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Trauma (parte prima): cranio, colonna vertebrale, fratture ossee
M. Nardin
TRAUMA CRANICO Il trauma cranico rappresenta, per frequenza e per impiego di risorse, uno dei
maggiori problemi sanitari. La sua incidenza è stimata, in tutti i Paesi industrializzati, attorno ai 300 casi per 100.000 abitanti per anno.
L’incidenza più alta si ha nei giovani (picco massimo tra i 15 ed i 24 anni) e le cause più frequenti sono rappresentate da:
• incidenti stradali; • cadute accidentali ed incidenti domestici; • attività sportive; • incidenti sul lavoro; • aggressioni.
Sono da considerare, tra le concause, le tossicosi (abuso d'alcool e uso di droghe),
che possono rendere difficile l’esame neurologico obiettivo. Sul piano operativo due sono i problemi principali da affrontare per il medico che
presta servizio nell'area dell'emergenza: innanzi tutto trattare correttamente fin dall'Inizio (golden hour) i traumi cranici gravi; in secondo luogo identificare nella massa dei pazienti che arrivano all'accettazione del Pronto Soccorso i traumi cranici minori da quelli maggiori che possono evolvere in situazioni risolvibili solo chirurgicamente.
Rispondere in maniera corretta a queste problematiche non è sempre facile perché: 1) traumi apparentemente di poco conto, dopo ore o giorni (o anche mesi) possono
causare lesioni profonde che talora richiedono interventi d'urgenza: 2) il danno meningeo encefalico può avvenire a livello del punto d’impatto, oppure
a distanza da questo (lesione da contraccolpo); 3) il trauma cerebrale può essere causa di emorragie e/o turbe del circolo
sanguigno o di quello liquorale, con comparsa di ipertensione endocranica per lo più ad evoluzione ingravescente;
4) l'eventuale associazione di altre lesioni traumatiche con turbe volemiche o respiratorie, può aggravare le conseguenze del trauma cranico.
Le componenti elementari della lesione cerebrale traumatica sono tre: 1) lesioni focali: ematomi extra ed intracerebrali, contusioni e lacerazioni del
tessuto cerebrale, lacerazioni vascolari e dei nervi cranici. Ad una lesione focale di solito fa seguito edema cerebrale perifocale di tipo vasogenico;
2) lesioni diffuse: sono determinate dalle componenti inerziali delle forze sul S.N.C. Sono causa di lesioni diffuse degli assoni per rotazione dell’encefalo su piani particolari. Anatomicamente si presentano come emorragie sul corpo calloso e nella parte più craniale e dorsale del tronco. Sul piano clinico sono responsabili della perdita di coscienza.
3) lesioni secondarie: ischemia da occlusione vascolare per ernia cerebrale interna o per ipossia. Le lesioni di tipo ischemico conducono spesso a rigonfiamento cerebrale con edema intracellulare.
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In base alla presenza o meno di una comunicazione tra contenuto intracranico, asettico, ed ambiente esterno, settico, il trauma è diviso in:
• aperto; • chiuso;
La differenza sostanziale tra i due tipi di trauma è la concreta possibilità, nel trauma
cranico aperto, di complicanze settiche quali meningite, encefalite, empiema sottodurale ecc.
L’impatto provoca effetti immediati (danno primario): 1) sui tessuti epicranici: escoriazioni, contusioni, ferite lacero-contuse, talora con
copioso sanguinamento data la notevole vascolarizzazione, fino a giungere ad avulsione di gran parte del cuoio capelluto (ferite a scalpo);
2) sulle ossa del cranio: fratture lineari, irradiate, depresse, infossate, a seconda del tipo di impatto e della forza applicata;
3) sul tessuto cerebrale: contusioni e lacerazioni cerebrali, quasi sempre multiple e diffuse dovute a colpo diretto, a contraccolpo ed a movimenti di accelerazione/decelerazione e rotazione delle strutture contenute all’interno della scatola cranica. Queste lesioni cerebrali hanno carattere evolutivo, possono aggravarsi ed estendersi nelle ore successive al trauma.
Al danno primario può seguire, più o meno rapidamente, un danno secondario
locale o sistemico (tab1):
DANNO SECONDARIO LOCALE DANNO SECONDARIO SISTEMICO
1) ematoma:
• epidurale; • subdurale; • intraparenchimale.
2) emorragia cerebrale; 3) edema cerebrale; 4) vasospasmo cerebrale; 5) ipertensione endocranica; 6) infezioni; 7) epilessia.
1) ipossiemia; 2) ipotensione arteriosa; 3) ipercapnia; 4) febbre; 5) iposodiemia; 6) CID.
Tabella 1: danno primario e secondario nel trauma cranico.
Vi sono due tipi di forze implicate nella patogenesi delle lesioni cranio encefaliche
nei traumatismi cranici:
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a) forze impulsive o inerziali: si generano dopo brusche accelerazioni e decelerazioni (es. knock down nei pugili).
b) forze d'impatto: sono le cause più comuni di lesione cranio encefalica. Si associano quasi costantemente con lesioni da forze impulsive. Provocano lesioni focali che possono generare una sintomatologia neurologica di lato.
Le forze traumatiche, oltre a provocare lesione diretta del tessuto nervoso, agiscono
sulle strutture vascolari: si creano, quindi, modificazioni morfo-funzionali a carico della barriera ematoencefalica con uscita d'acqua e macromolecole dal compartimento vascolare a quello interstiziale e conseguente comparsa d’edema vasogenico.
L’edema vasogenico interessa gli spazi intercellulari della sostanza bianca risparmiando la grigia e può essere perilesionale o diffuso.
Un secondo tipo d'edema è detto citotossico, legato essenzialmente a disturbi ischemici od ipossici, ed è caratterizzato da accumulo idrico endocellulare (astrociti). E’ più grave dell’edema vasogenico, perché le cellule astrocitarie sono presenti in sede pericapillare e perineuronale ed il loro rigonfiamento comporta ulteriore danno per gli scambi metabolici (alg.10).
Il trauma encefalico grave può inoltre modificare l’autoregolazione del flusso ematico cerebrale (in condizioni normali il flusso è mantenuto costante anche con valori pressori oscillanti tra 70 e 200 mmHg).
Nel momento in cui è perduta l’autoregolazione (per es. come accade frequentemente a causa d'ipotensione nel politrauma), il rapporto tra il volume e la pressione all'interno del cranio viene a mancare e, data l'inestensibilità della scatola cranica (la quale contenendo la massa encefalica, il sangue ed il liquido cefalorachidiano è caratterizzata dal fatto che un aumento di volume di uno di questi tre elementi può avvenire solo a spese degli altri due), l'aumento del volume del contenuto si traduce in un aumento della pressione intracranica, in una conseguente riduzione della pressione di perfusione cerebrale, in un aggravamento dell'ischemia e dell'edema fino alla morte del cervello (a meno che la terapia non interrompa questo circolo vizioso).
Cause dell’aumento della pressione endocranica sono:
a) edema perifocale; b) edema generalizzato; c) lesioni espansive; d) blocco liquorale.
Nelle fasi iniziali un aumento di volume può essere compensato dalla riduzione
della componente ematica e liquorale. Questa fase di compenso è chiamata intervallo lucido, ha una durata variabile in base all’entità del processo innescante l'aumento della PIC e all’ampiezza degli spazi liquorali. Indipendentemente dal tempo necessario per raggiungere la fase di scompenso, una volta raggiunto questo stadio, l’evoluzione è sempre rapidamente ingravescente.
Gli aumenti di pressione sono solitamente distrettuali. Ciò provoca un gradiente pressorio endocranico che è causa delle ernie endocraniche, le quali si distinguono in:
1) laterali; 2) mediane ;
L’ernia tentoriale laterale è costituita dall’ernia del lobo temporale al di fuori della
fossa cranica media con compressione del III nervo cranico e del mesencefalo, la sintomatologia è tipicamente rappresentata da:
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1) midriasi monolaterale (compressione sul III paio); 2) emiparesi controlaterale (interessamento vie motorie); 3) disturbi della coscienza (compressione sostanza reticolare
ascendente).
L’ernia tentoriale mediana è causata dallo spostamento in basso del diencefalo a comprimere il mesencefalo, in questo caso avremo:
1) deterioramento della vigilanza ed obnubilamento della coscienza; 2) midriasi bilaterale; 3) deficit motori bilaterali
Oltre alle ernie endocraniche l’ipertensione endocranica provoca effetti sistemici
come l’ipertensione arteriosa e la bradicardia (riflessi di Cushing) (tab.2) (fig.1).
SEGNI E SINTOMI DEL TRAUMA CRANICO
• dolore: • cefalea; • vomito cerebrale (non preceduto da nausea); • anisocoria pupillare: ernia uncale; • midriasi in caso di compressione del III nervo cranico; • miosi bilaterale (danno esteso a livello pontino); • miosi unilaterale (Interruzione ad un livello qualsiasi della via simpatica
pupillodilatatrice); • alterazioni del visus (compressione o interruzione del nervo ottico); • amnesia retrograda ed anterograda; • perdita di coscienza seguita oppure no da intervallo lucido di durata variabile, è un
segno di lesione diffusa; è tanto più grave, fino al coma persistente, quanto più gravi sono le lesioni diffuse;
• segni di lato: conseguenza di lesioni focali solo per loro è indicato il trattamento chirurgico.
Tabella 2: segni e sintomi del trauma cranico.
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Figura 1: patogenesi del danno cerebrale conseguente a trauma.
COMPLICANZE EXTRACRANICHE • AUMENTO DELLE CATECOLAMINE CIRCOLANTI:
1) ipertensione; 2) tachicardia; 3) ipertermia; 4) tachiaritmie anche gravi fino all’IMA;
TRAUMA
Lesione del SNC
Ipossia ipercapnia
Danno primario e secondario
Pressione intracranica
Ischemia Pressione di perfusione cerebrale
Pressione arteriosa media Shock Ernia transtentoriale
Morte
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• MANIFESTAZIONI POLMONARI:
1) edema polmonare neurogeno con abbondante trasudato proteico inondante le vie aeree e che insorge entro pochi minuti da un trauma cranico (complicanza precoce). E’ indispensabile in questi casi intubare con ventilazione assistita ad alto flusso.
2) alterazione della funzione di scambio, bronco polmonite ab ingestis
(complicanze tardive).
• MANIFESTAZIONI SISTEMICHE:
1) Coagulazione intravascolare diffusa (CID) conseguente a liberazione di tromboplastina tessutale nel circolo sistemico da parte del tessuto cerebrale lacero contuso.
GESTIONE EXTRAOSPEDALIERA DEL TRAUMA CRANICO 1) Controllo della scena
• individuare i potenziali pericoli per se, la propria équipe e per il paziente e, quindi, rimuoverli;
• estrinsecazione.
2) Valutazione primaria • A airway: ogni paziente traumatizzato deve essere considerato portatore di
una lesione cervicale e quindi si procederà all’applicazione di un collare cervicale; a questo punto si valuterà la pervietà delle vie aeree e si procederà al loro mantenimento in questo stato attraverso la sublussazione della mandibola, la rimozione di corpi estranei e l’inserimento di una cannula orofaringea (meglio l'intubazione orotracheale).
• B breathing: consiste nella valutazione della presenza, della frequenza e dell’ampiezza del respiro e nell'eventuale sostentamento con ventilazione assistita.
• C circulation: valutazione della presenza del circolo e dell'attività cardiaca; se questa è assente si praticano le manovre ACLS. Se necessario si effettuano le manovre chirurgiche di primo livello (drenaggio PNX, controllo della ferita toracica mediante una garza fissata su tre lembi, controllo temporaneo emorragie). Bisogna sempre tener presente che il traumatizzato cranico è anche un politraumatizzato, si tratta quindi di pazienti molto seri con problematiche complesse.
• D disability (breve esame neurologico): consiste nella valutazione neurologica del traumatizzato mediante un breve esame per determinare il livello di coscienza e analizzare lo stato di vigilanza del paziente utilizzando la scala AVPU:
A-Alert: stato di vigilanza. V-Verbal: risposta verbale. P-Painful: risposta allo stimolo doloroso. U-Unresponsive: mancanza di risposte.
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Mediante l'applicazione della scala AVPU è possibile valutare il grado di coscienza del paziente ed il suo grado di vigilanza (in altre parole la capacità di giudizio, orientamento, memoria, affettività e capacità di calcolo) e quindi l'integrità delle strutture cerebrali superiori.
L'esame neurologico procede con la valutazione del diametro delle pupille e del riflesso fotomotore.
L'eccitazione luminosa della retina provoca restringimento della pupilla (miosi) mentre l'oscurità provoca dilatazione pupillare (midriasi), grazie all'azione del muscolo costrittore dell'iride innervato dal III paio di nervi cranici (oculomotore comune).
Uno dei segni più comuni di processo espansivo endocranico è l’anisocoria con midriasi fissa. Inizialmente la midriasi è reagente alla luce ed è dovuta alla compressione esercitata dal tessuto erniato sulle fibre parasimpatiche, negli stadi avanzati la midriasi diviene fissa e si giunge anche alla paralisi dei muscoli oculari estrinseci innervati dal III nervo cranico.
La fase finale dell'intervento di primo soccorso al traumatizzato consiste nell'assegnazione del punteggio GCS; a questo punto si procede all'evacuazione del ferito.
In base ai valori del GCS, i traumi cranici sono distinti in:
• gravi: GCS < 8; • moderati: GCS 9-12; • lievi: GCS 12-15.
Traumi cranici con GCS < 13 va indirizzato ad un dipartimento di emergenza-urgenza almeno di 2° livello.
3) Trasporto del traumatizzato
• continua valutazione A-B-C; • ossigeno al 100%; • monitoraggio della PA, ECG, saturimetria; • continuazione d'eventuali provvedimenti intrapresi sul campo (terapia
infusiva); • eventuale sedazione per ottimizzare il trasporto, con BDZ; • evitare le brusche accelerazioni e decelerazioni con il mezzo di trasporto,
esse possono provocare alternativamente ipoafflusso ed iperafflusso cerebrale in un cervello traumatizzato che spesso perde l’autoregolazione;
• preparare l’aspiratore (il vomito determina pericolo di ab-ingestis); • prima di partire comunicare alla Centrale Operativa il codice di rientro; • affidare il paziente al reparto di accoglienza riferendo:
1) dinamica dell’incidente; 2) condizioni cliniche del paziente ed eventuali cambiamenti delle
medesime; 3) trattamento effettuato.
GESTIONE INTRAOSPEDALIERA DEL TRAUMATIZZATO CRANICO 1) Valutazione Secondaria
• rivalutazione continua dell'A-B-C-D; • raccolta di dati riguardanti la dinamica dell'incidente:
1) caduta >= 5 metri; 2) grave deformazione del veicolo;
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3) eiezione del paziente dall’abitacolo; 4) morte di un passeggero nel veicolo; 5) ribaltamento; 6) pedone o motociclista contro veicolo; 7) intrappolamento;
• anamnesi ed esame obiettivo completo del paziente alla ricerca di segni e sintomi di trauma cranico o d'altre lesioni (tab.3);
• esami diagnostici mirati e terapia definitiva.
SEGNI DI LOCALIZZAZIONE DEL DANNO CEREBRALE
• Risposta decorticata: a seguito dello stimolo doloroso le estremità superiori sono addotte con flessione del braccio del polso e delle dita, le estremità inferiori sono estese, con rotazione interna e flessione plantare della caviglia. Il danno risiede a livello degli emisferi cerebrali o della capsula interna o dei peduncoli cerebrali.
• Risposta decerebrata: a seguito dello stimolo doloroso le estremità superiori sono estese rigidamente e le braccia sono addotte e ruotate internamente: le estremità inferiori sono estese con flessione plantare della caviglia. Il danno risiede a livello tronco cerebrale.
ALTERAZIONI DEL RESPIRO IN CASO DI DANNO CEREBRALE
Respiro di Cheyne-Stokes: regolare crescendo o decrescendo degli atti respiratori cui segue pausa d’apnea
Emisferi cerebrali, bilateralmente con estensione al diencefalo, fase
iniziale dell'aumento della PIC.
Iperventilazione neurogena: respirazione profonda e rapida con frequenza superiore a 24 atti il minuto
Dalla metà del mesencefalo alla metà del ponte
Respirazione a grappolo: sequenza irregolare d'atti respiratori e pause irregolari. Parte inferiore del ponte
Respiro atassico di Biot: sequenze casuali di respiri superficiali o profondi senza alcuno schema riconoscibile
Regione mediale del bulbo
Tabella 3: valutazione anamnestica del trauma cranico
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Osservazione superiore alle 24h
Lesione percutanea evidentente
NO
Sono presenti segni neurologici
o perdita di coscienza
NO
Dimissione protetta con foglio
informativo
SI
SI
• Lesione
tessuti
pericranici (1)
• Ferite (2)
• RX cranico in due proiezioni
TRAUMA CRANICO LIEVE (GCS 15= PAZIENTE SVEGLIO, COSCIENTE,
COLLABORANTE, ORIENTATO)
TAC cranio e valutazione
specialistica.(3)
TRAUMA
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1. LESIONE DEI TESSUTI PERICRANICI
Il cuoio capelluto è costituito dalla cute, ricca di ghiandole sebacee, dal sottocutaneo caratterizzato da sepimenti connettivali molto vascolarizzati che uniscono il derma alla galea e racchiudono lobi adiposi, e dallo strato muscolo aponeurotico.
Sotto al cuoio capelluto si trovano uno strato di connettivo lasso ed il periostio, lassamente unito all'osso. La vascolarizzazione dei tessuti molli pericranici è fornita dall'arteria frontale, sopraorbitaria, temporale superficiale, auricolare posteriore ed occipitale: il sangue defluisce nelle vene omonime, i linfatici sono tributari dei gangli retro mastoidei ed occipitali.
Le lesioni traumatiche dei tessuto pericranici presentano alcune caratteristiche comuni che sono:
In caso di ferita le emorragie sono abbondanti perché i vasi aderenti ai sepimenti connettivali hanno difficoltà a retrarsi.
Gli ematomi sono espansibili, se situati nel sottocutaneo e si manifesta come una bozza dura emisferica dolorosa, quelli voluminosi possono presentare un cercine periferico sopraelevato.
TRATTAMENTO
La cura è medica con: • applicazioni fredde (borsa del ghiaccio); • modica compressione per limitare l’emorragia; • successivamente impacchi caldo umidi per facilitare il riassorbimento
dell'ematoma e somministrazione di FANS contro il dolore
2. FERITE Sono soluzioni di continuo traumatiche della cute (ferite superficiali). Esse
possono interessare i tessuti sottocutanei (ferite profonde) e sono caratterizzate da emorragie abbondanti e difficoltà a riparare ampie perdite di sostanza.
TRATTAMENTO
A) Il trattamento immediato di primo soccorso prevede: • accurata rasatura intorno alla ferita; • pulizia cutanea con disinfettanti; • escissione d’eventuali margini contusi e lacerati; • emostasi; • sutura; • vaccinazione antitetanica o richiamo del vaccino.
B) Il trattamento della ferita inquinata prevede: • completare toilette della ferita; • disinfettare localmente con acqua ossigenata e coprire la ferite con ganza
sterile; • somministrare antibiotici a largo spettro.
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3. COMMOZIONE CEREBRALE
E' la condizione che subentra dopo un trauma cranico. La sintomatologia è caratterizzata da: 1) improvvisa perdita di coscienza; 2) abolizione istantanea dei riflessi pupillari alla luce, del riflesso corneale e della
deglutizione; 3) ipotensione; 4) bradicardia, brevissima apnea; 5) il risveglio può essere accompagnato da vomito; 6) presenza d'amnesia retrograda e anterograda; 7) può residuare cefalea diffusa e vertigini per alcuni giorni.
TRATTAMENTO
Il trattamento immediato di primo soccorso prevede: • valutazione A-B-C-D e trattamento delle complicazioni; • valutazione neurologica strumentale e nei casi sospetti osservazione per almeno
dodici ore; • generalmente si risolve spontaneamente.
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NO SI
Controllo TAC
dopo 12 h
Proseguire valutazione clinica Intervento
E’ indicato intervento
chirurgico? (5)
Sono presenti segni di lato o perdita di
coscienza
NO
SI
Presenza d’epistassi, o d’otorragia o di
sanguinamento buccale
Possibile frattura della base cranica
(4) E’ visibile la
lesione parenchimale
Stabilizzazione delle funzioni vitali A-B-C
TAC cranio
SI
NO Proseguire valutazione
clinica
TRAUMA CRANICO MODERATO GCS 13-9 (paziente confuso, usa parole inappropriate ma esegue ancora gli ordini
semplici)
• RX cranio • Valutazione
specialistica
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4. FRATTURA DELLA BASE CRANICA
E’ una situazione clinica grave che può causare lesioni dei nervi cranici.
SEGNI E SINTOMI ASSOCIATI A FRATTURA DELLA FOSSA CRANICA ANTERIORE • epistassi • rinoliquorrea; • ecchimosi congiuntivali e palpebrali; • esoftalmo; • ipo-anosmia; • diminuzione del visus e cecità omolaterale per lesione del nervo ottico.
SEGNI E SINTOMI ASSOCIATI A FRATTURA DELLA FOSSA CRANICA MEDIA • otorragia; • otoliquorrea; • paralisi periferica faciale e/o sindromi vestibolari e/o ipoacusia; • ecchimosi tardive retromastoidee.
SEGNI E SINTOMI ASOCIATI A FRATTURA DELLA FOSSA CRANICA POSTERIORE • ecchimosi tardive; • ematoma retrofaringeo.
TRATTAMENTO
La terapia medica mira a prevenire e combattere le possibili infezioni, l'intervento chirurgico è indicato in caso di complicazioni come le fistole liquorali o la comparsa d’ipertensione endocranica ingravescente.
5. CONTUSIONE CEREBRALE
Lesione essenzialmente a focolaio che consiste in emorragia e lacerazione della sostanza nervosa nelle sedi d’applicazione del trauma o dal lato opposto (lesione da contraccolpo).
Di solito i focolai contusivi sono localizzati sulla superficie inferiore o sulla punta del lobo frontale, occipitale o temporale.
Sintomatologia: • afasia; • emicrania; • emianopsia; • coma profondo.
TRATTAMENTO
Quando la lesione cerebrale ha un certo volume, tutto intorno all'area necrotica si forma un edema cerebrale che, associato all'emorragia intraparenchimale, comprime il tessuto nervoso. Può essere necessario un trattamento chirurgico per la sua rimozione.
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TAC e valutazione specialistica
neurochirurgica
Osservazione e rivalutazione specialistica
Deterioramento del quadro
clinico NO
Dimissioni e condizioni
cliniche normalizzate
previa ripetizione
TAC
SI
Ripetizione della TAC
Intervento chirurgico d'urgenza (6, 7)
TRAUMA CRANICO SEVERO CGS<9
6. EMATOMA EXTRADURALE
L’ematoma extradurale ha origine arteriosa (in genere si ha lacerazione dell’arteria meningea media) ed è accompagnato dalla frattura dell'osso occipitale. Ha sviluppo rapido; già dopo poche ore possono svilupparsi i segni dell’ipertensione endocranica.
Sintomatologia: • perdita di coscienza immediata dopo il trauma; • ripresa della coscienza (intervallo lucido); • obnubilamento della coscienza; • cefalea; • vomito; • sonnolenza e perdita progressiva del contatto con la realtà; • se non s'interviene rapidamente comparsa di coma.
TRATTAMENTO
Chirurgico
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7. EMATOMA SUB-DURALE
E’ di origine venosa ed ha sviluppo lento; dopo un intervallo libero di alcuni giorni compaiono i segni neurologici che variano a seconda della sede interessata e sono accompagnati da irrequietezza, cefalea, sonnolenza, crisi epilettica; il progressivo sviluppo dell’ematoma può portare ad un quadro di "ipertensione endocranica”.
EMATOMA SUBDURALE ACUTO • 48-72 h dopo il trauma; • commozione cerebrale che si risolve rapidamente; • fase di compressione caratterizzata da: obnubilamento della coscienza,
cefalea, vomito, respiro irregolare e bradicardia; • segni neurologici di lato (convulsioni, abolizione riflessi addominali, midriasi
omolaterale).
EMATOMA SUBDURALE SUBACUTO • si forma 3-20 gg dopo il trauma; • è accompagnato da disturbi psichici e dello stato di vigilanza.
EMATOMA SUBDURALE CRONICO • ha lenta evoluzione ed è caratterizzato da un intervallo di lucidità molto
lungo (anche mesi); • i sintomi neurologici di lato e di ipertensione endocranica hanno comparsa
progressiva.
TRATTAMENTO
Chirurgico
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PROTOCOLLO DI TRATTAMENTO DEL TRAUMA CRANICO GRAVE
Trauma cranico grave (GCS</=7)
Metilprednisolone
Lesione chirurgica
Intervento neurochirurgico
Lesione non chirurgica
• Iperventilazione • Metilprednisolone
Monitoraggio ICP o sorveglianza clinica
• Iperventilazione • Metilprednisolone • Mannitolo 0,25
g/Kg ogni 6 ore • Furosemide 10mg
ogni 6 ore • Drenaggio del
liquor
Iperventilazione (PaCO2 25-30mmHg)
ICP</=15 mmHg o quadro
neurologico stabile
ICP >15<25 mmHg o quadro
neurologico in progressivo
peggioramento
ICP >25 mmHg o quadro
neurologico in severo
aggravamento
Stabilizzazione cardiorespiratoria ed
eventuali interventi chirurgici d’emostasi in altri distretti
corporei
TAC del cranio
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I TRAUMI DELLA COLONNA VERTEBRALE I traumi vertebro-midollari hanno un'incidenza di 20 casi per milione per anno
(senza considerare le lesioni vertebrali senza danno midollare). Circa la metà di questi pazienti è destinata ad avere gravi deficit motori, sensitivi e vegetativi a carico dei segmenti corporei caudali alla lesione.
La popolazione più colpita è quella giovane con età compresa fra i 16 e 25 anni ed i segmenti rachidei sede di lesione sono generalmente quelli più mobili e in altre parole il tratto cervicale ed il punto di passaggio fra il tratto dorsale ed il tratto lombare.
Le cause più frequenti di trauma vertebro-midollare sono rappresentate da: a) incidenti stradali (mancato uso della cintura di sicurezza, colpo di frusta
conseguente a brusca decelerazione); b) incidenti motociclistici; c) Incidenti sportivi; d) cadute da grandi altezze; e) cadute accidentali; f) aggressioni criminali; g) incidenti domestici e industriali;
La dinamica con cui si realizza la lesione può essere ricondotta a quattro
meccanismi: 1) compressione: si realizza generalmente nelle cadute; 2) iperflessione: si realizza frequentemente negli incidenti stradali (colpo di frusta); 3) iperestensione; 4) rotazione.
Come per il trauma cranico anche nel trauma vertebro-midollare esiste una fase
iniziale in cui la lesione non è, probabilmente, ancora di tipo anatomico ma soltanto di tipo funzionale. Questa fase è rappresentata dallo shock midollare ed ipoteticamente è ancora reversibile.
Questo accade molto raramente dopo il trauma, infatti, si realizza una catena fisiopatologica d’eventi che trasformano il danno funzionale in anatomico attraverso vari meccanismi innescati dalla lesione alla membrana cellulare e agli assoni: a questo seguono l'alterazione della barriera ematospinale, i deficit d’autoregolazione del flusso, la liberazione dei radicali liberi e d’altri fattori catabolici potenzialmente lesivi. Un trauma spinale deve sempre essere sospettato nei pazienti con:
a) lesione cranica, soprattutto frontale e facciale; b) grossi traumi da schiacciamento; c) traumi multipli chiusi; d) traumi gravi da accelerazione/decelerazione; e) traumi al disopra della clavicola. Il legame fra trauma cranico e trauma vertebrale deve essere sempre sospettato:
infatti, circa il 20% dei traumatizzati cranici in coma presenta contemporaneamente anche un trauma della colonna vertebrale associato o meno a lesione del midollo spinale, ma sempre in grado di determinare, potenzialmente, instabilità della colonna vertebrale.
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Per instabilità della colonna vertebrale s'intende la possibilità che si verifichino abnormi movimenti tra le vertebre, tali da determinare una compressione midollare ulteriore, con la conseguenza d’aggravamento della lesione neurologica riportata al momento del trauma.
E' generalmente accettato che una lesione sia instabile quando coinvolge due delle tre cosiddette colonne di appoggio vertebrale (la colonna vertebrale è composta dai corpi vertebrali, dai legamenti longitudinali anteriore e posteriore e dal disco intervertebrale). Tutte le lesioni della colonna vertebrale sono, inizialmente, instabili e capaci di passare da lesioni senza interessamento del midollo spinale, a lesioni con interessamento del midollo spinale.
Gli obiettivi del trattamento vertebro-midollare acuto sono quindi i seguenti: 1) ottenere la stabilizzazione vertebrale impedendo quindi l'aggravamento della
lesione; 2) creare le condizioni idonee per un rapido e completo recupero neurologico; 3) iniziare precocemente la mobilizzazione e la riabilitazione; Una lesione del midollo spinale produce deficit nella funzione motoria, sensoriale e
del sistema nervoso autonomo sotto il livello della lesione, determinando complicanze non solo neurologiche ma anche respiratorie e cardiovascolari (tab.1).
LOCALIZZAZIONE DELLA LESIONE EFFETTI POSSIBILI
Sopra C5 Paralisi respiratoria e spesso morte
Sopra o a livello di C4 fino a C5 Quadriplegia, mancata azione del
muscolo diaframma e grave insufficienza respiratoria
Tra C5 e C6 Paralisi degli arti inferiori ma possibile abduzione e flessione delle braccia
Tra C6 e C7
Paralisi degli arti inferiori, dei polsi e delle mani, spesso possibile il
movimento delle spalle e la flessione dei gomiti
Da C8 a T1 Sindrome di Horner (miosi, ptosi
palpebrale, anidrosi del volto) ipotensione, bradicardia
Da T11 a T12 Paralisi dei muscoli degli arti inferiori sopra e sotto il ginocchio
Da T12 a L1 Paralisi al di sotto del ginocchio
Cauda Equina
Paresi iporeflessiche e areflessia degli arti inferiori e generalmente dolore e
iperestesie lungo la distribuzione delle radici nervose
Radici sacrali 3°, 4° e 5° o cono midollare a L1 Perdita del controllo degli sfinteri
Tabella 1: effetti del danno midollare in base al livello della lesione.
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La lesione midollare acuta associata ad un trauma vertebrale (TVM) è una condizione potenzialmente mortale per le conseguenze sulla funzionalità degli apparati cardiocircolatorio e respiratorio. Le conoscenze fisiopatologiche riguardanti i meccanismi della lesione hanno modificato, negli ultimi due decenni, l'approccio terapeutico. In passato tale patologia era ritenuta irreversibile e senza speranza, gli sforzi venivano concentrati sul recupero delle capacità funzionali (riabilitazione). Per contro, l'evidenza che la lesione midollare acuta avesse una evoluzione temporalmente determinata ha fatto sviluppare terapie che possono arrestare il processo distruttivo cellulare. Su queste nuove basi gli obiettivi del trattamento del TVM sono diventati:
1) limitazione dell'estensione del danno. 2) recupero completo delle funzioni neurologiche.
Il raggiungimento di questi due obiettivi richiede un'attenta applicazione di protocolli
di trattamento sia nella fase extraospedaliera che intraospedaliera. GESTIONE EXTRAOSPEDALIERA DEL TRAUMA VERTEBRALE Prevede 5 fasi: • controllo della scena; • osservazione clinica primaria; • osservazione clinica secondaria; • trasporto; • consegna del paziente al reparto di accoglienza.
Il trattamento efficace richiede l'immediato riconoscimento della lesione midollare.
In caso di paziente cosciente: contemporaneamente alle manovre rianimatorie, che sono prioritarie, è obbligatorio ricercare gli elementi che possano far pensare ad un TVM:
• dolore al collo o al dorso, spesso con irradiazione agli arti dovuta all'irritazione
radicolare; • disturbi della sensibilità; • ipostenia, paresi o paralisi flaccida degli arti. Questi elementi consentono la classificazione del danno neurologico secondo la
scala Frankel (tab. 2). In questa fase è importante identificare lesioni associate che possono provocare
ipossia e shock, compromettendo ulteriormente la perfusione midollare.
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A Completa perdita della sensibilità e della motricità sottolesionale
B Qualche forma di sensibilità presente al di sotto del livello lesionale: nessuna motricità
C Sensibilità e motricità presenti al di sotto della lesione, ma non utili al movimento
D Sensibilità e motricità sottolesionali presenti, deficitari, ma utili al movimento
E Normale
Tabella 2: classificazione di Frankel delle lesioni midollari. Nel primo soccorso è indispensabile l'immobilizzazione del rachide cervicale che
garantisce il mantenimento della posizione neutra (vedi sezione "Il Politraumatizzato"): 1) Collare cervicale rigido: deve essere messo subito sul luogo dell'evento e
mantenuto sino a quando non sia stata esclusa una lesione della colonna o si sia proceduto alla stabilizzazione definitiva, sia in fase di trasporto sia all'interno dell'ospedale.
2) Estricatore (KED) e tavola spinale (con fissatori per la testa e cinghie d’immobilizzazione): devono essere applicati in modo da assicurare l'immobilità del capo, del collo (collare rigido) e di tutta la colonna.
3) Monitoraggio del paziente immobilizzato (ECG, Saturimetria, Pressione arteriosa), specie se è presente il vomito.
4) Controllo delle vie aeree: sin dalle prime ore è importante garantire un'adeguata ossigenazione tissutale (comprese le regioni midollari lese) che inizialmente, sul campo, può essere bene perseguita con l'innalzamento del mento, l'aspirazione del cavo orale, la somministrazione d’O2 con maschera o cannula anche se sovente bisogna ricorrere all’intubazione nasotracheale. Quest’ultima è ben sopportata dal paziente, non obbliga ad estendere il collo ed è indicata soprattutto nei traumi cervicali e nella presenza di crisi apnoiche; è controindicata in presenza di rinorrea e/o d’emorragia nasale (indici di frattura della base cranica). L'intubazione orotracheale: permette una buona ventilazione e assicura una buona aspirazione, ma è controindicata nelle massive emorragie oro-rinofaringee, nelle deformazioni del cavo faringeo, negli spasmi dei masseteri; la cricotiroidotomia è la procedura di scelta nei traumi maxillofacciali. La ventilazione meccanica trova la sua indiscutibile indicazione in pazienti con lesioni di C2-3 (apnoici), nei quadriplegici o in presenza di capacità vitale inferiore al 25%; essa deve garantire una respirazione di 8-20 atti/min, un volume corrente di 10-15 ml/kg, una FiO2 iniziale del 100% così da mantenere una PaO2 di 60-100 mmHg. L'obiettivo è quello di aumentare l'ossigenazione o la ventilazione mentre diminuisce il lavoro respiratorio, di prevenire le lesioni polmonari mediante una buona manipolazione del volume-pressorio con lo scopo di prevenire e risolvere le atelettasie e, in aggiunta, di permettere una sedazione o un blocco neuromuscolare, di diminuire il consumo dell'ossigeno miocardico, di ridurre la pressione intracranica, di stabilizzare la parete toracica.
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TRATTAMENTO FARMACOLOGICO
1) Terapia parenterale: finalizzata a sostenere lo shock neurogeno, si basa
sull'infusione di 500-1000 ml di cristalloidi, peraltro indicati anche nello shock ipovolemico.
2) Dopamina: a dosaggi di 2-20 µg/kg/min (200 mg in 250 ml = 800 µg/ml) calcolati in base alla risposta del soggetto relativamente al flusso d’infusione, la diuresi, l'output cardiaco e la PA.
3) Noradrenalina: a dosi iniziali di 2 ug/min (4 mg in 500 ml = 8 ug/ml). 4) Steroidi: indicati nello shock spinale acuto, se accaduto da meno di 8 ore.
Metilprednisolone (MPS): a dosi iniziali (entro le 3-8 ore dal trauma) di 30 mg/kg/ev in bolo rapido in 15 min, seguito da infusione continua per le successive 23 ore (5,4 mg/kg/h ev).
La terapia steroidea è finalizzata a:
a) facilitare l'eccitabilità neuronale e la conduzione assonica, aumentare il flusso ematico, ridurre la perossidazione lipidica e l'idrolisi;
b) aiutare il metabolismo energetico: previene la degradazione neuronale; c) prevenire il metabolismo dell'acido arachidonico, le funzioni e il rilascio
dei mediatori infiammatori e degli enzimi proteolitici. TRATTAMENTO NON FARMACOLOGICO 1) posizionamento del traumatizzato: nello shock neurogeno il paziente può essere
posto in Trendelemburg in assenza d’altre controindicazioni cliniche. Catetere di Foley: per la gestione di una vescica distesa e incontinente;
2) sondino nasogastrico: per prevenire la distensione gastrica, controllare eventuali emorragie e prevenire il vomito;
3) prevenzione delle ulcere da decubito: nelle lungo degenze. In caso di paziente incosciente, una lesione del tratto cervicale della colonna
vertebrale deve essere sempre sospettata fino alla sua esclusione mediante uno studio radiologico completo. Le informazioni sulla dinamica dell'incidente e la localizzazione di ferite o abrasioni possono suggerire il meccanismo con cui si è determinato il trauma (es. un trauma cranico frontale o del massiccio faciale spesso si accompagna ad una lesione in iperestensione della colonna cervicale).
Durante la fase d’estrinsecazione dai veicoli è importante l'immobilizzazione della colonna cervicale in modo solidale con la testa. In seguito, sebbene la postura supina sia la migliore perché permette una rapida valutazione del pattern ventilatorio (torace e addome) e la rianimazione cardiopolmonare, essa mette il paziente a rischio d’inalazione.
La posizione laterale è un compromesso accettabile, per il drenaggio della secrezioni, solo temporaneamente. Durante il trasporto è, infatti, necessario assicurare la pervietà e la protezione delle vie aeree mediante intubazione tracheale.
L'ipotensione e la bradicardia sono frequentemente associate ad un trauma vertebro-midollare. Infatti, in caso di tetraplegia, le efferenze simpatiche toraco-lombari (T1-L2) che regolano la frequenza cardiaca ed il tono vascolare sono interrotte, divenendo prevalenti quelle vagali che hanno un’origine extramidollare.
In queste condizioni d’alterata regolazione del tono vascolare ogni modificazione posturale può avere drammatiche conseguenze fino all'arresto cardiaco in fase diastolica.
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L'alterata regolazione del sistema circolatorio rende quindi i pazienti mielolesi, estremamente sensibili al carico volemico. L'infusione di liquidi, anche in quantità non elevate, può provocare edema polmonare quando lo shock consegue unicamente alla lesione mielica e non a concomitanti patologie emorragiche. In caso di lesione midollare completa cervicale, la risposta cardiaca all'atropina è inefficace poiché non può emergere l'attività simpatica.
Il trattamento più idoneo al recupero della funzione circolatoria è quindi l'associazione di liquidi con la sostituzione dell'attività simpatica con catecolamine ed il monitoraggio delle pressioni di riempimento cardiache. Tra gli inotropi sono da preferire quelli che non aumentano le resistenze polmonari e sistemiche. L'aumento della resistenze vascolari richiede, infatti, un incremento del lavoro ventricolare e del consumo d’ossigeno miocardico, annullando il benefico effetto sul cuore del tono vascolare depresso.
I sostituti plasmatici più idonei al reintegro volemico sembrano essere i colloidi: avendo una maggior capacità d’espansione volemica a quantità inferiori rispetto ai cristalloidi, la pressione microvascolare idrostatica polmonare è mantenuta a valori più bassi. Ciò previene la perdita capillare di liquidi e l'edema interstiziale con aumento dell'acqua extravascolare polmonare.
Le complicanze respiratorie rappresentano in assoluto la principale causa di mortalità e morbilità dopo un trauma mielico cervicale. La loro incidenza varia dal 36 all'83% e comprende: insufficienza respiratoria, polmonite ed atelettasie. I fattori correlati all'insufficienza respiratoria sono principalmente il livello e la gravità della lesione neurologica.
Una lesione mielica completa cervicale > C3 provoca una paralisi della muscolatura intercostale e del diaframma. L'attività respiratoria è esercitata solo dai muscoli respiratori accessori del collo: sternocleidomastoideo, scaleni e trapezio. Il lavoro respiratorio esercitato da questi muscoli consente la sopravvivenza per poco tempo.
L'intubazione tracheale immediata è obbligatoria. Una lesione di livello C3 - C5 interessa parzialmente la funzione del diaframma. Il respiro è superficiale ed il pattern ventilatorio paradosso: durante l'inspirazione avviene l'espansione dell'addome ed il rientramento della parte toracica alta. Anche quando i nuclei da cui origina il nervo frenico sono intatti (livello di lesione al di sotto di C5), l'attività diaframmatica è compromessa, a causa dell’incapacità della muscolatura intercostale paralizzata di stabilizzare la gabbia toracica. Oltre alle modificazioni geometriche della gabbia toracica, l’alterazione del raggio di curvatura, per la perdita della forza di opposizione dei muscoli dell'addome, non permette al diaframma di contrarsi fisiologicamente dalla posizione di inizio inspirazione. Il risultato di questa disfunzione della muscolatura respiratoria è una riduzione dei volumi polmonari (VC, FRC, FEV1) e della compliance polmonare statica, con conseguente riduzione del rapporto VA/Q (aumento dello shunt intrapolmonare), inefficienza della tosse, ipossia ed ipercapnia.
Gli algoritmi decisionali che seguono sono tratti dal sito www.trauma.org.
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PROTOCOLLO DI TRATTAMENTO DEI TRAUMI DEL MIDOLLO SPINALE* *Possono essere dimessi i pazienti con: a) Lesioni muscoloscheletriche a modesta sintomatologia, con negatività radiografica e senza lesioni
associate (collare e terapia farmacologica vedi algoritmo). b) Fratture dei processi spinosi senza deficit neurologici o instabilità nelle radiografie dinamiche. c) Fratture da incuneamento con modesta sintomatologia e senza altre alterazioni ossee.
Sospetta lesione del midollo spinale
Immobilizzazione provvisoria
Trattamento dello shock e della ipossia
Valutazione clinica della sensibilità e della funzione
motoria
• MPS: 30 mg/kg in bolo
(entro tre ore dal trauma)
• Successivamente MPS 5,4 mg/kg per 23 ore
Conferma strumentale • Rx colonna vertebrale • RMN, TAC
TRATTAMENTO DEFINITIVO • Laminectomia • Stabilizzazione chirurgica
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VALUTAZIONE SECONDARIA DELLA SOSPETTA LESIONE CERVICALE IN PAZIENTE SVEGLIO E COLLABORANTE*
Il paziente ha dolore spontaneo o evocato al
collo o lamenta parestesie
SI NO
RX latero-laterale della colonna
vertebrale Modalità di trauma
indice di sospetto di lesione, oppure
comparsa di dolore a parestesia ai
movimenti del collo
SI
Rx con proiezione del nuotatore
SI
NO
TAC programmata?
Colonna cervicale
visualizzata fino a T1
NO
Colonna cervicale
visualizzata fino a T1
Si vede una lesione, c'è
deficit neurologico?
SI
SI
Metilprednisolone 30 mg/Kg in bolo , consulto
neurologico
NO
C'è dolore o tensione del
collo? NO TAC C6-T1
SI
Il paziente è in grado di
estendere e flettere il collo?
NO
Collare cervicale per una
settimana anche se
a domicilio
Radiografia del collo in estensione e flessione
Si vede una lesione?
Interrompere iter diagnostico e rimuovere il
collare cervicale
SI
NO
SI
NO
NO
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VALUTAZIONE SECONDARIA DI SOSPETTA LESIONE CERVICALE IN
PAZIENTE IN COMA
RX latero-laterale della colonna vertebrale
Colonna cervicale
visualizzata fino a T1
SI
NO
TAC programmata
NO
RX in proiezione del
nuotatore
Colonna cervicale
visualizzata fino a T1
NO
TAC C6 T1
SI
Interrompere l'iter diagnostico e rimuovere il
collare cervicale
Si vede una lesione?
NO
E'previsto un risveglio ed
una valutazione del paziente entro 48h?
NO
SI Metilprednisolone 30mg/kg in bolo e
consulto neurochirurgico
SI
Mantenere il collare
cervicale ed applicare
l'algoritmo per la valutazione del paziente
sveglio e collaborante
RX AP dell'odontoide
Si vede una lesione?
NO
Eseguire TAC cervicale
Si vede una lesione?
NO
SI
SI
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LE FRATTURE OSSEE
Una frattura si verifica quando ad un segmento scheletrico è applicata una forza eccedente le resistenze del segmento stesso determinando una soluzione di continuo del tessuto osseo. Possono essere causa di frattura: 1) trauma diretto: la frattura avviene generalmente nel punto d'applicazione della
forza (pedone investito); 2) trauma indiretto: la frattura avviene lontano dal punto d'applicazione della forza
(frattura della clavicola in seguito a caduta sulla mano); 3) torsione brusca e violenta (caduta dagli sci); 4) azione muscolare: la frattura è provocata da una violenta contrazione muscolare
che agisce sull'osso attraverso l'inserzione tendinea. Le fratture possono essere: • aperte: i monconi ossei perforano i piani muscolari e cutanei aprendo così una
ferita attraverso la quale si può avere la contaminazione da parte di germi; • chiuse: non accompagnate da perforazione dei piani muscolari; • complicate: al danno osseo si aggiunge quello dei vasi (possibilità di shock
ipovolemico), dei nervi e degli organi interni.
Segni e Sintomi
1) dolore; 2) impotenza funzionale; 3) deformità del profilo dell'arto; 4) accorciamento in toto dell'arto; 5) rotazione anomala dell'arto; 6) mobilità abnorme; 7) scroscio osseo
Terapia
territoriale
1) verificare le condizioni neurologiche e vascolari della superficie lesionata;
2) posizionare un accesso venoso periferico e somministrare soluzione fisiologica;
3) immobilizzare provvisoriamente l'arto o il rachide cervicale (immobilizzatore rigido, sagomabile a trazione, collare cervicale, asse spinale).Se si usano stecche e bende a decompressione non bisogna schiacciare i monconi ossei;
4) NON TENTARE DI RIPOSIZIONARE I MONCONI OSSEI. 5) l'immobilizzazione di un arto deve avvenire mediante il
bloccaggio delle articolazioni prossimale e distale; 6) arrestare l'emorragia in caso di frattura aperta e coprire la ferita
con garze sterili; 7) trasportare al centro ospedaliero più idoneo evitando
movimenti bruschi;
Terapia
ospedaliera
• Rx in due proiezioni; • immobilizzazione ; • riduzione chirurgica della frattura se necessario; • contenzione dei monconi; • riabilitazione
Complicazioni
• rottura di un grosso vaso e grave shock ipovolemico(fratture pelviche o del femore.