Post on 18-Aug-2020
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO
FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA
Dipartimento di Scienze Filologiche e Linguistiche
Dottorato di Ricerca in Linguistica Sincronica e Diacronica
Settore scientifico disciplinare L-LIN/02
(XXI ciclo)
Web 2.0 e FaD per la didattica delle lingue: nuovi scenari e nuovi attori in ambito universitario.
Esperienze di tutorship e creazione del Catalogo Online di TDL dell’Università di Palermo
Tesi di : Coordinatore: Meo Daniela Ch.mo prof. Lucio Melazzo
Tutor: Ch.mo prof. Antonino Di Sparti
Anno Accademico 2009-2010
i
Web 2.0 e FaD per la didattica delle lingue: nuovi scenari e nuovi attori in ambito universitario.
Esperienze di tutorship e creazione del Catalogo Online di TDL dell’Università di Palermo
PREMESSA 1
CAPITOLO 1
La formazione a distanza 6
1.1. Storia della FaD 8
1.2 La FaD di prima generazione 5
1.3. La FaD di seconda generazione 9
1.4 La FaD di terza generazione 12
1.5 Dall’educazione multimediale al Web based training 16
CAPITOLO 2
Dal comportamentismo all’e-learning: la storia dei trend attuali 19
2.1 Il concetto di e-learning 20
2.1.1 La programmazione dei contenuti: i learning object 23
2.1.2 Le piattaforme (CMS, LMS, LCMS) 24
2.2. Le basi teoriche 27
2.2.1 Il comportamentismo 28
2.2.2 Il cognitivismo 30
2.2.2.1 Il concetto d‘interazione 32
2.2.3 Il costruttivismo 34
2.2.3.1 L’apprendimento collaborativo 32
2.2.3.2 Il costruttivismo e l’online education 37
ii
CAPITOLO 3
L’utilizzo di tecnologie glottodidattiche e strumenti multimediali nella
didattica delle lingue
3.1 Il binomio scuola e didattica 40
3.2 Le glottotecnologie in un approccio costruttivista 42
3.3 Lo sviluppo delle tecnologie glottodidattiche 46
3.4 Multimedialità e didattica delle lingue 47
3.5 Nuove forme, nuove figure, nuovi spazi 51
3.6 Strumenti per una didattica multimediale nella classe di lingua
straniera 54
CAPITOLO 4
FaD e Web 2.0: applicazioni e nuovi scenari nella didattica delle lingue
4.1 Il mercato globale della formazione universitaria 66
4.2 La formazione a distanza nel panorama universitario italiano 68
4.3 Dal web 2.0 all’e-learning 2.0 alla glottodidattica 70
4.4 La didattica multimediale web 2.0 75
CAPITOLO 5
Una nuova professione: l’online couserware builder. Esperienze di tutorship con gli studenti di TDL e creazione del Catalogo Online dell’Università di Palermo. 5.1 L’università telematica: azioni e attori 104
5.1.1 I lavoratori del simbolico 107
5.2 Vecchie e nuove figure per la didattica universitaria 110
5.2.1 Il docente e l’equipe didattica 113
5.2.2 Cosa deve sapere 114
5.2.3 Cosa fa 117
5.3 Lo studente 118
5.3.1 Cosa deve sapere 120
5.3.2 Cosa fa 121
5.4 Il tutor 123
5.4.1 Cosa deve sapere 125
iii
5.4.2 Cosa fa 126
5.5 L’esperienza di Tutorship e la creazione del catalogo multimediale
di TDL 129
5.5.1 La scelta dell’ambiente e-learning Moodle e la valutazione
degli aspetti tecnico-didattici. 130
5.5.2 Esperienze di blended learning per il corso Tecnologie e
Didattica delle Lingue dell’Università di Palermo 134
5.5.3 Il Catalogo Online di TDL 139
CAPITOLO 6
La risposta agli stimoli dell’e-learning in Italia: due casi di eccellenza in tema
di FaD ed e-learning universitario.
Studio di caso n 1: Il corso di perfezionamento in modalità FaD
dell’Università di Firenze in “Tecnologie e didattica scolastica” 146
Studio di caso n 2: “Federica” e la nuova frontiera dell’ iCampus
dell’Università Federico II di Napoli 160
CONCLUSIONI 169
BIBLIOGRAFIA 174
SITOGRAFIA 199
ALLEGATI
1
PREMESSA Scenario didattico
Lo sforzo della moderna tecnologia informatica in campo didattico ha prodotto
negli anni recenti uno strumento metodologico straordinariamente innovativo che
sta aprendo frontiere insperate negli scorsi decenni: l’e-learning.
La ricchezza di prospettive che questo nuovo strumento dischiude sta destando un
interesse crescente sia da parte dei media, sia del personale impegnato nel campo
dell’insegnamento, oltre che da parte di chi si occupa più prettamente di
tecnologia.
Si nota inoltre che anche la legislazione nazionale registra il fenomeno e ne
riconosce concretamente l’importanza, avendo attuato appositi interventi
legislativi a sostegno.
L’e-learning, infatti, non costituisce soltanto una forma alternativa di
apprendimento, bensì una modalità, economica ed estremamente efficace, di
integrazione dei metodi di formazione tradizionali, ovvero un utile supporto alla
classica formazione in presenza.
Va tuttavia precisato che l’e-learning è un fenomeno complesso che non si limita
alla semplice formazione attraverso il Web. Esso ha portato, e porta ogni giorno,
ad un mutamento del concetto stesso di formazione, oltre che alla continua
revisione dei metodi classici di insegnamento. Si avvale di strumenti di
comunicazione all’avanguardia, sincroni e asincroni, di materiale didattico fruibile
direttamente in Rete e permette di produrre prove di valutazione che possono
essere differenziate e personalizzabili. Non di ultima importanza: dà vita ad un
vero e proprio, quanto singolare, ambiente di apprendimento in forma virtuale. Ne
discende, come logica conseguenza, che siano mutate anche le figure professionali
che ruotano nell’ambito della formazione: non più soltanto docenti, ma anche
esperti di informatica, esperti di materia, tutor didattici e tutor tecnologici.
È cambiato l’obiettivo finale dell’insegnamento, che ora non è più rivolto soltanto
a giovani studenti, ma si apre a persone di ogni età e provenienza, calate in ambiti
socio-culturali differenti e con diverse disponibilità di tempo. Ormai la
formazione non può più considerarsi conclusa con gli anni di studio, ma deve
2
protrarsi ben oltre mediante un continuo aggiornamento ed una frequente
integrazione che può estendersi lungo tutto l’arco della vita. Per questo si parla di
life long learning.
Il processo formativo non è più legato nemmeno al luogo di provenienza dello
studente perché si affranca dagli ambienti scolastici veri e propri e si svolge là
dove lo studente si trova e nei tempi che lo studente sceglie di adottare. Per questa
ragione l’e-learning riesce ad applicarsi agilmente, oltre che ai normali ambiti
scolastici e universitari, anche e particolarmente a situazioni aziendali e di
pubblica amministrazione dove il personale può fruire della formazione senza
necessariamente
spostarsi per frequentare una scuola.
Questa panoramica generale, anche se in maniera estremamente concisa, vuole far
comprendere l’importanza, ma anche la complessità e la vastità del “fenomeno”
eLearning.
Online courseware: l’ultima frontiera dell’apprendimento in rete
Le piattaforme tecnologiche sono degli ambienti software che permettono la
gestione e lo svolgimento di corsi di e-learning accessibili in Rete (online
courseare). La difficoltà nell’affrontare questi sistemi deriva dalla grande varietà
di piattaforme tecnologiche oggi disponibili in Internet, a volte generiche e a volte
sviluppate per un utilizzo preciso in un ambito specifico.
La curiosità sull’argomento è nata spontanea dall’interesse che suscita una
struttura così articolata e complessa, che permette ad un ampio numero di utenti di
accedere in contemporanea a molteplici funzionalità e strumenti e che permette di
apprendere, di approfondire le conoscenze già acquisite e persino di auto valutare
i propri progressi. Un’ulteriore possibilità riguarda l’interazione con gli altri
utenti, che può portare ad instaurare rapporti finalizzati all’apprendimento, ma
non solo. Tutte cose queste impensabili con le migliori modalità classiche di
insegnamento.
Al primo approccio ci si rende subito conto di quanto non sia semplice districarsi
tra questi sistemi, ma soprattutto di quanto non potrebbe esserlo per
3
un’organizzazione che decida di adottare una piattaforma tecnologica per
l’insegnamento.
La nuova soluzione appare accattivante: più pratica e a costi inferiori rispetto
all’insegnamento in presenza. Ma come procedere in questa scelta? Quali criteri di
selezione adottare? Come stabilire quale sistema è più adatto alle proprie
esigenze, alle proprie disponibilità, economiche e di personale, e alle proprie
risorse informatiche?
La proposta di questa ricerca è quella di concentrarsi sull’aspetto tecnologico di
un sistema di e-learning, ed in particolare sull’infrastruttura tecnologica che sta
alla sua base, ovvero le piattaforme tecnologiche, soprattutto a partire dalla
mancanza di una definizione precisa in questo campo.
Affrontando il tema e-learning è spesso facile scontrarsi con la difficoltà di
definire gli strumenti che supportano l’apprendimento, le metodologie di
insegnamento e le infrastrutture tecnologiche, poiché la novità della materia non
ha ancora permesso di raggiungere chiarezza e stabilità. Questo lavoro vuole
quindi essere un contributo ad una definizione più organica di tutta la materia che
riguarda le piattaforme tecnologiche per la fruizione dell’apprendimento online.
In questa sede si è scelto di dare attenzione esclusivamente alle piattaforme open
source, escludendo i sistemi proprietari, ed in particolar modo la piattaforma
Moodle che sposa la filosofia delle conoscenze condivise.
Il software open source si basa infatti su una modalità di distribuzione fondata
sull’idea di collaborazione: chi sviluppa un programma mette a disposizione di
chiunque lo voglia il codice sorgente, così che altri possano studiarlo e
migliorarlo, restituendolo poi agli sviluppatori originari ed offrendolo, così
migliorato, alla comunità.
Moodle è stato concepito da un educatore ed esperto di informatica, con in mente
principi di “social constructionist” e la caratteristica principale di Moodle, a parte
la sua diffusione nell'ambito della pedagogia costruttivista, è l'ampia e sempre
crescente comunità di utenti che garantisce al sistema una enorme vitalità..
Non si tratta, quindi, semplicemente di un programma diffuso gratuitamente,
bensì di una vera metodologia di lavoro alla cui base c’è un principio di
collaborazione avente per scopo solo il miglioramento dell’applicazione stessa.
4
Online learning e il corso di laurea in Tecnologie e Didattica delle Lingue
(TDL)
La formazione in rete (online learning o e-learning) ha fornito la possibilità di dar
vita ad un intervento che coniugasse, in una modalità di successo, la formazione a
distanza classica, di origini antiche, risalenti alle prime forme di istruzione per
corrispondenza, e la formazione in presenza, integrando le caratteristiche fisiche
della prima e quelle psicologiche della seconda; tale insieme è stato, inoltre,
arricchito dall’apporto della filosofia dell’open learning. Open learning è
un’espressione utilizzata per indicare un sistema di formazione, in cui le barriere
spazio-temporali vengono ridotte e, in cui si tenta di offrire a chi apprende un
ampio campo decisionale, rispetto a dove, come e quando studiare e agli stessi
programmi e obiettivi di apprendimento. La formazione in rete, quindi, come
risposta ai bisogni della società in mutamento, ma, anche, come processo che
concentra la sua attenzione sull’individuo, per fornirgli gli strumenti e
l’autonomia necessari ad una partecipazione attiva, in veste di attore principale e
non di fruitore passivo, nel suo percorso d’apprendimento.
Con grande curiosità ho intrapreso la ricerca su un tema oggi molto sentito, su cui
molti studiosi di metodologie didattiche stanno investendo grandi energie,
accompagnati dall’entusiasmo che, una prospettiva di vasta espansione e di alto
valore aggiunto, può infondere.
Una serie di domande mi hanno accompagnata nell’arco del mio lavoro, la
consultazione di vari testi, articoli e siti web mi ha permesso di fornire alcune
risposte, spero, chiare ed esaustive, ma soprattutto un lungo lavoro sul campo
dove ho incontrato tanti studenti che hanno partecipato ai laboratori da me
condotti sull’uso di Moodle e alla creazione di courseware didattici di lingua
straniera, mi hanno fornito materiale interessante per la mia ricerca.
Il quesito cardine, da cui sono partita, é stato chiedersi se Internet avesse le
caratteristiche potenziali per ricoprire il ruolo di nuovo ambiente di
apprendimento e come, in pratica, potesse caratterizzarsi un’attività formativa,
volta a valorizzare, al massimo, il potenziale che la rete è in grado di offrire.
Addentrandosi più nello specifico, altre domande hanno segnato la mia ricerca:
come muta l’azione formativa, in particolare, il rapporto tra docente e studente in
5
uno scambio che non avviene in presenza, ma che è mediato da uno schermo?
Quali dinamiche caratterizzano una classe virtuale? Attraverso quali fattori
l’insegnante può percepire la partecipazione, la motivazione e l’interesse
dell’allievo? Quali sono i segnali che lasciano trasparire lo stato emozionale di chi
apprende? Nella realtà virtuale, il ruolo dell’insegnante cambia? Come vanno
riorganizzati programma e lezioni? La rete fornisce la possibilità di valutare
l’attività svolta? I costi della formazione sono più elevati?
Ho cercato di articolare le risposte degli studiosi a queste domande, secondo un
ordine logico che quasi naturalmente si è assestato in due sezioni, nella prima
(primi tre capitoli), ho voluto fornire una descrizione teorica della didattica in rete
e delle risorse glottotecnologiche mediante alcune definizioni, partendo dalla FaD
per poi passare all’E-learning e alle sue modalità e strumenti.
La seconda parte (ultimi 3 capitoli) è caratterizzata da indicazioni più operative, in
cui vengono analizzate le strutture tecnologiche dell’e-learning e i modelli di
valutazione degli LMS; l’analisi di alcuni strumenti del Web 2.0 (GoogleDocs,
Podcasting, Second Life, Moodle) che delineano le caratteristiche e l’utilità nella
didattica delle lingue straniere, per concludere infine con la presentazione dei casi
di studio di questa ricerca che hanno visto in primis la sperimentazione del corso
di perfezionamento dell’Università di Firenze in TEORIE E STRATEGIE PER
LA DIDATTICA SCOLASTICA svolto da chi scrive in modalità FaD,
l’esperienza di Open Learning presso l’Università Federico II con il progetto
FEDERICA e l’utilizzo del podcasting nella didattica universitaria per poi
giungere alla veloce analisi dei nuovi scenari e dei nuovi attori che calcano il
palcoscenico dell’e-learning; la figura del formatore, una riflessione sul nuovo
ruolo che andrà a ricoprire; lo studente, anello “forte” della catena del cooperative
learning, per concludere con la creazione di un catalogo di Facoltà che raccoglie e
da luce ad alcuni dei migliori courseware di lingua straniera realizzati dagli
studenti del corso di Laurea Specialistica in Tecnologia e Didattica delle Lingue
di cui, chi scrive, è stata coordinatrice e tutor durante la progettazione e
realizzazione.
6
CAPITOLO 1
La formazione a distanza
“Certo desidero travasare in te tutto il mio sapere e sono lieto di imparare qualcosa appunto per
insegnarla… Perciò ti manderò questi libri e perché tu non perda tempo a ricercare qua e là i
passi più utili, apporrò dei segni, per metterli subito sott’occhio quello che condivido e apprezzo.”
Lucio Anneo Seneca
Mai come in questi ultimi anni la richiesta di formazione è stata così
massiccia. Partendo da Singapore e proseguendo verso Hong Kong, la Malaysia e
Taiwan sino ad arrivare nella Repubblica di Corea si scoprono Paesi, padri del
cosiddetto “Miracolo Asiatico”, che investono il loro futuro principalmente sulla
formazione. Non c’è da stupirsi, quindi, se tra il 1970 e il 1989 le spese per
alunno, a livello di scuola primaria, siano salite in Corea del 355% e che gli
adolescenti giapponesi siano al primo posto nel mondo per abilità matematiche.
Anche l’Occidente sembra aver capito l’enorme vantaggio che gli investimenti
sulla formazione apportano allo sviluppo di un Paese e sta cercando di rispondere
al disagio che ha investito le scuole e le Università attraverso l’inventiva:
audiovisivi, computer, teleconferenze, fax, Internet, infatti, stanno
progressivamente entrando nella quotidianità studentesca, attraverso le lezioni in
aula, le biblioteche, le aule informatiche messe a disposizione degli utenti. Gli
specialisti nel settore prevedono che tra pochi anni la distinzione tra insegnamento
“in presenza” e insegnamento “a distanza” non avrà più valore perché la
telecomunicazione e i multimedia si integreranno sempre meglio con le più
classiche forme di insegnamento. Le metodologie della FAD, da sempre “ruota di
scorta” dell’insegnamento tradizionale ne diventeranno presto, la "testa pensante”
7
(Pierre Lévy, 1998). La telematica, infatti, già da un po’ di tempo è stata inserita
tra gli strumenti in grado di favorire un apprendimento di tipo collaborativo. La
richiesta di formazione non sta vivendo solo un’enorme crescita quantitativa, ma
sta soprattutto subendo una profonda trasformazione qualitativa, nel senso di un
bisogno crescente di diversificazione e personalizzazione. Gli individui
sopportano sempre meno il fatto di dover seguire cursus uniformi e rigidi che non
corrispondono ai loro bisogni reali e alle specificità del loro percorso esistenziale.
Tutto ciò che nasce nel “mondo reale” trova fortuna e sviluppo nel “mondo
virtuale”: questo è accaduto per la comunicazione, la ricerca di amore o amicizie,
lo shopping, lo studio e la collaborazione. Negli ultimi anni l’e-learning è
diventato una metodologia didattica che riguarda tutti, sia come cittadini che come
responsabili di organizzazioni che la stanno adottando. Imparare è una delle
caratteristiche principali degli uomini che investe il nucleo delle potenzialità delle
persone, potenzialità che possono essere indirizzate verso obiettivi tecnici,
economici o sociali. Nella società della conoscenza, l’e-learning sembra essere
una soluzione a molti dei nuovi problemi che il mondo della formazione deve
affrontare. In particolare ne vengono esaltate l’indipendenza dai vincoli spazio
temporali e l’economicità; consentirebbe interventi formativi a distanza più rapidi
e flessibili, e quindi più adatti a discenti che spesso sono già inseriti nel mondo del
lavoro e che difficilmente potrebbero seguire i ritmi imposti dalla didattica
tradizionale.
Ciò che spesso si tende a dimenticare è che le tecnologie informatiche e
telematiche, che dell’e-learning costituiscono un elemento imprescindibile, non
hanno semplicemente offerto alla formazione tradizionale nuove “strade”
tecnologiche ma, al contrario, hanno creato opportunità didattiche fino ad ora
inesplorate, retroagendo sui paradigmi educativi, fino a modificarli del tutto.
Nonostante gli indiscutibili vantaggi in termini di tempo e di risparmio
economico, quindi, si rende necessaria oggi una riorganizzazione dell’intero
intervento formativo, il quale non può essere una “copia” tecnologicamente adatta
8
di quello tradizionale o per corrispondenza, in quanto i suoi presupposti sono
mutati.
1.1 Storia della FAD
Il sorprendente sviluppo della tecnologia, promosso dalla rivoluzione delle
telecomunicazioni degli anni Ottanta, ha dato all’istruzione a distanza prestigio e
importanza. La sua storia, che ha inizio con lo sviluppo tecnologico avanzato,
indotto dalla rivoluzione industriale della seconda metà dell’Ottocento, ha
percorso, da allora, un lunghissimo cammino, spesso difficile, per giungere
all’acquisizione di un certo rilievo nel mondo, solitamente conservatore,
dell’analisi educativa.
Dal 1950 ad oggi si è realizzato un rapido progresso nel campo dell’istruzione e
della formazione a distanza, appunto, che ha visto protagonista, un po’ tutta
l’Europa, dall’Inghilterra alla Francia, dall’Italia alla Danimarca, dalla Scozia alla
Spagna.
9
L’analisi deve partire e soffermarsi innanzitutto su due differenti espressioni che
s’impongono nel panorama dell’e-learning: Formazione a Distanza (FaD) e
Istruzione a Distanza (IaD)
I due concetti fanno riferimento a differenti tipologie di utenti: la FaD è
formazione professionale, mentre l’istruzione a distanza, che rinvia
all’espressione inglese open distance learning, si rivolge prevalentemente a
persone che frequentano ancora formazioni scolastiche e universitarie. In genere si
tende ad utilizzare prevalentemente l’espressione FaD, perché il termine
formazione è il più delle volte preferito a quello di istruzione. Esistono molte
definizioni del concetto di formazione a distanza e tutte fanno riferimento ad
azioni di formazione in cui la parte principale dell’attività di trasmissione delle
conoscenze e dell’apprendimento avviene in luoghi e tempi diversi.
L’ISFOL nel Glossario di Didattica della Formazione definisce la FaD come “una
strategia formativa che consente di partecipare ad un insieme di attività formative
strutturate in modo da favorire una modalità di apprendimento autonomo e
personalizzato, discontinuo nel tempo e nello spazio.”
Un’altra definizione indica la FaD come “l’insieme dei metodi didattici in cui, a
causa della separazione fisica tra gli insegnanti e i discenti, la fase interattiva
dell’insegnamento (stimolo, spiegazione, domande, guida), come inoltre quella
pre-attiva (scelta degli obiettivi, compilazione del curriculum e delle strategie
didattiche), è condotta per mezzo cartaceo, meccanico, elettronico” (M. Moore in
G. Costa, E. Rullani, 1999).
L’espressione “a distanza” indica la mancanza di una continuità spaziale o
temporale tra chi insegna e chi impara. Per superare tale intervallo bisogna
ricorrere ad una tecnologia di collegamento che garantisca la comunicazione tra le
due parti secondo regole e criteri di studio formalmente esplicitati.
La FaD nasce per rispondere all’esigenza di svincolare l’intervento formativo dai
limiti spazio-temporali propri di quello in presenza e, per quanto ne esistono
10
tracce anche nel mondo antico, si sviluppa come fenomeno organizzato soltanto
sul finire del XIX secolo.
Individuate da Nipper nel 1989, si contraddistinguono tre fasi di evoluzione della
formazione a distanza che corrispondono allo sviluppo degli elementi di supporto
e di divulgazione dei contenuti didattici.
la formazione per corrispondenza (prima generazione),
la formazione multimediale (seconda generazione),
la formazione in rete (terza generazione).
1.2 La FaD di prima generazione
Non c’è uomo al mondo che non abbia mai sentito in lui il bisogno di imparare.
Purtroppo però non tutti hanno questo diritto/dovere. Infatti, benché la scuola,
simbolo dell’istruzione pubblica, sia un’istituzione centenaria, solo da pochi anni
è veramente accessibile a tutti. Inoltre il costo, sempre troppo alto, dei libri di
testo e la necessità di utilizzare dei mezzi di trasporto per recarsi nelle sedi
scolastiche aggrava, la già precaria condizione di chi, trovandosi in ristrettezze
economiche e talvolta anche lontano dalla propria scuola vorrebbe ugualmente
completare il proprio percorso di formazione.
Verso la fine del diciannovesimo secolo, però, avvenne un enorme passo avanti
nell’istruzione che cambiò radicalmente il modo di fare e fruire l’educazione.
Sfruttando la diffusione delle nuove tecniche di stampa e lo sviluppo del trasporto
ferroviario, la produzione e la distribuzione di materiale didattico non aveva più
confini e anche chi abitava lontano dai più comuni centri abitati, poteva studiare.
Gli interventi educativi avvenivano tramite corrispondenza, utilizzando come
medium il servizio postale e le reti ferroviarie ed urbane di trasporto.
Il primo corso a distanza di cui si ha testimonianza è stato realizzato a Londra, nel
1840, da Isaac Pitman, inventore della stenografia, che attraverso il servizio
11
postale dette vita al penny post (Eletti 2002, p.18). La risposta del pubblico è
talmente positiva che nel 1843 è fondata la Phonographic Correspondence Society
che, gratuitamente, diffonde per corrispondenza l’insegnamento della stenografia.
Nonostante la scarsa percentuale d’alfabetizzati, questo nuovo tipo di formazione
comincia a diffondersi in tutta Europa. I corsi per corrispondenza sono supportati
da materiale cartaceo inviato per lettera, spesso corredato d’informazioni e
istruzioni su come studiare; la verifica del percorso formativo è effettuata
attraverso test, ovviamente scritti, che l’utente, dopo aver svolto, rinvia al mittente
per ricevere poi un attestato di frequenza. Tranne alcuni rari casi di
comunicazione telefonica, l’interazione tra docente e discente, estremamente lenta
nella sua dinamica è limitata alla sola prova di valutazione. In tutta Europa, sono
solo gli enti privati e non istituzionali, con obiettivi formativi a scopi di lucro,
integrativi rispetto alla formazione scolastica, ad utilizzare la didattica a distanza.
Grazie a questa forma di insegnamento-apprendimento, l’allievo utilizza il
materiale secondo i propri bisogni fruendone nei tempi e nei luoghi preferiti e con
metodi di studio personali. Il modello formativo si può riassumere come segue:
1 fase di auto-apprendimento: lo studente studia da solo il materiale
didattico inviatogli;
2 fase di valutazione e auto-valutazione: il discente esegue gli esercizi di
valutazione; in questo modo ha anche la possibilità di auto-valutare il grado di
conoscenze raggiunte confrontandole con quelle richieste dal corso;
3 fase di invio via posta degli esercizi svolti all’ente erogatore della
formazione;
4 fase di feedback dell’ente erogatore: l’ente erogatore del corso fornisce
un feedback all’allievo appena possibile (uno schema di questo modello di
formazione è visibile nella figura 1)
Nei corsi per corrispondenza il feedback della quarta fase era l’unico modo in cui
entravano in contatto “il docente” e l’allievo. Per feedback si intende
quell’informazione di ritorno fornita all’allievo in conseguenza di una sua azione
12
(in questo caso lo svolgimento degli esercizi) e che serve al discente per la
valutazione delle sue competenze.
Figura 1 Modello didattico della formazione per corrispondenza
“Questo modello di formazione così semplice e non di grande efficacia, che
utilizzava come tecnologia di supporto la posta, ha realizzato quella rivoluzione
che è ancora alla base dell’e-learning. Per la prima volta si ha la separazione tra
l’atto dell’insegnamento e quello dell’apprendimento, provvedendo all’istruzione
delle persone senza la necessità che queste si incontrassero con gli insegnanti, in
tempi e luoghi particolari” (Desmond Keegan , 1994).
A partire dagli anni Quaranta del secolo scorso, entrano a far parte degli strumenti
per la formazione a distanza anche il telefono – in rarissimi casi in modo esclusivo
- e la radio, primo mezzo di comunicazione, in Italia, che si diffonde di là dal
reddito. Dopo la devastazione causata dalla Seconda guerra mondiale, la richiesta
di strumenti formativi che avrebbero incoraggiato una rapida ripresa delle attività
scolastiche, era fortissima; la mancanza d’edifici e di risorse umane fu colmata
proprio dall’istruzione a distanza, rapida ed economica, in grado di fornire le
competenze professionali adeguate per lavorare in fabbrica. Nel novembre del
1951 nasce a Torino l’esperienza più importante per la formazione a distanza del
secondo dopoguerra, la Scuola Radio Elettra, istituto privato che eroga corsi di
formazione professionale in tutta Italia. Gli studenti ricevevano a domicilio il
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materiale didattico costituito de lezioni teoriche, i “Fondamenti” o “Teorica”, da
alternare ad esercitazioni pratiche, gli “Esperimenti e monitoraggi” o “Pratica”.
Ciò definisce un cambiamento notevole nella formazione a distanza; alla
comunicazione uno a uno docente-allievo, differita e bi-direzionale si aggiunge un
tipo di comunicazione uno-molti docente-allievi, non differita. Gli studenti
ricevono in tempo reale le informazioni dei contenuti del corso; il limite di questo
nuovo strumento di delivery dei contenuti è che la comunicazione avviene in
maniera mono-direzionale.
Figura 2 Comunicazione uno a uno bi-direzionale e uno a molti mono-direzionale
In questo modo avviene il passaggio dall’istruzione per corrispondenza, alla
formazione a distanza, ma il termine “per corrispondenza” rimarrà utilizzato fino
all’inizio del 1950.
Parallelamente, in Francia, nasce uno dei simboli più rappresentativi di quel
periodo il Centre Nazional d’Enseignement à Distance (CNED). Il Centro,
abbinando l’uso della radio ad attività per corrispondenza, cerca di supplire
all’interruzione, causata dalla guerra, delle attività didattiche in presenza. Alla fine
degli anni sessanta, è finalmente riconosciuta l’importanza della FAD per
l’istruzione superiore con la British Open University di Londra che diventa
esempio e modello per la creazione di prodotti didattici a distanza.
14
1.3 La FaD di seconda generazione
Dalla seconda metà degli anni Sessanta del secolo scorso, l’introduzione di
supporti audiovisivi multimediali come strumenti per l’apprendimento a distanza,
segna il passaggio dalla prima alla seconda generazione di FAD, caratterizzata da
un uso integrato di materiale a stampa, registrazioni sonore, trasmissioni televisive
e, talvolta, software didattici (courseware).
L’innovazione tecnologica peculiare di questo periodo è sicuramente la
televisione che arriva in Europa con circa un decennio di ritardo rispetto
all’America dove il suo utilizzo didattico era diffuso già a partire dagli anni
quaranta. L’enorme percentuale d’analfabeti che caratterizzava l’immaginario
europeo di quegli anni trova una soluzione alla sua gravissima situazione
attraverso le TV pubbliche che si assumono, in forme e modi differenti, il difficile
compito di diffondere ed erogare cultura in un periodo non troppo felice per la
collettività: la ricostruzione economica. In quegli anni l’Italia deve fronteggiare,
tra gli altri, il problema dell’uso massiccio del dialetto che costituisce un
successivo fattore di separazione tra le realtà locali.
La formazione a distanza via etere sembra essere il modo più rapido ed efficace
per educare ed istruire larghe porzioni di popolazione ed, infatti, le nuove
opportunità offerte dal mezzo televisivo rispetto alle tecnologie utilizzate in
15
precedenza sono rilevanti: l’uso delle immagini più facili da comprendere per un
pubblico analfabeta, esercita un impatto e un interesse inediti e notevolmente più
efficaci rispetto alla statica freddezza dei fogli di carta o all’intangibile voce via
radio.
Nel gennaio del 1954 nasce Una risposta per voi del professor Cutolo che
risponde alle lettere dei telespettatori alternando momenti di formazione a
momenti d’intrattenimento. Nel 1958, per volontà governativa, nasce Telescuola,
il primo programma televisivo in Europa che permette di conseguire un titolo di
studio, in questo caso il diploma di scuola media professionale. Nel 1960
comincia la messa in onda del famoso programma Non è mai troppo tardi
condotto dal maestro Alberto Manzi, diffuso in oltre 2000 punti, che diventa il
baluardo dell’alfabetizzazione di base ottenendo risultati sorprendenti e
inaspettati. Nel 1968, dopo otto anni di proiezione, il programma è sospeso perché
la frequenza nella scuola dell’obbligo è notevolmente aumentata.
Nell’evoluzione della FAD segna una tappa fondamentale la diffusione dello
standard VHS (video home system), prodotto dalla società giapponese JVC a
partire dal 1976. Le opportunità formative, a seguito di questa introduzione, si
rafforzarono in maniera considerevole, sia perché le videocassette permettendo di
registrare e rivedere una trasmissione in differita, introdussero la norma di
formazione asincrona, sia perché attraverso il loro supporto, fu possibile realizzare
corsi a distanza anche da acquistare. Anche in questo caso i vantaggi introdotti da
questa tecnologia non riuscivano ad andare oltre il modello di comunicazione
monodirezionale (uno a uno, uno-molti)
Figura 3 Modello monodirezionale di comunicazione della televisione
16
Gli strumenti tecnologici cambiano il modo di presentare i contenuti della
formazione: dalla semplice lettura di libri e dispense si passa alla fruizione dei
contenuti in audio e video, ma il modello pedagogico resta immutato. Ci sono
molti vantaggi in questo modello: il soggetto lontano dall’ente erogatore del
corso, con la radio e la televisione ha la percezione di essere meno isolato;
familiarizza con le voci e i volti che gli provengono dalla radio e dalla TV anche
se non si può ancora comunicare in tempo reale con i docenti, se non
telefonicamente o raramente con incontri in presenza. Il concetto di aula o classe
non esiste ancora in questo contesto, di conseguenza la comunicazione tra i
soggetti è pari a zero. Avere a disposizione differenti e molteplici supporti per
l’apprendimento è una premessa indispensabile per la trasformazione della lezione
frontale in processo learner centered, centrato cioè non solo sulle esigenze
formative, ma anche cognitive dell’utente.
Il passaggio dalla seconda alla terza generazione di FAD è segnato nel 1991, dalla
prima esperienza italiana di corso di laurea in teledidattica: il Consorzio Nettuno
(NETwork Teledidattico per l’Università Ovunque) che viene a costituire una
partnership tra università e aziende per la realizzazione di corsi universitari a
distanza mediante trasmissioni televisive, supporti multimediali e reti telematiche
informatiche. All’origine il Consorzio Nettuno era composto di cinque aziende
(RAI, IRI, Confindustria, Telespazio e SIP) e da tre università (Politecnico di
Milano, Politecnico di Torino, Università Federico II di Napoli), ma in pochi anni
il numero delle aziende, delle università e degli utenti soprattutto aumentò
notevolmente.
Gli anni novanta vedono la nascita di un’altra tipologia di FAD che diventerà asse
portante della formazione a distanza: la teleconferenza, introdotta nell’ambito
della didattica universitaria per la soluzione dei problemi logistici, come il
collegamento delle sedi periferiche con quelle centrali.
Se si escludono gli strumenti tecnologici introdotti, la FAD di seconda
generazione non apporta, rispetto alla prima, novità relative all’apprendimento. La
comunicazione con gli studenti (vista in un’ottica bidirezionale) rimane marginale
17
e la comunicazione fra gli studenti è quasi inesistente. Nel 1991, Vertecchi
definisce questo tipo di istruzione a distanza come una “forma di
insegnamento/apprendimento, fortemente strutturata, sistematicamente
organizzata e rivolta ad un numero aperto e potenzialmente molto alto di fruitori,
che si svolge in condizioni di separazione spaziale e temporale tra allievi e
docenti e in cui l’interazione è assicurata da materiali stampati, meccanici o
elettronici[…]”.
1.4 La FaD di terza generazione
Il passaggio alla terza generazione di FAD è segnato dall’avvento del digitale. A
metà degli anni ottanta, grazie alle straordinarie potenzialità del personal
computer, utilizzato ormai anche in ambienti famigliari, si assiste ad una svolta
del paradigma educativo, sia nell’ambito dell’istruzione a distanza, sia in quello
dell’istruzione in presenza: l’utente viene ad assumere un ruolo attivo nel proprio
percorso formativo. L’elemento rilevante che caratterizza questa fase della FAD,
è, infatti, il tentativo di superare la distanza sociale, oltre che geografica.
Nella FAD di terza generazione è possibile osservare due fasi: la prima non si
avvale di reti telematiche e caratterizzata dall’uso di supporti off-line; la seconda
che è quella che dà l’avvio all’affermazione dell’e-learning è caratterizzata
18
dall’uso delle reti e di strumenti on-line. Inizialmente, quindi, i supporti didattici
utilizzati furono i floppy disk, i CD-Rom, le videocassette, ovvero strumenti di
self learning, già presenti nella seconda generazione della FAD, per inviare
materiale o correggere le risposte degli studenti. Nel 1950, la Stanford University
e l’IBM lanciano i CBI (computer based instruction) e i CAI (computer aided
instruction), primi corsi di formazione per l’autoapprendimento mediante
calcolatore, che nel giro di pochissimo diventano strumenti per la formazione
scolastica e aziendale. Quando i computer sono impiegati per rendere possibili
forme di dialogo interpersonale, si parla di “comunicazione mediata da
computer”. Il computer mediated communication (CMC) si colloca
all’intersezione tra le teorie della comunicazione e la ricerca tecnologica sulle reti
e introduce una comunicazione che non avviene tra luogo e luogo, ma che si
propone essa stesso come luogo del suo accadere: viene meno la dimensione
chiusa e immobile dell’ambiente educativo. La comunicazione, tra due o più
soggetti, avviene tramite la “mediazione” di uno schermo il cui uso, come accade
nelle teleconferenze, può rendere la comunicazione molto simile a quella naturale,
attraverso interazioni visivo-acustiche. Le conoscenze tecnologiche necessarie
sono le stesse che sono richieste nel normale uso del computer: accensione,
connessione, scrittura, salvo il caso di ambienti più sofisticati (come gli ambienti
CSCW/Computer Supported Cooperative Work, che utilizzano il computer per
facilitare, accrescere e perfezionare l’interazione tra i membri di un gruppo) che
esigono competenze più specifiche. La CMC si può realizzare sia attraverso una
comunicazione uno a uno (come accade con il telefono) sia attraverso una
comunicazione uno molti (come avviene nei massmedia) sia attraverso una
comunicazione molti-molti; questo “spalanca le porte” alla costruzione di
comunità di lavoro o classi virtuali secondo una modalità mai standardizzata, ma
sempre aperta al possibile.
Il frame della comunicazione è privo d’elementi extralinguistici e ciò richiede un
linguaggio chiaro ma essenziale, che sia in grado cioè di esplicitare attraverso la
comunicazione scritta quanto solitamente viene espresso nella comunicazione
diretta; nonostante l’apparente freddezza, la CMC deve saper stimolare reazioni
emotive e deve saper affrontare, valorizzandolo al massimo, il coinvolgimento
19
emotivo dei partecipanti. La dimensione della “comunità”, infatti, può diventare
dominante, ma i fattori emozionali, motivazionali e d’appartenenza vanno gestiti
adeguatamente. La comunicazione su base testuale, che viene ad assumere via via
un carattere “riflessivo”, mette in sinergia i soggetti coinvolti nella costruzione
cooperativa di testi. Per quanto riguarda l’apprendimento, al soggetto è
riconosciuto un ruolo più attivo nella costruzione della propria conoscenza,
raggiunta soprattutto attraverso le sue capacità comunicative e relazionali.
Sul piano didattico l’uso delle reti offre un valore aggiunto alla già apprezzata
flessibilità spazio-temporale tipica dell’istruzione a distanza agevolando
l’elaborazione attiva e cooperativa rispetto alle riunioni in presenza.
L’introduzione di tecnologie di rete segna una svolta senza precedenti nei
paradigmi pedagogici e nelle modalità di formazione a distanza perché la
telematica recupera uno degli aspetti più significativi della tradizionale
educazione degli adulti, venuta meno con l’istruzione a distanza di seconda
generazione, “la presenza sociale” (Calvani e Rotta, 2000, p.p. 61) che diventerà
l’idea chiave di questa terza tipologia di formazione a distanza.
I sistemi di terza generazione sono anche detti on-line education (formazione in
rete, proprio ad indicare che la formazione avviene, in gran parte, in rete).
L’elemento più evidente è la flessibilità nella conduzione del corso: i partecipanti,
infatti, interagiscono con altri partecipanti e con il tutor che riesce a monitorare,
quasi in tempo reale, sia i progressi del gruppo classe sia il processo
d’acquisizione delle conoscenze del singolo partecipante. In questo modo è
possibile realizzare anche una valutazione in itinere del corso e degli studenti, che
consente al tutor di modificare, rinforzare, rimodellare l’intervento formativo in
base alle esigenze didattico/conoscitive di ciascun partecipante. Emerge subito la
maggiore flessibilità che caratterizza questo tipo di intervento rispetto ad un corso
a distanza tradizionale in cui avvenivano sporadici scambi fra docente e allievo e i
materiali didattici erano strutturarti per essere fruiti individualmente e secondo
una precisa scansione temporale.
20
L’evoluzione dei sistemi informatici e delle infrastrutture di comunicazione ha
avviato un processo di ricerca di modelli comunicativi sempre più evoluti e su
questi sono state costruite piattaforme e tecnologie in grado di offrire opportunità
di apprendimento prima non esistenti.
Dalla formazione a distanza si è arrivati al concetto di e-learning, una metodologia
ben più complessa ed articolata che non si limita al semplice trasferimento di
conoscenza, ma arriva a modificare il modo tradizionale di concepire la didattica.
L’e-learning nasce dall’integrazione tra la formazione a distanza e il Computer
Based Training.
Nella FaD di terza generazione si sviluppano i primi CAI (Computer
AidedInstruction) e CBT (Computer Based Training) e nascono espressioni come
IBT (InternetBased Training) e il WBT (Web Based Training). Seguire un corso di
CAI è come avere accanto un docente virtuale che guida passo passo le varie fasi
del processo. La strategia impiegata è quella introdotta da Skinner dello stimolo-
risposta-rinforzo: ad ogni azione corretta riceve un rinforzo che condiziona le
azioni successive; questo vuol dire che più è forte il condizionamento maggiore è
l’apprendimento. Il CAI (Computer Aided Instruction) è il primo programma su
supporto informatico per l’autoapprendimento che per funzionare necessita di un
mainframe, o meglio di un calcolatore dalla grande capacità di calcolo e di
memoria, e di un videoterminale. L’utente, che interagisce con il CAI attraverso il
monitor, deve compiere una serie di operazioni in sequenza. Il percorso di
apprendimento è estremamente rigido, costruito come un diagramma di flusso: ad
ogni errore il sistema torna indietro e ripropone la scelta, finché l’utente non
compie quella corretta. L’organizzazione dei contenuti è gerarchica e
predeterminata, l’unica interazione possibile consiste nel rispondere alle istruzioni
date dal programma.
Una definizione più esaustiva viene presentata da Webopedia1 che spiega il
termine di Computer-Based Training come “a type of education in which the
student learns by executing special training programs on a computer. CBT is
1 http://www.webopedia.com/TERM/C/CBT.html
21
especially effective for training people to use computer applications because the
CBT program can be integrated with the applications so that students can
practice using the applications as they learn.”
L’Internet Based Training è la formazione distribuita primariamente dalle
tecnologie di rete TCP/IP 2 come ad esempio l’e-mail e i newsgroup3 . Sebbene
questo termine sia spesso utilizzato come sinonimo di Web Based Training,
l’Internet Based Training non viene necessariamente distribuito nel Web, si può
anche non usare il protocollo HTTP4 e il linguaggio HTML5 che rendono però
possibile il Web Based Training.
1.5 Dall’educazione multimediale al Web based training
Il Web Based Training (WBT) è una forma di Computer-Based Training che
permette la fruizione di contenuti educativi e formativi attraverso un browser web
(per es. Internet Explorer o Netscape Navigator) ad’internet pubblico, su una
intranet privata (una rete di computer per esempio interna ad una azienda), o su
una extranet. “Altro termine utilizzato è quello di online courses (corsi online),
utilizzati in maniera interscambiabile con il WBT, perché per molti aspetti sono la
stessa cosa”(Calvani, Rotta, 2000, p. 68).
I sistemi di WBT utilizzano corsi in autoistruzione, visualizzabili tramite il
browser, e strumenti come le e-mail, i newsgroup, le chat, per consentire la
comunicazione con i tutor e con gli altri allievi. La versatilità, la bi-direzionalità e
2 Protocolli che permettono il trasferimento dati da un computer ad un altro, detto uno client l’altro server. 3 Il newsgroup è uno degli spazi virtuali creato su una rete di server interconnessi per discutere di un argomento (topic) ben determinato. In italiano viene utilizzato a volte il termine gruppo di discussione. 4 L’http (Hypertext Transfer Protocol- protocollo di trasferimento di un ipertesto in italiano) è usato come principale sistema per la trasmissione di informazioni sul web. Le specifiche del protocollo sono gestite dal World Wide Web Consortium (W3C) 5 L’HTML (HyperText Markup Language- linguaggio di marcatura per ipertesti) è un linguaggio usato per descrivere la struttura dei documenti ipertestuali disponibili nel World Wide Web ossia su Internet. Tutti i siti sono scritti in HTML, codice che viene letto ed elaborato del browser, il quale genera la pagina che viene visualizzata sullo schermo del computer.
22
il basso costo di questi strumenti di comunicazione sono stati alcuni dei motivi del
successo di questi sistemi rispetto ad altri tipi di formazione a distanza, come ad
esempio la videoconferenza. Il Web Based Training dà l’opportunità di
connettersi ad altre risorse di apprendimento presenti nel web come riferimenti
bibliografici, articoli, e di utilizzare strumenti di comunicazione come l’email,
bulletin board 6, gruppi di discussione.
I corsi fruiti direttamente on-line sono chiamati web based training e rispetto ai
più tradizionali corsi basati su CD-Rom hanno il vantaggio di essere facilmente
aggiornabili. “Il Web Based Training potrebbe essere definito come una strategia
orientata a dare agli “studenti” la possibilità di plasmare lo spazio
dell’apprendimento secondo i propri bisogni, o meglio ancora, aumentare la
possibilità di interagire in modo flessibile con i materiali formativi e più in
generale” (Calvani, Rotta 2000, p.74). Tutto questo ha a che fare solo in parte con
le innovazioni introdotte dalle reti sul piano dell’organizzazione e della gestione
dell’ambiente educativo. Fino a poco tempo fa, i WBT presentavano poche
possibilità d’interattività con l’utente ed erano costituiti da una scarsa
presentazione dei contenuti. Il testo, infatti, nonostante la presenza di grafici e
immagini, era l’elemento predominante e l’attività formativa era di scarsa
efficacia a causa della limitata larghezza di banda d’Internet che non consentiva il
trasferimento di una gran quantità d’informazioni attraverso la rete. In realtà,
inizialmente, si è creduto fosse sufficiente trasferire sui WBT i modelli
tradizionali di trasmissione della conoscenza, basati su testi scritti, per
raggiungere con la stessa efficienza migliaia d’utenti dislocati sul territorio. Solo
recentemente, infatti, si è avuta la consapevolezza di dover utilizzare nuove
strategie didattiche (learning by doing) e nuove norme di presentazione dei
contenuti. Tra le ragioni della diffusione di formazione erogata attraverso la rete,
sono, sicuramente, da menzionare i vantaggi organizzativi e logistici e,
conseguentemente, economici che un ambiente di apprendimento online
6 Un BBS (Bulletin Board System) è un computer che utilizza un software per permettere a utenti di connettersi a esso attraverso la linea telefonica, dando la possibilità di utilizzare funzioni di messaggistica e file sharing centralizzato.
23
garantisce rispetto all’allestimento di un sistema basato su lezioni in aula e
tecnologie didattiche tradizionali, soprattutto in ambito aziendale.
Oggi gli investimenti sull’on-line learning sono in crescita imponente: negli Stati
Uniti, secondo dati elaborati nel 1998, oltre il 50% della spesa per la formazione
in aziende pubbliche e private era destinato ad esperienze formative basate sulle
nuove tecnologie, in altre parole sulle reti telematiche (Calvani, Rotta 1999, p.
59). I vantaggi organizzativi e logistici che un ambiente d’apprendimento
telematico garantisce rispetto ad un sistema instructor-led, basato su lezioni in
aula e tecnologie didattiche tradizionali sono il motivo primo della diffusione
dell’istruzione in rete. Anche dal punto di vista economico, questo tipo di
formazione appare molto vantaggioso: come dimostrano molte ricerche su casi di
sperimentazione d’istruzione via WEB a livello di training aziendale, dopo la
messa a punto di un sistema di on-line learning la spesa è scesa da 2.000.000 di
dollari l’anno a 200.000 dollari l’anno.7
L’elemento più importante, però, riguarda l’idea che per rispondere ai reali
bisogni formativi, in una società in continuo movimento che richiede un approccio
dinamico, per acquisire le competenze necessarie per orientarsi all’interno del
mondo del lavoro, occorra un’offerta flessibile e ampia capace di soddisfare la
richiesta delle generazioni web 2.0.
7 In Internet: http://www.masie.com
24
CAPITOLO 2
Dal comportamentismo all’e-learning: la storia dei trend attuali
“Più che un discorso scritto, però ti sarà utile il poter vivere e conversare insieme; al momento è necessario che tu venga, primo perché gli uomini credono di più ai loro occhi che alle loro
orecchie, poi perché attraverso i precetti il cammino è lungo, mentre è breve ed efficace attraverso gli esempi. Cleante non avrebbe potuto esprimere compiutamente la dottrina di Zenone se avesse
soltanto ascoltato le sue lezioni: fu partecipe della sua vita, ne penetrò i segreti, osservò se viveva secondo i suoi insegnamenti… E non ti faccio venire solo perché tu ne tragga giovamento, ma
anche perché tu mi sia utile; ci aiuteremo moltissimo a vicenda.” Lucio Antonio Seneca
L’etimologia del termine “apprendere” (dal latino ad prendhere) mette in
evidenza il carattere attivo del processo. L’apprendimento, infatti, sia che avvenga
in rete sia che mantenga la sua forma tradizionale, può essere definito come
acquisizione di competenze attraverso tre stadi successivi:
1. acquisizione di un imput dall’esterno;
2. rielaborazione personale dei dati;
3. verifica dei risultati raggiunti.
Non è, quindi, il paradigma didattico a cambiare, ma sono i modi e i metodi per
arrivare agli scopi prefissati.
Negli ultimi anni, si è assistito ad uno sviluppo sempre più incisivo delle nuove
tecnologie, che hanno prodotto un rapido mutamento sotto diversi aspetti della
società. Questo processo di evoluzione sta interessando con forza i processi
formativi, sia aggiungendo nuovi strumenti alle metodologie tradizionali sia
offrendo veri e propri nuovi sistemi di didattica quali la formazione in rete.
L’oggetto di questo capitolo è proprio la telematica dell’e-learning, del quale
saranno esaminate le caratteristiche, la storia e il trend attuale.
25
2.1. Il concetto di e-learning
I profondi mutamenti in atto all’interno delle organizzazioni produttive
comportano la costante modifica delle loro strutture, dei loro modi di operare e
della natura del lavoro umano in esse impiegato. I livelli gerarchici diminuiscono,
le architetture organizzative tendono ad assumere connotati reticolari, le modalità
operative abbandonano le rigide catene di comando gerarchiche, conferendo ampi
gradi di autonomia a gruppi di lavoro interdisciplinari e task force ad alta intensità
di conoscenza. Gli uomini e le donne che lavorano, cooperano sempre più
frequentemente in base a sistemi di impegni che si definiscono di volta in volta, in
base ad esigenze mutanti nel tempo.
Nell’iconografia organizzativa attuale – per fare un esempio – gli strumenti di
coordinamento sono sempre meno i manuali di procedure e sempre più
frequentemente le riunioni, i forum telematici, le videoconferenze, lo scambio di
posta elettronica tra individui che collaborano per il raggiungimento di obiettivi
comuni.
Ma se da una parte il fattore umano si può identificare come elemento competitivo
per le imprese, dall’altra la possibilità degli individui di mantenere il proprio ruolo
di protagonisti nella partecipazione al processo di produzione, dipende in buona
misura dalle soluzioni che imprese e istituzioni formative decidono di adottare, in
tema di investimenti formativi e di governo delle conoscenze.
Il rapido succedersi dei cicli di innovazione tecnologica impone l’elaborazione di
nuove strategie di formazione professionale, supportate da metodologie e
strumenti innovativi, finalizzati all’addestramento delle persone e all’innovazione
delle loro competenze. La velocità evolutiva delle nuove tecnologie e la
conseguente urgenza di adattamento delle competenze professionali, si combinano
con le opportunità di trasferimento di informazioni complesse offerte dalle
tecnologie telematiche.
È in questo contesto che nasce e prende rapidamente piede la metodologia dell’e-
learning. “L’e-learning può essere definito come l’erogazione di attività, processi
26
ed eventi formativi, formali e informali, tramite l’uso di tutti i media elettronici
come Internet, Intranet, extranet, CD-ROM, DVD. TV, telefonia cellulare e fissa,
computer palmari ecc…” (Fontanesi,2003 p 3)
La maggior parte delle persone usa il termine e-learning per definire soluzione
didattiche e tecnologiche assai diverse tra loro. Di conseguenza, è bene spiegare
subito le differenti funzioni delle soluzioni esistenti vista la poca chiarezza
riguardo ai termini che definiscono questa nuova disciplina. In particolare l’uso
del termine sta cambiando più rapidamente dei contenuti e degli approcci dell’e-
learning stesso. In precedenza esistevano altri termini utilizzati per definire
tecnologie e metodologie spesso molto simili, ma comunque differenti dall’e-
learning vero e proprio.
Alcuni di questi termini sono ancora in uso:
On line learning;
Open learning;
Distance education;
Web based training.
Pur essendo strettamente legato a questi termini, l’e-learning non può essere
confuso con nessuno di essi. Ad esempio è più ampio dell’online learning che
utilizza solo infrastrutture come Internet, Intranet, LAN E WAN per il modello
formativo, escludendo l’uso degli altri media elettronici.
Open learning è un’espressione generica per indicare complessivamente un
sistema di istruzione in cui le restrizioni spazio/temporali vengono ridotte ma non
implica l’uso di tecnologie didattiche multimediali né un cambiamento nella
responsabilità dello studente nel decidere cosa e come apprendere che
costituiscono le caratteristiche basilari di un apprendimento FAD e-learning. La
distance learning che tende a sovrapporsi all’open learning non ha ancora
raggiunto una reale “apertura” in quanto non ammette cambiamenti in itinere e
non ritiene l’indipendenza dell’allievo un fattore rilevante ai fini di una buona
riuscita del suo processo di apprendimento. Infine il Web based training che offre
27
agli utenti la possibilità di plasmare lo spazio dell’apprendimento secondo i propri
bisogni, ha solo in parte a che fare con le innovazioni introdotte dalle reti sul
piano dell’organizzazione e della gestione dell’ambiente educativo.
L’e-learning, invece, si propone come sistema di formazione continua, dove ciò
che assume valore è il processo all’interno del quale la singola attività formativa è
inserita. Questo vuol dire che non è sufficiente utilizzare la rete, per la fruizione
dei corsi o per la comunicazione fra docenti e studenti, per parlare di e-learning,
perché esso attiene soprattutto ai processi di trasmissione, di scambio e di
sviluppo della conoscenza fra individui, gruppi e organizzazioni resi possibili
dalla rete.
“Nell’affrontare il tema dell’e-learning spesso viene assegnata eccessiva enfasi
alla “e”, ossia alla componente tecnologica trascurando il fatto che esso sottende
un processo di innovazione complesso (tecnico, cognitivo, culturale e sociale)
consentito dalla tecnologia ma non determinato da esso” (Raul C.D. Nacamulli,
p.13) La tecnologia viene utilizzata per progettare, distribuire, selezionare,
amministrare, supportare e diffondere la formazione, realizzando percorsi
formativi personalizzati, ma non è tutto qui...
Sfruttare le potenzialità di Internet significa anche, da un lato utilizzare al meglio
le possibilità offerte dall’informatica e dalla telematica e dall’altro sviluppare
un’integrazione delle caratteristiche fisiche della didattica a distanza e con le
caratteristiche psicologiche della didattica in presenza.
Lo sviluppo dell’e-learning è strettamente connesso alla centralità del capitale
intellettuale e delle risorse umane e al paradigma dell’innovazione continua, che
in questo specifico ambito trovano realizzazione con:
un ruolo maggiormente attivo e partecipativo assegnato ai soggetti coinvolti e
alle attività negoziali e cooperative;
un forte senso di presenza e appartenenza (gruppi, comunità di lavoro, classi
virtuali);
28
la possibilità di una maggiore personalizzazione del percorso di
apprendimento, un sistema articolato di supporti e risorse umane e strumentali
a disposizione;
il formarsi di una ipertestualità di rete come luogo, mezzo e contesto sociale
dell’apprendimento.
La forte presenza di Internet, quindi, analogamente a quanto era accaduto con la
genesi e la diffusione dei libri di testo, cambia e riconfigura la posizione dei vari
media, ridefinisce il ruolo, l’organizzazione del tempo e dello spazio dei docenti e
degli studenti, dando loro maggiori gradi di libertà nello scegliere ed utilizzare le
soluzioni più rispondenti alle loro esigenze di apprendimento e fa nascere nuovi
ruoli come quello del tutor.
2.1.1 La programmazione dei contenuti: i learning object
“Learning object è qualsiasi oggetto, digitale e non, che entra a far parte del
processo formativo attraverso qualsiasi tecnologia e che può essere usato e
riutilizzato in tempi e luoghi diversi” (Eletti, 2002, p.p. 66). Non si tratta, quindi,
di una tecnologia, ma di un modo nuovo di pensare e fruire la conoscenza che
rende i contenuti dinamici ed adattabili a più contesti e situazioni
d’apprendimento. RLO, reusable learning object, è, infatti, una delle sigle più
usate per descrivere questa modalità di progettazione didattica.
Interattività, dinamicità e modularità, sono gli elementi principali nella
progettazione di contenuti erogabili via rete. L’apprendimento che avviene
attraverso il monitor è faticoso e meno naturale rispetto alla formazione
tradizionale attraverso il libro, per questo è necessario coinvolgere il più possibile
l’utente durante la fruizione attraverso test e attività interattive (giochi,
simulazioni, esercizi) che stimolino l’attenzione e verifichino costantemente le
conoscenze apprese. Il learning by doing diventa un fattore qualificante, in
particolare, per tutti i corsi d’addestramento professionale e di aggiornamento
destinati agli adulti, utenti meno pratici e meno avvezzi all’uso delle tecnologie.
29
La dinamicità è un altro must dei contenuti concepiti per l’e-learning perché da un
lato la rapida obsolescenza delle conoscenze e la conseguente richiesta di
formazione permanente negli adulti implica la progettazione di prodotti facilmente
aggiornabili; dall’altro il bisogno di continua acquisizione di nuove competenze (
per esempio nelle aziende) richiede corsi mirati e fruibili just in time, cioè
esattamente nel momento in cui se ne ha bisogno. Questo vuol dire che la
formazione a distanza non è più assimilabile ai corsi monolitici da distribuire
indistintamente a tutti gli utenti (come i CBT o il teleinsegnamento che
riproducono un modello di apprendimento centralizzato) ma va progettata tenendo
conto di specifiche esigenze formative, dei fattori motivazionali del singolo, delle
conoscenze pregresse e delle competenze da sviluppare. Allo stesso tempo, i
contenuti formativi devono poter essere prodotti e riutilizzati facilmente
impiegando linee di produzione che consentano alla società di e-learning di
abbattere i costi per il cliente.
Infine, la modularità, parola chiave nell’apprendimento in rete, vuol dire
riorganizzare i contenuti di un corso secondo gli obiettivi formativi e le necessità
dell’utente. Per riorganizzare e quindi personalizzare un corso è necessario, però,
strutturare il materiale in blocchi di contenuto che siano in grado di rispondere ad
un preciso obiettivo formativo. All’occorrenza, quindi, ciascun blocco può essere
sfilato da un corso ed assemblato ad altri blocchi per formare un nuovo corso.
Queste unità prendono il nome di learning object.
2.1.2 Le piattaforme (CMS, LMS, LCMS)
Una piattaforma per la formazione a distanza è un sistema attraverso il quale
implementare, strutturare e gestire le attività formative svolte attraverso la rete.
Questo vuol dire che un sistema per l’e-learning è finalizzato alla gestione del
processo formativo e non alla creazione dei singoli contributi audio-video oppure
testuali, quali ad esempio Power Point.
Un sistema di e-learning deve:
30
gestire l’utente cioè registrarlo e riconoscerlo ogni qual volta accede al
browser (Explorer o Mozilla Firefox);
supportare i test d’ingresso per una valutazione del bisogno formativo.
personalizzare i contenuti secondo le esigenze del singolo;
tracciare le attività dell’utente all’interno del sistema considerando le variabili:
tempo, unità consultate, risultati conseguiti;
controllo dei test effettuati ed emissione di reports con i risultati raggiunti;
gestire i contenuti ovvero archiviare i contributi e la strutturazione dei corsi;
organizzare i contenuti non strettamente didattici (newsletter, dossier);
utilizzare diversi strumenti di collaborazione: aula virtuale, forum, chat.
amministrare il processo, quindi gestire il catalogo dei corsi;
I sistemi di e-learning oggi disponibili sono il Content management system
(CMS), il Learning management system (LMS) ed il Learning content
management system (LCMS), oltre agli strumenti di collaborazione, come ad
esempio l’aula virtuale.
Il CMS gestisce lo sviluppo e la strutturazione dei contenuti, lavorando su
database in cui sono archiviati testi, audio, immagini e video. Questo tipo di
sistema è utilizzato, in particolar modo nelle scuole, per organizzare una grande
quantità di informazioni, poiché attraverso il database, è possibile recuperare
facilmente i dati.
Il LMS è, invece, l’architettura portante di un sistema di formazione a distanza,
sia per le Università che per le aziende. Questo sistema garantisce il
riconoscimento dell’utente, la richiesta e la fruizione dei corsi attraverso un
catalogo, il monitoraggio delle attività e la produzione dei report.
31
L’integrazione del CMS e del LMS costituisce il LCMS, ambiente in cui è
possibile creare, archiviare, riutilizzare e distribuire i learning object utilizzando
un archivio tipo database. La finalità di questo tipo di sistema è offrire a ciascun
utente la giusta unità formativa nel momento giusto, attraverso la gestione dei
learning object. “L’80% degli LCMS include le funzionalità degli CMS; mentre le
più diffuse soluzioni di LMS sul mercato sono interoperabili con gli LCMS”
(Eletti, 2002, p.p. 33). Tra queste Saba, Docent, Ingenium di (Click2learn),
TopClass ( di WBT Systems).
Rispetto ai primi sistemi di formazione a distanza, centrati sulla diffusione dei
contenuti, una piattaforma è incentrata sull’organizzazione dei contenuti e del
processo e quindi sulla condivisione delle risorse e sull’integrazione di più attività
e strumenti formativi.
Ambiente integrato è l’espressione che meglio qualifica una soluzione tecnologica
di e-learning. L’integrazione, in particolare, avviene attraverso l’impiego di
diverse modalità di formazione:
L’autoapprendimento asincrono attraverso WBT e contributi editoriali
disponibili nel sistema;
L’apprendimento sincrono attraverso aule virtuali o videoconferenze;
32
L’apprendimento collaborativo attraverso forum o classi virtuali gestite
all’interno della piattaforma.
È proprio l’apprendimento collaborativo, cioè la condivisione attraverso la rete
delle attività, delle risorse e degli strumenti, uno dei valori aggiunti di un
ambiente integrato. Diversamente dai CD-ROM e dalla teledidattica, infatti, l’e-
learning sposta l’attenzione sulle comunità di apprendimento e sul ruolo del
singolo nella costruzione del processo formativo.
All’interno di un simile ambiente, infatti, l’integrazione e lo scambio con i
colleghi o con gli studenti produce una nuova conoscenza ed accresce quella già
esistente.
2.2. Le basi teoriche
A metà del Novecento, il termine apprendimento veniva utilizzato per indicare “il
processo intellettivo attraverso cui l’individuo acquisisce quelle conoscenze sul
mondo che, successivamente, utilizzerà per strutturare ed orientare il proprio
comportamento”. (Eletti 2002, p.p. 28). L’apprendimento è una delle nozioni
fondamentali delle scienze dell’educazione. Esso può verificarsi sia in modo
spontaneo, come succede per gli atteggiamenti conoscitivi inconsapevoli dei
bambini, oppure può essere indotto mediante un intervento, esterno al soggetto
che apprende, come nel caso dell’insegnamento. Non si può, invece, considerare
apprendimento l’acquisizione estemporanea o accidentale di conoscenza che
produce variazioni del comportamento circostanziate e di breve durata.
Per progettare efficacemente i prodotti di formazione occorre conoscere il modo
in cui si apprendono i contenuti, i comportamenti, le capacità e le informazioni e
conoscendo che tipo di apprendimento verrà messo in atto dal discente si potrà
adeguatamente rispondere al suo bisogno educativo.
33
Il significato di apprendimento si è evoluto nel tempo, modificandosi a seconda
delle teorie psicologiche che se ne sono di volta in volta occupate. Per
comprendere appieno come e quanto siano cambiate le variabili
dell’apprendimento, così come il ruolo del discente e quello del docente, è
necessario conoscere l’evoluzione di queste teorie.
Solitamente sono due gli ambiti di riferimento: le teorie associazioniste e le teorie
cognitiviste. Il percorso dal paradigma associazionista al cognitivismo comprende
varie fasi e parte dalla considerazione passiva del processo di apprendimento per
giungere alla comprensione della complessità dell’atto conoscitivo e della piena
valutazione del ruolo attivo del discente e dell’influenza del contesto di
apprendimento.
2.2.1 Il comportamentismo
Benché la sua ricezione sia stata graduale e il suo predominio non sia stato
incontrastato, il comportamentismo è stato forse l’unico movimento psicologico
che abbia impresso il proprio sigillo su un’intera epoca, dagli anni Venti ai
Sessanta, in particolar modo negli Stati Uniti, finendo per rappresentare il modello
standard del lavoro psicologico sia sul piano dei metodi che delle teorie. Secondo
tale ottica l’uomo sarebbe il prodotto delle proprie esperienze ed interazioni con
l’ambiente, mentre il comportamento sarebbe il risultato del meccanismo stimolo-
risposta. Detto anche behaviorismo, dalla denominazione inglese, il
comportamentismo, nell'intento di dare alla psicologia uno statuto simile a quello
delle scienze esatte, circoscrive il campo della ricerca all'osservazione del
comportamento animale e umano, rifiutando ogni forma d’introspezione che per
sua natura sfugge alla verifica oggettiva. Le sue radici affondano, da un lato, nelle
ricerche sull’apprendimento e sui riflessi condizionati, dall’altro nelle teorie
funzionaliste. La riflessologia considera le attività psichiche processi fisiologici
elementari, riconducibili a riflessi innescati da uno stimolo. Il funzionalismo,
34
invece, pone al centro della propria riflessione il rapporto tra individuo e ambiente
e sottolinea l’importanza cruciale dell’azione come categoria.
L’atto di nascita del movimento si può fissare con la pubblicazione, nel 1913, di
un articolo di John B. Watson intitolato La psicologia così come la vede il
comportamentista. Watson lamentava lo stato della psicologia dell’epoca, la
mancanza di fatti accertati e non controversi, la presenza di scuole contrapposte e
posizioni inconciliabili, i metodi introspettivi della psicologia mentalista, basati
più su convinzioni elaborate a tavolino che su evidenze empiriche. D’altro canto
proponeva di raggiungere un’ideale di una psicologia che trattasse esclusivamente
le forme di comportamento di esseri viventi, così come possono venire
documentate da un osservatore esterno, rinunciando, quindi, a qualsiasi
procedimento fondato sull'autosservazione e sulle esperienze soggettive.
Rifiutato il metodo introspettivo, nel tentativo di costruire una psicologia sul
modello delle scienze naturali, fece adottare i concetti di stimolo e reazione e le
corrispondenti leggi che ne esprimono i rapporti causali. La risposta a questa
pubblicazione fu in primo luogo una radicale ridefinizione dell’oggetto di studio
della psicologia: non più la coscienza, con i suoi contenuti privati e accessibili
solo all’introspezione, ma “il comportamento, osservabile e in linea di principio
misurabile, concepito come risposta (muscolare, endocrina ecc.) a stimoli
ambientali anch’essi identificabili e quantificabili” (Cicogna, 1999, p. 43).
Inoltre, Watson dotava la psicologia di un nuovo compito e di nuove
responsabilità pratiche indicando come finalità peculiari del lavoro psicologico la
previsione ed il controllo del comportamento e non più la semplice
contemplandone della conoscenza. Ciò che nella psicologia non riusciva a
prevedere e controllare il comportamento, se non frutto di fantasia, quantomeno
estraneo all’area scientifica e pertinente semmai alla speculazione filosofica. Il
clima culturale di quegli anni era fondamentalmente ottimistico: alcuni ricercatori
americani stavano tentando di trovare applicazioni pratiche e socialmente utili per
la psicologia; dal canto suo, la psicologia americana, con le sue applicazioni
pedagogiche, sociali, economiche, stava creando le giuste condizioni affinché
35
fosse accettata l’idea che il comportamento potesse essere plasmato e modellato in
direzione di un generale vantaggio per la comunità.
Da queste premesse seguì un programma di ricerca che si espresse anche nel
privilegio accordato dai comportamentismi a determinati settori, come
l’apprendimento, e nello scarso interesse dimostrato per altre tematiche fino ad
allora predominanti, come la percezione.
2.2.2 Il cognitivismo
Gli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, sono stati caratterizzati da
sviluppi materiali e tecnologici che hanno reso possibile, se non addirittura
urgente, l’elaborazione di un quadro teorico in grado di unificare quelle novità di
portata storica, che hanno poi indotto trasformazioni nel modo di vita e nella
mentalità. È il caso della diffusione a livello planetario dell’informatica e della
tecnologia dei computer, ma anche dell’introduzione della robotica nella
produzione industriale. Il rapporto fra processi formativi e computer era
sintetizzato con lo slogan: Basta un click e s’impara (Raul C.D. Nacamulli, 2003,
p. 49)
Parlare d’e-learning significava pensare alla costruzione d’ambienti specializzati
nell’apprendimento, ovvero allo sviluppo di “macchine per insegnare”. Lo sfondo
teorico che caratterizzava le prime fasi sperimentali della formazione a distanza e
dell’e-learning era, quindi, costituito, da un ambiente formativo alquanto rigido,
segnato soprattutto dall’isolamento spaziale e temporale del formando rispetto al
mondo in cui operava quotidianamente.
Di fronte a queste trasformazioni, la scienza cognitiva assume un ruolo di
disciplina paradigmatica comparabile a quello svolto nel Settecento dalla
meccanica razionale newtoniana. Inizialmente, il termine cognitivo era usato in un
senso abbastanza ristretto, ad indicare lo studio dei processi del pensiero nelle sue
diverse forme. In seguito, invece, sotto il termine di psicologia cognitivista
36
trovarono collocazione lavori di psicologia della percezione, studi sulla memoria,
sul pensiero, ricerche sul linguaggio. La psicologia applicata, cioè le ricerche
condotte durante e dopo la Seconda guerra mondiale, soprattutto in Gran
Bretagna, al fine di conoscere il rendimento ottimale ed i limiti dell’organismo in
condizioni stimolate dalla tecnologia, fu di grande aiuto allo sviluppo de
cognitivismo. Gli psicologi, infatti, s’impegnarono nel formulare modelli che
consentissero di fornire delle precise descrizioni dei processi attraverso i quali
l’organismo riceve, seleziona, codifica, immagazzina e infine utilizza i segnali in
entrata per raggiungere delle decisioni.
Un’ulteriore spinta, venne fornita dagli evidenti limiti del comportamentismo
nella pretesa di ridurre tutte le forme dal comportamento ad una serie di semplici
connessioni stimolo-risposta. Nel nuovo punto di vista l’organismo è considerato
come un sistema capace di elaborare informazioni, di scegliere tra gli elementi “in
entrata” nel sistema stesso, di operare delle trasformazioni su tali elementi per un
immagazzinamento più efficace. “La psicologia cognitivista cerca, quindi, di
elencare e specificare i processi che avvengono nell’organismo di fronte ad una
determinata stimolazione e di proporre dei modelli che indichino con precisione le
diverse fasi dei processi e le funzioni assolte dalle fasi stesse nei modelli”(Ulric
Neisser 1976, p.p. VIII ).
Dal punto di vista storico, il movimento comincia a riconoscersi come tale a
partire dal 1967, anno in cui Ulric Neisser pubblica il volume Psicologia
cognitiva, divenuto in breve tempo uno dei testi fondamentali dell’orientamento.
Se da un lato il libro rappresenta la prima sintesi completa dei lavori dei lavori di
psicologia sperimentale effettuata da un punto di vista cognitivo, dall’altro
l’autore va certamente ad occupare una posizione di primo piano, rispetto a tutti
gli studiosi che hanno contribuito allo sviluppo della psicologia cognitivista.
37
2.2.2.1 Il concetto d‘interazione
“Con il concetto d’interattività, si indica una caratteristica di quei sistemi di
comunicazione in cui gli interlocutori hanno la possibilità di assumere i ruoli di
sorgente e destinatario durante una stessa situazione comunicativa, poiché
possono usare entrambi gli stessi canali. Questi ultimi devono perciò essere
bidirezionali, dotati di un'adeguata capacità trasmissiva in entrambe le direzioni
e permettere un feedback adeguato e contestuale”.( Zani et al., 1994, p.p. 20).
L’apprendimento come processo sociale prevede la costruzione attiva di nuove
conoscenze attraverso l’interazione. I metodi dell’apprendimento collaborativo e
dell’interazione tra pari sono adottati sia in contesti scolastici, come base di
attività strutturate di gruppo, sia in ambiti di educazione degli adulti e formazione
e aggiornamento professionale. Grazie alla collaborazione, infatti, possono essere
privilegiate forme d’apprendimento tradizionalmente meno presenti nei sistemi
scolastici: lavoro di gruppo, attività di ricerca documentale, confronto culturale,
condivisione di esperienze...
La cooperazione, però, può riguardare anche altri momenti della didattica, come
per esempio la progettazione oppure la valutazione dell’apprendimento. Il
concetto d’interazione indica che la comunicazione non avviene come
trasmissione d’informazioni ma come una "stimolazione" del destinatario, col
sostegno di un processo d’attribuzione reciproca d’intenzionalità. Questo,
indipendentemente dal fatto che un sistema di comunicazione permetta lo scambio
contestuale immediato di ruoli tra sorgente e destinatario (come nella
comunicazione fra persone) o no (come per i libri e la televisione). L’interazione
si realizza generalmente quando due o più interlocutori applicano, integrandole,
competenze sia linguistiche che extralinguistiche, costituite da sguardi, gesti,
espressioni verbali, per dare vita ad una conversazione. Indipendentemente dagli
scopi specifici per i quali è possibile trovarsi in situazioni di scambio verbale,
processi e strategie cognitive considerano il dialogo come l’articolazione di più
componenti connesse tra loro e presenti nella mente umana proprio per dare vita
alla comunicazione.
38
Questi 3 livelli sono:
livello referenziale, linguistico-discorsivo, tramite il quale è negoziato lo
scambio verbale;
ambito contestuale di scambio rappresentato sia da un luogo fisico che da
conoscenze implicite;
un’enciclopedia extralinguistica costituita da saperi, credenze, atteggiamenti
culturalizzati che non hanno solo forma verbale ma sono rappresentabili
linguisticamente.
In una interazione fatta, quindi, sempre di scambi interpersonali e sociali, l’attività
cognitiva mette in relazione il livello testuale, sotto forma di enunciati, e il livello
contestuale, sotto forma di relazioni implicite, accomunando pratiche discorsive e
pratiche conversazionali.
Gli obiettivi dell’interazione possono essere diversi, a seconda che si parli di
cooperazione fra chi apprende (i discenti) o fra chi ha il compito di progettare e
gestire il processo di apprendimento (i docenti) proprio per questo la sua proprietà
principale è quella di amalgamare e di legare diverse componenti: studenti,
insegnanti ed esperti. Oggi, poi, “la teoria interattiva della comunicazione,
sviluppata inizialmente per sistemi in cui gli interlocutori sono esseri umani, tenta
di ampliarsi verso sistemi in cui non si possono descrivere gli interlocutori in
modo deterministico, come se fossero macchine banali” (Bettetini, Colombo,
1994, p.p. 326). Tale definizione è estesa anche alla comunicazione fra uomini e
macchine (più precisamente fra uomini e software con capacità interattive) ed alla
comunicazione fra uomini attraverso macchine (interfacce hardware/software).
Evidentemente la situazione didattica più ricca è quella che vede la saturazione di
tutti i possibili legami fra i quattro componenti. Si comunica, quindi, quando si
riconosce competenza comunicativa all'interlocutore o all'apparato a cui ci si
rapporta e comunica chi si fa cambiare dall'interazione comunicativa, non chi
trasmette in maniera innovativa.
39
2.2.3 Il costruttivismo
Il paradigma del costruttivismo si è sviluppato negli ultimi decenni del XX secolo
dalle teorie cognitiviste. Per il costruttivismo, l’apprendimento è un processo
dinamico e attivo messo in atto dal soggetto per l’acquisizione del sapere. Il
soggetto che apprende riveste, al contrario che nel comportamentismo, un ruolo
attivo, che lo rende protagonista delle scelte e dei percorsi attuati per imparare.
Come per la costruzione della realtà, per i costruttivisti anche l’apprendimento
diventa un processo sociale: l’individuo non acquisisce nuove conoscenze soltanto
in virtù dei propri schemi cognitivi ma anche mediante l’interazione e la
negoziazione sociale.
La comunicazione interpersonale e la collaborazione sociale definiscono
l’ambiente in cui avviene l’apprendimento e n’entrano a far parte come elementi
determinanti. In alternativa ad un approccio educativo basato sulla centralità
dell’insegnante (teaching centered), quale depositario indiscusso di un saper
universale, astratto ed indipendente dal contesto di riferimento, questa corrente
assume, invece, che la conoscenza:
è il prodotto di una costruzione attiva da parte del soggetto;
è strettamente collegata alla situazione in cui avviene l’apprendimento;
nasce dalla collaborazione sociale e dalla comunicazione interpersonale;
Con il costruttivismo si rovescia, dunque, la prospettiva comportamentista e si
riconosce la piena autonomia dei soggetti e degli scambi relazionali reciproci
durante l’apprendimento. Ne consegue che una metodologia didattica, per essere
efficace, deve essere progettata e realizzata tenendo conto delle specificità
dell’utenza a cui è proposta. Si passa cioè dalla somministrazione manipolatoria di
stimoli del comportamentismo a un paradigma learner centered. L’apprendimento
non è più visto come attività personale, ma come il risultato di una dimensione
collettiva d’interpretazione della realtà. La trasmissione del sapere non è più un
processo passivo e meccanico ma diventa una complessa strategia che rispetta le
esigenze dell’utente, formulando un’offerta formativa che sia in grado di
40
coinvolgerlo e motivarlo. In questo modo si otterrà un “apprendimento
significativo”, cioè efficace, consapevole e di lunga durata.
Invece di considerare l’insegnamento come processo di trasmissione
d’informazioni e l’apprendimento come elaborazione ricettiva, indipendente e
solitaria di dati, la formazione diventa un’esperienza situata in uno specifico
contesto: il soggetto, spinto dai propri interessi, costruisce attivamente una propria
concezione della realtà attraverso un processo di integrazione di molteplici
prospettive. L’importanza data al contesto di apprendimento trasforma l’ambiente
in cui il soggetto apprende in una variabile particolarmente incisiva durante il
processo di conoscenza.
Per i costruttivisti, l’attenzione degli educatori quindi non deve concentrarsi
soltanto sul singolo allievo ma deve rivolgersi all’ambiente che lo circonda,
affinché siano rese possibili le interazioni tra docente e allievo e, soprattutto, tra
allievi, che favoriscano e rinforzino il processo d’apprendimento attraverso una
“costruzione cooperativa del sapere”. Il fine ultimo diventa, quindi,
l’interiorizzazione di una metodologia d’apprendimento che, progressivamente, il
soggetto autonomo nei propri processi conoscitivi acquisisce.
2.2.3.1 L’apprendimento collaborativo
Non è sufficiente che esista una comunicazione o un discutere, un dibattere tra
due o più soggetti, perché si possa parlare di apprendimento collaborativo. È una
modalità che si basa sulla dimensione del gruppo, ma nel senso più ampio del
termine. Gli studenti sanno di poter raggiungere i propri obiettivi di
apprendimento se e soltanto se anche gli altri raggiungeranno i propri. Si tratta di
operare insieme su determinati compiti in modo tale da favorire l’apprendimento
individuale tramite la collaborazione di tutti i partecipanti e “dell’opportunità di
imparare tramite l’espressione e l’esplorazione delle diverse idee ed esperienze
che sono patrimonio comune dei partecipanti”. (CERFAD 2002, p.p.58).
41
L’apprendimento collaborativo, termine coniato nel 1971 da Edwin Mason con la
pubblicazione del testo Collaborative learning, per sua natura, infatti, non si basa
su una competizione tra i membri del gruppo, bensì sull’utilizzo delle diverse
risorse disponibili nel gruppo al fine di ampliare e approfondire la comprensione e
le conoscenze individuali e di accrescere le competenze dei singoli. L’idea di
adottare strategie collaborative si basa sul desiderio di rafforzare e rivalutare la
componente sociale nel processo di apprendimento, creando le condizioni di una
crescita individuale stimolata dall’interazione con gli altri.
L’interazione, infatti, è un elemento indispensabile per la riuscita di questa
tipologia di apprendimento e può avvenire indifferentemente in una classe, in una
biblioteca oppure in un’area adibita allo studio. “La collaborazione è una
relazione dotata di uno scopo, alla cui base c’è il bisogno di risolvere un
problema, creare e scoprire qualcosa. Creare un ambiente per la collaborazione
è un’arte che richiede competenze che implicano anche un senso estetico, una
forte capacità intuitiva delle dinamiche profonde”. (Calvani, Rotta, 1999, p. 191).
Il successo spesso dipende soprattutto dai seguenti fattori:
competenza del gruppo; obiettivo condiviso e compreso; mutuo rispetto e fiducia; creazione e manipolazione di spazi condivisi; chiare linee di responsabilità prive di confini restrittivi.
42
È possibile, inoltre, riproporre in rete, se pur con le inevitabili limitazioni del
mezzo, alcune situazioni in presenza e giungere ugualmente alla creazione di vere
e proprie classi però virtuali. Alcune volte, infatti, quelli che potrebbero sembrare
svantaggi introdotti dal mezzo, di fatto si traducono in nuovi stimoli, nuove
possibilità. Così, per esempio, pensando alla partecipazione ad una conferenza
telematica basata sull’interazione in testo, questa potrebbe sembrare una
costrizione della comunicazione se confrontata all’interazione in presenza. Se,
però, si pensa al processo indotto dalla scrittura, basato cioè sulla formulazione
delle proprie idee, sul confronto con quelle degli altri, sul riscontro e le
valutazioni che provengono dagli interlocutori, ecco che il medium diventa un
ottimo strumento non solo per esercitare abilità di lettura e scrittura, ma anche per
stimolare la riflessione, la condivisione di conoscenze e abilità attraverso un
processo a forte connotazione sociale.
In un modello d’apprendimento collaborativo supportato dal computer sono,
generalmente, evidenziate queste caratteristiche:
eliminazione dei problemi di turno (discussione asincrona su computer);
facilitazioni che incoraggiano gli utenti a commentarsi l’un l’altro;
possibilità di ingresso per tutte le età e livelli di abilità. I più giovani
sollecitano i più esperti.
Occorre, però, sottolineare che l’uso della tecnologia non necessariamente porta
alla collaborazione e che non tutte le classi virtuali sono collaborative.
L’opportunità del suo utilizzo dipende dal contenuto, dagli studenti, dal tutor, in
una parola dal contesto. È, infine, importante precisare che mentre
l’apprendimento collaborativo ha una tradizione teorica ormai di qualche
decennio, che si è tradotto in procedure sperimentate e validate molte volte in
classe, l’apprendimento collaborativo supportato dal computer sta movendo ora i
primi passi. “Rimane, comunque, un ambito di studio e di ricerca di grande
interesse che si apre alla dimensione sociale dell’apprendimento, che per troppo
tempo è stata trascurata dalla ricerca sulle tecnologie didattiche” (CERFAD
2002, p.p.80).
43
2.2.3.2 Il costruttivismo e l’on-line education
Oggi il costruttivismo sta riscuotendo un notevole successo, in quanto la società
della conoscenza richiede sempre più che l’individuo sia protagonista
responsabile di una formazione continua lungo l’arco della sua vita. Poter dotare il
soggetto di una metodologia conoscitiva che sviluppa progressivamente
conoscenze metacognitive e pensiero critico, diviene oggi un’arma vincente per
combattere la sfida alla competitività.
Questo movimento, in particolare, a messo in evidenza l’importanza di tutte le
diverse forme di interazione per raggiungere specifiche finalità didattiche ed ha
evidenziato l’influenza che queste stesse interazioni hanno sui processi cognitivi,
sulle abilità metacognitive, sulla motivazione all’apprendimento, l’autostima e lo
sviluppo del senso sociale. In campo formativo, l’enfasi sul cooperative learning
e sulle communities of learning trovano ampio spazio nelle nuove tecnologie
educative. Internet è il luogo dedicato per eccellenza alla condivisione di
significati ed esperienze, nonché un’immensa banca dati dalla quale poter
acquisire un sapere complesso e ricco di prospettive diversificate. L’utilizzo di
newsgroup e di forum di discussione sono un esempio di come si può confrontare
il proprio punto di vista con gli altri.
La stessa strutturazione del Word Wide Web in forma ipertestuale facilita
un’erogazione dei contenuti con modalità corrispondenti ai propri bisogni
individuali. Così, se ad esempio, si conoscono già alcune tematiche, ma se ne
vogliono approfondire altre, è possibile utilizzare appositi link (collegamenti) che
possono motivare il soggetto privandolo di un’inutile ed improduttiva attesa.
Le tecnologie, inoltre, offrono la possibilità di rispettare ed enfatizzare
l’individualità del soggetto che apprende in uno spazio/tempo indipendente e
coinvolgente all’interno di una comunità d’apprendimento ricca di stimoli. In un
44
simile ambiente l’insegnante, come si analizzerà in seguito, diventa tutor del
processo d’apprendimento.8
Esistono, inoltre, alcuni fattori che caratterizzano le applicazioni “di successo”
della telematica nella cooperazione educativa; non si tratta di modelli ma di utili
indicazioni da seguire in fase progettuale. Eccone alcuni:
la chiara percezione dell’esistenza di una rete di individui prima ancora di
una rete telematica;
un gruppo di allievi che hanno un compito comune, ma non possono
lavorare fisicamente insieme;
un compito ben specificato che comporti una partecipazione attiva e
significativa dello studente;
la facilità d’accesso ad una rete telematica affidabile;
il senso di responsabilità verso il gruppo e verso il compito assunto;
il lavoro di gruppo fortemente strutturato;
la collaborazione attiva e visibile;
l’impegno reciproco fra discenti e docenti.
8 In Internet: http://www.fornt.unito.it/tutorb/Sintesi/costruttivismo
45
CAPITOLO 3
L’utilizzo di tecnologie glottodidattiche e strumenti multimediali nella didattica delle lingue
When we post and then tag pictures, we are teaching the machine. Each time we forge a link, we teach it an idea.
Michael Wesch (YouTube, video The Machine is Us/ing Us)
3.1 Il binomio scuola e didattica
Nei dibattiti riguardo l’insegnamento delle lingue straniere , anche in Italia, per un
certo periodo è stata piuttosto diffusa la “ sindrome del pendolo”. Con questa idea
si propone in sostanza il movimento del pendolo come metafora del costante
oscillare della didattica della lingua straniera da una dimensione di analisi a una di
uso, l’oscillazione non era dovuta all’alternarsi delle mode , ma era solo il
procedere, difficoltoso ma deciso, dall’approccio analitico verso quello
pragmatico, si è spostato il focus dalla lingua come sistema alla lingua come atto,
dall’oggetto da apprendere al soggetto che apprende.
Uno sguardo più da vicino alle teorie sulla natura della lingua e del suo
apprendimento nei vari metodi e approcci glottodidattici può aiutare a mettere le
basi per un discorso più ampio che investa non solo l’oggetto, ma anche i soggetti
dell’apprendimento linguistico: gli alunni e l’insegnante.
La concezione di tipo strutturalista e behaviorista, che tanta fortuna ha avuto nella
didattica delle lingue, vede l’apprendimento della lingua come in fatto
strettamente legato alla formazione di comportamenti e abitudini verbali: stimolo,
risposta, rinforzo è la sequenza tipica dell’apprendimento linguistico che nella
prassi della didattica quotidiana si traduce in batterie di esercizi meccanici (drill),
46
di dialoghi da ripetere e memorizzare, in cui la componente creativa viene
volutamente trascurata o tralasciata. E’ l’esplodere dei materiali d’insegnamento
molto basati su un ruolo giuda dell’insegnante o del modello fornito dal supporto
audio o dal laboratorio linguistico.
In questa nostra epoca multimediale tanti progetti si SUL WEB, SIA SU CDROM
sembra ritornare a questa impostazione. In realtà, in molti casi, si tratta di
limitazioni tecniche che portano a dover sviluppare attività basate su tipologie che
richiamano approcci metodologici riconducibili allo strutturalismo. Si auspica che
i miglioramenti della tecnologia e una più consapevole e qualificata
collaborazione tra informatici e autori esperti in didattica delle lingue porti
rapidamente a superare questa fase.
Questa novità ha storicamente permesso di avvicinare gli insegnanti alla
tecnologia, di iniziare un sodalizio che ha reso più facile ed efficace
l0’introduzione degli strumenti audiovisivi e in anni più recenti gli interventi di
alfabetizzazione informatica per gli insegnanti di lingua, sino quest’ultimi
avvenuti in situazioni di approfondimento formale o di autoapprendimento.
Nonostante siano alquanto diffuse le opinioni scettiche sull’ingresso dei nuovi
sussidi tecnologici nell’aula di LS, è stato ampiamente dimostrato da diversi studi
che in ambito glottodidattico si può creare un parallelismo tra gli studi sugli
approcci umanistici e le loro implicazioni, da un lato, e sulle tecnologie
glottodidattiche avanzare sull’altro.
L’uso del computer a scuola non è una innovazione di per sé, La tecnologia può
essere utilizzata in aula mettendo tuttavia in atto una didattica di tipo tradizionale,
Oggi, utilizzare i nuovi media per un apprendimento proficuo delle lingue
significa utilizzare Internet e i nuovi scenari del Web 2.0 (blogs, wikis, ecc.) che
rendono possibile una didattica collaborativa di stampo costruttivista. In questo
modo insegnare ad apprendere online significa riprodurre, anche se in un
ambiente virtuale, gli obbiettivi prefissati da un approccio metodologico di tipo
comunicativo.
47
3.2 Le glottotecnologie in un approccio costruttivista
Da ormai più di un decennio, negli studi della didattica delle lingue si parla di
approccio socio-culturale. Tale approccio, che in realtà costituisce un’integrazione
rispetto al pragmatismo dell’approccio comunicativo e allo psicologismo di quello
umanistico-affettivo, ha le sue basi teoriche soprattutto nelle teorie
sull’appremdimento di matrice costruttivista elaborate da Vygotskij e nella teoria
dell’attività di Leont’ev, sul carattere socialmente e culturalmente mediato e
strutturato dell’attività cognitiva.
L’approccio comunicativo e soprattutto i metodi umanistico - affettivi che
insistono sulla centralità del discente, sui suoi bisogni, e sulle sue motivazioni.,
l’accento sui materiali e le situazioni “autentiche”, l’importanza data dall’aspetto
della civiltà e della cultura, sembrano rispecchiare in molti punti l’approccio
“costruttivista”.
L’approccio socio-culturale dell’apprendimento della lingua straniera ha come
parola chiave quindi, la comunicazione e il dialogo, la cultura. Senza entrare in
una trattazione dettagliata del pensiero di Vygotskij possiamo dire che le sue
argomentazioni sull’apprendimento si basano su:
I. il significato è costruito socialmente: cioè gli altri influenzano la nostra
visione del mondo
II. per lo sviluppo cognitivo debbono essere usati degli strumenti (tools). Tra
questi strumenti abbiamo la cultura, il linguaggio, ma anche adulti ed esperti che
possono aiutare l’apprendente nel suo processo di apprendimento. Più questi
strumenti sono validi qualitativamente più l’apprendimento è efficace.
III. la definizione della Zona di Sviluppo Prossimale (Tella e Mononen-
Aaltonen, 1998). Per Vygotskij quindi l’apprendimento è un processo sociale ed è
attraverso il dialogo e la comunicazione che l’apprendente sviluppa (costruisce) la
propria visione del mondo e la propria conoscenza e in questo è “influenzato”
dalla cultura, dalle interazioni sociali.
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Strettamente legata al pensiero di Vygotskij , di fatto una sua espansione, è la
Teoria dell’Attività sviluppata da Leont’ev. Egli come Vygotskij, afferma che il
comportamento umano è il risultato dell’integrazione tra forme di mediazione
costruite socialmente e culturalmente e l’attività umana (Lantolf, 2000).
“L’ambiente (esterno) con le sue risorse (mezzi) non è semplicemente un
contenitore esterno ove si svolge il processo di problem solving, ma una
componente integrale della stessa attività intellettuale”. (Varisco, 2000, pag 112).
La glottodidattica italiana che si colloca nel solco tracciato da Titone, Freddi,
Porcelli, fino al recente Balboni (2002) ha parecchi punti di contatto con
l’approccio socio-culturale brevemente e sinteticamente descritto sopra. Non
potrebbe essere altrimenti per una didattica che si pone come intersezione di varie
scienze teoriche, che si dichiara umanistico affettiva, che pone al centro lo
studente, attenta agli stili e alle diverse intelligenze, che considera fondamentale
l’integrazione della cultura e della civiltà, che in definitiva, parla di educazione
linguistica. Tutto il corpo è coinvolto nell’esperienza linguistica ed è solo
l’esperienza totale quella che si radica nel soggetto, diventa patrimonio acquisito e
si traduce in abilità è competenze.
Le tecnologie multimediali emulano o amplificano le funzioni senso-motorie e
cognitive della mente, modificano l’ambiente circostante con l’attività pratica e le
modalità di apprendimento generali. Esse vengono definite, perciò,
psicotecnlogiche, tecnologie normalmente associate alla lingua che sono una
forma di estensione del pensiero, scaturite dalla possibilità di leggere ed
approcciare la materia in modo nuovo e diverso, di interagire con quanto viene
studiato. Il mondo esterno passa dalle pagine dello schermo, dove prendono vita
forme di coscienza, basate sul linguaggio, che sono una estensione della mente
umana, della memoria e dell’intelligenza. Il nuovo tipo di insegnamento, perciò, si
basa ormai su stimoli e creazioni che nascono dalla creatività individuale a
confronto con le altre.
Questi nuovi modelli di apprendimento hanno modificato l’ordine logico del
ragionamento, influenzato dalle tecnologie, perché il buon vecchio libro dava
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indicazioni di un percorso di apprendimento già segnato dall’autore, espresso
secondo una struttura i tipo lineare. Con i multimedia, invece, questo tipo di
struttura viene stravolto. L’utente può servirsi di media differenti, iniziare da un
mezzo, proseguire con un altro, incrociare gli elementi tra di loro, restando al
centro delle operazioni di uso, di cui è regista. Questo atteggiamento consente di
sviluppare senso critico e di operare scelte ragionate su quanto si va ad
apprendere.
Una delle principali caratteristiche della multimedialità è l’immersività, il fatto
cioè che tutto il corpo partecipa al processo di apprendimento grazie all’uso della
tecnologia. L’elemento naturale, caratteristico dell’interattività, crea una
dimensione di grande immersione nell’argomento trasmesso dai media che,
mediante proiezioni e processi di identificazione, porta ad un nuovo tipo di
affettività nell’apprendere, un coinvolgimento secondo modalità nuove.
Altro elemento caratterizzate della multimedialità, che ne rappresenta il lato più
accattivante ed ammaliante, è l’interattività, la possibilità di interagire con quanto
si va ad apprendere e scegliere il proprio personale percorso di apprendimento: chi
apprende può intervenire, grazie alla tecnologia, su quanto va ad imparare e può
operare scelte funzionali al tipo e al grado di apprendimento individuale in
maniera autonoma. Ancor più che di fisicità, la persona umana è fatta di affettività
(slanci e paure, motivazioni e demotivazioni) e l’abbassamento del cosiddetto
“filtro affettivo” (Krashen, 1987) è un prerequisito essenziale: in presenza di
barriere psicologiche, di ansie e di avversioni latenti, gli sforzi mnemonici e le
esercitazioni anche assidue hanno poco effetto.
Secondo un approccio comunicativo e soprattutto i metodi umanistico - affettivi
che investono sulla centralità del discente, le tecnologie dovrebbero essere
utilizzate per realizzare delle precise caratteristiche
dell’apprendimento/insegnamento significativo:
Attivo: gli apprendenti sono coinvolti dal processo di insegnamento nel
processare le informazioni e dove essi sono responsabili dei risultati.
Attraverso l’appartenenza a comunità di apprendistato, di gioco, di lavoro, gli
50
apprendisti sviluppano abilità e competenze che condividono con coloro con i
quali praticano tali abilità. In tali situazioni gli apprendenti manipolano gli
oggetti e gli strumenti riflettendo su quello che hanno fatto.
Costruttivo: gli apprendenti costruiscono nuove conoscenze e le integrano con
quelle che già possiedono. I modelli che costruiscono da semplici diventano
man mano più complessi.
Collaborativo: gli apprendenti lavorano naturalmente in comunità, aiutandosi
a vicenda e utilizzando le competenze e i contributi di tutti.
Internazionale: gli ambienti di apprendimento debbono aiutare l’apprendente a
raggiungere i propri obiettivi e soddisfare i propri bisogni.
Complesso: il mondo e la sua realtà sono complessi. Se gli apprendenti non
vengono abituati a risolvere problemi complessi e mal strutturati,
svilupperanno una visione troppo semplificata della realtà
Contestuale: dobbiamo insegnare e far sviluppare competenze da usare nella
vita reale, fornire contesti utili e vari.
Conversazionale: come sappiamo, l’insegnamento/apprendimento è un’attività
sociale e un processo dialogico, di scambio con gli altri.
Riflessivo: agli apprendenti dovrebbe essere richiesto di riflettere su quello
che stanno facendo, sulle decisioni che prendono, le strategie che usano e le
risposte che trovano. Solo così potranno usare le competenze che hanno
costruito. (Jonassen, ,1993, 1999; Varisco, 1995, 2002)
Gli usi più significativi e produttivi che la tecnologia può generare in chi apprende
sono:
la costruzione della conoscenza vs la sua riproduzione
la conversazione vs la ricezione
l’articolazione vs la ripetizione
la collaborazione vs la competizione
la riflessione vs la prescrizione.
51
3.3 Lo sviluppo delle tecnologie glottodidattiche
Quanti sono gli insegnanti di lingua abituati ad usare vari supporti, dal testo
stampato all’audio al video? Senza rifletterci molto, conosciamo bene le
caratteristiche di questi mezzi e come possiamo utilizzarli al meglio
nell’insegnamento/apprendimento della lingua straniera Per esempio, sappiamo
che il video fornisce input audio e video e che quindi fornisce all’allievo il
contesto situazionale, materiale autentico e la dimensione culturale. Sappiamo che
il testo scritto può essere molto più facile per i principianti rispetto a quello orale
perché “sta fermo”. Ma le tecnologie informatiche e telematiche permettono altre
possibilità che possono non essere del tutto ovvie. E’ ormai lontano il tempo in
cui il computer era solamente un “calcolatore”, è poi diventato anche un
manipolatore di parole, sebbene rudimentale. Con sempre maggiore potenza a
disposizione è diventato un supporto multimediale e un centro di comunicazione
che permette a chiunque di creare, modificare e distribuire documenti
multimediali ovunque; si può comunicare con la stessa facilità con modalità uno a
uno o uno a tanti con studenti sparsi in tutto il mondo; incentivare la loro
educazione con software multimediale, facendoli ad esempio collegare attraverso
una web camera e facendoli comunicare con un compagno. Pertanto solo una
concezione ingenua infatti vedrebbe le tecnologie come appendici neutre, statiche,
povere di significatività teorica e culturale. Calate nei diversi contesti socio
culturali, esse si coniugano ed amplificano determinati assunti teorici,
atteggiamenti, orientati dal pensiero e dalla cultura.
Le glottotecnologie oggi sono parte integrante, condizione necessaria, per
l’insegnamento delle lingue, ma anche delle culture straniere. Nelle scienze della
formazione si parla di sussidi didattici: dalla lavagna tradizionale a quella
multimediale (LIM), si tratta di strumenti che , come dice la parola “sussidio”,
sono di aiuto all’insegnante, ma se ne potrebbe fare a meno, pur rallentando
l’attività di apprendimento. In glottodidattica invece, le tecnologie sono qualcosa
di più di un semplice sussidio, sono catalizzatori, ossia consentono un’azione
didattica che non si può realizzare senza il supporto tecnologico. Nella didattica
delle lingue tutti gli approcci che si sono susseguiti dagli anni quaranta in poi
52
hanno previsto l’uso delle tecnologie a quel momento disponibili. Ad esempio,.
l’uso del laboratorio linguistico e del registratore audio, usato per ascoltare e
riascoltarsi in maniera autocritica, si identifica con gli approcci strutturalisti e i
metodi audio-orali, mentre l’uso del videoregistratore in cui “le dit et le vu”
(Roland Barthes) sono legati da un ancrage (l’immagine assume valore dopo che
la lingua ha isolato un significato tra tutti quelli possibili) oppure da un relais
(lingue e immagine interagiscono) con quelli comunicativi.
Oggi, i moderni mp3 e mpeg4 possono essere usati per due funzioni: a) riprodurre
materiali che vengono fuori dall’aula, tenendo presente che il video ha i valore
aggiunto rispetto all’audio perché offre la possibilità di cogliere la dimensione
culturale, oltre a quella linguistica; b) registrare con la videocamera quello che
fanno gli studenti per poterlo poi riprodurre in modo da sviluppare una certa
competenza meta cognitiva a livello linguistico ma anche socioculturale.
L’uso delle nuove tecnologie ci obbliga infatti a riconsiderare globalmente il
discorso sulle strategie, in due sensi fondamentali. In primo luogo, nel senso del
rapporto tra strategie cognitive, cioè di elaborazione delle informazioni, e dei suoi
prodotti. In secondo luogo, nel senso del significato stesso della meta cognizione,
nelle due accezioni fondamentali di questa parola: la conoscenza dei propri
processi di apprendimento, e il risvolto più operativo, cioè il controllo
consapevole e critico delle proprie operazioni mentali, che comprendono anche i
propri processi di interazione con le tecnologie.
3.4 Multimedialità e didattica delle lingue
Nel corso degli anni ’90 ci sono state due profonde innovazioni tecnologiche, il
computer multimediale ed internet che hanno rivoluzionato profondamente il
ruolo del computer rendendolo un alleato formidabile del docente di lingue
straniere. Nel campo della glottodidattica viene riconosciuto un ruolo di primo
piano, a favore dell’uso dei media, alla teoria delle immagini della memoria. Con
il termine immagine, image, ci si riferisce alla totalità di reazioni che si hanno di
53
fronte a una data parola o esperienza. Si tratta di un insieme complesso di
percezioni sensoriali di varia natura, una delle quali è quella visiva. Si creano
immagini di forma scritta ed orale delle parole. nonché degli oggetti fisici e delle
esperienze.
Questo significa che molte parole ed espressioni, specialmente in lingua straniera,
vengono memorizzate legandosi al luogo e al momento in cui sono state notate ed
apprese, vengono associate a persone, eventi o testi che hanno colpito la memoria
di chi apprende. La mente umana, quindi, opera su una base di immagini mentali
più o meno ricche è più o meno integrate; nell’apprendimento linguistico
l’associazione di immagini, suoni, emozioni collegate al momento
dell’apprendimento fondamentale per richiamare alla mente le strutture utilizzate
e le competenze acquisite.
Quanti apprendono una lingua straniera seguono mentalmente questo tipo di
schema, con ovvie differenze tra le tipologie di frammenti di cui ognuno si serve.
Differenti sono, infatti, gli stili di apprendimento. In questo contesto si inserisce
l’utilizzo della tecnologia a scopo didattico. Mediante il computer e i nuovi
strumenti multimediali si possono migliorare metodi di apprendimento e
personalizzare lo studio per memorizzare meglio dati e immagini. L’uso della
multimedialità ottimizza le potenzialità del cervello, consentendo un
apprendimento definito di tipo bimodale.
Alcuni studi neuro linguistici riguardanti la laterizzazione celebrale hanno rivelato
che i metodi glottodidattica tradizionali si riferiscono quasi esclusivamente alla
modalità sinistra del cervello, che governa il livello fonologico, quello
morfosintattico e le denotazioni; poca importanza è stata data alla modalità destra,
che presiede alla comprensione del contesto, del genere testuale, delle metafore e
delle immagini di ogni tipo, colte nella loro globalità.
Gli sviluppi più recenti delle tecnologie informatiche e della realtà virtuale
offrono la possibilità di utilizzare le facoltà intellettive e mnemoniche secondo
una bi modalità combinata, sfruttando, così, tutte le potenzialità offerte dal
cervello e che interessano la sfera intellettiva-cognitiva con riflessi
54
sull’apprendimento. In un mondo sempre più aperto e globale in cui si richiede
un’educazione interculturale, l’istituzione Scuola non può non tener conto delle
possibilità nuove offerte alla memoria e all’apprendimento dall’uso della
tecnologia, con il grande vantaggio di poter espandere le percezioni e potenziare
l’efficacia dell’apprendimento.
Il computer è ora un potente mezzo di comunicazione, uno strumento da usare per
trovare informazioni remote e distribuite si ogni argomento, per mandare e
ricevere messaggi, scritti e orali. In breve, la lingua straniera ed internet rendono
possibile la comunicazione reale in classe, concretizzando le simulazioni
comunicative in presenza dei role plays, del “facciamo finta che …”, scoprendo le
diverse sfaccettature delle civiltà e delle culture del resto del mondo.
Paradossalmente nella comunicazione on-line tutto è reale, anche se virtuale: la
diversa tipologia di canali di comunicazione (scrittura, grafica, suono, immagini
in movimento), la possibilità di integrazione delle abilità linguistiche in tutte le
possibili combinazioni (lettura e scrittura, ascolto e scrittura, ascolto e parlato,
ecc.), la possibilità di interagire con persone di tutto il mondo , la scelta di
percorsi di apprendimento individuali o di gruppo attraverso la partecipazione alle
nuove classi virtuali create dall’e-learning e dai CMS.
Lo studente è anche utente della macchina, può osservare e fruire nel mondo
multimediale, o addirittura operare nell’ipermediale delle scelte autonome, creare
il proprio percorso formativo, è capace e libero di scegliere e di navigare tra le
informazioni decidendo quali, quante di quale tipi, e secondo quale ritmo
consultarle. Sono queste le caratteristiche basilari dello scambio comunicativo,
che con difficoltà si riescono a riprodurre nelle continue simulazioni in aula
quando si insegna una lingua straniera, dove purtroppo, nonostante la buona
volontà, manca l’elemento essenziale: la motivazione vera alla comunicazione.
Un sistema multimediale, quindi , crea le condizioni migliori per l’apprendimento
della lingua, della civiltà e della cultura di cui essa è la voce, sia perché rende più
interessante la lezione, sia per i fattori oggettivi di potenziamento della memoria.
55
Un grande salto di qualità nelle strategie di apprendimento si è verificato dal
momento in cui si sono considerati i computer in un’ottica diversa. Per anni, in
passato, queste macchine sono state considerate banali calcolatori oppure semplici
passatempo tecnologici a fine ludico, che nulla avevano in comune con la
didattica e l’apprendimento.
La didattica tradizionale si fonda sulla cognizione per astrazione (libro); il
discente immagina nella propria mente quanto legge , secondo un percorso di
successione lineare stabilito dall’autore del libro. La didattica multimediale si
basa , invece, sulla cognizione per immersione, grazie ai new media che
coinvolgono interamente l’essere umano. Chi apprende con la tecnologia dei
computer legge sullo schermo, vede le immagini avvicendarsi, sente i suoni che le
accompagnano, sceglie materialmente, usando le mani e il corpo (con il mouse o
con lo schermo interattivo), una serie di percorsi di lettura differenziati che
individualizzano l’apprendimento. Questo apprendimento, quasi giocoso, di
performance richiesta a tutto il corpo per imparare, oltre ad innalzare
notevolmente il filtro affettivo del discente, predisponendolo alle novità culturali
in maniera positiva, rende assai più incisivo quanto proposto nei media e stimola
tutte le capacità mentali, a cui si è accennato in precedenza, che senza dubbio
favoriscono l’apprendimento.
Infine, il nuovo millennio ha portato il passaggio ad una nuova fase tecnologica
caratterizzata dai nuovi ambienti virtuali del web 2.0 che hanno radicalmente
mutato i ruoli degli attori coinvolti nella formazione. I docenti di lingue diventano
“facilitatori” e gli studenti diventano co-docenti, generatori di conoscenza
condivisa. La collaborazione si apre a tutti i componenti del processo formativo
dando nuovi spazi di azione ai discenti, a cui è consentito fornire contenuti ed
essere contemporaneamente fruitori e costruttori della propria conoscenza.
L’apprendimento delle lingue diventa una conoscenza/competenza mediata da
tecnologie web come blog, wiki, tag, folksonomy, bookmarking, social
networking. La formula classica dell’online learning di prima generazione non
funziona più con le nuove generazioni di studenti.
56
L’e-learning 1.0 (costruito rispettando le codifiche dei Learning Object) è carente
sul piano dell’interattività e della collaborazione, troppo rigidi i ruoli dei docenti,
studenti, tutor. Il docente deve migrare verso nuove modalità digitali di pensiero
per poter interagire proficuamente con le nuove generazioni. L’apprendimento
può trarre giovamento dalla condivisione e dalla rielaborazione “orizzontale” dei
contenuti tipica delle nuove frontiere del web 2.0. Il centro della formazione deve
essere il discente (student-centered learning) e non il formatore/docente o tutor,
anche se online. Blog , wiki, video blog, tag e feed RSS rappresentano i nuovi
libri, matite, penne, righelli, forbici e colla. Le nuove conoscenze, il nuovo sapere
viene posto in circolazione per essere a sua volta rielaborato da altri, in nuove
forme di interazione in rete.
Dalla comunità di apprendimento online si approda a gruppi orizzontali che
collaborano apertamente. E così Internet con tutti i suoi servizi e le sue
potenzialità offre per la prima volta nella storia della glottodidattica un ambiente
reale, anche se virtuale in cui è possibile rendere autentico il bisogno di
comunicare utilizzando una lingua diversa dalla propria.
3.5 Nuove forme, nuove figure, nuovi spazi
Il neofita tende a considerare l’insegnamento della lingua in termini riduttivi, di
considerarlo unicamente da un punto di vista meramente linguistico, ossia dal
punto di vista del prodotto da insegnare. Il quadro invece è molto più complesso.
Un modo per considerare la complessità della glottodidattica è di rivolgersi al
luogo dove l’insegnamento avviene ed identificare gli aspetti chiave. Il luogo per
eccellenza è l’aula in cui l’atto didattico rappresenta la struttura portante. Le
nuove forme di insegnamento e l’impiego delle tecnologie hanno avuto un
impatto sui ruoli degli attori dell’evento glottodidattica oltre chiaramente a
influire sul contesto in cui l’atto glottodidattico ha luogo.
Il ruolo dell’insegnante non risulta sminuito o addirittura svalutato come alcuni
prevedevano, ma al contrario investito e arricchito di nuove conoscenze. In un
57
contesto basato sulle nuove tecnologie il ruolo nuovo dell’insegnante assume tratti
ancora più complessi: le conoscenze tecniche che erano necessarie per l’utilizzo
del laboratorio o del videoregistratore vengono riciclate e approfondite per poter
utilizzare strumenti informatici. L’insegnante è chiamato a offrire consulenza in
questo campo agli apprendenti che la richiedono, ma soprattutto sui trova nella
necessità di ripensare il modo di gestire la classe; un esempio su tutti: la creazione
di luoghi di lavoro virtuali che possono portare alla costituzione di vere e proprie
comunità d’apprendimento sconvolge il rapporto insegnante-apprendente e mette
in discussione il modo di operare “tradizionale” da un punto di vista
professionale, ma anche psicologico e affettivo.
La scuola propone agli studenti e agli insegnanti di utilizzare le nuove tecnologie
glottodidattiche, l’uso di internet per promuovere l’eccellenza in ambito didattico
attraverso la condivisione delle risorse, l’innovazione e la comunicazione ma
affinché il supporto delle nuove tecnologie sia produttivo e non fuorviante come
spesso accade, gli insegnanti hanno la responsabilità di guidare gli studenti
nell’attività online, di stabilire obiettivi chiari nell’uso di Internet e di insegnare
un uso accettabile e responsabile. L’obiettivo principale resta quello di arricchire e
ampliare le attività didattiche, secondo quanto prevedono il curricolo scolastico,
l’età e la maturità degli studenti.
In una didattica centrata sullo studente, questi si avvarrà delle competenze
dell’insegnante; lo “userà” come tutor, guida, fonte di informazioni non reperibili
altrimenti; ma ciò non significa che l’insegnante venga escluso da processo. Egli
mantiene al contrario tutta la sua specificità e la sua essenziale importanza. Forse
parlare di approccio centrato sullo studente o sull’insegnante è una forzatura, in
quanto entrambi si trovano collocati al centro del processo quali soggetti primari e
le glottotecnologie aiutano a rendere più diretto e meno gerarchizzato questo tipo
di rapporto. In termini analitici, i suoi compiti primari sono quelli di aiutare lo
studente a sviluppare mozioni metalinguistiche e meta cognitive; consigliare e
preparare i materiali, dare suggerimenti sulle tecniche e sulla pianificazione del
lavoro; fornire supporto psicologico, tenendo viva la motivazione e aiutandolo a
superare momenti critici.
58
Grazie ai computer la tecnologia informatica e multimediale sta trasformando il
contesto del processo di apprendimento/insegnamento, non più, o almeno non solo
esclusivamente, gli strumenti tecnologici tradizionali, dal magnetofono al
videoregistratore nelle sedi istituzionali dell’apprendimento. Il laboratorio
linguistico audio-attivo-comparativo ritenuto, in certa misura a torto, espressione
tecnologica di approcci superati, sta lasciando il posto a laboratori o aule dotate di
computer multimediali con tutte le potenzialità che questa tecnologia integrata
possiede.
Le nuove tecnologie hanno addirittura superato i confini degli spazi chiusi; grazie
ad esse si può dire quasi superato quello che era forse l’handicap più grande: il
distacco tra lo studente e l’insegnante. I primi corsi a distanza infatti erano per
corrispondenza, ora anche per l’educazione a distanza si può parlare di
insegnamento in praesentia e non più in absentia.
Le tecnologie cambiano il modi di insegnare e quello di apprendere. Affinché
questa trasformazione porti ad un effettivo miglioramento è necessario che tutti i
soggetti coinvolti acquisiscano nuove competenze, a cominciare dall’insegnate.
La sua formazione perciò diventa fondamentale ed egli deve essere messo in
grado di gestire il cambiamento. Non serve l’ennesimo corso di alfabetizzazione
informatica, ma c’è la necessità di presentare idee ed esperienze didattiche
multimediali da realizzare concretamente per motivare l’acquisizione di expertise
nell’utilizzazione di hardware e software e la familiarità con i nuovi ambienti di
apprendimento virtuale online.
I tempi sono oramai maturi per considerare il programma di sviluppo dell’ ICT
come non concluso con la semplice distribuzione di computer ed aule
multimediali alle istituzioni scolastiche, ma da dover completare con progetti di
formazione sulla Media Education che coinvolgano attivamente tutto il personale
(docente e non) della scuola. La lotta contro l’evoluzione tecnologica è perdente
anche nel campo dell’insegnamento, per cui è necessario essere preparati a
sfruttare i potenti strumenti che essa ci mette a disposizione. Le competenze
tecniche richieste per far funzionare un computer sono ormai poche, e una volta
59
imparate ci si accorgerà che si possono fare molte cose molto meglio e più
velocemente di prima. Ma le tecnologie sono solo uno strumento, potente, che
viene messo a disposizione del docente e dello studente per facilitare il processo
di acquisizione, ma senza un’adeguata formazione metodologica questo sforzo è
destinato a fallire.
3.6 Strumenti per una didattica multimediale nella classe di lingua
straniera
La rete Internet è un mezzo di comunicazione piuttosto complesso, che integra
diversi strumenti, la cui natura e le cui finalità differiscono di molto tra loro9 ; in
vista di una sua utilizzazione nel campo dell’insegnamento linguistico se ne sono
individuati quattro, corrispondenti ad altrettanti ambienti di apprendimento: il
World Wide Web (WWW), la posta elettronica, l’Internet Relay Chat (IRC) e la
videoconferenza. Di ciascuno di essi si tenterà di fornire di seguito delle
indicazioni sul tipo di uso e di abilità linguistiche che è in grado di esercitare.
9 Per un tentativo di classificazione delle diverse funzioni di Internet, in rapporto alle modalità comunicative tradizionali, e in generale per ogni riferimento all’uso della rete negli studi sul linguaggio, si veda Spina S. (1997).
60
1. Il World Wide Web è senza dubbio l’ambiente più articolato, più utilizzato e
più ricco di prospettive; la figura x mostra come esso possa adattarsi praticamente
all’addestramento di tutte le abilità linguistiche.
Dal WWW è possibile leggere, scrivere, ascoltare e parlare; anche se l’esercizio
della lingua scritta è forse di più immediata e semplice effettuazione, non va
trascurata la possibilità di produrre e ascoltare a distanza brani di lingua parlata
(dai singoli suoni a parole, frasi, fino a interi spezzoni di parlato spontaneo), che il
progredire dei metodi di compressione dei dati e il consolidarsi delle tecnologie di
streaming non potranno che agevolare10.
Per quanto riguarda la lingua scritta, il web consente di proporre agli studenti una
gamma praticamente infinita di testi autentici di qualsiasi genere, che i docenti,
come si è visto in precedenza, possono reperire da altre fonti o all’interno della
rete stessa, con grande risparmio di tempo e di costi; essi possono essere
accompagnati da esercizi di tipo lessicale, grammaticale, testuale, secondo
metodologie già ampiamente consolidate nei mezzi di comunicazione tradizionali.
Uno strumento innovativo e inscindibilmente legato all’uso dell’informatica è
invece quello delle concordanze: la disponibilità in rete di corpora di riferimento
in diverse lingue si accompagna alla possibilità di indicizzare i dati lessicali di cui
si è in possesso e di presentarli appunto sotto forma di concordanze, in cui ogni
parola, in ordine alfabetico, è visualizzata insieme al suo contesto, cioè alle parole
che la precedono e la seguono. Lo studente può in tal modo, con la guida
dell’insegnante, entrare direttamente in contatto con elementi lessicali, strutture
grammaticali reali della lingua che si trova ad apprendere, scoprire da solo quali
sono le combinazioni più frequenti e dunque più usate11.
10 Per streaming si intende una tecnologia che mette in grado gli utenti di Internet di ascoltare o vedere un brano audio o video in tempo reale, senza doverlo prima scaricare dalla rete; per l’uso di questa tecnologia nel campo dell’insegnamento delle lingue straniere, si veda Godwin Lones B., Realtime audio and video playback on the web, in Language Learning & Technology, I, 1, July 1997, p. 58 (consultabile anche all’indirizzo http://polyglot.cal.msu.edu/llt/vol1num1/emerging.html ) 11 Si veda ad esempio le ottime pagine web del Dipartimento di Inglese dell’Università di Dundee, in Inghilterra (http://www.dundee.ac.uk/English/wics/wics.htm ), che offrono la consultazione in rete delle concordanze delle opere di una serie di poeti inglesi (Shelley, Coleridge, Keats, Blake, ecc.).
61
La rete ospita già numerosi tentativi di proporre materiali di questo tipo nel campo
della didattica delle lingue straniere; ai vantaggi della loro fruizione a distanza si
aggiungono quelli offerti dalla multimedialità: ogni testo può infatti essere
accompagnato da immagini, suoni, video, integrando altri tipi di abilità oltre a
quelle richieste dalla semplice lettura di un testo scritto12.
Anche la produzione scritta può essere esercitata, attraverso la creazione di pagine
web, in cui studenti di provenienze diverse possono depositare i loro testi. A ciò si
aggiunge il vantaggio non indifferente di costituire corpora di produzioni scritte di
apprendenti di lingue straniere, che, raggruppati ad esempio per livello di
competenza o per madrelingua dello studente, possono essere il punto di partenza
per analisi approfondite sulle tipologie di errori più frequenti, il lessico più o
meno utilizzato, il grado di apprendimento di determinate strutture.
Per quanto riguarda la lingua parlata, un settore meno consolidato nel campo della
trasmissione di informazioni in Internet ma sicuramente in grande espansione in
questi ultimi tempi, l’uso della rete riveste una importanza determinante
innanzitutto nel campo dello studio dei suoni: come testimoniano gli ormai
numerosi corsi di fonetica consultabili dal web13, la possibilità di riunire in un
unico mezzo i suoni e le loro trascrizioni fonetiche e ortografiche, insieme ad una
descrizione delle loro proprietà e delle loro regole combinatorie al’interno di un
sistema linguistico di riferimento, è senza dubbio di straordinaria efficacia nel
campo della didattica della fonetica di una lingua straniera.
La comprensione orale trova in Internet uno strumento dalle potenzialità ancora
tutte da sviluppare, ma che già da adesso è dato di intuire: la disponibilità di
12 Ricerche sperimentali nel campo del Computer Assisted Language Learning hanno già messo in evidenza la specificità della comprensione scritta in un ambiente di apprendimento multimediale; per quanto riguarda in particolare l’informazione visiva, essa agevola la comprensione del testo svolgendo tre differenti funzioni: a) selezionando le informazioni; b) organizzando le informazioni selezionate in una struttura coerente; c) integrando tale struttura nel modello mentale dell’apprendente. Si veda: Chun D. M., Research on text comprehension in multimedia environments, in «Language Learning & Technology», I, 1, July 1997, pp. 6081 (consultabile anche all’indirizzo http://polyglot.cal.msu.edu/llt/vol1num1/chun_plass/default.html ) 13 Si segnala a titolo di esempio, per la lingua inglese, il britannico Online Phonology Course (http://www.stir.ac.uk/epd/higdox/stephen/phono/phonolg.htm ), e l’americano Studying Phonetics on the net (http://weber.u.washington.edu/~dillon/PhonResources.html )
62
biblioteche di testi parlati da ascoltare a distanza e in qualunque momento
(giornali radio, interviste, documenti storici di archivio), unita a quella di brevi
conversazioni autentiche registrate e predisposte dall’insegnante con esercizi di
comprensione, di pronuncia e di grammatica, non ha precedenti nel campo della
didattica delle lingue straniere, nonostante i limiti nella velocità di trasmissione e
nella qualità del suono che ancora questa tecnologia impone. Ciascuno studente
può inoltre prelevare la sequenza sonora, trasferirla sul proprio computer e
ascoltarla a suo piacere, nonché riprodurla con la propria voce e inserirla in una
pagina web adibita al riascolto e alla correzione da parte dell’insegnante. I
progressi dei sistemi di trasmissione dei video permetteranno di aggiungere in
futuro la dimensione visiva in movimento, attualmente difficilmente utilizzabile in
sede didattica, a quella sonora e grafica, raggiungendo così una reale situazione di
globalità comunicativa nell’apprendimento delle lingue straniere.
2. La posta elettronica svolge in campo didattico un ruolo importante di supporto
e completamento dell’attività di apprendimento; essa costituisce infatti un mezzo
molto efficace di comunicazione interpersonale, e permette di collegare con un
filo diretto e ininterrotto docenti e studenti. La figura 4 mostra la sua rilevanza nel
campo dell’apprendimento linguistico soprattutto nel settore della valutazione: gli
esercizi, i test, le prove di vario tipo che il discente è chiamato a svolgere in altri
ambienti vengono inviati alla équipe di insegnanti attraverso la posta elettronica
per la correzione e la valutazione.
Figura 4
63
Questa attività, nel caso di test oggettivi, può essere svolta automaticamente (lo
studente compila il modulo delle risposte e lo invia al destinatario, che è un server
opportunamente programmato che verifica in modo automatico le risposte fornite
e le rimanda al mittente, sempre per email e sempre automaticamente).
Naturalmente, ogni aspetto che riguarda la correzione di test o esercizi può essere
discusso col docente, sempre attraverso la posta elettronica, stabilendo in tal modo
tra insegnante e studente un feedback costante e proficuo.
Un altro impiego di estrema utilità di questo ambiente di apprendimento è la
costituzione di un helpdesk grammaticale, una sorta di “sportello” a cui ogni
studente ha la possibilità di rivolgersi per risolvere dubbi, incertezze e per trovare
risposte alle sue domande di carattere linguistico; ogni questione sollevata
attraverso la posta elettronica, insieme alla relativa risposta dell’insegnante, è resa
pubblica e disponibile alla consultazione di chiunque altro si trovi a dover
risolvere lo stesso problema di apprendimento14.
Un esperimento interessante di uso didattico della posta elettronica è infine quello
della International EMail Network 15, una rete composta da studenti di
madrelingua diversa che, attraverso messaggi di email, si aiutano a vicenda in
tandem nel processo di apprendimento dell’altra lingua Un mezzo di
comunicazione fruibile attraverso la rete Internet, le cui funzionalità possono
avere interessanti sviluppi anche nel campo della didattica delle lingue straniere, è
la Chat (ad esempio il canale IRC); in esso, un gruppo di utenti (studenti e almeno
un docente), per mezzo di un programma apposito, sono collegati tra loro e
comunicano in tempo reale scambiandosi messaggi scritti. Questo tipo di
comunicazione avviene di norma tra persone che si suddividono in canali diversi a
seconda degli interessi e degli argomenti di conversazione; nulla vieta, con i
programmi di pubblico dominio già in circolazione, di creare un canale “italiano”
o “français”, gestito da docenti madrelingua, che raccolga gruppi omogenei, più o
meno numerosi, di studenti stranieri di quella lingua.
14 Un servizio di questo tipo, denominato Grammar Clinic, è messo a disposizione dalla Digital Education Network , all’indirizzo http://www.edunet.com/english/clinich.html 15 http://tandem.unitrier.de
64
Questa modalità didattica a distanza è stata finora trascurata rispetto ad altre,
come ad esempio la diffusione di testi autentici attraverso il web; un suo
approfondimento in sede teorica e una sua attenta verifica sperimentale sarebbero
tuttavia auspicabili per vagliarne la concreta efficacia nell’apprendimento delle
lingue straniere16, tenendo conto del fatto, molto importante a questo fine, che la
conversazione scritta in tempo reale costituisce, a differenza di altre risorse, un
valido strumento per esercitare la produzione scritta con scopi comunicativi reali.
Reale è infatti l’interazione tra studenti, che può essere del tipo uno a uno
(studente a studente), uno a molti (uno studente a tutti i partecipanti alla
discussione) e molti a molti (più studenti intervengono simultaneamente
rivolgendosi a tutti i partecipanti); reali sono il tema e le situazioni nel corso degli
scambi conversazionali. Questo tipo di interazione acquista una rilevanza ancora
maggiore se si considera il tipo di lingua che in essa viene utilizzata: pur
trattandosi di produzioni scritte, esse sono prive di una caratteristica tradizionale
di questa varietà di lingua, che è lo scarto temporale esistente tra un messaggio e
un altro. In IRC, lo scambio di battute avviene in tempo reale, come se si trattasse
di una conversazione parlata, di cui manca tuttavia la dimensione “faccia a
faccia”, con tutto quello che essa comporta (pronuncia, tratti prosodici, tono di
voce, espressioni del viso ecc.).
La lingua usata nella comunicazione telematica in tempo reale è dunque, come
diversi studi hanno sottolineato17, una varietà scritta che tende fortemente verso
quella parlata, di cui si sforza di mutuare i registri e assumere le coloriture. Le sue
caratteristiche fondamentali sono la essenzialità (nella scelta di strutture
16 Uno studio interessante sulla synchronous computermediated interaction è quello di Lourdes Ortega (Ortega L., Processes and outcomes in networked classroom interaction: definig the research agenda for L2 computer assisted classroom discussion, in Language Learning & Technology, I, 1, July 1997, pp. 8293, consultabile anche all’indirizzo http://polyglot.cal.msu.edu/llt/vol1num1/ortega/default.html ); in esso si sottolineano tre aspetti di questo tipo di interazione didattica, già verificati sul campo: un effetto parificatore sulla partecipazione alla discussione tra differenti tipologie di studenti; un incremento della partecipazione globale alla discussione, con un aumento della quantità di lingua prodotta; un tipo di lingua utilizzata che, pur non perdendo la natura interattiva della lingua orale, risulta più formale e articolata della discussione faccia a faccia. 17 Ad esempio in italiano, si veda Banaudi G., Besio S., Ott M. (1994). L'italiano telematico apre all'innovazione linguistica, in «Golem», 3, maggio-giugno, pp.26, e Maggi A. (1995). Ubi scripta volant , in Italiano &Oltre, 2, p.76-80.
65
sintattiche semplici, spesso ellittiche, e di un lessico stringato, colloquiale e di alta
frequenza), la concisione e il tentativo di rappresentare in forma scritta le
caratteristiche del parlato (ad esempio attraverso l’uso delle maiuscole per
indicare un tono di voce enfatico o l’impiego dei cosiddetti emoticons, le famose
“faccine” ottenute con i caratteri scritti che servono a comunicare le espressioni
del viso e gli stati d’animo dello scrivente). Data questa natura intermedia tra
scritto e parlato della lingua utilizzata, alcuni credono di vedere in IRC uno
strumento per esercitare la produzione scritta e al tempo stesso per stimolare
anche quella orale18; anche se quest’ultimo punto ha ancora bisogno di una
verifica sperimentale, resta tuttavia il fatto incontestabile che questo tipo di
interazione di rete rappresenta uno strumento prezioso per stimolare la produzione
scritta in una situazione comunicativa reale.
Per quanto riguarda la realizzazione concreta di attività di apprendimento
linguistico in IRC, lo stimolo iniziale è dato dal docente: egli fornisce un tema di
partenza, guida la discussione, ne determina il contesto. La sua interazione con gli
studenti somiglia per certi aspetti a quella del laboratorio linguistico tradizionale:
egli può infatti leggere le produzioni scritte di tutti gli studenti, ma anche entrare
in comunicazione con i singoli, per segnalare errori o correzioni particolari,
sempre continuando a tenere sotto controllo i messaggi di tutti gli altri. Alla fine
di ogni sessione, un file con l’intera discussione resta memorizzato in suo
possesso, per ulteriori verifiche o approfondimenti via email o per studi sul tipo o
la ricorrenza di determinati errori.
3) Uno strumento che è in grado di aprire strade nuove nella didattica a distanza
delle lingue straniere è costituito dalla videoconferenza; il suo sviluppo e la sua
utilizzazione concreta in questo campo dipendono però in modo determinante
dalla velocità in cui è possibile trasmettere i dati audio e video, che, allo stato
attuale delle cose, rende un suo uso sistematico nell’insegnamento linguistico
abbastanza problematico, a causa della lentezza di trasmissione e della qualità
delle immagini e soprattutto dei suoni. Pensando tuttavia un suo sviluppo a medio
18 si veda ad esempio Heimans S., The Internet & ESL: resources and roles , in «OnCALL. The Australian Journal of Computers and Language Education», http://www.cltr.uq.oz.au:8000/oncall/article.htm
66
e lungo termine, nel giro di pochi anni si può ipotizzare una sua concreta
applicazione nello sviluppo della comprensione e della produzione orale, con gli
enormi vantaggi di realizzare una interazione conversazionale a distanza potendo
vedere, oltre che sentire, i propri interlocutori.
Alcune considerazioni importanti si impongono a corollario della descrizione
delle opportunità didattiche che la tecnologia telematica offre a chi si occupa di
insegnamento linguistico; esse riguardano le risorse disponibili e i loro modi di
fruizione, i ruoli reciproci dello studente e dell’insegnante, il mutamento di natura
dell’evento didattico e i problemi che tutti i suoi protagonisti docenti, discenti,
tecnologia si trovano a dover risolvere.
In primo luogo, i diversi tipi di strumenti descritti fin qui, nella loro eterogeneità,
condividono tutti la stessa natura di risorse sfruttabili in Internet da studenti di
provenienza e livello differente per un autoapprendimento guidato a distanza di
una lingua straniera. I modi e i tempi di questo sfruttamento possono però variare
in un numero infinito di approcci, che sono tuttavia riconducibili a due grandi
filoni. Da un lato, lo svolgimento in rete di un curriculum di studi completo, in cui
l’attività didattica è scandita rigidamente da tappe precise e regolamentate (un test
iniziale di ingresso, una serie di moduli fissi di apprendimento sul tipo delle unità
didattiche, con delle verifiche parziali per autorizzare o meno il passaggio a
moduli superiori, un test finale con relativa certificazione).
Oltre a questo approccio, o meglio, insieme ad esso, ne esiste anche un altro,
meno rigidamente scandito ma più elastico e adattabile al singolo studente, che
tenga più conto del suo background linguistico e culturale, dei suoi tempi, delle
sue esigenze e delle sue capacità. Questa seconda modalità didattica è resa
possibile dalla natura degli strumenti telematici su cui essa si fonda, che tende,
pur nella estrema diversificazione delle risorse di cui dispone, ad una loro sempre
maggiore integrazione. WWW, posta elettronica, IRC, videoconferenza, testi
scritti, immagini, suoni, video: tutti gli strumenti di cui si è parlato sono integrati
gli uni con gli altri, il passaggio da uno all’altro non solo è possibile ma avviene
67
molto spesso in modo trasparente all’utente, che si serve ora di questo ora di
quello senza quasi rendersene conto19.
La rete Internet si configura dunque come un ambiente didattico unico, che integra
al suo interno una grande varietà di strumenti di apprendimento linguistico
differenti; lo studente che ne voglia trarre profitto è chiamato innanzitutto a
fornire ad una équipe di docenti una serie di dati relativi alla sua persona (età,
attività lavorativa, interessi) e al suo curriculum linguistico (studi effettuati, altre
lingue conosciute, motivazione allo studio della lingua in questione); una volta
effettuato a distanza un test di ingresso per verificarne le effettive competenze, gli
verrà fornito un itinerario di apprendimento, un ventaglio di opportunità didattiche
diverse, tra le quali potrà scegliere quelle a lui più congeniale, passando, sempre
con la guida dei docenti, da attività a scansione rigida ad altre dallo svolgimento
più libero e individuale.
Quanto detto fin qui mette in luce alcune altre innovazioni introdotte dalla
didattica telematica delle lingue, che riguardano i ruoli del docente e dello
studente; a un modello tradizionale, legato all’approccio didattico della classe, in
cui l’insegnante è un dispensatore di conoscenze, il discente un ricettore, spesso
passivo, di tali conoscenze e l’insegnamento un processo rigorosamente
eterodiretto, ne subentra uno nuovo, che in buona parte scardina e sovverte il
vecchio. In esso, l’insegnante non è più il centro dell’evento didattico, ma un tutor
, una guida, una sorta di facilitatore dell’attività di apprendimento dello studente,
di regista di contesti didattici; nel predisporre strumenti di consultazione
utilizzabili dai discenti nell’ambiente che più sopra abbiamo denominato
“biblioteca”, egli è anche un ricercatore di materiali autentici, un bibliotecario
telematico; nell’orientare le scelte degli studenti, fin dall’inizio del loro approccio
con la rete Internet, infine, egli è anche un consulente didattico. Tutte queste
diverse attività e questo è un altro grande mutamento rispetto alle modalità
19 Per portare solo un esempio concreto, un messaggio di posta elettronica spedito da un docente ad uno studente può contenere del testo scritto (la correzione di un elaborato), il rimando ad una pagina web con un riepilogo grammaticale, un file sonoro (la pronuncia corretta di una parola), una immagine (un compito da svolgere, sul tipo “descrivi la foto allegata”), il video di una conversazione autentica, l’informazione di una sessione di lingua su IRC, ecc.
68
tradizionali vedono i docenti operare non in modo isolato, ma in stretta
collaborazione tra loro, in un complesso lavoro di équipe che ha come obiettivo
primario quello di guidare l’autoapprendimento dello studente. Questi, dal canto
suo, lungi dall’essere il destinatario passivo di proposte didattiche dell’insegnante,
diventa in Internet una presenza attiva, che interagisce con la parte docente e con
gli strumenti stessi della didattica, che coopera per scegliere l’approccio più
adeguato alle proprie esigenze, e costruisce in collaborazione coi docenti il
proprio apprendimento.
Tale apprendimento, da eterodiretto che era nel modello tradizionale della classe,
diventa in ambiente telematico autodiretto, costruito via via dallo studente con la
guida dell’insegnante. Le risorse linguistiche disponibili in rete sono strumenti da
usare in modo modulare e da selezionare volta per volta a seconda delle esigenze
del singolo studente. La grammatica dovrebbe essere redatta sulla base dell’analisi
di un corpus di riferimento, da rendere anch’esso disponibile in rete, contenente le
frasi e gli enunciati effettivamente pronunciati dai parlanti di una data lingua.
Accanto a questi due strumenti di base, tutta una serie di moduli linguistici
aggiuntivi, secondo le indicazioni presentate sopra, completano questo modello di
rete didattica; da una qualsiasi delle sue parti (esercizi di comprensione, ascolto di
testi autentici, messaggi di posta elettronica tra docente e studente) è possibile in
qualunque momento richiamarne la base portante (una regola grammaticale, la
pronuncia di una parola o di un suono, il contesto linguistico di una espressione
visualizzato all’interno del corpus). In tal modo, l’apprendente ha sempre la
possibilità di avere a portata di mano un punto di riferimento (docente,
grammatica, enunciati effettivamente prodotti da parlanti nativi di quella lingua)
in cui verificare le sue produzioni linguistiche.
Una rete didattica così strutturata ha anche il vantaggio di essere costantemente
aggiornabile, sia nella sua grammatica che nei moduli aggiuntivi: un articolo di
giornale appena uscito può ad esempio essere preparato per il suo uso da parte di
studenti stranieri e immesso in rete, e collegato con la grammatica e altri materiali
analoghi.
69
Il modello di apprendimento linguistico in rete delineato fin qui è allo stato attuale
una ipotesi esclusivamente teorica: realizzazioni concrete reperibili in Internet
sono state indicate via via nel corso dell’esposizione, ma si tratta per lo più di
fenomeni parziali e in via ancora sperimentale. Non esiste ancora un server
dedicato all’insegnamento a distanza di una o più lingue straniere che abbia un
carattere di sistematicità e di completezza. Per rendere concreta una struttura di
questo genere occorrerà superare, oltre ai tempi tecnici necessari alla sua
progettazione, realizzazione, sperimentazione, revisione e varo definitivo, una
serie di ostacoli di natura diversa.
In primo luogo, le difficoltà legate alle tecnologie; la rapidità con cui quelle della
telematica si sono evolute in questi ultimi anni non significa che esse abbiano
risolto qualsiasi tipo di problema: quello centrale rimane la velocità di
trasmissione dei dati, che non è uguale per tutti e in ogni parte del mondo. I
collegamenti ad Internet sono a volte per l’utente privato talmente lenti da rendere
quasi impossibile qualsiasi forma di utilizzazione della rete per scopi didattici
sistematici; i costi per collegamenti a banda più veloce restano d’altronde in molte
parti del mondo troppo elevati per una utenza domestica.
Un altro scoglio da superare sono le nuove abilità e professionalità richieste da un
uso didattico della rete Internet: se ad uno studente è indispensabile una capacità
di uso minimo della telematica (navigazione ipertestuale, uso della posta
elettronica e di IRC), la parte docente, come abbiamo visto, necessita di una
formazione informatica e telematica molto più approfondita; creazione di pagine
web, gestione di suoni e immagini, realizzazione di video, attività di ricerca in rete
e di selezione di informazioni e materiali sfruttabili per l’apprendimento
linguistico (una sorta di information brokerage di tipo didattico). Tutte queste
abilità, seppure da realizzare in collaborazione con informatici ed esperti di reti,
rendono l’insegnante una figura molto diversa da quella tradizionale, e lo
obbligano in ogni caso ad acquisire competenze che non gli erano mai state
richieste prima d’ora.
70
In generale, comunque, il problema più difficile da affrontare è quello legato al
sovvertimento dei ruoli tradizionali che la didattica delle lingue in rete comporta e
al mutamento di atteggiamento psicologico che esso impone.
La classe virtuale di lingue porta con sé un cambiamento globale organizzazione,
anche pratica, della didattica: orari, programmi, turni di lavoro, tutto è da
ridefinire e da ripensare. La filosofia della rete, inoltre, è tutta basata sull’idea di
condivisione: di materiali didattici, di spunti, di idee, di strumenti di lavoro, di
medesime attività svolte nello stesso tempo in relazione a gruppi di studenti
diversi; tutto questo è molto distante dalla concezione tradizionale
dell’insegnamento, una attività in cui il docente è da solo con i propri studenti e
utilizza con loro le proprie conoscenze, le proprie idee, i propri metodi, la propria
esperienza individuale.
Queste difficoltà, di ordine tecnologico e sociopsicologico, potranno essere
superate e comunque aggirate o circoscritte a situazioni particolari: le potenzialità
che la rete Internet porta con sé per lo sviluppo di nuovi approcci e metodologie
innovative nella didattica delle lingue straniere sono numerose e stimolanti; la
fase in cui ci troviamo è quella in cui si tenta di comprendere a fondo queste
potenzialità e di sperimentarne sul campo le reali prospettive.
71
CAPITOLO 4
FaD e WEB 2.0: applicazioni e nuovi scenari nella didattica delle lingue straniere.
Learning is real only when shared.
(rielaborazione dal film “Into the wild”)
4.1 Il mercato globale della formazione universitaria
Gli scenari della formazione professionale, aziendale, formale ed informale,
stanno velocemente cambiando e il nuovo tipo di formazione, emerso dalla rete e
nella rete, smette di basarsi più un unico centro culturale erogatore di formazione
e comincia ad affidarsi a strutture pluricentriche, all’interno delle quali valori e
contenuti culturali e formativi vengono ripensati e ridistribuiti in più direzioni.
Nascono nuove organizzazioni, come agenzie ed organizzazioni internazionali,
alleanze e corporazioni di profitto che amministrano i corsi con agenzie formative
(SINFORM), centri no profit per la ricerca, la divulgazione e la documentazione
(ENFAP), organizzazioni professionali che autogestiscono la formazione, le reti
verticali di diffusione via satellite, le reti teleinformatiche orizzontali, le
megauniversità, i consorzi universitari (CONSORZIO NETTUNO) e i campus
virtuali. Il mondo della formazione, insomma, si sta trasformando in mercato
globale. Le Università, in particolare, stanno rispondendo in vario modo a questo
cambiamento. Da un lato, ad esempio, ci sono i “superstore della formazione”
(Calvani, Rotta, 2000. p.308), cioè le megauniversità che erogano corsi
standardizzati a livello globale attraverso una catena mondiale di media. Questo
modello che garantisce uniformità nell’erogazione ed alta qualità dei corsi a prezzi
molti competitivi, trova uno dei suoi più famosi esempi nella già citata British
72
Open University, alla quale hanno poi fatto seguito molte altre Università in tutto
il mondo, tra cui l’Athabasca University. Altre Università, invece, si rivolgono ad
un mercato che investe in alta qualità ed ottiene economie di scala vendendo in
più di una area, riferendosi, così ad una vasta utenza. Questa tipologia è il
cosiddetto modello a nicchia o speciality store e si differenzia dal precedente
perché offre solo un prodotto o un numero limitato di prodotti. Un esempio di
offerta a nicchia è quello dell’Università di Phoenix, che produce corsi per un
mercato esclusivo di 400 studenti lavoratori.
Un ulteriore modello, facile da adottare anche per le piccole Università, è quello
che offre servizi personalizzati ad un mercato relativamente ristretto di utenti e di
area geografica. I suoi corsi sono molto costosi, ma attenti ai bisogni del singolo.
Diverse Università italiane adottano questo tipo di strategia con corsi intensivi per
numero limitato di studenti. Ne sono esempio i master e i corsi di
perfezionamento20 , che garantiscono un’ottima formazione, con strategie mirate
ma con un costo piuttosto importante.
La difficoltà nel gestire tutti gli aspetti della formazione a distanza e on-line ha
portato molte Università e agenzie sia pubbliche che private ad optare per un
modello collaborativo. Una delle strategie che sta riscuotendo maggior successo
nel mondo, infatti, è quella dei consorzi o cooperative education, cioè alleanze
cooperative tra più enti in cui le risorse sono organizzate sotto una rappresentanza
dei diversi enti. Ogni membro del consorzio produce uno opiù corsi fruendo a sua
volta dei corsi di questi ultimi. Alcuni esempi sono il National University
Teleconference Network (NUTN) che con oltre 250 college offre una varietà di
programmi via satellite e il National Techological University (NTU) che è un
consorzio di 40 Università di Ingegneria che eroga corsi a più di 1000 studenti.
Altre Università, infine, non avendo né le strutture né le risorse per effettuare
strategie di formazione a distanza, si affidano a consulenti. Specialisti nel settore,
per venire incontro alle richieste del mercato. In un progetto nazionale in Brasile,
ad esempio, il Ministero della Formazione ha creato un team di esperti dei
contenuti provenienti da Università di tutto il mondo per gestire la domanda di 20 Si veda il caso di studio 2 in appendice a questa tesi
73
formazione a distanza. Avendo come scopo quello di non creare una Istituzione
stabile dedicata alla formazione a distanza, ma di attingere alle varie risorse,
umane, finanziarie, strutturali in base alle esigenze, è stato stipulato un contratto
con una rete televisiva e sono stati organizzati dei centri-studio in varie scuole,
affidando ad un solo college la funzione di valutazione e di monitoraggio.
4.2 La formazione a distanza nel panorama universitario italiano
A fronte di un ricco panorama internazionale di studi ed applicazioni che hanno
costituito l’istruzione a distanza come sistema formativo originale con strutture
didattiche ed organizzative autonome, soprattutto nella formazione superiore,
universitaria e professionale, ha risposto l’Italia, seppur con un certo ritardo,
dovuto, in parte, alle strutture tecnologiche.
La prima Università italiana ad istituire una didattica universitaria a distanza è
stata quella di Trieste nel 1996, con il metodo della videoconferenza. In assenza di
un organismo che orienti e stimoli la diffusione di un modello di università a
distanza, i soggetti attivi risultano essere le singole Università e talvolta i singola
dipartimenti, i consorzi universitari per la teledidattica, i soggetti parauniversitari
di carattere privato. A livello parauniversitario, ad esempio, sono nate istituzioni
private, come l’Associazione Culturale per lo Studio del Diritto di Pordenone, il
CEPU, il Learning on-line, che supportano gli studenti nelle attività universitarie
collaterali e preparatorie, sia amministrative che burocratiche, sia nella
preparazione agli esami, impiegando tecnologie diffusive (corsi in TV) ed
interattive (materiali on-line, posta elettronica). Pur non essendo dei veri e propri
operatori della formazione, riescono a soddisfare tutte quelle esigenze trascurate
dalle istituzioni.
Le istituzioni universitarie italiane, comunque, negli ultimi anni si sono sempre
più interessate alla formazione a distanza e in rete creando esperienze e corsi di
formazione a vario livello: dai livelli di formazione degli insegnanti in servizio
con corsi di aggiornamento e di perfezionamento, (attivi in molte città, da Milano
74
a Trieste, da Ferrara a Padova, da Firenze a Roma), alla gestione e formazione di
profili professionali nuovi (Milano), fino all’erogazione di diplomi universitari a
distanza (Padova, Macerata). L’Università La Sapienza di Roma nel 1986-87 ha
attivato un corso di perfezionamento a distanza in “Metodi della valutazione
scolastica”, rivolto prevalentemente ad insegnanti, che seppur molto acerbo
nell’uso delle nuove potenzialità offerte da Internet (si limitava all’uso sporadico
della posta elettronica) ha rappresentato un’esperienza pionieristica della
metodologia di controllo automatico dell’apprendimento e di sostegno
individualizzato all’autoistruzione21.
All’Università di Firenze, presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione, è
stato attivato un corso di perfezionamento on-line dal titolo “Teorie e strategie per
la didattica scolastica” rivolto ad insegnanti, formatori, operatori e quanti
provassero interesse per la formazione a distanza, attraverso una modalità on-line
che ha impegnato gli utenti in lavori cooperativi con l’accompagnamento e la
guida di un tutor telematico22.
L’Università di Milano, con il progetto 2001 ha avuto l’esigenza di aprire poli
decentrati in varie sedi di Milano e della Regione Lombardia. L’obiettivo è stato
quello di creare una “Università elettronica”, in cui la possibilità di comunicare
via cavo e via etere permetta la creazione di un ambiente ricco di stimoli, in cui gli
attori del processo di apprendimento/insegnamento (studenti, tutor, formatori,
autori…) possano scambiare idee attraverso opportuni supporti tecnologici23.
A Torino è nato un progetto interuniversitario chiamato FAR, Formazione Aperta
in Rete, per tutti i livelli di istruzione. Il centro si occupa di contribuire a
parificare le opportunità educative, di ampliare l’offerta educativa delle Facoltà
universitarie, di accrescere in generale la flessibilità dei processi formativi, di
rendere l’uso della rete un elemento quotidiano nelle lezioni in aula, di addestrare
docenti e studenti all’uso sistematico della rete, di sviluppare a livello locale,
nazionale e internazionale, i rapporti tra gruppi di studenti e di docenti
21 In Internet: http://www.uniroma1.it/ 22 In Internet: http://www.unifi.it, ma anche il caso di studio 1 di questa ricerca; 23 In Internet: http://www.unimi.it/
75
appartenenti a diverse istituzioni formative ed anche a diversi Paesi. Uno degli
obiettivi raggiunti dal progetto FAR è stata la nascita di un nuovo indirizzo del
corso di laurea in Scienze dell’Educazione in “Esperto di formazione a
distanza”.24 All’Università di Padova25, infine, sono attivi da qualche anno i corsi
di perfezionamento a distanza in “Comunicazione educativa e didattica” e
“Multimedialità e didattica” che erogano la loro offerta formativa in forma mista,
con spedizione di materiale multimediale e con supporti di vario tipo in linea.
Queste non sono che alcune delle esperienze e delle attività nell’ambito della
formazione a distanza che si sono realizzate in Italia. Più o meno e a vario titolo
tutti gli atenei, le facoltà e i dipartimenti si stanno, infatti, muovendo in questo
senso e molteplici sono i progetti a carattere nazionale ed internazionale che si
occupano della formazione on-line.
4.3 Dal web 2.0 all’e-learning 2.0 alla glottodidattica
Le applicazioni e gli strumenti del web 2.0 sono al servizio di chiunque: ognuno
può sfruttarli e trarne vantaggio disponendo semplicemente di un pc e
dell’accesso alla rete. Questi strumenti con le possibilità che offrono e i vantaggi
che presentano sono una risorsa eccezionale e unica per docenti e studenti; già con
la prima generazione del web, infatti, si era assistito allo sviluppo dell’e-learning,
ovvero a varie sperimentazioni e progetti di formazione e apprendimento
ambientati e realizzati in rete. Molti avevano riconosciuto i punti di forza e i punti
critici dell’implementazione dell’e-learning di prima generazione ma l’evoluzione
verso il web 2.0 sta portando ad una nuova prospettiva anche nell’ambito
dell’apprendimento e si sta costituendo l’e-learning 2.0 che trasferisce le
caratteristiche del web di seconda generazione nei processi formativi e
apprenditivi e ne sfrutta i vantaggi e le risorse.
24 In Internet: http://www.ha19000.cisi.unito.it/wf/DIPARTIMENS/Scienze_de/FAR/index.htm 25 In Intenet: http://www.unipd.it/
76
Gli studi di glottodidattica e le più recenti sperimentazioni dimostrano come le
tendenze attuali nell’apprendimento delle lingue26 diano rilievo all’importanza di
dare un ruolo attivo e centrale al discente, che non e’ più visto come un recipiente
in cui inserire contenuti in una logica di trasmissione delle conoscenze ma che
appunto assume un ruolo di primo piano all’interno del processo formativo,
collaborando con il docente e con i propri pari alla costruzione della conoscenza e
negoziando i significati all’interno di una pratica dialogica (Vygotskij 1980).
L’evoluzione del web precedentemente esposta sembra ricalcare questa
evoluzione della didattica: la rete non si fonda piú sull’idea di trasmissione di
materiale agli utenti, sono invece gli stessi utenti a vivere la rete e a costruirla;
essi sono al centro della rete che si impernia sul loro agire. Questa nuova
prospettiva del web, che abbiamo legato in maniera stretta alla realtà
glottodidattica, viene presentata nel 2005 da Sharples, ricercatore inglese, che ha
analizzato “il rapporto dialettico apprendimento/tecnologie […] osservato e
rappresentato come coincidenza e convergenza dei nuovi paradigmi” (Sorrentino,
Paganelli 2006. p. 83). I nuovi paradigmi a cui Sharples fa riferimento e che
vengono a convergere sia nelle nuove tendenze nell’ambito dell’apprendimento
sia nelle tecnologie sono, oltre alla centralità dell’apprendente/utente, l’accento
sulla collaborazione, la mobilità e l’idea di continuità in un’ottica lifelong
(Balboni 2002).
Nell’insegnamento e apprendimento linguistico, quindi, i vari aspetti caratteristici
dell’e-learning 2.0 risultano significativi e di alto valore. In particolare, la nuova
prospettiva nell’apprendimento elettronico sembra poter rispondere e poter dare
opportunità di attuazione prima sconosciute ai principi dell’approccio
costruttivista in glottodidattica. In sintesi, il costruttivismo si fonda su alcuni
elementi fondamentali quali:
l’accento posto sulla natura dialogica dell’apprendimento e della
costruzione del sapere;
l’importanza data all’aspetto comunicativo;
26 Il nostro riferimento qui è principalmente all’approccio umanistico-affettivo (Balboni 2002) e al costruttivismo (Varisco 2002)
77
il ruolo centrale e attivo del discente;
lo sviluppo di un processo di apprendimento autentico;
il coinvolgimento in attività didattiche autentiche e rilevanti;
lo sviluppo di autonomia e consapevolezza del discente sul proprio
processo apprenditivo;
la collaborazione, cooperazione, interazione, partecipazione da parte dei
discenti.
Sono dunque evidenti i punti di contatto tra gli obiettivi della glottodidattica
costruttivista da un lato e l’idea di base del web di seconda generazione e degli
strumenti in cui esso si realizza. Nel dettaglio i punti di contatto tra l’e-learning
2.0 e la glottodidattica di matrice costruttivista sono rintracciabili nella natura
partecipativa, nella condivisione, nella collaborazione, nell’ipertestualità e
personalizzazione dei percorsi ed infine nell’essenza sociale.
La partecipazione attiva dell’utente e il suo coinvolgimento della creazione e
nell’implementazione dell’ambiente/strumento è una delle caratteristiche piú
importanti del web 2.0. Esso, infatti, si fonda sul ruolo e sulla presenza attiva delle
persone, sul loro agire effettivo non piú solamente come fruitori, ma soprattutto in
qualità di autori e co-costruttori dei contenuti delle pagine. Ogni utente ha
l’accesso piú o meno aperto agli ambienti e ha l’accesso alle diverse applicazioni
per operare sulle pagine esistenti o per contribuire all’arricchimento dell’ambiente
con l’aggiunta di nuove pagine, portando e condividendo le proprie conoscenze e
le proprie risorse. Questa natura partecipativa e il ruolo attivo favorito dagli
strumenti 2.0 sono alla base, come abbiamo introdotto sopra, dell’approccio
costruttivista in glottodidattica che prevede appunto il coinvolgimento e la
partecipazione attiva del discente al processo di apprendimento, attraverso attività
autentiche basate sull’interazione e la comunicazione che favoriscano la
costruzione dei significati e della conoscenza condivisi.
Prossimità tra e-learning 2.0 e glottodidattica la ritroviamo nella condivisione: il
web si sta affermando come fondamentale ambiente per le comunità di pratica che
nascono allo scopo di favorire la condivisione dei saperi tra gli esperti in un
78
settore i quali mettono in comune il proprio sapere secondo il principio gestaltico
per cui l'insieme è più della somma delle sue parti e quindi c’è più conoscenza
laddove questa è condivisa e socializzata. L’idea di base è quella di una
condivisione da parte di tutti gli utenti delle proprie conoscenze che vengono
messe a disposizione degli altri per essere poi implementate e arricchite dal
gruppo. Il web di seconda generazione con i suoi ambienti e le sue applicazioni
permette di realizzare nella maniera ideale tali principi di condivisione e
socializzazione. Pensando alla nostra classe di lingua vista, in un certo senso,
come comunità di apprendimento e di pratica ecco che gli ambienti del web 2.0
risultano essere fondamentali ai fini del nostro processo didattico.
La collaborazione è un elemento fondamentale caratterizzante la prospettiva del
web 2.0. Secondo la descrizione proposta in apertura, è sulla collaborazione che si
fonda e sviluppa il web di seconda generazione, ovvero sul ruolo attivo e
sull’apporto di tutti gli utenti che non agiscono in isolamento rispetto agli altri ma
in sinergia e in sintonia con gli altri e per gli altri attivando dinamiche interattive.
E’ grazie al contributo di tutti che la rete ha vita e si genera. La collaborazione
dell’utente e fra gli utenti si lega ai concetti di condivisione, partecipazione e
socializzazione/socialità che descriviamo più avanti.
La modalità di stesura dei contenuti per gli ambienti 2.0 prevede che questi siano
completamente ipertestuali e che, quindi, in fase di fruizione e navigazione nelle
pagine da parte degli utenti ci sia la possibilità di seguire percorsi non lineari, nei
quali non c’è standardizzazione ma opportunità di personalizzazione e scelta
individuale a seconda dei propri interessi e delle proprie esigenze. La conoscenza
e i saperi che vengono inseriti dai fruitori sono strutturati in modo reticolare,
riprendendo l’essenza basilare della rete; attraverso i link a partire dalle parole-
chiave si possono attivare percorsi di lettura e ricerca sempre diversi in un’ottica
di autonomia e personalizzazione.
Partecipazione, condivisione, collaborazione sono strettamente legati ad un
insieme di concetti basilari per il web 2.0 e strettamente connessi alla natura
sociale dei suoi ambienti. Questo insieme di concetti è rappresentato da socialità,
79
sociabilità e socializzazione. Nella definizione di socialità l’essenza del concetto
viene focalizzata sulla tendenza dell’uomo a vivere in società ma si fa anche
riferimento all’insieme dei rapporti che regolano la vita di chi appartiene ad una
particolare società27. L’uomo tende a vivere in società e ha come comportamento
caratteristico l’aggregazione e la relazione con gli altri. Sociabilità viene
individuata in alcuni casi e in alcuni ambiti come sinonimo di socialità;
l’accezione che vogliamo sottolineare qui però è diversa e si impernia, in
particolare, sul suffisso ‘abilità’ come indicatore di capacità/possibilità di fare
qualcosa, e quindi, in questo caso, possibilità di realizzare il desiderio di socialità:
l’uomo è un essere votato e portato alla socialità, alla base dell’apprendimento
linguistico troviamo l’obiettivo di entrare in comunicazione e in relazione con il
mondo e con le persone e gli ambienti on line di nuova generazione offrono
proprio la possibilità e richiedono al soggetto di realizzare tale tendenza
fondandosi sul rapporto, sulla relazione e costante interazione con gli altri
‘abitanti’ della rete e quindi con gli altri partecipanti al processo di
apprendimento. Socializzazione si riferisce all’entrare in contatto con gli altri,
all’inserirsi nelle dinamiche di un gruppo e nella realtà di un determinato ambito o
di una società. In questo contesto specifico vogliamo concentrarci sia sull’alto
grado di socializzazione favorito e sviluppato nella fruizione delle applicazioni
online sia sull’oggetto del socializzare che viene attivato nello specifico dell’e-
learning online. Il soggetto coinvolto in un processo apprenditivo all’interno di un
ambiente virtuale di nuova generazione e con gli strumenti offerti dalle nuove
tecnologie innanzitutto socializza se stesso come individuo/persona, mettendosi in
relazione con gli altri apprendenti. Nel socializzare se stesso, però, mette in campo
diversi elementi; il soggetto socializza le proprie conoscenze e i propri saperi,
socializza il proprio essere apprendente ma anche i suoi punti deboli, i problemi e
le debolezze.
27 La definizione proposta è stata tratta e poi riadattata dal Dizionario Italiano Online, http://www.dizionarioitaliano.it
80
4.4 La didattica multimediale web 2.0
L’ambiente multimediale e le possibilità offerte dalle nuove tecnologie, stanno
consentendo una più efficace pratica didattica a docenti e studenti di tutto il
mondo. Dopo le piattaforme Moodle, ecco un’ulteriore passo avanti nella ricerca
di mezzi di trasmissione del sapere: Second Life , i Social Network, gli e-book e
gli strumenti del 2.0.
All’origine fu il World Wide Web statico, ovvero il web 1.0, concepito per
visualizzare documenti ipertestuali fissi creati con il linguaggio HTML.
L’evoluzione di internet ha, in seguito, condotto ad un web più dinamico
all’interno del quale ci si poteva imbattere in forum e blog e dal web 1.0 si passò a
quello che alcuni definirono il web 1.5. Il seguente fu il passo decisivo con la
creazione del 2.0 che si discostava dal primo essenzialmente per il suo carattere
collaborativo, dinamico e che permetteva non solo una consultazione passiva dei
documenti incontrati in internet, ma anche di poter dare un contributo personale
per la crescita del web. In questo paragrafo prenderemo in esame alcuni strumenti
del web 2.0 e, attraverso un’analisi delle loro caratteristiche, si mostreranno dei
possibili utilizzi nella didattica delle lingue straniere, per lo sviluppo delle attività
produttive. L’utilizzo contemporaneo di tutti questi strumenti garantisce una
didattica multimediale a tutto tondo senza tralasciare alcun aspetto
dell’insegnamento. La produzione scritta può, così, essere sviluppata usando
Google Docs, mentre per l’ascolto, il parlato e le abilità integrate si può puntare
sulle videoconferenze di Skype, per la conversazione come scambio anche sociale
Second Life e i Social Network e per le attività grammaticali, infine, le lavagne
bianche.
Google Docs
Google Docs è una piattaforma gratuita fornita da Google a tutti gli utenti
registrati in Gmail. Attraverso Google Docs è possibile condividere
simultaneamente con altri utenti dei documenti Word, Excel e presentazioni
81
Power Point. Nella pratica didattica l’utilizzo di tale strumento può essere molto
utile poiché un insegnante è in grado di mostrare ai suoi studenti (anche a più di
uno contemporaneamente) un testo, ma non solo. Lo studente può
contestualmente leggere le modifiche, le correzioni e le sottolineature che il
docente appone al documento. Il testo, così, può divenire collaborativo ed essere
modificato simultaneamente da tutti gli utenti coinvolti. Nella pratica tutto questo
si traduce nella possibilità di chiedere ad uno studente, lontano fisicamente da
noi, di scrivere un tema o di risolvere un esercizio grammaticale e leggere,
correggere o sottolineare punti deboli e punti di forza di ciò che lui scrive il tutto
istantaneamente.
Skype
Un altro eccellente strumento del 2.0 è Skype che consente numerose attività:
1. La chat, attraverso la quale gli studenti possono sviluppare le capacità di letto-
scrittura estemporanea;
2. La chiamata vocale tra due o più persone, attraverso la quale si può sviluppare
la competenza ricettiva e produttiva;
3. Attraverso la chiamata e la videochiamata, inoltre, il docente può, in
conferenza, tenere una lezione utilizzando contemporaneamente altri supporti
offerti dalla Skype, come ad esempio il Talk and Write. Quest’ultimo è un
programma che riproduce sul nostro pc una lavagna bianca che gli utenti
condividono e sulla quale possono scrivere esattamente come farebbero in un’aula
universitaria o di scuola. Su tali lavagne si ha la possibilità di collaborare ad un
testo dove tutti possono cancellare, sottolineare, evidenziare, riscrivere parti del
documento, anche in questo caso, istantaneamente. Tutto questo è molto utile per
evitare “perdite di tempo” dovute alla spedizione tramite mail di file Word da far
correggere. Così facendo dopo aver inviato il documento, lo studente attende la
correzione che, una volta ricevuta, necessita di spiegazioni. Il discente invia così
82
un’altra mail con la richiesta di delucidazioni aspettando nuovamente una
risposta. La lavagna digitale, esattamente come Google Docs, dà la possibilità di
fare tutto questo come se docente e studente fossero nella stessa stanza e con
tempi molto ridotti. La differenza tra Google Docs e la lavagna bianca sta nella
maggiore dinamicità di quest’ultima. Se, infatti, in Google Docs si è limitati negli
spostamenti sul “foglio” poiché si scrive su un documento formato Word che è in
alcuni casi molto statico, sulla lavagna si può scrivere dove si vuole, inserire e
spostare immagini come meglio si crede, riordinare liste di parole inserite alla
rinfusa o spostare pezzi di frase durante un’attività di matching creata al
momento. Con questi strumenti, in sostanza, si simula un’interazione fianco a
fianco circa un dato documento.
Il blog
Il blog è uno degli strumenti dell’era del web di seconda generazione e, secondo
le statistiche che vengono fornite, sembra essere uno dei più diffusi, basti pensare
che un anno fa si registrava la nascita di circa 120.000 nuovi blog al giorno28. Il
termine blog è il frutto della fusione delle due parole web e log e, proprio a partire
dalla traduzione letterale di queste due parole, rispettivamente diario/traccia (log)
e rete (Web), si può descrivere come una sorta di “diario in rete”. Dal punto di
vista strutturale, un blog e’ un ambiente virtuale che si presenta come un qualsiasi
sito web. In questo sito web vengono pubblicati, in ordine cronologico inverso, gli
articoli, chiamati post, scritti dagli autori/gestori del blog stesso, suddivisi
generalmente secondo una gerarchia mensile e/o per tematica trattata, articoli che
possono poi essere commentati da chiunque vi abbia accesso. Ogni utente della
rete ha la possibilità di creare gratuitamente un blog e di esserne il gestore e autore
pur non possedendo particolari competenze e conoscenze informatiche avanzate.
Infatti, come introdotto nel paragrafo precedente, questi nuovi ambienti del web di
seconda generazione sono strutturati attraverso un’interfaccia accessibile che
28 Dati diffusi da Technorati e reperibili in diverse fonti, in questo caso da http://basic.html.it/articoli/leggi/2546/lo-strano-mondo-dei-blog
83
consente all’utente/autore una pubblicazione facile e immediata dei contenuti:
scrivere nel blog avviene all’interno di maschere predisposte, scegliendo il
modello di pagina che si preferisce utilizzare e selezionando il tema grafico tra
quelli messi a disposizione superando le limitazioni e le difficoltà legate ai
linguaggi di programmazione per la stesura dei contenuti e ai passaggi per la
strutturazione grafica e l’inserimento di documenti multimediali.
Lo scrivere su un blog rende la scrittura per gli studenti più autentica, in quanto
essi sono consapevoli del fatto che i loro testi sono pubblici, e qualsiasi lettore
della rete li può leggere. I blog in classe possono essere usati per fornire materiale
supplementare di lettura e di ascolto (podcasting) oltre ai materiali proposti in
classe; come portale per la selezione di risorse in Internet: la rete offre una vastità
di materiali e la difficoltà spesso sta nel sapere selezionare le fonti attendibili e
soprattutto adeguate ai livelli linguistici dei diversi apprendenti, perciò la
selezione delle risorse e la loro catalogazione da parte dell’insegnante facilita il
lavoro dello studente. Il blog può inoltre essere utilizzato dal docente come una
bacheca dove tener traccia dei documenti audio, video, testi scritti dei propri
studenti in ordine cronologico per registrarne anche i progressi di apprendimento
linguistico. Il blog può anche essere sperimentato come foto blog in cui gli
studenti postano le foto dei loro viaggi, delle loro serate con amici, e in base al
loro livello di competenza linguistica commentano le foto presenti. A seconda del
tipo di blog è possibile svolgere le più svariate attività di scrittura: per esempio
scrivere per narrare, scrivere per descrivere, scrivere per recensire, ecc..
Il blog è uno degli ambienti 2.0 che in modo più completo e semplice realizza
l’idea di bi direzionalità della rete in cui ognuno è coinvolto alternativamente in
momenti diversi con ruoli diversi, e cioè nella veste di fruitore e autore. Questo
ambiente-diario infatti vive grazie al contributo dei lettori che passano poi ad
essere autori e commentatori animando la conversazione a partecipando
attivamente alla costruzione dell’ambiente stesso e al suo arricchimento. Questa
essenza partecipativa è un’altra delle caratteristiche essenziali dei blog,
riconosciuti da alcuni esperti e studiosi come veri luoghi di socializzazione. A tal
84
proposito riporto la definizione che compare nel blog personale di Valdemarin 29:
‘direi che un weblog è un sito che consente la creazione di relazioni tra persone
attraverso dei racconti cronologici’.
Il wiki
Un wiki è un ambiente virtuale del web 2.0 e ha la forma di un sito web nel quale
sono raccolti un insieme di documenti ipertestuali. Apparentemente il wiki può
essere interpretato come una sorta di enciclopedia on line: attraverso l’utilizzo del
motore di ricerca inserendo una voce nel campo predefinito, in pochi secondi è
possibile ottenere una pagina che parla del tema di interesse. L’elemento, però,
che distingue i wiki dai comuni siti e, in particolare, che li distingue rispetto ai
tradizionali siti di raccolta di contenuti come possono essere le enciclopedie on
line è l’opportunità data a tutti gli utenti di essere, contemporaneamente, fruitori
ma anche autori/creatori delle pagine che costituiscono il sito. Ogni utente di wiki
ha, infatti, l’accesso alle diverse voci/pagine per la consultazione delle stesse ma
anche, attraverso una registrazione apposita, all’applicazione che consente
l’inserimento di nuove pagine o la modifica, implementazione e aggiornamento di
quelle esistenti. Questo aspetto, e cioè che il wiki si costruisce progressivamente
con il contributo di tutti gli utenti del sito stesso, fa sí che esso non sia mai
completamente esaustivo e nemmeno completo; potenzialmente le pagine sono
sempre in progress. Va anche sottolineato che, in alcuni casi, non vi è garanzia di
veridicità e di completezza dei contenuti messi a disposizione dei fruitori poiché
non sempre sono assicurati la moderazione e il filtraggio dei contenuti inseriti da
parte dei gestori dell’ambiente. Come emerge dalla descrizione il wiki come il
blog punta sul ruolo attivo dei soggetti e sulla loro collaborazione alla costruzione
e al mantenimento dell’ambiente stesso favorendo lo scambio sia attraverso la sua
forma e le applicazioni semplici sia nella sua strutturazione.
29 http://paolo.evectors.it/italian/stories/weblog.html
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Podcasting e video podcasting
Con il termine podcasting non ci si riferisce ad uno strumento informatico o ad
un’applicazione offerta dal web e nemmeno ad un ambiente virtuale per la
condivisione di risorse, conoscenze, pratiche; podcasting fa riferimento invece a
tutte quelle tecniche attraverso le quali è possibile produrre, condividere in rete e
accedere in rete a materiali audio, video e audiovisivi denominati appunto
podcast.
Attraverso il podcasting è possibile sentire e farsi sentire, vedere e farsi vedere
sfruttando il canale offerto dalla rete in alternativa al tradizionale canale
dell’etere. Oltre alle novità rappresentate dal canale di erogazione/trasmissione e
di accesso/fruizione, i podcast sono on demand (a richiesta) trattandosi di
materiali off-line che sono utilizzati in modalità asincrona in quanto scaricabili nel
computer o nel supporto portatile dello studente per poter essere ascoltati in
qualsiasi momento, a differenza delle modalità in streaming che prevede l’ascolto
on-line. La creazione e la pubblicazione dei podcast sono operazioni molto
semplici: è sufficiente produrre una clip audio o video oppure audiovideo, in
formato mp3 utilizzando un programma per l’audio-video editing fra i molti
disponibili (anche gratuiti) e caricare poi il podcast prodotto in un ambiente on
line (blog, sito…).
Da quello che è stato detto fino ad ora, penso risulti chiaro che il podcast appare
come una delle soluzioni più agili per implementare la didattica scolastica e
universitaria a distanza. Replica infatti, per un utente esterno, quanto il docente
spiega già a lezione (viene semplicemente registrato ciò che il docente dice in
aula) e quindi costituisce di fatto una «formattazione digitale della tradizione»30,
che può essere comunque arricchita dalla presenza on line di altri materiali. A
fronte di uno sforzo minimo da parte del docente31, dal lato studente il mutamento
30 in: http://www.storia.unive.it/_RM/didattica/corsi/salvatori2.html 31 Reso oggi ancora minore dagli strumenti presenti nelle piattaforme per l'e-learning o anche da software appositi come PodcastProducer della Apple http://www.apple.com/it/server/macosx/features/podcasts.html
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è palese: il podcast permette di recuperare la lezione persa o utile da riascoltare, di
essere avvisato dell'esistenza di una nuova lezione e di poterne usufruire a suo
comodo, scaricandola a domicilio. Data l'evidente utilità in ambito didattico, sono
ormai numerosissime le università, in particolare inglesi e statunitensi, che
offrono un servizio di podcasting. Fornire numeri e statistiche tarate sul tema
“lingue straniere” da questo punto di vista ha poco senso, in quanto ogni
ateneo/istituto evidentemente propone i prodotti che ha a disposizione e che
spesso non privilegiano tematiche a priori, ma dipendono dalla disponibilità del
personale docente e dalla politica di incentivazione seguita dall'ateneo/istituto
stesso.
Una rapida indagine32 sulla rete rivela che esistono - a livello universitario –
sostanzialmente due modalità di «presenza». Nella prima l'ateneo mette a
disposizione del grande pubblico le lezioni e le conferenze che si svolgono al suo
interno e che il rettorato/la direzione ritiene adatte a far uscire «fuori» dal campus.
Di norma si tratta di seminari, incontri, convegni e conferenze, presenti in formato
solo audio o anche video33: ossia di lezioni che nascono già in partenza per essere
“esposte” a un pubblico più largo di quello composto dai soli studenti iscritti.
Possiamo anche trovare cicli completi di lezioni, ossia interi corsi, o parti di essi,
secondo la politica di apertura e di promozione che l'ente intende o può
perseguire. Il celebre MIT ad esempio offre un bouquet di lezioni molto ricco, che
tuttavia copre ovviamente solo in minima parte l'attività didattica che si svolge
annualmente nell'istituto34. Diverso è invece il caso del Collège de France che, in
ottemperanza allo spirito di apertura che connota la sua secolare attività, mette a
disposizione del pubblico, in podcast o in ascolto diretto, la registrazione
completa dei corsi che vi si tengono35. In Italia non si riscontrano esempi
paragonabili a quelli appena citati. A parte le iniziative non organizzate e
32 Nel novembre 2010 la ricerca della stringa “foreign languages” in iTunes U ha dato più 150 corsi disponibili. 33 Uno degli esempi migliori da questo punto di vista viene da Buniverse il podcast della Boston University http://www.bu.edu/today/buniverse/index.shtml . 34 http://ocw.mit.edu/OcwWeb/web/courses/av/index.htm . Il Mit offre inoltre col suo servizio OpenCourseWare «free lectures notes, exams, and videos» che non comporta alcuna necessità di registrazione per l'utente. Per le video-lezioni l'istituto ha inoltre aperto un proprio «canale» su YouTube http://it.youtube.com/mit . 35 http://www.college-de-france.fr/default/EN/all/pub_pod/index.htm .
87
individuali, portate avanti da singoli docenti, esistono pochi esempi di promozione
e divulgazione via podcast: uno di pregio ci viene offerto dall’Università Federico
II di Napoli che mette a disposizione tutti i corsi di ben 19 Facoltà , per un totale
di 800 podcast36. Un notevole investimento in questa direzione si sta tentando
inoltre all’Università degli Studi della Tuscia su iniziativa di Gino Roncaglia37.
Nel secondo caso l'ateneo mette a disposizione oltre alle conferenze e a lezioni
selezionate, anche altre comunicazioni di utilità comune, come ad esempio
presentazioni di corsi o dell'intera università, consigli per le matricole, descrizione
di strutture interne come musei e biblioteche, riunioni di ex alunni o eventi
sportivi.
Esemplificativo da questo punto di vista è quanto offre la Pennsylvania State
University38, che ha sviluppato il settore al punto di organizzare visivamente i
suoi numerosi podcast in aree tematiche differenti, dimostrando in questa maniera
una predilezione chiara per questo medium al fine di favorire l'apprendimento
interno, il senso di appartenenza della comunità e la divulgazione esterna. In
entrambe le modalità di presenza descritte il podcast risulta particolarmente adatto
per la diffusione di materiale non strettamente didattico, ma comunque prodotto a
livello universitario.
Per rispondere alla crescente offerta di podcast da parte delle strutture
universitarie, iTunes Store, il già citato portale-negozio virtuale messo a
disposizione dalla Apple, ha aperto nel maggio 2007 un settore dedicato,
iTunesU39. Si tratta di un mini-portale tematico, caratterizzato appunto da
36 Si veda il caso di studio 2 nel capitolo 6 di questa tesi. 37 Il quale così dichiara: «Una università non è solo la sede di lezioni formali e organizzate, ma anche l’occasione per incontri, dibattiti, iniziative culturali diverse, magari con la partecipazione di ospiti di rilievo esterni allo staff docente dell’ateneo. [..] Lo scopo dei nostri podcast è quello di aprire le aule dell’Università anche all’esterno, e di offrire a tutti, indipendentemente dalla loro età, dalla loro localizzazione geografica e dalla loro situazione personale e professionale, delle occasioni di formazione, di approfondimento culturale, di riflessione» http://merzspace.net/unipodcast . 38 http://podcasts.psu.edu . 39 http://www.apple.com/education/itunesu_mobilelearning/itunesu.html . Si può leggere a questo proposito l'intervista a Fabrizio Rimoldi, responsabile education di Apple Italia, su «Unimagazine» del marzo 2006 http://www.unimagazine.it/index.php/it/nazionale/prima_pagina/attualita/1461_itunes_u_intervista_a_fabrizio_rimoldi . Informazioni più recenti ai seguenti siti Apple:
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contenuti forniti gratuitamente dai college e università: lezioni dei corsi, lezioni di
lingua, dimostrazioni in laboratorio, highlights sportivi e tour dei campus. Per tutti
coloro che siano interessati a cercare corsi di lingue straniere universitari quello è
indubbiamente il miglior punto di partenza: navigando al suo interno si
cercheranno poi le lezioni di lingue straniere. Collegandosi a iTunesU, vi si
cercherà per ora inutilmente i simboli degli atenei italiani. Attualmente (novembre
2010) le sole università europee che hanno aderito al servizio sono infatti la Open
University e la London Global University del Regno Unito e il Trinity College di
Dublino, a fronte di una struttura neozelandese, 2 canadesi, 6 australiane e 92
americane tra cui i prestigiosi MIT, Yale e Stanford. Ovviamente non è detto che
l'assenza da iTunes U significhi la non esistenza di altri podcast universitari o
scolastici. Buona norma infatti è quella di cercare direttamente sul sito dell'ateneo
o del dipartimento o del centro di ricerca che eroga corsi interessanti se esiste o
meno la possibilità di ascolto o visione dei corsi stessi. Si deve dire inoltre che
nella categoria «Istruzione» di iTunes Store è possibile trovare numerosissimi altri
podcast trasmessi da istituti di tutto il mondo, anche italiani40. Tuttavia, nel caso
nazionale si tratta molto spesso di iniziative portate avanti in maniera episodica e
solitaria da parte di dipartimenti, o di centri o molto più di frequente di singoli
docenti41 - e non da parte intere università o istituti di scuola secondaria superiore.
Il dato è interessante perché indica come in Italia il podcasting sia ancora molto
lontano dall'essere accettato dal parte del corpo docente. Pur in questo ritardo gli
insegnanti di lingue in Italia sono tuttavia in buona posizione: la ricerca del
termine “lingue” nella categoria “istruzione” dei podcast di iTunes ha dato – nel
novembre 2010 – 20 risultati a fronte di 30 per la letteratura, 4 per la filosofia e la
http://www.apple.com/education/itunesu_mobilelearning/landing.html?cid=ITSITUMAIN080829-CN4X9 , BBC News , UK university lectures on ITunes http://news.bbc.co.uk/2/hi/uk_news/education/7431918.stm, The Guardian ( Education ) UK university offers downloadable lectures http://education.guardian.co.uk/higher/news/story/0,,2283508,00.html, Macworld UK , Irish universities debut on iTunesU http://www.macworld.co.uk/news/index.cfm?newsid=21527. 40 L'uso che qui si fa di iTunes Store è puramente strumentale e non ha alcun intento pubblicitario. Il negozio virtuale è infatti unico nel suo genere per servizi e informazioni offerti. Dato il successo mondiale i podcast più rilevanti normalmente vi sono presenti e quindi è un'ottima base di partenza per ricerche sul fenomeno del podcasting. Ovviamente altre indagini possono essere condotte con i motori di ricerca disponibili in Rete e altri dati posso essere aggiunti tramite i siti collettori di podcast. Per l'Italia si veda Audiocast http://www.audiocast.it/podlist . 41 Merita certamente citare a questo proposito i numerosi contributi audio prodotti dal professor Luigi Gaudio che insegna al liceo scientifico di Magenta e che sia in iTunes che nel suo sito http://www.gaudio.org mette a disposizione tutte le sue lezioni di storia e di letteratura.
89
matematica, uno per la fisica. Se si passa alla lingua inglese i risultati sono però i
seguenti: 150 podcast per la storia e la fisica, 99 per la letteratura, 92 per la
matematica, 55 per la filosofia. Ma sono dati molto spuri, che soffrono delle
pesanti limitazioni dette all'inizio.
E-book
Un’altra tecnologia 2.0 che ha stuzzicato il mio interesse alla luce dell’uscita nel
2010 del nuovo prodotto Apple, l’iPad, è l’e-book, un prodotto “vecchio” che con
l’avvento di sempre più moderni devices sembra poter scalare le classifiche degli
oggetti del desiderio ed entrare di diritto nelle scuole tra i prodotti multimediali
con finalità didattiche nell’insegnamento delle lingue straniere.
Innanzitutto non ci si deve dimenticare che l’idea stessa di e-book rispecchia in
toto il modo “nuovo” di intendere la didattica delle lingue straniere. Infatti, da una
visione del mondo oggettivistica, meccanicistica e comportamentistica (Calvani
1998), tipica degli anni ’20-’50, completamente orientata al controllo delle
acquisizioni individuali e creatrice di masse di utenti scarsamente motivati,
ricettori di informazioni o esecutori pedissequi, si è passati ad una visione
dapprima cognitivistica di matrice chomskiana e successivamente costruttivistica
(da Piaget alle odierne teorie cognitiviste). In seno alla glottodidattica, soprattutto
di matrice comunicativo-umanistica, è andata così maturando una concezione
complessa dell’apprendimento linguistico, che privilegia componenti quali la
personalizzazione e la flessibilità dei percorsi cognitivi, l’integrazione tra saperi
scolastici ed extrascolastici e tra linguaggi diversi, l’autonomia dello studente
nella gestione delle informazioni e del suo itinerario formativo.
Il pensiero lineare, che ha trovato la sua massima espressione nel libro stampato, è
stato messo in crisi dall’odierna visione poliprospettica e multidimensionale della
conoscenza, che esalta il carattere costruttivo e creativo del processo cognitivo e
90
sollecita un approccio didattico che stimoli la pluridirezionalità e
interdisciplinarità dei percorsi di apprendimento. Come è stato messo in luce da
Gardner (1983), infatti, esistono varie modalità di rapportarsi alla realtà e di
esplorare il mondo, a ciascuna delle quali corrisponde un diverso tipo di
intelligenza; per sviluppare in ugual modo le multiple intelligences è necessario
predisporre un apprendimento multipercettivo, nel quale gli e-books possono
svolgere un ruolo essenziale.
L’integrazione degli stimoli sensoriali e dei linguaggi, promossa dall’uso e dalla
creazione dei libri elettronici, migliora la capacità di apprendimento linguistico,
perché opera a livello bimodale (Danesi 1998), coinvolgendo simultaneamente
l’emisfero destro del cervello, che presiede alla percezione visiva (immagini fisse
e in movimento, caratteri speciali, scorrevoli ecc.) e uditiva (tratti fonetici,
prosodici, intonativi ecc.), e l’emisfero sinistro, che sovrintende alla
decodificazione ed elaborazione del messaggio. Se si considera, inoltre, che
l’uomo ricorda in piccola percentuale e per breve tempo ciò che vede solamente,
in percentuale leggermente maggiore ciò che ascolta, mentre immagazzina nella
memoria a lungo termine ciò che contemporaneamente vede e ascolta e ancor più
ciò che vede, ascolta fa (Porcelli, Dolci 1999), ci si rende conto che
l’apprendimento può essere potenziato da un insegnamento basato su compiti
(task-based, Ciliberti 1994) che attivano più canali percettivi.
In quest’ottica, l’e-book, imponendo un carattere interattivo alla lezione e
consentendo agli studenti di seguire percorsi cognitivi differenziati e
multisensoriali, rappresenta il luogo in cui si può più facilmente realizzare il
principio del learning by doing. Questo principio ha come quadro di riferimento
teorico l’attivismo pedagogico di Dewey (1998) e le teorie di Piaget (1962) e
Vygotskij (1984), che insistono sul carattere poliprospettico della conoscenza e
sul suo aspetto costruttivo, anziché meramente riproduttivo. Le teorie
cognitivistiche recenti, dal modello di Levelt (1989) a quello della processabilità
di Pienemann (1998) (per approfondimenti si rimanda a Bettoni 2001, Mazzotta
2005), riprendono in parte l’ipotesi chomskiana del LAD (Chomsky 1969-70) e la
teoria di Bruner (1986), secondo cui la conoscenza è collegata all’esperienza e
91
all’interazione tra l’individuo e l’ambiente, e sostengono che la mente processa e
trasforma gli inputs provenienti dall’esterno, organizzandoli in strutture
gerarchiche, nelle quali le informazioni specifiche si saldano ai concetti più
generali per poi legarsi tra loro attraverso nessi associativi. Ciò che gli individui
apprendono si forma, quindi, attraverso un processo attivo di manipolazione, re-
invenzione e ricostruzione dell’esperienza, che in tal modo diventa significativa,
organizzata e permanente. Sul piano glottodidattico ne consegue che il discente
viene considerato il protagonista attivo e consapevole del processo di
apprendimento.
Ma che cos’è un e-book e quali differenze presenta rispetto ad un libro cartaceo?
Prima di illustrare un percorso realizzabile a scuola, sarebbe bene chiarire il
significato di questo termine. Come sottolinea Roncaglia (2001: 1), “l’uso
dell’espressione ‘libro elettronico’, o del più diffuso anglismo e-book, è tutt’altro
che univoco e le definizioni proposte non sono prive di aspetti problematici”.
Inoltre, si è spesso creata confusione tra il libro elettronico e il dispositivo di
lettura; “it is essential to distinguish between the idea of a digital book and a
book-reading appliance. A digital book is just a large structured collection of bits
that can be transported on CD-ROM or other storage media or delivered over a
network connection, and which is designed to be viewed on some combination of
hardware and software ranging from dumb terminals to Web browsers on
personal computers to the new book reading appliances” (Lynch 2001: 2).
In questa sede si è concordi con l’accettare la distinzione, fornita sia da
Wikipedia, la libera enciclopedia on line, che da Reale (2003), secondo cui il
termine e-book designa sia il libro in formato elettronico o su supporto digitale,
quanto il formato elettronico stesso in cui convertire il testo (e-book format). A
questi termini si aggiungono, poi, l’e-book reader e l’ebook reader device, che
sono rispettivamente il software per la lettura, come ad esempio Microsoft Reader
o Adobe Acrobat, e il dispositivo di lettura del libro elettronico, articolato nelle
quattro tipologie di lettori rigidi dedicati, computer palmari, tablet PC, dispositivi
flessibili basati su e-paper.
92
L’idea originaria dell’e-book era appunto quella di riprodurre il libro cartaceo non
solo per il contenuto, ma anche per la forma, rendendo la lettura il più possibile
simile a quella che si avrebbe sfogliando le pagine di un normale libro. La novità
assoluta rispetto al libro tradizionale è rappresentata dalla trasformazione del
ruolo dell’utente, che da lettore può diventare anche autore dell’e-book, creando
egli stesso testi da convertire successivamente in formato digitale. Inoltre, il
lettore di un e-book si trova a gestire molteplici funzioni: scorrere le pagine,
bloccarle, leggerle, inserire dei segnalibro, evidenziare alcuni passaggi, scrivere
note sul bordo della pagina. A tutto ciò si aggiunga, data la natura digitale dei libri
elettronici, la possibilità di compiere operazioni impensabili per il lettore di un
libro tradizionale: conoscere la ricorsività di un termine o di una frase, far leggere
il testo ad un sintetizzatore vocale per una pronuncia corretta, inglobare elementi
multimediali e così via.
Sebbene i detrattori del libro elettronico si ostinino ad affermare il contrario, l’uso
degli e-book presenta evidenti vantaggi, soprattutto in ambito scolastico; primo fra
tutti l’estrema possibilità di aggiornamento e correzione continui, per cui l’alunno
ha un feedback regolare sugli errori commessi. Inoltre, lo sviluppo di percorsi
interdisciplinari e multimediali motiva fortemente gli studenti, rendendoli
protagonisti attivi del loro processo di apprendimento: all’interno del libro
elettronico è infatti possibile decidere di inserire filmati, interviste, brani musicali,
immagini statiche o animate, disegni realizzati dagli alunni.
Come si è avuto modo di osservare, gli e-books si possono rivelare strumenti
glottodidattici molto efficaci, in quanto facilitano il processo di acquisizione e
metacognizione. L’interdisciplinarità, la pluralità di linguaggi e canali percettivi,
l’attivazione di quelle che Gardner (1993b) chiama intelligenze multiple, la
costruzione di percorsi cognitivi autonomi costituiscono il lato positivo dell’uso
didattico degli e-books, a condizione però che il docente scongiuri il rischio del
sovraccarico cognitivo dovuto alla molteplicità degli stimoli e delle informazioni
(Porcelli 1994) e aiuti l’alunno con delle indicazioni precise. Per realizzare un
libro elettronico che serva da rinforzo delle attività programmate, l’insegnante non
deve necessariamente possedere una qualificazione informatica di alto livello, ma
93
gli basta un’alfabetizzazione di base in un comune programma di videoscrittura e
una particolare propensione all’uso del PC.
Le tecnologie multimediali, e in particolare l’uso degli e-books, stanno
modificando sempre più la struttura del nostro pensiero, tanto che dinamicità,
duttilità e complessità sono ormai componenti ricorrenti delle società post-
moderne e del nostro modo di vivere. Da tale complessità discende, sul piano
didattico, la necessità di una scuola che sappia fornire agli alunni gli strumenti
indispensabili per la costruzione di una conoscenza contestualizzata e che riesca a
promuovere stili di apprendimento flessibili e diversificati. In questa direzione,
l’introduzione degli e-books nella didattica delle lingue, attivando
contemporaneamente più modalità percettive, può senza dubbio facilitare sotto
molti aspetti l’apprendimento, rendendolo più piacevole e facendolo scaturire
dall’agire contestualizzato (Mazzotta 2004). La realizzazione in classe di libri
elettronici in lingua straniera costituisce, infatti, un importante rinforzo della
motivazione e un modo efficace per coinvolgere attivamente gli studenti nel
processo di apprendimento linguistico, perché stimola le loro capacità critiche e di
problem solving e li abitua ad organizzare in modo consapevole le loro
conoscenze.
Appare dunque evidente che nel prossimo futuro gli strumenti elettronici per
l’apprendimento multimediale interattivo influenzeranno il modo di apprendere e i
contenuti della conoscenza. Di certo, il docente e il libro stampato non potranno
mai essere completamente sostituiti dall’e-book, ma di sicuro quest’ultimo potrà
affiancare l’attività di insegnamento tradizionale rendendo l’apprendimento più
efficace, adattivo e ricco. Un uso didattico non improvvisato delle tecnologie e
degli e-books presuppone, però, una revisione del percorso formativo del docente
di lingue, che gli consenta di acquisire quelle competenze multialfabetiche
(Margiotta 1997) indispensabili per aiutare gli alunni a non perdersi nella sempre
più fitta ragnatela di stimoli plurisensoriali e di informazioni che caratterizza il
mondo odierno.
94
Social Network
La tecnologia degli anni 90 ha causato una completa metamorfosi socioeconomica
planetaria: la sopravvivenza in tale nuovo contesto è possibile solo a coloro che
posseggono l’infrastruttura e l’istruzione per connettersi con la piattaforma
mondiale [Friedman, 2006]. Le abilità tecniche sono sempre più critiche per il
successo in ogni campo ed il divario digitale è un crescente problema di cui
l’istruzione ha il dovere morale di occuparsi. Tutte le istituzioni hanno imparato a
sfruttare e beneficiare delle nuove tecnologie, mentre la scuola è rimasta
anacronisticamente ancorata a tempistiche e modalità auto-referenziali dell’era
industriale sorda ad avvertimenti autorevoli e per niente spaventata dalla crisi
planetaria, la cui soluzione dipende dalla formazione di generazioni
adeguatamente preparate ad affrontarla (Gurria, 2009).
Ricerche ed esperimenti dimostrano inequivocabilmente quanto sia efficace far
transitare la didattica tradizionale attraverso la multimedialità interattiva,
rovesciando tempi e i modi dell’apprendimento, conquistando all’insegnante un
ruolo straordinariamente importante e senza precedenti e consentendo a tutti gli
studenti di raggiungere risultati di qualità e di acquisire strumenti ed abilità
indispensabili per affrontare le sfide continue della società della conoscenza.
È il caso di un’insegnante di lingua inglese di un Istituto Tecnico Agrario della
provincia di Ascoli Piceno che ha creato per i suoi studenti un social network
didattico “ Students’ meeting point”42 L’entusiasmo dei ragazzi ed i loro progressi
nell’acquisizione della seconda lingua, ottenuti grazie allo sfruttamento di alcune
potenzialità del Web 2.0, come l’utilizzo dello Story Telling Digitale per
realizzare progetti da pubblicare sul canale di YouTube e presentazioni in Power
Point, redatte cooperativamente grazie a Google Docs, sono stati un’ulteriore
conferma dell’efficacia di modalità significative di incorporazione di tecnologia
nella didattica.
42 diapositive del network e del tipo di materiale che vi è linkato e postato sono visionabili seguente indirizzo: http://poster.4teachers.org/worksheet/view.php?id=143505
95
Apprendimento, comunicazione, cooperazione 24 ore su 24 e nuove opportunità
di lavoro sono a disposizione di chiunque possegga un computer, un netbook, o
uno smartphone, usufruisca di una connessione veloce ad Internet, parli almeno
due lingue (preferibilmente una dovrebbe essere l’Inglese), sia in grado di trovare,
valutare, organizzare ed utilizzare creativamente l’informazione che è sul web. In
Italia, purtroppo però, i divari digitali non sono trascurabili: a settembre 2009,
secondo Internet World Statistics, solo poco più del 50% della popolazione
risultava connessa, e anche quest’ultima, corpo docente incluso (Rivoltella, 2008),
è lontana dal raggiungimento della digital literacy (Olimpo, 2008).
La scelta di un social network è stata determinata dal fatto che esso presenta
contemporaneamente quattro vantaggi: il primo è l’interfaccia di interazione
sociale familiare, simile a Facebook, relativamente semplice da utilizzare che
offre occasioni di apprendimento cooperativo e l’opportunità di sviluppare e/o
migliorare la digital literacy; il secondo consiste nella facilitazione della
comunicazione (nel caso in esame, esclusivamente in L2) fra studenti e fra
studenti ed insegnante, poiché funge da canale di contatto efficiente, privilegiato e
costantemente attivo in modalità sincronica e/o diacronica tramite chat, messaggi,
commenti, blog; il terzo è costituito dalla flessibilità ad accogliere idee emergenti,
sia nelle home page personali che nel layout generale, che lo rende facilmente
aggiornabile per soddisfare le esigenze di insegnamento ed apprendimento; il
quarto, infine, consiste nell’accesso on-time e on-demand ad innovazione, ad
informazione e ad un’ampia gamma di materiale multimediale indicizzato
funzionale al raggiungimento di obiettivi minimi, al recupero di contenuti,
all’approfondimento disciplinare ed allo sviluppo di abilità del 21 secolo. Questa
implementazione continua è la ragione alla base della definizione di “Students.
meeting point” come un “net-work” costruttivista, ovvero un “work in progress”
che si avvale dell’interazione e della progettualità dei partecipanti per crescere:
tale caratteristica costituisce uno dei suoi punti di forza, per l’estrema adattabilità
con cui è in grado di rispondere dinamicamente a esigenze concrete di
insegnamento e di apprendimento. La home page personale di ogni alunno si è
rivelata estremamente preziosa sia per l’insegnante, per linkare percorsi
individualizzati o risorse utili al singolo studente, che per lo studente stesso, per
96
linkare o fare l’embed delle proprie creazioni multimediali ponendo le basi per un
e-portfolio.
Le modalità di utilizzo del network da parte degli studenti sono due: quella
autonoma, in orario extrascolastico, e quella in orario antimeridiano nel
laboratorio multimediale della scuola. Ognuna consente di sfruttare le peculiari
potenzialità della piattaforma sociale per raggiungere obiettivi diversi. La
disponibilità costante sulla piattaforma sociale di strumenti multimediali per lo
studio, test formativi, chat e messaggistica con compagni ed insegnante è una
risorsa fondamentale per stimolare sia l’apprendimento autonomo che quello
cooperativo, per favorire la circolazione delle informazioni, l’autovalutazione e la
valutazione del lavoro dei compagni, nonché il monitoraggio dei progressi degli
studenti da parte degli stessi alunni, dei loro genitori e dell’insegnante. Moltissimi
studenti hanno dichiarato come il poter controllare autonomamente la propria
preparazione ed i propri progressi sia estremamente gratificante e proficuo, in
quanto il feedback istantaneo permette di individuare e risolvere eventuali
problematiche nel momento stesso in cui si presentano.
Fornire contenuto e verifica prima della lezione, grazie alla tecnologia, coinvolge
attivamente gli studenti e consente all’insegnante di utilizzare il tempo scolastico
per dimostrare il vero valore dell’interazione in presenza, ovvero per generare
entusiasmo verso la disciplina, stimolare la riflessione metacognitiva, incoraggiare
gli studenti a correre rischi e ad interagire dando loro senso di controllo sul
proprio apprendimento (Bowen, 2006). È estremamente semplice sfruttare questa
straordinaria potenzialità pienamente qualora tutti gli studenti abbiano accesso ad
internet anche a casa: quando tale possibilità viene a mancare occorre produrre del
materiale cartaceo di supporto ed organizzare il lavoro tenendo conto delle singole
situazioni e del fatto che non tutti possono ricevere tempestivamente messaggi da
parte di insegnante e compagni.
Il social network permette di coniugare gli ovvi obiettivi disciplinari
dell’apprendimento della lingua inglese con gli obiettivi trans-disciplinari dello
sviluppo di una “digital and information literacy”, ovvero acquisire la capacità di
97
sfruttare le enormi potenzialità del Web per la ricerca, validazione, organizzazione
di informazioni, l’utilizzo delle stesse per la realizzazione di prodotti creativi
originali, nonché sviluppare abilità del 21 secolo (Partnership for the 21st Century
Skills, 2009) utili per il life-long learning.
Il potenziamento di comprensione e produzione orali e scritte è enormemente
facilitato dalla pressoché infinita quantità di materiale on line, e dalla varietà di
forme di verifica di tipo progettuale offerte dal Web 2.0: finalmente è possibile
coniugare l’apprendimento della seconda lingua ad attività significative e
motivanti, come la redazione di progetti multimediali personali o di gruppo
utilizzando le opzioni di uploading del Web 2.0 o WebQuest, evitando rischi di
autoreferenzialità nello studio di L2. Le opportunità di aggregazione ed
indicizzazione di strumenti che il network offre lo rendono uno spazio privilegiato
per facilitare agli studenti l’accesso alla ricchezza di internet, ma anche un punto
di partenza di un processo che consentirà loro di acquisire l’autonomia nel crearsi
percorsi personali di auto-apprendimento indispensabili per sopravvivere nella
società della conoscenza. Sviluppare l’attitudine mentale al life-long learning
significa stimolare nei ragazzi pensiero critico, problem solving, creatività ed
innovazione, nonché abilità collaborative e comunicative: mete ambiziose,
raggiungibili solo qualora gli studenti siano in grado di gestire le informazioni del
web e di autogestirsi.
L’utilizzo del network è un’occasione per sviluppare conoscenza digitale a livello
fattuale, concettuale, procedurale e metacognitivo integrando nuovi
comportamenti, azioni e opportunità di apprendimento fornite dalla tecnologia in
una nuova tassonomia di tipo digitale: apprendere le strategie di bookmarking
sociale o imparare ad utilizzare i motori di ricerca sviluppa l’abilità di pensiero del
Ricordare e del Capire, curare la redazione di una Wiki stimola le abilità di
pensiero del Capire e dell’Applicare, validare pagine Web è possibile solo quando
si è in grado di Valutare, infine, tenere un Blog o redigere cooperativamente un
documento su Google Docs può coinvolgere tutti e sei i livelli di abilità di
pensiero dal Ricordare al Creare (Churches, 2009). Avviare i ragazzi
98
all’acquisizione di una “digital literacy” indispensabile per gestire autonomamente
il proprio auto-aggiornamento a vita richiede unità didattiche digitali.
La modalità di “inverted classroom” (Lage et al, 2000) (Bowen, 2006) che il
network consente, inoltre, libera spazi per discutere e riflettere, sviluppare
pensiero critico e rendersi conto che l’apprendimento non può limitarsi alla
semplice acquisizione di terminologia, contenuti, procedure ma deve estendersi
alla consapevolezza dei propri processi cognitivi e alla capacità di confrontarsi e
comunicare. L’utilizzo del social network, seppur ancora poco esteso nel tempo,
agendo contemporaneamente sulle tre variabili che determinano l’Apprendimento,
ovvero Contenuto, Motivazione e Tempo (Smith, 2006), ha già prodotto risultati
interessanti. La ricerca ha ampiamente dimostrato che motivazione, rinforzo
positivo e senso di controllo degli studenti sul loro apprendimento sono fattori
assolutamente critici: catturare l’attenzione e l’interesse dei ragazzi, utilizzando
LO e ambienti di apprendimento e-learning in un contesto di un network sociale,
prevedendo verifiche di tipo formativo e progettuale multimediale dove possono
esprimere i loro interessi e la loro personalità, e poterli seguire individualmente
sono tutti strumenti cognitivamente e pedagogicamente vincenti. Per i neofiti ogni
esperimento costituisce un traguardo gratificante, per tutti, il coinvolgimento nel
social network facilita la sperimentazione di applicazioni del Web 2.0 fornendo
occasioni per sviluppare competenze linguistiche e cooperative in contesti
familiari e significativi e quindi motivanti e gratificanti.
La tecnologia alla base della strutturazione e dell’uso del social network
costituisce un serbatoio di potenzialità, sviluppate, per ora, solo in minima parte,
ed in grado di trasformare l’istruzione grazie all’abbinamento di “blended
learning”, “inverted classroom” e progettualità multimediale: modalità nuove per
interagire, per collaborare, per insegnare, per poter registrare i progressi dei
ragazzi, per sfidare i più in gamba, soddisfacendo le esigenze dei singoli studenti
che diventano attori cointeressati del progetto stesso. Stimolare pensiero
complesso ad ogni stadio dell’apprendimento, rimuovere i limiti di tempo e
spazio, superare l’isolamento della classe, sviluppare abilità indispensabili per
l’economia della conoscenza immergendo i ragazzi nelle potenzialità della
99
tecnologia, dotandoli di strategie per cercare e validare informazioni digitali
affinché costruiscano e pubblichino prodotti multimediali, conferisce a “Students
Meeting Point” la sua qualità di esperimento tecno-costruttivista (McKenzie,
2000). Le difficoltà di comprensione e produzione in L2, che a volte costituiscono
un ostacolo non trascurabile, sono controbilanciate dalla crescente consapevolezza
dell’indispensabilità dell’inglese per accedere a gran parte dell’universo di risorse
del Web.
Mondi virtuali: Second Life
Second Life è un ambiente virtuale che nasce, cresce e si sviluppa grazie alle
persone (avatar) che lo popolano. All’interno di Second Life l’apprendimento
delle lingue diventa un’esperienza non solo di pratica linguistica, ma anche
sociale. Usata, per lo più, per un apprendimento informale e autonomo, all’interno
di questo mondo persone di diverse nazionalità possono facilmente entrare in
contatto tra loro e praticare la lingua con parlanti nativi stando comodamente
seduti sul divano del proprio salotto.
Questo “mondo parallelo” è stato creato dalla società Linden Lab fondata nel
1999 e con sede, nella real life, negli Stati Uniti d’America. Una “realtà” creata da
persone e che con le persone cresce, muta, si sviluppa, crea, proprio come avviene
nel mondo reale. Ecco che in Second Life possiamo, ad esempio, “costruire” case
e mobili, organizzare sfilate di moda (e nomi come Armani hanno sfruttato
l’occasione), comizi elettorali (Di Pietro e Barak Obama hanno scelto la “seconda
vita” per i loro comizi), creare università e scuole (Progetto Nettuno, Arcada
University of Technology: Helsingfors, Finland, The Art Institute of California-
San Diego San Diego, CA, Bentley College - Department of Natural and Applied
Sciences: Waltham, MA, Harvard University: Cambridge, Mass., University of
Surrey: Guildford, UK per citarne solo alcuni, ma l’elenco è molto vasto).
100
Figura 5 Immagine della Princeton University in Second Life
Figura 6 Progetto Nettuno su Second Life
La crescita sempre maggiore di Second Life ha portato ricercatori e professionisti
a cercare di sfruttare al meglio questo “gioco di ruolo per eccellenza” per i propri
scopi didattici, commerciali o sociali. Numerosissimi sono i docenti, i ricercatori,
gli avvocati, gli architetti che hanno deciso di lavorare attraverso questa
piattaforma. Lavorare, perché con Second Life si può anche guadagnare. La
moneta corrente è il Linden Dollar, che può facilmente essere convertita in dollari
americani attraverso transazioni bancarie vere e proprie. È, però, il suo utilizzo
101
nella didattica delle lingue che interessa in questa ricerca, poiché esso si presenta
come la nuova frontiera della glottodidattica. L’ambiente Second Life diviene una
grossa novità della glottodidattica, l’elemento più importante è, certamente,
l’ambientazione in cui studenti e docenti si ritrovano a lavorare e collaborare.
Aule scolastiche vere e proprie riprodotte in 3D con tanto di banchi e lavagne, o
luoghi verosimili in cui imparare la lingua con un approccio “realmente”
situazionale. Questo tipo di scenario consente un’immersione quasi totale dello
studente che vuole imparare la lingua e la cultura di un popolo e gli scenari
consentono un alto grado di interattività ad alto impatto realistico: la reception di
un albergo, un aeroporto, una casa, un ristorante, una scuola, un ufficio ecc. Gli
studenti si ritrovano “teletrasportati”43 nel Paese ospite, parlano la lingua straniera
che vogliono apprendere e, allo stesso tempo, acquisiscono elementi
importantissimi quali gli usi, i costumi e gli aspetti socio-culturali della LS (o in
questo caso possiamo parlare di L2?). Si raggiunge un grado di immedesimazione
tale che dietro ogni studente c’è una persona, l’avatar, con i suoi gesti, le sue
parole (in Second Life si può parlare e ascoltare oltre che chattare). In questo
modo l’apprendimento non è più “freddo”, così come accade nelle piattaforme e-
learning, al contrario diviene non solo più divertente, ma anche più coinvolgente e
realistico. Proprio queste caratteristiche che sembrano fare di Second Life
l’ambiente ideale per l’apprendimento di una LS/L2 hanno ispirato un convegno
sulla didattica delle lingue straniere che si è svolto il 23 e 24 maggio 2008 nelle
isole EduNation in Second Life
43 Termine maggiormente usato all’interno di Second Life, teleport, per indicare lo spostamento rapido del proprio avatar da un’ambientazione ad un’altra.
102
Figura 6 http://www.slanguages.net/
Tra i partecipanti e i relatori presenti al convegno vi sono nomi di ricercatori e
docenti universitari di tutto il mondo, insegnanti di scuole di lingua, studenti e
curiosi che hanno seguito 24 ore di conferenza non-stop con brevi pause solo per
il caffè. Durante il convegno si è discusso, tra i tanti argomenti, degli strumenti
didattici che possono essere utilizzati all’interno di Second Life o contestualmente
durante la didattica di una lingua (Howard Vickers e Andrew Pincon, nella
Second Life Gavin Dudeney). Ecco che durante una lezione di lingua il docente
103
decide di far pratica con la fonetica e chiede ai suoi studenti di spostarsi sul suono
/z/.
In questo modo lo studente è chiamato a “fare” per imparare e dovrà muoversi
negli spazi a lui consentiti e possibilmente corretti attraverso il suo avatar. Può
anche capitare che, durante una lezione “all’aria aperta”, magari in uno dei
bellissimi parchi presenti in questa Seconda Vita, possiamo aver bisogno di una
lavagna o un proiettore per mostrare dei lucidi, ed ecco che tra gli strumenti
possiamo utilizzare uno schermo come quello rappresentato in basso. Attraverso
questo strumento le nostre presentazioni in Power Point o i nostri documenti
possono essere facilmente mostrati anche in Second Life.
104
Ma questo non è tutto. All’interno di Second Life si ha anche la possibilità di
aprire delle finestre con link che rimandano ad una pagina internet che si aprirà
senza la necessità di usare alcun browser, come anche si ha la possibilità di
mostrare dei video o far ascoltare file audio senza dover “uscire” da questo mondo
virtuale. La possibilità di utilizzare tutti questi strumenti mentre siamo in Second
Life, garantisce delle lezioni di lingua più dinamiche e stimolanti. Grazie agli
ambienti estremamente realistici offerti dalla grafica 3D le lezioni di lingua
possono diventare un’esperienza concreta fatta di viaggi, spostamenti,
conoscenze, risoluzione di problemi. A partire da questa base l’idea di
un’insegnante, Dafne Gonzalez, e di una docente di lingua inglese e ricercatrice
universitaria, Cristina Palomeque Kovacs, di creare una sorta di “viaggio studio”
o “Erasmus” in Second Life al fine di insegnare la lingua spagnola per il turismo.
Gli studenti che si iscrivono al loro corso44 sono attesi all’aeroporto ed è lì che
inizia il loro percorso. Dovranno presentarsi e saranno chiamati a dire la loro
nazionalità spostandosi su delle bandiere che il docente ha sapientemente disposto
per terra.
44 Informazioni più dettagliate sul sito della LanguageLab, nome della scuola virtuale dove le due docenti insegnano http://www.languagelab.com/it/
105
Giunti in albergo dovranno procedere al check-in, dare le loro generalità,
compilare un piccolo questionario circa il loro nome, cognome, data di nascita,
luogo di residenza, tutto ciò che in albergo viene abitualmente fatto. Dopodiché la
receptionist fornirà loro il numero della stanza e lì potrebbero incontrare delle
sorprese. Nelle stanze può mancare qualcosa, il bagno ad esempio, e gli studenti
dovranno, aiutati dal docente, capire come reclamare in modo cortese o, se
necessario, adirandosi un po’. Un percorso realistico che li conduce, passo, passo,
verso un viaggio virtuale che sarà sicuramente utile nella vita reale.
106
Attraverso un approccio situazionale vero e proprio gli studenti imparano a
comunicare con parlanti nativi, a risolvere problemi, a litigare, a chiedere e dare
informazioni in modo totalmente induttivo. La possibilità di “nascondersi” dietro
un avatar, inoltre, non crea vergogne e timori e il silent period diventa un
argomento ormai superato. Tutti comunicano fin da subito, tutti si “lanciano” in
questa avventura e la possibilità di farlo rimanendo nella propria nazione
consente, anche a chi non può viaggiare, di scoprire nuove realtà, nuovi posti,
nuove culture, nuove lingue. Questa è l’esperienza vissuta da un gruppo di
studentesse di un College di Dubai provenienti da famiglie molto conservatrici e
che non consentono loro di viaggiare. Second Life è stato un modo per “vedere
oltre” ed entrare in contatto con una “realtà” diversa da quella cui sono state da
sempre abituate.
Mark Karstad, Coordinatore dell’apprendimento e-learning della scuola femminile
di Dubai, ha sperimentato l’ingresso di ragazze degli Emirati Arabi Uniti
all’interno di un mondo fatto sì di istruzione, commercio, arte, ma anche di luoghi
lascivi e di abbigliamenti succinti. Karstad si è posto la questione su come
avessero potuto reagire ragazze abituate al rigore della loro cultura di provenienza
di fronte ad un mondo come quello di Second Life.
Prima di cominciare il percorso il docente ha fin da subito informato le ragazze
circa situazioni che avrebbero potuto offendere la loro religione e la loro cultura e
che per superarle sarebbe bastato un semplice teleport in un altro luogo. In realtà
le studentesse si sono dimostrate molto interessate a questo nuovo mondo e la
107
prima cosa che hanno fatto è stata quella di comprare vestiti occidentali per i loro
avatar e, soprattutto, abiti da sposa. Abiti che scoprivano, più che coprire, i loro
alter ego e che le ragazze decidevano di indossare anche al di fuori del College
virtuale. Le studentesse si sentivano libere di vestire come preferivano con il
desiderio di “confondersi” tra gli altri: i loro avatar scoprivano l’ombelico,
indossavano una minigonna o una maglia più scollata, tutti indumenti che
lasciavano il posto ad abiti tipici quando dovevano partecipare a conferenze o
lezioni in presenza dei loro docenti della Real Life.
108
L’esperienza per le ragazze è stata certamente entusiasmante, le ha fatte crescere
soprattutto a livello sociale dando loro la possibilità di incontrare gente, scambiare
opinioni, vedere nuovi luoghi che, nella vita reale, forse, non potranno mai
visitare.
Le frontiere dell’e-learning continuano ad espandersi e i limiti, a volte, sembrano
quasi non esistere. L’idea di un italiano che può parlare con un giapponese e che
può visitare contemporaneamente luoghi tipici del Giappone pur rimanendo in
Italia non sarebbe stata pensabile qualche anno fa. Far visitare Roma antica45, con
abbigliamenti tipici, le statue, il Colosseo ancora intatto, le strade, le terme a degli
studenti stranieri o italiani durante un corso di storia o di lingua rende la lezione
più entusiasmante e coinvolgente. Poter salire sulle piramidi azteche-maya mentre
la guida, in spagnolo, spiega i segreti di una cultura antica e che ancora affascina.
Poter visitare i luoghi lontani, imparare le lingue straniere “entrando” nel Paese e
stabilendo un contatto con la popolazione madrelingua che non solo ci aiuterà a
parlare meglio, ma ci insegnerà a comunicare in tutte le circostanze attraverso un
apprendimento più che mai induttivo.
45 Si veda il caso di studio 1 in appendice a questa tesi.
109
CAPITOLO 5
Una nuova professione: l’online couserware builder Esperienze di tutorship con gli studenti di TDL dell’Università di Palermo.
“Di nessuna nozione potrei compiacermi, per quanto straordinaria e vantaggiosa,
se ne avessi conoscenza per me solo.” Lucio Anneo Seneca
5.1 L’università telematica: azioni e attori
Prima di ulteriori fasi è importante dare risalto al Decreto Ministeriale (il D.M.
17/04/2003 – anche detto Decreto Moratti-Stanca) sulle “università telematiche”
che ha dato risalto all’ E-learning più di quanto fosse stato fatto precedentemente,
almeno per quanto riguarda il dibattito sull’utilità o meno della formazione a
distanza (che non è necessariamente E-learning).
Finora sono state poche le adesioni ai progetti di FaD da parte delle università
italiane, ancor meno quelle meridionali, che, salvo pochi e costosi interventi, non
si sono ancora messe in carreggiata in maniera definitiva nella ricerca di un
metodo di formazione al di fuori delle mura delle aule. Sicuramente ancor prima
di pensare ad un progetto formativo a distanza si devono trovare dei docenti
motivati al cambiamento e esperti in modo da estendere il nuovo tipo di
formazione gradualmente, condividerlo e portarlo a diventare un vero e proprio
valore aggiunto, che, partendo dalla forza docente si estenda al fruitore medio,
cioè lo studente ma anche ad altri target di corsisti (ad esempio i corsi di
specializzazione informatica come l’ECDL), che possono avere come serio punto
di riferimento l’Università.
La didattica va quindi riorganizzata e sulla base delle nuove pratiche e-learning, le
tre macro azioni dell’organizzare, del condividere e del valutare, sempre attive nel
processo di insegnamento-apprendimento, vanno riadattate all’impegno del
docente, del tutor e dello studente
110
Organizzare un’ ambiente di apprendimento è relativo all’attivazione delle risorse,
alla loro distribuzione nell’ambiente e alla indicazione delle attività da svolgervi.
Si tratta, in un contesto di E-learning, di un’attività continua, la quale tocca sia le
figure di base(docente, tutor, allievo), sia le figure gestionali di progettazione e
coordinamento, chiamate a contribuire all’allestimento dell’ambiente e dei suoi
contenuti in varia misura e tempi e in funzione degli spazi di negoziazione che si
vengono a creare. La prospettiva dell’organizzazione presenta altresì un risvolto
riflessivo, nel senso che comporta anche un organizzarsi, sia da parte dello
studente, che può organizzare il proprio studio cogliendo le opportunità che un
ambiente così configurato gli mette a disposizione, sia da parte del docente, che
riceve un forte stimolo a pianificare, sistematizzare e formalizzare il proprio
intervento.
Il legame fra organizzazione dell’ambiente di apprendimento e attività formativa è
evidente, a partire dal fatto che, a seconda del tipo di didattica assunta, le modalità
di strutturazione dell’ambiente cambia, anche sensibilmente. La condivisione non
va quindi necessariamente intesa come scelta metodologica forte: le didattiche
centrate sull’interazione e sulla partecipazione possono non essere attivate
all’interno di un corso, ma non per questo viene a mancare la condivisione.
L’ambiente è condiviso, la conoscenza è condivisa, la frequenza è condivisa. In
altre parole, tutto il contesto è condiviso. Sono gli approcci a tale condivisione, i
modi di interpretarla a mutare: si tratta di vedere, pertanto, se questa compresenza
di tipo “logistico” (molte persone coinvolte nella medesima esperienza che si
attua nei medesimi ambienti) venga valorizzata anche come dimensione
formativa, come forma di approccio al sapere e come stile operativo. In questo
caso il condividere può assumere il suo pieno significato, evolvendo
progressivamente da puro stato o necessità a linea di azione, improntato alla
convivialità e alla negoziazione.
Un ulteriore passaggio è dato dal controllo sulla significatività dei modi di essere
presenti nell’ambiente organizzato. Si apre, così, il campo relativo alla
valutazione, descrivibile nei termini di evaluation (monitoraggio della qualità
111
della formazione) e di assessment (misurazione delle prestazioni). Anche l’azione
del valutare copre il tempo dell’intera attività formativa e riguarda tanto le figure
docenti quanto quelle discenti, sia nel senso dell’autovalutarsi, sia in quello del
valutare diffusamente le situazioni per poter scegliere i comportamenti da tenere.
Come si vede, le azioni delineate non sono appannaggio solo del docente, che
organizza l’ambiente, condivide la conoscenza e valuta l’apprendimento. Invece è
aperta la prospettiva di un pieno coinvolgimento dello studente in questi ambiti
d’azione: lo studente come soggetto che contribuisce alla strutturazione
dell’ambiente di apprendimento e del proprio contesto, che si pone come
interlocutore per la costruzione del sapere, che decide, valuta e si auto-valuta.
Sinteticamente tradotto in termini di competenze, il profilo dello studente si
caratterizza per la sottolineatura del saper organizzare e organizzarsi, del saper
condividere e del saper valutare e valutarsi: competenze pienamente trasversali,
che vanno poi ad incrociarsi con quelle che i singoli corsi propongono. Tutto
questo, sebbene faccia parte del bagaglio classico dello studente, ha a che vedere
con le tecnologie: la frequentazione dell’ambiente di apprendimento e delle sue
aule assume infatti una forte connotazione sociale e richiede interventi di diversa
natura, per comprendere il cui significato occorrono consapevolezza e sguardo
d’insieme.
Possiamo riassumere nella figura 7 la logica che tiene insieme le tre macroazioni.
La presenza delle frecce vuole rendere ragione della reciprocità delle tre azioni,
nel senso che la valutazione retroagisce sui modi di presenza nell’ambiente e
questi ultimi generano, a loro volta, una riorganizzazione attiva dell’ambiente
stesso. A conferma, questo, della loro persistenza lungo tutta la durata del
percorso di formazione.
112
Figura 7
5.1.1 I lavoratori del simbolico
I lavoratori del simbolico prendono il loro nome dal fatto che lavorano con beni
immateriali, come ad esempio la marca, il prodotto culturale, tutte merci che
ricavano il loro valore da ciò che rappresentano piuttosto che da ciò che sono,
quindi i lavoratori del simbolico( così nominati da Erik Neveu) sono figure
professionali che costruiscono, valorizzano distribuiscono questi beni, non
materiali ma piuttosto costruiscono significati. Appartengono a queste figure
professionali,ad esempio, giornalisti, operatori del turismo e varie altre figure.
Questi profili professionali non hanno contorni ben definiti visto che il loro lavoro
può essere svolto in un contesto spazio-temporale non fisso e con schemi non
predefiniti, possono lavorare ad orari flessibili e in posti flessibili, come ad
esempio da casa a mezzanotte. Questo rende difficoltoso il parametro di gestione
dei compensi economici. Questi operatori trattano informazioni, oltretutto hanno
anche competenze non ben definite e fisse, possono essere operatori informatici
che conoscono il marketing e la comunicazione, oltre che altre competenze varie,
quindi vengono ritenuti profili professionali ibridi, con competenze integrate.
Come detto prima, queste figure professionali devono essere dotate di alta
flessibilità, con prestazioni variabili in base alle esigenze del lavoro e
dell’azienda.
Organizzare Disposizione di
ambienti e di risorse
Condividere Modi della presenza
nell’ambiente organizzato
Valutare
Controllo sulla significatività nell’ambiente organizzato
113
In base a queste considerazioni notiamo un paesaggio professionale specifico del
mondo E-learning, che si basa sulla nuova cultura del simbolico: la componente
materiale (materiali, hardware) diventa, nel caso dell’E-learning solamente una
condizione per la generazione del processo (costituito da organizzazione,
condivisione, valutazione), “il valore” di tutto sta nel processo, cioè nel modo in
cui i significati vengono realizzati, fatti circolare, resi oggetto di apprendimento.
I profili professionali dell’E-learning sono rappresentati da figure di management,
di amministrazione, di intermediazione.
Il management della impresa digitale (quindi anche dell’università quando
riorganizza se stessa e eroga corsi di E-learning) è un fenomeno molto complesso.
Supponiamo di dover varare un corso di laurea in E-learning. Esso richiederà, in
primo luogo, compiti di progettazione e supervisione che si esplicitano attraverso
l’organizzazione del lavoro e il coordinamento delle diverse competenze, dalla
gestione del budget alla realizzazione del prodotto. Il project leader, assume
diversi compiti e si avvale, per gestirli, di una serie di altre figure. La più
importante di esse è quella del Project manager, al quale spetta il compito di
seguire lo svolgimento del progetto seguendo le risorse, coordinando il training
cui sottoporre i docenti coinvolti, verificando il budget e controllando
l’avanzamento dei lavori in relazione con gli step previsti.
Altre figure più tecniche sono quelle del technical analyst (la cui funzione è
quella di vagliare idee e ipotesi in funzione delle nuove opportunità di sviluppo),
del change manager (valuta l’impatto delle nuove tecnologie sull’organizzazione
individuando e realizzando azioni strategiche volte all’assorbimento del
cambiamento), del controllore di gestione (che lavora sul progetto valutandone la
fattibilità in relazione ai costi e benefici): tutte e tre queste figure lavorano
nell’area del monitoraggio e costituiscono, dunque, assieme agli on-line tutor che
monitorano l’interazione degli studenti nelle attività di condivisione, l’asse
portante di quel lavoro di valutazione del processo che ha una alta funzione
strategica.
114
Passando alle non meno utili figure coinvolte nella amministrazione, troviamo le
figure del web master e dell’ instructional designer. Sono figure chiave del
processo di produzione, in quanto responsabili dell’architettura formativa e
tecnologica del corso, del back up dei dati e dell’amministrazione degli utenti. Nel
loro lavoro coordinano i web programmers e i web editor, cioè coloro che
materialmente lavorano sulle architetture di rete e sulle pagine da mettere in linea.
Per quanto riguarda le figure cosiddette di “intermediazione”, hanno attività di
servizio che riguardano la raccolta, redazione e pubblicazione delle informazioni
in rete, costituenti un passaggio strategico per le imprese della new economy:
solamente la prima di queste figure è importante per la gestione dell’E-learning,
visto che ha funzioni di selezione delle risorse in internet per la didattica e nella
costruzione e archiviazione dei learning object (LO) a partire dai quali produrre i
corsi. Per quanto riguarda il primo tipo di attività, essa suppone che i centri di
ateneo incaricati di promuovere corsi in E-learning mettano a disposizione dei
docenti dei repertori di link funzionali alla organizzazione della loro didattica:
questo tipo di servizio richiede un lavoro rigoroso di navigazione in rete effettuato
da figure ( i surfer) specializzate nelle tecniche di ricerca in internet; queste figure
sono funzionali allo sviluppo di web portal. Quanto alla gestione degli LO, questa
richiede la figura del database manager che sia responsabile dell’amministrazione
dei contenuti all’interno di un content management system.
Il lavoratore del simbolico in qualche modo costituisce e fa legittimare una figura
professionale che prima non esisteva generando se stesso in quanto figura
professionale a partire da questo modello. Si tratta di una caratteristica tipica delle
organizzazioni di impresa della new economy che ben conoscono anche quelle
università che già hanno svolto attività di E-learning: più attività cresce e si
struttura, più richiede una moltiplicazione e una specializzazione delle figure che
devono seguire il processo dalla progettazione all’erogazione.
115
5.2 Vecchie e nuove figure per la didattica universitaria
Nello scenario precedentemente tratteggiato, che vede combinare autoformazione
(self E-learning) e acquisizione collaborativa del sapere (shared E-learning) e
affacciarsi in un contesto votato alla comunicazione uno-a-uno e molti-a-molti, le
figure che tradizionalmente “vanno in scena”, e cioè il docente e lo studente, si
ridisegnano.
Innanzitutto il nuovo profilo del docente universitario scaturisce dal resettaggio
delle sue abitudini di progettazione, erogazione e valutazione, e dal fatto stesso di
doversi interfacciare con alcune delle nuove figure dell’e-learning e segnatamente
con il project manager, l’on line tutor e l’instructional designer.
Inoltre le necessità di animazione socio-cognitiva in presenza, in teleconferenza e
on line fanno emergere sempre più come determinante per il successo formativo la
figura del tutor, declinata nelle diverse aule (per cui al tutor di rete si affiancano,
con compiti assai diversi, il tutor d’aula centrale e quello d’aula remota). Lo
stesso studente, come vedremo più avanti, diviene utente di un campus e si
amplificano i suoi spazi di autonomia e, nello stesso tempo, di interdipendenza
con gli altri studenti.
Tutordella
segreteria
TutorTecnologico
E-learningManager
Designer di risorse
digitali
Docente
Tutoresperto
TutorAssistente
Progettista di attività
Gruppo di lavoro
116
Queste tre figure, studente, docente e tutor, sono quelle che vivono direttamente
l’esperienza didattica, che partecipano in prima persona nella vita della comunità
di apprendimento. L’appartenenza comune ad un ambiente non soltanto
tecnologico ma anche relazionare, come la partecipazione ad attività centrate sul
gruppo, spinge a interpretare la dinamica classica
dell’insegnamento/apprendimento come una “impresa comune”, in cui la
reciprocità gioca un fattore primario. Per questo la situazione formativa richiede
un modo di “stare” in essa che è proprio del docente quanto dello studente e del
tutor, pur con le distinzioni del caso. Anzi, proprio il modo di abitare l’ambiente
di apprendimento si configura, a sua volta, come abilità trasversale fondante ed
esportabile. Relativamente all’organizzare, gli atteggiamenti (che se fatti propri
diventano azioni) rivolti all’ambiente e alle risorse possono essere riconducibili
ad:
a) allestire: ad agire, qui, è innanzitutto il docente con il suo staff, che progettano,
predispongono (prima dell’erogazione) e mantengono (incorso d’opera) gli
ambienti e le risorse; dal canto suo il tutor allestisce il sistema di comunicazione
con gli studenti e fra i docenti e altre figure e tra se stesso e l’equipe didattica. Lo
studente entra in gioco nell’allestire ambienti quanto si opta per situazioni che
richiedano interventi di progettazione, di web writing, di classificazione di
documenti, ecc;
b) frequentare: questo atteggiamento è incarnato naturalmente dal tutor (in
particolare on line), che attraverso la navigazione costante delle aree di scambio e
delle tracce lasciate dagli studenti è in grado di monitorare la congiuntura. Anche
lo studente è chiamato a frequentare per antonomasia, ma non si tratta più
(solamente) della frequenza tradizionale di lezione, bensì (anche) di una frequenza
in rete per aggiornarsi su novità, scadenze e avvenimenti e quindi poter
organizzare al meglio il proprio lavoro;
c) animare: la distribuzione di risorse e la loro lettura e consultazione si
completano nella messa in campo di strategie d’uso delle risorse stesse; a questa
opera di vitalizzazione sono chiamati a partecipare sia il docente che il tutor, ma
117
anche lo studente, che hanno a disposizione spazi per l’interazione in cui,
innanzitutto, prendere parte alle iniziative proposte e, secondariamente, scambiarsi
prospettive, avanzare ipotesi, prospettare soluzioni nuove.
Per quanto riguarda il condividere, entriamo maggiormente nel campo del modo
di relazionarsi con gli altri membri della comunità di apprendimento. Anche qui
gli stili che emergono non sono solo appannaggio, ad esempio, dello studente o
del tutor, ma anche del docente, che attraverso questa via contribuisce a creare le
condizioni dello sviluppo della comunità. In particolare, a questo livello, si
evidenziano queste azioni-atteggiamento.
a) Rischiare la comunicazione: rischiare la comunicazione è una facoltà che non
appartiene a tutti: spesso risulta più semplice non esporsi, non rivelare le proprie
debolezze. L’animazione e la moderazione degli scambi spetta principalmente al
tutor, ma tutti possono portare il proprio contributo in direzione della costruzione
di un clima caratterizzato da “scambio della fiducia”, che trova robusto
giovamento da momenti di conoscenza face-to-face e dalla frequenza costante
degli ambienti di community.
b) Sospendere criticamente il giudizio: secondo Rovetta per arrivare a una
comunicazione improntata a qualcosa di simile a una “simpatia immaginativa” da
tenere nei confronti dell’altro, con il quale si condivide una comune umanità, è
necessario far propri modi relazionali improntati alla sospensione critica del
giudizio, quali la condivisione pubblica di difficoltà e problemi che si incontrano;
l’abitudine a formulare espliciti richiami a interventi di altri partecipanti (non
necessariamente positivi); un adeguato distacco dal se e dal narcisismo che
accompagna ogni identificazione (generata dal timore di perdere la propria
identità nel momento in cui si “comprende” il punto di vista dell’altro).
All’analisi del valutare ne emerge che tanto i docenti quanto gli studenti e i tutor
si fanno carico di atteggiamenti di valorizzazione e di collegialità. Il docente e
anche il tutor costituiscono il primo modello di competenza relazionale, anche in
virtù della loro capacità di valorizzare i singoli (non solo tramite la lode al
contributo esemplare,ma anche e soprattutto tramite la creazione di spazi dove
118
siano richiesti piccoli interventi routinari per consentire a chi si espone meno di
affacciarsi on line), di intervenire valutativamente quando necessario (astenendosi
anche dal farlo quando non richiesto), di ascoltare, ecc. allo stesso modo gli
studenti incarnano modalità di apprezzamento nei confronti dello staff e delle
gerarchie che si riflettono in stili collaborativi piuttosto che gregari o critici, etc.,
inoltre una prima forma di valutazione, con la quale spesso si aprono molte
situazioni di formazione,consiste nello stabilire collegialmente le decisioni da
prendere, mettendo a confronto le possibili situazioni e comparandole. Da un
patto formativo effettivamente negoziato fra i diversi attori è possibile che esca
una presa di coscienza della propria responsabilità nei confronti della stessa
azione formativa, perché inquadrata entro coordinate formalizzate e condivise, in
cui ciascuno occupa un ruolo e quindi percepisce interdipendenza positiva nei
confronti degli altri (non solo fra studenti ma anche fra studenti-tutor-docenti).
5.2.1 Il docente e l’equipe didattica
Nel passaggio dall’aula tradizionale all’aula dell’E-learning universitario, la figura
che viene maggiormente configurata è quella del docente, tant’è vero che spesso si
preferisce parlare di equipe didattica. Il sostantivo collettivo mette l’accento su
due facce della stessa medaglia: da una parte, assistiamo a una rapido articolarsi
dei ruoli e funzioni del docente, dall’altra, di conseguenza, al crearsi di un team in
cui compare una pluralità di figure coinvolte nella progettazione, gestione,
valutazione di un processo formativo.
Oltre al tradizionale ruolo didattico, il docente è ora sollecitato dal nuovo compito
a rivestire altri ruoli, di tipo sociale, gestionale e tecnologico. Questi ruoli nella
didattica tradizionale non erano assenti, ma nell’E-learning assumono rilevanza
considerevole, divenendo moltiplicatori di opportunità. Lo steso ruolo di gestione
della didattica si disarticola in forme nuove: se la didattica è predisposizione di
strategie e azioni per favorire l’apprendimento del discente, allora vediamo che
non possiamo scindere il ruolo didattico del docente dagli altri che gli sono
peculiari e che in esso confluiscono. Anzi, per questa via giungiamo finalmente a
119
dire della complessità e ricchezza della didattica. Pensando, dunque, al ruolo
didattico come meta-ruolo, si possono identificare in esso almeno quattro ruoli
specifici:
a) ruolo sociale: nei vari scenari in cui vengono ad operare, il docente o i suoi
collaboratori lavorano in vista della formazione del gruppo degli studenti (o
community), pensato come risorsa di apprendimento (anche di tipo informale) e,
insieme, come luogo di “benessere” affettivo, che si manifesta nei rapporti in
presenza come in quelli in rete;
b) ruolo tecnologico: l’equipe didattica si incarica di effettuare controllo e
assistenza relativamente al funzionamento e all’uso delle tecnologie. Di frequente
questa funzione è svolta da un tutor tecnologico o da un web master, ma il docente
ad esempio in videoconferenza, cercherà presto di rendersi minimamente
autonomo anche nella gestione dei problemi tecnici, se non altro per garantire
fluidità alla lezione;
c) ruolo gestionale: al docente, nello scenario articolato che è emerso, viene
chiesto di “tenere insieme” le varie componenti, indicando il senso e le
destinazioni delle varie risorse e situazioni che via via si affacciano nell’ambiente
di apprendimento. Si tratta di un’attività a forte valenza metacognitiva, che
richiede spazio adeguato;
d) ruolo culturale: con questa espressione si fa riferimento al dato culturale che
sempre impregna di se la prassi formativa universitaria e che si esprime, da una
parte, nel trasferimento delle conoscenze, dall’altra nel compito di indicare
modelli in grado di produrre la riflessione sulle culture, sul loro reciproco
rapporto, sulle conseguenze etiche e sociali che ne derivano.
5.2.2 Cosa deve sapere
Il docente universitario nel contesto di E-learning, se da un lato conserva la
propria specificità di ricercatore, dall’altra vede crescere di rilevanza la
120
dimensione metodologica. Ciò vale in particolar modo se si adottano soluzioni di
blended learning, in cui vi sia una alternanza dosata fra moduli in presenza e a
distanza, per cui la lezione live mantiene una sua centralità. Piuttosto, si tratta di
capire come essa può essere interpretata alla luce del mutato contesto, in cui gli
studenti non sono tutti in aula, le relazioni si estendono oltre il tempo della
lezione, la rappresentazione del sapere segue strade alternative o integrative
dell’oralità. Esistono quattro campi di competenza caratterizzanti il docente
impegnato in situazioni di E-learning:
a) sapere lavorare in team: a un primo livello, il docente è a contatto diretto con
una serie di persone che con lui preparano e gestiscono l’attività didattica (ad
esempio, instructor che gestiscono il corso on line, esperti di contenuto a cui
possono essere delegate parti del corso, i tutor di rete o d’aula, i tecnici che
provvedono alla composizione dei materiali, ecc.); a un secondo livello troviamo
le figure di sistema che lo supportano lungo la durata del corso (in particolare il
project manager,per l’assistenza didattica, e le figure di amministrazione e di
gestione,con le quali può venire occasionalmente a contatto in diversi momenti
dell’attività). Il terzo ambito del saper lavorare in team, per il docente, è costituito
dagli studenti stessi: l’Elearning mette a disposizione risorse che , corroborate
dalle teorie pedagogiche costruttiviste, inducono ad immaginare momenti di
confronto e riprogettazione come l’allestimento di attività centrate sulle pratiche e
sulla ricerca condivisa;
b) saper porgere la disciplina in modo esplorativo: la disponibilità di spazi per
l’interazione svincolati da limitazioni di tempo e luogo permette al regista
didattico di disporre di una certa varietà di soluzioni metodologiche per distribuire
i diversi momenti dell’attività didattica (contestualizzazione, esposizione dei
contenuti, problematizzazione, approfondimento, group work, etc.). Ad esempio
diventa possibile immaginare uno spostamento sull’on line della presentazione di
alcuni contenuti per riservare alla lezione live il momento del confronto e
dell’ascolto di testimonianze. Oppure, in altro tipo di situazione, dedicare la
lezione live alla fornitura delle linee metodologiche d lavoro per riservare al
gruppo di lavoro virtuale un modulo cooperativo. Alla base, assistiamo all’aprirsi
121
di piste realmente percorribili per l’abbandono del paradigma trasmissivo, in
favore di un paradigma esplorativo che valorizzi le potenzialità organizzative e
gestionali delle nuove tecnologie della rete;
c) saper governare i contenuti in formato multimediale: la necessità di
agevolare la comprensione dei contenuti tramite LO favorisce il ricorso a sistemi
di rappresentazione delle conoscenze accessibili a tutti gli studenti e adeguati alle
situazioni di ricezione (teleconferenza piuttosto che corso On line). Il ricorso a
differenti sistemi di rappresentazione si concretizza soprattutto nell’uso di
presentazioni multimediali e ipertestuali, integrabili con grafici e tabelle, filmati e
fotografie, ecc. l’ancoraggio visivo e l’ esplicitazione della logica discorsiva
fungono da rinforzo alla erogazione dei contenuti, ma accompagnati da una
struttura chiara e sistematica e da un’impostazione grafica leggibile e leggera.
Inoltre è determinante il metodo con cui vengono gestite le lezioni live supportate
da taluni di questi materiali; alcune regole in questo senso riguardano il
coordinamento dei tempi fra esposizione orale del docente e scorrimento dei
materiali, l’adeguatezza del ritmo espositivo del docente, i riferimenti continui
dell’esposizione orale ai materiali proiettati;
d) saper gestire i tempi: la gestione dei tempi è da tempo considerata un
problema, se non “il” problema dell’E-learning. La questione ha risvolti
significativi sia per il docente che per lo studente. Per il primo si pone il problema
di coordinare adeguatamente i tempi della progettazione, che va effettuata con un
certo anticipo, per via della preparazione dei materiali. Una buona gestione dei
tempi ad opera del docente ricade positivamente sul secondo in special modo nel
caso di attività on line autogestite, nelle quali il docente e il tutor non
intervengono nel corso dell’attività ma hanno il compito di determinare le
scansioni e le scadenze di cornice, e di sollecitare il rispetto dei tempi decisi dagli
studenti.
122
5.2.3 Cosa fa
Con un occhio rivolto ai paragrafi precedenti ma molto in breve, approfondiamo
le azioni che deve svolgere il docente universitario in situazione di E-learning.
Rispetto all’organizzare il docente deve progettare le fasi del lavoro: posizione
del problema, identificazione degli strumenti per risolverlo, attività, condivisione
degli esiti e inquadramento finale (“tirare le somme”). A un livello più
distributivo troviamo l’attenzione a strutturare l’azione didattica di modo che ogni
utente, nella sua situazione di fruizione e operatività, possa essere valorizzato e
messo in condizione, da una parte, di eseguire le attività, e da’altra di essere utile
alla comunità; il docente inoltre dovrà coordinare momenti espositivi e momenti
operativi tracciando le linee generali e privilegiando le attività di costruzione di
esempi ed ipotesi quali compiti esclusivi degli studenti. Per quanto riguarda il
condividere, il docente è chiamato a instaurare situazioni di confronto e scambio
coon i docenti degli altri corsi. Ciò avviene solitamente in incontri in presenza di
verifica e progettazione e potrebbe costituire uno strumento interessante da
sperimentare l’apertura di una community on line riservata ai docenti, in cui essi
possano confrontarsi e scambiarsi materiali. Nell’E-learning il docente (o il
teacher assistant) è “uno che scrive”, nel senso che alla parola orale si affianca (o
si sostituisce) la scrittura (verbale o multimediale), tramite la quale egli (nelle
presentazioni piuttosto che on line) intesse relazioni con i suoi studenti. In
particolare aggiorna e fa manutenzione della piattaforma, risponde a e-mail,
descrive i contenuti di una unità, redige la newsletter per informare, ricordare
scadenze, ecc.; questa incessante attività di scrittura ha, si, le utilità funzionali
dette, ma soprattutto costituisce un terreno di scambio per stabilire un legame, una
vicinanza con chi legge, in primis per gli studenti. Per concludere, il valutare, si
scandisce, nella prospettiva del docente, in tre aspetti che convergono intorno
all’atto finale dell’esame:
a) Incentivare: al docente spesso si pone il problema di motivare lo studente
affinché si impegni in attività di elaborazione in itinere (partecipare ad una
discussione tematica su di un forum, redigere un “paper”, condurre indagini, etc.).
123
Ciò comporta la predisposizione delle griglie di valutazione e di forme di
comunicazione delle attribuzioni dei punti.
b) Esplicitare: rispetto all’intera attività di valutazione, spetta al docente
comunicare allo studente i criteri con cui lo valuterà. Ciò vale sia per le situazioni
di valutazione intermedia sia per quelle di valutazione finale. Naturalmente è
sempre possibile, come accade in alcune esperienze, valorizzare questo aspetto e
negoziarlo (integralmente o per alcuni aspetti) con gli studenti stessi. Questa
seconda ipotesi si fa praticabile nel momento in cui la struttura dell’azione
didattica è fortemente partecipata e coinvolge come co-decisori docenti e studenti
(ad esempio nelle comunità di pratiche);
c) Esaminare: il momento dell’esame costituisce un passaggio delicato, oltre che
per i vincoli burocratici, per la conduzione stessa della prova finale. A seconda
che si tratti di test scritto o di colloquio orale, saranno diversi, la situazione e
l’apparato tecnologico. Dal punto di vista della situazione del test scritto
(eseguibile anche da sedi remote) potrà essere presente il docente o un suo
delegato, salvo poi concludere l’esame alla presenza del docente. Quest’ultima è
richiesta comunque nel caso del colloquio.
5.3 Lo studente
L’incontro fra studente universitario ed E-learning può avvenire a diversi livelli:
dalla frequenza a un corso tradizionale in presenza in cui si faccia uso delle
tecnologie di rete fino alla partecipazione a un corso di laurea a distanza.
Raccogliamo questo spettro di soluzioni sotto la nozione ormai nota di “università
aperta”. Rispetto all’utenza l’università aperta nelle sue varie forme, offre
opportunità di frequentare le proprie proposte, curriculari come di formazione
permanente, a categorie sociali prima escluse o svantaggiate (i lontani
geograficamente, gli studenti lavoratori, etc.).
124
Ricordiamo la condizione particolare che ha lo studente di primo anno: l’ingresso
in università infatti è da solo già un bel banco di prova, perché implica per il
soggetto il venir meno delle condizioni ambientali (dimensioni conoscenze,
relazioni con i docenti e con il gruppo alla pari) proprie della scuola superiore e
richiede l’apprendimento di particolari capacità che gli consentiranno di
“sopravvivere” in un ambiente profondamente diverso rispetto a quello scolastico.
La vita universitaria, infatti, esige una notevole capacità di auto organizzazione e
di autonomia da parte dello studente, che deve imparare a gestire il proprio tempo,
curare i rapporti con l’amministrazione, etc. Questo, in presenza di tecnologie ha
una prospettiva che può essere intesa in due opposti: da una parte come ulteriore
appesantimento del carico di gestione di se, generato dalla presenza di scenari
tecnologici poco familiari e necessitanti di precise competenze alfabetiche;
dall’altra forma di apprendistato del nuovo modello di auto-organizzazione che
l’università richiede. In definitiva lo studente può essere messo nelle condizioni di
vivere come fruitore, partecipante o autore il suo rapporto con gli ambienti di E-
learning, a seconda del diverso grado di coinvolgimento attivo che gli viene
concesso nella costruzione della conoscenza e, di conseguenza, della
personalizzazione dei suoi percorsi di apprendimento.
Nella veste di fruitore lo studente accede alle risorse organizzate nell’ambiente da
parte dello staff, e se ne serve per organizzare la propria attività; il contributo
dello studente all’ambiente di apprendimento è limitato agli spazi di interazione in
cui può far sentire la sua voce. In questo ambito lo studente può essere anche
chiamato a organizzare lui stesso elementi dell’ambiente collettivo, secondo due
modalità: partecipando alla configurazione della piattaforma con proposte di
miglioramento (raccoglibili in un forum, di cui egli stesso redige il manifesto)
oppure organizzando un’area di gruppo, nella quale sia possibile inserire propri
materiali, aprire sessioni di chatting, o di forum , etc. Vediamo in questo caso un
maggior coinvolgimento, nel senso che vengono ad aprirsi spazi di attività
collaborative. Sebbene siano solitamente decise dallo staff e spesso siano
incastonate all’interno del modello corsale, si tratta di attività che valorizzano il
contributo dello studente,emancipandolo da quella posizione di terminale di
ricezione delle informazione nella quale in molti casi rischia di essere confinato.
125
Infine lo studente può essere un “autore” delle attività e-learning, in questo caso lo
studente diventa a pieno titolo organizzatore dell’ambiente e si cala nei panni del
docente, di cui ha potuto osservare lo stile di organizzazione dell’ambiente
collettivo. Perché questo accada è però necessario che, all’interno del learning
management system in uso, egli venga promosso al rango di instructor, cioè
ch’egli venga riconosciuto lo stesso profilo utente dell’equipe didattica in modo
che possa svolgere mansioni di edizione e di gestione che solitamente nelle
piattaforme sono appunto riservate allo staff del docente. L’alternativa è quella di
rivolgersi alla rete e servirsi di piattaforme open source nelle quali iscrivere gli
studenti come teachers e affidare loro l’intera strutturazione dell’ambiente.
5.3.1 Cosa deve sapere
Uno dei tratti tipici dell’E-learning è costituito dall’aumentata indipendenza degli
allievi. Gli studenti possono contribuire in prima persona al successo della propria
formazione acquisendo, con la collaborazione della struttura universitaria e del
126
tutor, la capacità di concepirsi come “utenti di un campus”, piuttosto che come
tradizionali ”studenti”. La metafora stessa del campus virtuale visualizza
efficacemente il contesto entro cui si muove l’utente di E-learning.
In questo quadro, le competenze di base che qualificano il profilo dello studente
universitario in contesto E-learning saranno di tipo organizzativo, di conoscenza
dell’ambiente tecnologico e ovviamente collaborativo: saper operare con gli altri
verso uno scopo comune non può che essere elemento di successo per tutti gli
attori del processo di insegnamento/apprendimento.
5.3.2 Cosa fa
Lo studente, meglio definito precedentemente come utente del campus, decide di
agire sul palcoscenico dell’evento formativo per tutta la sua durata o solo per
alcune parti (la frequenza è, in questo senso, variabile). Pertanto non è facile dire
con precisione cosa faccia esattamente durante il periodo di formazione: in non
pochi casi, anche in contesto di E-learning, essa si risolve in studio di alcuni testi
in bibliografia, unitamente alle attività obbligatorie che il sistema di crediti
impone.
Dal punto di vista dell’organizzare, l’agire dello studente si traduce in attività
orientate alla pro positività. Frequentemente, nelle situazioni d dialogo live o
telematico, si ingenerano overload comunicativi e si percepisce un senso di
inconcludenza. In questi frangenti è frequente l’intervento spontaneo di qualche
studente che cerca di contribuire alla discussione facendo osservazioni non tanto
sul merito quanto sul metodo, in modo da recuperare un senso a quanto accade.
Questo esempio è portato per dire come un modo dell’organizzazione da parte
dello studente stia nel cercare di mettere ordine nella complessità, esercitando un
vero e proprio controllo metacognitivo sugli eventi. La community, che è lo
spazio di organizzazione che si apre allo studente in modo naturale, vive
dell’iniziativa dei singoli, in una logica di comunità di pratica, dove per pratica si
intendono le condizioni personali e professionali (da studente, in questo caso). Il
127
contributo che viene dagli studenti, se percepiscono la community come propria,
riguarda la sua strutturazione e animazione interna, in modo da ordinare il flusso
delle comunicazioni e dei materiali da pubblicare provenienti dai membri. Ogni
studente sul piano razionale, contribuisce:
rispondendo positivamente alle attività proposte, lasciando possibilmente
tracce di se (solitamente testuali) nell’ambiente;
mettendo a disposizione conoscenze e competenze a beneficio degli altri
studenti;
negoziando le finalità e i metodi di un progetto comune;
accettando un sistema di regole di comportamento e, se possibile,
partecipando alla sua elaborazione;
b) sul piano affettivo, partecipa:
raccontando di se stesso;
legittimando la partecipazione periferica, cioè di persone non al centro
del sistema di relazioni;
sentendosi co-responsabile dell’andamento di un’attività.
A conclusione, per quanto riguarda la valutazione, lo studente è tenuto ad:
Autovalutarsi: coma già più volte visto nel corso della discussione, il
docente e i suoi collaboratori possono mettere a disposizione dello studente
batterie di test in cui egli possa autovalutare periodicamente le sue conoscenze, il
settaggio di questi strumenti consente di predisporre il test variandone la durata
(indefinita o determinata), l’ordine di erogazione (fisso o random), l’accessibilità
o meno delle risposte corrette, la segnalazione o meno delle risposte non fornite,
etc.
Decidere: il valutare, nella prospettiva dello studente, assume, oltre
alla forma passiva (essere valutato) e riflessiva ( auto-valutarsi) una forma attiva.
Al di la di situazioni in cui l’attività didattica chiede espressamente interventi
valutativi, l’appartenenza a un campus e le sollecitazioni a organizzarsi e a
condividere che ne derivano comportano una costante, diffusa attività di
128
discernimento che può essere ricondotta al campo della valutazione, sebbene
diffusa e implicita. Lo studente, lungo una normale navigazione del corso on line,
nel gruppo virtuale o in community, si trova a dover stabilire delle priorità rispetto
a quanto gli viene, a vario titolo, proposto di fare (partecipare ad un’iniziativa,
entrare in community, postare una replica ad un messaggio, rispondere a richieste,
scaricare materiali, etc.). Si tratta di attribuire un peso alle situazioni che si
presentano, decidendo se far propria la sollecitazione dandovi un seguito o
rinviare la presa in carico ad altro momento.
5.4 Il tutor
In base alla funzione nel progetto didattico, disegniamo almeno tre tipi di figure,
tra loro molto differenti, sia riguardo alle competenze, sia riguardo alle
attribuzioni operative interne al processo formativo.
Un primo profilo di tutor è quello del tutor disciplinare. Questa figura è propria di
molte esperienze formative in rete telematica (ad esempio, quella della Laurea in
Ingegneria Informatica al Politecnico di Milano) coincidente al Decreto
Ministeriale Moratti-Stanca sulle università virtuali. Si tratta di un esperto nelle
singole discipline previste dall’offerta formativa (il tutor, ad esempio, di Analisi
Matematica, dovrà essere uno che svolge attività didattiche nell’ambito della
materia) che amministra direttamente la didattica nell’aula virtuale. Perciò deve
sostenere gli studenti nell’apprendimento, gestire le FAQ (Frequently Asked
Questions – trad.: Domande Frequenti) sui temi del corso; svolgere esercitazioni;
coordinare il lavoro di eventuali gruppi virtuali attivati all’interno del corso;
svolgere attività di test in itinere; curare la costruzione del portfolio degli studenti.
Molto differente è la figura del tutor dello studente. In quanto non si tratta di un
esperto della disciplina, ma di una figura di coaching, formatore psico-
pedagogico, segue lo studente nel suo percorso, accompagnandolo nelle sue
scelte, facilitandogli il contatto con l’università. A questo scopo dovrà agire a
diversi stadi: motivazionale, orientativo, e direttivo, finalizzato quest’ultimo a
129
rendere maggiore, qualitativamente e quantitativamente, la frequenza didattica e
gli approfondimenti personali.
Vi è, come ultima figura, quella del tutor relazionale. Questo ha funzioni di
monitoraggio, analisi e gestione delle dinamiche comunicative (leaderships,
conflitti) che possono sorgere tra gli studenti e loro pari e tra gli studenti e i
docenti in attività (generalmente in ambienti telematici). Questa tipologia di tutor
non è caricata dalla responsabilità di seguire un certo numero di studenti lungo
tutto il percorso formativo, ma ha di solito una classe virtuale (gruppo variabile tra
i 25 e i 50 studenti) che dovrà monitorare per tutto il singolo insegnamento.
Se si adotta, invece, come criterio tipologico l’aula in cui il tutor interviene
anziché la funzione che egli svolge, si individuano tre figure possibili di tutor:
- il tutor d’aula (sia essa l’aula master da cui il docente eroga la lezione o l’aula
slave in cui gli studenti la ricevono in teledidattica) che, come nella formazione
tradizionale in presenza, svolge compiti di osservazione del setting e di
mediazione delle dinamiche che possono sorgere tra gli studenti;
- il tecnico multimediale, cui viene attribuito il compito di assistere il docente
durante la lezione in teledidattica in aula master per aiutarlo gestire la complessità
degli strumenti che è chiamato a governare (desktop, monitor con il ritorno di
immagine, document camera, eventuali domande che provengono via chat
dall’aule slave);
- l’Online tutor, le cui competenze si identificano in sostanza con quelle del tutor
che abbiamo sopra definito relazionale.
Il tutor nella prospettiva dell’E-learning, alla luce di quanto abbiamo analizzato,
pare dunque essere una figura in grado di compendiare in se tanto le funzioni del
tutor relazionale che dell’on line tutor e da distinguere rispetto a quella del tutor
disciplinare (che, a questo proposito, sarebbe meglio definire instructor o
teacher’s assistant) marcando la differenza esistente tra chi gestisce la didattica e
chi facilita e monitora la comunicazione. Il rapporto tra queste due funzioni, e di
130
conseguenza tra le figure (tutor e instructor) che le incarnano, costituisce una delle
principali criticità nella gestione di percorsi in E-learning, poiché sono sempre
presenti i rischi di overlapping reciproco: tutor che “sconfinano” nell’ambito della
competenza dell’equipe didattica (magari contrapponendo la propria valutazione
“olistica” dello studente a quella “misurante” del docente); instructor che
eccedono nel maternale dello studente rendendo di fatto superfluo il tutoring. Ma
il rilievo di questa criticità non deve impedire di sostenere con forza l’importanza
strategica della figura del tutor, anzi, va promossa una profilatura istituzionale
attraverso la definizione condivisa delle sue competenze, delle sue azioni, delle
sue procedure relazionali con gli altri attori dell’E-learning.
5.4.1 Cosa deve sapere
Il tutor va pensato come un professionista che si forma nelle scienze umane e
della formazione ed è dotato di capacità pratiche, relazionali e di lavoro in team.
Quanto alle capacità pratiche, il tutor:
- deve saper comprendere le esigenze dell’organizzazione con la quale collabora;
- deve saper leggere le esigenze del mercato e del pubblico che è il destinatario
della formazione;
- deve avere competenze tecnologiche relative non tanto al quadro di
funzionamento degli strumenti adottati, quanto piuttosto al loro quadro d’uso, non
sarà quindi un tecnico informatico, ma qualcuno dotato comunque di una buona
conoscenza degli aspetti funzionali e delle tecnologie didattiche e capace di
risolvere i problemi dello studente a questo livello.
Evidentemente queste competenze devono essere sostenute da una robusta
preparazione sul versante delle competenze relazionali, in particolare il tutor:
- deve lavorare, fin dall’inizio del corso, al fine di creare nel gruppo dei suoi
studenti un clima di interazione proficua;
131
- deve evidenziare capacità di ascolto, sostegno e attenzione;
- deve saper gestire le dinamiche di gruppo interagendo con tutti gli studenti;
- deve facilitare la collaborazione nel gruppo (sia di presenza che virtuale)
favorendo la costruzione condivisa della conoscenza;
Infine, il tutor deve anche saper lavorare in team dato che tra le sue funzioni vi è
anche quella di favorire il concretizzarsi di un lavoro che è frutto della
collaborazione tra professionisti diversi. In particolare il tutor deve sapersi
interfacciare:
- con i responsabili della progettazione formativa, cui sarà chiamato a partecipare
per conoscere le linee-guida didattiche cui il corso è improntato;
- con il project manager, con cui dovrà confrontarsi in ordine ai problemi relativi
agli aspetti organizzativi (materiali, strumenti, effettuazione di eventuali stage);
- con i docenti e l’equipe didattica, con cui dovrà condividere eventuali problemi
sorti all’interno sia del gruppo di lavoro (che comprende docenti e progettisti) sia
nel gruppo di studenti.
5.4.2 Cosa fa
Cerchiamo ora di collocare la figura del tutor all’interno del sistema dell’E-
learning universitario verificando come le tre azioni fondamentali
dell’organizzare, condividere e valutare si declinino nel suo caso.
Prendiamo in esame l’organizzare, nel quale il tutor svolge un ruolo di gestione
sostanziale della comunicazione all’interno del corso, che si traduce in alcune
specifiche operazioni: verifica dell’andamento delle attività, funzione di raccordo
informativo, equilibratura delle dinamiche personali e di gruppo (leadership,
conflitti). Più in particolare, nella fase iniziale del percorso di formazione, il tutor:
132
- contribuisce all’analisi dei bisogni registrando le aspettative dei partecipanti;
- mette a disposizione degli studenti le informazioni (tecnologiche e
organizzative) che serviranno loro per svolgere le attività proposte.
In itinere, durante l’erogazione:
- raccoglie eventuali richieste (organizzative e didattiche) degli studenti;
- segue le attività di progettazione e produzione degli studenti svolgendo funzioni
di orientamento e di stimolo al lavoro di eventuali gruppi virtuali;
- presiede ala comunicazione delle scadenze organizzative (avvisi, tempi di
consegna degli elaborati, etc.);
- supporta a livello di facilitazione l’utilizzo degli strumenti.
A livello del condividere spetta al tutor soprattutto lo scaffolding emotivo, cioè
l’attività di sostegno e orientamento che consente di tenere “agganciato” lo
studente, intervenire sulla sua motivazione, provvedere alla sua integrazione nel
processo di formazione; si tratta di una funzione fondamentale in ordine
all’obiettivo di ridurre il drop out che nelle attività in E-learning rimane assestato
attorno al 40%.
Infine abbiamo il valutare. A questo livello l’attività del tutor può essere
compresa facendo riferimento a quattro azioni: a) Osservare: si tratta della parte
più etnografica del tutoring, quella che consente al tutor di monitorare da vicino
(attraverso griglie di osservazione e strumenti come il diario) problemi e
comportamenti degli studenti e che è funzione delle ultime due azioni cui
facciamo riferimento di seguito; b) Analizzare: il materiale di osservazione
raccolto dal tutor va sottoposto ad analisi, un lavoro particolarmente complesso
ma assolutamente funzionale, soprattutto per quanto riguarda le produzioni di
messaggistica che lo studente “lascia” nell’aula virtuale. La base di questo lavoro
è provvista di dati di tracking forniti dall’ LMS, ma questi dati non soddisfano le
esigenze di un’analisi approfondita e devono essere integrati. c) Conoscere:
133
l’osservazione e l’analisi permettono al tutor di conoscere il profilo dei propri
studenti fornendo un importante valore aggiunto all’attività di valutazione dello
stesso docente; d) Apprezzare: il risultato di tutte queste operazioni può ottenere
due tipi di esito. In ottica di evaluation, esse costituiscono la core part di quel
monitoraggio di qualità in itinere di cui sopra si parlava esprimendosi nella
produzione di report periodici che servono sia in ottica istituzionale (per tenere
sotto controllo la qualità globale del processo) che didattica (fornendo al docente
un importante feed-back sulle sue prassi). In ottica di assessment, come già si è
intuito precedentemente, esse forniscono al docente indicazioni precise sia sulle
produzioni dello studente (in tal senso integrabili nel suo portfolio personale) che
sul profilo cognitivo, di attività, di apprendimento).
A conclusione e per un approfondimento sulla tematica si veda la tabella
riepilogativa che mette in relazione le figure e le funzioni nell’ E-learning
universitario.
134
5.5 L’esperienza di Tutorship e la creazione del catalogo
multimediale di TDL
5.5.1 La scelta dell’ambiente e-learning Moodle e la valutazione degli aspetti
tecnico-didattici.
In un percorso in cui si vuole integrare alla didattica tradizionale la possibilità di
sperimentare una formazione aperta e flessibile a distanza supportata dalle nuove
tecnologie, la scelta della corso di laurea in Tecnologie e Didattica delle Lingue è
stata quella di sperimentare l’ambiente e-learning Moodle, un Course
Management System inizialmente realizzato da Martin Dougiamas alla Courtin
University of Technology in Australia. Dougiamas sottolinea come prima di
realizzare Moodle si trovava a lavorare con molte persone, nella scuola e in
piccole aziende, che volevano utilizzare meglio Internet, ma che non sapevano da
dove cominciare nel labirinto di tecnologie e pedagogie esistenti. “ Ho sempre
sperato in un’alternativa gratis che permettesse a tali persone di sperimentare le
loro capacità di insegnamento anche in ambienti on-line […] sono in special
modo influenzato dall’epistemologia del ostruzionismo sociale – che non solo
considera l’apprendimento come un’attività sociale, ma concentra l’attenzione su
135
ciò che si impara durante la costruzione attiva di manufatti (come i testi) da
essere visti ed utilizzati da altri”46.
L’impegno di Dougiamas si è concretizzato nell’agosto del 2002 quando è uscita
la prima versione di Moodle e ora l’ultima versione è la 2.0 rilasciata da qualche
tempo. Il suo continuo miglioramento e aggiornamento è anche da collegarsi al
fatto che Moodle è un Open Source sottostante alla GPL (Gnu Public License),
quindi il codice sorgente del software è disponibile e, in quanto aperto, può essere
ulteriormente sviluppato e modificato da chiunque. A tale sviluppo e
miglioramento si dedica la comunità internazionale di Moodle47 che fornisce un
punto di riferimento centrale per ciò che riguarda sia le informazioni del software
ma anche per la discussione e la collaborazione tra gli utenti di Moodle che sono
amministratori di sistema, docenti, ricercatori, sviluppatori e molti altri.
Oltre alla filosofia Open Source e alla preziosa attività della Community che
sostiene il progetto, Moodle permette ai suoi utilizzatori di prendere
concretamente atto del passaggio tra il concetto di piattaforma e quello di
ambiente. È quanto ha sostenuto Paula De Waal, collaboratrice attiva nella
comunità, durante l’incontro annuale denominato MoodleMoot48 ( un meeting
point che riunisce gli utenti Moodle in due giornate di dibattiti, tavole rotonde,
attività laboratoriali ed esercitazioni pratiche) al quale ho potuto partecipare
presso l’Università di Padova nel 2008.
46 Per approfondire si veda documentazione su moodle all’url http://moodle.org/doc/? lang=it 47 www.moodle.org/community 48 per approfondimenti si veda http://unipd.formazione.eventi/moodlemoot2008
136
Figura 8 - Moodlemoot Padova 2008
Mentre il concetto di piattaforma richiama ad un sistema di funzionalità, a un
modello prevalentemente impostato sulla logica di programmazione, a una
struttura gerarchica, alla centralità dei materiali e a un modello didattico neutrale,
il concetto di ambiente si riferisce invece a un sistema basato fondamentalmente
sulle interazioni, sulle attività dell’utente, su una struttura relazionale tra le
persone, sulla centralità dei processi di apprendimento e su un modello didattico
rilevante e specifico. Ecco che da un ambiente collocato ad uno spazio fisico
delimitato, geografico, si passa ad un ambiente che fondamentalmente è definito
dai processi comunicativi e interattivi, dove i concetti di lontananza/vicinanza non
sono più misurabili secondo parametri oggettivi in cui distanza è uguale a
mancanza di compresenza, ma dove la lontananza/vicinanza è percepita secondo
riferimenti soggettivi, e distanza è di fatto uguale a mancanza di comunicazione.
Da uno sguardo complessivo, il sistema di gestione dell’apprendimento Moodle
1.8.1, in uso presso la nostra facoltà, risulta molto completo sia dal punto di vista
delle funzionalità di gestione del sistema, sia dal punto di vista didattico.
L’amministratore può definire nei dettagli tutta la struttura del corso, a partire
137
dalla suddivisione in categorie e sotto-categorie, per poi arrivare alle modalità di
presentazione e di accesso ai corsi. La possibilità di strutturare in maniera diversa
il formato di presentazione di ogni corso permette al sistema di ospitare una
gamma molto ampia di corsi. La sua architettura modulare e flessibile gli consente
di gestire contemporaneamente un alto numero di corsi e di utenti. L’alta
flessibilità, data dai sei diversi livelli di accesso, rischia tuttavia di incrinare la
stabilità del sistema, affidando al tutor un eccessivo controllo e riducendo la
centralizzazione del sistema nella figura dell’amministratore. La strutturazione del
corso può essere personalizzata nella configurazione generale, nella
visualizzazione grafica e nelle impostazioni specifiche per le attività di ciascun
corso. Tuttavia la mancanza di una mappa del sistema e dei corsi costituisce una
carenza che va a pesare in particolare sui nuovi utenti, i quali potrebbero trovare
difficoltà nell’orientarsi e nel comprenderne da subito la struttura della
piattaforma.
138
L’integrazione di strumenti di gestione del contenuto rappresenta, invece, un
punto di forza, poiché il sistema non si limita alla semplice gestione dei materiali
didattici, ma si occupa anche della loro organizzazione e pubblicazione.
Attraverso un editor di contenuti WYSIWYG (What You See Is What You Get), il
tutor può creare delle risorse, delle prove di valutazione e dei quiz, intervenendo
anche sull’aspetto grafico. Si possono riutilizzare i contenuti presenti nella stessa
piattaforma, e quelli provenienti da altri sistemi di gestione dell’apprendimento
che utilizzino gli stessi standard. Anche se manca agli studenti la possibilità di
avere una cartella in comune con altri compagni nella quale condividere del
materiale didattico, sia il tutor che gli studenti possono facilmente trasferire dei
file sul server, o dal server al proprio computer. Non si può ancora dire di essere
giunti, in questo sistema, alla creazione di veri e propri percorsi formativi
adattabili alle esigenze e alle potenzialità del singolo, tuttavia Moodle consente
una certa personalizzazione delle competenze, indirizzando ad esempio gli
studenti verso un’area o un’altra della piattaforma a seconda dei risultati prodotti
nelle prove di valutazione.
La gestione della classe virtuale rappresenta un elemento di considerevole
importanza con il quale l’amministratore può controllare tutti gli utenti, ma può
anche delegarne la gestione ad altri utenti o nominare un altro amministratore. La
piattaforma dà la possibilità agli utenti di inserire un profilo personale molto
dettagliato e di renderlo visibile agli altri iscritti al corso. Dal punto di vista
dell’utente, Moodle gode anche di una buona accessibilità, essendo conforme alle
indicazioni per l’utilizzo di strumenti di e-learning da parte di persone disabili, ed
è davvero eccellente per quanto riguarda l’usabilità e la semplicità d’uso; l’unica
limitazione in questo campo potrebbe essere rappresentata dall’alto numero di
funzionalità e di configurazioni possibili.
L’aspetto di gestione degli utenti mette in evidenza l’alto livello di sicurezza che
Moodle garantisce: per la registrazione e l’autenticazione degli utenti esistono otto
diverse modalità di controllo che possono essere impostate a discrezione
dell’amministratore, e che, se configurate correttamente, consentono di controllare
pienamente gli accessi alla piattaforma e ai materiali didattici.
139
Altro elemento positivo riguarda il livello di interazione tra gli studenti i quali
possono visualizzare l’elenco degli utenti online e interagire in ambienti sincronici
e asincronici. Questo aspetto è confermato dalla forte attenzione rivolta ai veri e
propri strumenti di comunicazione, in particolare al forum, il quale, essendo
presente sia come strumento generale di tutto il sistema, sia come componente
aggiuntiva in ogni corso, permette di essere utilizzato non solo come strumento di
informazione generico, ma anche come portatore di contenuti. Allo stesso modo
viene intesa anche la chat che, come si deduce dalla possibilità di impostare delle
sessioni programmate, ha scopo quasi esclusivamente didattico. Ciò mostra
l’importanza che è stata riservata, nella progettazione del sistema, all’utente e al
suo apprendimento, senza trascurare completamente il tutor nella gestione della
metodologia didattica.
Questa attenzione viene messa ancor più in evidenza dagli strumenti offerti per la
valutazione dell’apprendimento, i quali non mirano semplicemente a valutare lo
studente, ma cercano anche di comprendere il suo atteggiamento nei confronti di
un corso svolto in Rete, i benefici che ne trae e la sua opinione riguardo a possibili
miglioramenti. Queste domande di feedback potrebbero essere prese con
leggerezza o con scarso interesse da parte degli utenti, ma è molto importante che
il sistema offra la possibilità di formularle agli studenti per mostrare anche a loro
la loro centralità nel sistema. Per misurare il livello di apprendimento
complessivamente raggiunto dagli studenti esistono dei sistemi di gestione dei
rapporti statistici che permettono di visualizzare gli accessi e le attività svolte da
ogni studente, dagli studenti di ogni corso oppure dagli utenti di tutta la
piattaforma. In questo modo l’amministratore può avere un controllo generale, ma
anche dettagliato, del funzionamento del sistema. È invece molto ridotta la
possibilità data allo studente di verificare i propri accessi.
La valutazione complessiva di Moodle è decisamente positiva, anche se bisogna
tenere presente il vantaggio che possiede grazie all’integrazione di un Content
Management System, che la rende molto più completa rispetto ad altri sistemi e
soprattutto in continuo aggiornamento con l’ambiente web 2.0.
140
5.5.2 Esperienze di blended learning per il corso Tecnologie e
Didattica delle Lingue dell’Università di Palermo
L’esperienza di tutorship durante il Laboratorio Moodle, svolta nel
secondo semestre degli A.A. 2007/2008, 2008/2009, 2009/2010, è stata sviluppata
all’interno dell’Insegnamento di Linguistica informatica rivolto agli studenti del
secondo anno del Corso di Laurea Magistrale in Tecnologia e Didattica delle
Lingue della Facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli Studi di Palermo.
L’insegnamento è stato previsto in modalità blended learning e si è pertanto
articolato in una parte in presenza, con lezioni tradizionali face to face, e una parte
in e-learning, utilizzando i contenuti formativi appositamente predisposti presso la
piattaforma Moodle della Facoltà palermitana. La descrizione puntuale del corso e
la complessità dei suoi contenuti sono consultabili presso l’indirizzo Internet
http://147.163.11.3/anacleto2008, alla sezione Laboratori Informatici TDL/II
semestre/ Didattica multimediale delle Lingue_LabMoodle.49
49 Per approfondimenti si veda http://147.163.11.3/anacleto2008/course/category.php?id=25
141
La parte in e-learning comprendeva, a fianco di contenuti ed esercitazioni di
diversa natura, moduli sulla creazione e gestione di corsi di didattica delle lingue
su Moodle, l’utilizzo delle principali risorse ed attività (lezione, quiz, quiz Hot
Potatoes, learning object, compito, Wiki, forum, glossario, sondaggi chat, etc..) e
la realizzazione di un courseware online in lingua straniera. Lo svolgimento del
corso ha seguito una calendarizzazione settimanale, durante l’incontro in aula
venivano presentati i contenuti oggetto della lezione venivano caricati su
piattaforma pochi giorni prima. La lezione diventava così un momento di
chiarimento sui contenuti stessi e mi limitavo in realtà a proporre agli studenti
degli esempi o attività di verifica che chiarissero gli argomenti trattati.
Fornire agli studenti la lezione, prima ancora dell’incontro in presenza, è stato
molto apprezzato in quanto essi potevano scaricare i contenuti e svolgere una
sorta di pre-lezione (su Moodle è possibile integrare elementi multimediali al
testo, includendo audio, video e domande chiuse alla fine di ogni pagina che
permettono allo studente l’autovalutazione di quanto appena studiato) e in
laboratorio svolgere quelle attività di analisi, ipotesi e verifica. Durante i giorni
seguenti alla lezione gli studenti erano chiamati a svolgere attività di verifica che
andavano dal compito, al quiz, a delle attività di gruppo o di collaborative
learning con l’uso del Wiki.
142
Gli studenti creavano dunque il loro personale percorso di apprendimento, alcuni
di essi che per motivi di lavoro non potevano essere presenti ritrovavano sulla
piattaforma il file audio della lezione che era caricato di solito nel weekend, ma
anche altri contributi pubblicati dai compagni del corso.
Gli studenti per la comunicazione studente-studente o studente-docente si
avvalevano in prevalenza dell’uso del Forum nel quale postavano commenti e
richieste di chiarimenti, alle quali a volte non rispondevo immediatamente,
lasciando che gli altri studenti prendessero la parola per testare il livello generale
di comprensione e attenzione, ed intervenire solo nel caso in cui erano necessarie
delle correzioni o per elogiare chi aveva saputo rispondere in maniera esatta alla
richiesta di aiuto. Infine, gli studenti dovevano attestare, in sede d’esame, la
conoscenza di alcuni testi e dei materiali in e-learning del corso; con il docente
titolare del corso, il prof. A. di Sparti, dovevano discutere del courseware
realizzato motivando le scelte tecniche e didattiche adottate, ottenendone una
valutazione aggiuntiva.
Il principale obiettivo alla base della proposta di un laboratorio sull’utilizzo della
piattaforma Moodle è stato rappresentato dall’opportunità di sperimentare un
CMS, al fine di acquisire competenze nella costruzione di conoscenza attraverso
le attività di cooperative learning proposte.
143
Una collaborazione efficace tuttavia non si realizza automaticamente all’interno di
un ambiente virtuale deputato alla collaborazione a distanza, perché ciò avvenga è
infatti necessario progettare le attività da svolgere online avendo cura che si
realizzino determinate condizioni: l’obiettivo di apprendimento deve essere
condiviso, bisogna stipulare un patto formativo e realizzare un coinvolgimento
efficace all’interno dei gruppi. I partecipanti in rete devono lavorare in modo
interdipendente gli uni dagli altri per il raggiungimento di un obiettivo (Trentin,
2001). Quando queste condizioni sono soddisfatte i vantaggi che queste offerte
formative possono determinare sono molteplici.
Innanzitutto la disponibilità di una comunicazione asincrona rende possibile un
apprendimento contemporaneamente autonomo e collaborativo: gli spazi e i tempi
comunicativi si dilatano e lo studente può essere indipendente nella gestione dei
processi di apprendimento mantenendo attiva ed efficace la collaborazione con
colleghi. Si modificano la tipologia di informazioni trasmesse, che passa da
messaggio orale e/o scritto a contenuti multimediali, e il modo di trasmettere le
informazioni stesse, attraverso sistemi linguistico-simbolici di scambi non più
lineari ma di rete: ciò rappresenta un vantaggio perché rende la didattica più
coinvolgente, interattiva, diversificata e personalizzabile.
La necessità di esporre i contenuti in forma scritta al computer incoraggia inoltre
la riflessione e la precisione nell’espressione. La scrittura spinge a mettere in atto
processi cognitivi di elaborazione dei contenuti poiché “modella” il pensiero
implicando una elaborazione dell’informazione; l’attività dello scrivere, intesa sia
in senso tradizionale che attraverso il computer, si costituisce quindi come
medium per la riflessione, l’attenzione critica verso il testo, il monitoraggio e
l’autoregolazione, e favorisce la connessione tra i contenuti già appresi e quelli
nuovi. Le informazioni restano costantemente a disposizione dello studente, che
può manipolarle, trattenerle, organizzarle in modo autonomo superando, almeno
in parte, il principio di autorità e una visione della conoscenza secondo la quale il
sapere deve essere acquisito più che manipolato.
144
5.5.3 Il Catalogo Online di TDL
Chi scrive ha inoltre preso parte, con profondo slancio e interesse, al
progetto “TesiXtdl” curandone la sua realizzazione durante gli A.A. 2007/2010,
frutto appunto della sperimentazione per questa ricerca. Il Catalogo Online di
TDL 50è una raccolta dei migliori courseware prodotti dagli studenti per il
completamento del loro percorso di studi, iscritti al corso di Laurea Magistrale in
50Il catalogo è consultabile all’indirizzo http://147.163.11.3/catalogo_TDL
145
Tecnologie e Didattica delle Lingue della Facoltà di Lettere e Filosofia, Università
degli Studi di Palermo. La finalità fin da subito è stata chiara: mettere in luce e
creare una vetrina online spendibile all’esterno dell’Università, di quanto gli
studenti di TDL, nel triennio da me seguito, hanno realizzato con precisione e
professionalità, confezionando dei courseware didattici di lingua straniera sugli
argomenti più interessanti oggetto delle loro tesi di laurea51.
La creazione di questo catalogo vuole inoltre mettere in evidenza il corso di
Laurea stesso, portando all’attenzione di quegli studenti che si affacciano al
panorama dell’offerta universitaria, un corso di studi che combina le lingue
straniere e le moderne tecnologie, un binomio che nel 21 secolo appare
inscindibile e che apre delle nuove prospettive lavorative.
Alcuni Dottori hanno infatti potuto spendere le loro competenze di courseware
builders in Istituti Secondari che ricercavano degli Amministratori per la loro
piattaforma didattica, altri ancora hanno riadattato il courseware alla classe e se ne
sono avvalsi durante le ore curriculari con i propri studenti, monitorando a loro
volta, il passaggio da una lezione prevalentemente di tipo trasmissivo a una
modalità di apprendimento collaborativo e costruttivo.
I courseware realizzati prendevano spunto dall’argomento della tesi di laurea degli
studenti i quali, prima di iniziare ogni attività tecnica di costruzione del corso
dovevano progettare su carta il corso stesso, creando una sorta di mappa
concettuale dell’argomento prescelto ed esponendo, durante l’ incontro con chi
scrive, un’analisi puntuale e precisa del target, obiettivi, finalità del courseware.
Nel corso dell’elaborazione delle impostazioni tecniche e didattiche del corso,
sono stati presi in considerazione alcuni dei suggerimenti offerti da Race per la
progettazione di un efficace e proficuo percorso formativo (Race, 2005), anche
alla luce di quegli assi portanti, che sono stati individuati come i “paradigmi”
della formazione a distanza, in relazione agli strumenti del web.
51 Si vedano gli allegati a conclusione di questa ricerca.
146
Le attività del corso sempre presenti nel modello di partenza erano: lezioni,
compiti, quiz, forum, risorse, glossari.
La lezione permette di erogare contenuti formativi in modo stimolante e
flessibile. Una lezione consiste in un certo numero di pagine. Ogni pagina
generalmente si conclude con una domanda ed un certo numero di riposte
possibili. In base alla risposta scelta dallo studente, la lezione può proseguire
alla pagina successiva, oppure ricondurre alla pagina precedente per un
ulteriore rinforzo. La navigazione all’interno della lezione può apparire più o
meno complessa, a seconda del materiale caricato in piattaforma. Talvolta
vere e proprie “sfide” possono essere lanciate all’interno della classe virtuale:
il vincitore è chi realizza il punteggio più alto.
Figura 9 esempio di Lezione
Questo modulo consente la progettazione e la realizzazione di quiz secondo
modalità e tipologie diverse: quiz a scelta multipla; vero/falso; domande a
risposta aperta; domande a risposta inglobata (stile “cloze”), ecc.. Ogni
tentativo viene valutato in modo automatico e l’insegnante può decidere se
visualizzare il feedback o la risposta corretta. Spesso si è scelto di fornire agli
studenti sia il feedback immediato che la risposta corretta, unitamente al
punteggio totale conseguito: si ritiene infatti, che sia utile conoscere i propri
147
errori, al fine di poter svolgere ulteriori esercizi sulla stessa difficoltà
incontrata. Gli studenti trovano molto divertenti i quiz, in quanto
rappresentano una tecnica efficace e stimolante per “imparare giocando”, che
è uno dei principi didattici alla base dell’apprendimento di una lingua
straniera.
Figura 10 Esempio di Quiz
I forum di discussione rappresentano uno strumento ideale per la condivisione
delle conoscenze e la realizzazione concreta di forme di apprendimento
cooperativo. I docenti svolgono la funzione di moderatori, assicurandosi che
tutti gli studenti rispettino le consegne ed agiscono in modo appropriato, anche
in base alla “netiquette”, il galateo della rete. Talvolta, a seconda della
tematica in discussione, gli studenti vengono valutati per i loro interventi nel
forum e questa valutazione funge da stimolo all’elaborazione di prodotti di
spessore e qualità, condivisi dal gruppo di lavoro. Il forum rappresenta una
parte molto importante del corso, sia dal punto di vista didattico (valutazione
degli interventi; stimolo alle discussioni; suggerimento di temi da affrontare;
chiarimenti e spiegazioni di ogni tipo, ecc.), sia dal punto di vista della
148
socializzazione all’interno dell’ambiente di apprendimento. Infatti esso
consente agli studenti di avere un confronto con i colleghi ed evitare il senso
di solitudine che talvolta può rappresentare una componente non molto
gradevole della formazione a distanza. Gli studenti postano interventi di
carattere tecnico e didattico ed il forum assume spesso i connotati di un vero e
proprio “ricevimento” del docente agli studenti. Tuttavia, si è constatato come
il forum venga utilizzato con maggiore agevolezza principalmente per scopi
informali e sociali: come “rompighiaccio” per familiarizzare con gli altri
membri della comunità e per parlare di se stessi in lingua con una certa libertà
e disinvoltura. Quando la discussione si sposta su tematiche specificamente
didattiche ed istituzionali, è evidente come gli interventi appaiono meno
spontanei ed immediati, ma sono il frutto di una accurata riflessione
antecedente l’intervento.
Figura 11 Esempio di Forum
Le risorse sono file caricati sul server del corso; pagine web create
direttamente su Moodle; oppure link a pagine web esterne, ritenute utili per le
finalità del corso. Esempi di tal genere sono rappresentati da presentazioni in
power point, slide di introduzione che illustrano gli obiettivi di ciascun
modulo; file in pdf volti a spiegare determinate difficoltà morfo-sintattiche e
149
grammaticali, suggerendo anche link a pagine web utili per l’esercizio ed il
rinforzo.
Figura 12 Esempio di Risorse
Questo modulo consente agli studenti di creare e postare in piattaforma una
lista di definizioni, come in un dizionario, particolarmente utili per
l’apprendimento di una lingua straniera. Le voci verbali possono essere
cercate in molti modi differenti. Quando uno studente partecipa attivamente
all’interno di un corso, ricercando elementi lessicali che ritiene significativi e
definendoli all’interno di un glossario comune, la conoscenza si trasforma da
individuale a condivisa, non solo dal docente, ma da tutta la comunità dei
colleghi. Quando gli studenti contribuiscono in modo attivo ad un corso e-
learning, dando forma ad uno spazio pubblico, come quello del dizionario, le
loro idee diventano degne di attenzione da parte di tutta la comunità e motivo
di orgoglio per il corso stesso.
150
Figura 13 Esempio di Glossary
L’esperienza ha permesso agli studenti di familiarizzare con un nuovo ambiente di
progettazione, rendendoli registi nella creazione di progetti per l’insegnamento
delle lingue straniere. L’adozione dell’e-learning modifica l’approccio di studenti
e docenti alla conoscenza, privilegia il lavoro in team, mette in uso forme di
apprendimento cooperativo. Gli studenti hanno esperimentato che occorre porre
grande attenzione alla progettazione e produzione di contenuti on-line, che
andrebbero pensati specificatamente per la rete (materiali aperti e ipertestuali),
all’adozione di strategie didattiche aperte, alla realizzazione di attività di
apprendimento che permettano all’allievo di costruire anche insieme agli altri, dei
processi di conoscenza che producano significative acquisizioni, al monitoraggio
del processo di apprendimento, alla costruzione della classe virtuale come
comunità di apprendimento.
L’esperienza didattica e le letture di approfondimento svolte in ambito della
ricerca mi portano ad affermare che come principio cardine il percorso e-learning
deve essere opportunamente integrato con momenti in presenza, per porre
attenzione a quegli aspetti relazionali e affettivi che sono molto importanti e
151
motivanti per gli studenti. Non andrebbe mai dimenticato che per evitare il
fallimento di un progetto e-learning l’approccio dovrebbe essere Learner
Centered, ossia basato sulla conoscenza del proprio target e delle sue
caratteristiche: stile di studio, elaborazione delle informazioni, motivazioni e
spinte quotidiane, esigenze, comfort nell’uso dei sistemi e-learning, esperienze
passate anche con il mondo della formazione a distanza.
Dovrebbe inoltre essere necessario rilevare ed analizzare gli atteggiamenti
dell’utenza nei confronti dell’uso della tecnologia; questi infatti potrebbero essere
fattori d’influenza sulla motivazione ed il successo del corso. Conoscere il profilo
utente è dunque il miglior modo per progettare sistemi usabili, anche se, nel
complicato caso della formazione a distanza, sono necessari tanti altri
accorgimenti per rendere qualitativamente accettabile un corso.
Tali accorgimenti partono da una base comune: è necessario individuare una
tecnica o una combinazione di tecniche in modo da definire una interfaccia a
misura di utente. Il design dell’interfaccia di un corso è una delle scelte cruciali
(Jones, 1994) dato che può avere un impatto positivo o negativo sulla
performance del target (Tselios et al., 2001).
L’interfaccia dovrebbe contenere caratteri e colori adatti alla lettura sullo schermo
in modo da creare coerenza, prevedere bassi tempi di download e fornire versioni
stampabili dei file. L’interfaccia dovrebbe essere inoltre interattiva e fornire
feedback, avere specifici goal, essere costantemente aggiornata, fornire opportuni
tool, prevenire eventuali disagi durante la fruizione del corso.
Progettare una applicazione user friendly è compito dell’ingegneria del software
che deve fare fronte a numerose richieste che spesso, per essere soddisfatte,
richiedono una attenta sperimentazione, magari in situazioni offline, in modo da
studiare l’impatto del prototipo sull’utenza e non viceversa.
152
Capitolo 6
La risposta agli stimoli dell’e-learning in Italia:
due casi di eccellenza in tema di FaD ed e-learning universitario.
Studio di caso n 1: Il corso di perfezionamento in modalità FaD dell’Università di Firenze in “Tecnologie e didattica scolastica”.
Il primo studio di caso riguarda il corso di perfezionamento che chi scrive ha
frequentato nell' a. a 2008/2009 erogato in modalità blended dal Laboratorio di
Tecnologie dell'Educazione della Facoltà di Scienze della Formazione, Università
degli Studi di Firenze.
Il Corso di Perfezionamento è stato organizzato dal Laboratorio di Tecnologie
dell’Educazione (LTE) dell’Università di Firenze. Il LTE nasce a metà degli anni
'80 come luogo di raccordo di esperienze di ricerca sull'impiego delle tecnologie
della comunicazione e dell'apprendimento. Il corso recupera e valorizza
un’esperienza che si svolge da oltre 10 anni, fornisce competenze specifiche per
gli insegnanti degli istituti scolastici di ogni ordine e grado nell’ambito della
progettazione educativa, allestimento e gestione di ambienti per apprendere,
con particolare attenzione all’ innovazione tecnologico- didattica.
Il corso si rivolge agli insegnanti degli istituti scolastici di ogni ordine e si
propone di sviluppare le seguenti competenze: saper progettare, allestire e gestire
ambienti per apprendere (in presenza e in rete) nella scuola; saper valutare e
selezionare i modelli istruttivi più adeguati per conseguire risultati efficaci ed
153
efficienti sul piano dell’apprendimento; saper valutare e gestire interventi di
innovazione tecnologico-didattica.
Il Corso si è svolto in modalità e-learning conformemente al Decreto Rettorale n.
396/2007. Le attività si sono svolte in piattaforma Moodle. Gli utenti potevano
partecipare da qualunque postazione purché connessa ad Internet. Erano previste
esercitazioni sia individuali che di gruppo via Internet sotto forma di didattica
interattiva e supporto all’autoapprendimento. Buona parte dell’attività didattica
convergeva sulla elaborazione progettuale da parte dei corsisti, seguita online dal
tutor di area.
Il Corso comprendeva tre unità generali precedute da un'unità preliminare di
familiarizzazione tecnologica. Le unità sono state le seguenti:
1) Didattica generale che affronta tematiche quali: lineamenti di storia della
didattica, le dimensioni della didattica, modelli istruttivi e strategie didattiche,
l’expertise didattica, l’instructional design;
2) Tecnologia dell’istruzione a distanza che affronta tematiche quali: quadro
storico dell’Educational Technology, le TIC nella scuola, problemi e criticità,
teoria del sovraccarico cognitivo e dell’apprendimento multimediale, cambiamenti
di stili cognitivi nelle nuove generazioni, la comunicazione mediata dal computer,
tecniche della formazione in rete, e-learning e le sue evoluzioni;
3) Pedagogia sperimentale che affronta tematiche quali: la ricerca didattica:
problemi e prospettive, metodi qualitativi e quantitativi, basi di dati e
documentazione didattica, sperimentazione tecnologica in ambienti formativi,
ricerca didattica e innovazione tecnologica, strumenti e tecniche di valutazione
degli apprendimenti, la ricerca azione online.
Il corso si è dunque sviluppato interamente su piattaforma Moodle e prevedeva
solo tre incontri in presenza, uno ad inizio corso per far conoscere il gruppo di
studio, uno in itinere per la partecipazione ad un convegno tenutosi nei locali dell’
LTE, ed uno finale per l’esame conclusivo.
154
I moduli sulla piattaforma sono stati ripartiti in sezioni temporali e hanno seguito
una didattizzazione cronologica che prevedeva una prima fase iniziale di
familiarizzazione tecnologica con lo scopo di allineare le conoscenze e le abilità
tecnologiche dei corsisti, di familiarizzare con i tools utilizzati nel corso e di
conoscere le regole di Netiquette, e contestualmente lo studio di 7 audiolezioni su
tematiche di sfondo di carattere teorico ed applicativo, utili per inquadrare le
problematiche della ET, da svolgersi durante le 4 settimane successive all’inizio
del corso.
La seconda fase, intitolata “Documentazione, e-tivities, socializzazione” il cui
obiettivo era quello di fornire una serie di stimoli, attraverso delle e-tivities
preliminari, rispetto alle 3 aree tematiche del corso (Tecnologia didattica,
Strategie e progettazione didattica, Comunicazione didattica) della durata di 4
settimane e l’apertura di web forum tematici (legati alle aree di lavoro) Le
cosidette E-tivities consistevano in spunti di lavoro o di approfondimento che si
accompagnavano alle audio-lezioni settimanali fruibili online; ogni e-tivity veniva
presentata nel webforum collegato all’audio-lezione ed i materiali di questa fase
erano costituiti da1 volume di riferimento del corso: “Fondamenti di didattica”
155
(Bonaiuti G., Calvani A., Ranieri M., Carocci, 2007) e da audio-lezioni
settimanali fruibili online (slides + audio)
156
Ed infine, la terza e ultima sezione Collaborazione online è stata la fase più
significativa del corso, durante la quale i gruppi collaborativi hanno definito e
sviluppato il proprio progetto di lavoro.
La durata di questa fase è stata di 5 settimane utilizzando la metodologia del
lavoro di gruppo e del Project work, con l’ausilio di Tools quali il Webforum e il
Wiki. Gli studenti hanno potuto scegliere il loro ambito progettuale su una serie di
spunti tematici e compilato una scheda per la pianificazione dell’attività
collaborativa da sottoporre al proprio tutor didattico che ha validato il lavoro e
fornito accorgimenti per la messa in opera del progetto:
157
Gli studenti a conclusione del corso hanno dovuto sostenere un esame orale sui
testi di riferimento ed i contenuti studiati durante le videolezioni, inoltre hanno
mostrato una presentazione52 sul lavoro multimediale realizzato argomentando la
scelta dei contenuti, i materiali, il target e la realizzazione del gioco in 3D sul
mondo parallelo “Awedu” dell’Antica Roma.
52 si veda gli allegati a fine della ricerca;
158
L’esperienza da me condotta è stata di grandissima rilevanza sia dal punto di vista
della pratica didattica che dell’arricchimento professionale ed umano. Il
cooperative learning si è dimostrato a tutto vantaggio del gruppo di lavoro
composto da 4 elementi, tutti insegnanti o operatori nel settore dell’istruzione con
una forte passione per i nuovi media e la ferma convinzione di rinnovare i
curriculi didattici e di riadattarli a quelli oramai richiesti dagli studenti del 21
secolo.
Il nostro progetto ha visto la creazione (dal nulla) di un gioco in 3D sull’Antica
Roma, prediligendo in particolare 4 ambienti: il teatro romano, la villa romana, le
terme, il tempio e la casa di Fedro (un gioco nel gioco). Il gioco era stato costruito
per gli alunni della Scuola Primaria che avevano già studiato in classe le vicende
dell’antica Roma e che con la supervisione dell’insegnante potevano
approfondire, in maniera ludica, aspetti storici e culturali di questo popolo che
tanto ha segnato artisticamente il nostro paese.
159
Durante il gioco gli studenti incontravano delle guide interattive (sequenze
animate e audio) che li conducevano all’interno di questi mondi, mostrando loro
la struttura dell’ambiente e descrivendone l’utilizzo (riprodotto fedelmente) ai
tempi dei romani. Attraverso degli indovinelli o l’ascolto di aneddoti (in formato
mp3 registrati con le nostre voci) gli studenti dovevano superare delle prove per
poter passare al livello successivo e guadagnare delle monete per completare il
gioco.
Gli studenti, sia che avevano già approfondito in aula gli argomenti sia che vi si
avvicinavano per la prima volta, rimanevano piacevolmente colpiti dalla
semplicità e immediatezza nell’apprendere e assimilare concetti che senza
l’ausilio dell’audio e del video, ma sottolineerei anche, della tridimensionalità e
dell’interattività, sarebbero rimasti privi di stimoli e poco “realistici”.
160
Loro stessi hanno così commentato “..studiare la storia attraverso dei mondi
paralleli la rende più interessante, non bisogna stare lì a immaginare e magari
scordare..la storia adesso è più vicina e sembra di vivere un’esperienza reale,
dove noi ci sentiamo partecipi..”.
I nostri studenti, quasi tutti cresciuti “a pane e tv”, hanno una percezione del
mondo che ben si allontana da quella nostra e la richiesta, quasi naturale, di
multimedialità, anche negli ambienti didattici, è molto forte. I nostri studenti non
hanno nessuna difficoltà ad usare un cellulare o un computer, anzi è spesso la
classe insegnante a doversi aggiornare per tenere il passo con i propri scolari. In
un ottica di formazione a distanza ed e-learning sarebbe interessante erogare dei
corsi di aggiornamento su moduli didattici adatti alla classe web 2.0 e magari
auspicare degli incontri alla pari dove studenti ed insegnanti possano imparare
l’uno dall’altro.
161
Concludo con una nota sul Direttore Scientifico che ha condotto e coordinato il
corso, il Prof. Antonio Calvani53, uno dei principali esponenti della letteratura
sull’e-learning in ambito universitario, docente di Tecnologie e Didattica presso la
Facoltà di Scienze della Formazione di Firenze, ed autore di numerosi progetti
scientifici nonché di testi sulla didattica e i nuovi media.
Al Prof. Calvani, al quale vanno i miei ringraziamenti per i suoi insegnamenti e la
disponibilità dimostrata durante l’intervista, sono state rivolte appunto alcune
domande su vantaggi e svantaggi, caratteristiche attuali e prospettive future di una
nuova forma di didattica universitaria, l’e-learning, che richiede un ripensamento
complessivo del modo di intendere l’apprendimento, lo sviluppo del sapere e la
formazione della conoscenza.
Il Professore a questo proposito, ha voluto sottolineare la diversità sostanziale
della didattica tradizionale in presenza rispetto a quella online, la quale si occupa
di sviluppare, sono parole di Calvani, “una sua propria, autonoma prospettiva di
ricerca e di intervento, il cui significato, una volta consolidato, potrebbe
retroagire positivamente sulla percezione dell’insegnamento tout-court,
sollecitandolo ad un impegno di riconcettualizzazione.” Inoltre sottolinea la
specificità dell’e-learning, rivendicando la superiorità del modello educativo sul
modello tecnologico: “il secondo deve essere ricondotto al servizio del primo
attraverso la riaffermazione della necessaria subalternità dei mezzi rispetto ai
fini”.
53 www.lte-unifi.net/elgg/calvani
162
L’e-learning, dunque, è altro rispetto alla didattica tradizionale. Nasce nell’ambito
dei sistemi di formazione a distanza, dallo sviluppo del concetto di “terza
generazione” di FaD, anche se una visione storica ed evolutiva non è sufficiente
per giungere alla comprensione piena del fenomeno e, quindi, a una sua
definizione.
Antonio Calvani mette in guardia dal non identificare la didattica e-learning “con
semplice attività di didattica erogativa (vuoi attraverso videoconferenza, scelta o
learning object)”, mentre individua nei modelli didattici problem o collaborative
based il punto di forza dell’elearning.
Secondo Calvani, inoltre: “di particolare importanza è l’evoluzione interna
all’educazione a distanza verso modelli di open learning, la trasformazione della
tecnologia multimediale verso il Web based training, la progressiva acquisizione
dei modelli teorici ed epistemologici relativi alla formazione che valorizzano
l’autonomia e una costruzione negoziale dei saperi (riportabili essenzialmente
alla psicologia umanistica e al costruttivismo).” (Calvani e Rotta, 2000, p. 58).
Tre, quindi, sono le principali componenti teoriche del concetto di e-learning: la
filosofia dell’open learning; un modello di formazione che fa proprie le teorie
costruttiviste dell’apprendimento; la tecnologia multimediale fondata sul web.
L’open learning è tradizionalmente un sistema di istruzione concepito per
“favorire l’accessibilità ai corsi di formazione, andando incontro a coloro che
hanno problemi dovuti alla collocazione territoriale (difficoltà a raggiungere il
luogo di studio) e alla gestione del tempo (impossibilità a partecipare alle lezioni
in aula)”. La sua caratteristica principale, però, “è quella di consentire a chi
studia momenti di autonomia nella gestione dei propri processi d’apprendimento,
sia per la possibilità di scelta degli obiettivi e dei percorsi (personalizzazione
dell’apprendimento), sia per l’offerta di diverse strategie didattiche adottate in
modo integrato”. L’apertura alle esigenze del singolo diventa flessibilità
dell’offerta formativa, che significa anche possibilità di distance education. “In
pratica l’apprendimento diventa flessibile, collocando i corsi in una varietà di
luoghi, incluso il luogo di lavoro, modularizzando corsi esistenti ed offrendo
163
informazioni continuamente aggiornate e formazione just in time.”(Calvani,
2001).
La teoria dell’apprendimento e del funzionamento cognitivo a cui fa riferimento
l’e-learning è la teoria costruttivista, che è in piena sintonia con la filosofia
dell’open education, in quanto considera il sapere una costruzione personale
dell’individuo, il quale costruisce significati a partire da ciò che osserva e
sperimenta nell’ambiente circostante. “Le implicazioni metodologico-didattiche
sono facilmente individuabili, specialmente se confrontate con quelle del modello
trasmissivo, riferito a conoscenze date e centrato sulla capacità comunicativa
dell’insegnante. Nella tradizionale didattica in aula, il docente fornisce
informazioni in maniera sequenziale e valuta il raggiungimento di obiettivi
precisi; l’apprendimento equivale ad una corretta riproduzione di contenuti o alla
corretta esecuzione di un compito. Il modello d’insegnamento che si basa sulla
teoria costruttivista, e in particolare sulla tesi del costruttivismo sociale, invece, è
centrato sull’ambiente d’apprendimento, sullo scaffolding di supporto, sulle
dinamiche di collaborazione e di cooperazione e considera l’insegnante un
facilitatore, che aiuta lo studente nel processo di costruzione del sapere.”
L’apprendimento è ricerca, selezione, organizzazione delle informazioni, le quali
vengono utilizzate per rispondere a domande cognitive, risolvere problemi,
portare a termine compiti.
Nell’e-learning, tuttavia, i modelli didattici e le relative teorie dell’apprendimento
si integrano e coesistono con pari dignità, dando vita ad un sistema che si può
definire integrato (il termine è usato anche in riferimento all’impianto
metodologico-didattico, oltre che a quello tecnologico) e che in questo modo
restituisce la giusta complessità all’azione formativa. La modalità trasmissivo-
riproduttiva, infatti, non scompare, ma rimane con la sua concezione, tipicamente
comportamentista, di scomponibilità della conoscenza in elementi via via sempre
più semplici (i learning object - LO), definiti da obiettivi che a loro volta
corrispondono ad una logica gerarchica e che sono organizzabili in tassonomie.
164
Nell’intervista, Calvani, evidenzia la possibilità, nell’e-learning, di “rendere più
flessibile e aperto l’impegno di riproduzione e sviluppo del sapere”.
“Riproduzione” e “sviluppo” rappresentano, a mio parere, le due anime dell’e-
learning, che ingloba e rivisita la modalità trasmissiva della didattica
tradizionale, fondendola con pratiche costruttivistiche di costruzione e sviluppo
del sapere. Calvani mostra l’importanza della possibilità del lavoro collaborativo,
teorizzando l’esistenza di una vera e propria “relazione di cura”, che significa:
“altri intervengono, si fanno carico del mio problema, mi supportano, anche
emotivamente oltre il tempo ristretto del rapporto in presenza”.
La personalizzazione del percorso d’apprendimento, uno degli argomenti di
profondo interesse del Prof. Calvani, resta possibile, almeno in teoria, anche
grazie all’interattività con i materiali, che significa possibilità di scegliere,
ampliare, ristrutturare, creare, riorganizzare i contenuti in maniera da
personalizzare sia gli oggetti d’apprendimento, sia il proprio percorso formativo e
di costruzione della conoscenza. “Il percorso di apprendimento si presenta agli
occhi del soggetto come appartenente ad un orizzonte di senso di cui egli stesso,
almeno in qualche misura, è responsabile e che egli stesso, entro certi limiti,
contribuisce a determinare.” (Calvani, 2001, p. 115). La scelta della
personalizzazione dell’apprendimento ha alla base la valorizzazione della
diversità di ciascuno, che “non deve essere sacrificata nel nome di
un’omologazione generale, ma coltivata come risorsa e come obiettivo da
conseguire”. In questo modo, solo una parte degli obiettivi educativi è definita da
colui che predispone il percorso formativo, mentre un’altra parte è ricreata dal
discente, anche se in maniera guidata e negoziando la scelta con il
docente/mentor.
In conclusione dell’intervista chiedo al Prof. Calvani in quali termini il lifelong
learning può essere inteso anche in ambito universitario, mi risponde nella
convinzione ferma di un curriculum universitario che vada nella direzione del
lifelong learning per i corsi di secondo livello, quali il nostro corso di
perfezionamento oggetto di questo caso di studio. Egli riconosce l’esistenza di
diversi stili di apprendimento per i diversi livelli di istruzione universitari e,
165
quindi, anche la necessità di differenti impostazioni didattiche, indicando quello
che forse è il punto di contatto più evidente fra istruzione universitaria e lifelong
learning: la formazione professionale.
“Essa richiede - commenta Calvani - momenti formativi organizzati attorno alle
comunità di pratica e a attività di tipo collaborativo, ai quali l’e-learning può
dare un contributo significativo, augurando uno scenario integrato: da una
università basata su un blended learning (o su una attività essenzialmente in
presenza potenziata da ICT), verso un periodo di prima familiarizzazione ed
inserimento lavorativo, basato su attività reale in presenza ma sostenuto da
counseling, ampia condivisione di esperienze e monitoraggio online, verso una
attività di formazione professionale, una volta che il soggetto sia inserito, svolta
quasi totalmente in modalità e-learning, mantenuta per tutto l'arco della vita,
supportata da comunità professionali e centri universitari di supporto.”
166
Studio di caso n 2: “Federica” e la nuova frontiera dell’ iCampus
dell’Università Federico II di Napoli.
L’Università Federico II di Napoli, oltre ad essere una delle più antiche università
in Italia, rappresenta con i suoi 100.000 membri iscritti una grande attrattiva per
gli studenti del sud Italia.
Sebbene la percentuale degli studenti risulti essere iscrivibile nella categoria dei
“fuori sede”, la città e l’Università non offrono adeguati servizi: i convitti per gli
studenti non riescono a soddisfare la domanda degli iscritti, gli edifici universitari,
quali gli uffici amministrativi, le biblioteche, i laboratori, ecc..) sono dislocati in
aree molto distanti tra loro, per non parlare delle aule che offrono circa il 50% dei
posti a sedere rispetto agli studenti immatricolati.
Per ridurre l’impatto di questi problemi, sono nati diversi progetti e-learning in
diverse facoltà. Queste isolate iniziative hanno giocato un ruolo sempre più
crescente nella consapevolezza dell’importanza dell’ e-learning, tuttavia la
167
mancanza di una piattaforma comune e la scarsità di progetti sperimentati ha reso
lenta l’adozione dell’e-learning come buona pratica comune.
La mia ricerca è partita proprio dal cuore pulsante del più grande progetto e-
learning open access universitario: “Federica”54.
Il primo incontro con “Federica” è stato sul web. Durante la navigazione su
Internet nell’intento di approfondire i temi dell’e-learning universitario, mi sono
imbattuta su questo spazio che coniuga le funzionalità di una piattaforma didattica
con la semplicità di accesso ad un sito internet, assaporandone immediatamente il
senso di questo straordinario progetto: senza richiedere registrazioni e accessi con
user e password apriva gratuitamente le porte del sapere e permetteva ad ogni
utente di accedere, ad oggi, a 2.000 lezioni, 20.000 immagini, 3.000 links, 1.600
documenti, 300 video, 600 podcast.
La scoperta da utente è stata entusiasmante ed ho voluto così approfondire le
origini dell’iniziativa che ha visto la comparsa online nel 2007, strutturata
sistematicamente e supportata dal fondo della Comunità Europea FESR la cui
amministrazione è stata affidata al Centro dei Servizi Informativi dell’Università
Federico II di Napoli. Nel quadro del sistema universitario italiano, “Federica” è
l’unica piattaforma online ad essere completamente open access. Molta attenzione
è stata rivolta all’usabilità: è stata disegnata per permettere un utilizzo semplice
con un interfaccia gradevole ed intuitiva. La navigazione tra le diverse facoltà,
corsi, lezioni e materiali disponibili procede sempre sullo stesso percorso logico e
il progetto grafico assicura semplicità e praticità nell’intercettare le risorse
garantendo omogeneità e coerenza agli accessi degli studenti.
Questa scelta è stata fatta sulle basi che le piattaforme con accessi restrittivi
intimidiscono gli studenti che considerano queste iniziative una barriera per la
loro autonomia e libertà; per i docenti un limite per l’opportunità di confrontare la
qualità e la quantità dei loro corsi con quelli degli altri ed innescare così un
percorso di apprendimento/aggiornamento comune.
54 dal nome al femminile dell’Università Federico II ; si veda http:// www.federica.unina.it
168
Durante un incontro con la Dott.ssa Rosanna de Rosa, Responsabile Tecnico-
Scientifico del Portale Web Learning Federica, la stessa parla di “un progetto che
nasce all’insegna dell’accesso libero alla rete dei saperi accademici, con l’offerta
gratuita dei materiali didattici dei singoli corsi d’insegnamento ed una guida
all’enorme patrimonio informativo già disponibile in rete”. Un progetto “ che
affianca e integra – continua la De Rosa - la didattica tradizionale. Uno
strumento in più per i nostri studenti, ma anche per chi voglia giungere,
attraverso Internet, ad informazioni scientificamente correte i cui materiali sono
tutti scaricabili su lettore mp3”.
Dal sito appunto si può leggere o ascoltare una lezione di matematica, di scienza
politica, di sociologia o di letteratura francese senza alcun problema e senza la
necessità di alcuna iscrizione. Il Rettore dell’Università Federico II, Guido
Trombetti, durante la conferenza stampa sul lancio di Federica, sottolineava la
gratuità del progetto: “ siamo una università pubblica, sarebbe un controsenso
non farvi entrare chiunque” e poi proseguiva : “Non aver posto limiti all’accesso
ai nostri corsi è motivo di vanto personale. Non avrei tollerato un e-learning a
gettone, io che ho basato il mio studio sui libri usati”.
In un modello open access sia gli studenti che i docenti migliorano la
collaborazione e la cooperazione dando origine alla creazione di progetti
condivisi, intergrati tra loro e a volte tradotti anche in altre lingue. Il progetto
“Federica” supporta inoltre azioni quali l’orientamento agli studenti, lifelong e-
learning e formazione per quei professionisti che non possono frequentare le aule
universitarie, supporto agli studenti stranieri, comunicazione interna per i
dipendenti dell’università e comunicazione esterna istituzionale per sviluppare
l’immagine del progetto e far conoscere l’operato dell’università al di fuori della
“community”.
Dopo tre anni di utilizzo Federica conta circa 250.000 visite al mese, una media di
8.000 visitatori al giorno da circa 192 aree geografiche diverse. Questi numeri
sono collegati al fatto che Federica assicura un controllo e una libertà a tutti i
169
livelli nella navigazione e nella produzione di materiali., il che è cruciale per gli
utenti che hanno una formazione base in informatica.
La scelta della rappresentazione iconografica dei contenuti accademici e
l’organizzazione con uno schema cognitivo dei materiali d’insegnamento,
progettati sulla base delle comuni abilità degli studenti, permette un’interazione
immediata e semplice alle lezioni. Oltre a questi elementi progettuali Federica
presenta delle funzioni specifiche che si interfacciano con l’offerta del web 2.0,
creando così un network culturale e accademico più ampio di quello che
avverrebbe nell’aula tradizionale. La Living Library è una “biblioteca vivente” in
cui i docenti segnalano e recensiscono le risorse online più interessanti per ogni
facoltà, i CourseWare, ossia un catalogo con i programmi di tutti i corsi in
programma per l’anno accademico e il Campus 3D, una riproduzione
tridimensionale dell’Ateneo che permette di muoversi all’interno dei luoghi più
significativi e reperire tante informazioni utili, soprattutto per chi alla Federico II
vuole iscriversi per il proseguimento del proprio percorso di apprendimento.
“L’offerta di “Federica” è disponibile, infatti, anche in podcast, dunque fruibile
attraverso i lettori multimediali di ultima generazione – spiega la Dott.ssa
Zuccarini, referente del management del progetto, che ha monitorato la mia
attività di ricerca alla Federico II – per portare con sé i materiali di studio,
170
consultare e leggere le lezioni in qualunque momento e luogo. Federica, viene
incontro alle diverse domande del pubblico studentesco: dai non frequentanti, che
hanno a disposizione gli elementi base di ogni lezione, a coloro che, dopo aver
seguito il corso in aula, vogliono ripassarlo a casa o in treno; ai molti studenti
che cercano di andare oltre la lezione approfondendone i temi grazie alle risorse
web selezionate dai docenti. Infine “Federica” si rivolge alla vasta platea di
coloro che, senza essere iscritti, vogliono cogliere l’opportunità di seguire a
distanza un corso universitario offerto da uno dei più prestigiosi atenei italiani”.
Sono infatti 1.300 gli studenti fin ad oggi coinvolti, i quali seguono i corsi in parte
online, in parte con lezioni frontali e hanno la possibilità di scaricare dal sito la
lezione del professore e seguire da casa, in qualsiasi momento della giornata, i
corsi grazie al materiale audiovisivo e ai documenti messi a disposizione dallo
stesso professore. Insomma poca la differenza dalla normale lezione frontale in
aula, uguale i contenuti e uguale il docente, se non nell’ora e nell’luogo: si può
“andare a lezione” quando si ha più tempo nel corso della giornata e in qualunque
luogo ci si trovi; i costi di recarsi all’università vengono così abbattuti a favore del
tempo che si guadagna per organizzare l’attività di apprendimento.
171
Interessanti inoltre sono anche le agevolazioni per gli studenti selezionati dal
progetto “Federica”. Per chi ne farà richiesta, infatti sono a disposizione
abbonamenti gratuiti a reti di connessione a banda larga e ad un determinato
numero di studenti in condizione di basso reddito sarà anche dato in comodato
d’uso un computer portatile.
“Federica” è un progetto work in progress: è sempre al passo con i tempi grazie
ad un gruppo di lavoro che monitora il web e il suo andamento, infatti è presente
sui maggiori network di comunicazione di massa come Facebook con 1.797
“amici”, Twitter e YouTube. Il modello pedagogico, da chiuso, controllato e
confinato spazialmente, diventa aperto, trasparente, integrato nella se con la
società, in grado di favorire la creazione di sempre più nuove comunità virtuali,
vere e proprie “isole nella rete”, nelle quali si mischiano relazioni di conoscenza,
informazione, supporto, natura personale, amplificando così la rete sociale di
riferimento e la sua capacità di supporto.
Ma l’importante novità è il canale iTunes U. L’ateneo napoletano è il primo in
Italia a essere presente nell’area store di Apple. Dopo l’Università di Oxford,
Stanford e Yale, si tratta della prima università italiana ad aprire un canale sulla
piattaforma della “Mela Morsicata”. A partire da questo indirizzo55 si può
accedere al nuovo canale dedicato dove sono disponibili centinaia di corsi
(PodStudio) da guardare all’interno di iTunes o da scaricare su dispositivi portatili
come iPhone o Ipad. Il formato delle lezioni rappresenta inoltre un altro punto a
favore della Federico II: infatti non è facile riuscire a guardare sull’iPod una
lezione video di due ore poiché ci si stanca subìto, così la voce del docente scorre
sulle slide con gli schemi della lezione mentre accanto vengono pubblicate risorse
interattive (link, immagini) e materiali di approfondimento (pdf, ecc.). Una
strategia volta ad andare oltre al paradigma dell’e-learning, per abbracciare quello
del web-learning, più aperto e interattivo.
55 http://itunes.apple.com/it/institution/id391465970
172
Questo è solo l’inizio di un programma di sviluppo ambizioso, l’Università conta
di arrivare a 300 corsi entro il 2010, 5 mila lezioni e 1000 podcast entro la fine del
2010, includendo anche molti contenuti in lingua inglese, per un’offerta formativa
sempre più vicina alle esigenze e al linguaggio del mondo giovanile.
Volendo concludere l’analisi di questa esperienza ripropongo due domande che ho
posto alla Dott.ssa Rosanna de Rosa in merito al progetto, che in molti docenti
destano ancora tanta preoccupazione: ma allora la FaD rende superflua la lezione
tradizionale? Rende inutile l’interazione didattica in aula? La risposta non può, a
mio avviso, non tener conto di tutti gli aspetti pragmatici, impliciti, non verbali
che costituiscono la ricchezza della comunicazione face to face. “L’efficacia di un
messaggio – sottolinea la De Rosa – dipende solo in minima parte da ciò che
viene detto con le parole, e in massima parte da ciò che viene comunicato con
mimica, gesti atteggiamenti, postura, vale a dire con la comunicazione non
verbale. In aula l’insegnante può avere un contatto diretto con gli studenti, i quali
costantemente, spesso involontariamente, gli inviano messaggi non verbali, che
costituiscono una sorta di feedback implicito, così importante nella
comunicazione didattica. Diversamente, nell’aula virtuale, il feedback è
volontario, esplicito, costruito; pertanto è molto più difficile ottenere la stessa
sincerità e comunicatività. Per questo, al momento, riteniamo che Federica sia un
173
valido alleato alla lezione, di modo da integrare in modo sinergico la potenzialità
di entrambi i tipi di didattica, in presenza e a distanza.”
175
CONCLUSIONI
L'analisi articolata in questi anni di lavoro, oltre all'interesse per la materia
trattata, mi ha condotto a due convinzioni cardini: quanto siano importanti, ricchi
e fruttuosi gli anni di studio, dedicati alla propria crescita e formazione, e quanto
questo cammino non si concluda con l'ultima pagina della mia tesi o l’ultimo
esame superato.
La filosofia del life long learning realizza quella garanzia di crescita professionale
che accompagnerà la mia generazione nella Società dell'Informazione, dove
risorse informative e allocazione della persona saranno i beni più preziosi.
I nuovi sistemi della formazione seguono il singolo soggetto durante tutta la sua
vita lavorativa, stimolandolo ad essere attivo e partecipe nella ricerca di sempre
nuove occasioni per realizzare la propria crescita professionale.
A questo proposito mi spingo in una riflessione: l'attenzione alla persona come
individuo in quanto tale, con le sue specificità attitudinali e caratteriali, mi
incoraggia nell'affacciarmi alla vita lavorativa e professionale. Le persone sono
risorse che, se valorizzate, non solo diventano il vero vantaggio competitivo per la
sfera lavorativa, ma portano nel loro privato la consapevolezza e la soddisfazione
di aver prodotto qualcosa di valevole e vicino al loro modo di essere.
L'economia digitale impone alle università e alle organizzazioni di seguire un
modello reticolare, capace di anticipare i cambiamenti con elevata creatività e
flessibilità; i singoli e le organizzazioni devono essere proattivi, saper gestire i
bisogni dei singoli interlocutori. La sempre più libera e globale circolazione delle
informazioni, la progressiva personalizzazione dell'offerta, pronta a cogliere anche
i bisogni non espressi, l'adeguato impiego delle tecnologie, l'abbattimento dei
costi, la competizione sempre più spinta, rappresentano le sfide del nuovo
millennio.
La capacità di interconnettersi e l'interazione diventano cruciali: internet, la rete
delle reti, grazie ai nuovi possibili modelli di servizio e di business, assume una
176
grande forza propulsiva. Internet non è più solo materia per gli specialisti
informatici, ma un fenomeno massivo, non servono più troppe competenze
specifiche e i costi sono sempre più accessibili.
L'utilizzo dei media elettronici sta cambiando la relazione fra le situazioni sociali
e gli ambienti: la rete influenza sempre di più le abitudini quotidiane, la nostra
stessa identità, le forme di partecipazione sociale e i modi della conoscenza,
offrendo la straordinaria possibilità della rottura dei vincoli spazio-temporali.
Il dove è un concetto poco importante per chi usa la rete: è all'interno di questo
processo più generale che acquista una particolare rilevanza l'ambito che riguarda
l'incontro di internet con le problematiche della formazione. La didattica basata su
internet modifica sensibilmente i modi, fondamentalmente erogativi, della
formazione a distanza classica, integrando in forma originale le caratteristiche
della didattica a distanza e le caratteristiche psicologiche delle modalità in
presenza, facendo esplodere le implicazioni quantitative e qualitative
dell'interazione, con l'accentuarsi di nuove dimensioni, che di volta in volta
possono essere chiamate in causa: un ruolo maggiormente attivo e partecipativo
assegnato ai soggetti coinvolti e alle attività negoziali e cooperative; un forte
senso di presenza e di appartenenza (gruppi, comunità di lavoro, classi virtuali); la
possibilità di una maggiore personalizzazione del percorso di apprendimento; un
sistema articolato di supporti, di risorse umane e strumentali a disposizione; il
formarsi di un'ipertestualità di rete come luogo, mezzo e contesto sociale
dell'apprendimento.
Con la formazione in rete ridiventa possibile imparare ad imparare, imparare
insieme, imparare dal confronto con gli altri, in modo collaborativo, e superare il
tradizionale isolamento di chi apprende a distanza. Il processo di apprendimento
così strutturato comporta l'intreccio fra le funzioni di comunicazione dei contenuti
(docenza) e di assistenza al processo di apprendimento (tutorship), con
l'attenzione alle condizioni logistiche e motivazionali degli utenti. Le ricerche di
pedagogia cognitiva hanno evidenziato la necessità di un adeguamento delle
177
metodologie didattiche alle nuove tecnologie educative, piuttosto che portare
avanti i tradizionali paradigmi di insegnamento.
L'e-learning è un percorso di formazione e di apprendimento, caratterizzato da una
modalità di rapporto con la conoscenza che richiede all'utente un'interazione
diretta e costante: la costruzione della conoscenza è facilitata se gli studenti
possono mettere in pratica tutte le loro capacità di ricerca, selezione,
interpretazione e giudizio sulle informazioni provenienti dall'ambiente. Il processo
dell'apprendimento dei discenti è facilitato se essi sono direttamente coinvolti
nella costruzione della conoscenza, invece che riceverla passivamente: al centro
del processo formativo non è più il docente, l'istruttore, bensì lo studente, l'allievo,
reso partecipante attivo e protagonista del proprio processo di apprendimento
continuo.
Dalle abilità di ricerca e di orientamento a quelle di sintesi nella comunicazione,
la forma collaborativa del processo di apprendimento copre ad un tempo le
tecniche necessarie a svilupparlo e gli atteggiamenti che lo accompagnano. In
questa visione orientata alla centralità dei bisogni formativi, la figura del docente
dovrà cambiare: si evolverà in un ruolo di guida, di tutore, di membro esperto di
un gruppo che collabora con gli altri soggetti del processo: passerà da unico
depositario delle conoscenze a facilitatore del processo di apprendimento.
La didattica basata su internet può ancora apparire come un ambito marginale,
destinato a diventare, al limite, un'area di sussidio alla didattica in presenza. Nei
riguardi dell'e-learning esiste ancora la generale prevenzione secondo cui la
metodologia sviluppata rimanga come un qualcosa di strutturalmente inferiore alla
didattica in presenza, considerata il riferimento ottimale.
In generale si ricorre alla formazione a distanza prima sostitutivamente, di fronte a
carenze oggettive che impediscono l'attuazione della didattica frontale, o al limite
per motivi di pura opportunità, come una nicchia di mercato da non lasciarsi
sfuggire o per realizzare economie di scala. Il presupposto più o meno tacitamente
accettato è che, comunque, ogni tipo di didattica a distanza resta in sé povero e
limitativo, sul piano umano, partecipativo e interpersonale.
178
La formazione basata sulla modalità e-learning non può più essere considerata
come una realtà educativa secondaria rispetto alla formazione in presenza
tradizionale: l'e-learning risulta essere una modalità ideale per portare avanti le
cosiddette forme di open learning, in cui lo studente è individualizzato nei tempi,
nei modi e nei luoghi, e in cui sono previsti i contratti formativi. L'idea che
formazione in modalità di e-learning significhi abbassamento della qualità, e che
questa resti appannaggio della didattica in presenza, è una tematica da affrontare
sentitamente.
La formazione online ha in sé gli elementi che possono costituire un buon
antidoto contro il rischio di un abbassamento qualitativo: proprio il carattere
dialogico e testuale su cui si basano le metodologie online, offrono teoricamente
una buona opportunità per dare origine ad una didattica intesa come costruzione
critica, argomentata e pluriprospettica del sapere. Non è la distanza fisica che
agisce come fattore intrinsecamente negativo, in quanto può essere sostituita da
diverse forme di prossimità virtuale e da interazioni più frequenti e più articolate
di quelle che si possono avere in presenza: ciò che in generale decide la soluzione
qualitativamente più valida è un'adeguata progettazione, capace di valorizzare i
punti di forza che la specifica situazione formativa (in presenza, a distanza, in
rete) riesce ad offrire, realizzando le opportune integrazioni di risorse umane e
tecniche, in funzione degli obiettivi preposti.
Il salto qualitativo della formazione in rete deve risiedere non solo nella
flessibilità della conduzione del corso, ma anche nella possibilità di instaurare
un'efficace comunicazione a più livelli. La frequente interazione fra i partecipanti
e fra i partecipanti e i tutor (prevalentemente per via scritta) permette il
monitoraggio quasi in tempo reale sia dello stato d'avanzamento del corso, sia del
processo di acquisizione dei partecipanti; questo consente al tutor una sorta di
valutazione in itinere, potendo così modificare, rinforzare e modellare l'intervento
formativo alle esigenze di tipo didattico-conoscitivo di ciascun partecipante,
esigenze che giornalmente possono essere rivelate dalle discussioni che si
sviluppano in rete. In potenza quindi esistono le condizioni necessarie per
raccogliere molteplici informazioni sull'apprendimento degli studenti: di fatto,
179
non è ancora stato messo a punto un sistema di valutazione soddisfacente, che
indichi con chiarezza l'indice di qualità di un qualsiasi sistema di formazione. Allo
stato attuale, le metodologie in uso non hanno codificato una via preferenziale per
quanto riguarda le modalità migliori di erogazione dell'insegnamento, rispetto agli
obiettivi formativi specifici: le caratteristiche della formazione, i modelli di
apprendimento, le tipologie d'utenza sono così varie che al momento non è emerso
ancora un modello forte.
Al di là delle teorizzazione metodologiche, la ricerca affrontata mette in luce
l'alone di positività che pervade il settore della formazione in rete; si ha appena
superato la fase innovativa, per affrontare ora la fase di sviluppo: il mercato dell'e-
learning in Italia è emerso da meno di un biennio, risulta quindi altamente
frammentato e popolato da progetti “neonati”: il mercato dell'e-learning rimane
una sorgente di opportunità per i fornitori e gli investitori.
In questa trattazione si riflette sul come l'e-learning possa diventare una possibile
via alla risoluzione dei bisogni formativi in tutti i settori dell’educazione, e su
come i singoli soggetti interpretino le metodologie trattate: si rimanda alle
esigenze specifiche delle diverse utenze e all'evolversi delle piattaforme il
diffondersi di una forma originale di apprendimento in rete. Si apre un mondo di
ricerca assai complesso, che potrà essere conosciuto solo gradualmente,
attraverso una familiarizzazione progressiva, protratta nel tempo, al mondo e-
learning, in un confronto continuo tra le esperienze diverse degli attori in gioco.
Un settore in piena evoluzione come quello che si prospetta essere il mondo
dell'e-learning necessita in primis di una nuova cultura, sempre meno
tecnocentrica e sempre più orientata a formare specialisti che rammentino
l'importanza della componente umana, anche quando si fa uso delle tecnologie più
avanzate, facendo tesoro di un vecchio autore, che di Internet ne sapeva pochino:
In generale, vi è più ricchezza nell'uso che nel possesso.
(Aristotele)
180
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206
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www.tracciati.net
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207
Allegati
GRIGLIA DI PROGETTAZIONE E SLIDE POWER POINT PER LA PRESENTAZIONE DEL PROGETTO DI COLLABORATIVE LEARNING PER IL CASE STUDY N. 1 (CORSO IN DI PERFEZIONAMENTO IN MODALITÀ FAD DELL’UNIVERSITÀ DI FIRENZE IN “TECNOLOGIE E DIDATTICA SCOLASTICA”).
212
GRIGLIA UTILIZZATA PER L’INTERVISTA PER IL CASE STUDY N. 2 (“FEDERICA. UNIVERSITA’ FEDERICO II DI NAPOLI”)
DIMENSIONE E TIPOLOGIA DELL'OFFERTA FORMATIVA
Qual'è il peso delle tecnologie ICT nella didattica di ateneo?
Quanti sono gli insegnamenti erogati in modalità web-enhanced nell'ambito dell'offerta formativa di ateneo?
Esistono nell'ateneo corsi di formazione on line rivolti ai docenti interni?
TECNOLOGIE E MODELLI ORGANIZZATIVI
Le tecnologie ICT per la didattica vengono gestite da appositi centri di ateneo?
SUPPORTO TECNOLOGICO GESTIONE COMPLESSIVA ICT NELL'ATENEO FORMAZIONE DOCENTTI MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DEI CORSI ON LINE RICERCA NEL CAMPO DELL'INNOVAZIONE DIDATTICA REALIZZAZIONE MATERIALI ON LINE RICERCA NEL CAMPO DELLA STANDARDIZZAZIONBE
Quali compiti vengono svolti dalle strutture di ateneo per l'ICT?
SUPPORTO PEDAGOGICO
213
NO, MA SI PREVEDE DI COSTITUIRLO IN FUTURO NO SI A LIVELLO CENTRALIZZATO
Esiste un repository di ateneo dei materiali didattici on line?
SI, A LIVELLO DECENTRATO SENZA UN COORDINAMENTO DI ATENEO
DI TIPO SVILUPPATO DALL'ATENEO DI TIPO PROPRIETARIO
Di che tipo sono le piattaforme per l'e-learning in uso nell'ateneo?
DI TIPO OPEN SOURCE
I materiali didattici on line rispettano gli standard di interoperabilità?
PROCESSI E FATTORI DI CRITICITÀ DELLA DIDATTICA ON LINE MANAGER DIDATTICO PER L'E-LEARNING INSTRUCTIONAL DESIGNER MULTIMEDIA PUBLISHER PROGETTISTA DI CORSI ON LINE
In che modo l'ateneo ha reclutato le figure professionali per la didattica on line?
TUTOR ON LINE
L'ateneo ha affrontato le questioni del copyright dei materiali didattici on line?
NO L'università si avvale di fondi privati per la didattica on line? SI, RAPPRESENTANO LA PARTE MINORITARIA DEL
FINANZIAMENTO DELLA DIDATTICA ON LINE
214
SI, RAPPRESENTANO LA PARTE PREVALENTE DEL FINANZIAMENTO DELLA DIDATTICA ON LINE
NO, MA SI PREVEDONO IN FUTURO
Esiste nell'ateneo un sistema di riconoscimento dei crediti conseguiti on line?
RISULTATI E VALUTAZIONE: GLI ESITI DEL RICORSO ALLE NUOVE TECNOLOGIE PER LA DIDATTICA SI, IN MODO SUPERIORE ALLE ATTESE
SI, IN LINEA CON LE ATTESE SI, IN MODO INFERIORE ALLE ATTESE
L'utilizzo di tecnologie ICT nell'ateneo ha portato benefici nei processi didattici?
NO
Gli studenti on line hanno raggiunto risultati migliori di quelli in presenza?
MATERIALI DIDATTCI ONLINE
SUPPORTO IN RETE COMUNICAZIONE COL DOCENTE TEST DI AUTOVALUTAZIONE
Quali elementi hanno influenzato in maniera positiva le prestazioni degli studenti on line?
FORUM
I docenti che utilizzano le ICT adeguano le proprie strategie di insegnamento alla luce dei risultati del monitoraggio degli studenti?