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0 L’abc della ragioneria Istruzioni per l’uso: il contenuto delle parentesi va studiato come il resto; solo dopo averle comprese, potete saltarle e rendere così più scorrevole il testo. Rassegnatevi: a non essere oggetto di domanda nelle verifiche saranno solo le eventuali parti scritte in carattere verde; tutto il resto, qualsiasi sia il colore e la dimensione del carattere, ai fini della valutazione va prima di tutto compreso e poi possibilmente imparato. 1) Gestire l’azienda. 1.1) Premessa pag. 1 1.2) Nulla si può governare senza informazioni pag. 1 1.3) Dati di stock e dati di flusso pag. 2 2) Il Patrimonio lordo, i debiti e il patrimonio netto. 2.1) Il patrimonio lordo pag. 3 2.2) I debiti pag. 5 2.3) Il patrimonio (o capitale) netto pag. 6 3) L’utile (o la perdita) e il capitale netto. pag. 7 4) Il reddito come confronto fra produzione e distruzione: il conto economicopag. 8 5) Approfondimenti su reddito e capitale netto. pag. 14 6) La funzione della contabilità. pag. 18 7) Le regole di registrazione in “partita doppia”. 6.1) Il conto pag. 19 6.1.1) I conti patrimoniali pag. 20 6.1.2) I conti di reddito pag. 21 6.2) Le tre regole pag. 22 6.3) I tre “trucchi” pag. 23

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L’abc della ragioneria Istruzioni per l’uso: il contenuto delle parentesi va studiato come il resto; solo dopo averle comprese, potete saltarle e rendere così più scorrevole

il testo. Rassegnatevi: a non essere oggetto di domanda nelle verifiche saranno solo le eventuali parti scritte in carattere verde; tutto il resto,

qualsiasi sia il colore e la dimensione del carattere, ai fini della valutazione va prima di tutto compreso e poi possibilmente imparato.

1) Gestire l’azienda. 1.1) Premessa pag. 1

1.2) Nulla si può governare senza informazioni pag. 1 1.3) Dati di stock e dati di flusso pag. 2

2) Il Patrimonio lordo, i debiti e il patrimonio netto. 2.1) Il patrimonio lordo pag. 3 2.2) I debiti pag. 5 2.3) Il patrimonio (o capitale) netto pag. 6

3) L’utile (o la perdita) e il capitale netto. pag. 7

4) Il reddito come confronto fra produzione e distruzione: il “conto economico” pag. 8

5) Approfondimenti su reddito e capitale netto. pag. 14

6) La funzione della contabilità. pag. 18

7) Le regole di registrazione in “partita doppia”.

6.1) Il conto pag. 19

6.1.1) I conti patrimoniali pag. 20

6.1.2) I conti di reddito pag. 21

6.2) Le tre regole pag. 22

6.3) I tre “trucchi” pag. 23

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1) Gestire l’azienda.

1.1) Premessa.

Tutti gli esseri umani per vivere devono agire, e lo fanno indossando l’abito della azienda

(parola che non a caso deriva dal latino “facenda”, cioè cosa da fare), di produzione o di erogazione che sia (e

secondo me è il caso che tu ridia un occhio agli appunti “Attività umana, beni, aziende, produzione e consumo”…).

Per agire occorre prendere decisioni, e ogni azienda, poiché opera continuamente, è quindi

impegnata in una incessante attività decisionale. Questo vale sia per le aziende di erogazione (come

la famiglia o lo stato italiano) sia per quelle di produzione (come il caldarrostaio o la Apple). Queste pagine

le ho scritte riferendomi alle aziende di produzione, ma la gran parte dei concetti che vi appaiono

sono applicabili anche a quelle di erogazione

Per chi non avesse ancora digerito gli appunti “Attività umana, beni, aziende, produzione e

consumo” dell’anno scorso, ricordo la definizione di azienda che là indicai come quella che

massimizza il rapporto “efficacia / lunghezza” (anche se non sono sicuro sia la migliore in assoluto):

organismo che utilizza beni e lavoro per produrre qualcosa che soddisfa esigenze umane .

1.2) Nulla si può governare senza informazioni.

Dovendo prendere tantissime decisioni, tutte le aziende [sia quelle di erogazione (a partecipazione

volontaria) come la “Famiglia Rossi” e la “Casa di Carità S. Girolamo”, sia le aziende di erogazione (a partecipazione

obbligatoria) come lo “stato italiano” e il “comune di Reggio Emilia”, sia le aziende di produzione (a partecipazione volontaria

e di proprietà privata) come “Max Mara S.p.A.” e “Esselunga S.p.A.” sia, infine, le aziende di produzione (a partecipazione

volontaria e di proprietà pubblica) come l’ “Enia-Iren S.p.A.” e le “Farmacie Comunali Riunite S.p.A.”] sono tutte

accomunate, oltre che dal fatto che producono beni utilizzando lavoro e altri beni, da una stessa

necessità: avere informazioni.

Per prendere decisioni più corrette, infatti, occorre conoscere, avere informazioni, cioè dati.

Questo vale per qualsiasi iniziativa si voglia realizzare: una vacanza in Grecia (quanto costa il volo e il

noleggio auto? Quanto invece il traghetto? E il bed & breakfast o la mezza pensione? Quali sono i possibili orari di

imbarco? Ci sono posti liberi in quel campeggio? ecc.), una focaccia cumulativa ai primi di giugno alla

piscina di Baiso (prezzo di ingresso, eventuali sconti comitive, biglietto dell’autobus, coincidenze per rientrare a

casa in orario normale ecc.), la distribuzione di gnocco, pizze e panini a scuola (quali sono i costi di

acquisto e i prezzi di vendita, quali le preferenze degli studenti, quante le tasse da pagare, quanto il consumo di benzina,

quanto la paga dei dipendenti ecc.), o la conquista di una quota del 10% del mercato del cibo per gatti in

Gran Bretagna (quante sono le vendite complessive attuali, quante di queste sono nei supermercati e quanti nel

dettaglio specializzato, quanto pesano i vari marchi della distribuzione ecc.).

Quando la realtà che si vuole conoscere è semplice, allora poche saranno le informazioni

necessarie e semplice potrà essere anche il sistema di raccolta dei dati.

Ad esempio: per decidere se studiare o no storia ti è sufficiente sapere quanti tuoi compagni

non hanno ancora il voto e se l’Aleotti ha fissato una verifica scritta, tutte informazioni che non hai

difficoltà a trovare se solo scrivi puntualmente e in modo ordinato sul diario le principali vicende

scolastiche. Oppure: se vuoi informazioni sul campionato di calcio per decidere come compilare la

schedina, è sufficiente che ogni settimana annoti i risultati delle partite, l’elenco dei giocatori

infortunati e squalificati e tenga conto dei punti accumulati dalle varie squadre. Tutto semplice,

tanto che ci riescono perfino i giornalisti.

Quando invece la realtà da conoscere è estesa, varia e complessa come lo è quella di

un’azienda di produzione che non abbia dimensioni microscopiche (= piccolissime), più complesso e

sofisticato dovrà essere il metodo di annotazione dei fatti che accadono se si vogliono avere dati

sufficienti per decidere correttamente.

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La “ragioneria” è la disciplina che insegna a ricavare una parte rilevante delle informazioni

necessarie per conoscere e quindi gestire (guidare, prendere decisioni informate e perciò migliori) una

azienda, e il metodo di annotazione dei fatti che coinvolgono l’azienda utilizzato dalla ragioneria è

chiamato “partita doppia” (il motivo di questo nome lo si intuirà solo in seguito). Seppure perfezionatosi nel

tempo, il metodo della partita doppia che si utilizza per registrare i fatti aziendali è in uso ormai da

alcuni secoli e non c’è nessuna speranza che da qui a qualche mese possa essere semplificato o reso

più divertente, perciò rassegnatevi.

1.3) Dati di stock e dati di flusso.

In economia (ma non solo) le grandezze che si possono misurare con riferimento a un istante

(cioè quelle che “si fotografano”) sono dette “variabili (o dati) di stock” (esempi di dati di stock sono il denaro

in cassa, il numero dei dipendenti, il valore delle scorte, i residenti in Italia ecc.). E’ la stessa cosa che si può

dire per la quantità d’acqua presente in una vasca: per sapere quanta ce n’è in questo momento, la

misuro e posso dire: adesso nella vasca ci sono 120 litri; se però un rubinetto è aperto o il tappo

perde, la quantità d’acqua presente nella vasca varia in ogni istante.

Sempre in economia (ma non solo) le grandezze che si riferiscono a un periodo (a un intervallo di

tempo, cioè quelle che “si filmano”) sono definite “variabili (o dati) di flusso” (esempi di dati di flusso sono

l’output (il valore della produzione), gli input (il valore dei fattori produttivi), i ricavi di vendita, il P.I.L., il numero

annuo di assunzioni, il consumo di benzina, gli arrivi di immigrati ecc.). E’ la stessa cosa che si può dire per

un flusso d’acqua: dire che un rubinetto butta 10 litri significa nulla, in quanto occorre riferire la

quantità a un periodo di tempo: con 10 litri al secondo allagate la casa, con 10 litri l’ora non vi

lavate nemmeno i denti.

Quando descriviamo un fenomeno per mezzo di un dato di stock è come se di quel

fenomeno stessimo facendo vedere una fotografia, nel senso che quel dato rappresenta la quantità

esistente in quel momento, quantità che si è accumulata nel passato a causa di tutte le vicende

capitate dall’inizio fino a quell’istante, l’istante in cui la foto è stata scattata. Se dico che a Natale

pesavo 76 chili, quel dato è il risultato finale di tutti i miei acquisti di peso e i miei dimagrimenti da

quando sono nato fino al Natale del 2012. E’ la fotografia del mio peso scattata il 25.12.2012.

Quando descriviamo un fenomeno per mezzo di un dato di flusso è come se di quel

fenomeno stessimo facendo vedere un filmato, nel senso che quel dato evidenzia come quel

fenomeno è variato in un certo periodo, il periodo in relazione al quale è espresso il dato.

Se il 21 settembre dico che il mio cane negli ultimi tre mesi è dimagrito di 5 chili, sto

rappresentando quello che è successo al peso del cane durante l’estate, come se facessi vedere in un

film le vicende relative al peso di Frey (= nome del mio cane, ma poiché è un pastore tedesco si pronuncia Frai).

Chiarito questo, vi resta da interiorizzare che il patrimonio è un dato di stock, mentre il

reddito è un dato di flusso. Il concetto è semplice e piuttosto intuitivo:

- se venite a sapere che Pinco oggi ha 10 milioni di euro depositati in banca e nessun debito,

siete sì certi che Pinco è ricco, ma non sapete quanto guadagna: potrebbe guadagnare molto

come anche quasi nulla, e magari vive mangiandosi i suoi risparmi;

- se scoprite che Pallino guadagna 20.000 € al mese, siete sì certi che ha un ottimo reddito, ma

non sapete nulla sulla sua ricchezza: potrebbe possedere tre ville e 10 milioni in contanti

come avere solo debiti perché vive in un albergo di lusso e spende più di quanto guadagna.

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2) Patrimonio, debiti e capitale netto.

Di erogazione o di produzione che sia (d’ora in avanti, comunque e come ho già detto, mi riferirò a

quella di produzione, anche se quasi tutto ciò che scrivo va bene anche per le aziende di erogazione), l’azienda, per

svolgere la sua attività, deve comunque utilizzare, oltre al lavoro di qualcuno, anche dei beni.

2.1) Il patrimonio lordo.

Per patrimonio (o capitale o attivo) lordo aziendale si intende sia l’insieme dei beni di cui

l’azienda ha la proprietà, sia il loro valore complessivo.

Babbo Natale non esiste, e nemmeno la Befana. Ecco perché solitamente per avere un bene

occorre comprarlo, e per comprarlo: 1. o si usa ricchezza propria – i ragionieri direbbero “mezzi

propri” o “capitale proprio” – , 2. o si usa ricchezza altrui, ad esempio soldi avuti in prestito, cioè

debiti – per i ragionieri “capitale di terzi” (i “terzi” essendo gli “altri” rispetto a noi) – .

I mezzi propri e i debiti hanno una cosa in comune: la funzione (= lo scopo), cioè servono per

la stessa cosa, acquisire ciò di cui necessita l’azienda.

Il capitale proprio e il capitale di terzi (cioè i debiti) sono quindi entrambi “fonti di finanziamento”,

le sorgenti da cui l’azienda attinge per entrare in possesso dei beni necessari per operare.

Da quel che si è appena detto risulta allora che, inevitabilmente, vi è sempre coincidenza fra

il patrimonio lordo (l’intero attivo aziendale) e le fonti di finanziamento (capitale proprio e capitale di terzi)

che hanno reso possibile la sua acquisizione (cioè l’acquisizione dei beni che compongono il patrimonio lordo).

Le fonti di finanziamento, repetita iuvant (= giova, è utile ripetere), si distinguono quindi fra

debiti (detti anche passività o capitale di terzi, cioè altrui) e capitale – o patrimonio – proprio o netto.

Così, se in un certo momento il patrimonio lordo di un’azienda è 1.000, allora

necessariamente la somma dei suoi debiti e del capitale netto sarà 1.000.

Qui sotto potete vedere uno schema frequentemente usato per descrivere la struttura del

patrimonio di una azienda in un certo momento.

Situazione patrimoniale dell’azienda Pinca Pallina alla mezzanotte del 19/9/2012

ATTIVO (o patrimonio lordo o impieghi) FONTI di FINANZIAMENTO

Immobili x | j Capitale proprio (o capitale netto)

(o passivo o patrimonio netto)

Attrezzature y |

Scorte w | h Capitale di terzi (debiti)

Crediti z |

Liquidità k |

------- | -------

Totale impieghi (o attivo) 1.000 | 1.000 Totale fonti di finanziamento

(o patrimonio lordo o capitale investito) (o totale passivo e netto)

Nella prossima pagina, invece, vi riporto la situazione patrimoniale al 31/12/2009 e quella

più recente al 30/6/2013 dichiarata da Telecom Italia S.p.A., azienda nota anche a voi e tra le più

grosse d’Italia (anche come numero di dipendenti: ne ha circa 80.000, di cui i 2/3 in Italia e quasi 30.000 all’estero).

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I dati che leggete nei due prospetti sono espressi in milioni di euro, perciò il dato del totale

attivo (leggibile, nell’ultima riga del primo prospetto in 86.181) e del capitale netto (27.120) e dei debiti

(complessivamente di 59.061 €) ci dicono che il valore dei beni di proprietà della Telecom alle ore 24 del

31 dicembre 2009 era pari a oltre 86 miliardi di euro e che la Telecom questi beni li aveva ottenuti

facendo debiti per oltre 59 miliardi e utilizzando un patrimonio proprio di oltre 27 miliardi di euro.

Situazione patrimoniale dell’azienda Telecom al 31/12/2009 (dati in milioni di euro)

ATTIVO (o patrimonio lordo o impieghi) FONTI di FINANZIAMENTO

Immobilizzazioni immateriali 49.909 | 27.120 Patrimonio netto (o capitale netto ecc.)

(di cui 1.596 utile dell’anno 2009)

Immobilizzazioni materiali 14.902 |

Altre immobilizzazioni 4.920 |

Scorte 379 | 40.773 Debiti a lunga scadenza

Crediti a breve v/clienti 7.491 | 10.761 Debiti a breve v/fornitori

Altro attivo a breve 118 | 7.527 Altri debiti a breve scad.

Disponibilità liquide 8.462 |

------------------------------------------------------------ | ----------------------------------------------------------------

Totale attivo 86.181 | 86.181 Totale passivo e netto

(o totale impieghi ecc.) (o totale fonti di finanziamento)

Situazione patrimoniale dell’azienda Telecom al 30/6/2013 (dati in milioni di euro)

ATTIVO (o patrimonio lordo o impieghi) FONTI di FINANZIAMENTO

Immobilizzazioni immateriali 37.686 | 20.478 Patrimonio netto (o capitale netto ecc.)

(al netto della perdita dell’ultimo anno)

Immobilizzazioni materiali 14.847 |

Altre immobilizzazioni 4.208 |

Scorte 536 | 34.785 Debiti a lunga scadenza

Crediti a breve v/clienti 7.095 | 9.137 Debiti a breve v/fornitori

Altro attivo a breve 50 | 6.531 Debiti finanziari a breve scad.

Disponibilità liquide 6.627 | 118 Debiti per imposte sul reddito

---------------------------------------------------------------- | --------------------------------------------------------------------

Totale attivo 71.049 | 71.049 Totale passivo e netto

(o totale impieghi ecc.) (o totale fonti di finanziamento)

Confrontando la situazione patrimoniale (la fotografia) della Telecom a fine 2009 con quella a

metà 2013 si nota che negli ultimi tre anni e mezzo questi valori sono tutti diminuiti (di circa 15,1

miliardi l’attivo, 8,5 i debiti e di oltre 6,6 miliardi il capitale netto).

Col tempo comprenderete il significato delle varie voci; già conoscete quello di “totale

attivo”, ora chiariamo il significato di “debiti” e poi di “capitale netto”. Vi anticipo subito che,

diversamente da quello di “debito”, il concetto di “capitale netto” è tutt’altro che semplice, tanto è

vero che quasi nessun magistrato lo comprende, nemmeno quelli che indagano ed emettono

sentenze sulla veridicità del capitale netto dichiarato in bilancio dall’imprenditore (e in questo modo

non di rado condannano degli innocenti e assolvono dei colpevoli di reati finanziari; meglio sarebbe se adottassero il

sistema dell’immortale giudice Brigliadoca (Francois Rabelais (1494 – 1553) “Gargantua e Pantagruele”, cap. XXXIX)).

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2.2) I debiti.

Un debito è un impegno (quasi sempre ad effettuare il versamento di una certa somma di denaro) da

assolvere (= da adempiere, da onorare, da svolgere) entro una certa scadenza.

Un debito può derivare:

1) da una precedente entrata di denaro: una banca, uno strozzino o un qualche altro finanziatore ha

prestato quella somma all’azienda. In questo caso il debito viene detto “di finanziamento”. I debiti

di finanziamento, quindi, nascono e muoiono nello stesso modo, attraverso un movimento di denaro

(salvo, ovviamente, il caso del debito che non viene rimborsato per insolvenza del debitore: in questo caso il debito

muore lo stesso, ma di malattia).

2) da un precedente acquisto di fattori produttivi: il fornitore ha consegnato il bene o prestato il

servizio e l’azienda acquirente (= che ha comprato) si è impegnata a pagare più avanti nel tempo,

magari dopo tre mesi (magari non sarebbe male se tu dessi una riguardata agli appunti “Proprietà, compravendita

e I.V.A.” sempre dell’anno scorso). In quest’altro caso il debito viene detto “di fornitura”, o “di

regolamento” o, ma è sempre la stessa cosa, debito “di funzionamento”.

2.3) Il patrimonio netto (o anche “capitale netto”).

Meno intuitivo del concetto di debito è quello di capitale proprio – o capitale netto – che,

come ho già detto, è la sola altra possibile fonte di finanziamento di ogni azienda.

Per comprendere cos’è il “capitale netto” è quindi necessario un impegno non superficiale,

altrimenti nelle verifiche rischiate di fare come i magistrati nei processi e nelle sentenze che

riguardano i bilanci aziendali: dire e scrivere cose senza senso.

Il capitale netto – o, ripeto, capitale proprio o anche semplicemente il "netto" – può essere definito

con due sistemi diversi: 1) attraverso una differenza; 2) con una somma.

1) Per quello che si è già detto è ovvio che il valore del capitale proprio di un'azienda in

un certo istante è dato dalla differenza fra il suo patrimonio lordo (o totale attivo, cioè

- come già sappiamo - il valore dei beni di cui l’azienda è proprietaria) meno i suoi debiti (cioè il

valore del capitale di terzi che stanno finanziando l'azienda). Questa definizione è certamente

corretta, ma non contribuisce un gran che a far capire come il capitale netto si forma, né

da dove deriva o da cosa è costituito.

2) Il capitale netto in un certo istante (= in un certo momento) della vita dell'azienda è

determinabile anche come somma: è la sommatoria degli apporti e degli utili

prodotti, al netto dei prelievi e delle perdite subite, dalla nascita dell’azienda fino a

quell'istante.

Non mi aspetto che tale definizione sia immediatamente comprensibile: è evidente infatti

che, se si vuole afferrarne il senso, è necessario avere chiari i significati di apporto e di prelievo, di

utile e di perdita, ma anche il collegamento fra l’utile (o la perdita) e lo stesso capitale netto.

Cominciamo quindi col chiarire in poche righe i significati di “apporto” e di “prelievo”.

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Per quanto riguarda gli apporti, possiamo cavarcela dicendo che sono trasferimenti a titolo

gratuito (e quindi non in conseguenza di una compravendita) di beni (e in genere si tratta di denaro, ma possono

essere anche beni "in natura", come un edificio o una gru) dal patrimonio personale dell’imprenditore o

dei soci al patrimonio dell’azienda, trasferimenti che possono essere effettuati sia alla nascita

dell’impresa che durante la sua vita.

I prelievi, invece, sono esattamente il contrario, in quanto sono trasferimenti di beni (e

anche in questo caso si tratterà più spesso di denaro, ma potrebbero essere anche beni “in natura” come ad esempio un

vecchio computer dell’ufficio amministrativo che l’imprenditore si porta a casa per darlo alla figlia affinché si eserciti

all’uso di excel) estratti dal patrimonio dell’impresa per finire nel patrimonio personale

dell’imprenditore o dei soci ed essere da loro utilizzati per fini familiari; spesso i prelievi vengono

definiti anche “spese extra-gestione”.

Per cercare di chiarire i concetti di utile e di perdita e il loro collegamento con il capitale

netto, occorrono invece maggiori sforzi (quegli sforzi di comprensione che in genere molti magistrati non fanno

convinti come spesso sono di essere onniscienti): le prossime cinque pagine hanno tale scopo.

3) L’utile (o la perdita) e il capitale netto.

Cominciamo da un esempio: un’azienda ceramica alle sette del mattino del 20 settembre ha

questa situazione patrimoniale:

Situazione patrimoniale “Ceramica Fantasiosa” alle ore 7 del mattino del 20/9/2013

valori attivi (impieghi) | fonti di finanziamento (passivo e netto)

fabbricati 1.000.000 | 900.000 debiti v/fornitori

macchinari e attrezzature 3.000.000 | 3.020.000 debiti v/banche

scorte di caolino 100.000 | 80.000 debiti v/dipendenti

scorte di piastrelle - |

crediti v/clienti 1.400.000 |

cassa - | 1.500.000 capitale netto

__________ | __________

totale impieghi 5.500.000 | 5.500.000 totale fonti di finanziamento

poi nelle successive cinque ore, dalle 7 alle 12, produce delle piastrelle utilizzando 20.000 € di

caolino, 62.000 € di gas metano, il lavoro di 100 dipendenti a 20 € l’ora e macchinari e attrezzature

il cui valore, per effetto dell’usura, diminuisce di 8.000 €; a mezzogiorno, infine, consegna a un

cliente le piastrelle prodotte in mattinata per 250.000 € che dovranno essere pagati dopo 90 giorni.

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Vediamo ora, supponendo che questi siano gli unici fattori produttivi utilizzati e le uniche

operazioni effettuate in quelle 5 ore, quale sarà

1) la situazione patrimoniale a mezzogiorno; 2) l’utile (il reddito, il guadagno) ottenuto nel periodo

(quello che va dalle 7 del mattino al mezzogiorno del 20 settembre). Risposte:

1) Situazione patrimoniale alle ore 12.00 del 20 settembre

valori attivi (impieghi) | fonti di finanziamento

fabbricati 1.000.000 | 962.000 debiti v/fornitori

macchinari e attrezzature 2.992.000 | 3.020.000 debiti v/banche

scorte di caolino 80.000 | 90.000 debiti v/dipendenti

scorte di piastrelle - |

crediti v/clienti 1.650.000 |

cassa - | 1.650.000 capitale netto

totale impieghi 5.722.000 | 5.722.000 totale fonti

2) Utile (reddito, guadagno, profitto) ottenuto durante la mattina del 20 settembre

250.000 - (20.000 + 62.000 + 100x5x20 + 8.000) = 150.000

valore della produzione - valore dei fattori produttivi consumati = utile (o reddito) ricavi meno costi uguale guadagno

Il maggior valore di ciò che l’azienda ha prodotto (le piastrelle) rispetto al valore di

quanto ha consumato nel periodo (metano, caolino, lavoro, macchinari e attrezzature) ha provocato

un aumento di pari importo nel capitale netto, cioè un arricchimento dell’azienda, e quindi –

indirettamente – anche del suo (o dei suoi, se l’azienda è di proprietà di vari “soci”) proprietari.

I ragionieri dicono che, in quel periodo di tempo, l’azienda ha prodotto utili (o un reddito

positivo) per 150.000 euro.

L’incremento del capitale proprio da 1.500.000 a 1.650.000 euro verificatosi quella

mattina euro è stato originato dall’attività della azienda che, essendo efficiente, ha creato dal

nulla 150.000 di nuova ricchezza, avendo prodotto beni (le piastrelle) che valgono 250.000 €

utilizzando solo 100.000 € di risorse (le materie prime, il lavoro, il consumo delle macchine).

Ma i 150.000 € di capitale netto in più non si trovano in un determinato (= in un particolare) bene

di cui l’azienda ha la disponibilità; non si trovano certamente in cassa o in banca (infatti nulla è

successo quella mattina alla cassa e al c/c bancario): in realtà i 150.000 € di valore creato dal nulla sono

nascosti nella differenza positiva fra l’incremento dell’attivo (5.722.000 – 5.500.000 = 222.000 €) e

l’aumento dei debiti (4.072.000 – 4.000.000 = 72.000 €), variazione originata dai fatti accaduti in quelle 5

ore. E infatti 222.000 – 72.000 fa 150.000.

L’azienda ha incrementato (= aumentato) da sé la propria ricchezza, la fonte di finanziamento

“capitale proprio”: in questo senso si dice che l’utile, facendo aumentare il capitale proprio (o

capitale netto), “autofinanzia” l’azienda.

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Se l’imprenditore, soddisfatto per come stavano andando le cose nella mattinata ed eccitato

per l’abbigliamento della giovane segretaria, prima di mezzogiorno le avesse regalato un anello di

diamanti pagandolo con 50.000 euro presi dal conto corrente della ditta, allora avrebbe effettuato,

come già sappiamo, un "prelievo" (o "spesa extra-gestione").

I debiti bancari sarebbero così diventati 3.070.000 (3.020.000 + 50.000) e il capitale netto aziendale

sarebbe aumentato, in quella mattinata, non più di 150.000 ma di soli 100.000 euro, diventando di

“soli” 1.600.000 € (e non 1.650.000 come sarebbe successo nel caso la segretaria fosse stata anziana).

Attenzione: l’utile sarebbe rimasto quello di prima (150.000 €), perché l’azienda quel valore

aggiuntivo l’ha comunque creato, ma il capitale netto sarebbe aumentato di 50.000 in meno per

effetto del prelievo fatto ai danni dell’azienda e a favore della segretaria (e, presumibilmente o almeno

nelle sue intenzioni, in via indiretta anche a beneficio dell’imprenditore).

Si può notare, quindi, come i prelievi di beni dall’impresa per fini extra-aziendali

provochino una corrispondente diminuzione del capitale netto, per cui se in un certo periodo, a

fronte di un utile prodotto di X, si hanno prelievi di beni per scopi extra-aziendali per un valore di Y,

allora il capitale netto, in quel periodo, si modificherà per un importo pari a X – Y.

Più in generale è possibile affermare questa uguaglianza: dato un certo periodo di

tempo (ad esempio dal 1/1/2013 al 31/12/2013) il capitale netto esistente alla fine del

periodo (al 31/12/2013) è sempre pari al capitale netto iniziale (cioè quello al 1/1/2013) più

l'utile guadagnato (o meno la perdita subita) nel periodo (cioè, sempre nell’esempio, l'anno

2013), più eventuali apporti effettuati nel periodo e meno eventuali prelievi fatti

sempre nel periodo.

4) Il reddito come confronto fra produzione e distruzione: il conto economico

Dal § 1.4.1) dei soliti appunti “Beni, aziende, economia, scambi ecc.” dovreste avere imparato

che “la produzione è tutto ciò che aumenta il valore dei beni disponibili sulla terra e utili a soddisfare,

direttamente (nel caso di produzione di beni di consumo) o indirettamente (se si producono beni di produzione), i

bisogni.

Voglio che vi soffermiate ancora a riflettere sul fatto che, seppure sia innegabile che i fattori

della produzione siano il lavoro e i beni, il valore dei beni prodotti – cioè la loro capacità di soddisfare

bisogni – non proviene però totalmente dal valore dei beni distrutti e del lavoro impiegato: se

l’azienda è efficiente, infatti, una parte del valore di ciò che ha prodotto semplicemente prima non

esisteva ed è quindi stato creato al suo interno. Se così non fosse, se il valore non si creasse ma

fosse solo possibile assorbirlo dai fattori produttivi per trasferirlo in una produzione di pari valore,

allora non si spiegherebbe perché un tempo sulla terra eravamo pochi milioni quasi tutti poveri e

affamati mentre ora siamo sette miliardi e quasi tutti opulenti e sazi.

Nella prossima pagina vi riscrivo gli stessi concetti già visti nell’esempio della ceramica. Lo

faccio non perché sia rincretinito, ma per esercitarvi nella comprensione di testi scritti senza l’aiuto

della concretezza offerta dagli esempi (testi che, fra l’altro, vi capiteranno spesso se affronterete studi

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universitari). Voi sforzatevi di abbinare quanto leggerete qui con quello che ho scritto nell’esempio

della ceramica nelle due pagine precedenti.

L’attività aziendale di produzione, quando è efficiente, ottiene beni per 100 € distruggendone

altri che, però, valgono 100 – X , in cui X è il numero positivo che misura la creazione di valore.

Il valore (X €) che l’azienda efficiente crea con la sua attività si inserisce nel suo patrimonio

e, a meno che non le sia prelevato per utilizzarlo a scopi extra-aziendali, l’arricchisce.

Dalla situazione patrimoniale dell’azienda non si riesce però a comprendere come questi X €

di valore siano stati prodotti; anzi, poiché la situazione patrimoniale si riferisce a un certo istante, e

poiché nell’istante nulla cambia e quindi anche nulla si produce, una singola situazione patrimoniale

non può nemmeno informare se l’azienda è efficiente (cioè produce ricchezza) o inefficiente (cioè

distrugge ricchezza). Per avere questa informazione io devo confrontare due fotografie dell’azienda

(due situazioni patrimoniali) scattate in due momenti diversi, e se verifico che nel lasso di tempo (= nel

periodo) compreso fra i due istanti fotografati l’azienda si è arricchita senza l’intervento di apporti,

allora saprò che è efficiente, cioè che crea ricchezza.

Ma anche in questo modo, cioè avendo a disposizione due fotografie scattate in momenti

diversi, non ho ancora alcuna informazione relativa al modo in cui quella ricchezza aggiuntiva si è

creata. Per sapere come l’azienda ha creato (o distrutto, nel caso di azienda inefficiente) ricchezza mi

occorre in realtà il filmato di ciò che ha fatto nel periodo, in modo da scoprire cosa ha prodotto e

cosa ha utilizzato per produrre. Ebbene, il filmato dell’attività aziendale svolta in un periodo di

tempo ci viene offerto da un altro documento (“altro” rispetto la “situazione patrimoniale”): il “Conto

economico” di quel periodo.

Come vedremo meglio più avanti, lo stato patrimoniale e il conto economico insieme

formano il “Bilancio” aziendale, che è lo strumento più efficace per organizzare e rendere

facilmente leggibili le informazioni sulla realtà complessiva di un’azienda.

Nella sua forma tradizionale e didatticamente più efficace il conto economico è

rappresentato, allo stesso modo già visto per lo stato patrimoniale, con due sezioni contrapposte:

una di sinistra (dare) e una di destra (avere). Nella sezione di destra si descrive ciò che è stato

prodotto nel periodo, in quella di sinistra ciò che è stato utilizzato (consumato) per produrre.

Conto economico dell’azienda Pinca Pallina del periodo 1/1/2013 – 30/6/2013

INPUT (fattori produttivi consumati) (produzione ottenuta) OUTPUT

Materie prime x | j Produzione di HKL

Lavoro dipendente y | h Produzione di JY&

Lavoro autonomo w |

Usura immobilizzazioni z |

Reddito [ 1.000 – (x + y + w + z) ] u |

------- | -------

Totale a pareggio 1.000 | 1.000 Totale valore della produzione

Nelle prossime due pagine trovate qualche esempio reale di conto economico, a cominciare

da quello relativo al primo semestre 2013 della Telecom. Se volete dati più dettagliati cliccate su http://www.telecomitalia.com/content/dam/telecomitalia/it/archivio/documenti/Investitori/Semestrali/2013/Relazione%20finanziaria%20semestrale%20al%2030%20giugno%202013.pdf

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Conto economico Telecom 1/1/2013 – 30/6/2013 (dati in milioni di €)

INPUT (fattori produttivi consumati, costi) (produzione ottenuta, ricavi) OUTPUT

Acquisti di servizi, componenti e materiali di cons. 6.154 | 13.760 Ricavi di vendita

Aumento delle rimanenze di compon.-mat.di cons. – 114 | 278 Attività realizzate non per la vendita

Costi per il personale dipendente 1.931 | 1.489 Proventi finanziari (interessi attivi, utili su

Altri costi operativi 941 | cambi ecc.)

Ammortamenti 2.589 | Accantonamenti, svalutazioni e altri oneri 2.294 | 110 Altri ricavi e proventi

Oneri finanziari (interessi passivi, oneri da partecipaz.) 2.436 |

Imposte sul reddito 633 | 15.637 Totale valore della produzione (milioni di €)

|

| (1.227) Reddito (perdita) del periodo

----------------------------- | --------------------------

Totale costi (milioni di €) 16.864 | 16.864 Totale a pareggio

Dalla lettura di questo conto economico si trae, fra le altre, l’informazione che la Telecom

nel primo semestre di quest’anno ha “perso” 1.227.000.000 €, in quanto ha prodotto beni (per lo più

servizi telefonici) per un valore di 1.227 milioni di € inferiore al valore dei fattori produttivi

consumati.

Può essere utile, anche per allenarsi a maneggiare i numeri grandi e dare loro un significato

più comprensibile, fare un paio di considerazioni: se ipotizziamo che le utenze telefoniche gestite

dalla Telecom siano 50 milioni e che il secondo semestre del 2013 sarà simile al primo, allora

risulta che il ricavo medio annuo unitario (per ogni utente) della Telecom è circa 550 € (13.760 x 2 / 50),

e che l’azienda perde circa 50 € l’anno per ogni cliente (o, visto dall’altra parte, si può dire che in media ogni

utente Telecom paga 50 € l’anno in meno rispetto ai costi che l’azienda sostiene per produrre e fornirgli il servizio).

Qui sotto, invece, trovate il conto economico relativo all’intero anno 2009 della “LANDI

RENZO S.p.A.”, la nota azienda reggiana leader mondiale nel settore degli impianti a gas GPL e a

metano per autotrazione.

LANDI RENZO S.p.A.

Conto economico 1/1/2009 – 31/12/2009 (dati in €)

INPUT (fattori produttivi consumati, costi) (produzione ottenuta, ricavi) OUTPUT

Materie prime, componenti e materiali di cons. 108.204.354 | 206.143.215 Produzione impianti e componenti

Acquisti di servizi e uso di beni di terzi 62.276.234 |

Costi per il personale dipendente 12.517.140 | 1.510.809 Proventi finanziari (interessi attivi, utili da

partecipazioni e utili su cambi)

Ammortamenti (consumo immobilizzazioni) 4.181.885 | Accantonamenti, svalutazioni e altri oneri 3.113.867 | 712.795 Altri ricavi e proventi

Oneri finanziari (interessi passivi, perdite su cambi ecc.) 2.666.856 |

Imposte 5.251.860 |

Utile netto anno 2009 (208.366.819 – 198.212.196) 10.154.623 | ------------------------------------------ ---------------------------------------

Totale a pareggio 208.366.819 | 208.366.819 Totale valore della produzione

Leggendo questo conto economico e confrontandolo con quello precedente della Telecom si

nota subito, oltre alla grande differenza dimensionale fra le due aziende (il valore della produzione della

Landi Renzo è circa 150 volte minore di quello di Telecom (circa 200 milioni annui contro 15.000 milioni semestrali)), la buona

efficienza dell’azienda reggiana (in grado di creare annualmente ricchezza dal nulla pari a circa il 5% del valore

degli input che usa (10 milioni/198 milioni = 5%)) cui si contrappone l’inefficienza del colosso telefonico

che distrugge più del 7% del valore degli input che usa per produrre (1.227 mil./16.800 mil. = 7,3%).

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Nelle due prossime pagine, invece, trovate il bilancio 2011 (e cioè la situazione patrimoniale al 31

dicembre 2011 e il conto economico dell’anno 2011) della GEOX S.p.A e dell’ IREN S.p.A.

Il bilancio della GEOX descrive un’azienda efficiente che crea ricchezza e con una solida

situazione patrimoniale; il bilancio dell’IREN, invece, mostra un’azienda in difficoltà non in grado di

creare ricchezza e con una situazione patrimoniale in rapido peggioramento a causa dell’accumularsi di

debiti. Accumulare debiti può essere, in sé, sia negativo che positivo: dipende dal motivo e dal modo in

cui ci si indebita; se mi indebito per fare investimenti produttivi e redditizi (cioè se gli investimenti finanziati

dall’indebitamento mi faranno aumentare la differenza fra il valore della produzione e i costi di produzione di un importo

maggiore degli interessi che sarò costretto a pagare sul debito aggiuntivo) allora quell’indebitamento è una scelta

razionale e positiva; se invece mi indebito per regalare dei soldi alla segretaria [come in pratica ha fatto

l’IREN, che nel 2011 si è indebitata anche per distribuire oltre 121 milioni di € ai suoi azionisti (= ai suoi proprietari, e cioè – nel

caso dell’IREN – soprattutto ai comuni di Torino, Genova, Reggio Emilia e Parma, tutti notoriamente e incessantemente affamati di soldi da

spendere e distribuire nel territorio comunale in modo che i cittadini siano più soddisfatti e alle prossime elezioni votino ancora gli stessi

partiti che sono al potere)] allora quell’indebitamento è una scelta folle e negativa: se un’azienda ha già una

situazione patrimoniale precaria, indebitarsi per permettere ai proprietari di fare dei prelievi significa

schiacciare l’acceleratore che la porterà alla rovina (perché ai costi già eccessivi rispetto al valore della produzione

si aggiunge il costo degli interessi passivi da pagare sull’ulteriore indebitamento).

Una lettura anche superficiale dei due bilanci a confronto permette di rilevare che:

a) per quanto riguarda la situazione patrimoniale

- L’Iren ha un patrimonio lordo circa 10 volte maggiore di Geox (7.023 milioni contro 649 milioni di €);

- L’Iren ha un patrimonio netto circa quadruplo di quello di Geox (1.845 milioni contro 446 milioni di €);

- I debiti dell’Iren sono oltre 25 volte più di quelli di Geox (5,179 miliardi di € contro 202 milioni);

- Ne risulta che mentre Iren si finanzia per quasi i ¾ con il capitale di terzi (5.179 / 7.023 = 73,7%), Geox

finanzia coi debiti solo meno di 1/3 il suo attivo patrimoniale (202 / 649 = 31,1%); lo stesso concetto si

può esprimere dicendo che il rapporto fra capitale netto e patrimonio lordo è pari a circa ¼ in Iren

(1.845 / 7.023 = 26,3%) e più di 2/3 in Geox (446 / 649 = 68,9%). Il rapporto Capitale Netto / Patrimonio Lordo

[ o C.N. ÷ (C.N. + Debiti) ] viene detto “Indice di indipendenza finanziaria”. Il suo valore è, ovviamente,

sempre compreso fra 0 e 1 (o fra 0% e 100%, che sono la stessa cosa di 0 e 1) e la sua crescita segnala la

diminuzione della dipendenza dell’azienda dalle fonti di finanziamento esterne (o, ed è la stessa cosa, più

il suo valore è vicino allo zero e più l’azienda è impiccata finanziariamente).

b) per quanto concerne il conto economico

- Il reddito (l’utile prodotto o la perdita subita, l’ammontare di nuova ricchezza creata o distrutta dall’azienda) è

positivo per Geox e pari al 6% del valore dei fattori produttivi consumati (si può dire che Geox nel 2011

ha trasformato beni e servizi (materie prime, lavoro, beni capitali ecc.) che valevano 840 milioni di euro in altri beni (scarpe nuove)

che valgono 50 milioni di più (e 50 / 840 fa il 6%)); il reddito di Iren, invece, è negativo e pari al – 3% degli

input utilizzati (108 milioni di perdita su 3,655 miliardi di costi fa il – 3%);

- Gli interessi passivi netti (cioè al netto di quelli attivi, 7.645 – 2.544 = 5.101 migliaia di €) sono per Geox pari

a 5,1 milioni di euro e quindi meno dello 0,6% del valore della produzione (5.101 / 890.531 = 0,57%);

per Iren, invece, sono di 67 milioni di € (94.137 – 27.103 = 67,034 migliaia) e quindi a quasi il 2% del

valore della produzione (67.034 / 3.547.215 = 1,89%). E’ superfluo dire che la maggiore incidenza degli

oneri finanziari sul fatturato di Iren rispetto a Geox discende inevitabilmente dalla sua minore

autonomia finanziaria, cioè dal fatto che Iren è meno capitalizzata di Geox, un altro modo, questo,

per dire che è più indebitata.

- Non è possibile fare altri utili confronti in quanto le voci dei conti economici delle due aziende non sono

fra loro omogenee (ad esempio il costo dei dipendenti in Geox è compreso nei costi di acquisto e produzione ecc.).

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Attivo GEOX S.p.A. (dati in migliaia di €) Passivo e Patrimonio Netto

31/12/2011 31/12/2010 31/12/2010 31/12/2011

Immobilizzazioni immateriali 67.222 68.621 25.921 25.921 Capitale sociale

Immobilizzazioni materiali 63.658 67.306 342.377 370.339 Riserve

Immobilizzazioni finanziarie 1.287 1.215 58.003 50.168 Risultato d'esercizio

Altre immobilizzazioni 42.848 45.093

Immobilizzazioni 175.015 182.235 426.301 446.428 Patrimonio netto

Rimanenze 196.610 172.085 2.372 2.119 Fondo T.F.R. dipendenti

Crediti v/clienti 154.171 124.525 8.091 8.061 Fondi rischi e oneri

Attività finanziarie a breve t. 16.305 4.046 554 358 Debiti finanziari a lungo t.

Altre attività a breve termine 21.801 25.818 2.291 2.249 Altri debiti a lungo termine

Liquidità 84.794 114.200 13.308 12.787 Passività non correnti

Attività correnti 473.681 440.674

117.822 133.013 Debiti v/fornitori

26.773 11.336 Debiti finanziari a breve t.

28.891 33.314 Passività correnti non finanziarie

9.814 11.818 Debiti tributari

183.300 189.481 Passività correnti

TOTALE ATTIVO 648.696 622.909 622.909 648.696 TOT. PASSIVO E PATRIMONIO NETTO

Valore dei fattori produttivi (Costi) GEOX S.p.A. (dati in migliaia di €)Valore della produzione (Ricavi)

2011 2010 2010 2011

Costo acquisto-produz. del venduto 478.140 435.146 731.915 755.068 Ricavi calzature

Costi di vendita e distribuzione 45.581 44.730 118.161 132.204 Ricavi abbigliamento

Pubblicità e promozioni 45.935 47.420 1.817 2.544 Proventi finanziari

Costi generali e amministrativi 234.521 228.977 0 715 Altri proventi

Oneri atipici 582 827

Oneri finanziari 7.645 4.554

Imposte 27.959 32.236

Tot.costi 840.363 793.890

Risultato netto (utile) 50.168 58.003

Totale a pareggio 890.531 851.893 851.893 890.531 VALORE DELLA PRODUZIONE

SITUAZIONE PATRIMONIALE al 31/12/2011

CONTO ECONOMICO anno 2011

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Attivo IREN S.p.A. (€ x 1.000) Passivo e Patrimonio Netto

31/12/2011 31/12/2010 31/12/2010 31/12/2011

Immobilizzazioni immateriali 1.412.420 1.300.575 1.276.226 1.276.226 Capitale sociale

Immobilizzazioni materiali 2.839.521 2.645.218 662.290 676.370 Riserve

Immobilizzazioni finanziarie 533.132 708.743 143.104 107.890- Risultato d'esercizio

Altre immobilizzazioni 202.676 163.509

Immobilizzazioni 4.987.749 4.818.045 2.081.620 1.844.706 Patrimonio netto

Rimanenze 67.931 45.227 94.327 86.791 Fondo T.F.R. dipendenti

Crediti v/clienti 1.239.730 1.115.235 195.133 231.057 Fondi rischi e oneri

Attività finanziarie a breve t. 377.235 377.281 1.829.263 2.051.413 Debiti finanziari a lungo t.

Altre attività a breve termine 305.909 293.116 255.189 260.561 Altri debiti a lungo termine

Liquidità 44.758 144.548 2.373.912 2.629.822 Passività non correnti

Attività correnti 2.035.563 1.975.407

955.677 1.040.014 Debiti v/fornitori

1.041.103 1.155.554 Debiti finanziari a breve t.

328.580 315.476 Passività correnti non finanziarie

12.560 37.740 Debiti tributari

2.337.920 2.548.784 Passività correnti

TOTALE ATTIVO 7.023.312 6.793.452 6.793.452 7.023.312 TOT. PASSIVO E PATRIMONIO NETTO

Valore dei fattori produttivi (Costi) IREN S.p.A. (€ x 1.000) Valore della produzione (Ricavi)

2011 2010 2010 2011

Materie prime e merci 1.682.008 1.620.894 3.143.024 3.254.248 Ricavi per beni e servizi

Servizi e godimento beni di terzi 940.605 860.960 1.344 632 Variazione rimanenze lavori in corso

Costo del personale 262.565 266.214 25.826 27.103 Proventi finanziari

Oneri diversi di gestione 71.345 71.119 259.678 265.232 Altri proventi

Lavori interni capitalizzati 28.208- 29.853-

Ammortamenti 209.293 204.177

Accantonamenti e svalutazioni 297.461 61.132

Oneri finanziari 94.137 86.657

Altri componenti negativi redd. 11.414 6.709

Imposte sul reddito 114.485 104.742

Tot.costi 3.655.105 3.252.751

Risultato netto (utile) 107.890- 177.121

Totale a pareggio 3.547.215 3.429.872 3.429.872 3.547.215 VALORE DELLA PRODUZIONE

SITUAZIONE PATRIMONIALE al 31/12/2011

CONTO ECONOMICO anno 2011

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5) Ripasso e approfondimenti su reddito e capitale netto

5a) Il valore del capitale (o patrimonio) netto di un’azienda (cioè il totale dei valori attivi meno i

debiti) è un dato che deve essere riferito a un istante (le sette del mattino di un dato giorno, la mezzanotte

del 31/12/2012 ecc.), in quanto esso varia di continuo nel tempo per effetto delle cose che accadono

senza soste (acquisti, lavorazioni, vendite, insoluti (= mancati pagamenti) da clienti, incidenti ecc.).

5b) Il dato che esprime il reddito (positivo o negativo, cioè utile o perdita che sia) di un’azienda

è un dato che, per avere significato, deve essere riferito ad un certo periodo di tempo (un’ora, un

giorno, un trimestre, un anno ecc.): dire che Tizio con la sua azienda guadagna 8.000 euro, non significa

nulla se non si riferisce quel guadagno a un periodo di tempo (guadagnare ottomila euro l’anno è altra cosa

che guadagnarli in un mese o in un giorno). La stessa cosa, oltre che per il reddito, vale per i ricavi e per i

costi, nel senso che anch’essi vanno riferiti a un periodo di tempo.

5c) Per determinare il reddito ottenuto da un’azienda in un certo periodo, si possono

seguire due strade (riporto l’esempio di pagina 6 e 7):

1) determinare, attraverso il confronto fra valori attivi e debiti, il valore del patrimonio netto

aziendale sia all’inizio che alla fine del periodo e sottrarre il primo dal secondo:

1.650.000 - 1.500.0000 = 150.000 capitale netto finale meno capitale netto iniziale uguale reddito – utile – del periodo)

2) sottrarre dal valore della produzione ottenuta nel periodo il valore dei fattori produttivi

impiegati:

250.000 – 62.000 – 20.000 – 8.000 – 10.000 = 150.000 (valore produzione) (val. metano) (val. caolino) (val. consumo impianti) (val. lavoro) (utile del periodo)

L’analogia con la vasca continua: quando si vuole sapere di quanto è aumentata in un certo

tempo l’acqua in una vasca, si può procedere in due modi arrivando allo stesso risultato: 1) misuro

la quantità d’acqua presente nella vasca all’inizio e quella alla fine del periodo e poi faccio la

differenza fra i due valori; 2) misuro l’acqua entrata nel periodo e quella uscita nello stesso periodo

e faccio la differenza fra i due dati. (la quantità d’acqua iniziale e finale rappresenta il capitale netto iniziale e

finale, l’acqua entrata nella vasca dal il rubinetto è il valore della produzione e l’acqua uscita è il valore dei fattori

produttivi consumati)

Al concetto di guadagno imparato alle elementari (guadagno = ricavo – costo, e che è più

corretto esprimere così: utile = valore della produzione meno valore dei fattori produttivi

consumati), si può affiancare anche quello di guadagno visto come incremento nel tempo di

ricchezza, vale a dire: utile = patrimonio netto finale meno patrimonio netto iniziale.

5d) Il patrimonio netto di un’azienda può diminuire anziché aumentare nel tempo.

Così come in un certo periodo in una vasca il livello dell’acqua può calare perché può uscire

più acqua di quanto ne entri, anche nell’azienda può capitare che il capitale netto, nel tempo,

diminuisca. Questo può accadere in due casi: 1) quando in un certo periodo il valore della

produzione ottenuta è minore del valore dei fattori produttivi utilizzati (cioè quando si è in presenza

di un reddito negativo, di una perdita); 2) quando in un certo periodo vengono effettuati prelievi

eccessivi (eccessivi nel senso di superiori alla somma fra gli utili e gli eventuali apporti).

Il primo caso è ciò che capita alle aziende che prima o poi spesso, e per fortuna, falliscono.

Per fortuna perché il loro fallimento, la loro uscita di scena, è un bene: impedisce loro di continuare

a distruggere ricchezza, vale a dire di consumare risorse che valgono più dell’output che realizzano,

e quindi impedisce loro di continuare ad impoverire la collettività.

5e) E’ possibile che un’azienda abbia un patrimonio netto negativo.

Ciò capita quando i debiti diventano maggiori del patrimonio lordo. Qui l’analogia con il

serbatoio d’acqua non vale più: per quanta poca sia l’acqua, non può essercene meno di nulla.

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Qui sotto vediamo, con un esempio, come può accadere che il patrimonio netto di

un’azienda diventi negativo.

Pierino è un vostro coetaneo pieno di iniziativa. Il 28/9/2013, dopo anni di estati a raccogliere

pomodori e a vendemmiare e di risparmi sulla paghetta settimanale, Pierino ha accumulato nel suo

salvadanaio 20.000 € in contanti. Irretito (= incantato, circuìto, raggirato, turlupinato, ingannato) da un blog di un

sedicente (= autoproclamatosi) esperto del settore, lo stesso giorno Pierino decide di iniziare l’attività di

allevatore di rinoceronti, apportando nella nascitura (= in procinto di nascere, che sta per nascere) azienda i suoi

20.000 € di risparmi che aveva nel salvadanaio: la situazione patrimoniale della neonata azienda

“Pierinoceronti” è così schematizzabile:

Situazione patrimoniale al 28/9/2013 ditta “PIERINOCERONTI”

valori attivi (impieghi) (euro x 1.000) (euro x 1.000) fonti di finanziamento ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- ------------------- cassa 20 | 0 debiti

| 20 patrimonio (capitale) netto

----- | -----

totale attivo (patrimonio lordo) 20 | 20 totale fonti di finanziamento

Il 30/9/2013 Pierino acquista due

rinoceronti per 100.000 €, versando un

acconto di 15.000 € in contanti e

impegnandosi a pagare i rimanenti 85.000

€ entro fine mese; nello stesso giorno

acquista poi una gabbia per 10.000 €, che

paga con un assegno tratto su di una banca che gli ha concesso un fido (cioè che si è impegnata a

prestargli dei soldi).

Alla sera del 30/9/2013 la situazione patrimoniale sarà così:

Situazione patrimoniale al 30/9/2013 ditta “PIERINOCERONTI”

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

valori attivi (impieghi) (euro x 1.000) | (euro x 1.000) fonti di finanziamento

attrezzature 10 | 85 debiti v/fornitori

rinoceronti 100 | 10 debiti v/banche

cassa 5 | 20 capitale netto

totale attivo (patrimonio lordo) 115 | 115 totale fonti di finanziamento

Si può notare che la ricchezza della Pierinoceronti (il suo patrimonio – o capitale – netto) è

rimasta quantitativamente uguale a prima (20.000 euro). Il suo patrimonio si è però trasformato

qualitativamente: l’originaria situazione (20.000 € in banconote e monete) si è modificata, ed ora vi è

un patrimonio lordo che vale 115.000 € (due rinoceronti, la gabbia e 5.000 € in contanti), per ottenere il

quale sono stati accesi debiti per 95.000 € (verso fornitori e banche). Il patrimonio, al netto dei debiti,

vale però 20.000 € come prima. Questo perché, nel frattempo, l’azienda di Pierino non ha ancora

prodotto nulla né ha consumato alcun fattore produttivo; nulla (nessun valore) è stato creato e nulla

(nessun valore) è stato distrutto.

Come già sappiamo, si dice che l’attivo aziendale (o patrimonio lordo) di 115.000 è finanziato

da 95.000 di capitale di terzi (fornitori e banca) e da 20.000 di capitale proprio (o capitale netto o

patrimonio netto).

La notte fra il 30 settembre e il primo ottobre c’è un temporale, e un fulmine stecchisce

entrambi i rinoceronti. Al mattino, dopo un drammatico ma inutile tentativo di rianimare i

rinoceronti con la respirazione bocca a bocca, Pierino vende per 6.000 euro i corni (antenati del viagra)

ad un cinese depresso che paga immediatamente e in contanti, e nel pomeriggio vende le carcasse

per 2.000 € ad un macellaio estroso (= bizzarro, originale), che si impegna a pagare entro fine marzo.

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Se ipotizziamo che non siano state fatte altre operazioni e che le attrezzature non si siano né

danneggiate né usurate, la situazione patrimoniale della “Pierinoceronti” è, alla sera dell’1/10/2013,

questa:

Situazione patrimoniale all’1/10/2013 ditta “PIERINOCERONTI”

----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- -------------------

valori attivi (impieghi) (euro x 1.000) | (euro x 1.000) fonti di finanziamento

attrezzature 10 | 85 debiti v/fornitori

rinoceronti 0 | 10 debiti v/banche

cassa 11 |

crediti v/clienti 2 | - 72 capitale netto

totale attivo (patrimonio lordo) 23 | 23 totale fonti

Ecco quindi che il capitale netto è diventato negativo ( - 72.000 €).

Ora calcoliamo il reddito (la perdita) del periodo dal 30 settembre al primo ottobre 2013

della ditta “Pierinoceronti” con i due sistemi che già conosciamo:

1) calcolato come differenza fra capitale netto finale meno capitale netto iniziale:

capitale netto finale: – 72.000; capitale netto iniziale: + 20.000

reddito del periodo: - 72.000 - 20.000 = meno 92.000 (predita)

2) calcolato come differenza fra valore della produzione e valore dei fattori produttivi consumati:

valore della produzione: (i corni e le carcasse dei rinoceronti) 8.000

valore dei fattori produttivi consumati: (i rinoceronti vivi) 100.000

reddito del periodo: 8.000 – 100.000 = meno 92.000

L’imprenditore Pierino si è impoverito di 92.000 euro, passando da un patrimonio netto

positivo di 20.000 € a uno negativo per 72.000 €. Infatti Pierino inizialmente aveva 20.000 € di

risparmi in contanti, mentre ora si ritrova con beni che valgono sì 23.000 €, ma anche con debiti per

95.000 (e 23.000 meno 95.000 fa – 72.000).

5f) Il valore del capitale netto aziendale e l’utile prodotto sono fortemente influenzati

da considerazioni e stime soggettive: se diamo l’incarico a 10 diversi periti, tutti ugualmente

capaci ed onesti, di stabilire quale è il patrimonio netto di una certa azienda in un certo momento,

o qual è l’utile di un certo periodo, riceveremo 10 risposte diverse, e tra di loro anche fortemente

differenziate. Questo perché le risposte sono pesantemente influenzate da valutazioni e stime che

dipendono necessariamente da considerazioni e modi di ragionare assolutamente personali: quanto

valgono i prodotti già finiti ma che non siamo ancora riusciti a vendere? Quanto valgono, adesso, le

attrezzature acquistate l’anno scorso per 145.000 euro e che, forse, potremo utilmente adoperare

ancora per cinque anni? Quanto vale il brevetto da noi depositato, che ci permette di adottare in

esclusiva nei prossimi 10 anni un certo processo produttivo? Quanto vale, ammesso che valga

ancora qualcosa, il credito di 200.000 euro che vantiamo verso quel cliente che ha delle difficoltà

finanziarie? Quale è il valore (negativo) del risarcimento che saremo costretti a dare a quella

casalinga di Voghera che ci ha fatto causa perché è rimasta sfregiata al volto a causa di un difetto di

fabbricazione di un nostro frullatore? ecc. ecc. ......

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In effetti, una valutazione oggettiva (certa e esatta) del capitale netto può essere fatta

unicamente dopo aver “liquidato” l’azienda, cioè dopo aver: a) venduto tutti i beni attivi

aziendali, b) incassato il prezzo di vendita, e c) aver saldato tutti i debiti; in pratica dopo avere

trasformato l’intero patrimonio in denaro contante. Il denaro che rimane in cassa dopo queste

operazioni darà la misura – questa volta, finalmente, certa – del patrimonio netto che l’azienda

durante la sua vita aveva accumulato: soltanto dopo la liquidazione, infatti, non c’è più la necessità

di fare delle stime e delle considerazioni soggettive, essendo il valore del denaro contante un dato

certo.

Ed allora è anche vero che l’unico periodo di cui può essere calcolato con certezza

l’utile è quello che va dalla nascita alla liquidazione dell’azienda, cioè il periodo che copre

l’intera vita dell’impresa: questo perché è l’unico periodo di tempo dei cui due estremi sono noti,

con certezza, gli importi del capitale netto.

Vi faccio notare, però, che liquidare un’azienda significa farla morire, ed uccidere un

organismo per verificare con l’autopsia se era sano o malato, cioè se stava producendo utili od

accumulando perdite, se stava quindi creando o distruggendo ricchezza, è cosa assai poco ragionevole.

Necessariamente, allora, occorre fare delle verifiche periodiche durante la vita dell’azienda,

e queste verifiche le si fa redigendo il cosiddetto “bilancio” aziendale.

Normalmente le aziende di produzione fanno un bilancio ogni 3 o 6 mesi per fini “interni”, e

cioè per tenere adeguatamente sotto controllo la situazione. Sono, invece, obbligate per legge a

farlo una volta all’anno (fotografando, in genere, la situazione al 31 dicembre di ogni anno) e a renderlo

pubblico per via telematica inviandolo alla CCIAA (Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura),

in modo che chiunque sia interessato possa, collegandosi via Internet con la CCIAA, informarsi

sulla situazione di qualsiasi azienda (in realtà solo delle aziende che hanno forma giuridica di società di capitali,

ma impareremo più avanti cosa questo significa). Tra gli interessati, oltre ai fornitori, alle banche e ai

finanziatori in genere dell’azienda, vi è anche lo stato, il quale – famelico – controlla quante

imposte l’azienda deve pagare.

Al di là dell’obbligo di legge, è comunque indispensabile fare queste verifiche periodiche

della situazione, ma bisogna anche essere consapevoli che la rappresentazione di una azienda non

può che essere offerta per “valori”, e che questi valori sono tutti (con le sole eccezioni delle banconote e

monete in euro e dei debiti pure in euro) non oggettivi in quanto frutto di stime e di impressioni di chi si è

assunto il compito e la responsabilità di fare il bilancio, allo stesso modo in cui la “Gioconda” è la

rappresentazione di Monna Lisa Gherardini così come la mente di Leonardo la vedeva, o il “De

bello Gallico” riporta i fatti accaduti più di duemila anni fa nella Gallia nel modo in cui Giulio

Cesare li vedeva. Chi sa di ragioneria sa, quindi, che non si può pretendere un bilancio “vero”,

perché non esiste il “vero” valore delle cose; ciò che, legittimamente, si può e si deve pretendere

è unicamente un bilancio fatto bene e “onesto”, che vuol dire fatto senza errori causati da

incapacità professionale e redatto con l’intento di informare correttamente i terzi, e non invece con

la volontà di far credere loro cose diverse da quelle che noi, in coscienza, pensiamo siano vere (ma

che potrebbero essere diverse da come le vediamo).

Qui sotto vi metto un paio di immagini di Luca Pacioli, il frate Francescano che scrisse,

cinque secoli fa, un testo che ha contribuito enormemente alla diffusione del metodo di rilevazione

dei fatti aziendali della partita doppia, sistema che i mercanti veneziani adottarono per primi e che

poi si diffuse in tutto il mondo. Ho

inserito le immagini di colui che è

considerato il padre della ragioneria

non solo per riempire la pagina ma

anche perché, osservando l’espressione

del suo volto, vi rassegniate alla

pallosità dell’argomento.

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6) Funzione della contabilità.

Vedremo nei prossimi anni che il “bilancio”, materialmente, è un documento che si compone

di vari elaborati, ma tra questi i due di gran lunga più importanti sono la “situazione patrimoniale”

(o “stato patrimoniale”, che abbiamo già incontrato qualche pagina fa) e il “conto economico”.

La situazione patrimoniale funge (= svolge la funzione) da fotografia dell’azienda in un certo istante

(quindi i dati che appaiono sono tutti di stock), ad esempio alla mezzanotte del 31/12/2012, mentre il

conto economico svolge il compito di filmato di ciò che è accaduto nell’azienda in un certo

periodo (quindi tutti i dati che in esso appaiono sono di flusso), ad esempio tra il 1/1/2012 e il 31/12/2012.

In altre parole: mentre lo stato patrimoniale descrive l’azienda come è in un certo momento (quali

beni possiede e quanto valgono, e di che tipo sono e a quanto ammontano i debiti che ha), il conto economico ci fa

vedere cosa l’azienda ha fatto in un certo periodo (cosa ha prodotto e quanto vale ciò che ha prodotto in un

certo periodo e cosa e quanto vale ciò che ha utilizzato per produrre).

Il “bilancio” (detto anche “bilancio d’esercizio”) è la sintesi, il risultato finale della continua e

meticolosa (= diligente, attenta, precisa, ordinata) rilevazione (= annotazione, registrazione) dei fatti che accadono

nell’azienda e dell’attento e impegnativo lavoro di elaborazione dei dati ottenuti.

La “contabilità” in senso ampio è la disciplina che insegna come registrare ed elaborare i fatti

aziendali (sia quelli che collegano l’azienda all’esterno, sia quelli interni di produzione) per permettere di

controllare ciò che accade e di avere informazioni utili per decidere cosa fare.

La “contabilità generale” (che è campo di lavoro per ragionieri) è quella parte della contabilità che

si occupa di registrare i fatti che collegano l’azienda con l’esterno e di elaborarli per dare –

tra l’altro – una descrizione dell’azienda la più realistica possibile attraverso il “bilancio

d’esercizio”.

La “contabilità industriale” (che è campo di lavoro per ingegneri) si occupa, invece, dei fatti

interni di produzione e ha lo scopo – tra l’altro – di rilevare, di calcolare i costi di produzione

(e infatti è anche detta “contabilità dei costi”).

La tecnica usata per registrare i fatti aziendali che mettono in relazione l’azienda con

l’ambiente economico (in pratica con le altre aziende) è detta “partita doppia”.

Il “sistema informativo” dell’azienda, nella sua parte relativa alla contabilità generale,

serve soprattutto a questo: a descrivere e a capire nel modo migliore possibile (meno peggiore) come

sta di salute e come sta andando verso i suoi obiettivi un’azienda. Solo un ragioniere fanatico e

stupido o i profani (= ignoranti, inesperti) di economia aziendale (come i magistrati e gli avvocati) possono

credere che i bilanci debbano essere rappresentazioni certe e precise dell’azienda; ma pur sapendo

che il risultato finale del lavoro non sarà mai del tutto attendibile, nondimeno è assolutamente

necessario impegnarsi per cercare di conoscere quale è la situazione, perché – come detto all’inizio

e ripetuto più volte – per poter prendere le decisioni migliori è indispensabile avere dei dati su cui

basarsi, e dei dati per quanto possibile attendibili.

Occorre quindi sforzarsi continuamente per migliorare sempre più il “sistema informativo”

aziendale, cioè tutto il processo di raccolta ed elaborazione dei dati relativi ai fatti che accadono

senza soste in azienda (acquisti, vendite, pagamenti, incassi, consumi, trasformazioni, entrate e uscite di merci,

tempi di lavoro dei dipendenti ecc.), processo che porta, come risultato finale, alla determinazione del

reddito e del patrimonio netto, i due indicatori di gran lunga più significativi della salute di

un’azienda.

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7) Le regole di registrazione in “partita doppia”

7.1) Il “conto”.

Lo strumento di base del metodo (chiamato “partita doppia”) di

rilevazione dei dati relativi ai fatti “esterni” di gestione (cioè delle cose che capitano e che mettono in

contatto l’azienda con l’ambiente esterno) è il “conto”, un foglio (un tempo un pezzo di carta, ora un file)

intestato a un elemento aziendale e diviso verticalmente in due parti dette “sezioni”; la sezione di

sinistra è chiamata “Dare”, quella di destra “Avere”. I termini “Dare” e “Avere” delle due sezioni

avevano, ai tempi di Luca Pacioli, un significato collegabile ai due verbi, ma nel corso dei secoli

l’evolversi della ragioneria ha fatto sì che ora il loro significato non sia altro che “Destra” e

“Sinistra”. Si chiamassero “Dario” e “Amilcare” sarebbe la stessa cosa (anzi, sarebbe meglio perché gli

studenti farebbero meno errori).

Ogni fatto che abbia determina una modifica del patrimonio e che coinvolge l’azienda con il

mondo esterno lo si registra nei conti; in questo modo, col tempo, ogni conto recepisce, nell’ordine

cronologico determinato dal momento in cui il fatto è accaduto, sempre più dati. La differenza fra

le sommatorie dei dati annotati nelle due sezioni è detta “saldo” del conto, e se la somma degli

importi scritti in dare è maggiore di quelli scritti in avere si dirà che il conto presenta un “saldo

dare” (nel caso opposto si dirà che il conto ha “saldo avere”)

Nei due esempi qui sotto si possono leggere i fatti (le operazioni) accaduti tra il 22 e il 25

settembre che hanno coinvolto, rispettivamente, la cassa aziendale e il c/c che l’azienda ha aperto

presso la banca Credem.

(1.30.001 e 2.40.014 sono i due codici numerici, memorizzati nell’archivio contabile del sistema informativo aziendale,

che identificano i due conti: quando si vuole visualizzare un conto si digita, indifferentemente, o il suo codice numerico

o il suo nome in chiaro. La “P” a destra è la segnalazione – molto scolastica – che si tratta di un conto “patrimoniale”;

i conti, come vedremo fra poco, si suddividono infatti in due categorie: conti Patrimoniali (P) e conti Reddituali ( R)).

1.30.001 CASSA CONTANTI P

Data descrizione accadimento dare Avere Saldo

22.9.2013 Saldo al 21.9.2013 (alla mezzanotte del 21.9.2013) D 944,21

22.9.2013 Versamento su c/c 3845/b CREDEM 543,21 D 401,00

23.9.2013 Prelievo da bancomat 500,00 D 901,00

24.9.2013 Acquisto benzina (targa ED101YZ) 50,00 D 851,00

24.9.2013 S.do fatt. prot. 1.651/12 fornitore MpM srl 300,00 D 551,00

2.40.014 CREDEM c/c n. 3845/b P

Data descrizione accadimento Dare avere Saldo

22.9.2013 Versamento contanti 543,21 D 543,21

23.9.2013 Prelievo da bancomat 500,00 D 43,21

25.9.2013 Assegno n. xy a saldo fatt. zt fornitore Pinco snc 1.200,00 A 1.156,79

25.9.2013 Bonifico da cliente Conip sas a s.do ns fatt. n. 497 1.000,00 A 156,79

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7.1.1) I conti patrimoniali

I conti patrimoniali sono quelli che hanno come oggetto elementi aziendali il cui valore è un

dato di stock.

E’ il caso, ad esempio, dei due conti appena visti. Il conto “cassa contanti”, infatti, esprime

il valore del denaro presente in cassa, valore che ha un significato solo se riferito a un determinato

istante: alla mezzanotte del 21.9.2013 in cassa c’erano 944,21 €; alla mezzanotte del giorno dopo

(22 settembre) il valore della cassa era calato a 401,00 € a causa del prelievo di 543,21 € effettuato

quando (in un’ora imprecisata) quel contante è stato portato alla banca “CREDEM” per aprire il conto

corrente bancario. Alla fine del giorno seguente (23 settembre) il valore della cassa è salito a

901,00 € per effetto dell’immissione dei 500 € prelevati dal conto corrente attraverso il bancomat;

durante il giorno successivo (24 settembre) il valore della cassa ha subito due peggioramenti a causa:

prima dell’acquisto in contanti di 50 € di benzina, poi per il pagamento, sempre in contanti, di una

debito di 300 € che avevamo nei confronti del fornitore MpM srl.

Come potete vedere, leggendo le registrazioni fatte nel conto si ottengono informazioni su

quando è cambiato il valore dell’oggetto del conto patrimoniale (prima colonna “data”), perché si

sono avute queste variazioni (seconda colonna, “descrizione fatto”), di quanto ogni operazione ha

modificato il valore dell’oggetto del conto (sezioni “dare” e “avere”), se la variazione è stata in senso

migliorativo (nel caso l’importo sia in “dare”) o peggiorativo (nel caso sia in “avere”) e, infine, sulla

dimensione che l’oggetto del conto (nell’ultima colonna “saldo”) aveva in un qualsiasi momento, dalla

nascita dell’azienda fino all’ultimo giorno di cui si sono annotate le operazioni.

Si può dire che dalla lettura di tutto ciò che appare annotato in un singolo conto patrimoniale

si ottiene il racconto di tutta la vita dell’oggetto di quel conto (nell’esempio la cassa contanti, ma avrei

potuto scegliere di raccontarvi la storia di come il valore dell’auto targata ED101YZ o il valore di qualsiasi attrezzatura

o bene durevole di proprietà dell’azienda è cambiato dal momento dell’acquisto in poi, oppure la storia di tutti i

cambiamenti avvenuti in un qualsiasi rapporto di credito o di debito verso un particolare soggetto, come in effetti vi

faccio qui sotto), da quando quell’elemento è entrato a far parte del patrimonio dell’azienda.

Nel conto patrimoniale “c/c n. 3845/b presso CREDEM” annotiamo tutte le operazioni che

modificano il credito (oppure il debito) che la nostra azienda ha nei confronti della banca

CREDEM. Fino al mattino del 22 settembre l’oggetto del conto (il rapporto di c/c fra noi e quella

banca) non esisteva. Durante la giornata del 22 abbiamo aperto il c/c (a cui la banca ha assegnato il codice

3845/b) depositandovi 543,21 € in contanti, e poiché quel giorno nessuna altra operazione fra noi e la

banca ha interessato quel conto, alla sera del 22 settembre noi avevamo un credito di 543,21 € nei

confronti del CREDEM. Il giorno dopo, 23 settembre, il nostro credito peggiora di 500,00 € perché

attraverso il bancomat ci facciamo restituire dalla banca una parte dei nostri soldi, cosicché alla

mezzanotte del 23 il valore del nostro credito (il nostro denaro depositato sul c/c) è di soli 43,21 €. Il 25

settembre, (approfittando che la banca si era impegnata a prestarci fino a un massimo di 10.000 € autorizzandoci ad

andare “in rosso” (cioè a debito) sul conto corrente), abbiamo pagato con un assegno 1.200,00 € il fornitore

Pinco snc, e in questo modo il saldo del conto è peggiorato di 1.200, passando da un credito di

43,21 a un nostro debito nei confronti della banca di 1.156,79 €; pertanto il saldo da “dare” si è

trasformato in saldo “avere”. Lo stesso giorno (25 settembre) il nostro cliente Conip sas invia 1.000 €

sul nostro conto 3845/b del CREDEM per saldare un debito che aveva verso di noi, così il valore

dei nostri debiti verso la banca migliora, portandosi da un saldo passivo di 1.156,79 a un saldo,

ugualmente passivo, ma di soli 156,79.

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7.1.2) I conti di reddito

I conti di reddito hanno come oggetto dati aziendali di flusso. Sono, quindi, tutti quei

conti in cui si annotano i consumi dei fattori produttivi (degli input) e la produzione degli output.

Vediamo, ad esempio, il conto “carburante” tenuto da un’azienda di trasporto (un corriere,

ACT, taxista o quello che ti pare) che, per svolgere la sua attività, utilizza due automezzi.

3.45.001 CARBURANTE R

Data descrizione accadimento dare avere Saldo

03.01.2013 targa CD543AF 80,00 D 80,00

03.01.2013 targa ED101YZ 105,00 D 185,00

05.01.2013 targa ED101YZ 75,50 D 260,50

07.01.2013 targa CD543AF 119,50 D 380,00

La lettura del conto “carburante” ci informa su quando (colonna “data”) e per quali importi

(colonna “dare”) sono stati fatti i rifornimenti di carburante nella prima settimana dell’anno. Leggendo

la colonna “saldo”, poi, ci si informa su quale è, cumulativamente, il valore dei rifornimenti fatti

dall’inizio dell’anno fino alla data che ci interessa (dall’inizio dell’anno al 3 gennaio 185 €; dal

primo al 7 gennaio 380 €; se leggessimo il conto ad esempio il 30 settembre 2013, dalla colonna

“saldo” potremmo immediatamente ottenere il dato del valore complessivo dei rifornimenti fatti nei

primi nove mesi dell’anno. In ogni caso si tratta di dati di flusso, cioè di dati che, appunto, fanno

riferimento a un periodo di tempo.

Lo studente attento obietterà: all’inizio della pagina c’è scritto che i conti di reddito “sono

tutti quei conti in cui si annotano i consumi dei fattori produttivi (degli input)”, ma nel conto

“carburante” usato nell’esempio sono stati registrati gli acquisti, e non è detto che tutta la benzina

acquistata sia stata consumata; così se la benzina del rifornimento fatto il 7 gennaio fosse ancora

quasi tutta nel serbatoio dell’automezzo alla sera di quel giorno, sarebbe un errore dire che durante

la prima settimana dell’anno sono stati consumati 380 € di benzina: il dato corretto sarebbe

certamente minore, magari 275 €.

Lo studente è certamente attento e sveglio, ma ignora ancora (perché lo studierà fra due pagine)

che per semplicità quando si acquista il carburante così come qualsiasi altro input destinato a essere

consumato in poco tempo, si fa finta che sia già stato totalmente utilizzato.

Qui sotto, infine, un esempio di conto (di reddito) con registrate alcune operazioni di produzione.

4.03.054 SERVIZI di TARSPORTO R

Data descrizione accadimento dare avere Saldo

04.01.2013 Ns fatt. n. 1 cliente Aldini 140,00 A 140,00

04.01.2013 Ns fatt. n. 2 cliente Bisi s.r.l. 204,00 A 344,00

05.01.2013 Ns fatt. n. 3 cliente Capperi s.p.a. 1.000,00 A 1.344 ,00

Compresa la funzione del “conto”, ora impariamo come vi si registra ciò che capita.

Le regole per registrare nei “conti” i fatti che accadono sono tre (a, b, c), a cui si aggiungono

altrettanti “trucchi” (t1, t2, t3) riconducibili però ad un’unica logica (per questo li ho chiamati tutti “t”).

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7.2) Le tre regole.

a) (a1) Le operazioni che fanno migliorare il saldo di un conto patrimoniale si registrano a

sinistra (in dare) del conto patrimoniale interessato. Così, ad esempio:

• l’incasso di 5 biglietti da 100, migliorando il valore attivo della nostra cassa, lo registriamo

scrivendo 500 nella sezione dare del conto “cassa contanti”;

• se paghiamo un debito di 1.000 € che avevamo nei confronti di un nostro fornitore,

registreremo 1.000 in dare del conto “debiti v/fornitori” perché il saldo (passivo) del conto è

migliorato, essendo diminuito di 1.000 €.

a) (a2) Le operazioni che, invece, fanno peggiorare il saldo di un conto patrimoniale si

registrano a destra (in avere) del conto patrimoniale interessato. Così, ad esempio:

• se i ladri ci rubano un martello pneumatico che valeva 600 € (ed era registrato in contabilità

per un valore di 600 €), registreremo 600 in avere del conto “attrezzature” perché il loro valore è

peggiorato;

• se otteniamo un mutuo (= un prestito) di 500.000 € da una banca, registriamo 500.000 in

avere del conto “debiti” perché il suo saldo è peggiorato (i nostri debiti, che sono un valore passivo,

sono aumentati); e se volessimo trarre dalla contabilità informazioni più dettagliate utilizzeremmo

non un conto generico come “debiti” ma uno più specifico intestato al soggetto che ci ha erogato il

prestito, ad esempio “mutuo banca CREDEM”

b) (b1) Le operazioni che provocano un consumo di fattori produttivi (un costo, un

componente negativo di reddito: sono tutti sinonimi) si registrano in dare (a sinistra) del conto

reddituale interessato. Così, ad esempio:

• se abbiamo consumato per ¼ la mola da 400 € con la quale affiliamo i coltelli, registreremo

100 in dare del conto di reddito “usura attrezzature” (un ragioniere scriverebbe “ammortamento

attrezzature”;

• se facciamo pulire gli uffici della nostra ditta da una impresa di pulizie per 350 €,

registreremo 350 in dare del conto di reddito “acquisti servizi” (se volessimo informazioni più

dettagliate probabilmente utilizzeremmo un conto più specifico come “acquisti servizi di pulizia”).

b) (b2) Le operazioni che provocano un aumento del valore della nostra produzione (un

ricavo, un componente positivo di reddito) si registrano in avere (a destra) del conto reddituale

interessato. Così, ad esempio:

• se progettiamo per la DUCALE un nuovo distributore automatico di bevande calde per un

compenso di 90.000 €, registreremo quell’importo in avere del conto reddituale “servizi di

progettazione”;

• se un dentista cura un dente cariato per 200 €, registra 200 in avere del conto di reddito

“otturazioni”.

c) Ogni operazione provoca necessariamente registrazioni sia in dare (di uno o più conti) che

in avere (di uno o più conti), e il totale degli importi annotati in dare deve essere uguale al totale

degli importi annotati in avere. E’ questa regola, tra l’altro, ad aver originato il nome “partita

doppia” con il quale è stato chiamato il metodo di registrazione dei fatti aziendali. Fu anche

cominciando a usare questa regola per primi – nel medio evo – che i mercanti italiani divennero i

migliori del mondo: con questa metodo gli errori di distrazione e di calcolo si ridussero

enormemente rispetto al sistema contabile (la “partita semplice”) usato in precedenza.

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7.3) I trucchi

Come già si è detto, i trucchi sono tre, e la logica unitaria che è alla loro base mira a

semplificare la vita dei poveri contabili addetti alla registrazione dei fatti aziendali. Infatti,

l’Adamo dei ragionieri, essendosi reso conto che il registrare ogni fatto che accade in azienda

avrebbe imposto una mole (= un volume, una quantità) di lavoro insostenibile, ebbe una idea brillante:

registrare man mano che accadono solo i fatti che mettono in rapporto l’azienda con il mondo

esterno, ed invece tenere conto dei fatti che si svolgono all’interno dell’azienda soltanto nel

momento in cui si vuole determinare la situazione patrimoniale ed il reddito prodotto (cioè nel

momento in cui si vuole fare il “bilancio”).

Esemplifico per chiarire il concetto, prendendo in considerazione l’azienda “Cantina sociale

di Coviolo s.c.r.l.”. L’operazione di pigiatura dell’uva, che si svolge al suo interno a inizio autunno,

implica certamente l’uso di fattori produttivi (l’uva, il torchio, il lavoro degli operai ecc.) e

contemporaneamente l’ottenimento di una produzione (il mosto e il vino). Sarebbe però assurdo

quantificare ed annotare istante per istante (o anche solo giorno per giorno) i valori coinvolti in queste

operazioni che si svolgono internamente all’azienda. Ed allora ci si limita a registrare il valore dei

fattori produttivi nel momento in cui li si acquista, ed il valore della produzione nel momento in cui

la si vende (momenti in cui l’azienda ha un rapporto con l’esterno). Ma poiché l’acquisto di un input non

necessariamente coincide con il suo consumo e poiché può esserci produzione anche senza vendita,

quando si vuole verificare l’andamento dell’azienda attraverso la redazione dello stato patrimoniale

e del conto economico si rende necessario apportare delle correzioni ai dati risultanti dalle sole

registrazioni dei fatti “esterni”. Queste correzioni i ragionieri le chiamano “scritture di

assestamento”.

Spiegata (spero) la natura comune dei tre trucchi, andiamo a vederli (t1, t2 e t3).

t1) Il consumo di fattori produttivi che esauriscono la loro utilità rapidamente, cioè o nel

momento in cui vengono usati (l’uva, il carburante, l’energia elettrica, il lavoro, lo shampoo della

parrucchiera o le arance dell’ortolano ecc.) o comunque entro un anno perché non sono destinati a

durare a lungo (le biro, le lampadine i (gli, per l’Aleotti) pneumatici ecc.), non viene registrato nel

momento in cui avviene bensì viene registrato nel momento dell’acquisto del fattore produttivo

stesso, fingendo che esso si sia immediatamente e totalmente consumato.

Nel momento in cui si vorrà determinare l’esatta situazione patrimoniale e calcolare il

reddito guadagnato si dovrà poi: a) effettuare una registrazione di assestamento (= di aggiustamento,

correttiva) per aggiungere fra i valori attivi patrimoniali il valore di questi fattori produttivi

eventualmente non consumati e perciò ancora presenti in azienda; b) effettuare un’altra correzione

in contabilità per andare a diminuire il valore – in precedenza registrato in eccesso – degli input

consumati.

Ecco quindi perché quando Alice Sgombri acquista le esche o il carburante per la barca,

oppure quando Mangiafuoco acquista la biada per il cavallo non si registra l’aumento del valore

delle scorte nel conto patrimoniale “scorte di materiali di consumo” ma, invece, il valore dell’input

viene annotato in un conto di reddito (come consumo).

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t2) Il consumo di fattori produttivi che offrono la loro utilità per lungo tempo (più di un

anno, come gli automezzi, le poltrone della parrucchiera, gli scaffali dell’ortolano ecc.) non viene

registrato né nel momento in cui avviene né nel momento dell’acquisto del fattore produttivo, bensì

viene registrato soltanto nel momento in cui si vuole determinare la situazione patrimoniale e

il reddito dell’azienda (cioè quando si fa il “bilancio” aziendale).

Quando si acquista il fattore produttivo “duraturo” si registra in un conto patrimoniale

l’aumento del valore presente in azienda di quel fattore produttivo (attrezzatura, macchinario o altro che

sia), dopo di che si finge che il fattore produttivo conservi intatto il suo valore nonostante l’uso che

se ne sta facendo, ed è soltanto quando si decide di determinare il patrimonio ed il reddito (cioè

quando si fa il bilancio aziendale) che si apportano le correzioni con delle scritture di assestamento.

Infatti in quel momento si dovrà: a) diminuire il saldo del conto patrimoniale in cui è stato

inserito il valore del bene al momento dell’acquisto (registrando in avere la diminuzione del suo valore) in

modo da correggerne il valore contabile facendo in modo che rispecchi la realtà; b) registrare in un

conto di reddito tale diminuzione di valore in quanto rappresenta il consumo del fattore produttivo

durevole (e quindi la si registrerà in dare del conto “ammortamento” (che significa perdita di

valore, usura).

Ad esempio, se la sarta Lucia Cecati il 12/3/2013 acquista una nuova macchina da cucire del

valore di 1.140 € (pagando 40 € in contanti e impegnandosi a pagare il resto fra 90 giorni) in

contabilità l’operazione viene registrata in questo modo (in grassetto):

(data di questa registrazione: 12.3.2013)

Dare Attrezzature (P) avere dare debiti v/fornitori (P) avere dare cassa contanti (P) avere

------------------------------- ------------------------------------------ ----------------------------------------

(s.i.) xy | | yx (s.i.) (s.i.) xyz |

(1) 1.140 | | 1.100 (1) | 40 (1)

Dopo di che mentre Lucia usa (ed usura) la macchina da cucire non si registra nulla; ed è

soltanto quando si decide di determinare il reddito prodotto nel periodo nonché la nuova situazione

patrimoniale (cioè quando si fa il bilancio aziendale, ad esempio il 31.12.2013) che si farà la seguente

registrazione di assestamento (ammortamento) (in grassetto e ipotizzando che l’uso abbia causato una

diminuzione del valore della macchina da cucire di 150):

dare Attrezzature (P) avere dare ammortamento attrezzature (R) avere

----------------------------------------------- -------------------------------------------------------------

(s.i.) xy | |

(1) 1.140 | |

| 150 (data di questa registrazione: 31.12.2013) 150 |

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Si può quindi dire che quando si registra l’acquisto di un fattore produttivo si commette in

ogni caso, consapevolmente, un errore: se l’acquisto riguarda un bene che si esaurisce nel momento

dell’utilizzo (come il lavoro del dipendente o lo sciampo per il parrucchiere) allora si commette l’errore di

registrarne il consumo in anticipo rispetto al momento effettivo; se invece l’acquisto riguarda un

bene che è in grado di offrire la sua utilità per molto tempo (come la poltrona o le forbici del parrucchiere)

allora si commette l’errore di registrarne il consumo (l’ammortamento) in ritardo rispetto al momento

dell’effettivo utilizzo. Ecco perché, quando attraverso il bilancio si vuole dare l’immagine della

situazione dell’azienda a una certa data e la descrizione di ciò che è accaduto in un certo periodo

(periodo che termina in quella data) ci si deve preoccupare di andare a correggere gli errori fatti

registrando le operazioni aziendali durante il periodo, e queste correzioni si inseriscono attraverso

altre registrazioni contabili chiamate “scritture di assestamento”.

t3) La produzione di valore viene registrata non nel momento in cui la si realizza, bensì

quando ciò che è stato prodotto (bene materiale o immateriale che sia) viene venduto. Il valore di ciò

che è stato prodotto ma non ancora venduto viene considerato (aggiunto) soltanto nel momento

in cui si vuole determinare la situazione patrimoniale e il reddito dell’azienda (cioè quando si fa il

“bilancio” aziendale). In quella occasione si dovranno anche togliere dal valore della produzione le

eventuali vendite di beni prodotti in momenti precedenti il periodo osservato, ma questo lo

vedremo più avanti.

Così se per esempio la sarta Lucia Cecati negli ultimi mesi del 2012 ha prodotto 3 abiti da

sposa per un valore complessivo di 15.000 €, e li ha venduti, per 15.000 €, nei primi mesi del 2013,

quei 15.000 € di valore dovranno risultare nel valore della produzione dell’anno 2012 e non

dell’anno in cui c’è stata la vendita (e quindi faranno aumentare il reddito del 2012 e non quello del 2013). Le

registrazioni che si faranno in contabilità sono queste:

- Al momento della materiale produzione degli abiti non si registra nulla (è un’operazione interna).

- Quando (supponiamo alla fine dell’anno 2012) si vuole fare il bilancio dell’azienda, allora

occorrerà rilevare il componente positivo di reddito e l’incremento del valore patrimoniale costituito

dagli abiti in magazzino, valutati 15.000 € e pronti per la vendita:

dare scorte di prodotti finiti (P) avere dare valore della produzione (*) (R) avere

-------------------------------------------------- ----------------------------------------------------------

15.000 | (data di questa registrazione: 31.12.2012) | 15.000

(*) In realtà si usa un conto, ovviamente pur sempre di Reddito, chiamato “variazione rimanenze prodotti”

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- Quando (nel 2013) si vendono gli abiti (supponiamo proprio per 15.000 e con pagamento posticipato) si

registra:

dare vendite abiti da sposa (R) avere dare crediti v/vlienti (P) avere

------------------------------------------------------- ---------------------------------------------------

| 15.000 (data di questa registrazione: x.y. 2013) 15.000 |

Supponiamo ora, per semplificare l’esempio, che nel corso del 2013 non avvenga alcuna

altra operazione al di fuori della vendita di quegli abiti: quando – probabilmente il 31.12.2013 – si

farà il bilancio successivo, bisognerà riportare il valore corretto delle scorte di prodotti finiti, e

allora occorrerà ridurre il valore contabile che è errato in quanto risulta ancora di 15.000 €

nonostante non vi sia alcun abito pronto per la vendita (e in contabilità appaiono, invece, ancora 15.000 € di

abiti in scorta perché all’atto della vendita le registrazioni non coinvolsero il conto Patrimoniale “scorte di prodotti

finiti” il cui saldo, pertanto, è rimasto quello del 31.12.2012). Ecco allora che si procederà con questa altra

scrittura di assestamento (datata 31.12.2013):

dare scorte di prodotti finiti (P) avere dare variazione rimanenze prodotti (*) (R) avere

-------------------------------------------------- -------------------------------------------------------------

(saldo iniziale ) 15.000 | |

| 15.000 (data di questa registrazione: 31.12.2013) 15.000 |

(*) In realtà si usa un conto, ovviamente pur sempre di Reddito, chiamato “variazione rimanenze prodotti”

In questo modo i 15.000 € in dare del conto di reddito “variazione rimanenze prodotti”

compensano, annullandoli, i 15.000 € in avere del conto di reddito “vendite abiti da sposa”, in modo

che nel conto economico dell’anno 2013 i componenti positivi di reddito (ricavi) risultino

complessivamente pari a zero (15.000 meno 15.000 = zero) come deve essere in quanto nel corso

del 2013 nulla è stato prodotto.

Se nel 2013 gli abiti fossero venduti a un valore diverso rispetto alla valutazione inserita nel

bilancio chiuso al 31.12.2013 (ad esempio 18.000 €) allora il conto economico dell’anno 2013 sarebbe

stato coinvolto per la differenza (nell’esempio, avrebbe registrato un utile di 3.000 €).