Post on 03-Jul-2020
Fabrizia FrancabanderaPresidente della Corte di Appello di L'Aquila
RELAZIONESULL'AMMINISTRAZIONE
DELLA GIUSTIZIA NEL DISTRETTODELLA CORTE D'APPELLO DI L'AQUILA
Assemblea Generale - L'Aquila, 1 febbraio 2020
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Remo Brindisi“Lottiamo per la Pace”, 1954 (recto)
Olio su pannelli ligneiL’Aquila, Museo Nazionale d’Abruzzo
“ ”
Fai bene quello che sei chiamato a fare… nonostante tutte le difficoltà, c’è la possibilità di un futuro migliore per la vita del nostro Paese e per la vita delle nostre Istituzioni.
Vittorio Bachelet(1926-1980)
Remo Brindisi“Lottiamo per la Pace”, 1954 (verso)Tempera su carta
Fabrizia FrancabanderaPresidente della Corte di Appello di L'Aquila
RELAZIONESULL'AMMINISTRAZIONE
DELLA GIUSTIZIA NEL DISTRETTODELLA CORTE D'APPELLO DI L'AQUILA
Assemblea Generale - L'Aquila, 1 febbraio 2020
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Relazione sull’amministrazione della giustizia nel
distretto della Corte di Appello di L’Aquila
1° luglio 2018 - 30 giugno 2019
Intervento in aula del Presidente della Corte di Appello
Fabrizia Francabandera
La cerimonia che vede qui riuniti, insieme ai magistrati della Corte di
Appello, le massime autorità del distretto si apre, come di consueto, con il
ringraziamento al Presidente della Repubblica e ai nostri ospiti, in
particolare al collega rappresentante del Consiglio Superiore della
Magistratura, che ha da poco ritrovato la completezza dei suoi componenti,
e al rappresentante del Ministero della Giustizia; salutiamo e ringraziamo
tutte le Autorità presenti, religiose, civili e militari, i Magistrati delle altre
giurisdizioni, i Magistrati onorari, i rappresentanti degli Ordini Forensi, i
dirigenti degli uffici giudiziari, il personale amministrativo, i colleghi
Presidenti di Sezione e Consiglieri che vedete qui riuniti nelle sontuose
toghe rosse che la cerimonia richiede e, in realtà, impone, perché sono certa
di esprimere l’opinione di tutti se dico che preferiamo di gran lunga le
nostre toghe nere, quotidiano “abito di scena” che sentiamo e viviamo come
simbolo esterno della dismissione dei nostri vissuti personali, dell’unità
della nostra funzione e, soprattutto, dell’imparzialità che deve guidare le
nostre decisioni.
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Tutti voi, in rappresentanza delle istituzioni dell’intero distretto, ci onorate
ancora una volta della vostra presenza, sacrificando a questa giornata della
giustizia ordinaria la mattina di un sabato invernale, solitamente dedicato
agli affetti e al riposo, e di questo sacrificio vi siamo grati
Pochi mesi fa, in occasione dell’avvio del nuovo anno scolastico, il
Presidente della Repubblica ha reso omaggio alla città di L’Aquila, nel
decimo anniversario del terremoto che l’ha colpita così profondamente,
patrocinando nell’occasione un concorso di idee sui valori democratici e i
principi della giustizia, rivolto alle giovani generazioni, in ricordo di
Vittorio Bachelet, vice presidente del Consiglio Superiore della
Magistratura, del quale tra pochi giorni, il 12 febbraio, ricorre il 40°
anniversario dell’uccisione.
Bachelet era uomo di studi (professore di diritto amministrativo
nell’Università La Sapienza di Roma) e di impegno nel sociale e nelle
istituzioni, colpito -come molti altri prima e dopo di lui, soprattutto nella
magistratura, da Emilio Alessandrini, assassinato l’anno prima, uomo
d’Abruzzo la cui memoria coltiviamo con orgoglio, a Guido Galli, ucciso il
19 marzo dello stesso anno- proprio perché la sua lealtà alla Costituzione e
il suo senso dello Stato testimoniavano la legittimità del sistema
democratico, che in quegli anni di arrogante follia un manipolo di giovani
descriveva come oppressivo sistema da abbattere con le armi. Con
l’assassinio di Bachelet si voleva colpire il suo ruolo nel CSM, che guidava
con spirito di servizio e rara capacità di coesione, a tutela dell’autonomia e
dell’indipendenza della magistratura, strenuamente respingendo l’idea che
per combattere il terrorismo fosse lecito ricorrere a strumenti eccezionali; a
riprova che lo Stato di diritto ha gli anticorpi per affrontare anche le
emergenze, sempre nel rispetto della legalità costituzionale e della tutela dei
diritti della persona.
E se parlare di autonomia e indipendenza della magistratura può sembrare
un semplice esercizio retorico, forse è bene dedicare un pensiero a quello
che accade non troppo lontano da noi: solo un paio di settimane fa migliaia
di persone, cittadini, magistrati e avvocati polacchi, affiancati per la prima
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volta da magistrati di tutta Europa, hanno avvertito la necessità di protestare
silenziosamente, sfilando in toga per le strade di Varsavia, contro riforme
approvate nei mesi scorsi, nonostante la Corte di Giustizia dell’Unione
Europea avesse già stigmatizzato la contrarietà del nuovo ordinamento
giudiziario della Polonia ai valori comuni che identificano lo stato di diritto.
Gli ordinamenti che si qualificano “forti” mal sopportano le istituzioni di
garanzia: e, infatti, il saldo controllo politico sui vertici -requirenti e
giudicanti- della magistratura, i vincoli nell’applicazione del diritto
dell’Unione, i limiti al diritto di critica, stanno creando un rischio concreto
per l’autonomia e l’indipendenza della magistratura polacca, e
conseguentemente, per i diritti dei cittadini di quel Paese.
Il “contagio” ha già raggiunto l’Ungheria, mentre in Turchia fin dal 2016
migliaia di magistrati sono stati oggetto di arresti e destituzioni di massa. A
tutti loro va la nostra solidarietà
La giornata di oggi è, come sempre, l’occasione per riferire
sull’amministrazione della Giustizia nel nostro territorio. Oggi si preferisce
parlare di “accountability”, termine intraducibile in italiano, perché unisce
al concetto di rendiconto quello di responsabilità, evidenziando meglio il
cuore e il senso della relazione che sto per presentarvi.
Le molte pagine che la compongono, in cui chiunque abbia interesse potrà
trovare l’analisi approfondita del lavoro dello scorso anno (confrontato con
quello dell’anno precedente), sono frutto dei contributi di tutti i protagonisti
della giurisdizione in Abruzzo, dai dirigenti degli uffici giudicanti e
requirenti di primo grado ai presidenti di Sezione della Corte, dai dirigenti
amministrativi ai magistrati formatori e ai referenti per l’informatica.
L’idea di fondo che ci guida è che la Giustizia non sia questione di una curia
ristretta di “tecnici”, ma “servizio”, nel senso più alto del termine, servizio
ai cittadini, al territorio, alle altre istituzioni; il che impone di essere
trasparenti e di sottoporsi a valutazioni esterne, non certo per ottenere
consensi, ma per mantenere la legittimazione, la fiducia che sono i
presupposti indispensabili perché i magistrati possano “dire il diritto” su
altri uomini, nella piena consapevolezza di quanto il loro lavoro incida sulla
vita, la libertà, l’onore, il patrimonio delle persone, oltre che sul tessuto
sociale ed economico del Paese e sulle sue potenzialità di crescita.
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Siamo convinti, infatti, che i cittadini debbano poter fare affidamento non
solo sul fatto che i magistrati che si occuperanno delle loro vicende siano
del tutto terzi ed estremamente professionali (questi sono i prerequisiti
essenziali), ma anche sul fatto che i procedimenti che li riguardino siano
assegnati e trattati in tempi e modi trasparenti e predeterminati. E, infatti,
molto del tempo e dell’impegno dei dirigenti degli Uffici giudiziari, sulla
base della normativa emanate dall’organo di autogoverno, è ormai dedicato
proprio a quello che chiamiamo “il diritto tabellare”, condensato in poderosi
documenti organizzativi a disposizione di tutti.
Accountability, abbiamo detto, significa insieme rendere il conto e assumere
responsabilità, il che può aversi solo in presenza di un confronto continuo,
all’esterno e all’interno dei nostri uffici.
Il confronto con il territorio e le altre istituzioni, affidato in primis ai
dirigenti, anche quest’anno è stato improntato a massima reciproca
collaborazione, in particolare con i Comuni che, pur dopo la riforma del
2015, in qualità di enti proprietari dei Palazzi di Giustizia, partecipano alle
Conferenze Permanenti cui è affidata la manutenzione degli edifici, in
collaborazione con il Provveditorato alle Opere Pubbliche, il Demanio, i
Ministeri competenti, adoperandoci tutti con grande –quanto spesso
frustrato- impegno per migliorarne la fruibilità in favore degli utenti,
professionali e occasionali.
Lo scorso anno, per effetto della tenace pressione dei presidenti di corte di
tutta Italia, uniti nel denunciare l’assoluta insufficienza delle risorse
personali per la gestione delle nuove, complesse competenze, il Ministero ha
finalmente inserito negli organici il ruolo dei funzionari tecnici (uno dei
quali in servizio anche da noi) che si spera possano offrire un valido
contributo nella gestione delle nuove incombenze.
A L’Aquila (par. 1), come da troppi anni accade, poco o nulla è cambiato
per i nostri uffici: la città è un enorme cantiere che lavora alacremente alla
ricostruzione, privata e pubblica, ma i nostri risalenti problemi (alcuni
antecedenti il terremoto del 2009) permangono in parte irrisolti. Mi
riferisco, in particolare, a quella grande area che fronteggia la nuova ala del
Palazzo che ci ospita, area che abbiamo sempre chiamato “Primo lotto”, che
ormai è difficile continuare a definire come un “cantiere”, non essendo
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interessata da alcun lavoro da oltre un decennio. Eppure quell’area doveva
essere, nelle intenzioni progettuali, sia piazza di accesso al nuovo Palazzo
(che è penalizzato nella gestione delle uscite di sicurezza) che approdo alle
antiche mura restaurate, al servizio della città e dei suoi abitanti.
Non ci resta, quindi, che fare affidamento nella solerzia
dell’Amministrazione nella ricerca di soluzioni che non si facciano troppo
attendere.
Proficuo è stato anche il confronto con la Regione, in continuità con il
lavoro avviato negli anni scorsi: anche quest’anno, infatti, è stato finanziato
il progetto formativo che ha consentito la collaborazione dei c.d. tirocinanti
nelle nostre cancellerie, ben 110 nel distretto (par. 7.2). Per quanto siano
emerse alcune criticità, l’apporto è stato come sempre prezioso, anche
perché trattasi di persone che ormai hanno acquisito sul campo, nonostante
la precarietà del loro status, una professionalità che non dovrebbe
assolutamente essere dispersa.
Sempre in tema di confronto con l’esterno, preme evidenziare il lavoro fatto
con la Regione per l’adeguamento e il monitoraggio del Protocollo sulla
REMS di Barete, che sta garantendo, con il coinvolgimento di tutti gli uffici
giudiziari, una migliore gestione delle liste di attesa per gli accessi; inoltre
sono già avviati i contatti per lavorare insieme alla istituzione degli
innovativi Uffici di prossimità, finanziati da fondi europei, destinati ad
occuparsi dei procedimenti di volontaria giurisdizione, al fine di agevolarne
l’accesso ai soggetti più fragili.
Troverete nella relazione ampi cenni ai molteplici ed eterogenei protocolli e
convenzioni stipulati dagli uffici del distretto con soggetti pubblici e privati,
che spaziano dai progetti di messa alla prova agli affidi dei minori stranieri
non accompagnati, al sostegno a progetti di natura civica (come
l’installazione dei defibrillatori nei palazzi di giustizia, per i quali dobbiamo
ringraziare la società civile) o culturale. Mi fa piacere evidenziare, in
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particolare, il prestito alla Corte da parte del Munda, in persona della
Sovrintendente dott.ssa Arbace, di molti importanti dipinti del maestro
Brindisi, il più grande dei quali - denominato “Lottiamo per la Pace” -
illustra quest’anno la copertina della relazione. Il restauro dell’opera è in via
di completamento nel nuovo atrio del palazzo; fondamentale è stato il
sostegno dell’Ordine degli Avvocati di L’Aquila e, per la realizzazione della
teca, della Fondazione Cassa di Risparmio di L’Aquila, la stessa che ha
finanziato il progetto di accesso alle cancellerie da parte di alcuni finanzieri
in pensione, che ringraziamo per il loro contributo.
Proprio con gli avvocati, che non possiamo considerare meri utenti, ma veri
e propri co-protagonisti, co-produttori del servizio-giustizia in favore della
collettività, la collaborazione è stata preziosa, nella soluzione dei problemi
relativi alla sede dove svolgere le prove scritte per gli esami di ammissione
alla professione (essendo venuta meno la disponibilità della Scuola
Superiore della Guardia di Finanza di Coppito), nella elaborazione dei
protocolli in materia di gestione delle udienza, di liquidazione dei compensi
per gratuito patrocinio, di Processo civile telematico, di concordato con
rinuncia ai motivi in appello, e molti altri.
Il confronto con gli avvocati, peraltro, è continuo, anche in materia
tabellare, essendo nostri interlocutori necessari nell’adozione degli
strumenti organizzativi cui ho fatto cenno (Documenti Organizzativi
Generali, tabelle dei singoli uffici, tabelle infradistrettuali), ed anche per
ogni variazione, che deve necessariamente passare al vaglio del Consiglio
Giudiziario (par. 11), l’organo decentrato di autogoverno che opera in ogni
distretto con i capi di Corte e i magistrati eletti, del quale fanno parte due
avvocati e un esponente dell’Accademia; organo che, nella sua
composizione ordinaria, si esprime proprio su tutti i provvedimenti che
hanno ad oggetto la funzionalità degli uffici.
7
Il nostro regolamento, peraltro, fin dal 2009 garantisce ai componenti “laici”
il c. d. diritto di tribuna, ovvero la facoltà di partecipare, senza diritto di
voto, anche alle sedute del Consiglio in composizione ristretta (c.d. togata),
quella che si occupa del tema delicato delle valutazioni periodiche di
professionalità dei magistrati del distretto. L’argomento è da poco tornato di
attualità per la volontà manifestata dal nuovo legislatore, purtroppo
osteggiata da una parte della magistratura associata, di voler estendere a tutti
i Consigli Giudiziari italiani questa esperienza, nata dalla prassi
dell’autogoverno decentrato e per noi assolutamente positiva, grazie alla
estrema correttezza dei rappresentanti laici.
Tra pochi mesi il Consiglio Giudiziario, di durata quadriennale, sarà
rinnovato in tutte le sue componenti; è l’occasione, questa, per rivolgere un
pubblico ringraziamento ai rappresentanti dell’Avvocatura e
dell’Accademia, oltre che naturalmente ai colleghi magistrati, per il lavoro
prezioso e scrupoloso di questi anni, svolto in piena armonia, con lealtà,
trasparenza e dedizione, con l’auspicio che anche i prossimi membri, scelti
dalle diverse componenti, possano porsi nel solco di quanto fatto e
continuare ad assicurare agli uffici e ai magistrati del distretto quel vaglio
attento, talvolta critico ma necessario, sui profili professionali e
organizzativi dei nostri uffici.
Un cenno va fatto, visto che parliamo di confronto e collaborazione tra
magistratura e avvocatura, anche al tema della formazione professionale
(par.9), in particolare di quella decentrata che si organizza nel distretto. La
formazione dei giovani magistrati e dei giovani professionisti, in uno con il
necessario aggiornamento che costituisce obbligo deontologico dei più
anziani, è luogo di crescita culturale comune alle nostre professioni, sia che
si scelga di approfondire le problematiche e i tecnicismi derivanti da una
iperproduzione legislativa non sempre di qualità (e, talvolta, anche da
orientamenti giurisprudenziali piuttosto ondivaghi), sia che ci si indirizzi
verso riflessioni di più ampio respiro, con iniziative formative dirette a
consolidare la conoscenza della nostra storia, il senso di lealtà costituzionale
e di difesa dello stato di diritto. Penso, in particolare, ai seminari tenuti a
Pescara e a L’Aquila, con il fondamentale ausilio del MIUR e la
partecipazione di molti studenti, su vicende del passato che non possiamo
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dimenticare, perché continui no a istruirci ed ammonirci. Abbiamo infatti
riflettuto, con illustri relatori, su quale sia stato il ruolo dei giuristi italiani
nell’applicazione delle famigerate leggi razziali del ‘38, quale sia stata la
risposta dello Stato, per quanto tardiva e parziale, ai crimini di guerra
tedeschi in Italia e quali le problematiche e le strategie vincenti nei
confronti del terrorismo degli anni 70/80 e la prevenzione possibile dei
nuovi terrorismi di matrice religiosa che si agitano nel territorio europeo.
Il senso di questo continuo e proficuo confronto con l’esterno, con le
istituzioni, con le professioni, con i cittadini è quello di consolidare il
convincimento che la Giustizia, come ideale e come apparato, sia un “bene
comune”, cosa che riguarda tutti, perché è l’intera collettività interessata
alla sua corretta ed efficiente operatività, misurabile in termini di
valorizzazione delle risorse e di adeguata capacità di gestione dei carichi
di lavoro.
Quanto alle prime, gli uffici giudicanti del distretto (par.7.1), possono
contare su un organico complessivo di 146 magistrati (di cui 28 in servizio
presso la Corte d’Appello, compreso il Magistrato Distrettuale che in realtà
presta lavoro presso i tribunali, 106 presso gli Uffici di primo grado, 5
presso il Tribunale per i Minori, 7 presso gli Uffici di Sorveglianza). Alla
data del 30 giugno 2019, che conclude l’anno giudiziario di cui ci
occupiamo, la scopertura era pari al 6,85% (10 vacanze), forse la più bassa
degli ultimi anni, ed ancora più bassa è la scopertura negli uffici requirenti
del distretto, dove mancano solo 2 magistrati su 56 (scopertura del 3,57%).
È di pochi giorni fa la notizia che il Ministero, nel rivedere le piante
organiche alla luce dell’aumento complessivo di 600 unità deliberato lo
scorso anno, all’esito di uno studio accurato sui flussi e le caratteristiche del
nostro Distretto, ha indicato in 8 unità -3 per la Corte, 2 per il Tribunale di
L’Aquila, una ciascuno per i Tribunali di Pescara e Teramo e per il
Tribunale di Sorveglianza- l’aumento per l’Abruzzo, così confermando il
fatto che i fabbisogni siano stati sinora sottostimati.
Parimenti da apprezzare è la prevista dotazione organica flessibile
distrettuale, formula innovativa che indica una sorta di “task-force” di
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magistrati da distribuire negli uffici a seconda delle esigenze, anche di
natura provvisoria e temporanea, in sostituzione della figura del Magistrato
Distrettuale, i cui limiti sono da tempo emersi.
Attendiamo, quindi, con fiducia che le nuove piante organiche trovino
concreta attuazione e copertura (devono ancora essere banditi i concorsi e il
percorso non sarà semplicissimo), insieme all’indispensabile e
proporzionale aumento degli organici del personale amministrativo.
Attualmente, pertanto, sono in servizio in Abruzzo 190 magistrati
professionali, di cui 92 donne e 98 uomini: la percentuale delle donne è
poco inferiore alla metà, (mentre a livello dirigenziale si contano 3 donne
presidenti di Tribunale -su 10-, un solo Procuratore della Repubblica su 9,
oltre al Presidente della Corte), lievemente al di sotto del dato nazionale
(che vede una percentuale poco superiore al 50%).
Sul punto apro una brevissima parentesi: sono stati necessari anni perché la
presenza delle donne in magistratura -iniziata solo nel 1963, a distanza di
molto tempo dal riconoscimento del diritto di voto (1946) e dalla
Costituzione (1948), che pure proclamava solennemente il principio di
uguaglianza- mutasse definitivamente, anche nell’immaginario collettivo,
il mondo e il volto della nostra professione, confermando che il genere non
è dimensione irrilevante e che si deve anche alle donne magistrato il
progressivo abbandono di stereotipi culturali che fino a pochi decenni
addietro giustificavano palesi discriminazioni nella legislazione e nella
giurisprudenza, emergenti in particolare nei procedimenti c.d. sensibili
(dalle cause di lavoro a quelle di separazione e divorzi, nonché, in sede
penale, nei procedimenti per reati c.d. di genere -violenze sessuali,
maltrattamenti-), condizionando sia il momento di acquisizione delle prove
che quello del giudizio. E se è vero che il processo di trasformazione del
sentire sociale è conseguenza delle istanze di eguaglianza sostanziale
espresse dalle donne in tutti i campi, è però evidente che queste istanze
sono entrate nel cuore della giurisdizione anche per la presenza vigile delle
donne magistrato, che presidiano la tutela dei diritti fondamentali con
risposte concrete di giustizia.
10
Ai magistrati ordinari si affiancano i 150 Magistrati Onorari di Pace (62
con funzioni di G.O.T. presso i Tribunali, 52 con funzioni di V.P.O. presso
le Procure della Repubblica e 36 negli uffici del Giudice di Pace -par.6.1-)
oltre ai 9 Giudici Ausiliari in Corte d’Appello, presenti già da qualche
anno (par.6.3).
Il numero dei magistrati onorari, di non molto inferiore a quello dei togati,
conferma l’importanza del loro lavoro, ormai da tempo parte integrante
della nostra risposta di giustizia, e l’indefettibilità di un loro più giusto
inquadramento che, nel rispetto della previsione costituzionale del
concorso pubblico, valorizzi la professionalità che molti di loro hanno
acquisito sul campo e che spendono quotidianamente in favore degli utenti.
Non è questa la sede per approfondire quale sia il loro status, tuttora
estremamente precario (attendiamo la pronuncia della Corte di Giustizia
dell’Unione europea, recentemente adita con rinvio pregiudiziale dal
giudice del lavoro di Vicenza), ma credo sia da ripensare la riforma poco
coraggiosa adottata nella scorsa legislatura, capace di scontentare sia i
giudici onorari, consegnati ad un destino di eterna precarietà, che gli uffici,
che dovranno rivedere i loro moduli organizzativi.
Così come una riflessione si impone ormai anche in tema di competenza
per materia, ben potendo essere ampliata quella dei Giudici di Pace, tanto
nel settore penale che in quello civile. Si avrebbe, infatti, il doppio
vantaggio di una giustizia “minore” più vicina agli utenti che giustifica la
presenza sul territorio di uffici che oggi trattano un numero di
procedimenti inferiore alle loro potenzialità, e di una flessione del carico di
lavoro sui tribunali, che potrebbero dedicare maggiori risorse ai
procedimenti più complessi.
Il rendiconto delle risorse personali sulle quali possiamo contare si conclude
con i dati relativi al personale amministrativo (par.7.2), colonna portante
dei nostri uffici, senza il quale il nostro lavoro resterebbe sulla carta e
sarebbe del tutto vano. La grande e composita “squadra” del personale, nelle
sue diverse professionalità, è quella che soffre le maggiori scoperture, da
ormai troppi anni: al 30.6.2019 a livello distrettuale la scopertura è, infatti,
pari, al 18,18 %, dato negativo e tuttavia migliore sia di quello dello scorso
11
anno, per effetto dell’assunzione dei nuovi assistenti giudiziari, che di
quello nazionale (che si aggira sul 21%).
È in via di definitivo scorrimento la graduatoria dell’ultimo concorso (il
primo dopo troppi anni) che ha visto entrare nei ranghi dell’amministrazione
della giustizia migliaia di assistenti, rivelatisi, per quanto ci riguarda, di
grande bravura e competenza, pur se deve evidenziarsi che la scarsità di
vincitori abruzzesi fa sì che le nostre sedi non siano oggetto di scelta e che
molto frequente sia la mobilità verso altre sedi più gradite.
E se questa è una penalizzazione involontaria, dobbiamo invece constatare
con grande rammarico che il Ministero ha deliberatamente quanto
immotivatamente escluso il nostro distretto dall’avviso di selezione per
l’assunzione a tempo indeterminato di 616 operatori giudiziari e, più di
recente, di 109 autisti, da individuarsi tra gli iscritti ai centri per l’impiego,
sì che i tirocinanti abruzzesi sono stati ingiustamente privati della possibilità
di accedere alla prevista selezione e gli uffici della possibilità di coprire
tempestivamente le scoperture.
E allora, se è dovuto il plauso al Ministero per la solerzia e la professionalità
con cui è stato gestito quel grande concorso -con l’auspicio che quello in
corso per selezionare i nuovi funzionari giudiziari non si risolva per troppi
in una partita di giro da un profilo all’altro- deve ancora una volta ribadirsi
che senza personale giovane, motivato e capace di adeguarsi alla ormai
indefettibile informatizzazione dei servizi di cancelleria, in debita
proporzione con il numero dei magistrati, ogni ipotesi di smaltimento
dell’arretrato e di migliore gestione dei flussi, ogni progetto organizzativo è
destinato a grandi difficoltà, se non impossibilità, di attuazione.
Vediamo ora, in sintesi, quali siano stati i carichi di lavoro che hanno
interessato i nostri uffici nello scorso anno giudiziario, con particolare focus
sui tribunali ordinari e la Corte d’Appello, nelle principali branche del
settore civile e di quello penale (delle altre materie e del lavoro degli Uffici
e del Tribunale di Sorveglianza oltre che degli Uffici minorili trattano
ampiamente i par. 2, 3, 4 e 5 e le statistiche allegate).
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Nel settore civile si sono registrati presso gli otto Tribunali del Distretto
ben 36.921 nuovi procedimenti (di cui 12.905 affari civili contenziosi;
7.660 giudizi in materia di lavoro e previdenza, 9.520 procedimenti
sommari e 6.836 procedimenti di volontaria giurisdizione); gli uffici di
primo grado ne hanno definiti 37.175 (di cui 12.843 affari civili
contenziosi; 8.003 giudizi in materia di lavoro e previdenza, 9.456
procedimenti sommari, e 6.873 procedimenti di volontaria giurisdizione),
mentre restano pendenti ben 31.902 processi (di cui 22.973 affari civili
contenziosi; 5.296 giudizi in materia di lavoro e previdenza, 1.764
procedimenti sommari, e 1.869 procedimenti di volontaria giurisdizione).
Negli Uffici del Giudice di Pace sono stati iscritti 16.066 nuovi
procedimenti civili; ne sono stati definiti 16.280, e ne restano pendenti
5.753.
In Corte d’Appello, a fronte di 2.713 nuovi procedimenti (di cui 1.481
affari civili contenziosi; 863 giudizi in materia di lavoro e previdenza, e 369
procedimenti di volontaria giurisdizione), ne sono stati definiti 3.820 (di cui
2.519 affari civili contenziosi, 916 in materia di lavoro e previdenza, 385
procedimenti di volontaria giurisdizione), così riducendosi, sia pure di poco,
la pendenza, che vede comunque ben 6.010 processi (di cui 5.175 affari
civili contenziosi; 715 giudizi in materia di lavoro e previdenza, e 120
procedimenti di volontaria giurisdizione).
Nel settore penale i Tribunali hanno registrato 10.831 nuovi
procedimenti (10.387 con rito monocratico, 444 con rito collegiale,
destinato ai reati più gravi); le definizioni sono state 11.399 (10.952 nel
monocratico, 447 nel collegiale); la pendenza è attestata su 16.631 nel
monocratico e 880 nel collegiale, per complessivi 17.511 procedimenti.
I Giudici di Pace hanno definito 1505 procedimenti penali, a fronte di 1256
sopravvenienze (con una pendenza di 1386).
In Corte d’Appello a fronte di 3107 nuove iscrizioni, sono stati definiti
2697 processi, di cui solo il 14% con sentenze di prescrizione (ed è questo
un risultato che oggi possiamo definire virtuoso a fronte delle percentuali
più alte degli anni passati); la pendenza finale è pari a 4710 fascicoli.
13
Gli uffici giudicanti del distretto hanno quindi definito complessivamente
56.735 procedimenti civili e 15.601 penali, dato quantitativo che evidenzia
nella sua oggettività la mole di lavoro svolta lo scorso anno.
Ad eccezione della Sezione Penale della Corte d’Appello (per una serie di
ragioni contingenti che ne danno piena giustificazione -par. 3.4-, non ultima
la più scarsa incidenza delle prescrizioni), nel loro insieme gli Uffici del
distretto hanno definito un numero di procedimenti poco superiore a
quello delle sopravvenienze, con conseguente lieve diminuzione
dell’arretrato.
Ne consegue che, benché sia confermato il trend declinante dei nuovi
procedimenti nel settore civile e, in misura minore, in quello penale, le
sopravvenienze sono comunque troppe rispetto alle risorse di cui disponiamo
e, stando così le cose, non è certamente vicino il momento in cui potremo
occuparci ogni anno solo dei nuovi procedimenti.
Poiché la matematica non è un’opinione le strade per migliorare la
situazione, a parità di risorse, non possono che essere due: aumentare la
produttività; ridurre le sopravvenienze.
L’aumento del numero delle definizioni è cosa su cui siamo tutti già
fortemente impegnati da tempo, anche grazie agli strumenti organizzativi
adottati negli ultimi anni, con il risultato già evidenziato di aver invertito il
trend di progressivo aumento della pendenza registrato fino al 2009. Oggi,
tuttavia, è obiettivo non più perseguibile su numeri significativi, avendo
gli uffici raggiunto pressoché il massimo della produttività individuale
possibile; peraltro, avendo tutti ormai articolato il loro lavoro nella
individuazione di percorsi più veloci per i procedimenti di più agevole
soluzione, definibili in tempi brevi, l’arretrato è composto soprattutto da
quelli più complessi e non è quindi facilmente riducibile in tempi contenuti.
Quanto ai tempi di durata media dei procedimenti, questi sono attestati su
una lieve riduzione rispetto al passato, in linea con il dato nazionale, pur se
resta altissima la variabilità: nel settore civile - contenzioso ordinario-
occorre in media per giungere al giudicato ben più del tempo comunemente
ritenuto “ragionevole” (tre anni per il primo grado, due per il secondo, uno
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per la Cassazione) e sono ancora troppi i procedimenti ultratriennali
pendenti nei tribunali. In Corte d’Appello l’obiettivo del biennio è raggiunto
per meno della metà dei procedimenti, mentre è scesa, sia pure di poco, la
percentuale di pendenti ultratriennali; un “binario più veloce” è destinato ai
procedimenti definiti prioritari (procedimenti in materia di volontaria
giurisdizione, fallimenti, separazioni e divorzi, minori, cause in materia di
lavoro/previdenza/locazione) per i quali in genere non si supera l’anno.
Parimenti, nel settore penale, per quanto i tempi siano in genere più
contenuti, resta alta la variabilità tra reati di competenza collegiale e
monocratica; in Corte i tempi medi sono stati di 12/18 mesi per i
procedimenti aventi ad oggetto reati c.d. prioritari -per legge o per tabella-
e 2/3 anni per gli altri, mentre sono molto più contenuti i tempi di trattazione
nei procedimenti con imputati sottoposti a misure cautelari (in genere sei
mesi).
La sanzione per la durata eccessiva, com’è noto, consiste in indennizzi
liquidati dalla Sezione Civile della Corte d’Appello (c.d. legge Pinto).
Nel periodo in esame tali procedimenti sono lievemente aumentati (da 136 a
158,) così come l’importo complessivo delle somme liquidate, passato da €
479.524 a ben € 727.949, con una inversione rispetto al trend calante degli
ultimi anni. Il dato, per quanto non allarmante (si pensi che nel quadriennio
2014/18 erano stati liquidati circa 33 milioni di euro) deve far riflettere
sull’evidente paradosso di un rimedio di natura meramente indennitaria,
che introduce una sorta di processo al processo, consumando notevoli
risorse sul piano dell’impegno lavorativo di magistrati e personale, oltre che
su quello economico, così sottraendole proprio alla più tempestiva
trattazione degli affari ordinari
L’altro approccio alla riduzione dell’arretrato, si diceva, è quello di tentare
di limitare le sopravvenienze, materia tuttavia rimessa alle parti -pubbliche
e private- e influenzata, ovviamente, dal quadro normativo, le cui modifiche,
negli ultimi anni sono infatti spesso state ispirate dal dichiarato intento di
favorire le soluzioni alternative delle controversie nel settore civile e di
agevolare esiti semplificati delle definizioni nel settore penale.
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Per entrambi i settori, tuttavia, il bilancio è quasi del tutto negativo, come si
può leggere nella relazione, in cui si dà ampio conto dell’insuccesso degli
strumenti deflattivi individuati dal legislatore.
In sintesi possiamo in questa sede dire che nel settore civile (par.2)
l’istituto della mediazione civile obbligatoria ha sortito effetti assai
modesti (poco più del 3% del contenzioso è stato definito nel distretto), a
conferma della scarsa fiducia che l’Avvocatura sembra riporre nello
strumento (maggiori effetti aveva avuto negli anni passati l’aumento del
contributo unificato e questo deve far riflettere su quali siano i disincentivi
alle liti che funzionano davvero, con tutte le controindicazioni e i limiti che
conseguono, anche di natura costituzionale).
La notevolissima riduzione delle sopravvenienze in appello, cha ha
consentito alla Sezione Civile della Corte di ridurre l’arretrato del 16%, è
attribuibile solo al crollo degli appelli in materia di Protezione
Internazionale seguito alla riforma del 2017 che ha eliminato il gravame.
Riforma che, se ha agevolato il lavoro delle Corti di appello, ha però
aggravato enormemente quello della Corte di Cassazione, peraltro incidendo
pesantemente sui diritti delle persone richiedenti asilo, che hanno subito
l’ulteriore vulnus dell’eliminazione del permesso di soggiorno per motivi
umanitari (a seguito dei c.d. Decreti Sicurezza) e sono state consegnate in
migliaia alla zona d’ombra della irregolarità.
Nel settore penale (par.3) il riscontrato calo delle sopravvenienze, ormai
vicino all’esaurimento, è conseguenza della lungimirante depenalizzazione
del 2016, purtroppo rimasta isolata, oltre che platealmente contraddetta dalla
più recente normativa in materia di sicurezza, che ha addirittura istituito
nuove figure di reato per condotte che rientrano nella marginalità sociale più
che nella devianza.
Peraltro scarsa o nulla è stata anche quest’anno l’efficacia degli altri strumenti
deflattivi. Per quanto in aumento rispetto al passato, infatti, pochi sono i
procedimenti definiti con declaratoria di non punibilità per particolare
tenuità del fatto (vincolata da scoraggianti limiti sostanziali e processuali e
in lieve aumento solo a Pescara), mentre del tutto privo di utile incidenza è
stato l’istituto della estinzione del reato per condotte riparatorie, che,
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insieme all’istituto della messa alla prova (molto ben utilizzato in sede
minorile ed in lievissima crescita per gli adulti, soprattutto per reati di guida
in stato di ebrezza), aveva fatto sperare che anche in Italia potesse aprirsi uno
spazio concreto per la c.d. giustizia riparativa. Il tema, purtroppo, è ancora
confinato a interessanti convegni tra operatori di buona volontà (giuristi,
psicologi, assistenti sociali), nonostante la sua vocazione a qualificare, nel
solco tracciato dalle direttive europee a tutela delle vittime, il tessuto civile
e istituzionale di un paese moderno, divenendo luogo di incontro tra persone
offese e autori di reati, per i quali l’uscita “laterale” dal circuito penale
diventa possibile solo a prezzo di un impegno personale, non solo di natura
patrimoniale, in un contesto progettuale controllato da esperti professionisti.
Sempre bassa è l’incidenza delle definizioni con i c.d. riti alternativi (c.d.
patteggiamento, rito abbreviato), che pure la riforma processuale di 30 anni
fa aveva individuato, con l’incentivo della notevole riduzione di pena, come
esito fisiologico della gran parte dei procedimenti, sì da riservare il
complesso e costoso (in tutti i sensi) rito ordinario dibattimentale ad ipotesi
residuali di maggiore complessità.
Gli ultimi dati disponibili ci dicono che nel distretto la percentuale
complessiva è all’incirca pari al 22%.
Si è dibattuto a lungo sulle molteplici ragioni che hanno influito sulla scarsa
appetibilità dei riti alternativi -dalla incompletezza delle indagini preliminari
all’aspettativa della prescrizione, alla scarsa “stabilità” degli orientamenti
giurisprudenziali che fa sperare in esiti più favorevoli, alla mera aspettativa
del rinvio di una condanna esecutiva- ma è certo che tali istituti non hanno
sinora adempiuto alla funzione loro assegnata nella riforma del 1989.
In palese controtendenza, peraltro, è stata approvata la legge n.33/2019 con
cui si vieta l’accesso al rito abbreviato a chi sia accusato di un reato punito
con la pena dell’ergastolo, ovvero proprio nei casi in cui più frequente è il
ricorso al rito premiale. L’effetto sarà quello di aggravare il carico di lavoro
delle Corti d’Assise (due togati e sei giudici popolari), obbligate a
complesse istruttorie dibattimentali anche quando sarebbe possibile la più
agevole definizione allo stato degli atti da parte del giudice delle indagini
preliminari, con conseguente necessità di distogliere magistrati dal lavoro
ordinario.
Ancora una volta la ratio di una riforma a-sistematica (della cui legittimità
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costituzionale è lecito dubitare), probabilmente non abbastanza meditata
nelle sue ricadute sugli uffici giudiziari, sembra rinvenirsi esclusivamente
nella volontà di assecondare un non meglio identificato quanto mutevole
“sentimento popolare”, emerso a seguito di casi di cronaca, che valorizza,
in contrasto con il modello costituzionale della funzione rieducativa, solo
l’esemplarità -il quantum- della pena e che vede nel meccanismo
incentivante del rito camerale -riduzione della pena a fronte della rinuncia al
dibattimento e alla rivisitazione della prova raccolta in sede di indagini- una
sorta di mercimonio della giustizia.
Se il governo dei flussi in entrata è rimesso in gran parte alle scelte del
legislatore, non ci resta che guardare con attenzione alle annunciate -ma
ancora poco chiare- riforme del processo civile e di quello penale, pur
definite “epocali” e addirittura capaci di “dare certezza” ai tempi della
giustizia.
Peraltro, senza voler indulgere al pessimismo della ragione che deriva dal
fresco ricordo di riforme parimenti “epocali” rivelatesi non all’altezza delle
aspettative, la speranza è che vi sia piena consapevolezza non solo della
necessità di non stravolgere il complesso e delicatissimo equilibrio tra
efficienza e garanzie che presiede alle regole processuali, ma anche di
rispettare i limiti delineati dalle norme costituzionali e sovranazionali
(pena i successivi e problematici interventi demolitori delle Alte Corti), e di
tenere adeguatamente conto del valore della stabilità del quadro
normativo e della sua coerenza interna.
Ma qualcosa occorre aggiungere per non fermarci alla misurazione del
nostro lavoro solo in termini di “quanto” e in “quanto tempo”, con rischi
di derive produttivistiche che minerebbero in radice il senso del nostro
lavoro. La domanda che proviene dalla società, infatti, pur attenta alla
quantità e alla rapidità, chiede soprattutto qualità della decisione, ovvero
capacità di porsi come effettivo ed efficace regolamento, accettato dalle
parti, della concreta vicenda rimessa al giudice, la cui valutazione, oltre che
essere solidamente motivata, non può prescindere dalla compiuta
conoscenza degli atti e dalla piena padronanza degli strumenti normativi,
attività tutte difficilmente comprimibili in tempi prestabiliti.
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La qualità, peraltro, è dato ben più complesso e poco oggettivabile rispetto
al numero degli affari definiti e alla durata dei processi; pur essendo
consapevoli che tempi e qualità si condizionano reciprocamente, sappiamo
che la rapidità eccessiva in una fase rischia paradossalmente di appesantire i
tempi nella successiva, come non di rado verifichiamo in appello, quando
ricorrono nullità che impongono la rimessione al primo grado o disponiamo
integrazioni istruttorie che completino un quadro probatorio rimasto monco
in primo grado.
Dobbiamo chiederci, allora, se sia in concreto possibile far riferimento a dati
generali indicatori della qualità del nostro lavoro.
Si considera, talvolta, come criterio di qualità quello dell’accettazione
“sociale” delle decisioni, che è, tuttavia, molto insidioso, condizionato
com’è da contingenze e umori difficilmente controllabili e tutti esterni alla
giurisdizione.
Ce ne rendiamo conto in caso di alternanza degli esiti giudiziari quando, a
fronte dell’assoluzione di chi abbia subito una custodia preventiva o di
pronunce opposte nei diversi gradi della giurisdizione, l’opinione pubblica
si affretta a invocare la categoria dell’errore giudiziario. Dimenticando così
che tali esiti sono il fisiologico risultato di un sistema di garanzie; che il
diritto non è matematica né puro sillogismo, ben potendo accadere che,
persino a fronte del medesimo materiale istruttorio, giudici diversi possano
pervenire a convincimenti opposti, per una questione processuale risolta
diversamente, per il maggiore o minore affidamento riposto in alcuni degli
elementi di prova o per una diversa interpretazione della normativa di
riferimento.
E tuttavia, per quanto sia una mera convenzione che chi decide dopo decide
“meglio”, è però certo che le caratteristiche del giudice dell’impugnazione
(collegialità, maggiore anzianità ed esperienza) depongono tendenzialmente
-e con le debite eccezioni di cui tutti noi abbiamo esperienza- nel senso che
la pronuncia successiva sia effettivamente quella più adeguata. La conferma
in sede di impugnazione e, a maggior ragione, la mancata impugnazione,
indicano quindi il tasso di stabilità delle decisioni e possono diventare
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concreti indicatori di qualità, oggettivamente verificabili.
Il tasso di stabilità si misura, quindi, con due diversi indicatori: il tasso di
impugnazioni, che verifica la percentuale di sentenze impugnate sul totale
(per sezione, ufficio o distretto), evidenziando il livello di accettazione delle
parti rispetto alla giurisdizione; il tasso di resistenza agli altri gradi di
giudizio, utilizzabile per le sentenze impugnate, che evidenzia gli esiti
(conferma, riforma, parziale riforma) nei gradi successivi.
La conoscenza dei tassi di impugnazione e dei tassi di resistenza, dunque,
potrebbe diventare uno strumento oggettivo, per grandi numeri, atto a
verificare eventuali scostamenti dalle medie e così a orientare e stimolare la
riflessione di tutti noi sulla stabilità ed efficacia del nostro lavoro.
I dati attualmente a nostra disposizione non sono esaustivi: ci dicono che il
tasso di impugnazione in Abruzzo è abbastanza contenuto per le sentenze
in materia civile/lavoro, pari a circa il 15%; più alto nel settore penale
dove sale al 35% per il rito monocratico e al 51%- nel rito collegiale; le
sentenze impugnate sono quasi esclusivamente sentenze di condanna (circa
il 95%), a conferma del fatto che il gran numero di sentenze liberatorie
(assoluzioni e proscioglimenti) pronunciate in primo grado -tra il 30 e il
50% del totale secondo stime sommarie, con notevoli differenze tra rito
collegiale e monocratico- non vengono impugnate dal PM (più frequenti gli
appelli delle parti civili).
Le statistiche ministeriali non ci offrono, tuttavia, altri dati di grande
interesse, non solo di natura scientifica: se vi sia maggiore ricorrenza di
impugnazioni in alcuni tribunali piuttosto che in altri, in quali materie, con
riferimento al tasso di resistenza, né quali siano le percentuali di conferme
e riforme.
Obiettivo degli uffici, allora, deve essere quello di incrementare l’uso degli
applicativi informatici per raccogliere dati settoriali attendibili. In tal senso
sta lavorando l’Ufficio Distrettuale per l’Innovazione (UDI), mentre sono
già avviati incontri tra i magistrati di primo e secondo grado per confrontarsi
sulle questioni seriali che più frequentemente formano oggetto di
impugnazione e di riforma; con la medesima finalità stanno consolidandosi
le banche dati della giurisprudenza civile e penale del distretto, che
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garantiranno la sistematica comunicazione degli esiti di tutte le
impugnazioni (par.8).
La consapevolezza che sta finalmente crescendo è quella di essere tutti parte
di una stessa “filiera” in cui nessuno di noi può più pensare di far
riferimento solo a se stesso e al suo sapere; gli atti e le condotte di ognuno
dei protagonisti del processo, pubblici e privati, si intersecano e
condizionano i passaggi successivi; sia l’informatica, per tipizzare i
momenti fondamentali ed evitare reiterazioni non necessarie, che i
Protocolli per individuare modelli condivisi di base che guidino la redazione
degli atti scritti (penso a quelli già elaborati dal CSM e dal CNF o altri cui
potremmo lavorare insieme agli avvocati) possono validamente aiutarci a
lavorare tutti meglio senza disperdere risorse preziose.
Parliamo sempre di “tempi” della giustizia e quindi non ci si può esimere
dal dedicare alcune considerazioni, alla luce dell’esperienza del nostro
distretto, alla dibattuta riforma della prescrizione, alla sospensione dopo
la sentenza di primo grado, ormai legge vigente da un mese, inserita -non
incidentalmente- nel testo di una legge (c.d. “Spazzacorrotti”) che
disciplina materia affatto diversa, e approvata ben prima che fosse
possibile un bilancio della c.d. riforma Orlando che, nel 2017, aveva
concesso più tempo alle fasi di impugnazione, con la medesima finalità
di evitare pronunce estintive dopo il primo grado.
È noto che il rinvio di un anno per l’entrata in vigore della novella era
motivato dalla condivisa necessità di avviare prima riforme strutturali
del processo atte a contenere i tempi. Trascorso l’anno senza alcun
intervento, il legislatore ha tuttavia lasciato ferma la data stabilita,
suscitando così le alte proteste di chi ritiene che, in assenza di riforme
“strutturali”, la novella determinerebbe uno squilibrio complessivo del
sistema in favore dell’esigenza punitiva dello Stato, a discapito del
cittadino imputato.
L’estrema vivacità del dibattito ha accentuato, come spesso accade, la
visibilità delle posizioni più radicalmente contrarie o favorevoli alla riforma,
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lasciando in ombra quelle che propongono una “conciliazione” delle finalità.
Le prime, fatte proprie dall’intera avvocatura, che ha deliberato più volte in
segno di protesta l’astensione dalle udienze, addebitano alla nuova
normativa gravi e concreti rischi per la libertà dei cittadini, costretti a subire
processi infiniti (si è parlato addirittura di “ergastolo processuale”); le
seconde, al contrario, la indicano senz’altro come la soluzione “miracolosa”
dei problemi della giustizia italiana.
Entrambe, secondo alcuni studiosi, mostrano di confondere le due diverse
patologie dalle quali è affetto il sistema penale in Italia, patologie che solo
occasionalmente si incrociano: l’alto numero delle prescrizioni che si
verifica a processo in corso, in particolare in fase di appello; la durata media
dei procedimenti penali, spesso ritenuta eccessiva.
La prima (l’alto numero delle prescrizioni che si verifica a processo in
corso), vanifica il lavoro già svolto dagli organi inquirenti e dai giudici di
primo grado, giunto alla pronuncia della sentenza di condanna, a conferma
della persistenza dell’interesse pubblico alla punizione del colpevole (parlo
solo di “condanna” perché auspico fortemente che si tenga fermo il
proposito di escludere dalla riforma i reati per i quali in primo grado è stata
pronunciata sentenza di assoluzione; le ragioni sono note, quasi
generalmente condivise e non c’è tempo di parlarne).
Lo spreco di risorse pubbliche e la frustrazione delle aspettative delle
vittime sono evidenti e certo non può parlarsi in tali casi di “diritto
all’oblio” o di difficoltà nella ricostruzione dei fatti. Quando un giudice ha
pronunciato condanna all’esito di un giusto processo e l’imputato chieda al
giudice dell’impugnazione di rivedere tutti o alcuni punti della decisione, la
collettività ha il diritto di aspettarsi una seconda pronuncia nel merito che
stabilisca in via definitiva se il reato sussiste, se l’imputato è colpevole, se la
vittima debba essere risarcita.
E infatti, proprio il gran numero di sentenze di prescrizione rese in casi noti
(vuoi per la visibilità degli imputati “eccellenti”, vuoi per il numero delle
vittime o le particolarità del fatto -penso a reati colposi di grande risonanza
mediatica-) ha contribuito a far sentire tali sentenze come “ingiuste”, così
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minando uno dei pilastri delle società moderne: la fiducia che i cittadini
ripongono nel sistema penale e nell’efficacia delle sue regole.
La seconda (l’eccessiva durata media dei procedimenti penali) attiene,
invece, alla complessiva efficienza del processo penale, messa in crisi dalla
frequente irragionevolezza dei suoi tempi, concettualmente del tutto separati
dai tempi della prescrizione. Per convincersene, basti rilevare che non si fa
questione di violazione delle garanzie costituzionali né si parla di processi
“infiniti” per quelli aventi ad oggetto reati imprescrittibili o a prescrizione
lunga (fino a 20/30 anni), nemmeno quando questa operi per reati di non
eccessivo allarme sociale (per es. furti di generi alimentari nei supermercati o
ricettazioni di beni di scarso valore, se aggravati dalla recidiva qualificata).
Sono le prescrizioni brevi -che estinguono in 5/7 anni ½ le contravvenzioni
e i reati puniti con pene più basse- quelle più frequentemente dichiarate
nelle Corti italiane, pur se maturano nel corso di processi di appello trattati
in tempi del tutto ragionevoli (talvolta arrivano in Corte già “prescritti”) e,
quindi, indipendentemente dalla loro durata; il cronometro della
prescrizione infatti, come ben sappiamo, si avvia al momento della
commissione del fatto-reato, non di rado scoperto a distanza di tempo, non
già all’inizio delle indagini.
Le statistiche ministeriali ci dicono che oggi si pronunciano sentenze di
prescrizione in appello in misura estremamente variabile sul territorio
nazionale (dal 5/8% delle definizioni per Palermo, Trento e Trieste, al
30/40%, per le Corti più grandi del Paese, Roma, Venezia, Napoli e Torino),
il che denuncia la casualità, e quindi la sostanziale ingiustizia per gli
imputati, di esiti opposti a seconda dell’A.G. competente per territorio.
La nostra Corte di Appello, grazie all’impegno dei colleghi e ad una più
attenta organizzazione e programmazione del lavoro, negli ultimi anni ha
occupato una posizione mediana, avendo pronunciato sentenze di
prescrizione, in genere per reati non prioritari, nella misura media del 20%;
quest’anno la percentuale è scesa ulteriormente, intorno al 14%, e contiamo
di ridurla ancora, fino, se possibile, ad azzerarla, tanto più che per i reati
commessi dall’agosto 2017 possiamo avvalerci del maggior tempo concesso
dalla c.d. riforma Orlando.
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Le Corti di Appello, dunque, saranno gli uffici che direttamente dovranno
confrontarsi con la nuova normativa, ma ciò avverrà non prima di diversi
anni (almeno cinque per le contravvenzioni commesse nei giorni scorsi,
almeno sette e mezzo per i delitti meno gravi), quando potremmo trovarci a
trattare processi nei quali questo tempo è decorso dopo la sentenza di
condanna in primo grado e prima che sia possibile definire l’appello.
I critici della riforma sostengono che il rischio di un ritardo sine die nella
trattazione in appello di tali procedimenti è alto e concreto, tale da costituire
un pregiudizio inaccettabile per l’imputato. E deve, in effetti, convenirsi sul
fatto che, soprattutto nelle grandi Corti d’Appello che abbiamo menzionato,
potrebbero aversi tempi del tutto “irragionevoli” per giungere alla sentenza
di merito (con conseguente esposizione all’indennizzo della legge Pinto,
oggi escluso quando il processo si concluda con la prescrizione).
E tuttavia, essendo la vera questione dei tempi del processo quella di un
miglior equilibrio tra dotazione di risorse e carichi di lavoro, non
possono trascurarsi i benefici indiretti che dovrebbero venire dalla riforma:
la definitiva perdita della prospettiva di una pronuncia di prescrizione in
appello, infatti, dovrebbe da un lato agevolare il ricorso ai riti alternativi,
dall’altro ridurre le impugnazioni che chiamiamo “dilatorie” (finalizzate
solo alla prescrizione) e quindi il carico di lavoro delle Corti.
Certo non ha torto chi sostiene che siano necessari interventi riformatori
per dare più efficienza al sistema penale, perché in tal caso la sospensione
della prescrizione dopo la sentenze di primo grado presenterebbe meno
rischi di processi di durata eccessiva; possiamo augurarci, allora, che, nel
lungo tempo che corre tra l’entrata in vigore della novella e la sua concreta
operatività, possa esservi un’accelerazione nella individuazione delle
riforme necessarie, almeno quelle per le quali c’è maggiore condivisione.
È opinione condivisa che sia necessaria un’ampia depenalizzazione che,
pur senza “miracolose” aspettative, restituisca al diritto penale, oggi
obiettivamente ipertrofico, la sua funzione di rimedio ultimo per il
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contrasto di condotte di effettivo allarme sociale, non altrimenti
sanzionabili.
Parimenti necessari sono interventi mirati a risolvere note criticità del
processo, di minimo impatto sistematico, ma idonee a migliorare i tempi nel
pieno rispetto delle garanzie difensive, obiettivo che dovrebbe essere
condiviso da tutti i protagonisti della giustizia, anche l’avvocatura che non
può accettare che la sua alta funzione costituzionale sia condizionata dal
mero decorso del tempo.
Il dibattito ormai in corso da tempo suggerisce interventi a costo zero che
non incidono sulle garanzie della difesa, per esempio in tema di procura
speciale per l’impugnazione (che eviterebbe appelli plurimi e reiterazioni
di giudizi), di notifiche semplificate all’imputato dopo la prima (che
eviterebbe frequenti rinvii), di procedimenti camerali non partecipati in
casi semplici e ben tipizzati (per esempio per gli appelli aventi ad oggetto
solo la misura della pena), nei quali si potrebbe, salvo eccezioni prospettate
dalle parti, rinunciare al contraddittorio orale e alla pubblicità dell’udienza,
di filtri più stringenti all’appello, che consentano, come nel processo
civile, la declaratoria di inammissibilità per manifesta infondatezza e che
introducano limiti all’appellabilità delle sentenze di assoluzione da parte del
PM e della parte civile.
Guardo, invece, con grande preoccupazione alla ricorrente idea di eliminare
il divieto di reformatio in pejus, norma che garantisce la terzietà del
giudice d’appello, chiamato a giudicare nei limiti delle censure mosse dalle
parti alla sentenza di primo grado, ed all’invocazione di automatismi
disciplinari a carico dei magistrati il cui effetto, più che la miracolosa
velocizzazione dei tempi, sarebbe solo quello di indurre rigidità
burocratiche.
Riforme mirate di questo genere, più di riforme epocali cui guardiamo con
una certa preoccupazione, ben potrebbero agevolare il lavoro delle Corti, nel
pieno rispetto delle garanzie difensive, e consentire la definizione nel merito
anche di quei processi che oggi sono destinati al macero.
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E comunque, e concludo sul punto, poiché il sistema deve prevedere norme
di chiusura anche per la disciplina di casi limite, che ben potrebbero
verificarsi in Corti gravate da carichi di lavoro non proporzionati alle risorse
di cui dispongono, non si vede cosa impedisca al legislatore, cui spetta il
compito squisitamente politico di trovare il punto di equilibrio tra diverse
visioni, di stabilire prudentemente un tempo massimo di stasi immotivata
del processo in appello o in cassazione oltre il quale questo si estinguerebbe
comunque (prescrizione processuale).
Rinvio alla lettura della relazione per gli approfondimenti sulle riforme, già
approvate o in corso di elaborazione in materia civile/lavoro -c.d. Decreto
Dignità, lavoro “agile”, “riders” ecc.- (par.2.1 e 2.3.1), mentre dei fenomeni
criminali che interessano il nostro territorio si occuperà, come sempre, il
Procuratore Generale.
Mi preme solo evidenziare, a fronte del lieve calo nelle iscrizioni di nuovi
reati, la costante attenzione di tutti gli uffici giudiziari al pericolo di
infiltrazioni criminali di natura associativa (confermate da importanti
indagini della DDA anche nei circondari di Vasto e Avezzano).
Come sempre alto nella nostra regione, cuore verde del Paese, il focus sul
tema dell’ambiente, mai come quest’anno -a causa dell’emergenza
climatica- al centro del dibattito mondiale, animato dalla raggiunta
consapevolezza del ritardo con cui il ricco mondo occidentale ha compreso
il prezzo pagato ad uno sviluppo talvolta incontrollato. Hanno avuto vasta
eco nel distretto i processi avviati dalla Procura di Teramo in tema di
inquinamento delle falde acquifere del Gran Sasso dei quale attendiamo
l’esito in primo grado, ma in tutti i circondari si opera sul piano della
prevenzione, tramite Protocolli e linee guida (par.3.2).
Anche, quest’anno non è venuta meno l’attenzione ai temi della tutela delle
c.d. “fasce deboli”, e quindi ai fenomeni di violenza di genere, oggetto del
recente “Codice Rosso” (legge n.69/19), che, nel condivisibile intento di
accelerare la presa in carico da parte delle autorità inquirenti dei c.d.
fenomeni anticipatori (molestie, stalking, maltrattamenti) di possibili eventi
più gravi (femminicidi), ha tuttavia introdotto delle rigidità -evidentemente
dettate da sfiducia nelle prassi, che pure erano già mutate per effetto di
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dettagliate “linee guida” adottate dall’organo di autogoverno- che rischiano
paradossalmente di aumentare la c.d. vittimizzazione secondaria delle
persone offese (par.3.3).
Sempre attenti ai fenomeni di disagio sociale, le cui ricadute sovente
riguardano i soggetti più fragili, sono gli Uffici Minorili (par. 5.1.2) giudici
specializzati che pongono la tutela dei minori al centro del loro lavoro.
Quest’anno il Presidente del Tribunale per i Minorenni ha voluto richiamare
l’attenzione sul problema dei minori preadolescenti e adolescenti che si
trovino in situazioni familiari critiche, per i quali è sempre più difficile
individuare affidi extrafamiliari (solo 8 nello scorso anno, nonostante
l’importante lavoro di formazione degli operatori e di promozione
dell’istituto) alternativi al collocamento negli istituti e, tanto più,
programmare un percorso adottivo, per la carenza di disponibilità delle
coppie ad accogliere minori di età superiore agli otto/dieci anni, nonostante
il fenomeno dell’innalzamento dell’età media degli aspiranti genitori
(sovente anche oltre il 45° anno).
Le riflessioni sono amare: a fronte del diffondersi di un’auto-percezione
giovanile da parte degli adulti e del desiderio, comprensibile ma poco
generoso, di colmare un bisogno di famiglia, restano privi di tutela proprio
quei minori che, incolpevolmente, hanno dovuto attendere perché fosse
intercettata la loro condizione di sofferenza; e ciò a causa del timore -
smentito da tante storie di riuscita integrazione- che essi siano
irreversibilmente compromessi o non possano costituire legami affettivi
realmente significativi. Si tratta di vere e proprie vittime invisibili,
colpevoli perfino del tempo vissuto nella sofferenza e nel disagio, che
purtroppo non incrociano nel territorio politiche sociali che possano almeno
aiutarle nella ricerca di percorsi di autonomia personale.
Alcune parole, come ogni anno, devono essere dedicate alla situazione
carceraria del distretto (par.4).
Va evidenziato il significativo aumento (da 1737 a 1903, pari al 9,5%) del
numero dei detenuti ospitati nelle nostre carceri, con situazioni di
sovraffollamento negli istituti di Pescara e soprattutto di Chieti (dove il
numero dei detenuti è pari al doppio di quello regolamentare) in chiara
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controtendenza rispetto ai dati degli anni passati, ma in coerenza con il dato
nazionale, che segnala non già un aumento dei nuovi ingressi, essendo in
costante diminuzione il numero dei reati, bensì l’aumento della durata delle
pene ed il minore accesso ai benefici penitenziari. Quest’ultimo determinato
anche dal mancato esercizio della delega per la riforma dell’Ordinamento
Penitenziario (legge 103/17), in particolare nella parte relativa
all’eliminazione degli automatismi preclusivi nell’accesso alle misure
alternative alla detenzione.
Già lo scorso anno stigmatizzammo l’inerzia del nuovo legislatore, poco
coerente sia con il dettato costituzionale che impone di considerare sempre
il condannato -nella sua dignità di essere umano- come recuperabile al
consorzio civile, sia con le aspettative di riduzione del sovraffollamento e di
complessiva razionalizzazione del sistema dell’esecuzione riposte nella
riforma.
Ma la scelta del legislatore di non attuare la delega, confermata nella sua
ispirazione di impronta marcatamente “securitaria” dalla legge n.3/2019
(che ha esteso ai reati contro la P.A. il regime ostativo alla concessione di
benefici se non in presenza di una “collaborazione attiva”, già vigente per
gli appartenenti alla criminalità organizzata), è stata, come talvolta accade,
“superata” dai giudici.
Dapprima dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo (sentenza del
13.6.2019, Viola vs. Italia), e quindi dalla nostra Corte Costituzionale
(sentenza del 22.10.2019 n.253), chiamate a pronunciarsi su una delle
questioni più dibattute, quella dei condannati per reati c.d. ostativi, che,
nel nostro distretto, sono oltre 140, divisi nelle carceri di L’Aquila e
Sulmona, istituti di massima sicurezza.
Tali sentenze, sono state oggetto di critiche, tanto “rumorose” quanto
affrettate, sempre pronte a enfatizzare presunti cedimenti della politica della
“fermezza” e poco propense a collocare gli istituti giuridici nei principi
generali di civiltà che le Corti hanno il compito di custodire a garanzia di
tutti, anche di chi si è macchiato di gravi reati, a conferma della superiorità
dello stato di diritto.
28
La Corte europea ha ravvisato la violazione dell’art. 3 della Convenzione in
relazione all’ergastolo c.d. ostativo (perché è contrario alla tutela della
dignità umana privare una persona della libertà senza impegnarsi per la sua
riabilitazione e senza offrire la possibilità di riesaminare se vi sia stata una
evoluzione della personalità che consenta di riconquistarla in futuro), mentre
la Corte Costituzionale, con riferimento a tutti i reati ostativi -a pena
perpetua o temporanea- ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale
dell’art. 4 bis comma 1 dell’O.P. (non toccando affatto l’attuale regime del
41 bis, come qualcuno ha erroneamente affermato) per violazione
dell’art.27, III comma, Cost., che, nello stabilire che la pena deve tendere
alla rieducazione del condannato, ha definitivamente posto in secondo piano
la mera retribuzione che valorizza soltanto il quantum della pena, nella vana
ricerca di un’impossibile parificazione con l’offesa arrecata dal reato.
Senza entrare nei tecnicismi delle pronunce, approfonditi nella relazione, è
sufficiente in questa sede evidenziare che la Corte ha chiarito
definitivamente che la presunzione di pericolosità sociale del condannato
non collaborante (di per sé legittima perché non è irragionevole presumere
che chi non collabora mantenga i collegamenti con l’organizzazione
criminale), non può essere assoluta, ma relativa, dovendo il giudice valutare
il percorso carcerario di ogni singolo condannato. Ne consegue che, lungi
dall’aprire indiscriminatamente le porte del carcere a pericolosi condannati,
la Corte Costituzionale ha restituito al magistrato di sorveglianza -giudice
specializzato ed estremamente professionale- quella discrezionalità che
costituisce il cuore della giurisdizione, comunque in concreto vincolata agli
esiti di una rigorosa istruttoria (pareri della Procura antimafia o
antiterrorismo, del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza
Pubblica, relazioni del Carcere sul percorso detentivo del condannato).
Il che consente di affermare che gli spazi per la concessione dei permessi
premio resteranno piuttosto ristretti, e comunque costituiranno un’eccezione
e giammai la regola, restando la collaborazione con la giustizia l’ambito
principale in cui si muoveranno i magistrati.
La vera questione che l’illuminata pronuncia della Corte, per essere
effettiva, pone al legislatore, è invece quella dell’indilazionabile
29
adeguamento degli organici negli Istituti penitenziari, soprattutto con
riferimento alle figure degli educatori, gravemente carenti anche nel nostro
distretto, che sono e diventeranno sempre più figure fondamentali
nell’osservazione della personalità del condannato.
Per concludere, non possiamo non accennare alla crisi che lo scorso anno ha
investito il Consiglio Superiore della Magistratura, mettendo in
discussione lo stesso ruolo dell’associazionismo e dei gruppi che da sempre
ne costituiscono le diverse anime culturali. I fatti sono noti e non è certo
questa la sede per ripercorrerli, hanno determinato dimissioni a catena e reso
necessarie ben due elezioni suppletive.
Credo sia sufficiente richiamare le parole nette e dure del nostro Presidente
della Repubblica, che, ancora una volta, ha saputo farsi carico con
immediatezza della gravità della ferita inferta ad un corpo professionale
sano, animato da migliaia di donne e uomini che ogni giorno indossano la
toga e amministrano la giustizia con disciplina e onore, come richiede ai
pubblici funzionari l’art.54 della Costituzione.
Nel plenum del CSM del 21 giugno 2019, il presidente Mattarella ha
evidenziato che proprio un’inchiesta giudiziaria aveva rivelato “un quadro
sconcertante e inaccettabile… un coacervo di manovre nascoste, di tentativi
di screditare altri magistrati, di millantata influenza, di pretesa di orientare
inchieste e condizionare gli eventi, di convinzione di poter manovrare il
CSM, di indebita partecipazione di esponenti di un diverso potere dello
Stato”, un quadro tale da poter intaccare, insieme al CSM, il prestigio e
l’autorevolezza dell’intero ordine giudiziario.
Il presidente ha quindi invocato la necessità di voltare subito pagina, nella
consapevolezza che solo “l’assoluta trasparenza e il rispetto rigoroso delle
regole, nelle procedure e nelle deliberazioni” può arginare la diffidenza che
i fatti emersi hanno provocato nei cittadini e negli stessi magistrati.
Esiste dunque, come purtroppo ci raccontano anche altri fatti di cronaca, una
“questione morale” che non risparmia la magistratura, che non è un corpo
separato della società, e il CSM, che vive anch’esso la crisi della
rappresentanza che investe da tempo gli organi elettivi. Questione, peraltro,
che non ha colto del tutto di sorpresa i tanti di noi consapevoli delle spinte
30
individualistiche e corporative talvolta emerse nell’associazionismo
giudiziario, così lontane dal dibattito ideale che è l’unica ragion d’essere
delle c.d. “correnti”.
La distorsione di fondo -cui forse ci stavamo pian piano assuefacendo- viene
da quello che chiamiamo “carrierismo giudiziario”, dall’idea che la
dirigenza giudiziaria, svincolata opportunamente dal vecchio criterio
dell’anzianità senza demeriti, sia diventata nell’epoca del disincanto -più
prossimo al cinismo che al realismo-, un “potere” da rincorrere, con rischi di
pericolosa saldatura tra cattiva magistratura e cattiva politica, e non una
gravosa responsabilità da assumere.
L’autorevolissimo intervento del Presidente, a dispetto di chi pensa di
minimizzare i fatti con la logica pericolosa del “così fan tutti”, ha
contribuito non solo a differenziare il percorso dei singoli componenti da
quello dell’organo costituzionale, salvaguardandone le prerogative a tutela
dei valori di autonomia e indipendenza che la Costituisce garantisce alla
magistratura nell’interesse della collettività, ma anche a ricordarci che gli
anticorpi necessari perché magistratura e CSM adempiano correttamente
alla loro funzione costituzionale sono all’interno delle istituzioni, nella
nostra professionalità, perché, come diceva Bachelet, è importante che
ognuno di noi faccia bene il proprio lavoro, perché le istituzioni vivono
della qualità degli uomini e donne che le animano.
Confidiamo, allora, che siano definitivamente accantonati i propositi
ricorrenti di “rimediare” alle pretese degenerazioni stravolgendo il quadro
costituzionale (in realtà con il proposito, nemmeno celato, di controllare il
più diffuso organo di garanzia); “rimedi” ben peggiori del “male” che
dicono di voler curare: dal sorteggio dei componenti togati del CSM (che
affidando al caso la composizione di un organo di rilievo costituzionale
umilierebbe i magistrati e demolirebbe definitivamente il principio di
rappresentanza), alla separazione delle carriere (che porterebbe alla
perdita della cultura unitaria della giurisdizione, sostituendo al preteso
“appiattimento” del giudice sulle posizioni dell’accusa, smentito
dall’altissimo tasso di assoluzioni, un ben più rischioso “appiattimento” del
PM sulla logica del successo processuale), all’abbandono del principio di
obbligatorietà dell’azione penale, baluardo dell’eguaglianza dei cittadini.
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Mi piace, per concludere, e per dare il senso dei tanti tasselli di cui abbiamo
parlato, che, tutti insieme, “fanno” la Giustizia, citare le parole che Italo
Calvino, ne “Le Città Invisibili” fa dire a Marco Polo, ricordate
recentemente da un noto attore al termine di un convegno di magistrati:
“Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra.
- Ma qual è la pietra che sostiene
il ponte? - chiede Kublai Kan.
- Il ponte non è sostenuto da
questa o da quella pietra, -
risponde Marco, - ma dalla linea
dell'arco che esse formano.
Kublai Kan rimase silenzioso,
riflettendo. Poi soggiunse: - Perché mi
parli delle pietre? è solo dell'arco che
mi importa.
Polo risponde: - Senza pietre non
c'è arco.”
E con questa suggestione continueremo a impegnarci nell’Anno Giudiziario
2020.
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1. Situazione logistica degli uffici giudiziari di
L’Aquila All’attesa risistemazione di tutti gli uffici all’interno dello stabile
ristrutturato non ha fatto purtroppo seguito la soluzione di tutte le criticità
evidenziate negli scorsi anni. Infatti la progettazione del nuovo Palazzo di
Giustizia di L’Aquila, non supportata da un’idonea verifica delle effettive
esigenze funzionali degli uffici giudiziari, ha determinato non poche
difficoltà che gli uffici devono affrontare e, nei limiti del possibile,
risolvere.
In primo luogo la mancata previsione di adeguati spazi da destinare alla
conservazione dei documenti ha determinato, oltre alle difficoltà di
ordinata sistemazione degli archivi correnti, anche l’impossibilità di
riacquisizione di tutti gli atti e fascicoli processuali che sono ancora in
deposito presso l’interporto di Avezzano (ben 800 pedane) e presso alcuni
locali siti in località Bazzano (sede provvisoria di tutti gli uffici giudiziari
aquilani dopo il terremoto del 2009). La realizzazione di spazi di grande
ampiezza destinati ad atri e al passaggio ha, peraltro, pregiudicato la
destinazione delle volumetrie ad uffici, sia per i magistrati e che per il
personale amministrativo, costretti, soprattutto per la Corte e del Tribunale,
a condividere stanze destinate ad ospitare una sola persona.
Persino l’Ufficio Notificazioni e Protesti non ha potuto trovare
sistemazione all’interno del Palazzo, con disappunto della classe forense che
ha giustamente lamentato i conseguenti disagi per recarsi negli uffici di Via
Pile, già destinati, sempre in via provvisoria, alla Corte. Gli spazi che in una
prima assegnazione sembravano idonei ad ospitare l’U.N.E.P. (ipotesi
scartata a seguito di più accurata verifica) sono stati poi assegnati al
Tribunale, ma, a tutt’oggi, non è ancora stato possibile l’allestimento per il
ritardo nell’approvazione dei lavori necessari.
Anche la distribuzione degli spazi fra i vari uffici non risulta ancora ottimale
e risente della perdurante incertezza in ordine al previsto accorpamento
33
degli uffici giudiziari infra provinciali, recentemente e ulteriormente
rinviato.
Tutto è fermo, secondo quanto è dato sapere dall’amministrazione comunale
-che riferisce dell’indisponibilità di adeguate risorse economiche e pensa ad
un concorso di idee per una nuova progettazione- anche in ordine alla
sistemazione della vasta area (c.d. “I lotto”) adiacente il Palazzo di
Giustizia, destinata -fin dall’ormai lontano 2007- a parcheggio sotterraneo
multipiano e piazza di accesso al Palazzo di Giustizia.
La permanenza del cantiere (che in realtà tale non è essendo i lavori fermi
da oltre un decennio) e comunque la totale inaccessibilità dell’area, ormai in
grave degrado, continua a porre diversi problemi, limitando la gestione delle
uscite di sicurezza ed impedendo l’accesso all’immobile dall’ala nuova;
permane, infine, il grave vulnus al decoro del nuovo Palazzo e dell’intera
area, centralissima e caratterizzata dalla vicinanza dell’antica cinta muraria,
per il cui pregevole restauro sono state impiegate notevoli risorse pubbliche.
Resta gravoso il problema della manutenzione degli uffici giudiziari,
transitata, com’è noto, dalle amministrazioni comunali direttamente agli
uffici giudiziari per effetto della L.190/2014.
La Corte di Appello, in particolare, nonostante le sue scarse risorse di
personale, è stata gravata da numerose nuove incombenze, con le
conseguenti difficoltà nell’affrontare le numerose problematiche esistenti
che, purtroppo, appaiono talvolta irrisolvibili, nonostante la stabile
interlocuzione tra la Conferenza Permanente e il Provveditorato
Interregionale delle Opere Pubbliche, struttura che deve garantire il
necessario supporto tecnico per le problematiche inerenti l’edilizia
giudiziaria. L’attenzione che la materia richiede, anche in assenza di relativa
cultura degli uffici, e la concorde sollecitazione di tutti i Presidenti di Corte
d’Appello, ha determinato finalmente il Ministero della Giustizia ad istituire
presso la Corte gli attesi ruoli dei profili professionali tecnici (un
funzionario –l’unico già in servizio- e quattro assistenti non ancora
nominati) con l’obiettivo di far fronte alle concrete necessità in tema di
edilizia degli uffici giudiziari ed assicurare il supporto agli uffici periferici
34
in materia di gestione e manutenzione ordinaria e straordinaria degli
immobili; la mancata copertura dei posti di assistente tecnico, impedisce,
tuttavia, di operare con la necessaria efficacia.
Infine, si deve purtroppo constatare che anche la realizzazione del bar
all’interno dello stabile risulta più lenta del previsto. Sebbene i
rappresentanti del Comune abbiano da tempo fornito assicurazioni in ordine
ai tempi brevi per la conclusione delle procedure burocratiche, si è appreso
recentemente che probabilmente bisognerà attendere almeno fino al
prossimo mese di febbraio prima di consentirne la fruizione agli operatori
della giustizia ed ai numerosi utenti che quotidianamente frequentano il
Palazzo di Giustizia.
2. La Giustizia Civile
2.1 Il quadro normativo.
Il problema dell’efficienza della giustizia civile è sempre all’ordine del
giorno, anche e soprattutto per gli effetti negativi che l’eccessiva durata dei
processi e l’instabilità delle decisioni producono in campo economico,
anche sotto il profilo del disincentivo agli investimenti, soprattutto
dall’estero. In quest’ottica rientra il D. Lgs. 14\2019, che ha introdotto il cd.
“codice della crisi d’impresa”, che tuttavia entrerà in vigore solo nel 2020.
La stagione di riforme avviata negli anni 2016/17 non ha purtroppo avuto
l’esito atteso di un sensibile miglioramento della situazione, forse con
l’eccezione di alcune riforme di settore: penso a quella del rito civile in
Cassazione – legge 197/16- che ha fortemente valorizzato il ruolo del
giudice di legittimità come giudice del precedente e non come giudice di
terza istanza; a quella in materia di Protezione Internazionale -legge 46/17-
che ha escluso l’appello contro le decisioni della Sezione Specializzata in
materia d’immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei
cittadini dell'Unione europea del Tribunale distrettuale, così alleggerendo il
gravoso carico delle Corti d’Appello, ma onerando la Corte di Cassazione di
un numero di ricorsi talmente rilevante da imporre l’adozione di misure
organizzative straordinarie che non pochi problemi hanno prodotto,
soprattutto sotto il profilo del venir meno del principio -fondamentale in
questa materia- della specializzazione.
35
Il Presidente del Tribunale di L’Aquila rappresenta che, a dispetto della
diminuzione degli “sbarchi”, rimane comunque elevato il numero dei
procedimenti di nuova iscrizione (871, nei soli primi 10 mesi del 2019), e
che l’applicazione di un Giudice proveniente da altro distretto non è stata
sufficiente a fare fronte a tale mole di lavoro, posto che nello stesso lasso
temporale sono stati definiti 674 procedimenti, e ne restano pendenti 1.636.
A ciò deve aggiungersi che le Commissioni Territoriali continuano a non
essere in grado di eseguire la videoregistrazione dell’esame del richiedente
asilo, per cui il Tribunale è tuttora costretto a tenere sempre l’udienza (la
novella, infatti, consente di seguire il rito camerale non partecipato solo
quando sia disponibile la videoregistrazione).
Più in generale, il Presidente del Tribunale di L’Aquila stigmatizza il fatto
che sempre più frequentemente il Legislatore -seppure in una condivisibile
ottica di maggiore specializzazione dei giudici- tende a concentrare presso i
Tribunali distrettuali la trattazione delle materie che ritiene essere
d’importanza strategica, senza tuttavia preoccuparsi di adeguare le relative
piante organiche.
Per cui, nel tempo, sono stati assegnati al Tribunale distrettuale: il riesame
dei provvedimenti restrittivi della libertà personale (cd. Tribunale del
riesame penale); le cause di risarcimento del danno per inumana detenzione;
il Tribunale per le Imprese; la materia della Protezione internazionale; le
misure di prevenzione in materia penale; dal 2020, infine, quel Tribunale
avrà un ruolo centrale nei procedimenti di composizione delle crisi
d’impresa di tutta la regione Abruzzo.
Quanto alla Corte d’Appello, la riforma della protezione internazionale ha
consentito di azzerare il relativo arretrato, fatta eccezione per un modesto
numero di procedimenti (provenienti da rinvio della Cassazione), quasi tutti
originati dall’iniziale incertezza circa la forma dell’appello (citazione o
ricorso), e dalla conseguente declaratoria d’inammissibilità derivante dalla
loro tardiva iscrizione a ruolo.
Merita un cenno anche il lieve aumento (da 136, nel periodo 1/7/2017-
30/6/2018, a 158, nel periodo in esame) dei ricorsi tesi al conseguimento di
36
un indennizzo per l’eccesiva durata dei giudizi (cd. legge Pinto), in parte
riconducibile alla sentenza della Corte Costituzionale n. 88\2018, che ha
reso possibile la proposizione del ricorso anche in pendenza del
procedimento presupposto.
E tale incremento ha probabilmente inciso anche sull’ammontare delle
somme liquidate, che -invertendo in maniera decisa il trend, calante, degli
ultimi anni- sono aumentate, da € 479.524 (nel periodo 1/7/2017-30/6/2018)
a ben € 727.949 nel periodo qui considerato. Dato che deve far riflettere
sull’evidente anomalia sistematica di un rimedio di natura meramente
indennitaria, che consuma notevoli risorse sul piano dell’impegno lavorativo
di magistrati e personale, oltre che su quello economico, ad un problema –
quello dell’eccessiva durata dei procedimenti- che è sistematico e che deriva
anche dalla carenza delle medesime risorse.
Manca qualsiasi dato che dia conto del grado di utilizzo, ed eventualmente
di successo, dell’istituto della negoziazione assistita; mentre la mediazione
civile obbligatoria ha sortito effetti ancora più modesti rispetto al già
deludente risultato degli anni passati: nel periodo in esame sono state
presentate 3.372 domande di mediazione (nell’anno precedente erano state
3.679); e sono stati definiti 3.299 procedimenti (ancora una volta in
diminuzione rispetto ai 3.597 dell’anno precedente).
E’ però interessante indagare il differente grado di fiducia nello strumento
da parte degli avvocati dei diversi Fori abruzzesi, desumibile dalla
percentuale di adesione volontaria alla mediazione: percentuale che va da un
minimo del 2,1%, presso il Tribunale di Avezzano, ad un massimo del 14%,
presso il Tribunale di L’Aquila; con una media dell’8,4%, comunque in
diminuzione rispetto all’anno precedente (quando si era attestata sul 10,8%);
in tutti gli altri casi, viceversa, le domande di mediazione traggono origine
dall’obbligo posto dalla legge, o dalla sollecitazione del Giudice.
Quanto ai risultati, l’accordo è stato raggiunto in 508 procedimenti (pari al
15% del totale delle mediazioni), ancora una volta in diminuzione rispetto
all’anno precedente (quando le definizioni erano state 560, pari al 16% dei
procedimenti iscritti); mentre nel 56% dei casi l’altra parte non è neppure
comparsa.
37
Ma una volta che si confronti il dato dei procedimenti definiti grazie alla
mediazione (508, per quanto detto), col numero (12.905) dei procedimenti
contenzioni civili di nuova iscrizione (con esclusione, quindi, dei
procedimenti di volontaria giurisdizione e di lavoro), risulta evidente
l’inadeguatezza dell’istituto a sortire l’effetto deflattivo per il quale è stato
pensato, avendo eliso solo il 3,93% dei procedimenti civili contenziosi
(ancora una volta in diminuzione rispetto all’anno precedente).
Da ultimo, un breve cenno va riservato alla riforma del processo civile
(disegno di legge delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per
la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle
controversie), cui il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera nella seduta
del 5 dicembre 2019, con il dichiarato obiettivo di garantire maggior
efficienza, e quindi un clima più favorevole agli investimenti. L’articolato
contiene disposizioni che appaiono destinate a incidere in modo strutturale
sulla materia del contenzioso civile, ispirate a condivisibili principi di
semplificazione, speditezza, e razionalizzazione delle procedure, nella
garanzia del contraddittorio.
Gli strumenti sembrano quelli di cui si parla da tempo, in termini di “buone
prassi” per la riduzione dei tempi del processo, da realizzare mediante la
compressione dei termini per lo svolgimento delle varie fasi, e l’obbligo, da
parte del giudice -quando provvede sulle istanze istruttorie- di preordinare
un calendario delle udienze; nonché, per le parti, l’obbligo di deposito dei
documenti e degli atti soltanto per via telematica. Nell’intento di tentare di
ridurre le sopravvenienze, è stato ampliato il numero delle controversie nelle
quali è obbligatorio il previo tentativo di risoluzione alternativa, che tuttavia
viene escluso, quale condizione di procedibilità, in settori nei quali,
nonostante le alte aspettative derivanti dalla serialità delle controversie, e
dalla presenza di parti qualificate, la pregressa esperienza è risultata
negativa (responsabilità sanitaria, contratti finanziari, bancari e assicurativi).
L’obiettivo di semplificazione e riduzione dei riti viene perseguito con la
modifica dei casi nei quali è obbligatorio il tentativo di conciliazione, e delle
materie nelle quali la competenza è attribuita al tribunale in composizione
collegiale; con la previsione di un unico procedimento per tutti i giudizi
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contenziosi che si svolgono dinanzi al Giudice monocratico (Tribunale e
Giudice di Pace), con l’introduzione della causa con ricorso, con
l’anticipazione delle fasi di chiamata di terzi nel processo e dei tempi per la
definizione del thema decidendum e del thema probandum; con la
possibilità, data alle parti, di assumere la prova a mezzo di una procedura di
negoziazione assistita.
In tema di scioglimento delle comunioni, dove la mediazione ha dato esiti
positivi, è stato introdotto uno speciale procedimento, condotto da un
professionista -avvocato o notaio, iscritto in uno speciale elenco- con la
previsione che, in ipotesi di esito negativo, la relazione finale stilata dal
mediatore possa essere impiegata come base per il susseguente contenzioso
giudiziale.
Si persegue anche una razionalizzazione in materia di espropriazione
immobiliare, introducendo norme che mirano a tutelare maggiormente il
debitore, con l’obiettivo di ridurre i tempi ed i costi dei procedimenti; deve
rilevarsi, tuttavia, che già la riforma degli artt. 572 e 591 c.p.c., (l.
132\2015) aveva reso più celere la definizione di quelle procedure,
consentendo di ribassare il prezzo posto a base dell’asta in tempi più rapidi
rispetto al passato, così avvicinando nel tempo il momento in cui il bene
acquista appetibilità sul mercato.
Nel complesso, la riforma merita d’essere condivisa, posto che consente –
anche grazie alla proposizione della domanda con ricorso- una notevole
riduzione dei tempi entro i quali, in primo grado, potrà darsi inizio
all’attività di acquisizione della prova: tempi che attualmente variano da un
minimo di sei mesi (dalla data d’iscrizione della causa sul ruolo), dovendo a
tale fine sommarsi i termini di cui agli artt. 163 bis e 183 c.p.c.; fino a più di
un anno, come avviene, ad esempio, quando –dopo che si sia fatto luogo
all’integrazione del contradittorio nei confronti di terzi- alcuni dei chiamati
in causa svolgano domanda di garanzia nei confronti del proprio
assicuratore.
39
2.2 Caratteristiche della giustizia civile nel distretto
2.2.1. Uffici di I grado
I Presidenti dei Tribunali riferiscono d’avere fatto fronte alle scoperture
d’organico accentuando il processo di specializzazione, sottoscrivendo
protocolli con gli ordini forensi, affiancando i giudici onorari ai togati, o
addirittura affidando ai giudici onorari i ruoli rimasti scoperti, istituendo
l’Ufficio per il Processo, al cui interno hanno inserito -oltre ai giudici togati
ed onorari ed al personale di Cancelleria- anche i tirocinanti (art. 73 d. l.
69\2013).
Per cui i GOP oggi contribuiscono in maniera apprezzabile alla definizione
delle pendenze, in una percentuale che, ad esempio, presso il Tribunale di
Pescara si attesta sul 30% circa delle sentenze civili, e del 63% circa delle
sentenze penali monocratiche.
Il Tribunale di Pescara ha inoltre sottoscritto convenzioni con le Università
di Pescara e di Teramo, per lo svolgimento di tirocini da parte di laureati.
Sopravvenienze
Nel settore della giustizia civile le sopravvenienze totali (civile
contenzioso, lavoro, previdenza e volontaria giurisdizione) sono in
diminuzione presso quasi tutti gli Uffici: in misura modesta (entro il 5%)
presso i Tribunali di Avezzano, Chieti, Sulmona, Teramo e Vasto, in
misura maggiore presso i Tribunali di Lanciano (- 9,08%) e Pescara (-
7,52%); mentre è ulteriormente aumentata, ed in misura davvero
apprezzabile, la sopravvenienza presso il Tribunale di L’Aquila (+ 16,43%).
Quanto agli Uffici del Giudice di Pace, si assiste alla riduzione dei
procedimenti di nuova iscrizione presso le sedi di Sulmona (- 4%), Lanciano
(-7%), Chieti (-9%), e Teramo (-10%); in contenuto aumento, invece, a
Pescara (+1%), e più apprezzabile a L’Aquila (+ 7%), Vasto (+ 9%), ed
Avezzano (+10%).
Definizioni
In decremento quasi dappertutto il numero delle definizioni totali (civile
contenzioso, lavoro e volontaria giurisdizione): modesto quanto ai Tribunali
40
di Chieti (- 0,40%, essendo passate da 4.952 a 4.932), Sulmona (-1,91%, da
1.724 a 1.691), e Teramo (- 2,99%, da 7.738 a 7.506); più accentuato
quanto ai Tribunali di Lanciano (-8,95, da 2.446 a 2.27) ed Avezzano (-
10%, da 3.664 a 3.297).
In controtendenza i Tribunali di L’Aquila (+ 0,49%, da 4.881 a 4.905),
Vasto (+ 2%, da 2.190 a 2.234), e Pescara (+ 3,92, da 9.991 a 10.383).
Quanto agli Uffici del Giudice di Pace, è diminuito ovunque (tra il 4% di
Pescara ed il 35% di Sulmona) il numero dei processi definiti; fanno
eccezione le sedi di Vasto, con un numero di definizioni rimasto stabile,
Avezzano (+ 3%) e L’Aquila (+ 7%).
Arretrato
I flussi fin qui descritti, ed il fatto che quasi tutti i Tribunali definiscono,
ormai, nell’anno un numero di processi che è pari, o superiore, sia rispetto al
numero dei giudizi di nuova iscrizione, che di quelli pendenti, comporta che
le cause che non necessitano d’istruttoria vengano definite tempestivamente.
Di conseguenza i procedimenti pendenti da più tempo sono contrassegnati
dalla necessità di una qualche attività istruttoria, oppure dalla difficoltà di
alienare l’attivo, in relazione ai fallimenti ed alle esecuzioni immobiliari.
Ulteriore conseguenza di quanto fin qui esposto è costituita dal fatto che,
presso quei Tribunali (Chieti, Lanciano, Sulmona e Vasto) non vi sia più
un arretrato immediatamente aggredibile, che possa far conseguire
un’ulteriore riduzione della pendenza: che difatti è rimasta sostanzialmente
stabile (entro un range compreso tra +2% e -2%).
Una notevole riduzione delle pendenze ha conseguito il Tribunale di
Pescara (-15,84%, da 6.896 a 5.803), mentre è aumentata, ed in misura
apprezzabile, la pendenza presso i Tribunali di Avezzano (+ 5,93%, da
2.798 a 2.964), e L’Aquila (+ 17,74%, da 4.530 a 5.334 procedimenti), che
nel periodo sono stati però afflitti da scoperture, in un organico già
sottodimensionato.
41
Il numero dei procedimenti pendenti presso gli Uffici civili del Giudice di
Pace è rimasto sostanzialmente stabile nel suo complesso (si è passati da
5.730 a 5.753), ma con apprezzabili differenze tra sede e sede (Pescara e
Lanciano – 16%; Chieti – 6%; L’Aquila stabile; Vasto + 5%; Teramo +
13%; Avezzano + 19%; Sulmona + 20%).
Durata dei procedimenti
In relazione alla durata dei procedimenti, continua la generale tendenza
declinante, che tuttavia può esprimersi solo presso quelle sedi che hanno un
arretrato immediatamente aggredibile, e quindi processi compiutamente
istruiti, che attendono solo d’essere definiti.
Laddove, viceversa, la pendenza si riduca ai soli procedimenti contenziosi
che necessitano d’istruttoria, ed ai giudizi di esecuzione immobiliare e di
fallimento, per i quali è necessario esitare l’attivo, risulta evidente che per il
conseguimento dell’obiettivo della durata infratriennale è necessaria
un’attenzione particolare, ed un continuo monitoraggio della situazione.
Nei fatti, il principio della ragionevole durata del processo risulta
rispettato in relazione alle quasi totalità delle cause di separazione e
divorzio, delle esecuzioni mobiliari e dei procedimenti camerali.
Avuto riguardo, invece, ai procedimenti civili contenziosi diversi da quelli
appena indicati, ai fallimenti ed alle procedure esecutive immobiliari, il
risultato risulta raggiunto, anche per quest’anno, dal solo Tribunale di
Lanciano, presso il quale è del tutto trascurabile il numero di processi di
durata ultratriennale.
Una particolare attenzione tuttavia, va riservata ai processi iscritti da più di
10 anni (da intendersi come giudizi che sono stati iscritti entro il
31\12\2008, oltre al 50% di quelli iscritti nel 2009): 18 presso il Tribunale di
Avezzano, 25 presso quello di L’Aquila, 15 a Pescara, 11 a Vasto, ed
addirittura 204 a Teramo (anche se in diminuzione rispetto all’anno
precedente, quando erano 222); presso gli altri Tribunali, tali procedimenti
non superano il numero di 10.
Dall’esame dei dati fin qui esposti emerge che quasi tutti i Tribunali del
Distretto, ad eccezione di quello di Teramo, definiscono nell’anno un
42
numero di procedimenti maggiore, e talvolta doppio rispetto ai processi lì
pendenti da oltre un triennio: per cui sembra possibile conseguire, anche in
tempi brevi, il risultato di ridurre quei giudizi ad un’infima percentuale, a
condizione che si faccia luogo ad un monitoraggio continuo, e che si
appresti una corsia preferenziale che preveda, per quei giudizi, rinvii
ravvicinati e preferenza assoluta al momento della decisione, rispetto ai
processi di più recente iscrizione.
Tale formula organizzativa è già stata adottata da questa Corte d’Appello,
col risultato che, rimanendo invariati i fattori, già nel 2021, e
compiutamente nel 2022, sarà possibile raggiungere il lusinghiero risultato
di definire i processi entro il biennio dalla data d’iscrizione a ruolo.
Per concludere, volendo fornire un quadro d’insieme, riassuntivo del lavoro
svolto dai Giudici del Distretto nel lasso temporale qui considerato, occorre
rilevare che presso la Corte d’Appello sono stati iscritti 2.713 nuovi
procedimenti (di cui 1.481 affari civili contenziosi; 863 giudizi in materia di
lavoro e previdenza, e 369 procedimenti di volontaria giurisdizione); ne
sono stati definiti 3.820 (di cui 2.519 affari civili contenziosi; 916 giudizi in
materia di lavoro e previdenza, e 385 procedimenti di volontaria
giurisdizione); restano pendenti 6.010 processi (di cui 5.175 affari civili
contenziosi; 715 giudizi in materia di lavoro e previdenza, e 120
procedimenti di volontaria giurisdizione).
Presso gli otto Tribunali del Distretto sono stati iscritti 36.921 nuovi
procedimenti (di cui 12.905 affari civili contenziosi; 7.660 giudizi in
materia di lavoro e previdenza, 9.520 procedimenti sommari, e 6.836
procedimenti di volontaria giurisdizione); ne sono stati definiti 37.175 (di
cui 12.843 affari civili contenziosi; 8.003 giudizi in materia di lavoro e
previdenza, 9.456 procedimenti sommari, e 6.873 procedimenti di
volontaria giurisdizione); restano pendenti 31.902 processi (di cui 22.973
affari civili contenziosi; 5.296 giudizi in materia di lavoro e previdenza,
1.764 procedimenti sommari, e 1.869 procedimenti di volontaria
giurisdizione).
43
Da ultimo, presso gli Uffici del Giudice di Pace sono stati iscritti 16.066
nuovi procedimenti civili; ne sono stati definiti 16.280, e ne restano
pendenti 5.753.
Fig. 1 - Riepilogo contenzioso civile del Distretto
2.2.2. La Sezione Civile della Corte d’Appello
La Sezione Civile della Corte d’Appello continua lo spoglio preventivo di
tutti i fascicoli di nuova iscrizione, che consente d’individuare, fissare e
decidere entro un breve lasso temporale gli appelli inammissibili (perché
tardivi, o perché non rispettano i canoni formali prescritti dal novellato art.
342 c.p.c.), quelli improcedibili (art. 348 c.p.c., perché l’appellante s’è
costituito in ritardo), quelli che non presentano una ragionevole probabilità
d’essere accolti (art. 348 bis c.p.c.), e le cause di pronta soluzione.
Lo spoglio consente inoltre di attribuire a ciascuna causa uno specifico
valore ponderale, così da assegnare ai Giudici Ausiliari soltanto quelle che
richiedono un impegno minore nello studio e nella redazione della
motivazione, sì da facilitare il raggiungimento dell’obiettivo minimo di
rendimento, stabilito dal legislatore nella misura di 90 sentenze annue.
La Corte d’Appello ha registrato una notevolissima riduzione delle
sopravvenienze rispetto allo scorso anno (- 18,65%), per la gran parte
dovuta al crollo degli appelli in materia di protezione internazionale.
44
Ed una volta che tali cause sono contrassegnate da una certa serialità, e da
una minore difficoltà media, alla diminuzione degli appelli in materia di
protezione internazionale ha fatto seguito una riduzione dei procedimenti
contenziosi definiti nell’anno (passati da 2.787 a 2.519, con una riduzione
del 9,6%).
Riduzione che, tuttavia, non ha interrotto il processo di contenimento
dell’arretrato, essendo le pendenze diminuite del 16,58% (i procedimenti
contenziosi civili sono infatti diminuiti da 6.204 a 5.175).
Quanto alla volontaria giurisdizione, viceversa, i procedimenti vengono
fissati immediatamente, e definiti, di norma, nel lasso di un semestre: per
cui il ricambio è continuo, ed il numero dei fascicoli definiti (385, nel
periodo qui considerato) è sostanzialmente pari a quello di processi
sopravvenuti (369).
In conclusione: nell’anno sono stati definiti 2.519 procedimenti civili
contenziosi (con una media di 197 per magistrato “full time equivalent”);
non esistono pendenze ultradecennali; e si è continuato a definire entro
l’anno dall’iscrizione a ruolo i procedimenti che, con il DOG, sono stati
individuati come meritevoli di trattazione prioritaria (procedimenti in
materia di minori, di protezione internazionale ed in materia agraria; cause
di separazione e di divorzio; reclami contro le sentenze di fallimento; cause
di rinvio dalla Cassazione e di revocazione, ricorsi “Pinto”, e tutta la
volontaria giurisdizione).
Tali risultati hanno consentito alla Sezione civile della Corte d’Appello di
L’Aquila di collocarsi, per l’anno 2018, al terzo posto in Italia tra le Corti
più virtuose, con un indice di ricambio (rapporto tra processi definiti e di
nuova iscrizione) pari ad 1,37.
Risultato che nell’anno non solare qui in esame è ulteriormente migliorato,
passando ad un indice di ricambio di 1,72, con un indice di smaltimento di
0,32.
A febbraio del 2019 la sezione civile della Corte ha sottoscritto un
Protocollo con i Consigli degli Ordini del distretto, teso a migliorare l’uso
45
del PCT, mediante l’incentivazione dell’uso di “links”, che dal testo
dell’atto rimandino direttamente al documento richiamato; con l’invito a
rendere immediatamente comprensibile il contenuto dei documenti
depositati telematicamente; e con l’obiettivo di elaborare un modello
condiviso degli scritti difensivi e delle sentenze, ispirato a criteri di sintesi e
di chiarezza espositiva, in coerenza con le indicazioni venute dal CSM.
E’ stata pure attuata la redazione dei verbali d’udienza in forma telematica,
ma è emersa la necessità di tempi assai più lunghi, che ne sconsigliano
l’adozione, almeno in relazione alle udienze contenziose, nelle quali sono
fissati, in media, 80/100 procedimenti.
Fig. 2 - Riepilogo procedimenti contenzioso ordinario Corte di appello
2. 3 Lavoro, previdenza ed assistenza
2.3.1 il quadro normativo
In un diritto del lavoro teso a soddisfare una esigenza di maggiore
flessibilità, al fine di trovare il necessario contemperamento tra la tutela dei
diritti del lavoratore e le esigenze datoriali correlate ad una duratura
situazione di difficoltà delle imprese, sono via via aumentati la tipologia ed
il livello di difficoltà delle controversie. Al tradizionale contenzioso
46
lavoristico (impugnative di licenziamento, cause per differenze retributive,
rivendicazione di superiore inquadramento professionale, risarcimento del
danno per malattia professionale o infortunio sul lavoro, etc.), si sono
affiancate altre tipologie di contenzioso (sia nel lavoro privato, che nel
pubblico impiego), aventi ad oggetto domande di riqualificazione di rapporti
giuridici scaturenti da contratti flessibili, domande di risarcimento del danno
da mobbing e demansionamento, impugnazione di procedure concorsuali,
lavoro precario, ed altro ancora. È altresì sempre più elevato il livello di
incidenza delle fonti sovranazionali sulle decisioni del giudice interno,
soprattutto in materia di precariato.
Anche per le impugnative di licenziamento, dopo l’introduzione del rito
Fornero (peraltro già abrogato con riguardo ai contratti di lavoro a tutele
crescenti), e con la previsione di un articolato sistema di graduazione delle
tutele (dapprima con la Legge n.92/2012, poi con il Jobs Act), si prospetta
l’insorgenza di una serie di nuovi problemi processuali e sostanziali.
Peraltro, va detto che a tutt’oggi non sono ancora verificabili gli effetti delle
novità introdotte dal Jobs Act che, nei suoi otto decreti legislativi, spazia dai
rapporti di lavoro propriamente detti, ai rapporti previdenziali, fino alla
disciplina degli aspetti "pubblicistici" del lavoro, relativi al controllo, alle
politiche di sviluppo, alla semplificazione degli adempimenti a carico di
cittadini od imprese.
Con particolare riguardo al contratto a tempo indeterminato a tutele
crescenti, disciplinato dal d.lgs. 23/15, e che riguarda coloro che vengono
assunti dal 7 marzo 2015 (ad esclusione dei dirigenti), l'unica tutela prevista,
in caso di assenza di giustificato motivo o giusta causa, è quella economica
(rapportata, nella sua determinazione, all'anzianità di servizio del
licenziato). Il che, in linea generale, ha determinato una tendenza ad una
riduzione delle sopravvenienze per tali tipologie di controversie, risultando
sicuramente meno appetibile una tutela economica, rispetto a quella
reintegratoria (piena o attenuata) precedentemente prevista.
Viene anche semplificato il rito per questo nuovo tipo di licenziamenti,
almeno in primo grado, atteso che, laddove era prevista la ridondante
scansione processuale del “rito Fornero”, articolato in due fasi di primo
grado (fase sommaria ed opposizione), si sostituisce un procedimento più
47
snello e per certi versi anche semplificato, tenuto conto del fatto che, in caso
di declaratoria di licenziamento illegittimo, viene demandato al giudice solo
un calcolo aritmetico sulla base di criteri predeterminati ex lege.
Gli effetti del Jobs Act, tuttavia, si sono allo stato realizzati solo in parte,
atteso che per i lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 continua a trovare
applicazione il “rito Fornero” con la conseguenza che, allo stato, si è
determinato una sorta di doppio binario, stante la convivenza di procedure di
impugnazione di licenziamento disciplinate dalla riforma del 2015 (che allo
stato riguarda un numero circoscritto di lavoratori) e quelle disciplinate dalla
legge 92/2012, molto più variegate nelle soluzioni sotto il profilo sostanziale
e più farraginose sotto quello processuale.
Quanto alle riforme più recenti, va detto che il legislatore è intervenuto sul
diritto del lavoro sostanziale con profonde riforme (dal d.lgs. n. 81 del 2015
alla legge n. 81 del 2017), le quali hanno inciso, in via oltremodo
significativa, sulle nozioni stesse di autonomia e subordinazione. Da un lato,
emerge la volontà dichiarata del legislatore di rendere il rapporto di lavoro
subordinato più flessibile, maggiormente adattabile alle esigenze datoriali ed
al mutato contesto economico e sociale; dall’altro, vi è una presa d’atto
dell’inarrestabile progresso tecnologico e dell’inevitabile impatto sul
sinallagma, sul contenuto e sulle modalità di estrinsecazione delle tipiche
obbligazioni del rapporto. Ne è conseguito che la distinzione tra autonomia
e subordinazione è oggi divenuta molto più sfumata, rendendo così più
complessa la verifica della genuinità dell’assetto giuridico scelto dalle parti.
Con l’art. 2 del d.lgs. n. 81/2015, in particolare, il legislatore ha sancito
l’appartenenza all’ambito dell’autonomia delle collaborazioni
prevalentemente personali organizzate dal committente “con riferimento ai
tempi e al luogo di lavoro”, prevedendo tuttavia al contempo che alle stesse
si applichi “la disciplina del rapporto di lavoro subordinato”. Per contro,
con la legge n.81/2017 è stata prevista, “quale modalità di esecuzione del
rapporto di lavoro subordinato”, una organizzazione della prestazione “per
fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro”
(c.d. “lavoro agile”, detto anche smart working, consistente in una modalità
organizzativa del lavoro da svolgersi in parte in azienda ed in parte in altri
luoghi). Inoltre, con l’art.1 del D.L. n.101/2019, convertito in legge
48
n.128/2019 la disciplina sulle collaborazioni personali organizzate dal
committente (con le garanzie del lavoro subordinato) è stata estesa anche
alle ipotesi in cui le modalità di esecuzione della prestazione siano
eteroorganizzate mediante piattaforme digitali, in cui il rapporto viene
gestito tramite una applicazione ed un computer. Emblematico, in tale
contesto, è il caso dei c.d. Riders, intendendosi per tali i fattorini addetti alla
consegna del cibo a domicilio, in bici o in motorino, eteroorganizzati
digitalmente a mezzo di una applicazione su smartphone, sulla cui natura
del rapporto di collaborazione si attende l’imminente pronunciamento della
Suprema Corte.
Sotto altro profilo, va evidenziato che il D.L. n. 87/2018 (c.d. Decreto
Dignità), convertito in legge n.96/2018, ha introdotto importanti novità in
materia di contratti a tempo determinato. Uno degli aspetti principali della
riforma à rappresentato dalla modifica dell'art.19, primo comma, del d.lgs.
81/2015, il quale prevede che la stipula di un contratto di lavoro a tempo
determinato "acausale" possa avvenire solo ed esclusivamente per un periodo di
durata non superiore ai 12 mesi e che il contratto a termine possa avere una
durata superiore ai 12 mesi (ma comunque non oltre i 24 mesi) solo in presenza
di specifiche esigenze temporanee ed oggettive, estranee all'ordinaria attività,
ragioni sostitutive o esigenze connesse ad incrementi temporanei,
significativi e non programmabili dell’attività ordinaria. Viene inoltre
ridotta la durata massima dei contratti a tempo determinato a 24 mesi,
rispetto ai 36 mesi precedentemente previsti dal d.lgs n. 23/2015 (cd. Job
Act). Peraltro, l'art.1, primo comma, lettera c), del D.L. n. 87/2018 ha
ampliato i termini di impugnazione del contratto a tempo determinato, che
sono passati da 120 giorni a 180 giorni dalla cessazione del singolo
contratto. Il D.L. 87/2018, nel testo risultante dalle modifiche ed integrazioni
apportate dalla legge di conversione, è intervenuto anche nella materia della
tutela dei lavoratori in caso di licenziamento illegittimo, prevedendo un
incremento dei valori minimo e massimo dell'indennizzo conseguente alla
sentenza dichiarativa dell'illegittimità del licenziamento per giusta causa o
giustificato motivo oggettivo o soggettivo, attraverso l'incremento del range
degli importi riconoscibili dal Giudice.
49
Nella materia della tutela dei lavoratori in caso di licenziamento, inoltre,
deve segnalarsi l'intervento della Corte Costituzionale che, con sentenza n.
194/2018 (depositata in data 08.11.2018), ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale dell'art.3, primo comma, del d.lgs n.23/2015 (c.d. Jobs Act),
nella parte in cui prevede che l'indennità di licenziamento sia commisurata
esclusivamente rispetto all'anzianità di servizio (criterio rigido, ritenuto non
rispettoso del principio di ragionevolezza).
Deve segnalarsi, infine, come la legge di conversione del D.L. 87/2018 abbia
previsto la reintroduzione dei c.d. voucher, che potranno essere utilizzati, per
un massimo di 10 giorni, dalle aziende agricole e dalle imprese alberghiere con
massimo 8 dipendenti, oltre che come forma di pagamento per il lavoro di
pensionati, disoccupati, studenti fino a 25 anni e percettori di forme di sostegno
al reddito.
Allo stato non è possibile valutare gli effetti concreti di tali riforme sul
contenzioso lavoristico del distretto, dal momento che non si segnalano
iscrizioni di procedimenti aventi ad oggetto collaborazioni eteroorganizzate,
smart working ovvero contratti a termine o licenziamenti cui sia applicabile
la disciplina citata.
Per quanto riguarda il giudizio di appello, non ha avuto una decisiva
funzione deflattiva il cd. “filtro” (sia ex art.348 bis c.p.c., sia ex art.434
c.p.c.), che viene utilizzato esclusivamente per questioni di natura “seriale”
ed in cui la giurisprudenza (anche di vertice) può ritenersi consolidata. Si
tratta però di un numero ristretto di cause, rilevandosi invece sempre più
frequentemente nuovi filoni di problematiche sia nel lavoro privato che nel
pubblico impiego.
2.3.2 Settore Lavoro: i Tribunali del distretto.
La situazione delle controversie di lavoro e previdenza nei Tribunali del
distretto, con riferimento al periodo 01/07/2018-30/06/2019, è caratterizzata
da una modesta riduzione della pendenza complessiva (-5,8%), ma con un
andamento assai differente tra i vari Tribunali abruzzesi.
Tribunale Pendenti al Pendenti al Variazione
50
30.06.20181 30.06.2019 percentuale
Avezzano 741 840 +13,3%
Chieti 491 446 -9,1%
L’Aquila 488 635 +30,1%
Lanciano 388 422 +8,7%
Pescara 918 790 -13,9%
Sulmona 315 331 +5%
Teramo 1.872 1.431 -23,5%
Vasto 412 401 -2,6%
TOTALE 5.625 5.296 -5,8%
I dati sopra riportati confermano la sussistenza di una forte sperequazione
tra la pendenza dei vari tribunali abruzzesi. Il Tribunale di Teramo ha
tuttora un numero di procedimenti pendenti (n.1.431) assai superiore ai
Tribunali di Avezzano (n.840), di Pescara (n.790) e di L’Aquila (n.635),
che registrano a loro volta un numero di procedimenti pendenti assai
superiore rispetto a quello di tutti gli altri tribunali abruzzesi, che seguono
ordini di grandezza del tutto differenti (dai 446 procedimenti pendenti del
Tribunale di Chieti ai 331 del Tribunale di Sulmona).
840
446
635
422
790
331
1431
401
0
500
1000
1500
Pendenti al 30.06.2019
Trib. Avezzano
Trib.Chieti
Trib.L'Aquila
Trib.Lanciano
Trib.Pescara
Trib.Sulmona
Trib.Teramo
Trib.Vasto
Fig. 3 - Procedimenti pendenti Tribunali Distretto al 30.06.2019
Anche la variazione percentuale della pendenza rispetto a quella
dell’anno precedente manifesta nel distretto situazioni assai differenziate tra
1 Dato estrapolato dalla relazione inaugurale per l’anno giudiziario 2019.
51
loro, atteso che, mentre alcuni Tribunali (Teramo, Pescara e Chieti) hanno
registrato un considerevole abbattimento della pendenza (rispettivamente
del 23,5%, del 13,9% e del 9,1%), tra gli altri Tribunali solo quello di Vasto
ha registrato un andamento positivo (-2,6%), mentre i rimanenti Uffici
hanno tutti registrato incrementi percentuali (anche notevoli) della pendenza
(spiccano il +30,1% di L’Aquila ed il +13,3% di Avezzano). Nell’ultimo
anno giudiziario, come risulta dal grafico che segue, si è quindi registrato
un fenomeno tendenzialmente diversificato tra i Tribunali più grandi (in
cui la pendenza tende a diminuire) e quelli più piccoli (in cui, al contrario,
la pendenza è in aumento).
13,30%
-9,10%
30,10%
8,70%
-13,90%
5%
-23,50%
-2,60%
-30,00%
-20,00%
-10,00%
0,00%
10,00%
20,00%
30,00%
40,00%
Variazione della pendenza
Trib. Avezzano
Trib.Chieti
Trib.L'Aquila
Trib.Lanciano
Trib.Pescara
Trib.Sulmona
Trib.Teramo
Trib.Vasto
Fig. 4 - Variazione percentuale della pendenza dal 30.06.2018 al
30.06.2019
Per quanto riguarda la stratificazione della pendenza per anno di iscrizione a
ruolo, l’arretrato ultratriennale risulta quasi del tutto assente nel
Tribunale di Chieti (l’unico in linea con i parametri di cui alla legge Pinto)
ed è contenuto in termini sostanzialmente fisiologici nei Tribunali di
L’Aquila, Lanciano, Pescara, Sulmona e Vasto, i cui procedimenti
ultratriennali sono limitati a poche unità. Meno positiva la situazione del
Tribunale di Avezzano (ove risultano pendenti 95 procedimenti
ultratriennali) e, soprattutto, del Tribunale di Teramo (ove risultano tuttora
pendenti ben 320 procedimenti ultratriennali).
Per i flussi in entrata, nell’anno giudiziario 2018/2019 si è registrata una
considerevole contrazione delle sopravvenienze complessive del distretto (-
5,6%) ed una diminuzione generalizzata dei flussi in entrata nei singoli
Tribunali, con la sola eccezione del Tribunale di L’Aquila, che è andato in
controtendenza (+19,8%).
52
In termini assoluti, peraltro, la situazione del distretto continua ad essere
assai sperequata, atteso che, a fronte di tribunali che hanno registrato un
numero di sopravvenienze assai elevato (in primis Pescara e Teramo, e, a
seguire, L’Aquila e Chieti), gli altri uffici si sono attestati su valori assai
inferiori.
722
1090 1113
540
1699
408
1573
515
0
500
1000
1500
2000
Flussi in Entrata
Trib. Avezzano
Trib.Chieti
Trib.L'Aquila
Trib.Lanciano
Trib.Pescara
Trib.Sulmona
Trib.Teramo
Trib.Vasto
Fig. 5 - Flussi in Entrata Tribunali 2018/2019
Le definizioni sono risultate in modesta contrazione complessiva (-5,1%). I
dati statistici confermano la sussistenza di una forte sperequazione tra la
resa definitoria dei vari tribunali abruzzesi, che è in aumento nei Tribunali
2 Dato estrapolato dalla relazione inaugurale per l’anno giudiziario 2019.
Tribunale Sopravvenuti
2017-20182
Sopravvenuti
2018-2019
Variazione
percentuale
Avezzano 803 722 -10,1%
Chieti 1.126 1.090 -3,2%
L’Aquila 929 1.113 +19,8%
Lanciano 625 540 -13,6%
Pescara 2.042 1.699 -16,8
Sulmona 416 408 -2%
Teramo 1.616 1.573 -2,6%
Vasto 555 515 -7,2%
TOTALE 8.112 7.660 -5,6%
53
di Chieti e Vasto, stazionaria nei Tribunali di L’Aquila, Sulmona e Teramo
ed in diminuzione nei Tribunali di Avezzano, Lanciano e Pescara.
Tribunale Definiti 2017-20183 Definiti 2018-2019 Variazione
percentuale
Avezzano 691 626 -9,4%
Chieti 1.094 1.137 +3,9%
L’Aquila 960 956 -0,4%
Lanciano 589 509 -13,6%
Pescara 2.218 1.831 -17,4%
Sulmona 391 392 +0,2%
Teramo 2.033 2.028 +0,2%
Vasto 457 524 +14,6%
TOTALE 8.433 8.003 -5,1%
Meritano peraltro di essere sottolineate le elevate performances dei
Tribunali di Chieti, Pescara e Teramo, non senza aver però puntualizzato
che il dato è inevitabilmente influenzato dal differente numero di giudici
assegnati al settore lavoro nei vari uffici del distretto. Infatti, presso il
Tribunale di Teramo le controversie di lavoro e previdenza sono state
assegnate a tre giudici togati (due di organico ed uno aggiunto
tabellarmente, con l’ulteriore ausilio di giudici onorari), presso i Tribunali
di Pescara e Chieti i giudici del lavoro togati di organico sono due (con
l’aggiunta di un giudice onorario a Pescara), mentre i rimanenti tribunali
prevedono un solo giudice del lavoro (ed anche con funzioni promiscue
negli uffici più piccoli).
3 Dato estrapolato dalla relazione inaugurale per l’anno giudiziario 2019.
54
626
1137956
509
1831
392
2028
524
0
500
1000
1500
2000
2500
Definizioni 2018/2019
Trib. Avezzano
Trib.Chieti
Trib.L'Aquila
Trib.Lanciano
Trib.Pescara
Trib.Sulmona
Trib.Teramo
Trib.Vasto
Fig. 6 - Definiti Tribunali 2018/2019
Conclusivamente, i dati statistici confermano un trend positivo per l’anno in
valutazione, con consolidamento dei miglioramenti registrati negli anni
precedenti, sia in termini di abbattimento della pendenza, sia in ordine alla
produttività complessiva del distretto. In prospettiva, si ritiene che possa
prevedersi un ulteriore miglioramento delle performances dei Tribunali
abruzzesi, sia in termini di resa definitoria, che con riguardo
all’abbattimento dell’arretrato ed alla diminuzione dei tempi di durata media
dei procedimenti.
2.3.3. Settore Lavoro: la Corte di Appello.
La Sezione Lavoro della Corte di Appello di L’Aquila vanta in assoluto
condizioni di operatività ottimali: la pianta organica (4 consiglieri, oltre al
presidente) è interamente coperta da anni, la sopravvenienza è
considerevolmente diminuita, la resa definitoria è stata, come sempre,
eccellente. Proprio per tali ragioni, fatta la doverosa comparazione con i
carichi di lavoro della Sezione Civile e considerata la costante sofferenza in
cui questa continua a versare, a far tempo dal marzo del 2016 uno dei
consiglieri della sezione è assegnato in via esclusiva alla Sezione Civile.
Nell’ultimo Anno Giudiziario è stata confermata la tendenza alla riduzione
delle pendenze: da n.771 procedimenti pendenti al 30/06/2018 si è scesi a
n.713 pendenze al 30/06/2019 (-7,5%). Tale tendenza, costante negli ultimi
anni, è ben illustrata nella tabella che segue, in cui viene descritto l’intero
flusso dei procedimenti negli ultimi cinque anni giudiziari.
55
Controversie
in Materia di
Lavoro e
Previdenza
Anno
Giudiziario
2014/2015
Anno
Giudiziario
2015/2016
Anno
Giudiziario
2016/2017
Anno
Giudiziario
2017/2018
Anno
Giudiziario
2018/2019
Pendenti
Iniziali
1.498 1.275 987 784 771
Sopravvenuti 1.118 1.079 971 864 863
Definiti 1.340 1.368 1.177 877 916
Pendenti
Finali
1.275 987 784 771 715
Il grafico che segue sottolinea la costante e sempre più marcata riduzione
della pendenza della Sezione Lavoro, che nell’arco dell’ultimo quadriennio
si è praticamente dimezzata (-44% dal 30.06.2014 al 30.06.2019; -7,2%
solo nell’ultimo anno).
1498 1275989
783 771 715
0
500
1000
1500
Pendenza
30.06.2014
Pendenza
30.06.2015
Pendenza
30.06.2016
Pendenza
30.06.2017
Pendenza
30.06.2018
Pendenza al
30.06.2019
Pendenti
\
Fig. 7 - Pendenza Complessiva
Quanto alla ripartizione per materia, la attuale pendenza complessiva risulta
composta per il 51,6% da controversie in materia di lavoro privato e
pubblico impiego e per il rimanente 48,4% da controversie in materia di
previdenza ed assistenza obbligatorie.
Per quanto riguarda la stratificazione della pendenza per anno di iscrizione a
ruolo, l’arretrato ultrabiennale (una causa iscritta nel 2016 e n°15 cause
iscritte nel 2017) risulta contenuto in termini del tutto fisiologici ed è stato
pressoché eliminato nel secondo semestre 2019.
56
Pendenza per anno di iscrizione 2019 2018 2017 2016 2015 2014
TOTALE al 30.06.2019: n.715 382 317 15 1 - -
Per quanto riguarda le sopravvenienze, dopo una serie di annualità
caratterizzate da una forte diminuzione complessiva (-23% nell’ultimo
quinquennio), nell’ultimo anno giudiziario i flussi in entrata sono rimasti
sostanzialmente stabili (n.864 nel 2017/2018 e n°863 nel 2018/2019).
1118 1079971
864 863
0
200
400
600
800
1000
1200
2014-2015 2015-2016 2016-2017 2017/2018 2018/2019
Sopravvenuti
Fig. 8 - Flussi in Entrata Complessivi
Nell’ultimo anno giudiziario, i flussi in entrata si sono distribuiti in misura
del 60% in materia di lavoro privato e pubblico impiego e del 40% in
materia di previdenza ed assistenza obbligatorie.
Le definizioni sono risultate in lieve incremento (n.916 procedimenti
definiti quest’anno contro gli 877 dell’anno precedente).
1340 1368
1177
877 916
0
500
1000
1500
2014-2015 2015-2016 2016-2017 2017-2018 2018/2019
Definiti
Fig. 9 - Definiti Complessivi
Quanto alla ripartizione per materia, nell’ultimo anno, le definizioni sono
state del 62% in materia di lavoro privato e pubblico impiego e del 38% in
materia previdenziale.
LAVORO
Analizzando specificamente il settore delle controversie individuali di
lavoro (sia in materia di lavoro privato, che per il pubblico impiego), è da
57
registrare una considerevole riduzione delle pendenze (-67,6% nel
quinquennio; -12% nell’ultimo anno), mentre nell’ultimo anno i flussi in
entrata sono lievemente aumentati (+5,3%).
Controversie
Individuali di
Lavoro
Anno
Giudiziario
2014/2015
Anno
Giudiziario
2015/2016
Anno
Giudiziario
2016/2017
Anno
Giudiziario
2017/2018
Anno
Giudiziario
2018/2019
Pendenti
Iniziali
1.136 1017 678 457 419
Sopravvenuti 804 705 603 489 515
Definiti 923 1044 826 522 566
Pendenti
Finali
1017 678 457 419 368
Le pendenze, come si è detto, sono in diminuzione (368 pendenze finali
quest’anno contro le 424 dell’anno precedente).
11361017
678
457 424 368
0
200
400
600
800
1000
1200
Pendenza
30.06.2014
Pendenza
30.06.2015
Pendenza
30.06.2016
Pendenza
30.06.2017
Pendenza al
30.06.2018
Pendenza al
30.06.2019
Pendenti Lavoro
Fig. 10 - Pendenti Lavoro
Dai dati statistici in possesso dell’Ufficio emerge che, quanto alla
stratificazione della pendenza per anno di iscrizione a ruolo, l’arretrato
ultrabiennale in materia di lavoro (n°4 cause iscritte nel 2017 ed una
soltanto nel 2016) risulta contenuto in termini del tutto fisiologici ed è stato
pressoché eliminato nel secondo semestre 2019.
58
222
141
4 1
368
0
100
200
300
400
2019 2018 2017 2016 TOTALE
2019
2018
2017
2016
TOTALE
Fig. 11 - Lavoro - Pendenza per anno di iscrizione
I flussi in entrata, come si è detto, sono in leggera risalita (n°515
procedimenti iscritti quest’anno contro i 489 dell’anno precedente).
705602
489 515
0
200
400
600
800
Sopravvenienze
2015-2016
Sopravvenienze
2016-2017
Sopravvenienze
2017-2018
Sopravvenienze
2018-2019
Fig. 12 - Flussi in Entrata Lavoro
Le definizioni sono invece in leggero incremento (566 definiti quest’anno
contro i 522 dell’anno precedente).
1044
824
522 566
0
200
400
600
800
1000
1200
Definiti 2015-2016 Definiti 2016-2017 Definiti 2017-2018 Definiti 2018-2019
Fig. 13 - Definiti Lavoro
59
L’indice di durata media dei procedimenti si attesta ad un valore di 314
giorni (316 per le cause definite con sentenza), ed è quindi sensibilmente
inferiore a quello registrato nell’anno precedente, che era di 376 giorni (380
per le cause definite con sentenza).
L’indice di ricambio, come è noto, mette in rapporto il numero di
procedimenti definiti con il numero di nuovi procedimenti iscritti nello
stesso anno. Il valore di 1,1%, superiore al valore di “1” (che rappresenta
una situazione di perfetta parità tra sopravvenienze e definizioni), costituisce
un dato sicuramente positivo, che testimonia come le controversie in materia
di lavoro che vengono definite siano in numero superiore a quelle che
vengono iscritte, con conseguente erosione della pendenza. Infatti, il valore
di 1,1 indica che nel 2018-2019, a fronte di ogni 100 procedimenti iscritti, la
Sezione ne ha definiti 110.
Parimenti positivo è l’indice di smaltimento, che, come è noto, mette in
rapporto il numero di procedimenti esauriti con la somma dei procedimenti
iscritti e dei procedimenti pendenti dagli anni precedenti. Il valore di 61%
mostra che, a fronte di 100 procedimenti pendenti (sia ereditati dall’anno
precedente, che iscritti in corso di anno), la Sezione ne ha definiti ben 61,
dimostrando così una buona capacità di smaltimento della pendenza.
Controvers
ie
Individuali
di Lavoro
Anno
Giudiziar
io
2014/15
Anno
Giudiziar
io
2015/16
Anno
Giudiziar
io
2016/17
Anno
Giudiziar
io
2017/18
Anno
Giudiziar
io
2018/19
Durata
Media
402 348 510 376 314
Indice di
Ricambio
1,15 1,48 1,37 1,07 1,1
Indice di
Smaltimen
to
0,48 0,61 0,64 0,55 0,61
60
PREVIDENZA
Con riferimento specifico alle controversie in materia di assistenza e
previdenza obbligatorie, le pendenze, così come i flussi in entrata ed in
uscita, sono rimasti sostanzialmente stabili.
362
258309 326 346 345
0
100
200
300
400
Pendenza
30.06.2014
Pendenza
30.06.2015
Pendenza
30.06.2016
Pendenza
30.06.2017
Pendenza
30.06.2018
Pendenza
30.06.2019
Pendenti Previdenza
Fig. 14 - Pendenti Previdenza
Per quanto concerne la stratificazione della pendenza per anno di iscrizione
a ruolo, relativamente alle cause previdenziali, la pendenza ultrabiennale
(n°11 cause iscritte nel 2017) è pressochè inesistente.
159 175
11
345
0
100
200
300
400
2019 2018 2017 2016 TOTALE
2019
2018
2017
2016
TOTALE
Fig. 15 - Previdenza - Pendenza per anno di iscrizione.
Nell’ultimo anno le sopravvenienze sono state in lieve contrazione (da 375
a 346).
61
314
374368
375
346
280
300
320
340
360
380
2014-2015 2015-2016 2016-2017 2017-2018 2018-2019
Sopravvenuti Previdenza
Fig. 16 - Flussi in Entrata Previdenza
La resa definitoria è rimasta sostanzialmente invariata (347 procedimenti
definiti quest’anno contro i 355 dell’anno precedente) ed appare ormai del
tutto stabilizzata su valori costanti nel tempo.
417
324 351 355 347
0
100
200
300
400
500
Definiti
2014-2015
Definiti
2015-2016
Definiti
2016-2017
Definiti
2017-2018
Definiti
2018-2019
Definiti Previdenza
Fig. 17 - Definiti Previdenza
L’indice di durata media dei procedimenti si attesta ad un valore di 399
giorni (idem per le cause definite con sentenza), ed è quindi leggermente
superiore rispetto a quello registrato nell’anno precedente, che era di 360
giorni (idem per le cause definite con sentenza).
L’indice di ricambio è del 100%, e fotografa quindi una situazione di
sostanziale parità tra sopravvenienze e definizioni. L’indice di smaltimento
si attesta al 50% (cioè per ogni 100 procedimenti già pendenti ad inizio
anno ovvero iscritti in corso di anno, la Sezione ne ha definiti 50,
dimostrando così una buona capacità di smaltimento della pendenza,
considerato che alle controversie di previdenza viene dedicata una sola
udienza al mese).
62
Controversie
Previdenziali
Anno
Giudiziario
2014/2015
Anno
Giudiziario
2015/2016
Anno
Giudiziario
2016/2017
Anno
Giudiziario
2017/2018
Anno
Giudiziario
2018/2019
Durata
Media
383 351 359 360 399
Indice di
Ricambio
1,33 0,87 0,95 0,95 1,00
Indice di
Smaltimento
0,62 0,51 0,52 0,51 0,50
Sul piano del contenzioso previdenziale va rilevato che ormai buona parte di
esso è costituito da controversie in tema di obblighi contributivi e di
trattamenti pensionistici non correlate ad accertamenti sanitari. Assai
diminuite (e limitate al solo contenzioso Inail) sono invece le controversie
aventi ad oggetto accertamenti sanitari.
In conclusione, nel periodo di riferimento la Sezione Lavoro della Corte di
Appello di L’Aquila, nonostante alcuni esoneri parziali e la assegnazione di
un Consigliere alla sezione civile, è stata in grado di definire
tempestivamente il contenzioso più urgente ed importante (inibitorie fissate
nell’arco di 30 giorni; reclami “Fornero” fissati entro 60 giorni; cause di
licenziamento e trasferimento fissate in via prioritaria, in media entro 3-4
mesi). Tale risultato è il frutto dell’esecuzione di un puntuale progetto
elaborato dal presidente di sezione, condiviso dai consiglieri, basato
sull’applicazione sistematica di best practices, quali la previsione di pre-
camere di consiglio via e-mail, l’utilizzazione intensivo dell’applicativo
Consolle del Magistrato, il monitoraggio dei flussi di contenzioso, il
costante aggiornamento sugli orientamenti della giurisprudenza di
legittimità e di merito (attività riferite nelle riunioni bimestrali di sezione
tenute a norma dell’art. 47-quater Regio Decreto n. 12 del 1941), la
fissazione di udienze tematiche e l’istruttoria delegata al relatore. Nella
fissazione dei processi è stata seguita la prassi - risultata efficiente ed
efficace - delle c.d. “udienze tematiche” (ad esempio per le controversie in
materia di retribuibilità del c.d. tempo divisa degli infermieri e per alcune
63
tipologie di cause previdenziali, come ad esempio gli obblighi di iscrizione
alla Gestione Separata Inps di alcune categorie di liberi professionisti) che
hanno determinato una positiva ricaduta deflattiva del contenzioso e del
carico del ruolo; effetto che potrà verosimilmente verificarsi anche in
conseguenza della fissazione “congiunta” della cause che presentano
questioni di diritto non ancora affrontate dalla giurisprudenza di legittimità
(le c.d. “cause pilota”), ferma restando la generale distinzione tra le cause di
lavoro e quelle di assistenza-previdenza, trattate in udienze dedicate.
Merita di essere sottolineato che nel triennio 2017-2019 i giudici della
Sezione Lavoro della Corte di Appello hanno trattato, per espressa
previsione tabellare all’esito di una valutazione comparativa dei carichi di
lavoro gravanti sulla Sezione Civile, anche le controversie in materia di
locazione, di comodato e di affitto (art.447 bis c.p.c.).
Conclusivamente, emerge dai dati statistici un trend positivo per l’anno in
valutazione con performances migliorative rispetto al precedente anno, sia
in termini di abbattimento della pendenza, sia in ordine alla durata media dei
procedimenti.
3. La Giustizia Penale
3.1. le più recenti novità legislative
Facendo riferimento al panorama degli interventi normativi che hanno
investito il settore penale negli ultimi anni, va segnalata la tendenziale
crescita, se pure non rilevante e di poco superiore a quello dello scorso
anno, dell’istituto della messa alla prova introdotto dalla L. 28 aprile 2014
n. 67, in particolare con riferimento ai procedimenti di primo grado,
confermandosi viceversa la sua limitatissima applicazione in grado di
appello.
Si tratta di richieste che generalmente vengono avanzate da imputati che non
possono beneficiare della sospensione condizionale della pena a causa di
precedenti ostativi.
Peraltro, in ordine all’applicazione di detto istituto, segnala il Presidente del
Tribunale di Pescara lo sforzo dell’ufficio di estendere le convenzioni con
64
gli enti per lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità in quanto persiste il
problema di richieste superiori rispetto ai limiti dei posti previsti dalle
convenzioni in atto, il che conferma che l’istituto può avere maggiore
applicazione, così assolvendo alla sua funzione non solo deflattiva ma anche
di “riparazione”, in favore della collettività, del vulnus alle regole della
civile convivenza inferto dal reato.
Un decisivo aumento rispetto agli anni passati hanno avuto le definizioni per
la causa di non punibilità per “particolare tenuità del fatto” introdotto
dal D. Lgs 16 marzo 2015, n. 28 anche nella fase di appello.
Dal Tribunale di Pescara è segnalata una consistente e maggiore
applicazione dell’istituto nella fase delle indagini preliminari con
definizione dei procedimenti con decreto di archiviazione.
In tal senso il Presidente del Tribunale ha interpretato la contrazione delle
definizioni dei processi con tale formula (n. 26 rispetto alle 126 definizioni
dell’anno precedente) e tale indicazione proviene anche dal Procuratore
della Repubblica che riferisce di n. 116 le richieste di archiviazione per detta
causa di non punibilità, con un costante aumento nel corso degli anni (nel
2014-2015 le richieste erano state solo 31).
Il Procuratore Generale ha in tal senso ugualmente evidenziato che,
diversamente da quanto relazionato nel 2018, in maniera sempre più ampia
l'istituto inizia a comportare una significativa definizione dei procedimenti,
specie nella fase di conclusione delle indagini preliminari.
Nessuna utile incidenza per le definizioni dei procedimenti è derivata invece
dall'istituto della estinzione del reato per condotte riparatorie ex art 162
ter cp che ha trovato applicazione unicamente presso il Tribunale di Pescara
in n 4 processi ed in 2/3 processi presso il Tribunale di Lanciano;
praticamente nulla è stata l’applicazione di detto istituto presso gli altri
Tribunali.
Quanto alle modifiche dei reati procedibili a querela di parte introdotte dal
d.lvo n 36/18 gli effetti deflattivi sui processi in corso sono stati minimi,
dato che quasi sempre la persona offesa ha sporto querela nel termine
concesso dal giudice ai sensi dell’art 12 d.lvo citato.
Nel panorama delle definizioni per il settore monocratico si conferma che
l’intervento di depenalizzazione di cui ai decreti legislativi nn. 7 ed 8 del
15.01.2016 continua ad avere un più che significativo impatto deflattivo
65
tanto che, nonostante si sia giunti a quasi un quadriennio dalla entrata in
vigore, numerosi sono i procedimenti penali definiti a seguito della
applicazione di dette norme, sia in fase di cognizione che in fase esecutiva.
Si segnala a tal proposito l’utile iniziativa del Procuratore della Repubblica
di Vasto che ha impartito linee guida ai magistrati dell’ufficio, alla P.G. ed
al personale amministrativo con indicazioni operative per la più rapida
trattazione e definizione dei procedimenti riguardanti le fattispecie oggetto
dell’intervento di depenalizzazione.
Nessuna incidenza processuale ha avuto allo stato la riforma dell’istituto
della legittima difesa, a conferma del valore più simbolico che effettivo
della stessa (già evidenziata lo scorso anno), mentre, con riferimento alle
nuove previsioni del c.d.“ Codice Rosso” in materia di reati c.d. di genere
(legge n. 69/2019) i termini di maggiore speditezza che riguardano la fase
delle indagini non sono ancora apprezzabili, anche perché gli uffici
giudiziari, in adesione alle linee guida adottate dal CSM lo scorso anno,
avevano già aggiornato i moduli organizzativi nel senso della maggiore
specializzazione dei magistrati e del personale di p.g. e della maggiore
celerità nella trattazione.
Va segnalato, peraltro, che la legge 23.06.2017 n. 103 aveva già ampliato
l’ambito dei diritti e delle facoltà della persona offesa, con inevitabili
maggiori oneri per le Procure della Repubblica, come sempre a organici
invariati. Sono stati infatti introdotti nuovi adempimenti che di fatto
rallentano la definizione dei procedimenti; in particolare è ampliato il
termine per la vittima, per proporre opposizione, passato da 10 a 20 gg.,
termine ulteriormente aumentato (da 20 a 30 gg.) per i delitti commessi con
violenza alla persona e per i retai di cui all’art 624 bis cp.
Per tali fattispecie l’avviso della richiesta di archiviazione è dovuto anche se
non vi è stata richiesta della p.o. e tale obbligatorietà ha comportato ulteriore
aggravio per il personale amministrativo per la necessità di predisporre un
maggior numero di avvisi alle parti, con dilatazione dei tempi di definizione.
In tal senso va segnalato che il Procuratore della Repubblica di Avezzano ha
impartito direttive onde consentire di ovviare alle segnalate criticità.
La recente esclusione del rito abbreviato per i reati puniti con la pena
dell’ergastolo (l. 19.04.2019 n. 33 che introduce il comma 1 bis dell’art. 438
66
c.p.p.) non ha ancora determinato un aumento dei processi di competenza
delle Corti di Assise (quattro nel distretto); peraltro, pur trattandosi di reati
fortunatamente di modesta ricorrenza nel territorio abruzzese, è facilmente
prevedibile un maggior aggravio per le Corti d’Assise, che dovranno
procedere all’istruttoria dibattimentale, in genere piuttosto complessa, con
conseguente necessità di distogliere personale magistratuale dai processi
ordinari.
Di indubbio rilievo è stata la modifica dell’art. 581 c.p.p. (forma
dell’impugnazione) introdotta dalla l. 23.06.2017 n.103 che ha ridefinito e
precisato il contenuto delle impugnazioni, con non secondarie ricadute
sull’istituto dell’inammissibilità dell’appello, che oggi -nel solco già
tracciato dalla sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite
22.07.2017 Galtelli- si propone quale categoria unitaria, certo applicabile
con i medesimi criteri anche al giudizio di appello, in una logica di più
adeguato ed efficace controllo sulla effettiva necessità del giudizio sulla
proposta impugnazione.
La novella ha consentito alla Corte d’Appello di pronunciare, in occasione
dello spoglio preventivo di tutte le sopravvenienze, n. 134 ordinanze di
inammissibilità dell’appello (nell’anno precedente erano state n. 166).
In Corte l’effetto deflattivo delle riforme degli ultimi anni è stato evidente,
in specie per i citati decreti nn.7 e 8/2016 e in particolare per alcune
tipologie di reati depenalizzati, quali l’omesso versamento dei contributi
previdenziali ed assistenziali in favore dell’INPS; e si è tradotto non soltanto
in un aumento delle archiviazioni e delle pronunce di proscioglimento
perché il fatto non è più previsto dalla legge reato (effetto questo
transeunte), ma, in parallelo, e in via permanente, nella diminuzione dei
flussi in entrata.
Anche la depenalizzazione delle violazioni tributarie ritenute meno gravi
e delle condotte elusive ha consentito anche in questo anno di definire
ancora un numero non trascurabile di processi per reati tributari.
Quanto alla nuove fattispecie di reato introdotte dal c.d. “decreto
sicurezza” (n.113 del 4.10.2018), in evidente controtendenza rispetto alle
67
opportune iniziative di depenalizzazione, va detto che non si ha riscontro di
procedimenti penali per tali fattispecie, a dimostrazione della avvenuta
enfatizzazione di fenomeni di devianza di scarsissima rilevanza ed evidente
marginalità.
Va poi segnalato un incremento delle definizioni in grado di appello a
seguito di concordato con rinuncia ai motivi di appello di cui all'art 599
bis c.p.p.
Quanto a detto istituto va detto che buoni frutti sta producendo il protocollo
d'intesa tra la Corte d'Appello, la Procura Generale e le componenti della
Avvocatura Associata al fine di realizzare un vaglio anticipato della proposta
di concordato, che consenta la possibile definizione predibattimentale con
positiva ricaduta sulla composizione dei ruoli di udienza.
Invariato il numero di incidenti di esecuzione a seguito di domande di
rescissione del giudicato, nuovo istituto introdotto all'art 629 bis c.p.p.
(definiti in numero di 4).
Il d.lvo 15.02.16 n 37 ha poi introdotto il meccanismo di riconoscimento
delle sanzioni pecuniarie applicate dagli Stati Europei di competenza della
Corte d'Appello nel cui distretto la persona condannata dispone di beni o ha
residenza o dimora abituale.
Nel corso del periodo di riferimento presso la Corte di Appello di L'Aquila
sono stati trattati n.23 procedimenti di riconoscimento.
3.2 Settore Penale: Uffici di I grado
Nei Tribunali del distretto si registra complessivamente un decremento degli
afflussi nel settore monocratico (da 11.000 a 10.387 -6%) ed un incremento
nel settore collegiale (da 391 a 444 +14%).
Sostanzialmente stabili le definizioni nel dibattimento monocratico (da
10.976 a 10.952) ed in diminuzione le pendenze, passate da 17.230 a
16.631 (-3%); stabili le definizioni (da 434 a 447) e le pendenze nel
dibattimento collegiale (da 876 a 880).
Il Presidente del Tribunale di Pescara segnala un decisivo aumento nel
68
settore collegiale (68 processi, pari ad un incremento del 74%) e nel settore
monocratico un aumento di n. 429 processi rispetto all’anno precedente
(pari al 11,4%).
Un significativo incremento nel settore collegiale (da 34 a 58 processi) è
segnalato anche dal Tribunale di Chieti.
Il Presidente del Tribunale di Teramo segnala una situazione
sostanzialmente stabile nel settore collegiale e un aumento delle pendenze,
anche per l’anno in riferimento, nel settore monocratico (3654 processi,
2425 lo scorso anno), evidenziando la perdurante incidenza, su tale ultimo
dato, del numero dei procedimenti sospesi (circa 400) a seguito della nuova
formulazione dell'art 420 quater c.p.p. introdotta dalla l. n 67/2016,
considerati pendenti dagli estrattori statistici; continua, inoltre, ad incidere
sul dato anche la sospensione dei giudizi a seguito dei noti eventi sismici
dell’agosto 2016 che hanno interessato anche vari comuni ricompresi del
c.d. cratere della provincia di Teramo.
Le Corti di assise (4 nel distretto) registrano l’iscrizione di 4 nuovi
procedimenti (3 lo scorso anno), con aumento del 33%.
Sono aumentate le definizioni, passate da 2 a 7 con aumento del 250% e
diminuite le pendenze (da 7 a 4 -43%).
Da segnalare, come già detto, che il lavoro delle Corti di assise del Distretto
è ragionevolmente destinato ad incrementarsi a seguito della recente
introduzione, ad opera della l. 33/2019, del comma 1 bis dell’art. 438 c.p.p.
che preclude l’accesso al giudizio abbreviato per i delitti puniti con la pena
dell’ergastolo.
Con specifico riferimento alla modalità di definizione, si conferma la
generale bassa incidenza delle definizioni con riti alternativi, se pure con
un lieve incremento per il Tribunale di Pescara, dove risultano definiti con
riti alternativi n 490 processi (197 con patteggiamento, n 218 con rito
abbreviato, n.16 con oblazione, n 59 con procedura di messa alla prova, a
fronte di 384 definizioni con riti alternativi dello scorso anno).
Il Presidente del Tribunale di Pescara segnala che l’incremento è
certamente connesso anche alla nuova disciplina della sospensione dei
termini di prescrizione introdotta dalla l. 103/ 2017 (sia pur riferita ai soli
69
reati commessi a far tempo dall’agosto 2017), rimanendo, tuttavia,
elevatissimo il numero delle sentenze impugnate (1528, 1098 lo scorso
anno), dato che sembra a trovare causa, unitamente a quello del limitato
ricorso ai riti alternativi, proprio nell’aspettativa della prescrizione.
Scarsa appare complessivamente la funzione di filtro dell’udienza
preliminare con il passaggio alla fase dibattimentale della maggior parte dei
processi (circa l’80%).
Fig. 18 - Riepilogo giustizia penale Tribunali del Distretto
Nei procedimenti davanti ai Giudici di Pace il dibattimento ha registrato
una lieve diminuzione delle sopravvenienze, passate da 1305 dello scorso
anno a 1256 (-4%), cui ha corrisposto una significativa contrazione delle
definizioni, passate da 2034 dello scorso anno a 1505 (-26%), dato che non
ha impedito una diminuzione delle pendenze, passate da 1631 a 1386 (-
15%).
Seguono analoga tendenza i dati riguardanti la Sezione G.i.p.- noti che
registra un’ulteriore diminuzione delle sopravvenienze, passate da 2993 a
2595 (-13%), delle definizioni, passate da 2987 a 2621 (-12%) e della
pendenza finale, da 135 a 109 (-19%).
70
Fig. 19 - Riepilogo giustizia penale Giudici di pace del Distretto
Negli uffici delle Procure della Repubblica presso i Tribunali i dati delle
iscrizioni relative ai reati ordinari -noti sono in lieve riduzione, da 30.749
a 29.602 (- 4%); in lieve riduzione anche le definizioni, passate da 33.213 a
30.217 (-9%), con l’effetto finale di una lieve riduzione della giacenza, da
16.645 a 15.747 affari (-5%).
In diminuzione anche i dati relativi alle iscrizioni per i reati di competenza
della DDA, passate da 28 a 27 dello scorso anno (-4%); in aumento le
definizioni, passate da 21 a 33 (+57%), con una giacenza finale di 35
procedimenti (-15% rispetto ai 41 dello scorso anno).
Infine, con riferimento ai reati di competenza del Giudice di Pace-noti si evidenzia
nelle Procure una lieve riduzione delle iscrizioni, da 4.354 a 4.146 (-5%) e delle
definizioni, da 4.574 a 4.055 (-11%), con un leggero aumento della giacenza finale
(da 1.428 a 1.477+3%).
71
Fig. 20 - Riepilogo procedimenti presso gli Uffici di Procura del
Distretto
Quanto ai procedimenti per la applicazione di misure di prevenzione
personali e reali, il Presidente del Tribunale di L’Aquila segnala il
considerevole impatto della Legge n.161/2017, che ha accentrato la
competenza nel tribunale distrettuale, sui carichi di lavoro dell’Ufficio, che
non ha visto alcun incremento delle risorse.
Evidenzia come, a fronte di n.8 procedimenti iscritti nell’anno 2017, ne
siano sopravvenuti ben 47 nell’anno 2018 e 20 nel solo primo semestre
dell’anno 2019.
3.3. Le caratteristiche tipologiche della giustizia penale del Distretto
Si confermano analoghe a quelle degli anni precedenti, in base alle
segnalazioni del Presidenti dei Tribunali e dei Procuratori della Repubblica.
Il Procuratore della Repubblica di Vasto evidenzia come il territorio di quel
circondario sia sempre più esposto al pericolo di infiltrazioni criminali per la
vicinanza ad aree ad alta concentrazione malavitosa e per l’insediamento di
72
soggetti appartenenti alla criminalità organizzata.
Il Presidente del Tribunale di Vasto segnala la celebrazione di due processi
per reati associativi, uno dei quali (c.d. processo Esmeralda) proveniente
dalla DDA di L’Aquila, a carico di trenta imputati per il reato di
associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.
Merita di essere segnalata la preoccupazione espressa dal Presidente del
Tribunale di Avezzano per il concreto pericolo di infiltrazioni criminali
attraverso il fenomeno del riciclaggio e del reimpiego di capitali di origini
delittuosa; le indagini della DDA hanno portato all’apertura di numerosi
procedimenti, otto dei quali pendenti in fase dibattimentale.
Il Procuratore della Repubblica di Teramo evidenzia come il territorio di
quel circondario sia sempre più interessato dalla presenza di pericolosi
gruppi criminali, facenti capo a soggetti di varie etnie (in particolare,
albanese, marocchina, cinese) ed a comunità rom, operanti in sinergia con la
criminalità pugliese, campana, laziale ed abruzzese, che gestiscono rilevanti
traffici delittuosi.
Evidenzia, inoltre, come quel territorio sia anche interessato da importanti
fenomeni criminosi nei settori dei reati contro la P.A., reati finanziari, reati
di genere, reati ambientali.
Con riferimento ai procedimenti più rilevanti del periodo di riferimento,
segnala, tra gli altri, quello, giunto alla fase dibattimentale, per i reati di
pericolo di inquinamento ambientale e sversamento di sostanze inquinanti,
che ha interessato il Laboratorio Nazionale di Fisica Nucleare del Gran
Sasso, nell’ambito del quale è stato disposto, in data 24.9.2018, il sequestro
preventivo delle opere di presa delle acque destinate all’uso potabile ubicate
presso i Laboratori; la definizione in sede di giudizio abbreviato di un
procedimento a carico di numerosi imputati, coinvolti in un rilevante
traffico di eroina e cocaina di importazione albanese, gestito sul territorio
costiero della Provincia di Teramo da famiglie rom (le indagini avevano
portato al sequestro di 7 chili di eroina e di 1 chilo di cocaina); la
definizione in primo grado, dopo lunga e complessa fase dibattimentale, di
un processo per gravi reati contro la P.A. e la fede pubblica a carico, tra gli
altri, di un pubblico amministratore del Comune di Giulianova.
L’andamento dei reati contro la pubblica amministrazione è rimasto
73
sostanzialmente stabile in tutto il Distretto, pur se in diminuzione nel
circondario di Pescara, dove risultano iscritti, nella Sezione G.ip/G.u.p. 84
procedimenti, a fronte dei 108 dello scorso anno.
Quanto al numero dei procedimenti per omicidi e lesioni personali
colpose, il Tribunale di Pescara segnala una riduzione delle iscrizioni per il
reato di omicidio colposo (da 39 a 32) ed un aumento per il reato di lesioni
colpose per violazioni di norme antinfortunistiche e di quelle sulla
circolazione stradale (da 117 a 175); un aumento delle iscrizioni per il reato
di lesioni colpose per violazioni di norme antinfortunistiche e di quelle sulla
circolazione stradale è segnalato anche dal Tribunale di Vasto (da 45 a 54 e
da 5 a 7), che segnala altresì in aumento le iscrizioni per il reato omicidio
colposo stradale (da 7 a 9).
Gli omicidi volontari, consumati e tentati, sono in diminuzione a Pescara
(da 12 a 5 procedimenti), stabili le iscrizioni a Vasto (2 procedimenti, come
lo scorso anno) mentre non sono pervenute segnalazioni dagli altri tribunali.
In aumento le iscrizioni per reati in materia fallimentare nel Tribunale di
Pescara (126 procedimenti iscritti, a fronte di 103 dell’anno precedente,
nella Sezione G.i.p/G.u.p.; 35 procedimenti iscritti nella Sezione
dibattimentale, a fronte di 15 iscrizioni dell’anno precedente).
Stabili le iscrizioni al Tribunale di Teramo (20 iscrizioni nella Sezione
Gi.p./G.u.p. come lo scorso anno).
Viene segnalato un significativo, generalizzato aumento delle iscrizioni
relativamente ai reati contro le fasce deboli, in particolare i reati di atti
persecutori e maltrattamenti in famiglia che, unitamente al reato di
violenza sessuale, rientrano nel novero dei c.d. reati di genere.
Il Tribunale di Pescara segnala, nella Sezione G.i.p/G.u.p., l’iscrizione di n.
136 procedimenti per il reato di atti persecutori (n.125 lo scorso anno) e di
n. 196 procedimenti per il reato di maltrattamenti in famiglia (145 lo
scorso anno); n. 13 le iscrizioni per il reato di violenza sessuale (9 lo scorso
anno).
Il Tribunale di Teramo segnala nella Sezione G.i.p. /G.u.p. l’iscrizione di
n.445 procedimenti per reati di genere a fronte di n. 320 procedimenti dello
scorso anno.
74
Il Tribunale di Vasto segnala l’iscrizione di 46 procedimenti per il reato di
atti persecutori a fronte di 25 procedimenti dello scorso anno. ,
Il Tribunale di Avezzano segnala l’iscrizione di 185 processi per reati di
genere (54 per il reato di atti persecutori).
Meritano un cenno le nuove disposizioni in materia di tutela delle vittime di
violenza domestica e di genere introdotte dalla recente legge n. 69 del 2019
(c.d. Codice Rosso), in vigore dal 9.8.2019.
La legge, oltre a prevedere nuove fattispecie delittuose e ad inasprire il
regime sanzionatorio per i reati di genere, ha introdotto importanti novità in
tema di acquisizione della notizia di reato da parte della polizia giudiziaria e
di avvio delle indagini da parte del Pubblico Ministero, imponendo
l’assunzione di informazioni dalla persona offesa entro tre giorni dalla
iscrizione della notizia di reato, al fine di garantire, attraverso il potere di
iniziativa cautelare, una tutela immediata alla vittima del reato.
I Procuratori della Repubblica assicurano l’intervenuta adozione, nei
rispettivi Uffici, di moduli organizzativi idonei ad garantire il puntuale
rispetto delle nuove disposizioni da parte della polizia giudiziaria, dei
magistrati e del personale di segreteria.
Il Procuratore della Repubblica di Pescara segnala che è in via di redazione
un compendio (linee guida per la polizia giudiziaria) nel quale coordinare e
sintetizzare in un unico documento le buone procedure in tema di
investigazioni nei delitti di violenza contro le donne, violenza domestica e
violenza sessuale al fine di assicurare la tempestività dell’intervento
giudiziario e la compiutezza delle indagini.
Il Procuratore della Repubblica di Teramo segnala la recente istituzione di
un “tavolo di lavoro” con la partecipazione del Procuratore Generale di
L’Aquila, del Procuratore della Repubblica e del Presidente del Tribunale
per i Minorenni di L’Aquila e di tutti gli enti preposti, finalizzato alla
elaborazione di un protocollo per uniformare in tutti gli Uffici giudiziari del
distretto le metodiche di indagine e fornire un’adeguata protezione e tutela
alle vittime di tali reati con l’apporto di tutte le istituzioni preposte, del
mondo del volontariato e dei centri anti-violenza.
Il Presidente del Tribunale di L’Aquila segnala la significativa incidenza
delle disposizioni introdotte dalla l. n.69 del 2009, già nei primi mesi di
75
attuazione, sul carico di lavoro dell’Ufficio G.i.p., per il notevole
incremento del numero delle misure cautelari, e, soprattutto, del Tribunale
del Riesame, che ha competenza distrettuale.
Quanto ai reati contro il patrimonio, nel Tribunale di Pescara segnala in
aumento le iscrizioni per il reato di estorsione (118 procedimenti, 101 lo
scorso anno nella Sezione G.i.p\G.u.p.) e per il reato di cui all’art. 624 bis
c.p. (da 62 a 82).
In aumento le iscrizioni per il reato di estorsione anche nel Tribunale di
Vasto, passate da 12 a 15.
Quanto ai reati ambientali, non si hanno ancora dati numerici significativi
degli effetti nel Distretto dalla normativa introdotta dalla l. 68/2015 sui c.d.
ecoreati.
Le Procure del Distretto richiamano l’adozione, nell’ambito dei rispettivi
Uffici, di moduli organizzativi finalizzati a migliorare le tecniche di
indagine in tale delicata materia e la positiva esperienza maturata a seguito
del Protocollo sottoscritto in data 8 settembre 2018 tra tutti gli uffici
inquirenti del distretto, con la supervisione della Procura Generale presso la
Corte di Appello, affidato per il coordinamento e il monitoraggio al
Procuratore Aggiunto presso il Tribunale di Pescara.
Il Procuratore della Repubblica di Pescara richiama i moduli organizzati da
tempo adottati, in particolare la costituzione di “Unità Ambiente” della
Polizia Giudiziaria, personale specializzato cui è demandato, tra gli altri, il
compito di gestire le deleghe di indagine per le investigazioni più complesse
e segnala che il 4 ottobre 2018 è stato sottoscritto tra la Procura e l’
Università D’Annunzio di Chieti un accordo di collaborazione scientifica
per la tutela e la prevenzione delle condotte criminose in materia
agroalimentare, nell’ottica di ottimizzare le informazioni ed i mezzi tecnici
di detta università in ossequio alle più recenti discipline comunitarie
attuative del principio di precauzione.
Il Procuratore della Repubblica di Teramo evidenzia come la Provincia di
Teramo sia stata particolarmente colpita da recenti fenomeni sismici ed
eccezionali eventi climatici, che hanno provocato enormi danni ad abitazioni
private ed edifici pubblici ed interruzioni nelle comunicazioni stradali; e
76
richiama la massima attenzione riservata dall’Ufficio alle indagini relative ai
reati ambientali , con l’istituzione di uno specifico gruppo di lavoro in
materia di “Terremoto-Disastri-Ambiente-Edilizia” e la elaborazione di
protocolli, anche in collaborazione con l’A.N.A.C, nell’ottica di migliorare
le tecniche di indagine , accrescendo il coordinamento investigativo tra i
vari soggetti preposti ai relativi controlli e creare gruppi specializzati in
grado di acquisire specifiche conoscenze anche con riferimento ai fenomeni
sismici ed agli accertamenti penali relativi ai disastri ambientali, crolli, frane
ed interruzioni di sistemi e servizi.
Merita richiamo la segnalazione del Procuratore della Repubblica di Chieti
in ordine agli ottimi risultati conseguiti nel settore della esecuzione delle
sentenze di condanna contenenti l’ordine di demolizione di immobili abusivi
e di bonifica di siti inquinati, frutto della collaborazione con strutture
tecnico operative del Ministero della Difesa (6° Reggimento Genio Pionieri)
e di alcune ditte selezionate attraverso apposito accordo con l’Associazione
Nazionale Costruttori Edili di Chieti; segnala che nel 71% dei casi i
condannati hanno demolito o rimesso in pristino i luoghi a seguito del
sopralluogo preliminare dei Carabinieri Forestali e dell’Esercito .
3.4 La Sezione Penale della Corte di appello
In appello si registra una diminuzione delle sopravvenienze, pari a - 16%,
per essere le nuove iscrizioni passate da 3.679 dell’anno 2017/18 a 3.107 del
periodo in esame.
A tale dato, peraltro, non corrisponde una diminuzione delle impugnazioni;
il Tribunale di Pescara segnala, al riguardo, che, nell’anno di riferimento,
risultano presentate 1.714 impugnazioni a fronte di n.1.246 dell’anno
precedente ed evidenzia la persistente sofferenza in quell’Ufficio del settore
amministrativo che cura l’attività successiva al deposito delle sentenze, pur
rilevando la significativa contrazione, rispetto allo scorso anno, dei tempi
medi tra il deposito dei ricorsi e la trasmissione al giudice superiore (105
giorni a fronte di 174 giorni dell’anno precedente).
Nel periodo in esame si è peraltro registrata una diminuzione delle
definizioni, passate da 3.285 a 2.697 (-18%), con aumento della pendenza
finale dell’8%, da 4.364 a 4.710 procedimenti pendenti.
77
La diminuzione delle definizioni ed il conseguente aumento delle pendenze
finali, nonostante la flessione delle sopravvenienze, è stato determinato da
una molteplicità di fattori quali la parziale scopertura dell’organico
magistratuale, il rallentamento dell’attività giudiziaria a causa delle
numerose astensioni degli avvocati dalle udienze deliberate dalle Camere
Penali, che hanno comportato, nel periodo di riferimento, il rinvio di ben 8
udienze, le attività elettorali del febbraio 2019 (elezioni regionali), che
hanno impegnato in particolare il personale di Cancelleria ed hanno
determinato la celebrazione di 2 udienze in meno, le attività connesse alla
ispezione ministeriale amministrativa del marzo 2019, che hanno
determinato la celebrazione di una udienza in meno per venire incontro agli
impegni del personale di Cancelleria.
Sul numero complessivo delle definizioni ha, poi, certamente inciso in
misura decisiva l’abbattimento del numero delle definizioni per
prescrizione (384 a fronte di 857 dell’anno 2018), mentre le ordinanza di
inammissibilità sono state 134 (166 lo scorso anno, - 32%).
Le dichiarazioni di ricusazione di magistrati del distretto sono rientrate nei
dati consueti, passando dal dato anomalo dello scorso anno (ben 45) a 18 (-
60%); gli esiti sono stati, peraltro, per lo più di inammissibilità o rigetto (2
pronunce di accoglimento, 13 di inammissibilità, 3 di non luogo a
provvedere).
Le domande di revisione sono leggermente aumentate, passando da 20 a 23
(+15%).
Le domande di riparazione per ingiusta detenzione sono passate, da 35 a
38 (+ 22%) di cui 25 pronunce di accoglimento (con cui sono stati liquidati
complessivamente € 648.040), 8 di rigetto e 5 di inammissibilità.
I procedimenti relativi agli appelli avverso misure di prevenzione sono
stati 11 in riferimento a misure personali e 3 a misure reali, con un numero
complessivo di 14, a fronte dei 18 procedimenti dello scorso anno.
Complessivamente sono stati trattati n.416 incidenti di esecuzione, in
diminuzione rispetto allo scorso anno.
I numeri della Corte di Assise di Appello danno conto di un leggero
aumento della pendenza finale, passata da 6 a 8 processi (+33%), un leggero
78
aumento delle nuove iscrizioni, passate da 7 a 8 (+ 14%); le definizioni sono
passate da 9 a 6.
La Sezione Minorenni della Corte, infine, anch’essa con numeri assoluti
non particolarmente significativi, ha registrato una lieve diminuzione nelle
iscrizioni, passate da 46 a 40 (-13%) con conseguente riduzione delle
definizioni, passate da 67 a 40 (-40%), con stabilità della pendenza.
Si è registrato, in linea con quanto segnalato dal Presidente del Tribunale per
i Minorenni, un incremento di processi per i reati di atti persecutori e
violenza sessuale.
Il bilancio della Sezione Penale della Corte è da considerarsi, nel periodo in
esame, alla luce di tali dati, nell’insieme positivo, pur se in leggera flessione
rispetto agli anni scorsi quanto al numero complessivo delle definizioni per
le ragioni sopra esposte.
La Sezione penale ha definito al 30 giugno 2019 la quasi totalità dei
procedimenti iscritti fino al 2016 (quelli che residuano hanno ad oggetto
reati non prioritari e sono in fase di fissazione) e grandissima parte dei
procedimenti iscritti nel 2017, tra cui tutti quelli per reati a priorità assoluta;
sono stati altresì definiti numerosi processi degli anni 2018/19 che, pur non
a priorità assoluta, presentavano aspetti di rilievo sociale meritevoli di
essere salvaguardati (alcune tipologie di reati contravvenzionali - violazioni
di misure di sicurezza, urbanistica, ambiente, guida in stato di ebbrezza, i
reati tributari o relativi ad omissioni contributive di particolare entità, in
genere processi ove è presente la parte civile, che non potrebbero comunque
essere definiti de plano); i procedimenti con imputati detenuti o comunque
sottoposti a misure cautelari iscritti nel 2018 sono stati tutti definiti, così
come quasi tutti i processi con imputati detenuti iscritti nella prima metà del
2019 .
Anche per il periodo in esame, quindi, sono stati confermati i tempi di
definizione rispettati gli scorsi anni: i processi a trattazione prioritaria
vengono celebrati nella totalità entro 12/18 mesi dall’iscrizione nonostante
la particolare complessità di numerosi di essi, mentre quelli relativi a
imputati sottoposti a misure cautelari (non solo detentive) vengono definiti
79
entro pochi mesi e comunque prima che decorrano i termini di durata delle
misure.
La durata media per la sezione ordinaria è stata pari a gg.509 (gg.531 per
quelli conclusi con sentenza, gg.170 per quelli altrimenti definiti), in
aumento rispetto allo scorso anno (gg.449), è invece lievemente scesa per i
procedimenti in Corte d’Assise (da gg.254 a gg. 244) e per quelli minorili
(da gg.285 a gg.278).
Il quadro fin qui tracciato è stato reso possibile dalla capacità di lavoro di
tutti i Magistrati della sezione, disponibili ad un impegno particolarmente
gravoso, come attestato dalla alta produttività individuale (oltre 350
sentenze annue in media).
Tuttavia, anche quest’anno deve ribadirsi che non sono venuti meno i
problemi che affliggono la Sezione in modo che appare purtroppo
“strutturale” e si sono riproposte contingenze transitorie che non hanno
permesso un più consistente aumento delle definizioni (la Sezione, a causa
degli avvicendamenti verificatisi, è rimasta priva di un Presidente di sezione
fino al mese di aprile 2019).
L’arretrato, purtroppo aumentato negli ultimi due anni per le ragioni esposte,
impedisce tuttora di fronteggiare in tempi più rapidi tutte le sopravvenienze,
e consente di celebrare i processi più complessi e delicati (richiedenti più
tempo per il doveroso approfondimento delle questioni proposte), solo a
prezzo di grande sacrificio personale dei Magistrati.
Incidono, inoltre, nel senso di determinare un aumento del carico
complessivo di lavoro, le prime applicazioni del disposto di cui all’art. 603
comma 3 bis c.p.p. (introdotto con L. 23.6.2017 n. 103) in tema di
rinnovazione della prova dichiarativa in appello in caso di sentenze di
proscioglimento appellate dal P.M., con conseguente necessità per la
Corte di procedere ad attività istruttoria; tale evenienza si è registrata sinora
soprattutto nell’ambito di processi per reati di maltrattamenti in famiglia e
violenza sessuale.
Tra i processi più impegnativi trattati e definiti dalla Sezione nel periodo in
riferimento si segnalano: proc. n. 2693/2018 R.G. APP. a carico di Gavioli
Dino +1, in materia di abuso di ufficio in connessione con reati urbanistici;
80
proc. n. 2460/2016 R.G. APP. a carico di Spinelli Mario + 11 (200 capi di
imputazione per reati di associazione per delinquere, riciclaggio,
ricettazione e falso); proc. n. 126/2018 R.G. APP. a carico di Bartolotti
Giancarlo + 2 per il reato di omicidio colposo da incidente sciistico,
processo quest’ultimo che ha comportato la rinnovazione della istruttoria
dibattimentale con l’espletamento di perizia e che ha impegnato la Corte per
diverse udienze; proc. n. 1316/2017 R.G. APP. a carico di Islam Akramul +
8 in materia di immigrazione clandestina; proc. n. 3162/2015 R.G. APP. a
carico di Cretarola Venanzio +2 per il reato di abuso di ufficio; proc.
n.1886/2017 R.G. APP. a carico di Dibacco Salvatore in materia di
concussione; proc. n. 1567/2017 R.G. APP. a carico di Angelini Vincenzo
Maria e Casa di Cura “Villa Pini d’Abruzzo” in materia di truffa- aggravata
dalla rilevante entità del danno patrimoniale- e falso ai danni della A.S.L. di
Chieti-Lanciano-Vasto.
Si segnala, nel medesimo periodo, la definizione in Corte di Assise di
Appello di due processi per omicidio volontario in danno di giovani donne,
riconducibili al fenomeno della violenza di genere, che hanno destato
particolare allarme nel territorio.
Come visto in nettissima diminuzione rispetto agli anni passati il numero di
sentenze de plano per prescrizione (384 a fronte di 857 dell’anno 2018 e
della media di oltre 1000 per gli anni da 2013 a 2017).
Detta drastica diminuzione, se da un alto può ritenersi frutto del
meccanismo virtuoso di spoglio dei processi, cui provvedono il Primo
Presidente ed i Presidenti di Sezione, che ha consentito e consente di
organizzare le fissazioni nel rispetto delle priorità ed in modo da scongiurare
il più possibile le dichiarazioni di prescrizione, dall’altro ha inevitabilmente
comportato, anche per l’elevato numero di prescrizioni dichiarate negli anni
precedenti, una consistente riduzione di tali sentenze de plano nel periodo in
esame; dato, quest’ultimo, che ha ovviamente ridotto, come si è visto, il
numero complessivo delle definizioni della Sezione.
Per altro verso, il dato sopra richiamato fa ritenere fondatamente che presso
la Corte, proprio in forza del meccanismo virtuoso sopra segnalato, si possa
raggiungere in tempi brevi l’eccezionale risultato del totale abbattimento
delle dichiarazioni di prescrizione. Risultato che certamente rappresenta la
81
migliore ed efficace risposta all’annoso problema, oggi oggetto di ampio
dibattito politico, dei perniciosi effetti dei meccanismi della prescrizione sul
piano sociale e delle politiche criminali.
Indubbia è, infine, la difficoltà del personale amministrativo, evidenziata
anche nella recente ispezione ministeriale, nonostante il generoso e costante
impegno, a far fronte con tempestività alle gravose incombenze conseguenti
alla rilevante produttività della Sezione, a causa della scarsità delle risorse
umane, anche a seguito del progressivo pensionamento di unità di grande
esperienza e capacità.
In tal senso, va segnalato che ha avuto successo la convenzione stipulata tra
la Corte e le Associazioni dei Finanzieri in congedo della Provincia di
L’Aquila (di cui parlammo lo scorso anno), con la preziosa collaborazione
della Fondazione Carispaq, che ha consentito ad alcuni militari in congedo,
resisi disponibili ed individuati dai rispettivi Comandanti Provinciali, di
prestare la propria opera presso gli uffici di cancelleria della Corte, nella
sezione penale e in contabilità, in modo da supportare adeguatamente la
gravosa attività del personale.
Fig. 21 - Riepilogo giustizia penale in Corte di appello
82
4. Tribunale e Uffici di Sorveglianza
4.1. Novità legislative
In data 2.10.2018 sono stati emanati i decreti legislativi nn. 121, 123, 124
in parziale attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge n. 103 del 23
giugno 2017.
I due decreti che interessano il settore specifico dell’esecuzione penale (il
terzo concerne in modo specifico l’esecuzione della pena nei confronti dei
soggetti minorenni) contengono modifiche in tema di assistenza sanitaria dei
detenuti, di semplificazione delle procedure, di prosecuzione, sospensione e
revoca delle misure alternative, di esecuzione di pene accessorie, di
semplificazione in tema di accesso a misure alternative, di comunicazioni ed
attività di controllo, di competenze degli Uepe e della Polizia Penitenziaria,
di vita penitenziaria e di lavoro penitenziario.
Tra le novità più significative, rilevanti sotto il profilo delle future ricadute
sull’organizzazione e sul lavoro dell’Ufficio di sorveglianza, si segnalano:
1) inserimento comma 1 ter articolo 678 c.p.p.: ai fini della decisione delle
istanze avanzate da condannati liberi ai sensi dell’art. 656 comma 5 c.p.p.,
quando la pena da espiare non è superiore ad un anno e sei mesi, il
Presidente del Tribunale di sorveglianza, acquisiti documenti ed
informazioni, designa il magistrato di sorveglianza relatore e fissa un
termine per l’applicazione eventuale in via provvisoria di una delle misure
alternative di cui all’art. 656 comma 5 c.p.p.; l’ordinanza di applicazione
provvisoria è comunicata al P.M. e notificata all’interessato ed al suo
difensore, i quali possono proporre reclamo al tribunale entro il termine di
dieci giorni; decorso il termine per l’opposizione il tribunale conferma la
decisione provvisoria, altrimenti, se non è stata emessa o confermata
l’ordinanza provvisoria, oppure se è stata proposta opposizione, il Tribunale
di sorveglianza procede nelle modalità ordinarie; 2) modalità di svolgimento
e partecipazione all’udienza: dopo il comma 3 dell’art. 678 vengono inseriti
il comma 3.1, che prevede la pubblicità dell’udienza camerale su richiesta
dell’interessato, ed il comma 3.2, che prevede la partecipazione a distanza
all’udienza, oltre che nei casi previsti dalla legge, anche quando l’interessato
ne fa richiesta ovvero quando è detenuto o internato in luogo posto fuori
83
dalla circoscrizione del giudice, sempre che questi non ritenga opportuno
disporne la traduzione; 3) modifiche in tema di sospensione e revoca delle
misure alternative: l’art. 51 ter O.P. nuova formulazione prevede che, se il
soggetto sottoposto a misura alternativa pone in essere comportamenti
suscettibili di determinarne la revoca, il magistrato di sorveglianza dispone
non più la sospensione provvisoria della stessa – che resta peraltro una
eventualità nei casi più gravi – bensì la mera trasmissione degli atti al
Tribunale di sorveglianza perché decida sulla prosecuzione, sostituzione o
revoca della misura.
La modifica legislativa di cui al punto 1), entrata a pieno regime nel distretto
da dicembre 2018, dopo un periodo di adeguamento dei sistemi informatici,
ha comportato un modesto alleggerimento del carico gravante sui ruoli del
Tribunale di sorveglianza, con conseguente aggravio, peraltro, del lavoro
degli Uffici di sorveglianza, che comunque, decidendo fuori udienza, hanno
cercato di adottare le modalità organizzative più idonee al fine di esitare tali
ulteriori flussi in entrata.
Diversamente, la modifica di cui al punto 2), con particolare riferimento alla
partecipazione a distanza di tutti i detenuti e gli internati ristretti fuori dalla
circoscrizione del tribunale o magistrato di sorveglianza, ha comportato un
appesantimento nello svolgimento delle udienze, con necessità di approntare
i video collegamenti con svariati istituti, con tutte le conseguenti difficoltà
tecniche ed ulteriori tempi morti nella trattazione dei procedimenti.
La legge delega prevedeva anche, tra le tante altre novità, la modifica del
limite di pena che impone la sospensione dell’ordine di esecuzione ad anni
quattro di reclusione: tale previsione non è stata attuata dai decreti sinora
adottati, ma deve essere segnalato che con sentenza della Corte
Costituzionale n. 41 del 7-03-2018 è stata dichiarata l’illegittimità dell’art.
656 comma 5 c.p.p. “nella parte in cui non prevede che l’ordine di
sospensione della pena debba essere emesso anche nei casi di pena non
superiore ad anni quattro”.
Gli effetti concreti di tale importante pronuncia, a più di un anno dalla
medesima, sono stati un significativo aumento delle iscrizioni dei
procedimenti relativi alle istanze dei condannati proposte dalla libertà,
passate da n. 709 procedimenti a 824, (+ 17%) rispetto allo scorso anno
giudiziario.
84
Da ricordare inoltre è l’entrata in vigore della legge n. 3 del 9 gennaio
2019 che oltre a modificare l’art. 47 O.p. e 179 c.p. in relazione alle pene
accessorie perpetue, ha modificato l’art. 4 bis O.p. inserendo tra i reati di
cui al primo comma e dunque, assolutamente ostativi alla concessione dei
benefici penitenziari se non in presenza di collaborazione attiva ex art. 58
ter O.p e 323 bis c.p. ovvero in caso di collaborazione inesigibile di cui al
comma 1 bis dell’art. 4 bis O.p., i reati di cui agli artt. 314 primo comma,
317,318,319,319 bis, 319 ter, 319 quater primo comma, 320, 321 322, 322
bis c.p.
Tale modifica legislativa non ha comportato finora rilevanti mutamenti dal
punto di vista numerico nella proposizione delle relative istanze dallo stato
detentivo, mentre sono da segnalare due importanti questioni di legittimità
costituzionale sollevate in relazione all’art. 1 comma 6 lett. B della legge n.
3 del 2019: la prima, sollevata il 2.4.2019 dal Tribunale di Sorveglianza di
Venezia in relazione all’applicazione ai delitti di cui agli artt. 318, 319, 319
quater e 321 c.p. commessi anteriormente all’entrata in vigore della
medesima legge, non essendo stato stabilito un regime intertemporale; la
seconda, sollevata dalla prima sezione della Corte di Cassazione nella parte
in cui inserisce all’art. 4 bis comma 1 della legge n. 354 del 1975 il
riferimento al delitto di peculato di cui all’art. 314 primo comma c.p., in
punto di limitazione della discrezionalità del momento giurisdizionale in
sede di individualizzazione del percorso di espiazione della pena.
Si segnala tra le novità legislative inoltre, l’entrata in vigore della Legge 19
luglio 2019 n. 69, recante disposizioni in materia di tutela delle vittime di
violenza domestica e di genere, che, in particolare, nella specifica materia
dell’esecuzione ha disposto: 1) l’introduzione del nuovo comma 1 bis
dell’art. 659 c.p.p., che prevede che “Quando a seguito di un provvedimento
del giudice di sorveglianza deve essere disposta la scarcerazione del
condannato per uno dei delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter,
609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, nonché
dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate
ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo
comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale, il pubblico
ministero che cura l'esecuzione ne dà immediata comunicazione, a mezzo
85
della polizia giudiziaria, alla persona offesa e, ove nominato, al suo
difensore”; 2) la modifica dell’art. 13 bis della Legge 26 luglio 1975 n. 354,
oggi rubricato “Trattamento psicologico per i condannati per reati sessuali,
per maltrattamenti contro familiari o conviventi e per atti persecutori”, che
prevede: “Le persone condannate per i delitti di cui agli articoli 600-bis,
600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-
quater.1, 600-quinquies, 609-quater, 609-quinquies e 609-undecies del
codice penale, nonché agli articoli 572, articolo 583-quinquies, 609-bis,
609-octies e 612-bis del medesimo codice, possono sottoporsi a un
trattamento psicologico con finalità di recupero e di sostegno. La
partecipazione a tale trattamento è valutata ai sensi dell'articolo 4-bis,
comma 1-quinquies, della presente legge ai fini della concessione dei
benefici previsti dalla medesima disposizione. 1-bis. Le persone condannate
per i delitti di cui al comma 1 possono essere ammesse a seguire percorsi di
reinserimento nella società e di recupero presso enti o associazioni che si
occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti
condannati per i medesimi reati, organizzati previo accordo tra i suddetti
enti o associazioni e gli istituti penitenziari”.
Si tratta di novità legislative che, sul solco delle modifiche già apportate dai
decreti legislativi dell’ottobre 2018, pongono in primo piano la vittima del
reato, e, soprattutto, introducono un trattamento penitenziario specifico, sia
di tipo psicologico che di reinserimento esterno, per gli autori di determinate
categorie di reati.
Di grande rilievo per la materia dell’esecuzione penale, anche per le ricadute
concrete delle medesime sul lavoro degli Uffici e del Tribunale, sono le
novità giurisprudenziali: si fa riferimento, in particolare, alla sentenza
della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo Prima Sezione del 13.06.2019
(Viola vs. Italia), che ha affermato la violazione dell’art. 3 della
Convenzione con riferimento all’ergastolo c.d. ostativo. La Grande Camera
della Corte EDU, con sentenza del 9.10.2019, ha respinto il ricorso proposto
dall’Italia.
In data 22.10.2019 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale dell’art. 4 bis comma 1 dell’Ordinamento penitenziario “nella
parte in cui non prevede la concessione di permessi premio in assenza di
86
collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da
escludere sia l’attualità della partecipazione all’associazione criminale sia,
più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità
organizzata”, a condizione che il condannato abbia dato piena prova di
partecipazione al percorso rieducativo. Si legge nel comunicato dell’Ufficio
Stampa della Corte Costituzionale del 23.10.2019 che la Corte, peraltro
pronunciandosi nei limiti della richiesta dei giudici rimettenti, ha sottratto la
concessione del solo permesso premio, e quindi non anche delle misure
alternative alla detenzione, alla generale applicazione del meccanismo
“ostativo”, che comporta attualmente l’impossibilità di accedere a tutti i
benefici penitenziari (fatta eccezione per la liberazione anticipata) se non in
presenza di una condotta di collaborazione con la giustizia ovvero di un
accertamento di collaborazione c.d. impossibile e/o inesigibile (art. 4 bis
comma 1 bis O.P.); dunque, in virtù della pronuncia della Corte, “la
presunzione di “pericolosità sociale” del detenuto non collaborante non è
più assoluta ma diventa relativa e quindi può essere superata dal
magistrato di sorveglianza, la cui valutazione caso per caso deve basarsi
sulle relazioni del Carcere nonché sulle informazioni e i pareri di varie
autorità, dalla Procura antimafia o antiterrorismo al competente Comitato
provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica”.
Come si legge dallo stesso comunicato la valutazione caso per caso da parte
del magistrato di sorveglianza, al quale la Corte ha riconosciuto piena
discrezionalità dunque, dipenderà oltre che dai pareri della Procura
antimafia o antiterrorismo, del Comitato provinciale per l’Ordine e la
sicurezza pubblica, da quanto riferito dalle relazioni del Carcere sul
percorso detentivo del condannato: si spera, al fine di dare effettività a
quanto affermato dalla Corte, che tale pronuncia comporti adeguamenti
negli organici e nelle presenze negli Istituti penitenziari degli educatori -
figure fondamentali nell’osservazione della personalità del condannato- che
invece, attualmente sono del tutto insufficienti sia in relazione al numero
dei detenuti loro affidati che alla delicatezza del compito di osservazione
della personalità che, inevitabilmente necessita di una conoscenza
approfondita del condannato da parte degli operatori penitenziari, che
possano così utilmente delineare e documentare nella redazione della
87
relazione di sintesi l’eventuale cambiamento registrato nel tempo dai
medesimi.
Tale pronuncia avrà presumibilmente delle rilevanti ricadute nel distretto,
soprattutto nel carico di lavoro dell’Ufficio di Sorveglianza di L’Aquila che
si occupa di centinaia di detenuti ergastolani ostativi reclusi negli Istituti di
L’Aquila e Sulmona - attualmente sono circa 140- e che con ogni probabilità
presenteranno istanze di permesso premio; così come ricadute è ragionevole
prevedere che vi siano nell’attività del Tribunale di Sorveglianza che, se da
un canto vedrà ridursi le complesse istanze di cui agli artt. 4 bis e 58 ter O.P.
per l’accertamento della collaborazione attiva o impossibile, dall’altro
registrerà un numero rilevate di reclami nei confronti degli eventuali rigetti
delle istanze di permesso premio da parte dei magistrati di sorveglianza.
4.2 Situazione del Distretto
L’attività della magistratura di sorveglianza nel Distretto abruzzese è
distribuita tra i due Uffici di sorveglianza di L’Aquila e Pescara, aventi
rispettivamente competenza sul territorio compreso nei circondari dei
Tribunali di L’Aquila, di Avezzano e di Sulmona il primo, di Pescara,
Teramo, Chieti, Vasto e Lanciano il secondo.
Conseguentemente, l’Ufficio di sorveglianza dell’Aquila esercita la propria
giurisdizione su tre istituti penitenziari: le Case Circondariali di L’Aquila e
di Avezzano e la Casa di Reclusione di Sulmona; l’Ufficio di sorveglianza
di Pescara è invece competente sulle Case Circondariali di Pescara, Teramo,
Chieti e Lanciano, nonché sulla Casa di Lavoro di Vasto.
Il bacino di utenza tra i due Uffici di sorveglianza è numericamente
sbilanciato.
Per quanto attiene infatti ai ristretti, si rileva come:
− la popolazione carceraria degli istituti sottoposti alla giurisdizione
dell’Ufficio di sorveglianza di L’Aquila ammonta ad un totale di 619
detenuti (dei quali, 486 definitivi);
− la popolazione carceraria degli istituti sottoposti alla giurisdizione
dell’Ufficio di sorveglianza di Pescara ammonta invece ad un totale di
1284 detenuti (dei quali, 890 definitivi) e 120 internati.
88
Ponendo a confronto tali dati con quelli registrati nel giugno del 2018,
quando la popolazione detenuta ammontava complessivamente nel distretto
a 1737, si registra un aumento della popolazione carceraria complessiva
(1903) pari al 9,5%.
Si tratta di un aumento in controtendenza rispetto all’anno precedente in cui
si era registrata una lieve diminuzione, nonostante le aspettative dei recenti
interventi legislativi (tra cui ricordiamo la liberazione anticipata speciale ed
il reclamo risarcitorio ex art. 35 ter O.p.), e che mostra la necessità di
interventi legislativi strutturali che si sperava potessero essere apportati in
attuazione della delega conferita al Governo dalla legge n. 103 del 2017,
scaduta senza il reale potenziamento delle misure alternative in essa
previsto.
Con riferimento invece, a soggetti sottoposti ad esecuzione extramuraria
della pena (detenuti domiciliari, affidati in prova al servizio sociale, soggetti
in prosecuzione degli arresti domiciliari, ex art. 656, comma 10, Cod. Proc.
Pen.) ovvero della misura di sicurezza (liberi vigilati), alla data del 30
giugno 2019, l’Ufficio di sorveglianza di Pescara amministrava circa 1490
unità, a fronte delle 232 di competenza dell’Ufficio di L’Aquila.
4.3 Ufficio di sorveglianza di L’Aquila
Nei tre penitenziari di L’Aquila, Avezzano e Sulmona non si sono registrati
nell’anno in corso significativi scostamenti rispetto all’anno precedente
nell’entità complessiva della popolazione detenuta. Nemmeno si sono
registrati casi di suicidio.
Casa di Reclusione di SULMONA
La Casa di reclusione di Sulmona, nata quale carcere di massima sicurezza,
ha mantenuto sino ad oggi tale vocazione, essendo destinata ad accogliere,
nella quasi totalità, detenuti sottoposti al regime di Elevato Indice di
Vigilanza (EIV).
La popolazione carceraria ristretta presso tale istituto si compone
attualmente di 340 detenuti di cui solo 4 extracomunitari: 6 unità sono
c.d. “comuni”, appartenendo tutti gli altri al circuito dei “collaboratori di
giustizia” (n. 24 in totale), ovvero a quello di Alta Sicurezza (AS – n. 344
in totale).
89
Tale numero è destinato ad incrementarsi, essendo in atto la costruzione di
un nuovo padiglione che accoglierà – nei propositi dell’Amministrazione –
altri 200 ristretti della medesima categoria, ovvero appartenenti al circuito
“AS”, tutti ristretti in forza di titolo correlato a delitti di matrice “mafiosa”,
molti dei quali in passato sottoposti al regime differenziato di trattamento ex
art. 41bis O.P.
Trattasi, quindi, di soggetti in espiazione di pene detentive considerevoli,
aventi un’età media piuttosto alta. Deve dirsi, allora, che in attuazione del
principio costituzionale di rieducazione della pena e di tutela della dignità
della persona ristretta, deve aversi una particolare cura per garantire misure
di trattamento consone, sia dal punto di vista quantitativo sia dal punto di
vista della continuità della relativa offerta.
In tale ambito assumono valenza centrale, per un verso, l’adeguatezza degli
organici del personale che compone il gruppo di osservazione e
trattamento (ed in primis delle figure professionali degli educatori, ma anche
degli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria) e, per altro verso, la
congruità delle opportunità per i detenuti di dedicarsi ad un’attività
lavorativa o culturale in forme non effimere o meramente occasionali (in
coerenza con quanto previsto dagli artt. 12 e 15 dell’Ordinamento
Penitenziario).
Quanto all’organico del personale destinato all’osservazione ed al
trattamento, si osserva come, allo stato, esso sia composto di soli quattro
educatori su cinque previsti in organico, a fronte di una popolazione
detenuta che si approssima alle 400 unità (e che, come si è detto, è destinata
ad aumentare nei prossimi anni).
Vale qui la pena di considerare che la particolare qualità dei detenuti di cui
si tratta, imporrebbe, invece, uno speciale approfondimento
dell’osservazione scientifica della personalità (art. 1, ult. co., O.P.: «Il
trattamento è attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto
alle specifiche condizioni dei soggetti», mentre l’organico attuale è
certamente insufficiente a garantire quell’approfondita analisi delle carenze
fisiopsichiche e delle ulteriori cause di disadattamento sociale (art. 13
dell’Ordinamento Penitenziario) che costituisce la base per la formulazione
del programma di trattamento.
90
Preoccupante è il dato relativo alle opportunità di lavoro destinate a sole
80 unità, appartenenti al circuito di alta sicurezza (laboratori di
falegnameria, calzoleria, sartoria, apicultura, tenimento agricolo), anche se
sovente accade che le attività non possano svolgersi per mancanza di polizia
penitenziaria che ne controlli lo svolgimento.
Sono attivati corsi di istruzione (scuola elementare con laboratori di
scrittura, lettura e artistico/ espressivo; corsi di lingua inglese, scuola media
inferiore e secondaria di II grado (Istituto Professionale per l’Agricoltura e
l’Ambiente).
D’altro canto, risulta non meno rilevante e decisivo l’approntamento di un
efficiente presidio sanitario, capace di sovvenire con professionalità ed
ampiezza di copertura alle esigenze diagnostiche e di cura dei detenuti,
considerando, nella specie, che la lunga durata della privazione della libertà
patita dalla maggior parte di tale categoria di detenuti, e la conseguente
maggiore età media dei carcerati, amplifica le esigenze relative a questo
settore. Si segnala a tal proposito che nel 2018 sono state effettuate più di
mille traduzioni di detenuti presso luoghi esterni di cura, anche se tale
dato risulta in fase decrescente, poiché di recente sono stati attivati presso
l’Istituto più servizi di medicina specialistica, compreso il servizio RX.
La maggior parte dei detenuti della Casa di reclusione di Sulmona è allocata
in camere detentive inadatte, in quanto originariamente concepite per
accogliere un solo ristretto e attualmente adattate a cella doppia.
Per quanto la superficie complessiva a disposizione dei detenuti non sia tale
da implicare una condizione inumana, in violazione dell'art. 3 CEDU come
interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo a partire dalla c.d.
“sentenza Torreggiani”, non vi è dubbio che la sistemazione non è ottimale,
considerando che trattasi di soggetti con una lunga carcerazione alle spalle
se non ergastolani, molti di età matura, costretti ad occupare letti a castello.
Ulteriore elemento di criticità è rappresentato dal fatto che il penitenziario
dispone di limitatissime risorse strutturali per ammettere i detenuti ad
attività di svago: non esiste una palestra, potendo i detenuti fruire
esclusivamente delle aree di passeggio (quotidianamente) e, sulla base di
turnazioni non brevi, di un campo da calcio.
91
Casa Circondariale di L’AQUILA
Ospita attualmente n. 187 detenuti, dei quali n. 105 sono sottoposti al
regime differenziato di trattamento ex art. 41 bis dell’Ordinamento
Penitenziario e 15 detenuti c.d. comuni impiegati nelle lavorazioni
domestiche; è dunque una delle carceri italiani con la maggior
concentrazione di detenuti al 41 bis, pur essendo stato concepito,
all’epoca della sua progettazione per tutt’altro impiego, il che comporta
gravi criticità
I detenuti sottoposti al regime differenziato di trattamento sono, infatti
organizzati in piccoli gruppi di socialità (in genere, quattro unità per ciascun
gruppo) che, allo scopo di scongiurare l’interazione con altri detenuti
appartenenti alla medesima organizzazione ovvero ad altre ad essa alleate,
sono organizzati in modo da comprendere soggetti di diversa area
geografica con divieto di colloquiare con detenuti assegnati agli altri gruppi
di socialità.
Sarebbe quindi opportuna una strutturazione degli spazi che renda agevole
possibile il conseguimento di tali finalità, ma, poiché le sezioni accolgono
un numero di detenuti ben superiore a quello massimo costituenti i singoli
gruppi di socialità non è infrequente l’allocazione di tali gruppi all’interno
dello stesso ambiente, con conseguente promiscuità.
Tale criticità rappresenta occasione di gravi tensioni nella popolazione
detenuta in ragione delle numerosissime occasioni di contestazione
disciplinare (per l’infrazione rubricata come “inosservanza di ordini o di
prescrizioni” di cui all’art. 77, comma 1, n. 16 d.P.R. 230/2000) per
interlocuzioni tra soggetti appartenenti a gruppi di socialità differenti, con
enorme dispendio di energie e di danaro per il conseguente incardinarsi del
relativo procedimento, cui di norma segue il reclamo al Magistrato di
sorveglianza (nel periodo in esame ben 154 procedimenti per reclamo
avverso sanzioni disciplinari sono stati iscritti presso l’Ufficio di
sorveglianza di L’Aquila.
L’esigenza di “parcellizzare” in gruppi molto piccoli i detenuti ha implicato
altresì la parcellizzazione degli spazi a loro disposizione; molte delle aree
aperte, destinate ai passeggi, sono di superficie ristrettissima, il che preclude
un’effettiva possibilità di sano movimento a soggetti che godono di una sola
92
ora al giorno di permanenza all’esterno. Vane sono state le molteplici
segnalazioni all’Amministrazione.
Scarse le attività trattamentali così come le offerte di corsi di istruzione.
Casa Circondariale di AVEZZANO
Trattasi di istituto a custodia attenuata, che ospita attualmente n. 57 detenuti
“comuni” (di media sicurezza e scarsa pericolosità sociale, in espiazione di
pene di norma non superiori a 5 anni), di cui 26 sono stranieri.
Non si evidenziano particolari problematiche o criticità.
l’offerta di istruzione è più ampia e variegata rispetto agli altri istituti
comprendendo:
− percorsi di primo livello, I° e II° periodo didattico;
− alfabetizzazione e apprendimento della lingua italiana per detenuti
stranieri;
− inglese ed informatica modulare.
Tali attività sono svolte in collaborazione con il CPIA (Centro provinciale
istruzione adulti).
Nell’ambito dei percorsi trattamentali e delle attività rieducative sono state
siglate intese tra la Casa Circondariale, il Tribunale di Avezzano, la Croce
Rossa Italiana e l’Istituto Don Orione per l’inserimento dei detenuti in
attività in favore della collettività. È attivo un laboratorio teatrale con la
partecipazione di detenuti, operatori penitenziari e persone diversamente
abili dell’UNITALSI, ed attori di una compagnia teatrale amatoriale con
l’obiettivo della solidarietà e della beneficienza.
Alle carenze dell’amministrazione sovviene peraltro, una rete di
volontariato molto organizzata ed attiva, che costituisce una valida risorsa
per il trattamento, facilitando la sperimentazione anche extramuraria dei
detenuti di cui si tratta.
L’esecuzione penale esterna; l’esecuzione delle misure alternative e
delle misure di sicurezza. Nel periodo in esame sono stati iscritti presso
l’Ufficio di L’Aquila n.220 procedimenti per l’esecuzione di misure
alternative (122 lo scorso anno) e n. 3 per l’esecuzione della misura di
sicurezza della libertà vigilata; come riferito dal Direttore reggente
dell’Ufficio dell’Esecuzione esterna di L’Aquila, permane il problema
93
dell’assoluta insufficienza del personale, gravato da un carico di lavoro di
fatto ingestibile.
La REMS di Barete
È operativa dal 9.5.2016; nel periodo in considerazione sono entrati nella
struttura 10 pazienti di cui 3 con provvedimenti definitivi relativi a
prosciolti per vizio totale di mente, 6 con provvedimenti provvisori ed un
paziente avente un provvedimento definitivo ed un altro provvisorio per
altro reato commesso.
Di tali pazienti nove sono stati dimessi con la trasformazione della misura
di sicurezza detentiva in REMS con la misura della libertà vigilata: per sei
di questi la libertà vigilata è stata concessa in Comunità terapeutica al fine di
proseguire l’intervento terapeutico in atto, mentre per altri due ospiti della
struttura la libertà vigilata è stata disposta presso il proprio domicilio,
proseguendo il programma territoriale con il Centro di Salute mentale
competente; uno è stato tradotto in carcere per l’esecuzione di pena
detentiva.
Per l’ingresso nella REMS (competente per Abruzzo e Molise) si è creata
una lista di attesa per 21 persone, per la riduzione della quale è stato avviato
un monitoraggio dei criteri dettati con il Protocollo stipulato con la Regione
Abruzzo sin dal 2017.
La Corte di appello, d’intesa con il Procuratore Generale e il Presidente del
Tribunale di Sorveglianza ha avviato con gli uffici di primo grado un tavolo
di confronto per rendere più omogenei.
4.4 Ufficio di Sorveglianza di PESCARA
Si occupa degli Istituti di pena di Pescara, Teramo, Chieti, Lanciano, Vasto.
Casa Circondariale di PESCARA
È confermata anche quest’anno la situazione di sovraffollamento (n. 388
detenuti presenti al 30.06.2019 a fronte di una capienza regolamentare di n.
270 unità), pur se le condizioni detentive sono conformi ai parametri di cui
all’art. 3 CEDU; i detenuti di fede musulmana sono n. 40 (non vengono
segnalati fenomeni di radicalizzazione); svariate sono le offerte trattamentali
dell’Istituto, di carattere culturale, scolastico, sportivo, musicale, teatrale e
94
sono presenti numerosi laboratori (calzoleria, giornalismo, informatica,
pittura, hobbistica ecc.). Numerosi sono i corsi di istruzione, anche per
detenuti stranieri; opera un laboratorio teatrale e cinematografico, uno di
giornalismo, uno che si propone di coltivare nell’area esterna intercinta
ortaggi e piante aromatiche per l’utilizzo in cucina; è attivo un corso di
apicoltura e di musicoterapia, il corso di Informatica, il progetto Filosofia
nelle carceri, il corso di Primo Soccorso, il corso sulla comunicazione
interpersonale, il progetto Genitorialità con la collaborazione del Telefono
Azzurro, le attività terapeutiche e riabilitative. Numerosi, inoltre, i progetti
di pubblica utilità avviati con enti pubblici, tra cui si segnalano il Protocollo
stipulato con il comune di Montesilvano per la pulizia del verde pubblico, il
Protocollo stipulato con il comune di Pescara per la manutenzione degli
spazi verdi e per la dematerializzazione ed archiviazione in formato digitale
di documenti, il Protocollo stipulato con la Provincia di Pescara per la
pulizia del verde pubblico, ed il Protocollo stilato tra Tribunale di Pescara,
Uepe di Pescara e Associazione Voci di Dentro per l’attività di
archiviazione e digitalizzazione di atti e documenti dell’archivio del
Tribunale.
Casa Circondariale di TERAMO
Persistono le gravi criticità già segnalate lo scorso anno ed oggetto anche nel
recente passato di comunicazioni al Ministro della Giustizia: carenza di
organico, con riferimento sia al personale di polizia penitenziaria, sia al
ruolo dei funzionari dell’Area pedagogica, pluralità tipologica dei circuiti
presenti, presenza numerosa di soggetti malati e psichiatrici, carenza di
spazi, di risorse e di attività trattamentali, presenza di barriere
architettoniche; i detenuti di fede musulmana al 30.06.2019 erano 38, con
conseguenti ristrettezze alimentari legate al cibo da consumare, tanto che
viene confezionato loro il c.d. vitto per musulmani; vi sono 4 detenuti
monitorati per fenomeni di radicalismo e proselitismo di natura religiosa, e
per la loro assistenza religiosa sono stati presi contatti con un Imam. Si
segnalano all’interno dell’Istituto: 1) la presenza di una piattaforma Skype
for business, con possibilità di attivare il servizio entro il mese di settembre
2019 in due sale, collocate sia nella Sezione Maschile che in quella
femminile per favorire i contatti tra i detenuti ed i familiari con
95
videochiamate; 2) la collaborazione, ai fini della realizzazione di progetti
formativi, di lavoro, di pubblica utilità, con Associazioni e enti locali; 3) lo
svolgimento nella Sezione femminile di Progetti che coinvolgono
parrucchieri e estetiste per trattamenti gratuiti in favore delle detenute
ristrette nella sezione femminile; 4) gruppo di auto mutuo aiuto rivolto
soprattutto ai detenuti dipendenti da sostanze stupefacenti, alcolici e gioco
d’azzardo.
Casa Circondariale di CHIETI
È segnalata una grave situazione di sovraffollamento, essendo presenti
n.142 detenuti, grandemente al di sopra del limite imposto dalla sentenza
c.d. Torreggiani (limite regolamentare 78), pur se vige un regime di custodia
aperta in tutti i reparti detentivi; non vengono segnalate particolari criticità
con riferimento alle condizioni di salute dei detenuti. Scarsa la dotazione di
risorse umane, con riferimento sia alla Polizia Penitenziaria che all’Area
Giuridico-Pedagogica.
Molti i progetti di attività trattamentali, tra cui in particolare un laboratorio
psicologico indirizzato ai c.d. sex offenders ed un progetto di supporto alle
donne detenute che hanno subito violenza. Viene segnalata la presenza di n.
8 detenuti di fede musulmana, non vengono riferiti fenomeni di
radicalizzazione.
Casa Circondariale di LANCIANO
Non vi sono problematiche di sovraffollamento, essendo il numero dei
detenuti presenti inferiore alla capienza prevista; l’Istituto ospita detenuti
appartenenti al circuito di alta sicurezza, ed al circuito Z, ossia detenuti
parenti di collaboratori di giustizia, circuito incompatibile con ogni altro
circuito, con conseguenti difficoltà nelle gestione delle attività trattamentali,
tra le quali pregevole è quella per la produzione dolciaria della Barry &
Callebaut che coinvolge 15/20 detenuti e che consente l’avviamento al
lavoro; da tre anni è anche attiva una rassegna teatrale in collaborazione con
l’Amministrazione comunale, rassegna che ha permesso di ospitare presso il
teatro interno al Carcere pubblico pagante esterno; con il ricavato dei
biglietti della rassegna teatrale, si è potuto restaurare il teatro del carcere
apportando notevoli miglioramenti tecnici; i detenuti di fede musulmana alla
96
data del 30.06.2019 erano n. 27, nessun fenomeno di radicalizzazione viene
riportato.
Casa di Lavoro di VASTO con annessa Sezione Circondariale
Non si segnala situazione di sovraffollamento. Vi è stata quest’anno una
implementazione delle opportunità lavorative attraverso: 1) l’apertura della
sartoria avvenuta nel gennaio 2018, nella quale sono impegnati 12/15
internati in via continuativa i quali provvedono a soddisfare le commesse
dell’Amministrazione penitenziaria; 2) l’azienda agricola che si spera a
breve possa essere gestita da un soggetto esterno all’Amministrazione
penitenziaria, al fine di permettere agli internati di poter continuare a
lavorare anche dopo le dimissioni dalla Casa di Lavoro, per un completo
reinserimento sociale; 3) svolgimento di lavori di pubblica utilità per la
manutenzione delle spiagge, strade e giardini in collaborazione con il
Comune di Vasto; 4) è previsto l’avvio a breve di un birrificio.
È impiegato in attività lavorative il 90 % dei ristretti.
L’esecuzione penale esterna
il lavoro dell’Ufficio per l’esecuzione penale esterna di Pescara (che si
articola nelle sedi di Pescara e Teramo) ha registrato un incremento notevole
sino a raggiungere numeri ancora una volta da definire impressionanti.
Con particolare riferimento alle misure alternative disposte in via
provvisoria dal Magistrato di sorveglianza ovvero accordate in via definitiva
dal Tribunale di sorveglianza, l’UEPE di Pescara ha amministrato n. 1.416
(a fronte delle n. 1.019 dello scorso anno) posizioni nel periodo 1.07.2018
- 30.06.2019 (oltre n. 1.866 in esecuzione di altre misure), mentre i casi in
corso al 30.06.2019 erano n. 782, a fronte dei n. 595 pendenti alla data del
30.06.2018; l’UEPE di Teramo ha amministrato n. 857 complessive (a
fronte delle 1.492 dello scorso anno) posizioni nel periodo 1.07.2018 -
30.06.2019.
Il Direttore Reggente segnala l’insufficienza del personale, pari a sole 15
unità con conseguenti difficoltà della gestione e nel controllo delle singole
situazioni.
97
Fig. 22 - Riepilogo Tribunale di sorveglianza
5. gli Uffici Minorili
5.1. Il Tribunale per i Minorenni
L’Ufficio ha una forte scopertura di organico del personale amministrativo
pari a circa il 24%.che impedisce una efficiente funzionalità del Tribunale,
dovendo l’esiguo personale idoneo coprire tutte le esigenze dell’Ufficio, con
inevitabili ritardi e malfunzionamenti.
Quanto al personale magistratuale il periodo considerato (dall’1/7/2018 al
30/6/2019) è stato connotato da serie difficoltà organizzative posto che, su
un organico previsto di 4 magistrati ed un Presidente, solo per un breve
periodo (24/10/2018 – 31/12/2018) l’Ufficio ha funzionato con l’organico
magistratuale completo, operando per il residuo con una scopertura del 20%.
Deve quindi, considerarsi più che positivo lo sforzo sopportato per garantire
il mantenimento di un buon livello di produttività dell’Ufficio e dare
attuazione alle previsioni di cui all’art. 37 D.L. 6/7/2011 n. 98.
98
5.1.1. il quadro normativo
Il presidente del Tribunale per i Minorenni evidenzia che le più recenti
riforme legislative in materia processuale hanno per il settore minorile
inciso meno considerevolmente che per la giustizia ordinaria.
Le modifiche in materia di prescrizione di cui alla L. 103/2017 che pure,
ovviamente, trovano applicazione nei procedimenti minorili incideranno
verosimilmente con riferimento al successivo grado di Appello, posto che in
primo grado le pronunce di prescrizione sono in generale numericamente
irrisorie e nel periodo considerato pari a zero. Non risultano inoltre per i
procedimenti penali pendenti, nel periodo oggetto di valutazione,
applicazioni del D.Lvo n. 36/18 che ha inciso sulla procedibilità per le
fattispecie di reato previste dalla sezione III del titolo XII del Codice Penale.
Sul piano del diritto sostanziale, con riferimento alla diversa disciplina delle
circostanze aggravanti disposta dalla L. 103/2017 per i reati contro il
patrimonio, lo stesso legislatore esclude dalle limitazioni, nel giudizio di
bilanciamento tra circostanze, la diminuente di cui all’art. 98 c.p..
Perdura, invece, la fase di consolidamento delle disposizioni di cui alla L.
47/2017 in materia di protezione dei minori stranieri non accompagnati.
Il fenomeno, infatti, continua ad essere numericamente rilevate: sono stati
emessi 229 provvedimenti a tutela di Minori Stranieri Non Accompagnati,
prevalentemente di origine albanese di cui 154 di definizioni, mentre le
nuove iscrizioni sono state 149.
La sperimentazione avviata sul territorio si evolve positivamente, come
ampiamente riferito lo scorso anno; infatti, la presenza di una persona di
riferimento per ogni minore straniero si traduce in una accoglienza anche
emotivamente connotata ed in una relazione personale che facilita
l’integrazione sociale.
Dalla data di entrata in vigore della legge istitutiva dell’Albo dei Tutori
Volontari ad oggi sono stati effettuati nella regione 4 corsi di formazione
(l’ultimo dei quali nel settembre 2019) e l’Albo è composto da 86 tutori
volontari.
Dall’1/1/2019 è attivo nel distretto, riferendosi direttamente all’Autorità
Nazionale garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, il progetto FAMI,
finanziato con fondi europei che ha per obiettivi la promozione della figura
99
del tutore volontario dei MSNA, il sostegno agli organismi istituzionali
competenti, la divulgazione di pratiche innovative da diffondere nel contesto
nazionale, la produzione di linee guida per i tutori volontari per garantire la
corretta applicazione dei diritti della persona straniera di minore età, il
sostegno ai tutori volontari per migliorare l’esercizio delle funzioni. Grazie
al suddetto progetto è attivo un censimento dei MSNA attraverso la
realizzazione di uno strumento di mappatura volto a monitorare
periodicamente l’andamento della tutela verificando anche il rapporto
quantitativo tutori – minori tutelati; sono state censite le Comunità sul
territorio che accolgono MSNA, 20 distribuite nella Regione.
Il Tribunale minorile ha proseguito la partecipazione alle attività di
informazione e promozione sul territorio dell’istituto della tutela volontaria,
mediante incontri con i tutori già nominati per meglio valutare le principali
difficoltà in cui si erano imbattuti ed attivare i possibili supporti
istituzionali, mediando, ad esempio, le istanze rappresentate dai tutori
rispetto alle comunità di accoglienza ed illustrando le caratteristiche del
progetto FAMI; nell’ambito del medesimo progetto sono già stati tenuti
dagli operatori messi a disposizione incontri periodici mensili con i tutori
nelle province di L’Aquila e Pescara. I Giudici Onorari delegati per il
settore hanno partecipato in rappresentanza dell’Ufficio ai tavoli tecnici con
gli altri operatori istituzionali (Prefettura, Questura, ASL, MIUR) ed alle
attività di formazione dei tutori.
Nel mese di ottobre c.a. è stato attivato uno sportello gestito da un operatore
FAMI presso la sede del T.M. con apertura settimanale per offrire supporto
diretto ai tutori ed il 22 si è costituita un’Associazione territoriale di tutori,
che certamente contribuirà ad incrementare e migliorare i progetti di
inclusione sociale per i MSNA sul territorio.
5.1.2. Settore Civile
Con riferimento ai dati statistici per il settore civile il Presidente evidenzia
che risulta una significativa differenza tra quelli trasmessi dal Ministero e
quelli risultanti dal controllo operato sul sistema SIGMA in ordine alla
definizione delle dichiarazioni di disponibilità all’adozione nazionale per cui
si riporta un decremento del 69%. In realtà per le dichiarazioni di
disponibilità all’adozione nazionale, che pendono ex lege 3 anni, vi è una
100
discrepanza tra il momento dell’inserimento delle chiusure da parte della
Cancelleria, necessario comunque perché il procedimento abbia formale
definizione, ed il computo da parte del sistema, che retroagisce al
compimento del triennio calcolato dalla data di presentazione della
domanda, a prescindere dalla data di chiusura indicata dalla Cancelleria.
Pertanto le statistiche estratte dal SIGMA al 30/06/2019 riportano come
esauriti nel periodo considerato 199 procedure ADN, mentre quelle
trasmesse dalla Direzione Generale di Statistica ne riportano 80. Invero la
pendenza effettiva delle predette procedure al 30/6/2019 è di 586 (a
fronte delle 549 del precedente periodo) e non di 701 come erroneamente
riportato nella tabella inviata dalla D.G.Stat.; di conseguenza il numero dei
procedimenti complessivamente definiti per l’Ufficio è pari a 991 e quello
delle pendenze al 30/6/2019 a 1604 e la trascurabile variazione finale
percentuale è del - 5%.
In generale si rileva, nel settore civile, l’attestarsi del flusso delle
sopravvenienze sostanzialmente in linea con il periodo oggetto della
precedente relazione, 1068 nuove iscrizioni per il periodo in corso rispetto
alle 1054 dell’anno precedente. Come si evince dalle statistiche il numero di
provvedimenti d’urgenza emessi nel periodo è di 325 e dunque deve
considerarsi che, poiché le materie relative alle domande di adozione
nazionale (sopravvenute 225), alle domande di adozione internazionale
(57) ed all’autorizzazione alla permanenza sul territorio ex art. 31 D.
Lgs 286/98 (91), non comportano l’emissione di provvedimenti d’urgenza,
più di un terzo dei procedimenti sopravvenuti, riferibili alle situazioni più
delicate (limitazione e decadenza dalla responsabilità genitoriale,
adottabilità, protezione di minori stranieri non accompagnati) viene trattata
immediatamente con emissione dei relativi provvedimenti entro 10 giorni
dalla richiesta del P.M.M..
L’esigenza di celerità nell’adozione dei provvedimenti di tutela è infatti
indissolubilmente connessa all’efficacia della protezione che l’ordinamento
riconosce in favore dei minori che si trovino in situazioni di criticità.
I provvedimenti urgenti afferiscono specificamente alle ipotesi di maggior
pregiudizio per i minori coinvolti quali abuso sessuale, trascuratezza,
maltrattamenti fisici e/o psicologici, violenza domestica percepita o assistita,
ovvero con riferimento alla fascia di età degli adolescenti, ai rischi connessi
101
alla devianza sociale, all’abuso di sostanze psicotrope, all’esordio di
problematiche psichiatriche o di grave disagio esistenziale. I contenuti di tali
provvedimenti spaziano dall’avvio di progetti di valutazione e recupero del
nucleo familiare mediante affidamento dei minori al Servizio Sociale, con
prescrizione di effettuare specifici interventi di valutazione e sostegno,
all’allontanamento dell’adulto maltrattante, sino all’allontanamento dello
stesso minore quando nessuna delle figure genitoriali risulti capace di
garantire le cure necessarie. Nei casi di contesti familiari di origine dei
minori suddetti non suscettibili di concreti miglioramenti e privi di risorse
valide nella famiglia allargata, la più grave difficoltà è quella di individuare
modalità alternative all’istituzionalizzazione per i minori preadolescenti e
adolescenti per i quali risulta di difficile realizzazione un percorso adottivo,
per la carenza di disponibilità di coppie adottive e così pure il ricorso
all’affido extrafamiliare, istituto che nel distretto trova scarsissima
applicazione. Nell’intero anno 2018 sono stati emessi in tutto 8
provvedimenti di affido etero-familiare e sino al 30/09/2019 se ne contano
solo altri 3. Il T.M. ha attivato numerosi interventi volti a sostenere la
sensibilizzazione della società civile garantendo la partecipazione ad eventi
formativi con operatori ed associazioni di volontariato, effettuando incontri
anche presso la sede giudiziaria per individuare linee di indirizzo comuni
tra le equipe-affido costituitesi sul territorio; promuovendo e realizzando un
evento tenutosi il 25/05/2019 in L’Aquila per la promozione dell’affido
come istituto aperto all’adesione anche di persone singole e di famiglie di
fatto e/o per la diffusione di modalità che, pur non rispondendo in toto a
quella della definitiva accoglienza del minore presso un ambiente familiare,
coinvolgano adulti di riferimento per periodi temporali meno prolungati o
per supporto in specifiche attività funzionali della crescita.
Per quanto concerne il settore delle adozioni l’analisi dei dati del distretto è
coerente alla tendenza, rilevata a livello nazionale, alla contrazione delle
adozioni internazionali. Le domande di idoneità ai sensi dell’art. 29 bis l.
184/83 sono state nell’arco del periodo appena 57 e, parallelamente, è in
costante diminuzione il numero delle procedure per la trascrizione delle
sentenze di adozione pronunciate da Autorità estere (n. 27 nel periodo in
oggetto e n. 31 in quello precedente). Il fenomeno è da ricollegare non solo
alla generale diminuzione dei minori adottabili nei Paesi di tradizionale
102
provenienza, vuoi per le politiche interne ai vari Stati che hanno ampliato le
possibilità di assistenza sociale vuoi per scelte connesse ai rapporti
internazionali dei diversi Paesi, ma anche alla crisi economica, che,
determinando un progressivo impoverimento dei ceti medi, rende più
difficile affrontare i costi delle adozioni internazionali.
Emerge inoltre il dato sempre più significativo dell’innalzamento dell’età
media degli aspiranti genitori sia con riferimento alle richieste di idoneità
all’adozione internazionale che per le domande di adozione nazionale. Quasi
la metà delle coppie che hanno dato disponibilità all’adozione sono
composte da almeno un partner che ha più di 45 anni, per la precisione 232
su 571. Anche in questo caso la riflessione più evidente concerne il ritardato
realizzarsi dell’autonomia personale connessa allo spostamento in avanti
dell’accesso al mondo del lavoro dovuto alla congiuntura economica, ma
rinvia pure a temi sociali più generali quali: l’ampliarsi delle possibilità di
ricorso a tecniche di fecondazione assistita che, in genere, vengono percorse
dalle coppie prima di effettuare la scelta adottiva; la più difficile
maturazione delle scelte di stabilizzazione affettiva non solo per i limiti
socio-economici già richiamati, ma anche per il cambiamento dei modelli
culturali, che valorizzano i percorsi di realizzazione personale come
aspirazioni che precedono il bisogno di costituire nuclei familiari.
Al cennato innalzamento dell’età delle coppie aspiranti adottive non si
accompagna, tuttavia, la disponibilità ad accogliere minori più grandi di età,
tanto che scarsissima è la propensione ad indicare, anche da parte di coppie
anagraficamente più che mature, una soglia di età superiore agli otto anni, su
571 coppie aspiranti adottive, infatti, solo 12 hanno espresso tale
disponibilità.
Se, forse a buon diritto atteso il prolungamento della vita media e le migliori
condizioni fisiche delle persone, può dedursi il diffondersi di un’auto-
percezione giovanile da parte degli adulti, non si è però affatto spostata la
considerazione dell’infanzia, né il desiderio di una genitorialità da esercitare
verso la prima età di un bambino; ancora più come desiderio, comprensibile
ma non generoso, di colmare un proprio bisogno che come apertura a
cogliere quello di minori che, incolpevolmente, hanno dovuto attendere
perché si evidenziasse o intercettasse la condizione di sofferenza in cui
vivevano. Il timore diffuso e aprioristico che i minori più grandi d’età siano
103
irreversibilmente compromessi o non possano costituire legami affettivi
realmente significativi poggia ancora in buona parte sull’ingiusta credenza
che non possano iscriversi che nella più tenera età codici di riferimento
condivisi e relazioni gratificanti.
La scarsità di risposte di accoglienza tanto in affido che in adozione per i
minori che abbiano superato già i 10 anni, per non parlare poi degli
adolescenti, delinea una società che non avverte come priorità né come
possibilità la riparazione del danno, che non sente come doveroso l’attivarsi
dove altri non abbiano saputo farlo, che non crede nel diritto dei minori di
avere accanto adulti responsabili, capaci di prendersi cura, di accompagnare
e di rassicurare, che, in definitiva, nega la speranza e non riconosce la
straordinaria capacità di cambiamento ed il disperato bisogno di essere
amati dei ragazzi.
A fronte delle carenti risposte individuali offerte a queste vittime invisibili,
per cui pare diventare colpa perfino il tempo vissuto nella sofferenza e nel
disagio, l’assenza e l’indifferenza del sistema sociale nel suo complesso,
sgomentano. Mancano nel territorio politiche sociali che garantiscano
almeno percorsi di autonomia personale favorendo la formazione
professionale o scolastica (che come noto non è compiuta in genere al
raggiungimento dei 18 anni), non esistono strutture di svincolo in cui i
ragazzi possano essere inseriti con un supporto diverso dell’esperienza
comunitaria che li sostenga. Non sono previste facilitazioni concrete per
l’inserimento nel mondo del lavoro, il reperimento di alloggi, la
socializzazione e, più in generale, l’inclusione sociale.
Deve quindi darsi atto che l’unica tutela offerta ai minori di fascia d’età
oltre i 12 anni, che non siano reinseribili nelle famiglie di origine, è
l’inserimento in Comunità Educative, alcune delle quali, meritevolmente, si
attivano in proprio nel territorio per inventare risposte ai bisogni, per avviare
al lavoro, per sostenere o persino per prolungare anche gratuitamente la
permanenza nella struttura di quegli ospiti neomaggiorenni che i Comuni
rifiutano di sostenere economicamente. E’ in queste situazioni di
inesistente alternativa che il Tribunale per i Minorenni applica la tutela
amministrativa di cui all’art. 25 R.D. 1404/34 del prolungamento sino ai
21 anni dei progetti di protezione e affidamento al Servizio Sociale, così
come persegue l’impegno a favorire l’integrazione sociale attivando
104
campagne verso associazioni e collettività locali e promuovendo con gli
operatori e le realtà sociali con cui ha contatti la sensibilità verso forme di
sostegno che vadano da disponibilità di tempo da condividere, all’offerta di
attività ricreative e sportive, al sostegno economico per i progetti di
formazione.
La tempestiva individuazione delle più gravi situazioni di pregiudizio ed il
celere orientarsi dei progetti di tutela resta, però, il percorso più efficace per
garantire reali opportunità ai minori coinvolti di accedere alla possibilità di
reinserimento in contesti familiari migliorati o di inserimento in nuclei
familiari alternativi a quelli d’origine, nuclei che siano capaci di offrire una
condizione di benessere, che consenta ai bambini di percorrere con serenità
le tappe evolutive, nella consapevolezza che il diritto da attuare è quello del
minore e che il visibile propagarsi di posizioni adultocentriche non
configura un progresso ma piuttosto il regredire culturale ad un “diritto del
sangue” che nega l’ascolto dei bisogni autentici delle persone minori di età.
La necessaria sintesi osta all’ulteriore dilungarsi sui fenomeni e le criticità
sociali già evidenziati gli scorsi anni, che costituiscono l’oggetto
dell’attività giudiziaria ed extragiudiziaria dell’Ufficio minorile.
Brevemente si ritiene di dover accennare all’attualità delle tematiche
correlate agli effetti sui figli della violenza di genere e/o più latamente
domestica, alla positiva evoluzione legislativa e nella cultura giudiziaria
dell’approccio al fenomeno, che si è concretizzata in contatti sempre più
frequenti tra questa A.G. e quella ordinaria, in parte per gli impegni trasfusi
nei diversi protocolli sottoscritti sul territorio del distretto e in parte, ancora,
per l’impegno dei singoli magistrati.
Può con sicurezza affermarsi che nel mondo giudiziario sia ormai
ampiamente diffusa la consapevolezza della necessità di un approccio al
fenomeno che preveda la specializzazione in materia dei magistrati, la
concreta interazione con le risorse, istituzionali e non, presenti localmente
ed il raccordo tra le diverse Autorità Giudiziarie, volto a superare la
frammentazione delle singole competenze e garantire la maggior
completezza possibile delle informazioni per attivare interventi che abbiano
una concreta efficacia sotto il profilo della tutela e della prevenzione anche
di gravi delitti contro la persona.
105
Con altrettanta forza deve sottolinearsi come sia ancora, invece,
sottovalutata la considerazione delle problematiche psicologiche che
connotano le relazioni affettive disfunzionali, che si riflettono,
processualmente, nella costanza delle ritrattazioni in sede penale; per ciò
che concerne gli interventi a tutela dei minori, cui il T.M. è deputato,
emerge sempre più la necessità di orientare i provvedimenti in modo da
supportare maggiormente il recupero personale e genitoriale delle madri,
sostenendole in percorsi che rendano visibile ai loro occhi il danno
evolutivo che la violenza adduce ai figli ed i meccanismi che
inconsciamente si attivano nel loro stesso psichismo.
La necessità di un approccio che consideri, come già indicato lo scorso
anno, tra gli effetti (o tra le cause) della violenza di genere il costituirsi di
vere e proprie dipendenze affettive (come pienamente confermato ormai a
livello neuro-scientifico dalla visibile attivazione della stessa area del
cervello nei soggetti con dipendenze da sostanze psicotrope e vittime di
prolungata violenza di genere) non vuole porsi come una colpevolizzazione
della vittima, ma come un dato necessario anche agli operatori per
individuare ed indirizzare i progetti di tutela e cura.
In quest’ottica il T.M. ha fortemente voluto la realizzazione della giornata di
formazione tenutasi il 4/6/2019 in L’Aquila sul tema “Dipendenza affettiva
e amore patologico” avvalendosi della collaborazione fattiva e sensibile del
Consiglio dell’Ordine degli Psicologi Regione Abruzzo con cui ha nel 2014
sottoscritto un protocollo che ha trovato concreta e reciproca utilità in
numerose occasioni.
106
Fig. 23 - Riepilogo Tribunale per i minorenni Giustizia civile
5.1.3. Settore Penale
Venendo al settore penale l’esame dei dati statistici conferma in pieno
l’esito positivo dell’impegno profuso posto che per il dibattimento vi sono
state 108 iscrizioni, in aumento consistente rispetto alle 66 del periodo
2017/2018, e 108 definizioni.
Nel settore GIP, a fronte delle 314 iscrizioni, vi sono state 343 definizioni
con una, non rilevante, flessione rispetto al periodo precedente, ma con una
complessiva diminuzione delle pendenze (costituite dalle richieste di
archiviazione) da 116 del 2017-2018 a 87 dell’anno in corso.
Nel settore GUP, infine, risultano iscritti 238 procedimenti e definiti 291
con una diminuzione del 19% delle pendenze.
Quanto all’analisi relativa alla tipologia dei reati commessi da autori
minorenni si conferma altresì quanto già rilevato lo scorso anno
relativamente all’incremento, tristemente costante, dei procedimenti per
violazione della legge sugli stupefacenti passati da 114 a 147 nel periodo
corrente e complessivamente dei reati connessi all’uso della violenza
contro le persone, nello specifico 137 procedimenti per lesioni volontarie
107
(99 nel periodo precedente); 11 per rissa (6 nel periodo precedente), 23 per
rapina, 15 per estorsione, 19 per violenza sessuale e 57 per stalking (8 nel
periodo precedente).
Su quest’ultimo dato ci si sofferma per rilevare che nella fattispecie di cui
all’art.612 bis c.p. sono ricompresi, oltre ai fenomeni tipicamente connessi
all’esistenza di pregresse relazioni sentimentali tra vittime ed autore, gravi
episodi di c.d. bullismo i cui effetti dannosi sulle giovani vittime, spesso
doppiamente fragili perché affette da problematiche sanitarie fisiche o
psichiche, sono deflagranti.
Nel richiamare in toto le considerazioni espresse nella relazione dell’anno
2018 quanto alla frequenza della violenza come modalità relazionale che
connota tout-court i rapporti tra adolescenti, frutto della mancanza di
empatia ormai crescentemente diffusa, così come della scarsa capacità di
riconoscimento ed esternazione delle proprie emozioni e del venir meno di
regole educative che supportino la regolazione degli istinti aggressivi, si
vuole invece rappresentare la positività dell’esperienza avviata dal T.M.
nell’ambito della giustizia riparativa e della partecipazione diretta ai
processi di rieducazione dei giovani autori di reato.
Nell’anno in oggetto si è realizzato il progetto MEDIA RES, finanziato
con fondi del Ministero della Giustizia, Dipartimento per la Giustizia
Minorile e di Comunità che ha visto, a seguito della sottoscrizione nel
giugno 2017 di un protocollo di intesa tra il Centro Giustizia Minorile, il
Presidente e il Procuratore presso il Tribunale per i Minorenni l’attivazione
di una sperimentazione dell’attività di mediazione penale.
Nella prima fase il personale dell’USSM e degli UEPE della Regione è stato
coinvolto in una formazione specifica, conseguendo così l’obiettivo
dell’acquisizione di competenze professionali che configureranno un
patrimonio culturale spendibile anche nel prosieguo sul territorio. Quindi
sono stati inviati al percorso di mediazione 18 ragazzi autori di reati con
uso di violenza alla persone di cui 2 che avevano in corso un progetto di
messa alla prova.
Il Centro Crisi, Alpha (cooperativa sociale di Bari con sede operativa a
Chieti) ha preso in carico autore e vittima e dei 18 invii 16 hanno avuto esito
positivo, consentendo così alle vittime che hanno accettato di partecipare
108
uno spazio di ascolto e di confronto che ha accolto l’istanza fondamentale di
vedersi riconosciute dall’autore del reato come persone, di rendere visibili le
conseguenze emotive subite, di ricevere spiegazioni.
D’altro canto il percorso di maturazione psicologica degli autori di reato si è
riflesso nella presa di consapevolezza del disvalore dei propri agiti e nella
possibilità di indagare ed eventualmente esternare la motivazione degli atti
delittuosi. L’importanza innovativa dell’esperimento e la validità sul piano
tanto pedagogico quanto riparativo della mediazione anche a prescindere
dagli effetti processuali, che pure ci sono stati, inducono a credere
fortemente nella necessità di prosecuzione ed ampliamento dell’esperienza;
il T.M. si impegna a perseguire tale obiettivo pienamente coerente, peraltro,
con gli indirizzi legislativi più recenti quale quello fornito in sede di
esecuzione della L. 121/2018.
Altrettanto significativo è stato l’esito del progetto “Ragazzi in Gamba”
messo a punto per i minori in Messa alla Prova che si è articolato in una
serie di attività tenutesi presso la sede del Tribunale. Tutti i ragazzi coinvolti
hanno dimostrato una partecipazione reale e rappresentato la positività
dell’esperienza producendo, nell’incontro conclusivo, dei materiali il cui
inaspettato spessore ha originato la nuova progettualità, che si sta
elaborando, di renderli fruibili attraverso la realizzazione di uno spettacolo
teatrale.
109
Fig. 24 - Riepilogo Tribunale per i minorenni Giustizia penale
5.2 Situazione carceraria e applicazione delle misure alternative alla
detenzione.
Quanto alla situazione carceraria si rileva che, in seguito alla chiusura
dell’IPM di L’Aquila, intervenuta su decisione del competente Ministero,
pur dopo la ristrutturazione dell’immobile danneggiato dal terremoto del
2009, i detenuti minorenni sono, generalmente, in carico all’IPM di Roma.
Con riferimento, invece, all’applicazione delle misure alternative alla
detenzione si deve precisare che il D. Lvo 121/18 ha innovato la materia
relativa all’ordinamento penitenziario minorile fissando all’art. 1 comma 1 il
principio di specialità ed all’art. 2 comma 1 indicando espressamente le
misure penali di comunità. L’art. 2 comma 2 ha ribadito la finalità cui mira
l’esecuzione penale minorile (promozione di percorsi di giustizia ripartiva e
di mediazione con le vittime di reato, nonché responsabilizzazione
educazione e pieno sviluppo psico-fisico del minorenne, preparare alla vita
libera, favorire l’inclusione sociale e prevenire la commissione di ulteriori
reati) specificando che tutte le misure alternative devono prevedere un
programma di intervento educativo. Sulla scorta di tali principi (specialità e
110
finalità educativa comportante la predisposizione di un programma
educativo) si è determinato in concreto l’effetto, apparentemente
paradossale, dell’incremento dei provvedimenti di rigetto delle istanze di
applicazione di misure alternative.
Dei 27 procedimenti di Sorveglianza trattati, 21 hanno avuto per esito il
rigetto, motivato proprio per la carenza di una progettualità coerente alle
finalità indicate dall’art. 2 e dallo stesso testo normativo richiesta come
obbligatoria, e solo 3 hanno trovato accoglimento. Il dato però non deve
allarmare essendo riproponibile l’istanza e dovendosi ritenere che l’USSM,
chiamato dal legislatore a predisporre la proposta di programma di
intervento educativo, sarà, a breve, in condizione di ottemperare ai compiti
indicati dal legislatore sicché, in prospettiva ravvicinata, le misure
alternative alla detenzione avranno per i minorenni le richieste
caratteristiche di individualizzazione e flessibilità dell’intervento educativo.
5.3 la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni
Il dirigente f.f. della Procura minorile (priva dal 10 settembre 2019 del
Procuratore) evidenzia che l’Ufficio soffre da anni di gravi carenze
nell’organico degli amministrativi (ridotto al 50% rispetto a quello previsto
mancano 3 funzionari sui 3 e un cancelliere su 2) che ne condizionano
pesantemente l’operatività.
Sono stati inseriti, mediante un distacco funzionale e per un periodo limitato
(un anno dal 2/5/2019) due dipendenti della Regione Abruzzo, ma è stato
necessario procedere alla loro completa formazione al fine di integrarli nell'
attività lavorativa.
Tale situazione ha comportato la necessità di consolidare l’attività
strettamente giudiziaria, con la collaborazione della Sezione della P.G. con
conseguente sofferenza e sacrificio del settore amministrativo.
Nel settore penale resta significativa, sia per il numero sia per i quantitativi,
il numero dei fatti di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, per lo
più hashish e marijuana, da parte di soggetti estremamente giovani,
destinate all’ utilizzo di soggetti di pari età, sovente purtroppo dietro regia di
111
soggetti maggiorenni riferibili ad ambiti caratterizzati da criminalità
organizzata.
Preoccupanti gli episodi di violenza sessuale di gruppo, caratterizzata
anche dalla partecipazione di ragazzi “trascinati dal branco” a porre in
essere atti di natura sessuale accompagnati da violenza o minaccia, oltre alla
intimidazione costituita dal gruppo stesso, mentre si riscontra un aumento
considerevole dei reati caratterizzati da detenzione e gestione di materiale
informatico di natura pedo-pornografica, condotte certamente agevolate
ed amplificate negli effetti dalla diffusione di immagini mediante social-
network e reti telematiche.
Non si attenua il fenomeno del c.d. “bullismo”, in particolare negli istituti
scolastici (e talvolta con protagonisti ragazzi non imputabili), essendo le
denunce aumentate in ragione della particolare sensibilizzazione degli ultimi
tempi.
Nel settore civile sono sempre purtroppo assai numerosi i casi di grave
conflittualità, non di rado anche violenza fisica tra i genitori, con
coinvolgimento dei figli, di frequente assai piccoli; numerosissimi quindi i
procedimenti aperti dalla Procura con specifica richiesta di provvedimenti
ablatori della responsabilità genitoriale ed affidamento dei minori
interessati ad altre e più idonee figure parentali o ai Servizi Sociali, al fine
anche di un collocamento in ambiente più adeguato, quale le Case Famiglia.
Numerose le richieste di apertura di procedimenti ex art. 8 e ss. L. 184/83,
tesi alla dichiarazione dello stato di adottabilità dei minori, in particolar
modo quando gli stessi sono ancora in tenera età, a fronte di casi di assoluta
incapacità, da parte di genitori, affetti da gravissime problematiche, spesso
psichiatriche o derivanti da alcolismo o tossicodipendenza, di prendersi cura
anche soltanto dei bisogni primari dei figli
Dati relativi alla giurisdizione penale e civile nell’anno dal periodo 1 luglio
2018- 30 giugno 2019
112
a - giurisdizione penale:
Registro Noti Mod.52
Pendenti al 30/06/2018 n. 210 proc.
Iscritti n. 602 proc.
Definiti n. 570 proc.
Pendenti al 01/07/2019 n. 242 proc.
Registro Ignoti Mod.44
Pendenti al 30/06/2018 n. 16 proc.
Iscritti n. 86 proc.
Definiti n. 77 proc.
Pendenti al 01/07/2019 n. 25 proc.
Registro F.N.C.R. Mod.45
Pendenti al 1/7/2018 n. 64 proc.
Iscritti n. 174 proc.
Definiti n. 206 proc.
Pendenti al 30/06/2019 n. 32 proc.
b giurisdizione civile
REGISTRO AFFARI CIVILI
Pendenti al 01/7/2018 n. 460 proc.
Iscritti n. 1296 proc.
Definiti n. 1381 proc.
Pendenti al 30/6/2019 n. 375 proc.
REGISTRI PARERI E VISTI
n. 2603
6. La Magistratura Onoraria
6.1 Magistrati onorari di Pace e Vice Procuratori Onorari
Nel distretto, alla data del 30 giugno 2019, erano in servizio 150
Magistrati onorari di Pace, di cui 62 con funzioni di G.O.T. presso i
113
Tribunali, 52 con funzioni di V.P.O. presso le Procure della Repubblica e
36 negli uffici del Giudice di Pace.
È ormai entrata a regime la riforma della magistratura onoraria di cui ai
decreti delegati attuativi della legge delega 57/2016 (in particolare il
D.Lgs. n.116/2017), che ha stabilito i criteri ed i principi direttivi di una
organica, profonda e radicale riforma della disciplina della magistratura
onoraria, nel rigoroso rispetto del principio costituzionale di temporaneità
della funzione, tesa alla semplificazione del contributo offerto alla
funzione giurisdizionale, attraverso il superamento, nella magistratura
onoraria giudicante, della distinzione tra giudici onorari di tribunale e
giudici di pace, riuniti nell’unica categoria dei giudici onorari di pace
(G.O.P.), nonché attraverso l’attribuzione del coordinamento e della
gestione -organizzativa ed amministrativa- ai dirigenti degli uffici
giudiziari presso cui detto personale opera.
Ciò nella prospettiva di un unitario percorso di efficace supporto alla
attività giurisdizionale, nella consapevolezza della progressiva maturazione
ed evoluzione tecnico-professionale dei magistrati onorari; anche per essi,
infatti, operano procedure periodiche di valutazione dei requisiti di
professionalità, autonomia ed indipendenza, del tutto assimilabili a quelle
già da tempo attuate per la magistratura professionale.
6.2. La Sezione Autonoma del Consiglio Giudiziario
È ormai entrata a regime l’attività della sezione per la Magistratura
Onoraria, prevista dal D.Lgs. 92/2016, integrata dalla partecipazione
all’organo di governo autonomo territoriale di due rappresentanti della
magistratura onoraria giudicante e di un rappresentante della magistratura
onoraria requirente. La Sezione Autonoma ha già dato impulso alla seconda
procedura di valutazione periodica della professionalità, diretta alla
conferma dei magistrati onorari del distretto.
Sempre proficuo è il lavoro relativo alla formazione permanente della
magistratura onoraria, su iniziativa dei referenti della formazione
decentrata della magistratura ordinaria in collaborazione con i magistrati
114
onorari delegati alla formazione, in ragione della unitarietà delle esigenze
formative.
6.3. i Giudici Ausiliari presso la Corte d’Appello
Il D.L. 21 giugno 2013 n.69, convertito con modificazioni nella legge 9
agosto 2013 n.98, ha previsto l’attribuzione alla Corte d'Appello di
L’Aquila di dieci giudici ausiliari (G.A.C.A.) da reclutare tra magistrati
in pensione, avvocati e notai. In attuazione di quanto previsto, nel periodo
dal 1 luglio 2018 al 30 giugno 2019 hanno operato presso la Corte di
Appello nove giudici ausiliari, cui è stato affidato il compito di integrare i
collegi della Sezione Civile al fine di agevolare la definizione dei relativi
procedimenti, nella prospettiva dell’abbattimento dell’arretrato
ultrabiennale di detto settore. La legge (art. 68, cpv. legge n. 98/2013)
prevede che ognuno di essi rediga almeno 90 sentenze all’anno, con
l’auspicata previsione di aumento della produttività della Corte di n°900
sentenze civili all’anno. Per quanto l’obiettivo non sia stato pienamente
raggiunto, deve darsi atto con soddisfazione che nel periodo dal
1.7.2018/30.6.2019 i giudici ausiliari in servizio presso la Corte di Appello
di L’Aquila hanno definito con sentenza 682 procedimenti (315 nel
secondo semestre 2018, 367 nel primo semestre 2019) su un totale di 2255
definizioni complessive (con sentenza) pronunciate dalla Sezione Civile,
con una incidenza percentuale del 30,24%.
Tale apporto produttivo, in termini di processi trattati e definiti, è stato
opportunamente convogliato e valorizzato attraverso specifici moduli
organizzativi per l’individuazione dei magistrati di riferimento, per la
formazione dei collegi giudicanti e per la distribuzione degli affari tra i
giudici ausiliari all’interno di ogni gruppo di lavoro, con previsione di
meccanismi rigorosi tesi ad assicurare l’uniformità di indirizzo nella
trattazione degli affari della medesima tipologia, nonché di idonei sistemi
di vigilanza sull’attività dei giudici ausiliari, rimessi ai consiglieri
affidatari, in sinergia con l’attività demandata ai presidenti di sezione o di
collegio. È in corso la verifica annuale prevista dall’art.15 della circolare
n.P17202 del 24 ottobre 2014, approvata con delibera consiliare in data 22
ottobre 2014.
115
Fig. 25 - Magistratura Onoraria
7. Copertura delle piante organiche dei magistrati
e del personale amministrativo
7.1 Magistrati: uffici giudicanti e requirenti
Deve darsi atto quest’anno del miglioramento della situazione.
Gli uffici giudicanti del distretto, su un organico complessivo di 146
magistrati (28 in servizio presso la Corte d’Appello; 106 presso gli
Uffici di primo grado, 5 presso il Tribunale per i Minori; 7 presso gli
Uffici di Sorveglianza), presentano infatti attualmente una scopertura
pari al 6,85% (10 vacanze), fortunatamente diminuita rispetto a quella
dell’anno precedente (pari all’8,22 al % e a 12 vacanze). Tra i magistrati
giudicanti si contano 72 donne e 64 uomini.
Gli Uffici requirenti presentano, invece, una scopertura minore: mancano
solo 2 magistrati su 56 (scopertura del 3,57%), di cui 20 donne e 34 uomini.
116
Si conferma quindi il trend che vede in costante aumento la presenza delle
donne, in coerenza con la percentuale di vincitrici del concorso, negli ultimi
anni spesso superiore alla metà.
Trattandosi in gran parte di donne giovani, per le quali è del tutto normale il
temporaneo allontanamento dal lavoro per congedi parentali (che oggi, a
conferma del progressivo mutamento di mentalità, viene peraltro
frequentemente chiesto anche dai giovani padri) deve ribadirsi la sicura
insufficienza della previsione in pianta organica di due soli Magistrati
Distrettuali, uno giudicante, l’altro requirente.
Si consideri, infatti, che nell’anno in considerazione il M.D. giudicante è
stato impegnato in ben tre uffici diversi e che sono state più volte disattese
le richieste di applicazioni pervenute da altri uffici.
Si guarda quindi con favore all’istituzione delle nuove piante organiche
flessibili di cui alla recente legge finanziaria, da istituire entro tre mesi, che
potranno agevolare il regolare svolgimento dell’attività giurisdizionale, non
solo in caso di assenza dei magistrati, ma in ogni ipotesi di difficoltà degli
Uffici, anche transitoria.
Quanto precede induce a moderato ottimismo, ma resta intatto il problema
della oggettiva incongruenza delle piante organiche rispetto ai carichi di
lavoro, dal punto di vista qualitativo e quantitativo, soprattutto con
riferimento ai Tribunali di L’Aquila (ufficio distrettuale sempre più gravato
da competenze che necessitano di magistrati specializzati) e Teramo. Più in
generale deve ribadirsi che, con l’eccezione di Teramo e Pescara, gli uffici
nel distretto sono caratterizzati, in ragione delle troppo ridotte dimensioni,
da un basso tasso di specializzazione. La gran parte dei magistrati svolge,
infatti, funzioni promiscue, pur essendo un dato ormai acquisito che la
specializzazione, sul campo e previa formazione mirata, è strumento
fondamentale per accrescere la qualità delle sentenze, promuovere la
tendenziale uniformità e stabilità degli indirizzi giurisprudenziali, ed anche
per aumentare la complessiva produttività degli uffici e fronteggiare
adeguatamente la domanda di giustizia.
Il legislatore, peraltro, da anni si muove seguendo tali linee guida, spesso
accentrando le competenze dei tribunali distrettuali (specializzati per i
procedimenti di Protezione Internazionale, in materia di Impresa, il riesame
117
delle misure cautelari e le misure di prevenzione), mentre il CSM spinge
all’adozione di moduli organizzativi (l’Ufficio per il processo) che, per non
rimanere mere formule cartacee, necessitano di adeguate risorse finalizzate,
possibili solo in presenza di carichi di lavoro che ne giustifichino l’utilizzo
esclusivo.
Fig. 26 - Copertura piante organiche magistrati del Distretto al 30
giugno 2019
7.2 Il personale amministrativo
Il mancato accorpamento dei Tribunali infra provinciali, rinviato per
l’ennesima volta per effetto delle proroghe dell’entrata in vigore della legge
di revisione della geografia giudiziaria, ha determinato il sostanziale
congelamento delle piante organiche del personale degli uffici. Con la
conseguenza che le assegnazioni di nuovi assistenti disposte nell’anno 2018
hanno riguardato esclusivamente gli uffici accorpanti di L’Aquila e Chieti,
formalmente assegnatari dell’organico di personale ricomprendente anche
quello previsto per gli uffici sopprimendi di Avezzano, Sulmona, Lanciano
e Vasto. Ciò ha determinato la necessità per la Corte di adottare numerosi
provvedimenti di applicazione infradistrettuale.
118
Qualche correttivo risulta introdotto nell’anno 2019. In seguito alle
sollecitazioni degli uffici il Ministero ha infatti disposto l’assegnazione di
altri assistenti, assunti in seguito allo scorrimento della graduatoria del
concorso bandito nell’anno 2016, direttamente agli uffici sopprimendi, ma si
è dovuto constatare la scarsa “appetibilità” di alcune sedi, soprattutto quelle
della provincia di L’Aquila, che non sono state oggetto di scelta da parte dei
candidati e sono in buona parte rimaste vacanti.
Si auspica pertanto che il Ministero della Giustizia, prevedendo un
ampliamento delle piante organiche di tale profilo professionale, voglia
consentire l’ulteriore scorrimento della graduatoria, presupposto
indispensabile per migliorare la realtà lavorativa negli uffici, anche in
considerazione della circostanza che a causa dei pensionamenti e dell’uscita
dal servizio dei dipendenti per l’introduzione della cosiddetta “quota 100”,
continua a determinarsi l’aggravamento della scopertura dell’organico del
personale in tutti gli uffici.
Risultano, infatti, attualmente carenti le altre figure professionali, in
particolare quelle apicali, e sebbene l’informatizzazione di alcuni servizi
abbia agevolato gli adempimenti (e le conseguenti comunicazioni e
notificazioni telematiche abbiano consentito una riduzione dell’afflusso dei
difensori e del pubblico), l’organico è tuttora sottodimensionato rispetto alle
reali esigenze degli uffici e, quel che più rileva, non raccordato ed adeguato
con l’attuale organico magistratuale aumentato di recente sia per la Corte
che per alcuni Tribunali, con la conseguenza che per assicurare i servizi
minimi essenziali è indispensabile fare ricorso ad applicazioni di personale
da altri uffici giudiziari, in cui la percentuale di scopertura risulta inferiore,
così sottraendo risorse agli stessi.
Alla data del 30 giugno 2019 l’organico della Corte d’Appello presenta le
seguenti 21 scoperture: n. 2 direttori amministrativi, n. 5 funzionari
giudiziari, n. 1 cancellieri, n. 7 operatori giudiziari, n. 2 conducenti di
automezzi e n. 4 ausiliari. La scopertura è pari al 27,27%, in
peggioramento rispetto all’anno precedente e superiore al dato nazionale del
21%
119
Migliori i dati del distretto: la scopertura a livello distrettuale è infatti pari al
18,18 %, dato migliorato rispetto all’anno precedente per effetto
dell’assunzione dei nuovi assistenti giudiziari. Molto più alta la scopertura
del personale UNEP a livello distrettuale, pari al 28,57%.
Per l’anno 2019 la collaborazione con la Regione Abruzzo ha consentito di
ottenere la riassegnazione di 110 tirocinanti negli uffici giudiziari, in
prosecuzione dell’esperienza positiva avviata negli scorsi anni, finalizzata al
rafforzamento delle competenze ed al conseguimento della qualificazione
specialistica di operatore per la gestione degli archivi amministrativi
giudiziari; il positivo apporto di tali lavoratori all’interno degli uffici del
distretto, ormai prossimo al termine, è stato molto apprezzato ma, a causa di
problematiche relative all’ente formatore, il programma è risultato meno
efficiente che in passato. Si auspica, quindi, che la collaborazione con la
Regione possa proseguire, eventualmente migliorando l’efficacia dei
modelli formativi ed organizzativi.
Con rammarico, infine, abbiamo dovuto constatare il mancato inserimento -
rimasto del tutto immotivato- dell’Abruzzo nell’elenco delle regioni italiane
destinatarie dell’avviso di selezione, mediante avviamento degli iscritti ai
centri per l’impiego, finalizzato all’assunzione di n. 616 operatori giudiziari
con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e, più recentemente, di 109
autisti; e ciò nonostante nel distretto siano attualmente scoperti ben 22 posti
di operatori e circa 15 autisti.
Con la conseguenza che i tirocinanti abruzzesi, che vantano esperienza
pluriennale e la più che legittima aspettativa di stabilizzare il lavoro precario
che da anni prestano in favore dell’amministrazione della giustizia, sono
stati ingiustamente privati della possibilità di accedere alla prevista
selezione.
120
Fig. 27 - Copertura piante organiche personale amministrativo del
Distretto al 30 giugno 2019
8. Risorse materiali e strumenti informatici
L’informatizzazione è attualmente adeguata: i giudici e gli impiegati sono
tutti dotati di apparecchi di buona funzionalità; tuttavia in molti uffici le
scansioni processuali non vengono effettuate integralmente in via telematica
e l’utilizzo di tutte le funzionalità delle piattaforme ministeriali risulta
ancora parziale. Gli applicativi attualmente in uso sono i seguenti:
- per il settore penale:
SICP/SIRIS/REGEWEB/CONSOLLE/SIC/SIDET/SIPPI/SIES/S
NT
- per il settore civile: SICID/CONSOLLE
- per la segreteria amministrativa: PERSEO
/SCRIPT@/SIAMM/SICOGE/SIGEG/ESAMI
AVVOCATO/GECO
121
- per il settore spese di giustizia e contabilità: SIAMM/SICOGE;
nell’ufficio del funzionario delegato risulta pienamente operativa
la dematerializzazione dei rendiconti che ha positivamente
coinvolto tutti gli uffici distrettuali.
Le dotazioni informatiche allo stato non risultano completamente sufficienti
a garantire le esigenze dell’ufficio in quanto quelle più datate ed obsolete
non sono in grado di supportare i nuovi programmi ministeriali.
Recentemente la competente Direzione Generale per i Sistemi Informativi
Automatizzati ha preannunciato la fornitura di numerose e nuove postazioni
operative.
Per quanto riguarda la Corte d’Appello i mobili e le suppellettili sono in
buono stato in quanto per la maggior parte di recente acquisizione.
Quanto alla situazione del distretto i Presidenti dei Tribunali riferiscono una
soddisfacente dotazione di locali ed attrezzature informatiche.
8.1 Livelli di attuazione del processo civile e penale telematico
8.1.1 settore civile
Lo stato di informatizzazione del distretto
Tutti gli uffici sono informatizzati con l’uso dei sistemi ministeriali SICID
(Contenzioso, Lavoro, volontaria) e SIECIC (Concorsuali, Esecuzioni
Mobiliari ed Immobiliari -ove di competenza-) che vengono utilizzati in
modo sistematico.
La Consolle del Magistrato è diffusa in tutto il distretto e viene utilizzata
da giudici di tutti gli uffici.
Il sistema Cruscotto, compresi i relativi indicatori concorsuali, è
funzionante a livello distrettuale nella versione SAIKU.
Le statistiche dei sistemi SICID e SIECIC vengono calcolate
trimestralmente e non rilevano errori nelle estrazioni se non in rarissimi
casi. I sistemi SICID e SIECIC alimentano in automatico il sistema Data
Warehouse Nazionale.
L’Archivio Giurisprudenziale è funzionante e alimenta l’Archivio
Giurisprudenziale Nazionale.
122
I sistemi sono configurati per permettere la comunicazione con gli uffici
Affari Civili delle procure e per l’utilizzo della Consolle del PM. Tali
funzionalità verranno attivate, così come da pianificazione DGSIA, a
partire da luglio 2019 a seguito dell’erogazione di specifici corsi di
formazione.
8.1.2 I depositi e le comunicazioni telematiche
Al primo luglio 2018, inizio del periodo di osservazione, i depositi e le
comunicazioni telematiche erano già obbligatori per legge da anni ed il
PCT era già ampiamente utilizzato in tutti gli uffici del distretto. Questo ha
fatto sì che nel corso del periodo di osservazione l’utilizzo delle
funzionalità del PCT è andato sì crescendo ma senza i forti incrementi che
si erano registrati negli anni dell’avvio del PCT; ormai il PCT è una realtà
ben consolidata nel distretto ed il suo utilizzo si avvicina al limite
fisiologico.
I depositi telematici da parte sia dei magistrati che dei professionisti
esterni sono effettuati con regolarità presso tutti gli uffici. Lo stesso può
dirsi per le comunicazioni telematiche: da anni vengono inviati con
successo in modo telematico biglietti di cancelleria (comunicazioni) e
notificazioni ai professionisti esterni (difensori, ctu,). Il sistema, inoltre,
come da specifiche nazionali, invia semi-automaticamente le
comunicazioni di competenza (es. sentenze di fallimento) al sistema
informatizzato delle Camere di Commercio (Infocamere). Infine, a partire
da aprile 2017, è stato attivato un meccanismo di dialogo telematico
(denominato “trasmissione”) verso soggetti terzi, non censiti come “parti”
nel procedimento, ma destinatari per legge di comunicazioni (esempio gli
Uffici di Stato Civile del Comune a cui vanno inviate le comunicazioni
relative a separazioni e divorzi). Tale sistema, tuttavia, è ancora poco
utilizzato nel distretto. Tutti gli uffici utilizzano
comunicazioni/notificazioni/infocamere. Solo due uffici utilizzano le
trasmissioni.
Tutti gli uffici provvedono con regolarità alla digitalizzazione degli atti
nativi cartacei per tutte le materie.
123
Non ancora grande diffusività ha avuto il pagamento del contributo
unificato con modalità telematica.
Quanto alle modalità di estrazione di copia degli atti, soprattutto di
quelli di provenienza del giudice, si riscontra una sensibile diminuzione
(segnalata da diversi Uffici) delle istanze rivolte alla cancelleria, essendo
in crescente aumento il numero dei casi in cui gli avvocati si avvalgono
del potere di autenticare le copie informatiche degli atti processuali
riconosciuto dall'art. 16 bis, comma 9 bis, del D.L. n. 179/12.
La progressiva implementazione del processo civile telematico ha
determinato, come conseguenza immediata, una corrispondente riduzione
degli accessi in cancelleria da parte degli avvocati.
8.1.3 Uffici del Giudice di Pace
Lo stato dell’informatizzazione è allineato con le direttive nazionali della
DGSIA.
Il sistema ministeriale per la gestione dei registri civili SIGP è utilizzato in
modo sistematico da tutti gli uffici del giudice di pace delle otto sedi di
circondario. Il sistema è utilizzato, almeno per la gestione del corrente,
anche nelle sei sedi passate sotto la gestione degli enti locali (D.L.gs.
156/2012) e ad oggi attive: Atri, Castel di Sangro, Gissi, Guardiagrele,
Penne e Pescina.
Il sistema statistico integrato nel SIGP funziona correttamente.
Per quanto riguarda le funzionalità del processo civile telematico il SIGP
nel distretto è al passo con lo stato dell’arte generale a livello nazionale
secondo le direttive DGSIA. In particolare supporta un minimo di funzioni
del PCT (es. consultazione telematica dei registri) ed è stato configurato il
sistema per permettere l’invio delle comunicazioni telematiche al pari di
quanto già avviene per i sistemi SICID e SIECIC dei tribunali. L’avvio di
tale sistema, in modo sperimentale, è stato pianificato da DGSIA per luglio
2019 a seguito dell’erogazione di specifici corsi di formazione online per il
personale di cancelleria. A partire da maggio 2019 è iniziata la bonifica
delle anagrafiche del SIGP, condivise a livello distrettuale. L’obiettivo è
quello di eliminare le incongruenze presenti nelle anagrafiche del SIGP
(duplicazioni e mancanza dei codici fiscali) che non permettono la corretta
individuazione della pec del professionista destinatario della
124
comunicazione. Tali incongruenze sono un retaggio dell’accorpamento
sotto un unico sistema centralizzato dei tanti sistemi indipendenti
inizialmente dislocati presso le sedi dei singoli uffici e del fatto che in
passato non era obbligatorio specificare con esattezza il codice fiscale né
negli atti né nelle anagrafiche. La bonifica, su disposizione DGSIA, è stata
condotta per tutto il distretto dall’Ufficio del Giudice di Pace di L’Aquila
che è stato chiamato a bonificare un elenco di professionisti con anagrafica
palesemente errata e fascicoli attivi nel distretto. L’attività è stata ultimata
a giugno 2019, ma non ha pulito tutta l’anagrafica in quanto permangono
professionisti che non avevano fascicoli pendenti al momento della
rilevazione o la cui anagrafica non è palesemente errata. Queste
incongruenze saranno evidenti solo al momento in cui si tenterà di inviare
una comunicazione agli stessi, per cui l’opera di bonifica è destinata a
durare ancora per molto tempo.
8.1.4 Uffici Minorili
Il sistema ministeriale per la gestione dei registri SIGMA è usato in modo
corrente dagli Uffici Minorili di L’Aquila.
Il Punto di Trasmissione per l’invio in automatico delle informazioni alla
Banca Dati nazionale delle Adozioni è configurato ed attivo.
Il servizio di SPOOLING SERVICE per l’invio e la ricezione delle
comunicazioni telematiche via PEC dal SIGMA è istallato e configurato
ma non è attivo in quanto si è rilevato un malfunzionamento che in alcuni
casi particolari comporta l’invio di comunicazioni all’avvocato sbagliato,
violando così la privacy del minore. Si è in attesa di un aggiornamento del
sistema per procedere all’attivazione.
8.1.5 L’udienza telematica
La gestione della udienza telematica pone ancora alcuni problemi, dal
momento che la digitalizzazione nativa del fascicolo non è stata
accompagnata da una digitalizzazione dell’”hardware” dell’udienza, e cioè
delle aule che, nella maggior parte dei casi, con alcune eccezioni virtuose,
sono sfornite di computer per le parti, sicchè è stata rimessa all’autonomia
degli attori del processo l’individuazione di modalità di formazione
digitale del verbale.
125
Nella gran parte dei Tribunali, a causa della cronica carenza di personale
di Cancelleria, i verbali sono redatti dai magistrati, anche con l’ausilio dei
giudici onorari e dei tirocinanti ex art.73 L. 98/2013, oltre che
(frequentemente e come di consueto) con la collaborazione degli avvocati,
che predispongono parti dei verbali (quelle relative alle loro deduzioni e
richieste) con l’utilizzo dell’applicazione web “note di udienza”.
8.1.6 Le best practices e i progetti di innovazione
In alcuni Uffici Giudiziari (Corte d’Appello, Tribunale di Vasto), sono
stati stipulati con l’Avvocatura i Protocolli sul Processo Civile
Telematico, finalizzati a disciplinare in modo uniforme (nel rispetto della
disciplina normativa di riferimento) sia la udienza telematica, sia le
modalità di trasmissione degli atti e dei documenti, sia i criteri di
redazione degli atti telematici e dei provvedimenti giudiziari.
Presso il Tribunale di Chieti è in via di adozione un progetto
organizzativo per l’ufficio delle esecuzioni immobiliari, in attuazione
degli indirizzi del CSM in tema di estensione di buone prassi catalogate
nel territorio nazionale (cfr. delibera del 07.07.2016, istitutiva del manuale
delle buone prassi); il Consiglio, infatti, ritiene “strategico” il settore
dell’espropriazione immobiliare per le molteplici implicazioni che il suo
buon funzionamento può produrre tanto da aver istituito l’Osservatorio
per l’efficienza delle procedure esecutive e l’attuazione delle buone
prassi, con compiti di ausilio sia per il Consiglio, sia per gli uffici
giudiziari.
Il “Repertorio della Giurisprudenza e delle Prassi del Tribunale di
Pescara” ed il progetto di “Repertorio Giurisprudenziale Distrettuale”.
La Banca Dati della Giurisprudenza Distrettuale costituisce un “progetto
pilota”, elaborato nel 2017 dal dott. Gianluca Falco, oggi Presidente della
Sezione civile presso il Tribunale di Chieti, all’epoca referente per il settore
civile/lavoro dell’Ufficio per l’Innovazione Distrettuale.
Scopo del progetto è, da un lato, quello di fornire ai Magistrati e agli
Avvocati del Distretto un agevole strumento di conoscenza, di reperimento
informatico e di diffusione – anche attraverso le attuali risorse del processo
civile telematico – dei “precedenti” giurisprudenziali d’interesse (come di
126
volta in volta previamente selezionati, classificati ed indicati nei loro
estremi dai Magistrati estensori), dall’altro quello di costituire un canale di
monitoraggio costante delle prassi giurisprudenziali seguite dagli Uffici
Giudiziari nei vari settori del contenzioso e, soprattutto, in quelli relative
alle cause cd. “seriali”.
Nel contempo, ulteriore obiettivo perseguito è quello di realizzare –
attraverso la creazione di una apposita sezione (“Reports – art. 47 quater
O.G.”) della Banca Dati – anche una raccolta ufficiale del contenuto e degli
esiti (sintetizzati in modo impersonale) delle discussioni periodiche dei
Magistrati degli Uffici Giudiziari, aderenti all’iniziativa, su questioni
giuridiche d’interesse, in occasione delle riunioni ex art. 47-quater, Legge n.
12/41: il tutto, nella consapevolezza del rilievo che lo scambio di
informazioni e di esperienze giurisprudenziali che si realizza in quel
contesto assume per l’approfondimento di tematiche giuridiche nuove,
ovvero controverse, così come per la elaborazione, da parte dei Magistrati
dell’Ufficio, di orientamenti condivisi su questioni seriali, la cui previa
conoscibilità assume importanza centrale anche in una ottica di prevedibilità
delle decisioni e, con essa, di riduzione del contenzioso.
La Banca Dati della Giurisprudenza Distrettuale -realizzata
informaticamente su software fornito gratuitamente dalla società gestrice del
sito istituzionale del Tribunale di Pescara- contiene, ad oggi, circa 300
provvedimenti giudiziari emessi dai Tribunali di Pescara e di Chieti,
completamente “anonimizzati” (attraverso la collaborazione degli stagisti in
tirocinio presso il Tribunale di Chieti), muniti della relativa classificazione
tematica degli aspetti di interesse (redatta dallo stesso estensore del
provvedimento) e reperibili dall’utente sul data base attraverso una pluralità
di canali di ricerca (per numero della sentenza; per RG della causa, per
parola chiave, per area tematica, per nominativo del Giudice estensore).
La Banca Dati contiene altresì diverse decine di “reports” degli orientamenti
su varie questioni giuridiche condivisi dai Tribunali di Chieti e Pescara in
occasione delle riunioni bimestrali di cui all’art. 47 quater O.G.
La Banca Dati della Giurisprudenza Distrettuale è liberamente consultabile
sulla rete internet (senza necessità di password), oltre che sui siti
istituzionali dei Tribunali di Chieti e di Pescara, anche sul nuovo sito, ad
127
essa dedicato, www.giurisprudenzaabruzzo.it, sito realizzato gratuitamente
dalla società gestrice del sito istituzionale del Tribunale di Pescara.
È in corso di realizzazione la “mailing list della giurisprudenza
distrettuale”, che sarà condivisa da tutti i Magistrati, togati ed onorari, e da
tutti gli avvocati del Distretto che vorranno aderirvi e che sarà dedicata alla
diffusione periodica delle “news” di volta in volta pubblicate sul sito
www.giurisprudenzaabruzzo.it,
La Banca Dati della Giurisprudenza Distrettuale costituisce, pertanto,
anche attuazione delle previsioni normative e delle risoluzioni del Consiglio
Superiore della Magistratura in tema di istituzione dell’Ufficio per il
Processo, assurgendo a strumento di formazione professionale continua
anche per la Magistratura Onoraria e per gli stagisti in tirocinio presso gli
Uffici Giudiziari; costituisce altresì, in coerenza con l’istituzione della
Banca Dati Nazionale della Giurisprudenza di merito, un contenitore della
giurisprudenza distrettuale più rilevante, da cui il R.A.M. (Referente Archivi
di merito), all’uopo già coinvolto nel progetto, potrà attingere i precedenti
giurisprudenziali utili per la Banca Dati Nazionale.
8.2 settore penale
Il SICP è utilizzato da tutti gli uffici giudiziari del Distretto, Giudici di pace
(anche quelli “comunali”) compresi.
La razionalizzazione del sistema di gestione delle fasi del procedimento
penale ha ricondotto tutti gli applicativi nell’ambito del SICP.
Gli unici non rientranti in SICP sono Document@ e SNT.
Quanto al primo, esso è diretta evoluzione del TIAP, l’unico sistema
documentale supportato ed implementato dal Ministero per la gestione
informatica del fascicolo penale (sia nella fase delle indagini preliminari che
nella fase dibattimentale), installato in tutti gli uffici del distretto e utilizzato
prevalentemente dalle procure. L’UDI Penale si è particolarmente
impegnato nell’informare i capi degli uffici del distretto, mediante note
dettagliatamente illustrative, delle potenzialità della gestione informatica del
fascicolo, attraverso l’integrazione di atti, documenti e supporti
multimediali formati e acquisiti nel corso delle diverse fasi del
procedimento di I grado (GIP, GUP, Tribunale del Riesame), con l’obiettivo
128
di una piena digitalizzazione del fascicolo attraverso la scansione, la
classificazione, la codifica e l’indicizzazione degli atti, suscettibili così di
una agevole ricerca testuale, consultazione e stampa.
Nel Distretto, ha svolto la funzione di ufficio pilota la Procura di Pescara,
dove già sono stati formati gli utenti e sono stati conseguentemente attivati i
seguenti servizi: Ufficio 415 bis – Servizio Front Office: Consultazione
Sportello Avvocati e Ufficio Dibattimento Procura di Pescara – Servizio
Front Office/Consultazione Sportello Avvocati.
Tale modello organizzativo, peraltro molto apprezzato dall’avvocatura, è
stato brillantemente recepito, mediante un training on job, dalla Procura di
Chieti.
La Procura di Chieti, in collaborazione con i RID, è riuscita altresì, in
brevissimo tempo, a rendere attive numerose postazioni TIAP nelle aule di
udienza a favore sia del Pubblico Ministero che del Giudice. L’obiettivo di
efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa è stato massimo, sia
perché TIAP ha consentito all’ufficio di procura di ridurre gli orari di
apertura al pubblico delle cancellerie, ampliando al contempo gli orari di
ricezione telematica degli atti (ciò che è confluito in uno specifico
Protocollo sottoposto all’UDI), sia perché ha determinato una diminuzione
dell’uso della carta addirittura del 50%.
Inoltre, sempre a Chieti, Procura e Tribunale, in costante contatto con i
tecnici della DGSIA, stanno sperimentando GIADA2, l’applicativo del
modulo CONSOLLE di SICP, che consente le assegnazioni della prima
udienza per il settore penale del Tribunale, sia per i procedimenti collegiali
che per quelli monocratici.
Su impulso dell’UDI Penale (che ha trasmesso ai Dirigenti una
comunicazione), alcuni Uffici hanno richiesto ed ottenuto l’autorizzazione
alla sperimentazione degli applicativi “Atti e Documenti 2” (modulo
multifunzione dell’applicativo SICP) e “Modello 37”, funzionale alla
gestione informatica del registro delle intercettazioni telefoniche.
Quanto a SNT, ossia l’applicativo, direttamente collegato al REGINDE, che
gestisce le notifiche telematiche in ambito penale, nel periodo 1 Luglio 2018
- 30 Giugno 2019 nel Distretto di L’Aquila sono state consegnate 189.594
notifiche e comunicazioni.
129
Va poi segnalato il progetto “Giurisprudenza Penale”, che sta per
svilupparsi in un’area riservata del sito web della Corte d’Appello di
L’Aquila. Ad essa potranno accedere i magistrati giudicanti e requirenti del
Distretto, previa autenticazione mediante credenziali che verranno rilasciate
singolarmente. Gli utenti avranno la possibilità di effettuare la ricerca di
tutte le sentenze (il sistema è stato settato anche per l’eventuale inserimento
di provvedimenti di altra natura, quali decreti e ordinanze) pronunciate dalla
Corte di Appello (e, in prospettiva futura, anche degli uffici di primo grado),
per “testo libero” (ad esempio, digitando vocaboli menzionati nel
documento di interesse), ovvero inserendo numerose voci di classificazione
di rilievo giuridico relative al diritto penale sostanziale e processuale.
L’utile ampiezza di tali metodi di ricerca è resa possibile dal fatto che il
personale amministrativo della Corte d’Appello, al momento della scansione
della sentenza, dispone di un applicativo OCR con riconoscimento del testo.
La fruizione dei documenti presenti in tale banca dati non incide sugli attuali
sistemi di comunicazione dei provvedimenti fra uffici giudiziari previsti
dalla normativa in vigore, bensì soddisfa finalmente l’annosa e sempre più
avvertita esigenza di conoscenza delle decisioni della corte territoriale,
consentendo così non solo di informare l’accusa e l’estensore di primo
grado della sorte della sentenza, ma anche e soprattutto di introdurre
l’attuazione del principio di prevedibilità della decisione, favorendo una
proficua circolarità di interpretazioni e, progressivamente, una uniformità di
orientamenti.
L’UDI ha poi di recente creato il sito
https://mingiustizia.sharepoint.com/sites/UDIPENALELAQUILA, sul quale
sono stati resi accessibili notizie, aggiornamenti e soprattutto il materiale
informativo riguardante gli applicativi e i gestori documentali indispensabili
per l’avvio del processo penale telematico. Esso consente altresì uno
scambio di file e di commenti.
Dopo una prima fase in cui l’accesso al sito è stato riservato ai soli
MAGRIF del Distretto (sia Giudicanti che Requirenti), si è recentemente
deciso di consentire l’accesso al sito a tutti gli operatori registrati col
dominio @giustizia.it, proprio al fine di rendere più rapida possibile
l’informatizzazione degli uffici del distretto consentendo altresì un proficuo
scambio di informazioni con Magrif e Rid di altri distretti.
130
Nella “sezione documenti”, vi sono inoltre manuali, guide e video tutorial di
alcuni applicativi, tra i quali anche quelli relativi alla piattaforma Office
365, con particolare riferimento al servizio Cloud denominato OneDrive.
Infine, l’UDI PENALE ha collaborato nella elaborazione del protocollo di
gestione dell’applicativo ReGeWeb per la comunicazione delle sentenze alla
Procura Generale, sottoscritto da tutti i capi degli Uffici.
8.3 Tribunale di sorveglianza
Sono in uso tutti gli applicativi ufficiali per la gestione dei servizi
amministrativi e giudiziari; la dotazione di hardware risulta adeguata a
seguito dell’assegnazione di 10 nuovi PC da destinare al personale
neoassunto e per la sostituzione degli hardware ormai fuori garanzia.
Sono state implementate nuove modalità di trasmissione delle fatture al
Funzionario delegato attraverso il sistema SIGOCE; è stato implementato
l’uso delle comunicazioni telematiche per l’invio e la ricezione degli atti
istruttori, nonché l’uso della videoconferenza per la partecipazione a
distanza dei detenuti divenuta obbligatoria per i detenuti per i reati di cui
all’art. 51 comma 3 bis c.p.p. e 407 comma 2 lett.a n. 4 c.p.p. e possibile per
i detenuti fuori dalla Circoscrizione del Tribunale di Sorveglianza (a
seguito della modifica degli artt. 146 bis e 45 bis disp.att. c.p.p. di cui
all’art. 1 della legge 103 del 2017 entrata in vigore per le disposizioni in
materia di videoconferenze dal 15 febbraio 2019); nel corso del 2019 è stato
avviato il sistema di notifiche telematiche (SNT) che, entrato a regime il 15-
09-2019, oltre a rendere più efficace e rapida l’effettuazione di notifiche e
comunicazioni, consentirà la creazione di un registro informatico dei
provvedimenti, imponendo la scannerizzazione degli stessi.
9. La formazione decentrata
Con la Corte d’Appello, per quanto attiene alla formazione permanente
(Dlg.vo 26/2006), interloquisce la struttura territoriale per la formazione
decentrata della Scuola Superiore della Magistratura, che ha un ruolo
fondamentale per la qualificazione e l’aggiornamento professionale dei
magistrati, togati e onorari, del distretto. La formazione, infatti, costituisce
131
uno dei presupposti della legittimazione dell’operato del magistrato, della
sua professionalità e, quindi, della sua indipendenza, avendo ad oggetto non
solo la preparazione tecnico-giuridica, ma anche la piena consapevolezza
del proprio ruolo e degli effetti del proprio agire. Ci dice il CSM, anche in
base ai deliberati del Consiglio d’Europa, che la formazione deve essere
concepita non solo come facoltà del magistrato, ma come dovere
deontologico all’aggiornamento e alla crescita professionale, in un percorso
che deve vedere la contaminazione tra saperi giuridici e altre competenze,
soprattutto di natura scientifica, in un’ottica comune con gli avvocati, con i
quali vi è piena collaborazione nelle nostre iniziative decentrate.
Nel periodo dal 1.7.2018 al 30.6.2019, i referenti della SSM per il distretto
di Corte d’Appello di L’Aquila hanno organizzato seminari volti
all’aggiornamento professionale, mirati su specifiche esigenze formative o
su questioni particolarmente recenti, in ossequio al principio di
“complementarietà qualitativa” di cui alla risoluzione della Scuola Superiore
della Magistratura n. 721/2013, senza far mancare il loro sostegno ad
iniziative formative di natura più latamente culturale, idonee a consolidare
negli operatori della giurisdizione il senso di lealtà costituzionale e di difesa
dello stato di diritto.
Il 15 novembre 2018 in collaborazione con l’ANM distrettuale e il MIUR, si
è tenuto a Pescara il seminario “A ottanta anni dalle leggi razziali: per
non dimenticare”, con la partecipazione del presidente emerito della Corte
di Cassazione, dott. Canzio, la Presidente dell’Unione delle Comunità
Ebraiche, dott.ssa Di Segni, il sig. Sami Modiano, sopravvissuto al campo di
sterminio di Auschwitz, ed altri autorevolissimi relatori, esteso alla
partecipazione di molti studenti, con l’intento di riflettere su un periodo
tragico della storia recente e sul ruolo tenuto in quegli anni bui dalla
magistratura italiana.
Nel medesimo solco, e di nuovo con il fondamentale contributo del MIUR
che ha coinvolto gli studenti di alcuni licei del distretto, si è situato
l’incontro del 3 maggio 2019, tenuto presso la Corte d’Appello di L'Aquila,
sul tema “I processi per i crimini di guerra tedeschi in Italia”, che ha
visto nuovamente la partecipazione del Pres. Canzio e della Pres. Di Segni,
e nel ruolo di relatore il Procuratore Generale Militare di Roma, dott. De
Paolis, che ha approfondito la storia recente di processi tenutisi a molti anni
132
di distanza dagli eccidi che hanno insanguinato l’Italia nella fase finale della
guerra.
Grande partecipazione e commozione ha suscitato il seminario su “I diritti
infranti: strategie del terrore e le risposte dello Stato. Dalle esperienze
interne del passato, alla prevenzione dei nuovi terrorismi”, tenuto il 1
febbraio 2019 a Pescara, cui hanno partecipato anche i figli di tre note
vittime degli anni di piombo, i magistrati Alessandrini e Galli, il giornalista
Tobagi.
Si è scelto, inoltre, di ampliare l’offerta formativa multidisciplinare,
organizzando corsi su “Dipendenza affettiva e amore patologico.
L'intervento giudiziario” tenuto il 4.6.2019 a L’'Aquila e su “La riforma
delle procedure concorsuali: cosa cambia. Profili civili e penali. Sinergie
tra Sezione Fallimentare e Procura della Repubblica”, tenuto il
14.12.2018, a Pescara, mentre hanno affrontato temi più strettamente penali
i corsi su “Le recenti novità legislative in materia penale: una prima
lettura” (31.5.2019, Pescara) e su “Giustizia riparativa e dintorni: la
messa alla prova dell'imputato, l'estinzione del reato per condotte
riparatorie, l'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto
(26.10.2018, Pescara).
Particolare attenzione, come sempre è stata data alla formazione dei
Magistrati Ordinari in Tirocinio, avendo i formatori decentrati
collaborato alla stesura del programma di tirocinio unitamente ai due
magistrati coordinatori per il settore civile e per il settore penale.
La formazione decentrata provvede poi a diffondere a tutto il Distretto, con
cadenza trimestrale, l’informazione periodica (rassegna di novità
legislative, di giurisprudenza e di dottrina in ambito nazionale e
sovranazionale, sia per il settore civile, sia per il settore penale).
Quanto alla formazione internazionale, nell’ambito del “Progetto europeo
Gaius per il rafforzamento della cultura giuridica europea dei magistrati
italiani” (di cui alla delibera del CSM 13.4.2011 e succ.), il distretto ha
fornito la disponibilità per i progetti di scambio organizzati dalla Rete
europea di formazione EJTN, ospitando (nell’autunno 2018), sia scambi
individuali che tra capi degli uffici, oltre che scambi su materie
specialistiche in lingua straniera.
133
I colleghi stranieri (ben 12), provenienti da diversi paesi Europei
(Inghilterra, Germania, Francia, Slovacchia, Spagna, Finlandia), pur facendo
riferimento ai Tribunali di L’Aquila, Pescara e Chieti, hanno potuto visitare
numerosi Uffici del Distretto, sia di primo che di secondo grado, partecipare
ad udienze, seminari (tra cui quello in occasione della “Giornata europea
della Giustizia Civile”, tenuto il 30.10.2018 presso la Corte d’Appello),
confrontarsi proficuamente e discutere di tematiche comuni.
10. I tirocini formativi
L'art. 73 D.L. 69/2013, convertito con modificazioni dalla l. 98/2013, ha
previsto che gli Uffici giudiziari possano reclutare giovani laureati, chiamati
a svolgere la loro attività nell'ambito di un periodo di tirocinio formativo
della durata di 18 mesi, tanto nel settore civile che in quello penale. Gli
stages in parola, da un lato, favoriscono la formazione teorico-pratica dei
migliori laureati in giurisprudenza, consentendo loro di approfondire ed
affinare, mediante la verifica sul campo, le conoscenze acquisite durante gli
studi universitari e di tradurle in adeguate competenze, e, dall'altro, offrono
un importante supporto allo svolgimento delle attività istituzionali degli
uffici giudiziari e dei magistrati contribuendo a rendere più efficiente e
sollecita la risposta di giustizia degli uffici cui i predetti sono destinati. Al
termine del tirocinio gli stagisti possono accedere al concorso in
magistratura senza aver previamente frequentato una scuola di
specializzazione ed il tirocinio viene considerato valido anche ai fini della
pratica forense. Si tratta quindi di uno strumento che può essere considerato
di indubbia utilità sia per la formazione degli stagisti, sia per coadiuvare il
giudice nel lavoro preparatorio di studio e di redazione dei provvedimenti di
minor rilievo. Ed infatti, in base al summenzionato D.M. 1/10/2015 se ne
può tenere conto ai fini dell’articolazione dell’ufficio del processo.
Presso la Corte di Appello di L’Aquila, alla data del 30 giugno 2019,
risultavano in corso n°4 tirocini (n°5 sono in corso all’attualità). Altri n°4
stagisti hanno concluso il tirocinio nel periodo dal 01.07.2018 al
30.06.2019, mentre un ulteriore stagista è stato ammesso al tirocinio ed è in
procinto ad iniziarlo. Attualmente gli stagisti in tirocinio presso la Corte di
134
Appello assistono alle udienze collegiali, prendono parte alle camere di
consiglio, preparano la relazione al fascicolo di volta in volta loro assegnato,
previo studio accurato dello stesso, raccogliendo e selezionando precedenti
giurisprudenziali pertinenti, provvedono, sotto la supervisione del magistrato
affidatario, alla stesura di bozze di sentenza.
La Presidenza, come già negli anni passati, intende utilizzare pienamente e
nel maggior numero possibile gli stagisti. A tal fine si è ritenuto di
abbandonare la precedente formula rigida di reclutamento, basata su
periodici bandi di selezione, adottando invece un sistema di reclutamento
più elastico, mediante previsione di un bando “aperto”, consentendo così
agli stagisti di proporre la propria domanda di ammissione, dopo aver
maturato i requisiti, durante il corso dell’intero anno. Sotto la supervisione
di un magistrato coordinatore degli stages, sono state altresì determinate le
modalità di svolgimento dei percorsi formativi e del lavoro di assistenza al
magistrato. Il numero di stagisti che complessivamente possono essere
utilizzati è condizionato dalle manifestazioni di disponibilità dei magistrati a
rendersi assegnatari di questi giovani (la legge consente non più di due
stagisti per ciascun magistrato). Trattandosi di giovani con un’ottima
preparazione di base ed un genuino entusiasmo, il giudizio sul loro operato è
stato sinora sempre ampiamente positivo.
L’attuazione di tale progetto presso la Corte di Appello di L’Aquila ha
permesso il perseguimento di buoni risultati, anche in termini di efficienza e
produttività. Infatti, accanto agli obiettivi di formazione professionale cui
l’istituto è principalmente finalizzato, positive - anche se di difficile
quantificazione - sono state le ricadute in termini di contributo nella
definizione dell’arretrato, perseguite attraverso la creazione di nuovi modelli
organizzativi finalizzati al miglioramento delle perfomances complessive
dell’Ufficio. Altrettanto positivi sono gli effetti benefici sul tessuto sociale
ed economico del territorio, che può avvalersi di un sistema giustizia
migliore, venendo assicurata parallelamente la formazione dei giovani
laureati più meritevoli, ai quali viene consentita la preziosa possibilità di
una formazione “sul campo”.
La Presidenza della Corte di Appello di L’Aquila svolge altresì una
funzione di indirizzo e coordinamento di tutti i tirocini in corso nei
Tribunali del distretto.
135
Alla data del 30 giugno 2019 erano impegnati nell’espletamento del
tirocinio formativo presso gli Uffici Giudiziari Giudicanti del distretto della
Corte di Appello di L’Aquila n°55 tirocinanti ex art.73 d.l. 69/2013, mentre
n°56 stages sono in corso all’attualità.
Nell’esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento di tutti i
tirocini in corso negli uffici giudicanti del distretto sono stati coinvolti,
avvalendosi della delega prevista dal punto 3 della Risoluzione SSM del
14.5.2014, i Magistrati Referenti per la Formazione Decentrata, i quali sono
stati incaricati di predisporre l’anagrafe distrettuale degli stagisti e di redigere
un programma formativo comune a livello distrettuale, assicurando la
partecipazione degli stagisti a tutti i corsi di formazione decentrata organizzati
nel distretto e garantendo un indispensabile raccordo tra tutti gli uffici
giudiziari, al fine di una gestione unitaria e coordinata dei tirocini.
In tale contesto si è provveduto (come previsto dall’art. 2 comma 1 lett. C
d.lgs. n.26/2006) ad elaborare uno specifico programma formativo, in
ossequio all’indirizzo dato dalla Presidenza della Corte d’Appello sin dal
18.9.2015, d’intesa con i magistrati referenti per la formazione decentrata e
previa consultazione dei Capi degli Uffici, rivolto a gruppi omogenei di
tirocinanti (ex art. 73 del d.l. 21 giugno 2013 n.69, convertito in L. 9.8.2013
n.98).
Ad oggi, il programma ha avuto ad oggetto, nel periodo di riferimento,
seminari in materia di “Responsabilità medica in ambito civile" e di “Danno
non patrimoniale” (per il settore civile) ed in materia di “Prova
testimoniale”, di “Concorso di norme, concorso di reati e reato continuato”,
di “Invalidità: nullità, inammissibilità, inutilizzabilità” e di “Reati aggravati
dall’evento e preterintenzione” (per il settore penale).
È stato privilegiato un taglio di natura teorico-pratica ed interattiva, nel
senso che, ad un primo inquadramento dei vari istituti in termini teorici,
segue l’approfondimento giurisprudenziale e l’eventuale discussione di casi
scaturiti dalla pratica, in modo da favorire la partecipazione attiva ed il
dibattito tra i giovani partecipanti, ai quali viene anche richiesto di illustrare
casi pertinenti effettivamente trattati con i Magistrati affidatari, e di
esercitarsi nella redazione di brevi elaborati, da sottoporre ad una
136
discussione finale. Attualmente è in corso di elaborazione il programma
formativo per il periodo gennaio 2020-2022 che seguirà analogo indirizzo.
Nell’ambito dei compiti delegati ai magistrati referenti per la formazione
decentrata (punto 3 Risoluzione SSM del 14.5.2014), si è provveduto a
registrare le presenze dei tirocinanti ai corsi di formazione espressamente
previsti come obbligatori per i tirocinanti, nonché a quelli organizzati per la
formazione permanente dei magistrati a livello territoriale, a mantenere un
elenco completo ed aggiornato di tutti i tirocinanti del distretto, con
l’indicazione della data d’inizio e di fine tirocinio, nonché il nominativo del
magistrato affidatario-formatore e il settore di specializzazione, previo
coordinamento con tutti gli uffici.
La partecipazione ai suddetti corsi è da ritenersi obbligatoria, così come
per quelli organizzati dalla formazione decentrata permanente, ad eccezione
di quei corsi che, per il loro contenuto specialistico, verranno indicati di
volta in volta come facoltativi; la partecipazione è aperta anche ai tirocinanti
ex art. 37 Legge 111/2011 e alla magistratura onoraria.
Si sta operando per stipulare un protocollo con il Consiglio dell’Ordine,
con le Scuole forensi e con le Scuole di specializzazione per le Professioni
legali perché, nella fissazione dei rispettivi calendari, non si creino
sovrapposizioni, sì da permettere ai tirocinanti di partecipare anche alle
iniziative organizzate dai suddetti organismi; tuttavia, ad oggi, non sono
state segnalate problematiche di sorta, anche perché i corsi sono
programmati e annunciati con largo anticipo.
L’obiettivo rimane quello di individuare il miglior contemperamento tra
le esigenze formative dei tirocinanti e le esigenze di collaborazione negli
uffici, meglio assistite da una continuità dell’esperienza di affiancamento al
magistrato. Gli uffici del distretto hanno finora operato in modo non
omogeneo, privilegiando alcuni la continuità nell’affidamento, nell’ottica
della costituzione dell’ufficio del processo, tendenzialmente stabile,
privilegiando altri la completezza dell’esperienza del tirocinante, che in
genere divide a metà, tra civile e penale, i diciotto mesi stabiliti per la durata
del tirocinio. A livello distrettuale, l’impostazione dei tirocini appare oggi
prevalentemente di tipo “tematico”, seppure per macroarea, costituita
137
dall’assegnazione del tirocinante al settore civile o penale per tutta la durata
del tirocinio, quantomeno in via preponderante.
Va ribadito che l’attivazione dei tirocini nei vari uffici giudiziari del
distretto costituisce un elemento di non trascurabile importanza anche per il
sistema universitario regionale, tenuto conto dell'interesse dell’unico Ateneo
abruzzese che ha un corso di laurea di giurisprudenza (Università di
Teramo) teso sia a verificare gli esiti e gli sviluppi dei percorsi formativi dei
propri laureati, che ad analizzare - mediante un'attività di osservazione,
monitoraggio e studio - l'impatto che essi hanno avuto o potranno avere
sulla complessiva risposta di giustizia.
11. Il Consiglio Giudiziario
L’attuale Consiglio Giudiziario presso la Corte di Appello di L’Aquila,
insediatosi nell’aprile 2016 ed ormai prossimo alla scadenza (aprile 2020), ha
proseguito la sua attività di articolazione a livello distrettuale del Consiglio
Superiore della Magistratura, nel periodo compreso tra il 1° luglio 2018 ed il
30 giugno 2019, fornendo un contributo prezioso all’amministrazione della
giustizia nel distretto, operando con serenità, competenza e sostanziale
concordia di intenti e metodi di lavoro, con ampio coinvolgimento
dell’Avvocatura, cui sin dal 2009 il Regolamento (art.12, anche nel nuovo
testo approvato nella seduta del 29 novembre 2016) garantisce il c.d. diritto
di tribuna (ovvero di assistere alle adunanze del Consiglio in composizione
“ristretta”, che si occupa, tra l’altro, delle valutazioni di professionalità dei
magistrati del distretto).
Si tratta di un tema che continua a suscitare un animato dibattito all’interno
della magistratura associata e delle sue componenti culturali, così come nei
rapporti con gli ordini forensi. L’esperienza abruzzese, ormai risalente nel
tempo, offre un bilancio di segno certamente positivo, non essendosi mai
verificate interferenze non consentite ed avendo i rappresentanti degli ordini
forensi offerto con grande correttezza ed imparzialità il loro prezioso
contributo di effettiva conoscenza delle diverse realtà.
138
All’attuale Consiglio Giudiziario, quindi, oltre alla componente togata
elettiva, partecipa attivamente, in entrambe le composizioni, una qualificata
presenza esterna composta da avvocati designati dai consigli degli organi
forensi, su nomina del Consiglio Nazionale Forense, e da un professore
universitario in materie giuridiche nominato dal Consiglio Universitario
Nazionale, su designazione del preside della facoltà di giurisprudenza
dell’Università di Teramo, l’unica del distretto. Tale architettura assicura un
prezioso inserimento ed una diretta partecipazione di tali componenti
esterne, in forma di pareri e/o di vigilanza, sulle soluzioni organizzative
degli uffici giudiziari e, più in generale, sull’andamento del servizio
giustizia nel distretto.
Prosegue la prassi, avviata sin dal 2009, di tenere anche sedute “itineranti”
presso le otto sedi di Tribunale del distretto, sulla base di un calendario,
prestabilito e concordato, di incontri con i dirigenti degli uffici di primo
grado, con i Magistrati e con i vertici dei Consigli degli Ordini Forensi
locali. Questa prassi si è rivelata strumento fondamentale per conoscere da
vicino le diverse situazioni e criticità del distretto e le differenti
caratteristiche organizzative degli uffici. In particolare, nel periodo di
riferimento, il Consiglio Giudiziario ha tenuto n°12 adunanze, delle quali
ben n°5 in sede “itinerante” (Uffici Giudiziari di Sulmona, Avezzano,
L’Aquila, Vasto e Pescara).
L’attività del Consiglio Giudiziario è stata, come sempre, molto intensa.
a) Nella composizione ristretta (limitata cioè ai soli magistrati “togati”),
sono stati esaminate n°31 valutazioni di professionalità dei magistrati del
distretto, in occasione delle verifiche quadriennali, n°6 pareri su istanze di
conferimento di uffici direttivi o semidirettivi, n°3 pareri per la conferma in
incarichi direttivi o semidirettivi, n°1 parere di idoneità al tramutamento di
funzioni e n°10 pareri su dichiarazioni di incompatibilità ex artt.18 e 19
O.G..
b) Nella composizione ordinaria (estesa cioè ad avvocati e professori
universitari), il Consiglio Giudiziario ha proceduto ha esprimere i propri
pareri sulle nuove tabelle infradistrettuali per il triennio 2017/2019, sulla
nomina e conferma degli esperti del Tribunale di Sorveglianza per il triennio
139
2020/2022, sulla nomina e conferma dei giudici onorari minorili del
Tribunale per i Minorenni per il triennio 2020/2022, sulla nomina e
conferma dei giudici onorari minorili della Corte di Appello per il triennio
2020/2022 e sulla conferma dei giudici ausiliari della Corte. Ha altresì
pronunciato n°10 pareri su programmi di gestione ex art.37 D.L.98/2011,
n°48 pareri su variazioni tabellari dei Tribunali, n°25 pareri su modifiche ai
progetti organizzativi delle Procure, n°37 pareri sulle tabelle feriali degli
uffici giudicanti e requirenti e n°19 pareri su provvedimenti di applicazione,
supplenza o coassegnazione di magistrati disposti dal Presidente della Corte.
c) Nella Sezione Autonoma per la Magistratura Onoraria, il Consiglio
ha esaminato n°20 provvedimenti organizzativi (progetti tabellari e/o
organizzativi, costituzione ufficio del processo, tabelle feriali, etc.). Nel
periodo in esame, la Sezione Autonoma del Consiglio Giudiziario ha altresì
emesso il suo parere sulla procedura di selezione per l’ammissione al
tirocinio ai fini della nomina a GOP e a VPO, nonché in ordine alla
determinazione delle piante organiche degli uffici del giudice di pace e degli
uffici di collaborazione del Procuratore della Repubblica. Sono state infine
avviate le attività prodromiche per il tempestivo espletamento delle
procedure di conferma dei Giudici Onorari di Tribunale, dei Vice
Procuratori Onorari e dei Giudici di Pace, che dovranno essere ultimate
entro il 31 marzo 2020.
140
Indice
Considerazioni introduttive…………………………. pag. 1
Situazione logistica degli Uffici Giudiziari di L’Aquila ...pag. 32
La giustizia civile............…………………..…………pag. 34
La giustizia penale....………………………….……...pag. 63
Tribunale e Uffici di Sorveglianza……………...........pag. 82
Gli uffici minorili………………………..……......….pag. 97
La magistratura onoraria……………...…….……......pag. 112
Copertura delle piante organiche dei magistrati
e del personale amministrativo………….…...........…pag. 115
Risorse materiali e strumenti informatici.….…….…..pag. 120
La formazione decentrata………………….....…...….pag. 130
I tirocini formativi……………………………........…pag. 133
Il Consiglio Giudiziario…………………….…...........pag. 137
Statistiche del distretto - Indice delle tavole...….….....pag. 141
141
INDICE DELLE TAVOLE
Movimento dei procedimenti civili del registro SIECIC presso i Tribunali ordinari - Anno giudiziario 2018/2019………………………………………………………….. 143 Stratigrafia delle pendenze Settore CIVILE - Area SIECIC Pendenti al 30 giugno 2019…………………………………………………………..…………………………………….. 145 DATI STATISTICI ANNO GIUDIZIARIO 2018/2019 Distretto di L'Aquila………….. 147 Tav. 1 - Procedimenti civili iscritti, definiti e pendenti a fine periodo nell'A.G. 2018/2019 presso il Tribunale per i minorenni e gli uffici del Giudice di pace. Confronto con l'A.G. precedente………………………………………………………………….. 148 Tav. 2 - Procedimenti civili iscritti, definiti e pendenti a fine periodo nell'A.G. 2018/2019. Principali materie di competenza del Giudice di Pace………………… 149 Tav. 3 - Procedimenti civili definiti con sentenza nell'anno 2018 presso gli uffici del Giudice di pace secondo l'anno di iscrizione…………………………………… 150 Tav. 4 Sentenze civili secondo i termini di pubblicazione (% sul totale delle sentenze pubblicate) presso gli uffici del Giudice di Pace. Anno 2018………….. 151 Tav. 5 - Tribunale per i minorenni: procedimenti civili iscritti, definiti e pendenti a fine periodo nell'A.G. 2018/2019. Confronto con l'A.G. precedente e variazioni percentuali. Sedi completamente rispondenti………… 152 Uffici GdP inadempienti alla data del 17/10/2019……………………………………….. 153 Tav. 2.1 - Procedimenti penali iscritti, definiti e pendenti nell'A.G. 2018/2019. Confronto con l'A.G. precedente e variazioni percentuali………….. 154 Tav. 2.1bis - Rapporto percentuale tra procedimenti iscritti per Fatti non costituenti reato a modello 45 e procedimenti contro autori NOTI iscritti in Procura della Repubblica nel modello 21 (esclusa DDA)……………………………….. 155 Tav. 2.2 - Procedimenti penali iscritti, definiti e pendenti nell'A.G. 2018/2019……………………………………………………………………………………………………. 156 Tav. 2.2bis - Procedimenti penali iscritti in Tribunale nell'A.G. 2018/2019 suddivisi in base al numero degli imputati……………………………………………………. 158 Tav. 2.3 - Procedimenti penali iscritti, definiti e pendenti nell'A.G. 2018/2019……………………………………………………………………………………………………. 159 Tav. 2.3bis - Procedimenti penali iscritti nel registro 21 della Procura della Repubblica nell'A.G. 2018/2019 suddivisi in base al numero degli indagati….. 160 Tav. 2.4 - Procedimenti penali iscritti, definiti e pendenti nell'A.G. 2018/2019……………………………………………………………………………………………………. 161 Tav. 2.5 Incidenza dei procedimenti definiti per PRESCRIZIONE sul totale dei procedimenti definiti……………………………………………………………………………………. 162 Tav. 2.5bis - Procedimenti penali definiti per PRESCRIZIONE nell'A.G. 2018/2019……………………………………………………………………………………………………. 162 Tav. 2.6 - Procedimenti penali definiti con sentenza di merito distinti per rito nei Tribunali ordinari nell'A.G. 2018/2019……………………………………………………. 163
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Tav. 2.6 bis - Procedimenti penali definiti con sentenza di merito distinti per rito nei Tribunali ordinari nell'A.G. 2018/2019……………………………………………… 163 Tav. 2.7 - Procedimenti contro NOTI definiti secondo le principali modalità presso l'Ufficio GIP/GUP nell'A.G. 2018/2019………………………………………………. 164 Tav. 2.8 - Procedimenti contro NOTI definiti secondo le principali modalità presso la Procura della Repubblica nell'A.G. 2018/2019………………………………. 164 Tavv. 2.9 e 2.10 - Procedimenti penali definiti distinti per sede, tipo rito e classe di durata nei Tribunali ordinari nell'A.G. 2018/2019…………………………… 165 Tav. 2.11 - Procedimenti penali definiti distinti per sede e classe di durata nei Tribunali ordinari - Sezione GIP GUP nell'A.G. 2018/2019……………………….. 167 Tav. 2.12 - Procedimenti penali definiti distinti per sede e classe di durata nelle Procure ordinarie nell'A.G. 2018/2019………………………………………………… 168 Tav. 2.13 - Numero dei procedimenti penali pendenti al 31 dicembre 2018 per anno di iscrizione e per tipologia di ufficio…………………………………………….. 169 Tav. 2.14 - Intercettazioni. Numero dei bersagli intercettati suddivisi per ufficio, sede e tipologia di bersaglio nell'A.G. 2018/2019……………………………… 174 Tav. 2.15 - Procedimenti penali iscritti, definiti e pendenti nell'A.G. 2018/2019 relativi al riesame di misure cautelari personali. Confronto con l'A.G. precedente e variazioni percentuali…………………………………………………….. 175 Tav. 2.15 bis - Modalità di definizione dei procedimenti relativi al riesame di misure cautelari personali, nell'A.G. 2018/2019…………………………………………… 175 Tav. 2.16 - Procedimenti penali iscritti, definiti e pendenti nell'A.G. 2018/2019 relativi al riesame di misure cautelari reali. Confronto con l'A.G. precedente e variazioni percentuali…………………………………………………………….. 176 Tav. 2.16 bis - Modalità di definizione dei procedimenti relativi al riesame di misure cautelari reali, nell'A.G. 2018/2019………………………………………………….. 178 Uffici inadempienti alla data del 17/10/2019………………………………………………. 180 Statistiche Ufficio di Sorveglianza…………………………………………………………………. 181 Statistiche Tribunale di Sorveglianza…………………………………………………………….. 186
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