02_altri Criteri Di Resistenza

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ALTRI CRITERI DI RESISTENZA (Capitolo 9 - Davoli) Vediamo, ora, come una buona parte delle ipotesi restrittive, che abbiamo dovuto introdurre per poter applicare i criteri di resistenza visti finora, possa essere rimossa andando a considerare teorie sulla fatica multiassiale più moderne; diciamo subito che queste teorie si portano dietro una notevole complicazione concettuale e di calcolo, ma riescono a fornire criteri di resistenza che hanno una validità più generale rispetto a quelli visti finora. Vediamo, in particolare, in che cosa consistono i criteri che adottano il concetto di piano critico. Rispetto ai criteri di resistenza visti finora, i criteri del piano critico non sono fenomenologici, ma cominciano a guardare alla realtà fisica che regge il problema della fatica multiassiale; tuttavia, ancora oggi non si è riusciti a formulare un criterio del piano critico che possa essere applicato a tutta la possibile casistica (in altre parole, anche ricorrendo ai criteri del piano critico, bisogna sempre avere una certa conoscenza pregressa del caso pratico da affrontare per poter applicare il criterio di resistenza più idoneo). La prima esigenza che abbiamo, per poter pervenire ad un criterio di resistenza quanto più generale poss ibile, è certamente quella di rimuovere l’ipotesi di fissità delle direzioni principali , ipotesi che è alla base di tutti i criteri di resistenza visti finora. Abbiamo detto, ad esempio, che per poter applicare il criterio di resistenza di Sines non ci deve essere variabilità delle direzioni principali; ciò è senz’altro vero perché, se le direzioni principali variano con continuità, varierebbe con continuità anche il piano ottaedrale e, quindi, non sapremmo più quale scegliere. In particolare, per l’applicabilità del criterio di resistenza di Sines, è sufficiente che le direzioni principali siano fisse in senso lato, perché la ott deve essere calcolata con riferimento al solo tensore ) (t a che rappresenta la componente alternata dello sforzo: ) ( ) ( t t a m In realtà, esistono due categorie di criteri di resistenza che permettono di rimuovere questa ipotesi: i criteri che adottano il concetto di piano critico i criteri di tipo energetico La filosofia che sta alla base della prima categoria è la seguente: “tra gli infiniti piani della stella di centro P (dove P è il punto nel quale vogliamo fare la verifica a fatica multiassiale) ce ne sarà uno che risulta sollecitato in maniera più gravosa rispetto agli altri e che, quindi, merita l’appellativo di piano critico”. Dunque, i criteri che adottano il concetto di piano critico stabiliscono in buona sostanza di limitare la verifica a fatica multiassiale su un solo piano, il piano critico; inoltre, questo tipo di approccio permette anche di individuare la giacitura iniziale di un’eventuale cricca, cioè sappiamo già che un’eventuale cricca si innescherà proprio sul piano critico. A ben vedere, anche il criterio di resistenza di Sines può essere pensato come un criterio del piano critico; in particolare, Sines scelse come piano critico il piano ottaedrale relativo alla componente alternata dello sforzo. A proposito del criterio di resistenza di Sines, si può dimostrare che lo sforzo normale ottaedrale, ott , è pari proprio ad un terzo di m III m II m I m I 1 , cioè ad un terzo del primo invariante del tensore costante m che rappresenta la componente media (ovvero, statica) dello sforzo. Attenzione, però, secondo il criterio di resistenza di Sines, lo sforzo tangenziale ottaedrale, ott , deve essere calcolato con riferimento alla sola componente alternata dello sforzo. In realtà, il criterio di resistenza di Sines può essere visto anche come un criterio di tipo energetico. In generale, la filosofia su cui si basano i criteri di tipo energetico è che lo stato di sforzo in un punto non dipende solo da quello che succede sul piano critico, ma dipende da quello che succede su tutti i piani passanti per quel punto; pertanto,

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  • ALTRI CRITERI DI RESISTENZA (Capitolo 9 - Davoli)

    Vediamo, ora, come una buona parte delle ipotesi restrittive, che abbiamo dovuto introdurre per poter applicare

    i criteri di resistenza visti finora, possa essere rimossa andando a considerare teorie sulla fatica multiassiale

    pi moderne; diciamo subito che queste teorie si portano dietro una notevole complicazione concettuale e

    di calcolo, ma riescono a fornire criteri di resistenza che hanno una validit pi generale rispetto a quelli visti finora.

    Vediamo, in particolare, in che cosa consistono i criteri che adottano il concetto di piano critico. Rispetto ai criteri

    di resistenza visti finora, i criteri del piano critico non sono fenomenologici, ma cominciano a guardare alla realt

    fisica che regge il problema della fatica multiassiale; tuttavia, ancora oggi non si riusciti a formulare un criterio

    del piano critico che possa essere applicato a tutta la possibile casistica (in altre parole, anche ricorrendo ai criteri

    del piano critico, bisogna sempre avere una certa conoscenza pregressa del caso pratico da affrontare per poter

    applicare il criterio di resistenza pi idoneo).

    La prima esigenza che abbiamo, per poter pervenire ad un criterio di resistenza quanto pi generale poss ibile,

    certamente quella di rimuovere lipotesi di fissit delle direzioni principali, ipotesi che alla base di tutti i criteri

    di resistenza visti finora. Abbiamo detto, ad esempio, che per poter applicare il criterio di resistenza di Sines non

    ci deve essere variabilit delle direzioni principali; ci senzaltro vero perch, se le direzioni principali variano

    con continuit, varierebbe con continuit anche il piano ottaedrale e, quindi, non sapremmo pi quale scegliere.

    In particolare, per lapplicabilit del criterio di resistenza di Sines, sufficiente che le direzioni principali siano

    fisse in senso lato, perch la ott deve essere calcolata con riferimento al solo tensore )(ta che rappresenta

    la componente alternata dello sforzo:

    )()( tt am

    In realt, esistono due categorie di criteri di resistenza che permettono di rimuovere questa ipotesi:

    i criteri che adottano il concetto di piano critico

    i criteri di tipo energetico

    La filosofia che sta alla base della prima categoria la seguente: tra gli infiniti piani della stella di centro P (dove

    P il punto nel quale vogliamo fare la verifica a fatica multiassiale) ce ne sar uno che risulta sollecitato in maniera

    pi gravosa rispetto agli altri e che, quindi, merita lappellativo di piano critico. Dunque, i criteri che adottano

    il concetto di piano critico stabiliscono in buona sostanza di limitare la verifica a fatica multiassiale su un solo piano,

    il piano critico; inoltre, questo tipo di approccio permette anche di individuare la giacitura iniziale di uneventuale

    cricca, cio sappiamo gi che uneventuale cricca si innescher proprio sul piano critico.

    A ben vedere, anche il criterio di resistenza di Sines pu essere pensato come un criterio del piano critico;

    in particolare, Sines scelse come piano critico il piano ottaedrale relativo alla componente alternata dello sforzo.

    A proposito del criterio di resistenza di Sines, si pu dimostrare che lo sforzo normale ottaedrale, ott ,

    pari proprio ad un terzo di mIIImIImImI 1 , cio ad un terzo del primo invariante

    del tensore costante m che rappresenta la componente media (ovvero, statica) dello sforzo.

    Attenzione, per, secondo il criterio di resistenza di Sines, lo sforzo tangenziale ottaedrale, ott , deve

    essere calcolato con riferimento alla sola componente alternata dello sforzo.

    In realt, il criterio di resistenza di Sines pu essere visto anche come un criterio di tipo energetico. In generale,

    la filosofia su cui si basano i criteri di tipo energetico che lo stato di sforzo in un punto non dipende solo da quello

    che succede sul piano critico, ma dipende da quello che succede su tutti i piani passanti per quel punto; pertanto,

  • secondo i criteri di tipo energetico, lo stato di sforzo sul piano critico da intendersi come una media degli stati

    di sforzo su tutti i piani passanti per il punto nel quale vogliamo fare la verifica a fatica multiassiale. Dunque,

    detto P il punto nel quale vogliamo fare la verifica a fatica multiassiale, tutti i piani passanti per P contribuiscono

    alleventuale crisi in P; in altre parole, leventuale crisi in P attivata da un meccanismo multiplo di scorrimento

    dei piani cristallini e, quindi, mentre secondo i criteri del piano critico gli scorrimenti sono limitati ad un unico piano

    cristallino (il piano critico), secondo i criteri di tipo energetico gli scorrimenti si verificano su ogni piano cristallino

    passante per P (dallinsieme di tutti questi scorrimenti si avr il danneggiamento del componente in quel punto).

    Il criterio di resistenza di Sines pu essere visto come un criterio di tipo energetico perch si pu dimostrare che

    la aott , proprio la media quadratica spaziale degli sforzi tangenziali relativi alle infinite giaciture passanti per P:

    Se il raggio r della sfera tende a zero, ciascun elementino superficiale pu essere espressione di una delle infinite

    giaciture passanti per P; infatti, gli infiniti elementini che costituiscono la superficie di una sfera rappresentano

    proprio le infinite inclinazioni di un piano. In particolare, per poter individuare ciascun elementino superficiale,

    abbiamo bisogno di due coordinate sferiche: 0 e 20 (la coordinata sferica quella che

    fa ruotare attorno allasse di rivoluzione ( z ) della sfera il semimeridiano, definito dalla coordinata sferica , mentre

    la terza coordinata sferica, , costantemente uguale ad r ). Quindi, lo sforzo tangenziale che agisce su ciascun

    elementino superficiale avr la seguente espressione generica:

    ),(

    mentre larea infinitesima dA di ciascun elementino superficiale sar data da: AD*ABdA

    dr

    drd

    AD

    sin OAAB | ddrdA sin 2

    A questo punto, si pu calcolare la media quadratica spaziale degli sforzi tangenziali relativi alle infinite giaciture

    passanti per P secondo la seguente espressione:

    2

    0 0

    22

    0 0

    22

    2

    2 sin),(

    4

    1 sin ),(

    4

    1),(

    1ddddr

    rdA

    AA

    dove abbiamo pesato lo sforzo tangenziale che agisce su ciascun elementino superficiale con larea infinitesima

    dello stesso elementino superficiale; lintegrazione fornisce la somma di tutti i contributi, somma che viene divisa

    per larea superficiale totale della sfera, ovvero per la somma dei pesi.

    Novoshilov dimostr che la aott , di Sines coincide proprio con questa espressione.

  • CRITERI CHE ADOTTANO IL CONCETTO DI PIANO CRITICO

    Concentriamoci dapprima sui criteri del piano critico. Solitamente il piano critico, ovvero il piano dove si registra

    la condizione di tensione pi prossima al superamento del limite a fatica, si individua sulla base di quella che

    la tensione normale che su di esso agisce e sulla base di quella che la variazione dellampiezza

    della tensione tangenziale che su di esso agisce.

    Consideriamo il vettore tensione t che agisce su una generica giacitura passante per il punto P:

    Il vettore tensione t funzione del tempo e, quindi, descrive nel periodo T una curva spaziale chiusa (stiamo

    continuando ad assumere lipotesi di periodicit di tutte le componenti dello stato di sforzo); in particolare, se

    consideriamo la normale n alla giacitura , possiamo facilmente vedere quali sono le oscillazioni che subisce

    nel periodo T la tensione normale e, quindi, possiamo calcolarne il valore medio e lampiezza:

    2

    minmax

    m 2

    minmax

    a

    In altre parole, poich la direzione del vettore )(t rimane, ovviamente, costante nel periodo T , la variazione

    della tensione normale di tipo scalare, nel senso che riguarda solo il modulo del vettore )(t ; pertanto,

    facile descrivere cosa succede sulla giacitura in termini della tensione normale .

    Il discorso diventa decisamente pi complicato se, invece, consideriamo la tensione tangenziale in quanto

    il vettore )(t varia nel periodo T sia in modulo che in direzione:

    Negli anni sono state proposte diverse soluzioni per poter calcolare il valore medio e lampiezza della tensione

    tangenziale ; oggi la soluzione che riscuote maggiore successo quella proposta da Papadopoulos. Innanzitutto,

    diciamo che il vettore )(t descrive nel periodo T una curva chiusa | che non altro se non la proiezione

    della curva spaziale chiusa sulla giacitura . Papadopoulos propose di individuare la pi piccola circonferenza

    che possibile circoscrivere alla curva chiusa | e, quindi, poich ad ogni istante di tempo t vero che

    )()( tt am , sugger di assumere il vettore costante m come il segmento orientato dal punto P al centro C

    della circonferenza circoscritta e di calcolare il vettore variabile )(ta per differenza: mt )( ; di conseguenza,

    secondo Papadopoulos, la a massima sulla giacitura coincide con il raggio della circonferenza circoscritta.

  • CRITERIO DI MATAKE

    Secondo il criterio di Matake, per individuare il piano critico, definito dalle coordinate sferiche * e * , bisogna

    trovare tra le infinite giaciture passanti per P, cio passanti per il punto nel quale vogliamo fare la verifica a fatica

    multiassiale, quella giacitura sulla quale la a di Papadopoulos raggiunge in assoluto il suo valore massimo:

    , max : , ,

    **

    a

    Su questa giacitura, ovvero sul piano critico, il cedimento a fatica multiassiale dipende sostanzialmente dai valori

    che assumono (su questa giacitura) la a e la am max ; quindi, il criterio di Matake si pu esprimere

    in questo modo:

    MMa k **max** ,,

    Mk e M sono due costanti di calibrazione che dipendono dal materiale e che si possono determinare

    facendo due semplici prove di fatica in regime monoassiale:

    1. una prova di torsione con sollecitazione alternata simmetrica

    2. una prova di trazione con sollecitazione alternata simmetrica

    Consideriamo prima la prova di torsione con sollecitazione alternata simmetrica:

    Ovviamente, la giacitura sulla quale si verifica la massima oscillazione della a non pu che essere proprio

    la giacitura dove viene applicata la tensione tangenziale di torsione. Su questa giacitura (che, quindi, secondo

    il criterio di Matake, costituisce il piano critico) lunica tensione presente proprio la tensione tangenziale

    di torsione, ovvero 0, **max ; in particolare, se ci mettiamo in condizioni limite, la ** , a coincide

    con il limite a fatica per una sollecitazione di torsione alternata simmetrica, 1,w . Pertanto, in condizioni limite

    il criterio di Matake fornisce:

    Mw 1,

    Ora, consideriamo la seconda prova, cio quella di trazione con sollecitazione alternata simmetrica:

    In questa seconda prova le giaciture sulle quali si verifica la massima oscillazione della a (ovvero, i piani critici

    secondo il criterio di Matake) sono le giaciture inclinate a 45 rispetto alle giaciture principali; in particolare,

    utilizzando la circonferenza di Mohr, immediato stabilire che in condizioni limite:

    2

    ,1,**

    w

    a

    2,

    1,**

    max

    w

  • e, pertanto, applicando in condizioni limite il criterio di Matake, si ottiene:

    1,

    1,1,

    22w

    w

    M

    wk

    1

    22

    2

    1,

    1,

    1,

    1,

    1,

    w

    w

    w

    w

    w

    Mk

    CRITERIO DI FINDLEY

    Diciamo subito che, rispetto al criterio di Matake, il criterio di Findley meno utilizzato perch presenta alcuni

    punti deboli. Innanzitutto, secondo il criterio di Findley, il piano critico si individua non solo in base alla massima

    oscillazione della a di Papadopoulos, ma anche in base alla tensione normale massima:

    , , max : , max ,

    **

    Fa k

    Quindi, una volta individuato il piano critico, si pu applicare il criterio di Findley secondo cui:

    FFa k **max** ,, Si ricordi che, se questa disuguaglianza non verificata, allora il componente meccanico o strutturale sottoposto

    alla verifica a fatica multiassiale avr una vita a fatica limitata.

    Visto che, secondo il criterio di Findley, lindividuazione del piano critico si rivela leggermente pi complicata,

    consideriamo uno stato di sforzo piano; infatti, nella stragrande maggioranza dei casi in cui si ha uno stato

    di sforzo piano, il piano critico risulter essere ortogonale al piano delle tensioni:

    Questo significa che, nella stragrande maggioranza dei casi in cui si ha uno stato di sforzo piano, il piano critico

    sar uno degli 1 piani ortogonali al piano delle tensioni e, quindi, per individuarlo baster un solo paramento,

    langolo (che deve essere misurato a partire dalla giacitura su cui applicata la xx ). Dunque, quando lo stato

    di sforzo piano ed il piano critico ortogonale al piano delle tensioni, lindividuazione del piano critico, secondo

    il criterio di Findley, si semplifica notevolmente perch su ciascuna giacitura, individuata dallangolo , sappiamo

    calcolare la tensione normale e la tensione tangenziale ; infatti, secondo il teorema di Cauchy, abbiamo che:

    sincos

    sincos

    sin

    cos)( )(

    yyyx

    xyxx

    yyyx

    xyxxnt

    22

    22

    sincoscossin)()()(

    cossin2sincos)()()(

    xyyyxx

    xyyyxx

    mt

    nt (*)

    Grazie a queste due relazioni possiamo sia individuare facilmente il piano critico, definito dalla coordinata * ,

    che determinare le due costanti Fk e F , applicando in condizioni limite il criterio di Findley:

    FFa k *max*

  • Innanzitutto, dobbiamo particolarizzare le relazioni (*) nel caso di una prova di torsione con sollecitazione

    alternata simmetrica:

    2cossincos)(

    2sincossin2)(22

    aa

    aa

    ovvero in condizioni limite:

    2cos)(

    2sin)(

    1,

    1,

    w

    w

    A questo punto, secondo il criterio di Findley, la coordinata * , cio langolo che definisce il piano critico, quella

    che massimizza la seguente grandezza:

    2sin2cos 1,1,max wFwFa kk

    e, quindi, abbiamo che:

    02sin2cos 1,1,

    wFw kd

    d

    02cos22sin2 1,1, wFw k

    02cos2sin Fk *

    *

    *

    2tan2cos

    2sin

    Fk Fk

    1* tan2

    1

    Infine, applicando in condizioni limite il criterio di Findley, si ottiene:

    FwFw k *

    1,

    *

    1, 2sin2cos

    FFw k **1, 2tan12cos ; FFw k 2*1, 12cos

    da cui, poich si pu dimostrare che 2*2

    *

    1

    1

    2tan1

    12cos

    Fk

    , si determina la seguente relazione:

    21,2

    2

    1, 11

    1Fw

    F

    FwFFF k

    k

    kk

    Per determinare la seconda indispensabile relazione, FFF kk , consideriamo una prova di trazione con

    sollecitazione alternata simmetrica; in questo caso, le relazioni (*) si particolarizzano in questo modo:

    2sin2

    cossin)(

    cos)( 2

    aa

    a

    ovvero in condizioni limite:

    2sin2

    )(

    cos)(

    1,

    2

    1,

    w

    w

  • Per determinare la coordinata * che definisce il piano critico, dobbiamo massimizzare la seguente grandezza:

    21,1,

    max cos2sin2

    wF

    w

    Fa kk

    e, quindi, abbiamo che:

    0cos2sin2

    2

    1,

    1,

    wF

    wk

    d

    d

    0cossin22cos2

    2 1,1,

    wF

    wk

    02sin2cos Fk **

    *

    2tan

    1

    2sin

    2cos

    Fk

    Fk

    1tan

    2

    1 1*

    Infine, applicando in condizioni limite il criterio di Findley, si ottiene:

    FwF

    wk

    *2

    1,

    *1, cos2sin2

    FFw k

    *2*

    1, cos2sin2

    1 ; FFw k

    2

    2cos12sin

    2

    1 **1,

    FFFw

    kk

    **1, 2cos2sin

    2 ; F

    w

    FF

    wkk

    22cos2sin

    2

    1,**1,

    F

    w

    FF

    wkk

    22tan

    112sin

    2

    1,

    *

    *1,

    ; F

    w

    FF

    wkk

    212sin

    2

    1,2*1,

    FwFFw kk 1,2*1, 212sin

    da cui, poich si pu dimostrare che 2*2

    *

    1

    1

    2cot1

    12sin

    Fk

    , si determina la seguente relazione:

    FwFFw kk 1,2

    1, 21

    Mettendo a sistema la relazione appena ottenuta con quella ottenuta precedentemente per la prova di torsione,

    possibile determinare le due costanti Fk e F ; in particolare, abbiamo che:

    12

    11,

    1,

    1,

    1,

    w

    w

    w

    w

    Fk

    Se applichiamo il criterio di Findley ad un caso particolare in cui abbiamo una torsione alternata

    simmetrica a alla quale si sovrappone una componente statica di torsione m , si trover che il limite

    a fatica a torsione dipende dal valore di m ; ci in contraddizione con le prove sperimentali, dalle quali

    emerge che il limite a fatica a torsione non influenzato dal valore di m (almeno fino a quando il valore

    massimo della tensione tangenziale di torsione am max si mantiene lontano dal valore

    di snervamento sn ).

    Questo uno dei principali motivi di incongruenza che rende il criterio di Findley meno utilizzato rispetto al criterio di Matake; infatti, il criterio

    di Matake applicato a questo caso particolare conferma i risultati sperimentali, ovvero lindipendenza (per bassi valori di m ax ) del limite

    a fatica a torsione da una componente aggiuntiva statica sempre di torsione.

  • ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

    Facciamo un piccolo passo indietro. Sfruttando le relazioni (*), proviamo a determinare le due costanti Mk e M presenti nel criterio

    di Matake che, quindi, applicheremo ad uno stato di sforzo piano:

    MMa k *max*

    Sappiamo gi che Mk e M si possono determinare facendo due semplici prove di fatica in regime monoassiale:

    1. una prova di torsione con sollecitazione alternata simmetrica

    2. una prova di trazione con sollecitazione alternata simmetrica

    Consideriamo prima la prova di torsione con sollecitazione alternata simmetrica; le relazioni (*) diventano:

    2cossincos)(

    2sincossin2)(22

    xyxy

    xyxy

    Visto che, secondo il criterio di Matake, la giacitura * che definisce il piano critico quella sulla quale massima lampiezza

    della tensione tangenziale )( , abbiamo che:

    max : *

    a

    2

    0

    *

    *

    Pertanto, avremo che:

    xy

    )0(

    0)0(*

    *

    e, quindi, applicando in condizioni limite il criterio di Matake, si ottiene:

    Mw 1,

    Ora, consideriamo la seconda prova, cio quella di trazione con sollecitazione alternata simmetrica; in questa seconda prova,

    le relazioni (*) diventano:

    2sin2

    cossin)(

    cos)( 2

    xxxx

    xx

    A questo punto, possiamo individuare, secondo il criterio di Matake, la giacitura * che definisce il piano critico:

    max : *

    a 4*

    Pertanto, avremo che:

    2)

    4(

    2)

    4(

    *

    *

    xx

    xx

    e, quindi, applicando in condizioni limite il criterio di Matake, si ottiene:

    1,

    1,1,

    22w

    w

    M

    wk

    1

    22

    2

    1,

    1,

    1,

    1,

    1,

    w

    w

    w

    w

    w

    Mk

    ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

    Vediamo, ora, come si possa impostare la ricerca del piano critico in un caso in cui lo st ato di sforzo sia

    piano, non proporzionale, ma tale da consentire lindividuazione del piano critico facendo variare solo langolo ;

    supponiamo, ad esempio, di avere il seguente stato di sforzo:

  • Lobiettivo capire come variano, al variare della giacitura su cui agiscono (e, quindi, al variare dellangolo ),

    le tensioni di interesse per lapplicazione dei criteri del piano critico di Matake e di Findley, ovvero:

    )(3.0)()()()()( maxmaxmax aFaa k

    Osservando i risultati ottenuti (grafico a pagina 252), si pu constatare che, secondo il criterio di Matake (per il quale

    il piano critico quello su cui massima la a ), il piano critico coincide con le giaciture 0 e 2 ; invece,

    se si applica il criterio di Findley (per il quale il piano critico quello su cui massima la combinazione lineare

    max Fa k ), il piano critico coincide solo con la giacitura 0 .

    In particolare, per questo stato di sforzo in cui:

    0)( tyy , t

    le relazioni (*), riscritte esplicitando anche la dipendenza dalla variabile temporale t , diventano:

    22

    2

    sincos)(cossin)()(

    cossin)(2cos)()(

    ttt

    ttt

    xyxx

    xyxx

    Allistante di tempo t sulla giacitura 0 , avremo:

    )()(

    )()(

    0

    0

    tt

    tt

    xy

    xx

    e, quindi, sulla giacitura 0 , si ottiene:

    MPa 250 )( max)0( 0max tT

    MPa 100 )( max)0( 0 tT

    a

    MPa 175)0(3.0)0( max a

    Attenzione:

    se 0)( m , )( )( max)( mT

    a t

    Allistante di tempo t sulla giacitura 2

    , avremo:

    )()(

    0)(

    2

    2

    tt

    t

    xy

    e, quindi, sulla giacitura 2

    , si ottiene:

    0 )( max)2

    (2

    max tT

    MPa 100 )( max)2

    (2

    tT

    a

    MPa 100)2

    (3.0)2

    ( max a

    Dunque, per la giacitura 2

    i criteri del piano critico di Matake e di Findley danno lo stesso risultato; invece, per la giacitura 0

    la tensione di confronto (espressa in MPa ) di 250100 Mk per Matake ed di 751 per Findley.

    Proviamo a vedere cosa succede considerando la giacitura 6

    ; innanzitutto, allistante di tempo t , avremo:

    2

    )(

    4

    )(3)(

    2

    )(3

    4

    )(3)(

    6

    6

    ttt

    ttt

    xyxx

    xyxx

  • Note le espressioni che definiscono levoluzione temporale delle tensioni, normale e tangenziale, che agiscono sulla giacitura 6

    ,

    possiamo disegnare i seguenti grafici:

    Matake ci dice di valutare lampiezza della tensione tangenziale che agisce sulla giacitura 6

    :

    MPa 54

    2

    025.108

    2

    )5.0()0(

    2

    )( min )( max)

    6( 6666

    ttTT

    a

    Findley, invece, ci dice di valutare la seguente combinazione lineare delle tensioni che agiscono sulla giacitura 6

    :

    )6

    (3.0)6

    ( max a

    MPa 25.1105.187*3.054

    CRITERI DI TIPO ENERGETICO

    Diciamo subito che per quanto riguarda i criteri di tipo energetico (noti anche come criteri basati sullapproccio

    integrale), le formulazioni risultano essere piuttosto complesse; quindi, anche se i criteri di tipo energetico hanno

    un riscontro buono con i risultati sperimentali, la complessit delle formulazioni va ad incidere sulla loro applicabilit

    limitandone notevolmente lutilizzo.

    CRITERIO DI PAPADOPOULOS

    Il criterio di Papadopoulos un criterio di tipo energetico secondo cui un componente meccanico o strutturale

    ha una vita a fatica infinita se risulta verificata la seguente disuguaglianza:

    1,max, wHPkM , dove

    max,H il massimo valore che la tensione idrostatica assume nel periodo T :

    3

    )()()( maxmax,

    ttt IIIIIIT

    H

    Pk una costante di calibrazione che caratterizza il materiale e che si pu determinare attraverso specifiche

    prove di fatica in regime monoassiale.

    In particolare, il termine M dato dal seguente integrale:

    2

    0 0

    2

    2 sin),(

    8

    5ddTM

    che rappresenta il valore quadratico medio di ),( T , ovvero di una particolare ampiezza delle tensioni

    tangenziali che agiscono su ogni piano individuato dalla coppia di coordinate sferiche , . A sua volta, infatti,

  • lintegrando ),( T definito come il valore quadratico medio delle ampiezze delle tensioni tangenziali ottenute

    proiettando la curva chiusa | lungo tutte le direzioni nel piano )( ; vale a dire:

    2

    0

    2

    2

    ),,(1),( dT

    La costante di calibrazione legata al materiale, Pk , si determina attraverso prove in regime monoassiale

    di trazione e torsione alternata simmetrica; in particolare, nella prova di trazione alternata simmetrica, abbiamo che:

    t ,

    0)()(

    )()(

    tt

    tt

    IIIII

    xxI

    3

    3

    )( max

    1,

    *

    max,

    wxx

    TH

    t (* in condizioni limite)

    Ipotizziamo che la curva chiusa | , descritta dal vettore )(t , degeneri

    in un segmento sovrapposto allasse verticale v :

    2

    )( cos

    1

    2

    )(

    2

    cos)(1)(

    2

    0

    2

    2

    0

    2

    ddT

    Dalle relazioni (*) si ottiene in condizioni limite:

    cossincossin)( 1,wxx 2

    cossin

    2

    )()(

    1,

    wT

    e, pertanto, abbiamo che:

    1,2

    0 0

    2

    2 3

    3 sin)(

    8

    5

    wddTM

    Quindi, applicando in condizioni limite il criterio di Papadopoulos, si ottiene:

    1,

    1,

    1,33

    3w

    w

    Pw k

    331,

    1,

    w

    w

    Pk

    Dunque, come tutti i criteri di tipo energetico, il criterio di Papadopoulos prevede il calcolo di un integrale spaziale; ci signif ica andare

    a prendere il contributo di tutte le infinite giaciture passanti per P, cio passanti per il punto nel quale vogliamo fare la verif ica a fatica

    multiassiale. Si noti, infatti, come lespressione di un criterio di tipo energetico sia formalmente simile allespressione che abbiamo trovato

    per i criteri (di Matake e di Findley) del piano critico; la differenza concettuale consiste proprio nel fatto che i termini presenti nellespressione

    di un criterio di tipo energetico acquisiscono le informazioni da tutte le infinite giaciture passanti per P, e non da ununica giacitura selezionata

    preventivamente. Tuttavia, un limite generale dei criteri di tipo energetico consiste nel fatto che essi non suggeriscono, a differenza dei criteri

    del piano critico, quale sia il piano di innesco di uneventuale cricca.

  • ESTENSIONE AL TRATTO A TERMINE

    Finora abbiamo sempre considerato la vita a fatica infinita (o illimitata); ora, invece, vogliamo vedere come si deve

    procedere per verificare la vita a fatica a termine di un componente meccanico o strutturale. Diciamo subito

    che, per verificare la vita a termine, possiamo utilizzare gli stessi criteri di resistenza utilizzati per verificare la vita

    infinita, se la vita del componente meccanico o strutturale sufficientemente lunga; infatti, in questa ipotesi

    si possono trascurare gli effetti dovuti alla plasticizzazione (in caso contrario, invece, bisognerebbe saper

    valutare il comportamento in campo elasto-plastico del materiale sottoposto ad uno stato di sforzo multiassiale).

    Consideriamo, ad esempio, il criterio di Matake:

    MMa k **max** ,,

    Abbiamo visto che, nel caso di vita infinita, la costante M coincide con il limite a fatica infinita per

    una sollecitazione di torsione alternata simmetrica, 1,w ; nel caso di vita a termine possiamo, come detto,

    utilizzare ancora questo criterio di resistenza, se la vita del componente sufficientemente lunga, a patto, per,

    di sostituire al posto della costante M il valore |2 fb

    fN , dove |

    f il limite a fatica finita per una sollecitazione

    di torsione alternata simmetrica. Quindi, riadattato al caso di vita a termine, il criterio di Matake diventa:

    |**max** 2,, fb

    fMa Nk

    Ragionando allo stesso modo, possibile riadattare al caso di vita a termine tutti i criteri di resistenza visti

    finora, ricordando che, laddove compare la 1,w , bisogner sostituirla con il valore ||

    2 fb

    fN . Dunque, quando

    si vuole riadattare al caso di vita a termine uno dei criteri di resistenza visti finora, si pu assumere

    come tensione limite di riferimento lampiezza della tensione normale o tangenziale ad un dato numero di cicli,

    che si pu ricavare da una curva di Whler in scala doppio logaritmica:

    LA SOMMA DEL DANNO

    Vediamo cosa succede se ci troviamo di fronte ad una serie di blocchi di carico. Finora, infatti, abbiamo sempre

    considerato storie di carico che rimangono costanti nel tempo, nel senso che quello che andavamo a definire

    per un singolo ciclo di carico di trazione/flessione/torsione alternata si ripeteva indistintamente ed indefinitamente

    nel tempo, costituendo un unico infinito blocco di carico.

    Tuttavia, nella realt potremmo anche imbatterci in una storia

    di carico come quella rappresentata in figura, in cui abbiamo

    una serie di blocchi di carico, ciascuno con ampiezza costante,

    ma diversi luno dallaltro.

  • Dunque, se ci troviamo di fronte ad una serie di blocchi di carico, bisogner assumere un criterio noto come

    danno cumulativo lineare; questo criterio, che venne introdotto in regime monoassiale da Miner, rappresenta

    un criterio di accumulo proporzionale con il quale valutare il danno subito da un componente:

    In particolare, se vogliamo applicare uno dei criteri del piano critico, non possiamo pi individuare il piano

    critico ragionando su un singolo blocco di carico, ma bisogner procedere prima valutando per tutti i blocchi

    di carico qual il danno prodotto sulle infinite giaciture passanti per il punto nel quale vogliamo fare la verifica

    a fatica multiassiale, e poi individuando il piano critico in termini assoluti come la giacitura, definita dalla coppia

    di coordinate sferiche ** , , sulla quale si produce il danno maggiore. Ad esempio, relativamente ad un singolo blocco di carico, dal criterio di Matake riadattato al caso di vita a termine:

    |max 2,, fb

    fMa Nk

    si pu ricavare, in condizioni limite, il numero di cicli ,ff NN che esprime la vita a fatica del componente;

    infatti, una volta fissata una generica giacitura , , su di essa possiamo valutare la a e la max (le costanti

    Mk , b e |

    f sono note a priori perch dipendono dal materiale). Quindi, noto il numero di cicli ,ff NN ,

    possiamo calcolare quanta parte della vita a fatica del componente consuma l i esimo blocco di carico che

    stiamo considerando:

    ,

    ,,if

    i

    iN

    nD

    Ad esempio, consideriamo il primo blocco di carico ed ipotizziamo di aver fissato la generica giacitura , tale

    che il numero di cicli sia pari ad 1,fN (in pratica, stiamo dicendo che se la generica giacitura , fosse proprio

    quella critica, allora il componente vivrebbe per un numero di cicli pari ad 1,fN ); quindi, se denotiamo con 1n

    il numero di cicli del primo blocco di carico, questultimo consumer una frazione della vita a fatica del componente

    pari ad 1,

    1

    fNn

    . Successivamente, in corrispondenza del secondo blocco di carico, per la stessa generica

    giacitura , andiamo a ricavare il numero di cicli 2,fN ; pertanto, avremo che il secondo blocco di carico,

    avente un numero di cicli pari ad 2n , consumer una frazione della vita a fatica del componente pari ad 2,

    2

    fNn

    .

    In definitiva, applicando il danno cumulativo lineare, il danno sulla generica giacitura , sar pari a:

    n

    i

    i

    n

    i if

    i

    nf

    n

    ff

    DN

    n

    N

    n

    N

    n

    N

    nD

    11 ,,2,

    2

    1,

    1 ,,

    ,

    A questo punto, per individuare la giacitura che definisce il piano critico in termini assoluti, non bisogner fare

    altro che identificare quella sulla quale si produce il danno maggiore:

    , max : , ,

    ** D danno maggiore:

    , max, ,

    ** DDD

  • Se, invece, vogliamo adottare uno dei criteri di tipo energetico, vuol dire che stiamo ipotizzando che tutte

    le infinite giaciture passanti per P, cio per il punto nel quale vogliamo fare la verifica a fatica multiassiale,

    contribuiscono (a pari titolo) a determinare il danno complessivo del componente; quindi, la prima cosa da fare

    calcolare la frazione della vita a fatica del componente che viene consumata dall i esimo blocco di carico

    in relazione alla generica giacitura , :

    ,

    ,,if

    i

    iN

    nD

    poi sommare su tutti gli n blocchi di carico per avere il danno relativo alla generica giacitura , :

    n

    i

    iDD1

    ,,

    infine, sommare, ovvero integrare, su tutte le infinite giaciture passanti per P per avere il danno complessivo:

    danno complessivo:

    dDD ,

    SCELTA DEL CRITERIO

    Nessun criterio di resistenza possiede una validit generale e, quindi, di volta in volta bisogner scegliere quale

    sia il criterio di resistenza pi idoneo al caso pratico da affrontare. Consideriamo, ad esempio, il seguente stato

    di sforzo applicato ad un componente meccanico in acciaio al cromo 34Cr4:

    000

    00) sin(

    0) sin() cos(

    )(

    t

    tt

    t ayx

    axyaxx

    Sperimentalmente si verifica che, in questo caso, il limite di fatica non per nulla influenzato dalla differenza

    di fase tra la tensione normale )(txx e la tensione tangenziale )(txy ; ora, disporre a priori di una simile

    informazione permette di scegliere un criterio di resistenza che sia coerente con questo risultato sperimentale.

    In questo caso, infatti, il criterio di resistenza pi idoneo il criterio di Papadopoulos (quando esiste una differenza

    di fase tra la tensione normale e la tensione tangenziale conviene sempre scegliere il criterio di Papadopoulos,

    in quanto si ottiene che il limite di fatica non risente di questa differenza di fase); se, invece, si dovesse applicare

    a questo caso il criterio di Findley, si registrerebbe una riduzione massima del limite di fatica pari al %20 quando

    lo sfasamento pari a 90 , in contraddizione, quindi, con il risultato sperimentale.

    Insomma, quando abbiamo a che fare con il problema della fatica multiassiale, diventa indispensabile munirsi

    di qualche risultato sperimentale al fine di poter orientare meglio la scelta del criterio di resistenza.