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Dolce per Natura Ricette di Pasticceria Naturale con l’esclusivo utilizzo di INGREDIENTI SANI E SALUTARI come indicato dalle più importanti linee guida internazionali in campo salutistico SUGAR FREE FARINE INTEGRALI E SEMINTEGRALI VEGAN OK A BASSO INDICE GLICEMICO SOLO OLIO EXTRA VERGINE DI OLIVA www.naturopatia.org PREFAZIONE DI FRANCO BERRINO Milena Simeoni, Giacomo Pisanu e Marco Fraschini 6 a RISTAMPA

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Dolce per NaturaRicette di Pasticceria Naturale con l’esclusivo utilizzo di

INGREDIENTI SANI E SALUTARI come indicato dalle più importanti linee guida internazionali in campo salutistico

✓ SUGAR FREE ✓ FARINE INTEGRALI E SEMINTEGRALI ✓ VEGAN OK ✓ A BASSO INDICE GLICEMICO ✓ SOLO OLIO EXTRA VERGINE DI OLIVA

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PREFAZIONE DI

FRANCO BERRINO

Dolce per N

atura Ricette di Pasticceria Naturale

LUM

EN

edizioni

w w w. n a t u r o p a t i a . o r g

ISBN 978-88-90-20165-3

euro 19,90

Dolce per NaturaRicette di Pasticceria Naturale con l’esclusivo utilizzo di

INGREDIENTI SANI E SALUTARI come indicato dalle più importanti linee guida internazionali in campo salutistico

LeCreme

LeTorte

I Dolci al Cucchiaio

Le Colazionie le Merende

Gli Estratti difrutta e verdura

Per realizzare le ricette contenute nel libro, Giacomo Pisanu, biochef di LUMEN Scuoladi Cucina Naturale, accompagnato nella conoscenza in ambito salutistico dalla naturopata Milena Simeoni, direttrice e fondatrice di LUMEN Associazione per la Medicina Naturale, ha svolto un lavoro di ricerca lungo e meticoloso: lo ha guidato nel tempo la passione per i dolci.La sfi da, in questi anni, è stata la realizzazione di preparazioni di alta pasticceriache abbinassero la soddisfazione dei sensi con la tutela della salute.

Milena Simeoni, Giacomo Pisanu e Marco Fraschini6 a RISTAMPA

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“Limitare il consumo di cibi ad alta densità calorica ed evitare il consumo di bevande zuccherate” è la prima raccomandazio-ne alimentare a cui è giunto il comitato di esperti del Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro (WCRF, www.dietandcan-cerreport.org ) dopo aver esaminato tutti gli studi scientifi ci su dieta e cancro. Gli alimenti ad alta densità calorica sono quelli che contengono molto zucchero e grassi (praticamente tutti i cibi pubblicizzati in televisione); le bevande zuccherate spazia-no dalle bibite gassate analcoliche a gran parte dei succhi di frutta commerciali, agli yogurt da bere, agli amari e ai liquori.

Questi alimenti fanno ingrassare e alterano il nostro ambiente endocrino facendo aumentare l’insulina (queste alterazioni fan-no aumentare il rischio di ammalarsi di tumore e di varie altre malattie croniche che affl iggono le popolazioni ricche). Al supermercato leggiamo dunque le etichette: se c’è zucchero nei piselli in scatola, nei sughi pronti, nella maionese, nelle fette biscottate, nel pane o nei succhi di frutta, non compriamo. È probabile che abbiano aggiunto zucchero per camuffare il gu-sto di alimenti di qualità scadente che altrimenti sarebbero sgra-devoli (“Con un poco di zucchero ...”). In trattoria rifi utiamo il

x La schiavitu dello zucchero w‘

Prefazione a cura di Franco Berrino

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limoncello che ci offre l’oste per far andar giù il pasto ipercalo-rico della domenica. Negli anni Cinquanta del secolo scorso sono arrivati dall’Ame-rica la Coca-Cola e i blue-jeans e sono subito stati adottati dai giovani come simbolo di modernità e di emancipazione. Le be-vande zuccherate esistevano anche prima: la gassosa che gli ope-rai mescolavano al vino o alla birra, l’aranciata San Pellegrino che occasionalmente i genitori ci compravano quando si era in vacanza, ma è stato l’avvento della Coca-Cola e dei suoi distri-butori automatici che ha segnato il passaggio da un consumo eccezionale al consumo quotidiano di massa. È diffi cile dire se i jeans abbiano fatto male alla salute, ma le bevande zuccherate sì che hanno fatto male. Ci sono voluti cinquanta anni per accor-gersene, ma oggi è chiaro che sono una delle cause principali dell’obesità. Dovrebbero farci una rifl essione le belle ragazze prosperose le cui forme sono rese sgraziate dal contenimento forzato in jeans alla moda. Fino a pochi anni fa negli ambienti scientifi ci prevaleva l’idea che lo zucchero non fosse un deter-minante importante dell’obesità e che comunque non lo si pote-va sostenere perché mancavano prove scientifi che decisive. Gli studi che indagavano sul consumo alimentare, intervistando un campione della popolazione, infatti, riscontravano generalmen-te che le persone grasse mangiavano meno zucchero delle ma-gre. Ergo, lo zucchero non fa ingrassare. In realtà gli scienziati sono ingenui più dei bambini (e talvolta questa ingenuità è ali-mentata da confl itti di interesse). Ci voleva poco a insospettirsi di questi dati. Bastava guardare i risultati sulla saccarina o altri dolcifi canti non calorici. I grassi ne consumano più dei magri. È forse suffi ciente a concludere che la saccarina fa ingrassare? In realtà le persone grasse cercano di mangiare meno zucche-ro, o almeno dichiarano di farlo, perché sono meno ingenue degli scienziati, sanno bene che lo zucchero fa ingrassare. Le persone obese, inoltre, tendono a rispondere ai questionari ali-mentari dicendo quello che dovrebbero mangiare, piuttosto che quello che mangiano effettivamente. Per convincere il mondo

scientifi co furono necessari studi prospettici in cui si indagasse sul consumo alimentare di persone non ancora ingrassate, che non avessero ragione di modifi care la loro alimentazione (o di mentire a se stesse). Il primo studio fu pubblicato nel 2001 e mostrò con grande evidenza che la prima causa di obesità dei bambini americani è il consumo abituale di bevande gassate e zuccherate. Seguirono numerosi studi prospettici che ne con-fermarono le osservazioni anche negli adulti ed evidenziarono inoltre come causa importante di obesità la frequentazione dei fast food. L’Organizzazione Mondiale della Sanità propose di dif-fondere la raccomandazione di contenere il consumo di zucche-ro entro il 10% delle calorie totali (circa 50 grammi di zucchero al giorno per un uomo che consumi 2000 calorie) e fu subito guerra. Le grandi corporation alimentari insorsero sostenendo che la raccomandazione non fosse basata su prove scientifi che e fecero pressioni politiche tali che l’OMS fu costretta ad edulco-rare (sic) la raccomandazione con quella più generica di ridurre il consumo di zucchero. Fino a due o trecento anni fa lo zucchero non faceva parte dell’alimentazione abituale dell’uomo; era conosciuto, era una delle preziose spezie importate dall’Oriente, dove cresceva la canna da zucchero, i mercanti veneziani lo vendevano a caro prezzo, soprattutto per scopi medici e solo nelle case dei ricchi entrava qualche volta nelle ricette dei dolci. Ci furono tentativi di coltivare la canna da zucchero anche in Europa, in particolare in Sicilia e a Madeira, ma non ebbero successo. Si scoprì poi che la canna cresceva bene nelle terre del nuovo mondo e subito si prospettarono grandi potenzialità commerciali, ma il massa-cro degli indigeni aveva fatto mancare la mano d’opera per la sua coltivazione. Per coltivare la canna fu necessario importare schiavi dall’Africa e per alcuni secoli gli affari andarono a gonfi e vele. La scoperta che si poteva estrarre zucchero dalla barbabie-tola rivoluzionò il mercato. Napoleone, interessato a competere con Spagna e Inghilterra nel mercato dello zucchero, promos-se lo sviluppo degli zuccherifi ci in Europa e progressivamente

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i prezzi diminuirono, lo zucchero divenne alimento di tutti, e di tutti i giorni e fu la nemesi che ci rese schiavi di esso. Fino all’inizio del secolo scorso, comunque, lo zucchero rimase poco consumato (si stima che ne mangiassimo circa 5 kg all’anno). Oggi in Italia ne consumiamo 25 kg a testa. Lo zucchero comune è il saccarosio, una molecola formata da una molecola di glucosio e da una di fruttosio. Ma c’è di peggio dello zucchero: lo sciroppo di glucosio e fruttosio, considera-to una delle principali cause dell’epidemia di obesità nel Nord

America. Il fruttosio è presente nella frutta mescolato a mille al-tre sostanze, ma se lo si usa come dolcifi cante ha due effetti per-versi: aumenta la resistenza all’insulina (nel senso che l’insulina non riesce a fare il suo lavoro di far entrare il glucosio nelle cel-lule) e la resistenza alla leptina (l’ormone prodotto dal tessuto adiposo per segnalare al cervello di ridurre l’appetito). I diabe-tologi più informati oggi raccomandano ai loro pazienti di non mangiare i cibi per diabetici perché dolcifi cati con fruttosio (che non squilibra la glicemia, ma alla lunga peggiora il diabete). Lo zucchero, in particolare il fruttosio, induce tutti gli squilibri me-tabolici che defi niscono la cosiddetta sindrome metabolica: fa mettere su pancia, il fruttosio aumenta l’acido urico, che induce ipertensione, la resistenza insulinica fa aumentare la glicemia e facilita la sintesi di grassi nel fegato e l’aumento dei trigliceridi nel sangue. Il legame del glucosio e del fruttosio con le proteine e altre molecole organiche favorisce l’invecchiamento dei tessuti e uno stato infi ammatorio cronico. Lo zucchero, inoltre, attenua la soppressione dell’ormone grelina, che trasmette al cervello il segnale della fame, e riduce anche il segnale della dopamina nei

centri cerebrali del piacere, riducendo il senso di soddisfazione che ci dà il cibo e quindi costringendoci a consumarne di più. Gli studi epidemiologici hanno coerentemente dimostrato che il consumo di bevande zuccherate è associato all’obesità, alla sindrome metabolica e al diabete, due condizioni a loro volta associate ad un maggior rischio di cancro, di malattie di cuore e di altre malattie croniche. I pazienti oncologici non dovrebbero bere bevande zuccherate: uno studio dell’Università di Harvard ha dimostrato che i pazienti operati di cancro del colon che con-sumano due o più bicchieri di bevande zuccherate quasi rad-doppiano il loro rischio di recidive; il rischio è più che doppio nei pazienti sovrappeso e sedentari. Le “Cole”, altre bevande gassate e zuccherate, succhi di frutta zuccherati e aperitivi aveva-no lo stesso effetto. Anche se gli studi epidemiologici che han-no indagato direttamente il rapporto fra consumo di zucchero e l’insorgenza di tumori e malattie di cuore hanno fornito risultati contrastanti, la preoccupazione sul rischio da zucchero e la do-manda di prodotti senza zucchero, sta crescendo. L’industria ha pubblicizzato le bevande con dolcifi canti artifi ciali (in particola-re aspartame) come più salutari, ma è dubbio che lo siano. Gli studi epidemiologici, infatti, ne hanno trovato un’associazione con il diabete, la sindrome metabolica, le malattie cardiovasco-lari. In un esperimento sui ratti in cui i ricercatori hanno con-frontato dosi diverse, l’aspartame ha causato linfomi, leucemie e tumori delle vie urinarie anche con piccole dosi confrontabili con l’esposizione umana a bevande light. Questo studio è sta-to considerato irrilevante per l’uomo da una commissione di esperti dell’EFSA (L’European Food Safety Agency che ha sede a Parma), in gran parte consulenti dell’industria alimentare, sulla base di considerazioni – queste sì irrilevanti – del tipo che alle piccole dosi le differenze sono statisticamente signifi cative per l’insieme dei tumori, ma non per i singoli tipi di tumore. Nel-le coorti dei lavoratori della sanità degli Stati Uniti, decine di migliaia di persone seguite per oltre 20 anni, gli epidemiologi dell’università di Harvard hanno riscontrato, negli uomini ma

“Gli studi epidemiologici hanno coerentemente dimostrato che il consumo di bevande zuccherate è associato all’obesità, alla sindrome metabolica e al diabete”©

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non nelle donne, che chi beve abitualmente bevande “zero”, almeno una lattina al giorno, si ammala di più di linfomi non-Hodgkin, mielomi e leucemie. Che fare dunque per sostituire lo zucchero? La domanda è mal posta. Non si tratta di trovare un dolcifi cante innocuo, ma di abi-tuarsi a gusti meno dolci. I ricettari macrobiotici sono ricchi di esempi di ottimi dolci in cui non si usa che la frutta, o i succhi di frutta, o l’amasake o il malto. Anche i malti hanno un indice gli-cemico alto (più dello zucchero!) ma hanno il vantaggio di non contenere fruttosio. L’industria del “senza zucchero” ha capito il messaggio e ci propone dolci e marmellate senza zucchero dol-cissimi, utilizzando dolcifi canti artifi ciali o, nel biologico, succhi concentrati di frutta in quantità tale da competere, in dolcezza, con la pasticceria più deteriore. L’etichetta di una merendina biologica recita “senza zucchero, contiene solo gli zuccheri della frutta e dei cereali”; leggendo gli ingredienti si scopre che gli zuccheri dei cereali sono nientemeno che sciroppo di glucosio e fruttosio, che l’industria ricava dal mais, idrolizzando l’amido in glucosio e trasformando chimicamente metà del glucosio in fruttosio. Diffi diamo anche del biologico! La reginetta dei dol-cifi canti senza zucchero è la stevia, una piantina le cui foglie dolcissime contengono una sostanza 200 volte più dolce del sac-carosio, ancora più dolce dell’aspartame. Molto amata perché “naturale”, ma probabilmente tutt’altro che innocua. Un proble-ma delle sostanze così esageratamente dolci è che ci accorgiamo delle sostanze dolci non solo in bocca, ma anche nello stomaco e nell’intestino e quando arrivano queste sostanze dolcissime, l’intestino apre le porte per assorbire il glucosio. Paradossal-mente, quindi, anche i dolcifi canti senza calorie, se associati ad un pasto, fanno alzare rapidamente la glicemia. Sono i veterinari che hanno scoperto questo meccanismo. Gli allevatori di maiali sono interessati a svezzare presto i maialini, perché fi nché la scrofa allatta non rimane gravida; ma se svezzati troppo presto i maialini muoiono, perché il loro intestino non è maturo per as-sorbire cibo solido; basta dar loro l’aspartame per consentire un

suffi ciente assorbimento di glucosio, farli ingrassare e “liberare” la mamma dalla necessità di allattare. Anche noi siamo messi all’ingrasso da cibi troppo dolci! Ma perché ci piace tanto il dolce? Il senso del gusto è il guar-diano di quello che mettiamo in bocca, la guida delle preferen-ze alimentari. Il gusto amaro e l’acido ci avvertono che stiamo ingerendo cibi potenzialmente tossici, mentre il gusto dolce, l’umami (il gusto del glutammato) e il salato ci incoraggiano a mangiare cibi contenenti carboidrati, aminoacidi e sale, tutte sostanze indispensabili per la sopravvivenza. Il problema, oggi, è che l’offerta di gusto dolce è esagerata. Un tempo il gusto dol-ce veniva dal pane masticato, dalla frutta matura, che però era disponibile solo in alcuni periodi dell’anno, e dal miele, che era difeso dalle api e non certo disponibile tutti i giorni. Per la naturale tendenza ad amare il gusto dolce l’industria lo mette dappertutto. Le nostre papille gustative sono drogate. Il latte di mamma è dolce, ma moderatamente dolce rispetto ai prodotti commerciali. Evitiamo il più possibile ai bambini il contatto con lo zucchero e i dolciumi commerciali. Prepariamo dei dolci che siano dolci come il latte della mamma. Quando i bambini assaggeranno i dolci commerciali ne saranno più diffi -cilmente catturati. Le ricette di Giacomo ci daranno una mano.

Franco Berrino

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Per realizzare le ricette che vi presentiamo, il nostro chef ha svol-to un lavoro di ricerca lungo e meticoloso: lo ha guidato nel tempo la passione per i dolci. La sfi da in questi anni è stata la re-alizzazione di preparazioni di ottima pasticceria che abbinassero la soddisfazione dei sensi alla tutela della salute.Abbiamo scelto materie prime rigorosamente selezionate e fa-cilmente acquistabili nei negozi di prodotti biologici e naturali: prodotti da agricoltura biologica o biodinamica, prevalente-mente a chilometro zero, quanto più possibile in sintonia con la stagione e con il luogo. Quindi bando a prodotti chimici e ingredienti coltivati con uso di pesticidi e fi tofarmaci.Parametro fondamentale per la scelta di ogni ingrediente è la vitalità. La qualità intrinseca della vita è il movimento: tutto ciò che è vitale è necessariamente instabile. Prendiamo una mela, aperta e tagliata, osserviamo come rapidamente si ossida. Fin-ché il frutto è integro si può conservare nel tempo, ma appena si apre, nell’arco di pochi minuti, si altera, perdendo molte so-

stanze vitali. Questo succede con tutto ciò che è vitale: si altera più o meno velocemente, creando un problema per l’uomo che vuole conservare a lungo il cibo.Ad esempio, quando si fa uso di farina raffi nata e confezionata è utile pensare alla sua assenza di energia vitale. Fino a poco più di 60 anni fa, la farina principalmente utilizzata era quella inte-grale: non esisteva l’idea di separare, togliere parti o aggiunger-ne altre. L’uomo ad un certo punto ha raffi nato i cibi per moti-vazioni meramente commerciali: la parte vitale è stata separata e tolta perché ne impedisce lo stoccaggio per lunghi periodi. Nel chicco è presente tutto il potenziale utile per sviluppare la pian-ta: il seme messo a dimora nella terra, con il contributo dell’ac-qua e del sole, si sviluppa e genera una nuova pianta. Le farine integre e fresche contengono questa carica vitale prorompente, che risulta essere completamente assente nelle farine raffi nate.Con ottime materie prime realizziamo ottimi dolci.

x Ingredienti w

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Le farine integrali sono ottenute macinando il chicco nella sua interezza; esse iniziano appena dopo la molitura un processo di alterazione progressiva e sono suffi cienti pochi giorni per mo-difi carne completamente la composizione. Sono ricche di fi bra (solubile e insolubile), di vitamine, sali minerali e antiossidanti.I prodotti integrali favoriscono il controllo del peso: le fi bre in essi contenute aumentano il senso di sazietà, consentendo il controllo dell’appetito. Oggi, studi epidemiologici di grande interesse dimostrano la correlazione tra benefi ci per lo stato di salute e consumo di cereali integrali.Le farine utilizzate nelle nostre preparazioni sono sia di grano tenero che di grano duro, talvolta alternate alla farina di farro che, meno ricca di glutine, povera di grassi e ricca di fi bre, è più digeribile. Dove non indicato nelle ricette si intende sempre farina di grano tenero.● Farina integrale: Farina completa di tutte le componenti del cereale, compresi il germe e la crusca.La scorza del chicco è un serbatoio colmo di ricchezze: vitamine del gruppo B, sali minerali e fi bra. Nel germe, parte ricca di vi-talità, sono contenuti oli polinsaturi, vitamine, aminoacidi e sali minerali.● Farina semintegrale: Parzialmente setacciata, contiene una percentuale di crusca inferiore, indicata commercialmente anche come farina di tipo 2● Farina di mais fi oretto: Farina di mais macinata molto fi ne-mente, utilizzata anche in pasticceria.

Farine

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Per il biancomangiare50 gr di malto di riso integrale50 gr di crema di mandorle bianca10 gr di arrow root 6 gr di agar agar in polvere

550 gr di latte di riso500 gr di latte di mandorla ½ baccello di vaniglia 2 gr di sale marino fi no integrale

Per la guarnizione (coulis di fragole)500 gr di fragole frescheqb di malto di riso integrale

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DOLCE RISERVATOALLE OCCASIONI SPECIALI!Torta VinceRemo

PER L’IMPASTOMetti ad ammollare l’uvetta in acqua tiepida, per circa mezzora. In una ciotola metti la farina, il latte di riso, l’olio, la scorza di li-mone e il lievito precedentemente sciolto in una tazzina d’acqua tiepida. Impasta bene con le mani per 5 minuti, quindi unisci il sale e l’uvetta scolata, trasferisci l’impasto sul piano di lavoro infarinato e impasta per altri 10 minuti. Ottenuta una palla morbida e uniforme, mettila in una ciotola infarinata e abbastanza capiente da permettere all’impasto di raddoppiare. Ricopri prima con la pellicola e poi avvolgi la cio-tola con una coperta. Lascia lievitare l’impasto per circa 3 ore.A questo punto, sul tuo piano di lavoro infarinato, stendi l’impa-sto con il mattarello, e crea un disco di 28 cm di diametro, tra-sferisci il disco sulla carta da forno, dai gli ultimi ritocchi con il mattarello e mettilo nella teglia, aiutandoti con la carta da forno, lascialo scoperto e al riparo da correnti d’aria per circa 5 ore; in questo tempo il suo volume raddoppierà ulteriormente.Quando l’impasto sarà raddoppiato, cuoci in forno preriscalda-to a 180°, per circa 40 minuti, fi no a doratura omogenea. A cottura terminata, lascia raffreddare completamente la base, capovolgila e dividila in due strati, tagliandola in orizzontale.

PER LA FARCITURA E LA GUARNIZIONEPrepara la crema pasticciera e versala ancora calda sulla base. Distribuiscila in modo uniforme con una spatola e appoggia con delicatezza lo strato superiore della torta, facendolo scivolare dal piatto piano. Con un robot da cucina, frulla rapidamente le nocciole tostate, in modo da ottenere la granella.Prepara ora la Crema alla nocciola e carrube e spalmala unifor-memente su tutta la torta, fi anchi compresi.Ora, fondi il cioccolato a bagnomaria e versalo lentamente sopra la torta in modo da creare una superfi cie liscia e omogenea. Pri-ma che il cioccolato si indurisca, ricopri i fi anchi con la granella di nocciole, applicandola con la mano, lasciandola scivolare dal palmo lungo i bordi della torta.Servi quando il cioccolato si sarà rappreso completamente.

Si tratta di una torta nata da un’intuizione, in occasione di un compleanno in famiglia. L’acco-

stamento classico tra cioccolato e nocciola e l’alternarsi del soffi ce con il croccante la rendono golosa e speciale.

Dosi per una teglia da 28 cm di diametro, 16 porzioni

Per la base210 gr di farina semintegrale75 gr di uvetta 15 ml di olio extra vergine di oliva2 gr di lievito di birra fresco75 ml di latte di riso

6 gr di scorza di limone tritata (1/2 limone)2 gr di sale marino fi no integrale

Per la farcitura275 gr circa di Crema Pasticciera *

Per la guarnizione500 gr circa di Crema Nocciola e Carrube **200 gr di cioccolato fondente 90% 100 gr di nocciole tostate

* Vedi ricetta a pag. 34** Vedi ricetta a pag. 36

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Per il biancomangiare50 gr di malto di riso integrale50 gr di crema di mandorle bianca10 gr di arrow root 6 gr di agar agar in polvere

550 gr di latte di riso500 gr di latte di mandorla ½ baccello di vaniglia 2 gr di sale marino fi no integrale

Per la guarnizione (coulis di fragole)500 gr di fragole frescheqb di malto di riso integrale

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Biancomangiare con Coulis di Fragole

In un pentolino, metti il latte di riso, il latte di mandorla, il mal-to, l’agar agar, l’arrow root, il baccello di vaniglia e il sale. Porta ad ebollizione mescolando continuamente, fi no a che il composto si sarà addensato.Lascia bollire per un paio di minuti, continuando a mescolare con attenzione, dopodiché togli il baccello di vaniglia.Togli dal fuoco e quindi, dopo aver aggiunto anche la crema di mandorle, frulla per 1 minuto circa con il frullatore a immersione.Inumidisci 12 stampi da budino (o da muffi n) e versaci il com-posto. È importante lasciar solidifi care completamente i budini prima di servirli: lasciali raffreddare a temperatura ambiente e poi mettili in frigorifero per 15 minuti. Nel frattempo prepara la coulis di fragole, preferibilmente uti-lizzando un estrattore di succhi o, in alternativa, un frullatore a immersione.

PER LA COULISLava le fragole e, dopo aver tolto la parte verde, passale nell’estrattore di succhi. Dolcifi ca leggermente l’estratto di fra-gole con il malto.Togli il biancomangiare dagli stampi, capovolgendoli con atten-zione sul piatto di portata e servili con sopra la coulis e qualche fogliolina di menta fresca.

È un dolce che si presta anche ad essere trasfor-mato in una morbida crema, da guarnire con

frutta fresca, granella di nocciole o scaglie di cioccolato. Sarà suffi ciente frullarlo nel robot da cucina.

Dosi per 12 budini

Per il biancomangiare50 gr di malto di riso integrale50 gr di crema di mandorle bianca10 gr di arrow root 6 gr di agar agar in polvere

550 ml di latte di riso500 ml di latte di mandorla ½ baccello di vaniglia 2 gr di sale marino fi no integrale

Per la guarnizione (coulis di fragole)500 gr di fragole frescheqb di malto di riso integrale©

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Biscotti Crik Crok

In un robot da cucina frulla le nocciole, grossolanamente, per qualche secondo, in modo da ottenere la granella.In una ciotola amalgama insieme: farina di riso, granella di noc-ciole, fi occhi d’avena, latte di riso, lievito, cannella, sale, olio e malto (tutti gli ingredienti). Impasta bene fi no ad ottenere un impasto piuttosto asciutto e friabile, da modellare con le mani. Lavorando sul piano di lavo-ro infarinato, crea un fi loncino del diametro di circa 4/5 centi-metri e taglialo a fettine, dell’altezza di ½ cm (ne verranno circa

una quarantina ).Sistema i biscotti su una teglia foderata con la carta da forno e cuoci in forno preriscaldato a 180° per circa 20 minuti; i biscotti dovranno avere una colorazione leggermente dorata.

Se desideri biscotti ancora più speciali, aggiungi all’impasto 50 gr di cioccolato fondente in scaglie.

Dosi per 40 biscotti

400 gr di farina di riso integrale250 gr di fi occhi d’avena300 gr di nocciole tostate e pelate

300 gr di malto di riso 200 ml di olio extra vergine di oliva10 gr di lievito per dolci al cremortartaro

50 ml di latte di riso4 gr di cannella in polvere2 gr di sale marino fi no integrale

b AVENA aEsiste una favola francese che ci porta echi di una antica “an-tipatia” nei confronti dell’avena: si narra che il diavolo, poco dopo la creazione del mondo, andò da Dio a lamentarsi per l’ingiustizia che era stata fatta nei suoi confronti: gli uomini nel paradiso terrestre avevano ricevuto quattro doni prezio-si; erano i cereali: il grano, la segale, l’orzo e l’avena, mentre a lui non era stato dato proprio niente. Fu così che Dio, esa-sperato, regalò uno dei cereali, appunto l’avena, al diavolo. Solo in un secondo momento l’avena fu restituita all’uomo, ma oramai si era creata una pessima nomea: essa rimase bol-lata come erba del diavolo.

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