06 - Embeddedness e nuova sociologia.pdf

18
 Embeddedness  e nuova sociologia economica: da Granovetter a Polanyi e Mauss. LAVILLE Jean-Louis (1998). « Embeddedness e nuova s ociologia economica: da Granovetter a Polanyi e Mauss », Sociologia del lavoro, supplemento al n. 93, pp. 103-118. http://www.jeanlouislaville.net  Copyright © Jean-Louis Laville 2009. All rights reserved.  

Transcript of 06 - Embeddedness e nuova sociologia.pdf

 

 

Embeddedness  e nuova

sociologia economica: daGranovetter a Polanyi e

Mauss.

LAVILLE Jean-Louis (1998). « Embeddedness e nuova sociologia economica: da

Granovetter a Polanyi e Mauss », Sociologia del lavoro, supplemento al n. 93, pp. 103-118.

http://www.jeanlouislaville.net 

Copyright © Jean-Louis Laville 2009. All rights reserved. 

 

 Embeddedness e nuova sociologia economica: daGranovetter a Polanyi e Mauss*

di Jean- Louis aville

In seguito ai lavori di Granovetter, la nozione di encastrernent si è im-

posta come centrale nella nuova sociologia economica (Steiner, 2002). Ri-

conoscendo l'importanza e nello stesso tempo la polisemia di tale concetta,

questo intervento si propone di ripercorrere il dibattito tra Granovetter e

Polanyi. A questo scopo, una prima parte è dedicata a ricordare le due de-

finizioni del concetto, rispettivamente reticolare e politica, espresse dai due

autori. La loro differenza, ma anche la loro possibile complementarità or-

mai riconosciuta da Granovetter 2000), dipende dal fatto che, in Polanyi,

l'analisi istituzionale non si riduce allo studio della cristallizzazione delle

reti di rapporti personali; essa include anche un approccio storico il cui va-

lore euristico è stato sottolineato, per esempio, da Le Goff (1986: 19-20).

Ricollegato alla modernità democratica, il modo di procedere di Polanyi

permette di mettere in evidenza un duplice movimento che caratterizza i

rapporti tra economia e società, le cui linee generali sono sintetizzate nella

seconda parte di questo intervento. Se si adotta una lettura di questo tipo,

la convergenza tra Polanyi e Mauss emerge allora in un approccio plurali-

sta all'economia, presentato nella terza parte di questo intervento. Secondo

l'ipotesi avanzata invece nella sua quarta parte, una lettura di questo tipo

suggerisce di sostituire il riferimento a una "grande trasformazione" con

un interrogativo sul tenore dei mutamenti istituzionali che potrebbero favo-

rire la pluralità dell'economia, o in altre parole partecipare al suo ré

enc strernentdemocratico.

*. Traduzione dal francese di Cristiana Querzè.

103

 

1. La definizione di encastrement: il dibattito tra Granovetter ePolanyi

Per rompere con una concezione dell'azione economica atomizzata,

Granovetter sviluppa il concetto di encastrement prendendolo a prestito da

Polanyi (1983). Egli afferma così che l'azione economica è erzcastré all in-

temo di reti di rapporti personali. Un encastrement reticolare di questo tipo

(Steiner, op. cit.) sfocia nella costruzione sociale delle istituzioni, come

dimostra la genesi dell'industria elettrica americana (Mac Guire, Granovet-

ter, Schwartz, 1993). All'origine di tale costruzione esistono varie possibi-

lità storiche, mentre la forma finale che essa assume è il risultato della cri-

stallizzazione di determinati rapporti personali specifici. Se tale industria

può sembrarci oggi assai stabile e del tutto "naturale", la sua storia dimo-

stra invece che essa avrebbe potuto svilupparsi nella prospettiva di confi-

gurazioni istituzionali diverse. In altre parole, l'istituzione nella sua forma

attuale non si spiega in termini di efficienza; vanno invece presi in consi-

derazione altri fattori, in particolare le reti di rapporti personali da cui di-

pendono le soluzioni effettivamente adottate. L'analisi di tali reti può dun-

que essere utilizzata al fine di individuare i fattori esplicativi della forma-

zione istituzionale, poiché per Granovetter le istituzioni possono essere de-

finite come "reti sociali fisse".

Questo modo di considerare le istituzioni a partire dalla ricostruzione

delle condizioni di aggregazione delle azioni individuali, tuttavia, è stato

ritenuto uno dei limiti dell'approccio di Granovetter dai rappresentanti di

un'altra tradizione sociologica che presuppone l'esistenza di rapporti so-

ciali che precedono, o addirittura determinano, le interazioni tra gli attori

sociali. Secondo questa teoria, un rapporto sociale può prevalere senza che

ne siano identificabili le interazioni: la dimensione strutturale dei rapporti

sociali possiede qualità che non sono riconducibili a relazioni personali di

qualsiasi tipo (Bourdieu, 1997; Wacquant, 1992). Nell'introduzione alla

traduzione dei suoi saggi scritta per i lettori francesi, Granovetter (op. cit.)

ritorna su questo argomento ammettendo che la sociologia economica an-

glofona dimostra una certa propensione a trascurare le forze culturali e po-

litiche che vanno al di là delle reti. Egli vi individua una possibile com-

plementarità con una sociologia economica francofona, influenzata da Po-

lanyi, più incline a prendere in esame queste dimensioni. L'identificazione

di questi due registri produce un chiarimento che elimina le ambiguità le-

gate al concetto di encastremerzt

Per Polanyi l'economia comprende l'insieme delle attività che derivano

dalla dipendenza dell'uomo nei confronti della natura e dei suoi simili. E-

 

gli descrive l encastremerzt come l'incorporazione dell'economia così de-

finita all'interno di regole sociali, culturali e politiche che governano de-

terminate forme di produzione e di circolazione dei beni e dei servizi. Se-

condo Granovetter, invece, l'encastrement definisce l'incorporazione delle

azioni economiche all'intemo di reti sociali, che egli decide di circoscrive-

re a partire dai rapporti personali e dalle loro strutture. Si tratta della pun-

tellatura che sostiene determinate reti sociali, che può, per esempio, spie-

gare l'itinerario seguito da alcune imprese nel loro sviluppo, o determinate

scelte tecniche che rimandano a rapporti di fiducia tra responsabili d'im-

presa ed esperti. Ciò non esclude che tali percorsi siano comunque finaliz-

zati a un'economia commerciale. Granovetter si propone dunque di spiega-

re determinate traiettorie di istituzioni appartenenti all'economia commer-

ciale, cosa che differisce dal progetto di Polanyi, incentrato invece sull'e-

splicitazione della dinamica del mercato e sull'analisi delle sue conseguen-

ze sulla democrazia.

Da questa scomposizione del concetto globale di encastrement deriva

la possibilità di utilizzarne le varie accezioni ai fini di una sociologia

dell'economia contemporanea. Tali accezioni del concetto di encastrement

non sono da intendersi come opposte, ma vanno invece considerate nella

loro complementarità, come sottolinea Granovetter (op. cit.: 39) invitando

a minimizzare le critiche rivolte al Polanyi "polemico" e riconoscendo il

contributo del Polanyi"analitico".

L'economia di mercato può essere studiata integrandone gli ambiti rela-

zionali e istituzionali senza i quali essa non potrebbe aver luogo. Determi-

nanti per comprendere alcuni mercati quali quello del lavoro, le reti rela-

zionali - come nel già citato caso dell'industria elettrica - possono contri-

buire a spiegare alcune strategie d'impresa. Le scelte d'investimento gui-

date da una logica di rendimento del capitale sono talmente aperte che esi-

stono casi in cui le decisioni delle imprese possono essere comprese

soltanto attraverso la mediazione delle reti di rapporti interpersonali,

spiegando così in parte le scelte effettivamente operate.

I1 quadro analitico di Polanyi non implica la negazione del fatto che le

relazioni commerciali siano sostenute da reti di rapporti personali. Ciò non

1 Alain Caillé aveva già messo in evidenza "l'indeterminatezza del concetto di enca-

strernent , distinguendone casi dall aspetto estremamente variabile. All'approccio di Gra-novetter, che dimostra come i fattori economici siano sostenuti da reti di rapporti interper -sonali, è possibile aggiungere le analisi in basi alle quali i fattori economici sarebbero in -corporati all'interno della cultura (Weber, d Iribame), della società globale (Polanyi), delloStato e della politica (scuola della regulation), oppure dell'economia stessa (scuola delleconvenzioni). Da parte sua, l'autore tenta di definire il proprio concetto di encastrenlent

all'interno della politica, cf. Caillé (1993: 251-252).

 

toglie che il concetto di encastrement sul quale egli insiste deriva dai limiti

imposti alla logica del mercato dalla comunità dei cittadini. Quando egli

concepisce l'economia come un processo istituzionalizzato, mostra quanto

l'acquisizione di un'autonomia da parte dell'attività economica sia un pro-

getto politico che può essere confrontato con altre scelte. Al di là degli

scritti sull encastrernent dal punto di vista storico (Steiner, 2002), egli a-

vanza dunque l'ipotesi di un encastrernent di tipo politico, spiegando in

parte le forme assunte dalle attività definite economiche all'interno di una

società. Al di là delle forme sostenute da contatti interpersonali, la maggior

parte dei mercati esistenti è inquadrata all'interno di istituzioni che elabo-

rano in particolare regole sociali o ambientali. L'intrecciofia

mercati e i-

stituzioni può essere ricollocato all'interno della tensione storica tra

deregulation e regulation, costitutiva dell'economia di mercato nella mo-

dernità democratica.

2. L'economia nella modernità democratica: il contributo di Po-

l nyi

Per situare questa specificità dell'economia di mercato all'interno della

società contemporanea, Polanyi promuove vari studi antropologici che lo

portano a riflettere sulla definizione di economia. A suo parere il termine

economico, comunemente utilizzato per indicare un determinato tipo di at-

tività umana, oscilla tra due poli di significato che nulla hanno a che vede-

re tra loro. I1 primo significato, quello formale, deriva dal carattere logico

della relazione tra fini e mezzi, come nei termini economizzare ed econo-

mo: la definizione di economico in relazione alla scarsità proviene da que-

sto significato formale. I1 secondo significato, quello sostantivo, sottolinea

il fatto elementare che gli uomini non possono sopravvivere in assenza di

relazioni reciproche ed in mancanza di un ambiente naturale in grado di

fornire loro i mezzi di sussistenza necessari: da ciò deriva la definizione

sostantiva di economico. I1 suo significato sostantivo deriva dal fatto che

gli uomini, per quanto riguarda la loro sussistenza, dipendono evidente-

mente dalla natura e dagli altri uomini. Tale distinzione tra una definizione

di economico in relazione alla scarsità e una in relazione ai rapporti tra gli

uomini e tra questi e il loro ambiente si rifà all'edizione postuma delle ope-

re di Menger, iniziatore dell'economia neoclassica, il quale individua due

direzioni complementari dell'economia; la prima è fondata sulla necessità

di economizzare per rispondere a un'insufficienza di mezzi, mentre l'altra,

che egli definisce direzione "tecnico-economica", deriva dalle esigenze fi

 

organizzazioni, che non riconoscono soluzioni alternative al mercato, con-

siderato principio primario.

Secondo Malthus, tuttavia, la convenzione in base alla quale il prezzo

misura l'utilità è valida soltanto a condizione di separare gli oggetti mate-

riali, il cui aumento o la cui diminuzione possono essere soggetti a una va-

lutazione e che per questo dipendono dall'economia, dagli oggettiimmate

riali che non rientrerebbero nel campo dell'economia. Come osserva Perret

(1999: 253 , "l'espansione degli scambi monetari al di fuori del campo

dell'acquisizione di oggetti materiali indebolisce la pretesa, da parte della

scienza economica, di essere la scienza positiva dell'utilità". L'autonomia

dell'economia era giustificata dal fatto che essa poteva essere considerata

come infrastruttura della società in grado di regolamentarne la vita mate -

riale e i mezzi di sussistenza; di conseguenza essa è rimessa in discussione

quando la distinzione rispetto alle sovrastrutture si fa confusa "poiché la

crescita economica procede invadendo le sovrastrutture, in particolar modo

i mondi dell'informazione, della comunicazione, della cultura" (Roustang,

2002: 11).

 L 'identzjicazionedel mercato con un meucato in grado di autoregolarsi

costituisce il secondo punto. Le ipotesi razionaliste e atomiste sul compor-

tamento umano autorizzano lo studio dell'economia a partire da un metodo

deduttivo che procede per aggregazione grazie al mercato dei comporta -menti individuali, senza considerare il quadro istituzionale in cui essi

prendono forma. Considerare il mercato come un meccanismo in grado di

autoregolarsi, vale a dire come un meccanismo di rapporto tra domanda e

offerta in base ai prezzi, porta a passare sotto silenzio i mutamenti istitu -

zionali necessari perché ciò avvenga e a dimenticare le strutture istituzio-

nali che lo rendono possibile. Ora, l'elemento d'integrazione rappresentato

dal prezzo trova origine soltanto in atti aleatori di scambio e dipende da un

processo istituzionalizzato, il che equivale a dire che esso è socialmente

organizzato.

Si può poi aggiungere un terzo punto che deriva logicamente dai primi

due: l'ident cazione dell'impresa moderna con l'impresa capitalista.  In

un'economia capitalista fondata sulla proprietà privata dei mezzi di produ-

zione, la creazione di beni presuppone un possibile profitto da parte dei de-

tentori di capitali. L'impresa è una "unità economica di profitto orientata

in funzione delle possibilità offerte dalle operazioni commerciali allo sco-po di trarre beneficio dallo scambio"; "la valutazionedel capitale costitui-

sce dunque il fondamento della forma razionale dell'economia lucrativa",

poiché permette di calcolare se esiste un surplus "in relazione al valore

stimabile in denaro dei mezzi investiti nell'impresa" (Weber, 1991: 14-15).

 

I1 riconoscimento della società per azioni rende possibile un'inedita con-

centrazione di capitali poiché i diritti di proprietà possono essere scambiati

senza che i loro detentori abbiano bisogno di conoscersi, mentre la media-

zione della borsa garantisce parallelamente una liquidità ai loro beni. "Nel-

la misura in cui la valutazione del capitale è divenuta universale, esso co-

stituisce ormai - insieme alle possibilità offerte dalle operazioni cornrner

ciali - sia l'orizzonte dello scambio che quello della produzione di merci"

(ibid.).

L'economia affrontata come combinazione tra un mercato in grado di

autoregolarsi e la società di capitali produce infine un ulteriore sviluppo: il

progetto di una società radicata nel meccanismo della propria economia.

L'economia di mercato, quando non conosce limiti, sfocia nella società di

mercato, in cui il mercato ingloba ed è sufficiente a organizzare la società

stessa, mentre la ricerca dell'interesse privato realizza il bene pubblico

senza passare attraverso la discussione politica. L'affermarsi dell'utopia di

un mercato in grado di autoregolarsi differenzia la modernità democratica

dalle altre società umane in cui sono esistiti elementi di mercato senza che

si manifestasse la volontà di strutturarli in un sistema autonomo.

Ma il progetto della società di mercato si è rivelato impossibile da rea-

lizzare, poiché la società stessa ha reagito a questa prospettiva facendo ri-

corso a risposte specifiche per ognuno dei tre punti precedentemente ricor-

dati.

Contro la riduzione dell'economia al mercato si ricorre al principio

della redistribuzione. Accanto all'economia di mercato esiste un altro polo

costitutivo della modernità democratica, quello dell'economia non di mer-

cato, cioè di un'economia in cui la ripartizione dei beni e dei servizi è affi-

data alla redistribuzione. L'economia di mercato non è riuscita a realizzare

quella promessa di armonia sociale di cui si era fatta portatrice. Al contra -

rio, con l'emergere della questione sociale, si fa strada la necessità di pro-

muovere istituzioni in grado di contrastarne gli effetti pertubatori. Si ricor-

re quindi a un principio economico diverso dal mercato, quello della redi

stribuzione, attraverso un intervento pubblico che sancisce la nascita dello

Stato sociale; esso conferisce ai cittadini diritti individuali in virtù dei quali

essi possono beneficiare di un'assicurazione che copre i rischi sociali o di

un'assistenza che costituisce un'ultima risorsa per ipiù

svantaggiati. I1

servizio pubblico coincide così con una somministrazione di beni o una

prestazione di servizi che possiedono una dimensione di redistribuzione

(dai ricchi ai poveri, dagli occupati ai disoccupati .. e le cui regole sono

stabilite da un'autorità pubblica sottoposta al controllo democratico.

 

siologiche della produzione, indipendentemente dall'abbondanza o dall in-

sufficienza dei mezzi. Queste due direzioni verso le quali può tendere

l'economia umana possiedono "origini essenzialmente diverse", ma sono

"entrambe primarie ed elementari" (Menger, 1923: 77). Questa considera-

zione era stata dimenticata e non risulta citata in alcuna presentazione

dell'economia neoclassica, poiché i risultati della teoria dei prezzi di Men-

ger avevano incoraggiato, da parte dei suoi successori, una riduzione al

semplice significato formale della discussione, favorita anche dall'assenza

di una traduzione in inglese dell'edizione postuma delle opere di Menger2.

Polanyi suggerisce che questa limitazione nel campo del pensiero econo-

mico ha comportato una rottura totale tra l'economico e l'effettivo, come

anche l'affermarsi di economisti interessati soprattutto a una riflessione e-

pistemologica sulla loro scienza (Bartoli, 1977; Maréchal, 200 1; Passet,

1996; Perroux, 1970).

A partire dalla distinzione tra il significato formale e quello sostantivo

di economia, è possibile procedere a un'analisi dei fenomeni economici i-

nerenti alla modernità democratica. Basandosi sulla congruenza tra proget-

to democratico ed economia di mercato espressa nelle dottrine utilitaristi-

che, la concezione formale struttura le rappresentazioni dell'economia in-

tomo a tre punti.

L acquisizionedi autonomia della sfera economica assimilata al merca-'

to costituisce il primo punto. L'occultamento del significato sostantivo

dell'economia sfocia nella confusione tra economia ed economia di merca-

to come esito di un lungo "ripiegamento" le cui tappe sono descritte da

Passet, dai fisiocrati ai neoclassici (Passet, op. cit.: 31-37). I1 concetto di

economia viene elaborato dai fisiocrati nel momento in cui il mercato si

costituisce in qualità di meccanismo di rapporto tra domanda ed offerta in

base ai prezzi; ma tanto in Quesnay quanto in Smith, fondatore della scuo-

la classica, se l'economia di mercato viene affrontata come il corso natura-

le degli eventi, la sfera economica non è separata dal resto della società.

Con il passaggio alla scuola neoclassica, invece, nella quale i fondamenti

del valore sono legati alla sua utilità-scarsità, un'economia pura può essere

definita come la teoria della determinazione dei prezzi in un ipotetico re-

gime di libera concorrenza assoluta dalla quale siano esclusi i fenomeni e-

stranei al mercato; a meno di spiegarli come insuccessi del mercato stesso,

come faranno in seguito l'economia neo-istituzionale o l'economia delle

2. Come ricorda Polanyi, Hayek, definendone il manoscritto "frammentario e disordina-to", intraprende una manovra editoriale tesa a screditarlo, giustificandone così la mancatatraduzione.

 

Contro la confusione tra mercato e mercato in grado di autoregolarsi,

si opera un accantonamento del mercato attraverso il suo inquadramento

istituzionale. Se esiste una tendenza tipica della modernità tesa al désenca-

strement del mercato, essa è stata contrastata da interventi il cui scopo era

quello di "socializzare" il mercato, cioè inserirlo in un insieme di regole

elaborate a partire da un processo di discussione politica. Storicamente, la

spinta verso I instaurazione di un mercato in grado di autoregolarsi ha pro-

dotto la creazione di istituzioni di controllo (Verley, 1999: 66-69). In altre

parole, la tensione tra désencastrement ed encastrement può essere consi-

derata costitutiva dell'economia di mercato moderna. "La maggior parte

dei mercati oggi esistenti consiste prima di tutto in un insieme di regole, di

istituzioni, di reti che inquadrano e controllano la formazione e l'incontro

della domanda e dell'offerta". Ma tali istituzioni sono a loro volta messe in

discussione da una tendenza alla deregulation che sollecita"un allineamen-

to di questi mercati diversificati rispetto a una norma ideale e impersonale

di mercato concorrenziale perfetto, cioè la desocializzazione dei mercati"

(Gadrey, 1999).

A tutto ciò bisogna aggiungere i tentativi di fondare imprese non capita-

liste dando loro diritto di cittadinanza. I1 modello di base dell'impresa nel-

la teoria economica neoclassica è quello in cui i diritti di proprietà sono de-

tenuti dagli investitori. In questo quadro, l'obiettivo dell'impresa si riduce

alla massimizzazione del profitto, cioè all'accumulo di capitale finanziario.

I1 fattore lavoro è subordinato a questa logica di accumulo. Di fronte a

questo modello largamente dominante nella teoria economica, alcune ana-

lisi hanno dimostrato la diversità delle forme di proprietà, vale a dire la

diversità delle persone che possono detenere i diritti di proprietà e quindi

gli obiettivi di un'impresa. Le finalità di un'impresa dipendono dalla con-

figurazione dei diritti di proprietà, cioè delle parti riceventi detentrici di ta-li diritti, poiché esse determinano gli obiettivi dell'impresa (Milgrom, Ro-

berts, 1992: 790). Contrariamente a quanto avviene nelle imprese capitali-

ste, alcune imprese non sono detenute dagli investitori, ma da altri tipi di

parti riceventi e, di conseguenza, i loro obiettivi si differenziano dall'accu-

mulo di capitale. Come sottolineano Hansmann (1996) o Gui (1991), le va-

rie forme potenziali di proprietà corrispondono ad altrettanti tipi di parti ri-

ceventi3: tra queste, oltre agli investitori, figurano i lavoratori, i consuma-

tori, i donatori... Le organizzazioni nelle quali i proprietari non sono gli in-

vestitori sono state oggetto di numerosi studi. La letteratura sull'autoge-

3. Per parti riceventi (in inglese stakeholders) si intendono "i gruppi di persone aventi un

interesse diretto nel fatto che l'impresa porti a termine operazioni proficue e durature"(Milgrom e Roberts, 1992: 790).

 

stione ha preso in esame le imprese organizzate dai lavoratori. L'analisi

del mondo delle cooperative ha ugualmente messo in evidenza, a fianco

delle imprese in mano ai lavoratori, quelle controllate dai consumatori o

dai fornitori. Nella valutazione dell'attività economica sono così valorizza-

ti altri criteri rispetto alla redditività del capitale finanziario: per esempio

l'accesso a un approvvigionamento, la qualità della prestazione di un ser-

vizio (Rose-Ackermann, 1986). I1 ricorso a un'azione economica di questo

tipo rimanda pure a una reciprocità in cui "il legame prevalere sul bene",

piuttosto che a una massimizzazione dell'interesse individuale.

Le reazioni nei confronti dell'utopia della società di mercato sono quin-

di state diverse: il ricorso ad altri principi economici, la creazione di istitu-

zioni di controllo atte a stabilire regole per quanto riguarda la sfera del

mercato, il ricorso a forme di proprietà diverse dal capitalismo. Molti auto-

ri sono entrati in polemica con Polanyi per quanto riguarda la datazione di

una fase storica della società di mercato. Ma il messaggio essenziale che

possiamo ricavare da Polanyi risiede altrove, cioènell identzficazione di un

duplice movimento che caratterizza l'economia nella modernità democra-

tica: un primo movimento esprime la tendenza al désencastrement di una

economia limitata a un mercato in grado di autoregolarsi e a un'unica

 forma d'impresa; a tutto ciò corrisponde un secondo movimento il quale

esprime una tendenza opposta verso il réencastrement democratico dell'e-

conomia attraverso un approccio pluralista.

In questo senso il problema delle relazioni tra economia e democrazia

non può essere considerato secondario e Polanyi ne propone una proble-

matizzazione che prosegue le ricerche dei fondatori della sociologia eco-

nomica sui rapporti tra economia e società. La sua originalità, in particolar

modo, può essere sintetizzata nei seguenti punti.

Nelle società pre-capitaliste i mercati sono limitati, mentre l maggior

parte dei fenomeni economici che possiamo isolare sono soggetti ad un in-

serimento all'interno di norme e istituzioni preesistenti da cui essi prendo-

no forma. L'economia moderna si distingue per la sua tendenza al désen-

castrement.

Ma, come abbiamo visto, questa tendenza risulta perturbante

nei confronti della società e produce una reazione da parte di quest'ultima;

tale reazione comporta alcune forme di réencastrement. I merc ti reali ce-

dono a forme di encastrement reticolari e istituzionali. I1 progresso del

mercato, inoltre, non decreta la scomparsa di forme di economia basate

sulla redistribuzione e sulla reciprocità. Redistribuzione e reciprocità persi-

stono all'intemo di economie moderne in cui la redistribuzione pubblica

testimonia, nella sua stessa concezione, un encastrement dell'economia

nella politica e in cui il mantenimento di relazioni di reciprocità esprime

 

parallelamente un encastrement dell'economia nella cultura. I1 désenca-

strement dell'economia è quindi soltanto tendenziale, mentre numerose re-

lazioni di mercato, così come l'esistenza di poli non di mercato e non mo-

netari dell'economia, attestano la persistenza di molteplici forme di enca-strement. Di conseguenza, nonostante l'impatto del progetto di una società

di mercato, nelle società contemporanee l'encastrement politicodell eco-

nomia non è scomparso e può quindi essere analizzato. Esso trova espres-

sione, fra l'altro, nei diritti sociali e in disposizioni legislative e regolamen-

tari quali le istanze di negoziazione collettiva. Vari autori, tra cui Zukin e

Di Maggio (1990), hanno d'altra parte insistito su questo concetto di enca-strement politico, criticando il ribaltamento della nozione di encastrement

sulle reti sociali.

Per Polanyi l'autonomia del mercato è un'utopia liberale che viene pe-

riodicamente riattualizzata e contrastata dalla creazione di istituzioni di

controllo. Alle spinte deregolatrici corrispondono iniziative sociali che cir-

coscrivono il funzionamento dell'economia all interno di regole che garan-

tiscono il rispetto dell'ambito democratico. I1 discorso di Polanyi è incen-

trato sul tema dell'encastrement politico e privilegia lo studio dell inseri-

mento dell'economia in un quadro politico. Un orientamento di questo tipo

non implica comunque una mancanza di interesse per la comprensione del-

le attività economiche sostenute da reti sociali. Al contrario, in questa pro-

spettiva teorica, la sociologia economica non si riduce a una sociologia dei

mercati, ma può essere intesa come prospettiva sociologica applicata a

un'economia pluralista del mercato; un'economia, cioè, che non si limita

unicamente all'economia di mercato e in cui il mercato non è soltanto

quello in grado di autoregolarsi.

Nell anlbito di una riflessione di questo tipo, la scissione in seno alla

sociologia tra i "critici moralizzatori" del mercato e gli analisti dell enca-

strement del mercato, auspicata per esempio da Zelizer (1992) o Le Velly

(2002),

perde la propria ragione di esistere. Se il riferimento alla società di

mercato consiste in un'ideologia che nega l'encastrernent del mercato pur

plasmando e influenzando l'economia "anziché osservarne il funzionamen-

to" (Callon, 1998: 2), la pregnanza di questo assunto porta a coniugare,

senza opporli, lo studio delle varie forme di encastreme~ztdel mercato e

quello del ricorso ad altri principi economici.

Contrariamente a quanto sostengono alcuni autori, si può essere

d'accordo con Caillé (1982-1983) sul fatto di non distinguere tra dinami-

che di mercato e di capitalismo nelle società contemporanee. I1 mercato in

grado di autoregolarsi e la proprietà privata dei mezzi di produzione sono

principi economici di circolazione e di produzione dei beni articolati in ba-

 

se a un medesimo riferimento e volti alla massimizzazione del profitto. La

produzione orientata al profitto e lo scambio commerciale, quando escono

dall'ambito dei "principi generali di comportamento" di cui fanno parte,

finiscono per destabilizzare la società, come già aveva compreso Aristotele

mettendo in guardia i suoi contemporanei contro l'influsso della cremati

stica.

Allo stesso modo anche le differenze introdotte da Braudel (1980) tra

economia di base, mercato e capitalismo possono essere relativizzate. Oltre

al fatto di separare mercato e capitalismo, esse stabiliscono una gerarchia

tra le varie categorie economiche, mentre le diverse forme di integrazione

(mercato, redistribuzione, reciprocità) implicano soltanto una distinzione

tipologica e si prestano a un'analisi degli equilibri tra le forme stesse e il

loro intrecciarsi a seconda delle società.

3. Le convergenze tra Polanyi e Mauss

Valendosi di una varietà di motivazioni umane e di una possibile defini-

zione sostantiva dell'economia, Polanyi sottolinea la pluralità dei principi

economici e la dimensione istituzionalizzata del mercato.

Un suo accostamento a Mauss è possibile poiché quest'ultimo riconosce

la pluralità delle forme di proprietà e insiste sul fatto che l'organizzazione

economica è un insieme di economie spesso opposte (Mauss, 1997) create

da istituzioni sociali evolutive. "La proprietà, il diritto, l'organizzazione

operaia sono fatti sociali, reali, che corrispondono alla reale struttura della

società. Ma non si tratta di fatti materiali; essi non esistono al di fuori degli

individui e delle società che li creano e li fanno vivere, che li vivono. Essi

esistono soltanto nel pensiero di uomini organizzati in una società. Si tratta

di fatti psichici. I fatti economici, a loro volta, sono fatti sociali (moneta,

valore, ecc...), quindi fatti psichici, esattamente come gli altri fatti sociali a

essi connessi, che essi condizionano e che li condizionano, per esempio il

diritto di proprietà" (Mauss, op. cit.: 76). Se la proprietà individuale può

essere chiamata in causa soltanto limitando la libertà, a questa possono es-

sere aggiunte "una proprietà nazionale e delle proprietà collettive sopra, a

fianco e sotto le altre forme di proprietà e di economia" (ibid.: 265).

Non esiste un unico modo di organizzazione dell'economia che rappre-

senti l'espressione di un ordine naturale, ma vi è un insieme di forme di

produzione e di ripartizione coesistenti. "Non esistono società esclusiva-

mente capitaliste. Esistono soltanto società che possiedono un regime o

piuttosto - cosa ancor più complessa - sistemi di regime più o meno arbi

 

trariamente definiti dalla predominanza di uno o dell'altro di tali sistemi o

istituzioni". Per Mauss le rappresentazioni individuali producono azioni e

pratiche sociali che le istituzioni normalizzano attraverso la politica defi-

nendo l'ambito all'interno del quale tali pratiche possono avere luogo, in-

fluenzando così di rimando le rappresentazioni. Le istituzioni sono mute-

voli perché sono convenzioni sociali che esprimono e nello stesso tempo

delimitano il campo del possibile; il loro studio può permettere di acquisire

"la coscienza precisa dei fatti e la comprensione, se non la certezza, delle

loro leggi"; esso contribuisce così a un distacco dalla "metafisica" di cui

sono impregnati "i termini in ismo come capitalismo. Affermare l'esisten-

za di una società capitalista dipende dal fatto di supporre una coordinazio-

ne perfetta delle rappresentazioni individuali, mentre in realtà esiste soltan-

to una dominante capitalista, poiché "un sistema economico si compone di

meccanismi istituzionali contraddittori, irriconducibili gli uni agli altri".

Un altro punto di convergenza tra Mauss e Polanyi consiste nella loro

comune critica all'interesse materiale come unica motivazione individuale

nella sfera economica. Mentre Mauss (1923) ha un intuizione decisiva

supponendo che gli scambi economici derivino dall'atto del dono, inestri-

cabile cornrnistione tra interesse e disinteresse, Polanyi insiste sulla limita-

zione dell'atto razionale all'atto razionale finalizzato come logica conse-

guenza della definizione formale di economia. Secondo quanto egli affer-

ma, "il solipsismo economico" consiste nel considerare naturale l'atto ra-

zionale finalizzato, producendo una dissoluzione delle questioni politiche

nel paradigma dell'interesse: poiché le motivazioni umane sono state scis-

se in "materiali"e "ideali", le motivazioni materiali sono le uniche a inter-

venire nell'attività economica. Eppure, se l'individuo è soggetto non sol-

tanto all'atto razionale, inteso come atto strumentale o strategico guidato

dall'interesse, ma anche all'atto "ragionevole", il quale implica considera-

zioni morali e un sentimento di giustizia, o addirittura un'inevitabile sog-

gettività, allora l'atto sociale, compresa l'azione economica in quanto sua

modalità, può dipendere da differenti principi di legittimità. Vengono così

chiamati in causa i presupposti atomisti che presiedono alla concezione del

soggetto considerato come agente in una assiomatica del contratto. Su que-

sto piano ritroviamo dunque le scelte della teoria delle convenzioni.

Come è avvenuto anche nel caso di Mauss, le teorie di Polanyi sono sta-

te utilizzate soprattutto per quanto riguarda le società tradizionali, ma è

possibile affermare che esse si rivelano utili ad analizzare anche la situa-

zione attuale. I1 contributo di Polanyi e di Mauss può essere interpretato

come la disponibilità di una serie di analisi che permettono di comprendere

il carattere pluralista dell economia reale attraverso la dimostrazione della

 

esistenza di una varietà di principi economici di ripartizione e di produzio-

ne e parallelamente attraverso l'attenzione riservata alle forme di inqua-

dramento istituzionale del mercato. Il riferimento a un'economia pluralista

presenta il vantaggio di rispettare i fatti e può contribuire a evidenziare

tanto le complementarità quanto le tensioni e i conflitti tra poli economici

opposti.

4. Verso una nuova concezione dei mutamenti sociali?

L'estensione del mercato "ha incontrato un movimento di opposizione

che controlla tale espansione in determinate direzioni per proteggere la so-

cietà" (Polanyi, 1983: 179). Da qui, secondo Polanyi, doveva avere origine

il passaggio a "una grande trasformazione"che avrebbe liberato la società

dalle minacce impostele dal liberismo economico. Ma, come ricorda Du-

mont (1983), nei regimi fascisti e comunisti questo tentativo è sfociato

nell'abolizione della libertà e nel dominio dell'oppressione. La coesistenza

di libertà e uguaglianza non è stata assicurata da una grande trasformazio-

ne, ma da una "soluzione priva di una formula precisa" in cui gli effetti del

mercato venivano corretti dall'intervento dello Stato. In questa sua affer-

mazione Dumont sottovaluta la coerenza delle società industriali "fordiste"

e "assistenzialistiche"nelle quali le regole sociali si imponevano sull eco-

nomia di mercato attraverso la legislazione e la negoziazione collettiva e

nelle quali era allo stesso tempo organizzato un vasto insieme redistributi-

vo di economia non di mercato le cui regole erano stabilite dallo Stato so-

ciale. Tuttavia l'autore rileva giustamente il carattere reversibile di tale

compromesso di cui la "mondializzazione" ha scalzato i fondamenti, eso-

nerando il mercato da determinate regole sociali percepite come rigidità e

delegittimando l'economia non di mercato, assimilata ad un'escrescenza

burocratica.

I1 problema posto è, quindi, quello di individuare istituzioni che siano in

grado di assicurare la pluralità dell'economia per inserirla in un ambito

democratico, fattore che la logica del profitto materiale mette a rischio

quando diviene unica e senza limiti. La risposta a questo problema può es-

sere individuata soltanto a partire da creazioni istituzionali ancorate alle

pratiche sociali; sono infatti queste ultime che possono indicare la strada

da percorrere per un reinserimento dell'economia all'intemo di norme de-

mocratiche. I1 ritorno a precedenti compromessi è destinato al fallimento e

la riflessione sulla coesistenza di uguaglianza e libertà, che rimane il punto

cruciale della democrazia in una società complessa, può progredire soltan-

 

Roustang G., (1998), Grande transforrnation ou alliage sans formule précise" ?,in  J.M. Servet, J. Maucourant, A. Tiran, La modernité de Karl Polanyi, L'Har-

mattan, Paris.Roustang G., (2002), Démocrutie: le risque du marché, Desclée de Brouwer, Pa-

r i ~ .Steiner P (2002), Encastrements et sociologie économique, in  I . Huault (dir.), La

~onstructioizsociale de l'entreprise: nutour des travaux de  Mark Granovetter,Editions Management et Société, Colombelles.

Verley P,., (1999),  Economie de marché: une construction historique, in Altema-

tives Econorniques", n. 166, janvier.Wacquant L., (1992), The Sociology of Econonzic Life, compte rendu de l'ouvrage

collectif dirigé par M. Granovetter, R. Swedberg, "Cahiers Intemationaux deSociologie", Volume 39, n. 93.

Weber M., (1991),  Histoire économique. Esquisse d'une histoire universelle del 'économie et de la société, Gallimard, Paris, (trad. it. Storia economica: lineedi una storia universale del1'economia e della società, Donzelli, Roma, 1997).

Zelizer V,, (1992), Repenser le marché, la construction sociale du marché aux bé

bés aux Etats-Unis, 1970-1930, in "Actes de la recherche en sciences sociales",septembre.

Zukin S., Di Maggio P. (eds), (1990), Structures of Capital: The Social Organiza-

tion of the Economy, Cambridge University Press, Cambridge.