3° parte convegno il patto di non concorrenza

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62 LA CLAUSOLA PENALE 62

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LA CLAUSOLA PENALE

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LA CLAUSOLA PENALE (art. 1382 c.c.)

<< La clausola, con cui si conviene che, in caso di

inadempimento uno dei contraenti è tenuto ad una

determinata prestazione, ha l’effetto di limitare il

risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata

convenuta la risarcibilità del danno ulteriore.

La penale è dovuta indipendentemente dalla prova del

danno >> (art. 1382 c.c.).

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LA RIDUZIONE DELLA PENALE

ART. 1384 c.c.

“La penale può essere diminuita equamente dal giudice, se

l’obbligazione principale è stata eseguita in parte ovvero se

l’ammontare della penale è manifestamente eccessivo, avuto

sempre riguardo all’interesse che il creditore aveva

all’adempimento”

Il criterio cui il giudice deve porre riferimento per esercitare il potere di riduzione della

penale non è la valutazione della prestazione in sé astrattamente considerata, ma

l’interesse che la parte ha, secondo le circostanze, all’adempimento della prestazione

cui ha diritto, tenendosi conto delle ripercussioni dell’inadempimento sull’equilibrio

delle prestazioni e della sua effettiva incidenza sulla situazione contrattuale concreta”

(Cass. n. 7835 del 4 aprile 2006)

“Il potere conferito al giudice ex art. 1384 c.c. di ridurre ad equità la penale (per

manifesta eccessiva o sopravvenuta onerosità) non può essere esercitato d’ufficio,

ma richiede l’istanza della parte interessata” (Cass. n. 5691 del 19 aprile 2002)

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DIVIETO DI CUMULO

<<Il creditore non può domandare insieme la prestazione principale e la

penale, se questa non è stata stipulata per il semplice ritardo >> (art. 1383

c.c.)

tuttavia...

<< L’azione generale di condanna ad adempiere è cumulabile con la azione

di condanna al risarcimento del danno (ovvero pagamento di una penale ex

art. 1382 c.c., se prevista). Infatti, il divieto di cumulo fra esecuzione in forma

specifica delle prestazione e clausola penale previsto dall’art. 1383 c.c.

riguarda le sole prestazioni già maturate e inadempiute e non quelle non

ancora maturate, per le quali permane l’obbligo di adempimento >>

(Cass. n. 6976 del 21 giugno 1995).

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2. LE CLAUSOLE DI FIDELIZZAZIONE:

IL PATTO DI STABILITÀ

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La clausola di stabilità - detta anche di “permanenza minima” o di “durata

minima garantita”- si può definire come quella clausola apposta ad un

contratto di lavoro in forza della quale il prestatore di lavoro o il datore di

lavoro - ovvero entrambe le parti contrattuali – si impegnano a non recedere

unilateralmente dal contratto di lavoro per un periodo di tempo prefissato

(solitamente salvo giusta causa o giustificato motivo)

Limitazione alla facoltà di recesso unilaterale di una o di entrambe le

parti contraenti

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LA CLAUSOLA DI STABILITA’

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RIFERIMENTI NORMATIVI

Art. 2118 c.c.

Art. 2119 c.c.

Art.1322 c.c.

Art. 1362-1371 c.c.

RECESSO DAL CONTRATTO A TEMPO

INDETERMINATO

RECESSO PER GIUSTA CAUSA

AUTONOMIA CONTRATTUALE

INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO

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Può essere determinata in fase precontrattuale o in costanza di

rapporto di lavoro, mediante modifica delle condizioni originarie.

Non ha ad oggetto diritti indisponibili

Non ha natura transattiva e, quindi, non è assoggettata alla

disciplina di cui all’art. 2113 c.c.

Non rientra tra le clausole vessatorie (art. 1341, co. 2, c.c.)

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LA CLAUSOLA DI STABILITA’

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APPOSIZIONE DELLA CLAUSOLA STABILITA’

VANTAGGI

Datore di lavoro

Interesse a preservare, per quanto possibile, la permanenza in azienda delle risorse professionali più meritevoli o per i quali l’azienda ha effettuato degli investimenti e sostenuto dei costi o fa affidamento per un certo periodo

Dipendente

Stabilità del posto di lavoro per

il periodo indicato nella

clausola ovvero eventuali

indennità o altre gratifiche

(in rapporto alle categorie escluse

dalla disciplina limitativa dei

licenziamenti)

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ASSUNZIONE DELL’OBBLIGO DI DURATA MINIMA

IL DATORE DI LAVORO

Clausola di durata minima

Preventiva rinuncia del datore di lavoro alla facoltà di recesso

per una durata predeterminata di tempo

garanzia per il lavoratore alla conservazione del posto

per il medesimo periodo

Utilità per le categorie escluse dalla disciplina limitativa protezionistica dei

licenziamenti e soggette alla normativa codicistica di cui agli artt. 2118 e 2119

c.c.

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ASSUNZIONE DELL’OBBLIGO DI DURATA MINIMA

IL LAVORATORE

Clausola di durata minima

Preventiva rinuncia del lavoratore alla facoltà di recesso per il medesimo

periodo di tempo

Garanzia per il datore di lavoro

di acquisire e conservare per una durata predeterminata risorse con profili

professionali specialistici e per questo investiti di incarichi strategici

di circoscrivere l’impatto negativo della perdita di tali professionalità

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“E’ valida e non contrasta con alcuna norma o principio

dell’ordinamento giuridico la clausola contrattuale con cui il

lavoratore, disponendo liberamente della propria facoltà di

recesso, pattuisce una garanzia di durata minima del contratto di

lavoro e si obbliga a risarcire il danno al datore nell’ipotesi di

dimissioni anticipate” Corte Cass. 19 agosto 2009, n. 18376

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LA CLAUSOLA DI STABILITÀ È LECITA E PERSEGUIBILE?

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AUTONOMIA PRIVATA E CLAUSOLA

DI DURATA MINIMA DEL RAPPORTO

Anche nell’ambito del contratto di lavoro subordinato è possibile adattare

uno strumento contrattuale tipico alle particolari esigenze dei contraenti, da

valutare e inquadrare giuridicamente nel concetto di libertà contrattuale

alla stregua delle previsioni di cui all’art. 1322 c.c.

“Le parti possono liberamente

determinare il contenuto del

contratto nei limiti imposti

dalla legge”.

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LA FACOLTÀ DI RECESSO DAL RAPPORTO DI LAVORO È

DISPONIBILE?

“Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo

indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti [dalle

norme corporative], dagli usi o secondo equità” (…)

Le dimissioni si possono dare in ogni momento in quanto appartengono ad

un sistema di libertà assoluta che comprende anche il potere di disporre di

tale libertà.

Recesso dal contratto a tempo indeterminato

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Art. 2118 c.c.

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1. RECESSO ANTICIPATO DEL DATORE DI LAVORO:

CONSEGUENZE

In ipotesi di anticipata e ingiustificata risoluzione del rapporto da

parte del datore di lavoro, il lavoratore avrà diritto al risarcimento

del danno pari all'ammontare delle retribuzioni che avrebbe

percepito se la risoluzione non fosse intervenuta, per tutto il

periodo in cui egli, pur usando l'ordinaria diligenza nel ricercarla,

non trovi altra idonea occupazione

Incombe sul datore di lavoro che voglia limitare la misura del

risarcimento dovuto l’onere di provare il difetto di diligenza del

lavoratore nella ricerca di un nuovo lavoro (1227 c.c.) o i proventi

eventualmente ricavati dal lavoratore - aliunde perceptum (Cass. 15

novembre 1996, n. 10043)

76 Materiale prodotto da LABALAW Studio Legale

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2. RECESSO ANTICIPATO DEL DIRIGENTE:

CONSEGUENZE

In ipotesi di anticipata e ingiustificata risoluzione del rapporto da parte del dipendente, il datore di lavoro potrà agire per ottenere il risarcimento del danno, che potrebbe essere quantificato in ragione dei costi sostenuti per l’addestramento o per reperire il sostituto

a) obbligo di restituzione delle somme se preventivamente versate al lavoratore quale corrispettivo

ovvero

b) mancato pagamento delle somme promesse alla scadenza di un termine prefissato

Opportunità di prevedere l’inserimento di una clausola penale che predetermini pattiziamente la quantificazione del danno da inadempimento da detrarre dalle competenze di fine rapporto e dal Tfr

77 Materiale prodotto da LABALAW Studio Legale

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LA CLAUSOLA DI PROLUNGAMENTO DEL

PREAVVISO DI DIMISSIONI

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Clausola con la quale datore di lavoro e lavoratore

pattuiscono la prosecuzione del periodo di preavviso oltre il

termine previsto dalla contrattazione collettiva.

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Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a

tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi

stabiliti [dalle norme corporative], dagli usi o secondo equità.

In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a

un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe

spettata per il periodo di preavviso.

La stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro nel caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro.

Art. 2118 c.c.

RECESSO DAL CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO

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L’art. 2118 c.c. stabilisce l’obbligo del preavviso

rinviando alla contrattazione collettiva il “termine”

ed i “modi”

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Ragioni del lavoratore per l’utilizzo della clausola

di prolungamento del preavviso di dimissioni

1. percorso formativo del lavoratore

2. raggiungimento di una posizione particolarmente qualificata

3. corresponsione di un emolumento retributivo integrativo

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Liceità del patto di prolungamento del preavviso di

dimissioni

• La pattuizione individuale con la quale il datore di lavoro e dipendente

concordano di prolungare il preavviso dovuto nell’ipotesi di dimissioni, con contestuale riconoscimento di benefici per il lavoratore è da ritenersi legittima (Trib. Genova, 7 settembre 2004)

• La clausola di prolungamento del preavviso non urta contro alcuna disposizione inderogabile di legge o di contratto (Cass. 9 giugno 1981, n. 3741 – Corte d’Appello di Brescia, 8 aprile 2005, n 67)

• Il sacrificio posto a carico del lavoratore è quello di un preavviso di durata superiore a quella stabilita dal ccnl, ma è bilanciato dall’acquisizione di professionalità e da un corrispettivo

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Vantaggi del patto di prolungamento di preavviso

di dimissioni

Consente di introdurre uno strumento per dissuadere il

lavoratore ad abbandonare l’azienda

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Svantaggi del patto di prolungamento di preavviso

di dimissioni

Non consente di vincolare il lavoratore a non abban-

donare l’azienda

Non è possibile agire in via d’urgenza in caso di

inadempimento

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IL CORRISPETTIVO

Alcuna norma di legge subordina la validità del patto di stabilità

all’erogazione di un corrispettivo

Tuttavia la giurisprudenza si è pronunciata sulla legittimità del vincolo in

relazione a fattispecie in cui il vincolo per il lavoratore rinveniva un

corrispettivo nella natura della prestazione o in particolari

investimenti formativi e/o economici del datore di lavoro (Cass. 11

febbraio 1998, n. 1435; Cass. 7 settembre 2005, n. 17817).

il versamento di un corrispettivo vincola maggiormente il dipendente al

rispetto dell’obbligo in esso previsto (sia come perdita del beneficio sia

come sanzione in caso di violazione dell’impegno)

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