1 - Legami e Struttura Dei Materiali
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Legami e Struttura dei materiali Le proprietà dei materiali dipendono dalla natura degli atomi che li costituiscono, dallo stato di aggregazione (solido, liquido, gassoso) e dalla natura di legami che si instaurano tra i diversi atomi. Nei gas, gli atomi e le molecole non sono legati e si muovono in maniera indipendente non influenzandosi a vicenda (a meno di urti occasionali con conseguente aumento di energia cinetica). Nei liquidi le molecole sono impacchettate ma possono muoversi liberamente permettendo al liquido stesso di scorrere. Nei solidi gli atomi sono impacchettati maggiormente che nei liquidi e non possono muoversi liberamente, a meno di piccole oscillazioni attorno a posizioni di equilibrio (mutua attrazione). I materiali che vengono utilizzati in ingegneria, se devono avere funzioni strutturali, ossia non deformarsi sotto l’azione dei carichi imposti, devono essere allo stato solido. 1. Forze ed Energie di legame A grandi distanze due atomi non sono in grado di esercitare delle forze l’uno sull’altro. Con il diminuire della distanza (distanza interatomica, lungo la congiungente dei nuclei) essi risentono di una forza attrattiva (FA) che dipenderà dal tipo di legame che si instaurerà. Oltre una distanza limite, si originerà invece una forza di tipo repulsivo (FR) per evitare la sovrapposizione dei livelli energetici degli atomi. La forza netta (FN) che permette l'instaurarsi di un legame è data da: 𝐹! = 𝐹! + 𝐹! E1 All'equilibrio FN = 0 quindi esisterà una distanza di equilibrio r0. Dalla distanza di equilibrio, due atomi risponderanno con una forza FA quando si cercherà di separarli e con una forza FR quando si cercherà di avvicinarli. Lo stesso discorso può essere fatto dal punto di vista energetico: 𝐸! = 𝐹! 𝑑𝑟 = !
! 𝐸! + 𝐸! E2 Dove r è la distanza atomica, EA l'energia attrattiva ed ER l'energia repulsiva. L'equilibrio, in questo caso, corrisponderà al minimo dell'energia netta in corrispondenza del quale si individua il valore E0 in corrispondenza di r0. E0 rappresenta l'energia necessaria da fornire al sistema per rompere il legame e allontanare due atomi all'infinito. Graficamente è possibile rappresentare forze ed energie di legame rispetto alla distanza interatomica (Fig. 1).
Figura 1 -‐ Forze ed energie di legame che si instaurano in una coppia di atomi
L'energia di legame può essere scritta secondo la relazione: 𝐸! = 𝐸! + 𝐸! = -‐
!!! + !
!! E3
Dove A è una costante di proporzionalità, B è funzione del covolume e della temperatura mentre m e n dipendono dal tipo di legame. Il segno meno caratterizzante l'energia attrattiva dipende dal fatto che è la coppia di atomi a produrre il lavoro. La forma della curva dell'energia di legame ed i valori ad essa associati, danno un'indicazione sulle caratteristiche del composto:
§ Ad una gola stretta e profonda corrisponde un elevato E0 (in modulo) e i composti saranno caratterizzati da elevate temperature di fusione e da elevata rigidezza meccanica (Modulo di Young);
§ Ad una gola larga e poco profonda corrisponde un contenuto E0 (in modulo) e i composti saranno caratterizzati da elevate dilatazioni termiche (l'ampiezza delle oscillazioni rispetto a r0 saranno elevate).
2. I legami atomici nei solidi Descriviamo quindi brevemente i legami che caratterizzano lo stato solido. Essi si distinguono in legami primari e secondari. I legami primari (legami chimici) sono suddivisi in: ionico, covalente e metallico. Questi legami dipendono dalla struttura atomica e hanno l'obbiettivo di raggiungere la stabilità elettronica (regola dell'ottetto). Presentano un’energia di legame che va da 102 a 103 KJ/mol. Quelli secondari (legami fisici) sono più deboli e la loro energia di legame varia tra 1 e qualche decina di KJ/mol. Molte proprietà meccaniche e fisiche dei materiali dipendono dal tipo di legame da cui sono caratterizzati. Alcuni esempi saranno forniti di seguito. Il legame ionico Il legame ionico è un legame di tipo coloumbiano. In questo caso l’elemento meno elettronegativo (solitamente un metallo) cede l’elettrone di valenza a quello più elettronegativo (un non-‐metallo). I due atomi assumono una configurazione elettronica stabile e acquisiscono una carica elettrica. In questo modo si formano un catione ed un anione che si attraggono e formano il legame (Figura 2).
Figura 2 – Formazione del legame ionico
Essendo gli elettroni tutti impegnati a formare il legame tra gli atomi non è possibile che questi tipi di solidi conducano la corrente elettrica. Siccome il catione può attrarre più anioni questo legame risulterà adirezionale. Ogni anione dovrà essere circondato da cationi nelle tre direzioni dello spazio e viceversa (Figura 3). La struttura che ne consegue sarà ordinata e simmetrica. Questo impone una struttura cristallina particolare nei solidi ionici, da cui derivano alcune proprietà caratteristiche: ad esempio se sottoposti a sforzi essi tendono a rompersi in modo fragile senza deformarsi, saranno quindi molto resistenti, duri e con temperature di fusione elevate. Il legame ionico è tipico dei materiali ceramici.
Figura 3 – Disposizione degli ioni in un solido ionico, rappresentazione bidimensionale
Il legame covalente Si forma tra elementi con simile elettronegatività in modo tale da far sì che l’elettrone dell’atomo meno elettronegativo non venga ceduto a quello più elettronegativo. La configurazione stabile dell’ottetto è assicurata dalla condivisione di uno o più elettroni di valenza da parte degli atomi interessati dal legame (Figura 4). Gli elettroni appartengono contemporaneamente agli atomi coinvolti. Questo tipo di legame si può formare anche tra atomi uguali.
Figura 4 – Esempio della formazione di legame covalente
Anche in questo caso gli elettroni sono impegnati a formare il legame e per questo i solidi covalenti non conducono l’elettricità. Il legame è direzionale (lungo la congiungente dei nuclei) e quindi le proprietà dei solidi caratterizzati da questo legame possono essere differenti nelle diverse direzioni. Se sottoposti a sforzi essi si rompono in modo fragile. Le forze di legame possono essere estremamente elevate (diamante) o deboli (bismuto). Questo legame è caratteristico dei composti organici e in particolare delle catene che formano i materiali polimerici. Una molecola caratterizzata dal legame covalente e composta da atomi di diversa natura si comporterà da dipolo: gli e-‐ di legame stazioneranno per maggior tempo attorno all'atomo di dimensioni maggiori causando uno sbilanciamento di carica elettrica (Figura 5).
Figura 5 – Esempio della formazione di dipolo e conseguente legame elettrostatico
Molto spesso all'interno di uno stesso materiale i legami interatomici sono in parte ionici e in parte covalenti. Soltanto pochi composti presentano legami puramente ionici o covalenti. Per determinare la percentuale di legame ionico è possibile utilizzare la seguente formula: %Lionico = 1 – exp [-‐0,25(XA -‐ XB)2]*100 E4 Dove XA e XB sono le elettronegatività degli atomi interessati dal legame. Il legame metallico I metalli sono caratterizzati da un massino di tre elettroni i valenza, utili per formare un determinato tipo di legame. Si ha un legame metallico quando ogni atomo fornisce i suoi elettroni di valenza per dare origine a una nuvola di elettroni che circonda gli ioni caricati positivamente. Questo legame è caratteristico degli elementi della zona centrale della tavola periodica (i metalli appunto) che sono caratterizzati da pochi elettroni debolmente legati al nucleo (Figura 6). Questo composto è caratterizzato da un nucleo ionizzato che viene schermato interamente dallo sciame di elettroni.
Figura 6 – Rappresentazione schematica del legame metallico
Dato che gli elettroni circondano tutti gli ioni metallici, si ha una struttura tridimensionale ordinata e la forte attrazione elettrostatica crea il solido metallico. Gli ioni metallici sono simmetrici e formano strutture cristalline compatte e ad alta simmetria (vedi capitoli seguenti). Il legame è adirezionale, identico in tutte le direzioni e questo comporta quindi anche adirezionalità nelle proprietà. Se i metalli sono sottoposti a sforzi essi si deformano prima di rompersi, infatti gli ioni riescono a scorrere (rompendo lo stesso numero di legami che si riformano) gli uni sugli altri in quanto sono legati dalla nuvola elettronica. Gli elettroni non appartenngono ad uno specifico ione e si muovono liberamente all’interno del metallo dando ragione dell’elevata conducibilità elettrica e termica di questi materiali. I legami secondari Questi legami, legami di Van der Waals, sono legami che si originano tra molecole polari. Le forze in gioco sono trascurabili in presenza dei legami primari. I dipoli elettrici presenti nelle molecole permettono l'instaurarsi di forze Coulombiane comportando un legame direzionale debole con elevata dilatazione termica. Tali legami sono di fondamentale importanza nei polimeri, e rappresentano i legami tra le diverse catene polimeriche.
3. Le strutture cristalline Quando una sostanza solidifica, essa può formare sia una struttura amorfa sia una struttura cristallina. Le strutture amorfe presentano al massimo un ordine a corto raggio ma possono essere definite come strutture random. Queste forme di solidificazione sono tipiche del vetro e di alcuni polimeri. Le strutture cristalline invece sono caratterizzate da un ordine a lungo raggio, i metalli e i materiali ceramici (tranne il vetro) assumono questa struttura. La solidificazione in strutture ordinate consente di ottenere dei legami atomici caratterizzati da distanze interatomiche minori che nel caso di composti amorfi. Una maggior vicinanza degli atomi consente di minimizzare l’energia di legame diminuendo di conseguenza l’energia interna del composto (Figura 7).
Figura 7 – Impacchettamento random ed ordinato Si definiranno ora le strutture cristalline tipiche dei metalli, si descriveranno più avanti quelle relative ai polimeri e ai ceramici. I solidi metallici sono i più semplici in quanto formati da atomi di un solo tipo che non hanno legami direzionali. Per tale motivo l’organizzazione di questi solidi dipende principalmente da regole geometriche. In questa trattazione assumiamo l’ipotesi che gli atomi siano delle sfere rigide così da semplificare la trattazione. I reticoli di Bravais Una struttura cristallina è un insieme di atomi organizzati in modo regolare che si ripetono all’infinito nello spazio. Se si considerano gli atomi come punti (base), essi costituiscono un reticolo cristallino se si ripetono in modo regolare nelle tre dimensioni. Gli atomi occupano i punti di intersezione tra le linee che definiscono il reticolo (Figura 8). L’unita che, se ripetuta, forma il cristallo è detta cella elementare e si definisce tramite i parametri di cella indicati sempre in figura 8. I parametri di cella (lunghezze ed angoli) sono uniche per ogni sostanza cristallina. È possibile individuare qualsiasi posizione reticolare tramite una semplice traslazione della cella unitaria.
Figura 8 – Esempio di reticolo e cella elementare
Le celle elementari che si possono trovare nei cristalli esistenti in natura sono solo 14 e sono definite come i reticoli di Bravais (Figura 9). Nei principali metalli di interesse ingegneristico si trovano solo 3 tipi di cella elementare. Queste sono la cella cubica a corpo centrato, a facce centrate e la cella esagonale compatta.
Figura 9 – Reticoli di Bravais
Definiremo ora le principali caratteristiche di questi sistemi cristallini: il numero di atomi per cella, il numero di coordinazione, il fattore di compattazione atomica la densità lineare e la densità planare.
La cella cubica a corpo centrato (CCC) Questo reticolo caratterizza il ferro puro (T<912°C e 1396°C<T<1538°C), il cromo, il tungsteno, il vanadio, il molibdeno e il titanio (836°C<T<1855°C). Così come alcuni metalli alcalini come litio, potassio, calcio. La cella cubica a corpo centrato è rappresentata in figura 9. La rappresentazione fa vedere come la disposizione degli atomi sia la seguente: un atomo per ogni vertice del cubo e un atomo al centro del cubo stesso (all’intersezione delle diagonali del cubo). La rappresentazione a sfere rigide (Figura 9, a destra) illustra come gli atomi siano tangenti sulla diagonale del cubo.
Figura 9 -‐ Rappresentazione della posizioni atomiche nella cella del reticolo CCC: rappresentazione ad atomi puntuali (a sinistra) e rappresentazione ad sfere rigide.
Gli atomi sui vertici sono condivisi da altre otto celle elementari mentre l’atomo al centro appartiene solo alla cella stessa (Figura 10). Il numero di atomi per cella è quindi pari a: 1/8*8+1=2
Figura 10 – Rappresentazione degli atomi appartenenti a una sola cella del reticolo cubico a
corpo centrato.
Nei metalli ciascun atomo ha un numero di atomi primi vicini (in contatto con quell’atomo). Questo numero è il numero di coordinazione. Il numero di coordinazione per un reticolo CCC è pari a 8 (come riferimento si prenda l’atomo al centro della cella). Si consideri ora la lunghezza del lato della cella pari ad a e il raggio dell’atomo pari a R. Esiste una relazione tra lato della cella e raggio atomico (gli atomi si toccano lungo la diagonale del cubo):
3𝑎 = 4𝑅 → 𝑎 = 4𝑅3
Figura 11 – Relazione grafica e numerica tra il raggio atomico e la distanza interatomica di base Il fattore di compattazione atomica (FCA) è il rapporto tra il volume occupato dagli atomi della cella e il volume totale della cella. 𝐹𝐶𝐴 =
𝑉𝑜𝑙𝑢𝑚𝑒 𝑑𝑒𝑔𝑙𝑖 𝑎𝑡𝑜𝑚𝑖 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑒𝑙𝑒𝑚𝑒𝑛𝑡𝑎𝑟𝑒𝑉𝑜𝑙𝑢𝑚𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑒𝑙𝑒𝑚𝑒𝑛𝑡𝑎𝑟𝑒
Per una cella cubica a corpo centrato il valore di FCA è pari a 0,68. Questo significa che il volume di cella occupato dagli atomi è solo il 68%. La densità lineare (ρL) esprime il numero di punti reticolari per unità di lunghezza lungo una direzione: 𝜌! =
𝑁𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑜𝑚𝑖 𝑙𝑢𝑛𝑔𝑜 𝑢𝑛𝑎 𝑑𝑖𝑟𝑒𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒𝐿𝑢𝑛𝑔ℎ𝑒𝑧𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑙𝑖𝑛𝑒𝑎
Lungo la diagonale del cubo, gli atomi sono in contatto tra loro comportando il massimo valore di ρL. Questa direzione è quella corrispondente alla massima densità e viene quindi chiamata direzione close-‐packed. La densità di piano (ρP) indica il numero di atomi per unità di area di un piano di interesse. Vengono considerati solo atomi centrati sul piano e il fattore peso per gli atomi condivisi è basato su frazioni di area. ρ! =
𝑁𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑜𝑚𝑖 𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑎𝑡𝑖 𝑠𝑢 𝑢𝑛 𝑝𝑖𝑎𝑛𝑜𝐴𝑟𝑒𝑎 𝑑𝑒𝑙 𝑝𝑖𝑎𝑛𝑜
Mentre tutti i sistemi cristallini hanno direzioni close-‐packed non tutti i sistemi contengono piani close-‐packed. Per ogni sistema cristallino tuttavia esisteranno dei piani per cui ρP assume il massimo valore per quel sistema. La cella cubica a facce centrate (CFC) Questo reticolo caratterizza il ferro puro (912°C<T<1396°C), il rame, l’argento, l’oro, l’alluminio, il nichel, il piombo, il platino. La cella cubica a facce centrate è rappresentata in figura 12. La rappresentazione fa vedere come la disposizione degli atomi sia la seguente: un atomo per ogni vertice del cubo e un atomo al centro di ogni faccia del cubo. La rappresentazione a sfere rigide (Figura 12, a destra) illustra come gli atomi si toccano sulle diagonali delle facce del cubo.
Figura 12 -‐ Rappresentazione delle posizioni atomiche nella cella del reticolo CFC: rappresentazione per atomi puntuali (a sinistra) e rappresentazione per sfere rigide.
Gli atomi sui vertici sono condivisi da altre otto celle elementari mentre gli atomi al centro delle facce appartengono a due celle (Figura 13). Il numero di atomi per cella è quindi pari a: 1/8*8+1/2*6=4
Figura 13 – Rappresentazione degli atomi appartenenti a una sola cella del reticolo cubico a
corpo centrato.
Il numero di coordinazione per un reticolo CFC è pari a 12 (come riferimento si prenda l’atomo al centro di una faccia). Si consideri la lunghezza del lato della cella pari ad a e il raggio dell’atomo pari a R. Esiste una relazione tra lato della cella e raggio atomico (gli atomi si toccano lungo la diagonale della faccia del cubo):
2𝑎 = 4𝑅 → 𝑎 = 4𝑅2
Figura 14 – Relazione grafica e numerica tra il raggio atomico e la distanza interatomica di base
Quindi, il fattore di compattazione atomica è pari a 0,74. Questo significa che il volume di cella occupato dagli atomi è il 74%. La densità lineare lungo la diagonale della faccia (dove c’è il contatto degli atomi) è massima e questa direzione è quella close-‐packed. La cella esagonale compatta (EC) Questo reticolo caratterizza il magnesio, lo zinco, il titanio (T < 882°C), il cobalto e il cadmio.
La cella esagonale compatta è rappresentata in figura 15. La rappresentazione fa vedere come la disposizione degli atomi sia la seguente: un atomo per ogni vertice del prisma a base esagonale un atomo al centro di ogni faccia e tre atomi in un piano tra le due facce.
Figura 15 -‐ Rappresentazione delle posizioni atomiche nella cella del reticolo EC:
rappresentazione per atomi puntuali (a sinistra) e rappresentazione per sfere rigide. Gli atomi sui vertici sono condivisi da altre sei celle elementari, gli atomi al centro delle facce appartengono a due celle (Figura 15) i tre atomi sul piano intermedio appartengono interamente alla cella. Il numero di atomi per cella è quindi pari a: 1/6*12+1/2*2+3=6
Il numero di coordinazione per un reticolo EC è pari a 12 e il suo fattore di compattazione atomica è pari a 0,74. Si notano alcune similitudini con il reticolo CFC. Questo è dovuto al fatto che i due reticoli sono ottenuti dall’impilamento di piani cristallografici equivalenti che sono piani di massima densità atomica. Questi piani sono: i piani basali del reticolo esagonale e i piani (111) del reticolo cubico a corpo centrato. I reticoli hanno però una forma diversa perché la sequenza di impilamento è differente. Allotropia L’allotropia di un metallo è la sua capacità, al variare della temperatura e/o della pressione, di assumere diverse strutture cristalline. L’esempio principale è quello del ferro puro, che subisce una serie di trasformazioni allotropiche durante il suo riscaldamento dalla temperatura ambiente alla sua temperatura di fusione (e viceversa). Come illustrato prima a temperatura ambiente il ferro puro ha una struttura CCC (ferro α), riscaldando il questo metallo la struttura rimane la stessa fino a 912°C ove si ha una trasformazione allotropica ed esso diventa CFC (ferro γ). Questa struttura resta stabile fino a 1396°C dove il ferro si subisce una nuova trasformazione in CCC (ferro δ) che rimane stabile fino alla fusione. La trasformazione allotropica non è una trasformazione chimica ma fisica dovuta alla diffusione. Il metallo rimane invariato ma cambia la sua organizzazione cristallina con conseguente variazione di densità e altre proprietà. Gli indici di Miller-‐Bravais e sistemi di scorrimento Gli indici di Miller-‐Bravais sono necessari per individuare posizioni, direzioni e piani all’interno di un reticolo cristallino. Nella seguente trattazione si studieranno le sole celle cubiche. In generale gli assi di un reticolo sono scelti lungo gli spigoli della cella unitaria.
§ Direzione cristallografica (Figura 16) Una direzione cristallografica è definita come un vettore che congiunge due punti del reticolo. Per determinare una direzione si usano tre indici secondo la seguente convenzione:
a) si sceglie un vettore tale che passi dall’origine delle coordinate. Ogni vettore può essere traslato nel reticolo senza alterarsi se si mantiene il parallelismo;
b) si determina la lunghezza delle proiezioni del vettore sui tre assi. Questa viene misurata tramite la dimensione della cella unitaria a;
c) questi tre numeri sono moltiplicati o divisi per un fattore comune in modo da ridurli ai più piccoli valori interi;
d) i tre indici, non separati da virgola, sono racchiusi tra parentesi quadre :[uvw]. Gli indici negativi sono rappresentati da una barra sopra l’indice appropriato. Per alcune strutture cristalline diverse direzioni, non parallele, con indici diversi, sono equivalenti cioè la spaziatura tra gli atomi lungo ciascuna direzione è la stessa. Nei cristalli cubici tutte le direzioni rappresentate dai seguenti indici sono equivalenti: [100], [100], [010], [010], [001] e [001]. Le direzioni equivalenti sono raggruppate in famiglie racchiuse tra parentesi angolate <100>.
Figura 16 – Indici di Miller-‐Bravais per individuare direzioni cristallografiche
§ Piano cristallografico (Figura 17) La rappresentazione di piani per una struttura cristallina è fatta in una maniera simile a quella presentata per le direzioni. I piani cristallografici sono rappresentati dai tre indici (hkl). Tutti i piani paralleli sono equivalenti e hanno gli stessi indici. La procedura impiegata per determinare gli indici h, k, l è la seguente:
a) se un piano passa per l’origine occorre costruire un altro piano parallelo entro la cella
unitaria con una traslazione appropriata. Quindi il piano cristallografico o interseca o è parallelo a ciascuno dei tre assi: si determina l’intercetta del piano con ciascun asse in termini dei parametro reticolare a;
b) si prendono i reciproci di questi numeri. Un piano parallelo ad un asse viene considerato di intercetta infinita e quindi con indice pari a zero;
c) se necessario questi tre numeri sono cambiati con l’insieme di più piccoli interi per moltiplicazione o divisione per un fattore comune;
d) gli interi, non separati da virgola, sono racchiusi tra parentesi tonde (hkl). Un’intercetta sulla parte negativa rispetto all’origine è indicata da una barra sull’indice corrispondente;
e) la notazione {hkl} è usata con riferimento ad un insieme di piani cristallograficamente equivalenti. Per esempio {100} si riferisce alle sei facce del cubo;
f) gli indici (hkl) individuano non solo un piano, ma anche tutti i piani paralleli. Per reticoli cubici piani e direzioni con gli stessi indici sono perpendicolari;
g) in generale i piani importanti di un cristallo sono quelli con basso indice ((100),(110),(111)) in quanto questi sono i piani che hanno una più alta concentrazione di atomi (per unità di area).
Figura 17 -‐ Indici di Miller-‐Bravais per individuare piani cristallografici
§ Sistemi di scorrimento Le direzioni di massima densità atomica rappresentano quelle direzioni (che si sviluppano continuamente per tutto il reticolo) in cui gli atomi sono il più vicino possibile, quindi hanno una elevata densità lineare. Per un sistema CCC queste direzioni sono rappresentate dalle diagonali interne del cubo caratterizzate dagli indici [111]. Ci sono due direzioni indipendenti di questo tipo. Per un sistema CFC le direzioni di massimo impacchettamento corrispondono alle diagonali delle facce del cubo caratterizzate dagli indici [110]. Ci sono tre direzioni indipendenti di questo tipo. Lungo le direzioni di massimo impacchettamento (close-‐packed) la deformazione del reticolo è favorita. Allo stesso modo si possono individuare i piani di massimo impacchettamento (piani ottaedrici) dove la densità planare è maggiore. Per un sistema CCC questi piani sono rappresentati dai congiungenti gli spigoli opposti del cubo caratterizzati dagli indici (110). Ci sono sei piani indipendenti di questo tipo. Per un sistema CFC i piani di massimo impacchettamento corrispondono al piano congiungente tre vertici opposti del cubo corrispondenti a (111). Ci sono quattro piani indipendenti di questo tipo. Lungo i piani di massimo impacchettamento (close-‐packed) la deformazione del reticolo è favorita in quanto la spaziatura tra questi piani è maggiore comportando una maggior distanza interatomica. Dal grafico dell’EN è facile dedurre che ad una maggior distanza interatomica corrisponde una minor energia di legame e quindi maggior facilità di scorrimento.
Le direzioni e i piani close-‐packed per le celle CCC e CFC sono mostrati in figura 18.
Figura 18 -‐ Direzioni e piani close-‐packed per le celle CCC e CFC
I sistemi di scorrimento corrispondono alle possibilità di scorrimento dei reticoli cristallini. In dettaglio un CCC può scorrere facilmente lungo due direzioni su sei piani differenti, per un totale di 12 combinazioni. Allo stesso modo un CFC è facilitato nella deformazione in tre direzioni su quattro piani per un totale di 12 combinazioni. Da questo si deduce che i CCC e i CFC hanno lo stesso numero di sistemi di scorrimento indipendenti (Figura 19). Ad un maggior numero di sistemi di scorrimento corrisponde una maggior attitudine allo scorrimento dei piani cristallini, quindi si potrebbe dire che Fe (CCC) e Al (CFC) abbiano lo stessa capacità di deformazione. Questo non è vero in quanto l’attivazione dei sistemi di scorrimento avviene in maniera diversa nei due reticoli. Generalmente i CCC hanno un totale di 12 sistemi di scorrimento ma quelli attivi a Tambiente è inferiore rispetto ai CFC. L’attivazione dei sistemi di scorrimento è attribuibile alle variabili fisiche, principalmente proprio alla temperatura. Inoltre, questo spiega il fenomeno della transizione fragile-‐duttile (si vedano i prossimi capitoli) ovvero del perché alle basse temperature il ferro si rompe di schianto senza mostrare deformazioni visibili mentre l’alluminio conserva la sua capacità di deformazione (si ricordi il Titanic, le navi Liberty e la campagna di Russia di Napoleone). Reticolo Metalli Piani di
scorrimento Direzioni di scorrimento
Numero di sistemi di scorrimento
Rappresentazione
CFC Cu, Al, Ni, Pb, Ag, Au, Fe-‐g, ecc.
{111} 4
<110> 3
4 x 3 = 12
CCC Fe-‐a,
W, Mo, Ottone-‐b , ecc.
{110} 6
<111> 2
6 x 2 = 12
Figura 19 – Sistemi di scorrimento per i reticoli CCC e CFC