20 PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI · profondità di trattamento (fino a 1mm)...

18
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI Ver. 01 CAP. 20- PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini prese nti nel testo senza autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633. G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 1 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano CAPITOLO 20 20 PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI Sinossi a superficie esterna di un qualsiasi componente costituisce il suo confine con l’ambiente circostante e, come visto nei capitoli precedenti, può andare soggetta ad un deterioramento per cause chimiche (corrosione) o meccaniche (tribologia). Inoltre, qualsiasi componente deriva da una serie di processi tecnologici, ciascuno dei quali può anche aver lasciato delle tracce (bave, irregolarità, residui dei fluidi di lavorazione) che devono essere rimosse prima di passare al successivo. Infine, ogni componente deve possedere caratteristiche superficiali di tipo funzionale (rugosità, finitura) o estetico (texture, colorazione) che lo rendano adatto allo scopo per cui è stato progettato e costruito. Tutte queste caratteristiche e prestazioni delle superfici possono essere ottenute tramite operazioni di preparazione superficiale (consistente in una pulizia effettuata con tecniche chimiche o meccaniche), di trattamento superficiale (consistente in una modifica superficiale del pezzo volta a conferire le proprietà desiderate), effettuato con tecniche meccaniche, termiche e chimiche, e di rivestimento superficiale (consistente nell’aggiunta al substrato di un rivestimento funzionalizzato), ottenuto per mezzo di processi meccanici, termici, chimici, fisici e elettrochimici, per non trascurare i rivestimenti ceramici e organici, la protezione con tessuti e la verniciatura finale. Di tutto ciò si tratterà nel presente capitolo. 20.1 Preparazioni superficiali già stata più volte sottolineata l’importanza delle superfici, nonché l’influenza esercitata dagli strati di contaminanti adsorbiti o depositati sulle superfici. Una superficie pulita può avere effetti sia positivi che negativi: sebbene una superficie non pulita può ridurre la tendenza all’attrito adesivo, la pulizia è in genere essenziale al fine di una corretta effettuazione delle operazioni successive, quali: rivestimento, verniciatura, incollaggio, saldatura e brasatura, come pure di un corretto funzionamento delle parti di un macchinario e della possibilità di assemblaggio. La pulizia comporta la rimozione da una superficie dei contaminanti solidi, semi-solidi e liquidi; essa costituisce una fase importante dei processi di produzione. Il tipo di processo di pulizia richiesto dipende dalla natura del lubrificante/refrigerante e del contaminante da rimuovere. Per esempio, i fluidi a base acquosa sono più facili e più economici da asportare rispetto a quelli a base oleosa. I contaminanti possono consistere in ruggine, bave di lavorazione, trucioli, lubrificanti liquidi e solidi, residui di pigmenti e vernici, paste per la lucidatura. Esistono due categorie di processi di pulizia, meccanici e chimici: L È

Transcript of 20 PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI · profondità di trattamento (fino a 1mm)...

Page 1: 20 PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI · profondità di trattamento (fino a 1mm) su leghe di titanio e di nickel. Essa viene applicata alle palette dei motori a

TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 20- PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza

autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 1 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano

CAPITOLO

20

20 PREPARAZIONI, TRATTAMENTI

E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI

Sinossi

a superficie esterna di un qualsiasi componente

costituisce il suo confine con l’ambiente

circostante e, come visto nei capitoli precedenti, può

andare soggetta ad un deterioramento per cause

chimiche (corrosione) o meccaniche (tribologia).

Inoltre, qualsiasi componente deriva da una serie di

processi tecnologici, ciascuno dei quali può anche aver

lasciato delle tracce (bave, irregolarità, residui dei

fluidi di lavorazione) che devono essere rimosse prima

di passare al successivo. Infine, ogni componente deve

possedere caratteristiche superficiali di tipo funzionale

(rugosità, finitura) o estetico (texture, colorazione) che

lo rendano adatto allo scopo per cui è stato progettato e

costruito. Tutte queste caratteristiche e prestazioni

delle superfici possono essere ottenute tramite

operazioni di preparazione superficiale (consistente in

una pulizia effettuata con tecniche chimiche o

meccaniche), di trattamento superficiale (consistente

in una modifica superficiale del pezzo volta a conferire

le proprietà desiderate), effettuato con tecniche

meccaniche, termiche e chimiche, e di rivestimento

superficiale (consistente nell’aggiunta al substrato di

un rivestimento funzionalizzato), ottenuto per mezzo

di processi meccanici, termici, chimici, fisici e

elettrochimici, per non trascurare i rivestimenti

ceramici e organici, la protezione con tessuti e la

verniciatura finale. Di tutto ciò si tratterà nel presente

capitolo.

20.1 Preparazioni superficiali

già stata più volte sottolineata l’importanza delle

superfici, nonché l’influenza esercitata dagli strati di

contaminanti adsorbiti o depositati sulle superfici. Una

superficie pulita può avere effetti sia positivi che negativi:

sebbene una superficie non pulita può ridurre la tendenza

all’attrito adesivo, la pulizia è in genere essenziale al fine

di una corretta effettuazione delle operazioni successive,

quali: rivestimento, verniciatura, incollaggio, saldatura e

brasatura, come pure di un corretto funzionamento delle

parti di un macchinario e della possibilità di

assemblaggio. La pulizia comporta la rimozione da una

superficie dei contaminanti solidi, semi-solidi e liquidi;

essa costituisce una fase importante dei processi di

produzione. Il tipo di processo di pulizia richiesto dipende

dalla natura del lubrificante/refrigerante e del

contaminante da rimuovere. Per esempio, i fluidi a base

acquosa sono più facili e più economici da asportare

rispetto a quelli a base oleosa. I contaminanti possono

consistere in ruggine, bave di lavorazione, trucioli,

lubrificanti liquidi e solidi, residui di pigmenti e vernici,

paste per la lucidatura. Esistono due categorie di processi

di pulizia, meccanici e chimici:

L

È

Page 2: 20 PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI · profondità di trattamento (fino a 1mm) su leghe di titanio e di nickel. Essa viene applicata alle palette dei motori a

TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 20- PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza

autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 2 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano

tecniche meccaniche – esse sono volte alla rimozione

fisica dei contaminanti solidi tramite azione

meccanica. Tali tecniche sono spesso utilizzate anche

per sbavare e/o migliorare la finitura superficiale e

possono consistere in:

Spazzolatura;

sabbiatura, effettuata tramite particelle abrasive

(SiO2, Al2O3, SiC) propulse da un getto di aria

compressa o da una ruota di turbina. Può essere

a secco oppure a umido;

burattatura; costituisce la più comune

operazione di finitura in massa. I pezzi da

trattare vengono introdotti in un buratto, cioè un

cilindro a sezione esagonale/ottagonale rotante

(10-50 rpm) attorno all’asse orizzontale,

assieme a particelle abrasive (corindone,

alumina, carburo di silicio). Il moto dei pezzi e

delle particelle abrasive illustrato in Figura 20.1

ne provoca lo strisciamento reciproco e

consente di effettuare operazioni di sbavatura,

arrotondamento degli spigoli, rimozione delle

scagliature superficiali, satinatura e pulizia.

Figura 20.1 - Schema del moto del materiale all’interno

del buratto

pulizia tramite vibrazione: tecnica assimilabile

alla burattatura, il contenitore però non ruota,

bensì vibra ed i tempi ciclo sono così

abbreviati;

pulizia tramite ultrasuoni: è la combinazione di

una tecnica chimica e meccanica. Le parti da

pulire sono contenute in una soluzione acquosa

alcalina 65-85 °C), agitata da vibrazioni ad alta

frequenza (20-45 kHz). Fenomeni di

cavitazione provocano bolle che, implodendo,

danno luogo a onde d’urto capaci di rimuovere i

contaminanti

pulizia tramite getti di vapore.

tecniche chimiche – di solito sono volte

all’asportazione di contaminanti potenzialmente

reattivi, con l’intento di:

preparare la superficie a successive operazioni

migliorare le condizioni igieniche degli

operatori

migliorare l’aspetto e le prestazioni del pezzo.

Non esiste una tecnica adatta a tutte le circostanze; per

scegliere la tecnica migliore occorre tener conto di:

tipologia dei contaminanti da rimuovere

tipologia del substrato da pulire1

livello di pulizia richiesto

obbiettivo della pulizia

fattori ambientali e di igiene del lavoro

forma e dimensioni dei pezzi da pulire

costo

Le tecniche di pulizia possono basarsi su uno dei seguenti

processi chimici:

soluzione

saponificazione

emulsificazione

dispersione

aggregazione

I più comuni fluidi detergenti (di solito utilizzati assieme a

processi elettrochimici per aumentare l’efficienza) sono:

soluzioni alcaline (composti idro-solubili)

emulsioni (cherosene/olio in acqua)

solventi (idrocarburi clorinati)

vapori caldi di solventi clorinati

miscele di acidi, sali e composti metallici.

Poiché la pulizia di parti discrete di forme complesse può

essere difficile, dovrebbero essere seguite delle linee di

condotta progettuali; ad esempio:

evitare fori ciechi molto profondi;

preferire molti piccoli componenti semplici ad uno

grande e complesso;

prevedere adeguati fori di drenaggio per le parti

che devono essere pulite.

Infine, stante la loro tossicità, va posta grande attenzione

nelle operazioni di immagazzinamento, manipolazione,

uso e smaltimento dei prodotti usati per le operazioni di

pulizia.

20.2 Trattamenti superficiali

opo che una parte è stata prodotta e la sua superficie

pulita e preparata, di solito quest’ultima deve essere

ulteriormente trattata per poter acquisire/migliorare certe

proprietà e caratteristiche, quali:

controllo dell’attrito

1 La sostanza utilizzata per la pulizia non deve reagire con il substrato: ad

esempio l’alluminio è dissolto dalla maggior parte degli acidi e delle

alcali, il magnesio dalle alcali, il rame dagli acidi, gli acciai sono inerti agli alcali, ma vengono attaccati praticamente da tutti gli acidi.

D

Page 3: 20 PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI · profondità di trattamento (fino a 1mm) su leghe di titanio e di nickel. Essa viene applicata alle palette dei motori a

TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 20- PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza

autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 3 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano

resistenza all’usura

riduzione dell’adesione

compatibilità con la lubrificazione

resistenza alla corrosione

resistenza a fatica

texture e aspetto superficiale

Esistono numerose tecniche adatte ad impartire queste

caratteristiche superficiali, alcune delle quali sono

elencate nella Tabella 20.1:

Tabella 20.1 - Trattamenti superficiali per i principali metalli

Tali tecniche consistono nell’aggiunta al sub-strato di

rivestimenti (cfr. paragrafo seguente) oppure nella

modificazione superficiale del substrato stesso tramite

trattamenti, descritti nel presente paragrafo. Tutto ciò

tramite tecniche meccaniche, termiche o chimiche:

tecniche meccaniche - le più comunemente adottate

sono:

pallinatura; effettuata tramite sfere di acciaio,

vetro o ceramica (diametro 0.125-5mm)

propulsi ad elevata velocità. La pallinatura

porta come conseguenza principale la creazione

di uno stato di deformazione plastica, con la

conseguente induzione di uno stato di sforzo

residuo di compressione fino ad una profondità

di 0.125mm, che migliora la resistenza a fatica;

pallinatura a getto d’acqua; produce il

medesimo effetto della pallinatura tradizionale,

ma utilizza al posto delle sfere solide un getto

d’acqua alla pressione di 400 MPa;

pallinatura Laser; produce lo stesso effetto

della pallinatura tradizionale, ma grazie

all’azione di un Laser a alta energia specifica

(100-300 Jcm-2

). Si ottengono maggiori

profondità di trattamento (fino a 1mm) su leghe

di titanio e di nickel. Essa viene applicata alle

palette dei motori a turbina;

Figura 20.2 - Illustrazione schematica della rullatura di un

raccordo

rullatura; come mostrato in Figura 20.2, consiste

in una operazione di cold working (vedi anche il

capitolo sulle giunzioni discontinue di strutture

metalliche). Si produce una plasticizzazione

superficiale, la quale induce uno stato di sforzo

Page 4: 20 PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI · profondità di trattamento (fino a 1mm) su leghe di titanio e di nickel. Essa viene applicata alle palette dei motori a

TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 20- PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza

autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 4 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano

residuo di compressione benefico per la fatica.

La tecnica può essere applicata a tutti i metalli,

su superfici piane, cilindriche, coniche, sui

raggi di raccordo di alberi e componenti

idraulici,

indurimento esplosivo; provoca l’aumento di

durezza superficiale tramite una pressione di

contatto di 35 GPa, prodotta dalla detonazione

di esplosivo posto in prossimità della

superficie.

tecniche termiche – le superfici possono essere trattate

termicamente per migliorarne le caratteristiche

d’attrito e di resistenza all’usura, indentazione,

erosione, abrasione e corrosione. I trattamenti termici

superficiali sono efficaci per gli acciai a basso tenore

di carbonio e raggiungono il loro scopo tramite

l’aggiunta solo nello strato superficiale di elementi

quali il carbonio, l’azoto o il boro. Il cuore del metallo

può così mantenere inalterate le proprie caratteristiche.

Tra l’altro, solitamente, i trattamenti termici

superficiali inducono stati di sforzo residui di

compressione, benefici riguardo alla resistenza a

fatica. I principali trattamenti termici superficiali,

elencati in Tabella 20.2 assieme alle procedure e alle

applicazioni, sono:

cementazione (carburizing)

carbo-nitrurazione (carbo-nitriding)

cianizzazione (cyaniding)

nitrurazione (nitriding)

boronizzazione2 (boronizing)

tempra superf. alla fiamma (flame hardening)

tempra sup. per induzione (induction

hardening)

tempra superf. Laser (Laser hardening) (LB)

tempra sup. per resistenza a alta frequenza (HF)

tempra superf. per electron beam (EB)

I primi cinque trattamenti vengono effettuati su acciai

a basso contenuto di carbonio in atmosfere ricche di

uno dei componenti che devono essere adsorbiti

superficialmente (forma solida, liquida o gassosa),

mentre gli ultimi cinque vengono effettuati su acciai

con un sufficiente contenuto di carbonio per essere

efficacemente temprati: in tal caso occorre solo gestire

selettivamente la storia temporale della temperatura,

nei modi in breve descritti di seguito:

tempra superficiale alla fiamma: è una tecnica

semplice e versatile, altamente automatizzabile

2 Molto simile anche la cromizzazione (chromizing), che si effettua a

temperature più alte e per tempi più lunghi, ma produce uno strato di

0.025-0.05mm resistente all’usura, alla corrosione ed alla temperatura.

e controllabile, in cui il pezzo viene riscaldato

superficialmente da torce alimentate da acetilene

C2H2 o propano C3H8, poi temprato. Si ottengono

indurimenti sino alla profondità di circa 2.5mm;

tempra superficiale per induzione: il componente,

che deve essere elettricamente conduttivo, viene

riscaldato da correnti elettromagnetiche generate

da una induttanza (cfr. Figura 20.3) e poi temprato.

La corrente è alternata e ad alta frequenza;

tempra superficiale Laser: un raggio Laser a alta

potenza viene guidato sulla superficie del pezzo

secondo un percorso prestabilito: esso provoca un

subitaneo riscaldamento ed altrettanto rapido

raffreddamento grazie alla conduttività termica;

tempra superficiale per resistenza: una zona

circoscritta del manufatto viene riscaldata grazie

alla vicinanza di una resistenza ad alta frequenza

(400 kHz) e poi temprata grazie alla conduttività

termica. Si possono ottenere durezze fino a 60

HRC, fino ad una profondità di 0.6-0.7mm;

tempra superficiale per electron beam: una zona

molto localizzata del manufatto viene riscaldata per

mezzo di un cannone elettronico ad elevata potenza

e poi temprata grazie alla conducibilità termica. Il

processo deve venir eseguito in vuoto (svantaggio),

ma in tal modo non si producono fenomeni di

ossidazione superficiale (vantaggio).

A conclusione di questo paragrafo, nel quale sono stati

descritti i trattamenti termici atti a migliorare le proprietà

superficiali degli acciai, va citata la decarburazione, che è

un processo superficiale indesiderato che comporta la

perdita di carbonio superficiale e quindi la riduzione della

durezza. La decarburazione avviene in conseguenza di

trattamenti termici complessivi del pezzo in un’atmosfera

ricca di ossigeno, che si lega con il carbonio, e lo asporta.

Per evitare questa decarburazione, tali trattamenti vanno

eseguiti nel vuoto oppure in atmosfera di gas inerte.

tecniche chimiche – in questi processi la superficie di un

substrato è modificata tramite l’inglobamento chimico di

atomi di diversa natura, che ne alterano le caratteristiche:

diffusione: i processi di cementazione, carbo-nitrurazione,

cianizzazione, boronizzazione e nitrurazione, descritti nel

paragrafo precedente, fanno tutti parte di questa categoria,

cui vanno aggiunti l’alluminizzazione (calorizzazione), la

cromizzazione e la silicizzazione, i quali sono in grado di

conferire resistenza alla corrosione ad alta temperatura. I

processi vengono condotti mettendo a contatto in un forno

i manufatti da trattare con polveri o soluzioni del materiale

che si vuol diffondere sulla superficie. Quest’ultimo è

presente nel substrato in una percentuale che va

rapidamente riducendosi allontanandosi dalla superficie,

come mostrato in Figura 20.4.

Page 5: 20 PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI · profondità di trattamento (fino a 1mm) su leghe di titanio e di nickel. Essa viene applicata alle palette dei motori a

TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 20- PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza

autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 5 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano

Tabella 20.2 - Tavola sinottica dei trattamenti termici superficiali

Figura 20.3 - Schema del sistema di tempra per

induzione

Figura 20.4 - Andamento percentuale dell’elemento diffuso

in funzione della profondità nel substrato

ion implantation: rappresenta un’alternativa alla

diffusione quando questa non è conveniente a

Page 6: 20 PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI · profondità di trattamento (fino a 1mm) su leghe di titanio e di nickel. Essa viene applicata alle palette dei motori a

TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 20- PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza

autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 6 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano

causa della troppo alta temperatura necessaria.

La ion implantation consiste nell’inglobamento

in un substrato di atomi di diversa natura

tramite un fascio ad alta energia di particelle

ionizzate. Come mostra la Figura 20.5, lo strato

modificato dalla ion implantation è molto più

sottile e con distribuzione diversa rispetto a

quella derivante dalla diffusione. La tecnica

presenta però anche dei vantaggi, quale: a) la

bassa temperatura di processo, b) controllabilità

e riproducibilità della quantità di ioni

impiantati, c) possibilità di superare i limiti di

solubilità senza fenomeni di precipitazione, d)

nessuna discontinuità tra strato superficiale e

substrato, e) nessun problema di gestione di

sostanze reflue nocive/pericolose.

Figura 20.5 - Andamento percentuale dell’elemento

inglobato tramite ion implantation in funzione della

profondità nel substrato

20.3 Rivestimenti superficiali

er migliorare le caratteristiche superficiali di un

manufatto finito, oltre a modificare la

microstruttura selettivamente, tramite le tecniche

illustrate nel paragrafo precedente, è anche possibile

aggiungere al substrato uno strato superficiale

funzionalizzato, con tecniche di natura meccanica,

termica, chimica, fisica ed elettrochimica:

tecniche meccaniche – in questi casi, lo strato viene

riportato sul substrato per mezzo di azioni meccaniche,

come per esempio la pressione (co-laminazione)

oppure la successione di micro-urti (placcatura):

placcatura, nella quale le lamiere metalliche

vengono rivestite (tramite un processo di co-

laminazione) con uno strato sottile di materiale

resistente alla corrosione. L’esempio tipico

nelle costruzioni aerospaziali può essere

rappresentato dall’ALCLAD3, costituito da una

lamiera di lega d’alluminio prestante

meccanicamente, rivestita con uno strato (di

spessore < 10% del totale) con funzioni di

protezione anodica;

placcatura meccanica, nella quale le parti da

rivestire, la polvere metallica di rivestimento (di

granulometria 5m) e sfere di vetro (diametro

2.5mm) sono burattate assieme, in modo che la

polvere, costituita da un metallo duttile, si

trasferisca sulla superficie dei pezzi sotto forma di

uno strato sottile (0.005-0.025mm) e aderente.

Usualmente si placcano le leghe ferrose, l’ottone e

il bronzo con cadmio, stagno, piombo e zinco; in

quest’ultimo caso si parla di galvanizzazione

meccanica, fino a spessori di 0.075mm;

tecniche termiche – questi metodi fanno uso dell’energia

termica sotto varie forme per solidarizzare al substrato lo

strato funzionalizzato in grado di conferire resistenza alla

corrosione, erosione, usura e ossidazione a caldo:

thermal spray; è un processo in cui il materiale di

rivestimento in forma fusa o semi-fusa viene

spruzzato (velocità 100-1200ms-1

) sul substrato per

mezzo di un flusso gassoso generato da una

fiamma, un arco elettrico o un arco al plasma. I

rivestimenti possono essere metalli o leghe,

ceramiche, cermets e taluni polimeri. I substrati

possono essere metalli, ceramiche, polimeri, ma

anche vetro, polimeri, legno e carta. Si ottiene un

rivestimento con struttura stratiforme che può

anche presentare porosità (sino al 20%). Sono

disponibili diverse tecniche, le prime tre delle quali

sono schematicamente illustrate in Figura 20.6

oxyfuel con materiale di rivestimento in forma di

filo;

oxyfuel con materiale di rivestimento in forma di

polvere;

all’arco al plasma (fino a 8300 °C);

detonation-gun (con prestazioni simili al

precedente);

high-velocity oxyfuel gas spraying (HVOF), simile

al precedente, ma più economico;

all’arco elettrico (processo economico).

3 Le tipologie di ALCLAD più comuni sono:

lamiera in 2024 placcata con alluminio 1230

lamiera in 3003, 6061 o 7178 placcata con lega

7072

P

Page 7: 20 PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI · profondità di trattamento (fino a 1mm) su leghe di titanio e di nickel. Essa viene applicata alle palette dei motori a

TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 20- PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza

autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 7 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano

Figura 20.6 - Rappresentazione schematica delle

operazioni di thermal spraying: a) thermal wire; b)

thermal metal-powder; c) plasma spray

Questa tecnica può produrre rivestimenti spessi

(fino a 2.5mm) resistenti a corrosione, erosione,

alta temperatura e capaci di conferire proprietà

aggiuntive come conducibilità/resistività

elettrica oppure schermatura elettromagnetica.

Infine essa può servire per riparare componenti

danneggiati/ usurati: rappresenta la tecnica più

utilizzata per ripristinare i componenti dei

motori aeronautici;

rivestimento (riporto) duro; è un processo nel

quale uno strato (spesso anche fino a 10mm) di

materiale duro è solidarizzato al substrato

tramite tecniche di saldatura convenzionale. La

tecnica si presta non solo al rivestimento, ma

anche alla riparazione (per esempio di stampi

usurati) e può utilizzare come materiali di

rivestimento acciaio, leghe al cobalto e leghe al

nickel. Poiché si ha fusione tra substrato e

rivestimento, la tecnica è adatta per produrre

rivestimenti resistenti alla usura abrasiva, cosa

impossibile per il thermal spraying, ove

l’aggrappaggio è solo meccanico;

riporto di rivestimenti flessibili; si tratta di un

processo in cui un supporto flessibile

impregnato di polvere metallica oppure

ceramica molto dura (carburo di tungsteno WC

di durezza 70 Rockwell C), unito a un foglio di

agente di brasatura, viene steso sul substrato e

ad esso solidarizzato tramite l’apporto di calore,

che fonde l’agente brasante;

rivestimento per immersione; i pezzi singoli,

lamiere o estrusi (nel caso di processi in continua

mostrati in Figura 20.7), generalmente di acciaio,

vengono immersi in metallo fuso (zinco a 450°C,

stagno oppure alluminio) onde ottenere uno strato

protettivo di 150-900 gm-2

(cioè 0.04-0.09mm)

dipendente dal tempo di immersione. La tecnica è

molto efficace4 nella protezione dalla corrosione,

sia nella forma di barriera protettiva, sia in quella

di strato anodico sacrificale.

Figura 20.7 - Linea di produzione di lamiere d’acciaio

zincate

tecniche fisiche – consistono essenzialmente nei processi

di physical vapour deposition (PVD), nei quali un

materiale viene convertito nella sua fase vapore in una

camera a vuoto e poi condensato sulla superficie di un

substrato sotto forma di uno strato sottile (nm). Il PVD

può essere usato per applicare una grande varietà di

materiali di rivestimento: metalli e loro leghe, ceramiche e

anche alcuni polimeri. I possibili substrati sono metalli,

vetro e polimeri. Oltre ad applicazioni di tipo estetico

(riporti di alluminio) e funzionale (fluoruro di magnesio

MgF2 per conferire proprietà antiriflesso alle lenti), il

PVD viene estesamente impiegato per rivestire di nitruro

di titanio TiN le superfici di substrati che necessitano di

una elevata resistenza all’usura (utensili e stampi). Tutti i

processi di PVD consistono nei passi seguenti:

1) sintesi del vapore

2) trasporto del vapore al substrato

3) condensazione del vapore sulla superficie

4 Il processo produce uno strato di transizione di composizione variabile: vicino al substrato si formano composti intermetallici dei due metalli;

nella parte esterna si trovano invece leghe in forma di soluzione solida

con prevalenza del metallo di rivestimento. Grazie a questo strato di transizione, viene conferita al rivestimento un’eccellente adesione.

Page 8: 20 PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI · profondità di trattamento (fino a 1mm) su leghe di titanio e di nickel. Essa viene applicata alle palette dei motori a

TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 20- PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza

autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 8 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano

Questi passaggi vengono di solito condotti a

temperature variabili da 200 a 500 °C in una camera a

vuoto, la quale deve quindi essere evacuata prima di

procedere con PVD.

La sintesi del vapore che costituirà il rivestimento può

essere effettuata con modi diversi, per esempio tramite

il riscaldamento con una resistenza o il bombardamento

con ioni per vaporizzare un materiale solido o liquido.

Queste alternative danno luogo a processi diversi, illustrati

nella Tabella 20.3, raggruppati in tre tipi principali:

evaporazione in vuoto, sputtering e placcatura ionica, visti

nel seguito.

Tabella 20.3 - Tavola sinottica delle principali tecniche di PVD

evaporazione in vuoto: il metallo da

vaporizzare evapora nel vuoto ad alta

temperatura e viene depositato sul substrato,

che è a temperatura ambiente o poco superiore.

Si possono ottenere film di spessore uniforme

anche su superfici complesse. Nella tecnica di

evaporazione all’arco (PV/ARC), illustrata in

Figura 20.8, il materiale di rivestimento

(catodo) è evaporato tramite numerosi

evaporatori ad arco (in figura, per semplicità,

ne è rappresentato uno solo), usando archi

elettrici localizzati.

Figura 20.8 - Apparato di PVD tramite evaporazione in

vuoto

Questi ultimi producono un plasma altamente

reattivo, costituito dal vapore ionizzato del

materiale di rivestimento; il vapore condensa

poi sul substrato (anodo), ricoprendolo. Questa

tecnica viene usata sia per scopi decorativi che

funzionali (superfici resistenti all’ossidazione

ad alta temperatura).

sputtering: un campo elettrico ionizza un gas inerte

(generalmente argon). Gli ioni positivi bombardano

il catodo costituito dal materiale di rivestimento,

causando lo sputtering (eiezione) dei suoi atomi, i

quali condensano poi sul pezzo da rivestire, che è

riscaldato per migliorarne l’adesione, come

mostrato nella Figura 20.9.

Figura 20.9 - Apparato di PVD tramite tecnica di sputtering

Nella tecnica di sputtering reattivo, il gas inerte

viene sostituito da un gas reattivo (p.e. ossigeno),

nel qual caso gli atomi si ossidano e ne consegue la

deposizione di ossidi, quali carburi e nitruri. Con

questa tecnica si possono altresì ottenere

rivestimenti sottili di polimero su substrati

metallici o polimerici, in quanto si ottiene la

polimerizzazione del plasma. Nel caso di materiali

non conduttivi (isolatori elettrici o dispositivi

semiconduttori) si adotta lo sputtering per radio-

frequenza (RF).

placcatura ionica: rappresenta una definizione

generica che si riferisce a quei processi che

combinano evaporazione in vuoto e sputtering.

Come illustrato in Figura 20.10, un campo elettrico

Page 9: 20 PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI · profondità di trattamento (fino a 1mm) su leghe di titanio e di nickel. Essa viene applicata alle palette dei motori a

TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 20- PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza

autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 9 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano

causa il generarsi di un’incandescenza, la quale

produce un plasma.

Figura 20.10 - Apparato di PVD tramite tecnica di

placcatura ionica

In questo processo gli atomi vaporizzati sono

solo parzialmente ionizzati. Di recente è stata

sviluppata una tecnica ibrida chiamata dual ion-

beam assisted deposition, la quale combina il

PVD con un simultaneo bombardamento

ionico. Con essa si producono rivestimenti ben

aderenti su metalli, ceramiche e polimeri.

tecniche chimiche – consistono di fatto nei processi di

chemical vapour deposition (CVD), i quali comportano

l’interazione tra una miscela di gas e la superficie

riscaldata del substrato, il che provoca la

decomposizione chimica di alcuni costituenti dei gas e

la formazione di un film solido sul substrato. Per

questi motivi, la tecnica si differenzia dal PVD, che è

un processo strettamente fisico in quanto comporta la

deposizione di un film sul substrato per condensazione

dalla fase vapore. La reazione di CVD avviene in un

reattore ed i prodotti di reazione (siano essi metalli o

composti) nucleano e crescono sulla superficie del

substrato per formare il rivestimento. La maggior parte

delle reazioni di CVD richiedono calore, sebbene le

reazioni possano basarsi anche su altre forme di

energia, quali la luce ultravioletta o il plasma: ciò

dipende dalla natura dei materiali coinvolti. Il CVD

può venir effettuato in campi di pressione e

temperatura molto estesi e può essere applicato

praticamente a tutti i materiali, con risultati però molto

diversi in termini di aggrappaggio del rivestimento al

substrato. Questa tecnica viene applicata nei casi che

necessitano di resistenza all’usura, erosione,

corrosione ed agli shock termici. Nel campo

aeronautico e spaziale essa trova applicazione nel

rivestimento delle palette di turbina dei motori a getto

con leghe refrattarie e nella produzione delle celle

solari per i veicoli spaziali. I tipici vantaggi enumerati

per il CVD comprendono:

capacità di depositare materiali refrattari a

temperature inferiori alla loro temperatura di

fusione o sinterizzazione;

possibilità di controllo della dimensione dei grani

cristallini;

non necessità di reattori a vuoto, in quanto il

processo è condotto a pressione ambiente;

buon aggrappaggio del rivestimento al substrato;

Per altro, il CVD presenta altresì taluni svantaggi:

la natura corrosiva/tossica dei materiali coinvolti

richiede camere stagne e impianti di pompaggio e

smaltimento dei residui;

taluni reagenti sono estremamente costosi;

il rateo di utilizzazione del materiale è basso.

In generale i metalli adatti alla elettro-deposizione non

sono adatti alla CVD a causa della tossicità e del costo dei

reagenti richiesti. I metalli più adatti per essere rivestiti

tramite CVD sono titanio, molibdeno, tantalio e vanadio. I

rivestimenti più comuni sono alumina Al2O3, biossido di

silicio SiO2, nitruro di silicio Si3N4, carburo di titanio TiC

e nitruro di titanio TiN. I gas reattivi o vapori più

comunemente usati sono gli idruri, i cloruri, i fluoruri

metallici, oltre ad idrogeno, azoto, metano, anidride

carbonica e ammoniaca. La tecnica CVD viene condotta

in un reattore (cfr. Figura 20.11) che consiste in:

sistema di adduzione dei reagenti;

camera di deposizione;

sistema di riciclaggio e/o smaltimento.

Di fatto, i sistemi di adduzione differiscono in dipendenza

della natura dei reagenti (gas, liquidi o solidi). La camera

di deposizione contiene il substrato ed in essa avviene la

reazione chimica che porta alla deposizione del film sul

substrato. La reazione avviene ad elevate temperature e il

substrato deve essere riscaldato per induzione/radiazione:

in dipendenza del tipo di reazione, la temperatura di

processo può variare da 250 a 1950 °C. Infine, il sistema

di smaltimento deve essere in grado di raccogliere e

rendere innocuo ogni residuo che sia tossico, corrosivo o

infiammabile.

I rivestimenti ottenuti con CVD sono in genere più spessi

di quelli ottenibili con il PVD5, ma il ciclo tecnologico

tipico del CVD è molto lungo, poiché consiste in:

tre ore per il riscaldamento;

quattro ore di rivestimento;

sei-otto ore per il raffreddamento.

5 Lo spessore dipende dalla portata dei gas reagenti, dalla temperatura e

Page 10: 20 PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI · profondità di trattamento (fino a 1mm) su leghe di titanio e di nickel. Essa viene applicata alle palette dei motori a

TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 20- PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza

autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 10 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano

Figura 20.11 - Schema di un tipico impianto per CVD

Esistono per altro tecniche alternative alla CVD a

pressione atmosferica sin qui descritta, ovvero:

CVD a bassa pressione, che presenta i vantaggi

del buon controllo della struttura e di

uniformità dello spessore, elevati ratei di

rivestimento e bassi costi;

CVD a media temperatura, la quale presenta il

vantaggio fondamentale di una minor

sensibilità alla cricca dello strato deposto

rispetto alla CVD convenzionale;

plasma-assisted CVD, che presenta i vantaggi

di richiedere una minor temperatura del

substrato, di una miglior adesione e di maggiori

ratei di deposizione.

tecniche elettrochimiche – sono costituite da processi

in grado di rivestire un substrato (non necessariamente

metallico) con uno strato funzionalizzato, tramite

reazioni elettrochimiche. A seconda che tale strato sia

costituito da un metallo puro, piuttosto che da un

composto, si parlerà di tecniche di elettroplaccatura o

tecniche di rivestimento per conversione, analizzate

nel seguito.

I processi di elettroplaccatura comportano la

formazione di un sottile strato di metallo su un

substrato anche non metallico tramite una reazione

elettrochimica. Essi si basano sulle due leggi di

Faraday, le quali stabiliscono rispettivamente:

1) la massa di una sostanza liberata in un processo di

elettrolisi è proporzionale alla quantità di elettricità

passata attraverso la cella elettrolitica;

2) la massa del materiale liberato è proporzionale al suo

equivalente elettrochimico (ovvero al rapporto tra il

peso atomico e la sua valenza).

Tali effetti possono essere sintetizzati nell’equazione:

V = CIt

Essendo: V [mm3] il volume del materiale che va a

costituire il rivestimento; C [mm3A

-1s] la costante di

placcatura, dipendente dall’equivalente elettrochimico e

dalla densità; I [A] la corrente; t [s] tempo di applicazione

della corrente. Il prodotto It rappresenta la carica elettrica

passata attraverso la cella; il valore di C indica la quantità

di materiale di rivestimento depositato sul pezzo (catodo)

da placcare per unità di carica elettrica.

Per la maggior parte dei metalli da placcatura, non tutta

l’energia elettrica disponibile nel processo viene usata per

la deposizione: una parte dell’energia può essere

consumata in altre reazioni, quali la liberazione di

idrogeno al catodo. Ciò riduce la quantità di materiale che

va a costituire la placcatura. La quantità reale di materiale

depositato sul catodo divisa per la quantità teorica,

calcolabile tramite l’equazione di Faraday (cfr. sopra)

costituisce l’efficienza del catodo. Considerando tale

efficienza, è possibile derivare una più efficiente

equazione per determinare la quantità di materiale che va

a costituire il rivestimento:

V = ECIt

dove E rappresenta l’efficienza del catodo, mentre gli altri

termini sono già stati definiti precedentemente.

La Tabella 20.4 riporta alcuni valori tipici di efficienze del

catodo E e di costanti di placcatura C. Lo spessore medio

della placcatura s può essere facilmente ricavato dalla:

s = V/A

essendo A l’area della superficie del pezzo da placcare.

Tabella 20.4 - Valori di efficienze del catodo E e di costanti di placcatura C per i principali metalli da placcatura

Page 11: 20 PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI · profondità di trattamento (fino a 1mm) su leghe di titanio e di nickel. Essa viene applicata alle palette dei motori a

TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 20- PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza

autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 11 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano

I più comuni processi tecnologici basati sui principi sin

qui presentati sono: elettroplaccatura, elettroformatura

e placcatura senza corrente (electroless plating):

elettroplaccatura6: nota anche come placcatura

elettrochimica, è un processo elettrolitico in cui

gli ioni metallici in una soluzione elettrolitica

vengono depositati sul pezzo (catodo). L’anodo

è in genere costituito del metallo con cui si

vuole effettuare la placcatura e quindi

costituisce la sorgente di tale materiale. Come

mostrato in Figura 20.12, la corrente continua

fornita da un generatore esterno passa

attraverso l’anodo e il catodo. L’elettrolita è

una soluzione acquosa di acidi, basi o sali: essa

conduce la corrente grazie al movimento degli

ioni metallici in soluzione, liberati dall’anodo.

Figura 20.12 – Schema del processo di elettroplaccatura

Un buon risultato finale presuppone la

preliminare pulizia chimica del pezzo da

placcare. Inoltre, componenti di forma

complessa possono dar luogo a spessori di

placcatura non uniformi. Per evitare tale

eventualità, è conveniente adottare gli

accorgimenti di progetto illustrati in Figura

20.13.

La placcatura può essere effettuata entro

contenitori cilindrici rotanti (per pezzi piccoli e

numerosi) oppure sospendendo i pezzi più

grandi e pesanti su intelaiature di fili di rame

oppure, infine, in continua, tramite strisce che

transitano attraverso il bagno elettrolitico. I più

comuni metalli per placcatura sono zinco,

6 Esiste anche il processo inverso all’elettroplaccatura, detto

lucidatura elettrochimica (o elettrolucidatura), nel quale l’elettrolita attacca i picchi della rugosità superficiale del pezzo più velocemente

di quanto non faccia con il resto della superficie: si ottengono così

superfici a specchio anche per pezzi di geometria complessa, cosa difficile tramite i convenzionali metodi di lucidatura meccanica.

nickel, rame, stagno, cromo e talvolta anche i

metalli preziosi (argento, oro e platino), per

conferire resistenza (sacrificale) alla corrosione, ed

all’usura e migliorare la conduttività elettrica.

Figura 20.13 - Accorgimenti di progetto per evitare il

costituirsi di spessori disuniformi di placcatura

elettroformatura: si tratta di un processo

virtualmente identico all’elettroplaccatura, ma con

un obbiettivo del tutto differente. Infatti essa

comporta la deposizione elettrolitica di un metallo

su una preforma, finché viene raggiunto lo spessore

voluto: a questo punto la preforma viene rimossa

ed il pezzo liberato. Gli spessori sono ben superiori

a quelli dell’elettroplaccatura (0.05mm). Le

preforme possono essere di due tipi: permanenti (e

in questo caso devono essere provviste di un

angolo di spoglia) o distruggibili (fondibili

metalli basso-fondenti, polimeri, cere oppure

solubili alluminio in idrossido di sodio). Se la

preforma è fatta con un materiale non conduttivo,

esso deve essere metallizzata7.

electroless plating: consiste in un processo di

placcatura interamente basato su reazioni chimiche,

senza alcun apporto esterno di energia elettrica. Il

processo avviene in una soluzione acquosa

contenente gli ioni del metallo che si vuole

depositare. Si usa un agente riducente ed il pezzo

da placcare funge da catalizzatore per la reazione.

Solo pochi metalli possono essere utilizzati

(tipicamente oro, rame, nickel e talune sue leghe),

ma sempre a costi superiori a quelli della

placcatura elettrochimica tradizionale. Rispetto a

quest’ultima, i vantaggi consistono in: maggior

uniformità dello strato e non necessità di substrati

metallici e di corrente continua.

Le tecniche di rivestimento per conversione

consistono in processi nei quali viene creato un

7 Un caso esemplificativo è costituito dagli stampi per la formatura in autoclave dei materiali compositi, realizzati in nickel elettrodeposto. In

questa circostanza (meglio dettagliata nel capitolo sugli stampi di

formatura dei compositi), da un modello in positivo si ottengono stampi complementari in vetroresina: Questi vengono ricoperti da una vernice

conduttiva e poi sottoposti a formatura elettrochimica (con nickel). Si

ottiene così un numero grande a piacere di stampi tutti perfettamente identici, in quanto ricavati da un unico modello originario.

Page 12: 20 PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI · profondità di trattamento (fino a 1mm) su leghe di titanio e di nickel. Essa viene applicata alle palette dei motori a

TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 20- PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza

autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 12 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano

sottile strato di ossido, fosfato o cromato su di

un substrato metallico, grazie a reazioni

chimiche o elettrochimiche, innescate per

immersione o spruzzatura. Praticamente tutti i

metalli possono essere trattati con questa

tecnologia e traggono giovamento in termini di

resistenza a corrosione e usura, miglioramento

di conducibilità elettrica e lubrificabilità,

nonché preparazione alla verniciatura. I

rivestimenti per conversione si dividono in due

categorie: trattamenti chimici e anodizzazione.

La prima comprende processi basati

esclusivamente su reazioni chimiche, quali la

fosfatazione e la cromatazione.

Nell’anodizzazione, l’ossido di rivestimento

deriva invece da una reazione elettrochimica (il

termine anodizzazione è infatti la contrazione di

ossidazione anodica). È questo un processo

tipico dell’alluminio e delle sue leghe. Nel

seguito si illustrano meglio tali due categorie di

tecniche.

rivestimenti di conversione chimici: hanno lo

scopo di formare un sottile strato non-metallico

protettivo del substrato; i più comuni sono:

rivestimento con fosfati: trasforma il metallo

del substrato in un fosfato protettivo tramite

l’esposizione ad una soluzione di sali di fosfato

e di acido fosforico. Si ottengono spessori di

0.0025-0.05mm su componenti in ferro o zinco,

allo scopo di prepararli alla verniciatura;

rivestimento con cromati: converte il metallo

base in un film di cromato per mezzo di

soluzioni di sali di cromo e acido cromico. Si

ottengono strati sottili (0.0025mm) su

alluminio, magnesio, cadmio, rame e zinco

come protezione alla corrosione e preparazione

alla verniciatura;

anodizzazione: diversamente dagli altri

processi, essa consiste in un trattamento

elettrolitico in grado di generare uno strato

stabile di ossido su una superficie metallica. I

metalli normalmente anodizzati sono

l’alluminio, il magnesio ed il titanio allo scopo

di proteggerli dalla corrosione. È necessario

mettere in rilievo le differenze tra placcatura

elettrochimica e anodizzazione. Nella prima, il

pezzo da placcare è il catodo; nella seconda, il

pezzo da anodizzare è l’anodo (la cella di

anodizzazione agisce da catodo). Inoltre, nella

prima, il rivestimento deriva dalla crescita per

adesione di ioni di un secondo metallo sul

metallo base del substrato; nella seconda, il film

superficiale deriva dalla reazione chimica del

metallo base del substrato, che si trasforma nel

suo ossido. Si ottengono strati (anche colorati)

di spessore variabile tra 0.0025 e 0.0075mm;

spessori maggiori (fino a 0.25mm) si ottengono

tramite l’anodizzazione dura, che conferisce una

protezione contro la corrosione e contro l’usura.

rivestimenti ceramici – i metalli possono essere rivestiti

con film vetrosi per conferire resistenza alla corrosione e

alle alte temperature oppure resistività elettrica. Questi

rivestimenti di solito sono definiti smalti porcellanati,

consistenti in film di ossidi metallici. Il processo di

rivestimento consiste nei seguenti passi:

1) preparazione del materiale di rivestimento sotto forma

di polvere sottile (fir);

2) applicazione sulla superficie della polvere secca o

della sua soluzione colloidale acquosa (slip) tramite

tecniche di spruzzatura, immersione, deposizione

elettrostatica o elettrodeposizione;

3) asciugatura a bassa temperatura (opzionale);

4) cottura (sinterizzazione), consistente nella fusione

delle polveri sul substrato a temperature di 450-1000

°C per ottenere un rivestimento non poroso di spessore

0.05-2mm.

Nel campo aerospaziale questi rivestimenti vengono

largamente impiegati nei componenti dei motori a getto,

come le palette di turbina e l’interno delle camere di

combustione, per conferire resistenza alla corrosione ad

alta temperatura.

Oltre agli smalti porcellanati vengono usati altri tipi di

ceramiche (tipicamente alumina Al2O3 e zirconia ZrO2)

per ottenere rivestimenti refrattari. Il processo consiste in

un’applicazione a freddo delle polveri (con l’ausilio di un

legante) seguita dalla sinterizzazione ad alta temperatura.

Da ultimo, in questa categoria di rivestimenti vanno

annoverati anche i rivestimenti in diamante o diamond-

like carbon (DLC), spessi pochi nm ed applicati con

tecniche di chemical vapour deposition, plasma-assisted

vapour deposition o ion-beam enhanced deposition sui

trasparenti degli aeromobili, in modo da renderli resistenti

all’abrasione, grazie all’eccellente durezza del diamante.

rivestimenti organici – consistono in polimeri o resine

naturali o sintetici, in genere formulati per essere applicati

allo stato liquido e poi asciugare o indurire sotto forma di

film sottile (0.0025-0.2mm) sulla superficie del substrato.

In genere, questi rivestimenti devono possedere durezza,

flessibilità, durabilità, resistenza a corrosione e abrasione.

In più, nei casi critici (per esempio di un aeromobile

imbarcato) essi devono garantire la resistenza all’elevata

umidità, pioggia, nebbia salina, inquinanti, carburanti,

lubrificanti, fluidi anti-ghiaccio e acidi delle batterie. In

altri casi, essi devono resistere all’impatto della ghiaia e

all’erosione della sabbia. Infine, essi devono provvedere

alla colorazione dell’a/m a scopo estetico (riconoscimento

commerciale: compagnie aeree) e funzionale (camouflage

dei velivoli militari). A questo fine, la struttura esterna in

pannelli di lega d’alluminio dei velivoli viene rivestita con

Page 13: 20 PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI · profondità di trattamento (fino a 1mm) su leghe di titanio e di nickel. Essa viene applicata alle palette dei motori a

TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 20- PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza

autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 13 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano

uno o più strati di primer epossidico e da uno o più

strati di vernice a finire poliuretanica con durata 4-6

anni.

Le vernici organiche sono formulate così da contenere:

leganti, costituiti da polimeri e resine che

determinano le caratteristiche della vernice allo

stato soldo, ovvero durezza, resistenza,

adesione al substrato e capacità filmogena. I

leganti più comuni sono poliestere,

poliuretanici, epossidici, acrilici e cellulosici,

nonché olii naturali;

pigmenti, conferiscono il colore alla vernice e

possono consistere in sostanze chimiche

solubili nel legante o particelle finissime

insolubili; in questo ultimo caso, irrobustiscono

la vernice;

solventi, servono per diluire il legante ed altri

additivi nella vernice; possono essere

idrocarburi aromatici o alifatici, alcool, esteri o

chetoni;

additivi, possono essere tensioattivi per

migliorare la stendibilità della vernice, biocidi e

fungicidi, stabilizzanti rispetto al congelamento,

alle alte temperature e raggi UV, plasticizzanti,

agenti per stimolare la coalescenza o per inibire

la formazione di schiuma o, infine, catalizzatori.

I metodi per applicare un rivestimento organico su di una

superficie dipendono dalla sua composizione, spessore,

dimensioni della parte da verniciare, tempo disponibile,

condizioni ambientali e costo. Nel caso delle costruzioni

aeronautiche, trattato in maggior dettaglio nel paragrafo

seguente, è di importanza fondamentale che la superficie

sia in primis pulita, trattata chimicamente (anodizzazione,

fosfatazione, cromatazione) e preparata con un primer. Il

parametro critico dell’operazione di verniciatura consiste

nell’efficienza di trasferimento, pari al rapporto tra la

quantità di vernice che va effettivamente a rivestire il

substrato e la quantità totale di vernice disponibile per

l’operazione. Le tecniche di applicazione più comuni

(alcune delle quali vengono illustrate in Figura 20.14)

sono:

a pennello, non usata in aeronautica, se non per

piccoli ripristini locali;

a spruzzo, dove la vernice viene atomizzata e le

micro-gocce, una volta raggiunta la superficie, si

riuniscono per formare un film omogeneo; può

essere un processo manuale o automatico, con una

bassa efficienza di trasferimento (30% circa), la

quale può venir migliorata (fino al 90%) con la

spruzzatura elettrostatica, nella quale le gocce

vengono caricate elettrostaticamente ed attratte

dalla superficie, elettricamente messa a terra;

Figura 20.14 - Metodologie di applicazione della vernice: a) a immersione; b) a spruzzo; c) elettrostatica

ad immersione, dove un pezzo viene immerso

in una vasca contenente la vernice o investito

da getti di vernice durante il suo percorso. In

ambo i casi, la vernice in esubero viene

recuperata, filtrata e riutilizzata. Per migliorare

l’adesione, substrato e vernice possono venir

elettricamente caricati con segno opposto.

Una volta applicati, i rivestimenti organici devono

convertirsi da liquidi a solidi tramite il processo di

asciugatura, che avviene in virtù dell’evaporazione del

solvente. Per acquisire le caratteristiche finali, la

vernice deve infine andar soggetta ad un ulteriore

meccanismo di conversione, la reticolazione, che può

avvenire:

a temperatura ambiente evaporazione del

solvente ed ossidazione della resina;

a elevata temperatura accelerata evaporazione

del solvente e polimerizzazione della resina;

tramite catalizzatore la resina deve venir

preventivamente addizionata di catalizzatore per

poter reticolare (epossidiche e poliuretaniche);

tramite radiazione la resina richiede energia,

sotto forma di micro-onde, raggi ultravioletti o

electron-beam per reticolare.

I rivestimenti organici ed i metodi di applicazione visti

finora presuppongono vernici allo stato liquido. Esistono

però anche vernici in polvere, che vengono applicate allo

stato secco, fuse sulla superficie del substrato per formare

un film liquido uniforme, il quale infine risolidifica come

rivestimento solido. Le vernici a polvere si dividono in:

Page 14: 20 PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI · profondità di trattamento (fino a 1mm) su leghe di titanio e di nickel. Essa viene applicata alle palette dei motori a

TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 20- PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza

autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 14 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano

termoplastiche (polivinilcloruro, poliammide,

poliestere, polietilene e polipropilene), danno

spessori elevati, variabili da 0.1 a 0.3mm;

termoindurenti (epossidiche e acriliche), danno

spessori più sottili (0.025-0.075mm); vengono

applicate allo stato non reticolato;

polimerizzano poi grazie all’azione di energia +

catalizzatore.

I metodi di applicazione delle vernici a polvere sono

due:

a spruzzo: le particelle possiedono una carica

elettrostatica e sono propulse da aria compressa

verso il pezzo da verniciare. La fusione delle

particelle avviene contestualmente al contatto

con il pezzo (se questo è stato preventivamente

riscaldato) oppure in un secondo tempo, in

forno;

a letto fluido: il pezzo che deve essere

verniciato (preventivamente riscaldato) passa

attraverso un letto fluido, in cui le particelle

sono mantenute in sospensione da un flusso

d’aria. Le particelle si fondono sulla superficie

del pezzo e formano il rivestimento; per

migliorare l’adesione, esse possono anche venir

caricate elettrostaticamente.

20.4 Finitura degli aeromobili

el paragrafo precedente si è dato un cenno

generale alle tecnologie di verniciatura, quale

fase finale del processo produttivo. Esse vengono ora

maggiormente contestualizzate e specificate, con

riferimento a quattro casi tipici delle costruzioni

aeronautiche: aeromobili con rivestimento in metallo,

in legno, in tela e casi particolari, come quelli dei

galleggianti degli a/m idrovolanti e anfibi.

Figura 20.15 - Aeromobile preparato per la verniciatura

rivestimenti in metallo – prima di procedere con la

verniciatura, le superfici devono essere

preventivamente liberate da contaminanti e residui di

eventuali precedenti verniciature con opportuno

sverniciatore (cfr. Figura 20.15); devono altresì essere

eliminate anche eventuali tracce di corrosione; si procede

poi con la finitura vera e propria, che consiste nelle

seguenti tre fasi:

trattamento di conversione: come visto sopra, ha lo

scopo di creare uno strato inerte protettivo ed è

effettuato alternativamente con:

soluzioni di acido cromico

soluzioni di acido fosforico;

stesura del primer: esso ha la funzione di fornire

un buon aggrappaggio per la verniciatura finale.

Deve essere steso in diverse “mani” di minimo

spessore (0.01mm circa) sempre carteggiato per

garantire un’opportuna rugosità. I tipi dipendono

dalla natura del metallo e possono essere:

wash primer, molto popolare perché reticola in

tempi brevi (1/2 ora), ma richiede una certa

umidità atmosferica;

primer epossidico, è un bi-componente, richiede 24

ore prima della verniciatura, offre grande

protezione alla corrosione;

cromato di zinco, è il classico primer aeronautico

(MIL-P-8585), è di colore verde/giallo; offre però

minor adesione dei wash primer e minor durabilità

dei primer epossidici;

verniciatura di finitura: può venir effettuata con

lacche (che reticolano grazie all’evaporazione dei

solventi) o smalti (che reticolano tramite la

conversione dei solventi calore/catalisi); i tipi

comunemente utilizzati sono:

lacche acriliche, molto resistenti alla abrasione;

richiedono però 30 giorni di reticolazione;

lacche sintetiche, meno dure ma più flessibili delle

precedenti; anch’esse necessitano di 30 giorni di

reticolazione

smalti poliuretanici, sono i rivestimenti più difficili

da utilizzare, presentano problemi di tossicità, ma

garantiscono elevata resistenza e lunga durata;

smalti poliuretanici solubili in acqua.

In ogni caso, sia i primer che le vernici di finitura vanno

applicati in ambienti controllati, sia per quanto riguarda il

pericolo d’incendio (messa a terra della struttura onde

evitare scariche elettrostatiche, apparecchiature elettriche

speciali, etc.) e la nocività dei prodotti volatili per gli

operatori (sistemi di ventilazione con captazione a livello

del terreno, maschere e indumenti protettivi, etc.). Tutte le

sostanze vanno stese a spruzzo (la Figura 20.16 mostra lo

schema di una pistola ad aria compressa), con portate non

inferiori a 0.05 m3h

-1 e pressioni di 4-5 bar.

N

Page 15: 20 PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI · profondità di trattamento (fino a 1mm) su leghe di titanio e di nickel. Essa viene applicata alle palette dei motori a

TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 20- PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza

autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 15 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano

Figura 20.16 - Schema del sistema di atomizzazione per

verniciatura

Inoltre, per garantire uno spessore uniforme, le passate

devono essere date (alla corretta distanza ed

inclinazione) con un’opportuna sovrapposizione (cfr.

Figura 20.17)

Figura 20.17 - Sovrapposizione delle passate durante la

verniciatura

in direzioni definite (lungo l’apertura e lungo la

corda), alternate e secondo una precisa sequenza

(Figura 20.18a,b).

Infine, un’eccessiva velocità di rimescolamento delle

vernici e dei primer o un’atomizzazione troppo spinta

può intrappolare aria e/o solventi, i quali possono poi

venire in superficie sotto forma di bolle (cfr. Figura

20.19).

rivestimenti in legno – molto spesso i rivestimenti in

compensato degli aerei e degli alianti sono protetti da

un tessuto molto sottile di poliestere (Dacron) o di

tessuti, il quale non ha responsabilità strutturali, bensì

il compito di conferire una buona finitura superficiale

e di proteggere il compensato dall’attacco ambientale.

In dipendenza del tipo di tessuto, le procedure di

applicazione sono:

per tessuti in cotone: il substrato viene

preparato con vernici al nitrato, poi i tessuti

vengono distesi secondo lo schema illustrato in

Figura 20.20. A seguire ulteriori strati di vernici

al nitrato (per tendere il tessuto) ed al butirrato con

polveri di alluminio o argento (per protezione dai

raggi UV). Infine lo strato di finitura consistente in

vernice al butirrato pigmentato;

per tessuti in Dacron: il compensato viene

preparato con vernici a base vinilica, il tessuto

viene disteso e termo-retratto e poi ulteriormente

impregnato con ulteriori strati di vernice vinilica,

uno dei quali additivato con polveri d’argento per

conferire protezione ai raggi UV. Infine lo strato di

finitura costituito da vernici al butirrato

pigmentato, smalti vinilici o poliuretanici. Questi

ultimi garantiscono la miglior resistenza alla

abrasione e durabilità ambientale.

Figura 20.18 a,b - Direzioni e sequenza di verniciatura

a

b

Page 16: 20 PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI · profondità di trattamento (fino a 1mm) su leghe di titanio e di nickel. Essa viene applicata alle palette dei motori a

TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 20- PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza

autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 16 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano

Figura 20.19 - Formazione di bolle a causa dell’aria

intrappolata

rivestimenti in vetroresina – tutte le parti in

vetroresina vengono di solito preparate con primer

epossidico e poi verniciate con lacche acriliche o

smalti poliuretanici. Nel caso fosse necessario

rimuovere dei residui di vernice, ciò non va fatto con

sverniciatori, ma solo tramite sabbiatura per evitare

l’attacco chimico alla matrice polimerica della

vetroresina da parte del solvente. Eventuali

imperfezioni vanno preliminarmente pareggiate con

stucco poliestere;

Figura 20.20 - Schema di applicazione dei tessuti sul

rivestimento in compensato

rivestimenti in tela – i velivoli storici, ma anche le

superfici mobili di alcuni alianti e di velivoli da diporto

sono ancora caratterizzati da rivestimento “in tela”. In

realtà, sotto questa definizione generale, coesistono

materiali di origine diversa, naturale ed artificiale, come:

cotone

lino

seta

poliacrilonitrile (Rayon)

poliammide (Nylon)

poliestere (Dacron)

Di tutte queste alternative, oggigiorno, trovano pratica

applicazione solo il cotone Grado A tra le fibre naturali e

il Dacron tra quelle sintetiche. Con entrambe vengono

realizzati i rivestimenti (cfr. Figura 20.21):

Figura 20.21 - Schema di rivestimento in tela di un’ala

collegando le diverse pezze con giunti cuciti (Figura

20.22):

Figura 20.22 - Giunti cuciti per rivestimenti in tela.

Page 17: 20 PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI · profondità di trattamento (fino a 1mm) su leghe di titanio e di nickel. Essa viene applicata alle palette dei motori a

TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 20- PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza

autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 17 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano

oppure incollati (Figura 20.23a,b).

Figura 20.23a,b - Giunti incollati per rivestimenti in tela

In Figura 20.24 viene illustrata la sequenza di

rivestimento in Dacron di una struttura alare.

Figura 20.24 - Sequenza di rivestimento in Dacron di

un’ala

Il Dacron ed il cotone, dal punto di vista tecnologico,

sono differenziati dal fatto che la prima fibra è

termoretraibile (ad una temperatura di circa 120 °C),

mentre la seconda non lo è. Per questo, i trattamenti

superficiali che essi devono subire per diventare

rivestimenti aerodinamici sono diversi, come pure

sono diversi da quelli adottati per i rivestimenti in

metallo ed in legno. In particolare, le sequenze dei

rivestimenti sono sintetizzate qui di seguito:

per i rivestimenti in cotone:

impermeabilizzante al butirrato additivato con

fungicida tenditela e protezione dai micro-

organismi;

impermeabilizzante al nitrato additivato con

polvere di alluminio tenditela e protezione

dai raggi UV;

vernice di finitura al nitrato pigmentato o al

butirrato pigmentato.

per i rivestimenti in Dacron8:

termo-tensionamento (a circa 120 °C);

rivestimento vinilico o epossidico

impermeabilizzazione e protezione dai raggi UV;

vernice a finire vinilica o poliuretanica catalizzata9.

casi particolari – sugli aeromobili si presentano diverse

condizioni che richiedono finiture particolari, quali:

scafi di idrovolanti: generalmente in alluminio,

pongono il problema aggiuntivo della difesa dalla

corrosione dell’opera viva; per questo si usano due

strati sovrapposti di primer: un wash primer con

acido fosforico per generare uno strato protettivo +

un primer epossidico con acido cromico prima della

verniciatura finale;

radomes: sono le carenature dei radar e delle

antenne; sono realizzate con strutture sandwich in

vetroresina e honeycomb. Devono essere

elettricamente trasparenti e quindi non possono

essere usate vernici con pigmenti metallici, ma solo

lacche acriliche o smalti poliuretanici;

livree ad alta visibilità: pigmenti trasparenti

applicati su una base riflettente bianca;

finiture rugose: usate per superficie soggette ad

usura; si ottengono con vernici che asciugano

prima in superficie e poi in profondità, creando

così delle grinze;

verniciature non riflettenti: nere opache, devono

essere stese con spessori molto bassi, altrimenti

perdono la propria opacità;

composti anti-scivolo: per le zone pedonabili

dell’ala: vengono ottenute aggiungendo sabbia

silicea angolosa a vernici tenacizzate;

rivestimenti a prova di acido: necessari nella zona

batterie, consistono in vernici all’asfalto o smalti

poliuretanici bi-componenti;

rivestimenti per galleggianti: devono resistere alla

corrosione ed all’abrasione; vengono protetti con

vernici all’asfalto (vedi sopra) e diluite con toluolo

ed additivate di polveri d’alluminio;

sigillanti per serbatoi: rivestimenti elastomerici, i

quali vengono introdotti nel serbatoio; tutte le

aperture vengono poi chiuse ed il serbatoio viene

8 Il Dacron, essendo termo-restringente, non richiede rivestimenti tendi-

tela ed essendo di origine sintetica non necessita di rivestimenti biocidi. 9 Stante la molto maggior flessibilità di un rivestimento in tela rispetto ad un rivestimento metallico, le vernici di finitura devono a loro volta

possedere un limite elastico molto elevato (fino al 5%): per questo

motivo non possono essere utilizzate le lacche acriliche e gli smalti epossidici, a causa della loro intrinseca fragilità.

b

a

Page 18: 20 PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI · profondità di trattamento (fino a 1mm) su leghe di titanio e di nickel. Essa viene applicata alle palette dei motori a

TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 20- PREPARAZIONI, TRATTAMENTI E RIVESTIMENTI SUPERFICIALI

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza

autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 18 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano

ruotato per ottenere una specie di liner interno;

le aperture vengono riaperte, l’esubero

eliminato;

finiture per alta temperatura: resistenti sino a

circa 600 °C, consistono in lacche diluite con

toluolo;

inibitori di marcescenza: le strutture in legno

possono essere attaccate da muffe o funghi; per

questo vengono impregnate da resine alchidiche

miscelate con fungicidi e biocidi;

protettivi per strutture tubolari: l’interno dei

tubi (di fusoliere, gondole motore, carrelli)

viene preventivamente protetto con olio di lino.

Bibliografia [1] Buffoli, A., Pesetti, A.:

“Hard Deposited by Various Thermal Processes: Effect on

Fatigue Resistance of Typical Alloys for Helicopter

Components”

Atti VIII National Thermal Spray Conference, Houston – Texas, 1995.

[2] Carlson, N.:

“Aircraft Painting and Finishing”

Jeppesen Sanderson, Inc., Englewood – Colorado, 1985.

[3] Groover, M.P.:

“Fundamentals of Modern Manufacturing”

John Wiley & Sons, Inc., Hoboken – New Jersey, 2007.

[4] Guibert, M.P.:

“Fabrication des Avions et Missiles”

Dunod, Parigi, 1960.

[5] Kalpakijan, S., Schmid, S.R.:

“Manufacturing Engineering and Technology”

Prentice-Hall, Inc., Upper Saddle River – New Jersey, 2001.

[6] Jacobs, M.H.:

“Surface Engineering of Materials”

Materials & Design, Vol.14, N.1, 1993.

[7] Stits, D.:

“Synthetic Fabric Coverings”

IAP, Inc., Caspar – Wyoming, 1990

[8] Subramanian, C., Strafford, K.N.:

“Towards Optimization in the Selection of Surface Coatings

and Treatments to Control Wear in Metal-Forming Dies and Tools"

Materials & Design, Vol.14, N.5, 1993.