Carcinoma del rene

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Appendice 4 - Classificazione clinica TNM – UICC 1997

T – Tumore primitivo

Tx Il tumore primitivo non può essere definito

T0 Non segni di tumore primitivo

T1 Tumore di 7 cm o meno nella sua dimensione massima, limitato al rene

T2 Tumore superiore a 7 cm nella dimensione massima, limitato al rene

T3 Tumore che invade le grosse vene o la ghiandola surrenale o il

tessuto perirenale ma non oltre la fascia di Gerota

T3a Tumore che invade la ghiandola surrenale o il tessuto perirenale

ma non oltre la fascia di Gerota.

T3b Tumore che invade microscopicamente la (e) vena (e) renale (i) o

la vena cava al di sotto del diaframma

T3c Tumore che invade microscopicamente la vena cava al di sopra del

diaframma

T4 Tumore che invade oltrepassando la fascia di Gerota

N – Linfonodi regionali

Nx I linfonodi regionali non possono essere definiti

N0 Non metastasi nei linfonodi regionali

N1 Metastasi in un singolo linfonodo regionale

N2 Metastasi in più linfonodi regionali

M – Metastasi a distanza

Mx La presenza di metastasi a distanza non può essere definita

M0 Non metastasi a distanza

M1 Metastasi a distanza

Le categorie pT, pN e pM corrispondono alle categorie T, N e M

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TREP – Carcinoma del rene

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Appendice 5 – Analisi Molecolare

Per le implicazioni di prognosi, screening e consiglio genetico è

consigliabile eseguire in ogni paziente affetto da Carcinoma Renale, variante

a Cellule Chiare, una valutazione clinica e molecolare per possibili sindromi

associate.

- per la ricerca di mutazioni del gene VHL si consiglia di contattare

Dr.ssa Alessandra Murgia

Tel: +39-049 8211430, Fax: +39-049 8213502;

E-mail: [email protected]

Laboratorio di Diagnostica Molecolare

Dipartimento di Pediatria, UNIVERSITÀ DI PADOVA

Via Giustiniani 3, 35128 Padova - Italy

Per ciascun soggetto si richiedono:

6-8 cc di sangue intero anticoagulato con EDTA. E’ estremamente

importante NON usare eparina perché questo impedisce l’ulteriore

processamento del campione.

Il prelievo va eseguito con siringa classica (non Vacutainer); il

sangue, prelevato deve essere versato direttamente nella provetta

stappata (provetta da Emocromo) senza farlo ripassare attraverso

l'ago per minimizzare il rischio di emolisi. Non è richiesto il digiuno.

Ciascun campione inviato deve essere accompagnato da: notizie

anamnestiche del paziente (albero genealogico e familiarità per patologie

neoplastiche) e modulo di consenso informato all’esecuzione di test genetico

(fornito su richiesta). Per la copertura economica dell’analisi è necessario

fornire modulo di autorizzazione alla prestazione da parte dell’istituzione

presso la quale il paziente è ricoverato o impegnativa compilata da medico

specialista con precisa richiesta di test genetico per sospetta Sindrome di

von Hippel-Lindau.

La spedizione del campione va fatta con corriere ed il sangue, che deve

essere ricevuto dal laboratorio entro un massimo di 72 ore dal prelievo, va

tenuto refrigerato (+4°C).

Nota: se l’analisi molecolare venisse eseguita in altri laboratori si prega di

inviare copia del risultato insieme alle schede di raccolta dati

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