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SommarioPremessa.............................................................................................................................. 4
Introduzione.......................................................................................................................... 5
Cenni di anatomia dell’apparato tegumentario.................................................................6
Funzioni della cute...............................................................................................................6
La cute è formata da tre strati: l’epidermide, il derma e l’ipoderma..............................8
L’epidermide......................................................................................................................... 8
Il derma..................................................................................................................................8
Il sottocutaneo...................................................................................................................... 9
Definizione di lesione da pressione...................................................................................9
Classificazione delle ulcera da pressione.......................................................................11
Fattori che ostacolano i processi di guarigione della cute............................................14
Età del paziente..............................................................................................................14
Riduzione della mobilità.................................................................................................14
Struttura corporea..........................................................................................................14
Stato nutrizionale............................................................................................................14
Patologie di base............................................................................................................15
Farmaci............................................................................................................................15
Epidemiologia delle ulcere da pressione........................................................................17
La prevenzione delle ulcere da pressione......................................................................17
Valutazione del paziente a rischio...............................................................................18
Cura della cute sana......................................................................................................19
La mobilizzazione del paziente....................................................................................21
Gli ausili e le superfici antidecubito..................................................................................24
Scelta ed utilizzo degli ausili.........................................................................................29
Piano di prevenzione delle lesioni da pressione............................................................32
Bibliografia...........................................................................................................................33
Ringraziamenti....................................................................................................................34
Allegati.................................................................................................................................35
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PremessaLa frase “prevenire è meglio che curare” mi sembra adattarsi molto al campo delle
lesioni da pressione, perché basterebbe applicare pochi, a volte semplici
accorgimenti, per evitare ai nostri pazienti mesi di prestazioni sanitarie per il
trattamento di una “patologia” che non era presente al momento del ricovero, ma anzi
ne è stata una conseguenza.
Il codice deontologico definisce l’infermiere come il professionista sanitario
responsabile dell’assistenza infermieristica1. La cui responsabilità consiste
nell’assistere, nel curare e nel prendersi cura della persona2. L’infermiere riconosce la
salute come bene fondamentale della persona e si impegna a tutelarla con attività di
prevenzione, cura, riabilitazione e palliazione3. Infine si riconosce il valore della
ricerca, della sperimentazione clinica e assistenziale per l’evoluzione delle
conoscenze e per i benefici sull’assistito4.
In questi quattro articoli ritengo racchiusi i capisaldi della professione infermieristica
applicata alle lesioni da pressione, seguendo ciò che dicono, il nostro operato sarà
sempre più preciso ed efficace, a tal punto che in un prossimo futuro le percentuali di
pazienti portatori di ulcere da pressione caleranno, spero sino a scomparire.
1 Articolo 1 del codice deontologico dell’infermiere 20092 Articolo 2 del codice deontologico dell’infermiere 20093 Articolo 6 del codice deontologico dell’infermiere 20094 Articolo 12 del codice deontologico dell’infermiere 2009
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IntroduzioneNegli ultimi anni, la ricerca nel campo della medicina, ha fatto enormi progressi sia
nella cura sia nella stabilizzazione di malattie che un tempo erano inguaribili e/o
mortali. Ciò ha determinato un incremento della popolazione anziana per l’aumentata
aspettativa di vita, ma anche un incremento delle disabilità dato dalla cronicizzazione
delle patologie una volta mortali.
Le persone anziane sono sempre più presenti nei nostri ospedali e nei nostri
ambulatori, vengono ricoverate nei reparti di medicina più volte nel corso della loro
vita e spesso vengono dimesse presso altre strutture sanitarie perché non in grado di
prendersi cura di sé a domicilio.
Da uno studio di prevalenza condotto presso l’istituto Carlo Alberto di Torino è
risultato che l’85% dei pazienti ricoverati era affetto da 4 o più patologie, il che
determina inevitabilmente una maggiore fragilità della persona che si manifesta con
debolezza, anoressia, affaticabilità, dimagramento, instabilità, paura di cadere ed
immobilità. La fragilità di queste persone può essere ulteriormente incrementata dalla
comparsa di lesioni da pressione, fenomeno tutt’altro che improbabile in una persona
già debilitata come può esserlo l’anziano pluripatologico.
Lo scopo di questo lavoro è quello di fornire, al personale sanitario che lavora a
contatto di queste persone, uno strumento per prevenire la comparsa di lesioni da
pressione, affinché la persona assistita possa mantenere o riprendere al più presto i
propri livelli di autonomia precedenti al ricovero.
La stesura di questo elaborato è stata in parte adattata alla mia realtà lavorativa, ciò
non toglie che con le adeguate modifiche possa essere utilizzata presso altri servizi
nei quali si ritiene necessario introdurre un sistema di prevenzione delle ulcere da
pressione.
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Cenni di anatomia dell’apparato tegumentarioLa cute è l’organo che, rivestendo completamente il corpo umano, è uno dei più estesi
rappresentando circa il 16% del peso totale del corpo. La sua funzione principale è
quella di fare da barriera tra il mondo esterno e l’interno del nostro corpo, quindi è
fondamentale per proteggere il nostro organismo dal caldo e dal freddo, da lesioni, da
agenti patogeni esterni. Inoltre svolge funzioni essenziali, quali la termoregolazione e
il ricambio idrico. Infine possiede numerosi centri nervosi per ricevere stimoli tattici
dall’esterno.
Funzioni della cuteLa cute ha la funzione di:
1. Proteggere: funziona da barriera contro i traumi di varia natura. La barriera
cutanea è localizzata a livello dello strato corneo. Si ha dimostrazione di ciò
eseguendo la manovra di Stripping con nastro adesivo, la quale rimuove gli strati
più esterni della cute con improvviso aumento della permeabilità all’acqua e ad altri
composti.(2)
2. Termoregolare: la regolazione involontaria della temperatura comprende due
sistemi che interagiscono tra loro, il sistema attivo e il sistema passivo. La cute è
componente importante di entrambe i sistemi poiché:
2.1.Attraverso la percezione della temperatura trasmette segnali ai centri corticali
e subcorticali;
2.2.Attraverso la circolazione cutanea controlla gli scambi di calore tra il centro
della termoregolazione (l’ipotalamo) e la rete capillare;
2.3.È la superficie attraverso viene condotto tutto il calore corporeo;
2.4.È l’interfaccia per la dispersione o l’assorbimento di calore attraverso la
radiazione, la convezione e la conduzione;
2.5.È la superficie per la diffusione del sudore secreto dalle ghiandole eccrine
(l’evaporazione del sudore provoca un immediato raffreddamento corporeo
3. Sentire: l’innervazione cutanea, composta da fasci nervosi e corpuscoli nervosi, è il
sistema di percezione degli stimoli termici, pressori e dolorosi. Sensazioni
percettive come caldo, freddo, solletico, prurito, malessere e dolore in poche
parole sono veicolate fino al sistema nervoso centrale e qui codificate ed
elaborate. Le funzioni sensoriali sono una delle principali cause che consentono (o
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meno) l’adattamento alle più diverse condizioni ambientali anche nel giro di pochi
secondi o minuti.
4. Secernere e sintetizzare: L’organismo elimina attraverso la pelle cataboliti e scorie.
La pelle elimina CO2, acqua e sebo, e poi, ioni sodio, piccole quantità di potassio,
magnesio, calcio e cloro grazie all'azione delle ghiandole eccrine. Queste perdite,
in caso di attività fisica, possono essere reintegrate con bevande contenenti sali. Il
sebo, oltre ad una funzione emolliente , ha una funzione antisettica e
antimicrobica.
5. Fungere da schermo melanico: reagisce ai raggi U.V. con la sintesi di melanina
che ci difende dai loro effetti nocivi.
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La cute è formata da tre strati: l’epidermide, il derma e l’ipoderma
L’epidermide.L’epidermide è la parte più esterna della cute. È un epitelio pavimentoso cornificato,
costituito da cinque strati cellulari stratificati che man mano che si passa dagli strati
più profondi a quelli superficiali, si trasformano in cellule morte, ma resistenti agli
agenti esterni.
È formata, dall’interno verso l’esterno da:
1. Strato basale, definito anche strato germinativo, unisce l’epidermide al derma.
2. Strato spinoso, comprende fino a sei strati di cellule di forma irregolare, che
sintetizzano peptidi se cheratina.
3. Strato granuloso, è il piano in cui inizia la corneificazione della cute.
4. Strato lucido, costituito da cellule anucleate con intensa attività enzimatica.
5. Strato corneo, costituito da cellule anucleate e cheratinizzate, composta da
diversi strati cellulari, di cui il più superficiale va perso sotto forma di
desquamazione cutanea.
Il derma.Rappresenta lo strato medio ed è costituito da fibrociti, che nella forma di fibroblasto,
sintetizzano il precursore del collagene e dell’elastina che danno alla cute forza ed
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elasticità. Nel derma si trovano i mastociti, i cui granuli contengono eparina e
distamina, i macrofagi e i linfociti. Queste cellule partecipano ai meccanismi di difesa
del corpo specifici ed aspecifici, ma secernono anche sostanze biochimicamente
attive che hanno una funzione di mediazione e regolazione, nell’ambito della
guarigione delle ferite, dove sono indispensabili nell’avanzamento dei processi di
riparazione tissutale. In questo strato si trovano i vasi sanguigni e linfatici, le ghiandole
sudoripare, i follicoli piliferi e le terminazioni nervose. Il reticolo sanguigno corre
parallelo alla cute, da esso si staccano perpendicolarmente i capillari. Solo il 15% è
preposto alla nutrizione delle cellule, il restante 85% viene attivato o meno secondo le
esigenze di termoregolazione e di sudorazione mediante l’apertura o chiusura di
anastomosi artero-venose.
Il sottocutaneoRappresenta lo strato più interno. È formato da connettivo, tessuto adiposo che svolge
la funzione di isolante, deposito e modellamento, vasi sanguigni e nervi di maggior
calibro. Lo spessore del sottocutaneo varia secondo le parti del corpo e delle persone.
All’interno della cute e del sottocutaneo sono contenuti diversi recettori sensoriali a
funzionalità specifica:
I corpuscoli di Kraus, sono recettori nervosi del freddo;
I corpuscoli di Ruffini sono recettori nervosi per il caldo;
Le cellule di Merkel, sono preposte alla percezione tattile prolungata;
I corpuscoli di Meissner, sono recettori tattili pressori;
Le terminazioni nervose libere trasmettono la percezione dolorosa;
I corpuscoli di Pacini, reagiscono alla deformazione meccanica e alle vibrazioni;
Definizione di lesione da pressioneLe ulcere da pressione, (anche comunemente denominate ulcere da letto, lesioni da
decubito, lesioni da pressione e ulcere da decubito), sono aree localizzate di danno
alla pelle, che possono estendersi alle strutture sottostanti, quali muscoli ed ossa. Il
danno è ritenuto essere causato da un combinazione di più fattori, tra i quali:
pressione, forze di taglio, attrito e umidità. Le ulcere da pressione possono svilupparsi
in ogni zona del corpo. Negli adulti il danno si verifica in genere in sede di prominenze
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ossee, come il sacro, i trocanteri, l’ischio, i gomiti, ecc. mentre la presentazione nei
neonati e nei bambini è più probabile che si verifichi, ad esempio, nell'area occipitale o
nelle orecchie (NICE 2005).
Le ulcere da pressione sono danni localizzati alla cute ed ai tessuti sottostanti, causati
da pressione, stiramento, frizione e/o una combinazione di questi fattori (EPUAP
2003).
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Classificazione delle ulcera da pressioneEsistono diversi sistemi e schede per classificare le ulcere da decubito, alcune basate
sul colore, altre sulla morfologia, altre ancora sulla clinica della ferita. La più utilizzata
in assoluto a livello internazionale per stadiare l’ulcera da pressione è la
classificazione della NPUAP. Essa venne sviluppata nel 1989 sulla base della
classificazione dell’American Geriatric Society e della classificazione di Shea.
La classificazione NPUAP fornisce parametri visivi che permettono all’operatore
sanitario di distinguere i vari stadi di lesione senza il pericolo di confonderli tra loro.
Di seguito viene descritto ogni stadio della classificazione NPUAP abbinato ad un
disegno esplicativo di come si presenta anatomicamente la lesione nei vari stadi.
STADIO
I
Eritema di pelle intatta, che non scompare alla digitopressione; esso
rappresenta la lesione che preannuncia l'ulcerazione cutanea. In soggetti
di carnagione più scura, anche lo scoloramento della cute, il calore,
l'edema, l'indurimento o la durezza possono essere indizi.
Stadio I
STADIO
II
Perdita parziale di spessore cutaneo che coinvolge l'epidermide, il derma
o entrambi. La lesione è superficiale e si presenta clinicamente sotto
forma di abrasione, vescica o cratere di scarsa profondità.
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Stadio II
STADIO
III
Perdita totale di spessore cutaneo che comporta il danneggiamen-to o la
necrosi del tessuto sottocutaneo, in grado di estendersi in profondità fino
alla fascia sottostante, senza però attraversarla. La lesione si presenta
clinicamente sotto forma di cratere profondo associato o no a tessuto
adiacente sottominato.
Stadio III
STADIO
IV
Perdita totale di spessore cutaneo con distruzione estesa, necrosi del
tessuto o danneggiamento del muscolo, osso o strutture di supporto
(tendine, capsula articolare). Anche la presenza di tessuto sottominato e di
tratti cavi può essere associato a lesioni da decubito di Stadio IV.
Stadio IV
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Inevitabile citare per la sua semplicità che ne permette l’applicazione anche da parte
di personale non sanitario, la classificazione TESSUTO – ESSUDATO, sviluppata da
Ricci-Cassino. Questa classificazione prevede una distinzione del tessuto
predominante nel letto di ferita e la qualità/quantità di essudato presente.
I tessuti vengono suddivisi in:
1. Necrotici: tessuto non vitale, la cui degradazione è stata determinata da fattori
ischemici. Si presenta di colore che può variare da nero a giallastro,
generalmente di consistenza dura, può andare incontro a colliquazione.
2. Detersi: il fondo della ferita si presenta di colore rosso, con prevalenza di
tessuto di granulazione, i bordi non sono infiammati, l’essudato è chiaro e
modesto, la ferita è in via di guarigione.
3. Infetti: riscontro clinico di presenza di segni clinici sistemici di infezione
(ipertermia, tachicardia) e segni locali quali rubor, tumor, calor, dolor e funtio
lesa. Il fondo di lesione presenta un misto di tessuti vitali e non.
Mentre l’essudato viene suddiviso in:
1. Asciutto: fondo pallido, arancione. Le garze tendono ad aderire al letto di ferita
e la rimozione può provocare piccole emorragie. La cute perilesionale è secca.
2. Umido: fondo lucente di colore rosso vivo. Le garze si presentano inumidite
nell’arco delle 24 ore. I tessuti perilesionali sono integri, il bordo è attivo. È la
situazione ottimale di guarigione.
3. Iperessudante: il fondo è lucente, di colore rosso vivo. Sono richiesti ripetuti
cambi di medicazione nelle 24 ore. I tessuti perilesionali sono macerati e
spesso lesionati dall’eccessiva umidità.
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Fattori che ostacolano i processi di guarigione della cuteL’organismo umano è normalmente in grado di guarire le ferite autonomamente,
tuttavia le sue capacità rigenerative vengono influenzate da svariati fattori.
La velocità e la qualità della guarigione di una ferita dipendono dallo stato di salute
generale dell’organismo e dalle cause che hanno portato alla formazione della ferita.
Fattori intrinseci
Età del pazienteL’invecchiamento fisiologico prolunga i tempi di guarigione delle ferite cutanee a
causa di una riduzione nella velocità di sostituzione cellulare. Inoltre in età avanzata,
la regressione e la disorganizzazione dei capillari e dei piccoli vasi riducono il flusso
ematico e la velocità di clearance delle sostanze dalla cute. Associata all’età si ha
anche una riduzione della risposta infiammatoria che comprende la riduzione
dell’eritema, dell’edema e dei livelli di istamina.
Riduzione della mobilitàEssa può essere compromessa da patologie come demenza, Alzheimer, lesioni
midollari, ma anche dolore, fratture di femore o bacino, sedazione farmacologica.
Sono tutte condizioni in cui la persona assistita non può eseguire cambiamenti
posturali o non riesce ad avvertire la fisiologica necessità di cambiare i punti di
appoggio.
Struttura corporeaUna persona obesa ha un pannicolo adiposo che può far pensare all’impossibilità di
sviluppare ulcere da pressione, in realtà la scarsa irrorazione sanguigna dell’adipe la
rende più sensibile alle forze di pressione. Nei soggetti magri viceversa le prominenze
ossee sono più esposte a traumatismi e forze di pressione e trazione.
Stato nutrizionaleLa malnutrizione è probabilmente il principale fattore che contribuisce sia ad una
immunosoppressione che ad una scadente cicatrizzazione delle ferite.
I nutrienti essenziali per la riparazione delle ferite sono le proteine, i carboidrati, i lipidi,
le vitamine e i sali minerali. Le proteine aiutano la rivascolarizzazione, la proliferazione
fibroblastica, la sintesi di collageno e la formazione linfatica. L’albumina è una proteina
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molto importante per la riparazione tissutale, in quanto svolge diversi ruoli fisiologici,
tra cui:
Mantenimento della pressione oncotica intravascolare
Donazione di aminoacidi per la sintesi tissutale extraepatica
Meccanismo di trasporto dello zinco (importante per il legame del collageno) e
degli acidi grassi (importante substrato energetico periferico).
I carboidrati e gli acidi grassi forniscono energia alle cellule contribuendo alla
proliferazione cellulare e all’attività fagocitaria. Le membrane cellulari sono formate da
acidi grassi, una loro carenza determina un’inibizione della rigenerazione tessutale.
L’energia fornita da carboidrati e lipidi previene la gluconeogenesi, che depriva
l’organismo di aminoacidi essenziali e riduce la massa corporea magra.
In generale una carenza vitaminica ritarda la normale cicatrizzazione delle ferite e
altera la fagocitosi, creando un letto di detriti e pus.
Le carenze di zinco nella persona con malnutrizione e/o immunodepressione derivano
frequentemente da stati da aumentato catabolismo (intervento chirurgico, stress,
sepsi) e determinano diarrea o eccessivo drenaggio gastrointestinale. Queste carenze
ritardano la sintesi di collageno e l’epitelizzazione. Lo zinco è un minerale essenziale
per il normale progresso della cicatrizzazione delle ferite in quanto partecipa alla
sintesi degli acidi nucleici.
Patologie di baseLe malattie che inibiscono il processo di guarigione delle lesioni cutanee sono
prevalentemente le patologie che inibiscono il sistema immunitario quali, tumori,
malattie autoimmuni come la sclerodermia ed infezioni. Tra le altre malattie di base,
quelle che sono di per sé causa di ulcerazione sono il diabete mellito, le angiopatie
come l’arteriopatia obliterante periferica e l’insufficienza venosa.
FarmaciMolti farmaci hanno un’azione negativa sul processo di guarigione delle ferite,
soprattutto gli immunosoppressori, i citostatici, gli antinfiammatori e gli anticoagulanti.
Ognuno di questi farmaci ostacola la guarigione delle ferite agendo su uno o più fasi
della guarigione, oppure aumentano il rischio di formazione delle ulcere cutanee
rendendo i tessuti più fragili.
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Fattori estrinseciRappresentano gli elementi patogenetici più significativi per la formazione delle ulcere
da pressione.
1) Pressione: di durata superiore alle 2 ore. Una pressione praticata nello stesso
punto per un tempo prolungato determina un’interruzione della perfusione
tissutale capillare con conseguente ipossia, acidosi, eritema persistente alla
digitopressione, accumulo di cataboliti, necrosi tissutale.
2) Disidratazione della cute: la disidratazione determina morte cellulare e riduce
la migrazione cellulare dal bordo al centro della lesione.
3) Forze di stiramento: facendo scorrere i piani molli rispetto al piano osseo si
determina una riduzione del flusso ematico superficiale per strozzatura dei vasi
più profondi, determinando ischemia e necrosi.
4) Forze di attrito: la forza esercitata tra due superfici che scorrono una sull’altra
determina la formazione di calore. Pur non essendo un fattore determinante
della formazione di ulcere da pressione, le forze d’attrito possono determinare
l’asportazione degli strati superficiali dell’epidermide. Queste forze sono
tipicamente generate durante le manovre di nursing specialmente negli
spostamenti posturali.
5) Umidità: l’umidità sulla cute può essere determinata da due cause, una legata
all’incontinenza del paziente l’altra dall’aumento della temperatura locale. Le
feci e l’urina a contatto della cute aumentano gli effetti delle forze di attrito e
determinano un danno cellulare per effetto chimico o tossico e per alterazione
del pH cutaneo per effetto della trasformazione delle urine in ammoniaca.
L’aumento della temperatura locale determina aumento della sudorazione con
conseguente macerazione dei tessuti.
Tutti questi fattori sono inevitabilmente legati tra loro, in un circolo chiuso e si
influenzano continuamente.
È evidente che un soggetto più anziano sarà più soggetto a malattie croniche e/o
degenerative che causano una diminuzione delle difese immunitarie e malnutrizione e
viceversa che per fattori come condizione socio-economica o psicologica, sarà più
soggetto a squilibri alimentari che porteranno il soggetto a sviluppare malattie che
tenderanno poi a cronicizzare.
16
Epidemiologia delle ulcere da pressioneL’aumento della popolazione anziana e delle malattie croniche, dovuto anche ai
progressi della medicina che non sempre riesce a guarire le malattie, ma spesso
riesce a stabilizzarle donando al paziente una buona qualità di vita pur essendo esso
malato, ha determinato un aumento del rischio di sviluppo di ulcere cutanee nella
popolazione. Ciò è possibile affermarlo prendendo in considerazione alcuni studi di
prevalenza effettuati in Italia ed in Europa; nel 1984 uno studio di prevalenza condotto
in Italia mostrava una prevalenza di ulcere da pressione dell’8,6% 5, nel 1994 una
ricerca multicentrica dell’AISLeC rivelava una prevalenza del 13.2%6, la quantità di
lesioni si era raddoppiata, nel 2001/2002 l’indagine dell’ EPUAP condotta in 5 paesi
europei (Belgio, Inghilterra, Italia, Portogallo e Svezia) ha confermato la tendenza
all’aumento delle lesioni da decubito, su una popolazione ospedaliera di 5947
soggetti, il 18,1% era portatore di ulcera da pressione7.
Le lesioni da decubito è innegabilmente un problema, esso va affrontato con misure
preventive e cure appropriate, che non vanno applicate solo negli ospedali, ma vanno
estese soprattutto alle cure extraospedaliere per ridurre i rischi di aggravamento o
recidiva. L’ulcera da pressione comporta gravi disagi per il paziente, prolunga i tempi
di degenza e i costi. L’ulcera da decubito è un importante indicatore della qualità di
cura dei pazienti con pluri-patologie e disabili.
La prevenzione delle ulcere da pressioneDa tutto ciò che è stato detto in precedenza, risulta importante che il fenomeno ulcera
non si presenti nei nostri pazienti e l’unico modo per prevenire le lesioni da pressione
è il riconoscimento precoce dei soggetti più a rischio tra coloro che giungono alle
nostre cure. Indispensabile a questo scopo è la visione olistica del paziente che
richiede un approccio multidisciplinare alla valutazione del rischio.
Per evitare la formazione di un ulcera da decubito è necessario adottare una strategia
mirata alla riduzione dei fattori che concorrono al loro sviluppo.
5 Di Giulio P. “La prevalenza delle ulcere da decubito nei pazienti ospedalizzati” - Rivista dell’infermiere 1985; 2: 5-10.
6 AISLeC “Profilassi delle lesioni da decubito e cambio posturale: ricerca Multicentrica e linee guida“ - Ed. ANIN - Pavia,1995
7 EPUAP Advisory panel “Summary report on the prevalence of pressure ulcers” volume 4, issue 2, 2002
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Valutazione del paziente a rischioSecondo le maggiori linee guida internazionali è necessario utilizzare uno strumento
unificato che permetta una precoce identificazione del paziente a rischio.
La scala di Braden (Allegato 1) si è dimostrata la più efficace a questo scopo, con un
valore di cut-off di 16, identifica le persone a rischio di sviluppare ulcere da decubito,
l’esperienza clinica suggerisce di definire pazienti a basso/medio rischio i soggetti con
punteggio di 12/13, al di sotto del quale si entra in livelli di alto rischio.
Il valore ottenuto dopo la compilazione della scala di valutazione deve comunque
essere sempre corretto dalla propria esperienza clinica, per includere o escludere
soggetti con punteggio border-line nella fascia di rischio.
La scala di Braden deve essere applicata a tutti i pazienti e non soltanto a quelli che sembrano soggettivamente più a rischio.
La valutazione deve essere effettuata dopo 24-48 ore di osservazione del paziente,
questo è il tempo minimo richiesto per poter raccogliere tutti i dati necessari alla
compilazione della scala, che sono:
Percezione sensoriale; capacità di rispondere ai disturbi connessi con
l’aumento della pressione.
Macerazione; esposizione della cute all’umidità.
Attività; grado di attività fisica.
Nutrizione;
Frizione e scivolamento;
Nei soggetti con particolari condizioni cliniche che costringono il paziente in posizioni
obbligate, la valutazione deve avvenire in tempi più stretti.
Braden (2001)8 suggerisce di calibrare la frequenza della valutazione del rischio in
base ai dati reperiti durante l’esame effettuato al momento del ricovero e sulla rapidità
con cui si modifica lo stato di salute dell’assistito. Idealmente, dovrebbe essere fatta
una valutazione del rischio al momento del ricovero, dopo 48 ore e con frequenza
indicata dal livello di morbilità. In aggiunta, Braden (2001) raccomanda la valutazione
di specifiche categorie di popolazione secondo il seguente piano: 8 RNAO “risk assessment & prevention of Pressure ulcer 2005
18
Strutture a lungodegenza – al momento del ricovero, poi ogni settimana per
quattro settimane e successivamente ogni quattro settimane.
Unità di Terapia Intensiva – a cadenza giornaliera.
Reparti di medicina/chirurgia generali –a giorni alterni.
Comunità – ogni visita a domicilio
Essendo la malnutrizione un importante fattore di rischio per lo sviluppo di ulcere
cutanee è importante riconoscere precocemente i pazienti malnutriti, si pensi che il
solo aumento di 1 °C della temperatura corporea determina un aumento del 13% il
metabolismo basale, con aumento del fabbisogno energetico.
La scala MUST 2003 (Malnutrition Universal Screen Tool) (Allegato 2) è tra le scale
più utilizzate per la valutazione nutrizionale. Data la complessità di questa scala è
consigliabile richiedere una consulenza dietistica e dietologica del paziente, queste
figure professionali sono più avvezze all’uso di questi strumenti, inoltre la loro
consulenza permette una precoce presa in carico nutrizionale del paziente ed è un
primo passo ad un approccio multidisciplinare al paziente.
Molto importante è il non soffermarsi sull’aspetto esteriore della persona assistita,
anche una persona tendente all’obesità può essere malnutrita, seguendo i vari
passaggi della scala MUST 2003 si comprende che viene dato un punteggio di rischio
anche per quanto riguarda la perdita di peso non voluta, un punteggio 2 (alto rischio di
malnutrizione) viene assegnato alla persona molto malata che non assume cibo da
almeno 5 giorni indipendentemente dal suo peso corporeo.
Cura della cute sanaLa cute è naturalmente provvista di un film idrolipidico; le funzioni del film idrolipidico
sono molte e diverse. Innanzitutto mantiene idratato lo strato corneo, sia grazie alla
presenza dell'NMF (Natural Moisturizing Factor) che ha proprietà umettanti, sia grazie
alla componente lipidica, che regola l'evaporazione dell'acqua dalla superficie
cutanea.
Il film idrolipidico ha anche proprietà antimicrobiche. Nella frazione liposolubile
esistono infatti degli acidi grassi dotati di azione tossica nei confronti dei
microrganismi patogeni; anche lo stesso sebo, costituito da una frazione lipidica
particolare, si oppone alla colonizzazione batterica della cute.
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Il film idrolipidico è inoltre dotato di un pH acido che rappresenta un ulteriore mezzo di
difesa contro la colonizzazione di microrganismi patogeni. I lavaggi eccessivi possono
ridurre questa protezione naturale.
È quindi necessario:
Ispezionare quotidianamente la cute del paziente soprattutto in corrispondenza
di prominenze ossee e nelle pliche cutanee;
Mantenere il più possibile la cute asciutta e pulita, il paziente deve essere
cambiato appena si bagna/sporca, o perlomeno deve essere cambiato il prima
possibile;
Le cure igieniche devono essere effettuate con sapone neutro e acqua tiepida;
Asciugare la cute tamponando delicatamente, mai sfregando;
In caso di arrossamenti o disidratazione applicare sostanze idratanti come l’olio
di mandorle;
Controllare che non ci siano corpi estranei nel letto e che le lenzuola non siano
troppo tese;
Evitare il contatto diretto della pelle con materiali impermeabili, diminuiscono la
traspirazione cutanea aumentando la sudorazione e conseguentemente il
rischio di macerazione;
Non applicare talco (ottura i pori aumentando la sudorazione) e non frizionare
con soluzioni a base d’alcool, l’effetto rinfrescante è solo transitorio, mentre
l’effetto sgrassante e disidratante permane a lungo;
L’antibiotico topico dovrebbe essere utilizzato solo in casi specifici in quanto
possono dare fenomeni di sensibilizzazione;
Le ciambelle non vanno utilizzate: riducono il flusso ematico nella zona
d’appoggio e provocano danni da compressione e da frizione;
L’uso del vello di pecora non ha alcuna valenza scientifica, non modifica la
compressione sui tessuti e non riduce il rischio di sviluppo di ulcera da
decubito;
Al termine dell’igiene è consigliabile l’applicazione di creme emollienti che ripristinano
il film idrolipidico, inevitabilmente, seppur in minima parte, rimosso durante l’igiene del
paziente. La loro applicazione deve avvenire in modo delicato, mai sfregare
20
vigorosamente ciò aumenta il rischio di trauma meccanico da trazione dei tessuti con
possibile rottura dei capillari.
La mobilizzazione del pazienteAppurato che l’immobilità è la principale causa di sviluppo di lesione da pressione,
ogni qual volta che un paziente è impossibilito ad eseguire una mobilizzazione attiva,
il personale sanitario (infermieri, oss e medici) è tenuto ad eseguire periodicamente la
mobilizzazione passiva del paziente in modo da alternare i punti di pressione nell’arco
delle 24 ore ed evitare l’ischemia e la necrosi dei tessuti.
La mobilizzazione del paziente dovrà essere effettuata utilizzando uno schema di
mobilizzazione standardizzato, ma modificabile in base alle singole esigenze del
paziente ed ogni cambio posturale dovrà essere registrato.
L’intervallo di tempo tra un cambio posturale e l’altro non dovrà essere superiore alle 2
ore perché studi scientifici hanno dimostrato che quello è il tempo medio perché si
instauri sofferenza cutanea da danno del microcircolo.
Per effettuare i cambi posturali si deve porre molta attenzione alle forze di stiramento
e attrito che si possono venire a creare se non si applicano le giuste tecniche di
mobilizzazione. L’uso del trapezio, della traversa e, quando disponibili, i teli ad alto
scorrimento, permettono di sollevare il paziente e non trascinarlo, abbattendo questi
fattori di rischio.
Nei soggetti allettati totalmente immobili i talloni vanno sempre sollevati posizionando
un cuscino sotto le gambe (dalla coscia alla caviglia). Porre molta attenzione allo scarico del tendine di Achille.
Altrettanta importanza ha la posizione che viene fatta assumere all’assistito dopo ogni
cambio posturale. Durante il decubito laterale è ottimale posizionare il paziente con
un’angolazione di 30° per ridurre il peso diretto sul trocantere. (Figura 1)
21
Figura 1 Decubito laterale a 30°
Per gli individui allettati e a rischio si dovrebbero utilizzare alcuni supporti (cuscini,
materiali in gel o schiuma) per la protezione delle piccole prominenze ossee (per
esempio ginocchia e caviglie) al fine di evitarne il contatto diretto. È importante
accertarsi che questi supporti non interferiscano con l’azione di qualsiasi altra
superficie di appoggio già utilizzata per minimizzare la pressione.
Durante il decubito supino è preferibile adottare una posizione semi-Fowler a 30°
(Figura 2) la quale riduce le forze di stiramento e attrito dovute allo scivolamento del
corpo. La posizione semiseduta a letto dovrebbe essere mantenuta per il tempo
strettamente necessario.
Figura 2 Posizione semi-Fowler a 30°
La posizione seduta è risulta più rischiosa per lo sviluppo ulcere da pressione rispetto
alla posizione supina per la riduzione dei piani di scarico. Il paziente deve essere
posizionato in carrozzine o sedie di dimensioni adatte alla corporatura, proteggendo
eventuali zone di possibile attrito o pressione come braccioli e poggia-polpacci. I
cambi posturali del paziente seduto devono essere più serrati rispetto al paziente a
letto. Il paziente deve essere mobilizzato ogni ora circa o rimesso a letto. Ai soggetti in
grado di effettuare la manovra si deve insegnare a ridistribuire il peso ogni 15 minuti
(tramite inclinazioni del tronco in avanti, laterali o comunque facendo variare
l’appoggio sulle cosce). Importante è mantenere l’allineamento posturale correggendo
22
deviazioni laterali del rachide o del bacino, mediante l’utilizzo di ausili. La coscia del
paziente deve essere ben alloggiata sulla seduta della sedia, la lunghezza della
seduta deve permettere l’appoggio quasi totale della coscia, mantenendo un massimo
di 3-4 cm liberi dal cavo popliteo; questo migliora la stabilità e distribuisce i pesi su
una superficie maggiore.
Quando possibile la posizione ideale è con inclinazione di alcuni gradi della seduta,
con le gambe posizionate in scarico con talloni liberi da appoggio (Figura 3).
Figura 3 Posizione seduta
23
Gli ausili e le superfici antidecubitoSotto tale termine vengono raggruppati un gran numero di prodotti più o meno
complessi e sofisticati. In particolare essi sono:
Sovramaterassi: superficie di supporto che viene posizionata sopra il
materasso standard. Se il letto non è regolabile in altezza si deve porre
attenzione al grado di elevazione che si realizza che può interferire con la
mobilizzazione del paziente.
Materassi: dispositivo che sostituisce il materasso standard in toto.
Sistemi letto: dispositivo che sostituisce il letto di degenza.
Gomitiere e talloniere: sistemi antidecubito appositamente sagomati per
proteggere le zone a rischio.
Cuscini: superficie antidecubito per la seduta del paziente.
Accessori: superfici per evitare il contatto tra prominenze ossee.
L’impiego di ausili con caratteristiche preventive devono permettere una riduzione
delle pressioni di appoggio determinando una distribuzione delle forze di pressione
nelle zone a rischio di sviluppo di ulcera. Questo si ottiene permettendo lo
sprofondamento del corpo all’interno della struttura del materasso senza però
permettere l’appoggio del corpo sulla rete del letto. Le linee guida internazionali
prevedono l’uso di prodotti alti almeno 10 cm, meglio se di 16 – 20 cm. Alcune linee
guida consigliavano di valutare lo sprofondamento del paziente facendo passare la
propria mano tra il materasso e la rete del letto, maggiore è la difficoltà a far scorrere
la mano, maggiore è lo sprofondamento del paziente e minore è l’efficacia della
superficie antidecubito. Questa pratica non è più consigliata, in quanto di scarsa
valenza scientifica, inoltre recenti revisione sistematiche hanno evidenziato una
riduzione di incidenza di sviluppo di ulcera da pressione nei soggetti posizionati su
superfici antidecubito specifiche rispetto ai materassi standard ospedalieri9.
Non esiste una classificazione universale per le superfici antidecubito, quella
consolidata ad oggi è quella basata sul meccanismo di funzionamento della superficie
in quanto è l’aspetto più facile da comprendere, ma la continua innovazione
9 McInnes E, Cullum NA, Bell-Syer SEM, Dumville JC, Jammali-Blasi A. Support surfaces for pressure ulcer prevention. Cochrane Database of Systematic Reviews 2008, Issue 4. Art. No.: CD001735. DOI: 10.1002/14651858.CD001735.pub3
24
tecnologica di costruzione di questi strumenti rende difficile includere in queste due
classi i nuovi ausili, di conseguenza si sta introducendo la classificazione
suddividendo i dispositivi in bassa ed alta tecnologia.
Le superfici statiche mantengono le loro caratteristiche in base al materiale con
cui vengono costruite, senza mai cambiare queste caratteristiche. Non hanno
movimento della superficie ed interazione con il paziente. In questa categoria
rientrano le superfici in fibra, in schiuma, in gel e quelli ad aria, alimentati o
meno da corrente elettrica, con adattatori di pressione con sensori o valvole
che permettono di adattare la pressione alla posizione del paziente. Possono
essere utilizzate solo per pazienti con mobilità efficace o con possibilità di
variarne la postura da parte del personale sanitario.
Le superfici dinamiche hanno un movimento della superficie grazie
all’alimentazione elettrica. Le superfici che rientrano in questa classe sono
quella a pressione alternata, la quale garantisce una diminuzione delle
pressioni di contatto per almeno il 50 – 60% del loro ciclo di funzionamento.
Questi ausili riproducono il comportamento dell’individuo sano che ciclicamente
varia la sua posizione di appoggio in risposta al fastidio o dolore dovuto alla
pressione sulle prominenze ossee. Alcune di queste superfici possono essere
dotate di sensori per adattare la pressione in base al peso del paziente e
comandi per attivare la modalità statica.
Ogni superficie antidecubito ha caratteristiche e specifiche differenti, per scegliere il
più adatto al paziente a noi in carico è necessario conoscere i vari tipi di superficie e i
loro vantaggi e svantaggi. I prodotti in commercio sono tantissimi e non è possibile
descriverli tutti, di seguito vengono suddivisi e descritti per materiale o tecnologia
costruttiva.
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Superficie in schiuma
Sono materassi o sovra materassi, costituiti da polimeri sintetici, rivestiti con tessuti traspiranti,
impermeabili ai liquidi, ma permeabili al vapore acqueo. Hanno azione antidecubito
distribuendo la pressione su una superficie più ampia. Questa funzione dipende dalle
caratteristiche intrinseche della superficie (densità, spessore, memoria, al grado di
modellamento al corpo).
Hanno un costo contenuto, un buon confort per il paziente, bassa manutenzione e resistenti
alle forature, di contro hanno una durata limitata, richiedono ampi spazi di stoccaggio, la
fodera ha un costo molto elevato in proporzione al costo del materasso, la portata è limitata.
Superfici in fluidi viscosi o gel
Superfici costituite da diverse tipologie di materiali polimerici: combinazioni di poliuretano e oli
siliconici, gel a base acquosa o siliconica, fluido viscoso caratterizzato da microsfere di silicio
lubrificate con silicone, in immersione. I materiali sono contenuti in una sottile membrana di
PVC o poliuretano, rivestita a sua volta da una fodera esterna in poliestere, microfibra, lycra,
neoprene, ecc. La distribuzione della pressione di contatto avviene sfruttando la legge di
Pascal (il peso di un corpo posto su un sistema fluido si distribuisce su tutta la superficie), in
questo modo non vi sono punti di pressione.
In commercio si trovano sovra materassi e materassi costruiti con questa tecnologia, hanno
facilità d’uso, facilità di sanificazione e una buona durata, ma hanno costi e pesi molto elevati,
scarso controllo della macerazione e determinare una sensazione di durezza correlata alla
durezza del gel.
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Superfici a fibra cava
Sono materassi e sovra materassi costituiti da una fibra di silicone o poliestere che, grazie ad
un particolare procedimento di lavorazione sono cave all’interno, questa caratteristica le
conferisce grande elasticità costante nel tempo. Le fibre in poliestere vengono
successivamente siliconate per conferirle alta capacità di scorrimento tra le fibre rendendo
l’insieme delle fibre facilmente deformabili ed impermeabili. Espletano la funzione di ridurre i
carichi tramite la sua distribuzione su una superficie più ampia, permettendo inoltre una
costante areazione della cute. Le fibre sono contenute in cilindri di cotone trasversali
asportabili.
I punti di forza sono, un costo contenuto, elevato confort al paziente, la durata, i cilindri
possono essere lavati in lavatrice, la manutenzione è minima, gli svantaggi riguardano la
difficoltà del percorso di sanificazione in ospedale, la mancata ignifugicità di classe M1 per la
siliconatura, l’instabilità della superficie sulla rete del letto o sul materasso in assenza di barre
di contenimento.
Le superfici ad aria si suddividono in superfici statiche e dinamiche. A loro volta le
superfici statiche sono suddivise in:
A pressione statica
Sono materassi e sovra materassi formati da celle di PVC, collegate tra di loro e riempite
d’aria ad una pressione prestabilita con pompa manuale o elettrica. Il livello di pressione viene
fissato dall’operatore in base all’affondamento del paziente sul materasso (se eseguito
manualmente) o con parametri prefissati e regolati elettronicamente da un sistema di
gonfiaggio. La connessione delle camere permette la distribuzione uniforme della pressione
determinando un effetto di fluttuazione ed immersione con aumento della superficie di
appoggio. Sono facilmente sanificabili, il costo è variabile in base al modello, richiedono poca
manutenzione, sono facili da utilizzare. Ma necessitano di controllo della pressione di
gonfiaggio, vi è il rischio di perforazione, se ad unica camera si verifica l’effetto amaca, se la
pressione è regolata elettronicamente necessitano di manutenzione periodica.
27
A compensazione pressoria
Fanno parte di questa categoria materassi, sovra materassi e letti. Queste superfici
interagiscono con il paziente eseguendo una compensazione pressoria controllata in base alla
postura ed al peso del paziente per mezzo di:
Valvole precalibrate, formati da una serie di cuscini ad aria comunicanti tra loro
tramite valvole che regolano il flusso d’aria tra le varie camere. La regolazione
di pressione non dipende dal gruppo elettrico, ma hanno un costo elevato.
Sensori, la regolazione di pressione avviene tramite sensori elettronici che
vengono attivati dalla distribuzione del peso, dalla postura del paziente e dai
suoi movimenti, il confort può essere regolato dal paziente, ma hanno costo
elevato, il costante controllo elettrico determina rumorosità, necessita di
manutenzione periodica.
Sistemi a cessione d’aria, possono essere sotto forma di materassi, sovra
materassi e letti, queste superfici sono rivestite di materiale sintetico ad alta
permeabilità che permette il passaggio di flussi d’aria generati da un
compressore a turbina. Queste superfici permettono il contrasto della
macerazione cutanea e possono essere dotati di altri accessori, l’aria può
essere riscaldata per controllare la temperatura corporea, ma hanno costi
elevati, elevata rumorosità, i sovra materassi trasmettono sensazione di
instabilità e necessitano di manutenzione periodica. In assenza di corrente
elettrica, non potendo mantenere la superficie gonfiata (per l’alta permeabilità),
sono dotati di base antidecubito.
Sistemi ad aria fluidizzata, sono superfici ad alta tecnologia, sono composte da
una vasca di microsfere siliconate racchiuse in un involucro ad alta
permeabilità e fluidizzate tramite l’immissione di grandi quantità d’aria calda
deumidificata. Questo permette di mantenere il corpo del paziente in una
condizione di fluttuazione permetta dall’immersione per 2/3 del corpo nella
superficie. È il miglior sistema per eliminare le forze di frizione e taglio e
permette il controllo della macerazione dovuto a sudorazione, incontinenza e
essudato da ferite, grazie all’ambiente asciutto determinato dal flusso di aria
deumidificata. È indicato solo per trattare grandi ustionati, pazienti con lesioni
da decubito di 3° e 4° grado e pazienti sottoposti a ricostruzione plastica.
Hanno però un costo elevatissimo, strutture molto pesanti (circa 1 ton.),
rendono difficili i movimenti del paziente, determinano una sensazione di
28
isolamento e disorientamento, possono portare alla disidratazione della cute
lesa, il personale sanitario deve essere adeguatamente addestrato, in caso di
perforazione vi può essere perdita di microsfere, necessita di alimentazione
elettrica costante.
Le superfici dinamiche ad aria sono essenzialmente rappresentate dalle superfici a:
Pressione alternata
Sono materassi e sovra materassi formati da celle riempite d’aria da un motorino elettrico il cui
gonfiaggio avviene in modo alternato. Come detto in precedenza queste superfici
garantiscono una riduzione o scarico delle pressioni di appoggio per almeno il 50% del
periodo di funzionamento, simulando i movimenti naturali ed involontari del corpo in risposta al
disagio provocato dalla pressione. Necessitano di alimentazione elettrica, periodica
manutenzione, vi è il rischio di foratura, il motore elettrico è rumoroso, a volte non è tollerato
dal paziente per la conformazione e per la sensazione di calore, il costo varia di molto in base
al modello
Si deve tenere comunque presente che l’uso di una superficie antidecubito statica è
consentito solo nei pazienti in grado di cambiare autonomamente la posizione e
presentano un grado di rischio basso10.
Il numero di strati (lenzuolo, traversa, traversa monouso, ecc…), interposti tra
paziente e superficie antidecubito ne riduce progressivamente l’efficacia (effetto
amaca).
Il vello di pecora, le ciambelle guanti di lattice gonfiati con acqua, i materassi ad acqua e a fibre cave non sono raccomandabili come superfici di prevenzione
antidecubito.
Scelta ed utilizzo degli ausiliCome detto in precedenza tutti i pazienti devono essere valutati con uno strumento
adeguato per identificare il rischio di sviluppo di ulcere da pressione. In allegato a
10 PNLG Toscana, Ulcere da pressione: prevenzione e trattamento. 2005
29
questo documento si trova una scheda di valutazione sviluppata dal reparto di
medicina dell’Ospedale Valdese di Torino (Allegato 3).
Questa scheda consiste in una scala di Braden al termine della quale è stata
aggiunta, in base al valore ricavato dalla valutazione del paziente, una indicazione su
quale modello di materasso antidecubito fosse più indicato a quel soggetto.
Naturalmente il tipo di materasso indicato da questa scheda è basato sui modelli
forniti all’Ospedale Valdese, che possono essere differenti da quelli di altre aziende è
però possibile adattare la scheda alle disponibilità dell’ospedale.
Questo strumento è stato sviluppato sulla base del protocollo di cura strutturato per
livelli di rischio, indicato da Braden nel 2001nel suo Braden reference tool11 (allegato
4),qui di seguito riassunto:
Per individui con basso rischio (Braden Score 15-18), si devono instaurare i
seguenti interventi
o Mobilizzazione ogni 2 ore
o Mantenere e migliorare il grado di autonomia del paziente
o Utilizzare superfici antidecubito statiche se il paziente è allettato o in
carrozzina
o Proteggere i talloni
o Gestire l’umidità, lo stato nutrizionale e le forze di frizione e taglio
Qualora siano presenti altri fattori di rischio maggiori (età
avanzata, basso introito proteico, pressione diastolica inferiore a
60 mmHg, instabilità emodinamica), è necessario attuare il piano
di trattamento successivo.
Per individui con rischio medio (braden score 13-14),
o Attuare un piano di mobilizzazione dettagliato
o Utilizzare cunei di schiuma per mantenere le posizioni laterali con angolo
a 30°
o Utilizzare superfici antidecubito statiche
o Mantenere e migliorare il grado di autonomia del paziente
11 Barbara Braden, 2001. Reproduced with permission in “The process of developing best practice guidelines for nurses in Ontario: risk assessment and prevention of pressure ulcers. MacLeod FE, Harrison MB, Graham ID. Ostomy Wound Manage. 2002 Oct;48(10):30-2, 34-8”
30
o Proteggere i talloni
o Gestire l’umidità, lo stato nutrizionale e le forze di frizione e taglio
Qualora siano presenti altri fattori di rischio maggiori), è
necessario attuare il piano di trattamento successivo.
Per individui ad alto rischio (Braden Score 12-10),
o Attuare un piano di mobilizzazione dettagliato
o Integrare il piano di mobilizzazione con frequenti piccoli trasferimenti del
peso
o Utilizzare cunei di schiuma per mantenere le posizioni laterali con angolo
a 30°
o Utilizzare superfici antidecubito statiche
o Mantenere e migliorare il grado di autonomia del paziente
o Proteggere i talloni
o Gestire l’umidità, lo stato nutrizionale e le forze di frizione e taglio
Qualora siano presenti altri fattori di rischio maggiori), è
necessario attuare il piano di trattamento successivo.
Per individui ad altissimo rischio (Braden Score <9),
o In aggiunta agli interventi descritti si deve posizionare una superficie
antidecubito dinamica se il paziente manifesta algie intrattabili, lamenta
esacerbazione del dolore al cambiamento posturale o se vi è presenza
di fattori di rischio maggiori
31
Piano di prevenzione delle lesioni da pressioneAl fine di aiutare il personale sanitario ad implementare all’interno delle proprie attività
assistenziali il processo di prevenzione delle lesioni da pressione, è stata sviluppata
una flow-chart (allegato 5), che descrive sinteticamente la sequenza di azioni che
portano all’identificazione del paziente a rischio e suggerisce i corretti comportamenti
da applicare per prevenire la comparsa di lesioni cutanee da pressione.
Al momento del ricovero deve essere sempre compilata la scheda di accettazione
infermieristica, la quale deve essere integrata dall’anamnesi medica, per raccogliere
dati che possono aiutarci al riconoscimento di un soggetto a rischio di sviluppare
ulcere da pressione.
Dopo l’anamnesi deve essere effettuato un controllo del piano cutaneo alla ricerca di
lesioni preesistenti o di segni prodromi allo sviluppo di ulcere, se il soggetto lo
consente, nella raccolta dati, indagare sulla presenza di pregresse lesioni.
In caso di riscontro di lesioni, l’infermiere dovrà compilare la scheda di valutazione del
rischio di Braden, identificando il presidio più adatto alla riduzione del carico nella
sede di lesione e nelle aree a rischio. Inoltre dovrà compilare la scheda di
medicazione della lesione e se il paziente acconsente, fotografare la lesione;
informare il medico della presenza della lesione, il quale provvederà a richiedere una
consulenza dietistica e dietologica per la diagnosi di malnutrizione e gli esami
ematochimici e strumentali che riterrà necessari.
Nel caso in cui non si riscontrassero lesioni cutanee, il compito dell’infermiere sarà di
raccogliere dati sul paziente atti alla compilazione della scala di Braden che avverrà
nelle successive 24-48 ore, se il paziente non risulta a rischio l’infermiere continuerà il
controllo giornaliero del piano cutaneo e ripeterà la scala di Braden a cadenza
settimanale. All’eventuale comparsa di lesioni o se il paziente risulterà a rischio, si
applicheranno tutte le indicazioni suddette.
32
Bibliografia
1. Aldo Calosso, Le lesioni cutanee, manuale clinico, Roma, 2004
2. Sue Bale, Vanessa Jones, Assistenza infermieristica nella cura delle lesioni
cutanee, Edizione Elsevier Masson, 2007
3. Elia Ricci, Roberto Cassino, Piaghe da decubito, Edizioni Minerva Medica,
Torino, 2004
4. Marcello Monti, L’ulcera cutanea: l’approccio multidisciplinare alla diagnosi ed al
trattamento, Milano,Editrice Springer, 2000, p. 11-16
5. McInnes E, Cullum NA, Bell-Syer SEM, Dumville JC, Jammali-Blasi A. Support
surfaces for pressure ulcer prevention. Cochrane Database of Systematic
Reviews 2008, Issue 4. Art. No.: CD001735. DOI:
10.1002/14651858.CD001735.pub3
6. RNAO, Assessment and Management of Stage I to IV Pressure Ulcers, 2007
7. RNAO, Risk assessment & prevention of Pressure ulcer, 2005
8. RCN, The management of pressure ulcers in primary and secondary care: a
clinical practice guideline, Settembre 2005
9. Agenzia regionale della Sanità Friuli Venezia Giulia, Programma di prevenzione
e trattamento delle lesioni da pressione – Superfici antidecubito: caratteristiche
e criteri di scelta per l’utilizzo e l’acquisizione, febbraio 2006
10. ASL Salerno 1, Lesioni da decubito – Prevenzione e trattamento, 2006
11. ASO Mauriziano, IRCC di Candiolo, L’educazione terapeutica al paziente
sottoposto a radioterapia, a cura di Floriana Villamaina, 2007-2008
12. PNLG, Ulcere da pressione prevenzione e trattamento Linee guida Consiglio
Sanitario Regione Toscana, documento 3 2005
13. SSR emilia romagna, AOU di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi,
prevenzione e trattamento delle ulcere da pressione, 2010
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Ringraziamenti
Innanzitutto ringrazio mia moglie Irene, insostituibile ispiratrice, sempre ricca di stimoli al miglioramento, solo grazie a lei riesco ad esprimermi al meglio. Grazie per aver sopportato tutti i miei momenti di sconforto ed isteria, ti amo.
Ringrazio Katia Somà, per i preziosi consigli, mi hanno evitato possibili figuracce e domande di difficile risposta. Il Dott. Sandy Furlini e il Dott. Francesco Di Giulio per aver accettato di supervisionare il mio lavoro.
Ringrazio Sara, Miriam, Rosa, Ersilia, Paolo e Barbara per aver condiviso questo percorso di crescita professionale, non dimenticherò mai i pranzi alla “cruasette” ricchi di risate.
Un grazie di cuore al Dott. Elia Ricci, al Dott. Roberto Cassino e a tutti i docenti che si sono susseguiti durante il corso, per aver condiviso le loro conoscenze rendendo possibile il sogno di diventare Vulnologo.
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Allegati
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