... e che ciascuno lo capisca da solo

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Giuliana Battipede ... e che ciascuno lo capisca da solo

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Quattro scritti di una cara amica e di una grande scrittrice il cui modo di vivere forse è anche, in fondo, il titolo di questa piccola raccolta

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Giuliana Battipede

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Mamma, guarda!Zac! No, non è quello il rumore che fanno le forbici quando tranciano una treccia. Me lo ricordo bene: c’erano “i” ed “u” in quel suono sinistro.Mamma mi guardava negli occhi sorpresa. Gentil farfalletta non ero, per lei: per me, lei era l’acerrima nemica: sempre contro quello che a me piaceva, estenuante nel dirigermi la vita verso ciò che non mi interessava o, peggio, che addirittura odiavo.

Aveva deciso che avrei dovuto portare le trecce. I miei bei capelli lunghi dovevano essere costantemente mortificati in quelle orribili trecce che si preoccupava di farmi personalmente al mattino, dividendomi la testa, di dietro, in due parti perfettamente uguali, con una scriminatura dritta che dal sommo del cranio scendeva fino al collo. Quando me la guardavo, schifata, allo specchio, ponendomi di spalle ad un altro specchio, mi sembrava di vedere una cosa oscena: un culo.

Lei, però, era irremovibile. Niente coda di cavallo, niente codini, niente capelli sciolti: trecce, solo trecce da chiudere con i nastrini rossi. Così ero più ordinata.Quel pomeriggio avevo deciso di farla finita.- Mamma, guarda!E scip, trup: ho tagliato la treccia sinistra. É stato come tagliarmi un dito e ho sentito in bocca il sapore del sangue, ma lei non se n’è neanche accorta.

Le_trecce

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- Sei la mia farfallina tenera...- E tu sei la mia tendina di tulle e di pizzo...- Sei una caramella alla crema con la carta tutta argentata...- E tu sei una rosellina d’oro...- Sei un raggio di sole intrecciato e tempestato di chicchi di melagrana...- E tu... e tu... non mi viene più niente: perchè non mi dài cinquanta lire per andare a comprare le gomme da masticare?- Non ho soldi. Chiedili alla mamma- Sai che mamma non me di dà, se le dico che devo comprare le gomme...- Ci credo: tu a che gusto le compreresti?- Alla liquirizia. Uhmm, mi piacciono da morire...- Ecco: ma lo sai con cosa le fanno le gomme da masticare alla liquirizia?- Con la liquirizia!- No cara. Indovina un po’...- Tu vuoi prendermi in giro!- Per niente. Sai che a mamma fanno paura i topi, per questo non vuole che tu mangi le gomme da masticare alla liquirizia...- Che c’entrano i topi?- C’entrano, c’entrano: le gomme da masticare alla liquirizia le fanno con le code di topo!- E quelli che le vendono lo sanno?- Certo!- E, allora, quando vado a comprarle, lo sanno che io mangerò code di topo?- Già: non ti accorgi che faccia disgustata hanno quando te le vendono?- No, non li guardo in faccia...- Guardali bene, la prossima volta, e vedrai che non ti racconto balle!

- Vorrei un pacchetto di gomme da masticare alla liquirizia...- Cinquanta lire.- Perché mi guarda così?

Alla_base_dell’insicurezza

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Primavera

- Cos’hai lì dentro?- Non lo vedi?

É un cestino pieno di fiori, due moscerini intorno, nulla di misterioso, eppure...

- Dài, fammi vedere!- Ma non c’è niente, davvero!- E perché hai quella faccia?- Quale faccia?- Mi nascondi qualcosa...

Che dirle? Devo raccontarle proprio tutto? No, non ne vale la pena. É primavera, e che ciascuno lo capisca da solo.

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Carlotta

Era gelata la casa? Perché da tanti giorni nessuno l’aveva più portata lì dentro?

Le facce erano strane, lunghe, e nello sguardo cadeva a tratti un’assenza: lei rideva e si comportava come al solito, e così sembrava che la mamma, le sorelle, la nonna, tutti le chiedessero d’esser normale: una normale bambina di quasi tre anni.«Adesso andiamo a casa»

Fu contenta quando la mamma le disse che s’era fatta l’ora d’andare.Soliti bacini e baciotti, strizzatine d’occhi, capriccetti, cose che fanno ridere i grandi e che i bambini ripetono per teneri di buon umore. Ma, prima di andare via, ecco che si ricorda. Anche per il nonno c’è un numero da scimmietta ammaestrata. Lui è nel salotto buio, seduto sulla poltroncina di velluto dorato, sta lì silenzioso e guarda la tivvù: lo sa perché lì dentro c’è stata tante di quelle volte... Il gioco è questo: lei entra - “Ciao nonno!” - e lui deve cercare di prenderla prima che riesca ad uscire nuovamente.

«Ciao nonno!» e via, di corsa fuori, anche se non ha sentito nessuno risponderle.É l’unica per la quale il nonno è ancora vivo: piano piano, senza accorgersene, lo dimenticherà completamente, come se non fosse mai esistito.

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Testi: Giuliana Battipede [email protected]

Foto: Cristiano Vassalli [email protected]