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05-06 05-06 2010 giugno luglio 03 editoriale Il 50° anniversario del 7 luglio 1960. Pietra miliare per la democrazia Dino Felisetti 16 politica Le maf ie a Reggio Emilia. Intervista a Mauro Ponzi a cura di Glauco Bertani 22 cultura Le Reggiane 1943 Questa è la pace che vogliamo Annalisa Govi 41 l’opinione Non sospendere il sostegno a Istoreco Anna Salsi Poste Italiane s.p.a. - Spediz. in abb. post. - d.l. 353/2003/ (conv. in L. 27-02-2004 n. 46) art. 1 - comma 1- DCB - Filiale R.E. - Tassa pagata taxe perçue - Anno XLI - N. 5-6 Giugno- Luglio 2010 - In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio P.T. di Reggio Emilia detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa. PERIODICO del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia notiziario notiziario PER RI IO OD DI IC CO O d del l Comitato Provinci ial le A Associ iazi ione N Nazi ionale Partigiani d'Itali ia di R Reggi io E Emi il lia 7 luglio 1960-2010 50ANNI DOPO

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editoriale Il 50° anniversario del 7 luglio 1960.

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05-0605-062010giugnoluglio

03 l© editorialeIl 50° anniversario del 7 luglio 1960. Pietra miliare per la democraziaDino Felisetti16 l© politicaLe maf ie a Reggio Emilia. Intervista a Mauro Ponzia cura di Glauco Bertani22 l© culturaLe Reggiane 1943Questa è la pace che vogliamoAnnalisa Govi41 l© l’opinioneNon sospendere il sostegno a IstorecoAnna Salsi

Poste Italiane s.p.a. - Spediz. in abb. post. - d.l. 353/2003/ (conv. in L. 27-02-2004 n. 46) art. 1 - comma 1- DCB - Filiale R.E. - Tassa pagata taxe perçue - Anno XLI - N. 5-6 Giugno- Luglio 2010 - In caso di mancato recapito rinviare all’Uffi cio P.T. di Reggio Emilia detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa.

PERIODICO del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia

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PERRIIOODDIICCOO ddell Comitato Provinciialle AAssociiaziione NNaziionale Partigiani d'Italiia di RReggiio EEmiillia

7 luglio 1960-201050ANNI DOPO

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Spedizione in abbonamento postale - Gruppo III - 70%Periodico del Comitato ProvincialeAssociazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia

Via Farini, 1 - Reggio Emilia - Tel. 0522 432991e-mail: [email protected]; [email protected] web: www.anpireggioemilia.itProprietario: Giacomo NotariDirettore: Antonio ZambonelliCaporedattore: Glauco BertaniComitato di redazione: Eletta Bertani, Ireo Lusuardi

Collaboratori: Paolo Attolini (fotografo), Massimo Becchi, Riccardo Bertani, Bruno Bertolaso, Sandra Campanini, Nicoletta Gemmi, Enzo Iori, Enrico Lelli, Saverio Morselli, Fabrizio TavernelliRegistrazione Tribunale di Reggio Emilia n. 276 del 2 Marzo 1970Stampa: Centroffset - Fabbrico (RE)Questo numero è stato chiuso in tipografi a il 1-07- 2010 Per sostenere il “Notiziario”:

UNICREDIT, piazza del Monte (già Cesare Battisti) - Reggio Emilia IBAN: IT75F0200812834000100280840CCP N. 3482109 intestato a:Associazione Nazionale Partigiani d'Italia - Comitato Provinciale ANPI

50 ANNI DOPOReggio Emilia, 7 luglio 2010, Cimitero monumentale. Moni Ovadia reca omaggio ai caduti del 7 luglio 1960(Foto di Cinzia Bolognesi)

LA COPERTINA

Il “Notiziario ANPI” non fa abbonamenti e non viene messo in vendita. Vive unicamente del sostegno volontario dei suoi lettori. In una fase dif-fi cile come l’attuale svolge una funzione positiva, che molti ci ricono-scono, nel valorizzare le radici antifasciste della Repubblica nata dalla Resistenza e nel confronto sui temi di viva attualità politica (ma non partitica) e culturale.Le recenti misure connesse alla manovra fi nanziaria hanno prodot-to un raddoppio dei costi postali di spedizione.Alleghiamo a questo numero un bollettino di versamento in c/c postale che potrà essere utilizzato da quanti intendano inviarci il loro contributo a sostegno.

APPPELLO AI NOSTRI LETTORIPER SOSTENERE IL “NOTIZIARIO"

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SOSTIENI IL NOTIZIARIO. NON LASCIARE CHE CI “STENDANO”(Nell’immagine: seconda idea per la copertina di questo numero)

Gli articoli e le testimonianze per il ventennale della morte di Velia Vallini, per assoluta mancanza di spazio, saranno pubblicati nel numero di settembre 2010

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di Dino Felisetti

sommarioeditoriale

A cinquant’anni di distanza è giusto e doveroso domandarci cosa abbia signifi cato il SETTE LUGLIO 1960 per la demo-crazia italiana.Nel corso dei circa sessant’anni di vita della “gracile” demo-crazia Italiana, nata dalla Lotta di Liberazione conclusasi il 25 aprile 1945 e sancita dalla Costituzione repubblicana del 01.01.1948, vi sono stati alcuni momenti (di cui ne indico quattro) in cui questa nostra democrazia è stata messa a ri-schio di crisi e/o d’involuzione. Mi limito infatti a ricordare: quello delle prime elezioni politiche il 18 aprile 1948; poi, a pochi mesi di distanza, quello dell’attentato all’on. Togliat-ti del 14 luglio 1948; l’insediamento del governo Tambroni nell’aprile del 1960, con i tragici fatti del 7 luglio a Reggio ed in altre città, e la cattura con assassinio dell’on. Aldo Moro.Nel primo caso, il rischio fu rappresentato dal durissimo

“Ricordo bene quando il sindaco Cam-pioli, con la fascia tricolore, presente l’assessore Lelli ed io, affrontò quel com-missario di polizia, impacciato di fronte al sindaco che, come un “gigante” del-la democrazia, gli rimproverava a voce tonante l’assurdità di quella reazione a colpi d’arma da fuoco ad altezza d’uo-mo, timido rispose dicendo che “lui do-veva ubbidire agli ordini”. Ordini di chi, non si seppe mai...”

Editoriale

- Il 50° anniversario del 7 luglio 1960. Pietra miliare per la democrazia, di Dino Felisetti ......................... 3

50° 7 luglio 1960

- Cinquant’anni senza giustizia. I 5 morti del 7 luglio 1960, a cura di g.b. ............................................................................... 5- Dove’eri tu quel 7 luglio 1960? Una conversazione con Francesco Lamantia, di a.z. ..................... 7- Il 7 luglio 2010. Gli avvenimenti ................................................8-9

25 aprile 2010

- Ricordare il 25 aprile ............................................................ 10-13

Politica

- Le mafi e a Reggio Emilia. Intervista a Mauro Ponzi, a cura di Glauco Bertani ............................................................ 16- Adro e altro, di Anna Fava .......................................................... 18- A scuola di Pace, di Anna Salsi .................................................. 19

Estero

- Turchi, la scelta di Ankara, di Bruno Bertolaso ............................ 21

Cultura

- Questa è la pace che vogliamo, di Annalisa Govi ........................ 22- Dalla parte del creato. Montagna, animali e natura, di Giacomo Notari ...................................................................... 24- Annamaria Giustardi, Disegnava aerei, recensione di a.z. ........... 24- Vasco Montecchi e il suo corpo a corpo col marmo, di a.z. ......... 25- L’eredità di don Lorenzo Milani, di Francesco Paolella ................ 29

Compleanni

- Annita Malavasi Laila, di Eletta Bertani ...................................... 27

Avvenimenti

- Sentieri partigiani 2010 ............................................................. 27

Memoria

- Cancellati i simboli del nazismo ................................................. 35- Ricordati i 32 martiri della Bettola ............................................. 35- Quella notte di marzo a Botteghe di Albinea ............................... 36- 1° aprile 1945, Pasqua di sangue .............................................. 38- Canossa: in ricordo di Ciapaief, Rameris e Remo, di Vando Fontanesi .................................................................... 39- Commemorando la battaglia di Sparavalle, di a.z. ...................... 40

L’Opinione

- Non sospendere il sostegno a Istoreco, di Anna Salsi ................. 41

Lutti ............................................................................................ 42Anniversari ................................................................................. 46Offerte ........................................................................................ 49Turismo ...................................................................................... 52

Le rubriche

- Cittadini-democrazia-potere, di Claudio Ghiretti ......................... 28- Opinion leder, di Fabrizio “Taver” Tavernelli ................................ 29- Segnali di Pace, di Saverio Morselli ........................................... 30- Primavera silenziosa, di Massimo Becchi ................................... 32- L’informazione sanitaria. Le risposte del prof. Iori ...................... 33- Conosceri gli altri, di Riccardo Bertani ....................................... 34- Reggio che parla, di Glauco Bertani ........................................... 50- La fi nestra sul cortile, di Sandra Campanini ............................... 51

continua a pag. 4

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Il cinquantesimo Il cinquantesimo anniversario anniversario del 7 luglio 1960del 7 luglio 1960PIETRA MILIARE PER PIETRA MILIARE PER LA DEMOCRAZIALA DEMOCRAZIA

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scontro elettorale tra Fronte democratico popolare (PCI e PSI) e il centrodestra co-stituito dalla Democrazia cristiana (con l’appoggio del PSDI di Saragat e Simonini) stante l’enorme importanza politica della posta in gioco che riguardava (in fondo) la scelta tra Occidente e Oriente.Sennonché il trionfo elettorale della DC e la sconfi tta del Fronte popolare, evitarono che in Italia si corresse il rischio dell’inse-diamento che un governo condizionato dai comunisti (che nel Fronte popolare erano maggioranza), con possibili rischi di “bal-canizzazione” e di rottura dei rapporti inter-nazionali, in quanto l’Italia (per gli accordi di Jalta) era sotto infl uenza USA che, specie in allora, erano presenti militarmente anche massicciamente, con molte basi in Italia. Le vicende dell’Istria e di Trieste ne sono la te-stimonianza.Credo che oggi, anche molta parte della si-nistra, abbia fi nito per considerare la vittoria della DC un fatto che, pur umiliando la sini-stra italiana, mantenne pacifi camente il no-stro Paese nell’area della civiltà occidentale evitando le gravi vicende occorse nei paesi balcanici.Il secondo grave momento di rischio fu l’as-surdo e delittuoso attentato all’on. Palmiro Togliatti, segretario del PCI, avvenuto il 14 aprile del 1948, cioè soltanto tre mesi dopo le elezioni del 18 aprile, ad opera della cri-minale iniziativa personale del giovane Pal-lante.Se in Italia non scoppiò una “guerra civi-le” (quel giorno l’Italia tutta si fermò con le sommosse e scontri a Roma, Napoli, Livor-no, Genova e Taranto, dove vi furono alcuni morti e feriti) lo si deve al grande senso di responsabilità di Palmiro Togliatti che, im-mediatamente operato con esito positivo, come sue prime parole disse ai dirigenti co-munisti e a tutti gli italiani: “e ora cerchia-mo di non perdere la testa”. La qual cosa, oltre che segno di grande senso di responsa-bilità, contribuì al ritorno della tranquillità, alla quale, secondo le cronache, avrebbe contribuito anche l’impresa ciclistica di Bartali con la vittoria al Giro di Francia.Ma furono soprattutto i gravissimi fatti del luglio 1960 a costituire il terzo e forse più grave rischio per la nostra democrazia a causa l’insediamento alla Presidenza del consiglio dei ministri dell’on. Tambroni, ot-tenuta con il voto determinante del MSI di Almirante, nell’aprile 1960. Tale fatto pro-vocò subito, a partire dal mese di maggio e di giugno, manifestazioni, scioperi, cortei e sommosse in molte città italiane: a Genova,

(che si ribellò a che vi si tenesse il congres-so del MSI), a Roma con i fatti di Porta S. Paolo e il ferimento di alcuni deputati di si-nistra, a Palermo, a Licata e a Catania dove, durante lo sciopero generale, rimasero ucci-se quattro persone. Ma determinante fu Reg-gio Emilia dove, il 7 luglio 1960, nel corso di una grande manifestazione popolare di netta ma pacifi ca contestazione al governo Tambroni, perché il voto determinante del MSI prospettava ipotesi di “inaccettabili ri-torni”. In quel tragico sette luglio l’insensa-to ed irresponsabile uso delle armi da fuoco da parte di alcuni uomini della polizia, pro-vocò la morte di ben cinque giovani dimo-stranti: Ovidio Franchi, Lauro Farioli, Afro Tondelli, Emilio Riverberi e Marino Serri, (oltre a numerosi feriti), furono assassinati in piazza perché qualcuno che aveva “per-duto la testa” ordinando il fuoco ad altezza di uomo dirigeva la polizia.Non è vero che: “muore giovane chi è gra-to agli Dei”, chi viene stroncato da giova-ne perde la sua vita e getta nel lutto i suoi cari. Tanto più che questo avvenne sebbene, come risultò dagli accertamenti, nessuno fra le molte migliaia dei dimostranti era in pos-sesso di armi.Ricordo bene quando il sindaco Campioli, con la fascia tricolore, presente l’assessore Lelli ed io, affrontò quel commissario di polizia, impacciato di fronte al sindaco che, come un “gigante” della democrazia, gli rimproverava a voce tonante l’assurdità di quella reazione a colpi d’arma da fuoco ad altezza d’uomo, timido rispose dicendo che “lui doveva ubbidire agli ordini”. Ordini di chi, non si seppe mai.Ma il sacrifi cio di quei giovani fece si che Tambroni, sfi duciato dalla stessa DC, il 26 luglio si dimise, e il presidente Gronchi det-te l’incarico all’on. Fanfani, il quale, all’atto dell’insediamento, disse: “il popolo italiano ha reagito d’istinto e come ha potuto”. Paro-le da tutti interpretate come legittimazione della generale sollevazione del popolo ita-liano non solo a Reggio ma in tutta Italia.Fanfani presiedette poi i due governi mono-colori del 26 luglio 60 e del 21 febbraio 62, governi che aprirono la porta all’evento del Centro sinistra nato col governo Moro del 4 dicembre 63 che instaurò la svolta politica con l’entrata, per la prima volta, della Si-nistra, rappresentata dallo PSI, nel Governo con la Vice presidenza del Consiglio affi da-ta all’on. Pietro Nenni.Fu così che, ancora una volta il consolida-mento della democrazia italiana era stata re-alizzata; ed ancora una volta per merito del-

la coscienza antifascista dalla maggioranza degli italiani e dello spirito di sacrifi cio al quale Reggio Emilia dette un pesante ma glorioso e, credo, determinante contributo.Peccato che il successivo ed inevitabile pro-cesso penale contro i responsabili di quei drammatici fatti, individuati nella persona del commissario di ps Cafari Panico e di Orlando Celani, abbia avuto uno sviluppo inaccettabilmente illegittimo e mortifi can-te. Infatti, una burocratica ordinanza della Cassazione, ritenuta la cosiddetta “legittima suspicione”, fece spostare il processo alla sede (Corte d’Assise) di Milano, “scippan-do” così il processo al “giudice naturale” cioè la città di Reggio Emilia.Questo legittimo spostamento fu subito vi-sto come un “brutto segno” per l’esito del processo che, iniziato nel dicembre del 1963, si chiuse, dopo mesi di udienze più o meno ripetitive, con sentenza di assolutoria piena per il commissario Cafari e per insuf-fi cienza di prove per Orlando Celani.So che molti degli interessati e parenti delle vittime del 7 luglio chiedono da tempo la revisione del processo. Formalmente non sembra inammissibile; ma poiché un bravo penalista se ne sta occupando, gli auguro pieno successo. Infatti, io, che fui uno (in-sieme ai colleghi Bonazzi e Landini ed al-tri) dei difensori reggiani delle parti civili, rimanemmo a lungo ed ancora oggi ama-reggiati per quell’incredibile sentenza che contestammo sia per il trasferimento a Mi-lano che per il merito della stessa in quan-to ingiusta oggettivamente e ritualmente mortifi cante ma, purtroppo, chiusosi con un risarcimento, se non umiliante, certamente mortifi cante.Il quarto momento tragicamente critico per la democrazia italiana si ebbe tra il marzo (sequestro di Aldo Moro e strage della scor-ta) e il maggio (assassinio del prigioniero delle Brigate Rosse, Presidente Aldo Moro), che segnò (insieme alla strage di Bologna) l’apice della crisi della nostra democrazia, salvata peraltro dalla diffi cile ma necessaria compattezza della Solidarietà nazionale.In questi giorni come quelli che stiamo vi-vendo oggi in Italia se la democrazia non è minacciata lo si deve al fatto che, per la storia degli ultimi sessant’anni, anche i go-vernanti sanno che in Italia c’è una coscien-za democratica che, consolidata col sangue dei martiri del sette luglio e quelli dei fatti successivi, è garanzia, sarà sempre in grado di respingere i tentativi di rivoluzione.

Dino Felisetti

editorialePER IL NOSTRO DOMANIPER IL NOSTRO DOMANI5050ANNIVERSARIOANNIVERSARIO

MORTI DELMORTI DEL7 LUGLIO 19607 LUGLIO 1960

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7 luglio

Vi raccontiamo Vi raccontiamo la vita e come la vita e come

morirono morirono Lauro Farioli, Lauro Farioli, Marino Serri, Marino Serri,

Ovidio Franchi, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi Emilio Reverberi

e Afro Tondellie Afro Tondelli

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I 5 morti del 7 luglio 1960

CINQUANT’ANNI CINQUANT’ANNI SENZA GIUSTIZIASENZA GIUSTIZIA

Marino Serri,

41 anni, Rondinara (Scandiano, RE), operaio, ex partigiano della 76a Brigata SAP, lascia la moglie e due fi gli. Nato in una famiglia contadina e montanara di Casina, sei fratelli, sin da bambino pasco-lava le pecore nelle campagne. Militare a 20 anni, era stato in Jugoslavia. Abitava a Rondinara di Scandiano, con la moglie Clotilde e i fi gli.Colpito a morte sul sagrato della chiesa di San FrancescoMarino Serri, affacciato dall’angolo della chiesa di San Francesco verso le Poste, vede cadere Lauro Farioli. Ac-corre in suo soccorso. Ma è morto. Gri-da: “Vigliacchi, Assassini!”. È investito da una raffi ca. Un testimone dice: “Al per un coulabrod”.

Lauro Farioli,

22 anni, San Bartolomeo (RE), operaio, orfano di padre lascia la moglie e un fi -glio. Colpito a morte davanti la chiesa di San Francesco.Il primo a cadere è Lauro Farioli, col-pito davanti alla chiesa di San France-sco. Lo chiamano “Modugno” perché somiglia al cantante di Nel blu dipin-to di blu. Indossa pantaloni corti, una camicetta rossa e le ciabatte: ai primi spari si muove incredulo verso i poli-ziotti come per fermarli. Sono a cento metri da lui: gli sparano in pieno petto. Un testimone dice: “Ha fatto un passo o due, non di più, e subito è partita la raffi ca di mitra, io mi trovavo proprio alle sue spalle e l’ho visto voltarsi, gi-rarsi su se stesso con tutto il sangue che gli usciva dalla bocca. Mi è caduto ad-dosso con tutto il sangue”.

ANNIVERSARIOANNIVERSARIOMORTI DELMORTI DEL7 LUGLIO 19607 LUGLIO 1960

La morte di Lauro Farioli

7 luglio 1960, l'inizio degli scontri

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7 luglio 5050Emilio Reverberi,

39 anni, Reggio Emilia, operaio tornito-re, ex partigiano, lascia la moglie e due fi gli. Licenziato perché comunista, nel 1951, dalle Offi cine Meccaniche Reg-giane, dove era entrato all’età di 14 anni. Garibaldino nella 144a Brigata Garibal-di dislocata nella zona della Val d’Enza (commissario politico nel distaccamento “Amendola”). Nativo di Cavriago, abi-tava in Via Dante Zanichelli (RE), nel-le case operaie oltre Crostolo. Colpito a morte sotto i portici dell’Isolato San Rocco.Emilio Reverberi, arriva al termine della galleria dell’Isolato San Rocco, davanti alla serranda del negozio di abbigliamento Zamboni. Si affaccia all’angolo per guardare in piazza Ca-vour (oggi Piazza Martiri del 7 luglio). Lo falcia una raffi ca di mitra. Si ag-grappa alla serranda. Sulle maglie le impronte insanguinate delle sue mani. Un testimone dice: “Verso le ore 17-17.30 mi stavo portando dal palazzo di Vetro [edifi cio tra Via Crispi e Via San Rocco] verso il negozio Zamboni [...] rimasi solo davanti al bar Cavour [...] vidi però molto bene che un poliziotto, arrivato di corsa, sparò una raffi ca a bruciapelo...”.

Afro Tondelli, 36 anni il 14 luglio, di Due Maestà (RE), dipendente dell’ospedale Santa Maria Nuova, ex partigiano della 76a Sap (nome di battaglia Bobi), lascia la moglie. È il quinto di otto fratelli, in una famiglia contadina di Gavasseto. Segre-tario locale dell’Anpi. Colpito a morte all’interno dei Giardini pubblici.

È la quinta vittima. Ore 16.45: esce dal lavoro (Arcispedale S. Maria Nuova) con alcuni amici. Percorre Via dell’Ospedale (oggi Via Dante Alighieri) verso Via Secchi. Arriva in via Nobili a fi anco del Teatro Munici-pale. Sono in corso gli scontri. Deve raggiungere la parte opposta della piazza. Saluta gli amici. Aggira il teatro. Si trova all’interno dei Giar-dini pubblici (Parco del Popolo). Un agente di PS estrae la pistola. S’ingi-nocchia. Prende la mira e spara su un bersaglio fermo. Tondelli viene tra-sportato con una Fiat 1100 nera al S. Maria Nuova. Ore 17.00 si registra il suo ingresso al pronto soccorso. Pri-ma di spirare Tondelli dice: “Mi han-no voluto ammazzare, mi sparavano addosso come alla caccia”. (g.b.)

CINQUANT’ANNI CINQUANT’ANNI SENZA GIUSTIZIASENZA GIUSTIZIA

Ovidio Franchi,

19 anni, da Gavassa (RE), perito tecni-co, è la vittima più giovane, fi glio di un operaio delle Offi cine Meccaniche Reg-giane. Dopo la scuola di avviamento in-dustriale, era entrato come apprendista in una piccola offi cina della zona. Nel frattempo, frequentava il biennio serale per conseguire l’attestato di disegnatore meccanico, che gli era stato appena reca-pitato. Colpito a morte sotto il portico del palazzo d’angolo tra Via Crispi e Via San Rocco.In piazza Cavour c’è Ovidio Franchi, gli sparano mentre sposta una staccio-nata di legno per far passare un’auto-ambulanza. Viene colpito da un proiet-tile all’addome. Cerca di tenersi su. Si aggrappa a una serranda. Un testimo-ne dice: “Un altro, ferito lievemente, lo voleva aiutare, poi è arrivato uno in di-visa e ha sparato a tutti e due”. Franchi è la vittima più giovane (classe 1941).

ANNIVERSARIOANNIVERSARIOMORTI DELMORTI DEL7 LUGLIO 19607 LUGLIO 1960

Il punto dove è dece-duto Emilio Reverberi

Il tiro che colpisce Afro Tondelli 6

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7 luglio

“Festeggiavamo il compleanno del nonno Rosario – scrive Francesco – a cena, in-torno alle 20,30, improvvisamente irrom-pevano nella stanza, trafelati e tramortiti, i due sorveglianti di fabbrica – uno detto Fino e l’altro di cognome Gelardi – per comunicare la morte di Marino negli scontri avvenuti a Reggio con la polizia in occasione dello sciopero generale di solidarietà per i fatti di Genova. Mio zio, mio nonno e noi tutti fummo molto tur-bati per quanto ci veniva detto. Mio zio si alzò subito da tavola e andò vicino al cancello della fabbrica, forse per parlare con gli operai che nel frattempo si erano ammassati fuori, lasciando spontanea-mente il lavoro. C’erano tre turni, si la-vorava anche di notte. Io sentii la sirena delle dieci di sera: tutti uscirono ma nes-suno entrò per il turno successivo. Lo zio Mariano era un liberale illuminato, per un verso, e conservatore per altri versi, specie in economia; laureato in Econo-mia e Commercio, leggeva il “Sole ven-tiquattr’ore”, il “Resto del Carlino”, “Il Corriere della Sera” e “l’Unità”, anche se quest’ultimo giornale non lo portava a casa. Ammirava Togliatti per gli articoli che

scriveva e di lui diceva che era un fi nissi-mo letterato ed un fi ne uomo politico, an-che se non ne condivideva le idee [...].Ritornando a quella tragica sera, il nome e l’immagine viva per me è quel-la dell’operaio Marino; lo ricordo con la sua canotta bianca mentre lavorava ed io facevo il giro della fabbrica con mio nonno Rosario, che mi spiegava il ciclo della lavorazione e controllava il ciclo di produzione degli operai.[…] Il nonno si soffermava spesso a par-lare con lui. […] Dovevo compiere 17 anni l’11 luglio e avevo fi nito la seconda Liceo classico. L’indomani dell’eccidio, cioè l’8 luglio, ci fu il tentativo di occu-pare la fabbrica da parte degli operai in lutto: la tensione era altissima, si palpa-va, i fi schietti erano assordanti e si respi-rava un’aria piena di ansia e preoccupa-zione per quello che poteva succedere . Ci fu il tentativo di scavalcare la siepe che recintava l’abitazione dei miei zii e di mio nonno, casa che si trovava nel re-cinto della fabbrica.iquattr’ore”, il “Resto del Carlino”, “Il

Corriere della Sera” e “l’Unità”, anchee quest’ultimo giornale non lo portava

a casa. Ammirava Togliatti per gli articoli che

cinto della fabbrica.

DOVE ERI TU DOVE ERI TU QUEL 7 LUGLIO 1960?E’ la classica domanda che ci si sente rivolgere quando viene rievocato qualche evento particolare. Frequente, negli ultimi anni, tale domanda riferita all’11 settembre delle Tween Towers. Quasi a rispondere ad una simile domanda, con riferimento al 7 luglio Sessanta, ci è giunta agli inizi di giugno una lunga lettera da Catania di Francesco Lamantia, che nel Sessanta aveva 17 anni e si trovava a Scandiano, dove trascorreva le vacanze estive, come faceva da anni, nella casa del nonno e dello zio materni Ro-sario e Mariano Alessi, il primo iniziatore ed il secondo all’epoca titolare della ditta “Crocellà e Alessi” che a Scandiano produceva legni compensati. E’ una lettera appassionata, scritta con emozione da qualcuno che a mezzo secolo di distanza dai drammatici eventi sente erompere come lava dall’Etna un coacervo di ricordi. Siccome il testo consiste in sei cartelle fi ttamente manoscritte, contenente anche una serie di notizie – tutte comunque interessanti – riguardanti le vicende della famiglia siciliana degli Alessi, insediatasi a Scandiano fi n da prima della seconda guerra mondiale, la riassumiamo riportandone quei passi più strettamente riguardanti la vicenda del luglio 1960. Quel 7 luglio 1960 negli uffi ci della Crocellà e Alessi giun-se la tragica notizia dell’uccisione di Marino Serri, operaio in quello stabilimento.

Ricordo mio nonno con la pistola in mano che sparò dei colpi in aria, come difesa per noi tutti, e le sirene delle ca-mionette della polizia arrivate subito. Per fortuna tutto rientrò e non ci fu nul-la da temere”.

Poi Francesco ha un ricordo dai con-torni un po’ sfumati ma intenso, quello del funerale di Marino Serri. Infatti prima di venire tutti raccolti nel cimi-tero monumentale di Reggio, diversi dei caduti del 7 luglio, dopo la solen-ne cerimonia nella Piazza cittadina ora dedicata al loro ricordo, vennero inumati nelle località di provenienza. Per Marino Serri si trattò di Iano, fra-zione di Scandiano. Francesco scrive di ricordare un feretro ricoperto dalla bandiera rossa, passare davanti alla fabbrica della Crocellà e Alessi, dove Marino era stato operaio.

“Vidi procedere le operaie con le velet-te nere in testa e gli operai coi fazzolet-ti rossi al collo, tutti incolonnati che si tenevano stretti a braccia, come si suol vedere nei cortei dei lavoratori in lotta.Al funerale partecipò anche l’impie-gata amministrativa Carmen (non ri-cordo il cognome), attivista comunista, compagna del sorvegliante di fabbrica Gelardi. La vidi procedere abbracciata ad altre operaie. Il lunghissimo corteo funebre con le bandiere rosse del PCI e della CGIL listate a lutto, si fermò per qualche minuto davanti alla fabbrica: tutte le operaie e gli operai con il pugno chiuso alzato.

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7 luglioIl silenzio era assordante. Ogni momento, ogni istante di quella storia che stavo al-lora vivendo, mi parve terribile, come se l’ingiustizia della Storia calasse su di me come una mannaia.Oggi ne ho ancora viva la memoria con tutte le emozioni vissute. Fu la prova del sangue per la mia vita futura”.

Di come poi si sia sviluppata la sua vita, Francesco ci offre un sintetico riassunto in un’altra parte della sua lunga testimo-nianza: prima con i Radicali che si bat-tevano per i diritti civili, poi una breve esperienza in Lotta continua, militanza nel PCI dal 1978 e nel PDS fi no al 1996. Militanza politica ripresa nel 2009 con l’iscrizione al PD.Se travagliata, intermittente e comunque emblematica la militanza in partiti del-la sinistra, ininterrotto è stato per anni il suo impegno sindacale: dirigente pro-vinciale a Catania e regionale a Palermo nella FISAC CGIL (Bancari, Assicurati-vi, Esattoriali). Dal 31.12.2008 è pensio-nato ed ha lasciato le cariche sindacali con l’ultimo Congresso della CGIL.Ringraziamo e salutiamo fraternamente Francesco Lamantia per il suo toccante ricordo del 7 luglio Sessanta e con lui l’amico avv. Claudio Longhitano, anima dell’ANPI di Catania, per essere stato il tramite tra Francesco e il “Notiziario” (a.z.).

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1 Piazza Prampolini, il gruppo “I Giardini di Mirò” (con le magliette a righe) (foto di Cinzia Bolognesi)2 Parco del Popolo. La manifestazione commemorativa Fausto Amodei 3 Armando Cossutta4 Moni Ovadia5 Silvano Franchi6 Il sindaco Graziano Delrio

Nella pagina a fi anco:7 Teatro Ariosto, convegno Lavoro, Libertà e Democrazia”. Il tavolo della presidenza, da sinistra Tiziano Rinaldini, Car-

la Cantone, Maria Nella Casali, Mirto Bassoli, Marco Revelli, Aldo Tortorella, Roberto Natale.

Al microfono Paolo Nori (foto di Glauco Bertani) 8 Inaugurazione mostra "12 [60] Racconto di un anno di svol-

ta". Da sinistra Nado Rinaldi, Giacomo Notari, Graziano Delrio, Giovanni Catellani e i curatori della mostra Lorenzo Capitani e Attilio Marchesini (foto di Glauco Bertani)

9 Parco del Popolo Il pubblico 10 Parco del Popolo. La manifestazione commemorativa. Al microfono Sonia Masini (foto di Glauco Bertani)

5050ANNIVERSARIOANNIVERSARIOMORTI DELMORTI DEL7 LUGLIO 19607 LUGLIO 1960

Francesco Lamantia oggi

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7 luglio

Tutti gli oratori della intensa giornata con cui la nostra città ha solennemente commemorato il cinquantenario del 7 luglio Sessanta, a cominciare dal segretario della CGIL reggiana Mirto Bassoli, al sindaco Graziano Delrio, hanno sottolineato con forza che le manifestazioni popolari, in tutta Italia, del giugno luglio di cinquant’ anni or sono, avevano gli stessi obbiettivi che oggi si ripropongono con urgenza: difesa dei principi della Costituzione nata dalla Resistenza, principi messi in pericolo allora dal governo Tambroni sostenuto dai fascisti, oggi da una destra padroneggiata da un signore che intende governare dalle televisioni al suo servizio persone isolate nelle loro case.Di nuovo come

allora il mondo del lavoro e dell’antifascismo, come ha con forza segnalato Armando Cossutta, vice presidente dell’ANPI nazionale, sono il baluardo a salvaguardia della democrazia repubblicana.Da tutti è anche emersa l’esigenza, sottolineata con accenti toccanti da Silvano Franchi a nome dei familiari dei cinque caduti sotto il piombo tambroniano, di ottenere verità su quell’eccidio, non per vendetta ma per giustizia.Le iniziative commemorative sono proseguite in serata in Piazza Prampolini con gli spettacoli di Fausto Amodei, Paolo Nori, Maurizio Maggiani, i Giardini di Mirò e altri.

DI NUOVO COME ALLORA A RISCHIO LIBERTA'’ E DIRITTIPer i Morti di Reggio Emilia si attende ancora verità e giustizia

A 50 ANNIA 50 ANNI DAL 7 LUGLIO DAL 7 LUGLIO SESSANTASESSANTA

ne isolate nelle loro case.come

altri.

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Belle e partecipate manifestazioni, anche in questo 2010, 65° della Liberazione e 60° del conferimento della medaglia d’oro al v.m. della Resistenza alla città di Reggio, in tutti i comuni della pro-vincia.Nel capoluogo, in Piazza Martiri del 7 lu-glio, sul palco, accanto al sindaco Delrio e alle altre autorità, anche i tre partigiani Giovanna Quadreri, Roberto Trinelli e Gino Beer, che furono tra i protagonisti, nel marzo 1945, dell’assalto al comando nazista di Albinea.Oratore uffi ciale il prof. Valerio Onida, presidente emerito della Corte costituzio-nale, che ha tenuto una effi cace lezione sui valori e l’attualità della Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza.“Ogni eventuale revisione – ha tra l’altro affermato Onida con trasparente riferimento ai tentativi di stravolgimento del testo costituzionale – non può non passare attraverso procedimenti e deci-

sioni non fondate sul semplice criterio di maggioranza […] ma solo in presenza di un atto solenne, che sia espressione sicura della maggioranza del popolo italiano […]. La Costituzione ha rap-presentato fi n dall’inizio, e per decenni, un potente fattore di unità del Paese. Evitiamo che si perda o si indebolisca questa funzione”.Toccante la testimonianza di due studentesse dell’Istituto Scaruffi -Levi-Tricolore (Elisa Scarpa e Serena Tasso-ne, la quale ultima l’ha letta dal palco) sulla loro partecipazione al viaggio della Memoria al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau.“L’ultimo giorno – ha letto Serena commovendo il folto pubblico – davanti al vagone posto all’entrata del campo, abbiamo dato voce all’amarezza e al dolore.Abbiamo letto i nostri pensieri, cantato e, indirettamente, ci siamo posti un

RICORDARE IL 25 APRILEIL 25 APRILE

LIBERA LIBERA ZIONE25 aprile

Il nostro vice presidente Frignoli porta il saluto dell’ANPI provinciale. Alla sua sinistra Gino Beer, Giovanna Quadreri, Roberto Trinelli

L’omaggio al Monumento della Resistenza. Al cen-tro il Prefetto Antonella De Miro, il Sindaco Delrio, l’Assessore provinciale Roberto Ferrari, il prof. Va-lerio Onida

Le studentesse Elisa Scarpa e Serena Tassone (al microfono) autrici della testimonianza sul viaggio della memoria ad Auschwitz

LIBERA LIBERA ZIONE

La rappresentanza dell’ANPI durante il lungo corteo che ha percorso le vie cittadine

giuramento di lotta pacifi ca contro ogni forma di razzismo, discriminazione e violenza. Essere venuti a contatto con una realtà storica come questa, ci ha permessi di maturare, di crescere e siamo decisi a non dimenticare”.(a.z.)

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25 aprile

LIBERA ZIONEZIONE

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LIBERA ZIONEZIONE

La Festa della Liberazione al Museo Cervi ha un valore aggiunto, quello di riaffermarsi antifascisti in un “luogo di memoria” e per questo tanta gente, sempre di più, sceglie di trascorrervi il proprio 25 aprile.Tanti gli ospiti, che hanno voluto portare il loro saluto in questa terra simbolo della Resistenza. Michele Santoro, Paola Turci, Palo Nori, Davide Benati e l’Or-chestra L’Usignolo, Mauro Sarzi, don Andrea Gallo e il gruppo Comunità di San Benedetto al Porto, i Kinnara, Bobo Rondelli, Giglio Mazzi Alì partigiano combattente.Ma sorprendente, come ogni anno, è il pubblico. Circa 15.000 persone – giovani, famiglie, partigiani – per i quali la Festa del-la Liberazione non è una semplice giornata di vacanza, ma un simbolo di quei valori di civiltà incarnati dall’antifascismo.Il Museo Cervi è sempre più, non solo luogo di conoscenza e studio della Resistenza, ma punto di aggregazione per quanti si riconoscono nella cultura antifascista.La giornata di festa e memoria è stata orga-nizzata dall’Istituto “Alcide Cervi”, Comi-tato25, ARCI Nazionale, ANPI, Provincia di Reggio Emilia e resa possibile grazie ai tanti volontari del territorio (g.b.)

Una giornata di Resistenza al Museo Cervi

25 Aprile di Liberazione25 Aprile di Liberazione

25 aprile

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Nella foto, al centro, Artemio Bonini Libero con il sindaco di Cadelbosco Sopra Silva-na Cavalchi e il dirigente dell’ANPI provinciale Orio Vergalli, in occasione del 25 aprile 2010 a Cadelbosco, mentre la targa di riconoscimento dell’impegno dato all’ANPI dal 1975-2009. Dietro il gonfalone del Comune, sulla destra, Annita Malavasi Laila

25 aprile

Il giorno della Liberazione Il giorno della Liberazione a Cadelbosco Sopra

25 aprile 2010

Non mancava il medagliere completo di medaglie d’oro, che ognuna rappresentava un martire della Resistenza. Vi era pure la banda musicale che intonava inni par-tigiani. In mezzo a tanta confusione, mi sono sentita orgogliosa portando al petto la medaglia di mio padre, Paolo, al valor militare. Mi sentivo viva più che mai: anche i morti eran tornati vivi. Non son mancati gli applausi ai discorsi fatti dai parlamentari, tra i quali una giovane ragazza. Io sono stata accompagnata dalla mia giovane adorata nipote Giulia. Ha mostrato pure lei felicità per vedere che non c’erano solo quelli con i capelli bianchi, ma vi erano anche giovani come lei. In quest’atmosfera si sentiva che il 25 aprile non sarà mai dimenticato. Sarà la festa più bella dell’anno.Viva, viva la Resistenza; viva, viva il 25 Aprile.

Paola Davoli

Antonio Zambonelli, Carlo Pellacani, Giacomo Notari e Rossella Cantoni, presidente Istituto Cervi (foto di Marina Notari)

Un momento della serata (foto di Angelo Bariani)

Hai un cuore forte, puoi correre è il titolo dell’autobiografi a di Giacomo Notari, partigiano montanaro e presidente dell’ANPI reggiana, presentata mercoledì 21 aprile al Fuori Orario di Taneto in una cena-incontro con concerto di Mara Redeghieri, ex voce degli Üstmamo che, affi ancata dalla sua banda di montagna, ha proposto canzoni popolari anarco-sindacaliste. Il libro è stato presentato da Antonio Zambonelli e da Carlo Pellacani, vice presidente Istoreco ed editore del volume. Il menù è stato rigorosamente “partigiano” a base di paneda col bròd, poleinta col sug e zabaiòn. Giacomo Notari ha affi dato a queste pagine la storia della sua vita caratterizzata dal periodo bellico e poi dalla ricostruzione politica e civile della provincia reggiana.

presentato il libro di Giacomo Notari, Hai un cuore forte, puoi correre, Consulta, 2010L’amore per l’ambiente montano,L’amore per l’ambiente montano, la passione politica e l’attaccamento alla fami la passione politica e l’attaccamento alla fami gliaglia

Come tutti gli anni, anche quest’anno, come nel 1945, in piazza della

Libertà, è stata festa grande, la piazza era gremita di gente, di giovani e vecchi, cantavano, s’abbracciavano.

W il 25 W il 25 AprileAprile

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25 aprile

Il 24 aprile si è svolta in teatro la proiezione del fi lm L’uomo che verrà, mentre la mattina del 25 Aprile si è aperta con il suono della Banda in piazza, alla presenza di un gruppo di ragazzi e ragazze delle scuole medie, delle autorità civili, militari e religiose.Una delegazione, poi, ha portato i garofani rossi al Casello 23, luogo del sacrifi cio del Partigiano Nero, al cippo di Fulgenzio Zani, massa-crato dalle camicie nere nel 1923, e al cimitero presso il Sacrario dei Caduti.Il corteo ha poi sfi lato dalla piazza di Boretto lungo le vie del paese sino al monumento ai Caduti, dove la cerimonia ha raggiunto il punto

più emozionante con la lettura di diversi brani dei ragazzi delle scuole, coadiuvati dal valido lavoro delle loro professoresse.Dopo il discorso uffi ciale del sinda-co Massimo Gazza si è proceduto alla consegna del libro di Felice Montanari ai ragazzi, accompagna-to da un garofano rosso simbolo del sacrifi cio del Nero e dei tanti partigiani caduti per la libertà.L’ANPI seguiterà a chiedere ai giovani di aderire all’Associazione per rafforzare sempre più la lotta in difesa della democrazia e della li-bertà, costantemente minacciate.“Nessuna conquista è per sem-pre”.

Adriana Zoboletti

NESSUNA CONQUISTA E' PER SEMPRE..

A Boretto per la ricorrenza del 25 Aprile si sono svolte diverse iniziative: la riedizione del libro, arricchito con più foto e didasca-lie, sulla vita del Partigiano Felice Montanari Nero, curata dai proff. Nando Bacchi e Gallia-no Cagnolati, presentato il 23 aprile presso la sala del Consiglio comunale davanti agli Amministratori di Canneto sull’Oglio (paese natio di Montanari) e di Boretto, ai familiari del Nero, alle delegazioni ANPI di Poviglio, Castelnuovo Sotto, Suzzara e a un folto pubblico.

Boretto, un 25 Aprile

signifi cativo

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Folta la rappresentanza dell’ANPI: erano presenti con i loro medaglieri, e anche bandiere e striscioni, i comitati provin-ciali di Trieste, Padova, Milano, Monza, Modena, Reggio Emilia, Parma; Bolo-gna, Rimini, Ravenna, Firenze, Viareg-gio, Prato, Pistoia, Livorno, Grosseto, Latina, Salerno, Napoli, Catania, Palermo molte anche le sezioni, tra queste anche quella di Bruxelles. Dopo il lungo corteo

che si è snodato per le vie di Piana degli Albanesi, hanno preso la parola a Portel-la il segretario della Camera del lavoro di Palermo, Maurizio Calà, un’appassio-nata e commossa Kikki Ferrara, segreta-ria della CGIL di Piana degli Albanesi, Raimondo Ricci presidente nazionale dell’ANPI e Susanna Camusso per la segretario nazionale CGIL, infi ne Otta-vio Terranova, presidente dell’ANPI di Palermo che ha ringraziato quanti hanno voluto aderire all’iniziativa in particolare don Luigi Ciotti, Paolo Beni, Andrea Ca-milleri, Giuseppe Tornatore, Bice Biagi, Maria Falcone, Nichi Vendola e Pierluigi Bersani.

Era il Primo Maggio 1947 nei pressi della Piana degli Albanesi, vicino a Pa-lermo, durante la festa del lavoro: alcuni banditi spararono sulla folla uccidendo dodici persone e ferendone più di trenta. In quell’occasione si compì la strage di Portella della Ginestra, per molti, il primo grande mistero dell’Italia repubblicana. Primo maggio 2010 Piana degli Albane-

si... l’ANPI si trova accanto ai lavoratori siciliani, donne, uomini, ai partiti, al sin-dacato, alle associazioni, ai movimenti. “Il segno, il simbolo di un impegno co-mune – dice Ottavio Terranova – la me-moria diffusa del sacrifi cio più alto, la libertà, il lavoro, la dignità. E’ il loro do-mani. Per un’Italia migliore. Delle radici: RESISTENZA, COSTITUZIONE, DE-MOCRAZIA”. Che cosa riporta a casa la delegazione dell’ANPI di Reggio Emilia? Un bagaglio di ricordi, di emozioni e di sensazioni intense, vere, durature. Parla con il cuore Ottavio Terranova segretario dell’ANPI di Palermo, ma poi prende la parola Kikki Ferrara, segretaria della Ca-mera del lavoro di Piana degli Albanesi, emozionante ed emozionata, parla della diffi coltà del trovare lavoro, ma incita al risveglio, “perché e solo nel rispetto del lavoro che un popolo riacquisisce dignità e consapevolezza delle sue forze”. Ho portato con orgoglio, la bandiera dell’ANPI di Reggio Emilia, con al cen-tro il volto di Papà Cervi e mentre cammi-navo per le strade di Piana degli Albanesi,

politica

Primo Primo maggio 2010maggio

Entusiasmo, voglia di fare me-moria e rilanciare a gran voce sui diritti, lavoro, democrazia, ma anche tanta, tanta festa a Portella della Ginestra il pri-mo maggio 2010. Moltissimi i giovani che da tutta Italia sono giunti rispondendo all’appello dell’ANPI e CGIL per una gran-de manifestazione dove per la prima volta la lotta alla mafi a e le istanze contadine si sono in-contrate con l’antifascismo.

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politica

Primo maggio 2010o 2010Entusiasmo, voglia di “fare” memoria e di rilanciare a gran voce diritti, lavoro, democrazia...L’ANPI e la CGIL a Portella della Ginestraavvolto dall’affetto delle persone, ho capito che l’Italia non è dove sei nato, è ovunque. Ed è questo valore, che vo-glio condividere con voi, recuperare in-sieme la battaglia sul “senso comune”. Solo attraverso valori comuni possiamo sperare in una Sicilia, in un’Italia, in un’Europa migliore. La macchina del tempo, che attraverso i nostri sogni, ci proietta nel futuro, ci permette di spe-rare che gli sguardi dei giovani Sicilia-

ni siano gli occhi di un futuro migliore fatto di dignità e di pace. Voglio con-cludere, questa mia breve rifl essione, soffermandomi sulla breve sosta fatta a Cinisi davanti alla casa di Peppino Impastato, un ragazzo che morì perché provò a fare 100 passi, tutti insieme, di corsa per avvicinare rapidamente la sua terra alla democrazia, e la mafi a, per questo, lo uccise brutalmente, amara-mente, senza pietà. Ma da questo atto

eroico, la Sicilia si è risvegliata, ed un passo alla volta, vincendo giorno dopo giorno, passo dopo passo, la battaglia della democrazia contro la mafi a. E’ cosi vicino al sasso di Barbato, in quella terra cosi bella e al tempo stesso amara, ho capito, tutti noi abbiamo capito che la libertà non indietreggia, la dignità, un passo alla volta darà speranza alla de-mocrazia.

Alessandro Frignoli

GIOVANI.CONGIOVANI.CON

L’Italia “non è un Paese per giovani…”?L’Italia “non è un Paese per giovani…”?

Il terzo festival Uguali_Diversi, dedicato ai giovani si svolgerà dal 10 al 12 settembre tra Novellara, Correggio e Boretto e offrirà un’occasione per analizzare la condizione attuale e le prospettive future dei giovani. Si presterà attenzione sia ai fenomeni culturali, mentali e di percezione, sia ai dati che concretamente condizionano la vita quotidiana e i progetti delle nuove generazioni: la scuola e l’università, il mercato delle abitazioni, il mondo del lavoro, il sistema pensionistico e la crescita del debito pubblico. Si tratta di fattori che, insieme alla tutela dell’ecosistema, determinano i rapporti e le responsabilità tra le generazioni. Verrà affrontato anche il tema delle seconde generazioni, di estrema attualità in paesi come Novellara, Correggio e Boretto, dove si sta assistendo alla concreta presenza sullo scenario cittadino di giovani nati in nazioni diverse, ma pienamente convinti di diventare protagonisti della vita sociale locale.

Perché un festival dedicato ai giovani? “Perché i giovani – risponde il coordinatore del progetto Brunetto Salvarani – sono troppo spesso tagliati fuori dalla società e non riconosciuti nella loro capacità e responsabilità. Perché i giovani stanno male e, come sostiene Umberto Galimberti, non per motivi psicologici ma culturali. Perché i giovani oggi e per la prima volta nella storia, vedono nel futuro non una promessa ma una minaccia. Perché i giovani costituiscono il gruppo sociale che sta pagando il prezzo più alto ai profondi cambiamenti intervenuti in questi ultimi vent’anni e ora stanno pagando il prezzo più alto della crisi.“E’ vitale perciò, in questo momento storico – prosegue Salvarani – creare forti stimoli culturali che attivino rifl essioni e percorsi sui temi chiave del dibattito pubblico. Ecco il senso che vogliamo a dare alla terza edizione del Festival Uguali_Diversi che, dopo l’anno europeo del dialogo interculturale (2008) e un’analisi sulla

crisi (2009), è un appuntamento culturale importante non solo per la nostra provincia, ma che desta un notevole interesse su scala nazionale”. Il comitato scientifi co, composto dai professori Paolo Branca, Gabriella Caramore, Alberto Melloni, Salvatore Natoli e Luciano Manicardi con il coordinamento di Brunetto Salvarani, ha defi nito un programma che, attraverso lezioni magistrali, laboratori creativi, mostre, concerti musicali, giochi, una rassegna cinematografi ca e svariati concorsi sia in grado di sviluppare l’argomento attraverso cinque parole chiave: passioni, Europa, lavoro, tribù e new media.

Per informazioni ci si può rivolgere al Comune di Novellara telefonando al n. 0522-655454

Il 10, 11 e 12 settembre a Novellara, Correggio e Boretto si svolgerà il terzo festival Uguali_Diversi, dedicato ai giovani (www.ugualidiversi.org)

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Le mafie a Reggio Emilia

“Ho visto ragazzi con gli occhi

lucidi ascoltare le testimonianze di persone come

Rosanna Scopelliti (fi glia del giudice

ucciso) o Piera Aiello (la testimone

di giustizia che collaborò con

Borsellino e che vive protetta dopo aver

cambiato identità)...”Intervista a Mauro

Ponzi presidente del Consorzio di

solidarietà sociale Oscar Romero di

Reggio Emilia

Mauro Ponzi, reggiano, 57 anni, lavora dal 1976 nel campo sociale, prima in una Pubblica amministrazione e dal 1989 nella cooperazio-ne sociale, è presidente del Consorzio di solidarietà so-ciale Oscar Romero di Reg-gio Emilia, del quale è stato co-fondatore 20 anni fa, e ricopre importanti incari-chi a livello nazionale per Confcoooperative.

Mafi e a Reggio Emilia. Le istituzioni dicono al mondo economico: “Non state zitti., fi datevi di noi e parlate perché noi siamo in prima linea”. Dovrebbe? Secondo lei, dalle informazioni che possiede, fi no a che punto anche il tessuto socia-le, culturale e morale reggiano è intaccato dalla criminalità orga-nizzata di “stampo mafi oso”?Il discorso è abbastanza complesso: per molti anni Reggio Emilia è vissuta nel convincimento che qui da noi le mafi e non avrebbero avuto un grande successo perché i naturali anticorpi del nostro tessuto sociale (politica, istituzioni, cooperazio-ne, imprenditori onesti, cittadini) avrebbero costituito una suffi ciente barriera contro il diffondersi della criminalità organizzata. Questo convincimento, suffragato anche da “esperti” cui sono state com-missionate ricerche (ben pagate) dalla Pubblica Amministrazione, è durato fi no a pochissimo tempo fa, nonostante avessimo assistito sul nostro territorio a episodi violenti di chiaro stampo mafi oso, come ad esempio il bar Pendolino saltato per aria, tuttavia ci si è cullati in questi convincimenti (si tratta di episodi isolati) perché legati allo stereotipo del mafi oso con lupara e coppola che va in giro a chiedere il pizzo. Il problema della crimi-nalità organizzata, oggi, assume ben altre connotazioni: la mafi a si garantisce la ricchezza controllan-do il narcotraffi co e lo spaccio di cocaina e il suo problema è quello di fare investimenti, giustifi care la ricchezza, in poche parole riciclare il denaro sporco: e per fare questo le piazze migliori sono quelle dove l’economia è più sviluppata come in Emilia Romagna. E per riciclare denaro occorrono opportuni agganci con imprese, professionisti, con quella cosiddetta mafi a dei colletti bianchi. Per fare affari la ‘ndran-

gheta ha bisogno di radicamento territoriale. Oggi a Reggio siamo in questa situazione. Fortunatamente le Istituzioni hanno capito il quadro e sono ancora in tempo a stringere le maglie, se fanno quadrato. Ed è questo che stiamo osservando oggi e sul quale occorre prestare attenzione: le istituzioni insieme, evitando inefficaci narcisismi e atteggiamenti da primi della classe, le organizzazioni imprenditoriali e le associazioni di cittadini hanno iniziato a lavorare insieme, ciascuno secondo le proprie competenze, per combattere il problema, poiché è fi nito il tempo di accontentarsi di leggere rapporti di tipo sociologico desunti da processi passati in giudi-cato più di dieci anni fa.

Già da anni, dalla grande quan-tità di cemento colato in città e provincia mi domandavo, senza prove ovviamente, ma diciamo a buon senso: ma qui non c’è puzza di mafi a, ‘ndrangheta camorra di mafi e? E adesso di colpo è tutta una denuncia. Che cosa è successo? Perché l’allarme lanciato da Bini, presidente della Camera di Com-mercio, qualche tempo fa è stato raccolto solo adesso..L’osservazione è corretta: sicu-ramente l’edilizia è stato uno dei primi settori di investimento, perché è anche uno dei più semplici per riciclare denaro sporco: pagamenti di aree edifi cabili anche in nero, e qui i reggiani che hanno venduto terreni con questa modalità per “risparmia-re” tasse non hanno reso un grande servizio alla collettività (hanno di fatto reso un servizio alla mafi a) poiché l’imprenditore onesto non dispone di denaro sporco; sempre nell’edilizia la prassi del lavoratore in nero era (e pare lo sia ancora) piuttosto diffusa e anche questo è un modo per riciclare. Il problema sollevato da Bini è un altro: la mafi a

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politica

Mercoledì 1 giugno si è tenuto in Piazza Prampolini, a Reggio, il pre-sidio di solidarietà verso il popolo palestinese e di protesta contro il governo israeliano colpevole della sanguinosa aggressione in acque internazionali contro pacifi sti di varie nazionalità che con un con-voglio umanitario si dirigevano verso Gaza. La manifestazione era stata convocata con un appello sot-toscritto da CGIL, CISL, UIL, ARCI, ACLI, Pax Cristi, Libera, Emergency, ANPI, PD, SEL, Rifondazione comu-nista, appello nel quale si leggeva fra l’altro: “Non è più possibile ri-manere inerti di fronte al continuo aggravarsi del dramma della popo-lazione di Gaza […]. E’ necessario che la comunità internazionale, se non vuol essere complice di una tragedia senza fi ne, agisca subito in modo fi nalmente determinato ed effi cace…”. Ha presieduto e aperto la manifestazione Margherita Sal-violi. Don Eugenio Morlini, ha se-

gnalato la necessità di una mobili-tazione permanente che partendo dalla condanna del tragico evento miri alla cessazione del blocco che strangola la popolazione della stri-scia di Gaza e ad una prospettiva di pacifi cazione. Concetti che sono strati ripresi e ribaditi da quanti si sono succeduti al microfono: Mir-to Bassoli (CGIL) e rappresentato di Pace e Lavoro e ARCI. Ha con-cluso il nostro Notari ricordando come l’ANPI, nata a Roma mentre al Nord ancora si combatteva per la libertà, sia a sempre al fi anco dei popoli oppressi in ogni parte del mondo, e come in particolare sia da tempo a fi anco dei palestinesi, fi no alla raccolta di fondi serviti a costruire nel villaggio di Seilat una scuola che verrà appena possibile inaugurata e dedicata al nome di Giuseppe Carretti. Presenti tra il pubblico anche il sindaco Delrio, la presidente della Provincia Masini, l’on. Maino Marchi.

Un aspetto della piazza durante il presidioSul palco degli oratori. Da sinistra, tra gli altri: Margherita Salvioli, segretaria provinciale CISL, don Eugenio Morlini, di Pax Cristi, Mirto Bassoli, della CGIL e Giacomo Notari(foto di Antonio Zambonelli)

Presidio contro la sanguinosa aggressione ai pacifi sti che portavano aiuti a Gaza

è sempre attratta dal grande business e il trasporto di materiali da costruzione, so-prattutto legati alla realizzazione di grandi opere, è per la mafi a un’opportunità. Bini ha assistito a concorrenti che praticavano prezzi “impossibili” per le nostre imprese e si è fatto delle domande ed ha continuato tenacemente a lottare per denunciare e tenere in evidenza il fatto.

Lei in un comunicato afferma: “Vorrei chiedere ai costruttori calabresi dov’era-no durante la manifestazione antimafi a del primo marzo [una giornata di mobi-litazione nord-sud contro al criminalità organizzata]...”. Secondo lei dov’erano?Esiste una comunità calabrese reggiana fatta di persone oneste e laboriose, nella quale tuttavia persiste un atteggiamento culturale di fondo che è quello del “non impicciarsi” e sicuramente questo non aiuta. Certo che una presa di posizione netta e attiva di questa comunità nella lotta contro le mafi e sarebbe un segnale positivo che anche qui, come in Calabria, qualcosa si sta muovendo in questa direzione.

Anche l’ANPI sta combattendo le mafi e, una lotta paragonata ad una nuova resistenza. E’ stata tra i promotori della manifestazione del 1° marzo e il 1° maggio, insieme alla CGIL, è andata a Portella della Ginestra, in Sicilia. Lei che è un educatore, da dove si dovrebbe cominciare per com-battere le mafi e?Con il Consorzio Romero, raccogliendo un suggerimento e un esempio che ci è stato dato dal procuratore antimafi a Ni-cola Gratteri, lavoriamo nelle scuole, con i trienni delle scuole superiori. E’ un lavoro che va compiuto con professiona-lità e continuità, non può essere lasciato a improvvisati “fai da te” che rischiano di essere controproducenti. Ho visto ra-gazzi con gli occhi lucidi ascoltare le testimonianze di persone come Rosan-na Scopelliti (fi glia del giudice ucciso) o Piera Aiello (la testimone di giustizia che collaborò con Borsellino e che vive protetta dopo aver cambiato identità), e poi accompagnati in percorsi di appro-fondimento. Questo è un terreno fertile, i ragazzi ci seguono, e abbiamo scelto que-sto campo: ma è importante affrontare il problema da più angolature, si aumenta-no le probabilità di successo.

a cura di Glauco Bertani

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politica

Montecchio Maggiore (Vicenza). Nove bimbi si siedono al tavolo della mensa scolastica e – tra lo sconcerto degli insegnanti, e dei bambini stessi – si trovano nel piatto solo una pagnotta di pane. Le famiglie dei nove bambini non hanno pagato la mensa, e l’ammi-nistrazione comunale (guidata da un Sindaco donna leghista) ha deciso di dare una lezione a chi “fa il furbo”.Verona. Al termine delle lezioni gli insegnanti accompagnano i piccoli allo scuolabus, ma a due bambine viene impedito di salire: i geni-tori non hanno pagato la retta del trasporto e l’autista è irremovibile: “sto agendo su mandato del comune” si difende, e c’è da credergli. Mandato emesso da un’ammini-strazione leghista.Adro (Brescia). Altra scena, stessi protago-nisti. Anche in questo caso alcune famiglie, che hanno i bambini a scuola, non hanno pagato la retta della mensa. L’amministrazio-ne comunale, leghista, decide che i fi gli dei genitori morosi debbano essere esclusi dalla mensa scolastica. E, anche in questo caso, detto, fatto! Quest’ultimo paese, però, sale agli onori delle cronache nazionali perché, tra i suoi cittadini, c’è un imprenditore (con l’ingenuità di aver fatto un gesto di buon senso) che ha saldato i debiti con l’ammini-strazione comunale pagando la mensa per i mesi passati e fi no alla conclusione dell’anno scolastico. E in un paese normale popolato da gente normale, la prima cosa, e la più ovvia, sarebbe stata quella di ringraziarlo. Invece, no! Contro di lui un intero paese, fatto di mamme e di papà che hanno dimenticato cos’è la solidarietà e la fratellanza. Quelle stesse mamme e quegli stessi papà, che non vogliono sentir parlare di razzismo, ma considerano

l’ordinanza comunale semplicemente una lezione per “punire i furbi”! Violenza, io, invece la defi nirei una lezione di violenza. Violenza verso i bambini, che, in quanto bambini, sono indifesi. Vero che i loro genitori sono morosi, ed è vero che il rispetto delle regole deve valere per tutti, ma vero anche che questa crisi ha colpito più duramente gli ultimi. Violenza nei confronti dell’imprenditore: l’assegno era accompa-gnato da una lettera, semplice, molto bella: niente clamore, era riportato solo il perché del suo gesto (“saranno quelli che ci ver-ranno a cambiare il pannolone alla casa di riposo…sono certo che almeno uno di questi bambini diventerà docente universitario o medico o imprenditore o infermiere e il suo solo rispetto varrà la spesa…”). Questo im-prenditore, elettore del “partito dell’amore”, ha scatenato inconsapevolmente l’odio delle mamme di Adro che con i loro visi incattiviti dall’egoismo, hanno urlato che “se ha pagato per gli altri bambini, deve pagare anche per i nostri fi gli”.E infi ne violenza nei confronti di un gesto di solidarietà che all’improvviso è diventato pericolosa sovversione. La violenza, in quanto violenza, ha dei man-danti, degli esecutori e dei colpevoli. I colpevoli. Amministratori locali prepotenti e arroganti, che agiscono forti del loro consenso elettorale, che usano i loro poteri decisionali solo per una parte di popolazione dimentican-dosi volutamente del loro ruolo amministra-tivo.Gli esecutori. In questo caso le mamme ed i papà. Persone solo più fortunate di altre. Persone perbene che danno lezioni di vita, così onesti e così ligi alla morale che si elevano a paladini della giustizia, senza capire di essere

pedine usate in una guerra fra poveri.E in questa guerra dove i penultimi fanno la guerra agli ultimi, chi vince sono solo i man-danti. Una classe politica, a livello nazionale, che alimenta i confl itti sociali, le paure, e le insicurezze dei cittadini. Una classe politica incapace di governare, incapace di affrontare una crisi lunga e pesantissima, capace solo di urlare i propri slogan demagogici per coprire i propri fallimenti. “Non è grave il clamore chiassoso dei violenti, bensì il silenzio spa-ventoso delle persone oneste”, diceva Martin Luther King. Mi chiedo quindi perché tanto silenzio di fronte a tanta ingiustizia. Mi chiedo dove sono gli uomini e le donne che hanno costruito il nostro paese. Quegli stessi uomini, e quelle stesse donne che hanno attraversato guerre e miserie, che hanno reagito ad una dittatura, a leggi crudeli, che non si sono arresi. Mi chiedo il perché del silenzio di un’Italia, fatta di operai e di contadini, di imprenditori e di intellettuali, che mai si è sognata di rifi utare pane e ospitalità a chi ne aveva bisogno. Mi chiedo perché l’ignoranza e l’egoismo debbano prevalere sulla cultura della solidarietà e della tolleranza, quella stessa solidarietà e tolleranza che gli italiani andavano a cercare anni addietro all’estero. Mi chiedo dov’è fi nita l’Italia normale. Mi chiedo il perché del silenzio della Chiesa. Quella che predica la parola di Gesù. Quella che deve difendere i più deboli. Quella che però non ho visto al fi anco degli ultimi e al fi anco di chi si è opposto a tanta ingiustizia. Quella che difende la vita, e asseconda una classe politica che promulga leggi di chiaro stampo razzista. Mi chiedo se è questo ciò che vogliono veramente gli italiani?

Anna Fava

Adro Adro ed altroed altro

“Mi chiedo quindi perché tanto silenzio di fronte a tanta ingiustizia. Mi chiedo dove sono gli uomini e le donne che hanno costruito il nostro paese. Quegli stessi uomini, e quelle stesse donne che hanno attraversato guerre e miserie, che hanno reagito ad una dittatura, a leggi crudeli, che non si sono arresi. Mi chiedo il perché del silenzio di un’Italia, fatta di operai e di contadini, di imprenditori e di intellettuali...”

Santuario Madonna della neve di Adro

18giugno-luglio 2010

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politica

Il seminario si è snocciolato alla presenza del sindaco Graziano Del Rio, (che ha ripercorso la sua esperienza giovanile nel movimento che allora era animato da La Pira) e dell’assessore alla Cultura Giovanni Catellani, si sono riuniti tutti i movimenti pacifi sti che hanno animato, per quasi 50 anni, il variopinto movimento per la pace e che hanno fatto della marcia Perugia-Assisi, un costante punto di riferimento.Pasquale Pugliese della Scuola di Pace ha introdotto tutti i rappresentanti dei Movi-menti reggiani per fare una ricognizione delle attività che hanno animato dagli anni ’60 la cultura della pace.Gianfranco Aldrovandi del Collettivo Non Violenza della bassa reggiana ha evocato la paura della bomba H negli anni ’60-70, la rottura dei blocchi, la legge truffa, la riconversione dell’industria bellica, il 7 luglio, le grandi mobilitazioni della FGCI, il libro di Carretti-ANPI “Educarsi alla Pace”.Saverio Morselli ha ricordato il CENDIP, il Centro Documentazione per la Pace che

ha lasciato un segno della sollevazione popolare contro la Nato, le spese militari, il dialogo tra il PCI e i pacifi sti cattolici.Don Eugenio Morlini di San Bartolomeo, che ha fatto una lunga esperienza in Brasile, ha evocato le fi gure di don Mazzolari e di don Milani, dei sei preti-operai della nostra provincia, ha parlato dell’esperianza nella Comunità La Collina, che ha prodotto una catalogo di circa 2.000 libri sulla pace ed ha costituito il punto di riferimento di Reggio Sociale Forum.Per contrastare la raccolta di risorse fi scali governative a favore del riarmo, in passato sono stati organizzati i picchetti in Piazza Duomo a Reggio, grazie ad una baracca in lamiera fornita dall’ANPI, per ripararsi giorno e notte dai rigori dell’inverno.Lo storico Antonio Canovi ha in sintesi ricordato l’inpegno costante dell’ANPI per il Movimento per la Pace, l’obiezione di coscienza, la forte rappresentanza culturale di una nuova generazione emergente, la solidarietà con la Palestina ed i movimenti di liberazione nazionali.

Il fi lone della Pace rappresenta un pa-trimonio della nostra società e necessita l’impegno di tutte le variopinte formazioni politiche per alimentarsi e portare sempre più giovani all’impegno per una società migliore.

Anna Salsi

Per conquistarsi la pace, i partigiani hanno dovuto combattere contro i nazifascisti una guerra che era già in atto, ma che si rivelò necessaria perché tutti noi ora possiamo vivere in pace. Hanno dato la loro giovinezza, in molti casi la vita, per un futuro migliore, per conqui-starsi la democrazia e per la solidarietà. E sono ben 620 i giovani e le ragazze ricordati nel mausoleo di fi anco al Teatro Muncipale, sacrario che meriterebbe un migliore colle-gamento con la piazza.L’ANPI, consapevole di ciò che ha compor-tato la guerra in distruzione, morte, odio e miseria, è l’organizzazione a rete in tutta Italia più decisa nella difesa della pace, proprio per le tragedie che i nostri genitori hanno vissuto.Don Dossetti ha voluto fortemente l’Art. 11 della Costituzione, lui che lo avrebbe mag-giormente articolato, comprendendo anche il diritto di Resistenza nel futuro, contro

eventuali forme dittatoriali.L’ANPI da anni partecipa alla Marcia della Pace ed in tutte le iniziative che fortifi cano il pacifi smo; è sempre stata all’avanguardia con folte rappresentanze reggiane munite di striscioni, cartelli e bandiere.Giacomo Notari propose proprio qualche anno fa in una di quelle marce con don Alex Zanotelli, di esibire in ogni casa la bandiera della pace, cosa che dilagò con grande entusiasmo di spontaneità e voglia di appartenenza della gente.Il 1° maggio 2010 abbiamo fatto una grande manifestazione Nazionale con delegazioni da tutto il paese contro le mafi e a Portella delle Ginestre, con don Ciotti.Oggi lo statuto dell’ANPI ha aperto l’iscrizio-ne a tutti gli antifascisti, ai giovani, a coloro che portano l’eredità dei partigiani.Le iniziative che vengono intraprese sono in primo piano la valorizzazione, lo studio, la ricerca storica della RESISTENZA,

dell’ANTIFASCISMO, contro la restaura-zione dell’ingiustizia, il negazionismo di ciò che comportò la lotta di Liberazione, per affermare i diritti universali.La nostra città negli anni 80 ha vissuto la più straordinaria iniziativa di pace e di solidarietà internazionale verso l’Africa Australe, il Mozambico e la Palestina. Pro-prio in questi giorni una nostra delegazione ha portato un contributo in denaro per gli ultimi ritocchi alla scuola materna intitolata al nostro ex presidente Carretti, che verrà presto inaugurata.I nostri strumenti sono di carattere culturale culturale e politico, con libri, iniziative, il nostro notiziario molto apprezzato. Abbiamo il compito di mantenere vive le nostre radici e di trasmettere questa memoria, questi valori, alle giovani generazioni, perché sia allontanata ogni velleità e sia salvaguardata la pace, la coesistenza, la democrazia.

Presso il Circolo Pigal si è tenuto un interessantissimo seminario il 14 maggio 2010 in appoggio alla Marcia della Pace Perugia-Assisi del 16 maggio 2010

A scuola A scuola di Pacedi PaceL’intervento di apertura di Anna Salsi, ANPI provinciale

Il dibattito

18.05.2010 - Come sempre anche l’ANPI di Reg-gio Emilia alla marcia per la pace Perugia-Assisi

19giugno-luglio 2010

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La nuova strategia politica di Anka-ra dopo la schiacciante vittoria del Partito della giustizia e dello svilup-po (AKP) nelle elezioni amministra-tive del 2002, si poggia sui principi del “Nessun problema con i vicini” e del “potere morbido”.

Ahmed Davutoglu professore universitario senza particolari man-dati elettivi, è l’architetto delle nuova politica e dal 2009 svolge le funzioni di capo delle diplomazia, attuando personalmente ope-razioni diplomatiche, strettamente collegate con l’idea di una po-litica innovatrice per la Turchia. Si possono annoverare tra le sue iniziative diplomatiche 61 accordi sottoscritti con la Siria, 48 con l’Iraq, la soppressione dei visti per otto Paesi vicini, la risoluzione del problema della presidenza del Libano, gli accordi con la Siria, i due protocolli fi rmati con l’Armenia. Da ricordare ancora i molti suoi tentativi di mediazione tra Israele e i palestinesi falliti, peraltro, poiché, come afferma Davutoglu “una trattativa di pace può essere effi cace se esiste una volontà di pace. Quando Israele mostrerà di volere la pace, noi saremo pronti a mediare...”.La politica portata avanti dalla diplomazia turca viene attuata in un momento particolarmente delicato, in cui il potere rimanda l’eserci-to nelle caserme, dopo l’adozione di una legge, che riduce le prero-gative dei tribunali militari, mentre riemergono i segreti oscuri del suo “stato profondo” evidenziatosi, peraltro, nell’ultimo tentativo sventato di un colpo di Stato, con l’arresto di oltre 60 militari, ac-cusati di uno stretto collegamento con l’organizzazione nazionalista Ergenekom, da sempre attiva nei tentativi di destabilizzare il gover-no dell’AKP.Il veloce ritorno alla normalità non riduce peraltro, la forte preoc-cupazione per le sorti geopolitiche dell’Europa, del Medioriente e del mondo islamico. Il vecchio militarismo turco, tollerato durante la “guerra fredda”, sarebbe diffi cilmente gestibile nel caos multi-polare del mondo d’oggi. Da ricordare, inoltre, che Ankara è una della capitali essenziali della NATO, ai confi ni dell’Iran, dell’Iraq e della Siria. La Turchia, nel contesto della complessa galassia isla-mica, è l’unico alleato dello Stato di Israele e il governo, guidato da Tayyip Erdogan, si propone di essere un modello di moderazione per i Paesi musulmani. Se il colpo di stato avesse avuto successo, lo stesso avrebbe messo in forte crisi la stabilità politica di una parte importante del mondo.In concomitanza con i diffi cili rapporti del governo con l’ala milita-re più oltranzista “c’è una nuova dinamica che è portata dal popolo – evidenzia Ihsan Bal docente all’Accademia di polizia – questo è cominciato nel 2003, quando gli Stati Uniti volevano fare della Tur-chia la porta d’ingresso per l’invasione dell’Iraq. E’ stato il popolo – i deputati e i loro elettori – a dire no...”. E tale dinamica risulta evidente nell’atteggiamento della gente nei riguardi di Israele e del

popolo palestinese, tanto che è stata data piena solidarietà al premier Erdogan, quando lo stesso aveva apostrofato duramente Shimon Peres, nel corso di un Forum economico, quando il presidente isra-eliano aveva giustifi cato i massacri di Gaza, come una conseguenza delle provocazioni dei palestinesi. L’arrivo dell’AKP al governo nel 2002 non aveva compromesso il mantenimento di stretti legami con Israele, ma il clima è oggi decisamente cambiato, dopo l’intervento militare israeliano a Gaza nel 2008, tanto che sono state annullate le esercitazioni militari congiunte, previste per ottobre 2010. Miliha Altunisk, docente presso la Middle East Tecxhnical University di Ankara, sostiene che, dopo la guerra di Gaza “qualunque governo avrebbe modifi cato la propria politica e criticato Israele, il quale, peraltro, con gli attuali dirigenti si trova sempre più isolato. Con Obama al potere, la sua posizione strategica sta declinando...”.Recenti, in un siffatto contesto, sono le dure dichiarazione rilasciate dal premier turco Erdogan, durante la sua recente visita in Francia, quando, senza mezzi termini, ha pubblicamente dichiarato “Israele è oggi la peggior minaccia alla pace in Medio Oriente”. A nulla è servito l’invito a raffreddare il clima, rivolto al governo turco da parte di un inferocito capo della diplomazia dello Stato ebraico come Avigdor Lieberman, toccato anche dalle polemiche sollevate da Turchia ed Egitto sull’arsenale atomico israeliano, sempre nega-to dal governo di Tel Aviv.I rapporti tra i due Paesi hanno subito duri contraccolpi quando la Turchia con Brasile ed Egitto si è dichiarata disponibile ad effettua-re l’arricchimento dell’uranio per le centrali atomiche dell’Iran, così come richiesto con particolare insistenza dai Paesi occidentali.La defi nitiva rottura dei rapporti diplomatici tra i due Paesi, si è avuta come conseguenza della criminale aggressione militare israe-liana in acque territoriali, effettuata su una nave turca, carica di aiuti umanitari per i palestinesi di Gaza. L’uccisione di un numero impre-cisato di pacifi sti turchi ed il ferimento di molti altri, ha scatenato la legittima reazione del governo turco, sfociata nel richiamo in patria dell’ambasciatore turco. E’ dal 2003, da quando cioè la Turchia si era decisamente opposta all’uso del suo territorio nella guerra contro l’Iraq da parte degli USA, che Ankara è divenuto un importante punto di riferimento sul territorio mediorientale nello svolgimento di un ruolo pacifi catore e costruttivo, intervenendo direttamente nei negoziati tra Siria e Isra-ele, contribuendo alla soluzione della crisi presidenziale in Libano e rubando in parecchi casi la scena all’Iran.

estero TURCHIAIl primo ministro della Turchia, Tayyip Erdogan

20giugno-luglio 2010

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Ankara ricava evidenti vantaggi, sia politici che commerciali, dai suoi tentativi di risol-vere i problemi politici, attraverso un’avan-zata forma di cooperazione, che si prefi gge, tra l’altro, di mantenere un alto grado di sta-bilità in questa regione del mondo.Secondo la signora Altunisik redattrice poli-tica del giornale “Daily Star” “per la Turchia è questa una strategia decisamente vincente a tutti i livelli”.Divisioni interne permangono ancora nei riguardi della politica estera che il gover-no attua nei confronti dell’Iran. Per Yavuz Baydar, corrispondente politico di “Today’s Zaman”, un quotidiano in lingua inglese, vicino al governo non è il caso di preoc-cuparsi per ciò che accade tra Erdogan e il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad “entrambi vengono dal popolo e si com-portano come la gente comune, anche se non si fi dano l’uno dell’altro...”. Una parte dell’opinione pubblica, peraltro, non condi-vide il prevalente ottimismo, vedendo, nei tentativi di mediazione che la Turchia eser-cita sul nucleare iraniano, il pericolo della creazione di una situazione esplosiva alle porte di Ankara. Meraviglia, nel contesto della politica este-ra del Paese, gli ottimi rapporti stabiliti con la Siria, specie se si ricorda il duro confron-to tra i due Paesi per le rivendicazioni di Damasco sulla provincia turca dello Hatay, per la questione della ripartizione delle fon-ti idriche e sull’appoggio sempre fornito al PKK turco da parte della Siria.Per quanto riguarda Baghdad prevalgono sullo scenario politico i buoni rapporti com-merciali e gli sforzi turchi per far sedere al tavolo dei negoziati i gruppi sunniti del vi-cino Paese.Anche in Africa le relazioni diplomatiche prosperano specie con Libia e Sudan ma in tutta la regione africana la buona immagine di Ankara è collegata alla presenza militare in Afganistan, ove 1750 soldati “non com-

battenti” sono, in funzione di pace, sul ter-ritorio afgano.La Turchia, peraltro, non guarda soltanto al mondo musulmano, infatti, è in atto la sua proiezione verso la Russia, la Serbia, la Ge-orgia e addirittura verso l’Armenia. Il 10 ot-tobre 2009 sono stati fi rmati due protocolli con l’Armenia, protocolli, che dovrebbero consentire lo stabilire normali relazioni di-plomatiche e l’apertura delle frontiere. In tale contesto il presidente Obama ha con-tattato telefonicamente il presidente turco Gul per sollecitare la sollecita stesura di un protocollo, che ratifi casse in via defi nitiva la pace turco-armena. La questione non deve avere trovato pareri condivisi nell’ambito del Congresso USA, tanto che il presidente della commissione Esteri Howard Berman, trascurando i richiami alla prudenza di Hil-lary Clinton, ha proposto e messo ai voti una risoluzione che defi nisca, senza mezzi termini, “genocidio” lo sterminio degli ar-meni da parte dei turchi nel 1915. Ankara che ha sempre negato che tale evento abbia avuto luogo, reagisce duramente e minac-cia di rompere gli accordi diplomatici con Washington.Tornando al particolare attivismo diplomati-co del nuovo governo, anche per la questione Cipro, si intravedono chiaramente migliora-menti nelle relazioni diplomatiche tra i due Paesi, grazie anche all’elezione del nuovo primo ministro Georgios Papandreou. Da evidenziare inoltre che la diplomazia turca, dimostrando piena solidarietà con le mi-sure economiche adottate dalla Grecia per superare il grave momento di crisi, ha at-tuato tutta una serie di accordi ed interventi in vari settori dell’economia ellenica, con il fi ne di fornire un reale sostegno al Paese vicino. Valutando attentamente quello che sta avvenendo sulla base di una nuova linea diplomatica turca e delle sue ambizioni a est ed a sud, si può pensare che sia in atto la ri-nascita di una “missione ottomana”? Temel

Iskt che negli anni Ottanta ricopriva il ruolo di direttore del ministero per gli Affari esteri del governo turco rifi uta le accuse di “neo-ottomanesimo”, affermando che si voglia far credere che la Turchia si islamizzi, che non sia più interessata ad entrare in Europa e che le accuse stesse provengano da capita-li, che rifi utano l’integrazione della Turchia nella UE.E’ indubbia, peraltro, l’amarezza che, dopo le succitate accuse, l’opinione pubblica eu-ropea si esprima in modo da apporre ulte-riori ostacoli per l’adesione alla UE della Turchia, ostacoli sfociali nei “no”, pronun-ciati da Sarkozy e Merkel, malgrado che il prestigio del Paese sia molto accresciuto in una regione diffi cile come il Medioriente e sia più incisivo il suo ruolo sulla scena in-ternazionale.Molti commentatori politici te-mono che nel contesto delle situazioni, che si sono create nel Paese, nei nuovi rafforzati rapporti con i Paesi vicini, il governo AKP, giocando con troppe palline, possa lasciarne cadere alcune. La regola “nessun problema con i vicini e niente bastone...” per cui ogni confl itto deve venire risolto con la persua-sione e con i vantaggi economici, può anche non funzionare.Il governo, peraltro, rassicura; in un comu-nicato apparso sul “Daily Star” con la fi rma di Meliha Altunisik si risponde ai succitati timori “per il momento la questione è pre-matura. Inoltre non tiene conto di un fatto fondamentale: il modo con cui si conduce la politica estera conta almeno quanto i ri-sultati fi nali. Agli occhi dei suoi vicini la Turchia passava per una potenza periferica; oggi non si può parlare del futuro di molte regioni del mondo senza parlare del nostro Paese...”.La scelta di Ankara, (militari permettendo), si fa sempre più decisa: né con l’Oriente né con l’Occidente, ma solo dove più convie-ne.

Bruno Bertolaso

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Né con l’Oriente né con l’Occidente, Né con l’Oriente né con l’Occidente, ma solo dove più conviene...ma solo dove più conviene...

21giugno-luglio 2010

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cultura

La storia che oggi vogliamo raccontare po-trebbe iniziare in tanti modi differenti. Decidiamo di cominciare dalla vicenda di Bouda Abdelhak, ragazzo nato a Casablanca una trentina di anni fa. Grande idealista animato da un entusiasmo contagioso, Abdelhak si ritrova nel 2005 improvvisa-mente senza documenti, senza casa, senza lavoro. Dopo anni di vita a lavorare nelle nostre campagne, Abdelhak non ha più in mano nulla.La sua vita ha un arresto, ma, nella sfor-tuna, Abdelhak trova alcuni amici disposti ad aiutarlo. Viene ospitato in una vecchia e fredda casa di montagna dove risiede com-pletamente solo per circa un mese. Sono giorni invernali molto piovosi e il ragazzo è costretto a guardare da un vetro il proprio tempo che passa.Un giorno più grigio degli altri Abdelhak vede passare proprio lì fuori dalla casa un palloncino. La corda del palloncino è stretta intorno a qualcosa: un piccolo peso annoda-to all'estremità più bassa. Corre fuori dalla casa e afferra al volo l'inaspettato visitatore. Scioglie il nodo che avvolge il piccolo peso in fondo al fi lo, apre l'involucro e srotola un foglio di carta.Con la calligrafi a incerta ma accurata di un bambino, nel biglietto è scritto un messag-gio di pace da parte di Federico, un bam-bino di 1a B. Il palloncino ha viaggiato da una piccola scuola di Modena fi no alla casa dove Abdelhak vive quei suoi giorni di so-litudine, nei pressi di Casina.Con cura e passione il ragazzo prepara una lettera di risposta indirizzata a Federico. Su quella lettera, tra palme colorate disegna-

te con pazienza, Abdelhak scrive: “Caro Federico, grazie per il tuo messaggio. Io mi chiamo Bouda Abdelhak e vengo da Casablanca, in Marocco. Sono un ragazzo clandestino, ma anch'io, come te, vorrei la pace in tutto il mondo”.Quel palloncino fa sorridere Abdelhak e sembra dargli la spinta per tentare nuova-mente la fortuna qui in Italia. Dopo qualche anno Abdelhak riesce fi nalmente ad ottene-re il permesso di soggiorno. Ora frequenta con successo la scuola di italiano per stra-nieri di Reggio Emilia e non si è stancato di parlare di pace.Proprio in questi giorni, insieme a venti al-tri studenti adulti provenienti da 17 paesi differenti sta ultimando un lavoro di ricerca su un piccolo importante pezzo della storia reggiana: la storia di Domenica Secchi e del suo sogno di pace per tutti. Vi chiederete: “Cosa ha a che fare la storia di Abdelhak con la vicenda di questa donna vissuta a Reggio più di mezzo secolo fa?”Cominciamo da alcuni dati contingenti. La scorsa primavera un gruppo di cittadini so-stenuti dal supporto autorevole e sollecito di ANPI e ISTORECO, aveva chiesto al Comune di salvaguardare il monumento ai nove caduti delle Reggiane, intitolando la piazza rimodernata dell'ex-lucchetto a Domenica Secchi.Questa stessa piazza si trova a poche cen-tinaia di metri dalla scuola di italiano fre-quentata da Abdelhak, in una zona descritta da molti reggiani come insicura e disagiata. Si tratta del quartiere di via Turri, intorno alla stazione di Reggio Emilia, dove la presenza di persone provenienti da paesi

stranieri è divenuta per molti sinonimo di degrado.Abdelhak e gli altri studenti del Centro Territoriale Permanente, guidati da Matthias Durchfeld di ISTORECO, hanno deciso di invertire questa strana tendenza di pensiero secondo la quale essere straniero vuole dire essere un cittadino più diffi cile di altri.La storia triste ma umanamente esemplare di Domenica Secchi ha dato loro a questo proposito una bella opportunità. Domenica Secchi era, infatti, una donna che lavorava alle offi cine Reggiane proprio alla stessa età del nostro Abdelhak. Amava come lui la pace e proprio per questo quel giorno d'estate aveva deciso, nonostante il clima intimidatorio e violento di quei gior-ni, di manifestare contro la guerra. Era il 28 luglio 1943. Domenica Secchi era uscita dalla fabbrica, allora produttrice di materiale bellico, in-sieme a migliaia di altri lavoratori. Erano persone stanche di vivere nella paura della violenza e dell'oppressione fascista. Erano operai ed operaie piene di coraggio e voglia di vivere. Domenica forse aveva più slancio di altri perchè il futuro che vedeva davanti a sé, lo stava progettando anche per il bam-bino che aspettava: era incinta di quasi otto mesi.Quando i soldati dell'esercito italiano spara-rono sulla folla dei manifestanti, Domenica corse a ripararsi nella rientranza di una piccola porta, ma lo stato avanzato della gravidanza le impedì di trovarvi un rifugio suffi cientemente spazioso.Dal cancello esterno delle vecchie offi cine reggiane gli studenti della scuola di italiano

Domenica Secchi, operaia delle Reggiane uccisa il 28 luglio 1943, con altri otto compagni che manife-stavano per la pace

“A tutti noi serve avvicinare la storia di ieri e quella di oggi attraverso esperienze reali, in-contri vissuti e voglia di ascoltare, partecipare, comprendere. Perché né la storia, né le persone debbano mai rimanere straniere o estranee. Ma perché ad ognuno e sempre sia riconosciuto il di-ritto a conoscere e farsi conoscere...”

QUESTA È LA PAC CHE VOGLIAMO!CTP Pertini, ISTORECO, ANPI e Co-mune di Reggio Emilia ricordano l'eccidio degli operai che alle Reg-giane non volevano più lavorare per la guerra.

La storia che oggi vogliamo raccontare po-trebbe iniziare in tanti modi differenti. Decidiamo di cominciare dalla vicenda di

te con pazienza, Abdelhak scrive: “CaroFederico, grazie per il tuo messaggio. Iomi chiamo Bouda Abdelhak e vengo da

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cultura

Alcuni ragazzi con Ferdinando Cavazzini Toni Il gruppo che ha partecipato al corso

hanno immaginato oggi il terrore di quei momenti, hanno visto la piccola porta in-suffi ciente per ospitare Domenica Secchi, hanno discusso sulla violenza e sul razzi-smo di quel periodo. In bicicletta hanno visitato alcuni luoghi che portano ancora le tracce di quelle vicende e tra essi il vecchio cimitero di Coviolo, accanto alla chiesa, dove Domenica Secchi è tuttora sepolta.Hanno anche ascoltato il racconto com-mosso di Toni Fernando Cavazzini, opera-io modello delle offi cine Reggiane, che ha raccontato loro di aver cambiato vita dopo la manifestazione, dopo l'eccidio. Lavorare per produrre quelle armi, per quelle stesse persone che avevano ucciso i suoi compa-gni di lavoro non fu più accettabile per lui, che decise di allontanarsi dalla fabbrica e dalla città per diventare partigiano.L'idea di ISTORECO di dare un viso, un nome ed un cognome attraverso cui la sto-

ria di questa manifestazione per la pace possa essere raccontata in modo più sem-plice e compresa con maggiore trasporto attraverso l'immedesimazione, ha fatto sì che gli studenti stranieri partecipassero con interesse ed assiduità al progetto. Presso l'archivio di ISTORECO essi hanno svolto un lavoro di ricerca sulle singole biografi e dei nove caduti. Hanno infi ne tradotto in cinque lingue il testo della targa che rac-conta il tragico episodio dell'eccidio. Tale scritto tradotto rimarrà nella piazza accanto al monumento dei nove alberi, affi nché la storia di quei reggiani divenga patrimonio di tutti gli abitanti (quelli nati qui e quelli arrivati recentemente) della zona.Alessandro Scillitani per l'assessorato alla Coesione Sociale ha infi ne videoregistrato l'intera ricerca e prodotto un breve docu-mentario. Abituati a guardare gli “stranie-ri” attraverso l'occhio di una telecamera di

controllo in bianco e nero, ora avremo la possibilità di vederli da un angolatura dif-ferente, attraverso immagini a colori e con le loro voci che raccontano.Non per mostrare ai reggiani come sono gli “stranieri”, ma per aiutarli a pensare che nessuno straniero può rappresentare tutti gli stranieri, tantomeno può essere rappresen-tatitivo il modello di straniero quotidiana-mente stigmatizzato dalla cronaca. A tutti noi serve avvicinare la storia di ieri e quella di oggi attraverso esperienze reali, incontri vissuti e voglia di ascoltare, parte-cipare, comprendere. Perché né la storia, né le persone debbano mai rimanere straniere o estranee. Ma perché ad ognuno e sempre sia riconosciuto il diritto a conoscere e farsi conoscere.

Annalisa Govi

CE CHE VOGLIAMO!

Scoprimento della targa dedicata a Domenica Secchi. Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia, Franco Corradini, assessore alla Coesione e sicurezza sociale, Roberta Pavarini presidente Circoscrizione Nord-est e alcuni familiari di Domenica Secchi

Un'immagine del corso

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cultura

Nel corso degli anni del dopoguerra questa fetta di provincia si è trasformata in un grande zoo senza recinto. Un tempo non lontano vi regnava qualche lupo, la volpe, il tasso, la lontra la faina, la martora, la puzzola, lo scoiattolo, la lepre, il riccio, la donnola, la poiana e tante varietà di uccelli. Fiumi e torrenti erano ricchi di pesci e gamberi. Regnavano branchi di starne, pernici rosse, coturnici. Ora quel territorio si è arricchito di cinghiali, caprioli, cervi, marmotte, mufl oni, lupi, linci, istrici, daini. Manca solo l’orso, la zebra e il castoro. Analizzando tutto questo nuovo impatto animale è quasi impossibile, occorrerebbero vari studi e ricerche mirate. Io al momento, per quello che vivo ogni giorno sul territorio, da ecologista senza emblema di riconoscimento, mi limito ad alcune osservazioni. Ad esempio, a proposito del cinghiale, le reazioni di chi vive sul territorio dicono che è incompatibile con l’attività agricola, ed è più che vero. Io aggiungerei che è incompatibile con il complesso ecosistema del territorio. Vediamo il perché: questo

animale ha distrutto buona parte degli antichi muretti a secco, un pezzo di storia del nostro paesaggio agrario, sin da tempi antichi. Tutto questo per ricavarne famiglie di vipere, bisce, ramarri, topi, rospi, rane. Girando per boschi e campi, raramente ci si imbatte in un rettile, un tempo cosa normale. Nella parte alta, sopra le faggete, nelle praterie e mirtillaie, ogni varietà di uccelli depongono le uova a terra: allodole, coturnici, ecc. si vedono distruggere i nidi, bere le uova, divorare covate di piccoli. Nelle praterie dei nostri monti, Cusna, Ventasso, Cavalbianco, La Nuda, Casarola, non si trova più una giunchiglia. Così per il giglio rosso (Leucosium sillo), i crochi la musiaria e tutti i fi ori col bulbo. Sarebbe bene, una volta per tutte, che si smettesse col pressapochismo e si affrontasse il problema in modo serio con studi e ricerche su basi scientifi che. La presenza del capriolo si stima in almeno 20-22.000 esemplari, una quantità incompatibile con la turnazione delle foreste, perché brucando i nuovi germogli i caprioli impediscono al bosco di riprodurso. Altrettanto dicasi per

i castagneti. Ugualmente dannosi sono poi i cervi, sia per il sistema agricolo che per la forestazione. E infi ne gli istrici, molto attenti alle piantagioni di patate, sono la disperazione delle famiglie che si ostinano ancora a seminare patate nei propri campi. Tali coltivazioni vengono distrutte da questo grazioso animale che in cambio lascia sovente lunghi aghi come ricompensa. Per quanto mi riguarda personalmente, abitando io sulle nostre montagne, precisamente a Marmoreto di Busana, da ben prima dell’esorbitante presenza di cinghiali, caprioli e cervi, voglio poter continuare a curare boschi e castagneti, frutteti e l’orto. Voglio vedere alzarsi le allodole in volo, voglio sentire il profumo delle giunchiglie, voglio vedere la poiana piombare sul rettile portandolo in alto, inchiodato ai suoi artigli. Questa è a mio parere vera ecologia o, come direbbe il mio amico Paride Allegri, “rispetto del Creato”.

Giacomo Notari

La parte della provincia reggiana classifi cata territorio montano sfi ora i 1000 kmq. In questa fetta di montagna ci sono tredici comuni e circa 40.000 abitanti. Un tempo raggiungevano anche i 63/65.000.

Dalla parte del creatoMONTAGNA, ANIMALI E NATURAMONTAGNA, ANIMALI E NATURA

Giusto un anno fa, su queste pagine, annun-ciavamo il testo – in attesa di pubblicazione – di Annamaria Giustardi, Disegnava aerei, con cui l’autrice ricostruisce la vita e la mor-te di Osvaldo Notari, il più giovane dei nove operai delle “Reggiane” caduti il 28 luglio 1943 davanti ai cancelli del grande stabili-mento nell’eccidio con cui venne represso il tentativo delle maestranze di manifestare per la pace all’indomani della caduta di Musso-lini. Ora quel testo, al quale Monica Morini e Bernardino Bonzagni “hanno dato voce e sentimenti, quando ancora non era libro in occasione della celebrazione del 64° anni-versario dell’eccidio”, è fi nalmente giunto a pubblicazione, in una bella edizione a cura di Teorema e CGIL SPI di Reggio Emilia. Nipote di Osvaldo per parte di madre, l’au-trice, essendo nata dopo la seconda guerra mondiale, non ha dunque mai conosciuto lo zio morto a soli 17 anni, ma ha ereditato in famiglia la dolente memoria di quella perdi-ta. Col suo lavoro, basato anche su ricerche d’archivio e bibliografi che, ma soprattutto su di una toccante immedesimazione nel perso-

naggio, Annamaria fa rivivere Osvaldo im-maginando che sia lui stesso a raccontare la sua troppo breve stagione di disegnatore di aerei compresa fra le date del sottotitolo: 19 novembre ’42-28 luglio ’43, dal primo gior-no di lavoro al giorno della manifestazione per la pace, al momento in cui Osvaldo “sentì dei colpi. Alzò la testa per guardare voltan-dosi verso sinistra. Il cielo nero”.Poi Osvaldo non c’è più. Resta solo la voce del narratore che racconta, nel dolore di una famiglia così atrocemente colpita, anche il dolore di tutte le altre. E vi intreccia momen-ti di vita quotidiana in un quartiere popolare della periferia di Reggio, nel contesto delle sofferenze e delle paure determinati dai bom-bardamenti aerei, dall’occupazione tedesca, dalle incursioni fasciste nelle case, dalle ese-cuzioni sommarie, da stragi come quella di Bettola.Un libro da portare nelle scuole, un libro che può far capire anche ad un bambino perché i Costituenti abbiano voluto quell’articolo 11, che comincia con le parole ”L’Italia ripudia la guerra….”. (a.z.)

Giusto un anno fa, su queste pagine, annun-ciavamo il testo – in attesa di pubblicazione

naggio, Annammaginando ch

DISEGNAVA AEREIDISEGNAVA AEREI Rivive nel racconto di Annamaria Giustardi la fi gura di Osvaldo Notari, morto a 17 anni nell’eccidio delle “Reggiane” del 28 luglio ’43

ANNAMARIA GIUSTARDI, Disegnava aerei. 19 novembre 1942-28 luglio 1943, Edizioni Teorema, Reggio Emilia, 2010, 143 pp., euro 10

ANNAMARIA GIUSTARDI,

Il disegno in copertina fu trovato nel portafogli di Osval-do Notari dopo la sua morte. In quarta “Il modellino dell’aereo che mio zio aveva scalpellato nell’alluminio. Adesso è sulla mia scrivania. Quando ci arriva il sole sembra d’argento. Invece, quando lo sfi ora un soffi o d’aria, si muove, ondeggia, è come se volasse”. (Ultime righe del bel libro di Annamaria Giustardi)

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culturaVASCO MONTECCHIVASCO MONTECCHI

e il suo corpo a corpo col marmo e il suo corpo a corpo col marmo e la pietra per cantare la pacee la pietra per cantare la paceVasco Montecchi è stato ospitato, con la sue Sculture per la pace, nella sede dell’Assemblea regionale dell’Emilia-Romagna con una mo-stra tenutasi dal 20 gennaio al 21 marzo di quest’anno. Organizzata dalla Regione, la mo-stra antologica ed il relativo bel catalogo sono stati curati da Mauro Carrera e Marzio dall’Ac-qua. Scrive Dall’Acqua: “Sbocciano le sculture di Vasco Montecchi, fi ori di marmo dalle forme che fermentano ed esplodono, esotiche nei petali carnosi e turgidi di vitalità nascosta e segreta, metamorfosi di un’evoluzione che tra-passa dal vegetale all’animale, dalla botanica a una zoologia immaginaria e fantastica […]. Hanno dentro un’anima che richiede occhi attenti, partecipazione, sospesa contemplazio-ne”. Autodidatta geniale la cui opera di sculto-re è apprezzata in vari Paesi d’Europa, l’amico Vasco da anni presta generosamente la sua opera anche mettendosi a disposizione degli allievi della “Scuola di scultura su pietra”, pro-mossa dal comune di Canossa, e che ha sede nei pressi di Rossena. (a.z.)

Vasco Montecchi, Bacio in volo,marmo rosa del Porto-gallo, 2006, cm- 40x22x70

Vasco in un corpo a corpo col marmo di Carrara presso il laboratorio di Luigi Corsanini, in Avenza (MS)

JEROME BRUNER JEROME BRUNER COI BAMBINI DELLA SCUOLA MALAGUZZICOI BAMBINI DELLA SCUOLA MALAGUZZIJerome Bruner, vecchio amico di Reggio (ne è cittadino onorario dal 1997) e delle sue scuole comu-nali d’infanzia, è uno dei più noti e infl uenti psicologi americani. Compirà 95 anni il prossimo 1° ottobre e continua ad essere presente e attivo nel campo degli studi dopo essere stato per decenni professore nelle più prestigiose università degli Stati uniti d’America. Ospite della nostra città nella prima quindicina di giugno, dopo aver partecipato a due importanti convegni scientifi ci è stato anche presente, nel pomeriggio di martedì 11 giugno, alla festa della Scuola d’infanzia annessa al centro internazionale Loris Malaguzzi.

Nelle foto (di Vera Bertolini) alcuni momenti della Festa

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cultura

L’Italia di quando esisteva Barbiana, è quasi superfl uo dirlo, non esiste più: quella scuola è fi nita con la fi ne (totale, anzi totalitaria o quasi) dell’Italia contadina e delle case sperdute fra i monti, senza corrente elettrica, senza televisione. Barbiana è stato un estremo caso di preistoria. Saprebbero ridere ancora i bambini di oggi, così come ridevano i ragazzi di don Milani 60 anni fa? Ridere in una scuola, facendo scuola, oggi?“Elevazione civile e non solo religiosa”: in questa tensione liberatrice sta poi la contraddizione (meravigliosa, potremmo dire tragica) di don Milani, sacerdote progressista, che condivideva la miseria e l’emarginazione dei suoi. La vittoria (la vittoria anche “sua” in quanto prete) della Democrazia cristiana il 18 aprile 1948 è stata inevitabilmente anche la sua irrimediabile sconfi tta. La mostra riporta ad esempio la lettera (persino commovente per il senso di impotenza che se ne ricava) di Milani a un giovane comunista di San Donato di Calenzano, nel 1950: “Ora che il ricco t’ha vinto col mio aiuto mi tocca dirti che hai ragione, mi tocca scendere accanto a tea combattere il ricco. Ma non me lo dire per questo, Pipetta, ch’io sono l’unico prete a posto. Tu credi di farmi piacere. E invece strofi ni sale sulla mia ferita. E se la storia non mi si fosse buttata contro, se il 18... non m’avresti mai veduto scendere là

in basso, a combattere i ricchi. Hai ragione, sì, hai ragione, tra te e i ricchi sarai sempre te povero a aver ragione. […] Ma il giorno che avremo sfondata insieme la cancellata di qualche parco, installata insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene Pipetta, non ti fi dar di me, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno io non resterò là con te. Io tornerò nelle tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifi sso” (pp. 14-15). E’ qui la contraddizione di Milani; è questa la sua eredità per noi.Sempre nella mostra trovano spazio le lettere di don Milani alla madre, Alice Weiss. Qui scriveva il 14 marzo 1944: “Cara mamma, mi dispiace che tu senta il peso della mia mancanza di libertà. Ma non ci pensare perché io non ne sento punto. Quanto uno liberamente regala la sua libertà è più libero di uno che è costretto a tenersela” (p. 10). Pasolini ha trovato in questa e nelle altre Lettere alla mamma (Mondadori, 1973) conformismo e puerilità, senza poterci dimenticare in quali anni (in quale Italia) Lorenzo Milani compiva il suo noviziato: “La decisione di ignorare la guerra e il fascismo era, da parte del novizio, un invasato e intrasgredibile partito preso. La tragedia è sulla nazione italiana, spaventosa, senza speranza; e il giovane Lorenzo, dentro la cinta del seminario, è tutto un impeto di

serafi co buon umore” (P.P. Pasolini, Scritti corsari, Garzanti, 1975, pp. 185-186). Ma anche nel don Milani divenuto poi prete disobbediente, Pasolini ritrova la fi gura di un nuovo San Paolo, spirito organizzatore e codifi catore, fariseo. “E’ vero che la sua organizzazione era contraria a quella di San Paolo, cioè tendeva a criticare e a mettere in sacco l’organizzazione ecclesiastica. Ma non è detto che, se la storia fosse continuata così come si poteva prevedere negli anni cinquanta e nei primi anni sessanta, anche i risultati organizzativi di tipo laico, borghese-socialista, di Don Milani, non avrebbero potuto rientrare nella grande organizzazione paolina, esserne riassorbiti” (ivi, pp. 189-190). Don Milani è stato un uomo «adorabile» perché spirito implacabilmente critico: “Precorrendo il ‘68 (anche con la contropartita di seminare nel mondo una ventina di sindacalisti e di cattolici di sinistra un po’ troppo buoni e bravi), egli ha portato a termine l’unico atto rivoluzionario di questi anni: l’ha fatto con una certa ingenuità e una certa presunzione, ma con una sostanziale purezza ascetica, che dà al suo passaggio su questa terra un valore probabilmente più grande di quello dello stesso Papa Giovanni, che, pur scherzandoci sopra, era un uomo di potere” (ivi, p. 191).

Francesco Paolella

silaia

in basso, a combattere i ricchi. Hai ragione,sì, hai ragione, tra te e i ricchi sarai semprete povero a aver ragione [ ] Ma il giorno

serafi co buon umore” (P.P. Pasolini, Scritticorsari, Garzanti, 1975, pp. 185-186). Maanche nel don Milani divenuto poi prete

L’eredità L’eredità di don Lorenzo Milanidi don Lorenzo Milani

A marzo è stata ospitata a Reggio la mostra fotografi ca Barbiana: il silenzio diventa voce, curata dalla Fondazione Don Lorenzo Milani. L’esposizione è dedicata meno alla biografi a del sacer-dote fi orentino, che non alla ricostru-zione del suo tentativo didattico-poli-tico nel Mugello; i ritratti di Lorenzo Milani vengono quasi messi in ombra rispetto a quelli dei suoi ragazzi. Nel complesso ne ricaviamo la memoria di una comunità dall’atmosfera familiare (cioè: dall’aria anti-istituzionale) e lu-minosa (siamo quasi sempre all’aperto, al sole). E’ in questo effetto comples-sivo (senza dubbio poetico) il segno inequivocabile della nostra radicale lontananza dall’esperienza di Barbia-na: chiedendoci cosa ne rimanga oggi, dobbiamo concludere: in sostanza le parole (in ciò che hanno di politico) del suo fondatore, oltre che – ovviamente – le memorie di chi ha vissuto diretta-mente quell’esperienza.

26giugno-luglio 2010

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compleanni

Laila,per l’autorevolezza e la credibilità che le derivano da una vita dedicata alla lotta per la giustizia sociale, i diritti delle donne e per rendere il mondo migliore, è stata sempre per me un punto di rife-rimento, un esempio del modo di intendere l’impegno civile e poli-tico, sin da quando la incontravo, (erano i primi anni ’60 del secolo scorso), davanti alle fabbriche delle donne, la Max Mara, la Bloch, la Confi t, lei, sindacalista , a difendere i diritti delle lavoratrici, io, giovanissima della FGCI ,ad imparare come si fa . Un punto di ri-ferimento lo è ancora adesso,in questi anni in cui ci siamo incontra-te di nuovo all’ANPI ,in particolare nel lavoro del coordinamento femminile,anni in cui siamo diventate anche amiche e io ne ho po-tuto conoscere l’umanità e la generosità. Quante discussioni, quante telefonate per commentare i fatti del giorno,per rifl ettere sul nostro lavoro e per cercare insieme il modo migliore per trasmettere e ren-dere vivi e veri i valori che ci accomunano. E’ straordinaria la forza e la determinazione di Laila, una forza che la spinge ancora oggi a “ testimoniare” la sua straordinaria esperienza di partigiana com-battente nelle scuole, in tanti incontri e manifestazioni , vincendo la fatica ed il peso degli anni e ad essere, per noi, sempre di stimolo, con i suoi suggerimenti e le sue proposte. Una forza ed una lucidità straordinarie, che emergono anche dalla intervista pubblicata su “D-donna, settimanale di Repubblica”. Grazie, “Laila”, per tutto, per essere quella che sei. Buon compleanno e avanti così per tanti anni ancora. Ti vogliamo bene

Eletta Bertani

Annita Malavasi, Laila, partigiana combattente e sindacalista, il 21 maggio scorso ha compiuto 89 anni, portati magnifi camen-te grazie all’energia, alla passione, alla fedeltà ai valori dell’antifascismo rimaste intatte nel tempo.

Gli Ottantanove anni di Laila

Compleanno di Andrea Bigi

Il 25 aprile scorso ricorreva il compleanno del Partigiano Andrea Bigi. Il fi glio Ivan, la nuora Luciana, le nipoti Silvana e Claudia, il fratello e la sorella gli rinnovano i più cari e affettuosi auguri.

L’eredità di don Lorenzo Milani

Dopo l’8 settembre 1943 i primi partigiani andarono in montagna per organizzare la resistenza armata contro l’occupazione nazista-tedesca e contro i fascisti della Repubblica di Saló. Dal 1993 andiamo in montagna ogni 8 settembre, per camminare, per ascoltare le sto-rie dei testimoni partigiani durante le pause e durante i momenti conviviali, per discutere di ieri e di oggi, per goderci i paesaggi dell’Appennino reggiano. Il pro-gramma prevede ogni giorno testimonianze e cammi-nate guidate sui luoghi che furono teatro di azioni par-tigiane, scontri e rappresaglie nazifasciste. Come tutti gli anni partecipano alcuni partigiani e partigiane.

Giovedì 9 settembre, alle ore 15, ci incontriamo a Reggio Emilia nell’Ostello della Gioventù in via Guasco.Facciamo una visita guidata sui luoghi della Resistenza in centro storico e poi la cena biologica a buffet sotto le stelle nel cortile di Istoreco.

Venerdì 10 settembre, saliamo con il pullman a Cerredolo per camminare fi no a Ca’ Marastoni, includendo pause per le testimonianze e per l’inaugu-razione di una nuova bacheca che segnala uno dei 15 sentieri partigiani.Dormiamo a Busana nella ex-colonia l’Albergo Il Ca-stagno.

Sabato 11 settembre, cammineremo un po’ di più. Dopo una sosta a Ligonchio andiamo a piedi dal Passo di Pradarena al Passo del Cerreto.

Domenica 12 settembre, invece si offre anche per chi vuole fare una giornata sola:Andiamo da Collagna a Succiso per fi nire i sentieri partigiani 2010 con un Gran pranzo della Brigata!

Si sono già iscritti 75 austriaci, svizzeri, tedeschi e ita-liani, ma soprattutto per la domenica cerchiamo ancora compagnia.

Per informazioni ed iscrizioni:Istoreco, via Dante 11, 42100 Reggio Emiliatel: 0522 - 43 73 27 e-mail: [email protected]

giovedì 9 settembredomenica 12 settembre

SUGLI APPENNINI...SUGLI APPENNINI...SENTIERI PARTIGIANI SENTIERI PARTIGIANI 2010

Un’immagine dei “Sentieri”

27giugno-luglio 2010

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cultura

Siamo rimasti colpiti dalla

prima intervista rilasciata ai

giornali. Abbiamo letto che il

primo problema che affronterà sarà quello

dell’immigrazione. Certamente, Reggio

Emilia, come tante altre città italiane, è

stata oggetto di intensi fl ussi immigra-

tori. L’alta concentrazione di stranieri

in alcune zone della città ha dato luogo

a situazioni problematiche che, talvolta,

sono degenerate in problemi di sicurezza

e ordine pubblico. C’è stata una notevo-

le attenzione, su questo tema, da parte

della pubblica amministrazione locale e

di tantissime organizzazioni del volonta-

riato. Hanno promosso iniziative e poli-

tiche d’integrazione, che hanno attutito

gli aspetti negativi e migliorato la qualità

della convivenza. Ovviamente, va con-

tinuato il lavoro intrapreso, che ha visto

protagoniste anche le forze della Polizia

di Stato e dei Carabinieri, perché la que-

stione non è mai defi nitivamente risolta e

preoccupa non poco la nostra comunità,

ma a Reggio ci sono, anche altri problemi,

purtroppo importanti. Ci permettiamo, di

evidenziarne tre.

Il primo è il seguente. Indagini della ma-

gistratura hanno rivelato la presenza di

investimenti e attività mafi ose in città e

nell’intera provincia di Reggio. Reggio è

diventata luogo di destinazione di capitali

e imprese mafi ose che s’infi ltrano nel suo

tessuto economico. Come reggiani siamo

molto preoccupati e ci aspettiamo un aiu-

to decisivo dal Governo, dalla Magistra-

tura e dalle forze dell’ordine per ripulire

Reggio da questi delinquenti.

Il secondo problema, sempre legato alla

presenza in città di organizzazioni mafi o-

se e criminali, è la grande disponibilità di

droga. L’enorme ricchezza che produce lo

spaccio di droga è uno dei fattori più pe-

ricolosi per l’intera società italiana. Come

cittadini, vediamo lo spacciatore di stra-

da, quasi sempre extracomunitario, ma ci

aspettiamo che il governo, la Magistratu-

ra e le forze di Polizia vedano le organiz-

zazioni criminali che vi stanno dietro e le

contrastino senza tregua.

Il terzo problema è l’impressionante dif-

fusione della prostituzione femminile e

maschile. Anche in questo caso, come cit-

tadini, vediamo la prostituta o il trans che

fanno la pubblicità sui giornaletti o batto-

no sulla strada o nelle case, ma anche in

questo caso ci aspettiamo che il Governo,

la magistratura e le forze di Polizia veda-

no le bande criminali che li gestiscono,

quelle cioè che organizzano le tratte degli

esseri umani, li riducono in schiavitù e si

arricchiscono sulla loro pelle.

Ecco, sono questi i problemi che ci preoc-

cupano e che vorremmo vedere debellati,

comunque aspramente combattuti e per

questo, noi saremo sempre al suo fi anco

e al fi anco dei suoi uomini.

Benvenuto al nuovo questore, Benvenuto al nuovo questore, ma a Reggio non c’e’ solo ma a Reggio non c’e’ solo

l’immigrazione.Lotta alle infi ltrazioni mafi ose e alle organizzazioni criminali, vengono prima Domenico Savi, 57 anni, originario di San Benedetto del Tronto, dal primo luglio è il nuovo Questore di Reggio Emilia. Sostituisce Domenico Perucatti giunto in città appena due anni fa.Gli auguriamo buon lavoro e saremmo lieti di poter offrire il nostro contributo alla conoscenza della città.

28giugno-luglio 2010

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SCUSATE,

Il nostro “Notiziario” è una bella certezza, una rivista che nel tempo si è fatta sem-pre più capiente, interessante, sfaccettata.

Tra le sue pagine troviamo contributi che sono un po’ la somma e la summa dell’avvenuto e uffi cializzato incontro di generazioni. Un bel concentrato di memorie, di storia e di storie. Uno strumento sempre consultabile, aggior-nato sulle innumerevoli esperienze della Re-sistenza. Uno strumento che continua ad inda-gare sull’accaduto, su quello che è stato, ma che allo stesso tempo si apre su nuove pagine di odierna resistenza. Il “Notiziario” informa e rincuora esplicitando il pensiero dei tanti giovani antifascisti che aderiscono all’ANPI. Ora in questo incrocio di passato, presente e futuro, ci sta che possa pure mutare qualche consuetudine, a costo di movimentare il tut-to, sperando che la discussione, la dialettica possa avere ospitalità tra queste pagine. Ecco prima delle vacanze, in cui ogni attività ral-lenta, compresa la politica, vorrei lasciarvi con un articoletto un po’ scomodo, non legato a consuetudini che frequento raramente, non propriamente ortodosso o diplomatico. La lot-ta partigiana, ieri come oggi, è qualcosa di irri-tuale che reagisce allo stato delle cose. C’è un pensiero che mi frulla in testa da tempo e non essendo stato sommerso nel frattempo da altri pensieri, mi sento costretto a lasciarlo uscire libero. La cosa riguarda la politica italiana, in particolare la parte politica a cui da sempre l’ANPI fa riferimento con un continuo rappor-to osmotico. Parliamo del centro-sinistra, del PD in particolare, che senza mezzi giri di pa-role è da sempre (dalla Liberazione in poi, dal PCI con tutte le sue evoluzioni PDS, DS ecc.) il maggiore “azionista”, il più rappresentato in squadra, il legame più stretto con l’ANPI. Certo è vero, che in questi anni di scissioni, se-parazioni, lotte intestine nella sinistra italiana, la nostra associazione ha cercato di rappresen-tare e mantenere rapporti con tutto l’arco della sinistra italiana e con tutte le associazioni vici-ne, ma è innegabile un rapporto preferenziale che, in ogni caso, qui non voglio contestare. Quello che vorrei capire invece, alla luce di questo rapporto preferenziale e alla luce del fatto che tanti nuovi giovani iscritti non fan-no riferimento a partiti o sigle defi nite, è come

intende comportarsi l’ANPI in merito alle ulti-me tendenze e tattiche del socio (il PD) con le maggiori quote di rappresentanza nella società (L’ANPI). Come si sente e si legge sempre più insistentemente ci sarebbe un costante avvi-cinamento tra il PD e la Lega, una attrazione fatale che fa presagire possibili ardite alchimie che in alcuni casi si stanno concretizzando in offerte di poltrone, in alleanze e in vere e pro-prie avances (in verità da parte del più debo-le in questo momento verso il vincitore delle ultime tornate elettorali). Si parte dall’alto per esempio, con Enrico Letta, vicesegretario del PD, che recentemente ha dichiarato che il suo partito e il centrosinistra devono apri-re alla Lega, perché richiesto dai loro eletto-ri. Si passa a defi nizioni ardite e spericolate che vedono nella Lega una possibile “costola della sinistra” (mhh...probabilmente non è la Sinistra che intendo io...). Si può constatare nelle giunte di alcuni comuni governati dal centro-sinistra nella scopiazzatura (fatta male per la verità) dei proclami e dei provvedimenti presi dalle giunte leghiste in tema di sicurezza con tanto di sindaci-sceriffo, ronde cattive e ronde-dolci e tolleranza zero verso obiettivi impensabili un tempo. Se passiamo in am-bito locale non mancano uscite di politici di spicco, di dirigenti, di fi gure sponsorizzate dal centro-sinistra che affermano che il vecchio PCI avrebbe affrontato il tema immigrazione come la Lega, oppure che pensano sia giunto il momento di far entrare nei posti chiave gli uo-mini del Carroccio. Cosa dice dunque l’ANPI di questa relazione pericolosa? Come intende comportarsi di fronte a questo ennesimo ribal-tamento di prospettive, di posizioni?

Come metterla giù culturalmente? Ma soprattutto come spiegarla ai tanti gio-vani che hanno aderito all’ANPI, per-

ché antifascisti, contro ogni tipo di razzismo, contro la xenofobia, le segregazioni del passa-to e del presente. Come spiegare ai nuovi par-tigiani che quello che credevamo un nemico, ora dovrebbe essere visto come un possibile alleato? Come convivere con chi ha rispolve-rato la categoria della “razza” mescolandola con il peggiore integralismo cattolico? Come convivere con amministrazioni, guidate dalla lega o in bella compagnia del PDL, che nega-

no come a Guastalla le piazze per le celebra-zioni del 25 Aprile? Come essere benevoli con un governo, di cui la Lega è punta di diaman-te, che continua a attaccare scientifi camente la Resistenza? Per queste cose e per la passione e le certezze che i giovani “antifascisti” ritro-vano nell’ANPI, mi suonano poi gravissime (è un episodio, ma mi ha parecchio turbato) le distanze precisate da qualche storico e orga-nico esponente del nostro direttivo dopo che una giovane iscritta aveva defi nito la Lega una forza fascista durante un intervento. Dunque l’ANPI cosa dice, cosa pensa della Lega? Lo chiedo chiaramente, perché chiaramente (e penso di poterlo dire a nome dei nuovi anti-fascisti) io vedo la Lega come una pericolo-sa deriva fascista, una forza che è colpevole dell’incattivimento degli italiani (tutti, com-presi quelli che si defi niscono di sinistra!) che si nutre dei peggiori istinti, delle paure, che ha fatto del non-umanesimo, della disumanità so-ciale la sua bandiera (Verde, visto che quella tricolore che a Reggio tanto amiamo loro la sbeffeggiano). O forse non avevo capito bene? Forse sono ingenuo come ogni giovane ribel-le... ricordate quei ragazzini che si diedero alla macchia e alla guerriglia per combattere qualcosa che ritenevano ingiusto? Forse anche nell’ANPI, passato il momento del trasporto ideale, dovremmo metterci ad attendere le mosse degli strateghi (ormai logori a dire il vero) che ci stanno preparando l’ennesimo sal-to riformista nelle paludi della Padania? A noi interessa il cuore, la scelta personale, l’etica della Resistenza, non siamo affatto appassio-nati da vecchi equilibri, da amici e alleati che ora ci dicono che bisogna aprire alla Lega per necessità pragmatiche. Quindi ora dovremmo bruciare i vecchi numeri del notiziario in cui si prendevano le distanze dai leghisti e dalle loro intolleranze? Occhio dunque, perchè se in ambienti politici vicini che a volte coinci-dono con l’essenza stessa dell’ANPI si strizza l’occhiolino alla Lega, noi non siamo affatto disposti a chiudere gli occhi. A costo di in-traprendere una nuova resistenza partigiana! Dateci dunque conferma che non ci eravamo sbagliati.... vero?

ma forse non avevo capito bene:...ma forse non avevo capito bene:...“... come intende comportarsi l’ANPI in merito alle ultime tendenze e tattiche del socio (il PD) con le maggiori quote di rappresentanza nella società (L’ANPI). Come si sente e si legge sempre più insistentemente ci sarebbe un costante avvicinamento tra il PD e la Lega...”.

29giugno-luglio 2010

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– Se si pensa che nella fase terminale della Guerra Fredda gli Stati Uniti dete-nevano almeno 12.000 testate nucleari e l’Unione Sovietica qualcosa di meno, il recente accordo siglato a Praga tra gli ex nemici appare di notevole portata: 1.550 testate nucleari strategiche “a testa” e consistente riduzione dei vettori, ovvero una diminuzione di circa il 30 percento rispetto ai numeri attuali. Certo, numeri suffi cienti a causare comunque potenziali catastrofi , ma sappiamo bene che la con-tabilità di questi strumenti di deterrenza ha storicamente seguito parametri propri che bypassano disinvoltamente il rischio della reciproca distruzione.Si può quindi dire che questo è forse il primo gesto concreto con il quale Obama prova a legittimare il discusso premio Nobel assegnatogli lo scorso anno, il pri-mo “fatto” a fronte dei numerosi impegni in tema di politica estera assunti al mo-mento del suo insediamento. Ma si deve tuttavia tenere presente che, pur espresso con il consueto linguaggio cauto e di-plomatico, nell’accordo stipulato rimane inquietante l’ipotesi di utilizzo dell’arma nucleare nei confronti a Paesi che ope-rano in violazione degli accordi interna-zionali: il riferimento ad Iran e Corea del Nord è evidente, primi destinatari di un messaggio che ribadisce i nuovi confi ni della deterrenza e che non esclude l’op-zione militare.Permane, inoltre, il nodo irrisolto del pro-gramma antimissile a più riprese proposto e negato dall’amministrazione americana e tanto inviso alla Russia, al punto che quest’ultima trova necessario ipotizzare il proprio ritiro dall’accordo “se lo scudo antimissile minaccerà la sicurezza nazio-nale”; e permane l’incertezza della ratifi ca del trattato da parte americana, che com-

porterà il voto favorevole di una decina di senatori in più di quelli democratici. Restano, infi ne da interpretare (perché ci riguardano direttamente) le parole della portavoce del Cremlino Natalya Timakova, per la quale il testo dell’accor-do prevede “che le armi strategiche saran-no dislocate solo sul territorio delle nazio-ni fi rmatarie”, come a voler far intendere che gli USA ritireranno le atomiche dai Paesi alleati in Europa e in Asia. Non sa-rebbe cosa malvagia il rientro oltre oce-ano delle 90 testate nucleari attualmente stoccate a Ghedi e ad Aviano…

– Se la minaccia agli equilibri raggiun-ti in tema di armamenti nucleari viene identifi cata nei cosiddetti “Stati canaglia” (Iran e Corea del Nord), non sfugge che la preoccupazione più forte di Stati Uniti e Russia sta nella possibilità che l’estre-mismo islamico in un modo o nell’altro possa venirne in possesso.In effetti, l’accesso alle armi nucleari pare essere priorità di tanti, determinando una situazione dannatamente complessa: se è vero che USA, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia fanno parte dei 189 Paesi che hanno aderito al Trattato di non proliferazione, è altrettanto vero che que-sto non si può dire per India, Pakistan, Corea del Nord che pure detengono deci-ne e decine di testate in aree caratterizzate da grande instabilità e a rischio di confl itti dovuti a tensioni etnico-religiose e riven-dicazioni territoriali.Come se ciò non bastasse, ormai da anni è in atto una prova di forza tra la Comunità internazionale e l’Iran, impegnato nella ricerca sul nucleare civile ed accusato di voler in realtà arrivare a quello militare, che è culminata nelle sanzioni previste nella recente Risoluzione del Consiglio

di sicurezza dell’ONU. Risoluzione de-fi nita elegantemente come “spazzatu-ra” dal Presidente in barba e giacchetta Ahmadinejad, che ha annunciato il pro-seguimento del programma nucleare. Risoluzione criticata anche dal premier turco Erdogan, per il quale “la Comunità internazionale, che dimostra una legitti-ma sensibilità sul pericolo che l’Iran si doti di armi nucleari, dovrebbe avere la stessa reazione al fatto che altri Paesi del-la regione abbiano questo tipo di armi”. Il riferimento evidente è ad Israele, che non ha mai ammesso né negato di possedere la “bomba”, anche se i più accreditati enti di ricerca gliene attribuiscono non meno di duecento.

– Crimine di guerra, atto di pirateria, azione barbarica, reazione esagerata o, più moderatamente, blitz stupido e uso sproporzionato della forza: le dure parole di condanna ad Israele per il sanguinoso attacco alla “Freedom Flotilla”, il gruppo di navi cariche di aiuti da destinare alla popolazione di Gaza, hanno accompagna-to la formale condanna della Comunità internazionale per un’azione tanto scon-siderata militarmente quanto – in realtà – non sorprendente rispetto alla brutalità già in passato dimostrata dagli apparati di difesa del Governo di Tel Aviv (l’aggres-sione al Libano e l’operazione “Piombo Fuso” ne sono tristi esempi). Condan-na – appunto – formale, che segue a una condotta indifendibile, ma che si stempe-ra con il tempo, lasciando più o meno le cose come stavano e irrisolte le problema-tiche vecchie di anni. Come una sculacciata al bambino che si è comportato male.Nove morti e decine di feriti, clamorosa violazione del diritto marittimo interna-

CRIMINI DI...GUERRA E CRIMINI DI...GUERRA E PACEPACE«"Se si pensa che nella fase terminale della Guerra Fredda gli Stati Uniti detenevano almeno 12.000 testate nucleari e l’Unione Sovietica qualcosa di meno, il recente accordo siglato..." ... " Se la minaccia agli equilibri raggiunti in tema di armamenti nucleari viene identifi cata nei cosiddetti “Stati canaglia” (Iran e Corea del Nord), non sfugge che..." ... " Crimine di guerra, atto di pirate-ria, azione barbarica, reazione esagerata o, più moderatamente, blitz stupido e uso sproporzionato della forza: le dure parole di condanna ad Israele per il sanguinoso attacco alla “Freedom Flotilla...” ... "Come già in occasione dell’operazione Piombo Fuso, la situazione di Gaza ha quindi bisogno di eventi eclatanti per potersi meritare le prime pagine dei mass media. L’isolamento della Striscia..." ... "Dopo Bolzaneto, la Diaz: la sentenza del processo di appello ha anche in questo caso ribaltato il..."»...

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CRIMINI DI...GUERRA E PACE

CRIMINI DI...GUERRA E CRIMINI DI...GUERRA E PACEPACE

zionale e dei diritti umani, arresti, espul-sioni, requisizione del carico: a Israele, tutto sommato, questi eccessi sono con-sentiti da tempo in nome del proprio di-ritto all’esistenza e alla difesa e in nome della Shoah, lo sterminio che pare possa sempre legittimarne altri.Ma tant’è. Superata l’emozione prova-ta a caldo, arriva il momento del “che fare”. Ed allora, le Nazioni Unite vanno alla prova della Commissione di inchie-sta internazionale. E, sostanzialmente, la perdono. Il Consiglio dei Diritti dell’uo-mo dell’ONU approva una risoluzione che nomina una missione indipendente “che faccia luce sull’accaduto”, ma lo fa a maggioranza: 32 Paesi votano a favo-re, 3 votano contro (Stati Uniti, Olanda e Italia) e 9 (tra cui Francia, Gran Bretagna e Belgio) si astengono.Già, l’Italia. I toni del testo – ci spiegherà il ministro Frattini – erano eccessivamen-te polemici e sbilanciati in senso demago-gico, “poco costruttivi in questa fase deli-cata”. Ma ciò che ha inciso, ribadisce, è il fatto che “Israele è un Paese democratico, in grado di organizzare da solo una inda-gine del genere”. Viva la sincerità.Per la cronaca, il testo approvato con-danna “il grave ed oltraggioso attacco di Israele contro il convoglio umanitario” e chiede “alla potenza occupante di toglie-re immediatamente l’assedio al territorio occupato di Gaza e di assicurare piena assistenza umanitaria alla popolazione”. Troppo, per gente come Frattini. Troppo, evidentemente, anche per l’Unione Europea che inizialmente aveva richiesto “un’immediata, completa ed imparziale inchiesta sugli eventi”. Imparziale.Lo Stato ebraico si è affrettato a dichia-rare che considera il Consiglio dei diritti umani “un organismo che da tempo ha perso la propria autorità morale e che, anzi, è uno strumento nelle mani di Paesi antidemocratici” e che, pertanto, non ne riconosce l’autorità. La Commissione di inchiesta se la farà da solo.Come volevasi dimostrare.

– Come già in occasione dell’operazio-ne “Piombo fuso”, la situazione di Gaza ha quindi bisogno di eventi eclatanti per potersi meritare le prime pagine dei mass media. L’isolamento della Striscia (1.400.000 persone che vivono in appena 360 kmq) continua ininterrotto dal 2007, anno in cui Hamas prese il pieno con-trollo dell’area e, contestualmente, subì

il blocco del valico di Eretz con Israele e di Rafah con l’Egitto e l’interruzione dell’invio degli aiuti umanitari, in quanto considerata dall’Occidente organizzazio-ne terroristicaIn qualunque modo lo si voglia contestua-lizzare, il dato di fatto è che ci si trova di fronte ad una enorme prigione urba-na, risultato di una punizione collettiva, all’interno della quale le condizioni di vita appaiono spaventose e rese appe-na comprensibili da un crudo elenco di emergenze.L’economia è letteralmente crollata, la produzione è ferma al 90 percento, non vi è distribuzione delle merci se non di contrabbando, non esiste la possibilità di allevare bestiame, il reddito procapite è sceso del 50 percento, la disoccupazione è al 42 percento, il 56 percento vive sotto la soglia della povertà, il 60 percento del-la popolazione risulta malnutrita. Manca il combustibile per il funzionamento della centrale elettrica, l’energia viene interrot-ta ogni giorno per 8-12 ore, con serie con-seguenze per gli ospedali. L’80 percento dell’acqua di Gaza non è potabile e viene comunque utilizzata mettendo a rischio la salute, il 50 percento dei bambini soffre di anemia, nei quattro anni di assedio cir-ca quattrocento persone sono decedute in attesa di permesso di uscita per cure sani-tarie. Non è consentito il passaggio dal-le frontiere di materiali edile e, pertanto, non è possibile operare una benché mini-ma ricostruzione delle migliaia di edifi ci distrutti dai recenti bombardamenti isra-eliani.Tutto ciò e molto altro evidentemen-te non costituiscono un problema per la Comunità Internazionale. Come si riesca a pensare che questo crudele embargo possa spezzare la volontà e la resistenza dei Palestinesi e non, viceversa, accresce-re l’odio e la contrapposizione, rimane un mistero. O forse, una lucida aberrazione.

– Dopo Bolzaneto, la Diaz: la sentenza del processo di appello ha anche in questo caso ribaltato il giudizio di primo grado, dichiarando colpevoli 25 dei 27 imputati e condannandoli a un totale di 85 anni di carcere. E, cosa che più conta, lo ha fatto inchiodando i vertici della Polizia sulla base dell’assunto, precedente-mente ignorato, che la catena di comando “non poteva non sapere”.E così anche France-sco Gratteri, Giovanni Luperi

e Spartaco Mortola si sono visti infl igge-re 4 anni di reclusione, mentre Vincenzo Canterini si è visto aggiungere un anno ai 4 che già poteva vantare. Per tutti è previ-sta l’interdizione dai pubblici uffi ci per un quinquennio. Anche per gli esecutori ma-teriali della mattanza pene le pene sono state inasprite. Falso ideologico e lesioni gravi i reati che sono riusciti ad evitare la prescrizione a nove anni dallo svolgimen-to dei fatti. Per dirla con le parole del pm Machiavello, “non si sono potute dimen-ticare le terribili ferite inferte a persone inermi, la premeditazione, i volti coperti, la falsifi cazione del verbale di arresto di 93 no global, le bugie sulla loro presunta resistenza”.Se occorre esprimere soddisfazione per una sentenza che fi nalmente ristabilisce la verità storica di quanto accadde quel-la tragica notte che, per altro, non poteva non essere chiaro ad ogni persona dotata di buon senso, è bene sottolineare che la risposta delle istituzioni è stata quella di ribadire la fi ducia e l’apprezzamento per tutti i dirigenti condannati e, si badi, in questi anni promossi ad incarichi ancora più prestigiosi. Nessuna cautela, nessuna sospensione, nessun ripensamento in atte-sa del pronunciamento della già appellata Corte di Cassazione.Così come, d’altra parte, è avvenuto in occasione della sentenza che ha condan-nato l’ex Capo della Polizia De Gennaro a un anno e 4 mesi per “induzione alla falsa testimonianza”, ovvero per aver isti-gato l’ex questore di Genova Francesco Colucci a mentire sulla dinamica verifi -catasi alla scuola Diaz. Anche in questo caso, la “piena e totale fi ducia” del mi-nistro dell’Interno Maroni e del ministro della Giustizia Alfano, “la solidarietà, gratitudine e vicinanza” del ministro del Programma Rotondi, l’ipotesi di condan-na di tipo politico pronunciata da espo-nenti della maggioranza, fi no ad arrivare alla prevedibile verità di Gasparri: “Tra l’ex capo della Polizia De Gennaro e la sentenza sul G8 preferisco De Gennaro”. De Gennaro rimane lì, Capo del Dipartimento informazioni per la sicurez-za.

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di Massimo Becchi

MUOVERSI A REGGIO MUOVERSI A REGGIO a 21 KM/Ha 21 KM/HCon i sui 167.000 abitanti circa Reggio resta una re-

altà territoriale collocabile fra le piccole-medie città italiane, che non la esime comunque da alcune con-

seguenze legate all’attuale sistema della mobilità, che vede il prevalere di una ripartizione del mezzo privato e netto vantaggio del mezzo pubblico. Avere circa 65 auto/abitante in città signi-fi ca che tutti i patentati hanno di fatto un’auto propria e che se s’immettessero tutti insieme sulle strade formerebbero una ser-pentone ininterrotto lungo 470 chilometri.

Per ovviare ai problemi di mobilità negli ultimi dieci anni sono state lasciate immutate le linee del trasporto pubblico, mentre nuove strade e tangenziali hanno cercato di ovviare ai problemi dell’ora di punta. Con che risultati? L’asse sud è de-cisamente scarico, ovvero raccoglie poco traffi co vista la lon-tananza dalla città, per cui chi deve muoversi fra un quartiere e l’altro non sta certo ad andare così lontano per poi rientrare, mentre la tangenziale di Canali ben in pochi la usano (anche nell’ora di punta) vista la comodità della vecchia strada che pas-sa per il centro della frazione. A queste brillanti intuizioni, i cui risultati erano già noti all’amministrazione pubblica dagli studi preliminari che le accompagnava le opere stradali, ora si vuole aggiungere la bretella di Rivalta. Ambiente Italia nel suo studio sulla strada a sud della città aveva previsto che il percorso poi realizzato era quello “trasportisticamente” peggiore, ovvero in grado di raccogliere meno traffi co perché poco appetibile, ma indubbiamente quello che permetteva di urbanizzare, come in parte è già avvenuto la maggior superfi cie fra la città e la strada stessa. In sostanza la speculazione edilizia dell’era Malagoli ci ha lasciato una città piena di cantieri ed una strada costosa e poco funzionale.

Rivalta vede convergere nella sua piccola rotonda la stata-le 63 e l’asse della Val’d’Enza che portano circa 2.650 auto a transitare nell’ora di punta (7,30-8,30). Dalla montagna arri-vano poco più di 400 auto, mentre 1.150 circa arrivano dalla Val d’Enza. Appare quindi anomalo che il Comune proponga di deviare il fl usso minore con una “bretellina” dalla statale lo scarica su via del Buracchione senza considerare che intanto il centro di Rivalta avrebbe un calo stimato del 4-5 percento delle auto, mentre tutto il resto resterebbe immutato. Questi dati sono desunti dai rilievi fatti dal Comune nel 2007 e 2009 sui fl ussi di traffi co. Quello che serve per risolvere il problema trasportistico a Rivalta è togliere il traffi co della Val d’Enza portandolo diret-tamente sulla ex statale 63 e parte di quello della montagna, che può essere fatto con un parcheggio scambiatore all’altezza della vasca di Corbelli e in aggiunta con una terza corsia a fi anco della strada esistente che si raccordi con via del Buracchione. Quello che si è fatto fi no ad oggi è stato tentare invano di utilizzare

l’alveo del Crostolo per creare una viabilità alternativa, che pun-tualmente si è scontrato con vincoli urbanistici ed ambientali, tanto che dalle prime discussione a metà degli anni ’90 si sta ancora ragionando di questo problema. Sarebbe stato molto più semplice passare ad ovest di Rivalta, verso al Val d’Enza dove l’orografi a del terreno permette di costruire una strada in trincea e con un tunnel passare sotto la chiesa di Rivalta per allacciarsi poi all’asse della Val d’Enza.

In tutto questo disquisire sulle strade gli autobus restano bloccati nel traffi co, con una media di 21,77 km/h nel 2009 ov-vero poco dissimile da una bicicletta, e un calo costante degli utenti passati da 98 viaggi/anno per abitante ai 73 del 2009, si-tuazione che si traduce in una copertura dei costi del 26,7 per-cento attraverso i titoli di viaggio. Forse l’unica vera innovazio-ne apportata dall’Amministrazione comunale negli ultimi anni sono state le piste ciclabili, che hanno toccato quota 155 km nel 2009 confermando Reggio come la città con più piste ciclabili in rapporto agli abitanti. Spostare dalle 4 alle 2 ruote la mobilità non può comunque risolvere il problema di alcuni quartieri e di Rivalta (occorre ricordare che via Benedetto Croce che doveva essere sollevata dal traffi co dalla nuova strada di gronda a sud è intasata quasi come prima della variante) che necessitano di scelte viabilistiche coerenti con i dati trasportistici e non fatte sulle sensibilità degli assessori o dei loro tecnici.

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Egregio Prof. Iori,il mio argomento è quello delle aller-gie. Può darsi che altre volte le abbia-

no rivolto una domanda in merito e che la sua risposta sia stata pubblicata sul Notiziario. Io però non ricordo di averla mai vista. D’altra parte i progressi della medicina avranno pro-dotto delle novità anche in questo campo. Il mio caso: ho 79 anni e già da una quindicina, con la primavera (anche se quest’anno è stata molto piovosa) e con l’estate soffro d’allergia, soprattutto se passo vicino o in mezzo ad un campo con l’erba alta.Qualche volta sono stato anche vaccinato. Ma quest’anno, cessate le piogge fi n troppo ab-bondanti, ho avvertito una fastidiosa ripresa dell’allergia, con gonfi ore agli occhi e violenti sternuti.Ci sarà un modo per far sì che le estati che mi restano non siano per me fastidiose come le precedenti (attuale compresa)?Spero in una sua risposta e La ringrazio.

Alfredo G.

Caro Alfredo, questa primavera “ritarda-taria” ha fatto sì che anche le sindromi allergiche stagionali siano arrivate in

ritardo, ma quasi tutte insieme; infatti, con il ritardo della primavera molte fi oriture si sono sovrapposte, il problema allergia riguarda di-versi milioni d’italiani; l’allergia è una reazio-ne di difesa eccessiva del sistema immunitario nei confronti di sostanze considerate erronea-mente nocive; il prezioso sistema immunitario serve a difendere l’organismo da aggressioni esterne; esso confronta le sostanze con le quali il corpo viene in contatto con la propria me-moria ed attacca con anticorpi (ma non solo) le sostanze non riconosciute come innocue. L’allergia è dovuta dunque ad un errore di riconoscimento di agenti esterni scambiati per pericolosi, e quindi attaccati dal sistema immunitario; le successive esposizioni all’al-lergene trovano un organismo sensibilizzato e dunque pronto a reagire massicciamente al contatto. Vi è una certa percentuale di ereditarietà per le allergie. Entriamo in contatto con le sostanze aller-gizzanti soprattutto, ma non solo, per mezzo dell’aria respirata: prevalentemente si tratta di pollini di piante ed erbe, per le quali esistono

i calendari di fi oritura e quindi di nocività al-lergica; tra le piante ed erbe più responsabili d’allergie abbiamo le graminacee (da metà maggio a metà settembre), il tarassaco (mag-gio e giugno), ortica da maggio a settembre), piantaggine e acetosa (da maggio ad agosto), parietaria (da maggio a settembre), ma anche nocciòlo, olmo, pioppo e salice (da marzo a maggio), betulla, quercia, faggio e pino; an-che poi gli allergeni da casa, e quindi non sta-gionali (prodotti di desquamazione cutanea di animali domestici, prodotti di eliminazione di acari, polveri, ecc.) sono rilevanti, così come le allergie ad alimenti e farmaci. I sintomi dell’allergia possono essere: ga-strointestinali (nausea, vomito, diarrea), cuta-nei (prurito, arrossamenti, eruzioni cutanee), nasali (starnuti a ripetizione, naso chiuso, ri-norrea), respiratori (tosse irritativa, affanno, mancanza d’aria, asma), oculari (arrossamen-to, gonfi ore, lacrimazione, fotofobia), fastidio-so prurito alle orecchie, mal di testa, irritabili-tà e stanchezza. Prima di arrivare ai rimedi per questa fasti-diosa condizione, la si deve naturalmente dia-gnosticare: la diagnosi dapprima si basa sui sintomi descritti, prevalentemente primaverili od estivi, successivamente si praticano test per individuare le sostanze che il nostro sistema immunitario considera nocive; il prick test è un test cutaneo, consiste nel praticare delle scarnifi cazioni non dolorose né sanguinanti sul braccio e nel posare su ognuna una solu-zione dei diversi allergeni; in circa un quarto d’ora sì forma una reazione cutanea prurigi-nosa laddove è stato messa la sostanza cui siamo allergici. A volte sono necessari esami di approfondimento diagnostico (ad esempio rast test, che ricerca su un prelievo di sangue anticorpi specifi ci per gli allergeni). Si possono eseguire nelle allergie delle tera-pie aspecifi che (sui sintomi): si usano i cro-moni, (impediscono la liberazione di sostanze irritanti dai mastociti), gli antistaminici (che bloccano l’istamina), i cortisonici (che blocca-no il sistema immunitario con più decisione), salbutamolo ed antileucotrienici (usati soprat-tutto nei casi di asma), decongestionanti in compresse o spray; l’ultima novità nella tera-pia delle allergie sono gli anticorpi monoclo-nali anti IgE, che neutralizzano l’effetto degli anticorpi responsabili dell’allergia attaccando-

si ad essi e neutralizzandoli (si tratta di terapie ad alto costo); inoltre per proteggere gli occhi è bene usare un buon paio di occhiali da sole, è vietato grattarsi gli occhi (fa aumentare il pru-rito e potrebbe danneggiare la cornea), colliri antiallergici usati preventivamente nei 15 gior-ni precedenti all’“esplosione” o colliri cortiso-nici in fase acuta potrebbero inoltre aiutare; come ripeto spesso le terapie farmacologiche vanno prescritte dal medico. che ne conosce controindicazioni ed effetti collaterali. La terapia specifi ca viene eseguita dopo le pro-ve allergiche, con l’iniezione sottocute di dosi via via crescenti dell’allergene in questione; le iniezioni si praticano ogni 2-3 giorni (o anche ogni 7-10); nel caso dei pollini sono da esegui-re per tutta la stagione di fi oritura specifi ca; si cerca in questo modo di fare abituare il siste-ma immunitario alla sostanza allergizzante. In diversi casi questa terapia è effi cace per molto tempo; ci sono però anche di scarsa o nulla effi cacia, oltre a casi in cui un individuo allergico ad una sostanza diventa nel tempo allergico ad altre. Ci sono poi alcune cose che si possono fare per ridurre l’esposizione ai pollini: rimanere in casa nelle giornate secche e ventose; è meglio uscire dopo una pioggia che abbia “lavato” l’aria dal polline; evitare lavori di giardinaggio e non stare a contatto con fi ori, alberi, prati, la-vare i vestiti usati all’esterno e sciacquare con una doccia pelle e capelli dai pollini; usare una maschera antipolvere se si lavora all’esterno; non appendere il bucato all’esterno; evitare che animali domestici stiano sul letto o sul divano; controllare su Internet le “previsioni del polline” e chiudere porte e fi nestre se si prevedono elevati livelli di polline, evitare di uscire nelle prime ore del mattino quando i li-velli del polline sono più elevati; usare l’aria condizionata in casa ed in auto, meglio se con fi ltri specifi ci contro l’allergia; usare per le pu-lizie un aspirapolvere con fi ltro HEPA ad alta effi cacia; nel caso d’allergia agli acari è poi utile lavare lenzuola e coperte ad almeno 50°, usare materassi e coperte a prova d’allergia, mantenere ben puliti (o meglio eliminare) i tappeti e le moquette. Caro Alfredo, spero davvero di esserle stato utile ed auguro a lei ed a tutti i lettori una buo-na estate.

Allergie Primavera-EstatePrevisioni del polline

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di Riccardo Bertani

Il MANAS, il massimo poema epico del popolo Kirghizo, prende nome dal suo eroe principale, il mitico Manas, l’intrepido e forte eroe in cui si rifl ette tutta la tenacia, il coraggio e lo spirito di li-

bertà che da sempre hanno caratterizzato questo popolo indomito delle steppe asiatiche.I canti che compongono il Manas sono opera dei cosiddetti MANAS-CY, come venivano chiamati quei poeti, o meglio, cantori analfabeti, che hanno tramandato attraverso i secoli la storia delle mitiche imprese di questo loro eroe nazionale e dei suoi quaranta inseparabili BAATYR, cioè dei suoi leggendari compagni d’armi.La molteplicità dei cantori che si sono susseguiti nel tempo a raccontare le gesta di Manas, ha fatto sì che l’epopea acquistasse un sempre più vasto respiro poetico, ed una sempre più precisa connotazione sia a livello storico che folklorico. Infatti numerose sono le le citazioni che il poema racchiude a riguardo di tradizioni, costumi, storia e cognizioni mediche, fi losofi che, geografi che possedute da questo uomo.L’origine dell’epopea di Manas risale all’VIII-IX secolo, quando anco-ra le tribù kirghize erano stanziate nelle steppe di MINUSINSK, sulle rive dello Enissej, cioè a più di mille anni or sono, quando i Kirghizi sotto la guida del grande JAGLAKAR-CHAR, erano riusciti a respin-gere le scorrerie delle tribù provenienti dalle steppe mongole, intenzio-nate ad invadere le loro terre.Quelli erano anche i tempi in cui i Cinesi, sotto la dinastia TAR (618-907) invasero le terre del TURKESTAN, sottomettendo in tal modo anche le tribù kirghize che vivevano in quel territorio.Ed è in questo periodo che il mitico eroe Manas, abbandonando l’antica concezione sciamanica del suo popolo, abbracciò la nuova fede isla-mica, in nome della quale lottò per ridare libertà e dignità al suo fi ero popolo, accompagnato in ciò dai suoi fi di baatyr BAKAY, CIUBAY, SURGAK e soprattutto da ALMABEI, anche se questi era di origine cinese. Da allora in poi l’epopea del Manas fu sempre più rivolta ad esaltare il trionfo della fede islamica; tale posizione portò ben presto l’epopea ad essere invisa dalla critica sovietica. Infatti l’ Enciclopedia sovietica (vol. V, pag. 898, Mosca, 1959) dedicava al Manas solo poche righe conludendo:”….l’epopea racconta in particolare la grande ascesa dell’ideologia feudale portata tra i Kirghizi dalla fede musulmana”.Tra gli ultimi cantori famosi del Manas vanno citati SAGHYNBAJ ORUZBAKOV, nato nel 1867 (morirà nel 1930) in un villaggio sulla riva meridionale dell’ Issyk-Kol, ed il cui padre era un noto suonatore di KARNAJ (specie di tromba).

I suoi versi trascritti in caratteri arabi da da Ibraim Abdyraham, risulta-no fortemente infl uenzati dal credo islamico.SAIAKBAI KARALAIEV, nato nel 1894 nella regione del lago Issyk Kol, per la sua sensibilità poetica e culturale è sicuramente da conside-rarsi il maggior manascy di tutti i tempi. I suoi canti erano soprattutto rivolti a narrare le vicende che hanno segnato la millenaria storia del suo amato popolo. Karalaiev è morto nel 1971 e le sue diverse com-posizioni dedicate al Manas, trascritte prima in caratteri latini e quindi nell’attuale scrittura cirillica kirghiza, furono in parte pubblicate in due volume nel 1958 dal noto trascrittore Ibraim Abdyrachman.La mitica fi gura di Manas, eroe intrepido equo ed onesto, sempre pronto ad accorrere in aiuto dei più deboli ed indifesi, ha sicuramente un’antica origine sciamanica, confondendosi col prosieguodel tempo con altri personaggi leggendari appartenenti al mondo biblico, greco e islamico.Nei molteplici canti che compongono il Manas troviamo sovente ci-tati arcaismi che denotano qual’era un tempo l’esistenza dei Kirghizi, vedi per esempio l’uso del KOOK, uno strumento di tortura consisten-te in una striscia di pelle di cammello che, inumidita, andava avvolta attorno alla testa di chi si era reso colpevole di un delitto. La fascia, nell’asciugarsi, si restringeva lentamente provocando dolori atroci al malcapitato.Suggestive sono le narrazioni di eventi naturali come la rappresenta-zione metaforica, con lo sparo del gigantesco cannone ABZEL, di un disastroso terremoto. Eccone un parziale esempio che traduco da SA-JAKBAJ KARALAEVDIN VARIANTY, BOJUNCA, Frunze, 1984.

…Abzel, dalla bocca affamata / da settanta lune digiuno / stava là quale immenso masso di ghisa /…../ Ad un tratto, con la bocca / verso occi-dente, il cannone sparò! / Al suo terribile rombo / la gente spaventata / fugge all’impazzata. / Il cielo s’oscura di crepuscolo / quindi scende tetra la notte / un vivido lampo squarcia / l’oscurità ed illumina intorno /………../ L’eco del terribile rombo / si ripercuote potente / sino ai più lontani villaggi. / La terra trema paurosamente: / anche ai sordi s’imper-la / la fronte dalla paura. / Alle madri cadono dalle braccia / i bambini che stringevano al seno./ I paioli si rovesciano / spegnendoli focolare, / si imbizzarriscono i cavalli / girando furiosi attorno / al palo cui erano legati. / S’agitano inquieti i cammelli,/ starnazzano le oche nei cortili / frullano via gli uccelli dai nidi / guaiscono i cani alla catena. / Tale era lo sconquasso provocato / dal terribile sparo di Abzel.

Donna della minoranza fuggita in Uzbekistan per sottrarsi al massacro.

Nel manas la storia intima dei KIRGHISIKIRGHISINella repubblica ex sovietica di Kirghisia c’è stato, all’inizio di questa primavera, un sanguinoso colpo di stato (rapidamente scomparso dalle prime pagine dei giornali) che ha rovesciato Kurman Bakyiev e portato al potere un governo provvisorio guidato da Roza Otunbayeva, molto vicina agli USA, che Roza stessa ha subito voluto rassicurare circa il mantenimento sul territorio kirghiso della loro base militare di Manas. Nome fatidico, quello di Manas,che è anche il titolo del mas-simo poema epico del popolo kirghiso.Su tale poema, e sulle più profonde radici religiose e culturali dei kirghisi, ci informa con la consueta competenza il nostro Riccardo Bertani, che già su queste pagine (“Notiziario”, n. 5-6, 2005) pubblicò l’articolo Detti e proverbi kirghisi. (A metà giugno sono riesplosi in modo drammatico gli scontri etnici, provocando centinaia di morti e centinaia di migliaia di per-sone in fuga dal massacro verso il confi ne uzbeko).

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Martedì 22 giugno sono state coperte le svastiche e croci celtiche comparse sui muri del cimitero di Rivalta. Non a caso è stato scelto la prossimità dell’anniversario della strage della Bettola (comune di Vezzano s/C) (23 giugno, vedi articolo) per sottolineare il signifi cato di questi simboli e il motivo per cui devono essere ripudiati. Oltre ai cittadini di Rivalta, erano presenti: Gianni Prati, presidente della circoscrizione, Gian Luca Chierici, pre-sidente del Consiglio provinciale, Nicoletta Montecchi, vice sindaco di Vezzano; Roberto Ferrari, segretario pro-vinciale del Pd, Giacomo Notari, presidente provinciale dell’ANPI, Fiorella Ferrarini, vice presidente provinciale dell’ANPI; Nando Rinaldi, Massimo Storchi, Alessandra Fontanesi, Matthias Durchfeld di Istoreco.

Cimitero di RivaltaCimitero di Rivalta

Gianni Prati e Nando Rinaldi

memoria

Ricordati i 32 martiri della BettolaRicordati i 32 martiri della BettolaSono state commemorate, il 23 giugno scorso, alla Bet-tola di Vezzano s/C le 32 vittime innocenti della strage tedesca del giugno 1944. Dopo la messa, il corteo ha de-posto una corona di fi ori ai piedi della monumento che ricorda la strage di 66 anni fa.Oltre al sindaco di Vezzano Mauro Bigi erano presenti i rappresentanti dei comuni di Albinea, Quattro Castella, Scandiano, Casina, della Provincia, il capitano dei carabinieri Mario Amoroso, con il maresciallo Fiore di Vezza-no, Matthias Durchfeld di Istoreco, e Liana Del Monte (vedi foto) superstite di quella tragica notte.Il fi sarmonicista Lorenzo Munari ha accompagnato la cerimonia.

Cancellati i simboli del nazismo

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Villa Calvi, Villa Rossi, Villa VianiSi trovarono al Comando Unico; per il Co-mando alleato: Mc Ginty – Mc Farran – cap. Lees per il Comando generale CVL: Didi-mo Ferrari / Mirco Cocconi / Col. Berti per la 26a Brigate Garibaldi: Luigi Montermini – Comandante Gianni Farri – Vice Coman-dante. Venne deciso: Capo missione Mc Farran, Villa Rossi Cap Lees, Villa Calvi Gianni Farri, Villa Viani e blocco strada Botteghe cap. Pogorov o Tarassov (non ricordo).Vennero discusse le situazioni belliche e il piano di avvicinamento e combattimento.Emersero anche due situazioni particolari: 1 - gestione feriti; 2 - uso arma bianca.

Sul punto 1 Montermini propose l’apporto di un reparto sanitario attrezzato per cura e trasporto feri-ti. Prevalse la tesi inglese secondo la quale i feriti dovevano essere lasciati sul posto, in quanto in questo tipo di missione importan-te era l’azione militare e subito dopo evi-tare accerchiamenti; l’ordine era di tenere segreta la cosa. Montermini obiettò che gli inglesi avevano la Convenzione di Ginevra, i Garibaldini no. Mc Farran, Lees e Farri ubbidirono. Mon-termini si raccomandò poi con Farri di non fare pazzie e di riportare tutti a casa salvi.

Sul punto 2Montermini fece presente che avrebbe scel-to gli uomini migliori della 26a, ma che Garibaldini adatti ad usare pugnali non ne aveva; anche per coinvolgere altre forma-zioni partigiane per questa importante mis-sione vennero aggregati quattro garibaldini coraggiosi della 145a comandati da Antonio Mattioli. (Ho conosciuto Luigi Montermini; è stato un grande comandante partigiano).Successivamente, la spedizione partì ed era composta da: Mc Farran Capo missione, 10 inglesi, Cap. Lees su Villa Rossi; 10 “Gufi

neri”, Glauco Monducci su Villa Rossi; 20 Garibaldini 26a, Gianni Farri su Villa Cal-vi; 4 Garibaldini 145a, Antonio Mattioli su Villa Calvi; 10 inglesi, ten. Harvey su Villa Calvi; 50 “Battaglione alleato” russi, cap. Pogorov o Tarassov su Villa Viani e blocco strada Botteghe.Il comando operazione era: su Villa Rossi del Cap Lees, su Villa Calvi di Gianni Farri, su Villa Viani del cap. Pogorov o Tarassov.Marcia di avvicinamento su due colonne.

Io so gli avvenimenti di Villa CalviCi furono dei problemi nell’eliminazio-ne delle sentinelle; la villa era circondata; l’ordine già dato da Farri era quello di usare mitragliatori ad alzo zero sulle fi nestre ai piani inferiori e bazooka e mitra sul piano superiore; due inglesi girarono per i lati del-la villa usando i bazooka; un inglese con la cornamusa accostato ad un albero suonava in continuazione fi no a che una pallottola di rimbalzo non forò lo strumento musicale.Harvey e altri inglesi dopo colpo bazooka entrarono nella villa bruciando e sparando; Mattioli e la 145a strisciarono verso le fi ne-stre di un lato della villa; dovette lo stes-so Gianni Farri con il suo vice Athos (è di Sant’Ilario) andare a riprenderli perché l’or-dine era quello di sparare alle fi nestre e il mitragliatore ad alzo zero su quel lato non aveva il campo di tiro libero. Su un lato del-la villa ci fu un tentativo di sortita tedesca con troppi morti.Insomma gran “casino”, sangue, morti, tra-gedia della guerra, cose da tenere per sé con umiltà e da non raccontare.Bravi i Garibaldini, disse sempre Gianni Farri; tutti bravi; li propose tutti per deco-razione militare; alcuni indisciplinati ma erano ragazzi molto giovani. Anche di lì a pochi giorni nel contrattacco di Ca’ Mara-stoni Monte della Castagna i distaccamenti garibaldini della 26a si batterono benissimo con una grande vittoria tanto che Farri pro-

pose anche in quella occasione numerose decorazioni.A un certo punto un razzo segna la fi ne del combattimento.Punto di raccolta da Mc Farran dietro Vil-la Calvi. Ordine di sganciamento veloce di corsa; arrivano due scale a pioli con sopra due feriti; Lees e Monducci; con i feriti su pesanti scale e con Lees che pesa molto è impossibile eseguire l’ordine; Gianni Farri è titubante, tiene fermi i Garibaldini, parla con Polvere (Luciano Vecchi); Polvere è di Villa Canali, conosce la zona, dice che se vanno lungo la vallata, sopra Villa Rivaltel-la ci sono due case coloniche isolate verso Canali (credo case Bergomi e Torelli); si va incontro ai rinforzi tedeschi che possono arrivare da Rivalta e Reggio, ma è diffi ci-le immaginare che chi scappa vada verso il nemico.Farri dice a Mattioli di andare di corsa verso i fuggitivi ad avvisarli che i garibaldini non abbandonino i feriti; si sganceranno non ap-pena possibile.Furono coraggiosi i contadini quando si videro arrivare i garibaldini armati fi no ai denti e due feriti (credo famiglia Vaccari).I feriti sono messi male. Gianni Farri cono-sce una crocerossina Elide Zanti, uscita dal Convitto Principessa di Piemonte di Bolo-gna nel ’43, assunta come assistente sanita-ria in Comune a Reggio nello stesso anno. La famiglia è sfollata a Gavasseto dove è sfollata anche la famiglia di Farri. È fami-glia antifascista. Gianni Farri sente in cuor suo che si può fi dare.Polvere va a Canali, da Canali con un GAP va alla chiesa di San Pellegrino. Un al-tro GAP va a Reggio a Porta Castello; va a casa della maestra Bastianini; la maestra Bastianini va in via Farini e suona al cam-panello dell’Elide Zanti che vive lì con la sorella Adriana (porta di fronte alla sede at-tuale dell’ANPI). Il messaggio che tutti si sono passati verbalmente è: “Elide, la vuole Gianni in un posto vicino a Reggio per cu-rare dei feriti, se disponibile venga subito”.

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa ricostruzione dell’assalto di Villa Rossi e Villa Calvi del 26-27 marzo 1945. Ne è autore il dott. Antonio Farri, fi glio di Gianni, che nella battaglia ebbe un importante ruolo alla testa dei garibaldini della 26ª bgt, e di Elide Zanti, a sua volta partigiana e che ebbe un ruolo nelle medesime drammatiche circostanze.

QUELLA NOTTE DI MAR

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La sorella Adriana non vuole; Elide pren-de la bicicletta e segue la Bastianini; vanno all’ospedale; sono le 5 del mattino, la Zanti va al pronto soccorso, c’è il dott. Paolo For-naciari, dice che ha bisogno di medicinali di pronto intervento per curare ferite; For-naciari ha sentito spari e visto lampi nella notte, capisce; arriva il dott. Bossi, anche lui di turno; fanno letteralmente pari o dispari per seguire la Zanti e la Bastianini; vince Bossi.Tre biciclette in fi la Bastianini, Zanti con pronto soccorso nella borsa, Bossi; all’in-crocio del ponte di San Pellegrino, verso la Chiesa di San Pellegrino ci sono due fasci-sti con giaccone nero e biciclette e pistola bene in vista; la Bastianini passa, fermano la Zanti; dice che va a curare un contadino feritosi lavorando nei campi e che è il cugi-no della signora appena passata; la lasciano andare e dopo un po’ un fascista si accoda. In fi la indiana ed a intervalli su via Tassoni Bastianini, Zanti, fascista, Bossi; via Tas-soni è deserta, silenzio spettrale. A un certo punto la Zanti con il cuore in gola più morta che viva per la paura svolta a sinistra dentro il cortile di una casa colonica prima di Ca-nali (è quella ancora esistente abbandonata a sinistra, dove fi no a vent’anni fa c’era una carrozzeria); suona il campanello, aprono la porta, chiede una pompa per gonfi are una ruota della bicicletta; davanti a due incredu-li contadini gonfi a sgonfi a e rigonfi a la ruota e con la coda dell’occhio guarda il fascista che si è fermato con la bicicletta al bordo della strada. Finalmente il fascista torna in-dietro ed incrocia Bossi che nel frattempo si era nascosto dietro un cespuglio. “Andava come un fulmine e secondo me aveva pau-ra”, raccontò Bossi, anche perché apparvero lungo via Tassoni tre ragazzi in bicicletta che pedalavano tranquillamente (Polvere raccontò poi che erano GAP anche loro).La Resistenza reggiana aveva organizzato una fi tta rete di tutela intorno a Botteghe composta dai Gruppi di azione Patriottica. Questa e’ stata la Resistenza .

Bastianini incontra Polvere che aspettava all’angolo via Tassoni con l’attuale via Tol-stoj; vanno tutti su per la campagna e arriva-no alle due case coloniche, va loro incontro il garibaldino (? non è un gappista) Fiorello che li conduce nella casa dove ci sono i feri-ti; i garibaldini sono armati fi no ai denti as-serragliati nell’altra casa. Vengono soccorsi i feriti, ferite multiple, Monducci dice chi è e dove abitano i suoi parenti. Farri dice alla Zanti di mandare nel pomeriggio sua sorella Noemi e di tornare la sera; al pomeriggio ar-riva la sorella Noemi con il dott. Chiesi che cambia i medicamenti; alla sera arriva la Zanti con Bruto ed Elio Monducci, padre e fratello; nel frattempo il dott. Fornaciari ha portato in Comune un certifi cato di assenza per malattia della Zanti. I feriti sono stati medicati; non stanno bene ma sono fuori pericolo anche se doloranti; nel pomeriggio arriva anche un camion carico di tedeschi che perlustra la zona adiacente le case co-loniche; i garibaldini hanno sempre ritenuto che al perlustrazione non fosse troppo con-vinta, in quanto ci misero ben poco a risalire sul camion e ad andare via. E’ la notte seguente; i garibaldini se ne de-vono andare, è troppo pericoloso rimanere lì, fi nora è andata bene, sono stati fortunati, i feriti sono salvi; si sganciano dalla zona; tornano in montagna, purtroppo sono morti tre inglesi e troppi tedeschi.La Zanti torna in via Farini; la mattina se-guente suona il campanello Bruto Monduc-ci e le dice che stanno cercando una ragazza bionda, vestita di nero con una bicicletta color grigio e di stare chiusa in casa; dopo un po’ torna e le dice di andare dal parruc-chiere Cimurri; la Zanti va dal parrucchiere vestita di chiaro e con un foulard in testa (credo in via Berta). Cimurri: “la tingo di nero, è gratis, non dica niente”; quando fi ni-sce di tingerle i capelli entrambi si mettono a piangere.Il 25 aprile, Gianni Farri porta la 26a a Reg-gio (Montermini è ferito agli occhi ed è an-cora in infermeria in montagna). Verso sera

va in via Farini a trovare l’Elide Zanti. Si sono dati il primo bacio della loro vita.Questa è la storia dei fatti; ci sono tanti ra-gazzi e ragazze della città, della campagna e della montagna, poco più che ventenni, che senza montarsi la testa, senza considerarsi dei Rambo o dei Tex Willer, hanno in mo-menti eccezionali della loro vita compiuto cose… inconsuete con modestia, coraggio, determinazione.

Antonio Farri

Mike Lees e Glauco Monducci “Gordon” (a sin.) sul carro adibito al trasporto di bestiame con il quale, feriti, nascosti sotto uno strato di fi eno, fu-rono trasferiti dalla casa colonica di Villa Canali a quella di Rivalta (la foto è del marzo 1946)

memoria

DI ALBINEA...DI ALBINEA...QUELLA NOTTE DI MARZO A BOTTEGHE RZO A BOTTEGHE

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NADIANADIAL’immagine di

memoria

Il 1° aprile u.s., nel luogo che fu teatro del combattimento ricor-dato come “Pasqua di sangue” del 1° aprile 1945, e all’interno della cappella ivi inaugurata il 12 settembre 1971 in memoria dei caduti partigiani della 284a bgt Fiamme Verdi “Italo”, è stata scoperta (presente l’Autore Vai-ner Marconi) l’opera in bronzo raffi gurante la partigiana della 26a bgt Garibaldi Valentina Gui-detti, Nadia, trucidata dai nazisti a colpi di pugnale in quel dram-matico giorno. Dopo un saluto del Sindaco di Toano, Michele Lombardi, e del presidente dell’ALPI-APC Da-nilo Morini, ha svolto l’orazione uffi ciale la senatrice Albertina Soliani.Studenti delle scuole medie di Toano hanno letto loro testi ela-

borati simulando un dialogo fra i cippi, che sorgono numerosi nel Toanese, “per ricostruire le vicende legate alla Resistenza in un modo più nostro, colorato da battute anche dialettali”, come ha scritto Alessia, una delle stu-dentesse protagoniste (Resto del Carlino, 04.06.10).

In alto: L’immagine di Valentina Gui-detti, Nadia, nel bassorilievo in bronzo opera dell’artista Vainer Marconi(foto di Vainer Marconi)Al centro: Gli allievi della scuola me-dia di Toano leggono i loro elaboratiIn basso: La sen. Albertina Soliani al microfono. In primo piano Giacomo Notari. Fra i due il Sindaco di Toano, Lombardi

NEL SACRARIO

DEL MONTE DELLA

CASTAGNA, TOANO

1° APRILE 1945 PASQUA DI SANGUE1° APRILE 1945 PASQUA DI SANGUE

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NADIA

memoria

Come consuetudine da ormai quasi dieci anni, ci siamo ritrovati il 25 aprile a Canossa, sulla strada che porta a Cerredolo Dei Coppi, di fronte a Villa Marconi, per fe-steggiare la Liberazione e ricorda-re i partigiani caduti in quel luogo il 23 marzo 1945. Si chiamavano Dante Ficarelli Ciapaief, Dante Prandi Rameris e Rolando lotti Remo di Roncocesi; avevano poco più di vent'anni e lottavano per un mondo migliore. Erano di guardia a protezione di una riunione che aveva avuto luo-go durante la notte all’interno di Villa Marconi. All'alba, in seguito probabilmente alla delazione di una spia, arrivarono i tedeschi, che aprirono il fuoco contro i par-tigiani, uccidendoli. I nazisti non circondarono la villa e coloro che si trovarono all’interno potero-no salvarsi, fuggendo dalla parte opposta, essendo militarmente impossibile sostenere uno scontro per la disparità di uomini e arma-menti, e soprattutto perché erano stati colti di sorpresa. I corpi dei caduti vennero sepolti

dentro a dei sacchi, in una fossa comune nel cimitero di Canossa dal parroco della frazione e ri-esumati pochi giorni dopo la Liberazione per riposare nei luo-ghi di origine. Alla celebrazione erano presenti il sig. Cavandoli, vice sindaco di Canossa, l’ANPI di Roncocesi, i nipoti di Remo, Amos Codeluppi Neo e i famigliari di Ivo Guidetti Fermo, deceduto nel 2006, autore del magistrale restauro del cippo che ricorda quei tragici fatti. Siamo orgogliosi del nostro passa-to, e non vogliamo dimenticarlo, oggi più che mai in un momento così diffi cile per il nostro Paese, con rischi tangibili di una svolta autoritaria peraltro già in atto me-diante uno stillicidio martellante e quotidiano di azioni che mettono a rischio libertà e democrazia. A tutte le partigiane e ì partigia-ni, va la nostra gratitudine per la grande lezione che ci hanno sapu-to dare, e per il patrimonio ideale di valori che ci lasceranno.

Vando Fontanesi

PER NON DIMENTICARE: PER NON DIMENTICARE:

Nella foto: Anna Salsi, Gianni Prati e don Giansoldati, parroco di Rivalta

Il 18 aprile u.s. a Ghiarda di Villa Rivalta sono stati ri-cordati i sei caduti in zona alla vigilia della Liberazione, il 23 aprile 1945. La cerimonia si è svolta davanti al cippo che ne reca i nomi: Dante Beltrami, Livio Francia, Mario Garavaldi, Gino Gambini, Giuseppe Labellarte, Orlando Strozzi.Dopo la benedizione del cippo ed il saluto del presidente della Circoscrizione Sud, Gianni Prati, ha tenuto l’ora-zione uffi ciale, a nome dell’ANPI e dell’ALPI-APC, Anna Salsi, che ha sottolineato come i partigiani com-battenti abbiano dovuto, in quella dura fase della nostra storia, prendere le armi non per una qualche vocazione guerrigliera ma per affrettare la fi ne di una guerra scate-nata dal fascismo e favorire l’avvento di un’era di pace e la conquista della democrazia.

PER I 6 CADUTI DI GHIARDAPER I 6 CADUTI DI GHIARDA

CANOSSAIN RlCORDO DI CIAPAIEF, RAMERlS E REMO

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“Oggi c’è di nuovo bisogno di

organizzarsi per una nuova Resist-

enza, mentre Berlusconi si è insediato in

Parlamento da padrone”. Così ha esordito Giacomo

Notari domenica 13 giugno, aprendo la manifestazione

commemorativa della battaglia del 10 giugno ’44 al passo dello

Sparavalle, dedicata anche al ricordo dei cugini Marino ed Ennio

Giglioli e Giulio Canedoli, i tre giovani partigiani caduti negli scontri

con reparti fascisti e tedeschi.

“Oggi c’è di nuovo bisogno di organizzarsi per una nuova Resistenza, mentre Berlusconi si è insediato in Parlamento da padrone”. Così ha esordito Giacomo Notari domenica 13 giugno, aprendo la manifestazione commemorativa della battaglia del 10 giugno ’44 al passo dello Sparavalle, dedi-cata anche al ricordo dei cugi-ni Marino ed Ennio Giglioli e Giulio Canedoli, i tre giovani partigiani caduti negli scontri con reparti fascisti e tedeschi.Il sindaco di Castelnovo Monti, Gianluca Marconi, ha a sua volta affermato che oggi vivia-mo in una situazione che ren-de necessario il richiamo alla Resistenza. “Berlusconi ha qua-lifi cato, con intento spregiativo, la Costituzione come cattoco-munista. Ma proprio cattolici e comunisti, così come socialisti e liberali, erano quei giovani che dal ’43 al 1945 si sono battuti e sono morti per la nostra libertà e per la democrazia”.La consigliera regionale Roberta

Mori, oratrice uffi ciale, ha esor-dito affermando che “il passato si fa presente. L’orgoglio di un popolo che allora seppe reagi-re, è ancora oggi necessario . Le conquiste democratiche non sono scontate. Corrono il rischio ricorrente di soccombere”.Il vice sindaco di Ligonchio Giovanni Bargiacchi ha infi ne ribadito che oggi “diverso è il contesto ma c’è ancora necessità di lottare”. Particolarmente toc-canti i testi letti in conclusione dagli allievi delle scuole medie di Felina, elaborati sulla base di testimonianze, come quella del-la partigiana Giacomina (“Non lasciamoci più ingannare”), ascoltate in classe, o raccolte intervistando i nonni. Compresi “nonna Clara e nonno Nunzio”, affettuosamente citati da un ra-gazzo indiano fi glio adottivo di una famiglia del posto, che al nipote hanno raccontato di quando “accoglievano in casa i partigiani correndo gravi ri-schi”. (a.z.)

memoria COMMEMORANDO COMMEMORANDO LA BATTAGLIA DI SPARAVALLELA BATTAGLIA DI SPARAVALLE

Roberta Mori: “L’orgoglio di un popolo che allora seppe reagire è ancora oggi necessario”

Da sinistra: Giacomo Notari, Roberta Mori, la prof.ssa Lucia Mancini e alcuni dei suoi allievi delle scuole medie di Felina mentre leggono i loro elaborati, il sindaco di Castelnovo Monti Gianluca Marconi

Omaggio fl oreale al cippo che reca i nomi dei cugini Gilioli e Giulio Ca-nedoli, caduti il 10.06.’44 ed agli altri sedici partigiani che, come recita l’epigrafe “in questa zona di battaglie/nel corso della guerra di liberazio-ne 43-45/contrastando il passo all’oppressore nazifascista /caddero perl la libertà e la giustizia sociale

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l’opinione

Lo strumento attraverso il quale si espleta questo importante servizio, è una convenzione che prevede i

compiti e le modalità di svolgimento del lavoro previsto. Questo incarico risulta da ormai troppo tempo defi citario dal punto di vista economico, perché il valore di tale accordo copre parzialmente i costi. Da quest’anno il valore della convenzio-ne risulta ulteriormente decurtato, aggra-vando il passivo della preziosa attività documentale che la nostra città non può mai pensare di azzerare per mantenere, seppur con fatica, la validità delle nostre radici storiche e di conciliare, in ogni momento, lo sviluppo e l’orientamento politico della contemporaneità. Inoltre il rinnovo dell’accordo in essere fatto seme-stralmente, produce una situazione di oc-casionalità e di improvvisazione, tale per cui non è possibile alcuna pianifi cazione delle prospettive future di programma di lavoro.Comprendiamo la situazione contingente in cui il Governo ha obbligato i Comu-ni a produrre una stretta fi nanziaria, ma i valori, gli ideali, i programmi e la demo-crazia, requisiti che devono accompagna-re quotidianamente gli atti e le iniziative politiche della nostra amministrazione, sono una priorità di carattere politico e culturale, patrimonio di tutti i cittadini. Non c’è solo la fotografi a o la notte bian-ca, non ci si deve mai permettere di reci-dere il cordone ombelicale che ci collega con la cultura della Costituzione. Quindi

si stipuli una convenzione reale che per-metta di svolgere un servizio qualifi cato con capacità programmatoria, conside-rando che se il Comune al suo interno con la stretta ha tagliato i servizi e non il suo personale, tale principio deve valere anche per Istoreco. Tanto più che il mer-cato della cultura a Reggio e ben lontano dal raggiungere i livelli di remunerazio-ne media del normale mercato del lavoro produttivo! Vi sono giovani e meno gio-vani che hanno fatto la scelta di esprimer-si nel settore culturale e che conducono una vita da fame!!! Non dobbiamo per-mettere che si rompa questo importantis-simo equilibrio che riserva anche grandi soddisfazioni personali, riconoscimenti e gratifi cazioni sociali.Da alcuni anni Istoreco organizza con grandissimo successo e signifi cato pe-dagogico per i giovani ed i ragazzi nelle scuole, i viaggi della memoria, utilizzan-do un volontariato di alto livello culturale da parte di insegnanti e accompagnatori che si prestano a dare una mano. Sono ormai circa 800 i giovani che ogni anno vanno sui campi di concentramento per conoscere dal vivo un pezzo di storia e comprendono che l’orrore della deporta-zione è una barriera invalicabile a baluar-do di eventuali velleità che ogni giorno possono rinascere collateralmente al ne-gazionismo e alle trasformazioni del con-testo autoritario che lo ha permesso. La suggestione che accompagna certe mode verso il contrasto al diverso e verso la

prevaricazione di un popolo su di un al-tro, può portare ad abbracciare teorie che frappongono barriere, stimolano la caccia al nemico e arringano gli istinti più emo-tivi alla rabbia e all’aggressività. Ebbene, il Comune quest’anno ha tagliato per la prima volta quel piccolo contributo per i viaggi della memoria da sempre riservato a Istoreco. Non voglio pensare che que-sto atteggiamento dell’Assessorato alla Cultura di Reggio Emilia intenda recidere di netto una prassi che tutte le Ammini-strazioni, dalla Resistenza ad oggi, hanno sempre riconosciuto come una priorità politica. Non può essere una scelta politi-ca, altrimenti sarebbe un gesto gravissimo di svolta conservatrice del nostro Comu-ne. Si rischia di creare un black out verso i giovani e le scuole. Il ns. compito è di traghettare i valori, la democrazia, la giu-stizia e frapporre i baluardi al qualunqui-smo e alla dissipazione morale.Il Comune rappresenta i cittadini, la loro storia, l’orientamento politico e sociale dei giovani che non devono dimenticare il patrimonio culturale della nostra di-scendenza.La problematica trattata rappresenta una questione politica ed il signifi cato dell’essere di Istoreco: s’invitino il Sin-daco Graziano Delrio e l’Assessore alla Cultura Catellani ad un confronto sull’at-tività e sul valore della ricerca storica di Istoreco.

Anna Salsi

NON NON LETTERA APERTA AL COMUNE DI REGGIO EMILIA

L’Istituto per la Storia della Resistenza

e della Società Contemporanea

svolge un servizio ai cittadini, per

conto del Comune di Reggio Emilia,

nella gestione del Polo Archivistico,

importante risorsa documentale del nostro territorio.

SOSPENDERE SOSPENDERE IL SOSTEGNO IL SOSTEGNO A ISTORECO!A ISTORECO!

Giovanni Catellani

41giugno-luglio 2010

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lutti

RENZO BONAZZI27/01/1925-1°/04/2010

Alessandro Carri: “Rifl ettendoci oggi non si può dire che in Renzo Bonazzi non sia mai venuta meno la coerenza di appartenenza al partito della sinistra, pur esprimendo con forza le sue idee spesso in contrasto con le formazioni politiche che si sono avvicendate, dal PCI al PDS, al DS e al PD, nella ricerca di una intesa, sempre più convinta, tra le forze di orientamento marxista e cattolico...”.

Il 25 Aprile mi sono incontrato con Niveo Grossi in piazza Cavour. Era tanto che non ci vedevamo ed è stata subito festa con reciproci complimenti sulla nostra sopravvivenza nonostante l’età che ineso-rabilmente avanza. Com’era naturale che fosse abbiamo ricordato il passato e quei momenti che avemmo modo di trascorre-re insieme. Niveo Grossi ha qualche anno più di me e fu uno dei più valorosi capi partigiani. Nel dopoguerra si dedicò alla costruzione del PCI a Reggio Emilia e divenne segretario della sezione del cen-tro storico a Porta Castello. Una sezione prestigiosa, soprattutto perché tra i suoi iscritti annoverava tanti intellettuali gio-vani, fi gli della buona borghesia locale. Fra questi Renzo Bonazzi al quale Niveo era particolarmente affezionato e del qua-le era fi ero tanto è vero che lo propose per importanti responsabilità politiche e per il Consiglio comunale già nel 1954 e poi come assessore. Nel 1960, con le nuove elezioni amministrative pensò a lui come nuovo Sindaco della città. Io, come se-gretario provinciale della FGCI, apprez-zai quella proposta che, fermo restando il prestigio del Sindaco in carica, Cesare Campioli, si muoveva nel segno del rin-

novamento, della promozione di nuovi quadri giovanili. Lo scontro fu tuttavia duro nella federazione provinciale del PCI di allora, tanto è vero che la proposta passò in modo risicato: tanto risicato che si pensò bene di consultare la Direzione nazionale del PCI prima di decidere.Così, anch’io, con Niveo Grossi, il segre-tario di allora Remo Salati e altri ci re-cammo a Roma e fummo fatti accomoda-re nella stanza di Palmiro Togliatti, che ci attendeva alla sua scrivania con un tavolo appoggiato intorno al quale ci accomo-dammo. “Allora – disse Togliatti – cosa avete da dire?”. Cominciò Salati esponen-do il problema della ipotesi della sostitu-zione di Campioli con il giovane Renzo Bonazzi e poi seguirono gli interventi di tutti a sostegno della proposta. Togliatti ci lasciò parlare piuttosto distrattamente e alla fi ne domandò: “Ma Campioli non era in piazza il 7 Luglio a sfi dare la po-lizia e per pacifi care gli animi?”. Tutti rimanemmo ammutoliti e l’incontro non ebbe alcun seguito, rinviando, come si disse, l’avvicendamento ad un momento successivo.Renzo Bonazzi comprese bene le ragioni di questa decisione e non vi si oppose. Di-ligentemente continuò a fare l’assessore fi no al 1962 quando in effetti “maturaro-no le condizioni”, con il consenso di tutti, della sua proposta di elezione a Sindaco e alla quale contribuii anche io come consi-gliere comunale.Renzo era cresciuto alla scuola del parti-to e sapeva bene in quegli anni che non c’erano pregiudiziali ostacoli al suo rin-novamento pur sempre nella continuità e con la più ampia condivisione. Era ferma-mente convinto di agire con il Partito e per il Partito. Fin dal 1950 partecipai con lui in Corso Cairoli ad una scuola di par-tito di due mesi, diretta da Remo Polizzi. Io mi ero da poco diplomato e Renzo già laureato, aveva iniziato a fare l’avvocato. Fra i partecipanti (per lo più lavoratori e partigiani prestigiosi) non c’erano altri di-plomati e laureati e la maggior parte dei partecipanti al corso possedeva solo la quinta elementare. Renzo per i suoi stu-di e la sua cultura era guardato con am-mirazione, ma non dava alcun segno di superiorità, piegandosi sui testi sacri del marxismo come tutti gli altri e, come tutti gli altri, confrontandosi, partendo dalle esperienze concrete di lavoro e di studio che aveva avuto modo di fare. In quella scuola ricordo bene come si facesse ricor-

so all’uso della pubblica autocritica che consisteva nell’esporre la propria storia rilevandone pregi e difetti e sottoponen-dosi poi al giudizio collettivo (si trattava di una pratica mediata dall’uso che se ne faceva anche nei seminari per la for-mazione dei sacerdoti). Era tuttavia una forma che veniva esercitata contro ogni forma di espressione individualistica e di esaltazione della personalità dei singoli che spesso mortifi cava chi la subiva. Ma allora vi era la convinzione che potesse favorire l’esaltazione dello spirito di ser-vizio collettivo per la causa unitaria del Partito.Quando toccò anche a me Renzo compre-se che la mia, e ancora più la sua forma-zione, si prestava alla dura riprovazione dei compagni e intervenne in modo riso-luto in mia difesa sostenendo la necessità dell’agire collettivo, senza mortifi care le particolarità dei singoli e la loro individua-lità. Come è ben noto, una combinazione non facile da realizzare, che si è posta e riproposta spesso, nel corso degli anni, e che tuttora è oggetto di attenta rifl essione nei partiti, come soggetti collettivi che si propongono di aumentare e non soffocare le libertà e il pensiero individuale e della quale abbiamo avuto modo di discutere più volte, nei momenti diffi cili, di trasfor-mazione della forma-partito dal 1989. Rifl ettendoci oggi non si può dire che in Renzo Bonazzi non sia mai venuta meno la coerenza di appartenenza al partito della sinistra, pur esprimendo con forza le sue idee spesso in contrasto con le for-mazioni politiche che si sono avvicenda-te, dal PCI al PDS, al DS e al PD, nella ricerca di una intesa, sempre più convin-ta, tra le forze di orientamento marxista e cattolico. Renzo lo ha fatto sempre con attenta rifl essione e spirito critico (forse più di sinistra), ma con la preoccupazione di mantenere il collegamento con forze culturali e intellettuali di più portate ad avere dubbi e perplessità sulle scelte da compiere.Con Renzo Bonazzi è venuto meno quin-di uno dei più straordinari uomini politici locali che nella sua modestia sapeva rac-cordare l’anima popolare con quella degli intellettuali in una unitarietà di intenti che non era certo manichea, ma di coesisten-za dei principi fra di loro apparentemente, ma solo apparentemente, opposti.

Alessandro Carri

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lutti

RENATO TIRELLI08/02/1918-11/05/2010

Per ricordare il partigiano Renato Tirelli, scomparso l’11 maggio scorso, le nipoti Daniela e Simonetta Caleffi e la sezione ANPI di Poviglio sottoscrivono pro

Notiziario.

Se ne è andato, l’11 maggio scorso, Re-nato Tirelli, già presidente dell’ANPI di Poviglio. Partigiano, classe 1918, di fa-miglia antifascista, fi glio di agricoltori, e agricoltore lui stesso, fu coinvolto nella lotta di Resistenza dal suo caro amico Plinio Torelli, operando nella 77a Brigata SAP, dall’agosto del 1944 fi no alla Libe-razione. Aveva aderito alla lotta partigiana con en-tusiasmo. “Di giorno lavoravo alla TODT e questo mi permetteva di non vivere in clandestinità e di muovermi di notte sen-za dare troppo nell’occhio...” e, sorriden-do, cominciava a raccontare. Aveva una straordinaria capacità di narrazione. Con i suoi racconti, rigorosamente in dia-letto, estremamente precisi e dettagliati, era capace di commuovere chi lo ascol-tava, e lui stesso si commuoveva quando ricordava la morte, alla vigilia della Li-berazione, del suo amico fraterno Plinio Torelli.“Di Plinio – ha detto Sindaco Codeluppi, presidente dell’ANPI povigliese, nel cor-so dell’orazione –avevi un forte ricordo, una stima smisurata e tanta riconoscenza, perché nel periodo più diffi cile del seco-lo scorso, nel periodo della guerra voluta dal fascismo sei stato reclutato da Plinio tra i primi partigiani povigliesi e tra i pri-

mi iscritti al partito comunista. Di queste scelte sei sempre stato orgoglioso: eri stato chiamato a fare la guerra, tu che sei sempre stato un uomo di pace, per questo sei sempre stato fi ero di aver combattu-to il fascismo”. Codeluppi ha proseguito affermando che “durante il ventennio fa-scista, con la guerra voluta da Mussolini, questo Paese era ridotto male, chi non aveva la terra era ridotto alla fame, ma chi bussava alla porta dei Tirelli non ha mai bussato invano: un carniere di farina per il pane e la polenta c’era sempre. Ma il tuo impegno per una società più giusta non è fi nito lì. Per oltre mezzo secolo sei stato impegnato nelle organizzazioni de-mocratiche dando un prezioso contributo perché quei valori per cui avete combat-tuto e che avete conquistato non andasse-ro perduti...”.Tutta la comunità povigliese (e non solo) ha voluto salutare Renato Tirelli: chi col pugno chiuso (“come facevate voi Gari-baldini”) e chi col segno della croce. Il Sindaco, le sezioni ANPI dei comuni li-mitrofi , i dirigenti del PD ma soprattutto tanta gente, e tanti giovani, tutti a rendere omaggio ad un uomo semplice, coerente e coraggioso, fi ero dei suoi ideali antifa-scisti ed orgoglioso delle sue scelte, “un uomo di pace chiamato a fare la guerra, che ha saputo essere l’amico di tutti” come lo ha ricordato Sidraco Codeluppi. “Dopo un raccolto ne viene un altro” le parole di Alcide Cervi in cui Tirelli crede-va fortemente, e con le sue preziose me-morie ha passato un testimone importante ai giovani. Mancherà alla sua famiglia, e mancherà a noi, Renato, amabilmente iro-nico e gentile nei modi e nell’animo.

Anna Fava

“O ragazza dalle guance di pesca...”Un ricordo di Maddalena Iovene 14/07/1972-13/06/2010

“O ragazza dalle guance di pesca./ O ragazza dalle guance d’aurora / io

spero che a narrarti riesca /la mia vita all’età che tu hai ora...

Ecco cosa abbiamo pensato mentre i versi di Calvino risuonavano al ritmo dei Mo-dena City Ramblers e ci guardavamo in-torno e vedevamo sventolare le bandiere rosse della CGIL, del Partito comunista (quello vero, quello che non c’è più), del-la Sezione sindacale della Funzione pub-blica di Reggio Emilia, i suonatori della banda, e l’ANPI, i nostri partigiani, che se ne stavano lì, a capo chino, col berretto intriso di pioggia, lì fra i platani “dla miè tèra”,“dopo che avevamo pianto tutte le lacrime rimaste mentre quei fi ati e quel tamburo, al tuo arrivo, avevano intonato Oh bella ciao e poi L’Internazionale e poi ancora La Guardia Rossa (come il 25 aprile, a Bologna, in piedi, con la gonna a pieghe al ginocchio e in bocca ancora il sapore della particola appena ingoiata perchè “in quella fettaccia di terra”, dopo la messa ti portavano a cantare le canzoni della Resistenza davanti al Monumento ai Caduti). Tu eri, sei e sarai sempre una grande donna di sinistra, una grande don-na che non ha MAI CONOSCIUTO l’in-differenza. Eri iscritta all’ANPI da tanti anni (che bello il ricordo che ha portato Avio) e volevi conoscere, volevi sapere della Resistenza (quanta Resistenza hai fatto tu, Madda!), delle tracce che aveva lasciato nella nostra terra (quanto abbia-

I funerali

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lutti

LUIGIA BRUNA MAMMI in Menozzi25/06/1929-22/04/2010Il 22 aprile scorso è scomparsa Bruna Mammi, moglie del “nostro” Bruno Me-nozzi. Bruna proveniva da una famiglia di contadini, da sempre democratica e antifascista, e nella memoria aveva sem-pre vividamente impressi gli episodi di violenza di fascisti e tedeschi commessi a Villa Sesso (RE), dove risiedeva. Av-venimenti che lei, giovanissima, aveva vissuto e che, in alcuni casi, avevano ri-guardato anche parenti stretti. Bruna era presente assiduamente alle commemo-razioni e alle altre iniziative organizzate sia in provincia sia altrove, anche in altre regioni, fi no a quando le condizioni di salute glielo hanno permesso. Non solo partecipava però, ma contribuiva perso-nalmente ad organizzarle, coinvolgendo i compagni e le compagne della zona del

“Pistelli” di Santa Croce. Ma Bruna non è stata solo questo, ma è anche stata una grande sostenitrice dell’associazionismo democratico e di tutte le associazioni e delle iniziative in difesa delle lavora-trici, dei lavoratori, dei più deboli e dei più bisognosi. La Redazione del Notizia-rio esprime le più fraterne condoglianze all’amico Bruno e ai suoi familiari.

In ricordo di Giovanni Savianovicequestore ed ex partigianoIl 28 maggio u.s. è deceduto, in seguito a incidente stradale (nel quale è rimasta gravemente ferita anche la moglie) alla periferia della nostra città, il dott. Gio-vanni Saviano, classe 1925, che fu capo della squadra mobile della Questura di Reggio dal 1°giugno 1960 al 1974. Suc-cessivamente, nominato vice questore, fu in servizio nel veneto fi no alla pensione, quando tornò a vivere a Reggio, in Via Alai. Un delle sue due fi glie, come si è letto sulla stampa locale, ha dichiarato che il dott. Saviano amava ricordare che nes-suno dei suoi uomini partecipò alle spara-torie che il 7 luglio 1960 provocarono la morte di cinque reggiani e il ferimento di decine di altri manifestanti contro il go-verno Tambroni. Negli ultimi tempi della sua permanenza in servizio a Reggio – sono passati quasi quarant’anni ma ne ho un vivo ricordo -, ebbe occasione di dirmi che, accingendosi a ricostruire l’intera sua carriera a fi ni della futura pensione, stava recuperando la documentazione relativa

alla sua partecipazione alla Resistenza come partigiano garibaldino in provincia di Parma. Documentazione che aveva ri-tenuto prudente, in precedenza, non inse-rire nel suo fascicolo personale. L’essere stato partigiano, e per di più nelle Brigate Garibaldi, non era un credito apprezzabi-le per le autorità competenti negli anni di Scelba e di Tambroni. Ma di mezzo c’era stato il Sessantotto, con tutto ciò che ave-va signifi cato in termini di cambiamenti di mentalità all’interno dei cosiddetti “corpi separati” dello Stato. Cambiamenti che avevano reso politicamente corretto, in polizia, anche l’essere stato partigiano garibaldino. Dalla documentazione pre-sente negli archivi dell’Istituto storico Re-sistenza di Parma risulta che Saviano fu partigiano nella 78a Brigata SAP pianura fi no al gennaio 1945. In seguito ai pesan-te rastrellamenti nazifascisti in pianura, la Brigata si trasferì sull’Appennino, zona sponda sinistra dell’Enza, con la denomi-nazione di 178a Brigata SAP montagna. Saviano vi ebbe il ruolo di comandante di distaccamento. Dopo le esequie celebrate nella chiesa di San Pietro, qui a Reggio, Saviano è stato inumato nel cimitero del-la Villetta, in quella Parma dove era stato studente universitario e dove si era laure-ato in Legge nei primi anni del dopoguer-ra.. Alle fi glie Maurizia e Patrizia, colpite anche dalla dolorosa scomparsa della ma-dre, Romilda Lusetti, avvenuta un setti-mana dopo quella del marito, in seguito alle gravi ferite riportate nell’incidente, le condoglianze dell’ANPI e della nostra redazione (a.z.).

mo amato i nostri partigiani e le loro tante storie che ci entusiasmavano, ci faceva-no commuovere e ci “caricavano come schioppi”); hai lottato da donna di politica e di azione, di parole (belle, sconvolgen-ti, sapienti, azzardate, dignitose, spietate) e di fatti (l’affi do, la casa famiglia, i del ricovero che aspettano ancora una tom-bola automatica, e la tua cooperativa Co-opselios...), una donna “contro” ha detto tuo marito, contro tutto quello che a noi, oggi, scivola via come le gocce di pioggia sul cappello dei suonatori di banda. Era lì, la tua Correggio (l’abbiamo sentita tua madre sussurrarti accarezzandoti prima di farti uscire da quella camera ardente sa-tura di sospiri... ti aspettava all’imbocco

del viale di platani, tutti lì, con una rosa rossa in mano, a dirti che sei stata una grande compagna, una grande partigiana, una grande donna di politica, una gran-de sorella, una grande fi glia e una grande moglie, sissignore. E una grande madre. Lo diceva la tua bambina, bellissima, composta anche nel suo pianto aggrappa-to alla nonna. E la tua Correggio è stata lì fi no in fondo, a vederti calare “intla tèra mòia” con le funi eh, mica col muletto, e te l’ha cantato “oh bella ciao”, lì, mentre ti coprivano con quella terraccia bassa di fi ume, e la tua bimba batteva le mani Bel-la, sì, grandissima strafi ga, come sempre.C’è chi si è ricordato di lasciarti un lip gloss Lancome un secondo prima che tu

fossi coperta di terra e di addio.Noi, le tue amiche, le tue compagne, svuo-tate dal dolore, chi piange, chi bestemmia, chi non riesce più a parlare ma comincia ad osservare tutto perché poi te lo deve raccontare, chi sorride e dentro quel sor-riso c’è tutto il tuo ricordo che adesso fa così male, ma che non ci lasceremo mai scivolare via; perché insieme abbiamo lottato, sperato, abbiamo esultato e poi pianto, abbiamo resistito, e insieme, sem-pre insieme, continueremo a farlo.

E vorrei che quei nostri pensieri / quelle nostre speranze di allora / rivives-

sero in quel che tu speri / o ragazza color dell’aurora”...

Le amiche e le colleghe Coopselios

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lutti

ROMOLO FIORONI20/09/1928-27/06/2010Romolo Fioroni, secondogenito tra cin-que fratelli, è nato, vissuto ed oggi riposa nel cimitero della sua Costabona che ha sempre rappresentato il suo mondo cui era legatissimo, senza però dimenticare i suoi doveri di cittadino italiano, di pa-triota e di cattolico praticante impegnato a favore della povera gente della sua amata montagna.Il padre, geometra libero professionista, era stato un valoroso uffi ciale di comple-mento nella guerra mondiale del 1915/18 e ritenne suo dovere di servire la Patria con il grado di Capitano anche nella se-conda guerra mondiale nel corso della quale morirà da generoso sul fronte gre-co-albanese nel corso della sciagurata ed ingiustifi cata aggressione che Mussolini decise contro la Grecia.Rimasto quindi orfano in giovane età, seguendo gli insegnamenti della madre, insegnante elementare di grande presti-gio, comprese che i valori patriottici così intensamente vissuti in famiglia, erano quelli della opposizione soprattutto al tedesco invasore ed al follia del rinato fascismo “repubblichino” ricostituitosi per decisione di Hitler dopo che gli stessi gerarchi fascisti ne avevano constatato il fallimento, decidendone la fi ne il 25 lu-glio del 1943.Esercitavano in quel tempo nel comu-ne di Villa Minozzo, cui apparteneva Costabona, un grande fascino due sa-cerdoti: don Pasquino Borghi parroco di Tapignola e don Domenico Orlandini par-roco di Poiano. Il primo, grazie alla sua ottima conoscenza sia del francese che dell’inglese, fatto del tutto eccezionale al tempo per un parroco di una sperduta parrocchia di montagna, agevolò il sal-

vataggio dei tanti prigionieri alleati libe-ratisi dai campi di concentramento dopo l’armistizio dell’otto settembre 1943, mentre il secondo, eccezionale uomo di azione, organizzò e condusse in prima persona fortunosi viaggi verso la Puglia e l’Abruzzo, regioni già liberate dagli eserciti alleati, al fi ne di portare in salvo questi ex-prigionieri di guerra.La madre saggiamente affi dò a don Carlo, perché con il suo nome di battaglia è ancor oggi ricordato don Domenico Oralandini, i suoi due fi gli maggiori, Domenico di anni venti e Romolo di anni 16 che con i rispettivi nomi di battaglia di Nino e di Franco seguiranno don Carlo, che nel frattempo aveva costituito e comandato la 284a bgt. “Fiamme Verdi del Cusna” sino al 24 Aprile 1945 e alla Liberazione di Reggio e Romolo vedrà in quel giorno perire in battaglia nei pressi del Crostolo vicino alla chiesa di San Pellegrino il suo grande amico e compaesano di Costabona, Bruno Bonicelli Grappino, medaglia d’ar-gento al valor militare.Rimarrà sempre fedele a questa sua sta-gione giovanile sia con la partecipazione attiva alle organizzazioni resistenziali, assumendo il ruolo attivo di presiden-te dell’Associazione liberi partigiani italiani di Reggio Emilia, aderente alla Federazione italiana volontari della li-bertà, distinguendosi nel curare e valo-rizzare il ruolo della Brigata partigiana di appartenenza attraverso la pubbli-cazione nel 2002 di un corposo e do-cumentato volume affi dato alla storico prof. Giuseppe Giovanelli e curando lui stesso come autore sia saggi biografi -ci di resistenti cattolici che la storia dei valorosi e coraggiosi militari inglesi che agivano nella nostra montagna, avendo come base la sua abitazione al monte di Costabona, e che organizzarono, tra l’al-

tro, con successo l’attacco all’importante e vitale comando tedesco di Villa Rossi ad Albinea e parteciparono alla battaglia di Cà Marastoni a Toano il 1° aprile 1945, giorno di Pasqua.Và inoltre ricordato che avviò la collabo-razione con l’ANPI per superare la triste separazione, frutto della politica di con-trapposizione tra i partiti del CLN che avvenne nel lontano 1947, dando vita a numerose attività comuni che tuttora po-sitivamente continuano.Ma il ruolo di Fioroni và ricordato sia come educatore perché per tanti anni in-segnò nelle scuole elementari della sua montagna, ma anche e sopratutto come uomo di cultura per aver salvato nei primi anni cinquanta la tradizione del MAGGIO messa in pericolo da una ma-lintesa modernità che spazzava via anche le tradizioni più nobili come quella ap-punto di questo teatro popolare cantato importato in montagna nei secoli scorsi dai nostri pastori che transumavano con le loro greggi in Toscana. La Società del Maggio costabonese, grazie a Romolo, tenne ferma questa nobile tradizione che oggi si è rinverdita in tanti altri paesi con successo di pubblico. Attivo nella DC svolse per anni il ruolo sia di componente il Consiglio Provinciale ed attività in altri enti pubblici ed assistenziali, senza mai rivendicare per sé nulla che non fosse un generoso ruolo di servizio alla sua gente, ed in particolare a quella della montagna.La sua scomparsa, dopo una lunga malat-tia dove è stato generosamente assistito e curato dalla moglie e dai due fi gli, è stata salutata nella sua Costabona da un grande concorso di compaesani, di ex.partigiani e di amici che ne assicureranno anche in futuro un ricordo doveroso e imperituro.

Danilo Morini

Romolo Fioroni ai “Sentieri partigiani” nei pressi della Gatta, dove tra il 7 e l’11 gennaio del 1945 i nazisti iniziarono un grande rastrellamento sull’Appennino reggiano e modenese

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anniversari

RINO SORAGNI (MUSO)

49° ANNIVERSARIONel ricordo dell’indimenticabile Parti-giano Rino Soragni Athos, Libero, detto familiarmente “Muso”, vicecomandante della 37a bgt. GAP, medaglia d’argento al valor militare, scomparso tragicamente il 18 marzo 1961, la moglie Enza Gemmi

offre pro Notiziario.

NELLO LUSOLI

3° ANNIVERSARIONel 3° anniversario della scomparsa del Partigiano senatore Nello Lusoli, avve-nuta il 22 giugno 2007, la moglie Lidui-na, le fi glie Zita, Valeria e i nipoti Tania e Roberto lo ricordano con immutato af-fetto insieme a quanti lo conobbero e ne

apprezzarono l’impegno.

ELENA RICCO’ (NELLA)

5° ANNIVERSARIOIl 4 aprile ricorreva il 5° anniversario del-la scomparsa di Elena Riccò Nella. Il fi -glio Marco, la nuora Marina e la carissima nipote Roberta la ricordano con immutato affetto e amore sottoscrivendo pro Noti-ziario.

WOLMER VERZELLONI - VILMA GALAVERNI

ANNIVERSARIIl 3 ottobre ricorre il 18° anniversario della scomparsa del cognato Wolmer Verzelloni e l’11° anniversario della moglie Vilma Galaver-ni. Le famiglie Luigi e Alfredo Galaverni li

ricordano con tanto affetto e in loro onore sottoscrivono a soste-gno del Notiziario.

MARIA BARBANTINI

9° ANNIVERSARIOIl 5 luglio ricorreva il 9° anniversario della scomparsa di Maria Barbantini di Ligon-chio. La ricordano con immutato affetto il marito Ennio Felici, i fi gli Giuseppe e Maria Grazia, i nipoti Roberto e Mar-co, la nuora Carla e il genero Tommaso.

Nell’occasione sottoscrivono pro Notiziario.

NELLO AGUZZOLI

2° ANNIVERSARIOIl 4 giugno scorso ricorreva il 2° anniver-sario della scomparsa di Nello Aguzzoli di Correggio. Nel ricordarlo con tantissi-mo affetto, la moglie, i fi gli e le sorelle sottoscrivono pro Notiziario.

DINO SASSI

15° ANNIVERSARIOIl 15 aprile ricorreva il 15° anniversario della scomparsa del combattente Dino Sassi. Lo ricordano con tanto affetto la moglie Iris e tutti i famigliari e sottoscri-vono pro Notiziario.

RENATO ORLANDINI

1° ANNIVERSARIOIl 2 marzo scorso ricorreva il 1° anniver-sario della scomparsa di Renato Orlan-dini. Lo ricorda con grande rimpianto la moglie Rosanna Castellari.

ENNIO MONCIGOLI

4° ANNIVERSARIOA 4 anni dalla scomparsa di Ennio Mon-cigoli, lo ricordano con amore e affetto la moglie Maria, i fi gli Libero e Gina, la nuora Paola, il genero Ivan, i nipoti Lucil-la, Stefano, Alessandro e Matteo. In sua memoria offrono pro Notiziario.

SILVIO BONACINI

7° ANNIVERSARIONel 7° anniversario della scomparsa di Silvio Bonacini, avvenuta il 10 luglio 2003, la cognata Anna Giorgia lo ricorda con tanto affetto e sottoscrive pro Notizia-rio.

GIUSEPPE BONACINI (RATA)

3° ANNIVERSARIOIl 25 maggio ricorreva il 3° anniversario della scomparsa del Partigiano Giuseppe Bonacini Rata. La moglie Anna Giorgia lo ricorda con immutato affetto e sottoscrive pro Notiziario.

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anniversari

PIETRO CANEPARI (CARTOQUE)

17° ANNIVERSARIOIn occasione del 17° anniversario della scomparsa del Partigiano Petro Canepari Cartoque, la moglie Angiolina, la fi glia Mirna e le nipoti Giulia e Anna sottoscri-vono pro Notiziario.

LINO CORRRADINI (COLI)

1° ANNIVERSARIOPer ricordare, nel 1° anniversario della morte, lo zio Partigiano Lino Corradini Coli, appartenente alla 145a bgt. Garibaldi, i nipoti Laura, Stefania, Massimo, Corrado e Giulio e la cognata Antonietta sottoscri-vono pro Notiziario.

NANDO POLI

11° ANNIVERSARIOIl 12 giugno ricorreva l’11° anniversario della scomparsa del Partigiano Nando Poli della 145a bgt. Garibaldi. La sorella Fernanda, nel ricordarlo sottoscrive pro Notiziario.

WALTER REVERBERI (FRESA)

16° ANNIVERSARIOIl 7 aprile scorso ricorreva il 16° anniver-sario della scomparsa del Partigiano Walter Reverberi Fresa, ispettore di battaglione con il grado di sottotenente. La moglie Lau-ra Cavazzoni, nel ricordare anche il loro matrimonio celebrato il 25 aprile 1942 e 52 anni di vita assieme, offre pro Notiziario.

LORIS CONFETTI - ENERMERE BEGGI

RICORDOPer ricordare i genitori Loris Confetti ed Ener-mere Beggi, i fi gli Ilea-na e Mauro sottoscrivo-no pro Notiziario.

TINA FERRARINI

5° ANNIVERSARIOIl 25 aprile di 5 anni fa ci ha lasciato Tina Ferrarini, Partigiana della 76a bgt. SAP. La fi glia, il fi glio, la nipote, il genero e la nuo-ra ricordano che il suo primo valore fu la libertà. Per onorarne la memoria sottoscri-vono pro Notiziario.

MARIA CERVI

3° ANNIVERSARIOIl 10 giugno ricorreva il 3° anniversario della scomparsa di Maria Cervi. Il marito Giovanni Bigi, le fi glie Anna e Silvia, i ge-neri Albino e Paolo, i nipotini Alice ed Elia la ricordano con immutato amore. Offrono pro Notiziario.

LIDA VEZZANI - OLIVIERO CANEPARI (TOM)

ANNIVERSARIA sei mesi dalla scom-parsa di Lida Vezzani e nell’anniversario di Oliviero Canepari Tom, i fi gli e i nipoti li ricor-dano sottoscrivendo pro Notiziario.

DANTE CALZOLARI (SPADA)

5° ANNIVERSARIOIn occasione del 5° anniversario della morte di Dante Calzolari Spada, partigiano com-battente della 26a bgt. Garibaldi, il nipote Luciano e famiglia offrono pro Notiziario. Ferito in combattimento a Villa Codemon-do, nella fase della “pianurizzazione” della lotta, Calzolari fu anche torturato a Villa

Cucchi. Operaio alle Reggiane, fu protagonista dell’epica occu-pazione della fabbrica nel 1950. Aveva sempre vissuto in via Cas-sala, nel quartiere operaio per eccellenza di Santa Croce esterna.

AMOS SPADONI (MONTECCHI) - AMNERIS ZINI (NERA)

ANNIVERSARIAl ricordo del Partigiano Amos Spadoni Montec-chi nel 4° anniversario della scomparsa si uni-sce quello della moglie, staffetta partigiana, Am-neris Zini Nera, scom-parsa l’11 giugno 2010. In loro onore la fi glia

Giustina e il nipote Marco sottoscrivono pro Notiziario.

GIULIO GUIDOTTI

7° ANNIVERSARIOIl 16 aprile ricorreva il 7° anniversario della scomparsa del Partigiano Giulio Gui-dotti, appartenente alla divisione Dalmazia dell’esercito di liberazione della Jugosla-via. Nel ricordarlo con infi nito affetto, la moglie Selene, il fi glio Gianni, la nuora Donatella, i nipoti Lisa e Marco, i cognati,

le cognate e i parenti tutti sottoscrivono pro Notiziario.

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MARIO CAVALLINI

14° ANNIVERSARIOIl 27 luglio ricorre il 14° anniversario del-la morte di Mario Cavallini. La moglie Maria e i fi gli offrono pro Notiziario.

SERGIO FRANCIA (GALO)

9° ANNIVERSARIOL’8 giugno scorso ricorreva il 9° anni-versario della scomparsa del Partigiano Sergio Francia Galo. Per onorarne la me-moria e ricordarlo, la famiglia offre pro Notiziario.

ANSELMO BISAGNI

1° ANNIVERSARIOIl 29 giugno scorso ricorreva il 1° anni-versario della scomparsa di Anselmo Bi-sagni. La moglie Carla e tutta la famiglia lo ricordano con immutato affetto e sotto-scrivono pro Notiziario.

OVIDIO FRANCHI

50° ANNIVERSARIOPer onorare la memoria del Martire del 7 luglio 1960 Ovidio Franchi, il fratello Silvano e l’amico Fernando Cavazzini of-frono pro Notiziario.

MARINO BERTANI (MASSA)

7° ANNIVERSARIOPer onorare la memoria del Partigiano Ma-rino Bertani Massa della 76a Bgt SAP, nel 7° anniversario della scomparsa, avvenuta il 5 giugno 2003, la moglie Teresa e i fi gli Delfi no e Marinella lo ricordano con immu-tato affetto sottoscrivendo pro Notiziario.

WILLIAM CAPRATI (DANTE) - ALBERTNA FERRARI (BINDA)

ANNIVERSARINel ricordare il Partigiano William Caprati Dante, deceduto il 4 maggio 1985, e la Partigiana Albertina Ferrari Binda, deceduta il 16 agosto 1991, le fi glie Vanna e Catia, assieme ai loro famigliari, sottoscri-vono pro Notiziario.

RENZO IEMMI

11° ANNIVERSARIOPer ricordare il marito Partigiano Renzo Iemmi, ex sindaco di Campegine, nell’11° anniversario della scomparsa, la moglie Idemma Baruffi , i fi gli Giancarlo e Renza, e i nipoti sottoscrivono pro Notiziario.

PIETRO GOVI (PIRULI)

5° ANNIVERSARIOIl giorno 24 luglio ricorre il 5° anniversario della scomparsa del Partigiano Pietro Govi Piruli di Rio Saliceto. Lo ricordano con tanto affetto la moglie Umberta, le fi glie Adriana e Lorena sottoscrivendo in sua memoria al Notiziario.

LIDIA BELLESIA - LINO FERRETTI

IN MEMORIAProtagonisti tra quelli di una generazione che ha fatto una scelta giusta nella lotta che ha aperto la strada alla Liberazio-ne, alla democrazia e ai diritti civili di uomini e donne per la prima volta sanciti dalla Costituzio-

ne. Matteo, Lorena, e Tiziano ricordano Lidia Bellesia e Lino Ferretti con affetto in occasione del 25 Aprile anniversario della Liberazione.

FRANCO CIGARINI (ALTEO)

28° ANNIVERSARIOIl 26 luglio ricorre il 28° anniversario del-la morte di Franco Cigarini Alteo, parti-giano della 144a bgt Garibaldi, autore del poema Reggiane, fotografo e documenta-rista. Lo ricorda la moglie Anna Tondelli, con i fi gli Claudio e Ildo, unendo a quella

di Franco la memoria del fratello Ildo Libero, partigiano in Ju-goslavia disperso dal 6 ottobre 1943.

MARIO BONEZZI (PAUCIN)

30° ANNIVERSARIOMario Bonezzi Paucin di Scandiano mili-tò nella 145a bgt Garibaldi, partecipando a tutte le battaglie sostenute dal distacca-mento “F. Casoli” sul nostro Appennino, compresa la difesa della diga di Ligonchio. Nel 30° anniversario della scomparsa, la moglie Lillia e la fi glia Carla a ricordo of-

frono pro Notiziario.

anniversari

48giugno-luglio 2010

notiziario anpi

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- ENZA GEMMMI – in ricordo del marito Rino Soragni “Muso” euro 50,00- TEOBALDO e PAOLO BORCIANI – in memoria del fratello Walter “ 50,00- NERA SPADONI – a ricordo del marito Amos Spadoni di Borsano ........................................................ “ 100,00- LIDUINA LUSOLI e fam. – per ricordare il marito Nello Lusoli ..... “ 400,00- SILVIA BAGNACANI e fam. – in memoria del padre Mario .......... “ 100,00- VILLIAM GANDINI – a sostegno ................................................. “ 20,00- CENTRO SOCIALE “OROLOGIO” – contributo .............................. “ 500,00- BONINI-FICARELLI-LAZZARETTI – a sostegno ........................... “ 75,00- MARCO FERRATI – in ricordo di Elena Riccò (Nella) ................... “ 30,00- TELENICO ARLEONI “Lampo” – a sostegno ............................... “ 150,00- CARLO e STEFANIA GOVI – contributo ....................................... “ 40,00- NERE GRASSI – a sostegno ...................................................... “ 20,00- VASCO MONTECCHI – a ricordo del grande Sindaco Renzo Bonazzi ............................................................ “ 50,00- GIANPAOLO ARTIOLI – in memoria della madre Augustina Ferrarini ................................................................... “ 250,00- ARMANDA COCCONCELLI – in ricordo del padre Sparto e zii Armando, Colorno, Emma .................................................. “ 200,00- SILVANA, ROMEO GOTTARDI – a sostegno ................................ “ 50,00- IRIS NOTARI e familiari – in memoria di Dino Sassi ................... “ 30,00- MARISA e BRENNO GALLONI – per ricordare con affetto la madre Ester Bedogni ............................................................. “ 20,00- SEZ.ANPI PISTELLI – a sostegno notiziario ................................ “ 250,00- IRIS FONTANESI (MARIA) e fi gli – in memoria di Dino Olivi ........ “ 30,00- SEZ.GUASTALLA (Bernini, Vasconi, Pazzi, Bacchiavini) – a sostegno ............................................................................. “ 60,00- AGILE CORRADI – contributo 50,00- DENIS e MARINA BOCCONI – in memoria del fratello Marino “Lampo” .................................................................................. “ 50,00- ILEANA e MAURO CONFETTI – in ricordo dei genitori Loris “Giulio” e Enermere ............................................................................. “ 160,00- GIANNI GUIDOTTI – per ricordare Giulio Guidotti ........................ “ 70,00- LIONELLA e ADOLFO CANEPARI – a ricordo dei genitori Oliviero “Tom” e Lida Vezzani ................................................... “ 150,00- AGOSTINO DALLAGIACOMO – a sostegno ................................. “ 50,00- ANNA e SILVIO TIRABASSI – in memoria dei genitori: Mercede e Cismo (caduto 23/4/45) .......................................... “ 25,00- ADA BARTOLI – per ricordare il padre Martino Batoli ................. “ 20,00- ANNA TONDELLI e fam. – in memoria del marito Franco Cigarini “ 100,00- GIOVANNI BIGI – per ricordare la moglie Maria Cervi .................. “ 100,00- MARIA MANZOTTI, ENRICO e MATTIA – in memoria di Maria Cervi ...................................................... “ 20,00- LUIGI FERRARINI, Caprara di Campegine – a sostegno .............. “ 50,00- LUCA, MONICA, LINA BIGLIARDI – in memoria di Dante ............. “ 50,00- FERNANDO CAVAZZINI – in ricordo di Franchi Ovidio – .............. “ 50,00- IVAN BIGI e fam. – per celebrare il compleanno del padre Andrea Bigi ................................................................ “ 50,00- SILVANA e ROMEO GOTTARDI – a sostegno .............................. “ 50,00- PAOLINA, VILLER, VALENTINO PINOTTI – in memoria di Monbello Pinotti .................................................................... “ 50,00- VIENNA e CLAUDIO BIZZARRI – in ricordo di Giovanni Bizzarri .... “ 25,00- FAM.AGUZZOLI di Correggio – per ricordare Nello Aguzzali ....... “ 50,00- SEZ. CANOSSA – a sostegno notiziario ..................................... “ 104,00- BRUNO FANI – in memoria di Bruna Mammi Menozzi ............... “ 20,00- SEZ. PIEVE MODOLENA – a sostegno ........................................ “ 70,00- ANDREA NASCIUTI – contributo 3 .............................................. “ 0,00- FERNANDA POLI – in memoria del fratello Nando ..................... “ 50,00- VINCENZO FERRARONI – a sostegno ......................................... “ 30,00- LAURA BIZZOCCOLI e nipoti – in ricordo dello zio Lino Corradini “Coli” ................................................................. “ 100,00- GIOVANNI ROSSINI – in memoria di William Caprati e Albertina Ferrari .................................................................... “ 100,00- ULDERICO FERRARI – a sostegno ............................................. “ 20,00- SEZ.ANPI di S.ILARIO D’ENZA – contributo ................................ “ 546,00- SEZ. S.GIOVANNI S.MARIA – a sostegno ................................... “ 152,00- AFRO CREMA e fam. Rio Saliceto – contributo .......................... “ 80,00- SEZ.CARPINETI – per onorare i caduti per la Libertà di Carpineti “ 50,00

- AMOS CODELUPPI – sostegno Notiziario ................................... “ 20,00- IDEMMA BARUFFI e fam. – in ricordo del marito Renzo Iemmi .......................................... “ 50,00- TERESA GIOVANARDI – per onorare Marino Bertani ................... “ 100,00- PIERA RIGHI – sostegno Notiziario ............................................ “ 20,00- LINA CURTI – in memoria di Renato Tirelli di Poviglio ................ “ 20,00- ANNA GIORGIA COCCONI – in ricordo del marito Giuseppe Bonacini “Rata” ......................................................... “ 50,00- ANNA GIORGIA COCCONI – in memoria del cognato Silvio Bonacini .......................................................................... “ 50,00- ANGELO REVERBERI – a sostegno ............................................ “ 20,00- GIANNI CATELLANI – contributo ................................................ “ 50,00- SEZ.ANPI COVIOLO – sostegno ................................................. “ 30,00- ANGIOLINA BERTANI – in ricordo di Anselmo Bisagni di Montecavolo ......................................................................... “ 50,00- MARIA SIMEONE , Fabbrico – a sostegno ................................... “ 50,00- ADRIANO CASALI, Fabbrico – .................................................... “ 20,00- FRANCO VEZZANI, Fabbrico – .................................................... “ 20,00- ROMANO PEDRAZZOLI , Fabbrico – .......................................... “ 15,00- MARIA FERRETTI MARANI, Fabbrico – ....................................... “ 30,00- TERESINA BELLESIA, Fabbrico – ............................................... “ 20,00- MARIA CORRADINI ROSSI, Fabbrico – ....................................... “ 20,00- LAURA BADODI – per ricordare Sergio Francia ........................... “ 70,00- MARIA ROSSI – in memoria di Mario Cavallini ........................... “ 50,00- SEZ. di RAMISETO – a sostegno ............................................... “ 37,00- ANGIOLINA CASOTTI CANEPARI – a ricordo di Pietro Canepari “Cartoque” ................................................... “ 100,00- LEA FRANCIA – sostegno .......................................................... “ 20,00- OSCAR CORRADINI – contributo ............................................... “ 50,00- ALESSANDRO CARRI – sostegno ............................................... “ 50,00- NICOLA CALZOLARI – in memoria di Dante Calzolari ................. “ 100,00- LUIGI e ALFREDO GALAVERNI – in ricordo di Vilma e Wolmer Verzellini ....................................................... “ 150,00- CARLO GOVI – a sostegno ........................................................ “ 20,00- FAM.GOVI – in ricordo di Pietro Govi ......................................... “ 50,00- GIUSEPPINA NEGRI, Reggiolo – a sostegno ............................... “ 35,00- MARIO ANDREOLI – a sostegno ................................................ “ 10,00 - PAOLINA DALLARI – sostegno .................................................... “ 20,00- FRANCESCO BERTACCHINI e amici – contributo ......................... “ 90,00- DANIELA e SIMONETTA CALEFFI e sez. ANPI di Poviglio – in ricordo di Renato Tirelli ...................................................... “ 100,00- DILLE RAVAZZINI, Sassuolo – a sostegno ................................... “ 20,00- BACCI ILEANA – a sostegno ....................................................... “ 50,00 - FELICI ENNIO – a sostegno ........................................................ “ 50,00 - LELLI ENRICO – in ricordo di Vincenzo Melegari ........................ “ 100,00- LILLIA BONEZZI e FIGLIA CARLA – in ricordo di Mario Bonezzi “Paucin” ................................................................................... “ 50,00- CENTRO SOCIALE OROLOGIO – a sostegno ............................... “ 120,00- BORCIANI TEOBALDO – a sostegno ........................................... “ 14,00- MARIA PANCIROLI – in ricordo del marito Gino Rozzi “Palot” ..... “ 100,00- LA MOGLIE – per ricordare Mario Masoni ................................. “ 100,00- I partecipanti alla festa di Ancona – a sostegno ........................ “ 150,00- ALMA ZINI – a sostegno ............................................................ “ 15,00- FAM. MONCIGOLI – in memoria di Ennio Moncigoli ................... “ 50,00

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I coniugi Romeo e Silvana Gottardi di Cervarezza offrono pro Notiziario.

Il “Notiziario ANPI” è una voce della resistenza e della democrazia. PER VIVERE HA BISOGNO DEL TUO AIUTO

49giugno-luglio 2010

notiziario anpi

Page 50: 2010 - 04 LUGLIO

Le mani sulla città“Non state zitti, fi datevi di noi e parlate

perché noi siamo in prima linea”

(s. Graziano Delrio, s. Sonia Masini,

m.)

“Le mele marce non devono ‘guastare’ il

lavoro onesto di imprenditori originari

calabresi, ricordando che proprio queste

imprese sane hanno contribuito allo svi-

luppo del nostro territorio” (Antonio Riz-

zo, imprenditore calabrese)

“Vorrei chiedere ai costruttori calabresi

dov’erano durante la manifestazione an-

timafi a del primo marzo...” (Mauro Ponzi.

presidente Oscar Romero)

“La presenza in città di troppe fi nanziarie

è un altro segnale del disagio dell’impre-

sa che per essere fi nanziata deve seguire

canali non sempre trasparenti” (Antonio

Rizzo, imprenditore calabrese)

“La nostra reazione sarà molto dura nei

prossimi giorni. Perché la delinquenza

non deve attecchire” (s. Sonia Masini,

m.)

“No. C’è una responsabilità forte del mon-

do economico reggiano...” (Enrico Bini,

presidente della Camera di commercio)

“Faremo la nostra parte, perché oggi biso-

gna prevenire” (s. Sonia Masini, m.)

“Di non ascolto, perché non c’era nessun

altro esponente del mondo produttivo che

segnalava le infi ltrazioni mafi ose nel tes-

suto economico reggiano” (Enrico Bini,

presidente della Camera di commercio)

“Ne abbiamo visto di tutti i colori, abbiamo

chiamato più volte le forze dell’ordine, ma

nessuno poi ha avuto il coraggio di fare

denuncia. La nostra non è stata omertà,

purtroppo i Silipo ci hanno terrorizzato”

(alcuni residenti di via Zambonini, RE)

“Il procuratore Gratteri denunciò un anno

fa le cinque ‘ndrine presenti nel Reggiano.

I comuni più esposti sono quelli della Bas-

sa, ma ora il fenomeno si sta estendendo

a tutto il territorio provinciale. Anche in

montagna” (Enrico Bini, presidente del-

la Camera di commercio)

Iscariota“Apprezzai molto la proposta fatta da un

membro di giunta [della Camera di com-

mercio]. Non è passata perché qualcuno

non ha ritenuto fosse un problema da con-

siderare. Mi è dispiaciuto molto” (Enrico

Bini, presidente della Camera di com-

mercio)

Antifascismo militante...“Premesso che nel corso della ricorrenza

celebrata il 27 febbraio 2010, in ricordo

della Battaglia di Fabbrico avvenuta il 27

febbraio 1945, in cui persero la vita citta-

dini civili e partigiani ad opera della rap-

presaglia posta in essere dai fascisti, un

gruppo di persone collegate all’estrema

destra e a Casa Pound, ha presenziato alla

ricorrenza della Battaglia di Fabbrico.

Considerato che il gruppo di persone di

estrema destra era munito di simbologia

richiamante il periodo fascista, tra cui la

bandiera della Repubblica sociale di Salò,

magliette nere, braccio destro alzato per

fare il saluto romano, canti fascisti, ecc.

tra queste persone di destra vi erano vol-

ti noti come ...OMISSIS... che il suddetto

gruppo di persone aveva l’atteggiamento

provocatorio tale da incutere timore psi-

cologico tra tutti i partecipanti alla ricor-

renza organizzata dal comune di Fabbrico

con la partecipazione delle Associazioni

partigiane ... (La Giunta comunale di

Fabbrico)

Ops! Contrordine...“Premesso che questa Amministrazione

con atto giuntale n. 27 del 13.05.2010 di-

sponeva il conferimento di incarico legale

all’Avv. ...OMISSIS... per la tutela delle ra-

gioni del Comune in relazione ad episodio

dalla presunta rilevanza penale ascrivibili

a soggetti riconducibili all’area dell’estre-

ma destra posto in essere in danno ai par-

tecipanti alla ricorrenza della battaglia di

Fabbrico in data 27 febbraio 2010;

Dato atto che, nel frattempo, dal confron-

to promosso in seno a questa Amministra-

zione emergevano nuovi elementi tali da

indurre una riconsiderazione non tanto

in ordine alla censurata gravità dei com-

portamenti posti in essere dai soggetti di

cui sopra, quanto in ordine alla strategia

da seguire per scongiurare il ripetersi di

simili episodi;

Considerato, in questo mutato contesto

valutativo, che la scelta più opportuna sia

rappresentata, al momento, dall’operare

prioritariamente su un piano strettamen-

te istituzionale;

Ritenuto all’affetto dell’intervenuta rin-

novata valutazione dei fatti e degli atti,

di disporre il ritiro del provvedimento

deliberativo in epigrafe mediante revoca

dello stesso...” (La Giunta comunale di

Fabbrico)

“Insomma, cos’è che non va bene? Uno fa

un bel percorso democratico, discute in

assemblea e nella riunione degli eletti,

decide di rispettare il sindaco e non gli

presenta un nome secco ma una rosa di

candidature e poi... La Filomena De Sci-

scio non va bene perché ha poca esperien-

za poltica?” (Liana Barbati, IdV)

Chi?“Scusi, ma l’assessore socialista a che

titolo ce l’abbiamo?, C’è Del Bue, c’è GRA-

ZIANO GRASSELLI...” (Liana Barbati,

IdV)

di Glauco BertaniREGGIO CHE PARLA

50giugno-luglio 2010

notiziario anpi

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Destra gay

Nicolò Donato, regista italo-danese al pri-mo fi lm per il cinema, racconta la storia del giovane Lars, militare col grado di ser-gente, di famiglia benestante e coinvolta nella politica locale. Il suo comportamento troppo rude coi sottoposti gli costa però la guida del suo plotone, e lui, deciso a non diventare un passacarte in divisa, carico di rabbia, lascia l’esercito. E fi nisce un po’ ca-sualmente per avvicinarsi al movimento ne-onazista danese: un’organizzazione ferrea, dedita come ovvio al proselitismo. Uno di quei movimenti in cui, una volta avvenu-ta l’iniziazione, la regola è che non se ne può più uscire. Dopo aver dimostrato il suo coraggio pestando un immigrato del centro rifi ugiati, Lars – brillante, intelligente, ca-pace di coniare slogan di propaganda assai effi caci – viene affi ancato, nel suo appren-distato a teorie e pratiche naziste, al fana-tico, supertatuato e muscolare Jimmy, che diventa il suo mentore. I due vivono anche insieme, perché il protagonista è in rotta con la famiglia. Ma fatalmente tra loro scoppia la passione fi sica, che si tramuta in amore. Un rapporto che, in un gruppo che compie raid contro i gay praticamente ogni giorno (anche se i bersagli favoriti sono e restano gli arabi), è ovviamente da tenere segreto. Perché, se fosse scoperto, le conseguenze sarebbero drammatiche... Alla conferenza stampa di presentazione il regista non ha detto tanto riguardo al fat-to di aver scelto di calare questa passione nell’universo della destra estrema, che nell’Europa del Nord e dell’Est diventa sempre più minacciosa, per l’autore della pellicola è solo un escamotage di sceneg-giatura: “Mi serviva per dimostrare il fatto che l’amore non si può controllare, volevo inserirlo in un contesto in cui non è accet-

tato ma in cui nasce lo stesso”. A ispirarlo, prosegue Donato, è stata “la visione alcu-ni anni fa di un documentario che parlava dell’omosessualità nel movimento nazista”. Quanto al perché un personaggio come Lars entri a far parte di quel mondo, taglia corto: “E’ un gesto di ribellione all’infelicità fami-liare, al fatto che i genitori non lo apprez-zano: sarebbe potuto diventare nazi o hip-py, la motivazione sarebbe stata la stessa”. Rifi uto totale, invece, ad affrontare il tema della presenza di queste frange pericolose nel suo Paese: “Di questo non parlo”. Ed è una scelta davvero singolare, la sua. Tanto da far pensare che magari sotto questo netto diniego potrebbero esserci delle minacce. O comunque una qualche forma di paura. Natalia Aspesi sulle pagine della “Repubbli-ca” ha scritto: “un melodramma sentimen-tale e feroce tra i duri maschi del DNSB, il movimento che s’ispira al nazionalsocia-lismo nella libera, democratica e sempre meno ospitale Danimarca. La passione proi-bita, un genere che alimenta tanta letteratu-ra e cinema, non sa più dove aggrapparsi, essendo ormai quasi tutto permesso, tranne ciò che (ancora) costituisce reato. Ma se una coppia gay, che in altri contesti è come tutte le altre – e se vuole mette anche su famiglia – la collochi invece tra omacci razzisti che dan fuoco ai quartieri dei pakistani ma gli fanno più orrore quelli che chiamano froci, ecco che si ricupera l’Amore Impossibile e anche omnia vincit amor, che piace sempre. Dice il regista: “La passione si alimenta con gli ostacoli e i tabù, e non ho trovato di me-glio che l’omofobia politica per raccontare di un appassionato amore. Quindi il neona-zismo è solo un pretesto diciamo letterario, come poteva un tempo essere la guerra tra Capuleti e Montecchi: anche perché il

DNSB in Danimarca non conta nulla”. Però quel piccolo paese in cui un quotidiano pubblicò nel 2005 una serie di vignette anti Maometto, provocando tragiche reazioni in tutto il mondo islamico, è anche uno dei po-chi (compresa l’Italia) in cui i simboli nazi-sti non sono illegali. E, infatti, il picchiatore Jimmy ha tatuato sulla schiena la svastica e sul petto il numero 88, che vuole dire “Heil Hitler”, e suo fratello drogato Patrick ha il simbolo delle SS sul collo. Bandiere nazi e Mein Kampf in casa e come divertimento mettere al rogo fantocci di donne islamiche, insultare gli immigrati di colore (“Tua ma-dre ti ha partorito con un gorilla”) che però si rivoltano a pugni, e in gruppo prendere a calci i gay. Lars è uno di quei bei biondini di buona famiglia con papà muto e mam-ma impicciona. Allontanato dall’esercito, si lascia attrarre da questi giovanotti rapati di gran virilità, che seguono il bionazismo: spaccano le teste ma bevono birra biologi-ca. Sono certi della superiorità della razza bianca, non ce l’hanno coi musulmani pur-ché se ne restino a casa loro. I froci invece non sono né bio né nazi, ma l’orrore in terra, anche se Lars cerca di ricordare che quel-li erano i gusti del capo delle SA, Rohm, forse per questo fatto assassinare da Hitler. Il capo è un insospettabile borghese, il sot-tocapo un melenso ciccione che promuove Lars per il suo slogan: “I pakistani ci co-stano miliardi, una pallottola pochi centesi-mi”. Jimmy e Lars si fi ssano negli occhi, si baciano furiosamente, si sbattono sul letto, la passione li travolge; del resto donne in tutto il fi lm non se ne vedono, il mondo dei bionazi è solo degli uomini purché almeno apparentemente etero.

BROTHERHOOD – FRATELLANZA BROTHERHOOD – FRATELLANZA Esce nelle sale in piena estate, tra premi e polemiche, Brotherhood, il fi lm di Nicolò Donato che racconta l’amore gay tra le fi le dei neo-nazisti danesi.

51giugno-luglio 2010

notiziario anpi

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ANPI - Associazione Nazionale partigiani d’Italia di Reggio Emilia e di Modena

in collaborazione con:

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30 SETTEMBRE / 03 OTTOBRE 201030 SETTEMBRE / 03 OTTOBRE 20104 giorni 3 notti Giovedi’/Domenica4 giorni 3 notti Giovedi’/Domenica

Quota individuale Quota individuale

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min 45 partecipanti

min 45 partecipanti

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Associazione Provinciale di Reggio Emiliavia Maiella, 4 - Tel. 0522 3561

www.cnare.it

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