32 RIPRODUZIONE RISERVATA Nessun fertilizzante n ... · un orto sinergico, sappiate che in fondo...

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32 TEMPI LIBERI Venerdì 19 Agosto 2016 Corriere della Sera Sapori & amori M a un’insalata può essere spontanea? O più ver- de, se cullata dalle note di un flauto? Se passate da Capaccio Scalo, vicino a Paestum, e chiedete ai fratelli Barlotti, vi risponderanno di sì. Assie- me alla moglie di Enzo, Daniela Senatore, i due vi inviteranno a sedere a un tavolo sotto il per- golato per farvi assaggiare le meraviglie del loro orto sinergico. L’ultimo tassello di un piccolo fazzoletto di terra dove tutto nasce e cresce in maniera spontanea. Un ulteriore elemento di quel microcosmo fatto di rispetto e cura creato negli anni in un’azienda che produce una delle migliori mozzarelle di bufala d’Italia. Dove gli animali vengono (veramente) coccolati. E dove tutto, anche i pomodori che compongono la lo- ro caprese, ha un senso. Nel ristorante, accanto ai prodotti fatti con il loro latte, adesso si affiancano infatti frutta e ortaggi speciali. Non solo nei sapori ma anche nei colori. Basta mordere una lattuga per capire la differenza: più croccante, carica di un sapore spesso dimenticato. Se invece raggiungete l’isola di Ventotene, troverete un altro esempio di questo tipo di coltivazione. In una terra dove l’acqua scarseggia, il merito è di Mattia Matro- ne, 30 anni, professione contadino. La piccola isola tirrenica dinanzi al Golfo di Gaeta ospita l’azienda agrituristica «Cinque Tomoli»: tre et- tari di terreno vulcanico a Punta Pascone, belve- dere che fronteggia l’isola di Ponza. Qui la paro- la d’ordine è permacultura, cioè progettazione degli spazi in armonia tra l’uomo e la natura, in modo da soddisfare la popolazione ricreando e preservando ecosistemi naturali. Che poi altro non è che l’agricoltura sinergi- ca, elaborata dalla coltivatrice spagnola Emilia Hazelip (traendo ispirazione dall’agronomo giapponese Masanobi Fukuoka che aveva for- mulato i primi principi dell’orto più naturale che ci sia negli anni Ottanta). Questo metodo considera il suolo e le piante come un unico or- ganismo: l’obiettivo è ristabilire il loro equili- brio permettendo le condizioni ideali che favo- riscono lo sviluppo della vita. Evitando l’aratu- ra, la compressione e l’uso di fertilizzanti chi- mici, per esempio, non si dovrà compensare il danno che ne consegue. Attraverso questo mo- do di coltivare viene restituito alla terra, in ter- mini energetici, più di quanto si prende, pro- muovendo i meccanismi di autofertilità del suolo e rendendo l’agricoltura un’attività uma- na sostenibile. Per dire, non si innaffia: nel ter- reno basta ricavare speciali solchi che hanno il compito di raccogliere naturalmente l’acqua piovana. Coltivare lasciando fare alla terra. Un punto di vista più avanzato rispetto al biologico e al bio dinamico. E come cambia il cibo che poi mangiamo? Beh, prima di tutto è privo di con- servanti e ogni altro agente chimico. Frutta, ver- dura e tutti i prodotti ottenuti con questa prati- ca hanno una diversa qualità, un diverso sapo- re, una diversa energia e una maggiore resi- stenza agli agenti che portano malattie. L’azienda agricola L’Archetipo utilizza questo metodo anche nei suoi vigneti. Venti ettari a 320 metri sul livello del mare, ai piedi della Murgia barese. Qui crescono in condizioni di massima vitalità vitigni come Primitivo, Aglia- nico, Greco, Fiano... Vengono coltivati secondo il loro archetipo: contro spalliera libera, senza toccare il terreno a una densità per ettaro di 4.545 piante. Rispettando il parametro di un chilo di uva per metro quadro che molti studi indicano come base per ottenere vini pregni e non scialbi. Ma di aziende così ne stanno spun- tando davvero tante in Italia. Dalla Santa Egle in Toscana a Punta Lizzu in Sardegna. Per chi stesse pensando che sia difficile fare un orto sinergico, sappiate che in fondo sono sufficienti quattro regole da rispettare. Le nor- me del «non fare». Primo: non lavorare la terra che, anzi, si lavora da sola; una volta realizzate le aiuole rialzate (i bancali) sui cui andrete a piantare i semi, mai smuovere il suolo. Seconda regola: attenzione a non calpestare il terreno. Terza: niente concimi o fertilizzanti, l’unico in- tervento consentito è la pacciamatura. Quarta: piantare ortaggi di famiglie differenti secondo una logica prestabilita. Un orto così è stato creato dal ristorante stel- lato «Joia» di Pietro Leeman, a Cascina Carem- ma. Mentre nelle Langhe si organizzano serate sinergiche ne Il Bosco della Galline volanti (cre- ato da Viviana Germano), tra Barolo e La Morra: movimento, musica e cena con prodotti nati proprio nell’orto, dunque più ricchi di energia e benefici. Oppure, se vi trovate in Abruzzo, fate un salto all’Osteria Mammarossa, curata in ogni minimo particolare dai fratelli Franco e Daniela Franciosi, con gli immancabili prodotti coltiva- ti da loro. Imperdibile la spuma di cavolfiore e cicoria di campo (ovviamente, sinergica). A. F. © RIPRODUZIONE RISERVATA Qualità e gusto Frutta e verdura hanno diversa qualità, gusto, energia e sono più resistenti alle malattie Il «non fare» Non serve arare il suolo che, anzi, è capace di «lavorarsi» da solo Nessun fertilizzante né intervento sulla terra. Dalle Langhe a Paestum si diffonde anche in Italia un nuovo metodo di coltivazione. Così l’ecosistema resta davvero in equilibrio e i sapori ci guadagnano L’ orto sinergico in quattro regole In tavola Sopra i rigatoni conditi con cacio e pepe, a fianco un momento della preparazione del piatto (foto di Claudia Ferri) «THE BEST OF» LE MEZZE MANICHE RIGATE CONDITE CON CACIO E PEPE F are il cacio e pepe, la setti- ma della serie di videori- cette più viste di Racconti di Cucina, non richiede in- credibili doti da chef. Questa ri- cetta ha un solo insostituibile punto fermo: per farla serve un pecorino buonissimo (i puristi aborrono il parmigiano). Al mas- simo è consentito usare, al posto di quello romano, il pecorino sar- do o il favoloso abruzzese. Punto e basta. Anche perché cacio e pe- pe nasce come piatto povero dei pastori che migravano da una zo- na all’altra e si portavano dietro provviste che si mantenevano a lungo, come la pasta o il pecori- no. Piatto della tradizione roma- na, ma anche in Sicilia se ne face- va largo uso. Ingredienti: 400 grammi di pa- sta; 200 grammi di pecorino grat- tugiato; pepe nero, olio evo, sale. Preparazione: Cuocete la pasta in acqua salata nella quale avrete versato un cucchiaio di olio d’oli- va. Nel frattempo mettete in una ciotolina di vetro o di alluminio il pecorino romano e il pepe nero. Alzate la pasta al dente (non sco- latela, per non perdere l’acqua di cottura) calcolando almeno due minuti prima della fine cottura, versatela nella ciotola con la mi- scela di pecorino e conditela per bene aggiungendo due mestoli di acqua di cottura. Amalgamate per bene. Potete anche mescolare pe- corino e pepe nero in una padella grande dove poi scolerete la pasta amalgamando tutto «a freddo». Servite immediatamente, altri- menti la pasta si raffredda e il for- maggio tenderà a raggrumarsi. Il risultato sarà la tanto decan- tata «cremina delicata» con la quale condire poi la pasta. Atten- zione: nei ristoranti si trovano or- mai quasi sempre i tonnarelli ca- cio e pepe. Secondo i tradizionali- sti, la pasta migliore per fare il ca- cio e pepe sono gli spaghetti ma vanno bene anche i rigatoni. At- tenzione: c’è chi sostiene che nel- la ricetta serva l’olio. Pare, per esempio, che da «Felice a Testac- cio», famosa trattoria romana, si utilizzi l’olio di oliva per manteca- re il cacio e il pepe ed evitare che la pasta si attacchi. Ma non tutti sono d’accordo. Noi abbiamo se- guito la seconda teoria: la cremi- na si prepara semplicemente con l’aggiunta dell’acqua di cottura. @angelafrenda © RIPRODUZIONE RISERVATA di Angela Frenda Racconti di cucina Racconti di cucina La rubrica di videoricette del venerdì su raccontidicucina.corriere.it A Rivisondoli La bomba dolce e l’omaggio di Niko Romito Torna quest’anno a Rivisondoli (L’Aquila), l’appuntamento organizzato da Niko Romito Formazione per onorare la bomba. La storia di Romito, tre stelle Michelin al ristorante di Castel di Sangro, è cominciata del resto a Rivisondoli dove, nel locale oggi sede del ristorante «Spazio Zero», una volta c’era la pasticceria del papà di Romito. Antonio. Prodotto di punta? Proprio la bomba dolce. Che oggi lo chef ripropone nella stessa versione della tradizione ma con ingredienti studiati, di altissima qualità. E ogni anno in estate viene servita per due giorni a Rivisondoli (vuota o con crema fresca e composta di albicocche). Appuntamento domani e sabato prossimo, dalle 10 in via Regina Elena 49. E dopo Napoli, non è detto che un corner Bomba non apra presto anche a Milano. (I. Fan.) © RIPRODUZIONE RISERVATA La due giorni a Parma «Rural festival», la biodiversità in mostra Una festa di fine estate dedicata alla biodiversità per riscoprire antichi sapori come la mela Musona, il grano del Miracolo o il pomodoro Riccio di Parma. Varietà vegetali in mostra e all’assaggio negli stand del Rural Festival, il 3 e 4 settembre a Rivalta di Lesignano De’ Bagni (Parma), insieme ad antiche razze animali. Ingresso gratuito dalle 10 alle 19. (Silvia Frau)

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32 TEMPI LIBERI Venerdì 19 Agosto 2016 Corriere della Sera

Sapori& amori

Ma un’insalata può essere spontanea? O più ver-de, se cullata dalle note di un flauto? Se passateda Capaccio Scalo, vicino a Paestum, e chiedeteai fratelli Barlotti, vi risponderanno di sì. Assie-me alla moglie di Enzo, Daniela Senatore, i duevi inviteranno a sedere a un tavolo sotto il per-golato per farvi assaggiare le meraviglie del loroorto sinergico. L’ultimo tassello di un piccolofazzoletto di terra dove tutto nasce e cresce in maniera spontanea. Un ulteriore elemento diquel microcosmo fatto di rispetto e cura creatonegli anni in un’azienda che produce una dellemigliori mozzarelle di bufala d’Italia. Dove glianimali vengono (veramente) coccolati. E dovetutto, anche i pomodori che compongono la lo-ro caprese, ha un senso.

Nel ristorante, accanto ai prodotti fatti con illoro latte, adesso si affiancano infatti frutta e ortaggi speciali. Non solo nei sapori ma anchenei colori. Basta mordere una lattuga per capirela differenza: più croccante, carica di un saporespesso dimenticato. Se invece raggiungetel’isola di Ventotene, troverete un altro esempiodi questo tipo di coltivazione. In una terra dovel’acqua scarseggia, il merito è di Mattia Matro-ne, 30 anni, professione contadino. La piccolaisola tirrenica dinanzi al Golfo di Gaeta ospital’azienda agrituristica «Cinque Tomoli»: tre et-tari di terreno vulcanico a Punta Pascone, belve-dere che fronteggia l’isola di Ponza. Qui la paro-la d’ordine è permacultura, cioè progettazionedegli spazi in armonia tra l’uomo e la natura, inmodo da soddisfare la popolazione ricreando epreservando ecosistemi naturali.

Che poi altro non è che l’agricoltura sinergi-ca, elaborata dalla coltivatrice spagnola EmiliaHazelip (traendo ispirazione dall’agronomogiapponese Masanobi Fukuoka che aveva for-mulato i primi principi dell’orto più naturaleche ci sia negli anni Ottanta). Questo metodoconsidera il suolo e le piante come un unico or-ganismo: l’obiettivo è ristabilire il loro equili-brio permettendo le condizioni ideali che favo-riscono lo sviluppo della vita. Evitando l’aratu-

ra, la compressione e l’uso di fertilizzanti chi-mici, per esempio, non si dovrà compensare ildanno che ne consegue. Attraverso questo mo-do di coltivare viene restituito alla terra, in ter-mini energetici, più di quanto si prende, pro-muovendo i meccanismi di autofertilità delsuolo e rendendo l’agricoltura un’attività uma-na sostenibile. Per dire, non si innaffia: nel ter-reno basta ricavare speciali solchi che hanno ilcompito di raccogliere naturalmente l’acquapiovana.

Coltivare lasciando fare alla terra. Un puntodi vista più avanzato rispetto al biologico e albio dinamico. E come cambia il cibo che poi mangiamo? Beh, prima di tutto è privo di con-servanti e ogni altro agente chimico. Frutta, ver-dura e tutti i prodotti ottenuti con questa prati-

ca hanno una diversa qualità, un diverso sapo-re, una diversa energia e una maggiore resi-stenza agli agenti che portano malattie. L’azienda agricola L’Archetipo utilizza questometodo anche nei suoi vigneti. Venti ettari a 320 metri sul livello del mare, ai piedi dellaMurgia barese. Qui crescono in condizioni dimassima vitalità vitigni come Primitivo, Aglia-nico, Greco, Fiano... Vengono coltivati secondoil loro archetipo: contro spalliera libera, senzatoccare il terreno a una densità per ettaro di4.545 piante. Rispettando il parametro di unchilo di uva per metro quadro che molti studiindicano come base per ottenere vini pregni enon scialbi. Ma di aziende così ne stanno spun-tando davvero tante in Italia. Dalla Santa Egle inToscana a Punta Lizzu in Sardegna.

Per chi stesse pensando che sia difficile fareun orto sinergico, sappiate che in fondo sono sufficienti quattro regole da rispettare. Le nor-me del «non fare». Primo: non lavorare la terrache, anzi, si lavora da sola; una volta realizzatele aiuole rialzate (i bancali) sui cui andrete apiantare i semi, mai smuovere il suolo. Secondaregola: attenzione a non calpestare il terreno. Terza: niente concimi o fertilizzanti, l’unico in-tervento consentito è la pacciamatura. Quarta:piantare ortaggi di famiglie differenti secondouna logica prestabilita.

Un orto così è stato creato dal ristorante stel-lato «Joia» di Pietro Leeman, a Cascina Carem-ma. Mentre nelle Langhe si organizzano seratesinergiche ne Il Bosco della Galline volanti (cre-ato da Viviana Germano), tra Barolo e La Morra:movimento, musica e cena con prodotti natiproprio nell’orto, dunque più ricchi di energia ebenefici. Oppure, se vi trovate in Abruzzo, fateun salto all’Osteria Mammarossa, curata in ogniminimo particolare dai fratelli Franco e DanielaFranciosi, con gli immancabili prodotti coltiva-ti da loro. Imperdibile la spuma di cavolfiore ecicoria di campo (ovviamente, sinergica).

A. F.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Qualità e gustoFrutta e verdura hanno diversa qualità, gusto, energia e sono più resistenti alle malattie

Il «non fare»Non serve arare il suolo che, anzi, è capace di «lavorarsi» da solo

Nessun fertilizzante né intervento sulla terra. Dalle Langhe a Paestum si diffonde anche in Italia un nuovo metodo di coltivazione. Così l’ecosistema resta davvero in equilibrio e i sapori ci guadagnano

L’orto sinergicoin quattro regole

In tavolaSopra i rigatoni conditi con cacio e pepe, a fianco un momento della preparazione del piatto (foto di Claudia Ferri)

«THE BEST OF»LE MEZZE MANICHE RIGATE CONDITE CON CACIO E PEPE

F are il cacio e pepe, la setti-ma della serie di videori-cette più viste di Raccontidi Cucina, non richiede in-

credibili doti da chef. Questa ri-cetta ha un solo insostituibilepunto fermo: per farla serve unpecorino buonissimo (i puristiaborrono il parmigiano). Al mas-simo è consentito usare, al postodi quello romano, il pecorino sar-do o il favoloso abruzzese. Puntoe basta. Anche perché cacio e pe-pe nasce come piatto povero dei pastori che migravano da una zo-na all’altra e si portavano dietro provviste che si mantenevano alungo, come la pasta o il pecori-no. Piatto della tradizione roma-na, ma anche in Sicilia se ne face-va largo uso.

Ingredienti: 400 grammi di pa-sta; 200 grammi di pecorino grat-tugiato; pepe nero, olio evo, sale.

Preparazione: Cuocete la pastain acqua salata nella quale avreteversato un cucchiaio di olio d’oli-va. Nel frattempo mettete in unaciotolina di vetro o di alluminio ilpecorino romano e il pepe nero.Alzate la pasta al dente (non sco-latela, per non perdere l’acqua dicottura) calcolando almeno dueminuti prima della fine cottura,versatela nella ciotola con la mi-scela di pecorino e conditela perbene aggiungendo due mestoli diacqua di cottura. Amalgamate perbene. Potete anche mescolare pe-corino e pepe nero in una padellagrande dove poi scolerete la pastaamalgamando tutto «a freddo».Servite immediatamente, altri-menti la pasta si raffredda e il for-maggio tenderà a raggrumarsi.

Il risultato sarà la tanto decan-tata «cremina delicata» con laquale condire poi la pasta. Atten-

zione: nei ristoranti si trovano or-mai quasi sempre i tonnarelli ca-cio e pepe. Secondo i tradizionali-sti, la pasta migliore per fare il ca-cio e pepe sono gli spaghetti mavanno bene anche i rigatoni. At-tenzione: c’è chi sostiene che nel-la ricetta serva l’olio. Pare, peresempio, che da «Felice a Testac-cio», famosa trattoria romana, siutilizzi l’olio di oliva per manteca-re il cacio e il pepe ed evitare chela pasta si attacchi. Ma non tuttisono d’accordo. Noi abbiamo se-guito la seconda teoria: la cremi-na si prepara semplicemente conl’aggiunta dell’acqua di cottura.

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A RivisondoliLa bomba dolcee l’omaggiodi Niko Romito

Torna quest’anno a Rivisondoli (L’Aquila), l’appuntamento organizzato da Niko Romito Formazione per onorare la bomba. La storia di Romito, tre stelle Michelin al ristorante di Castel di Sangro, è cominciata del resto a Rivisondoli dove, nel locale oggi sede del ristorante «Spazio Zero», una volta c’era la pasticceria del papà di Romito. Antonio. Prodotto di punta? Proprio la bomba dolce. Che oggi lo chef ripropone nella stessa

versione della tradizione ma con ingredienti studiati, di altissima qualità. E ogni anno in estate viene servita per due giorni a Rivisondoli (vuota o con crema fresca e composta di albicocche). Appuntamento domani e sabato prossimo, dalle 10 in via Regina Elena 49. E dopo Napoli, non è detto che un corner Bomba non apra presto anche a Milano. (I. Fan.)

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La due giorni a Parma

«Rural festival», la biodiversità in mostraUna festa di fine estate dedicata alla biodiversità per riscoprire antichi sapori come la mela Musona, il grano del Miracolo o il pomodoro Riccio di Parma. Varietà vegetali in mostra e all’assaggio negli stand del Rural Festival, il 3 e 4 settembre a Rivalta di Lesignano De’ Bagni (Parma), insieme ad antiche razze animali. Ingresso gratuito dalle 10 alle 19. (Silvia Frau)