. La terra, l'inchiostro e il segno

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Clizia. La terra, l’inchiostro e il segno

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Clizia. La terra, lÕinchiostro e il segno

Città diChivasso

CITTÀ DI CHIVASSOASSESSORATO ALLA CULTURA

PALAZZO DELL’ ECONOMIA E DEL LAVORO

LUIGI EINAUDI

fondazionenovecento

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PALAZZO DELL’ ECONOMIA E DEL LAVORO

LUIGI EINAUDI

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Con il patrocinio di

Regione Piemonte Provincia di Torino Fondazione Novecento

Mostra a cura diDiego Bionda

Organizzazione generaleAssessorato alla Cultura della Città di Chivasso

Comitato scientificoFulvia VercesiAngelo MistrangeloDiego BiondaRoberto ZanelloAlessandro GermaniTiziana CasertaPaolo Fasolo

IdeazioneComune di Chivasso

Catalogo a cura diDiego Bionda

AllestimentoDiego BiondaRoberto Zanello

FotografiaDiego Bionda Corrado de Vecchi

Ufficio stampaDiego Bionda

Progetto grafico e impaginazioneDiego Bionda

StampaL’Artistica di Savigliano - marzo 2005

Ambientazione musicaleAssociazione Blu Room

Si ringraziano

Fondazione Novecento

Angelo Mistrangelo

Fulvia Vercesi

Roberto Zanello

I proprietari delle opere esposte

Renato Biancodirigente del settore cultura Comune di Chivasso

Marcella Vergafunzionario del settore cultura Comune di Chivasso

Mauro Appinocoordinatore della squadra tecnica Comune di Chivasso

Nino Venturaresponsabile staff del Sindaco del Comune di Chivasso

CITTÀ DI CHIVASSOASSESSORATO ALLA CULTURA

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prefazioni

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ANDREA FLUTTEROSindaco Città di Chivasso

E’ con sincero piacere che la Città diChivasso dedica la prima mostra del2005 ad un Artista da riscoprire, davalorizzare, soprattutto da amare:Mario Giani, in arte Clizia.

Un artista che scelse le colline chivas-sesi come sua dimora dopo un lungocammino umano e artistico che loportò prima a fondare la ColoniaArtistica Internazionale di BussanaVecchia e poi a essere una delle pre-senze di pregio di numerose edizionidella Mostra Internazionale dellaCeramica di Castellamonte. Un cammino straordinariamenteproduttivo: dalle sculture in ceramicaai monotipi, dai fischietti ai libri illu-strati e ai laboratori didattici per ibambini.

Tanti aspetti di un’arte poliedricache viene affrontata dalla mostra diPalazzo Einaudi grazie allo splendidoallestimento curato da Diego Bionda,che da anni si interessa alla figura di

Clizia e che già nel 2000 invitò l’arti-sta a Chivasso a presentare una sele-zione di opere, con l’aiuto diRoberto Zanello – caro amico e col-lega di Clizia. A loro va il nostro sen-tito ringraziamento per averci primaconvinto ad ospitare questa meravi-gliosa mostra, e poi per averla realiz-zata in modo assai professionale.

La mostra di Chivasso non vuoleessere solo un omaggio ad un impor-tante maestro della ceramica, maanche un momento di riflessione sulprofondo significato di un’arte e diun artista che hanno sempre volutoporsi al servizio degli altri.

Nel ringraziare, infine, la FondazioneNovecento che, unitamente allaSignora Fulvia Giani, ha permesso larealizzazione della mostra grazie alprestito delle opere, auguro ai chivas-sesi e a chi verrà a visitare la nostracittà di ammirare questo omaggio aClizia e di apprezzarne la creatività.

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ALESSANDRO GERMANIAssessore alla CulturaCittà di Chivasso

Poesia. L’Arte di Clizia è Poesia. Poesia è la sua vita, raccontata dallamoglie Fulvia e dagli amici, Poeticoè il ricordo del Maestro recitatodall’allievo.Poetica è la sua forza e il suo mododi intendere l’arte: lontano dai riflet-tori, da quei Musei che hanno scelto,e continuano imperterriti a predilige-re, un’arte che, forse, lui non condi-videva o che non riteneva tale. PerClizia l’Arte è infatti essenzialmenteapprodo in seguito all’approfondi-mento, dopo la ricerca vera sia sullapropria manualità sia sui materiali.

L’Arte per Clizia non è mai fine a sestessa: è essenza delle cose e dellavita, è modo di essere e di pensare, èil quotidiano lavoro di una vita chedai ritmi dell’Arte è proprio scandita.

La vita di Clizia è infatti dedicataall’Arte ma è la sua vita che si tra-sforma essa stessa in Arte. Un’Arteintesa sempre come occasione di cre-scita per sé e per gli altri, soprattuttose questi ultimi sono ragazzi da salva-

re, bambini sfortunati o persone acui concedere una seconda possibi-lità.

Con “Clizia, la terra, il segno, l’in-chiostro” volge al termine un percor-so, partito qualche anno fa, che havoluto – accanto ad importantimostre – altrettanto rilevantimomenti di recupero e rilancio del-l’opera di Grandi Artisti.

È con la piena consapevolezza diospitare una grande mostra di ungrande Artista e di un grande Uomo,che ritengo che con essa si concludaal meglio un periodo. Un ciclo chespero abbia prodotto frutti positiviper Chivasso rilanciandone, anche incampo culturale, quel ruolo di Guidache le compete nei confronti del pro-prio territorio.

Nella speranza che Chivasso nonrinunci mai a pensarsi grande, augu-ro a tutti i miei concittadini divederla continuare a crescere.

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Un segno affiorante dalla materiadi Angelo Mistrangelo

versi di Jone Di Ceo, tradotti daSalvatore Quasimodo, annun-ciano le luci dell’alba, l’approssi-

marsi del nuovo giorno, il fascinoindiscusso del fluire delle stagioni,delle attese, di un’avventura che ètestimonianza di un’intera esistenza.Un’avventura che in Clizia era ilsegno di una ricerca continua, ine-sausta, poliedrica in una sorta di iti-nerario che comprende il sensoprofondo di una creatività pulsante evibrante di interiori sensazioni:«Lascio – ha detto Clizia – la graficaper la pittura, questa per l’arte fittile,questa per l’incisione, questa perritornare alla grafica. Forse, incon-sciamente, compio un ciclo totale, e irisultati, eccoli».E pittura, grafica, ceramica, scultura,rappresentano gli aspetti e i momentidel rinnovarsi del gesto e del colore edella forma; del ritrovare, di volta involta, l’essenza e la magia di un voltopercorso da simboli arcani; del recu-perare il mistero di uno sguardo chesi fa misura del tempo e le formeprovengono «da eredità millenarie

rielaborate in chiave espressionistanon scevra da introspezioni psicolo-giche...» (Mirella Bandini).Le sue immagini appartengono allevicende della cultura figurativa delsecondo Novecento, a quell’universodi quotidiane impressioni che hasaputo trascrivere in pagine di graficaseriale, nei monotipi, sulla superficiedelle terrecotte ingobbiate. In ognicaso, appare indiscutibile la volontàda parte di Clizia di lasciare tracce ereperti e segnali del perpetuarsi deldiscorso dell’arte: dai forni per laceramica ai torchi per stampare leincisioni, dalle fusioni in bronzo aibanchi dei laboratori didattici doveha trasmesso ai giovani il suo inse-gnamento, l’amore per la «costruzio-ne» di una forma, l’interesse per ilgrande spettacolo della natura.In particolare, vi è nell’artista, che havissuto e lavorato nella CascinaSperanza a Bussolino di Gassino,uno straordinario ricollegarsi aglieventi culturali del passato sino a tra-sformarli in documenti del propriovissuto.

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«Aspettiamo la stella mattutinadall’ala bianca che viaggia nelle tenebre,primo annunzio del sole».

Jone Di Ceo

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Torinese, dopo aver frequentato losudio dello scultore Mario Giansonee l’Accademia Libera del Nudo,Clizia ha appreso la tecnica del grèscon il tedesco Richard Bampi, e conErich Keller, pittore astratto raffina-to, ha approfondito gli esperimentisulla tecnica raku. E dalla gestionedella Galleria d’arte Faber di Torinoalla Colonia Internazionale Artistifondata a Bussana Vecchia, sino allapubblicità e alle pubblicazioni realiz-zate per le Case EditriciPriuli&Verlucca e Pheljna, si delineaun iter che va al di là della elabora-zione manuale (anche se questa èsicuramente importante e determi-nante) per trasmettere il valore diuna meditata visione della realtà e«sulla forma conchiusa si disponecon la libertà dell’arbitrio il tracciatodei segni grafici, assumendo così ilvalore di cifra, spesso ripetuta comeil cerchio coi raggi: ne esce una fiabacon un sottile incantamento tra l’in-fantile e l’arcano » (Aldo Moretto).E nel suo studio si «scoprono» lefigure di «Ricevimento e Divergenza»e «Aiuto!», «Simbiosi» e «Assemblea»,le «Ballerine» e «Matrona», in un«dire» che assume la caratteristica diun’immagine corale in«Fuga daBabele» o nella struttura, che sembraricordare Henry Moore, di «Insieme».La meditata definizione del suodiscorso trova ascendenze inCampigli e Mirò, nella fedeltà alsegno e alla fantasia, nella dimensio-ne dell’uomo e del suo rapporto conla società del tempo: «Tempo esegno - ha scritto Albino Galvano -

ma tempo e segno come cosa dell’uo-mo e per l’uomo. E l’uomo, la figuraumana, nella sigla essenziale e immo-bile di un emblema, è il protagonistadell’arte di Clizia...».I nudi, i giocolieri, i possenti elefantie rinoceronti, le opere ispirate dalleicone, rappresentano i fogli di unpersonalissimo diario che fluisceattraverso alle acqueforti, alle punte-secche alle linoleografie che «croma-ticamente e compositivamente, siriallacciano, costituendone il presup-posto, alla produzione di ceramista: icolori sono così brillanti, i bianchiaccesi, le zone ben delimitate da pro-fili scuri e percorsi da grafismi, segni,decorazioni geometriche che ricorda-no il gusto che Clizia ha per l’incisio-ne sulla terra ancora fresca, nell’in-tento quasi di entrare nella materiastessa per ricavarne simboli propizia-tori o misteriose cabale»(GianGiorgio Massara).Guerrieri antichi, santoni, bestiari,giochi per l’infanzia, gioielli, costitui-scono solo alcune delle realizzazionidi questo demiurgo di spettacoli tea-trali, artefice di ateliers per portatoridi handicap, direttore di scuole diceramica a Sanremo, Costigliole eTorino.E dall’omaggio che gli ha dedicatonel 2001 la 41ª Mostra dellaCeramica di Castellamonte allemostre della Regione Piemonte, s’in-dividua l’itinerario di Clizia, il suosogno d’artista, la segreta identità diuna personalità in cui «coesistono glistati visionari, le emozioni dell’e-spressionismo e lo stile bloccato diuna plastica antica, remota: sono cor-

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rispondenti doti con le quali Cliziamodula i vari linguaggi, traendone lalezione che ricomincia sempre, fra gliechi non discordanti di una mitolo-gia e mitografia sepolte - o resuscita-te - e di avventure artistiche ancoravicine a noi».E dalle parole di Ernesto Caballo,che ha scritto pagine dense di poeti-che espressioni sulla sua creatività,riemergono accadimenti, suggestionidi incontri, piacevoli riscontri conquanti ne hanno avvertito il fascino ela consapevolezza del suo impegno.Riemergono volti e paesaggi collinarie suoni che provengono da inesplora-te visceralità. Riemergono reperti fos-sili e graffiti e segni su muri antichicome antico è il cammino dell’uma-nità.Uomo e artista, Clizia ha saputoritrovare e «catturare» quel filo invisi-bile che unisce passato e presente,ricordo e realtà, meditazione ed emo-

zione, in una coerente e determinataintensità d’espressione senza tenten-namenti o ripensamenti, ma semprepronto a fissare un’idea, un gioco diluci e ombre, un profilo, per stabilireun immediato rapporto tra realtà emito, tra la gestualità contemporaneae le pitture rupestri. In merito a que-sto ultimo riferimento ha affermato:«Anche l’arte odierna ha i suoianfratti profondi, le sue caverne» .Dinanzi alle sculture, agli innumere-voli oggetti-opere all’interno dellacasa tra gli alberi, alle cartelle di gra-fica, si avverte il profumo del tempoche evoca i versi di Cesare Pavese:«Lacollina è distesa e la pioggia l’impre-gna di silenzio».E nel silenzio ancora e sempre unsegno che diviene immagine, raccon-to, storia.

Angelo Mistrangelo

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La ricerca del bello in ogni formadi Diego Bionda

o incontrato Clizia per laprima volta ad una mostra discultura allestita, poco lontanoda Chivasso, in un negozio di

piastrelle. La naturale mancanza dipubblico, in un luogo così pocoadatto ad un’esposizione, mi ha per-messo una lunga chiacchierata conun artista conosciuto solo attraversole sue opere, ammirate in precedentiedizioni della Mostra internazionaledella ceramica di Castellamonte. In quel momento ho dato il voltoall’autore di lavori che sempre miavevano affascinato per la loro fanta-siosità ed ho apprezzato immediata-mente la grandezza di Clizia. Il fon-datore della Colonia internazionaleper artisti di Bussana Vecchia, reduceda centinaia di personali e collettivein Italia e all’estero, raggiunta un’etàdi tutto rispetto, per amore di pre-sentare al pubblico la propria opera,aveva accettato una mostra che nep-pure un giovane alle prime armiavrebbe considerato degna. E lagrandezza era insita proprio in quelgesto, nell’amore per il confronto,nel non ritenersi superiore. Oggi,

rileggendo questo momento alla lucedi innumerevoli incontri, con chiaspira al Guggenheim alla sua secon-da esposizione, apprezzo ancora lafortuna di aver incontrato Clizia quelgiorno e di aver scoperto che nessunluogo è mai inadatto o soffocante peresporre, se si ha qualcosa da dire diveramente importante. Per tutta lavita, Clizia, ha girato l’Italia el’Europa in cerca di un luogo chediventasse la casa definitiva per le sueopere, per il gesto stesso del crearle eper il suo animo carico di creativitàesplosiva. Dire che Clizia si sia con-frontato con qualsiasi forma e decli-nazione delle arti plastiche sembrapersino limitativo, perché l’esplora-zione delle tecniche esistenti – vera-mente tutte – non è stato per lui cheun punto di partenza per sperimen-tarne ed inventarne altre, riscoprirneo migliorarne di esistenti e trovare ilmodo di insegnarle e trasmetterle adaltri. Comunicare l’esperienza almaggior numero di persone possibilie – in tempi in cui non era un mes-saggio riconosciuto come ora – diinsegnare questo patrimonio a chi (si

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veda i bambini di strada di Sanremocome gli occupanti le comunità didisabili torinesi) non si pensava asso-lutamente potesse nascondere unasensibilità artistica o la manualità perrenderla concreta. Esperimenti didat-tici che incuriosirono – magari ancheirritarono qualcuno per la democrati-cità dell’intento – e portarono Cliziaa tenere corsi per educatori ed inse-gnanti e spesso laboratori autofinan-ziati e gratuiti per chi non potevapermettersi di studiare arte a scuola.La sperimentazione didattica diClizia si è spinta anche attraverso laricerca di materiali – nobili comel’oro dei suoi gioielli o poveri comela carta impiegata per i giochi didat-tici e la stessa terra rossa che diventaceramica – e il modo di reinventarlicon semplicità e fantasia, con esiti digrande rilievo. Il libro sulla ceramicapubblicato dall’editrice Baltea (TerraCotta, 1978) e Creatività e materialipoveri (ed. Il Capitello, 1983) sulladidattica con materiali di recupero,sono due esempi significativi deimolti progetti messi in cantiere dal-l’artista. Molti dei quali realizzati,numerosi di successo, molti naufra-gati rovinosamente, come aperta-mente raccontato nell’autobiografiariportata in appendice al catalogo.Insuccessi che arrivano fino al falli-mento del suo progetto più famoso,quello della Colonia internazionaleper artisti, nata dalla sua forza e dalsuo carisma e poi abbandonata suc-cessivamente dal fondatore perchédivenuta un luogo commerciale perturisti, ancora oggi molto visitato,ma lontano dall’utopia iniziale.

Quando Clizia giunse a Bussana,nella Bussana abbandonata e rimastafissata nelle rovine del terremotoottocentesco, decise di ‘occupare’ iruderi di un edificio e di stabilirvi ilproprio studio e abitazione, consape-vole della durezza delle condizionidella vita senza luce, gas ed altrecomodità. Quando amici e poicuriosi o avventurosi artisti, lo rag-giunsero a Bussana, venne redatto unvero statuto, esempio molto interes-sante, dal punto di vista sociologicoed artistico, di quella che è stata unavera comunità per artisti. Doveri e obblighi erano ripartiti eregole ben precise dettate al fine dipermettere la convivenza all’internodella colonia. Questa, come altreavventure raccontate dall’artista stes-so nella biografia raccolta in sei gran-di album – collage di idee, opere,ritagli di giornale che parlavano di‘Un vasaio tra i ruderi del paese fan-tasma’ (Eco della Riviera, 31 maggio1962) – sono solo tappe di una vitaintensa e ricca di cambiamenti.Eventi che si riflettono su di unaproduzione coerente stilisticamentema ciclica dal punto di vista tecnico,divisa in fasi spesso dettate dalla con-tingenza. La possibilità o meno diallestire un forno ceramico o di pos-sedere un torchio per la stampa neiluoghi in cui in quel momento Cliziaviveva, ha deciso quali opere l’artistapotesse allora realizzare. Sempre ecomunque all’insegna di una produt-tività incredibile. Se non fosse sufficiente visitare la suaultima dimora – un vero regno dellefiabe abitato da un’infinità di sue

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creature – basterebbe sfogliare le vec-chie foto in bianco e nero che riper-corrono per immagini i passaggidella sua vita, per capire quantopopoloso sia stato sempre il suomondo. Le ceramiche hanno affolla-to i suoi atelier a Sanremo come aCostigliole e Bussolino, e hanno datovita a numerose mostre, hanno deco-rato le facciate di abitazioni ed edificipubblici – splendida la creazioneesterna per il cinema Piccadilly diMilano, con piatti ceramici raffigu-ranti le teste del pubblico – e sonofinite in collezioni italiane, francesi etedesche, a testimoniare un approc-cio con la creatività fatto di fatica eduro lavoro. Chi lo ha conosciuto alungo parla di una persona che entra-va in studio la mattina presto peruscirne la sera, allontanandosene soloper il pranzo o per ricevere visite,sempre intento a sperimentare, pro-vare e creare. Lontano anni luce dallafigura dell’artista che attende ilmomento d’ispirazione per crearequalcosa di tanto in tanto. Batterel’argilla, per mandar via le bolle d’a-ria, prima di modellare una sculturache altrimenti vedresti esplodere inforno, inchiostrare le lastre di lino-leum e metterne a preciso registro ivari passaggi, di un insieme che oranoi vediamo perfettamente bilancia-to, pulire con solventi strumenti etavolo da lavoro, non sono gesti chepossono attendere troppo estro. Sonola base più faticosa, meno creativa epiù noiosa che sta dietro alle operesplendide che ammiriamo oggi allepareti o sugli scaffali del suo studio.Anche il gioiello più leggero e delica-

to – e le sue creazioni in argento edoro negli anni settanta hanno resoClizia conosciuto e apprezzato nelmondo degli addetti ai lavori, conpartecipazioni a rassegne internazio-nali e premi – hanno alle spalle ilcalore del cannello e la vista consu-mata nella ricerca del particolare. Un lavoro faticoso, ma anche undivertimento immenso, quello delcreare, che si legge nella passione concui l’artista ha mosso ogni suo passo,dalla giocosità di ogni opera – anchele più drammatiche – e dalla legge-rezza quasi aerea che riusciva a dona-re anche ad argille pesanti decine dichili. I giocolieri, i guerrieri, i soli e lelune, i pescatori, raffigurati neimobile in argilla, sembrano ruotareda soli, senza neppure aver bisognodi essere sfiorati, sfidando la fisicaper restare in piedi, così delicati danon poggiare quasi sulla loro base.L’allegria dei personaggi, l’irriveren-za, in alcune fasi anche la provoca-zione, degli abitanti del mondo diClizia, stupisce per freschezza e peroriginalità che nasce però da pochimoduli espressivi reinventati ericombinati. Moduli grafici che ritornano in tuttala sua produzione e che sono facil-mente riconoscibili nei lavori deiprimi anni ‘60 come nelle ultimeopere realizzate. I motivi astratti, che compaiono neilavori realizzati con rilievi di colla einchiostro della prima produzione,vengono riproposti nei monotipi piùmaturi o semplicemente nei graffititracciati sull’ingobbio delle ultime

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ceramiche. Rivisitazioni, rielaborazio-ni o combinazioni decorative nonnascondono la mano, sempre la stes-sa, che rende inconfondibile la suaproduzione attraverso l’arco di quasi50 anni. Un tratto sicuro e veloce,senza possibilità di appello, ripensa-mento o correzione, nel graffito sul-l’ingobbio delle ceramiche come sulretro dei monotipi o sullo zinco dellepunte secche e delle acqueforti restauna delle caratteristiche principali diClizia. Motivi geometrici, greche,texture e decorazioni sono tracciatecon la stessa passione, siano essedestinate alla scultura-capolavoro o alvaso per i biscotti modellato per lacucina della sua abitazione, a testi-monianza di una creatività inconte-nibile e della necessità di personaliz-zare il più possibile il propriomondo. Così l’elemento decorativo,sulla facciata, sugli scalini, nel giardi-no, rende lo spazio vissuto un’operad’arte in se stessa e ‘abita’ lo spaziocome una presenza. CascinaSperanza – a Bussolino di GassinoTorinese –, l’ultima tappa del per-corso artistico di Clizia, vive dellapresenza dell’artista. Ogni operaancora esposta, ogni particolareaggiunto alla casa nel corso deglianni, racconta una parte della suastoria, il suo carattere e le sue passio-ni e ne fa percepire la presenza. Dai vasi antropomorfi che svettanosui pilastri che sorreggono il cancello,sempre ritratti nei monotipi o neidisegni che illustrano la CascinaSperanza, alle teste che spuntanodalla siepe del giardino, il cui ingob-bio è stato lavorato dal tempo e dalla

natura e sfumato dal muschio, dandol’impressione di essere lì da sempre,ogni particolare parla di Clizia, dovelui è vissuto. E anche quando leopere sono cronologicamente moltolontane, i mezzi impiegati per realiz-zarle completamente diversi, la manodi Clizia è inconfondibile.La possibilità di vedere l’evoluzionedegli stessi modelli, lo sviluppo deltema del sole e della luna, comequello del pesce abissale e del suopersonale bestiario, o la declinazionedella figura, danno l’idea di quantol’esperienza sia stata ricca e quanto lacultura alla base delle sue opere soli-da. Una biblioteca consistente raccontadi migliaia di libri – molti ereditatidallo zio Nando, collezionista a cuiera molto legato – letti e riletti, cata-logati e schedati con meticolosità,che hanno permesso a Clizia, insiemeai suoi viaggi, di conoscere quanto ilmondo artistico precedente ha pro-dotto e di usarlo come punto di par-tenza per la propria creatività. Lecitazioni storiche, letterarie, artisti-che, scientifiche e naturalistiche,sono molto frequenti nelle opere diClizia, che però spesso le sovverte, leelabora causticamente e le ribalta.Interessanti da questo punto di vistai monotipi con composizioni politi-co-religiose, in cui maternità, croci-fissioni o deposizioni, vedono com-parire come personaggi principalinomi noti della politica nazionaledegli anni settanta-ottanta. UnFanfani in braccio ad una Madonna,un Craxi crocifisso, sono alcuniesempi di questi dipinti con fondo

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oro e una ricchezza di particolariarchitettonici e compositivi, di nettoriferimento alle icone di tradizionebizantina. La maternità è un temache ritorna frequentemente nell’ope-ra di Clizia, in modo più canoniconelle sculture o in chiave ironica neimonotipi . L’attento equilibrio com-positivo del disegno, la ricchezza diparticolari, l’impiego di vernici dora-te, cela spesso provocazioni, come adesempio il bambino ritratto con labarba.Traccia significativa della colta ricer-ca letteraria, alla base delle opere del-l’artista, è il libro pubblicato, per itipi di Priuli e Verlucca, il Bestiariodelle fiere, in cui non solo l’autoreinventa o personalizza personaggifantastici abitanti nei bestiari medie-vali, ma ne descrive la storia con unlinguaggio che fa eco alla lingua anti-ca. Per quest’opera Clizia ha incisodirettamente le pellicole tipografiche,ottenendo un risultato di grandeeffetto e creando un bestiario digrande pregio. L’artista ha cosìaffrontato nuovamente un tema giàavvicinato in scultura. I centauri dell’epoca di Sanremo, lechimere e altre personali creature diClizia, ricorrono spesso nei fischietti,nei dipinti e nei monotipi. Fischiettiche sono un chiaro specchio della suaopera. La passione per questo oggetto, con-siderato artigianale ma reso da artisticome Clizia, Bonaldi, Biavati,Munari, e molti altri ancora, vera epropria opera d’arte musicale, attra-versa tutta la sua vita artistica.Collezionista lui stesso di fischietti

da tutto il mondo, ne ha raccoltiquasi cinquemila esemplari differen-ti. Viaggiatore spinto dalla curiositàdi scoprirne nuovi modelli, fatture etecniche realizzative, fondatore del-l’associazione Anemos, che promuo-ve ancora oggi la cultura e lo studiodei fischietti, Clizia ha realizzato cen-tinaia e centinaia di sculture fischian-ti. Fischietti che sono spesso statibozzetti per sculture compiute, gio-chi, divertimenti, occasione di scam-bio con altri amici e collezionisti,argomento delle sue attività didatti-che o terreno di esperimento per unnuovo smalto e per un tipo di finitu-ra della ceramica. L’ingobbio, la cri-stallina, la terra rossa diCastellamonte – sua compagna inse-parabile di lavoro – o raramentequella bianca, più spesso impiegatacome medium per gli ingobbi, com-paiono nei fischietti e poi tornanonelle sculture o viceversa, perché ilfischietto ha dignità di scultura espesso la contamina. Il rinoceronte,che porta in groppa alcuni uccellinipilota, è una scultura di oltre mezzometro, ma – sorpresa – i piccoliuccellini sono fischietti, parte inte-grante dell’opera, che la rendonointerattiva, nata per essere avvicinata,per appoggiarvi le labbra e soffiare.Nulla di più distante dall’idea diopera in ceramica inavvicinabile dalpubblico.Il lavoro ceramico di Clizia è statomolto intenso dal punto di vista spe-rimentale. Anche se conosciuto perun grande impiego degli ingobbi(miscele di terra bianca e ossidi steseancora liquide sulla scultura, che per-

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mettono delicate sfumature ed un’u-nica cottura), Clizia ha raggiunto inalcune opere livelli eccelsi nell’impie-go degli smalti. Splendidi esempisono la giraffa con una superficie gri-gio-azzurrognola, la figura poggiatasu ruota, il musulmano, il crocifisso,la maternità blu, la bambina conpalla, per non citarne che alcuni.L’artista ha inoltre compiuto unlavoro molto importante dal puntodi vista della ricerca ceramica docu-mentando le ricette dei propri smaltie vernici. Un prezioso ‘ricettario’,alla maniera degli antichi, con unacaratteristica di grande rilevanza.Ogni scheda, oltre alla composizionechimica dello smalto, riporta incolla-to un piccolo campione ceramico,un’anticipazione del risultato finale.Quando ho conosciuto Clizia hoavvertito in modo evidente la forzadi una persona assolutamente nongelosa dei propri segreti. A differenzadi artisti che non svelerebbero mai,neppure ad un allievo di lunga data,tutti i traguardi tecnici conseguiti,Clizia non aveva paura, già al primoincontro, di svelare i ‘trucchi delmestiere’. Questo si può interpretarecon la consapevolezza che i ferri sonosolo la base di partenza, il lato arti-gianale del risultato artistico finale.Conoscere la tecnica di un artista, senon si è poi in grado di spingersioltre, può al massimo consentire diimitarlo, ma sicuramente non disuperarlo. Questo Clizia lo sapeva etanta è stata la sua passione nellaricerca da sapere anche che una voltache un risultato era stato raggiunto,lui probabilmente stava già speri-

mentando altro o aveva già in cantie-re mille nuovi progetti. In ambito pittorico Clizia ha trovatonel colore tipografico, lucido e resi-stente al tempo, veloce ad asciugare eversatile, il mezzo più consono adesprimere la propria vitalità cromati-ca. Colore tipografico impiegato ingrande quantità non solo nelle opereseriali come le linoleografie, maanche nella ricchissima produzionedi opere uniche. La riscoperta delmonotipo, e il suo impiego massic-cio, si avvale di questi inchiostri mapermette libertà espressiva infinita edipinti di grande effetto anche se labase è la carta. Il monotipo, general-mente poco utilizzato per la difficoltàtecnica e l’impossibilità di riparare aderrori durante la realizzazione, si èdimostrato il mezzo adatto alla spon-taneità e alla forza del tratto diClizia. Dopo aver inchiostrato unalastra di zinco grazie ad un rullo, l’ar-tista vi appoggia sopra un foglio dicarta e disegnandovi sul retro racco-glie con la pressione il colore sull’al-tro lato. Questo processo può essereripetuto con vari colori per comporrei vari livelli del disegno, partendo dalcolore di fondo per giungere ai con-torni tracciati con il nero, passaggiopiù difficile per il rischio di sporcareil foglio. La dimostrazione dell’uni-cità del monotipo – anche se giànell’etimologia del nome – è datadalla presenza sul retro del dipintodei disegni tracciati per esercitare lepressioni necessarie a raccogliere ilcolore. Tecnica indagata dall’artista, a metàtra scultura e pittura, è quella del

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dipinto a rilievo. Su di una tavolapreparata con imprimitura di gesso,Clizia realizzava disegni in rilievocon colla e gesso, finendo poi l’operacon colori tipografici che infondonogrande forza e nitidezza ai dipinti.Meridiane, pesci abissali, fossili, solie lune e figure, i temi principali diqueste opere molto suggestive.Tra le tecniche sperimentali di Cliziaè interessante accennare anche allavoro di micrografia. Intervenendodirettamente sul vetro, montato intelai da diapositiva, Clizia disegnavacon inchiostri colorati, per permette-re successivamente di proiettare l’im-magine su ampie superfici, sperimen-tando anche tecniche di multivisionee visione stereoscopica. Questa tecni-ca, nata probabilmente dalla possibi-lità di studiare da vicino le lanternemagiche e gli strumenti ottici appar-tenenti alla collezione dello zio, alter-nano la scelta di motivi astratti daicolori estremamente vivi a temi piùtipici della sua produzione come ilsole e la luna e le figure. L’impiegodi materiali delicati e danneggiabilidalla luce, come lo zucchero mesco-lato ad inchiostri, ha reso difficil-

mente fruibili queste opere che anti-cipavano certe soluzioni di arte mul-timediale di moda oggi.Riscoprire Clizia oggi significaimmergersi in un mondo incantato,apprezzando il lavoro di un artistache con impegno e dedizione si èdedicato ad ogni forma d’arte, senzamai risparmiarsi fatica e difficoltà,mai pago dei risultati ottenuti e dellerelazioni sociali costruite. Il coraggio di approdare, a fasi cicli-che, in luoghi differenti e distanti, diricominciare tutto da capo coinvol-gendo amici lontani o persone delluogo mai viste prima. L’entusiasmodi progettare, l’idea di far crescere epromuovere le comunità in cui sitrovava a vivere od operare, la capa-cità di cercare il bello in ogni oggettoe in ogni luogo, è stata la forza diClizia. L’entusiasmo che si leggenell’intensità dei colori di dipinti esculture e nella vitalità dei personaggidel suo mondo, la volontà di tra-smettere la sua passione, hanno rega-lato a chi ha avuto la fortuna diconoscere Clizia e la sua opera la veradimensione dell’attività artistica.

diego bionda

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sculture

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Il firmamentoterracotta ingobbiatacm 85 x 50 x 451980

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La città omicidaterracotta ingobbiata ceramicata lucida

cm 88 x 90 x 321978

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Fuga da Babeleterracotta ingobbiata ceramicata lucidacm 60 x 42 (diametro)1978

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senza titoloterracotta ingobbiata

cm 50 x 55 x 351985

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Assembleaterracotta ingobbiatacm 45 x 60 x 351979

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senza titoloterracotta ingobbiata ceramicata lucida

cm 92 x 41 (diametro)

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Musulmanoterracotta ingobbiata ceramicata lucidacm 100 x 46 (diametro)1974

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Il riposo dopo la battagliaterracotta ingobbiata graffita

cm 48 x 52 x 461977

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Samuraiterracotta ingobbiata graffita1977

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Guerrieriterracotta ingobbiata graffita (fronte)

cm 50 x 41 x 151983

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Guerrieriterracotta ingobbiata graffita (retro)cm 50 x 41 x 151983

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senza titoloterracotta ingobbiata

cm 54 x 28 x 421985

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senza titoloterracotta ingobbiatacm 65 x 50 x 351985

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Il pescatoreterracotta ingobbiata

(particolare)

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Il pescatoreterracotta ingobbiatacm 82 x 45 x 1151984

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Monasteroterracotta ingobbiata double face

cm 48 x 55 x 17 (nella foto in alto il retro)1983

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Cammina, cammina...terracotta ingobbiatacm 49 x 35 x 281983

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senza titoloterracotta ingobbiata

cm 43 x 37 x 361994

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senza titoloterracotta ingobbiatacm 46 x 38 x 231994

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senza titoloterracotta ingobbiata

cm 44 x 35 x 301979

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senza titoloterracotta ingobbiatacm 50 x 42 x 331979

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Testaterracotta ingobbiata

cm 50 x 35 x 201980

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Testaterracotta ingobbiatacm 41 x 35 x 301980

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Testagres ceramicato lucido ingobbiato graffito

cm 54 x 23 x 201955

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Testaterracotta greificata lucidacm 36 x 32 x 401957

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senza titoloterracotta ingobbiata graffita ceramicata

cm 50 x 19 x 191963

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Esquimeseterracotta ingobbiata graffita ceramicatacm 40 x 23 x 291963

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Incontroterracotta ceramicata lucida

cm 33 x 27 x 15 (nella foto in alto il retro)1955

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Nudoceramicacm 52 x 50 x 421973

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Giocoliereceramica ingobbiata

cm 130 x 80 x 301980

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Maternitàceramicacm 62 x 35 x 31 1965

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Bifronteterracotta ingobbiata double face

cm 46 x 50 x 31 8 (nella foto in alto il retro)1983

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senza titoloterracotta ingobbiatacm 50 x 35 x 181983

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Bambina con pallaceramica ingobbiata

cm 50 x 35 x 351979

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Bambina con pallaterracotta ceramicata lucidacm 59 x 57 x 521963

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Giraffaterracotta smaltata

cm 65 x 39 x 271963

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Focaterracotta ingobbiatacm 106 x 40 x 501981

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Armadilloterracotta ingobbiata

cm 25 x 28 x 681998

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Rinoceronteterracotta ingobbiata40 x 52 x 201998

Rinoceronte (in alto)terracotta ingobbiata

cm 41 x 65 x 251998

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Pesce lunareterracotta ingobbiata graffita

cm 40 x 35 x 641977

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Colloquioterracotta ingobbiatacm 63 x 30 x 301981

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Donne del Sudterracotta ingobbiata

cm 95 x 60 x 261980

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Guerrieroterracotta ingobbiatacm 100 x 76 x 231981

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Nuotatore (in basso)terracotta ingobbiata (3 sezioni)cm 15 x 93 x 251985

senza titolo (in alto)terracotta ingobbiata

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Crocifissoceramica

cm 132 x 92 x 81964

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senza titoloterracotta ingobbiata graffitacm 46 x 50 x 311974

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Inquisitoreterracotta ingobbiata

cm 38 x 42 x 241983

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Donna sedutaterracotta ingobbiatacm 49 x 26 x 191983

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Il vescovoterracotta ingobbiata

cm 50 x 39 x 241983

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Filosofoterracotta ingobbiatacm 38 x 42 x 321983

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senza titoloceramica ingobbiata graffita

diametro cm 321985

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sole e lunaceramica ingobbiata diametro cm 34 1985

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Maternitàterracotta ingobbiata

cm 91 x 43 x 351977

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dipinti

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tecnica mistacm 51 x 22

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monotipocm 35 x 30

1959

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monotipocm 42 x 30

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monotipocm 45 x 52 (retro)

1960

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monotipocm 45 x 52 (fronte)1960

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colla e inchiostri su cartoncinocm 23 x 30

1971

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colla e inchiostri su cartoncinocm 32 x 231971

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monotipocm 48 x 34

1964

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monotipocm 33 x 291959

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colla e inchiostri (in alto)cm

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colla e inchiostri (in basso)cm 23 x 341970

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monotipo (in alto)cm 33 x 35

monotipo (in basso)cm 31 x 35

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senza titolocolla, gesso e inchiostro tipografico su tavola

cm 66 x 551966

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Petronilla non gioca piùcolla, gesso e inchiostro tipografico su tavolacm 85 x 601966

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senza titolocolla, gesso e inchiostro tipografico su tavola

cm 48 x 401974

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Donna al solecolla, gesso e inchiostro tipografico su tavolacm 52 x 43

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monotipocm 50 x 35

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monotipocm 70 x 501978

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Bussana Vecchiacm 50 x 70

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Bussana Vecchiacm 100 x 70

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monotipocm 50 x 35

1984

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monotipo (fronte e retro)cm 70 x 501980

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monotipocm 48 x 35

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monotipocm 70 x 501980

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monotipocm 70 x 50

1982

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monotipocm 50 x 351976

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monotipo (fronte)cm 70 x 50

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monotipo (retro)cm 70 x 50

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monotipocm 70 x 50

1982

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monotipocm 70 x 501982

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Carta e matite erano per il piccolo Mario il dono più graditoed egli passava nella prima infanzia lunghe ore a scaraboc-chiare figure e paesaggi. L’impatto con l’insegnamento scola-stico fu talmente negativo che a undici anni venne bocciatoin disegno e trascorse una lunga estate a ridisegnare unamarina il cui ricordo ancora l’ossessiona. A tredici anniriprende a disegnare liberamente e apprende anche la tecnicadell’incisione e inizia lunghe passeggiate nel Canavese adipingere paesaggi. Dal 1946 al 1949 frequenta a Torinol’Accademia Libera di Arte Pura e Applicata, dove collaboranonumerosi pittori torinesi: Micheletti, Terzolo, Tribaudino,Bercetti e Mario Giansone, il cui insegnamento anatomico eteorico, continuato nel suo studio, avrà un’importanza deter-minante nella sua formazione. Risale a quel periodo l’amici-zia con Lavagno, Gellato, Grosso, Eandi, Billetto, Da Re eWanda Sibilla che diventerà sua moglie nel 1952. Dal 1952inizia a sviluppare un autonomo linguaggio espressivo dipin-gendo ad olio su cartone ed operando graffiti. Esegue un cen-tinaio di opere che verranno distrutte durante un incendio

Mario Giani racconta Clizia

19461957esordio

Clizia, Mario Giani (Torino, 1923 – Bussolino di Gassino Torinese, 2000)

Clizia ha documentato meticolosamente la propria vita e l’attività artistica svolta attraverso seigrandi album su cui ha incollato un’autobiografia scritta a macchina, foto significative, alcuni docu-menti e ritagli di giornale.La preziosa documentazione racconta meglio di ogni altra parola la vita di un artista che si con-fronta con successi, sconfitte e dubbi sulla propria attività. Un racconto lucido, in terza persona – vicino alla cronaca giornalistica –, che serve a raccontareun percorso in continuo movimento, ricco di progetti, mostre, incontri, amicizie e luoghi a cui lasua avventura è stata legata. Clizia ha diviso la propria storia in ‘capitoli cronologici’, e così vieneriportata, raccogliendo gli estratti più significativi.[ ]b

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vandalico a Bussana Vecchia. Fra queste prime opere, moltiritratti della moglie. Di poco posteriore è un’evoluzione verso soluzioni composi-tive non ispirate direttamente dal vero, nelle quali si deli-nea già il canone anatomico (schiacciamento sistematico dellafigura) cui resterà fedele anche nella produzione successiva. Parallelamente iniziano le prime esperienze di composizioneastratta, presto abbandonate. Tuttavia la pittura figurativaoffrirà un semplice pretesto alle sue composizioni. Alla fine del 1953 si dedica con entusiasmo ad una nuova,eccitante scoperta: la ceramica. Un preliminare approccio conquesta tecnica era avvenuta nell’ottobre 1943 nel laboratoriodi Vacchetti dove si era dedicato alla decorazione di cerami-che tipo Lenci.Tale esperienza, ovviamente negativa, gli impedisce all’iniziodi trovare un linguaggio più aderente alla materia usata etuttavia riprende nei primi piatti una tecnica analoga aquella adottata in pittura.All’inizio del 1995 decide di costruire un laboratorio in viaChallant 43 nel quale trascorrerà tutto il tempo lasciatolibero dall’attività professionale. Risale a quel periodo laconoscenza di Adolfo Merlone e l’uso dell’argilla diCastellamonte. Il primo sarà, non un maestro, ma un amico chesaltuariamente lo consiglierà nelle ricerche di procedimentitecnici, la seconda sarà la materia prima cui resterà inseguito fedele. Le nuove composizioni accentuano la tendenzagrafica a campiture nette appena impreziosite da verniciceramiche. Occorre tenere presente che, fin dalla età di tre-dici anni ha iniziato una attività di lavoro come impiegato,lavorando lungamente anche alla Fiat e in banca, diplomandosiall’istituto magistrale e frequentando il magistero fino alterzo anno. Nel dopoguerra, dopo una breve occupazione comeinsegnante e poi produttore pubblicitario, si è impiegato inun mobilificio. Nell’estate 1955 abbandona questa attività esi dedica professionalmente all’arte, partecipando anche allaMostra di Ceramica di Faenza. Nell’autunno si iscrive all’artigianato con il nome diClizia Vasaio (Clizia è stato il pittore attico del VII seco-lo che ha firmato con il vasaio Ergotimo il vaso Francois). Iprimi pezzi vengono tuttavia firmati con il vero nome perchèClizia dovrebbe essere il nome di una progettata comunitàartigiana. L’anno successivo inizierà a firmare le ceramichecon questo nome e dal 1958 anche le composizioni pittoriche.All’inizio del 1956 inaugura con la sua prima personale laGalleria Faber che ha rilevato dal proprietario. Dopo pochimesi Faber muore e poichè la licenza risulta intestata allafiglia minore è costretto ad abbandonare la galleria nel1956, dopo aver presentato alcune mostre collettive e perso-nali di De Laurenti, Assetto, Garelli, Montali, e aver cerca-to di riunire, come segretario del sindacato Usaiba, gliartisti torinesi nella sua galleria. Adriano Totti, attento collezionista di ceramica moderna,rimane favorevolmente impressionato dalle opere, e presentaClizia a Milano nella sua galleria. Purtroppo la mostra siinaugura in coincidenza con la ritardata apertura della bien-nale e non viene visitata dai critici.

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L’incontro sarà tuttavia utile a Clizia perchè Totti gli pro-porrà di recarsi in Germania per completare la sua lacunosapreparazione autodidattica. Nel 1956 Clizia si propone di far conoscere le sue opere epartecipa a mostre personali a Cortina d’Ampezzo, Ivrea,Cervinia e Rovereto e a collettive a Padova, Melzo, Messina,Faenza, Vicenza. Nell’autunno 1956 si trasferisce ad Ivrea dove con CarloRepetto crea lo studio pubblicitario Ariete dedicandosiall’attività grafica. Risalgono a quell’anno numerose proposterimaste senza esito per iniziative di carattere culturalenell’ambito della comunità. Un corso per l’avviamento all’ar-te figurativa, una mostra dedicata alla didattica del buono edel cattivo gusto (quello che poi verrà chiamato kitsch) con-trapponendo aspetti validi della produzione artigiana edindustriale ad oggetti di gusto deteriore. Realizza carricarnevaleschi costruiti con minimi mezzi, che ottengono tut-tavia premi consistenti. Sviluppa una tecnica monotipica (leprime opere sono ancora firmate con il suo vero nome) primain bianco e nero e poi a colori, disegnando su fogli di cartaappoggiati su lastre preparate con inchiostri tipografici. Abbandonata nell’estate 1957 la pubblicità, si reca aKandern, nella Foresta Nera, dall’illustre ceramista RichardBampi per apprendere la tecnica del gres. Accolto nel suolaboratorio impara, soprattutto ordine e disciplina e il pro-cedimento della tecnica a strisce che da allora praticheràper la modellatura delle ceramiche. Esegue una sessantina diterracotte in terra bianca ad alta temperatura (firmateClizia K), alcune delle quali di circa un metro di altezza. Nell’atelier conosce numerosi ceramisti: Stig Lindberg, Ruth,Coppenhofer, Erich Keller. Propone a quest’ultimo di venirecon lui e la moglie a Sanremo. Da allora Clizia conserveràcostante contatto con la Germania con viaggi e mostre annua-li. A novembre presenta le sue ceramiche a Parigi, città cheaveva già visitato l’anno precedente. Durante lo smontaggiodella mostra ignoti ladri asportano dalla sua automobilequasi tutti i pezzi esposti. Conosce Madame Moutard Uldry,conservatrice del museo Guimet, che mostra di apprezzaremolto le sue opere e lo indirizza al direttore del museo diSèvres, Gensoli, che gli fa visitare il museo e i laboratori.Nello stesso anno partecipa a una collettiva al Prisma e neconosce il direttore Ugo Scassa che ritroverà poi allaArazzeria di Asti. Espone inoltre opere nel negozio allestitoda Montali in via Viotti.

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Fonda l’associazione Amici della Pigna di cui è segretario, epubblica con Gianni Topia il giornale Il Penduto. Acquista untorchio litografico, che fa ripristinare e non potrà maiusare. Diventa amico di tutti i tipografi di Sanremo che fre-quenta assiduamente per pubblicare manifesti e volantinirichiesti dal comune. Dirige per due anni corsi di ceramicain una scuola locale. Separatosi dalla moglie alla fine del 1958 decide, peraumentare i contatti turistici con la città vecchia, di apri-re in un frantoio cinquecentesco l’Hostaria de la Pigna d’Oroche dirigerà personalmente dal 1959 al 1961 e che diventeràil centro delle manifestazioni organizzate in quegli anni edil luogo di raduno per i giornalisti, scrittori, pittori ecantanti. Decine di articoli su giornali quali Il Giorno, LaStampa, Stampa Sera, Gazzetta del Popolo, Secolo XIX, Epoca,sottolineano questa sua iniziativa. La valorizzazione della città vecchia, timidamente avviatacon le botteghe artigiane e l’Hostaria, riceve finalmentel’appoggio degli enti turistici e comunali. Al 1959 risale laGiostra del menestrello, ripetuta per 5 anni, allo scopo divalorizzare la musica popolare. Nel 1961 si effettua la sagradella sardenaria che si ripeterà per altri due anni e per laquale verrà costruito un apposito forno che dovrebbe ancheservire per le cotture di terracotte, in relazione ad unaproposta di attività didattico artigianale da Clizia suggeri-ta. Nel 1962 si effettua l’illuminazione notturna della cittàvecchia con effetti scenici, la mostra di pittura borgo anti-co e la manifestazione balconi fioriti. Nel 1963 la sagra delpalmarello e la mostra dell’artigianato. Ma l’iniziativa più rilevante è il Teatro della Pigna cheinizia con uno spettacolo dei Ruzantini. Il Teatro della Pigna nasce dall’incontro con il registaFabio Pacchioni e con la coreografa Lia Labaronne. Alla suaorganizzazione, all’esecuzione di manifesti e volantini, allacreazione di scenografie e costumi Clizia dedicherà il massi-mo impegno. La Calzolaia meravigliosa di Garcia Lorca vienerappresentata per la prima volta nella piazza Cisterna conuna felice esperienza non più ripetuta di entusiastica colla-borazione fra regista, attori e organizzatori, che presentanouno spettacolo suggestivo con un modestissimo sussidio econo-mico. Faranno seguito nel 1962 a Sanremo e Imperia LaCalzolaia meravigliosa e gli Intermezzi di Cervantes e nel1963 I Litiganti di Racine, Il Persiano di Plauto,Bonaventura di Sto, Pittura su legno di Bergman. Quaranta manifesti in linoleografia a più colori, tuttidispersi, numerosi volantini e pubblicazioni grafiche rappre-sentano la produzione di quegli anni per i comuni di Sanremo,Diano, Imperia e per privati. Clizia accoglie in uno staggio in piazza Santa Brigida iragazzi che giocano per le strade proponendo loro originalisperimentazioni grafiche e pittoriche con promettenti risulta-ti, a partire dall’estate del 1962. L’attività viene segnala-ta in decine di articoli e le opere verranno esposte dapprimanella città vecchia, poi in Germania ed in Inghilterra susci-tando l’interesse del pubblico e degli educatori. Dai primi mesi del suo soggiorno a Sanremo, Clizia ha

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visitato l’entroterra ed è rimasto particolarmente colpito daBussana Vecchia, un paese abbandonato distrutto dal terremotonel 1887. Matura in lui il proposito di realizzare una comu-nità di artisti nelle case abbandonate. Lo attua trasferendo-si nel 1961 in una abitazione sotto il campanile dove abiteràsaltuariamente fino al 1963. Costituisce la ColoniaInternazionale Artisti, che nel giro di dieci anni verràpopolata da quaranta pittori e in cui si apriranno una decinadi botteghe. Trascorre il primo anno in felice isolamento mapurtroppo in seguito la sua casa viene a più riprese danneg-giata e incendiata. Clizia lascerà la sua abitazione agliartisti che vorranno stabilirsi, in conformità al regolamentoda lui stesso stabilito. Le numerose attività di Clizia fra il 1958 e il 1963 nongli impediscono di dedicarsi attivamente ad una produzioneartistica personale. Dopo aver partecipato ad alcune collet-tive si reca nel 1958 alla Biennale di Venezia con Maria ePaola Ghiringhelli e trascorre alcuni giorni con il pittoreLicini, che riceverà in quell’anno il premio internazionale. Giacomo Natta presenta nel 1959 una cartella di sei inci-sioni linoleografiche stampate con procedimento particolare,facendo uso di un piccolo torchio. Da allora esegue numeroseincisioni in linoleum. Nel luglio 1961 inizia un ciclo di mostre all’estero chelo conducono prima a Costanza e a Lugano e nel 1962 aColonia, Düsseldorf, Würzburg, Dortmund, Iserlhon, Gemershein. La produzione dei gioielli viene accolta favorevolmentenelle gioiellerie (Brusa, Martano e Clapero) e nelle boutiquedi Torino e Milano e viene più volte presentata al Samia conottimi risultati economici. Il sindaco R. Bellone propone a Clizia di organizzare unascuola di ceramica, di cui sarà presidente Adolfo Merlone,nel castello di Costigliole d’Asti. Clizia abbandona Sanremoe si stabilisce, nell’ottobre 1963 nel castello della contes-sa di Castiglione dove abiterà tre anni. Durante la sua per-manenza a Costigliole collabora ogni anno con la pro locolocale per le manifestazioni primaverili ed autunnali, alle-stendo numerosi carri, pubblicando manifesti e volantini eincrementando le iniziative turistiche. Fonda nel castello il circolo Paesi tuoi per la valorizza-zione della Langa e del Monferrato, al quale parteciperannonumerosi astigiani e pubblica due numeri della rivista omoni-ma. Costituisce, all’ultimo piano del castello, una ColoniaInternazionale per Artisti che ospita pittori e scrittoriitaliani, tedeschi, cecoslovacchi, francesi e australiani. Alla scuola ceramica dedica la sua attività per quattroanni in corsi diurni e serali frequentati da giovani ed adul-ti della provincia di Asti e saltuariamente da stranieri,insegnando le tecniche medievali dell’ingobbio e graffito.Dopo un anno è già in grado di allestire nel castello, unita-mente ad una mostra degli artigiani della provincia di Asti,un’esposizione delle opere degli allievi, cui farà seguitouna mostra permanente di ceramiche e fotografie di WillyDamhen che si ingrandirà fino ad occupare tre saloni.Nell’intenzione del sindaco la scuola ceramica doveva fungere

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da incentivo culturale ed integrare le iniziative sociali. Alla galleria La Rocca di Torino, alle Cronache Chieresi diChieri nel 1969 e alla Biccherna di Magenta nel 1970, effettuamostre personali esponendo gioielli, ceramiche e pitture. I gioielli vengono presentati in numerose mostre collettive. Nel 1969/70 Clizia, dopo una conferenza, terrà un corso sulgioiello moderno alla Scuola di oreficeria A. Ghirardi diTorino di cui è direttore Enrico Martano. Risalgono a quel periodo mostre a Monaco di Baviera (1964),ad Asti, Canelli e Nizza (1965) e l’amicizia con ArturoBersano, fondatore del museo delle Contadinerie di Nizza, cheaccoglie anche omaggi estemporanei all’artista. La vasta produzione di ceramica e terracotte ingobbiate diClizia ottiene il consenso del pubblico, un premio alla mostrainternazionale dell’Artigianato di Firenze nel 1965 e il Soled’oro alla Mostra internazionale di Sanremo nel 1966. Per dueanni Clizia insegna disegno nel Preventorio Cora e tiene uncorso sulle tecniche del disegno agli insegnanti di Asti. Esegue numerose decorazioni ceramiche, vincendo anche ilconcorso per la decorazione di una scuola di Ovada su temaispirato alle poesie di Carducci e all’opera di Leonardo.Realizza la decorazione del cinema Piccadilly a Milano conduecento teste a forma di piatto che rappresentano la folla.Per l’avvocato Grasso di Agrigento esegue una riproduzione interracotta, fedele fino nei colori, del tempio di Castore ePolluce. Per lui disegnerà anche le copertine di due libri. Nel 1963 inizia esperimenti cromatici di micrografica, cheprotrarrà per molti anni, facendo uso prima della pellicolafotografica, poi di centinaia di lastrine di vetro da proie-zione con motivi astratti e figurativi ricercando effetti dirifrazione luminosa. Conduce anche analoghi esperimenti sullabinocularità (doppia visione simultanea). 200 disegni con inchiostri tipografici risalgono a quelperiodo. Nel 1966 il gallerista Franco Pesando si propone dilanciarlo come ‘il pittore delle meridiane’. Su questa temati-ca Clizia esegue numerosi disegni e pannelli su tavola. Poichèla prima realizzazione dei pannelli effettuata con tecnicherigidamente tradizionali dell’antica pittura su tavola, non losoddisfa, ripete gli stessi temi ideando una tecnica a rilievoa gesso e colla, con la quale esegue una trentina di quadri,durante l’estate, a Sanremo. Da questi quadri ottiene calchi su carta, che si possono con-siderare i suoi primi esperimenti sulla grafica a rilievo. Lamostra non ha purtroppo luogo, perché l’attività del Pesandoviene provvisoriamente interrotta, quando Albino Galvano avevagià scritto la presentazione delle opere.

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Nell’aprile 67 gli viene proposta la consulenza in un centrolavoro protetto di Torino. E’ un nuovo stimolo ai suoi espe-rimenti didattici. Clizia si trasferisce in StradaRevigliasco 107 a Testona ed insegna disegno contemporanea-mente alla Casa del sole e in un istituto per per portatoridi handicap di Moncalieri. I laboratori portano alla realizzazione di sbalzi su rame eottone, di batik, gioielli giovani, giocattoli decorati piro-graficamente, che vengono esposti per ben cinque volte alSamia dal 1968 al 1970 ed a Firenze nel 1969, ottenendo mas-simo apprezzamento di pubblico e un successo di vendita. Inparticolare le opere in batik a cera proposte da Clizia ven-gono a coincidere casualmente con il lancio della moda deibatik. Clizia anticipa anche la tecnica dei batik a legaturacon una produzione che precede l’invasione di quella commer-ciale proveniente dall’Inghilterra. Numerosi riconoscimenti confermano che i giovani con diffi-coltà possono essere reintegrati nella società per mezzo diun lavoro qualificato. Nei primi mesi del soggiorno a Testona, Clizia realizzapannelli a rilievo con corde, chiodi e gesso. In quegli anni,essendo privo di forno non può dedicarsi alla ceramica emodella soltanto qualche pezzo durante un suo soggiorno inGermania nel 1967. Poco dopo propone all’amico Sergio Almondo di realizzaregioielli su suoi disegni. La collaborazione non viene realiz-zata ma Clizia inizia per suo conto una produzione di moniliin ottone e rame e poi di spille in argento.

Il 5 giugno 1970 Clizia si insedia stabilmente nella collinatorinese restaurando una vecchia casa, di cui conserva ilnome augurale: Cascina Speranza. Lontano dalla pianura avvol-ta dalla nebbia e dallo smog, con all’orizzonte la dentellatachiostra alpina, immerso in un bosco incolto, sprofondato nelsilenzio rotto soltanto dal trillo del pettirosso, ritrovauna solitudine foriera di sereno lavoro e nuove esperienze.Per un anno ancora continua nella creazione di gioielli, cuideve rinunciare perchè l’incipiente presbiopia gli impediscedi lavorare a distanza ravvicinata. Nel 1971 organizza unitamente agli amici Gellato, Grosso,Garimoldi, una serie di personali consecutive alla galleria3714 di Torino e riscuote successo di pubblico e di critica,particolarmente per le diapositive dipinte. Giampiero Druetto lo introduce nella casa editrice Paraviaper la quale illustra con la tecnica del collage alcuni libriper l’infanzia della collana La Cinciallegra: ‘Il piatto dimele’ e ‘Le ore’ di A. Anfosso (1971). Nel 1972 scrive edillustra una fiaba di argomento ecologico, ‘Pinotto ecologo’,cui fanno seguito ‘I figli e i nipoti di Pinotto ecologo’. Laserie viene poi raccolta in un unico volume: ‘La famiglia diPinotto ecologo’. La fiaba ottiene successo nel campo didattico ed una riduzio-ne viene trasmessa alla radio per i bambini il 6 dicembre1974. Illustra per la collana ‘Mondo Contento’ i libri: ‘Ilbiancospino’, ‘Calendula piccolo sole’, ‘Il tesoro nascosto’,

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con la tecnica del collage contornato di inchiostro.Scrive ed illustra numerosi altri libri inediti, inventa gio-chi didattici per ragazzi e disegna una serie di fumetti dicarattere sociale intitolata ‘Massimino Massa’. Esegue 1150 piatti a mano decorati a graffito con motividifferenti per la Zenith. Nell’estate 1972 Clizia si facostruire un nuovo forno a gas e si dedica febbrilmente allaceramica pubblicando anche un volantino che illustra la suarinnovata attività. Allo stesso periodo risalgono alcune teste con sostegno inferro che si richiamano alla sua precedente produzione inGermania e grandi vasi che riecheggiano i barmänner renani,alcuni dei quali aveva già eseguito a Costigliole. Nel 1973 su invito della Regione Piemonte partecipa allaXXXVII Mostra Internazionale dell’Artigianato di Firenze, con-seguendo la medaglia d’oro. A Kerpen esegue un pannello murale di 3x8 m rappresentanteil Paradiso terrestre. Esegue inoltre una serie di trofei zoo-ecologici che espone a Torino a Les Voleurs. La sua produzione si orienta sempre di più verso la terracottaingobbiata senza vernice. Nell’annuale mostra natalizia a Frechen vengono venduti consuccesso una serie di piatti decorati con teste. La galleria Ceppi organizza una personale ad Aosta e pre-senta le opere in diverse collettive. ‘L’album di famiglia’, documento della storia familiare,diventa il tema di una serie di 14 quadri ispirati liberamenteai costumi effigiati nelle vecchie fotografie. Una contempora-nea serie ‘I vittoriani’, trae lo spunto dalla ipocrita menta-lità borghese del secolo XIX. Nell’ambito della XIV Mostra di ceramica di Castellamonte,Clizia viene invitato ad una personale che presenta 60 pezzirecenti. Le opere si impongono all’attenzione del numerosopubblico e della critica. Clizia progetta per Interexport di Roma una serie di pezziunici di piccole dimensioni che dovrebbero essere distribuitia livello internazionale. L’iniziativa non giunge comunque aconclusione.

Con una particolare tecnica di riduzione di fiamma, chetrasforma il rosso colore della terra di Castellamonte inbruno, ottiene suggestivi effetti nella creazione di pezzi dinotevole dimensione. Alla Galleria Daly di Ivrea una mostra di Clizia riscuotenotevole successo. Durante la mostra si consolida una cordialeamicizia con gli editori Priuli & Verlucca. Dall’amico Keller Clizia acquista un vecchio torchio dastampa formato 70x70 cm e dal maggio 1974 riprende l’incisionesu linoleum e su legno, con una produzione di 35 pezzi nelcorso dell’anno stesso. Viene invitato alla III InternationaleGrafik Biennale di Frechen. Al principio del 1975 pubblica un’ironica cartella di inci-sioni ‘Bestioline Gentili’, con simbolici ritratti femminili In occasione della mostra di Ivrea viene presentato per laprima volta il gioco per ragazzi ‘Un milione di paesaggi’,realizzato l’anno precedente per la Paravia. Nel frattempo

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continua ad elaborare giochi e libri per ragazzi che rimango-no chiusi nel cassetto. Il Goethe Institut organizza una mostra di grafica, didisegni e ceramiche di Clizia sotto l’egida della Città diTorino. Il tema dell’Album di famiglia, centrato questa volta suuna serie di autoritratti dal 1925 al 1935, ritorna in unacartella di 10 incisioni presentata per la prima volta alGoethe Institut. Per la mostra Clizia esegue anche grandi rilievi bianchiimprimendo fogli su tavole preparate con gesso e colla. Nelfrattempo ha escogitato altre tecniche per la stampa a rilie-vo riprendendo quella dei cartoni stratificati sperimentatafin dal 1966. Nell’autunno vengono realizzati, con un particolare proces-so di incisione a mano su lastre foto-litografiche, due gio-chi didattici ispirati ad un modulo ricorrente a piegature.Nel frattempo Clizia ha acquistato un torchio cm 100x70 chegli consente di stampare su maggiori dimensioni con risultatipiù soddisfacenti. Dopo la personale dell’anno precedente Clizia viene invita-to a partecipare con numerosi pezzi anche alla XV Mostradella Ceramica di Castellamonte. Da molto tempo Clizia si proponeva di pubblicizzare la tec-nica della terracotta con l’ingobbio e graffito. Alla finedel 1975 si dedica alla compilazione di un piccolo testo inproposito e realizza numerosi pezzi per la documentazionefotografica. Contemporaneamente propone a E. Bianchetti laproduzione di un forno economico per principianti da realiz-zarsi in serie. La Galleria Il Torchio propone grafica, pittura, ceramica,gioielli, giochi e poster per ragazzi in una mostra natali-zia. Lo svizzero G.Zamidakis presenta a Crans-sur-Sierre ceramichedi Clizia. La stamperia Marco Noire propone a Clizia all’inizio del1976 una mostra di grafica. L’artista, che ha realizzato nel1975, 63 incisioni, riprende l’attività incisoria ed escogitaun procedimento di grafica tridimensionale. La mostra vieneabbinata all’iniziativa Grafica Collezione che presenta bime-stralmente incisioni di differenti artisti. A completamentodella mostra Clizia realizza disegni con inchiostri tipogra-fici facendo uso dell’oro. Dipinge un murale di 10 x 1.5 m con la collaborazione dipiccoli pittori per ricordare il terremoto del Friuli. Unasua mostra di ceramiche è allestita a Torino permanentementenella galleria Dany Stemaky.Numerosi insegnanti si rivolgono a Clizia per chiarimentisulle tecniche didattiche con particolare riguardo alla cera-mica ed egli tiene conferenze agli insegnanti. Per il XXX anniversario della Repubblica Italiana Cliziaaderisce alla Coperativa Incisori Canavesani, realizzandoun’incisione ispirata al primo articolo della Costituzione. Nell’estate del 1977 Clizia viene invitato a Bormio perl’allestimento di una mostra sulla speculazione edilizia cheintendeva abbattere l’edificio delle terme. La mostra alle-

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stita a Bormio venne presentata per l’intervento dellaRegione Lombardia in varie città. Nel maggio-giugno 1977 Clizia presenta ogni giovedì allatelevisione Grp di Torino il programma intitolato CreareGiocando, durante il quale ragazzi dai 6 ai 10 anni realizza-no terrecotte graffite, giochi con carta, ecc. La prima monografia di Clizia venne pubblicata nel 1977 periniziativa del fotografo Pelazza che intendeva aprire unamoderna tipografia e farsi conoscere con questa pubblicazio-ne. In tale occasione Ernesto Caballo scrisse un ampio testocritico ed il fotografo Corrado de Vecchi scattò le fotogra-fie che illustrano la Monografia. La tiratura venne limitataa 1000 copie, 150 delle quali abbinate ad una punta seccatirata in 10 esemplari. Occorsero 15 incisioni per l’illu-strazione. Su suggerimento di Clizia ed in analogia a quanto fatto inprecedenza da Priuli e Verlucca e da Marco Noire, PieroNebiolo dà inizio al Club della grafica x20 a Costiglioled’Asti con un’acquaforte di Clizia. L’associazione che dovevaaffermarsi in seguito con la presentazione dei più importantiartisti italiani aveva così inizio, e con questa incisioneebbe inizio una feconda collaborazione con lo stampatore. Una collaborazione in simbiosi con il poeta Giovanni diBussana Vecchia ha inizio con il libro di poesie illustratecon linoleografie Omaggio a Mamma Lupara In occasione della mostra effettutata a Novello nel 1979Clizia esegue una serie di monotipi ispirati al paesaggiolocale, che rappresentano dopo 30 anni un ritorno alla pittu-ra del paesaggio di cui esistevano già alcuni esperimentidell’anno precedente. Nel 1979 Clizia esegue una serie di grandi incisioni ispi-rate alle carte da gioco. Caratteristica di queste incisioniè la possibilità di capovolgere il soggetto che presenta lostesso disegno simmetrico con una certa analogia con quellofatto nel 1800 da Grandville. L’idea piace a Gherardo Priuliche realizza in fotolito le carte da gioco tirate in 5milaesemplari e che vengono distribuite a scopo promozionale dal-l’editore. 250 coppie di mazzi, abbinate ad incisioni diClizia, verranno distribuite dall’autore in un’adeguata confe-zione. Il 1979 rappresenta una svolta nella tecnica ceramica diClizia che passa dall’ingobbio graffito fino allora praticatoad una più sobria decorazione con ingobbi scuri. Il presiden-te della Regione propone di allestire una mostra che avràluogo nel mese di dicembre nel palazzo della Regione. La pro-duzione del periodo che precede la mostra è particolarmentericca di nuovi temi eseguiti con una ‘maniera nera’ ispirataalla tecnica del bucchero. All’inizio del 1980 viene offerta a Clizia la possibilitàdi aprire una bottega a Venezia nella popolare zona dellemercerie. Clizia si reca sul posto, esegue numerose incisioni

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di carattere turistico ma purtroppo l’iniziativa non haseguito perchè il comune di Venezia non concede il permessoper aprire la bottega. Dopo la mostra della Regione Piemonte avviene una nuovasvolta nella produzione di terrecotte. Abbandonate definitiva-mente le tecniche con vernici ceramiche, Clizia si orientasulla decorazione a ingobbio a rilievo o impressioni. Nasceuna nuova serie di pezzi mobili solitamente collegata conbarre di ferro che consentono una partecipazione ed unavariante delle soluzioni dinamiche al fruitore dell’opera Nel 1980 Clizia torna alla Mostra internazionale di Faenzaperchè finalmente nel frattempo sono state cambiate le moda-lità del Concorso che fino ad allora avevano imposto l’esclu-sione della terracotta. Occorre rilevare che questa tecnicapraticata da quasi 20 anni da Clizia e da molti artisti diavanguardia, particolarmente giapponesi, venne troppo tardiva-mente accolta in Italia e solamente quando un artista italia-no - Valentini- si decise a praticarla. Nel 1980 muore Ferdinando De Marchi, zio dell’artista.Clizia eredita una ricca biblioteca d’arte, al cui riordinosi dedica per 4 mesi, ed una collezione di lanterne magicheed apparecchiature stereoscopiche. Fin dagli anni ‘60, su richiesta di Enrico Bianchetti,Clizia si era dedicato alla ricerca di soluzioni modulari perla realizzazione di piastrelle in ceramica. Nel 1981 SilvanoMaggioni titolare della Ceramica Casalgres e Olimpia (ReggioEmilia), richiede a Clizia diversi modelli di ceramiche com-ponibili. Fra i tanti temi proposti viene realizzata unaserie composta di 5 elementi e presentata alla mostra annualedi Bologna. Nel giugno 1981 Clizia espone le sue opere nella grandeGalleria dell’Università di Costanza e contemporaneamentetiene alcune lezioni (in tedesco) sulle sue tecniche neilocali dell’università. La seconda metà del 1981 si rivela particolarmente produt-tiva per la terracotta. Dopo aver eseguito grandi figure e gruppi mobili, Clizia ese-gue una serie di animali mostruosi ‘le bestiacce’ che conti-nuerà nell’anno successivo. Fin dal 1981 viene proposta a Clizia la realizzazione diuna monografia sull’artigianato per la stampa contemporaneaper l’Assessorato all’Artigianato della Regione Piemonte.Clizia può iniziare la monografia soltanto nel 1982 con unlavoro di ricerca che lo terrà impegnato per parecchi mesi.Contemporaneamente scrive per l’editore Priuli un testo sullatecnica dell’incisione su legno di testa che servirà da pre-messa ad un libro ottocentesco, di proprietà dell’artistapubblicato in edizione anastatica dalla casa editricePheljna.

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ingobbio

dipinti a rilievo

Clizia ha impiegato alcune tecniche di pittura a rilievo. Laprima, su carta, consiste nel tracciare un disegno, figurativo oastratto, con la colla, individuando i bordi del soggetto.Successivamente, a colla asciutta, si interviene con inchiostri,chine o colori tipografici, per finire il lavoro. I dipinti a rilievosu tavola di legno o truciolato, invece, sono ottenuti disegnandocon una mistura di gesso e colla ed intervenendo successivamen-te con colori tipografici che donano un effetto lucido e vivo eproteggono gesso e tavola dall’umidità. In alcuni casi Clizia hastampato su carta i dipinti a rilievo inchiostrandone con il rullola superficie. Un’altra tecnica a rilievo impiegata da Clizia èstata quella che consiste nel realizzare disegni con chiodi e cordesu tavola, coprendo successivamente l’opera con uno strato digesso bianco o colorato per fissare e rendere uniforme il lavoro.

glossario tecnico

L’ingobbio è una miscela liquida di argilla e ossidi coloratiapplicata dopo aver modellato la forma della scultura, sul pezzoancora leggermente umido. Alla barbottina, argilla fine lasciatasciogliere in acqua e depositare, vengono aggiunti ossidi chedeterminano la colorazione del pezzo una volta cotto, fornendoeffetti opachi dalle tinte pastello. La graffitura, sempre a pezzocrudo, consente di graffiare l’ingobbio per far emergere dallasuperficie dell’ingobbio il colore della terra sottostante.

micrografia

A metà tra la sperimentazione artistica e quella ottica, la micrografia è una scel-ta multimediale che combina la realizzazione di un’opera di piccole dimensioni,su vetro montato sul telaio di una diapositiva e la sua proiezione su grandisuperfici. Di grande effetto per la vivacità e la trasparenza dei colori e la possi-bilità di visione in sequenza o simultanea.

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linoleografia

monotipo

Tecnica molto complessa, che si realizza in variefasi, appoggiando un foglio di carta su di unalastra di zinco precedentemente inchiostrata conil colore scelto, per poi disegnare sul retro. Lapressione esercitata sul retro, la larghezza dellostrumento da disegno scelto e la velocità deltratto, comportano la quantità di inchiostro rac-colta dal foglio e il risultato finale del dipinto.Clizia impiegava inchiostri tipografici e spessoarricchiva le opere utilizzando gli effetti di tex-ture procurati dall’impressione di tessuti, retimetalliche, pizzi o tele grezze o sagome di carto-ne. Ogni monotipo, come già svela l’etimologiadel nome, è un’opera unica, anche se in realtàanche il retro del dipinto merita di essere ammi-rato per capire la nascita del lavoro. Per la suanatura tecnica, il monotipo non consente ripen-samenti e correzioni, quindi richiede un’ottimapadronanza della tecnica impiegata, un trattodeciso e sicuro e una chiara idea iniziale di quel-lo che sarà il risultato.

Tecnica di incisione del linoleum tramite stru-menti da taglio come sgorbie, che consentono ditogliere dalla superficie piana le parti che dopo lastampa rimarranno bianche. In questa tecnical’artista deve pensare al negativo dell’opera:infatti risulterà stampata la parte non incisa dellalastra di linoleum, che viene inchiostrata tramiteun rullo e poi impressa tramite torchio a manosu carta leggermente umida. Clizia spesso stam-pava a più colori, creando diverse lastre per i varicolori impiegati. La difficoltà della tecnica a piùcolori è dettata dalla difficoltà di mettere perfet-tamente a registro le varie lastre, impiegate nellevarie fasi di stampa.

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