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Raffaele Morelli Come essere single e felici. Con la prefazione di Maurizio Costanzo.

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Raffaele Morelli

Come essere single e felici.

Con la prefazione di Maurizio Costanzo.

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STAR BENE CON SE STESSI Raffaele Morelli Come essere single e felici Realizzazione editoriale: Edizioni RIZA S.r.l. - via L. Anelli 1, Milano Hanno collaborato: per i testi: Pietro Pomari per la grafica: Vando Pagliardini Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. via Bianca di Savoia 12, Milano '• Supplemento a Donna Moderna di questa settimana Non vendibile separatamente dal periodico Direttore responsabile: Patrizia Avoledo Pubblicazione settimanale registrata al tribunale di Milano il 18.12.1987 n. 849 Questo volume è stato stampato nel mese di giugno 2003 dalla Mondadori Printing S.p.A. presso lo stabilimento di Cles (TN) - Italia © 2003 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.

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INDICE Prefazione di Maurizio Costanzo 7 Capitolo primoEssere single o ritrovarsi soli? 9 Capitolo secondo Cosa vuol dire davvero "essere single" 23

Capitolo terzo Dalla paura della solitudine al proprio mistero 29 Capitolo quartoIl single e gli altri 39 Capitolo quinto Quando il single non sta bene 57 Capitolo sesto Il test. Che tipo di single sei? 65 Capitolo settimo Tre esercizi e quattro consigli 71 Capitolo ottavo Quando si finisce di essere single 75

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PREFAZIONE di Maurizio Costanzo Una delle caratteristiche di questa fortunata serie di manuali è che nei titoli si ricorda che, in quella o in quell'altra condizione, alla fine si può essere felici. Raffaele Morelli sembra il proprietario di un giacimento di felicità che non vuol tenere per sé questo bene e quindi segnala i percorsi che portano a quella riserva. Ci sono single per vocazione e single per necessità. Conosco persone che dell'esser soli si fanno vanto e ne magnificano alcuni aspetti mentre altri fanno di tutto per adattarsi alla single-tudine ma si capisce lontano un miglio che sarebbero pronti a buttare tutto all'aria per tornare a vivere in coppia. Quando un uomo o una donna si separano, chi ha voluto la separazione trascorre i primi mesi inanellando piacevoli stupori: com'è bello rientrare e non doverne dar conto a nessuno, che meraviglia tornare a essere padroni del proprio tempo; delizioso andare al supermercato e acquistare le confezioni per single che da qualche anno conquistano sempre più quote di mercato, vuoi mettere poi svegliarti all'improvviso, accendere la televisione e nessuno che ti borbotta dietro? Più o meno questo è il copione. Ma invariabilmente i single per necessità dopo tre, quattro, massimo cinque mesi cominciano a dire: ti dirò, che magari qualche screzio, anche alcune serate insopportabili, anche la scoperta dei difetti che prima non avevi visto e poi ti sono apparsi all'improvviso, li baratterei volentieri rispetto a questa noia della libertà, del televisore acceso di notte eccetera. Al contrario, i single per vocazione difficilmente hanno un momento di riflessione, appena un accenno di cambiar vita e di convivere o sposarsi. Le loro case sono perfette, le curano fin nel dettaglio e le considerano una sorta di scultura in omaggio al Dio dei single.

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CAPITOLO PRIMO ESSERE SINGLE O RITROVARSI SOLI? Mai come oggi la condizione di "persona non accoppiata" è vissuta in modo tanto controverso. Fino agli anni della rivoluzione studentesca essere single era considerato una temuta condizione di solitudine. Si veniva considerati scapoli, zitelle, soli. La zitella, così come lo scapolo - fatta eccezio-ne per artisti e alcuni personaggi pubblici - era una persona che non ce l'aveva fatta ad accoppiarsi, benché poi in realtà la sua esistenza potesse essere assolutamente dignitosa e appagante.

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Da scapoli e zitelle a single Poi finalmente, alla fine degli anni Sessanta, i-nuovi costumi sociali e culturali hanno scardinato questa immagine triste, limitante e limitata. Il passaggio alla parola inglese "single" ha ben interpretato, e nello stesso tempo potenziato, uno sguardo nuovo su questa realtà che in pochi anni ha assunto tratti quasi esotici e desiderabili, diventando nel tempo, sempre di più, un vero e proprio stile di vita, un simbolo di vera libertà, uno "status" privilegiato a cui tendere. Oggi, in molti casi, quando un single dice a una persona in coppia: Costanzo.Io sono single», in realtà non gli sta dicendo che è solo, ma: Costanzo.Io sono libero, posso fare quello che voglio, io sono ancora in tempo, vivo storie in totale libertà, ho tutto un mondo ancora da scoprire», e via dicendo. Tanto che chi sta in coppia, in alcuni momenti è portato a invidiare il single: c'è un grande contrasto fra la pesantezza e l'apparente assenza di vie d'uscita della relazione in alcuni periodi e il mondo avventuroso e segreto del single. Ma c'è una grande dose di idealizzazione in tutto ciò. Se infatti da un lato il nuovo approccio alla "singolitudine" ha permesso a molti di viverla con meno senso di vergogna e di menomazione e ad altri viverla con serenità e creatività, dall'altro ha creato un modello. Un modello molto forte, che fa tendenza. E identificarsi in un modello è sempre pericoloso, perché il modello non è mai l'originale. Un modello che, se preso alla lettera, acriticamente, trascura e anzi acuisce le sofferenze delle vite individuali. Così ci sono persone che non sanno essere single ma si sforzano di esserlo perché "fa trend", persone che nascondono la propria difficoltà o paura a ; entrare nella relazione dietro la sofferta maschera del single, persone che si sono ritrovate a esserlo senza volerlo: i cosiddetti single obbligati, che vivono molto male una condizione invidiata da molti. Una beffa che fa sentire ancora peggio. In realtà, essere single e stare bene non è per nulla scontato, soprattutto oggi. La complessità del cervello moderno infatti, sottoposto come mai era successo nella storia dell'umanità a un'intensità di stimoli culturali, sessuali, esistenziali e sociali, è un cocktail caotico di desideri, bisogni indotti e paure che i nostri padri neanche sognavano (per fortuna o purtroppo, direbbe Giorgio Gaber). Le due generazioni di 30 e 50enni sono sufficientemente vicine per condividere il tourbillon di inquinamenti ideologici, religiosi, educativi - peraltro incastrati fra un mondo di vecchi valori e di nuovi valori in costante divenire - che rendono davvero difficile vivere secondo la propria intima natura, anche perché ne rendono quasi impossibile la conoscenza. . I single che stanno davvero bene sono dunque relativamente pochi, ed è un peccato perché la "sin-golitudine" è una condizione che, se vissuta in modo giusto e naturale, senza troppi orpelli mentali, giudizi e pregiudizi, può essere un periodo fondamentale, breve o anche "a vita", di soddisfazione e di trasformazione. I modi sbagliati di essere single Il also autonomo Eliana, maestra elementare, ha 34 anni e da 8 è single, cioè da quando è finita una relazione durata 5 anni con Marco. Da allora ha deciso di "smettere con le storie" perché "creano solo problemi e riducono la libertà personale". Ha incontri sporadici con l'altro sesso ma evita qualsiasi situazione di rapporto. Lavora molto, va fiera della sua autonomia affettiva, da agli amici molti consigli scoraggianti le relazioni, quasi combattesse una guerra di religione, ma non ride quasi mai e periodicamente va incontro a crisi depressive, con pianti e nostalgie di amori perduti, negate poi nei momenti di ripresa. Persone come Eliana intendono lo stare in coppia come un compromesso, e la libertà come il poter decidere tutto da soli, senza confrontarsi con un eventuale partner. È come se non volessero perdere nulla di sé o, meglio, di quel poco che conoscono di sé. Evitando la relazione vera infatti, e pensando che essere single voglia dire fare tutto da soli senza bisogno di nessuno, smettono di conoscersi, di differenziarsi, di crescere. Pensano che nell'incontro ci si disperda, che si perda libertà. Così idealizzano e sbandierano il fatto di essere single, e, senza accorgersene, si convincono di essere felici perché coincidono con un modello socialmente oggi assai accettato, con uno status.

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Eliana sta da sola ma, guarda caso, non sta quasi mai da sola, perché in realtà si sente tanto sola: si circonda di continuo della presenza di numerosi amici e conoscenti, sia nella pausa pranzo che nel tempo libero, organizza eventi, feste, ritrovi che anestetizzino e leniscano il suo senso di solitudine, la sua incapacità di essere davvero single. Si è trasferita in una grande città, là "dove accadono le cose" (all'esterno), dove ci sono luoghi di incontri, dove è difficile restare soli. E proprio mentre fa di tutto per stare in compagnia ma non in coppia dice: Sto bene da sola, non devo rendere conto a nessuno.» e di sottecchi., guarda con amarezza una coppia di amici che si baciano o che si tengono per mano. E si lascia andare a generalizzazioni vecchie come il mondo, che aumentano la sua solitudine: Gli uomini sono tutti stronzi, non bisogna fidarsi». In realtà questo bisogno così "integralista" di autonomia nasconde tematiche irrisolte relative proprio a un antico bisogno di dipendenza. Sono persone che quando hanno avuto storie sentimentali, si sono del tutto adattate alla personalità e ai bisogni del partner (altro che autonomia!), ne sono diventati l'assistente, lo zerbino, il contenitore. Hanno appreso da piccoli che per essere amati bisogna sacrificare tutto di sé e accontentare l'altro. Ma proprio per questa sottomissione quasi sempre vengono lasciati. La scottatura è terribile, la ferita è lacerante perché forse riapre vecchie ferite arcaiche, infantili. E per difendersi ecco la fuga nella falsa autonomia, nel modello del single: negare il bisogno della relazione, di cui pure sentono estremo bisogno. Ogni tanto si concedono qualche maldestro tentativo di stare in coppia, ma con così tanta paura da lasciare tante "porte aperte", spazi di riserva, terrorizzati all'idea di "sentirsi chiusi in un rapporto" totalizzante e dipendente. Così, in nome di una libertà reattiva che possono vivere soltanto da soli, senza godersela più di tanto, perdono la libertà di amare e di essere amati. Il narcisista triste Marcello, 41 anni, mediatore immobiliare, intervalla il suo essere single con brevi relazioni di poche settimane, massimo 23 mesi. Tatara due o tre storie viaggiano in contemporanea, e quasi in contemporanea finiscono. È sportivo, tiene molto alla sua immagine, in compagnia è brillante, dinamico e trascinatore. Ha perso tre "grandi amici" negli ultimi anni per aver sedotto le loro mogli. Quando l'ultima ha lasciato il marito per lui, lui non si è più fatto vedere. Ha un rapporto molto intenso con sua madre, che idolatra. Giunge in psicoterapia perché un'amica gli ha detto che gli amici pensano male di lui, idea per lui inaccettabile. Alla terza seduta esprime una malinconica sensazione di non senso. Marcello rappresenta un folto gruppo di single, definiti spesso "scapoli indefessi" o "scapoli d'oro" (perché in genere sono piuttosto agiati). È una persona "tutta immagine", realmente innamorata della propria figura, proprio come racconta il mito di Narciso. Investe ogni sua azione su se stesso, quando entra in una relazione di coppia mette al centro i bisogni del suo Io e perciò può stare per poco tempo in rapporti con partner "idolatranti", donne che pensano di dover vivere della luce riflessa dall'altro. Ha facilità di seduzione e poche difficoltà a trovare potenziali partner, ma purtroppo quelle che ha avuto le ha vissute tutte come specchi da interrogare e che dovevano dargli risposte esaltanti, l'applauso. Tuttavia, quando queste donne hanno legittimamente chiesto una relazione un tantino più profonda ed equilibrata, il narcisista, atterrito dal possibile crollo della sua immagine "tutta positiva", è fuggito svilendole, incolpandole, sentendosi incompreso: nessuno può capire la sua "grandezza e unicità".Persone come Marcello si sentono realmente vittime dell'incapacità degli altri a comprenderli, si sentono feriti dalle critiche anche realistiche e costruttive ricevute, e sono perciò pentite dei rapporti avuti e si sono convinti confortati dall'enorme numero di separazioni e divorzi attuale che essere single è l'ideale. Ancora una volta dunque una scelta obbligata dall'incapacità di una relazione stabile e dinamica. Un'incapacità ben coperta dal narcisismo, ma solo a occhi superficiali. Marcello è costretto a vivere l'altro sesso a piccoli frammenti, da esibire il più possibile, nessuno dei quali lo chiama in gioco: seduce fino a ottenere una gratifica di superficie, e poi svanisce, verso un altro numero della sua ricca e fatua agenda telefonica, verso un altro effimero applauso. Il suo nemico è il tempo, che da al rapporto una forza di gravità che lo costringe prima o poi a scendere nelle profondità, proprio dove lui non vuole andare. A lui basterebbe sapere che una "ci sta", che l'ha colpita, che può averla, e su questo può fantasticare per giorni e giorni. Vorrebbe

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vivere la storia in un "eterno presente iniziale". Lui si ama, ma non si sente amato davvero. Il suo inconscio sa che è una mascherata. Il depresso storico Antonio ha 31 anni e non ha mai avuto una relazione sentimentale significativa. Racconta di sé che si è sempre sentito "tagliato fuori" dalla giostra dei sentimenti, fin dai tempi della scuola. Non si piace fisicamente, pensa di non poter piacere alle donne, si sente in un continuo confronto perdente con gli altri uomini. Dice: Gli altri sono tutti felici e accoppiati, io no». È deluso, amareggiato e non ci prova più, esce poco per evitare di vedere "gli altri felici", di vedere ciò che non può vivere. Gli amici sono ormai pochi e tutti single, ma nel senso di soli quanto lui. Vive periodicamente forti depressioni. Mentre Eliana e Marcello hanno periodi buoni e talora esaltanti, pur nell'intima solitudine, Antonio sta male. Tutto vorrebbe tranne che essere single. E lui non si sente single, ma "tremendamente solo". A persone così non sono poche deve essere successo qualcosa di reale o di immaginato, ma comunque di traumatico, nell'infanzia o nell'adolescenza. Spesso hanno avuto un'infanzia diffìcile, con genitori assenti, svalutanti e problematici, fisicamente poco affettuosi. Forse è questo che li ha spinti ad avere, ancora oggi da adulti, un'immagine tenera, adolescenziale, iperromantica e irrealistica del rapporto d'amore, e a idealizzare una storiella platonica del passato, forse vissuta mentalmente solo da loro. La loro autostima è bassissima e vivono il fatto di non essere in coppia come "l'ennesima sconfitta" della vita. In pratica sono i primi "sabotatori di se stessi": si pongono come sconfìtti, vittime della vita, perseguitati dalla sfortuna, dal non essere belli e attraenti. Nei momenti di maggior malessere e di frustrazione il single depresso può arrivare a pensieri e comportamenti di tipo ossessivopersecutorio (tecnicamente detto "paranoide"): per esempio, andando in giro per le strade, l'occhio gli cade soltanto (in realtà le ricerca automaticamente con cura) su coppie felici e innamorate; oppure al supermercato nota che i pacchetti di biscotti sono calibrati per le famiglie o per le coppie. Tutto insomma sembra dirgli: da una parte ci sei tu, solo come un cane, dall'altra il mondo, che sta bene. Preso dalla sua disperazione non riesce a immedesimarsi negli altri e a incontrarli veramente, a sentirli, e questo è in realtà il motivo principale del fallimento. Ha invece un fiuto infallibile per le disperazioni affini alla sua, che evita con cura, anche se tra queste persone c'è qualcuno disposto a volergli bene. Lui vuole il riscatto di tutta una vita, un partner che, con la sua bellezza e il suo amore incondizionato, si faccia carico di tutto e lo salvi. Impossibile. Peraltro, nonostante la sofferenza profonda, sviluppa nel tempo un forte attaccamento alle abitudini da single e una certa dose di compiacimento amaro della sua condizione, che solo un colpaccio potrebbe intaccare. Oltre alla solitudine, crescono così la rabbia, l'ipercritica e un enorme senso di rivalsa.

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Il frettoloso maldestro Antonella ha 39 anni e da quando ne ha compiuti 35 ha una gran fretta di stare con qualcuno. Ogni volta che incontra un uomo "papabile" (agiato, prestante, colto, apparentemente sano) fa l'impossibile per conquistarlo, fino ad atteggiamenti che la rendono buffa e maldestra. Da quel momento la sua vita è completamente invasa da questi tentativi, che non vanno mai a buon fine. Qualche inizio di storia e poi la fuga dell'uomo, che la lascia scoraggiata, priva di forze e ogni volta con ancora più fretta. Antonella è entrata in un circolo vizioso: fretta, ansia da prestazione, fallimento, ulteriore fretta, ansia e così via. È incastrata in mezzo a due nodi: da una parte c'è la premura, dovuta all'età, di stabilire una relazione che porti in tempo utile a una gravidanza o comunque a un rapporto ancora da "poter scegliere", prima che il corpo sfiorisca; dall'altra l'idea che l'uomo debba avere alcune caratteristiche imprescindibili senza le quali lei non concede la sua attenzione. La sua azione nella realtà dunque è condizionata completamente dalla fretta e dal modello di riferimento, in una ricerca fremente di una "vincita alla lotteria" e in un cocktail esplosivo che non potrà mai funzionare., Gli uomini sentono l'urgenza di Antonella, e non sanno se vengono voluti come persone o come uomini capaci di "salvare" per intero la vita di questa donna (neanche Antonella lo sa più). Una responsabilità troppo grossa che se sulle prime per soggetti narcisisti può essere gratificante, in breve diventa una trappola infernale da cui tutti cercheranno di uscire al più presto. Il finto single Alma ha 42 anni e da quando ne aveva 25 e in attesa che Sergio lasci la moglie. Sergio le ha sempre fatto sperare che questo accadesse ma, nel frattempo, ha avuto tre figli e non ha mai aperto una vera crisi coniugale. Alma, che si proclama single, ha <" respinto tutte le altre offerte amorose, tante e sincere, !f avute negli anni, proprio in nome di questa attesa silenziosa, sacrificale e testarda. Da tempo vorrebbe un figlio, ma solo con Sergio. Malessere e rabbia, sensazione di aver buttato via il tempo e propositi di vendetta stanno montando, ma la situazione non si sblocca. Alma fa la single, ma non lo è. È accoppiata con un'attesa, con un fantasma di uomo che non lascerà mai la famiglia. Ha il corpo libero e il cuore in gabbia. Tante donne vivono come lei: situazioni dominate da problemi inconsci non riconosciuti. Credono in buona fede di aspettare quell'uomo, ma in psicoterapia emerge quasi sempre la loro ambivalenza verso rapporti stretti e definiti, la paura di relazioni profonde e coinvolgenti, anche se in realtà per anni le sognano a occhi aperti e chiusi. L'intestardirsi su quell'uomo indeciso, e anche un po' vigliacco, segnala proprio la necessità di restare così: tutto è sperabile ma difficilmente realizzabile, è meglio non vivere appieno piuttosto che poter "sbagliare". Il problema è che la parte profonda si sente non nutrita, svalutata e... lavora sotto. D'altra parte alla lunga non è facile vivere come un sogno meraviglioso le briciole del tempo dell'altro. Inoltre negli anni questo strano rapporto diventa un'abitudine che mantiene sempre di più la situazione. Qui i casi sono due: o Alma si innamora follemente di qualcun altro, oppure la sua rabbia arriverà a forme di vendetta scomposta verso l'amante e la sua famiglia (lettere anonime, registrazioni, prove inconfutabili per ricattarlo).

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Il single mammone Paola ha 35 anni e un matrimonio finito tre anni fa. Quando si è sposata ha voluto abitare in una casa sullo stesso piano dei genitori, ponendola come condizione di matrimonio. La madre, una donna molto critica, era sempre in casa, impedendo le normali e spontanee situazioni di coppia e togliendo molta intimità. Situazione che a Paola stava comunque bene. Il marito, dopo qualche anno di lamentele e litigi nel tentativo di creare una coppia autonoma, se ne è andato. Paola è tornata a vivere con i genitori. Dai suoi racconti emerge che anche i tre ex precedenti a un certo punto si erano stufati di questo legame invasivo con la famiglia di origine. Se Paola non risolve il legame con i genitori è destinata a restare sola, non single. Oggi sembra una single, in realtà è sposata con la famiglia di origine. Nulla, neanche l'amore di un uomo sembra in grado di sciogliere il nodo così forte di questo legame. Sono molte le situazioni in cui si sceglie di restare single per non "tradire" la famiglia, la madre o il padre, oppure per non far mancare loro un aiuto economico o una presenza in caso di malattia. Più spesso questo accade ai figli unici, ma non solo. Si tratta di persone che hanno sviluppato un eccessivo senso di protezione per la famiglia di origine o ne sono stati sempre così protetti da non riuscire a pensarsi al di fuori di quel rapporto, di quell'atmosfera. Nel primo caso si prodigano per la famiglia al punto da avere poche energie, in tutti i sensi, per calarsi davvero in una normale e sana vita di coppia. Nel secondo caso è la famiglia che si prodiga per rendere tutto più facile al figlio: mentre lo aiuta lo tiene sotto la sua campana, evitandogli delle vere responsabilità, e dunque di crescere. Si tratta di single obbligati, o, meglio, di single bambini.

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Single d'arte Armando, 29 anni, è un musicista in via di affermazione. Ha già avuto molti riconosci 'menti, anche internazionali. Si dedica alla sua arte in modo totalizzante ed è un single in grande conflitto. Ha tentato tre relazioni con donne tutte molto simili tra loro. Tutte relazioni tormentate, nelle quali lui le colpevolizzava di non stargli abbastanza vicino, di non comprendere il suo modo di amare e di non saperlo amare abbastanza. Da il meglio di sé in musica quando, appena viene lasciato, si può dare completamente alla sua arte, senza "disturbi" sentimentali. Ci sono persone che fanno coppia con la propria arte, con il proprio talento. Non si tratta di una passione passeggera o di un passatempo: è un sodalizio inscindibile. Le loro energie mentali, sentimentali e libidiche vengono convogliate nella creatività. Una ' creatività intransigente, che chiede tutto, che chiede all'artista o all'artigiano di essere tutto lì, anche magari quando non crea. Sono uomini che in preda al furore creativo si dimenticano di mangiare, tralasciano appuntamenti e impegni familiari, alterano il fuso orario. Come si può chiedergli di fare una passeggiata al parco? O di andare a vedere la recita scolastica di un figlio, o di ricordarsi di un anniversario? E infatti nessuno glielo chiede: sono loro che, dopo un po' che sono da soli, tentano una relazione "normale". Ma non ce la fanno: possono creare inferni e distruggere vite, con il loro carisma e la loro dipen-denza da un bisogno di comprensione così grande ed egocentrico che annienta qualsiasi partner che non sia masochista. Si ritrovano così quasi sempre single, inquieti, molto inquieti. Non fuggire dalle relazioni di coppia quando capita l'amore. Non vivere solo per la propria immagine esteriore. Non atteggiarsi a vittima di un mondo cattivo e cinico. Non avere fretta di rimettersi in coppia. Non passare mesi o anni in situazioni ambigue e paralizzanti. Staccarsi emotivamente e spazialmente dalla famiglia di origine. Non pretendere da chi ci ama dì sacrificarsi per il nostro talento.

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COSA VUOL DIRE DAVVERO "ESSERE SINGLE" Nelle pagine precedenti abbiamo visto come "essere single" e star bene non sia così diffuso. Tutte le persone di cui abbiamo parlato desiderano sinceramente la felicità ma ci sono troppi inquinamenti, identificazioni, sforzi e compromessi perché questa possa sgorgare spontanea. Quei modi di essere single fanno ammalare, creano depressione, ci fanno sprecare la vita e l'amore che ci sono in noi. ! Essere fuori dai modelli Dobbiamo comprendere innanzitutto che finché ci muoviamo all'interno di un modello, non ha alcuna importanza essere single, o in coppia o amanti. In ogni caso non saremo veramente noi, e qualsiasi condizione sarà dunque in autentica, incompleta, parziale. Non ci darà la felicità, sarà una condizione nella quale incarniamo il personaggio del single perfetto, o del bravo marito eccetera. Qualsiasi sia la nostra situazione essa deve coincidere con quello che noi siamo, deve essere l'espressione e il terreno migliore della nostra vera natura di quel momento. Coincidere con se stessi Dobbiamo essere capaci, quando quella forma non coinciderà più con noi, di lasciarla andar via e non di riproporla ancora e ancora, quando ormai è già morta. Solo così, allora, essere single ha senso. Esserlo per paura, per "fede", per moda non fa altro che ostacolare la nostra crescita e impedisce alla nostra libido, energia sacra vitale, di fluire spontaneamente, magari anche in coppia. Nessun confronto È importante fare proprio un altro concetto: non esiste in assoluto un meglio o un peggio. Essere single non è né meglio né peggio rispetto all'essere in coppia. Può essere un periodo della vita, più o meno lungo, nel quale una persona trova la sua espressività creativa, sessuale, vitale, oppure può essere la condizione ideale di tutta una vita, benché sia più raro. Non bisogna imitare nessuno: vedere un single felice o infelice non deve condizionarci. Essere single è innanzitutto una dimensione intima, personale e, fondamentalmente, misteriosa nelle sue cause e nelle sue espressioni. Quale mistero? La maggior parte dei saggi di ogni tempo era single, ma lo sono stati anche artisti, eroi e uomini comuni. C'è una parte dell'umanità, minore certamente eppur significativa, che vive o ha vissuto un lungo periodo della vita in questa dimensione. C'è in essa dunque qualcosa di assai vitale e fondamentale, visto che l'umanità, intesa anche in senso collettivo, se ne è servita come di una sua funzione.

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Il luogo della trasformazione Dice I' Ching, il libro degli oracoli cinesi vecchio di 4.000 anni, che l'unica certezza è il mutamento, la trasformazione continua. Lo vediamo in ogni aspetto della vita, inorganica, organica e psichica. La vita è alternanza, ciclicità, una danza in cui si susseguono fasi opposte tra loro in un eterno divenire. Vita, morte e rinascita e poi ancora morte, e nascita. Il giorno e la notte, l'estate e l'inverno, la sistole e la diastole del cuore, le onde del mare. Fasi in cui la vita si dispiega e si consuma, poi si ripiega e si addensa per poi nuovamente rinascere e dispiegarsi. E così via. È qui, in questa atmosfera di ciclica trasformazione, che innanzitutto si colloca la dimensione del vero single: il single sa, o comunque sente, che la sua condizione, quasi certamente transitoria, è un periodo sacro della sua vita, un luogo temporale nel quale possono accadere cose uniche, che non possono accadere in altri momenti. Stare da soli, nel senso di "senza un legame sentimentale stabile", offre opportunità di trasformazione, di riposo, di pausa, di intraprendenza solitària, di riflessione, di contatto nuovo con la natura e con gli altri, di rivisitazione e di messa a punto di modalità relazionali nuove, di archiviazione di vecchi modi di essere. La dimensione del segreto Non dimentichiamoci che in natura ogni cosa che nasce o che rinasce lo fa al buio, nel silenzio, nel segreto. Ecco: essere single» in uno dei suoi aspetti profondi ovviamente non l'unico può collocarsi in questa dimensione di gestazione, di embriogenesi di una nuova coscienza, di nuovi modi, addirittura di un nuovo corpo. Quante volte, dopo la fine di una storia e del suo strascico doloroso, non si ha voglia subito di ricominciare con altri amori. Non è paura, o non dovrebbe esserlo. È il desiderio di "ricrearsi", di fare "reset", di pulire, di metabolizzare la vecchia forma e preparare la nuova. Si cambia pettinatura, abbigliamento, si fa sport, palestra, si cerca un nuovo tono, non già per sedurre, ma per favorire la metamorfosi. La percezione di se stessi Ci sono esperienze che si possono fare solo quando non si è in coppia (così come ci sono esperienze peculiari, insostituibili, dello stare insieme): incontri segreti, anonimi, unici; notti fuori, viaggi improvvisi, cambi di programma che aprono a meravigliosi imprevisti; cavarsela da soli, sentire il proprio tempo, rischiare, sparire, andare via, annullarsi, riapparire; vedere chi si vuole, quanto si vuole, abusare un po' di se stessi, prendersene la responsabilità, permettersi una pigrizia, nuotarci dentro; sentire mancanze, capire cosa manca davvero, cosa non manca, fare gli zingari, perdersi, ritrovarsi. Sono tutte esperienze che offrono, uniche, una nuova percezione di se stessi, che fanno approdare a una "profondità del sentirsi" che in coppia non è possibile. O, meglio, è possibile ma su altri livelli e in ambiti parzialmente diversi. Sono anzi esperienze per molti versi fondamentali per una futura vita di coppia, perché ci portano a essa, quando la incontriamo, più in contatto con noi stessi, più noi. Sdraiarsi dentro di sé Diceva qualcuno che un uomo è grande quando riesce a sdraiarsi dentro se stesso». Ecco: quella è una peculiarità del single felice, che gode di una solitudine che in realtà è la prima vera forma di compagnia e di socialità: il rapporto con se stessi, la compagnia di sé a se stesso. Possono sembrare parole, ma non è così. Sto parlando di esperienze che diventano patrimonio cerebrale, neuronali. Se i nostri neuroni non vivono queste emozioni si strutturano in modo diverso, carente. Sentirsi consistere C'è qualcosa di fondamentale nell'esperienza della solitudine sentimentale: si impara a sentirsi vivi anche se non c'è qualcuno che ti pensa, che ti da vita con il suo amore. Non deve essere sempre così, certo, ma sentire questo è determinante affinchè il nostro cervello e il nostro corpo sentano di avere un fondamento interiore , qualcosa che ci fa esistere dal di dentro. In tal modo si acquisisce un'autostima altrimenti non contattabile, che 'serve poi per vivere bene l'eventuale futuro rapporto di coppia ma anche tutte le altre relazioni, non ultime quelle professionali. È l'esperienza del sentire la Pietra interiore , di cui parla lo psicanalista Gustav Jung riferendosi anche agli antichi alchimisti. La condizione di single, vissuta in modo sano e consapevole, è un buon terreno per approdare a tale percezione della propria essenza o, meglio, consistenza.

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Prospettiva privilegiata In tale senso ecco che essere single non vuol dire certo essere soli. Anzi: il vero single può sviluppare una tale percezione di sé, sottile, intensa, ricca di quel sentimento che i latini chiamavano pietas, che l'incontro col mondo diventa più facile, empatico. Si ha finalmente un punto di osservazione privilegiato: se stessi. Quando ci percepiamo di più è più facile amare, sentire le vibrazioni dell'universo che ci circonda: gli altri esseri umani, il mondo animale e vegetale, la natura nel suo insieme. Si può avere la percezione, per nulla mistica anzi molto concreta, di sentirsi in vibrazione usando sempre le parole di Jung "con il grande mondo delle stelle". Anche nell'estasi amorosa questo è possibile. Sono strade diverse e viverle entrambe, ovviamente in tempi diversi, può essere un'esperienza di enorme importanza. È fuori dai modelli e dai cliché. Coincide con la sua vera natura. Non fa confronti e divisioni fra single e accoppiati. Attinge al proprio mistero individuale. È disponibile a una continua trasformazione. Sente la propria unicità e consistenza.

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CAPITOLO TERZO

DALLA PAURA DELLA SOLITUDINE AL PROPRIO MISTERO La solitudine può diventare creativa, portarci a realizzare la nostra vera natura, il nostro talento. E darci la gioia di vivere. Scopri da queste testimonianze cosa puoi leggere dentro di te. Solitudine: problema tecnico Raffaella, 26 anni, da quando ne ha 14 non sta da sola: finito un legame sentimentale ne inizia subito un altro, senza neanche un giorno "libero". Passa da una storia all'altra senza fermarsi, senza pensare, quasi senza soffrire. E in ogni storia rimette in atto sempre gli stessi meccanismi. Prima di lasciare il partner del momento si accerta che un altro sia pronto, e quando è lei a essere lasciata ha già disponibile quella che chiama "ruota dì scorta".

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Gianni, 35 anni, ha avuto quattro storie sentimentali, della durata di qualche anno ognuna, con donne o ragazze che venivano "recuperate" il prima possibile dopo la fine di una storia. Con nessuna si è mai trovato bene e forse non ha amato veramente nessuna, ma l'idea di passare una sera in casa da solo è sempre stata assolutamente insopportabile». A volte intimamente vorremmo stare da soli, almeno in certi periodi. Il nostro inconscio sa di cosa ha bisogno. Eppure continuiamo a cercare la coppia, ossessivamente, automaticamente, proprio perché tecnicamente non abbiamo imparato a stare da soli, fin da piccoli. Forse abbiamo appreso che da soli "non va bene", o forse da spIl non ci hanno mai lasciato, chi lo sa? Così ci rifugiamo nella coppia, come Raffaella e Gianni, due persone in fuga da se stesse. Chi ci ha fatto venire così paura della nostra stessa presenza? Sìngle vuoti, in attesa di vivere Giulia, 29 anni, avvocato promettente e vincente, sicura e assertiva nel suo lavoro, ha alle spalle tre storie terminate tutte allo stesso modo: i fidanzati le hanno detto che lei non sapeva di niente, che non avevano più niente da dirle, che non sentivano la sua presenza. Frasi che hanno indebolito ulteriormente il punto debole di Giulia: la paura di non avere dentro niente, di essere vuota, insignificante. Oggi Giulia vive ogni incontro con gli uomini paralizzata dall'ansia da prestazione, dal terrore di non avere niente da dire e di non "risultare interessante". Carla, 36 anni, commessa, alterna periodi da sìngle a periodi in coppia, ma col pensiero fisso di trovare un uomo avvincente che mi faccia amare la vita, che mi faccia sentire bella, che mi faccia vivere». Gli unici momenti nei quali Carla si è sentita esistere sono state le storie di coppia, mentre i periodi da single erano solitudine da fuggire il prima possibile. Nessuna di queste due donne ha la percezione di se stessa, del mistero che le abita, di cui prima parlavo. Giulia conosce alla perfezione le regole esterne, che governano la società, ma è totalmente inesperta delle leggi interiori , quelle dell'anima. Non ha mai acquisito gli strumenti psichici per cogliere un po' della sua profondità, non riesce a presentarsi al di là del suo curriculum, non sa come riempire i silenzi di una conversazione con un uomo, silenzi che significano: io sono vuota, inconsistente, non vado bene. Cosa non vera, ma in effetti questa ansia impedisce anche all'uomo di penetrare anche un po' nella sua anima, perché lei si difende. Essere single è una conferma del vuoto, che nessuno la vuole; essere in coppia sarebbe la soluzione, ma è sempre fallimentare. Carla è lontanissima da se stessa, non si abita, non si vive. Aspetta di essere vissuta da un partner meraviglioso che le dia vita come un mago anima gli oggetti. Ecco: si aspetta di essere rianimata, come se fuori da un rapporto di coppia fosse anestetizzata, dormiente, nulla. Essere single per lei vuol dire solo stare lì, in attesa di vivere. L'altro per Giulia;.,; non solo è l'interruttore, ma è anche la luce.

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Il bello di essere single La coppia obbligata Diverse persone stanno in coppia perché non sanno viversi da single, pur avendone intimamente bisogno, almeno in alcuni periodi. Sono in qualche modo costrette a sopportare la vita di coppia, anche senza passione e con molti compromessi, e in tal modo non godono la componente libidica, animale, insita nell'incontro sporadico, nell'avventura, sognandola poi magari dall'interno della coppia. Sia chiaro: non che questo debba avvenire per forza, ma sapere almeno che, in certi periodi questo è possibile, anche se poi non si realizza, offre l'idea di una libertà di cui è importante fare esperienza. Single, cioè al centro di sé Emerge così una caratteristica del vero single felice: non è in fuga da niente. Non sta scappando dalla coppia, non sta fuggendo da se stesso, non sta combattendo guerre in difesa o in attacco, non si sente tagliato fuori dall'esistenza e dalle cose che accadono. È lì, con la sua vita, e ha l'opportunità, più diffìcile da trovare quando si vive la passione e o i problemi della coppia, di guardarla scorrere, di contemplarla senza giudicare. Essere single è la possibilità di essere al centro senza essere egocentrici. Single, opportunità pratiche Essere al centro vuol dire anche conoscersi, imparare cose di se stessi. La singolitudine è un momento di conoscenza di sé e di apprendimento, una condizione unica e particolare, che si diversifica notevolmente dalla vita di coppia, dove si apprendono tante cose ma per dipendenze reciproche non se ne imparano altre. Possono sembrare piccole cose ma in realtà hanno valenze profonde per la nostra anima. Molte donne per esempio, finché sono in coppia, anche se hanno, la patente non guidano e disimparano. Da single devono, se vogliono avere una vita, riprendere a guidare, muoversi nel traffico, imparare strade, orientarsi, cavarsela. Cose banali, a cui non hanno mai fatto caso perché le faceva il partner, vanno imparate, per esempio fare benzina al self service. La single che riprende a guidare la macchina... davvero riprende a guidare anche la sua vita, lei in persona. E a respirare un'autonomia e una libertà che forse, nel prossimo rapporto non andranno più perdute, a benefìcio del rapporto stesso. Per gli uomini vale lo stesso. Per esempio occuparsi della casa, quando in coppia molte cose venivano lavate e stirate come per magia da chissà quale fatina, cucinare, scegliere cosa comprare per cena. L'uomo che si prende cura della casa e del cibo che mangia... davvero torna a riprendersi cura, in modo centrale, della sua vita. Il vero necessario In questo processo si entra a contatto con una dimensione sottovalutata: quella del necessario, del vero necessario a se stessi. Più ' consapevoli di alcuni limiti che in coppia non si vedono, si pongono alla realtà domande più precise e calibrate sui veri bisogni. Cose molto pratiche, utili all'intima natura della persona, che magari in una relazione precedente si erano trascurati e che poi avevano fatto in realtà "saltare il tappo" alla coppia: per esempio, anche solo il fatto di avere un po' di tempo tutto per sé, o il fatto di restare un po' da soli, o alcune abitudini gradite da fare nel modo in cui lo si è sempre fatto. LA TESTIMONIANZA Massimo è single da quasi un anno, dopo un matrimonio fatto con amore e tutti i crismi del "bel " ? matrimonio" riuscito bene, ma durato solo 5 anni. All'interno della relazione con Marina si era adattato al ruolo di bravo marito dedito alle esigenze della coppia, modello richiesto da Marina e dalle due famiglie di origine, molto presenti. Tutto veniva fatto insieme, dalla scelta dì qualsiasi acquisto all'impiego dell'intero tempo libero, alla spesa. Una situazione idilliaca che però è diventata ben presto Claustrofobia. Massimo sviluppa attacchi di panico che lo spingono a mollare tutto, pur con grande dolore, e va a vivere in un'altra città, da solo. Dopo qualche mese di sofferenza struggente, riprende il timone della sua vita e scopre, forse per la prima volta, non solo il piacere, ma anche la necessità "primaria", strutturale di essere lui a scegliere alcune cose per la casa, in piena autonomia, di organizzare una parte del tempo sui suoi ritmi interiori, di cambiare programma all'ultimo momento e via dicendo. In poco tempo rinasce e guarda avanti con fiducia e molta più comprensione per se stesso.

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Penetrare i misteri Dice Jung in una delle ultime, preziose interviste prima della sua morte: I matrimoni totalmente incentrati sulla comprensione reciproca sono nocivi per lo sviluppo della personalità individuale: sono una discesa al minimo comun denominatore, un po' come la stupidità collettiva delle masse. Inevitabilmente l'uno o l'altro dei due comincerà a penetrare i misteri». Ecco: a volte si diventa single proprio per questo motivo: penetrare il proprio mistero, indagare i misteri dell'incontro con l'altro sesso, cosa che in "quel" tipo di coppia non si è riusciti a fare per tutta una serie di identificazioni e di ruoli che hanno impedito fra i due partner un incontro vero. Era un incontro in totale buona fede, sia chiaro fra immagini che ognuno aveva di sé e dell'altro, e uno dei due non ci è stato dentro, qualcosa l'ha richiamato o chiamato per la prima volta nelle sue profondità. Si faceva solo ciò che si poteva fare insieme, ma non in senso ampio: solo per come ci si vedeva reciprocamente sulla base di quei ruoli, modelli, aspettative. Dunque uno spicchio limitatissimo delle proprie potenzialità e di quelle della coppia. Nessun rancore, nessun disastro Uscire da un matrimonio o da una storia lunga e intensa e diventare single carichi d'odio, di rancore e di rabbia, pensare che tutto è stato solo tempo buttato e chiudersi reattivamente nella singolitudine dicendo Basta, i rapporti di coppia sono solo dannosi» è la vera sconfitta. Uscire da una storia pensando solo che sia un "disastro" e starsene lontano dai sentimenti quasi con disdegno non è da vero single. È da perdente, da fuggiasco, da vittima, da egocentrico. I rapporti, vissuti consapevolmente, sono i maestri. I veri maestri. Non c'è una sola persona, che abbia fatto dei veri salti di coscienza, che non debba ringraziare i rapporti sentimentali che ha avuto, con tutte le loro contraddizioni, gioie, dolori, scoperte, mancanze. Essere single dunque non è la situazione dello sconfìtto, di colui che si ripiega leccandosi le ferite. Il single, proprio perché passato dal dolore della perdita e della separazione pur di ritrovare la propria natura, è un uomo che ha ripreso il viaggio della conoscenza interiore , dopo l'esilio da se stesso in un rapporto "non affine" o che aveva finito il suo ciclo. Accettare la provvisorietà IL single post-rapporto dunque ha la possibilità di penetrare i misteri che un certo modo di stare in coppia gli impediva. È un uomo che cerca, anche se spesso non sa bene che cosa sta cercando, e il mistero è anche questo. Una persona che si ridisegna, che ha la grande possibilità di cambiare forma, ancora una volta, e rientrare nel grande ciclo della trasformazione che "quella" relazione non permetteva. Proprio per questo motivo il vero single non è contro, non si oppone a nessuno status, non fa guerra allo stare in coppia. Il single è in pieno viaggio dentro di sé, e, se davvero vuole vivere e succhiare come diceva Robert Frost, poeta americano di fine '800 tutto il midollo della vita, deve essere pronto a perdere la sua stessa condizione di single quando accadesse di incontrare una relazione. La percezione e l'accettazione della possibile provvisorietà dello status di single è condizione necessaria per la sua felicità, per la sua libertà. Sei un vero single se non sei attaccato al fatto di esserlo. Il single, funzione della natura Tuttavia non dobbiamo dimenticare che il cervello umano ma anche l'umanità nel suo insieme riassumono l'intero percorso dell'evoluzione della vita. E che dunque l'umanità contiene funzioni in analogia con l'intero mondo vivente. Così, come ci sono animali nati per vivere in branco (per esempio zebre ed elefanti) o in coppia (per esempio orche e alcuni tipi di uccelli), allo stesso modo ci sono animali solitari (il giaguaro americano, il polpo, l'orso) nati per vivere la gran parte del tempo da soli. Non fatti per legarsi a un gruppo o a una coppia, ma per lottare e godere dell'esistenza contando solo sulle proprie forze, sulla propria compagnia; cercano l'altro solo durante l'estro, si accoppiano e poi riprendono il cammino, da soli. La natura esprime una funzione single a ogni livello di organizzazione vivente, e dunque anche nell'uomo. Non siamo tutti lo stesso "animale-uomo": ci sono persone da branco, persone da coppia e persone da single. Lupi solitari Attraverso la funzione "single" l'universo esprime qualcosa di unico in una forma unica e irripetibile, né migliore né peggiore, semplicemente quella. Il single "per natura" non invidia nessuno, né sviluppa cinismo o sarcasmo con chi sta in coppia: lui è altro, e si basta. È ovvio che persone così non sono tantissime ma neanche poi così rare devono identificare la loro intima natura solitària, quantomeno sentimentalmente. La cultura dominante infatti, se da un lato riconosce al

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single una sua dignità, dall'altra spinge comunque all'omologazione: doversi sposare per cultura, per tradizione, per religione; dover cercare l'anima gemella perché se stai da solo... soffri. Un vero single solitario non riuscirà mai a star bene in una qualsivoglia relazione. L'importante è non considerarsi tali come scusa per non affrontare il mondo delle relazioni.

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CAPITOLO QUARTO IL SINGLE E GLI ALTRI Nonostante la cultura "ufficiale" sia molto più aperta di un tempo alla condizione di single, chi non è in coppia tutti i giorni ha a che fare con un mondo che proietta su di lui aspettative, tematiche personali irrisolte, sguardi curiosi e compassionevoli, invidiosi e attoniti. A partire dalla famiglia. l single e la famiglia di origine Sono rari i casi in cui i genitori sono talmente liberi e aperti, talmente appagati dalla propria esistenza da non dover buttare su un figlio una gran quantità di aspettative e di frustrazioni individuali e di coppia. Nell'angolo più remoto della mente di un genitore che si proclama "moderno e aperto" c'è comunque la speranza radicata che il figlio trovi il partner ideale o almeno "qualcuno che gli voglia bene". Nella maggior parte dei casi il single ( magari già da qualche anno ( è bombardato, sia che sia felice o infelice, da messaggi che segnalano la fretta, l'esigenza di vederlo accoppiato a qualcuno, in certi casi non importa a chi. < Tali forti aspettative, su chi è single indeciso e non consapevole delle potenzialità della sua condizione, possono agire in modo molto negativo: un figlio che "non mette su famiglia" è una delusione, non si parla di lui volentieri con amici che hanno figli sposati con prole (anche se poi questi magari sono al lumicino esistenziale e sessuale). Il figlio sente il peso di questo "tradimento di attese" e può commettere facilmente, se non si ancora a una qualche forma di autoconsapevolezza, l'errore di accontentarle. Un figlio troppo obbediente Gianluca, 36 anni, stava davvero bene, in armonia con se stesso e il suo giro di amici, con un lavoro che gli piaceva e una leggerezza e una facilità dell'esistere che molti gli invidiavano. I genitori però pressavano in modo quasi ricattatorio perché lui si fidanzasse con la bellissima figlia di vecchi amici, che peraltro era cotta di lui. Ma Gianluca non era pronto, o non voleva, o non l'amava. In otto mesi si ritrova sposato, con un mutuo da due milioni al mese che lo costringe a lavorare quasi il doppio, con la moglie in attesa di due gemelli, in una zona della città che detesta, con poco tempo per tutte le sue passioni. In tutto questo stress, tra l'altro, la prima cosa a rimetterci è il desiderio sessuale, praticamente a zero, a Non c'è dubbio, Gianluca si è fatto convincere, perché era ancora molto dipendente dalla famiglia di origine e forse solo l'attuale malessere potrà speriamo indurlo a diventare più autonomo. Questa breve storia è comunque ciò che può accadere quando le pressioni genitoriali si fanno molto insistenti e silenziosamente ricattatorie. Quanti danni, quante lesioni anche molto gravi, può provocare il trasmettere continuamente da parte dei genitori che non sei nei canoni, che non gli hai dato un nipotino! Cosa vogliono ancora dal figlio questi genitori? Quale vuoto devono riempire? A volte la presenza dei genitori crea dei single che invece volevano stare in coppia, come racconta il caso di Giovanni. No ai ricatti dei genitori Giovanni, 32 anni, single da tempo, si innamora di Viviana, 35, madre di un bambino di 4, separata. Non ci sono dubbi: è la donna della sua vita. Intesa sessuale perfetta, divertimento e risate, lo stesso modo di voler bene, capirsi con uno sguardo. Ma c'è un problema: i genitori di lui abitano tutti in un paese alle porte di una grande città non accetterebbero mai che il loro unico figlio sposi una ragazza madre. Non è cosa!», dice la madre, mentre il padre annuisce. E lui, dopo spaventosi conflitti, incredibilmente molla Viviana e il bambino che già lo chiamava papà e a cui era affezionatissimo. Oggi, a distanza di sette anni, Giovanni e Viviana sono ancora soli. A tutto questo è necessario dire un secco no. Certo: il senso di colpa è dietro l'angolo, ma a quanto risulta nessuno è mai finito al pronto soccorso per un "senso di colpa acuto da nipotino mancato". C'è qualcosa di perverso, di violento, in questa richiesta, mascherata da "volere il tuo bene", quando in realtà è riempire il proprio vuoto che i genitori vogliono davvero. C'è una cosa che dobbiamo tenere presente, e questo vale sia per i single che per gli accoppiati: un genitore felice, a posto con il proprio passato e con una vita ancora piena, non insiste mai nel volere il bene del figlio. Semplicemente sta lì, gli lascia trovare la sua strada. Può dare qualche consiglio, su richiesta, ma

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per il resto lo contempla, lo osserva mentre lui trova la sua forma. E non gliene importa nulla se non è secondo i canoni, perché lui è il primo a sapere che per essere felici bisogna soltanto coincidere con la propria natura. Se dunque i genitori sono delusi dalla nostra "singolitudine", di cui evidente-mente non colgono la bellezza e l'unicità, è perché sono infelici loro, non sono stati capaci di fare il proprio bene. Sono più soli loro, in coppia, che noi da soli. E allora che cosa ci possono dire, come possono sapere qual è il nostro bene? Io ho già sbagliato, non voglio che ti rovini la vita anche tu» dicono. Appunto, non rovinarmela tu per primo. Ma io non voglio che fai i miei errori». E infatti io non devo fare i tuoi errori, devo fare i miei, imparare da essi. Se sei single e hai genitori delusi, osservali: sono soli. Gli vorrai ancora più bene, mentre continuerai per la tua strada. Ricorda: solo vivendo fino in fondo la tua ghianda sarai felice, e la tua ghianda non può viverla nessun altro. Il single e gli amici Gli amici sentono il single come una presenza controversa. Dipende infatti dal tipo di single con cui hanno a che fare. Se è il single "sfìgato", obbligato, quello che la vive male, la sua presenza viene sentita in genere come tranquillizzante, anche se un po' pesante e noiosa, sia da chi sta in coppia sia da chi ha "intenzioni" verso qualcuno del gruppo di amici. Viene guardato con una certa tenerezza, tutti gli vogliono bene, cercano di presentargli qualche possibile partner scegliendo quasi sempre fra persone che loro non guarderebbero mai, talora viene "adottato" da una coppia o da un piccolo gruppo di coppie, di cui diventa tristemente la mascotte e o uno degli elementi di equilibrio delle coppie stesse. Questo single, se vuole uscire dalla situazione, deve cambiare giro. Senza mollare del tutto questi amici, deve trovare nuovi spazi, nuovi incontri. Non può stare in attesa di presentazioni da parte di persone a cui, inconsciamente, forse sta bene che lui resti in quella condizione. Se il single è sereno il single "risolto" allora il discorso è diverso. La sua presenza viene sentita come potenzialmente minacciosa da chi sta in coppia: la sua serenità, la sua mancanza di fretta, il suo benessere, la sua misteriosità esercitano fascino e magnetismo ed egli può diventare un pericoloso rivale o una spina nel fianco ( anche a sua insaputa ( della coppia. Una parte degli amici, che fino a quando lui stava in coppia lo guardavano senza timori e in amicizia, non lo vive bene e comincia a criticarlo davanti agli altri quando lui non c'è. È facile, da single risolti, essere rimproverati per inesistenti "mancanze" o menefreghismi nei confronti degli amici. Sono critiche infondate, che fanno male e che rivelano l'equilibrio precario di alcune amicizie. LA TESTIMONIANZA In un gruppo di amici ci sono Francesco, 34 anni, che sta con Alessia, 33, e Rudy, 30, che sta con Federica, 28. Sono due coppie "storiche", sempre in vacanza insieme, al cinema, nelle situazioni difficili. Francesco e Rudy, peraltro, sono amici fraterni da oltre quindici anni. Ma un giorno, con grande decisione, Rudy lascia Federica. Non ha interessi per altre e fa vita di single, allegro ed entusiasta. Francesco, da quel momento, inizia a temere che Alessia possa provare interesse per Rudy, così magnetico e trascinante, anche se né Rudy né Alessia danno segni di interesse reciproco, al di là della consueta amicizia. Non bastano le rassicurazioni prima di Alessia, sottoposta a una grande pressione, e poi di Rudy: Francesco perde la bussola e fa di tutto per mettere la compagnia contro Rudy, riuscendoci solo in parte. Le cose fra loro comunque cambiano, la spontaneità viene meno e l'amicizia finisce, per riprendere, con grande fatica di Rudy, solo quando Rudy si mette con un'altra donna. Luoghi comuni sulla donna single In altri casi ci si aspetta dal single che, proprio in quanto single, sia più disponibile e abbordabile. Si pensa che sia "in cerca" di un partner, o di avventure. "Sei single, quin-di stai cercando" è un luogo comune che può rendere la vita difficile, in particolare a una donna. Se poi si tratta di una donna separata l'equazione single -separata = affamata è purtroppo quasi ovvia. La donna single, soprattutto se è bella o carina, non può essere concepita come single. Gli uomini le proiettano addosso la loro voglia di corteggiarla, attribuendola anche a lei. Appena si sa che è single, in ogni ambito, da quello professionale a quello amicale, partono inviti, corteggiamenti spietati, continui, senza sosta, che talora scadono nel grottesco e nel comico, talora in vere e proprie molestie. Il capufficio o il superiore, sposato con numerosa prole, si sbilancia e offre privilegi, gite in barca in luoghi esotici per weekend clandestini, richieste di accompagnarlo a convegni reali o inesistenti. C'è chi passa dal lei al tu, colleghi che si fanno la guerra per pranzare con lei, chi attua appostamenti e strategie per far accadere incontri casuali. La donna single ( che voglia rimanere tale, almeno per un po' deve gestire un intero

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mondo psichico e ormonale maschile in pieno subbuglio. Cosa non facile perché l'uomo medio, e spesso anche quello culturalmente un po' più evoluto, non può pensare che una donna possa restare sola per un po'. Dice fra sé: Finge, fa la sostenuta, ma in realtà sta per cedere». L'amico fraterno e il parente Ma non si tratta solo di colleghi e di amici "di superficie": una donna "singola" deve aspettarsi ciò che mai avrebbe pensato. Sì, proprio lui, quell'amico fraterno con cui si è anche dormito in tenda insieme ammucchiati mentre lei stava con un altro, il confidente, il confessore, l'omino sessualmente innocuo (con lei) da 1020 anni, proprio lui, quello che l'ha aiutata a conoscere due o tre grandi amori, che le ha porto il fazzoletto quando veniva lasciata, ebbene lui... si dichiara, ci prova, candidamente, un po' maldestramente, dice che da anni aspettava, in silenzio, che non osava ma che da sempre... La donna si stupisce, ride, incredula, eppure la sua situazione da single rischia di mandare a monte una vecchia, solida amicizia. La necessità di messaggi chiari, nitidi è assolutamente palese, ma c'è da dire che spesso non basta. Tant'è vero che il crollo dell'amico fraterno non è ancora il massimo che può accadere a questa donna che cerca un po' di privacy ed eventualmente avventure "fuori dal consueto coro". C'è di più: un parente acquisito o un cugino di primo grado, rigorosamente sposati, che da sempre hanno fantasie nascoste su di lei, trovano modo di palesare la loro carica libidica in modi di cui è difficile che nessuno non si accorga, soprattutto durante feste natalizie e ritrovi familiari. La guerra delle mogli Altra condizione tipica della "singolitudine" femminile è la conseguenza dell'attivazione maschile appena esposta: la rivalità che le donne sposate o comunque in coppia scatenano nel tentativo di difendersi da quella che considerano una "mantide", una potenziale sfasciafamiglie, una mina vagante che può sedurre il partner. Non si tratta solo di un fastidio o di una gelosia, come abbiamo visto in precedenza, con una situazione specifica, ma di una sorta di guerra "a prescindere" per annientare il "nemico". La single non sfigata è comunque vista di malocchio prima ancora di conoscerla, la guerra spesso è addirittura preventiva. Gli uomini peraltro mascherano male il loro interesse per un'altra davanti alle partner, soprattutto quando sono in compagnia. Le partner sorridono al momento, ma faranno pagare tutto. La single deve sapere che non le verrà perdonato nulla, neanche quello che non ha fatto, e che molti suoi atteggiamenti normali verranno scambiati per ambigui e minacciosi. Bisogna avere una grande conoscenza e padronanza di se stessi per gestire tali situazioni e non sentirsi perseguitati, riuscendo a vedere queste reazioni come problemi degli altri, come segnali di fragilità di coppia e di insicurezza individuale, non dicendosi Forse c'è qualcosa che non va in me». Gli altri ci vivono per come hanno bisogno (inconscio) di viverci. Il single e il lavoro Sola, dunque disponibile Aurora, 35 anni, è separata da. sei mesi. È in una situazione economica difficile: ha bisogno di un lavoro fìsso. Lo trova in un poliambulatorio medico come assistente. È brava, conosce il mestiere ma... si viene a sapere che è single, separata di fresco. E incomincia subito un Circo Barnum di offerte sessuali e sentimentali di ogni tipo. Ogni giorno deve fronteggiare medici e dentisti in carriera, sposati e non, che le rendono faticosissimo lavorare e creano situazioni imbarazzanti al limite del mobbing: proposte di happy hour galeotti, strane disdette di pazienti che creano spazi per stare soli con lei, offèrte di cenette con motel aggiunto, tentativi di baci e sfioramenti ambigui durante il lavoro, complimenti pesanti, a cui Aurora teme di reagire con forza per paura di perdere il lavoro, anche alla luce delle discutibili sentenze giu-diziarie che hanno assolto capuffici schiettamente molestanti. Sta cercando un altro lavoro, ma se tutto il mondo è paese... La storia di Aurora conferma quanto dicevamo in precedenza: la single sul luogo di lavoro deve combattere una vera e propria guerra, che è anche una guerra sui luoghi comuni maschili e maschilisti su queste situazioni. Tali luoghi comuni, rinforzati da dozzinali discorsi camerateschi fra uomini in pausa pranzo, è infatti che la donna, indipendentemente dal suo status sentimentale, sia in cerca, abbia sempre voglia di far l'amore e di storie parallele alla vita che già conduce. In ogni caso,

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che sia sessualmente insoddisfatta. Sfruttato e spremuto Sul lavoro il single, sia uomo che donna in questo caso, corre un altro rischio: quello di essere sfruttato, utilizzato e spremuto più di un lavoratore che "tiene famiglia". Gli si chiede di fermarsi di più, di fare più straordinari. Ci si attende dal lavoratore single più dedizione, meno giorni di malattia, più disponibilità a viaggiare, a essere trasferiti in sedi lontane. L'assenza di una famiglia è lavorativamente un punto debole, come se il fatto di avere più spazi per sé debba esser subito "pagato". Il single impreparato a questo rischia un sovraffaticamento che lo può portare anche in breve tempo a patologie e disturbi psichici e fisici. Se sei single devi sapere una cosa: che se nella tua vita si apre uno spazio, se hai del tempo libero, il mondo lavorativo e la società in genere tenteranno subito di occuparlo, come per un effetto di diffusione osmotica. Hai mezza giornata libera e tutte le sere a disposizione, più il weekend? Troppa grazia: stai tranquillo che il capo ti darà del lavoro da portare a casa a cui "non si può dire di no", oppure un cambio improvviso di turno, o una sostituzione. Uno o due amici ti chiederanno di accudirli o accompagnarli da qualche parte, poi sbucherà un ritrovo di vecchie conoscenze a cui non si può mancare. Infine la famiglia di origine svilupperà una qualche problematica che chiederà il tuo coinvolgimento. Il mondo è come l'acqua: se non lo fermi penetra ovunque ci sia uno spazio vuoto. Il single-macchina Molti single poi colludono con questa strana legge della vita sociale. Proprio per il fatto di avere più tempo, lo impiegano tutto o quasi per il lavoro. "Ne approfitto" è il pensiero. Mi massacro di lavoro per fare più soldi, per fare carriera, per far di più del mio concorrente, per essere più competitivo, per essere irreprensibile, per far vedere ' che lavoro tanto ai miei genitori o agli amici. In realtà questo single non ne sta approfittando, ma sta approfittando di se stesso. Non ha imparato, non intuisce che quel tempo vuoto, "inutile", è sacro, è il più utile alla ricreazione e rigenerazione del corpo e del cervello. E arriva a non staccare più: lavoro, lavoro, lavoro e nient'altro, e nessuno spazio per sé e per incontri veri. Questo non è un single: è una macchina destinata al logorio. Viene il dubbio che i motivi per cui lo fa nascondano altro: per esempio, il fatto di non sapere quali sono i propri bisogni, i propri gusti e passioni. Si apre un vuoto e lo si occupa con il dovere. Magari anche con un lavoro che piace, ma che non deve comunque riempire tutta la settimana della persona. Chi fa così non si conosce. Ha paura del tempo vuoto e lo "tappa" subito, lo soffoca, prima che possa dire qualcosa di lui, per esempio che quella vita non gli va. lo con le donne (o con gli uomini) ho chiuso». Peccato: vivrai in difesa, senza più l'imprevisto di un incontro magico. .. ,A lo non credo nella coppia». Non è un atto di fede. Ricordati che sei nato da una coppia. E finché scappi non puoi essere un single risolto. Gli uomini (le donne) sono tutti stronzi». Basta generalizzare. Ti arrocchi in una solitudine vittimistica da cui nessuno verrà a prenderti. I figli danno solo problemi». Cosa sei diventato per non riuscire a godere l'età che più può insegnare qualcosa a noi adulti? Quale triste "serietà" stai rincorrendo? Non voglio arricchire gli avvocati». Sì, c'è un mondo che campa sulle crisi coniugali. Cerca il vero perché, butta la maschera del cinico esperto di vita. Non mi faccio più mettere il cappio al collo». Ma davvero non hai imparato niente di più dalle storie del passato se non il fatto di starne lontano. Non ci credo. Sei ancora ferito. II mondo ce l'ha su con me». Non è vero: è semplicemente annoiato da queste tue frasi e ti evita. Esci dall'egocentrismo che non ti porta a nulla e cerca di osservarti con occhi puri. Sono in stand by». Essere single non vuoi dire aspettare un miracolo che ti rianimi. Vivi ora. Da evitare, in assoluto, le parole sfiga, sfigato, sfortuna, fallimento, sconfitta, disastro.

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Evitare i cliché del single Oltre a non pronunciare queste parole dobbiamo evitare di cadere nel modello del single che fa "le cose da single". Essere soli è l'opportunità di vivere in piena libertà ciò che siamo, ciò che ci piace. La pressione socio-culturale invece, per motivi ovviamente di business, spinge il single a vivere secondo certi canoni che fanno "trend" e sono un "must" (terribili espressioni che già ricalcano un modello!). C'è tutto un mercato che si fonda sul modo di vivere il tempo libero, la vita sociale, le avventure erotiche da single. O, meglio, secondo lo stereotipo del single dettato dal mercato stesso. Un ; modo di vestire, di fare turismo, di viaggiare e via dicendo... ormai omologato. Il vero single, secondo questi dettami, "deve" fare certe cose e "non deve" farne altre. Molti cadono in questa trappola e, in nome di un'identità comoda e fasulla ma esibibile e accettabile rinunciano all'espressione autentica di sé. Il mercato del single Basta perdersi di vista un attimo, sentirsi smarriti e subito la tendenza del mercato ti tira dentro, illudendoti di darti la vera felicità se farai le cose in un certo modo. Si comincia con vestiti "alternativi", che magari non ci piacciono ma che "fanno la differenza". Si frequentano luoghi, feste, ritrovi dove ci sono altri single: quel ritrovo, quella discoteca è, appunto, un must; quella spiaggia in quel momento della stagione è molto glamour, e via dicendo. Fino a fare quello che molti single maschi esibiscono come un fiore; all'occhiello, e che invece tradisce spesso un immane senso di solitudine: il turismo sessuale. Sono andato a Cuba e mi sono fatto tre cubane e due dominicane». Per carità, il problema non è di tipo morale. Se si è divertito tanto meglio, e così speriamo per quelle cinque donne (ammesso che ci siano state davvero). Il problema è che il tutto avviene in un modello obbligato: conta l'elemento esotico, il numero delle donne "conquistate", il luogo che fa moda. Il problema è il fatto di doverlo raccontare per sentirlo vero, per avere l'ammirazione degli amici. Se quel modello desse felicità non ci sarebbe nessun bisogno di esibirlo. E forse ci sarebbe anche uno sguardo più umano per queste donne d'oltreoceano, che per una notte si sono illuse di essere portate in Italia a fare una vita diversa. Quando si segue un] modello non si "sente" l'altro, e non c'è pietas per lui. Ritrovi tra sfigati E poi c'è un altro stereotipo del single, non dettato dal mercato: i single che si trovano fra loro. Sono persone che non hanno alcuna affinità fra loro e sì incontrano la sera oppure fanno insieme le vacanze accomunati dal solo fatto di non avere legami sentimentali. LA TESTIMONIANZAA Giorgio, Matteo e Davide, 35, 32 e 41 anni, facevano parte di una grande compagnia di amici che si è sfaldata man mano che ognuno trovava un partner. Sono rimasti loro tre, single e così, benché abbiano gusti e umorismo diversissimi, hanno deciso di fare insieme una vacanza di 20 giorni in un'isola greca. Qui le totali non affinità hanno portato tale nervosismo e malessere alla convivenza che i tre non sono neanche riusciti a conoscere e ad abbordare nessuna donna, come invece speravano prima di partire, e sono tornati quattro giorni prima, esausti. Tali frequentazioni espongono a un grande dispendio energetico, rabbia, litigi e nervosismo. Teniamo presente che da single, ancor più che in coppia, è importante l'incontro autentico con le altre persone. E questo a prescindere dallo status sentimentale dell'altro. Se c'è affinità, pur nella diversità di contesti e di caratteri, un incontro è sempre arricchente, perché il livello di comunicazione è più profondo e fluido. E dove c'è fluidità non c'è fatica, ma rigenerazione. Non dividiamo il mondo, come faceva invece il megapresidente di Fantozzi, tra "scapoli" e "ammogliati". Prendiamo gli altri semplicemente come persone, ognuna col suo mistero, e facciamo lo stesso con noi. Tolte le etichette c'è la vita.

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C'è tutto un campionario di frasi e luoghi comuni che giungono dall'esterno da cui bisogna difendersi e non lasciarsi influenzare. Ecco una breve traccia. FRASI DEI GENITORI Dove abbiamo sbagliato con te?». Forse l'errore più grande che possono commettere è farti questa domanda, che implica che tu sei il loro fallimento. Fingono di assumersi una responsabilità, togliendoti il libero arbitrio e sminuendo tutto il tuo essere e i tuoi sforzi. Quando metterai la testa a posto?». E se la tua testa oggi fosse già al suo posto, che non è quello che pensano loro? Abbiamo fatto dei sacrifici e adesso vogliamo vederti sistemato». Qui a loro sfugge il concetto di gratuità: speravamo che l'aveste fatto per amore e per vedere vostro figlio lìbero e felice. Prima di morire riuscirò a vedere un nipotino?» Tenera, comprensibile richiesta della mamma, da non sentire però come ricatto che spinge a scelte affrettate. Se sei da solo ci sarà un motivo». Dura critica faziosa da respingere con forza. Chi la pronuncia è un genitore a cui non chiedere consigli. Facile fare il single e poi portare le cose da stirare alla mamma». Se non lo vuole fare, perché obbligarla. Porta tutto in lavanderia e diventa autonomo. È colpa dei tuoi amici se sei solo». Ti guarda come un bambino. Non raccontare sempre tutto di te ai genitori. FRASI DEGLI AMICI Devi assolutamente conoscere la nostra amica o». Vogliono neutralizzarti? Non riescono a viverti se non sei in coppia? È un problema loro. Non puoi capire cosa vuol dire l'emozione di avere un figlio». A parte il fatto che non tutti devono per forza avere figli, tale frase rivela che l'amico ha una crisi di coppia non riconosciuta. Ancora poco e dovrai consolarlo. Beato te che hai tempo libero, io invece...». Ti sta blandendo: adora la sua situazione e , disprezza la tua. Non avresti dovuto lasciare Tizio-a, ti voleva bene». Nessuno può dire niente sulle tue scelte ;, intime. L'azione negativa di queste frasi, se permettiamo loro di agire su di noi, produce scarsa autostima, senso di inadeguatezza, rancore verso uno o entrambi i genitori, fretta e senso di urgenza. In sostanza spinge il single a fare scelte forzate e non libere. È però importante anche non farci del male da soli, somministrandoci frasi che possono peggiorare gli interventi esterni, del tipo: Tutte le mie amiche sono già sposate, mia sorella pure, sono ormai in ritardo». ,

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IL SINGLE E GLI ALTRI: REGOLE PRATICHE CON I GENITORI Non farti ricattare da richieste di nipotini. Non farti influenzare dai loro confronti stupidi e insensati. Sii il più possibile autonomo da loro, psicologicamente ed economicamente. Pensa che le loro aspettative parlano della loro infelicità. . ; ,;.,);,, CON GLI AMICI '< Non diventare "quello da presentare" ad altrie single. Evita i soliti ritrovi fra single "sfigati", vittime compiaciute dell'esistenza. Cerca nuovi amici e altri ambiti. Non imitare nessuno, non fare confronti: la tua vita deve avere un'impronta unica, la tua. SUL LAVORO Non darti sempre disponibile al lavoro extra anche se hai realmente del tempo libero. , Mantieni sempre ben definito il ruolo . ,:,<! lavorativo. Se non vuoi fare un extra non dire: Non ce la faccio», ma Ho degli impegni». Non permettere che il lavoro invada i tuoi spazi personali.

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QUANDO IL SINGLE NON STA BENE Abbiamo visto come la condizione del single sia ."particolare. È uno stato ricco di possibilità, eppure è facile entrare in difficoltà sia per limiti personali sia per influenze esterne. Tali difficoltà possono manifestarsi con sintomi psichici e fisici che non vanno trascurati. Ecco i principali. Depressione È in forma acuta quando qualcosa all'improvviso si rompe nell'equilibrio della persona; più spesso c'è un evento scatenante. È tipica, per evento scatenante, ( esempio, di chi ha investito tutto sul lavoro tralasciando la vita affettiva e adesso che anche il lavoro non va bene l'ultimo punto di riferimento vacilla. Altre volte invece è in forma cronica o subdola, sotto forma di perenne pessimismo, sfiducia e malinconia, fin quasi a diventare uno stile di vita che mantiene una situazione di costante talora compiaciuta insoddisfazione. Può cadere in depressione chi, dopo essere stato lasciato, non riprende in mano autorevolmente la sua vita, chi non trova un'altra forma, chi perde l'aggancio con gli interessi della vita reale. Ansia Il single ansioso di solito non si gode la sua condizione perché ha fretta di tornare in coppia. Ma ci sono anche altre cause: la più frequente è il fatto di aver organizzato la vita o secondo un modello che non sente suo oppure l'ha riempita di troppi impegni e di troppo lavoro. In tal modo l'energia libidica (intesa come energia psichica totale) non trova più spazi per fluire spontaneamente ed è costretta a farlo con un disturbo d'ansia. Altre volte è la sensazione di trovarsi nel vuoto, nella solitudine ad attivare la risposta ansiosa, come una forma di difesa a una situazione sentita come intimamente pericolosa. L'ansia peraltro può essere la prima spia di una depressione mascherata o fortemente negata, e alternarsi con essa. Sia in caso di ansia che di depressione è bene prendere subito in mano la situazione con l'aiuto di uno specialista. Ansia da prestazione Il single che da troppo non vive situazioni di rapporto e-o di intimità sessuale può perdere familiarità con esse e sviluppare una forte ansia anticipatoria prima di un incontro occasionale o sporadico con l'altro sesso, seguito al momento dell'incontro da ansia da prestazione sessuale. Questa nell'uomo si può manifestare in vari modi: eiaculazione precoce, erezione presente con eiaculazione assente o molto ritardata, assenza di erezione, erezione incostante. Nella donna invece come anorgasmia, difficoltà a raggiungere l'orgasmo, vaginismo. Sono situazioni che possono attivare grandi preoccupazioni e accrescere l'ansia ancora di più, soprattutto nell'uomo ma non solo. La grande prostrazione e il senso di inadeguatezza, il timore di "far brutte figure" e di rivivere il "fallimento" possono spingere il single a evitare gli incontri, con tutta la frustrazione che ne segue. Oppure, nel caso dell'uomo, ad assumere farmaci come Viagra o simili innescando così un circolo vizioso di sempre maggiore insicurezza. In questo caso il corpo sta dicendo che la persona, pur essendo single, non riesce, per indole o struttura di personalità, a vivere rapporti sessuali al di fuori di un contesto di intimità vera e profonda, e lo costringe perciò a rivedere sia il suo modo di intendere la sessualità sia la sua scelta di essere single. Panico Colpisce persone che si sentono morire, soffocare all'interno della "libertà sconfinata e senza uscita" della condizione di single. Persone non abituate a stare da sole, che hanno sempre vissuto appoggiandosi moltissimo alle relazioni sentimentali. E qualcosa di simile all'agorafobia, la paura degli spazi aperti, che poi è la paura di non saper gestire il mare di libertà che si apre davanti a loro. C'è bisogno di affrontare questo eccesso di dipendenza, questo usare gli altri come stampelle dell'esistenza emotiva.

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Colite La sviluppa il single che non vive la sua carica erotica più viscerale e che, magari per timidezza, non riesce a manifestare le sue contrarietà in vari ambiti. Spesso inoltre è presente una componente moralistica che impedisce di vivere le situazioni con schiettezza e veracità, e una certa metodicità e abitudinarietà nella vita quotidiana. L'intestino si fa così portatore, in modo analogico, di questo bisogno di esprimere parti inaccettate dalla coscienza, con coliti più o meno intense, talora alternate a stipsi, come a manifestare l'ambivalenza di alcuni single sul tema del dare e del trattenere. Quando la colite dovesse costringere a modificare orari o stile di vita vuol dire che la quota d'ansia è giunta ad alti livelli. Cefalea Può alternarsi alla colite e alla stipsi, o anche essere presente da sola. È tipica dei single troppo razionali, che rimuginano troppo sulle cose, che hanno impostato la loro vita con la testa e non con il cuore. Sono persone fortemente passionali che imbrigliano le loro pulsioni in schemi di comportamento precostituiti. Quando il single imposta la sua esistenza sul lavoro è frequente l'insorgenza della ormai nota cefalea da week end, che indica l'incapacità a rilassarsi. Problemi dermatologici Il single dubbioso sulla sua situazione esprime il suo disagio inconscio attraverso disturbi cutanei, in particolare l'eczema e la psoriasi. La pelle, organo depositario dei simbolismi della relazione con il mondo esterno, manifesta così la "guerra di confine" che il soggetto sta giocando per trovare la giusta distanza fra sé e gli altri. Il fatto è che finché c'è un sintomo vuol dire che non c'è vera consapevolezza del problema. Quando serve una psicoterapia Un single può aver bisogno di un intervento psicoterapeutico. Ecco alcuni consigli per capire quale approccio e quale terapeuta sono indicati caso per caso. Quando vive male la sua solitudine sentimentale La psicoterapia può offrire innanzitutto un supporto umano e psicologico al momento diffìcile. Ma per lui è importante comprendere anche le cause principali del suo malessere, perché non riesce a ripartire, a godere di sé. È indicato un approccio misto, un po' supportivo e un po' disvelante, e magari anche degli incontri di gruppo per diluire e condividere il disagio. Quando è in fuga dalla coppia Con il terapeuta il single può indagare le cause recenti ma anche gli automatismi relazionali più antichi che gli hanno impedito di entrare in contatto in modo sano con i '' partner che ha avuto. Conoscere non risolve la situazione, ma è la base per apportare modifiche consapevoli ai nostri comportamenti. Potrebbe servire una psicanalisi, così come una psicoterapia del profondo. Quando c'è depressione In caso di depressione acuta servono due consulti: con uno psichiatra a indirizzo psicodinamico e con uno psicoterapeuta ad approccio cognitivocomportamentale ( medico o psicologo non importa ( disposti a collaborare fra loro, o che potranno indirizzare verso il percorso terapeutico che riterranno più adatto. Da valutare l'intensità dei sintomi e l'eventuale impiego di psicofarmaci, possibilmente solo se strettamente necessario. Ricordiamo la controindicazione per la depressione acuta di psicanalisi, ipnosi e trattamenti alternativi che spingano la persona ancor più in contatto con la sua profondità. L'alleanza con il terapeuta è elemento determinante della cura: bisogna trovarsi bene, non solo stimarlo. Una volta sta-bilita l'alleanza la cura riuscirà tanto più velocemente quanto prima ci si affida completamente alla cura in ogni suo aspetto. Se ci sono dubbi o sospetti meglio lasciar perdere. In caso di tratto depressivo cronico la terapia ( una psicoterapia dinamica a tempo determinato ( è indicata solo se il single è veramente motivato. Non è compito del terapeuta convincerlo a seguire una cura. Ansia e panico Anche qui sono utili due consulti iniziali, con uno psicoterapeuta psicodinamico e con uno psichiatra cognitivocomportamentale. È importante comprendere cosa esprimono questi disturbi d'ansia, quali sono i conflitti sottostanti che la persona non vuole o non riesce ad affrontare. Utile anche imparare a dare il giusto peso e il giusto senso alle varie situazioni, e apprendere comportamenti più consoni alla nostra intima emotività. Non fare uso di ansiolitici "da tasca" al bisogno e secondo dosi

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"personali". In caso di sintomi fisici Serve sempre una visita dal medico di base e tutti gli accertamenti diagnostici da lui indicati o dallo specialista. Se emerge che il sintomo ha una chiara origine emotiva, è ottima la psicoterapia a indirizzo junghianopsicosomatico, capace, attraverso tecniche verbali, corporee (come la distensione immaginativa) e simboliche (sogni, fiabe eccetera) di dar la parola a sintomi che, visti così, sembrano solo insensati e beffardi ostacoli al benessere. Utili anche tecniche corporee studiate per la situazione , specifica (per esempio il massaggio psicosomatico e il Reiki). Per restare in contatto con se stessi Quando si diventa single, anche se si sta bene, può accadere di perdere contatto con se stessi. L'assenza di una relazione intima che aiuti costantemente a differenziarci, a sentire i nostri confini, toglie un importante strumento di autoconoscenza, di introspezione. Degli incontri con un terapeuta, anche ogni tre settimane, può essere un buon modo per tenersi d'occhio mentre la vita "solitària" procede. Per iniziare un percorso esistenziale Non serve star male per fare una psicoterapia. A volte è proprio la condizione di single sereno a fornire il terreno; migliore per l'inizio di un processo di crescita che, chi vuole, può potenziare e rendere cosciente attraverso una bella psicoterapia analitica a tempo indeterminato. Un regalo da fare a se stessi.

TERAPEUTA UOMO O DONNA? In diversi casi non è importante il sesso del terapeuta, in altri invece sì. Ecco quali sono. Per la single con problemi di dipendenza affettiva, timida e schiva, è più indicata una figura femminile, morbida e decisa al contempo. Per la single in carriera è consigliabile una donna. Per la narcisista seduttiva un uomo, solido, molto professionale e non seduttivo. Per il single "escluso" dalla vita è meglio un uomo, accogliente ma non paterno. Per il seduttore indefesso una donna, forte, determinata e con esperienza clinica. Per l'ansioso una donna, dinamica, ironica e possibilmente di età vicina alla sua.

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IL TEST CHE TIPO DI SINGLE SEI? Se sei single è giusto che tu sappia, orientativamente, perché lo sei, se stai inseguendo un modello oppure se stai scappando da te stesso o se invece la tua condizione esterna corrisponde perfettamente al tuo periodo interiore . I condizionamenti esterni e i luoghi comuni infatti sono tali e tanti da impedirci spesso di comprendere ciò che stiamo facendo, ci spingono quasi "in automatico" in ruoli predefiniti che noi, senza accorgercene, chiamiamo felicità difendendoli a spada tratta, mentendo magari anche a noi stessi. Anzi, soprattutto a noi stessi. Diceva G.I. Gurdijeff, saggio armeno della metà del secolo scorso, che ci vogliono molti anni per dire a se stessi la verità. Noi, giocosamente, tentiamo qui una via decisamente più breve per sciogliere la maschera e capire che tipo di single siamo. Al cinema da solo... a) Non ci andrei mai, è da sfìgati b) Non sempre, qualche volta può essere necessario,piacevole c) È il solo modo per "godersi" il film in santa pace Vacanza in Grecia a) Non ho dubbi: col gruppone di amici, più siamo meglio è! b) Con un amico/a affiatatissimo c) In un villaggio turistico; parto da solo ma ci metto un secondo a "fraternizzare"

Il tuo compagno storico di "singolitudine" si fidanza a) È una tragedia. Mi sento solo e tradito. b) Sono felice per lui. Spero che la nostra amicizia continui in una forma nuova c) Bisogna festeggiare, tutti a cena fuori, pago io Tua madre si lamenta, vorrebbe un nipotino a) È la mia spina nel fianco, mi inquina i momenti belli b) È un problema suo, mi spiace per lei che non ha altri interessi c) Ah, ma ci sono i figli di mia sorella, e poi i bambini sono una lagna Ti presentano una donna/uomo single a) Speriamo sia la volta buona b) Chissà se potrà nascere una nuova amicizia c) La solita sfigatao che si vuole sistemare: alla larga Esci con lei/lui per la prima volta a) Ho un'ansia pazzesca, magari lo dico a un paio di amici e si esce in quattro b) La/lo porterò dove si mangia bene e si può parlare tranquillamente c) Laverò la macchina e poi lampada, sauna, , maschera antistress e staserà la/lo fulmino con un ristorantino strepitoso . Stasera si sta a casa a) È il vuoto cosmico. Mi corico presto così non ci penso b) Mi distenderò nel tempo, concedendomi piccoli regali: lettura piacevole, un bagno caldo, un po' di coccole al gatto c) Ne approfitterò per chiamare un po' di gente ' al telefono, poi in chat o spedendo email

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Meglio nascere... a) Lupo. Nel branco mi sento al sicuro b) Aquila. Mi piace guardare il mondo in panoramica c) Leone. Sono io a scegliere L'ultima storia finita... a) Non ne valeva la pena di starci così male, era uno stronzo/a b) È stata importante ma guardo avanti c) Ma sai quante donne/uomini ci sono al mondo? Morto un papa... "Single" ti fa venire in mente: a) Solitudine, noia, resa, passato b) Cambiamento, opportunità, riflessione, presente c) Libertà, successo, assenza di regole, futuro LE RISPOSTE MAGGIORANZA DI A Single obbligato Vivi di rimpianti cercando gli errori del passato e non cogli le opportunità del presente. Sei talmente convinto di essere solo che ti scavi il vuoto intorno con le tue stesse mani, non permettendo a chi ti cerca di volerti bene. Non riesci neanche a vederlo. Accantona il pessimismo e non fare sfoggio della tua sofferenza, come di un abito troppo stretto nel quale stai crescendo. Riagganciati alla realtà vera, il tuo| scetticismo tutto è tranne che realismo. Non fuggirei da te. Se impari a stare con te stesso, se riesci a farti compagnia e ad apprezzarti, comincerai a pensare che anche gli altri possono farlo.

MAGGIORANZA DI B Single per scelta Forse non sei un solitario per natura ma senz'aitro la tua stessa compagnia ti fa piacere e riesci a goder , ne. Non provi invidia per chi sta in coppia, né hai l'urgenza di trovare l'anima gemella a tutti i costi. Sei un buon single che può far paura e invidia a chi non sta bene, sia da solo che in coppia e forse gli unici problemi possono venirti dal dover gestire un certo disagio degli amici. La tua situazione attuale è il terreno migliore per un incontro autentico oppure per fare cambiamenti importanti o iniziare un nuovo percorso di trasformazione. MAGGIORANZA DI C Single per moda Guardiamoci negli occhi: ma ci credi veramente? Quanto durerà ancora questa mascherata di benessere e di dinamismo a tutto campo? Hai tanta buona volontà di fare le cose bene, ma sei dentro in pieno nel modello del single che fa tendenza. Cosa che ti limita nelle tue capacità, che forse sono notevoli, convogliandole in schemi precostituiti di comportamento e di divertimento. Gli stessi incontri che fai si adeguano a questo modo di essere, lasciandoti intimamente "non nutrito" dalle relazioni che intrattieni. Fermati un attimo, basta con l'immagine del vincente a ogni costo e con l'allegria forzata o con gli slogan. Se mostri al mondo anche i tuoi lati deboli sembrerai più vero e verrai preso per ciò che sei e non per ciò che dai.

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CAPITOLO SETTIMO TRE ESERCIZI E QUATTRO CONSIGLI Ecco tre esercizi che, se praticati senza scetticismo, possono dare al single uno strumento psichico fondamentale per vivere bene la sua situazione: la capacità di sentire il "pieno" che c'è in noi, nel nostro "vuoto" interiore. un'esperienza che tutti noi dobbiamo fare, ma che nella condizione di sin-gle è ancor più necessaria. Sapere di esistere, al di là del riconoscimento esterno, sapere di essere pieni di vita anche quando siamo da soli. ''' :

1. Diventa la vita di un prato 2. Vai in un prato, siediti comodo e rilassati, se possibile al riparo dal sole. Dopo un po'

immagina di essere il prato e concentra la tua attenzione da vicino su un fazzoletto di erba. Osserva il microcosmo di vita che contiene, incantati a seguire i movimenti degli insetti, i profumi che l'erba esala, i colori e le forme spettinate dal vento. Tutto questo brulicare di vita è già in te, è presente, ti riempie, ti abita, ti anima. Resta lì fino a quando non percepisci questa energia. , -'f'J'':' ' " 2. Ritrova l'incanto del mare Siediti in riva al mare, comodo, e guarda quella distesa di azzurro con gli occhi del bambino che sei stato. Ricorda... senza fretta. Non perdere quello sguardo e lascia fluire in te l'emozione che ne deriva, un'emozione densa di stupore, di vita e di mistero. Ritroverai immagini che credevi perdute tornare come onde nella mente, sentirai voci del passato echeggiare. Nei ricordi della tua infanzia è già presente l'adulto che sei diventato e nell'adulto che sei c'è ancora qualcosa del bambino che si stupiva. Ritrovalo. Stai lì, se necessario torna anche nei prossimi giorni. 3. Trovati in montagna - In montagna o collina, ma se non puoi anche in campagna, scegli un percorso non troppo impegnativo né troppo semplice. Inizia a camminare lentamente e concentrati sul corpo, senti i movimenti dei muscoli, osservati mentre avanzi, guardati i piedi, le gambe, le braccia. Continua per un po' fino a quando non inizia la fatica e il corpo si fa sentire e ti comunica la sua presenza. Ascoltala, tienila con te. Nei momenti della vita in cui ti sembrerà di non avere più riferimenti stabili e ti sentirai perso, di-sorientato, fai questo esercizio che ti fa sentire che 72 Star bene con se stessi

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l'appiglio più forte è il tuo corpo, che il riferimento di te sei tu. , Nutrirsi di cose buone Al single, che su un piano sentimentale è comunque solo, manca una parte importante di "nutrimento affettivo". Perciò ha bisogno di "portare dentrro di sé" cose buone, così da non vivere un senso di abbandono e di trascuratezza. Questo portare dentro deve avvenire su quattro livelli: quello della relazione, quello dell'alimentazione, quello della vista, quello dell'anima. 1.Nutrimento relazionale

Il single deve frequentare per quanto è possibile chi gli piace realmente, persone che sente affini seppur diverse, persone accoglienti e calde che lo facciano sentire a casa. Il piacere della compagnia tranquilla e serena, un nucleo di amici con cui non attuare nessuno sforzo per "dover essere" qualcosa che non si è. In tal modo una buona quota di nutrimento affettivo è garantita.

2. Nutrimento alimentare Curare l'alimentazione e fondamentale per un single, e ha significati che vanno ben al di là del pur importante aspetto nutrizionale. Scegliersi i cibi, con calma, secondo i propri gusti. Avere il tempo di assaporarli. Tutto questo indica una cura per se stessi che è fondamentale al single per non disperdersi e trascurarsi, per non perdere la propria identità di base.

3.Nutrimento estetico L'occhio vuole la sua parte, si dice. E per il single questo vale ancor di più. Circondarsi di cose belle, in casa, sceglierle con attenzione, fare gite in luoghi dove la bellezza sovrasta tutto. Le immagini entrano nel cervello e diventano proteine dei neuroni, diventano cervello. Nella casa del single, più che mai, lo sguardo deve posarsi con armonia in ogni punto.

4.Nutrimento spirituale Non importa credere o non credere. La dimensione spirituale va al di là della fede. Può essere molto utile al single, soprattutto a quello che tende a disperdersi nelle mille cose proposte dai modelli, entrare ogni tanto in chiesa, sedersi e stare lì. Non è necessario pregare: quel luogo sacro - lo ripeto: a prescindere dal credo - farà la sua funzione, quella di metterci in ascolto con la nostra dimensione intimamente religiosa, con quel silenzio, esterno e interno a noi, in cui ci sentiamo parte di un tutto. Quel silenzio ci aggancia a noi stessi e all'anima collettiva.

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CAPITOLO OTTAVO QUANDO SI FINISCE DI ESSERE SINGLE Nella maggior parte dei casi la singolitudine è una condizione provvisoria. Tuttavia se dura da molto tempo rimettersi in coppia può presentare qualche problema, e questo sia che da soli si sia stati bene sia che si sia stati male. Infatti il tempo passato da single ha cristallizzato delle abitudini e un modo di ; viversi che dovranno "sciogliersi" o incastrarsi o ricollocarsi all'interno del contesto di coppia. I rischi sono diversi e conoscerli ci permetterà di riuscire in questo passaggio a volte decisamente delicato. Vediamoli. Abitudini consolidate - Tipiche del single che ha trovato la sua dimensione e ci ha "sguazzato" dentro o del single che, per sopravvivere emotivamente alla solitudine, si è scavato una nicchia di rituali, orari e gesti quotidiani di riferimento ora diffìcili da mollare, almeno alcuni. Le abitudini formano anche una neurochimica cerebrale che funziona in un certo modo. Perciò la persona entra nella vita di coppia con tutta la massa inerziale di queste abitudini e, anche consapevolmente, tende a portare tutto il mondo precedente così com'era nel nuovo corso. Un'operazione pericolosa che chiede al partner un adattamento eccessivo, impossibile. Il rischio sono tensioni, incomprensioni, insoddisfazione da ambo le parti. Rigidità Poiché lo schema di vita da single ha in qualche modo funzionato, è possibile che alcuni pensino che quello sia l'unico stile di vita possibile. Non sono disposti al benché minimo compromesso e rigidamente impongono la propria testarda volontà. E vero che nonsi deve rinunciare alla libertà personale, ma pensare che stare in coppia non richieda alcuna forma di compromesso o un po' di "venirsi incontro" su alcuni punti è davvero sbagliato. Anche perché viene meno una delle caratteristi-che del rapporto d'amore: la gratuità, donarsi, donare gesti anche se a volte non sono quelli che uno farebbe. Attenzione: il vero single non è un egoista né un egocentrico, né uno chiuso agli altri. Sentirsi ancora single Benché ormai in coppia, la persona si sente ancora singola e, se certo è un bene non perdere la propria individualità, stare insieme richiede anche di pensarsi in due, e di sentirsi in due. Addirittura in certi casi ci si può sentire ancora "da soli" fìsicamente: la presenza fìsica del partner in casa o nel letto, per esempio, può dare fastidio, così come non si sopportano i suoi movimenti, i suoi malesseri e i suoi bisogni. In questi casi il single, anni addietro, aveva senz'altro avuto problemi relazionali simili, che nella solitudine si sono potenziati. Aspettative eccessive e frettolose Ci sono bisogni affettivi lì da anni in attesa di essere sfamati, di trovare il contesto giusto. E appena ci si mette insieme eccoli venir fuori tutti, in un sol colpo, sotto forma di grandissime aspettative scaricate sul partner e sul rapporto. C'è una gran fretta di fare famiglia, di riscatto, di riguadagnare il tempo perduto, di sistemarsi stabilmente. Nel periodo da single si sono persi gli strumenti mentali dell'attesa, della gradualità, e ora ecco un frettoloso "pressappochismo" e Inutili entusiasmi che espongono quasi giornalmente ,1 cocenti e. non realistiche delusioni. Un atteggiamento che quasi sempre mette in fuga il partner e spinge nuovamente nella solitudine. Disincanto Alcuni tengono l'atteggiamento contrario, rimettendosi in una storia dando la chiara evidenza di non crederci più di tanto, come se già sapessero che finirà. Un approccio irritante per il partner, che invece ci crede e si sente svilito nei suoi sinceri entusiasmi e sentimenti. Questo modo di fare nasconde una gran paura di soffrire di nuovo per una storia che finisce e ferisce, ma anche una certa arroganza da "espertone" dei rapporti d'amore che non corrisponde alla realtà. Quando c'è scetticismo e cinismo dietro c'è sempre un bambino che grida disperatamente il suo bisogno di affetto e di essere accettato. Esibire il partner - Dopo anni in cui, soffrendo silenziosamente e invidiando, si sono visti amici e amiche alternare partner più o meno belli, ora tocca a noi: siamo finalmente insieme a qualcuno che può far venire l'invidia agli altri. E ne approfittiamo subito, usando il partner come un trofeo da esibire, segno che ci siamo anche noi - e ben piazzati sulla giostra delle cronache rosa del quartiere. Ma questo è il modo migliore per far sentire l'altro come un oggetto, uno strumento di rivalsa. Non è un incontro vero, attenzione.

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Conclusione Se dunque non stiamo attenti rischiamo di buttare via una reale e bella storia d'amore. Ecco le regole fondamentali per rimettersi in una relazione senza bruciarla. Gradualità La bellezza dell'incontro non sta solo nell'intuizione che quella è la persona per noi, ma anche nell'osservare la graduale, continua trasformazione del nostro essere in un contesto cosi nuovo e ricco di mistero. Se non accettiamo l'idea di una gradualità che si sviluppa nel tempo sentiremo il presente, istante per istante, sempre manchevole e mai veramente godibile. Impegno Va bene l'idea del "senza sforzo", ma un po' di impegno per restare lucidi, per osservare la coppia, capire i suoi bisogni, attuare qualche compromesso, cercare il terreno migliore, proteggerla dalle mille influenze esterne che caoticamente cercano di invaderla ,modelli compresi, è davvero essenziale. Amare Ci si mette in una storia perché accade, e ci si da, gratuitamente, non per avere indietro qualcosa. Aprirsi e lasciar fluire, mentre si guarda se stessi e l'altro con uno sguardo che abbraccia la nostra umanità. Flessibilità Senza di essa ci troviamo in un rapporto violento, incapace di immedesimarsi nei bisogni di ognuno, che sono diversi. Non c'è niente contro cui combattere, non c'è niente da forzare, da educare o da piegare. Non rinnegare il passato - Come non bisogna essere in fuga dalla coppia, non bisogna scappare neanche dalla condizione di single. Offendere il proprio passato da single è sbagliato: dobbiamo invece utilizzare ciò che abbiamo vissuto e che abbiamo incontrato da soli. Sapere e sentire di essere esistiti anche da soli ci permette di vivere senza urgenza la nuova storia. Via il narcisismo - Stare in coppia non deve essere strumentale alla propria immagine. L'altro non è uno specchio che deve darci mille convalide e farci l'applauso. Il centro della coppia non sei tu, siete voi due, cosa che non nega l'esistenza individuale. Anzi, se vissuta bene la arricchisce.