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b) Periodo magno-greco – ritrovamenti principali La Coroplastica La coroplastica è una delle produzioni più ricche e interessanti nell’ambito dell’artigianato metapontino. Già in età arcaica, accanto alla fabbricazione di ceramica, è attestata una cospicua produzione plastica in terracotta legata sia alla vita quotidiana, sia alle esigenze cultuali. La ricchezza e abbondanza della produzione si devono all’uso quasi costante di matrici (stampi ottenuti comprimendo dell’argilla su un prototipo modellato a mano e successivamente cotti ad alte temperature), che consentono una riproduzione pressoché illimitata di una vasta gamma di oggetti fittili, con la funzione di ex-voto. La maggior parte dei ritrovamenti proviene, infatti, dai depositi votivi dell’area sacra urbana e copre un arco cronologico molto ampio, dal VII al III-II secolo a.C. La coroplastica metapontina costituisce una manifestazione artistica molto importante, che consente di comprendere sia la religiosità della colonia magnogreca, sia gli aspetti tecnico- artigianali. La perdita quasi totale della statuaria in marmo e in bronzo rende la coroplastica punto di riferimento principale per lo studio della cultura figurativa locale e dei rapporti tra le officine magnogreche e quelle della madrepatria. I documenti più antichi (VII sec.) sono spesso importati dalla madrepatria o si ispirano allo stile dedalico-cretese: si tratta di busti o statuine femminili con acconciature a parrucca o a treccioni, spesso sormontate da poloi (copricapi cilindrici di origine frigia). Nella prima metà del VI secolo diffusa è la raffigurazione ispirata allo stile ionico di busti

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b) Periodo magno-greco – ritrovamenti principali

La Coroplastica

La coroplastica è una delle produzioni più ricche e interessanti nell’ambito

dell’artigianato metapontino. Già in età arcaica, accanto alla fabbricazione di ceramica,

è attestata una cospicua produzione plastica in terracotta legata sia alla vita

quotidiana, sia alle esigenze cultuali. La ricchezza e abbondanza della produzione si

devono all’uso quasi costante di matrici (stampi ottenuti comprimendo dell’argilla su un

prototipo modellato a mano e successivamente cotti ad alte temperature), che

consentono una riproduzione pressoché illimitata di una vasta gamma di oggetti fittili,

con la funzione di ex-voto. La maggior parte dei ritrovamenti proviene, infatti, dai

depositi votivi dell’area sacra urbana e copre un arco cronologico molto ampio, dal VII

al III-II secolo a.C. La coroplastica metapontina costituisce una manifestazione

artistica molto importante, che consente di comprendere sia la religiosità della colonia

magnogreca, sia gli aspetti tecnico-artigianali. La perdita quasi totale della statuaria in

marmo e in bronzo rende la coroplastica punto di riferimento principale per lo studio

della cultura figurativa locale e dei rapporti tra le officine magnogreche e quelle della

madrepatria. I documenti più antichi (VII sec.) sono spesso importati dalla madrepatria

o si ispirano allo stile dedalico-cretese: si tratta di busti o statuine femminili con

acconciature a parrucca o a treccioni, spesso sormontate da poloi (copricapi cilindrici

di origine frigia). Nella prima metà del VI secolo diffusa è la raffigurazione ispirata allo

stile ionico di busti femminili con alto polos svasato e dischi applicati sulle spalle; si

passa, poi, ai tipi severi e classici di figure femminili sedute in trono e, nel corso del IV

secolo, la produzione è così abbondante e diffusa a livello commerciale che

compaiono anche le prime raffigurazioni maschili, si diffondono il tipo tarantino della

cosiddetta Artemis-Bendis (vestita di corto chitone e berretto frigio ricoperto da leontè)

e quello della dea Demetra (figura stante con cesto di frutta, brocca e fiaccola a

croce).

Il primo ellenismo (fine VI sec.) è caratterizzato dalle cosiddette tanagrine, statuette

femminili rinvenute generalmente in contesti funerari, a tutto tondo con ricco

panneggio che rende una chiara idea di movimento. Vi sono, inoltre, classi particolari

di oggetti legati a funzioni pratiche come gli oscilla, che fungono da pesi da telaio, e

arule cubiche con cornici modanate e fregi a rilievo.

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Artistic Terracottas

The terracotta statuettes are one of the richest and most interesting productions in range of

Metapontum craft. In the Archaic period, in addition to the manufacture of ceramics, we can

already find a significant plastic clay production related both to everyday life and to the needs of

worship. The richness and abundance of the production is due to the constant use of matrices

(molds obtained by compressing clay on a hand-shaped prototype and then baked at high

temperatures), which allow almost unlimited reproductions of a wide range of clay objects with the

function of ex-voto. Most of the finds come, in fact, from votive deposits of the sacred area and

cover a very wide chronological span, from VII to III-II century BC. The Metapontum clay

production is a very important artistic event, which allows to understand both the religious aspects

of the colony, and the technical and craft ones. The nearly complete loss of marble and bronze

statuary makes terracotta statuettes the main reference point to study the culture and the

relationships between local workshops and those in the motherland. The oldest documents (VII

century) are often daedalic-style or imported directly from Greece: there are female busts or

statuettes with a wig or braids hairstyles, often topped with poloi (high cylindrical crowns coming

from Phrygia). The most widespread portrayal in the first half of the VI century is inspired by the

Ionic type of female busts with high flared poloi and disks applied on the shoulders; then come

along severe and classical female figures seated on a throne and, during the IV century, the

production becomes so abundant and widespread that the first representations of men start to be

as popular as the tarentine Artemis-Bendis type (dressed in short tunic and phrygian cap covered

with leontè) and the goddess Demeter (standing figure with fruit basket, pitcher and cross-torch).

The early Hellenistic period (late IV century) is characterized by the so-called tanagrine, female

statuettes usually found in funerary contexts, all-accomplished, with a rich drapery that gives a

clear idea of movement. There are also special classes of objects linked to practical functions,

such as oscilla, which act as loom weights, and cubic little arae with molded frames and friezes in

relief.

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Pinakes con “recumbente” VI a.C.

I pinakes sono tavolette figurate in terracotta, modellate solo anteriormente con la

parte posteriore cava in quanto concepite per la sola visione frontale. Per la loro

produzione si usano matrici e la rifinitura avviene successivamente a stecca. Le figure

maschili sono dipinte in rosso, quelle femminili in bianco. Molto diffuso il pinax con

“recumbente”, una figura maschile semisdraiata sulla kline (letto conviviale) e con il

gomito sinistro appoggiato sul cuscino. Tale iconografia è propria della seconda metà

del VI secolo. In seguito (prima metà V sec.), alla figura maschile semisdraiata si

aggiunge una figura femminile seduta in posa ieratica che, a partire dal IV secolo,

regge in braccio un infante. La rappresentazione figurativa del recumbente è legata ad

una più antica tradizione assira di VII secolo che si diffonde prima in ambito greco e

poi in ambito magnogreco. La colonia spartana di Taranto elabora, fa propria e

importa a Metaponto tale tradizione attraverso le matrici: è, infatti, possibile identificare

la figura del banchettante con l’eroico ecista Tharas o Phalantos. Gli studiosi

ritengono, tuttavia, che possa anche trattarsi di un defunto eroizzato, di una divinità

(Dioniso) o di un semplice cittadino in atto di offerta. Dalle matrici di importazione

tarantina prende inizio a Metaponto una produzione in loco piuttosto ricca che assume

caratteri propri a partire IV secolo.

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Pinakes with "recumbens" VI BC

Pinakes are terracotta decorated tablets, shaped just on the front side and hollow behind because

they’re designed exclusively for the front view. Craftsmen produce them using matrices and then

refining with a stick. The male figures are painted red, white the female ones. Quite widespread is

the pinax with recumbens, a man half-reclining on a kline (convivial bed) and the left elbow resting

on the pillow. Such iconography is proper to the II half of the VI century. Later (early V century.),

the male figure is coupled by a sitting female figure hieratically posing who, starting from the IV

century, holds an infant in her arms. The figurative representation of the reclining man is linked to

an older Assyrian tradition aged VII century that spreads through Greece first, and then through

Magna Graecia. The Spartan colony of Tarentum develops this tradition and imports it into

Metapontum through the matrices: it is indeed possible to identify the banqueting man with the

heroic founder Tharas or Phalantos. Scholars believe, however, that he might be an heorized

defunct, a god (Dionysus), or an ordinary citizen offering up. Thanks to the matrices imported from

Tarentum begins in Metapontum a quite rich production in situ that takes its own characteristics

starting from the IV century.

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Terrecotte Architettoniche VI a.C.

Dai templi dorici di Metaponto provengono elementi architettonici in terracotta che

hanno la funzione fondamentale di rivestire e proteggere la trabeazione lignea dalle

infiltrazioni e una funzione decorativa, secondaria. Le terrecotte erano poste a

coronamento della parte superiore dell’edificio templare e costituiscono produzioni

architettoniche tipiche dell’Occidente greco, con la loro caratteristica composizione

sima-cassetta. Si compongono, infatti, di due fasce: quella inferiore (geison o

cassetta) è decorata a meandro in rilievo o dipinto ed è sormontata da kymation ionico

su fascetta di astragali; quella superiore (sima) reca una decorazione a palmette

alternate con fiori di loto e protomi leonine, plasmate a tutto tondo e con vivo realismo,

con funzione di gocciolatoi. Il tutto è enfatizzato da un’accesa policromia di rossi,

azzurri e gialli ocra, a tratti ancora visibili in alcuni frammenti meglio conservati.

Le terrecotte architettoniche dell’Heraion di Metaponto (tempio A) hanno la molteplice

funzione di rivestimento, sistema di deflusso delle acque piovane e di decorazione: le

protomi leonine sono effettivamente dei gocciolatoi. Ciò non vale per le teste di leone

del tempio B, in cui il sistema sima-cassetta assolve a una funzione puramente

decorativa ed è rappresentativo del particolare gusto, tipicamente occidentale, per le

ricche decorazioni plastiche e policrome. Anche le terrecotte architettoniche

dell’Heraion extraurbano, noto come “Tavole Palatine”, sono sostanzialmente elementi

decorativi, le cui protomi leonine sono vere e proprie maschere ornamentali, essendo

addirittura prive del canale interno di gronda.

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Architectural terracottas VI BC

The Doric temples of Metapontum feature some terracotta architectural elements, whose function

is essentiallly to coat and protect the woodden entablature from water infiltration and, secondarily,

to decorate the buildings. The terracottas crowned the top of the buildings and are typical of

architectural artefacts are typical of the western greek world, with their characteristic sima-geison

composition. It consists, in fact, of two bands: the lower one (geison) is decorated by an embossed

meander or painted and is surmounted by a Ionic kymation wich runs upon a band of astragals; the

upper one (sima) bears a decoration pattern of palmettes alternating lotus flowers and heads of

lions that are all-accomplished and very realistically molded. They serve as gutters. These

decorative terracottas are also painted red, blue and ocher, colors that sometimes are still visible,

especially on the best preserved fragments. The architectural terracottas of the Heraion of

Metaponto (Temple A) have multiple purpose of coating, water drainage system and decoration: in

this case the lion heads are effective gutters. But the temple B heads of lions don’t really serve as

a drainage: the system sima-geison performs a merely decorative function and attests the typical

western taste for rich and multi-colour plastic decorations. Even the architectural terracottas of the

urban Heraion, also known as “Tavole Palatine”, are essentially decorative elements, whose lion

heads are pure ornamental masks, deprived even of the inner eaves channel.

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Antefisse da Metaponto VI – IV sec a.C.

Poste a chiusura dei coppi di gronda, le antefisse fittili avevano la funzione

fondamentale di proteggere la trabeazione lignea del tetto dalle acque piovane, ed

erano legate all’edilizia sacra, pubblica, privata e funeraria.

La loro forma varia a seconda del tipo di coppo di gronda: se questo è di tipo laconico,

hanno forma semicircolare; se è di tipo corinzio, assumono forma pentagonale o

circolare. A partire dalla fine del V sec. a.C. le antefisse assumono forma ad arco

ogivale. Le antefisse provenienti da Metaponto presentano vari tipi di raffigurazioni: le

più antiche (VI sec.) recano una testa di gorgone e sono pertanto dette “a gorgoneion”.

Se ne distinguono due tipi: il più arcaico si presenta su lastra semiellittica e con

gorgone a trecce perlinate, barba a ciocche aguzze e serpenti ai lati delle guance; il

più recente presenta, invece, un volto pieno, doppia fila di riccioli a lumachella e

incoronato da serpenti. Gradualmente il carattere mostruoso del personaggio evolve

verso una forma più umana: nel IV secolo si diffondono raffigurazioni di protomi

femminili, protomi maschili e motivi vegetali. Particolarmente frequente nel IV secolo è

la raffigurazione di Io, resa in forma umana ma con attributi – corna taurine e piccole

orecchie bovine – che ne richiamano la vera condizione; sono discretamente diffuse

anche le antefisse che raffigurano la dea Athena e la tarantina Artemis-Bendis con

tipica leontè.

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Antefixes from Metaponto VI - IV century BC

Placed to close the drainpipes, clay antefixes had the basic function of protecting the wooden roof

entablature from rain, and were related to sacred, public, private and funerary buildings. Their

shape varies depending on the type of drainage roof tile: if it is laconic-style, the antefixes are

semi-circular; if it is corinthian-style, they take a pentagonal or circular shape. From the V century

BC on, the antefixes are ogival arch-shaped. The specimens from Metaponto feature different

representations: the oldest (VI cent.) bear the head of a Gorgon and are therefore known as

gorgoneia. Two different types of gorgoneion can be found: the most archaic one is molded on a

semi-elliptical plate and represents a Gorgon with bead braids, pointed beard and snakes on the

sides of its cheeks; the most recent one shows instead, a round face, double row of small snail-

shaped curls and a crown of snakes. The monstrousity of the character gradually evolves towards

a more human face: in the IV century male and female faces and plant patterns are quite

widespread. Particularly frequent in the fourth century is a representation of Io, who’s molded as a

human being but has got some attributes - bull horns and small bovine ears - which evoke her true

animal condition; the antefixes depicting the goddess Athena and the tarentine Artemis-Bendis with

her typical leontè are also fairly common.

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Il Kouros fine VI – inizi V sec. a.C.

La statua marmorea, acefala e priva degli arti, rappresenta un giovane uomo stante, in

posizione frontale, con gamba destra portante e gamba sinistra leggermente flessa e

avanzata. La “posizione di compatta stasi” è tipica dello schema del kouros arcaico. Il

braccio sinistro ricadeva lungo il fianco e quello destro era portato in avanti e ripiegato,

come dimostra l’attacco di un puntello sulla parte anteriore del busto. Il soggetto

ritratto potrebbe essere un dio o un giovinetto e fu probabilmente donato alla divinità

come ex-voto. Si è molto discusso sulla provenienza della statua: la sua importazione

dalla Grecia è molto probabile ma vi sono alcuni elementi stilistici che inducono a

ritenere l’esemplare opera di maestranze locali. È stata rinvenuta da Vittorio Di Cicco

in maniera fortuita e proviene dal tempio di Apollo Licio. Allo stato attuale della ricerca

la statua è un unicum nell’ambito della tipologia del kouros in marmo di età

tardoarcaica in Occidente.

The Kouros end VI – beginning V century BC

The marble statue, headless and without any limbs, is a young man standing, forward-facing, with

load-bearing right leg and slightly flexed and advanced left leg. The "position of compact stasis" is

typical of the archaic kouros pattern. The left arm fell along the side and the right was brought

forward and folded, as evidenced by the attack of a prop on the front of the bust. The portraited

subject may be a god or a boy and was probably donated to the gods as a votive offering. The

provenance of the statue is much-discussed: its import from Greece is very likely but there are

some stylistic elements which suggest the work of master local craftsmen. The statue was

fortuitously found by Vittorio Di Cicco and comes from the Temple of Lycian Apollo. Currently the

statue is considered a unique example of late-archaic marble kouros type in the western greek

world.

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Argos Lithos VI sec. a.C.

Prima dell’edificazione dei templi, l’area sacra urbana di Metaponto è caratterizzata

dalla presenza di monumenti aniconici (privi di raffigurazioni) che testimoniano la

sicura presenza di una forma di culto fin dai primi momenti di vita della città e

corrispondono ad un uso tipico acheo, come leggiamo in Pausania (VII, 22, 4). Si

tratta di pietre rozze (argoi lithoi), stele irregolari infisse verticalmente nel terreno. Di

forma oblunga, dai contorni arrotondati, l’argos lithos reca un’iscrizione: la dedica del

monumento ad Apollo Licio da parte di un certo Theages figlio di Byrros (come indica

l’ultima parola, il patronimico). L’iscrizione è in parte bustrofedica, in quanto le prime

due righe (APOLONOSLUKEMI QEA) corrono da sinistra a destra, la terza

(GEOSBURR) in senso inverso. È la pietra stessa a parlare, secondo un uso tipico

dell’età arcaica:

APOLONOSLUKEMI QEAGEOSBURR.

Sono di Apollo Licio, dono di Theages figlio di Byrros

L’argos lithos fu rinvenuto da Michele Lacava, ispettore per gli scavi di Metaponto dal

1876, in corrispondenza del lato di Borea del tempio A, nell’area del santuario urbano.

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The Argos Lithos VI century BC

Before the edification of temples, the sacred area of Metaponto was characterized by the presence

of aniconic monuments (without pictures) that testify the presence of a form of worship already

from the earliest life moments of the city and correspond to a typical Achaean use, as we read in

Pausanias (VII, 22, 4). These monuments are rough and irregular stones (argoi lithoi), vertically

stuck in the ground. Oblong, wirh rounded contours, the argos lithos bears an inscription: the

dedication of the monument to Lycian Apollo by one Theages, Byrros’ son (as stated in the last

word, the patronymic). The registration is partially bustrofedic, because the first two lines

(APOLONOS LUKEMI QEA)) run from left to right, while the third (GEOSBURR in reverse.

It’s the stone itself that speaks, according to a typical archaic use:

APOLONOS LUKEMI QEA GEOSBURR .

I belong to Lycian Apollo, the gift of Theages son of Byrros

The argos lithos was found by Michael Lacava, inspector for the excavation of Metaponto since

1876, on the side of Boreas of the temple, in the city’s sacred area.

La colonizzazione Greca in Basilicata - Metaponto

Il movimento dei Greci in Occidente è frutto di un lungo periodo di rapporti commerciali tra l’area egeo-anatolica e l’Italia meridionale, contatti già intensi intorno alla metà del II millennio (1400-1200 a.C.): i navigatori micenei fondarono in quel periodo degli empori commerciali. Più tardi, nell’VIII secolo, la colonizzazione dipende da situazioni critiche dal punto di vista politico, economico e sociale delle comunità di partenza: l’aumento demografico e la conseguente insufficienza di suolo agricolo, carestie e lotte fra fazioni opposte risolte mediante l’allontanamento di cittadini considerati pericolosi, indussero le popolazioni greche a fondare delle colonie in Sicilia e in Italia meridionale.

In Basilicata sono due le aree interessate dalla colonizzazione greca: Metaponto e la Siritide. La colonia metapontina, come Sibari, Crotone e

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Posidonia, è fondata dagli Achei (i Greci provenienti dalla regione dell’Acaia). Secondo le fonti antiche, la fondazione di Metaponto è voluta dai Sibariti, i quali, con l’intento di ostacolare il processo di espansione della vicina colonia spartana Taranto, invitano i loro connazionali a occupare la fertile piana tra i fiumi Bradano e Basento. Le evidenze archeologiche smentiscono la datazione proposta da Eusebio (733 a.C.), considerata troppo alta. Gli studiosi ritengono, infatti, che non si possa risalire oltre il secondo quarto del VII secolo a.C. Ci sono, inoltre, tracce di una fase “precoloniale”: i ritrovamenti di Termitito (Scanzano Ionico) e San Vito (Pisticci) attestano una frequentazione greca anteriore alla fondazione di Metaponto e confermerebbero le notizie tramandate dalle fonti antiche riguardo a una prima fondazione avvenuta in “età eroica” da parte dei Pilii di ritorno da Troia. Certo è che la nascita di Metaponto comporta la fine (circa 650 a.C.) di un centro misto greco-indigeno sito in località Incoronata (Pisticci) e costituito da un insediamento indigeno di tradizione enotria e un gruppo artigianale-commerciale greco dislocato sulla costa, connessi naturalmente tra di loro dal fiume Basento. La nuova città, ubicata in una piana molto fertile, sviluppa tra VI secolo e prima metà del V un impianto urbano su assi ortogonali e un’area sacra urbana in cui sono visibili resti monumentali delle fondazioni di quattro templi: il sacello C dedicato ad Atena (fine VII sec.), il tempio A dedicato ad Hera (VI sec.), il tempio B dedicato ad Apollo (VI sec.) e un tempio ionico eretto nei primi decenni del V secolo a.C., il tempio D. Anche l’agorà è monumentale: ospita, infatti, l’ekklesiasterion, un edificio circolare per pubbliche assemblee edificato alla fine del VII secolo, sulle cui vestigia – la struttura è abbandonata verso la metà del VI secolo – viene poi costruito il teatro. Metaponto comincia ad entrare in crisi nel 433 a.C. con la fondazione di Herakleia da parte dei Tarantini: la perdita di importanza che ne consegue scoraggia il proposito nutrito fino ad allora di controllare il territorio costiero compreso fra il Sinni e il Bradano. Le minacce provengono ormai anche dall’interno: le popolazioni indigene sono sempre più organizzate e aggressive e Metaponto deve pertanto dotarsi di un circuito difensivo ed entrare nella Lega Italiota (una confederazione di colonie greche) per fronteggiarle; la lega chiama in suo soccorso il condottiero epirota Pirro ma

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l’espansionismo romano è ormai capillare e inarrestabile: l’esercito di Roma invade Metaponto, dove edifica il Castrum. Nemmeno l’arrivo di Annibale, che alimenta le speranze di una liberazione, sortisce gli effetti desiderati. La città vive da questo momento in poi un lento declino. Durante la guerra sociale (91-88 a.C.) l’abbandono si fa più evidente, i monumenti vengono distrutti, spogliati e minacciati dalla continua crescita della falda freatica. Nel III sec d.C. una basilica paleocristiana e un impianto termale vengono edificati sul Castrum. Tuttavia, Metaponto ha perso tutto e presto anche il suo nome scompare.

Attività Artigianale

Già a partire dall’età arcaica, Metaponto è un centro di fiorente attività artigianale: se per le prime fasi di vita della colonia è attestata la presenza di artigiani greci, in seguito le maestranze del luogo sviluppano l’attività su larga scala. La città è dotata di un quartiere adibito alla produzione ceramica, il kerameikos, in cui si procede a tutte le fasi di lavorazione dei manufatti fittili, dalla depurazione dell’argilla alla cottura. La vita dell’impianto è attestata dal VI sec. al III sec. a.C. L’istituzione di un quartiere di artigiani è certamente il risultato dell’influsso greco ma le evidenze archeologiche (scarichi di fornace ricchi di tegole, coppi, terrecotte figurate e frammenti ceramici) attestano una produzione in loco molto prestigiosa e attribuibile ai maggiori pittori italioti attivi nel IV sec. a.C.

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Greek colonization in Basilicata - Metaponto

The movement of the Greeks to the West is the result of a long period of commercial relations

between the Aegean-Anatolian area and Southern Italy, contacts already intense around the

middle of the II Millennium (1400-1200 BC), when Mycenaean sailors established some trading

posts. Later on, in the VIII century, colonization depends on political, economic and social trouble

affecting the homeland: the increasing population and the consequent shortage of farmland,

famine and fighting between factions resolved by the expulsion of citizens they considered

dangerous, lead the Greek populations to found colonies in Sicily and southern Italy. In the

Basilicata region two areas experience Greek colonization: Metapontum and Siris. The colony of

Metapontum, like Sybaris, Croton and Posidonia, was founded by the Achaeans (the Greeks from

Achaia). According to ancient sources, the foundation of Metaponto is wanted by the Sybarites,

who, in order to hinder the expansion process of the nearby Spartan colony Tarentum, invite their

countrymen to occupy the fertile plain between the rivers Bradano and Basento. The

archaeological evidence belies the dating proposed by Eusebius (733 BC), considered too high.

Scholars believe, in fact, that we can’t date back beyond the second quarter of the VII century BC.

There are also traces of a "precolonial" phase: the discovery of Termitito (Scanzano Ionico) and

San Vito (Pisticci) attests the attendance of the Greeks way before the foundation of Metaponto

and seems to confirm the reports handed down from ancient sources about a first foundation,

which reportedly took place during the "Heroic Age" by the Pilii returning from Troy. Most

cerntainly, the birth of Metapontum implies the end (about 650 BC) of a greek-indigenous center,

located in the Incoronata area (Pisticci), which consists of a native Oenotrian settlement and a

group of Greek artisans and salesman stationed on the coast, both connected by the Basento

river. The newly built city, situated in a fertile plain, develops - between the VI century and first half

of the V - an orthogonal urban plant and a sacred area where monumental remains of the

foundations of four temples are still visible: the shrine C dedicated to Athena (late VII century.), the

temple A dedicated to Hera (VI century), the temple B dedicated to Apollo (VI cent.) and a Ionic

temple built in the early decades of the V century BC, temple D. Even the agora is monumental: it

houses, in fact, the ekklesiasterion, a circular building for public assemblies built in the late VII

century, on the ruins of which - the structure is abandoned in the mid-sixth century - is then built

the theater. In 433 BC Metapontum undergoes a huge crisis due to the foundation of Herakleia by

Tarentum: the loss of importance that derives from it discourages Metapontum from the previous

intention to control the entire coastal territory between Sinni and Bradano. The threats are now

coming even from within: the indigenous populations are more and more organized and aggressive

and Metapontum must therefore adopt a defensive circuit and enter the Italiote League (a

confederation of Greek colonies). The league calls to its rescue the leader of Epirus, Pyrrhus, but

the Roman expansion is now widespread and unstoppable: Rome's army invades Metaponto,

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where it builds the castrum. Not even the arrival of Hannibal, which feeds the hopes of a release,

makes the expected effects come true. From that moment on, the city undergoes a slow decline.

During the Social War (91-88 BC) the abandonment becomes more evident, the monuments are

destroyed, robbed and threatened by the increasing growth of the water table. In the III century AD

an Early Christian basilica and baths have been built on the ruins of the castrum. However,

Metaponto has lost everything and soon even its name will disappear.

Craft activities

Metapontum is a thriving handcraft center already since the archaic Age: in the early life stages the presence of Greek craftsmen is well attested in Metapontum. Later on, the indigenous workers specialize and develop this business on a large scale. The city has got a purpose-built area used to produce pottery, called kerameikos, in which potters carry out all the phases of fictile production, from the cleaning of the clay to its cooking. The life of the district is certified from the VI century to the III BC. The establishment of a neighborhood of artisans is certainly the result of the greek influence but the archaeological evidence (furnace discharge full of roof tiles, terracotta figures and pottery fragments) show a very prestigious in situ production attributable to the major Italiote painters working in the IV century BC.