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- Enciclopedia degli Autori Italiani - Enciclopedia degli Autori Italiani - Enciclopedia degli Autori Italiani - - Enciclopedia degli Autori Italiani - Enciclopedia degli Autori Italiani - - E n c i c l o p e d i a d e g l i A u t o r i I t a l i a n i - E n c i c l o p e d i a d e g l i A u t o r i I t a l i a n i - E n c i c l o p e d i a d e g l i A u t o r i I t a l i a n i - - INDICE - A.L.I. Penna d’Autore © All rights carattere erudito. Durante la seconda guerra punica combatté tra gli alleati di Roma e nell’anno 204, in Sardegna, conobbe Catone il Censore, che lo condusse con sé a Roma. Il suo talento gli procurò l’amicizia e la prote- zione dei più influenti uomini politici romani, tra cui Scipione l’Africano. Le sue commedie (di cui restano pochissimi frammenti) erano mediocri, mentre eccelse nella tragedia, attingendo a Euripide e ai temi del ciclo troiano. Il suo capolavoro furono gli «Annales», poema epico in 18 libri in cui egli narra la storia di Roma dalle origini al suo tempo. Quest’opera decisamente originale, soprattutto per l’adattamento dell’esa-metro alla poesia epica latina, era un’appassionata e solenne celebrazione della gran- dezza del popolo romano ed esercitò un influsso profondissimo su tutta la poesia successiva; la perdita quasi totale del poema costituisce quindi un danno gravissimo per la comprensione della letteratura latina. Nella molteplice produzione minore di Ennio spiccano le «Saturae», raccolta di componimenti di soggetto vario e tono moraleg-giante, con spunti auto- biografici, dialoghi, descrizioni realistiche e aneddoti: esse rappresentano un genere poetico completamente nuovo cui si ispirarono in seguito Lucilio e Orazio. EPICARMO (Siracusa 540 circa a.C.-450 circa a.C.) - Commediografo greco, nato secondo la tradizione a Kos, secondo altre fonti a Siracusa, certamente cresciuto a Megara, in Sicilia. A partire dal 484 a.C. Epicarmo visse a Siracusa, dove godette del mecenatismo di Gelone e Gerone I. Fu uno dei primi a dare forma artistica alla commedia. Le 350 opere teatrali a noi pervenute contengono motivi burleschi e propongono personaggi che sarebbero divenuti tipici della successiva commedia attica. EQUICOLA MARIO (Alvito [FR] 1470-Mantova 1525) - Al servi- zio di Isabella d’Este e poi di Federico Gonzaga, fu cortigiano rinomato per la sua arguzia ed eloquenza. È autore del trattato in latino d’ispira- zione ficiniana «De natura, de Amore» (1525) che passa in rassegna la tradizione della lirica amorosa dai greci agli umanisti quattrocenteschi. In volgare scrisse una «Chronica di Mantua» (1521) e le «Istituzioni al comporre in ogni sorta di rima volgare» (postume, 1541). ERASMO DA VALVASONE, o Erasmo da Valvason (Valvasone, 1523-Mantova, 1593) - Traduttore della «Tebaide» di Stazio (1570) e dell’«Electra» di Sofocle (1588), compose due poemetti d’ispirazione controriformistica: «Le lagrime di santa Maria Maddalena» (1586) e «Angeleida» (1590), notevoli perché percorrono i temi erotico-religiosi del barocco. Ma è più conosciuto un altro suo poemetto di carattere didascalico: «La caccia» (1591). ERBA LUCIANO (Milano, 1922-2010) - Ha insegnato letteratura francese in Ita- lia e negli Stati Uniti. È stato autore di saggi di argomento letterario e di tradu- zioni dal francese (C. De Bergerac, Cen- drars, Ponge). Ha curato nel 1954, con Pietro Chiara, un’antologia della poesia del primo dopoguerra (Quarta generazione). Le sue raccolte di liriche sono: «Il bel paese» (1955), «Il prete di Ratanà» (1959), «Il male mino- re» (1960), «Il prato più verde» (1977), «Il nastro di Moebius» (1980), «Il cerchio aperto» (1983), «Il tranviere metafisico» (1987), «L’ippopo- tamo» (1989), «Variar del verde» (1993), «L’ipotesi circense» (1995). Nel panorama dei poeti lombardi del secondo Novecento Erba si è di- stinto per la grazia e l’ironia diffuse nei suoi versi, per un certo gusto epigrammatico, per il realismo straniante degli oggetti della sua poesia. ERIZZO SEBASTIANO (Venezia, 1525-1585) - Senatore e membro del consiglio dei Dieci di Venezia, è noto per le sue «Sei giornate» (1567), raccolta di novelle raccontate in sei giorni. Scrisse «Esposizioni delle tre can- zoni di messer F. Petrarca» (1561) e tradusse il «Temeo» di Platone (1558). EMILIANI GIUDICI PAO- LO (Mussomeli [CL] 1812- Tonbridge [Ingh] 1872) - Esule dalla Sicilia per moti- vi politici nel 1843, riparò dapprima a Livorno e poi a Firenze dove divenne pro- fessore di Estetica all'Acca- demia di Belle Arti. Nel 1867 fu eletto deputato; dopo le dimissioni di Rattazzi militò nell’opposizione. Si dedicò soprattutto agli studi letterari. Scrisse il romanzo a sfon- do sociale «Beppe Arpia» (1852), ma la sua opera più importante è «La Storia delle Belle Lettere in Italia» (1844) divisa in tre ideali classicistici e un senso romantico del divenire storico. Uscì in seconda edizione nel 1855 con il titolo «Storia della Letteratura Italiana», che conclude per molti aspetti la storiografia letteraria del primo Ottocen- to. Muovendo dal Vico e dal Foscolo, ma tenendo pre- senti anche esempi stranieri, l’autore traccia un quadro generale della letteratura italiana «con critica filosofica derivata dai fatti». Per le idee programmatiche dell’au- tore è importante il discorso preliminare della prima edi- zione, contenente anche la critica dei suoi predecessori. Insufficiente nell’informazione, e in molti giudizi ancora legata ai canoni classicisti, egli testimonia una coscienza ormai chiara della connessione tra storia letteraria e vita etico-politica della nazione italiana. Per Emiliani Giudici il “periodo della letteratura originale” italiana andava dagli inizi del volgare fino a Lorenzo de Medici; seguiva l'“età di decadenza” (XVI e XVII secolo). Lasciò anche un commento alla «Divina Commedia» e una «Storia del teatro in Italia» rimasta interrotta al primo volume. ENZO o ENZIO (Palermo 1220-Bologna 1272) - Figlio naturale di Federico II di Svevia, ebbe il titolo di re di Sardegna nel 1239. Figu- ra di riferimento dei ghi- bellini italiani e protagoni- sta dello scontro che infu- riava nell’Italia centro-set- tentrionale tra l’Impero, fu poi sconfitto nel 1249 dai guelfi nella battaglia di Fossalta e rinchiuso nel ca- stello di Bologna che si trasformò in una reclusione a vita. Malgrado fosse costretto alla prigionia, gli fu concessa una vita abbastanza agiata, allietata dalla poesia e dalla compagnia delle dame. In questo periodo avrebbe cura- to personalmente la redazione in sei libri del «De arte venandi cum avibus» di Federico trasmessa dal testimo- ne più antico, lo splendido manoscritto conservato a Bo- logna nella Biblioteca Universitaria e databile alla secon- da metà del XIII secolo. Poetò alla maniera della scuola siciliana, con accenti di sincera malinconia; restano di lui quattro componimenti: due canzoni, un sonetto e un frammento probabilmente di canzone. La sua figura è stata evocata da Giovanni Pascoli nelle «Canzoni di re Enzio» (1909).

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carattere erudito. Durante la seconda guerra punica combatté tra gli alleatidi Roma e nell’anno 204, in Sardegna, conobbe Catone il Censore, che locondusse con sé a Roma. Il suo talento gli procurò l’amicizia e la prote-zione dei più influenti uomini politici romani, tra cui Scipione l’Africano.Le sue commedie (di cui restano pochissimi frammenti) erano mediocri,mentre eccelse nella tragedia, attingendo a Euripide e ai temi del ciclotroiano. Il suo capolavoro furono gli «Annales», poema epico in 18 libriin cui egli narra la storia di Roma dalle origini al suo tempo. Quest’operadecisamente originale, soprattutto per l’adattamento dell’esa-metro allapoesia epica latina, era un’appassionata e solenne celebrazione della gran-dezza del popolo romano ed esercitò un influsso profondissimo su tuttala poesia successiva; la perdita quasi totale del poema costituisce quindiun danno gravissimo per la comprensione della letteratura latina. Nellamolteplice produzione minore di Ennio spiccano le «Saturae», raccolta dicomponimenti di soggetto vario e tono moraleg-giante, con spunti auto-biografici, dialoghi, descrizioni realistiche e aneddoti: esse rappresentanoun genere poetico completamente nuovo cui si ispirarono in seguito Lucilioe Orazio.

EPICARMO (Siracusa 540 circa a.C.-450 circa a.C.) - Commediografogreco, nato secondo la tradizione a Kos, secondo altre fonti a Siracusa,certamente cresciuto a Megara, in Sicilia. A partire dal 484 a.C. Epicarmovisse a Siracusa, dove godette del mecenatismo di Gelone e Gerone I. Fuuno dei primi a dare forma artistica alla commedia. Le 350 opere teatralia noi pervenute contengono motivi burleschi e propongono personaggiche sarebbero divenuti tipici della successiva commedia attica.

EQUICOLA MARIO (Alvito [FR] 1470-Mantova 1525) - Al servi-zio di Isabella d’Este e poi di Federico Gonzaga, fu cortigiano rinomatoper la sua arguzia ed eloquenza. È autore del trattato in latino d’ispira-zione ficiniana «De natura, de Amore» (1525) che passa in rassegna latradizione della lirica amorosa dai greci agli umanisti quattrocenteschi.In volgare scrisse una «Chronica di Mantua» (1521) e le «Istituzioni alcomporre in ogni sorta di rima volgare» (postume, 1541).

ERASMO DA VALVASONE, o Erasmo da Valvason (Valvasone,1523-Mantova, 1593) - Traduttore della «Tebaide» di Stazio (1570) edell’«Electra» di Sofocle (1588), compose due poemetti d’ispirazionecontroriformistica: «Le lagrime di santa Maria Maddalena» (1586) e«Angeleida» (1590), notevoli perché percorrono i temi erotico-religiosidel barocco. Ma è più conosciuto un altro suo poemetto di caratteredidascalico: «La caccia» (1591).

ERBA LUCIANO (Milano, 1922-2010)- Ha insegnato letteratura francese in Ita-lia e negli Stati Uniti. È stato autore disaggi di argomento letterario e di tradu-zioni dal francese (C. De Bergerac, Cen-drars, Ponge). Ha curato nel 1954, conPietro Chiara, un’antologia della poesia

del primo dopoguerra (Quarta generazione). Le sue raccolte di lirichesono: «Il bel paese» (1955), «Il prete di Ratanà» (1959), «Il male mino-re» (1960), «Il prato più verde» (1977), «Il nastro di Moebius» (1980),«Il cerchio aperto» (1983), «Il tranviere metafisico» (1987), «L’ippopo-tamo» (1989), «Variar del verde» (1993), «L’ipotesi circense» (1995).Nel panorama dei poeti lombardi del secondo Novecento Erba si è di-stinto per la grazia e l’ironia diffuse nei suoi versi, per un certo gustoepigrammatico, per il realismo straniante degli oggetti della sua poesia.

ERIZZO SEBASTIANO (Venezia, 1525-1585) - Senatore e membrodel consiglio dei Dieci di Venezia, è noto per le sue «Sei giornate» (1567),raccolta di novelle raccontate in sei giorni. Scrisse «Esposizioni delle tre can-zoni di messer F. Petrarca» (1561) e tradusse il «Temeo» di Platone (1558).

EMILIANI GIUDICI PAO-LO (Mussomeli [CL] 1812-Tonbridge [Ingh] 1872) -Esule dalla Sicilia per moti-vi politici nel 1843, riparòdapprima a Livorno e poi aFirenze dove divenne pro-fessore di Estetica all'Acca-demia di Belle Arti. Nel 1867fu eletto deputato; dopo le

dimissioni di Rattazzi militò nell’opposizione. Si dedicòsoprattutto agli studi letterari. Scrisse il romanzo a sfon-do sociale «Beppe Arpia» (1852), ma la sua opera piùimportante è «La Storia delle Belle Lettere in Italia» (1844)divisa in tre ideali classicistici e un senso romantico deldivenire storico. Uscì in seconda edizione nel 1855 con iltitolo «Storia della Letteratura Italiana», che conclude permolti aspetti la storiografia letteraria del primo Ottocen-to. Muovendo dal Vico e dal Foscolo, ma tenendo pre-senti anche esempi stranieri, l’autore traccia un quadrogenerale della letteratura italiana «con critica filosoficaderivata dai fatti». Per le idee programmatiche dell’au-tore è importante il discorso preliminare della prima edi-zione, contenente anche la critica dei suoi predecessori.Insufficiente nell’informazione, e in molti giudizi ancoralegata ai canoni classicisti, egli testimonia una coscienzaormai chiara della connessione tra storia letteraria e vitaetico-politica della nazione italiana. Per Emiliani Giudiciil “periodo della letteratura originale” italiana andavadagli inizi del volgare fino a Lorenzo de Medici; seguival'“età di decadenza” (XVI e XVII secolo). Lasciò ancheun commento alla «Divina Commedia» e una «Storia delteatro in Italia» rimasta interrotta al primo volume.

ENZO o ENZIO (Palermo1220-Bologna 1272) - Figlionaturale di Federico II diSvevia, ebbe il titolo di redi Sardegna nel 1239. Figu-ra di riferimento dei ghi-bellini italiani e protagoni-sta dello scontro che infu-riava nell’Italia centro-set-tentrionale tra l’Impero, fupoi sconfitto nel 1249 daiguelfi nella battaglia diFossalta e rinchiuso nel ca-stello di Bologna che si trasformò in una reclusione a vita.Malgrado fosse costretto alla prigionia, gli fu concessauna vita abbastanza agiata, allietata dalla poesia e dallacompagnia delle dame. In questo periodo avrebbe cura-to personalmente la redazione in sei libri del «De artevenandi cum avibus» di Federico trasmessa dal testimo-ne più antico, lo splendido manoscritto conservato a Bo-logna nella Biblioteca Universitaria e databile alla secon-da metà del XIII secolo. Poetò alla maniera della scuolasiciliana, con accenti di sincera malinconia; restano di luiquattro componimenti: due canzoni, un sonetto e unframmento probabilmente di canzone. La sua figura èstata evocata da Giovanni Pascoli nelle «Canzoni di reEnzio» (1909).