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14.1. ORGANIZZAZIONE SOCIALE

Come una società si organizza = combinazione di economia, politica, cultura

e.. territorio

I processi economici sono governati, regolati, plasmati all’interno della dimensione

politica

Politics (architettura politica: es. costituzione, sistema dei partiti, etc.) influisce

sulle Policies (politica fiscale, politica sociale, politica economica, politica del lavoro,

etc.)

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Politics (politica) Policies (risultati dell’azione

politica)

Polity

Per Polity si intende il consenso da parte della collettività al potere politico e la

coesione nell’ambito della società

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Ma chi prende le decisioni, anche nelle democrazie?

Teorici elitisti

Gaetano Mosca (1858-1941): le maggioranze non sono

organizzate e sono eterogenee, invece le minoranze, le

èlites, sono coese ed organizzate e perciò sono sempre

loro a comandare

Robert Michels (1876-1936): possiamo affermare che

esiste una “legge ferrea dell’oligarchia” = ad esempio

anche i sindacati dei lavoratori per funzionare si

professionalizzano e diventano organizzazioni

autoreferenziali, legate agli interessi dei dirigenti; lo

stesso vale per i partiti, anche quelli di massa

Vilfredo Pareto (1848-1923): sono i più dotati e scaltri a

comandare, le élite dominano sulla massa

Teorici pluralisti

Studiosi come Joseph Schumpeter (1883-1950) evidenziano

l’esistenza di gruppi che competono per il potere

La politica dipende dal consenso della società, soprattutto

in quelle complesse e altamente differenziate come quelle

moderne, quando esiste un regime democratico

Dahl (1981): policentrismo delle società democratiche

Pluralismo degli interessi in gioco (es. Confindustria e CGIL

in Italia)

Pluralismo delle èlites vs Wright Mills (1959) che notava

negli USA la concentrazione del potere politico nelle mani

di un’élite industriale e militare, coesa

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Democrazia come insieme di individui direttamente legati alla volontà generale

(Rousseau) o come insieme di individui che si associano (Tocqueville)?

Associazioni come reti sociali che sviluppano senso civico, cooperazione e

partecipazione sociale

Putnam (1993) parla di capitale sociale come rete insieme di relazioni che producono,

coordinamento, fiducia e lealtà = Cartocci (2004) parla di patrimonio collettivo, utile

alla produzione del bene comune grazie a una visione oblativa (donarsi e rispettare

l’altro)

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Putnam parla delle virtù civiche delle piccole e medie città dell’Italia centro-

settentrionale vs familismo del Sud Italia

Capitale sociale come reti sociali, che contengono informazioni, fiducia, credito

(Coleman, 2005)

Capitale sociale bonding (identità di gruppo, ma anche chiusura sociale e tornaconto

personale dei membri) vs capitale sociale bridging (fucina del coordinamento sociale

generalizzato perché produce rispetto e cooperazione verso gli altri, anche quelli fuori

dalla rete)

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Una questione rilevante

Nelle società attuali assumono sempre più potere le lobbies

Lobby = gruppi di interesse che sono anche gruppi di pressione verso governo,

parlamento, politica e dirigenti pubblici (= convincere il potere politico della bontà di

una politica favorevole a certi interessi perché essa sarebbe favorevole anche alla

società nel suo insieme)

Lobbies potenti vs Lobbies dei deboli (queste ultime sono organizzazioni forti che si

muovono per questioni relative a interessi deboli rispetto all’apparato industriale-

capitalistico-finanziario: es. ambientalismo, difesa di stranieri e senza tetto, etc.)

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Le lobbies possono essere riconosciute e regolamentate, oppure possono operare

nell’ombra..in ogni caso si pone una questione di fondo:

il pluralismo delle lobbies è effettivamente garante del pluralismo democratico?

Il pluralismo degli interessi quale grado di eguaglianza consente? Tutti gli interessi

hanno lo stesso grado di “corrispondenza” con i principi democratici?

Più in generale democrazia e mercato sono indissolubilmente legati o antitetici?

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È una questione complessa, perché il mercato è stato sviluppato dalla borghesia che

ha rotto con l’Ancient Regime e ha avviato il processo di democratizzazione (v. SLIDES

13), ma è altrettanto vero che il mercato può distorcere le relazioni sociali e produrre

nuove diseguaglianze che mettono in discussione il buon funzionamento della

democrazia

Un compromesso tra democrazia e mercato, o più precisamente tra democrazia ed

economia capitalistica è stato costituito dal Welfare State del ‘900

Esso può essere considerato come l’esito di un processo di allargamento della

cittadinanza. Questo processo oggi si mostra reversibile (crisi di welfare, mercato,

capitalismo e democrazia)

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LA CITTADINANZA

Status che riconosce a un individuo con certe caratteristiche un insieme di diritti e

doveri rispetto allo Stato

Eguaglianza tra i cittadini vs Ancient Regime (i rivoluzionari francesi si chiamavano l’un

l’altro “cittadini”)

Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino (1789):

Il cittadino dispone sì di diritti inalienabili ed assoluti, ma il loro esercizio dipende

strettamente dalla legge e quindi dalla nazione sovrana della cui volontà la legge si fa

espressione (Stato di diritto liberale: v. SLIDES 13)

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Thomas Humphrey Marshall (1893-1981)

Cittadinanza e classe sociale (1950)

Processo lineare secondo Marshall:

diritti civili (‘700-‘800: diritto di proprietà, parola, pensiero, stampa, etc.)

diritti politici (‘800-‘900: partecipazione alle decisioni pubbliche soprattutto attraverso

il diritto di voto passivo ed attivo) diritti sociali (‘900: diritto a un insieme di

servizi e benefici che garantiscano l’eguaglianza sociale e non solo formale rispetto a

diverse aree del benessere psichico e materiale: diritto alla salute, diritto all’istruzione,

diritto alla sicurezza sociale da anziani, diritto alla sicurezza contro infortuni sul lavoro,

diritto all’occupazione, etc.)

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Il terzo tipo di diritti è più debole e variabile, oggi è in crisi perché è stato indebolito il

welfare state che li garantiva (v. dopo)

MA LA CRISI DEL WELFARE CHIAMA IN CAUSA LA CRISI DELLA CITTADINANZA STESSA,

PERCHE’ LA SOCIETA’ E’ DIVENUTA PIU’ COMPLESSA PER VIA DEGLI IMPORTANTI

MUTAMENTI ECONOMICI CHE STANNO ATTRAVERSANDO IL CAPITALISMO (V. SLIDES 6

E 7)

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IL TRANSNAZIONALISMO

Partiamo dall’ambiguità di fondo della cittadinanza: segna confini, include alcuni (in

genere gli abitanti nati e residenti in un Paese e figli di genitori che già hanno acquisito

lo status di cittadini = ETNOS), ma esclude gli altri, gli stranieri

Zincone (2003) parla di 4 problemi di esclusione insiti nella cittadinanza, e cioè:

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1. Diritto o no a risiedere in un territorio (base talvolta dell’identità nazionale al punto

tale da spingere a razzismo/nazionalismo, etc. fonte della cittadinanza

terra/sangue o storia?)

2. Emancipazione del soggetto come attore pienamente adulto: lo straniero, il nuovo

arrivato, decide con noi o subisce le nostre decisioni (diritto al voto)

3. Il non cittadino quando ha diritto ad usufruire di una serie di servizi sociali? Mai,

solo se lavora e paga le tasse, come tutti gli altri cittadini

4. Standardizzazione: la cittadinanza, anche quando pluralistica e tollerante, richiede

un minimo di regole e norme comuni che si oppongono alla piena autonomia delle

singole comunità etnico-culturali nello stesso territorio (i figli dei rom devono

andare a scuola in Italia, in Francia negli uffici pubblici non si ostentano oggetti

sacri, etc. etc.)

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MA OGGI I CONFINI TRA STATI IN UN’ECONOMIA GLOBALE SONO PIU’ FLUIDI (V. SLIDES

15) E SOPRATTUTTO LO STESSO “POPOLO RESIDENTE IN UN TERRITORIO (IL DEMOS)”

PUO’ INCLUDERE SOGGETTI DI ETNIA DIFFERENTI:

ES. ITALO-AMERICANI NEGLI USA, FIGLI DI SENEGALESI PRIVI DI CITTADINANZA MA

NATI IN ITALIA E CHE QUI VIVONO DA MOLTI ANNI..

I CONFINI TRA ETNIE CONSIDERATI UN TEMPO “NATURALI” MOSTRANO LA LORO

NATURA SOCIALE: IL SENSO COMUNE VIENE MESSO IN DISCUSSIONE (V. SLIDES 1)

Figli di stranieri nati in Italia che non votano, italiani residenti all’estero che partecipano

alle elezioni italiane, persone con doppia cittadinanza..tutto si è complicato

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Nella pratica chi è più cittadino, costruttore della partecipazione sociale propria e

altrui?

Aisha, 25 anni, rappresentate degli studenti universitari o l’altro che bighellona non

partecipando al voto né compiendo alcuna azione di partecipazione sociale?

La cittadinanza si costruisce anche dal basso: le pratiche possono mettere in

discussione l’ordine sociale e i principi di legittimazione dello stesso

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Pratiche istituzioni

Gli atti di cittadinanza come pratiche anche nuove che portano a riconoscimento

sociale, mediante il conflitto e la messa in discussione dell’ordine sociale, e trasformano

la cittadinanza

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14.2. WELFARE STATE

WELFARE: BENESSERE (COLLETTIVO)

STATE: LO STATO PROGRAMMA, FINANZIA ED EROGA SERVIZI VOLTI AL BENESSERE MEDIANTE POLITICHE E SERVIZI SOCIALI (SANITA’, PREVIDENZA, ASSICURAZIONE

SOCIALE, ISTRUZIONE, SERVIZI SOCIO-ASSISTENZIALI)

WELFARE STATE (BEVERIDGIANO-KEYNESIANO) COME SISTEMA DI INTEGRAZIONE SOCIALE TIPICO DELLA SOCIETA’ INDUSTRIALE: SI SVILUPPA IN MANIERA DIVERSIFICATA

NEI PAESI INDUSTRIALIZZATI NEL CORSO DEL NOVECENTO

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“Compromesso tra capitalismo e democrazia”: William Beveridge, economista liberale inglese, propose nel 1942 un piano per un servizio sanitario nazionale gratuito e un sistema pensionistico; welfare come sistema di tutele che accompagna i cittadini “dalla culla alla tomba”.

Le politiche sociali hanno l’obiettivo di proteggere i cittadini dai rischi sociali, cioè dall’esposizione ad eventi che incidono sulle condizioni di vita delle persone (povertà,

disoccupazione, analfabetismo o scarsa istruzione, malattia, disabilità, ecc.).

SICUREZZA SOCIALE, COME COMPROMESSO TRA CLASSI SOCIALI

ORIGINI. Il welfare in alcuni Paesi nasce su iniziativa dell’elite politica (Es. Bismarck già alla fine dell’Ottocento; negli USA per far fronte alla crisi del 1929) per costruire il consenso attorno alla società industriale e allo Stato moderno; in altri Paesi si afferma in seguito alla crescita del movimento operaio e sindacale (società di mutuo soccorso, welfare dal basso e successiva “statalizzazione”: l’informale che si formalizza; oppure

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alleanza tra classi sociali subalterne: es. piccola borghesia agricola e classe operaia in Svezia)

1. REGOLAZIONE DEL MERCATO E LOGICA RE-DISTRIBUTIVA BASATA SU CITTADINANZA

2. SERVIZI SOCIALI DI QUALITA’ = DIPENDENZA E INEFFICIENZA O PIU’ EGUAGLIANZA E LIBERTA’ DA SVANTAGGI?

3. DAL TIPO DI WELFARE DIPENDE IL MODO DI CONCEPIRE LA QUALITA’ DELLA VITA E IL RUOLO DEL LAVORO

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Welfare come patrimonio dell’Europa occidentale

TIPI DI WELFARE (ESPING-ANDERSEN, 1990)

WELFARE LIBERALE: PROVA DEI MEZZI E ASSISTENZA SOLO A “FASCE DEBOLI” + INVESTIMENTO IN ISTRUZIONE (PAESI ANGLOSASSONI: work, not welfare)

WELFARE CONSERVATORE-CORPORATIVO: SERVIZI EROGATI IN BASE ALLA POSIZIONE OCCUPAZIONALE, CENTRALITA’ PENSIONI E ASSICURAZIONE (GERMANIA, BELGIO, FRANCIA: welfare through work)

WELFARE SOCIALDEMOCRATICO: UNIVERSALISMO, SERVIZI PAGATI CON FISCALITA’ GENERALE: PREVENZIONE, RIPARAZIONE E PROMOZIONE (SVEZIA, DANIMARCA, FINLANDIA, NORVEGIA: welfare and work)

WELFARE FAMILISTICO-SOLIDARISTICO: versione debole del welfare conservatore-corporativo, pensioni ed erogazione denaro a famiglie, meno servizi sociali (Europa meridionale: Spagna, Italia, Portogallo, Grecia: welfare and work through family)

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I diversi tipi di welfare possono essere valutati in termini di:

de-mercificazione: diminuzione della necessità di passare attraverso il mercato per soddisfare i bisogni

de-stratificazione: attenuazione dei differenziali di status occupazionale e di classe sociale

ASPETTI CONDIVISI DAI DIVERSI REGIMI DI WELFARE STATE: crescita spesa pubblica per servizi collettivi rispetto all’Ottocento-prima metà del Novecento (passaggio da Stato di diritto liberale a Stato di diritto costituzionale): dal 10% al 30-50% del reddito nazionale (non solo sicurezza-amministrazione, ma anche servizi di integrazione sociale). Istruzione e Sanità come servizi universalistici (3/4 sono coperti da spesa pubblica), con eccezioni degli USA (copertura: solo 50%: Piketty, 2014)

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TENDENZE DEGLI ULTIMI 30 ANNI

Mutamento della domanda sociale

· La società è oggi più frammentata, complessa e individualizzata = nascita di nuovi bisogni

· Bisogno di autorealizzazione professionale che non può essere soddisfatta da mero sostegno economico

· Crescita delle diseguaglianze e crisi economica fa allargare la platea dei soggetti che necessitano di protezione sociale

· Invecchiamento attivo da parte di una popolazione sempre più anziana

· Cambiamento demografico sta comportando anche trasformazione della società in senso multiculturale (v. anche questione della cittadinanza transnazionale)

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Risposta in termini di policies

· Riduzione dell’intervento statale e privatizzazione

· Maggiore investimento in educazione (servizi prima infanzia, scuola, formazione continua, etc.)

· Decentramento e importanza degli enti locali nel gestire le poche risorse a disposizione

· Welfare mix e intervento del Terzo settore (volontariato, cooperative sociali, associazioni di promozione sociale, etc.)

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14.3. TERRITORIO: LE CITTA’

LE RIFLESSIONI SULLA CRISI DEL WELFARE STATE CI PORTANO AD AFFRONTARE UN TEMA

CLASSICO DELLA SOCIOLOGIA QUALE IL RUOLO DELLO SPAZIO NELL’ORGANIZZAZIONE DELLA SOCIETA’

Lo spazio non è, di per sé, una forma, ma produce forme nello strutturare i rapporti di

interazione. Qualunque sia il contenuto di questi rapporti (economico, affettivo,

politico) a partire dallo spazio si definisce una specificità del rapporto di interazione. Le

forme spaziali sono quindi quelle configurazioni di relazioni sociali che trovano nello

spazio la loro concretizzazione (Simmel, 1908).

Centro-Periferia; Confini tra dentro e fuori etc. sono categorie della sociologia, in

particolare di quella simmeliana, che evidenziano la centralità dello spazio nella

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costruzione dei fenomeni sociali (pensiamo alla vita dei ragazzi in un piccolo centro

piuttosto che in città; il fare lezione in un’aula piccola o in aula magna..etc.)

Per l’intero ‘900 i sociologi quando parlavano di società si riferivano spesso alla società

nazionale; oggi con la GLOBALIZZAZIONE (v. SLIDES 15) è più complesso parlare di

società nazionale

La globalizzazione presuppone da un lato una società mondiale, dall’altro lato

l’esistenza di più “regioni” (v. SLIDES 15) = RITORNO DELL’INTERESSE SOCIALE E

SOCIOLOGICO PER IL LOCALE: le società locali (Bagnasco, Negri, 1994; Bagnasco, 2012).

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RICORDA:

SOCIETA’ NAZIONALE E’ CMQ UN COSTRUTTO (V. SLIDES 09)

CAPITALISMO, SOCIETA’ INDUSTRIALE E STATO NAZIONE SORGONO DALLA

DIMENSIONE LOCALE (V. SLIDES 06, 07 E SLIDES 12)

CENTRALITA’ DELLA CITTA’: CIVILTA’- CITTA’ - CIVILTA’

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La città nel Mondo Antico

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La città nel Medioevo e nella società industriale

Origini: città principato e città mercato (Weber, 1922)

Centralità in Europa per via della centralità della borghesia e dei ceti legati a mestieri,

commercio vs “città asiatiche” dove le èlites (mussulmane e non) erano formate da

feudatari comunque legati alla campagna, mentre i cittadini non erano soggetti

autonomi, liberi (vs formazione di una solida società civile in Europa)

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La città oggi: Paesi industrializzati e Paesi emergenti

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Le periferie del mondo

Città europee: centralità del centro storico, forte radicamento territoriale, ricco

patrimonio culturale e maggiore refrattarietà a mutamento urbanistico profondo

(differente è la situazione negli USA così come nei Paesi emergenti o poveri)

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TENDENZE ATTUALI CONVERGENTI SU SCALA GLOBALE:

PERIURBANIZZAZIONE (fine dei villaggi rurali e nascita di “centri dormitori”,

anonimi, con buona dotazione di servizi e collegati a città medio-grandi, sebbene

queste possano essere anche relativamente lontane)

CITTA’ SPRAWL (diffusione della città in campagna)

AGGLOMERAZIONE E CONURBAZIONE (fusione di città)

RURBANIZZAZIONE (campagna si urbanizza, cittadini vanno a vivere in campagna

portando con loro stili cittadini, ma lo spostamento è dettato anche dalla ricerca di

una condizione di vita più sostenibile..)

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14.4. CITTA’ E STRATIFICAZIONE SOCIALE

La città come spazio sociale (Scuola di Chicago: Park, Burgess, Wirth)

Quartieri operai e popolari, quartieri piccolo borghesi, quartieri medio-alto borghesi

L’analisi va fatta anche a livello diacronico: spostamento dei gruppi sociali all’interno

della stessa città = cambiamento morfologico della città

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La concentrazione e la segregazione

Per mestiere

Per minoranza sociale (etnica, religiosa, sociale..)

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Ghetti = segregazione estrema

Le gated communities: la segregazione volontaria dei ricchi (es. città del Sud del

Mondo)

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Rivolte urbane

segregazione = assenza di integrazione

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Gentrification: quando si imborghesisce una zona popolare

(lett. gentry era la nobiltà di campagna inglese)

Riqualificazione ma anche aumento del valore degli immobili e poveri/ceti popolari

rischiano di essere scacciati dal loro quartiere, per andare a vivere in zone ancora più

degradate

NB. I nuovi abitanti sono giovani ad alta istruzione, in genere professionisti-lavoratori

qualificati; ma vi sono anche casi di iper-gentrification con ricchi che “invadono” interi

quartieri

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Politiche urbanistiche volte ad attrarre investimenti: un esempio è la studentification

(processo di costruzione di biblioteche, locali di svago, facoltà universitarie) che attrae

studenti (e successivamente giovani professionisti)

Politiche alternative, volte alla mixitè (mescolanza sociale per contrastare la

gentrification): le scelte abitative si associano anche ad altre scelte (professionali,

educative, etc.: es. concentrazione di scuole altolocate vs concentrazione di scuola “di

periferia”)