2013 GIURCO El Desastre Nel Cinema in Epoca Franchista

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Elaborazione del lutto nazionale  El Desastre de1898nel cinema franchista 

di Matteo Giurco

Scoppiata nell'aprile del 1898, la guerra ispano-statunitense confermòl'emergere della giovane potenza nordamericana ai danni del senescente

Impero spagnolo.Il breve conflitto si concluse con la firma della Pace di Parigi, il 10dicembre 1898: l'accordo sanciva la rinuncia spagnola alla sovranità suCuba (posta sotto temporanea diretta occupazione statunitense1*), e lacessione di Porto Rico, Filippine, isola di Guam agli Stati Uniti, per lacifra di venti milioni di dollari. La stesura del trattato, ratificato daentrambe le parti nei primi mesi del 1899, non vide la presenza dirappresentanti delle ex-colonie spagnole: fattore non trascurabile, postoche il malcontento sfociò successivamente nella prima guerra diliberazione nazionale del XX secolo, quella filippino-statunitense.D'altra parte, non meno considerevoli furono le ripercussioni sul suoloiberico: i residuali possedimenti oltremarini dell'Impero spagnolo eranostati persi. Per la Spagna, era el Desastre.

«Más se perdió en Cuba y vinieron cantando», osservano ancora oggi glispagnoli per ridimensionare le conseguenze di qualche trascurabileaccidente. Al di là delle frasi di comodo, questa è la prova emblematicadi quanto sentiti fossero i contraccolpi dello sfascio imperialenell'opinione pubblica coeva. In ogni caso, considerando l'evento storicodal punto di vista del binomio continuità/mutamento, è opportunosegnalare la sopravvivenza del colonialismo di Madrid (rivolto però soloall'Africa, in primis Marocco), e il perdurare del sistema politico vigente.

La casa regnante e il complesso della Restauración non furono debellati;non si ebbe in Spagna un nuovo regime, tanto meno una nuovacostituzione.

Come sottolineato da Juan Pro Ruiz, la vera natura della crisi di fine

1 La presenza della base navale nella baia di Guantánamo è una conseguenza deglisviluppi diplomatici della questione cubana, ma può essere ricondotta, indirettamente,proprio all'intervento statunitense nella guerra del 1898.

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secolo fu «fundamentalmente moral e intelectual»2*. La perdita del

vincolo transoceanico aveva comportato un sisma, tanto nelle ex-coloniequanto nella ex-metropoli: in quest'ultima, era arrivato il momento diripensare el Ser de España, l'essenza stessa dell'intera nazione.

Era il tempo dei grandi dibattiti sorti tra e attorno a quella che vennedefinita, peraltro non in maniera condivisa, Generación del 98 : Miguelde Unamuno, Ramiro de Maeztu, Ramón del Valle-Inclán, Azorín et alia,intellettuali che si interrogarono sul tema dell'identità spagnola,nonostante sensibilità e stili diversi. A segnare ancor di più la cesura, nonmancò chi si volse altrove; e fu così che Joan Maragall concluse la suaOde alla Spagna, poesia scritta in catalano, con una sentenza tantolapidaria quanto inequivocabile: Adéu, Espanya!.

Nulla di inaspettato dunque se l'elaborazione del lutto trascese i primidecenni del nuovo secolo, per riproporsi durante la metà dello stesso,quando la tematica venne trattata mediante l'arma della propagandacinematografica franchista. Quest'ultima trattò gli eventi della guerra del'98 tramite pochi ma significativi lungometraggi, che analizzeremo nelpresente scritto: Raza (1941, 1950) e Los Últimos de Filipinas (1945).Nell'uno e nell'altro caso sono ravvisabili chiare tendenze alla riscopertadelle virtudes españolas, celebrate nella loro convergente valenza distampella al regime di Franco da un lato, tonico per il concetto dihispanidad  dall'altro. Del resto, l'ispanità era proprio il collante

immaginario dell'Impero spagnolo; al riguardo, nel 1934 era statopubblicato un opuscolo,  Defensa de la hispanidad , scritto proprio daRamiro de Maeztu, uno dei protagonisti della stagione intellettuale del1898, poi fucilato da militi repubblicani durante la Guerra civile.

Il concetto di ispanità sarà quindi il prisma interpretativo principale conil quale analizzeremo le due pellicole: nell'analisi di ciascuna seguiremoun percorso anacronico, riservando a Raza una trattazione piùparticolareggiata, in ragione della sua maggiore rilevanza.

 Los Últimos de Filipinas: un'epopea spagnolaPellicola in bianco e nero del 1945, diretta da Antonio Román, conobbeun buon successo di pubblico. A suggellarne l'importanza nel reticolopropagandistico franchista fu però l'assegnazione del titolo di“documento di interesse nazionale”.

2 Vedasi Juan Pro Ruiz, La política en tiempos del Desastre, in Juan Pan Montojo (acura di), Más se perdió en Cuba. España, 1898 y la crisis de fin de siglo, Alianza,Madrid 1998.

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Nel lungometraggio viene ricostruito un episodio bellico realmente

verificatosi sul fronte asiatico: l'eroica resistenza di una cinquantina disoldati spagnoli a Baler, località costiera sita nell'isola di Luzon (lamaggiore dell'arcipelago filippino). Isolati dal resto delle forze imperiali

e pressati dai guerriglieri tagalog, imiliti iberici si asserragliarononella chiesetta del paese il 30giugno 1898; lì, malgrado la nettainferiorità numerica, riuscirono acontrastare efficacemente gliassalti degli insorti. Nei mesisuccessivi si creò una logorante

situazione di stallo, complici ladiffidenza e la scarsa maestriadegli ufficiali spagnoli nel trattarecon i filippini e nell'interpretare imessaggi di cessazione delleostilità. La paralisi diplomatica siprotrasse perciò fino al 2 giugno1899, quando erano ormaitrascorsi vari mesi dalla firma deltrattato di pace: accusando diversi

decessi dovuti a dissenteria e beriberi, combattendo in condizioni

materiali esiziali, gli spagnoli di Baler avevano resistito a 337 giornid'assedio. In breve tempo, i protagonisti della vicenda vennero celebraticome eroi, ed a riconoscerne il valore militare fu lo stesso EmilioAguinaldo, comandante delle truppe filippine.3*

L'inizio della pellicola è contraddistinto da toni epici, con una voce fuoricampo che introduce lo spettatore nello scenario filippino, descrittocome tierra delicada y terrible: ricercato ossimoro per intingere gliavvenimenti successivi in una intrigante miscela d'esotismo.

Le prime sequenze mostrano la corsa trafelata di un messaggero alleprese con gli spari degli insorti: schivate con abilità le pallottole, riesce a

raggiungere il villaggio di Baler. Nella taverna del villaggio si beve, sicanta e si balla, e ad allietare il tutto provvede Tala (Nani Fernández),procace indigena amica degli spagnoli. Nemmeno l'arrivo delportalettere scompone l'atmosfera, in quella che sembra essere ordinariaamministrazione in un avamposto dell'Impero.

3 Con decreto emesso il 30 giugno 1899, Aguinaldo elargì ai difensori di Baler laqualifica non di prigionieri, ma di amici, garantendogli inoltre la concessione di unpermesso per ritornare in Spagna.

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A rendersi pienamente conto dell'evolversi in peggio della situazione

sono invece gli ufficiali della guarnigione: il capitano Enrique de lasMorenas y Fossi (interpretato da José Nieto) ed il tenente Martín Cerezo(l'idolo cinematografico dell'epoca, Armando Calvo). Proprioquest'ultimo, dialogando con il suo superiore, prefigura quello che di lì apoco sarà lo sviluppo della storia:

«Aún tenemos presente lo que nos dijeron los últimos supervivientes al partir elbarco que los repatriaba: “(...) Estad siempre alerta, porque luchareis contra laemboscada y contra la traición”.(...) Nadie nos avisará cara a cara».4*

Parole che, oltre a rivelarsi profetiche, si configurano come il bigliettoda visita del protagonista del lungometraggio: virile, stoico, battagliero,l'antitesi in carne e ossa di nemici che agiscono di sorpresa e

nell'oscurità.Detto, fatto: poco dopo si diffonde l'ordine di insurrezione generale, chevede la partecipazione in massa dei filippini, compreso l'oste dellataverna del paese, precedentemente impegnato a versare vino aglistranieri. Nella pellicola, così come nella realtà, gli spagnoli si rifugianonella chiesa di Baler, non senza aver costruito un embrionale sistema ditrincee. L'affascinante Tala, accusata di intelligenza con il nemico, vienerinchiusa in una capanna dai suoi compaesani. Infine, inizia la battaglia.

Non ci soffermeremo qui nella minuziosa relazione degli scontri, sortitee contro-mosse illustrate nel film: basterà menzionare la periodica

frustrazione degli sforzi dei tagalog ed il progressivo deperimento tra lefila spagnole, minate dalla grave privazione di cibo e materiali sanitari.Il 22 novembre 1898 muore il capitano Enrique de las Morenas: a farsicarico del comando sarà il tenente Martín Cerezo, fermo neiproponimenti di resistenza ad oltranza.

Passano altri giorni, altre settimane e diversi mesi. È una voce narranteesterna a fungere da connettore temporale, raccontando con tonocommosso:

«10 diciembre de 1898: firma del tratado de París y pérdida de las Filipinas.Para los españoles todos, una de las fechas más tristes de la historia. Para todos,

menos que para aquel puñado de valientes del destacamento de Baler: ellos nose enteraron ni quisieron enterarse.»5*

4 «Abbiamo ancora presente quello che ci dissero gli ultimi sopravvissuti quando partìla barca che li rimpatriava: “State sempre in allerta perché combatterete control'imboscata e il tradimento. (...)Nessuno ce lo dirà in faccia.» (Mia traduzione).

5 «10 dicembre del 1898: firma del trattato di Parigi e perdita delle Filippine. Per tuttigli spagnoli, una delle date più tristi della storia. Per tutti, meno che per quel pugno divalorosi del distaccamento di Baler: loro non se ne resero conto, né vollero renderseneconto.»

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Questo è l'apogeo della prima parte dell'opera: vi si narra a chiare lettere

che gli eroi di Baler non si resero conto, né vollero rendersi conto, delloscacco matto subito dall'Impero spagnolo. A ben vedere, il senso dellaloro epopea,inserita abuon dirittonell'epos ispanico, statutto lì:l'onore, latenaciairrevocabile,

la fermezzanel resistere,insomma laquintessenzadelle virtùguerriere. Un esempio abilmente comparato, per antitesi, allacedevolezza e alle debolezze del governo di Madrid, colpevole di “unadelle pagine più tristi della storia”.

Soli, in territorio ostile, gli spagnoli di Baler continuano a tenere alta lapropria bandiera. A questo punto si verificano due avvenimentisignificativi, peraltro fondati storicamente:

– i vari tentativi di accordo tra le parti, mediante ambascerie: ad un datomomento vi prenderanno parte anche ufficiali spagnoli, ma l'armistizionon avrà luogo a causa della diffidenza nutrita dal tenente Cerezo,refrattario nel credere al termine delle ostilità;

– lo sbarco di uno sparuto contingente statunitense incaricato diraggiungere gli spagnoli per portarli in salvo: fallisce per l'opposizionearmata dei tagalog.

Il tenente inconsapevolmente ribelle continua quindi a guidare la propriapiazzaforte fino all'arrivo del tenente colonnello Aguilar: costui riesce

finalmente a convincere Cerezo, mostrandogli alcuni quotidianimadrileni. La storia si avvia alla conclusione, con l'abbandono dellachiesa di Baler da parte del presidio spagnolo, che inalbera bandierabianca.

Il finale è epico: la grande tensione accumulata sfocia in una conclusionepositiva. Con il tenente Cerezo alla propria testa, il manipolo spagnolosfila ordinatamente nella via lasciata aperta dagli immobili insortifilippini, disposti ai due lati dell'improvvisata parata. Agli ibericisorridenti si unisce immancabilmente anche la bella Tala, metafora di un

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legame tra Spagna e Filippine che non si vuole reciso per sempre,

mentre nella mente del tenente Cerezo si profilano pensieri infausti:ipotetiche accuse di insubordinazione e quant'altro. A dissipare i dubbidello spettatore, il regista inserisce una musica trionfale e delleinquadrature frontali, sovrapponendo inoltre alla fronte accigliata delprotagonista i titoli enfatici dei giornali spagnoli, celebranti il ritorno delpresidio.

Ad accompagnare lo stendersi del sipario sulla storia ci pensa la vocenarrante, alla quale sono affidate le parole che seguono:

«Y otra vez el teniente Martín Cerezo se enteró de las noticias con retraso: enEspaña, él ya era un héroe.»6*

Culto dell'eroismo a parte, il senso dell'esperienza coloniale è riassuntomeglio dal laconico sacerdote spagnolo che segue il contigente di Baler,il quale così sentenzia:

«Es la obra de España: una obra de siglos, y aunque algún día tengamos queirnos nosotros, aquí quedarán para siempre la fé y el idioma». 7*

Aquestorapidocennoviene

attribuita in findei conti

l'interaragion

d'esseredel

concettodi

ispanità,in grado

di unirei popolidell'ex

Impero

6 «Ed ancora una volta il tenente Martín Cerezo si rese conto delle notizie in ritardo: inSpagna, lui era già un eroe».

7 «E' l'opera della Spagna: un'opera di secoli, e malgrado un giorno noi dovremoandarcene, qui rimarranno per sempre la fede e l'idioma».

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spagnolo. Una analisi, quella del missionario, esatta per quanto concerne

l'aspetto religioso, posto che il cattolicesimo è il culto ancor oggi piùpraticato nelle Filippine. Più traballante invece per quanto riguarda ilpiano linguistico, dov'è evidente la sconfitta subita dalla hispanidad nello scacchiere asiatico: la Costituzione filippina del 1987 sancisce lapromozione dello spagnolo su base volontaria ed opzionale, ma le lingueufficiali della Repubblica sono il filippino...e l'inglese.

 Raza: teoria e forme dell'hispanidad, secondo Franco

Se ne  Los Últimos de Filipinas l'asse centrale della pellicola èfondamentalmente la celebrazione della figura archetipica del Soldato diSpagna, eroico ed intrepido, in Raza c'è questo e molto altro.

Il lungometraggio uscì per la prima volta nelle sale il 5 gennaio 1942,proiettato nel Palazzo della Musica di Madrid. La seconda edizione,uscita nel 1950 con il titolo di Espíritu de una raza, subirà varie eprofonde revisioni rispetto al prodotto primigenio.

Il complesso artistico della pellicola era di tutto rispetto: attori stimaticome Alfredo Mayo, Ana Mariscal, José Nieto, Blanca de Silos... Lo

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stesso dicasi per le musiche, la cui realizzazione era stata affidata alle

Orchestre Nazionale, Sinfonica e Filarmonica. Regista di entrambe leversioni del lungometraggio fu José Luis Sáenz de Heredia: cugino diJosé Antonio Primo de Rivera, fu uno dei direttori cinematografici dipunta del regime, direttore della Escuela Oficial de Cine, nonché registadel documentario apologetico «Franco, ese hombre», nel quale venivanoripercorsi i momenti salienti della vita del dittatore.

Nel caso di Raza, però, la longa manus di Franco si spinse ben oltre allamera indicazione di un regista gradito: l'intero copione del film, infatti, èbasato sul testo di una novella scritta dal Caudillo in persona, celatosisotto lo pseudonimo di Jaime de Andrade.

Non era il primo racconto redatto dal generale, il precedente essendoinfatti  Marruecos: diario de una bandera, la cui prima pubblicazionerisaliva al 1922. Dettagli a parte, un evento di tale portata come lapartecipazione diretta di Franco nel lavoro cinematografico non potèessere ignorato. E non lo fu.

Nel 1977, due anni dopo la morte del gerarca, l'accademico spagnoloRomán Gubern diede alle stampe un opuscolo dal titolo evocativo: Raza:un ensueño del general Franco. In esso si cercava di esplorare ciò cheGubern stesso indicava come “il carattere mitomane-autobiografico”presente nell'elaborato del Caudillo, utilizzando quanto scritto nellanovella come cartina al tornasole per cogliere gli arcana della psiche

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dittatoriale.

Ora: è fuori di dubbio chein  Raza siano presentielementi autobiografici,che nella presente analisisaranno evidenziati inmaniera circostanziata;nondimeno, la chiave dilettura da me privilegiatariguarderà il messaggioideologico veicolatoattraverso la pellicola. A

tal proposito, è d'uoponotare come illungometraggio sia statofinanziato dallo Statospagnolo attraverso ilConsejo de la hispanidad ,istituzione dipendente dalMinistero degli AffariEsteri, creata il 2novembre 1940 alloscopo di promuovere irapporti con le nazioni del mondo ispanico.

Venendo alla trama della pellicola, essa racconta la storia di una famigliagallega, i Churruca: la parte iniziale è ambientata al tempo dell'infanziadei quattro figli del capitano di vascello Pedro Churruca, mentre il padreè nel pieno della sua attività di militare di professione. Impiegato nellaMarina spagnola, il capofamiglia parte per partecipare alla guerraispano-statunitense, nella quale troverà la morte. A questo punto, con unsalto temporale, l'ambientazione diventa prima la Spagna ai tempi delladittatura di Miguel Primo de Rivera, poi quella della Guerra Civile, fattoche determina la divisione dei quattro fratelli:

– il maggiore, Pedro, politico professionista, si schiererà con irepubblicani, salvo poi cambiare idea;

– osé, il secondogenito, militare come il padre, sarà militante del bandosublevado;

– Isabel, l'unica femmina, rappresenterà il prototipo della donna in attesadel proprio marito, partito per il fronte;

– Jaime, il più piccolo, fattosi frate, verrà ucciso da miliziani

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repubblicani.

Il lungometraggio terminerà con la sfilata vittoriosa delle truppefranchiste a Madrid, salutate dal braccio di Franco, in piedi sul palcod'onore.

E' evidente, nell'economia della pellicola, come l'ambientazione dellastoria nel paesaggio rurale della Galizia subodori la vita di Franco stesso,nato non lontano da La Coruña. A segnalare un'altra importante analogiatra la biografia del dittatore e il film, vi è poi la professione delcapofamiglia (militare come il padre di Franco), ed il ruolo di PedroChurruca junior, il fratello deviante che ricorda Ramón Franco, malvistoper le sue chiare simpatie repubblicane (poi abbandonate).

Passando alla trattazione della guerra di Cuba, è fondamentale ricordareche in  Raza essa si configura come momento catartico per PedroChurruca senior. Proprio a quest'ultimo è affidato il compito diimmergere lo spettatore nella realtà (vera o presunta) dell'epoca,mediante un dialogo con un suo collega ufficiale, nel quale risaltal'idealità della classe militare spagnola:

«UFFICIALE:¿Y has estado en Filipinas?PEDRO CHURRUCA (PADRE): Sí, he tocado en Filipinas. Las mismasperturbaciones fomentadas por el extranjero. La perenne rebeldía de la gente deJoló.UFFICIALE: Sí, como siempre.

PEDRO CHURRUCA (PADRE): Más grave que nunca. Además, la relajaciónde costumbres y, lo que es peor, la invasión de la masonería. Allí no puede estarquien no sea masón.UFFICIALE: Algo parecido a lo de Cuba, aunque aquello es todavía más serio.Los insurrectos cuentan con protecciones poderosas: las mismas logias, pero auna nación grande detrás.PEDRO CHURRUCA (PADRE): Abandonados de España, mejor dicho,prisioneros de España.UFFICIALE: En el Estado Mayor del Capitán General de la Isla se recibencartas que destilan sangre, y el Gobierno no quiere aventuras: “hay quecontemporizar”, “no se pueden mandar hombres”, “la guerra no es popular”.(Stacco)DEPUTATO: La guerra no es popular, no podemos enviar a nuestros hombres al

matadero. »Fracta est aetas, avrebbe commentato Lucrezio: ma in questo scambiodi battute tra camerati c'è qualcosa di più di una geremiade filo-imperiale. La perenne ribellione viene intimamente relazionata alrilassamento dei costumi e, soprattutto, all'incalzante attività massonica.Protezioni poderose, dunque, con alle spalle la presenza di una grandenazione: l'allusione coglie nel segno, e il pensiero corre rapido agli StatiUniti d'America.

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A questo punto, e solo a questo punto, l'isolamento dei militari spagnoli

si arricchisce del tassello finale: il nemico interno, il Governo «che nonvuole avventure», perché «la guerra non è popolare».

Così commentano i fatti i due orgogliosi ufficiali, «prigionieri dellaSpagna»: peraltro una situazione vissuta sulla propria pelle dallo stessoFranco, non tanto nel 1898, quanto durante la Guerra del Rif (1921-1927), come rilevato da Juan Fernández-Mayoralas in un suo articolo.8*

Ultimo baluardo delle virtù patrie, residuale difesa dell'ispanità, al cetomilitare è concessa ampia giustificazione all'interno dell'opera: la teoria delcomplotto massonico e della colpevole debolezza parlamentare interna siintrecciano, venendo ripetute a spron battuto, come deducibile dal seguente

dialogo, ambientato in un ufficio del Ministero della Marina :«(...)UFFICIALE II (che entra): ¿Ya sabrán ustedes lo de hoy?UFFICIALE III: lo de hoy es lo de siempre. Una perseverancia en la vergüenza.UFFICIALE IV: El gobierno no encuentra más argumento que el tópico ése deque la guerra no es popular.UFFICIALE II: ¿Qué han hecho para que lo sea? ¿Sabe siquiera el país lo queCuba representa?UFFICIALE I: Claro que no. Y al final sin efectivos. Sin política exterior.Aislados del mundo, abandonados de España, resultará que hemos tenido laculpa los militares.UFFICIALE IV: El sacrificio se está ya consumando. La masonería es la dueñadel parlamento: 180 diputados masones reciben órdenes del extranjero.UFFICIALE I: ¡Qué asco!, ¡quién pudiera morir allí! (traduzione: che schifo!Chi potrebbe morire lì!).( Dopo questa scena il generale ordina a Pedro Churruca di andare a Cuba).(...)

AMMIRAGLIO: Hubiera preferido dejarle aquí para que descansase un poco,porque además hombres como Usted los necesitamos.

PEDRO CHURRUCA (PADRE): No Almirante, es mejor así. Aquí me mureríade vergüenza. De verdad se lo digo. Muchas gracias.»

Vergogna (vergüenza) , isolamento dei militari, sacrificio in atto,massoneria padrona del parlamento: sono poche le parole-chiave deltesto. Poche, ma performanti, destinate a sedimentarsi nell'opinione dello

spettatore. Una sorta di memetica ante litteram, forse, confermataperaltro dai discorsi e dalle azioni di Franco nella vita reale.

«TODO el secreto de las campañas desencadenadas contraEspaña descansa en estas dos palabras: masonería y comunismo»(«TUTTO il segreto delle campagne scatenate contro la Spagna poggia

8 Vedasi Juan Fernández-Mayoralas, «RAZA» Y «ESPÍRITU DE UNA RAZA». Del fascismo al anticomunismo: la evolución del primer franquismo a través del cine,facilmente reperibile in internet.

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se queste due parole: massoneria e comunismo»): queste erano le parole

dello stesso dittatore in un volume pubblicato negli anni cinquanta delloscorso secolo, con lo pseudonimo di Jakim Boor. Non si trattava di unareductio ad unum, ma poco ci mancava. Va da sé che, dopo i massacridella Guerra civile, già nel 1940 venne promossa una legge per larepressione della massoneria e del comunismo, cui fungeva da corollariol'istituzione di un Tribunale speciale competente a giudicare queste dueimputazioni.

Tornando alla pellicola, il senso di vergogna per la decadenza spagnola ela volontà di sacrificio sono confermate dalle sequenze successive.Questa volta è un ammiraglio a parlare: davanti a sé ha cinque ufficiali,stretti attorno ad un tavolo, tra cui lo stesso Pedro Churruca senior:

«Ammiraglio:(…) Contra ellos, muy poco pueden nuestros viejos cruceros. Sinembargo, (…) las razones desaparecen ante al deber: solo nos queda obedecer,cumplir como buenos. Y en medio de todo, no vale la pena sobrevivir a estavergüenza. La historia sabrá juzgarnos. No hay sacrificio estéril: del nuestro dehoy saldrán las glorias de mañana (...)¡Viva España!»9*

Conseguentemente, come prevedibile, il valoroso Churruca senior muorein battaglia al comando del suo incrociatore, il Vizcaya, peraltrorealmente affondato durante la guerra nelle acque di Santiago di Cuba, il3 luglio 1898.

La memoria del coraggioso marito e padre di famiglia è affidata alla

vedova: vestita a lutto, si rivolge con parole di commosso ricordo aipropri figli. Il senso del discorso è assimilabile ad una continuitàintergenerazionale, che si vuole essere anzitutto spirituale e morale:

Isabel Acuña de Churruca (sposa di Churruca senior): «Él era superior a todo loque le rodeaba, y no podía subsistir su espíritu en un ambiente de tan escasovalor moral. Que vosostros, sus hijos, os hagais dignos de su ejemplo, es loúnico que os pido ahora y os pediré siempre.»10*

La vicenda, come accennato sopra, si articolerà poi nellacontrapposizione tra repubblicani e franchisti, chiaramente in unaprospettiva edulcorata dal regime. Nell'ambito di questo scritto, ciò cheinteressa è però la valenza della guerra ispano-statunitense: lì dove tutto

9 «Contro di loro, i nostri vecchi incrociatori possono molto poco. Tuttavia, (…) leragioni scompaiono di fronte al dovere: ci rimane solamente ubbidire, agire da bravi. Emalgrado tutto non vale la pena sopravvivere a questa vergogna. La storia cigiudicherà. Non c'è sacrificio sterile: dal nostro comportamento di oggi sorgeranno leglorie di domani(...) Viva la Spagna!»

10 «Lui era superiore a tutto ciò che lo circondava, e il suo spirito non poteva sussisterein un ambiente di così scarso valore morale. Che voi, suoi figli, vi facciate degni delsuo esempio, è l'unica cosa che vi chiedo ora, e vi chiederò sempre».

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ha inizio. Nel 1898, sembra suggerire Franco, le due Spagne,

radicalmente antitetiche, si scontrano per la prima volta. Massoneria,disfattismo, calabrachismo ed ogni altro tipo di nemico internodispiegano già allora, per la prima volta, il proprio potenziale distruttivo.E sempre in quell'epoca, i militari vivono una condizione di frustranteisolamento, materiale e morale.

Cifra y compendio del espiritu español: così veniva descritto  Raza dalperiodico Diario de Navarra il 27 febbraio 1942. Non era un giudizio deltutto errato, ma nemmeno interamente condivisibile; vi mancava unaggettivo: franchista. Chiave e compendio franchista dello spiritospagnolo: questa era l'autentica ragion d'essere della pellicola, lanarrazione di una lotta secolare e la celebrazione di un immaginariocollettivo.

Quest'ultima funzione, fondamentale, assume tratti emblematici nellesequenze finali del lungometraggio, con lo sfilare dei vittoriosi repartifranchisti nei pressi di una statua raffigurante Don Chisciotte e SanchoPanza. Il giovanissimo nipote di Pedro Churruca senior, l'eroe del 1898,interroga festante la propria mamma Isabel in merito ai festeggiamenti aiquali prendono parte come spettatori:

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Bimbo: «¡Qué bonito es todo! Cómo se llama esto?»Isabel: «Esto se llama raza, hijo mio».

«Questo si chiama razza, figlio mio». Epigrafico y final.

La storia della pellicola, in realtà, ebbe un seguito mutevole. La secondaversione venne infatti proiettata nel 1950, e fu oggetto di un'ampia operadi revisione complessiva: a salvarsi non fu nemmeno il titolo (comericordato poc'anzi). I cambiamenti più sostanziali riguardavano ilmessaggio ideologico, che in Espíritu de una raza venne sensibilmentetarato sulle diverse esigenze di politica estera del dopoguerra. Del resto,otto anni più tardi, lo stesso nome della festa nazionale spagnola, il  Díade la Raza (fissata al 12 ottobre, in memoria della scoperta d'America),fu modificato nel più diplomatico Día de la Hispanidad .

Con buona pace dello spirito militare, nella nuova versione dellapellicola vennero tagliati alcuni riferimenti agli Stati Uniti, mentre lacostruzione del nemico interno si piegava alle ragioni di un mondobipolare: meno ostilità anti-massonica, quindi, e molto piùanticomunismo. Il tutto era evidente già dalle sequenze iniziali, nellequali lo scenario rurale d'apertura era anticipato dal seguente testo:

«La historia que vais a presenciar no es un producto de la imaginación. Eshistoria pura, veraz y casi universal, que puede vivir cualquier pueblo que no seresigne a perecer en las catástrofes que el comunismo provoca».11*

Nelle sequenze successive, inoltre, viene cancellato l'episodio del

dialogo tra ufficiali nell'ufficio del Ministero della Marina, così comenon v'è traccia dei titoli di giornale annuncianti la guerra contro gli StatiUniti. In compenso, una voce narrante esterna si sofferma più volte nelmenzionare prima la crescita del pericolo «materialista» sulla Spagna,poi le malefatte del Fronte popolare, tendente a «distruggere le pureessenze della tradizione spagnola».

Lungi dall'essere neutrale, anche l'ispanità continuava dunque ad esseresfoderata come arma propagandistica del regime.

AddendumNella presente analisi, incentrata sul cinema di guerra spagnolo, nonsono stati analizzati alcuni lungometraggi che sfiorano l'argomento delconflitto ispano-statunitense senza però soffermarcisi dettagliatamente: èquesto il caso, per esempio, della commedia amorosa Bambú (1945).

11 «La storia a cui state per assistere non è un prodotto dell'immaginazione. È storiapura, sincera e quasi universale, che può vivere qualsiasi popolo che non si rassegni aperire nelle catastrofi che il comunismo provoca».

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Differente il ruolo di un'altra pellicola, Héroes del 95 (1947), dedicata ad

avvenimenti bellici antecedenti alla guerra(1898), ragion per la qualenon è stata considerata in questa sede.

Infine, per offrire un quadro globale della produzione cinematograficaspagnola, va citata la pellicola Cuba, diretta da Pedro Carvajal, girata nel2000, proiettata per la prima volta nel febbraio 2002, quindi a pochi annidi distanza dal centenario commemorativo dello scontro. Il contestospazio-temporale del film è quello di un'isola in preda alle lotte traindipendentisti e truppe regolari; la storia si sviluppa infatti tral'assassinio del comandante insorto Antonio Maceo (1896) el'affondamento dell'incrociatore statunitense Maine (15 febbraio 1898). Iprotagonisti della pellicola sono due innamorati, Dolores Velasco (Ana

Álvarez), simpatizzante degli indipendentisti cubani, e il giovaneufficiale spagnolo Santiago de Sarmiento (Eloy Azorín), appena giuntosull'isola: nel mezzo della guerra e degli intrighi ha luogo la relazioneadulterina tra i due, Ana essendo sposata con Horacio Irigoyen, unprofittatore locale.

L'importanza del lungometraggio risiede nelle modalità con le qualivengono presentate le fazioni in lotta. La stanchezza del Regno diSpagna è impersonata dal superiore di Santiago, un veterano stanco dellaguerra e pessimista sul futuro; anche la brutalità dei soldati iberici vienemessa in rilievo, quando un soldato rivela a Santiago l'intenzione di

uccidere alcuni civili catturati durante un rastrellamento (verrà poifermato dallo stesso Santiago). In fin dei conti, l'anelito dei cubaniall'indipendenza viene dunque riconosciuto come degno d'ammirazione:non a caso la stessa protagonista li supporta nella lotta, accogliendo incasa i feriti e foraggiando la ribellione.

Vi è poi la presenza dissimulata di un terzo centro di potere, interessato adestabilizzare la situazione: gli Stati Uniti d'America, presentato come ilsolo ed autentico nemico del mondo ispanico. Un avversario viscido edinfido, incarnato dalla figura del console generale a L'Avana FitzhughLee, e caratterizzato con le false trame intessute dai giornalisti della

stampa scandalistica (vengono citati i giornali  New York Journal e NewYork World , capifila della macchina propagandistica nord-americanadell'epoca). Del resto, l'idealità anti-statunitense della pellicola vennedelineata dal regista stesso, autore delle seguenti dichiarazioni:

«Yo creo que esta película sólo podíamos hacerla cubanos y españoles juntos:(...) los yankis lo ganaron todo y no perdieron nada. La "independencia" de loscubanos no debió producirse de esta manera; debió suceder de forma pacífica yde mutuo acuerdo. Ya se sabe que las relaciones políticas establecidas por lapenínsula y la malquerencia norteamericana fueron las causas de escenas muy

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tristes para la historia cubana. Eso es lo que pretendo denunciar».12* 

Conformemente con questa impostazione, il lungometraggio venneprodotto con la collaborazione dell'ICAIC (Instituto Cubano de Arte eIndustria Cinematográficos), fondato nel 1959.

L'opposizione tra mondo ispanofono e Stati Uniti d'America non eraperò concezione originale, essendo già stata materia di attenzione; bastipensare che nel 1904 Rubén Darío, poeta nicaraguense molto influentesulla poesia spagnola, indirizzò a Roosevelt una lirica minacciosa:

«(...) Tened cuidado. ¡Vive la América española! /Hay mil cachorros sueltos delLeón Español. /Se necesitaría, Roosevelt, ser Dios mismo, /el Riflero terrible yel fuerte Cazador, /para poder tenernos en vuestras férreas garras. / Y, puescontáis con todo, falta una cosa: ¡Dios!».13*

 Mitopoiesi a mano armata (di cinepresa). 

Cenni sulla guerra del 1898 nel cinema USA.

«It has been a splendid little war»: John Hay descrisse così' la guerracontro il Regno di Spagna, in una lettera del 27 luglio 1898 a TheodoreRoosevelt. La definizione del futuro segretario di Stato spiccava per isuoi toni enfatici, ma rifletteva adeguatamente il giubilo della classedirigente degli Stati Uniti. Dietro alla retorica celebrativa, però, vi era

ben altro: il successo di una macchina organizzativa dinamica emoderna, che non aveva esitato ad utilizzare con acume gli strumentipropagandistici a propria disposizione. Prima, durante, e dopo lo stato dibelligeranza.

Punte di diamante nel dissodare il terreno in vista dell'interventomilitare, orientando l'opinione pubblica, furono due celebri professionistidell'informazione: William Randolph Hearst e Joseph Pulitzer. Nascevaproprio in quegli anni la stampa scandalistica («yellow journalism»),infarcita di ipersemplificazione e fatti distorti: una miscela propalata in

12 «Io credo che questa pellicola potevamo farla solamente assieme cubani e spagnoli:(…) gli yankees vinsero tutto e non persero niente. La “indipendenza” dei cubani nondoveva verificarsi in questa maniera; doveva accadere in forma pacifica e di comuneaccordo. Si sa già che le relazioni politiche istituite dalla penisola e l'avversione nord-americana furono le cause di scene molto tristi per la storia cubana. Questo è ciò chepretendo denunciare.»

13 «(...)State attenti. Vive l'America spagnola! Ci sono mille cuccioli sciolti del LeoneSpagnolo. Sarebbe necessario, Roosevelt, essere lo stesso Dio, il Fuciliere terribile ed ilforte Cacciatore, per poter tenerci nei vostri ferrei artigli. E, malgrado contiate su tutto,manca una cosa: Dio!».

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dose massiccia, che ebbe un ruolo importante nell'attribuire agli spagnoli

la causa dell'affondamento dell'incrociatore corazzato Maine, assurto poia casus belli.

L'armamentario propagandistico statunitense registrò inoltre l'esordio diun mezzo pionieristico, destinato a lungo uso: il cinematografo. LaUnited Vitagraph, casa cinematografica fondata l'anno precendente(1897) a Nuova York, si distinse nella produzione di cinegiornali,malgrado gli impedimenti non fossero trascurabili: a titolo d'esempio,ricordo che la battaglia navale di Santiago venne riprodotta in una vascada bagno, con tanto di sigaro per riprodurre il fumo dei cannoni.

Ancora maggiore fu l'incisività della Edison Manufacturing Company e

della  American Mutoscope  & Biograph Company, aziende che sicontesero il mercato delle pellicole inerenti il primo conflitto ad esserefilmato. Le proiezioni erano naturalmente destinate all'esaltazionedell'apparato bellico statunitense, ma offrivano al contempo una buonapanoramica sulla guerra. Raffiguravano gli incrociatori statunitensiIndiana, Iowa, Texas et alia, riservando ampio spazio a singoli episodidel conflitto terrestre, evocato dalle ricostruzioni di numerose manovrebelliche: vanno ricordati i filmati sullo sbarco delle truppe nord-americane nei pressi di Santiago, la cattura di trincee nemiche a Candaba(Filippine), un agguato a Cuba. Tra gli altri, spiccava inoltre un videointitolato «U.S. infantry supported by Rough Riders at el Caney».

Proprio questi ultimi, i leggendari volontari comandati da TheodoreRoosevelt, furono oggetto di svariate pellicole durante il secolosuccessivo. Le più importanti sono un film muto intitolato appunto

 Rough Riders (1927), e il cortometraggio Teddy the Rough Rider: produzione del 1940 diretta da Ray Enright e distribuita dalla WarnerBros. Picture, venne premiata nel 1941 con il Premio Oscar al migliorcortometraggio a due bobine.

Nell'estate del 1997 l'epopea di questi soldati veniva presentata sulpiccolo schermo: la produzione, una miniserie televisiva intitolata Rough

 Riders, venne scritta e diretta da John Milius, già affermato regista e/o

sceneggiatore di note opere cinematografiche (Conan il barbaro, Unmercoledì da leoni, Apocalypse now ecc...). La pellicola, spiccatamentecelebrativa, testimonia chiaramente le longeve potenzialità mitopoieticheinsite nella guerra ispano-statunitense. A chiarirlo basta l'introduzionedel film, dove le motivazioni dell'intervento nord-americano vengonoricondotte allo scontro tra Nuovo e Vecchio Mondo (la Spagna).

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 Il racconto si dispiega attraverso le tappe salienti del conflitto: dall'arrivodelle truppe nord-americane fino alla conquista delle alture di San Juan(con annessa carica dei Rough Riders), il tutto con un occhio di riguardoverso la figura di Theodore Roosevelt, considerato un eroe dallo stessoregista della miniserie («The first American Hero that I ever heardabout», confessò Milius in un'intervista rilasciata nel 2003). Alla luce di

ciò, non è forse un caso che nel gennaio 2001, ovverosia quattro annidopo l'uscita della pellicola, proprio Roosevelt divenne il primopresidente degli Stati Uniti a ricevere la Medal of Honor , massimadecorazione statunitense concessa per meriti militari, con riferimentoalla battaglia di San Juan. Proprio l'assalto a questa sommità si configuracome l'apice della gradazione ascendente della serie tv  Rough Riders; nonostante ciò, l'episodio più significativo ai fini propagandistici risultaessere un altro, situato ben prima, al momento cioè della partenza deivolontari dagli Stati Uniti d'America. Tra lo sferragliare delle carrozze, ibaci delle donne ai mariti, i sorrisi di alcune donne afroamericane, unragazzino siede perplesso accanto al nonno. Entrambi sono del Sud:

l'anziano in divisa grigia, il nipote con in mano una piccola Stainlessbanner . A questo punto tra i due avviene uno scambio di battutememorabile:

Bambino: «But they're wearing blue, grandpa. They are yankees».Nonno: «No! They're Americans».

«Sono Americani», sentenzia il vecchio, ed è un'affermazioneperfettamente in linea con la costruzione dell'immaginario collettivooperata dai politici statunitensi di fine Ottocento. La guerra ispano-

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statunitense venne presentata come il collante della Nuova America, e a

tale riprova si possono citare le parole del presidente William McKinley,proferite a Boone (Iowa), nell'ottobre del 1898:

«It is a sight inspiring to behold that in our war the troops of the North brigadedwith the troops of the South; that Iowa troops were brigaded with the troops of Georgia, and commanded by that distinguished ex-Confederate, whose name isso familiar in the annals of the Civil War, so that once more we were alltogether. We were all together in the fight, we must be all together in theconclusion. (...) This is no time for divided councils. (…),thank God, there is noNorth, no South, no East, no West, but all Americans forever».14*

Concetti ripetuti dallo stesso McKinley alcuni mesi dopo ad Atlanta(Georgia), ed in Alabama, stati che avevano partecipato alla Guerracivile americana nelle fila secessioniste. La frattura interna agli StatiUniti d'America era stata dunque definitivamente ricomposta con lapartecipazione di ex-confederati ed unionisti allo scontro con il nemicoesterno, o almeno questo era il messaggio che si voleva veicolare: anchetramite la cinematografia, anche novantanove anni dopo la fine delconflitto.

Bibliografia essenziale:

Juan Pan Montojo (a cura di),  Más se perdió en Cuba. España, 1898 y la crisis de finde siglo, Alianza, Madrid 1998;

Gianni Ferracuti, Profilo storico della letteratura spagnola, Quaderni della cattedra diLetteratura Spagnola, Università di Trieste, Trieste 2007;

Santiago Juan Navarro, “La guerra de Cuba” en el cine español. De Bambú a Mambí,articolo reperibile in internet;

Román Gubern, Razza. Un sogno del generale Franco, Edizioni Dedalo, Bari 1981;

Jakim Boor(pseudonimo di Francisco Franco), Masonería, Madrid 1952;

 Juan Fernández-Mayoralas, «RAZA» Y «ESPÍRITU DE UNA RAZA».Del fascismo alanticomunismo: la evolución del primer franquismo a través del cine, articoloreperibile in internet;

 Raúl Angulo Díaz, Dos versiones de «Raza», El Catoblepas - Revista crítica del

14 «È uno spettacolo entusiasmante da guardare che nella nostra guerra le truppe delNord costituivano brigate con le truppe del Sud; che le truppe dello Iowa avevanocostituito brigate con le truppe della Georgia, e comandate da quel distinto ex-Confederato, il cui nome è così familiare negli annali della Guerra Civile, perciò unavolta di più eravamo tutti insieme. Eravamo tutti insieme nella lotta, dobbiamo staretutti insieme nella conclusione. (…) Questo non è il momento per assemblee divise.(…), grazie a Dio, non c'è Nord, non Sud, non Est, non Ovest, ma tutti Americani persempre ».

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 presente, numero 44, ottobre 2005;

 Intervista di Nirma Acosta al regista Pedro Carvajal, reperibile sul seguente sito web:http://213-4-112-143.rad.tsai.es/cubahora/exclusivos/1999/septiembre/21/cuba.html

 Intervista al regista e sceneggiatore John Milius, reperibile sul seguente sito web:http://www.ign.com/articles/2003/05/07/an-interview-with-john-milius

William McKinley, Speeches and addresses of William McKinley: from March 1, 1897to May 30, 1900 , Doubleday & McClure Co., New York 1900 (vedasi:http://archive.org/stream/speechesandaddr02mckigoog#page/n16/mode/2up). 

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