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LE STANZE DEL VETRO Isola di San Giorgio Maggiore 30124 Venice, Italy T. +39 041 522 9138 [email protected] rg www.lestanzedelvetro.or g LE STANZE DEL VETRO Progetto di Fondazione Giorgio Cini onlus e Pentagram Stiftung Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore 18 aprile – 31 luglio 2016 Il Vetro degli Architetti. Vienna 1900-1937 Una collaborazione tra il MAK di Vienna e LE STANZE DEL VETRO a cura di Rainald Franz, Curatore, MAK Glass and Ceramics Collection, Vienna Con oltre 300 opere, in gran parte provenienti dal MAK di Vienna, LE STANZE DEL VETRO dedica l’esposizione primaverile alla genesi della moderna arte vetraria in Austria tra la fine dell’Impero Austro-Ungarico e la Prima Repubblica In mostra i vetri dei protagonisti del Modernismo Viennese, come: Josef Hoffmann, Koloman Moser, Joseph Maria Olbrich, Leopold Bauer, Otto Prutscher, Oskar Strnad, Oswald Haerdtl e Adolf Loos Il Vetro degli Architetti. Vienna 1900-1937 a cura di Rainald Franz, dal 18 aprile al 31 luglio 2016 sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, mette a fuoco per la prima volta l’influenza epocale che i progetti dei giovani architetti del Modernismo Viennese esercitarono sullo sviluppo dell’arte vetraria a Vienna. Con oltre 300 opere provenienti dalla collezione del MAK - Museo Austriaco di Arti Applicate / Arte Contemporanea di Vienna e da collezioni private, la mostra presenta infatti la genesi della moderna arte vetraria in Austria tra il 1900 e il 1937, un periodo molto fervido, compreso tra gli ultimi decenni dell’Impero Austro-Ungarico e la Prima Repubblica. Dopo Il vetro finlandese nella Collezione Bischofberger, questa è la seconda esposizione sulle scuole nazionali dell’arte vetraria in Europa nel XX secolo, organizzata da LE STANZE DEL VETRO, progetto culturale pluriennale promosso da Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung per lo studio e la valorizzazione dell’arte vetraria del XX e XXI secolo. A cavallo del 1900, un gruppo di giovani architetti e designer, allievi di Otto Wagner, delle accademie e delle scuole di architettura, sviluppò uno speciale interesse per la lavorazione del vetro, al tempo eletto anche in architettura come materiale modernista per eccellenza. Protagonisti del Modernismo Viennese, come Josef Hoffmann (1870-1956), Koloman Moser (1868-1918), Joseph

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LE STANZE DEL VETROProgetto di Fondazione Giorgio Cini onlus e Pentagram Stiftung

Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore18 aprile – 31 luglio 2016

Il Vetro degli Architetti. Vienna 1900-1937Una collaborazione tra il MAK di Vienna e LE STANZE DEL VETROa cura di Rainald Franz, Curatore, MAK Glass and Ceramics Collection, Vienna

Con oltre 300 opere, in gran parte provenienti dal MAK di Vienna, LE STANZE DEL VETRO dedica l’esposizione primaverile alla genesi della moderna arte vetraria in Austria tra la fine dell’Impero Austro-Ungarico e la Prima Repubblica

In mostra i vetri dei protagonisti del Modernismo Viennese, come: Josef Hoffmann, Koloman Moser, Joseph Maria Olbrich, Leopold Bauer, Otto Prutscher, Oskar Strnad, Oswald Haerdtl e Adolf Loos

Il Vetro degli Architetti. Vienna 1900-1937 a cura di Rainald Franz, dal 18 aprile al 31 luglio 2016 sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, mette a fuoco per la prima volta l’influenza epocale che i progetti dei giovani architetti del Modernismo Viennese esercitarono sullo sviluppo dell’arte vetraria a Vienna. Con oltre 300 opere provenienti dalla collezione del MAK - Museo Austriaco di Arti Applicate / Arte Contemporanea di Vienna e da collezioni private, la mostra presenta infatti la genesi della moderna arte vetraria in Austria tra il 1900 e il 1937, un periodo molto fervido, compreso tra gli ultimi decenni dell’Impero Austro-Ungarico e la Prima Repubblica. Dopo Il vetro finlandese nella Collezione Bischofberger, questa è la seconda esposizione sulle scuole nazionali dell’arte vetraria in Europa nel XX secolo, organizzata da LE STANZE DEL VETRO, progetto culturale pluriennale promosso da Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung per lo studio e la valorizzazione dell’arte vetraria del XX e XXI secolo.

A cavallo del 1900, un gruppo di giovani architetti e designer, allievi di Otto Wagner, delle accademie e delle scuole di architettura, sviluppò uno speciale interesse per la lavorazione del vetro, al tempo eletto anche in architettura come materiale modernista per eccellenza. Protagonisti del Modernismo Viennese, come Josef Hoffmann (1870-1956), Koloman Moser (1868-1918), Joseph Maria Olbrich (1867-1908), Leopold Bauer (1872-1938), Otto Prutscher (1880-1949), Oskar Strnad (1879-1935), Oswald Haerdtl (1899-1959) e Adolf Loos (1870-1933), oggi famosi in tutto il mondo, aprirono la strada ai primi pioneristici sviluppi nella moderna produzione vetraria ornamentale e funzionale, lavorando direttamente nelle fornaci con l’obiettivo di comprenderne a fondo il materiale.

Gli architetti viennesi misero in atto il profondo rinnovamento dei metodi e dei materiali avviato dall’Accademia di Vienna e dalla Scuola viennese di arti e mestieri (Wiener Kunstgewerbschule) anche attraverso scuole di specializzazione (Fachschulen) come quelle di Steinschönau e Haida, centri dell’industria vetraria Boema. La collaborazione tra architetti e designer e l’integrazione di queste innovazioni nella produzione, grazie al contatto diretto con i vetrai viennesi e intermediari come E. Bakalowits & Söhne e J. & L. Lobmeyr e con aziende produttrici come la Johann Lötz Witwe, consentì la diffusione di una concezione del design radicalmente innovativa. Gli architetti avevano infatti la possibilità di visitare le

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vetrerie e di elaborare le loro creazioni nelle fornaci, dove osservavano da vicino le potenzialità del vetro e delle sue lavorazioni. Questo nuovo approccio era in linea anche con l’atmosfera di riforma artistica diffusa dal movimento della Secessione Viennese, così come dalla Wiener Werkstätte (1903-1932) e dal Werkbund tedesco e austriaco (associazioni di artigiani fondate rispettivamente nel 1907 e nel 1912) con l’obiettivo di “nobilitare” il lavoro dei produttori e di incoraggiare la collaborazione tra arte, artigianato e industria.

Il Vetro degli Architetti. Vienna 1900-1937, attraverso l’accostamento di oggetti di vetro, e dei loro progetti con disegni e fotografie d’epoca, in un allestimento originale che restituisce il gusto dell’epoca, mira a far rivivere le impressioni sbalorditive che questi oggetti così radicalmente moderni, crearono nel pubblico. L’allestimento ripropone, inoltre, esempi di carta da parati e tessuti della Wiener Werkstätte a firma di Koloman Moser, Josef Hoffmann, Dagobert Peche e Eduard Wimmer-Wisgrill, che complementano gli elementi decorativi dei vetri. La mostra ripercorre cronologicamente le tappe attraverso cui il vetro d’arte disegnato dagli architetti viennesi divenne un marchio e una costante nelle importanti esposizioni del periodo. Partendo dagli esordi dell’ottava mostra della Secessione, presentata a Vienna nel 1900 (stanza 1) e dalla fondazione della Wiener Werkstätte nel 1903 con la sua produzione successiva (stanza 2 e 3), il percorso passa in rassegna i vetri del periodo bellico e classicista dell’esposizione del Werkbund a Colonia nel 1914 (stanza 4 e 5), per arrivare fino ai lavori presentati all’Esposizione internazionale di Parigi del 1925 e ai vetri degli anni Venti e Trenta, tra i quali spicca l’unico progetto in vetro di Adolf Loos, il Trinkservice No.248 del 1931, uno dei servizi di bicchieri più noti della Lobmeyr, ancora oggi in produzione (stanza 6). La settima sala ospita la ricostruzione integrale, realizzata dal MAK, del Boudoir d’une grande vedette, la sala di vetro progettata da Josef Hoffman per il padiglione austriaco dell’Esposizione universale di Parigi del 1937.

Dopo la mostra I SANTILLANA presentata a LE STANZE DEL VETRO nel 2014 e successivamente al MAK a Vienna, Il Vetro degli Architetti. Vienna 1900-1937 costituisce la seconda collaborazione tra LE STANZE DEL VETRO e il museo austriaco di arti applicate e di arte contemporanea.

I testi critici pubblicati all’interno del catalogo della mostra, edito da Skira, inquadrano il ruolo decisivo che ebbe per i Modernisti Austriaci la scelta del vetro come materiale particolarmente adatto a soddisfare la ricerca di nuove forme, superfici ed espressioni. Inoltre, un Convegno Internazionale di studi, organizzato dal Centro Studi del Vetro, in programma per il 6 maggio 2016 alla Fondazione Giorgio Cini, sarà ulteriore occasione di approfondimento delle relazioni tra il vetro austriaco e il vetro veneziano.

Contestualmente e fino al 30 novembre 2016, senza interruzioni, rimarrà aperto al pubblico anche il padiglione temporaneo progettato dall’artista giapponese Hiroshi Sugimoto. Glass Tea House Mondrian è la prima opera architettonica di Sugimoto a Venezia.

Maggiori informazioni sulla mostra, le attività didattiche e gli altri progetti attivi, sono disponibili sul sito www.lestanzedelvetro.org e sulla pagina Facebook de LE STANZE DEL VETRO.

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Informazioni ut i l i :

Produzione: Fondazione Giorgio Cini onlus e Pentagram StiftungTitolo: Il Vetro degli Architetti. Vienna 1900-1937Curatore: Rainald Franz, Curatore, MAK Glass and Ceramics Collection, ViennaDate: 18 aprile – 31 luglio 2016Orari: 10 – 19, chiuso il mercoledìSede: LE STANZE DEL VETRO, Fondazione Giorgio CiniIndirizzo: Isola di San Giorgio Maggiore, VeneziaBiglietteria: ingresso liberoCatalogo: Skira per LE STANZE DEL VETROInfo: [email protected], [email protected]: www.lestanzedelvetro.org, www.cini.it

Come arrivare:

Per arrivare all’Isola di San Giorgio Maggiore è possibile prendere il vaporetto della linea Actv 2 con fermata San Giorgio in partenza da:

San Zaccaria (durata del viaggio di circa 3 minuti) Ferrovia (durata del viaggio di circa 45 minuti) Piazzale Roma (durata del viaggio di circa 40 minuti) Tronchetto (durata del viaggio di circa 35 minuti)

Per maggiori informazioni:

Fondazione Giorgio Cini [email protected] T: +39 041 2710280 www.cini.it

LE STANZE DEL [email protected]: +39 041 5230869www.lestanzedelvetro.org

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Didattica e visite guidate gratuite

Anche in occasione della mostra Il Vetro degli Architetti. Vienna 1900-1937 è disponibile per i visitatori de LE STANZE DEL VETRO il servizio gratuito di visite guidate, insieme alle attività didattiche gratuite rivolte alle scuole. Sono in programma percorsi su misura per tutte le età, appuntamenti per le famiglie, incontri con studiosi e artigiani e laboratori per bambini all’insegna della vivacità e della modernità dei motivi decorativi della Vienna d’inizio secolo.

Attività didattiche per le scuole

Il Vetro degli Architetti batte il ritmo della primavera viennese! è il titolo del programma didattico riservato alle scuole di ogni ordine e grado, disponibile per il download sul sito www.lestanzedelvetro.org a partire dal 1 maggio 2016, con tutti i dettagli dei percorsi differenziati per fasce d’età. Le singole classi vengono accolte a LE STANZE DEL VETRO con una visita guidata alla scoperta delle opere in mostra, seguita da un laboratorio pratico o un momento di confronto e interazione, con l’ausilio di supporti visivi, tattili e multimediali, adeguati alle diverse fasce d’età. La particolare ispirazione suscitata dal vetro, l’imprescindibile apporto della maestria artigiana, il processo creativo e le professionalità coinvolte, sono i temi a partire dai quali le opere vengono osservate e raccontate, con attenzione ai dettagli realizzativi e alla contestualizzazione nel panorama storico artistico.

Ai più piccoli  è riservata l’eccezionale possibilità di toccare con mano le riproduzioni di alcuni oggetti esposti in mostra, gentilmente concessi dalla storica ditta Lobmeyr di Vienna, per apprezzarne il peso, lo spessore e la trasparenza. I più grandi dopo un esercizio di attenta osservazione dei dettagli delle opere, mettono alla prova la loro creatività cimentandosi in un laboratorio didattico incentrato sugli elementi decorativi. Assieme ai ragazzi delle superiori infine, i temi della mostra vengono approfonditi confrontando la tradizione dell’arte vetraria veneziana con quella austriaca con particolare attenzione al vivace periodo storico-artistico dei primo Novecento europeo e alla proficua relazione che si instaurò tra l’accademia, la distribuzione e l’artigianato del vetro.

Dal mese di marzo e fino a giugno è inoltre attivo a LE STANZE DEL VETRO il nuovo progetto Parlare con Arte, che ha come protagonisti 29 allievi della 3D del Liceo Artistico Statale di Venezia, impegnati nelle 160 ore di alternanza scuola-lavoro. Un percorso che vuole insegnar loro a relazionarsi in un ambiente lavorativo e a elaborare progetti creativi.

Laboratori domenicali e incontri per famiglie e ragazzi

I SUNglassDAYs, gli appuntamenti speciali pensati per le famiglie, vengono riproposti nelle domeniche 15 e 22 maggio (ore 16) e 5 e 12 giugno (ore 17) . In queste occasioni LE STANZE DEL VETRO diventano allo stesso tempo spazio di osservazione, di meraviglia e di gioco: durante la visita guidata riservata ai genitori, i bambini e i ragazzi vengono accolti con una visita su misura e un laboratorio pratico diverso per ogni appuntamento.

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I tre incontri di Fuso-Fuso!! in programma il 29 aprile, il 13 e il 20 maggio (ore 17) hanno come ospiti d’eccezione esperti in storia dell’architettura moderna e in storia e tecnica della lavorazione del vetro.

In occasione del 150° anniversario delle relazioni Italia-Giappone, il 2 giugno 2016 alla Glass Tea House Mondrian - prima opera architettonica a Venezia del fotografo giapponese Hiroshi Sugimoto - si terrà un laboratorio dedicato ai bambini per scoprire i gesti dell’accoglienza tradizionale giapponese attraverso la lettura di fiabe.

Tutte le attività sono ideate e condotte da Artsystem, sono gratuite e si attivano su prenotazione al numero verde 800-662477 oppure all’email [email protected] (lunedì-venerdì 10-17). Sono disponibili anche visite guidate senza prenotazione ogni sabato e ogni domenica alle ore 11 in inglese e alle 17 in italiano, per tutta la durata della mostra.

Per notizie costantemente aggiornate con maggiori dettagli e novità si può consultare la sezione “Didattica” del sito www.lestanzedelvetro.org e la pagina Facebook de LE STANZE DEL VETRO.

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La comparazione come antidotoPasquale GagliardiSegretario Generale della Fondazione Giorgio Cini

Nella mia premessa al catalogo della mostra del vetro finlandese osservai che quella mostra – inserita nel progetto LE STANZE DEL VETRO, originariamente finalizzato alla valorizzazione del vetro veneziano del Novecento – nasceva dalla consapevolezza che la storia del vetro veneziano del Novecento, pur spiccando nel panorama mondiale, non esaurisce la storia del vetro d’arte, che ha avuto altre espressioni e altri luoghi di coltura, e ha prodotto altri filoni proficuamente comparabili con quello veneziano. Questa mostra sul vetro viennese va nella stessa direzione e rende più esplicita una precisa scelta epistemologica – il comparativismo – che è sempre stata, per così dire, nel patrimonio genetico della Fondazione Giorgio Cini e che contribuisce a ridurre il rischio dell’autoreferenzialità narcisistica, una deriva possibile per iniziative coronate da un successo così incondizionato come le mostre dedicate agli artisti e agli architetti che hanno progettato per la Venini.

Ho colto questo rischio quando ho cercato di capire le ragioni del successo di queste mostre soprattutto tra i veneziani, che hanno testimoniato con l’affluenza e con le parole la loro soddisfazione. Ho cercato di esplorare le ragioni di questo atteggiamento, nel modo che mi è più congeniale in quanto studioso delle culture, cioè delle motivazioni più profonde dell’agire umano. Ho colto intuitivamente in molti commenti compiaciuti quello che solo alcuni riuscivano a verbalizzare con chiarezza: queste mostre sono importanti perché per i veneziani sono uno specchio nel quale essi riconoscono la loro storia, i loro valori, la loro identità, la loro superiorità sorretta dai successi indiscutibili – nei campi più disparati – di una civiltà secolare. Questi compiacimenti celano, sottile, il rischio di assumere come universali i propri valori e i propri canoni estetici. Plaudo quindi con convinzione alla mostra “Il Vetro degli Architetti. Vienna 1900-1937”, che permette un affascinante confronto sia con “Il vetro finlandese” sia con le mostre Venini, in particolare quelle dedicate a Tomaso Buzzi e Fulvio Bianconi.

Nella prima metà del Novecento, in tre luoghi diversi – l’Italia, in particolare Venezia e Milano, la Finlandia e l’Austria (ma fenomeni analoghi si andavano verificando in Gran Bretagna, Francia, Belgio) – il vetro, questo materiale dalle straordinarie qualità linguistiche e metaforiche così acutamente analizzate da Mario Codognato nel suo bellissimo saggio La pura vetrità, ha avuto un ruolo preminente nel rinnovamento delle arti decorative e nella creazione di un “gusto moderno”. Il confronto rivela che il potenziale strumentale (le destinazioni d’uso) ed espressivo di questo materiale “nuovo” è stato esplorato e sperimentato con modalità, scopi ed esiti diversi nei diversi paesi, all’interno tuttavia di un processo di riforma che aveva ovunque le caratteristiche di una rivoluzione piuttosto che di una evoluzione, di un cambiamento “discontinuo” che prendeva le distanze o apertamente si contrapponeva alle tradizioni e ai canoni accademici consolidati. Al di là dei vantaggi intellettuali che il metodo offre, mi sembra importante sottolineare che il comparativismo come attitudine epistemologica assume oggi anche un preciso significato morale: perché in tempi di crescenti fondamentalismi di ogni denominazione e natura (religioso, ideologico, estetico e così via) l’esercizio comparativo è l’unico possibile antidoto al loro diffondersi. Ed è un modo decisivo di essere fedeli alla missione della Fondazione

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Giorgio Cini, che da sempre incoraggia il confronto tra discipline, tradizioni e culture.

Mi preme concludere esprimendo, anche a nome del presidente Giovanni Bazoli e del Comitato Direttivo della nostra Fondazione, la più viva gratitudine al MAK, che ha reso questa mostra possibile, a Rainald Franz che l’ha impeccabilmente curata, ai trustees e a tutti i collaboratori di Pentagram Stiftung e della Fondazione Cini che si sono prodigati per rispettare gli standard di eccellenza per i quali si distingue ogni evento realizzato da LE STANZE DEL VETRO.

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La bellezza del vetroChristoph Thun-HohensteinDirettore, MAK

Pur essendo un materiale antichissimo, il vetro è ancora considerato uno dei più “moderni”, non solo per l’ampia gamma dei suoi possibili impieghi, peraltro sempre crescente, ma anche perché la sua trasparenza rappresenta simbolicamente quella delle società democratiche, aperte e illuminate. I grattacieli con le facciate continue in vetro, adottati senza esitazione in ogni angolo democratico del mondo, incarnano tuttora il progresso urbano. Nello stesso spirito anche le nuove tendenze – ad esempio la recente mania dei microappartamenti nelle metropoli troppo care e affollate, come Tokyo – sfruttano il vetro in maniera innovativa, sia per strutture verticali che orizzontali. Per contro, l’avvento di una nuova era moderna dominata dalla tecnologia digitale – la Modernità Digitale – suscita ansie collegate letteralmente a quella stessa trasparenza suggerita dal vetro: telecamere di sorveglianza onnipresenti e altri strumenti digitali che registrano le nostre attività quotidiane hanno dato un nuovo significato al concetto tedesco di “Gläserner Mensch”, l’uomo di vetro, che si riferisce oggi alla nostra condizione di individui trasparenti.

L’obiettivo de LE STANZE DEL VETRO è stato fin dall’inizio quello di dedicare un luogo molto speciale, forse unico, all’immensa arte vetraria, per mostrare questo materiale in tutte le sue immaginabili forme, colorazioni e sfumature: dall’abbagliante chiarezza, all’erotica semitrasparenza, fino alla misteriosa opacità. Fin dagli esordi, il progetto ha dato vita ad alcune mostre di altissima qualità, permettendo al pubblico di entrare nel cuore di un materiale che non smette di sorprendere per bellezza e varietà. Era dunque solo questione di tempo perché LE STANZE DEL VETRO incrociasse il cammino del MAK – Museo Austriaco di Arti Applicate / Arte Contemporanea di Vienna con la sua straordinaria collezione di vetri composta da oltre 7600 oggetti. Dopo una prima fruttuosa collaborazione nel campo dell’arte contemporanea che ha visto il MAK ospite della rassegna “I Santillana”, presentata da LE STANZE DEL VETRO e dalla Fondazione Giorgio Cini, il logico tema successivo per una mostra sull’arte vetraria nella capitale austriaca non poteva che riguardare il modernismo viennese.

Osservando i vetri progettati e realizzati in una “modernità” precedente alla nostra, ci troviamo di fronte a un bivio: vogliamo solo “consumare” una splendida presentazione di oggetti in vetro di alta qualità e poi tornare all’irrequietezza e alla velocità della nostra esistenza dominata dalla tecnologia digitale? Oppure possiamo andare più a fondo e ricavare una fonte di ispirazione duratura dalla contemplazione della grande arte del vetro? E se scegliamo questa seconda opzione, cosa potrebbe imparare la Modernità Digitale dall’esperienza della bellezza dei vetri prodotti da una modernità precedente, per migliorare il ritmo e la direzione della sua vita? Seguendo i sentieri speculativi del filosofo Byung-Chul Han, sudcoreano residente a Berlino, possiamo sostenere che la vera bellezza resiste al consumo e può essere apprezzata solo attraverso una contemplazione priva di ogni interesse pratico. Appena ci si avvicina alla bellezza come a un oggetto, il suo fascino perde autenticità ed esso diventa parte del mondo accelerato del consumo. Contemplare la bellezza negli oggetti d’arte permette di reintrodurre la narrazione in un mondo dominato dai megadati. Inoltre, tale contemplazione genera ricordi che continuano a risuonare dentro di

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noi per molto tempo dopo che siamo fisicamente usciti dalla mostra...

La storia si complica quando parliamo di arte applicata. Il vetro è un esempio particolarmente adatto a illustrare la ricerca da parte della Secessione viennese di una unità delle arti: la cosiddetta arte “bassa” (applicata), che comprende gli oggetti in vetro destinati a un uso pratico, allo stesso livello dell’arte “alta”, cioè delle belle arti. La natura funzionale di molti vetri non ha limitato, anzi in molti casi ha stimolato la straordinaria creatività degli architetti: moltissimi oggetti in mostra sembrano edifici in miniatura! In linea con la filosofia della Secessione e della Wiener Werkstätte, manufatti nati per l’uso quotidiano possono facilmente sconfinare nell’universo delle belle arti, cioè possono prestarsi alla contemplazione mentre assolvono alla loro funzione in quanto oggetti d’arte applicata. Non contano i confini tra le discipline, quel che importa è la bellezza che si sprigiona da queste meraviglie, a prescindere dalla loro appartenenza all’arte, all’arte applicata o a entrambe.

Evidenziando l’importanza del vetro nella Vienna degli anni tra il 1900 e il 1937 attraverso la collezione di opere del MAK, “Il Vetro degli Architetti” racconta la passione per il vetro e le sperimentazioni con questo delicato materiale al tempo stesso immensamente generoso nelle sue possibilità e fragile come il nostro pianeta. Contemplare a fondo l’eccezionale arte del vetro permette di comprendere meglio il delicato equilibrio tra fragilità e bellezza e i suoi effetti sulla vita quotidiana. La mostra e la presente pubblicazione tracciano un cammino avvincente e – sia mettendo a fuoco le nuove forme, spesso rivoluzionarie, pensate come altrettanti specchi della nuova era, sia seguendo il percorso dell’emancipazione critica intrapreso da Adolf Loos – elaborano nuove narrazioni ispirate ai vetri creati da architetti e designer del modernismo viennese.

Non elogerò mai abbastanza Marie-Rose Kahane e David Landau per aver avviato questo progetto, e la Fondazione Giorgio Cini e LE STANZE DEL VETRO, insieme a Pentagram Stiftung e al suo coscienzioso staff, per averlo reso possibile. I miei più sinceri ringraziamenti vanno anche a Rainald Franz, responsabile della collezione di vetro e ceramica del MAK, per aver curato sia l’evento sia la relativa pubblicazione. Mi auguro che “Il Vetro degli Architetti” riscuota tutto il successo che merita. Che possa risuonare a lungo nella nostra memoria per ricordarci che la bellezza è sempre fragile e per sopravvivere richiede infinita dedizione, soprattutto nella nostra era digitale!

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Il Vetro degli Architetti. Vienna 1900-1937Rainald Franz

Curatore, MAK Glass and Ceramics Collection, Vienna

(Estratto dal saggio del catalogo)

Verso una nuova materialità

Nella Vienna di inizio Novecento si assiste a un netto mutamento dell’uso dei materiali in arte e architettura. Se lo storicismo aveva incoraggiato il recupero degli stili del passato attraverso la copia o l’imitazione di decorazioni e tecniche, in quel momento una giovane generazione di architetti e designer intraprese la ricerca di una nuova purezza e originalità nei progetti, nelle forme e nei materiali. Profondamente influenzati dai movimenti riformatori nati in Inghilterra, Francia e Belgio, essi riuscirono a creare quello che sarebbe diventato lo stile viennese all’interno del movimento moderno. La nascita di questo nuovo stile fu possibile grazie al nuovo indirizzo preso negli anni precedenti da alcune delle principali istituzioni artistiche della capitale austriaca, che si impegnarono attivamente per promuovere l’arte e l’architettura.

Nel 1894 Otto Wagner (1841-1918) cominciò a insegnare alla scuola speciale di architettura presso l’Akademie der Bildenden Künste di Vienna subentrando al predecessore, l’architetto neobarocco Carl von Hasenauer. Nel suo Moderne Architektur, inizialmente pubblicato come manuale per gli allievi nel 1895, egli dichiarò che il nuovo stile (Neustil) doveva rappresentare la propria epoca ed essere utile (Nutzstil), e condannò lo storicismo che nel corso degli ultimi decenni aveva portato a “passare superficialmente da uno stile all’altro” (Durchpeitschen aller Stilrichtungen). A suo avviso, lo scopo dell’arte e dell’architettura moderna era offrire nuove forme, rispondenti ai nuovi materiali, ai nuovi obiettivi e alle nuove esigenze dell’uomo: tutto ciò avrebbe condotto a un cambiamento o un’evoluzione delle forme esistenti.

Nello stesso anno, un gruppo di giovani artisti e architetti che condividevano il medesimo orientamento, tra i quali molti allievi e collaboratori di Otto Wagner, come Joseph Maria Olbrich, Josef Hoffmann, Leopold Bauer, Koloman Moser e Gustav Klimt si unirono per formare il Siebener-Club (Club dei Sette). Nell’ambito di questa cerchia nacque nel 1897 la Vereinigung bildender Künstler Österreichs o Secessione viennese, il cui obiettivo dichiarato era quello di sostituire gli inveterati stili storici con uno moderno, borghese e austriaco. Ispirandosi all’ideologia del movimento britannico Arts and Crafts, che si opponeva alla distinzione tra belle arti e arti applicate, essi intendevano trasformare il grigiore della vita quotidiana votandosi a un’arte applicata a oggetti moderni di uso comune e, per estensione, a chi li utilizzava. Gli artisti erano chiamati a rivestire con abiti moderni l’intero contesto umano e, in ultima analisi, l’oggetto creato artigianalmente doveva rispecchiare la personalità del proprietario.

Già nella prefazione alla seconda edizione di Einige Skizzen (1897) Otto Wagner menzionava esplicitamente i meriti di alcuni dei suoi allievi dell’Akademie: “[...] sostenendone l’opera con convinzione artistica e instancabile entusiasmo”. Wagner entrò a far parte della Secessione e pubblicò articoli per “Ver Sacrum”, la rivista del gruppo. Altri co-fondatori del

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movimento, come Koloman Moser, sarebbero diventati insegnanti della Wiener Kunstgewerbeschule, la scuola viennese di arti e mestieri. Dal canto loro, anche Arthur von Scala (1846-1909), dal 1897 direttore dell’imperial-regio Museo austriaco di arte e industria (Österreichisches Museum für Kunst und Industrie) e Felician von Myrbach (1853-1940), dal 1899 responsabile dell’affiliata Kunstgewerbeschule, iniziarono la loro attività in direzione della riforma.

Von Scala, che aveva studiato economia e lingue a Londra, portò al suo museo alcuni pezzi provenienti dalla Gran Bretagna, come le creazioni in vetro di Christopher Dresser e quelle di Louis Comfort Tiffany acquistate da Samuel Bing a Parigi, introdusse a Vienna artisti del vetro come Émile Gallé, riordinò le collezioni e inaugurò il programma di mostre invernali. L’esposizione di oggetti di arte decorativa contemporanea gli guadagnò le lodi di Adolf Loos e le critiche della Kunstgewerbeverein (Associazione di arti e mestieri), che lo accusò di essere “affetto da anglofilia”. Probabilmente con l’intento di promuovere l’artigianato locale, il museo organizzò mostre itineranti degli oggetti di recente acquisizione destinate alle scuole di specializzazione di tutto il regno, divulgando così lo stile moderno e ispirando nuove creazioni.

Nel quadro del programma di riforme pensate per la sua scuola, Felician von Myrbach, anch’egli cosmopolita, assunse nuovi giovani insegnanti come Josef Hoffmann e Koloman Moser e nel 1900 si recò in Gran Bretagna per studiare la Glasgow School of Art e i principi che avevano ispirato a Henry Cole (1808-1882) la creazione delle scuole di design. Josef Hoffmann lo accompagnò e da allora strinse un duraturo rapporto con Charles Rennie Mackintosh e Charles Robert Ashbee. Le loro opere furono esposte per la prima volta a Vienna all’VIII mostra della Secessione interamente dedicata ad arti e mestieri, insieme a lavori della galleria parigina La Maison Moderne e della Wiener Kunstgewerbeschule, e riscossero un grande successo. Mackintosh contribuirà con le sue idee al laboratorio per la lavorazione dell’argento progettato da Josef Hoffmann e Koloman Moser e finanziato da Fritz Wärndorfer, che poi diventerà la Wiener Werkstätte. L’influenza esercitata dall’art nouveau e dall’Arts and Crafts su personalità di così alto livello aprì la strada a quello che sarebbe diventato il modernismo viennese.

Il vetro: materiale dell’espressione modernista e della forma architettonica nella Vienna del Novecento

Sotto la direzione di Felician von Myrbach, la Kunstgewerbeschule elesse il vetro a materiale di particolare interesse per l’insegnamento. Il nuovo orientamento adottato all’epoca dalla scuola prevedeva modifiche al programma e agli obiettivi didattici: gli studenti non dovevano più imparare soltanto a copiare i modelli, ma anche essere in grado di progettare creazioni nuove e, ove possibile, realizzarle da soli. La scelta ricadeva sul vetro per la lunga tradizione nella lavorazione di questo materiale delle province boeme dell’impero austroungarico, strettamente connesse alla Kunstgewerbeschule di Vienna grazie alle cosiddette Fachschulen (scuole di specializzazione) di Haida (Nový Bor) e Steinschönau (Kamenický Šenov). In Boemia il mestiere del vetraio era diffuso fin dal Seicento e grazie allo sviluppo delle manifatture promosso da aristocratici proprietari terrieri come i conti di Harrach, Schwarzenberg e Kinsky, nel giro di due secoli si era trasformato in un’industria di prodotti destinati al commercio e all’esportazione.

Negli anni sessanta dell’Ottocento, l’influenza del movimento Arts and Crafts e la fondazione

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dell’imperial-regio Museo austriaco di arte e industria e della Kunstgewerbeschule, che in breve tempo favorirono lo sviluppo delle Fachschulen nelle province, diedero l’avvio a una serie di ulteriori sviluppi che coinvolsero anche l’industria del vetro. I centri specializzati nelle Terre ceche – Haida, Gablonz (Jablonec) e Steinschönau – istituirono scuole per artigiani qualificati, che contribuirono a migliorare la qualità, la tecnica e lo stile dei prodotti. La partecipazione alle fiere internazionali a partire dal 1852 e lo studio dei modelli dei vetri storici austriaci e veneziani e di quelli d’avanguardia inglesi e francesi pose solide basi, al volgere del secolo, per l’innovazione dei vetri austriaci in termini di forma, stile e tecnica.

Il sistema delle vetrerie al servizio di imprese quali J.&L. Lobmeyr e E. Bakalowits Söhne, che fungevano da rivenditori intermediari tra queste e i moderni architetti e designer viennesi, rese possibile la creazione di nuove forme. Nelle arti decorative austriache moderne, il vetro diventò un materiale dall’uso molteplice e spesso inusuale, impiegato per piastrelle, mosaici, lampade, finestre e lampadari. La qualità del materiale rispondeva appieno alle aspirazioni di artisti e architetti. Inoltre le mostre e il nuovo approccio all’architettura di Otto Wagner e della sua scuola favorirono il ruolo di primo piano del vetro come “materiale modernista”. All’inizio del Novecento gli architetti, rappresentanti di una disciplina che conciliava funzione ed espressione artistica, si consideravano i garanti della riforma visiva della vita quotidiana.

Già nel 1898, in una delle prime recensioni delle mostre viennesi, l’architetto Adolf Loos aveva parlato di Vetro e argilla. Nel testo, che può essere letto come un opuscolo per il rinnovamento dell’artigianato austriaco, Loos sollecitava l’artista e designer del vetro a lavorare “di fronte alla fornace rovente a torso nudo” anziché limitarsi al tavolo da disegno e faceva un appello a favore dell’autonomia dell’artigiano. Il leader di questo cammino verso un nuovo rapporto tra designer e artigiani fu presto individuato: in un articolo dello stesso anno, Loos attribuì esclusivamente a Otto Wagner la capacità di “uscire dalla sua pelle di architetto per entrare nella pelle di un artigiano qualsiasi. Egli crea un bicchiere, e allora pensa come un soffiatore, come un incisore. [...] Tutto il resto, la sua profonda sapienza e abilità architettonica, l’ha lasciata nella sua vecchia pelle. Una cosa soltanto porta sempre con sé: il suo essere artista”. Lo stesso Otto Wagner, nel libro Moderne Architektur, dichiara che la situazione sociale moderna ha fatto scomparire la figura dell’artigiano ed emergere quella del lavoratore che funziona come una macchina, lasciando il campo delle arti decorative agli artisti e per la maggior parte agli architetti.

Dall’epoca di Joseph Paxton, che aveva impiegato il vetro in modo sublime per il Crystal Palace di Londra, destinato a ospitare l’Esposizione universale del 1851, questo era diventato il materiale d’elezione degli architetti moderni. In tutti gli edifici progettati da Otto Wagner dagli anni ottanta dell’Ottocento in poi, il vetro è usato in modo moderno, ad esempio per coperture adatte a illuminare ambienti interrati o nei tetti a volta su cortili interni. Inoltre, lo stesso Otto Wagner aveva progettato oggetti in vetro montato in argento per l’argentiere viennese Klinkosch, poi pubblicati dalla rivista “Kunst & Kunsthandwerk” curata dall’imperial-regio Museo austriaco di arte e industria di Vienna.

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Opere in mostra

Stanza 1

Verso una moderna arte del vetro austriaco: la nascita di un nuovo stileLa produzione del vetro ebbe un ruolo importante nelle arti decorative austriache fin dalla prima metà dell’Ottocento. La presentazione del vetro austriaco alle Esposizioni universali a partire dal 1862 dimostrò che la produzione tradizionale, legata al gusto Biedermeier di inizio Ottocento, non poteva più competere per forma e decorazione con il vetro moderno inglese e francese. Con la fondazione dell’imperial-regio Museo austriaco di arte e industria (Österreichisches Museum für Kunst und Industrie) e della Scuola viennese di arti e mestieri (Wiener Kunstgewerbeschule), rispettivamente nel 1864 e nel 1867, si aprì la strada verso un design moderno. Nelle province dell’impero in cui fioriva l’arte vetraria fu istituito, inoltre, un sistema di scuole di specializzazione (Fachschulen) destinate a favorire il progresso tecnico e lo sviluppo estetico della produzione. Nelle arti decorative viennesi degli anni intorno al 1900 il vetro era considerato il materiale moderno per eccellenza. I giovani docenti della Wiener Kunstgewerbeschule, come Koloman Moser e Josef Hoffmann, iniziarono a progettare oggetti in vetro per rivenditori come E. Bakalowits Söhne, aderente anch’esso alla Secessione, e presentarono i loro primi prodotti all’VIII mostra della di Vienna. Secessione del 1900. Il gruppo iniziale fu seguito da altri giovani architetti, come Joseph Maria Olbrich, Leopold Bauer e Hubert Gessner, molti dei quali erano allievi di Otto Wagner, primo architetto moderno docente all’Akademie der Bildenden Künste Essi visitarono le vetrerie ed elaborarono le proprie creazioni presso le fornaci, accanto ai maestri vetrai.

Stanza 2

Affermazione del nuovo stile, fondazione della Wiener Werkstätte. Anni creativi per Bakalowits, Loetz e LobmeyrJosef Hoffmann, Koloman Moser e Joseph Maria Olbrich lavorarono come architetti e designer per la Secessione viennese, ma furono anche attivi progettisti di oggetti in vetro commissionati dall’azienda viennese E. Bakalowits Söhne e prodotti nelle vetrerie boeme. La E. Bakalowits Söhne li vendette in tutta Europa e anche negli Stati Uniti. Il passo successivo fu la nascita della Wiener Werkstätte nel 1903. I progetti di Hoffmann sono documentati dal 1906 al 1915 nei libri contabili della Johann Loetz Witwe e nell’archivio dei modelli cartacei dell’azienda. Dopo la nascita della Wiener Werkstätte, il vetro ordinato dalla Loetz ne accompagnava i primi pezzi di argenteria ed era venduto al dettaglio.

Stanza 3

I vetri austriaci tra il 1910 e il 1913: il “Bronzit” e il vetro della Wiener WerkstätteJosef Hoffmann ricominciò a dedicarsi alla progettazione di oggetti in vetro solo a partire dal 1910. Alla Fachschule per il design e la lavorazione del vetro di Steinschönau nacque l’idea per la nuova decorazione “Bronzit”. Hoffmann usò questa tecnica per numerose serie caratterizzate da semplici motivi geometrici progettate per la J.&L. Lobmeyr di Vienna. Il vetro grezzo proveniva dalla vetreria Meyr’s Neffe di Adolf (Adolfov) mentre la decorazione era eseguita a Steinschönau da diversi pittori in base ai disegni di Hoffmann. I motivi rigidamente lineari lasciarono poi il posto a una suddivisione in campi più complessa, con linee curve e decorazioni in oro con foglie stilizzate. Prendendo spunto dai vetri “Bronzit” di Hoffmann, altri artisti iniziarono a sperimentare

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la decorazione nera su fondo opaco. I membri della Wiener Werkstätte Urban Janke e Ludwig Heinrich Jungnickel impreziosirono il “Bronzit” rigorosamente lineare con figure di animali. Josef Hoffmann instaurò una collaborazione duratura con la J.&L. Lobmeyr.

Stanza 4

L’esposizione del Werkbund a Colonia e i vetri del periodo bellicoNel 1914 l’esposizione del Werkbund a Colonia offrì la possibilità di mostrare al pubblico una selezione rappresentativa dei vetri d’arte viennesi, negli spazi espositivi dedicati al vetro e alla ceramica nella Österreichisches Haus progettata da Josef Hoffmann. L’ambiente era interamente dominato dai prodotti dei vetrai boemi “[...] progettati sui modelli degli artisti viennesi”, come si legge nel catalogo. Otto designer viennesi – Josef Hoffmann, Carl Witzmann, Arnold Nechansky, Dagobert Peche, Cesar Poppovits, Michael Powolny, Hans Bolek, Milla Weltmann, tutti architetti tranne uno – disegnarono cinquantotto oggetti in vetro lavorati con pittura a smalto, doratura, tecniche di sovrapposizione, incisione e taglio. La mostra segnò il trionfo del neonato Österreichischer Werkbund. I vetri presentati erano molto in anticipo sui tempi e coglievano aspetti che, soffocati dallo scoppio della prima guerra mondiale, riemersero solo dopo il 1918. Durante la prima guerra mondiale Hoffmann e la Wiener Werkstätte, con gli allievi della Kunstgewerbeschule di Vienna, furono invitati dal governo a produrre oggetti patriottici. Così Hoffmann e Peche progettarono bicchieri in vetro a fondo piatto ispirati alla guerra e che vennero poi decorati da allievi come Kitty Rix e Reni Schaschel. Hoffmann e la sua cerchia si ispirarono persino a delle scene marziali per realizzare alcuni semplici disegni dai colori contrastanti con motivi astratti in stile lineare e geometrico.

Stanza 5

Il periodo classicista, i vetri colorati di Josef HoffmannNei vetri molati, che furono presentati anche all’esposizione del Werkbund a Colonia nel 1914, Hoffmann sfruttò, come nei suoi progetti costruttivi di quegli anni, reminiscenze architettoniche del classicismo e del periodo Biedermeier. I suoi vetri si ispiravano più alla tradizione boema centroeuropea che a quella veneziana. Egli si interessò anche al cristallo molato trasparente. Tra gli altri creò anche pesanti vetri molati dai colori vivaci, prodotti dalla ditta di Carl Moser a Karlsbad, poi venduti nei negozi della Wiener Werkstätte. Nel 1915, il Ministero dei lavori pubblici commissionò all’imperial-regio Museo austriaco di arte e industria di Vienna l’organizzazione di una “Mostra sull’arte austriaca e sul vetro da esportazione” in modo da “sostenere l’industria del vetro che è fortemente sotto pressione a causa della guerra”. La “Mostra sull’arte austriaca e sul vetro da esportazione” toccò anche Berlino nel 1916 e i vetri dalla Lobmeyr furono presentati alla mostra della Österreichisches Kunstgewerbe” di Stoccolma del 1916-1917.

Stanza 6

L’arte del vetro in Austria negli anni Venti e TrentaDopo la prima guerra mondiale, i designer austriaci e le loro imprese committenti si videro costretti a stringere nuovi rapporti con i produttori ora situati in un altro paese; con la fine della guerra, infatti, le vetrerie si trovavano improvvisamente all’estero. Tutti questi fattori contribuirono al nuovo orientamento dei primi anni venti. Oltre al sottile vetro cosiddetto mussolina, la Lobmeyr sostenne anche la rinascita della pittura a smalto e di nuovi metodi di molatura del vetro, mentre Michael Powolny era riuscito ad adattare allo stile contemporaneo

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i vetri veneziani. Nel 1920 Otto Prutscher riprese i rapporti con la Loetz, collaborando con Fritz von Spaun, fornendo consulenze artistiche e visitando la vetreria. La Wiener Werkstätte continuò a essere un cliente importante per i prodotti in vetro e designer come Josef Hoffmann e Dagobert Peche contribuirono alla creazione di un nuovo stile in cui le forme classiche sposavano nuovi materiali. Determinante fu il recupero da parte della Lobmeyr del vetro mussolina, detto anche “Strohglas”. Il primo progetto con il vetro mussolina fu opera dell’architetto Oskar Strnad, collega di Josef Hoffmann alla Kunstgewerbeschule nel 1916. Un anno dopo Josef Hoffmann realizzò il suo servizio “Patrician”. Nel 1924 Oswald Haerdtl, allievo e assistente di Hoffmann, realizzò il servizio “Ambassador”. Sia il servizio di Hoffmann che quello di Haerdtl sono ancora oggi in produzione.

L’Esposizione di Parigi del 1925 e il vetro austriacoNel padiglione austriaco dell’Esposizione internazionale di Parigi, progettato da Josef Hoffmann nel 1925, il vetro viennese fu separato per la prima volta da quello degli stati nati dopo la fine dell’impero austro-ungarico. Fu il trionfo della J.&L. Lobmeyr e dei suoi architetti progettisti. La Lobmeyr fu l’unica azienda ad avere una sala a parte nel padiglione di Parigi, progettata da Oskar Strnad come una nicchia con una vetrina. La Lobmeyr ottenne il Grand Prix e riuscì a vendere un certo numero di pezzi a musei internazionali, dimostrando così che i suoi prodotti erano in linea con la tendenza internazionale verso l’Art Déco che l’Esposizione Internazionale aveva avviato.

Alla fine degli anni venti, gli studi delle antiche tecniche vetrarie condussero a esperimenti creativi, che Michael Powolny alimentò nel proprio laboratorio alla Kunstgewerbeschule di Vienna. Powolny seppe parafrasare liberamente e in senso moderno l’ispirazione tratta dai “vasi di S. Hedwig”, guidato da una vivacità che ritroviamo negli effetti di luce del gruppo in vetro fumé color topazio. Un’altra tecnica presentata a livello internazionale durante l’esposizione di Parigi del 1925 fu quella della nuova pittura a smalto. Nel 1931 Adolf Loos progettò il suo unico servizio di bicchieri per la J.&L. Lobmeyr e Stefan Rath, il N. 248. Ispirandosi a un bicchiere che si diceva fosse appartenuto a Napoleone, adottò la forma dritta della coppa che risaliva ai vetri di Oskar Strnad e la impreziosì con una griglia di tagli incisi sul fondo, il cosiddetto “Steindlschnitt”. Il Trinkservice No. 248 è uno dei più noti della Lobmeyr ed è ancora oggi in produzione. Nel 1920 i due giovani architetti Fritz Lampl e Arthur Berger aprirono a Vienna una propria azienda di vetro soffiato, la Bimini. La vetreria era specializzata nella nuova tecnica del vetro soffiato a lume, grazie alla quale si otteneva una declinazione dell’estetica art déco trascurata dall’arte vetraria del Nord Europa. Fortemente ispirata dalle suggestioni del vetro veneziano, la Bimini aggiunse una nuova specificità alla lavorazione del vetro viennese. Il fascino delle figurine, delle ciotole e dei bicchieri risiede nella loro composizione stilizzata e nella loro estrema fragilità.

Stanza 7

“Boudoir d’une grande vedette”, la sala di vetro di Josef Hoffmann per l’Esposizione universale di Parigi del 1937Nel 1937 Josef Hoffmann fu incaricato di progettare una sala per il Padiglione austriaco alla “Exposition internationale des arts et des techniques appliqués à la vie moderne” di Parigi. All’interno del palazzo di vetro, simile a una vetrina monumentale, ideato dal suo ex assistente alla Wiener Kunstgewerbeschule Oswald Haerdtl, il “Boudoir d’une grande vedette”, come lo intitolò Hoffmann, era l’epitome di un moderno salotto del bel mondo:

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arredato con specchi alle pareti e sul pavimento e con un sontuoso mobilio di lusso. La J.&L. Lobmeyr fornì il vetro e un lampadario progettato da Haerdtl e Hoffmann. La boiserie era di legno intarsiato rivestito di uno strato di argento che contribuiva a creare un effetto luccicante e simile al vetro. Il Boudoir rappresenta la consacrazione del vetro da parte di Hoffmann quale materiale perfetto per il design di interni di stampo modernista. In contrasto con il classicismo totalitario, sfoggiato nel 1937 nei padiglioni parigini della Germania nazista e dell’Unione Sovietica, Haerdtl e Hoffmann proposero il vetro per le loro costruzioni, come contraltare in linea col gusto dell’International Style.

Corridoio

Il design del vetro moderno a Vienna. Dallo stencil al disegno autonomoIl disegno è il mezzo di comunicazione tra l’architetto progettista, il rivenditore e il maestro vetraio in fornace. Lo sviluppo del design del moderno vetro viennese ben si accordava con le riforme dell’insegnamento avviate all’Accademia di Vienna e alla Kunstgewerbeschule intorno al 1900. Anche Josef Hoffmann e Koloman Moser, docenti alla Kunstgewerbeschule dal 1899 e cofondatori nel 1897 della Secessione viennese di cui progettarono varie mostre, iniziarono in questi anni una collaborazione con alcune vetrerie. Per semplificare il processo di progettazione, Hoffmann e Moser elaborarono nuovi metodi di esecuzione degli schizzi, ben lontani dagli elaborati disegni adottati da Otto Wagner per i suoi progetti architettonici. La carta quadrettata che iniziarono a usare in quel periodo divenne una sorta di marchio di fabbrica del laboratorio di argenteria, nato grazie al sostegno finanziario di Fritz Wärndorfer, e che dal 1903 diventerà la Wiener Werkstätte. L’uso della carta quadrettata garantiva ai disegni le corrette proporzioni, forniva una sorta di griglia di base e liberava i progettisti dall’obbligo di fornire agli artigiani delle proiezioni tridimensionali. Prima di allora, Koloman Moser e Hoffmann avevano adottato il metodo tradizionale: abbozzavano l’oggetto su un album di schizzi da mostrare ai rivenditori, i quali inviavano il disegno o uno stencil alla vetreria aggiungendovi qualche nota sulla produzione e la scelta di colori e materiali. Questi disegni furono copiati e riprodotti mediante cianografia, una tecnica adottata dalla Wiener Werkstätte per mantenere gli originali in archivio. Così facendo, Hoffmann elaborò nuovi metodi di progettazione del vetro, ricalcando i disegni su un lucido trasparente. Per fissare su carta le idee per le forme dei suoi pesanti vetri molati usò anche semplici ritagli di carta dai colori vivaci incollati sul foglio da disegno, riuscendo così a realizzare specifici disegni e tagli autonomi all’interno di un processo di progettazione di serie. Attraverso l’analisi dei disegni conservati negli archivi della Wiener Werkstätte, oggi al MAK, e nell’Archivio J. & L. Lobmeyr, di architetti come Dagobert Peche, Otto Prutscher, Oskar Strnad e Adolf Loos, è possibile cogliere le idee che ispirarono i designer del vetro moderno.

Progetti espositivi per il vetro moderno a Vienna tra il 1900 e il 1937. Promozione ed esposizioneI progetti di allestimenti espositivi diventarono una specialità dell’architettura moderna viennese e rimasero una pratica d’uso. Giovani architetti come Josef Hoffmann e Leopold Bauer iniziarono la loro carriera come allestitori e arredatori, prima di realizzare edifici. Anche le moderne forme del vetro esigevano nuovi stili di presentazione: Hoffmann e Koloman Moser esposero i vetri progettati per la E. Bakalowits Söhne in allestimenti di loro creazione. Il vetro moderno ebbe un posto di rilievo e fu molto apprezzato per le nuove forme e decorazioni. Rivenditori come E. Bakalowits Söhne e J.&L. Lobmeyr sentirono l’esigenza di inserire le proprie creazioni moderniste in allestimenti inediti. Le esposizioni mostravano i

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nuovi progetti che venivano pubblicati e diffusi da articoli illustrati sulle riviste. La Wiener Werkstätte (1903-1932) e il Werkbund tedesco e austriaco (le associazioni di artigiani fondate rispettivamente nel 1907 e nel 1912) usarono le mostre per promuovere l’idea di una stretta collaborazione tra l’architetto progettista e l’artigiano esecutore e collaborarono sia con i rivenditori che con i produttori. Il vetro come materiale modernista non solo fu il materiale preferito per l’architettura e i progetti espositivi, ma anche il prescelto dagli architetti dediti alla creazione di nuovi oggetti di uso quotidiano nella Vienna modernista.

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LE STANZE DEL VETROUn progetto culturale e uno spazio espositivo per lo studio e il rilancio del vetro moderno e contemporaneo

LE STANZE DEL VETRO sono un progetto culturale e uno spazio espositivo permanente, disegnato da Annabelle Selldorf Architects, situato sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, nato nell’estate del 2012 dalla collaborazione tra Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung e dedicato allo studio e all’esposizione delle forme moderne e contemporanee dell’arte vetraria.

Il progetto ha lo specifico obiettivo di riportare il vetro al centro del dibattito e della scena artistica internazionale, e di mostrare le innumerevoli potenzialità di questa materia. Le iniziative culturali de LE STANZE DEL VETRO sono dedicate sia alla promozione degli artisti contemporanei che hanno utilizzato il vetro come mezzo espressivo originale e medium della propria poetica, sia alla valorizzazione e allo studio dei principali produttori e delle più importanti collezioni di vetro presenti nel panorama mondiale.

Ogni anno, fino al 2021, saranno realizzate due mostre: la prima in primavera dedicata all’utilizzo del vetro negli ambiti dell’arte e del design del ventesimo e del ventunesimo secolo; la seconda durante l’autunno dedicata ai talenti che nel Novecento hanno disegnato e progettato per la vetreria Venini. Le esposizioni dedicate alla Venini, sono accompagnate da un catalogo ragionato pubblicato da Skira e disponibile al bookshop de LE STANZE DEL VETRO.

Al programma di mostre, si affiancano una serie di progetti speciali, spesso site-specific, che coinvolgono artisti contemporanei (l’artista svizzero Not Vital nell’estate del 2013 e l’artista giapponese Hiroshi Sugimoto nel giugno 2014) a confrontarsi con l’utilizzo della materia vetraria, sia essa artigianale o prodotta industrialmente, ai quali viene inoltre offerta la possibilità di creare un oggetto unico in vetro di Murano e in edizione limitata, a sostegno delle attività organizzate e promosse da LE STANZE DEL VETRO.

La missione culturale de LE STANZE DEL VETRO comprende anche un apposito Centro Studi e un Archivio Generale del Vetro Veneziano, entrambi dedicati alla ricerca, allo studio e alla sperimentazione sul vetro, all’istituzione di borse di studio destinate a studiosi e artisti interessati alla storia, alla tecnologia e agli sviluppi dell’arte vetraria. Queste realtà operano all’interno dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Cini, che dal 1954 promuove convegni, seminari, mostre, pubblicazioni, progetti di ricerca e rappresenta un punto di riferimento imprescindibile per lo studio dell’arte veneziana.

LE STANZE DEL VETRO adottano un modello culturale anglosassone che prevede l’accesso libero allo spazio espositivo e alle esposizioni, a sostegno dell’idea di cultura come patrimonio appartenente alla comunità. Per questo motivo l’ingresso alle mostre, le visite guidate e le proposte didattiche sono offerte a titolo gratuito.

Il Centro Studi del Vetro

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Costituito nel 2012 nell’ambito del progetto LE STANZE DEL VETRO, all’interno dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Cini, il Centro Studi del Vetro concentra le proprie attività sulla costante acquisizione, catalogazione e conservazione di fondi artistici e di archivi storici delle vetrerie veneziane muranesi, costituiti soprattutto da disegni e progetti, carteggi e documentazione, cataloghi di produzione, rassegna stampa e riproduzioni fotografiche.

Le attività del Centro prevedono la costante acquisizione, catalogazione e conservazione di fondi artistici e di archivi storici di vetrerie veneziane muranesi, costituiti soprattutto da disegni e progetti, ma anche da carteggi e documentazione, cataloghi di produzione, rassegna stampa e riproduzioni fotografiche. Materiali unici e rarissimi, fonti di riferimento storico, artistico e scientifico non solo per ricercatori e appassionati del vetro ma anche per la realizzazione di iter didattici in collaborazione con Scuole e Università. Oltre alla promozione nel 2015 della prima Borsa di Studio residenziale finalizzata all’approfondimento dello studio e dello sviluppo dell’arte vetraria a Venezia nel Novecento - vinta l’anno scorso dal post-doc Giullaume Serraille (università di Lione con la ricerca The Murano glass ornamental repertory: uses and transformations of filigree and murrine) e riproposta anche quest’anno – il Centro organizza seminari e convegni di studio, nonché visite guidate e sopralluoghi presso il suo Archivio. Tale proposta non è indirizzata soltanto agli studiosi, ai ricercatori e agli appassionati del vetro artistico ma anche agli studenti delle Scuole superiori, degli Atenei veneziani, dell’Accademia di belle arti e delle Scuole di dottorato, nell’intento di creare percorsi diversificati e specifici per l’ottenimento dei crediti formativi. In tale prospettiva, il Centro ha organizzato nell’ultimo anno visite guidate, tra classi delle superiori e gruppi universitari, con una frequentazione mensile e più continuativa di ricercatori e studiosi del settore, sia italiani che stranieri.

Sono stati da poco digitalizzati per la consultazione fondi di artisti contemporanei attivi a Murano, quali Ginny Ruffner, Peter Shire ed Emmanuel Babled (complessivamente circa 150 disegni) così come un cospicuo corpus di disegni di Dino Martens per la vetreria Aureliano Toso (345 disegni). L’importante lavoro di elaborazione e divulgazione on line dei materiali depositati – avviatosi dal 2014 – si sta concludendo anche per il prezioso Archivio Vinicio Vianello, di più recente acquisizione (che annovera 1200 progetti e 700 fotografie circa), e sta procedendo per quello della Seguso Vetri d’Arte, di cui si conservano, tra i materiali vari, circa 25.000 disegni e altrettante foto d’epoca.Tra i materiali pervenuti in questo ultimo anno, vanno inoltre annoverati tutte le registrazioni audio dei convegni realizzati, le riprese audiovisive degli stessi, nonché i video realizzati da LE STANZE DEL VETRO ed esposti in occasioni delle mostre.La creazione di un Archivio generale del vetro veneziano, con la continua implementazione dei fondi, impegna inoltre il Centro in ulteriori attività, come la sistematica campagna di scambi di pubblicazioni, di acquisti e di donazioni che confluiscono nella propria Biblioteca specializzata.

L’Archivio e la Biblioteca del Centro Studi del Vetro sono aperti per la consultazione, previo appuntamento, dal lunedì al venerdì, con i seguenti orari: 9.30 - 13 / 14 - 17.

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Per informazioni:Centro Studi del Vetro / Istituto di Storia dell’ArteFondazione Giorgio CiniTel.: +39 041 [email protected] /www.cini.it

Le mostre organizzate da LE STANZE DEL VETRO e in collaborazione con altri musei dal 2012 a oggi

Carlo Scarpa. Venini 1932 – 1947 A cura di Marino Barovier(26.08.2012 / 06.01.2013)

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Venetian Glass by Carlo Scarpa. The Venini Company, 1932 – 1947Metropolitan Museum of Art, New York (05.11.2013 / 02.03.2014)

FRAGILE? A cura di Mario Codognato(08.04.2013 / 28.07.2013)

Napoleone Martinuzzi. Venini 1925 - 1931 A cura di Marino Barovier(06.09.2013 / 06.01.2014)

I SANTILLANA Opere di Laura de Santillana e Alessandro Diaz de Santillana (05.04.2014 / 03.08.2014)

Tomaso Buzzi alla Venini A cura di Marino Barovier(12.09.2014 / 11.01.2015)

I Santillana MAK-Schausammlung Gegenwartskunst, Wien(19.11.2014 / 29.03.2015)

Il vetro finlandese nella collezione BischofbergerA cura di Kaisa Koivisto e Pekka Korvenmaa(12.04.2015 / 02.08.2015)

Fulvio Bianconi alla Venini A cura di Marino Barovier(11.09.2015 / 10.01.2016)

Laura de Santillana e Alessandro Diaz de SantillanaYorkshire Sculpture Park, Wakefield, Inghilterra(02.05.2015 / 06.09.2015)

Glass Tea House Mondrian installazione di Hiroshi Sugimoto(04.06.2014 / aperta)