1-"ANALISI DI RISCHIO" 57pag. LUCIA-MAURIZIO

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Maurizio LUCIA COMANDANTE PROVINCIALE DEI VIGILI DEL FUOCO DI CATANZARO ORDINE DEGLI ARCHITETTI, PIANIFICATORI, PAESAGGISTI E CONSERVATORI DELLA PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA CORSO BASE DI SPECIALIZZAZIONE IN MATERIA DI PREVENZIONE INCENDI AI FINI DELLA ISCRIZIONE NEGLI ELENCHI DEL MINISTERO DELL’INTERNO ANALISI DI RISCHIO ED INDIVIDUAZIONE DELLE MISURE DI SICUREZZA EQUIVALENTI GESTIONE DELLA SICUREZZA - Reggio Calabria, 12 febbraio 2016 -

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Maurizio LUCIA COMANDANTE PROVINCIALE DEI VIGILI DEL FUOCO DI CATANZARO

ORDINE DEGLI ARCHITETTI, PIANIFICATORI, PAESAGGISTI E

CONSERVATORI DELLA PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA

CORSO BASE DI SPECIALIZZAZIONE IN MATERIA DI PREVENZIONE INCENDI AI FINI DELLA ISCRIZIONE NEGLI ELENCHI DEL MINISTERO

DELL’INTERNO

ANALISI DI RISCHIO ED INDIVIDUAZIONE DELLE MISURE DI SICUREZZA EQUIVALENTI – GESTIONE DELLA SICUREZZA

- Reggio Calabria, 12 febbraio 2016 -

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Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 2

INDICE GENERALE

1. ANALISI DI RISCHIO ED INDIVIDUAZIONE DELLE MISURE DI SICUREZZA EQUIVALENTI

1.1 CONCETTO DI RISCHIO E SUA EVOLUZIONE

1.2 L’APPROCCIO ALL’ANALISI INCIDENTALE – TERMINOLOGIA TECNICA DI BASE

1.3 RIFERIMENTI NORMATIVI CORRELATI ALLA VALUTAZIONE DEI RISCHI

1.4 VALUTAZIONE DEI RISCHI: ASPETTI GENERALI

2. TECNICHE PER LA VALUTAZIONE DEI RISCHI

2.1 VALUTAZIONE SEMI-QUANTITATIVA

2.1.1 MATRICI DI RISCHIO

2.1.2 METODI A INDICI

2.2 VALUTAZIONE QUANTITATIVA

2.2.1 ALBERO DEGLI EVENTI (ETA o Event Tree Analysis)

2.2.2 ALBERO DEI GUASTI (FTA o Fault Tree Analysis)

2.3 VALUTAZIONE QUALITATIVA

2.3.1 CHECK-LIST

2.3.2 HAZOP – Analisi di Operabilità

2.3.3 WHAT - IF

3. VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA DI UN SISTEMA, INTEGRATA NELLA

PROGETTAZIONE

3.1 LA SICUREZZA ANTINCENDIO NELLA VALUTAZIONE DI FATTIBILITA’

3.2 IL CONTRIBUTO DELL’ATTIVITA’ DEL PROFESSIONISTA TECNICO NEL PROCESSO DELLA “SICUREZZA”

3.3 STATISTICHE ECONOMICHE E CONSIDERAZIONI

4. LA GESTIONE DELLA SICUREZZA

4.1 I RIFERIMENTI LEGISLATIVI E NORMATIVI

4.1.1 IL SISTEMA DI GESTIONE DELLA SICUREZZA

4.1.2 GESTIONE DELLA SICUREZZA: L’EVOLUZIONE NORMATIVA

4.1.3 PIANO PER LA GESTIONE DELLA SICUREZZA

4.1.4 INFORMAZIONE E FORMAZIONE

4.1.5 LA PIANIFICAZIONE DELL’EMERGENZA

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1. ANALISI DI RISCHIO ED INDIVIDUAZIONE DELLE MISURE DI SICUREZZA EQUIVALENTI 1.1 - CONCETTO DI RISCHIO E SUA EVOLUZIONE

Il concetto di rischio è utilizzato nell'ingegneria per la quantificazione della sicurezza di una attività umana, di una installazione industriale, ecc.. Con il termine rischio, secondo una definizione di uso comune, si intende un danno o un pericolo incerto, cioè del quale in generale non è precisabile né l'entità, né il tempo di accadimento.

Una tale definizione, però, non è adatta allo scopo sopraccennato; gli ingegneri operano con e su grandezze fisiche, misurabili. In proposito è pertanto utile richiamare il concetto di rischio definito in economia e più precisamente, in economia delle assicurazioni nel XVIII secolo, quando si trattò di quantificare in termini monetari il premio che uno era disposto a pagare per garantirsi contro eventuali danni, cioè determinati rischi.

Secondo la precedente definizione, il rischio è la "speranza matematica" di un danno aleatorio o anche il valore atteso o il valor medio del danno.

Dall'economia delle assicurazioni il concetto fu esteso alla tossicologia ed epidemiologia agli inizi di questo secolo. In questo caso il rischio individuale, derivante da una determinata esposizione ad un agente dannoso, è eguale alla speranza matematica del danno derivante da tale esposizione. In questa estensione del concetto di rischio sono in generale implicite due statistiche: la prima riguardante la correlazione fra dose ed effetto dell'agente tossico, la seconda riguardante la distribuzione di tale agente fra la popolazione. Ad esempio, da queste statistiche è risultato che la probabilità di morire in conseguenza di una vaccinazione è in media 10-6 per vaccinazione: su un milione di individui che subiscono la vaccinazione in media uno muore per tale causa.

Solo dopo la metà di questo secolo il concetto è stato esteso dalla tossicologia ed epidemiologia alla tecnologia.

Un esempio è la proposta di criteri probabilistici di sicurezza in campo nucleare, da parte di Farmer in UK ed Etherington in USA. Criteri probabilistici trovarono una prima codificazione legislativa in Canada, per l'autorizzazione all'esercizio degli impianti nucleari sviluppati in quel paese.

In campo tecnologico, supposte note la frequenza di un determinato evento dannoso e le conseguenze di questo evento, si definisce rischio il prodotto della frequenza (assunta come probabilità di avere quelle determinate conseguenze) per le suddette conseguenze.

Fino all’avvento della rivoluzione industriale i rischi per l’uomo e per l’ambiente erano principalmente riconducibili a:

RISCHI NATURALI: Terremoti, inondazioni, frane, caduta fulmini ecc; RISCHI RICONDUCIBILI ALLA SFERA INDIVIDUALE: Malattie, cadute, ferimenti ecc; RISCHI DI NATURA COLLETTIVA: Guerre, carestie, pestilenze ecc; RISCHI DI NATURA TECNOLOGICA: Crolli, di dighe, case, ponti ecc;

Con l’avvento dell’era industriale, la complessità delle attività tecnologiche ha determinato la necessità ulteriore di definire il rischio derivante dall’utilizzo di sostanze e processi di lavorazione e comunque di porsi l’interrogativo su come affrontare l’analisi incidentale in detti ambiti, al fine di perseguire il contenimento dei rischi medesimi, determinando soglie di accettabilità di detti rischi e, quindi, specularmente raggiungendo obiettivi concreti di sicurezza.

Il concetto di rischio, così come delineato nella presente descrizione introduttiva presenta una serie di sfaccettature, che è opportuno evidenziare.

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Una prima distinzione cui si è già accennato è quella fra rischi individuali e rischi sociali; l'aggettivo "sociale" indica che il rischio è corso da una comunità o da un gruppo di persone contemporaneamente. In questo caso l'entità globale del danno diventa importantissima.

Mentre non fa quasi alcuna impressione lo stillicidio di morti in incidenti automobilistici (Fonte ACI – ISTAT 31/10/2012, riporta per il 2011 nel nostro Paese 3860 morti su 205.638 incidenti stradali in cui sono rimasti altresì feriti 292.019 persone!!!), avviene il contrario per la caduta di un aereo in cui muoiono 100/200 persone: eppure il rischio individuale di morire per incidente aereo è, a parità di percorso, inferiore a quello per incidente di auto.

L'energia nucleare, conosciuta in tutto il mondo per le conseguenze delle bombe di Hiroshima e Nagasaki, è nata con il marchio della paura per i danni sociali eventualmente connessi con il verificarsi di incidenti.

La campagna di stampa contro le centrali elettriche alimentate a carbone e ad olio combustibile è paragonabile a quella contro le centrali nucleari? Eppure ogni anno negli Stati Uniti la morte di 50.000 persone è da attribuire direttamente o indirettamente agli scarichi nell'atmosfera di SO2, di particelle e di altri inquinanti per l'uso del carbone, degli oli pesanti, ecc.

Questi esempi offrono l'occasione per un'ulteriore distinzione in campo tecnologico fra due tipi di rischi: "diffusi" e "concentrati o catastrofici".

Nel primo caso si tratta in realtà di danni derivanti dalle emissioni, pressoché continue, di inquinanti, aventi caratteristiche e con modalità tali da provocare l'insorgenza di effetti dannosi in una larga fetta di popolazione o nell'insieme di questa; ciò che è aleatorio è il luogo, il tempo di accadimento, le singole persone che saranno colpite, ma il loro verificarsi è certo. Nel secondo caso si tratta invece di eventi imprevisti (ma non imprevedibili), che si manifestano all'improvviso esplicando i loro effetti su gruppi più o meno concentrati di popolazione.

Infine è opportuno evidenziare un'altra sfaccettatura del concetto di rischio: la distinzione fra rischi volontari ed involontari.

Una medesima persona accetta spesso volontariamente rischi che sono molto più elevati (anche di ordini di grandezza) di altri impostigli dalla società in senso lato. Esempi classici di questo tipo sono il rischio derivante dal fumo, dall'esercizio di attività sportive pericolose, ecc., in confronto con quello derivante dall'esercizio di attività industriali in vicinanza della propria residenza o più in generale connesso con l'attuazione di progetti di pubblica utilità.

Giocano un ruolo fondamentale in questo tipo di comportamento, apparentemente irrazionale, una serie di fattori, fra cui principalmente la conoscenza del processo dannoso, la possibilità (talvolta l'illusione) di esercitare un diretto controllo su tale processo modificandone gli esiti finali (almeno nel senso di limitare il danno), la percezione di un beneficio (spesso solo di tipo psicologico) individuale, personalizzato, derivante dal processo, che invece manca nel caso dei rischi involontari.

A conclusione della introduzione alla problematica del rischio connesso con attività industriali, sembra opportuno soffermarsi brevemente sulla lezione derivata dai principali incidenti verificatisi nel recente passato e quindi sui principali problemi tuttora aperti in questo campo. La disamina di alcuni dei principali incidenti registratisi indica chiaramente che il loro verificarsi e le loro conseguenze sono il risultato di una serie di carenze, principalmente ascrivibili alla sfera della pianificazione e della gestione delle attività.

Ovviamente la causa iniziatrice dell'incidente è talvolta riconducibile ad un errore di progettazione, ad un difetto di costruzione, all'uso di strumentazione inadeguata, ma in ogni caso, se non come causa iniziatrice, certamente come aggravanti dell'incidente, hanno giocato un ruolo fondamentali "errori" umani dovuti essenzialmente a carenze di pianificazione e gestionali, cioè di garanzia della qualità.

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E' questa una conclusione a cui l'industria militare e quella nucleare sono giunte da decenni e che ormai va estendendosi a tutte le attività industriali. In questo campo devono quindi essere fatti gli sforzi maggiori.

Mancando una chiara indicazione in proposito nella legislazione, la sola via possibile è quella della creazione di una cultura della qualità e quindi della sicurezza, che si imponga per i vantaggi, anche economici, che ne derivano all'industria che la fa propria e la attua come normale modo di svolgimento della propria attività.

Altre questioni, più squisitamente tecniche, sono tuttora aperte nel campo della valutazione del rischio industriale.

In aggiunta a quanto già accennato, ad esempio si può brevemente citare la valutazione delle incertezze insite nell'analisi di rischio, che in definitiva ne possono inficiare il valore come strumento decisionale per l'accettazione dell'attività. Certamente l'analisi di rischio rimane in ogni caso uno strumento valido ed insostituibile per:

l'ottimizzazione dell'uso delle risorse all'interno di una azienda, con l'individuazione di componenti e sistemi critici dal punto di vista della sicurezza;

il confronto fra varie possibili soluzioni, tenendo conto di eventuali diverse possibili localizzazioni dell'impianto in cui sviluppare l'attività. Il problema della accettazione del rischio è invece più complesso, giocando un ruolo

Sicurezza ed Analisi di Rischio fondamentale anche fattori di tipo psicologico ed emotivo. Si ritiene peraltro che il problema non possa essere risolto se non attraverso la definizione di obiettivi di sicurezza (safety goals) validi per tutte le attività, definiti a priori, in modo che sia possibile stabilire con sufficiente chiarezza cosa è accettabile e cosa non lo è e/o necessita interventi migliorativi.

Quanto detto ha validità sotto il profilo generale della tematica di valutazione del rischio e quindi non necessariamente avendo a riferimento il rischio di incendio.

1.2 L’APPROCCIO ALL’ANALISI INCIDENTALE – TERMINOLOGIA TECNICA DI BASE Per meglio sostanziare l’attività di valutazione dei rischi di incendio o comunque dei rischi

afferenti alla sfera dei rilasci energetici o di quelli agli stessi direttamente correlabili, è necessario introdurre alcuni termini propri del glossario tecnico proprio dell’analisi incidentale.

U.C.V.E. (Unconfined Vapour Cloud Explosion) - letteralmente "esplosione di una nube non confinata di vapori infiammabili" - evento incidentale determinato dal rilascio e dispersione in area aperta di una sostanza infiammabile in fase gassosa o vapore, dal quale possono derivare, in caso di innesco, effetti termici variabili e di sovrappressione spesso rilevanti sia per l'uomo che per le strutture ma meno per l’ambiente;

VCE (Confined Vapour Cloud Explosion) - letteralmente "esplosione di una nube confinata di vapori infiammabili" è l’esplosione di una nube di vapore confinata causata da un rilascio e dispersione in ambiente delimitato di una sostanza infiammabile in fase gassosa o vapore, dal quale possano derivare in caso di innesco effetti tipici di una esplosione;

Flash Fire - letteralmente "lampo di fuoco" - di norma descrive il fenomeno fisico derivante dall'innesco ritardato di una nube di vapori infiammabili. Al predetto fenomeno si accompagnano, di solito, solo radiazioni termiche istantanee fino al LIE o a ½ LIE (dove LIE sta per limite inferiore di infiammabilità);

Fire ball - letteralmente "palla di fuoco" - è lo scenario che presuppone un'elevata concentrazione, in aria, di sostanze infiammabili, il cui innesco determina la formazione di una sfera di fuoco accompagnata da significativi effetti di irraggiamento nell'area circostante;

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Bleve (Boiling Liquid Expanding Vapour Explosion) - ovvero l’esplosione del vapore di un

liquido in fase di ebollizione; fenomeno simile all'esplosione derivante dal collasso di recipienti surriscaldati, con un conseguente carico termico molto elevato per un periodo relativamente breve di tempo (ordine delle decine di secondi). Riguarda per lo più sostanze gassose conservate sotto pressione, allo stato liquido. Da tale evento possono derivare effetti dannosi per le persone e le strutture: di sovrappressione, di irraggiamento termico e di proiezione dei frammenti del serbatoio collassato;

Jet Fire - letteralmente "dardo di fuoco" - di norma descrive il fenomeno fisico derivante dall'innesco immediato di un getto di liquido o gas rilasciato da un contenitore in pressione. Al predetto fenomeno si accompagnano, di solito, solo radiazioni termiche entro un’area limitata attorno alla fiamma, ma con la possibilità di un rapido danneggiamento di strutture/apparecchiature in caso di loro investimento, con possibili “effetti domino”;

Pool Fire - letteralmente "pozza incendiata" - è l'evento incidentale che presuppone l'innesco di una sostanza liquida sversata in un area circoscritta o meno. Tale evento produce, di norma, la formazione di un incendio - per l'intera estensione della "pozza" dal quale può derivare un fenomeno d'irraggiamento e sprigionarsi del fumo.

Ai fenomeni di natura energetica sono spesso correlati, perché conseguenti, episodi di Rilascio

di sostanze tossiche. Si tratta di fenomeni di diffusione nell'aria, nell’acqua o nel suolo di sostanze con effetti tossici per l'uomo o l'ambiente. Di primaria importanza sono gli effetti dovuti all'inalazione anche se non sono da trascurarsi gli effetti connessi agli assorbimenti per via cutanea ed all'ingerimento. Di norma è rappresentata dalla dispersione, in aria, di sostanze tossiche (gas, vapori, aerosol, nebbie, polveri) quale conseguenza più significativa di perdite o rotture dei relativi contenitori/serbatoi, ma talora anche come conseguenza della combustione di altre sostanze (gas di combustione e decomposizione in caso d’incendio).

E’ importante operare almeno un cenno ad alcune definizioni fondamentali vertenti detti rilasci, al fine di comprendere i rischi conseguenti alle proprietà tossicologiche di dette sostanze.

Nell’ambito della tossicità acuta (singola somministrazione o esposizione per tempi inferiori alle 4 ore) si esprimono le seguenti grandezze:

DL= dose letale per esposizione orale o cutanea CL= concentrazione letale per inalazione Le grandezze più utilizzate sono: DL50 e CL50. Tali grandezze sono riferite al ratto e/o

coniglio in mg di sostanza per kg di peso corporeo. Nel caso del CL in mg per litro di inalazione su 4 ore di esposizione.

Ulteriori grandezze di cui è necessario conoscere il significato al fine di meglio approcciarsi

ad una analisi di sicurezza decisamente più compiuta, risultano essere quelle di seguito riportate. IDLH (Immediately Dangerous to Life and Health) – immediatamente pericoloso per la vita e

per la salute, è definito come la massima concentrazione di sostanza tossica a cui può essere

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esposta per 30' una persona in buona salute, senza subire effetti irreversibili sulla propria salute e senza che gli effetti dell'esposizione non impediscano la fuga;

TLV: ThresholdLimitValue per il quale è utile distinguere: TLV-TWA: Time WeightedAverage

Valore Limite di Soglia - Media Ponderata nel Tempo Concentrazione media ponderata nel tempo, su una giornata lavorativa convenzionale di 8 ore e su 40 ore lavorative settimanali, alla quale quasi tutti i lavoratori possono essere ripetutamente esposti, giorno dopo giorno, senza effetti negativi TLV-STEL Valore Limite di Soglia - Limite per Breve Tempo di Esposizione Concentrazione alla quale i lavoratori possono essere esposti continuativamente per breve periodo di tempo, purché il TLV-TWA giornaliero non venga superato, senza che insorgano: 1) irritazione; 2) danno cronico o irreversibile del tessuto; 3) riduzione dello stato di vigilanza di grado sufficiente ad accrescere le probabilità di

infortuni od influire sulle capacità di mettersi in salvo o ridurre materialmente l’efficienza lavorativa (sempre nel presupposto che il TLV-TWA non venga superato).

Il TLV-STEL non costituisce un limite di esposizione separato indipendente, ma piuttosto integra il TLV-TWA di una sostanza la cui azione tossica sia principalmente di natura cronica, qualora esistano effetti acuti riconosciuti. Gli STEL vengono raccomandati quando l’esposizione umana o animale ad alta concentrazione per breve durata ha messo in evidenza effetti tossici. Uno STEL viene definito come esposizione media ponderata su un periodo di 15 minuti, che non deve mai essere superata nella giornata lavorativa, anche se la media ponderata su 8 ore è inferiore ai TLV. Esposizioni al valore STEL non devono protrarsi oltre i 15 minuti e non devono ripetersi per più di quattro volte al giorno. Fra esposizioni successive al valore STEL, devono intercorrere almeno 60 minuti. Un periodo di mediazione diverso dai 15 minuti può essere consigliabile se ciò è giustificato da effetti biologici osservati.

Il danno a persone o strutture è correlabile all’effetto fisico di un evento incidentale

valutabile mediante modelli di vulnerabilità più o meno complessi. Ai fini del controllo dell’urbanizzazione, è da ritenere sufficientemente accurata una trattazione semplificata, basata sul superamento di un valore di soglia, al di sotto del quale si ritiene convenzionalmente che il danno non accada, al di sopra del quale viceversa si ritiene che il danno possa accadere.

Scenario incidentale Elevata letalità

Inizio letalità

Lesioni irreversibili

Lesioni reversibili

Danni alle strutture –

Effetti Domino

Incendio (radiazione termica stazionaria)

12.5 KW/mq 7 KW/mq 5 KW/mq 3 KW/mq 12.5 KW/mq

BLEVE / Fireball (radiazione termica variabile)

Raggio fireball

350 kJ/mq 200 kJ/mq 125 kJ/mq 200-800 m

Flash-fire (radiazione termica istantanea)

LFL 0.5 LFL

VCE (sovrappressione di picco) 0.3 bar (0.6 spazi aperti)

0.14 bar 0.07 bar 0.03 bar 0.3 bar

Rilascio tossico (dose assorbita) CL50

CL50 (30 min, hmn)

IDHL

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1.3 RIFERIMENTI NORMATIVI CORRELATI ALLA VALUTAZIONE DEI RISCHI La valutazione dei rischi è divenuta una metodica introdotta, in via generale, sulla base di

direttive europee che hanno avuto l’obiettivo duale di tutelare in maniera omologa nel territorio della Comunità Europea i cittadini lavoratori e dall’altro, sul mercato del lavoro europeo, allineare i costi della sicurezza al fine di non determinare sperequazioni tra le imprese dei diversi stati membri della Unione Europea.

Da qui il recepimento delle direttive comunitarie, avvenuto in Italia inizialmente attraverso la emanazione del Decreto Legislativo 626/1994 e successivamente con la rivisitazione dello stesso a mezzo della emanazione del Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81 recante all’oggetto: “Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”. Detto provvedimento legislativo, usualmente denominato Testo Unico per la Sicurezza e la Salute nei Luoghi di Lavoro, è stato oggetto di rivisitazione operata con Decreto Legislativo 3 agosto 2009 n. 106.

Orbene, è fortemente utile richiamare a seguire talune definizioni fondamentali che il suddetto “Testo Unico” introduce all’articolo 2, in ordine a concetti basilari dall’analisi del rischio:

n) "prevenzione": il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la

particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali

nel rispetto della salute della popolazione e dell'integrità dell'ambiente esterno;

q) "valutazione dei rischi": valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e

sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestano la propria

attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad

elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di

salute e sicurezza;

r) "pericolo": proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di

causare danni;

s) "rischio": probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di

impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione;

Esistono, pur tuttavia, ulteriori definizioni derivanti da altre fonti legislative, riguardanti la

medesima tematica ma che peculiarizzano i succitati concetti in relazione alla specificità degli

obiettivi di tali normative. Si allude primariamente alle definizioni introdotte all’art. 3 dal Decreto

Legislativo 17 agosto 1999 n.334 (così come successivamente implementato e modificato)

riguardante la sicurezza degli stabilimenti classificati a “Rischio di Incidente Rilevante” e che qui si

riportano:

f) "incidente rilevante", un evento quale un'emissione, un incendio o un'esplosione di grande entità, dovuto a sviluppi incontrollati che si verificano durante l'attività di uno stabilimento (così come definito) e che dia luogo ad un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana o per l'ambiente, all'interno o all'esterno dello stabilimento, e in cui intervengano una o più sostanze pericolose; g) "pericolo", la proprietà intrinseca di una sostanza pericolosa o della situazione fisica esistente in uno stabilimento di provocare danni per la salute umana o per l'ambiente; h) "rischio", la probabilità che un determinato evento si verifichi in un dato periodo o in

circostanze specifiche.

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Riprendendo la problematica decisamente più generale dell’analisi di sicurezza dei luoghi di

lavoro, sotto il profilo del rischio di incendio, è opportuno precisare che quanto in via generale è

esplicitato nel corpo del Decreto Legislativo 81/2008, in forza dello stesso è meglio specificato in

altri provvedimenti normativi. Si allude a tal riguardo al Decreto del Ministro dell’Interno 10 marzo

1998 (in S.O. n. 64, alla GU 7 aprile 1998, n. 81) recante all’oggetto “Criteri generali di sicurezza

antincendio e per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro”. In allegato I, il succitato D.M.

riporta le Linee guida per la valutazione dei rischi di incendio nei luoghi di lavoro, e fornisce alcune

definizioni:

Pericolo di incendio : proprietà o qualità intrinseca di determinati materiali o attrezzature,

oppure di metodologie e pratiche di lavoro o di utilizzo di un ambiente di lavoro, che

presentano il potenziale di causare un incendio;

Rischio di incendio : probabilità che sia raggiunto il livello potenziale di accadimento di un incendio e che si verifichino conseguenze dell'incendio sulle persone presenti;

Valutazione dei rischi di incendio : procedimento di valutazione dei rischi di incendio in un luogo di lavoro, derivante dalle circostanze del verificarsi di un pericolo di incendio.

E’ intuitivo il significato che nel linguaggio corrente si associa alla espressione “prevenzione

incendi”; sotto il profilo tecnico, però, è necessario riferirsi a ciò che per “Legge” è la prevenzione

incendi.

A tal riguardo è assai opportuno riportare a seguire i contenuti di due Decreti Legislativi

che, in maniera sostanzialmente omologa, hanno definito negli ultimi anni la “prevenzione

incendi”.

DECRETO LEGISLATIVO 9 aprile 2008, n. 81, ossia il Testo Unico della Sicurezza già citato

che all’articolo 46 dedica alla prevenzione incendi la seguente definizione:

“La prevenzione incendi è la funzione di preminente interesse pubblico, di esclusiva competenza

statuale, diretta a conseguire, secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli

obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e

dell'ambiente”.

DECRETO LEGISLATIVO 8 marzo 2006, n.139

Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili

del fuoco, a norma dell'articolo 11 della legge 29 luglio 2003, n. 229.

Capo III - PREVENZIONE INCENDI

Art. 13 - Definizione ed ambito di esplicazione

1. La prevenzione incendi e' la funzione di preminente interesse pubblico diretta a conseguire,

secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita

umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell'ambiente attraverso la

promozione, lo studio, la predisposizione e la sperimentazione di norme, misure,

provvedimenti, accorgimenti e modi di azione intesi ad evitare l'insorgenza di un incendio e

degli eventi ad esso comunque connessi o a limitarne le conseguenze.

2. Ferma restando la competenza di altre amministrazioni, enti ed organismi, la prevenzione

incendi si esplica in ogni ambito caratterizzato dall'esposizione al rischio di incendio e, in

ragione della sua rilevanza interdisciplinare, anche nei settori della sicurezza nei luoghi di

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lavoro, del controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze

pericolose, dell'energia, della protezione da radiazioni ionizzanti, dei prodotti da costruzione.

Art. 14 - Competenza e attività

1. La prevenzione incendi e' affidata alla competenza esclusiva del Ministero dell'Interno, che

esercita le relative attività attraverso il Dipartimento e il Corpo nazionale.

Perché citare le definizioni suddette?

Si tratta di due provvedimenti legislativi tutto sommato recenti; il primo costituente di

fatto il “testo unico sulla sicurezza e salute dei luoghi di lavoro”, il secondo il compendio delle

disposizioni regolamentanti le attività istituzionali e quindi le competenze del Corpo Nazionale dei

Vigili del Fuoco.

Ebbene, la riforma del Titolo V della Costituzione apportata con la Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 ha introdotto un principio fondamentale indirizzato al decentramento delle competenze dallo Stato agli Enti locali ed in particolare alle Regioni. Il testo della legge, infatti, stabilisce: “Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato”. Allo Stato è rimasta la competenza in via esclusiva di legiferare direttamente nell’ambito di quelle discipline di fondamentale rilevanza.

Sia il Decreto Legislativo 139/2006 che il Decreto Legislativo 81/2008 e s.m.i., nell’attribuire competenza esclusiva in materia di prevenzione incendi allo Stato, sanciscono ancora una volta la primaria rilevanza della prevenzione incendi in quanto disciplina strategica per assicurare il raggiungimento di obiettivi fondamentali per il Paese. Tale asserzione, operata anche a seguito della riforma costituzionale succitata, ancor di più rappresenta la basilare importanza della prevenzione incendi.

Ma, dove è necessario esercitare attività di prevenzione incendi? Ai sensi del Decreto Legislativo 81/2008 e s.m.i. in tutti i luoghi di lavoro, dai soggetti aventi

responsabilità e competenza nella valutazione dei rischi e nell’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dagli stessi e quindi primariamente dai datori di lavoro e dai dirigenti. In detto ambito, la “Legge” attribuisce ai Vigili del Fuoco funzione di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, per quanto di specifica competenza e quindi in materia di prevenzione incendi (art. 13).

Detti controlli, quindi, sono esercitati dai Vigili del Fuoco a prescindere dall’assoggettabilità o meno dell’attività agli obblighi più particolari ed alle procedure correlate, previste per quelle tipologie di attività riconosciute a maggior rischio di incendio ed il cui esercizio, tradizionalmente, è sempre stato assoggettato all’acquisizione del documento autorizzativo antincendio.

1.4 VALUTAZIONE DEI RISCHI: ASPETTI GENERALI Per ogni evento incidentale ipotizzabile, (l'incendio nel nostro caso) il rischio risulta

definito da due fattori:

1. La FREQUENZA, cioè la probabilità che l'evento si verifichi in un determinato

intervallo di tempo;

2. La MAGNITUDO, cioè l'entità delle possibili perdite e dei danni conseguenti al

verificarsi dell'evento.

da cui la definizione di RISCHIO:

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Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

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Rischio = R(Frequenza x Magnitudo).

Sotto il profilo logico-matematico, quindi, il rischio è funzione di due variabili, una incidente

sulla probabilità di accadimento di un evento incidentale, l’altra espressione del danno prodotto

dall’evento. Dette variabili – a loro volta – sono esse stesse funzioni logico-matematiche di

ulteriori numerose variabili. In realtà è bene sottolineare che l’analogia matematica va

interpretata esclusivamente sotto il profilo logico atteso che la formula di cui sopra, oltre ad

essere adimensionale, in realtà non può produrre un risultato misurabile numericamente.

Ma su detto concetto, nel prosieguo, si ritornerà per meglio specificarlo.

Intanto, volendo meglio specificare il termine “rischio”, risulta opportuno introdurre alcuni

concetti/definizioni che facilitano l’approccio alla valutazione dei rischi ed al perseguimento di

obiettivi di sicurezza accettabili nelle attività di vita e di lavoro. La formula logica riflettente il

rischio consente di associare alla frequenza di accadimento il concetto di Hazard ed alla

Magnitudo i concetti di vulnerabilità ed esposizione.

Quanto detto in termini assolutamente generali tanto è vero che può ritrovarsi in quanto

riportato immediatamente a seguire una sorta di sovrapponibilità con quanto è alla base della

ingegneria sismica:

R = F x M

Rischio = Hazard x Vulnerabilità x Esposizione

HAZARD: probabilità che un particolare evento accada in un determinato luogo ed in

un determinato periodo di tempo

VULNERABILITÀ: Propensione degli elementi esposti a subire danni a seguito di un

evento incidentale (incendio)

ESPOSIZIONE: caratteristiche e consistenza del sistema fisico, sociale ed economico

esposto agli effetti di un evento incidentale (incendio)

Si è già fatto cenno che il Rischio non è una grandezza fisica misurabile né direttamente né

indirettamente e pertanto qualunque definizione di rischio si adotti essa risulterà correlata ad

almeno un indice avente natura probabilistica.

La valutazione dei rischi, pertanto, sotto il profilo generale, risultando operazione alquanto

complessa, non può essere oggetto di disamina attraverso l’adozione di un’unica metodica

applicativa.

Correntemente è invalsa la consuetudine tecnica di ripartire le metodiche di valutazione

dei rischi in tre diverse categorie:

VALUTAZIONE QUALITATIVA;

VALUTAZIONE SEMI-QUANTITATIVA;

VALUTAZIONE QUANTITATIVA.

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A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 12

Si forniscono di seguito taluni esempi di metodiche valutative del rischio, oggetto di

disamina generale, nel prosieguo della presente trattazione.

VALUTAZIONE

qualitativa

quantitativa

Semi-quantitativa

•Check-list;•What-if;•Raccomandazioni (indicazioni di accettabilità)

•Matrici di Rischio;•Metodi a indici

•Utilizzo di modelli matematici di incendio;•Alberi degli eventi;•Alberi dei guasti;•Analisi statistiche;

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2. TECNICHE PER LA VALUTAZIONE DEI RISCHI Non esiste una tecnica di valutazione del rischio migliore di un’altra e, quindi, preferibile

alle altre. Ogni metodica ha le sue peculiarità, il proprio livello di complessità; è attivabile sulla

base di dati di input più o meno disponibili; di conseguenza la scelta del metodo è arbitrio del

soggetto professionista chiamato ad interessarsi del problema, sulla base della effettiva

complessità del contesto da disaminare, della propria esperienza, dei dati di bibliografia tecnica in

possesso, degli strumenti disponibili.

Per ragioni di semplicità e gradualità nell’approccio, si vanno a passare in rapida rassegna

dapprima taluni esempi di metodiche di valutazione del rischio di tipo semi-quantitativo, quindi si

proseguirà con la disamina delle principali metodiche di tipo quantitativo ed a finire con la

descrizione delle principali metodiche di tipo qualitativo.

2.1 VALUTAZIONE SEMI-QUANTITATIVA Come si diceva, la misurabilità del rischio non risulta possibile sotto il profilo numerico

non essendo lo stesso rappresentabile con alcuna unità di misura. Pur tuttavia sono possibili

convenzionalmente espressioni numeriche attraverso le quali esprimere il rischio. La più diffusa

è quella che associa al valore “zero” l’assenza assoluta di rischio (limite teorico) ed al valore

“uno” la certezza dell’accadimento dell’evento indesiderato. Ma il rischio è esprimibile anche

attraverso espressioni letterali che a volte risultano di più semplice formulazione e comunque,

in determinate fattispecie sottoposte ad esame, risultano adeguate.

2.1.1 MATRICI DI RISCHIO Attraverso la costruzione di una matrice di rischio è possibile procedere alla stima

della frequenza di accadimento di un evento indesiderato ed in particolare di un incendio. E’ una metodica particolarmente adatta per la valutazione del livello di rischio di incendio in luoghi di vita e/o di lavoro dalla non eccessiva complessità.

La frequenza di accadimento “F” è individuabile eseguendo un’indagine presso l’azienda o il luogo da proteggere. Se la frequenza di accadimento è nulla oppure non si hanno sufficienti dati verificabili si prenderà in combinazione la probabilità di accadimento facendo anche confronto con altre aziende, dove sono noti i dati della frequenza, che per tipo di lavorazione e produzione si possono considerare simili. Sono all’uopo disponibili banche dati da consultare al fine di avere una fotografia storica del fenomeno tecnicamente rappresentativa.

La valutazione della frequenza di accadimento può essere operata discretizzandone il valore, ad esempio, su quattro livelli, in relazione alle caratteristiche di probabilità di accadimento:

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LIVELLO DESCRIZIONE CARATTERISTICHE

1 BASSA Il rischio rilevato può verificarsi solo con eventi particolari e poco probabili

Non sono noti episodi già verificatisi

2 MEDIO-BASSA Il rischio rilevato può verificarsi con media

probabilità e per cause solo in parte prevedibili

Sono noti solo rarissimi episodi verificatisi

3 MEDIO-ALTA Il rischio rilevato può verificarsi con considerabile probabilità È noto qualche episodio in cui al rischio è seguito il danno

4 ALTA Il rischio può verificarsi con alta probabilità e per cause note ma non

contenibili

Sono noti vari episodi già verificatisi

La stima del danno in termini di magnitudo dell’evento indesiderato (incendio) può

essere operata discretizzandone il valore, ad esempio, su quattro livelli, in relazione alle probabili conseguenze:

LIVELLO VALORE PROBABILI CONSEGUENZE

1

TRA

SCU

RA

BIL

E

Scarsa probabilità di sviluppo di principi di incendio e limitata propagazione dello stesso

Nessuna conseguenza poiché l’incendio può essere facilmente domato al suo stadio iniziale

L’evento si può considerare limitato ad un focolaio Il rischio di danni fisici alle persone è praticamente assente

I danni al luogo interessato dall’incendio sono trascurabili se non assenti

Il ripristino alla normalità è immediato

2

MO

DES

TA

Condizioni che possono favorire lo sviluppo di incendio

ma con limitata possibilità di propagazione L’incendio si propaga lentamente ed è tenuto sotto

controllo con l’utilizzo degli estintori

È necessaria l’evacuazione delle persone presenti solo nella zona interessata dall’evento

Il rischio di danni fisici alle persone è modesto se non del tutto assente

I danni al luogo interessato si possono considerare limitati a zone circoscritte

È necessaria l’aerazione del luogo

3

NO

TEV

OLE

Condizioni in cui sussistono notevoli probabilità di sviluppo di incendio con forte possibilità di propagazione

L’incendio si propaga facilmente e rapidamente

È necessario l’intervento dei VV.FF.

Il rischio di danni fisici alle persone è a tutti gli effetti presente

I danni al luogo interessato sono evidenti

Il luogo è inutilizzabile per un tempo prolungato ma preventivabile

4

ING

ENTE

Si possono verificare forti esplosioni e l’incendio si propaga anche alle zone adiacenti e/o sovrastanti

È necessaria la messa in atto della gestione dell’emergenza in tutte le sue fasi

È necessario l’intervento dei VV.FF. Il rischio di danni fisici e morte delle persone è a tutti gli effetti presente

I danni sono estesi all’intero edificio che necessita di un consistente intervento di ristrutturazione o rifacimento

Il luogo è inutilizzabile per un tempo molto lungo

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Può così costruirsi una matrice del rischio riportando in ascisse la discretizzazione della magnitudo ed in ordinate la discretizzazione della probabilità di accadimento, sulla base delle scelte assunte e di cui si è detto.

Risulta piuttosto semplice comprendere che la combinazione di alta o medio-alta probabilità di accadimento di un evento che produce conseguenze in termini di danni notevoli o ingenti, comportano un livello di rischio inaccettabile.

In questi casi occorre rivedere la strategia adottata attraverso l’introduzione di misure costruttive o gestionali adeguate per abbassare la frequenza di accadimento (adozione di misure di prevenzione) o per limitare il danno correlato all’accadimento dell’evento (adozione di misure di protezione). Nell’ordinaria strategia mirata a ridurre il livello di rischio e riportarlo entro la soglia di accettabilità si agisce attraverso una combinazione e di misure di prevenzione e di misure di protezione ossia si sceglie la strategia che a parità di obiettivo prefigurato (venir fuori dall’area di rischio inaccettabile) sia più semplice da realizzare e/o più economica.

e di misure di prevenzione e di misure di protezione ossia si sceglie la strategia che

AREA LIVELLO DEL RISCHIO

1-2 BASSO 3-4 MEDIO

6-8 ELEVATO 9-12-16 INACCETTABILE

2.1.2 METODI A INDICI Il ricorso ai metodi a indici risulta piuttosto frequente nella disamina dei rischi propri

di impianti complessi, sulla base di preliminari studi che, sotto il profilo generale, introducono una serie di indicatori ai quali, sulla base delle caratteristiche rilevate dall’esame, vengono attribuiti degli indici numerici. La combinazione degli indici porta alla classificazione del rischio.

Se pur in maniera non approfondita, si riportano di seguito talune metodiche comuni ai metodi ad indici e si va ad esaminare un caso di applicazione di un metodo ad indici.

La metodica applicativa dei metodi ad indici comporta:

Alta 4 8 12 16

Medio-Alta 3 6 9 12

Medio-Bassa 2 4 6 8

Bassa 1 2 3 4

PROBABILITÁ

MAGNITUDO

Trascurabile

Modesta

Notevole

Ingente

area di rischio inaccettabile

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• Suddivisione dell’impianto in unità logiche; • Individuazione della “sostanza chiave” e valutazione del “fattore sostanza”; • Valutazione dei rischi “sostanza”, “processo”, “struttura impianto”, “tipo di

stabilimento”. Per ogni rischio specifico è ricavato un fattore numerico; • L’elaborazione dei fattori porta alla valutazione di “indice di rischio generale” nonché

sulla base della disamina dei sistemi di mitigazione di quello “compensato”. Esempi significativi di analisi di rischio da operarsi attraverso l’adozione di metodi ad

indici risultano quelli introdotti da: D.P.C.M. 31 marzo 1989 – Applicazione dell'art. 12 del decreto del Presidente della

Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, concernente rischi rilevanti connessi a determinate attività industriali - Allegato II;

D.M. ambiente 15 maggio 1996 – Criteri di analisi e valutazione dei rapporti di sicurezza relativi ai depositi di GPL. Il processo logico perseguito dal metodo può essere schematizzato dal sotto

riportato diagramma di flusso:

Suddivisione impianto in unità logiche

Considerare la prima/successiva unità

Identificare la sostanza predominante e determinare il

Fattore Sostanza

Usare il modello ed il testo per ottenere i Fattori di

Penalizzazione riferiti a:i. Rischi specifici delle sostanze;

ii. Rischi generali di processo;

iii. Rischi particolari di processo;iv. Rischi dovuti alla quantità;

v. Rischi connessi al layoutvi. Rischi di tossicità (il GPL non è tossico);

Procedere alla successiva Fase di Compensazione

assegnando i Fattori di Compensazione associati alle caratteristiche di sicurezza (caratteristiche che riducono

la frequenza di incidenti o la loro dimensione)

Adoperare le classificazioni per valutare il rischio

potenziale dell’intero impianto

Ultima unità?

SI

NO

Va

luta

zio

ne

iniz

iale

Va

luta

zio

ne

Co

mp

en

sa

ta

In maniera più specifica, il Decreto del Ministro dell’Ambiente 15 maggio 1996 contenente i Criteri di analisi e valutazione dei rapporti di sicurezza relativi ai depositi di GPL prevede la individuazione delle unità logiche riportate di seguito:

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SUDDIVISIONE IMPIANTO

IN UNITÀ LOGICHE:

Aree di stoccaggio in serbatoi fissi

(STOCCAGGIO)

Aree di stoccaggio in recipienti mobili

(BOMBOLE)

Aree di carico/scarico da vettori

stradali, ferroviari o navali (TRAVASO)

Aree di pompaggio per

movimentazione GPL (POMPE)

Aree di imbottigliamento GPL

(IMBOTTIGLIAMENTO)

Per ciascuna unità logica andrà individuato il fattore sostanza – B sulla base della

scelta della sostanza predominante presente (nel caso in questione propano, o butano o

una miscela di propano e butano). Per apparecchiature destinate a contenere miscele

variabili di Propano e Butano, si assume come sostanza chiave il Propano.

Si ricorda che il propano ha formula chimica C3H8 e densità 2,005 kg/m3 , mentre il

butano ha formula chimica C4H10 e densità 2,735 kg/m3 .

Occorre poi individuare i FATTORI DI PENALIZZAZIONE in relazione ai :

Rischi specifici delle sostanze - Fattore (M)

Rischi generali di processo - Fattore (P)

Rischi particolari di processo - Fattore (S)

Rischi dovuti alle quantità - Fattore (Q)

Rischi connessi al Layout - Fattore (L)

Può ora procedersi al calcolo degli INDICI INTRINSECI:

Indice di incendio (F)

Indice di esplosione confinata (C)

Indice di esplosione in aria (A)

Indice di rischio generale (G)

Il processo prosegue con la individuazione dei FATTORI DI COMPENSAZIONE, che

possono essere suddivisi in due famiglie:

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A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 18

Fattore di Contenimento

(K1)

Fattore di Controllo del Processo

(K2)

Fattore di Atteggiamento nei riguardi

della Sicurezza (K3)

Tengono conto della

riduzione del rischio sulla

base delle misure presenti

per ridurre il numero degli

incidenti

e

Fattore di Protezioni Antincendio

(K4)

Fattore di Isolamento ed Eliminazione

delle Sostanze (K5)

Fattore di Operazioni Antincendio

(K6)

Tengono conto della

riduzione del rischio sulla

base del contenimento

dell’entità potenziale degli

incidenti

Può ora procedersi al calcolo degli INDICI COMPENSATI:

F’ = F * (K1*K3*K5*K6) Indice di Incendio

C’ = C * (K2*K3) Indice di Esplosione Confinata

A’ = A * (K1*K2*K3*K5) Indice di Esplosione in Aria

G’ = G * (K1*K2*K3*K4*K5*K6) Indice di Rischio Generale

E’ così possibile, anche ai fini della valutazione della compatibilità territoriale dello

stabilimento, operare la Categorizzazione delle Unità che si ottiene selezionando le unità

con gli indici generali G e G’ più elevati, sulla base di quanto riportato nella tabella:

Indice di Rischio Generale Categoria

0 – 100 A

101 – 1100 B

1101 – 12500 C

> 12500 D

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A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 19

a ciascuna unità o sotto-unità sono associate due categorie rappresentanti in modo

sintetico rispettivamente la massima situazione di pericolosità nelle condizioni di rischio

intrinseco e di rischio compensato.

Un esempio concreto di applicazione del suddetto metodo per uno Stabilimento di

stoccaggio ed imbottigliamento di GPL (effettivamente esistente) è quello riportato a

seguire:

Elenco delle Unità logiche individuate nello Stabilimento GPL :

• Unità 1 Bacino di Stoccaggio GPL1 (sfere V1 e V2)

• Unità 2 Bacino di Stoccaggio GPL2 (sigari V3 e V4)

• Unità 3 Rampa travaso ATB

• Unità 4 Imbottigliamento

• Unità 5 Sala pompe / compressori

• Unità 6 Stoccaggio bombole

• Unità 7 Gasdotto (tubazione di trasferimento GPL da Raffineria all’ex Stabilimento

GPL)

La sintesi dei risultati ottenuti evidenzia:

Unità Indice di rischio

generale non compensato G

Valore Categoria Indice di rischio

generale compensato G’

Valore Categoria

1 - Bacino di Stoccaggio 1 G 34457,7 D G’ 254,6 B

2 - Bacino di Stoccaggio 2 G 8267,6 C G’ 61,1 A

3 -Rampa travaso autobotti G 14377,8 D G’ 120,0 B

4 - Reparto imbottigliamento G 1401,85 C G’ 43,31 A

5 - Sala pompe e compressori

GPL

G 418,93 B G’ 12,76 A

6 - Stoccaggio bombole G 1252,4 C G’ 70,1 A

7 - Gasdotto G 136,39 B G’ 29,12 A

2.2 VALUTAZIONE QUANTITATIVA I vantaggi di un’analisi di tipo quantitativo risultano correlati a più aspetti; innanzi tutto

la misurabilità del confronto con altri tipi di rischi, quindi la possibilità di valutare

separatamente gli interventi di “prevenzione” da quelli di “protezione”, la migliore valutazione

del rapporto costi/benefici ed ancora la valutazione della efficacia delle modifiche per

migliorare la sicurezza.

Diversi sono i metodi per la effettuazione di una analisi dei rischi con approccio di tipo

quantitativo alla valutazione del rischio; per quanto attiene al rischio incendio non può a tal

riguardo non invocarsi la Fire Engineering o comunque, in termini generali, l’utilizzo di

modellazioni di tipo matematico.

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Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 20

Particolarmente efficaci, e perciò diffusi, risultano l’impiego degli Alberi degli Eventi,

degli Alberi dei guasti nonché le Analisi Statistiche.

Così come si è già avuto modo di dire, iI Rischio non è una grandezza fisica misurabile né

direttamente né indirettamente. Qualunque definizione di rischio si adotti essa risulterà

correlata ad almeno un indice avente natura probabilistica.

E’ opportuno fare delle riflessioni a partire da richiami basilari sulla probabilità di

accadimento. La probabilità P che, lanciando N monete escano tutte testa, è data da:

P = (½)N

La Probabilità di uscita di tutte teste lanciando N monete risulta pertanto:

N (½)N VALORE ARROTONDATO A POTENZE DI 10

1 0,5

2 0,25

3 0,125

6 0,015625 1/100

10 0,00097…. 1/1000

13 0,00012… 1/10000

16 0,000015… 1/100000

20 0,00000095… 1/1000000

Ma in ragione di cosa si ritiene un evento più o meno probabile; o meglio quali sono i

ranges di probabilità di accadimento che consentono di classificare gli eventi?

PROBABILITA’ DESCRIZIONE

frequente Che accade frequentemente, P > 0.1 (P > 10-1)

probabile Si verifica molte volte durante la vita del sistema P>0.001 (P > 10-3)

occasionale Improbabile che accada durante la vita del sistema P > 10-6

remoto Molto improbabile che accada durante la vita del sistema P < 10-6

improbabile Evento non ragionevolmente prevedibile P < 10-9

Per la Legge dei grandi numeri quando il numero delle prove è molto alto, la frequenza

con la quale si presenta un certo evento assume valori molto prossimi alla probabilità di

accadimento dell’evento.

La frequenza di accadimento di un evento A è data dal rapporto tra il numero di volte K

che l’evento si è manifestato, sul numero totale N di prove eseguite

fr = K/N

Esempio: Evento critico … Non funzionamento di un apparecchio all’atto dell’azionamento.

La frequenza di non funzionamento (ossia la frequenza di GUASTO) sarà data dal

numero di volte che l’evento si è verificato sul numero totale di azionamenti operati.

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Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 21

Concetto fondamentale da introdurre al fine di meglio contemperare l’analisi di rischio

operata sulla base dell’approccio quantitativo della valutazione e quello di AFFIDABILITÀ che

risulta essere la probabilità che un sistema svolga le funzioni richieste per il tempo stabilito.

L’AFFIDABILITA’ ossia la probabilità di un corretto funzionamento di un apparecchio in

un certo tempo t e che si guasta con una frequenza λ, è data dalla relazione

R(t) = e-λt

In sostanza se, ad esempio, si osserva un componente per 10 anni, e si evidenzia che in

questo tempo si è guastato 5 volte, la frequenza di rottura è data da

fr = 5/10 = 0,5 occ/anno = 0,5 occ/(24 ore * 365 giorni) = 5,7 *10-5 occ/h

Qualora il tempo di osservazione tende all’infinito allora la frequenza di guasto tende

alla probabilità.

In senso stretto, col termine Affidabilità, correntemente, si designa la misura della

speranza che il sistema, funzionante in modo corretto al momento in cui viene messo in

esercizio, lo sia ancora dopo un tempo prestabilito. Tale tempo prestabilito viene designato col

termine Tempo di Missione. Si definisce quindi l'affidabilità come la probabilità che il sistema

funzioni ancora correttamente alla fine del tempo di missione. Spesso si desidera che

l’Affidabilità abbia valori assai prossimi a 1. Ciò in particolare quando non si può intervenire

liberamente durante la missione a correggere le conseguenze di determinati guasti. E’ il caso

dei sistemi rilevanti ai fini della sicurezza e dei dispositivi militari. Altre volte, come negli

impianti di produzione dell’Energia elettrica, non è necessario raggiungere valori elevati di

Affidabilità, sia perché il sistema sopporta bene numerosi piccoli degradi, sia perché possono

essere tollerabili una serie di fermate brevi.

Poiché l’Affidabilità è una probabilità, il calcolo dell’affidabilità di un sistema complesso

a partire da quella dei suoi componenti, consiste nel calcolo delle probabilità congiunte delle

combinazioni dei componenti che consentono il funzionamento del sistema.

Speculare al concetto di affidabilità è quello di GUASTO.

Generalmente i guasti sono raggruppabili in tre tipologie:

Guasti durante il rodaggio (quality failures): di solito sono dovuti ad errori di progetto o

di fabbricazione (materiale difettoso, assemblaggio o aggiustaggio scorretto…).

Guasti casuali (stress-related failures): sono dovuti a cause aleatorie che provocano

l’applicazione all’elemento di forze che superano la resistenza di progetto.

Guasti per invecchiamento organico o tecnico di un prodotto o di una sua parte (wearout

failures): avvengono quando il prodotto raggiunge il termine della sua vita.

E’ intuitivamente evidente che l’incremento dell’affidabilità è certamente un obiettivo

da perseguire in una azione finalizzata a raggiungere sempre migliori standards di sicurezza.

Ma come può incrementarsi l’affidabilità di una macchina, un impianto, un

componente, un sistema?

Le metodiche sono sostanzialmente di due tipi:

1. Ridondanza ossia la possibilità di operare anche in caso di un guasto;

2. De-rating ossia la attività finalizzata a ridurre il rischio che il guasto si verifichi.

Page 22: 1-"ANALISI DI RISCHIO" 57pag. LUCIA-MAURIZIO

Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 22

La RIDONDANZA Può essere di due tipi: “attiva” o “in attesa”.

La ridondanza “attiva” prevede il funzionamento contemporaneo dei due elementi

cosicché il carico assorbito da ciascuno è ridotto proporzionalmente al numero di elementi.

La ridondanza “in attesa” prevede che l’elemento sia attivato solo in caso di guasto

dell’unita’ principale. Il tasso di fallimento per il periodo di “letargo” si assume pari a 1/10 del

caso attivato.

La maggior parte dei prodotti può essere modellata come un sistema di elementi

connessi in serie

Se uno solo degli elementi subisce un guasto tutta la catena subisce il guasto.

L’affidabilità della catena (sistema) risulta pertanto:

Rs = R1*R2*....*Rn = Π1n Ri

L’affidabilità del sistema e’ sempre inferiore a quella dell’elemento meno affidabile.

Se un elemento viene ridondato lo schema può diventare ad esempio:

Tutti gli elementi 1 devono avere un’avaria perché si abbia un guasto del sistema

La affidabilità del blocco composto dagli elementi in parallelo e’:

R1r = 1-(1-R1)*(1-R1’)..*..(1-R1n’)

La affidabilità della catena complessiva del sistema risulta pertanto:

Rs = [1-(1-R1)*(1-R1’)..*..(1-R1n’) ] * R2... *.…Rn

Esempio: si assuma Ri=0.99 e n=3

1 2 n

CASO A

Rs=R1*R2*R3 = 0.97

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Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 23

1

1’

2 nCASO B

Rs=[1-(1-R1)(1-R1’ )]*R2* R3 = 0.98

CASO C

1

1’

2

2’

3

3’

Rs= [1-(1-R1)(1-R1’ )]*[1-(1-R2)(1-R2’ )]*[1-(1-R3)(1-R3’ )] ~ 1

Le attività di De-rating contribuiscono anch’esse ad incrementare l’affidabilità di un

sistema attraverso una strategia diversa da quella perseguita quando si opera in ridondanza.

Ordinariamente i fornitori commercializzano i propri prodotti (componenti di impianti

e/o sistemi) rendendo note le caratteristiche indicanti le prestazioni (es potenza, coppia/forza,

velocità, tensione di alimentazione, corrente ecc.). Queste sono le condizioni che creano lo

stress nominale del componente e per il quale le prestazioni sono quelle dichiarate (rated). A

tale stress nominale ovviamente corrisponde un tempo di guasto. Un utilizzo dei componenti

che va oltre le caratteristiche di cui allo stress nominale abbrevia i tempi di guasto ossia rende

il guasto più probabile.

Complementariamente ed al fine di assicurare al massimo il mantenimento delle

prestazioni (specie in missioni lunghe e senza manutenzione) i componenti si usano in

condizioni di stress inferiore (de-rated).

2.2.1 ALBERO DEGLI EVENTI (ETA o Event Tree Analysis) Si tratta di un metodo di analisi basato su una logica induttiva, attraverso il quale si

identificano le varie sequenze incidentali che possono essere generate da un singolo evento iniziatore. Quale evento iniziatore può essere considerato il guasto di un componente del sistema oppure un guasto esterno.

L’evoluzione reale dell’incidente è discretizzata in pochi eventi macroscopici; ne derivano sequenze incidentali di cui può essere calcolata la probabilità di accadimento.

Ciascuno degli eventi che compone la sequenza incidentale è associato al successo o all’insuccesso di una funzione di sicurezza (o misura di sicurezza). Le funzioni di sicurezza possono riguardare:

sistemi che rispondono automaticamente all’evento iniziatore (compresi i sistemi automatici di blocco);

allarmi che avvertono l’operatore al verificarsi dell’evento iniziatore; azioni dell’operatore di cui è prevista l’attuazione in risposta ad allarmi o in

applicazione di procedure;

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attivazione dei sistemi di mitigazione (per esempio impianti di estinzione, valvole limitatrici di pressione, impianti di lavaggio);

barriere o metodi di contenimento ideati per limitare gli effetti degli eventi iniziatori. Dopo aver scelto l’evento iniziatore da considerare, l’albero è costruito definendo le

funzioni di sicurezza e ordinandole secondo la logica e secondo il rispettivo tempo d’intervento.

Per ogni funzione di sicurezza devono essere definite e numerate le condizioni possibili di successo e di insuccesso. Ogni stato dà luogo a una ramificazione dell’albero. In una logica binaria che preveda, per ogni funzione di sicurezza, due sole condizioni possibili (successo o insuccesso), è usuale associare al ramo superiore il successo e al ramo inferiore l’insuccesso della funzione considerata.

L’albero degli eventi, quindi, si presenta come una struttura a blocchi orientata, sviluppata dal basso verso l’alto (oppure da sinistra verso destra) che rappresenta la ricostruzione logica e cronologica degli eventi (cause e concause) che hanno portato all’incidente.

ESEMPIO 1: Esplosione in appartamento. Un giornale titola: “Esplode il gas. Trema il

palazzo. Devastati tre appartamenti. Sei persone sotto shock”. L’esplosione è

avvenuta alle ore 09:15 del 10 ottobre nell’appartamento di una donna anziana che

abitava da sola ed è stata causata dal gas fuoriuscito dal contatore all’interno del suo

appartamento danneggiando gli appartamenti confinanti e causando il crollo delle

pareti divisorie. Dopo l’esplosione si è sviluppato anche un incendio. Al momento

della esplosione la donna non era in casa, ma era scesa in cortile perché le era

caduto uno straccio.

Possibili cause. In quel periodo erano cominciati i lavori di manutenzione per la

sostituzione delle tubature della linea del gas metano. Le linee vecchie erano ancora

funzionanti per consentire la continuità dell’erogazione del servizio. Quando in un

appartamento veniva collegata la linea nuova, l’operatore agiva sul vecchio

contatore chiudendo la valvola a maniglia di mandata del gas e ne spezzava la

maniglia (per ricordarsi che in quell’appartamento aveva già collegato la linea

nuova), dismetteva le tubazioni non necessarie e invece di sigillare il contatore,

inseriva nel foro un tappo costituito da carta di giornale pressata. Quella mattina la

signora si apprestava a fare colazione e, come di solito, prima di accendere il

pentolino del latte andava ad aprire la valvola a maniglia posta sul contatore chiusa

la sera prima di andare a coricarsi. Dal momento che non fuoriusciva gas metano dal

fornello realizzò che avrebbe dovuto aprire la valvola sul nuovo contatore dal

momento che le avevano già effettuato il collegamento. E così fece, ignara di aver

lasciato aperto anche il vecchio contatore che, non essendo stato sigillato

permetteva la fuoriuscita di gas all’interno dell’appartamento. La signora scese in

giardino perché le era caduto uno straccio, ma quando il gas metano fuoriuscito dal

vecchio contatore raggiunse la fiamma accesa per riscaldare il pentolino del latte

avvenne l’esplosione.

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A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 25

ESEMPIO 2: Albero degli eventi per rilascio gpl in seguito a perdita significativa da

tubazione

Innesco immediato

Innesco ritardato

Eventi Probabilità degli eventi

P1=0,15 Pool fire /

Jet fire

1,5 · 10-1

SI

Rilascio

P21=0,1 Flash fire /

UVCE* 8,5 · 10-2

SI

NO

P2=0,85

NO Dispersione 7,65 · 10-1

P22=0,9

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A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 26

ESEMPIO 3: Albero degli eventi per rilascio gpl in seguito a rottura

catastrofica/perdita significativa da braccio di carico

Innesco immediato

Rilevazione sensori gas e blocco perdita

Accumulo Prodotto alla base

Rilevazione e attivazione allarmi

Innesco ritardato

Eventi Probabilità degli eventi

P11= 0,999 Pool fire / jet fire

di lieve entità 1,49 · 10-1

SI

P1211= 0,97 Pool fire

controllato 7,3 · 10-6

P1 = 0,15 SI

SI P121= 0,05

NO SI

NO BLEVE 2,25 · 10-7

P12= 0,001 P1212 = 0,03

P1221 = 0,97 Trench fire

controllato 1,4 · 10-4

SI

NO

P122= 0,95

Rilascio NO Trench fire 4,3 · 10-6

P1222 = 0,03

P211 = 0,1 Flash Fire lieve

entità

8,5 · 10-2

SI

P21= 0,999

SI

NO Dispersione lieve

entità

7,6 · 10-1

NO P212 = 0,9

P2 = 0,85

P221 = 0,1 UVCE (G)* 8,5 · 10-5

SI

NO

P22= 0,001

NO P222 = 0,9 Dispersione (F) 7,65 · 10-4

* Nel caso di innesco ritardato, l’evento ipotizzabile è un “flash fire” o un “UVCE”, in funzione del quantitativo di

vapori infiammabili presenti nella nube, che rientrano nei limiti di infiammabilità.

2.2.2 ALBERO DEI GUASTI (FTA o Fault Tree Analysis) Come si è già avuto modo di dire, l'uso di tecniche analitiche basate sulla teoria della

probabilità è fondamentale per i sistemi complessi e non completamente standardizzati. Il ricorso a metodi quantitativi è particolarmente appropriato quando la gravità e

l'entità prevedibili del danno sono elevate. Tali metodi sono utili per valutare misure di sicurezza alternative, e per determinare quale tra queste fornisce la migliore protezione; la loro applicazione è limitata dalla disponibilità di dati utili.

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Per le valutazioni della credibilità di uno scenario incidentale si può ricorrere a banche dati di tipo statistico o a metodi analitici basati sulla teoria della probabilità, che ad ogni evento associano una probabilità di accadimento in relazione alle condizioni di funzionamento e di progetto del sistema. Si ricorre a statistiche quando si ha la certezza che il dato storico provenga da un campione di sistemi effettivamente confrontabile con quello in esame.

In numerose applicazioni sarà possibile effettuare soltanto una valutazione qualitativa.

L'albero dei guasti (FTA o Fault Tree Analysis) è la principale tecnica utilizzata per l’individuazione degli scenari incidentali possibili e per la valutazione della loro credibilità in termini di probabilità di accadimento o di tempo medio di ritorno.

Si tratta di un metodo di analisi di tipo deduttivo: un guasto o evento indesiderato sul sistema (Top Event) è messo in relazione con i guasti sui componenti. Si usa a tal fine una rappresentazione grafica delle relazioni logiche fra gli eventi che, verificandosi, possono dar luogo all'incidente in studio.

Per definizione, nessun evento succede al Top Event, che invece è preceduto da eventi logicamente collegati secondo i principi dell’algebra booleana (operatori logici AND e OR, detti anche porte logiche). Se è necessario che due o più eventi si verifichino insieme perché l’evento ad essi successivo possa avere luogo, tali eventi sono collegati da una porta logica AND.

Se invece è sufficiente che tra due o più eventi uno soltanto si verifichi perché l’evento ad essi successivo possa avere luogo, tali eventi sono collegati da una porta logica OR.

Nell'albero dei guasti gli eventi elementari che possono portare all'evento indesiderabile sono caratterizzati da parametri che ne rappresentano l'affidabilità: il tasso di guasto o la probabilità di mancato intervento su chiamata (ricavati da banche dati).

L'utilizzo delle relazioni della teoria di affidabilità consente di calcolare il numero atteso dei guasti di ogni componente e da qui, dopo aver individuato le combinazioni di eventi che portano al Top Event, l'affidabilità o la frequenza del Top Event.

PORTAOR

O L’UNO O L’ALTRO PR1 + PR2

PORTA AND

L’UNO E ANCHE L’ALTRO

PR1 x PR2

Con questa logica si costruiscono gli ALBERI DEI GUASTI che individuano i TOP EVENT con la stima delle probabilità di accadimento.

Per ogni singolo componente deve essere fatto uno studio di affidabilità (probabilità di guasto). E’ possibile così calcolare le probabilità successive delle combinazioni degli eventi. Ma, dato un certo componente una valvola, una pompa, una flangia, un termometro, un pressostato, un misuratore di portata, ecc…, quando e come si può “guastare”?

Ipotizzato un certo evento un incidente stradale, un incendio, una esplosione, una sovrapressione in un reattore, ecc… quando e perché può verificarsi ?

Molto spesso le frequenze di accadimento inserite negli alberi di guasto sono attinte da banche dati accreditate e sono nel tempo aggiornate in base ai dati storici, ai miglioramenti tecnologici e quindi alla accresciuta affidabilità di taluni componenti.

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A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 28

Un esempio di albero dei guasti può essere costruito esaminando l’evento critico “incidente stradale: collisione ad un incrocio”:

Alb

ero dei guastiCOLLISIONE AD UN INCROCIO

AND

Veicolo su strada principale

all’incrocio

Veicolo su strada secondaria

non rispetta STOP

OR

Conducente non frena Veicolo non frena

OR

VELOCITA’

ECCESSIVA

CONDUCENTE

IN STATO ALTERATO

MANCANZA

DIVISIBILITA’

OR

STRADA

SCIVOLOSA

GUASTO DEI

FRENIPNEUMATICI

USURATI

2.3 VALUTAZIONE QUALITATIVA

Come si è avuto modo di verificare, la conduzione di analisi finalizzate alla valutazione

“quantitativa” o “semiquantitativa” del rischio è piuttosto onerosa; non sempre è quindi

possibile operarla (ad esempio per assenza di dati qualificati) o in ragione di una accorta

indagine in termini di costi dell’analisi (costi anche di tipo economico) rispetto ai benefici

attesi.

Esistono metodiche valutative dei rischi particolarmente adatte in molte situazioni che

rinunciano ad una “quantificazione” del rischio ma ne analizzano e misurano lo stesso sotto il

profilo qualitativo, governando la strategia di progettazione e/o gestione dell’attività.

Tra le metodiche più diffuse di analisi del rischio con valutazione di titpo qualitativo si

citano:

CHECK-LIST

HAZOP – Analisi di Operabilità

What-if;

Raccomandazioni (indicazioni di accettabilità)

Un esempio di raccomandazioni tecniche o di linee guida o di criteri generali di sicurezza

è costituito per quanto attiene al rischio di incendio nei luoghi di lavoro dal Decreto del

Ministero dell’Interno 10 marzo 1998 recante all’oggetto “Criteri generali di sicurezza

antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro” (Supplemento ordinario alla

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Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.81 del 7 aprile 1998). Detto dispositivo, che, si ricorda,

discende dalla emanazione del Decreto Legislativo 626/1994 (prima versione del Testo Unico in

materia di Sicurezza e Salute nei luoghi di lavoro), risulta ancora vigente in ragione del Decreto

Legislativo 81/2008 e s.m.i., fino a quando non sarà emanato il preannunciato provvedimento

di rivisitazione di detti criteri generali di sicurezza. Il D.M. 10 marzo 1998, sulla base di semplici

valutazioni, consente di classificare i luoghi di lavoro – nei confronti del rischio di incendio - su

tre livelli di rischio: Basso, Medio ed Elevato.

2.3.1 CHECK-LIST Per i sistemi più semplici, ben noti e standardizzati, si ricorre a banche dati, oppure si

applicano appropriate liste di verifica (check list). Le check list sono particolarmente appropriate come strumento di identificazione dei

pericoli. Sono reperibili check list di settore (si veda per esempio il sito web dell’ISPESL) e programmi contenenti liste di controllo per la sicurezza del lavoro che possono rappresentare un’utile base di partenza per costituire una lista personalizzata, più approfondita e adattata alle situazioni di specifico interesse.

2.3.2 HAZOP – Analisi di Operabilità La metodologia di analisi di pericolo e operabilità (o HAZOP, dall'inglese HAZard and

OPerability analysis), ha lo scopo di esaminare gli ambienti di lavoro e identificare i pericoli cui tali ambienti espongano i lavoratori.

La tecnica HAZOP ha avuto origine da studi di tipo assicurativo, specie su grandi impianti di processo, estendendo la sua applicazione ad ambiti e dimensioni diverse. Le modalità operative richiedono il concorso di esperti e operatori coinvolti in un team multidisciplinare, i cui lavori sono coordinati preordinatamente.

L'HAZOP è una delle tecniche più conosciute e largamente adottate, anche dagli Enti Internazionali di Normazione:

IEC 61882 Ed. 1.0 b:2001: Hazard and operability studies (HAZOP studies) - Application guide;

OSHA 1910.119: standard per la gestione della sicurezza di processo di impianti nei quali si utilizzano sostanze molto pericolose. Cita l'HAZOP tra le tecniche raccomandate per l'individuazione dei pericoli;

DEF STAN 58: standard pubblicato dal Ministero della Difesa britannico. Fornisce precise indicazioni sull’impiego dell’HAZOP nello studio di Sistemi Elettronici Programmabili (PES);

Chemical Industries Association (1990): ente cui aderiscono società del settore chimico; ha pubblicato linee guida da seguire in studi HAZOP applicati all'industria di processo;

American Institute for Chemical Engineers (1985): ha pubblicato un volume dedicato alla tecnica HAZOP, inserito in una collana monografica curata dal Centre for Chemical Process Safety.

Nella legislazione italiana, pur in mancanza di riferimenti obbligatori a tale tecnica, sono presenti cenni, specie per le parti riguardanti gli impianti complessi (Normativa relativa alle attività a Rischio di Incidente Rilevante).

L'HAZOP è basato su un lavoro di gruppo, svolto in sedute, mirato all’individuazione dei pericoli esistenti nella gestione di un determinato processo lavorativo. Tali pericoli sono

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A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 30

identificati e indagati sulla base di deviazioni, siano esse accidentali o meno, di parametri chiave, caratteristici del processo in esame. Detta analisi è condotta attraverso una fase di definizione degli ambienti lavorativi e della comprensione dei processi lavorativi che in essi hanno luogo, in una successiva disamina di parametri, loro deviazioni e relative conseguenze, per procedere alla registrazione delle conclusioni su possibili pericoli e di raccomandazioni utili per la loro gestione.

Caratteristici dell'HAZOP sono il modo di operare del gruppo di lavoro e le modalità di definizione del contenuto dello studio: Il team di HAZOP: ne fanno parte il leader (pone domande al team e ne coordina i

lavori), il segretario (prende nota dei punti chiave della discussione) e rappresentanti di ciascuna delle principali discipline per l'impianto studiato, che sono:

processo esercizio sicurezza e manutenzione.

L'impianto in esame: viene definito all’inizio dell'HAZOP, utilizzando normalmente planimetrie, schemi funzionali, schemi di marcia, schemi elettrici unifilari dell'impianto e individuando con chiarezza limiti di batteria ed interfacce con altri impianti.

Il team al lavoro: attraverso l'uso di parole guida, vengono poste domande e ricercate risposte riguardo a deviazioni dagli intenti di progetto delle variabili di processo o modi di guasto dell'impianto.

I più comuni parametri di processo e le parole chiave (o parole guida) utilizzati da tale tecnica di analisi sono:

Le parole guida che possono condurre ad una combinazione significativa possono

essere quelle sottoriportate:

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Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 31

La sequenza logica di applicazione della tecnica HAZOP può essere rappresentata in

forma di diagramma a blocchi, così come di seguito:

Scegliere una sezione di

processo o un passo

operativo

Spiegare le f inalità

progettuali della sezione di

processo o del passo

operativo

Scegliere una variabile o un

compito di processo

Applicare una parola chiave

alla variabile o compito di

processo per sviluppare

deviazioni signif icative

Esaminare le conseguenze

associate alle deviazioni

(assumendo che tutte le

protezioni non funzionino)

Elencare le possibili cause

di deviazione

Identif icare le funzioni di

sicurezza esistenti per

prevenire le deviazioni

Ripetere per ogni sezione di

processo o passo operativo

Ripetere per tutte le possibili

variabili o compiti

Ripetere per tutte le parole

chiave applicabili

Sviluppare analiticamente

azioni possibili

Valutare accettabilità rischio

sulla base di conseguenze,

cause e protezioni

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Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 32

2.3.3 WHAT - IF

Le analisi di tipo what if (cosa succede se …) consistono nel chiedersi quali siano le conseguenze e i pericoli associati a un ipotetico evento, quali siano le funzioni di sicurezza esistenti che limitano la probabilità (misure di prevenzione) o mitigano le conseguenze (misure di protezione) dell’evento ipotizzato e quali altre misure possano essere assunte per limitare il rischio (mantenimento e rinforzo delle funzioni di sicurezza esistenti o adozione di nuove misure, sostitutive o aggiuntive).

Anche se non ci sono molte pubblicazioni su tale metodo, è usata spesso nell'industria e considerata adeguata.

Come indicato dal titolo, si basa sulla ricerca sistematica delle conseguenze di eventi inattesi. Questi consistono in errori di progetto, rotture di componenti, modifiche nel processo, ecc., che comportano deviazioni dal normale funzionamento dell'impianto e quindi conseguenze indesiderate.

Chiaramente i risultati in termini di analisi di rischio sono strettamente correlati all'esperienza del gruppo che applica tale analisi. Questo si pone delle domande che cominciano in ogni caso con "what if?" (cosa succede se?); ad es.:

Liste di controllo Caratteristiche

a) Obiettivo identificazione dei rischi più comuni e garanzia di rispondenza a standard, procedure, normative, ecc.

b) Campo di applicazione

- nel progetto in tutte le fasi, per una semplice e rapida identificazione dei rischi e delle misure con cui farvi fronte.

- nella costruzione, per garanzia della qualità dell'impianto e sua rispondenza delle specifiche di progetto.

- nell'avviamento, come mezzo appropriato per seguire la corretta progressione di operazioni.

- nell'esercizio, come verifica della rispondenza alle procedure. - nello spegnimento dell'impianto, per minimizzare i rischi in questa fase,

spesso critica per la minore attenzione del personale e l'eliminazione di sistemi di protezione automatica.

- nello smantellamento (come per la precedente).

c) Tipo e natura dei risultati

in aggiunta a quelli relativi al conseguimento dell'obiettivo, la metodologia può anche evidenziare mancanza di informazioni essenziali o situazioni che richiedono una valutazione più dettagliata. I risultati sono chiaramente di natura qualitativa (in generale comportano decisioni del tipo si/no sulla rispondenza a specifiche, standard, normative, procedure, ecc.).

d) Requisiti è richiesta esperienza, conoscenza del sistema o dell'impianto e il manuale di procedure standard. Generalmente, la lista di controllo viene preparata da uno o più esperti; viene quindi compilata da un tecnico addetto all'impianto. Un manager o un ingegnere della direzione deve revisionarla e prendere le decisioni per l'azione successiva

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Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 33

Liste di controllo Caratteristiche

a) Obiettivo identificazione di possibili sequenze incidentali, determinandone le

conseguenze, e di metodi potenzialmente in grado di ridurre il rischio. b) Campo di applicazione l'analisi può essere usata sia per impianti esistenti, che in ogni fase del

progetto, comprese le proposte di modifica di impianti esistenti. c) Tipo e natura dei risultati

i risultati sono di tipo qualitativo, in generale senza indicazioni dell'ordine di priorità. Consistono in generale in un elenco di potenziali scenari incidentali, relative conseguenze e possibili azioni per la riduzione del rischio.

d) Requisiti e' necessaria una dettagliata documentazione dell'impianto, del processo e delle procedure operative e, possibilmente, la collaborazione degli operatori (con interviste, ecc.). I requisiti di personale sono già stati indicati: un gruppo di 2-3 esperti per ogni area di investigazione; quelli relativi ai tempi e ai costi dell'analisi sono proporzionali alle dimensioni dell'impianto ed al numero delle aree da sottoporre ad analisi; inoltre, se la compagnia non ha mai usato tale procedura in precedenza, è necessario altro tempo per organizzare i questionari e mettere a punto la relativa documentazione. Una volta messa a punto la procedura, questa diviene molto efficiente, per continue revisioni dell'impianto (e quindi per la sua sicurezza), sia come tempi che come costi.

"what if?"

• cosa succede se il materiale immesso nel processo è diverso da quello specificato? • cosa succede se la pompa A si ferma? • cosa succede se l'operatore apre la valvola B invece della A?

Le domande sono generalmente suddivise in diverse aree di investigazione, quali la sicurezza elettrica, la protezione dal fuoco, ecc. Ciascun area è quindi esaminata da un gruppo ristretto di esperti (2 o 3), che utilizzano la documentazione di impianto (disegni, carte e diagrammi di flusso, ecc.). Se l'impianto è in esercizio, l'analisi include di norma gli aspetti relativi agli operatori.

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A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 34

3. VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA DI UN SISTEMA, INTEGRATA NELLA

PROGETTAZIONE

3.1 LA SICUREZZA ANTINCENDIO NELLA VALUTAZIONE DI FATTIBILITA’

E’ ormai del tutto evidente che l’esercizio di ogni attività di vita e/o di lavoro nonché la produzione di ogni bene e servizio, è subordinata alla verifica che il rischio conseguente al predetto esercizio sia accettabile. La soglia di accettabilità del rischio, ove non contemperata dalla presenza di una normativa tecnica di tipo deterministico (ossia con regole di progettazione, realizzazione e gestione fortemente codificate), va rinvenuta attraverso le analisi di sicurezza di cui finora si è argomentato se pur per aspetti di carattere generale.

Ma l’esigenza prioritariamente imprenditoriale all’esercizio di una attività è sempre possibile?

La risposta è semplice e per certi versi scontata. Ogni attività è subordinata all’accettabilità del rischio che la stessa comporta.

Prima di avviare qualsiasi altro studio di fattibilità di un’opera, o perlomeno prima di concretizzare progettazioni di dettaglio di ogni qualsivoglia opera è, pertanto, necessario operare un processo di studio che consenta di comprendere se ed a quali condizioni, l’opera risulti compatibile con le esigenze di sicurezza e di sicurezza antincendio nel particolare.

La sequenza logica del processo di valutazione della fattibilità di un intervento è ben rappresentata nel diagramma di flusso riportato a seguire:

1. Definire lo scopo della valutazione ed il grado di approfondimento dello studio

2. Descrizione sistema

3. Individuazione pericoli

4. Elencazione incidenti

5. Selezione incidenti

6. Stima conseguenze

7. Modifica sistema per ridurre

conseguenze

8. Stima probabilità

9. Modifica sistema per ridurre

probabilità

10. Stima rischio combinando

probabilità e conseguenze

11. Modifica sistema per ridurre rischio

12. RINUNCIA AL PROGETTO

Progetto accettabile (combinazione di

probabilità e conseguenze

accettabilmente modeste)

Progetto accettabile (conseguenze

modeste per qualunque probabilità)

Progetto accettabile (conseguenze

modeste per qualunque probabilità)

Lista incidenti selezionati

Lista incidenti enumerati

Esperienza, check-list, hazop, ecc

Progettazione (processo, aspetti chimici e

fisici, procedure operative, impianti ecc)

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Il processo di analisi è evidentemente iterativo e può portare in più cicli ad individuare una soluzione progettuale compatibile con le esigenze di sicurezza anche attraverso l’inserimento di misure progettuali correttive sotto il profilo degli interventi di prevenzione più propriamente detti - ossia di quegli interventi finalizzati a ridurre la probabilità di accadimento di un evento indesiderato - e/o sotto il profilo degli interventi di protezione - ossia quelle misure efficaci per contenere e limitare i danni nel caso di accadimento di un evento indesiderato.

La strategia progettuale finalizzata a ridurre il livello di rischio può schematizzarsi per come riportato a seguire:

R2<R1

R1

R2

.

PROTEZIONE

PREVENZIONE

R = F x M

E’ poi da verificare se la pervenuta possibilità tecnica di eseguire l’opera

raggiungendo gli obiettivi di sicurezza prefigurati, sia ancora compatibile con le risorse finanziarie previste e comunque risulti coerente con le logiche di impresa in termini di ritorno dell’investimento e quindi in termini di analisi costi-benefici.

Sotto questo aspetto l’espressione “logiche di impresa” deve essere letta in senso più ampio e quindi può e deve essere associata non solo a ciò che sotto il profilo sociale ed aziendale è una vera impresa ma anche alle istituzioni ed agli enti pubblici.

A prescindere dalla medotica valutativa del rischio scelta, ed anzi per certi aspetti propria laddove la valutazione dei rischi sia operata attraverso metodiche di tipo qualitativo, è opportuno focalizzare taluni aspetti cardine cui fare riferimento.

Certamente essenziale è la individuazione degli eventi potenzialmente pericolosi che possono dare luogo ad incidente; ciò è più semplice per attività in esercizio nelle quali procedere ad azioni di miglioramento delle condizioni di sicurezza se non di adeguamento agli standards di sicurezza richiesti. Per nuove attività gli eventi devono essere individuati sulla base dei dati di input alla progettazione che necessariamente dovranno tenere conto dell’esperienza storica riguardanti simili attività.

Passaggio logico successivo è costituito dall’esame dell’affidabilità del sistema e dalla stima della frequenza di accadimento dell’evento critico individuato. La suddetta valutazione di affidabilità, ovviamente, va operata per ciascuno degli eventi di riferimento.

Può così operarsi l’analisi degli effetti fisici indotti dall’evento e quindi alla valutazione delle conseguenze correlate.

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A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 36

3.2 IL CONTRIBUTO DELL’ATTIVITA’ DEL PROFESSIONISTA TECNICO NEL PROCESSO DELLA

“SICUREZZA”

E’ indubbiamente determinante il ruolo che è attribuito al professionista tecnico nell’intero “processo” decisionale, progettuale, realizzativo e gestionale che comporta il raggiungimento dell’obiettivo sicurezza.

Ognuna delle fasi di progettazione, realizzazione e gestione è pariteticamente

importante e, soprattutto le scelte progettuali, influiscono alquanto sulla gestione

dell’attività, anche sotto il profilo della sicurezza.

La valutazione del rischio di incendio a cura del professionista, deve necessariamente

avere genesi a partire dalla disamina della criticità delle sostanze e delle condizioni

operative in cui le stesse sono impiegate. Si tratta quindi di una fase della valutazione del

rischio dedicato a ciò che può essere appellato quale Rischio Intrinseco di Incendio.

Occorre quindi dedicare una attenta disamina alla entità e vulnerabilità dei soggetti e

dei beni esposti; ciò al fine di avere contezza della portata dei danni. Non secondaria è la

valutazione della gravità di possibili effetti propagativi dell’evento e quindi di ciò che

nell’analisi del rischio (soprattutto il rischio industriale) è definito effetto domino.

A titolo esemplificativo si evidenzia che, per quanto concerne l’Analisi del rischio

intrinseco di incendio, dovrà aversi contezza delle caratteristiche chimico-fisiche e delle

quantità delle sostanze in lavorazione e/o deposito. In proposito l’acquisizione delle schede

di sicurezza delle sostanze pericolose è condizione basilare per poter correttamente

impostare l’analisi. Parimenti importante è la conoscenza delle condizioni operative del

processo e segnatamente della Temperatura - T, della Pressione – P e della Portata – Q.

Lo stato fisico della sostanza e la modificazione dello stesso nelle diverse fasi di

lavorazione, risulta essere un altro parametro da tenere in particolare considerazione

specie se trattasi di sostanze allo stato liquido o gassoso. In proposito deve essere dedicata

attenta valutazione alla:

analisi possibili sorgenti di emissione di sostanze pericolose;

analisi dei rilasci ipotizzabili (qualificazione probabilistica);

stima delle portate di emissione e delle ipotesi di ventilazione;

stima della estensione delle zone pericolose ai fini di rilasci di energia.

Per le sostanze allo stato solido risulta invece fondamentale conoscere:

la individuazione delle aree di accumulo;

la stima dei massimi quantitativi di combustibili solidi che possono essere

presenti;

la valutazione della ammissibilità della estensione delle zone pericolose

(all’interno delle quali devono essere adottate appropriate misure di

controllo delle sorgenti di ignizione e di protezione antincendio).

Immediatamente correlata alla esigenza di stima dei danni (e quindi alla

individuazione delle misure di protezione necessarie per mitigare adeguatamente gli

stessi), risulta la attività di identificazione del numero e del livello di vulnerabilità dei

soggetti esposti a possibili danni in caso di incendio, nonché la valutazione della entità e

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Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 37

della vulnerabilità dei beni esposti ed ancora la valutazione delle condizioni al contorno ai

fini di una possibile amplificazione delle conseguenze (effetti domino).

La progettazione dell’opera deve portare ad una adeguata compensazione dei rischi

rilevati - e quindi sussistenti - attraverso l’individuazione e la adozione dell’insieme delle

misure necessarie per gestire in sicurezza l’attività:

PREVENZIONE PROTEZIONE GESTIONE

Per quanto attiene alla compensazione del rischio di incendio occorre sicuramente

privilegiare ogni iniziativa tendente alla minimizzazione delle occasioni d’incendio. Al

riguardo, certamente importanti sono gli studi per l’approntamento di:

sistemi di rivelazione di miscele infiammabili,

sistemi di soppressione delle esplosioni,

sistemi di ventilazione ;

norme di esercizio e procedure manutentive;

sistemi di controllo dei parametri di processo;

sistemi di messa a terra e di protezione dalle scariche atmosferiche ;

modalità di stoccaggio dei prodotti pericolosi;

disposizione degli impianti;

cautele nella movimentazione dei prodotti;

sistemi di allarme e blocchi di emergenza;

impianti a regola d’arte.

Il rischio di incendio, poi, può trovare efficaci misure di compensazione in quegli

interventi finalizzati ad assicurare la stabilità delle strutture esposte a rilasci di energia

(incendi e esplosioni) e quindi in quegli studi finalizzati ad attribuire adeguata resistenza al

fuoco agli elementi portanti con o senza funzione separante (pareti, pavimenti, coperture,

colonne, travi, scale); a garantire corretto comportamento al fuoco di vincoli, giunti,

connessione fra i singoli elementi nonché ad assicurare la resistenza delle strutture esposte

a sovrapressioni.

Compensare il rischio è poi possibile predisponendo interventi progettuali e

gestionali mirati a garantire limitata propagazione dell’incendio all’interno delle opere e

ciò e nell’ambiente di origine dell’incendio, attraverso la predisposizione di :

mezzi fissi o manuali di controllo e spegnimento dell’incendio nella fase iniziale

impianti sprinkler

impianti di spegnimento a pioggia, raffreddamento o protezione (cortine)

impianti di spegnimento a gas (CO2, halon)

impianti di spegnimento a polvere

impianti di spegnimento a schiuma

sistemi manuali di allarme

sistema automatico di rivelazione e allarme;

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Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 38

e al di fuori dell’ambiente di origine, attraverso la predisposizione di :

elementi di partizione resistenti al fuoco

protezione delle aperture con elementi resistenti al fuoco

appropriato disegno delle facciate

impianti di estinzione

sistemi di evacuazione fumi e calore

barriere antifumo

serrande tagliafuoco sui canali di ventilazione

ambienti in sovrapressione o in depressione per controllare il moto dei fumi

intercettazione e sistemi di blocco dell’impianto in caso di emergenza

Nell’ambito dell’azione generale avente l’obiettivo di limitare la propagazione

dell’incendio, poi, occorre tenere ben presente la necessità di prevedere interventi ed

azioni capaci di limitare la propagazione dell’incendio. Si citano quali esempi primari di

interventi efficaci a tal proposito, quelli finalizzati alla previsione di distanze di sicurezza

esterna, di commisurata resistenza al fuoco dei materiali costruttivi, di limitazione delle

aperture in facciata, di adozione di materiali aventi caratteristiche di reazione al fuoco

quando costituenti gli elementi di finitura della facciata, di impianti di spegnimento.

E’ poi decisamente fondamentale l’azione del professionista nella predisposizione di

quelle misure finalizzate a garantire correttamente ed in sicurezza la evacuazione degli

occupanti in caso di emergenza. Possono citarsi in proposito:

sistemi di rivelazione e allarme

sistema di vie d’uscita verso un luogo sicuro

protezione delle vie di fuga dal fuoco e dal fumo

sistemi di controllo dei fumi

comportamento al fuoco dei materiali

piano di evacuazione

istruzioni per l’emergenza

sistemi di controllo dei fumi

previsione di luoghi sicuri interni o esterni

supporti alle squadre di emergenza (accessibilità all’area e nell’edificio, ascensori

antincendio)

sistemi di comunicazione in emergenza

Da ultimo, ma non perché meno importante, è la valutazione di ciò che necessita

prevedere al fine di garantire la sicurezza delle squadre di soccorso. In proposito possono

citarsi quali elementi di esempio certamente significativo:

le postazioni protette interne/esterne di attacco all’incendio

le riserve idriche supplementari / idranti esterni

i luoghi sicuri/ le scale/ gli ascensori antincendio

i sistemi di evacuazione fumi e calore

le alimentazioni elettriche di emergenza

le intercettazione e sistemi di blocco impianti in caso di emergenza

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Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 39

le installazioni per comunicazioni in emergenza

la identificazione/segnalazione di sostanze pericolose

la segnaletica di supporto per i soccorritori

il piano di emergenza interno

In sintesi, il processo di produzione della sicurezza antincendio governato dai

professionisti tecnici con il concorso attivo dei gestori delle attività, può essere

schematizzato per come di seguito:

3.3 STATISTICHE ECONOMICHE E CONSIDERAZIONI

La sicurezza tecnica è sicuramente un obiettivo che ciascuna società civile deve porsi

quale fondamentale necessità da garantire alla collettività. In detto ambito, così come si è

avuto modo di commentare a partire dalle definizioni di legge attribuite alla espressione

“prevenzione incendi”, devono trovare spazio gli interventi più specifici finalizzati un livello

accettabile di esposizione di una collettività al rischio di incendio.

Quanto detto richiede investimenti economici anche significativi che, attraverso la

qualificata attività soprattutto del mondo delle professioni, deve portare a massimizzare

l’efficacia di ogni investimento o, in altro modo, prevedere un rapporto costi-benefici,

quanto mai favorevole sotto il profilo dell’abbattimento del rischio con il più basso

possibile fabbisogno economico.

E’ certamente legittimo porsi l’interrogativo di quanto sia giusto investire in

sicurezza, ossia quando ad investimento operato corrisponde un netto decremento del

rischio e quando fermare l’investimento ulteriore per assenza di significativi benefici.

Volendo graficizzare la funzione sicurezza in relazione agli investimenti, si noterebbe

che nelle fasi iniziali, ad investimento operato corrisponde un evidente forte riduzione del

rischio.

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Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 40

Investimenti successivi, determinano un sempre più ridotto abbassamento della

soglia di rischio. Le norme, ove esistenti, fissano quegli interventi tecnici imprescindibili

per raggiungere obiettivi di sicurezza minimali. Sta al progettista corroborare quanto la

norma prevede con ulteriori misure che al costo di investimento corrispondente alla loro

adozione, comporta decisi innalzamenti delle soglie di sicurezza.

L’attività del professionista, sotto questo aspetto, è ancora più importante per

quelle attività per le quali non esiste una norma tecnica di tipo “verticale”. In questi casi

all’analisi di rischio deve essere parallelamente affiancata una valutazione costi benefici

che tenga conto, per l’appunto, anche dell’impatto economico degli interventi progettati.

Orbene analizzando i dati raccolti e pubblicati dalla “The Geneva Association” nella

pubblicazione World Fire Statistics sul numero di morti per 100.000 abitanti, riferiti al

periodo 2005-2009, si può stilare una sorta di classifica tra i paesi più industrializzati:

La sicurezza (safety) in azienda, per gli aspetti più direttamente correlati alla

prevenzione incendi, è da perseguire non tanto perché la legge lo impone, l’etica

industriale lo consiglia, il pubblico lo richiede e lo reclama, va perseguita perché essa è

essenziale per la vita di un’azienda e perché è “interesse” dell’imprenditore prima che

obbligo.

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Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 41

Essa è parte integrante della vita dell’azienda stessa così come le altre variabili

produttive, di mercato e finanziarie.

Nel prospetto che segue sono riportati taluni dati riflettenti l’incidenza percentuale

media indicativa dei fattori di protezione antincendio sui costi di costruzione.

A conclusione si riporta una tabella sintetizzante le perdite riferite al Prodotto

Interno Lordo, in relazione agli incendi registrati.

Come potrà apprezzarsi dal dato a seguire ed in termini generali da quelli testé

riportati, il nostro Paese è senza dubbio tra quelli che registrano le migliori performance

nel campo della prevenzione incendi, a testimonianza di una qualità della cultura della

sicurezza e dell’organizzazione antincendio presente in Italia.

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Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 42

Statistiche di incendio: il “world fire statistics bulletin” rapporto tra spese per

l'antincendio e le spese di costruzione degli edifici – Dati aggiornati al 2006

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Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 43

4. LA GESTIONE DELLA SICUREZZA

4.1 I RIFERIMENTI LEGISLATIVI E NORMATIVI Tra le principali innovazioni contenute dapprima nel Decreto Legislativo 626/1994 e

successivamente nel Decreto Legislativo 81/2008 e s.m.i. – ossia in ciò che è noto come Testo Unico sulla Sicurezza e Salute nei Luoghi di Lavoro – particolare delicatezza ed importanza nell’economia della sicurezza sui luoghi di lavoro è attribuita alla Gestione della Sicurezza.

In proposito è utile riportare uno stralcio significativo dell’Articolo 30 del D.Lvo 81/2008 recante all’oggetto “Modelli di organizzazione e di gestione”: 1 Il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema aziendale per l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi:

a) al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici;

b) alle attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;

c) alle attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

d) alle attività di sorveglianza sanitaria; e) alle attività di informazione e formazione dei lavoratori; f) alle attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro

in sicurezza da parte dei lavoratori; g) alla acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge; h) alle periodiche verifiche dell'applicazione e dell'efficacia delle procedure adottate.

2 Il modello organizzativo e gestionale di cui al comma 1 deve prevedere idonei sistemi di registrazione dell'avvenuta effettuazione delle attività di cui al comma 1. 3 Il modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell'organizzazione e dal tipo di attività svolta, un'articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello. 4 Il modello organizzativo deve altresì prevedere un idoneo sistema di controllo sull'attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate. Il riesame e l'eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell'organizzazione e nell'attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico. 5 In sede di prima applicazione, i modelli di organizzazione aziendale definiti conformemente alle Linee guida UNI-INAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007 si presumono conformi ai requisiti di cui al presente articolo per le parti corrispondenti. Agli stessi fini ulteriori modelli di organizzazione e gestione aziendale possono essere indicati dalla Commissione di cui all'articolo 6.”

Possono ravvisarsi molte assonanze tra ciò che costituisce il Sistema di Gestione della Sicurezza e ciò che costituisce rispettivamente il Sistema di Gestione della Sicurezza Antincendio,

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Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 44

il Sistema di Organizzazione della Gestione Ambientale ed i Modelli di Organizzazione Secondo Logiche di Qualità.

Punti cardine della politica di gestione della sicurezza e dell’emergenza sono indubbiamente:

piano per la gestione della sicurezza;

manutenzione e controllo su impianti e attrezzature antincendio;

registro dei controlli;

informazione e formazione;

piano di emergenza.

Seppur senza avere la pretesa di poter analizzare nel dettaglio ciascuno dei punti su

annunciati, si ritiene necessario pur tuttavia operarne una analisi di alcuni aspetti.

4.1.1 IL SISTEMA DI GESTIONE DELLA SICUREZZA In relazione a quanto contenuto nel provvedimento legislativo innanzi citato, risulta

fortemente opportuno, in ogni luogo di lavoro, l’adozione di un Sistema di Gestione della

Sicurezza (S.G.S.).

In alcuni casi la suddetta opportunità diviene obbligo di legge; si citano a tal riguardo

ed a seguire, due situazioni per le quali l’adozione del SGS ed anche, più nello specifico del

Sistema di Gestione della Sicurezza Antincendio (SGSA) è obbligatoria:

Attività a Rischio di Incidente Rilevante per le quali con Decreto del Ministero

dell’Ambiente di concerto con i Ministri dell‘Interno, della Sanità, dell‘Industria, del

Commercio e dell‘Artigianato recante data 9 marzo 2000, sono state dettate le Linee

guida per l’attuazione del Sistema di gestione della Sicurezza;

Attività soggette alle procedure di prevenzione incendi di cui al DPR 151/2011,

laddove per le stesse si sia optato per l’adozione dell’approccio ingegneristico di cui al

Decreto del Ministero dell’Interno 5 maggio 2007.

Quale opportuno esempio, e seppur per gli aspetti generali della problematica, si va

ad esporre il contenuto del DM 9/8/2000 e quindi si disamina la struttura propria del SGS

così come previsto per le attività a Rischio di Incidente Rilevante. Il sistema di gestione

della sicurezza deve essere strutturato in modo da definire, per le varie fasi di vita

dell'impianto, come minimo:

politica e conduzione aziendale per la sicurezzaa

organizzazione tecnica, amministrativa e delle risorse umaneb

pianificazione delle attività interessate, ivi comprese l'assegnazione delle risorse e la documentazione

c

misura delle prestazioni conseguite in materia di sicurezza a fronte di criteri specificati

d

verifica e riesame delle prestazioni, ivi incluse le verifiche ispettive (safetyaudit)

e

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Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 45

Sotto il profilo dei contenuti tecnici, il sistema di gestione della sicurezza deve

perlomeno contemperare:

organizzazione e personalea

identificazione e valutazione dei pericoli rilevantib

controllo operativoc

modifiche e progettazioned

pianificazione di emergenzae

controllo delle prestazionif

controllo e revisioneg

Per quanto attiene all’organizzazione del personale il SGS, anche attraverso

l'allocazione delle risorse necessarie, deve farsi carico della gestione, dell'organizzazione e

del personale, al fine di garantire un livello di sicurezza compatibile con la realtà in cui

opera lo stabilimento. Inoltre deve riflettere l'impegno globale all'interno dell'azienda,

dall'alta direzione fino agli operatori, e la cultura di sicurezza dell'organizzazione.

Occorre poi che il SGS individui le posizioni chiave ad ogni livello dell'organizzazione,

definendo univocamente ed esplicitamente ruoli, compiti, responsabilità, autorità e

disponibilità di risorse. Ancora, è necessario che definisca le interfacce tra le posizioni

chiave, tra queste e l'alta direzione e tutto il personale coinvolto in attività rilevanti ai fini

della sicurezza, anche attraverso il rappresentante dei lavoratori. Il documento, poi, deve

definire i requisiti minimi di formazione, informazione e addestramento per tutto il

personale coinvolto in attività rilevanti ai fini della sicurezza, proprio o di terzi, fisso od

occasionale, e garantire la disponibilità e l'impiego del relativo equipaggiamento di

protezione.

Sotto il profilo della identificazione e valutazione dei pericoli rilevanti, il Sistema di

Gestione della Sicurezza deve prevedere le procedure per l'identificazione dei pericoli e la

valutazione dei rischi di incidente rilevante e l'adozione delle misure per la riduzione del

rischio, assicurando la loro corretta applicazione e il mantenimento nel tempo della

efficacia di dette misure. Le attività di identificazione e valutazione dei rischi, poi, devono

essere condotte sia in termini di probabilità, sia di gravità, e documentate nell'ambito di

un'analisi di sicurezza espletata secondo lo stato dell'arte, sia per le condizioni normali di

esercizio, sia per le condizioni anomale e per ogni fase di vita dell'impianto.

Il SGS deve, pertanto, fissare i criteri e requisiti di sicurezza, finalizzati al

raggiungimento degli obiettivi generali, così come definiti nel documento, e degli obiettivi

specifici, a fronte dei singoli rischi individuati. Le misure per la riduzione del rischio, di cui al

comma 1, devono essere individuate, realizzate e adottate ai fini del raggiungimento e

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Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 46

mantenimento di tali obiettivi. Le attività suddette devono essere aggiornate

periodicamente, in occasione di modifiche e qualora intervengano nuove conoscenze

tecniche in materia di sicurezza, interne o esterne all'organizzazione, anche derivanti

dall'esperienza operativa o dall'analisi di incidenti, quasi incidenti e anomalie di

funzionamento.

Per quanto concerne il controllo operativo, il SGS deve prevedere la predisposizione,

l'adozione e l'aggiornamento di specifiche procedure e istruzioni per il controllo operativo

del processo e di tutte le attività dello stabilimento rilevanti ai fini della sicurezza. Occorre,

inoltre, che la gestione della documentazione permette la diffusione, l'aggiornamento e la

conservazione di quanto necessario ad assicurare un'appropriata conoscenza del processo,

degli impianti e degli aspetti operativi e gestionali. Le procedure operative, quindi, devono

riguardare la conduzione e il controllo del funzionamento degli impianti in condizioni

normali di esercizio, in condizioni anomale e di emergenza, tenendo in debito conto i

fattori umani che influiscono nella gestione.

Fondamentale è l’esigenza che i criteri e le procedure di manutenzione, ispezione e

verifica siano predisposti in modo da garantire l'affidabilità e la disponibilità prevista per

ogni parte dell'impianto, rilevante ai fini della sicurezza. Le attività devono essere

opportunamente autorizzate e documentate, anche attraverso specifici sistemi di permessi

di lavoro e accesso. L'approvvigionamento di apparecchiature, materiali e servizi, rilevanti

ai fini della sicurezza, deve essere effettuato mediante criteri, procedure e verifiche che

garantiscano la rispondenza ai requisiti di sicurezza minimi di legge.

Il Sistema di Gestione della Sicurezza non può non riservare specifica disamina alla

problematica relativa alle modifiche ed alla progettazione delle stesse. Occorre in

proposito che sia prevista l'adozione e l'applicazione di procedure per garantire una

corretta gestione delle modifiche degli impianti esistenti e della progettazione degli

impianti o parti di impianto nuovi. Qualunque variazione, permanente o temporanea, agli

impianti e relativi sistemi o componenti, ai parametri di processo, all'organizzazione o alle

procedure deve essere esaminata al fine di stabilirne l'eventuale influenza sulla sicurezza

del processo e, in caso affermativo, gestita come modifica. Le modifiche devono essere

pianificate e valutate ai fini della sicurezza, assicurando il mantenimento dei criteri e

requisiti di sicurezza fissati e il rispetto di quanto previsto in materia dalla normativa

vigente. Le attività di riesame della sicurezza devono essere pianificate e correlate allo

sviluppo del progetto della modifica o dell'impianto nuovo in tutte le sue fasi realizzative,

dalla progettazione concettuale, alla messa in marcia e collaudo finale.

Le modifiche devono essere soggette a meccanismi di approvazione, subordinati

all'esito di procedure di controllo degli interventi realizzati, e documentate, anche in

riferimento al riesame della progettazione e delle valutazioni di sicurezza.

Sotto il profilo della pianificazione di emergenza il SGS, in relazione alla possibilità di

accadimento di un incidente rilevante, deve assicurare la gestione dell'emergenza interna,

in termini di:

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Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 47

a) contenimento e controllo dell'incidente al fine di rendere minimi gli effetti,

e limitazione dei danni alle persone, all'ambiente e all'impianto;

b) messa in opera delle misure necessarie per la protezione degli addetti e

dello ambiente e dagli effetti dell'incidente rilevante;

c) comunicazione delle necessarie informazioni alla popolazione, ai servizi di

emergenza ed alle autorità locali competenti;

d) provvedimenti che consentano l'agibilità del sito e dell'ambiente ai fini degli

interventi dopo l'incidente rilevante e del successivo ripristino.

Le procedure operative di emergenza, contenute nel piano di emergenza interno,

devono comprendere le descrizioni dettagliate delle misure e dei dispositivi per la

limitazione delle conseguenze di un incidente rilevante, nonché delle apparecchiature di

sicurezza, delle risorse disponibili e dei sistemi di allarme. Esse devono, inoltre, individuare

il personale preposto all'attuazione delle misure stesse, evidenziandone i diversi ruoli e

responsabilità.

Per quanto attiene al controllo delle prestazioni lo stesso deve essere effettuato, in

termini continuativi, mediante riscontri sull'esercizio corrente degli impianti e basato,

mediante apposite procedure, almeno su:

a) valutazione degli incidenti, quasi incidenti e anomalie di funzionamento

occorse nello stabilimento o in impianti similari e delle eventuali

conseguenti azioni correttive;

b) esiti di prove e ispezioni dei componenti o sistemi d'impianto critici ai fini

della sicurezza;

c) valutazione di eventuali indicatori e del loro andamento;

d) valutazione dell'esperienza operativa acquisita, propria o in situazioni

similari;

e) verifica del mantenimento della funzionalità dell'organizzazione e dei

requisiti di qualificazione professionale e capacità operativa degli addetti.

Infine, per quanto concerne il controllo e la revisione del documento il SGS deve

prevedere l'adozione e l'applicazione di procedure relative alla valutazione periodica e

sistematica della politica di prevenzione degli incidenti rilevanti e dell'efficacia e

adeguatezza del sistema di gestione della sicurezza, in relazione agli obiettivi prefissati nel

documento, alle disposizioni di legge, a riferimenti e prassi accettate. La valutazione

periodica, documentata e sistematica, anzidetta, deve essere effettuata dal gestore, anche

mediante verifiche ispettive (safety audit), con verificatori interni e/o esterni, ai fini di

accertare:

i. l'idoneità' del sistema di gestione della sicurezza e della sua applicazione, in

termini di struttura e di contenuti;

ii. il mantenimento dei criteri e requisiti di sicurezza di impianti e processi;

iii. la conformità a leggi, norme, politica di sicurezza, standard e prassi;

iv. la necessità di azioni correttive e modalità di attuazione.

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Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 48

A conclusione di detto segmento della trattazione riservato alla disamina dei

fondamentali che devono essere contenuti dal Sistema di Gestione della Sicurezza, si

ritiene opportuno riservare una attenzione particolare a quanto previsto dal Decreto del

Ministro dell’Interno 07 agosto 2012 entrato in vigore il 27 novembre 2012 (90 gg dopo la

pubblicazione su G.U.), provvedimento con il quale in termini generali sono state

aggiornate le modalità secondo le quali interfacciarsi con i Comandi Provinciali dei Vigili del

Fuoco ai fini dell’espletamento delle procedure di prevenzione incendi per le attività alle

stesse assoggettate in forza dei contenuti di cui al D.P.R. 151/2011.

Detto Decreto, infatti, nelle definizioni riporta quella di Sistema della Gestione della

Sicurezza Antincendio, rimandando a tal riguardo a quanto contenuto all’art. 6 del Decreto

del Ministro dell’Interno 9 maggio 2007. In proposito è opportuno sottolineare che laddove

la progettazione antincendio è eseguita mediante l'approccio ingegneristico, ne consegue

la necessità di elaborare un documento contenente il programma per l'attuazione del

sistema di gestione della sicurezza antincendio (per l’appunto denominato SGSA) tenuto

conto che le scelte e le ipotesi poste a base del progetto costituiscono vincoli e limitazioni

imprescindibili per l'esercizio dell'attività.

L'attuazione del sistema di gestione della sicurezza antincendio e' soggetta a

verifiche periodiche da parte del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

È certamente opportuno che il SGS sia progettato da chi conosce sia le

problematiche dei sistemi di gestione aziendali sia quelle specifiche della sicurezza e le

normative connesse.

L’assenza di una delle due competenze, infatti, può portare alla elaborazione di un

sistema inapplicabile (purché troppo burocratizzato) o non adeguato (non funzionante con

le modalità di autocontrollo che contraddistinguono un sistema di gestione da

un’organizzazione tradizionale).

4.1.2 GESTIONE DELLA SICUREZZA: L’EVOLUZIONE NORMATIVA

Punti cardine della politica di gestione della sicurezza e dell’emergenza sono

certamente:

PIANO PER LA GESTIONE DELLA SICUREZZA

REGISTRO DEI CONTROLLI

INFORMAZIONE E FORMAZIONE

PIANO DI EMERGENZA

MANUTENZIONE E CONTROLLO SU IMPIANTI E ATTREZZATURE ANTINCENDIO

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Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

A cura di Maurizio LUCIA –Comandante Provinciale VV.F. di Catania Pagina 49

Ma il concetto di gestione della sicurezza e della sicurezza antincendio nello

specifico, non è stato sempre considerato con lo stesso livello di sensibilità. Nelle

normative di prevenzione incendi, può leggersi una costante evoluzione della attenzione

riservata nei confronti di detti aspetti e quindi può trovarsi “testimonianza” di un costante

incremento del peso specifico riservato alla gestione, nella economia del processo di

sicurezza. e' soggetta a verifiche periodiche da parte del personale del Corpo nazionale dei

vigili del fuoco.

1934D.M. 31/7/1934 - Approvazione delle norme di sicurezza per la lavorazione, lo immagazzinamento, l'impiego o la vendita di oli minerali, e per il trasporto degli oli stessiTITOLO VI - Disposizioni relative all'esercizio degli stabilimenti e dei depositi di oli minerali

1951Circolare n° 16 del 15/02/1951 - Norme di sicurezza per la costruzione, l'esercizio e lavigilanza dei teatri, cinematografi e altri locali di pubblico spettacolo in genere.TITOLO IX - Disposizioni complementari per l’esercizioCapo I Obblighi per l’esercente - Capo II Norme di esercizio per la scena

1984Legge n° 818 del 07/12/1984Nullaosta provvisorio per le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi ........

1985DM 8/3/1985Direttive sulla misure più urgenti ed essenziali di prevenzione incendi

1992 DM n° 569 del 20/05/1992 - musei.......

1994 DM 9/4/1994 - alberghi......

1996 DM 18/03/1996 – impianti sportivi DM 19/8/1996 – locali di pubblico spettacolo

NO

RM

E DIESER

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ZION

I E DIV

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IGILA

NZA

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DA

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GESTIO

NE D

ELLA

SICU

REZZA

2002 DM 18/09/2002 - ospedali

2006 DM 22/2/2006 - uffici

2007 DM 9/5/2007

OR

GA

NIZZA

ZION

E E G

ESTION

E SICU

REZZA

SGSA

L’orientamento della normativa, è chiaramente proiettato verso un sistema più

flessibile con approccio di tipo “Gestionale-Organizzativo”, allontanandosi dal sistema

rigido con approccio del tipo “Command and Control”. L’approccio Command and control,

infatti, risultava contraddistinto da:

sistema “prescrittivo”, “coercitivo”, settoriale, specifico

vincoli vissuti come fattori restrittivi della produzione

frequente rapporto conflittuale con le Autorità

atteggiamento orientato al rispetto “codificato” della normativa

atteggiamento orientato al mero rispetto della conformità

sicurezza, salute e ambiente vissuti come “compartimenti stagni” dal punto di

vista gestionale ed organizzativo

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Analisi di Rischio – Misure di sicurezza equivalenti – Gestione della Sicurezza

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L’approccio di tipo “Gestionale-Organizzativo”, invece, risulta contraddistinto da:

valorizzazione in chiave gestionale aspetti relativi alla sicurezza mediante

approccio organizzativo, sistematico e graduale

maggiore responsabilizzazione dell’imprenditore, che diventa gestore e

“primattore” delle politiche aziendali

controllo orientato alle modalità organizzative e gestionali dell’impresa

valorizzazione della negoziazione rispetto al vincolo

spinta a scelte di politica aziendale di largo respiro lungimiranza verso gli

obiettivi a medio-lungo termine

nuovo contesto che facilita trasformazioni organizzative e le innovazioni nelle

dinamiche d’impresa

4.1.3 PIANO PER LA GESTIONE DELLA SICUREZZA Si è già avuto modo di puntualizzare in ordine alla circostanza che l’obiettivo della

sicurezza antincendio è perseguibile in ragione di una adeguata progettazione, una corretta

esecuzione ed una scrupolosa ed attenta gestione. La gestione, per l’appunto, deve

prevedere la predisposizione di misure precauzionali di esercizio che si realizzano

attraverso:

Analisi e rimozione delle cause di incendio statisticamente rilevanti

Sorveglianza degli ambienti di lavoro e controllo delle attrezzature

Programmi di manutenzione ordinaria e straordinaria

Informazione e Formazione antincendio del personale

Programmi di manutenzione ordinaria e straordinaria

Statisticamente molte situazioni critiche risultano riconducibili ad errori umani o ad

adozione di comportamenti scorretti o, ancora, a guasti di impianti, macchinari, sistemi.

Sotto il profilo della esigenza di assicurare sui luoghi di lavoro l’Adozione di comportamenti

adeguati, particolare attenzione deve essere riservata a:

Il deposito ed utilizzo di materiali infiammabili e/o facilmente combustibili;

L’utilizzo di fonti di calore;

Gli impianti ed apparecchi elettrici;

Il fumo;

I rifiuti e scarti combustibili;

Le aree non frequentate;

I rischi legati a incendi dolosi;

Molti incendi potrebbero essere evitati ponendo attenzione alle cause ed ai pericoli

di incendio più comuni; questo risultato può essere effettivamente concretizzato solo

attraverso una adeguata attività di Informazione e Formazione in materia di Sicurezza

Antincendio.

Il Piano di Sicurezza, pertanto, deve in chiave globale, definire una strategia

gestionale a 360° che garantisca da un lato il mantenimento delle caratteristiche

prestazionali e di affidabilità propri di tutti gli impianti, i sistemi, gli apparecchi ed i presidi

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presenti nell’attività che recitano un ruolo determinante nella valutazione dei rischi di

incendio e dall’altro la effettuazione sistemica di attività di controllo, di formazione, di

informazione e di addestramento.

Per quanto attiene alla tabella dei controlli di sicurezza da effettuare periodicamente

nei luoghi di lavoro, a titolo di esempio si ritiene di dover riportare quelli riguardanti:

le vie di uscita (passaggi, corridoi, scale, …) devono essere controllate

periodicamente per assicurare che siano libere da ostruzioni e da pericoli;

le porte sulle vie di uscita devono essere regolarmente controllate per assicurare

che si aprano facilmente;

le porte resistenti al fuoco devono essere regolarmente controllate per assicurare

che in caso di necessità chiudano regolarmente;

le apparecchiature elettriche che non devono restare in servizio H24 vanno messe

fuori tensione al termine delle operazioni;

le fiamme libere devono essere utilizzate solo dopo aver accertato l’assenza di

condizioni di rischio;

i rifiuti e gli scarti combustibili devono essere rimossi dagli ambienti di lavoro, dalle

aree a rischio specifico, ...;

i materiali infiammabili devono essere depositati in luoghi sicuri;

il luogo di lavoro deve essere assicurato contro gli accessi incontrollati;

in presenza di condotte e serbatoi di fluidi infiammabili devono essere adottate

appropriate misure contro gli urti accidentali;

l’addestramento del personale.

In sintesi, il PIANO DI SICUREZZA è un documento all’interno del quale devono essere

specificate:

i controlli di funzionalità dei sistemi ed impianti di protezione;

gli interventi di manutenzione sui sistemi ed impianti di protezione;

gli interventi di manutenzione sui sistemi ed impianti di protezione;

l’informazione ai clienti/ospiti;

le procedure da attuare in caso di incendio (piano di emergenza).

E’ bene ricordare che il Testo Unico sulla Sicurezza nei Luoghi di Lavoro, attribuisce al

datore di lavoro la responsabilità dell’organizzazione adottata per il mantenimento delle

condizioni di efficienza delle attrezzature ed impianti in genere, e quindi anche di quelli di

protezione antincendio nonché di prevenzione incendi. Ne discende, tra l’altro,

l’incombenza di strutturare una azione costante di manutenzione e controllo anche

riservata agli impianti ed alle attrezzature antincendio, azione il cui esercizio regolare deve

risultare da specifica annotazione sul registro dei controlli periodici.

Il D.Lvo 81/2008 e s.m.i., riserva al Capo III indicazioni riguardante la Gestione della

prevenzione nei luoghi di lavoro. La Sezione I detta le MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI e

l’Articolo 15 contempera le seguenti Misure generali di tutela:

1 Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro

sono:

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a) la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza;

b) la programmazione della prevenzione, mirata ad un complesso che integri in modo

coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive dell'azienda nonché l'influenza

dei fattori dell'ambiente e dell'organizzazione del lavoro;

c) l'eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in

relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico;

d) il rispetto dei principi ergonomici nell'organizzazione del lavoro, nella concezione

dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e

produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di

quello ripetitivo;

e) la riduzione dei rischi alla fonte;

f) la sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso;

g) la limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere,

esposti al rischio;

h) l'utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici sui luoghi di lavoro;

i) la priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione

individuale;

l) il controllo sanitario dei lavoratori;

m) l'allontanamento del lavoratore dall'esposizione al rischio per motivi sanitari

inerenti la sua persona e l'adibizione, ove possibile, ad altra mansione;

n) l'informazione e formazione adeguate per i lavoratori;

o) l'informazione e formazione adeguate per dirigenti e i preposti;

p) l'informazione e formazione adeguate per i rappresentanti dei lavoratori per la

sicurezza;

q) l'istruzioni adeguate ai lavoratori;

r) la partecipazione e consultazione dei lavoratori;

s) la partecipazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

t) la programmazione delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento

nel tempo dei livelli di sicurezza, anche attraverso l'adozione di codici di condotta e di buone

prassi;

u) le misure di emergenza da attuare in caso di primo soccorso, di lotta antincendio,

di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave e immediato;

v) l'uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;

z) la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti, con particolare

riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti.

2 Le misure relative alla sicurezza, all'igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in

nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori.”

Il Testo Unico più volte citato, nel prosieguo, all’art.18 disegna ulteriori “Obblighi del

Datore di Lavoro e del Dirigente” tra i quali:

b) Designare preventivamente i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di

prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di

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pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione

dell’emergenza;

E’ necessario significare in aggiunta che le incombenze in materia di gestione delle

attività lavorative sotto il profilo degli aspetti correlati alla sicurezza, non sono solo

prerogativa delle disposizioni di legge direttamente correlate alla sicurezza sui luoghi di

lavoro e quindi alla tutela dei lavoratori sui luoghi di lavoro, bensì risultano altresì previste

nell’ambito delle procedure previste per quelle attività soggette ai controlli dei Vigili del

Fuoco. In proposito, il D.P.R. 01/08/2011 n.151 recante all’oggetto Regolamento recante

semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi,

all’art. 6 nel definire gli “Obblighi connessi con l'esercizio dell'attività”, prevede

espressamente che per gli enti e i privati responsabili di attività di cui all'Allegato I del

presente regolamento, non soggette alla disciplina del decreto legislativo 9 aprile 2008,

n. 81, e successive modificazioni, corre l'obbligo di:

o Assicurare una adeguata informazione e formazione del personale dipendente sui

rischi di incendio, su misure prevenzione e protezione, su precauzioni da adottare su

procedure di emergenza

o Mantenere in stato di efficienza i sistemi, i dispositivi, le attrezzature e le altre

misure di sicurezza antincendio adottate

o Effettuare le verifiche di controllo ed interventi di manutenzione secondo le cadenze

previste.

I controlli, le verifiche, gli interventi di manutenzione, l’informazione e la formazione

del personale devono essere puntualmente annotati su un REGISTRO DEI CONTROLLI

PERIODICI all’uopo predisposto che deve essere mantenuto aggiornato e reso disponibile

ai fini dei controlli di competenza del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco competente

per territorio.

4.1.4 INFORMAZIONE E FORMAZIONE

Come è noto la legislazione in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro e nella

fattispecie il Testo Unico di cui al Decreto Legislativo 81/2008 così come successivamente

modificato ed implementato, prevede una serie di obblighi in capo ai soggetti attori della

sicurezza. In modo particolare tali obblighi riguardano i Datori di lavoro ed i Dirigenti e la

non assolvente degli stessi è sanzionata penalmente. A conclusione della presente

trattazione si ritiene utile disaminare taluni aspetti della disciplina sanzionatoria avente

particolare correlazione con le gestione della sicurezza.

Il Datore di Lavoro è tenuto ad adottare, in ragione complessità dell’azienda e del

numero lavoratori presenti, misure necessarie per la prevenzione degli incendi nonché per

la evacuazione dei lavoratori nei casi di insorgenza di pericolo grave ed immediato che,

comunque deve essere fronteggiato. A tal riguardo si richiama la sanzione prevista (per il

Datore di lavoro o per il Dirigente) per la violazione delle disposizioni di cui all’art.18 D.Lvo

81/2008 comma 1 lettera t) in relazione alla fattispecie di cui all’art. 43 D.Lvo 81/2008

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comma 1 lettere d ) ed e-bis) che prevede nella fattispecie l’arresto da 2 a 4 mesi o il

pagamento di un’ammenda da 1200 a 5200 euro.

Per il Datore di Lavoro ed i Dirigenti, poi, è fatto obbligo di aggiornamento delle

misure di prevenzione in relazione mutamenti organizzativi e produttivi. In proposito la

sanzione prevista per la violazione delle disposizioni di cui art.18 D.Lvo 81/2008 comma 1

lettera z) prevede l’arresto da 2 a 4 mesi o il pagamento di un’ ammenda da 1500 a 6 mila

euro. Ulteriore incombenza prevista è quella di designare i lavoratori addetti all’attuazione

delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio …e comunque di gestione

dell’emergenza, nonché di provvedere alla loro formazione ed aggiornamento periodico. La

non osservanza di quanto sopra determina la violazione della fattispecie di cui agli artt.18

comma 1 lettera b) e 37 comma 9 del D.Lvo 81/2008, con sanzione prevista e

corrispondente all’arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 1200 a 5200 euro.

Il Testo Unico per la Sicurezza prevede altresì l’obbligo per il datore di lavoro ed i

dirigenti di affidare i compiti tenendo conto delle capacità e delle condizioni dei lavoratori.

Quanto sopra in relazione ai contenuti di cui all’ art.18 D.Lvo 81/2008 comma 1 lettera c) la

cui violazione comporta la sanzione dell’arresto da 2 a 4 mesi o il pagamento

dell’ammenda da 1200 a 5200 euro. E’ previsto, ancora, l’obbligo per il datore di lavoro ed i

dirigenti di fornire ai lavoratori idonei mezzi protezione (art.18 D.Lvo 81/2008 comma 1

lettera d)); obbligo che in caso di inosservanza determina la sanzione dell’arresto da 2 a 4

mesi o il pagamento dell’ammenda da 1500 a 6000 euro. Infine la Legge prevede che il

Datore di lavoro ed i Dirigenti prendano le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori

“formati” accedano alle aree “a rischio” (art.18 D.Lvo 81/2008 comma 1 lettera e)). La

sanzione prevista nel caso di inosservanza è determinata nell’arresto da 2 a 4 mesi o nel

pagamento dell’ammenda da 1200 a 5200 euro.

Una riflessione particolare è da riservare agli aspetti prescrittivi e sanzionatori

corrispondenti alla prevista necessità di adeguata formazione ed informazione da

somministrare ai lavoratori. Segnatamente alla Informazione, l’art.36 D.Lvo 81/2008

stabilisce che il datore di lavoro provveda affinchè ciascun lavoratore riceva adeguata

informazione sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro, sulle procedure di primo

soccorso e lotta antincendio, sull’evacuazione dei luoghi di lavoro, sull’utilizzo delle

sostanze pericolose adoperate, sulle misure e le attività di protezione e prevenzione

adottate. Se l’informazione è diretta a lavoratori immigrati occorre altresì che sia prevista

la verifica della comprensione dei contenuti. La violazione del succitato art. 36 è punita con

l’arresto da 2 a 4 mesi o con l’ammenda da 1200 a 5200 euro.

In maniera del tutto analoga all’art. 37 è disciplinato per quanto riguarda la

Formazione dei lavoratori. Il datore di lavoro, infatti, è tenuto ad assicurare che ciascun

lavoratore riceva formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e salute sui

luoghi di lavoro al momento dell’assunzione, del trasferimento o del cambiamento di

mansione o nel caso di introduzione di nuove attrezzature, o tecnologie o sostanze

pericolose. Il lavoratore incaricato dell’attività di pronto soccorso, lotta antincendio e di

evacuazione deve essere adeguatamente formato e aggiornato periodicamente. Sotto

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questo aspetto, ed in attesa della rivisitazione delle norme all’uopo applicabili e di cui

all’art. 46 comma 3 del D.Lvo 81/2008, continuano ad applicarsi i contenuti di cui al

Decreto del Ministero dell’Interno 10 marzo 1998 che nei confronti della formazione degli

addetti antincendi stabilisce dei percorsi formativi minimi, differenziandoli in relazione al

livello di rischio di incendio per come di seguito:

o rischio basso ….4 ore;

o rischio medio …8 ore;

o rischio alto ……16 ore

Per alcuni tipi di attività è poi previsto che venga conseguito l’attestazione di

idoneità previo superamento di esami da svolgersi presso i Comandi Provinciali dei Vigili del

Fuoco, secondo quanto stabilito dall’art. 3 della Legge 609/1996.

4.1.5 LA PIANIFICAZIONE DELL’EMERGENZA

La predisposizione di un piano di emergenza è uno degli obblighi fondamentali che la

Legge pone in capo al Datore di Lavoro. L’organizzazione delle attività in maniera da poter

efficacemente gestire le situazioni di criticità è incombenza certamente onerosa ed in

alcuni contesti anche molto complessa. Intanto occorre che il datore di lavoro in relazione

agli eventi incidentali credibili nell’ambito della propria azienda, ne desuma il “carico di

lavoro” costituito da tutto ciò che occorre fare per contenere gli effetti indotti dall’evento

critico più impegnativo tra quelli individuati.

Sulla base di quanto necessita fare per gestire la criticità va a definirsi

l’organigramma delle funzioni e quindi delle risorse umane occorrenti per fronteggiare

efficacemente l’evento critico. Non secondaria è la considerazione che l’evento critico può

verificarsi in qualsiasi momento dell’azione lavorativa. Durante l’intera giornata lavorativa,

pertanto, occorre che la gestione delle emergenze sia efficacemente praticabile.

Da tale considerazione ad esempio va a desumersi il numero di soggetti/lavoratori da

incaricare e poi formare per l’attuazione del piano di emergenza.

E’ utile rammentare che il Decreto Legislativo 81/2008 e s.m.i., all’art.18 comma 1

lettera t) e all’art. 43 comma 1 lettera e) dispone sostanzialmente l’obbligo per il datore di

lavoro di adottare il Piano di Evacuazione nell’ambito del Piano di Emergenza “adottano

misure per controllo situazioni rischio in caso emergenza e danno istruzioni affinché i

lavoratori in caso pericolo abbandonino luogo lavoro”. La violazione di dette disposizioni è

sanzionata con l’arresto da 2 a 4 mesi o il pagamento di una ammenda da 750 a 4000 euro.

Nella predisposizione del piano di emergenza occorre tenere presenti taluni fattori

fondamentali:

Le caratteristiche dei luoghi;

I sistemi d’allarme;

Il numero di persone presenti e la loro ubicazione;

Le necessità di assistenza particolari per alcuni soggetti (disabili, anziani,

bambini, etc.);

Il livello di addestramento fornito al personale;

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Il numero di incaricati all’assistenza dei clienti/ospiti nella evacuazione;

La presenza di appaltatori esterni (addetti alle pulizie, manutentori).

Il piano deve essere basato su chiare istruzioni scritte e deve includere perlomeno:

I compiti del personale cui sono affidati particolari incarichi in caso di incendio;

Le misure per assicurare una corretta informazione;

Le misure da attuare nei confronti delle persone più a rischio (disabili,

appaltatori, visitatori, ospiti);

Le specifiche misure per le aree a maggior rischio di incendio;

Le procedure per la chiamata dei Vigili del Fuoco e per fornire la necessaria

informazione ed assistenza al loro arrivo.

E’ facilmente intuibile l’esigenza che - per i luoghi di maggiori dimensioni o più

complessi - il piano di emergenza includa una planimetria nella quale riportare:

caratteristiche dei luoghi e vie di esodo;

mezzi di spegnimento (tipo, numero ed ubicazione);

ubicazione degli allarmi e della centrale di controllo;

ubicazione dell’interruttore generale dell’alimentazione elettrica;

ubicazione delle valvole di intercettazione delle adduzioni di gas e fluidi

combustibili;

ubicazione delle valvole di intercettazione delle adduzioni dei fluidi ausiliari di

processo (aria, vapore, acqua,……).

La pianificazione delle emergenze deve concentrarsi prioritariamente sui sotto

riportati obiettivi fondamentali:

A. salvaguardare le vite umane

B. mettere sotto controllo l’evento incidentale

C. proteggere i beni

D. riportare in normali condizioni d’esercizio l’attività.

La “costruzione” del piano di emergenza deve prevedere la raccolta in un documento

organico e ben strutturato tutte quelle informazioni che non è possibile ottenere

facilmente durante l’emergenza ma che sono essenziali per qualificare la azione di

contrasto delle criticità.

Occorre poi che il documento fornisca una serie di linee-guida comportamentali e

procedurali che rappresentano pertanto le migliori azioni da intraprendere durante

l’evento critico.

Il Piano, poi, deve disporre di uno strumento per sperimentare la simulazione

dell’emergenza e promuovere organicamente l’attività di addestramento aziendale.

La qualità della formazione e dell’addestramento in tema di gestione di eventuali

criticità attribuisce alla pianificazione dell’emergenza indubbio valore aggiunto.

A tal riguardo, infatti, è bene puntualizzare che il comportamento dei “gestori

dell’emergenza” è legato alla conoscenza delle procedure di intervento, alla conoscenza

delle capacità del personale soccorritore ed alla individuazione e qualificazione della

“leadership”.

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Il comportamento dei soccorritori durante l’emergenza, d’altra parte, è legato alla

conoscenza delle procedure; alla conoscenza dei luoghi e della possibile dinamica

dell’evento nonché alla accurata pianificazione, addestramento (che genera fiducia e

contribuisce a mantenere la calma) ed alle capacità personali.

E’ facile concordare sulla circostanza che durante la gestione dell’emergenza sia

necessario mantenere adeguata lucidità e calma. Nel merito è bene precisare che la

capacità di mantenere la calma dipende da:

o la qualità della preparazione tecnica a livello personale

o la conoscenza dei luoghi e delle situazioni

o il livello di coinvolgimento emotivo

D’altro canto la capacità di ottimizzare il lavoro di squadra è fortemente correlato al

rispetto dei ruoli, alla fiducia nei colleghi oltre che ad un qualificato addestramento

periodico.

La scrittura del documento/piano di emergenza, pertanto, non assolve all’obbligo

previsto dalla legge e non solleva dalle responsabilità e dalle sanzioni che la Legge prevede

se, il mero lavoro di stesura della pianificazione, non è completato con tutte quelle attività

che favoriscano la qualificazione effettiva dell’azione di contrasto degli eventi critici.

Lo sviluppo del sistema di gestione delle emergenze, d’altronde, è praticamente per

definizione una attività che si completa e si perfeziona nel tempo attraverso un processo

iterativo che può schematizzarsi per come di seguito:

Ogni pianificazione dell’emergenza deve prevedere oltre agli eventi critici, chi, cosa,

quando e come deve adoperarsi per contenere gli effetti indotti dalla criticità.

E’ pertanto ritenuta attività fondamentale la predisposizione di Procedure Operative

Standard (POS) che devono rispondere alle sotto riportate caratteristiche principali:

o Sono scritte

o Sono ufficiali

o Sono obbligatorie

o Vengono applicate a tutte le situazioni

o Sono integrate nel modello gestionale dell’emergenza.