Post on 04-Jun-2020
9EDITORIALEOGGI
Lu n e d ì1 gennaio 1
Quando la sicurezzadiventa passioneMondo lavoro L’impegno di Paolo Veronese della Veronese Technology
“Vo g l i a m oche queste
te m at i c h ee nt r i n o
nel cuoredelle
pers one
In basso, PaoloVeronese conRoberto Monfortein una puntata diPa s s i o n eS i c u re z z a
IL PROGETTO
Il lavoro è qualcosa che ac-compagna l’uomo dall’alba deitempi. Ma spesso lo si associa al-la sola retribuzione mensile. Inrealtà, qualsiasi azione svolta èdi fatto un lavoro. Indipenden-temente che si faccia per neces-sità fisica, ludica o formativa.Lavoro non è denaro. Lavoro èfare. Fare presuppone, però, diesporsi a rischi o a situazioni pe-ricolose. Quanto è importante lasicurezzasul lavoro, incasa one-gli edifici pubblici? La risposta èscontata ma troppo spesso ten-diamo a sottovalutare le situa-zioni di pericolo.
Nonostante quotidianamen-te si senta parlare di incidentisul lavoro o di morti bianche,siamo ancora troppo poco infor-mati sulle buone norme in mate-ria di sicurezza. Se ci addentras-simo nella statistica, in ambitodi sicurezza nei luoghi di lavoro,ci renderemmo conto che il no-stro Paese mostra un trend dav-vero sconcertante: circa 1000morti all’anno che si traducono
in tre persone al giorno che nontorneranno più a casa. Questinumeri non sono fantascienza,sono dati reali in costante moni-toraggio e aggiornamento da an-ni. Ma allora come mai nullasembra cambiare? La gente nonèstanca di incrociare le ditaognimattina sperando di poter tor-
nare a casa la sera? Non è stancadi leggere sui giornali che “Ma -rio Rossi” è caduto da un’impal -catura perdendo la vita? Certoche lo è ma non fa nulla per cam-biare la situazione. Spesso è piùsemplice scaricare la colpa suldatore di lavoro. Ma in realtà seil lavoratore stesso non è infor-
Giorno XX Mese 2019 Inserto pubbliredazionale a cura della concessionaria Iniziative Editoriali Srl
mato sulle norme di sicurezzanon potrà imporre al datore dirispettarle. Quello che dunquemanca nel nostro Paese è la cul-tura della sicurezza. Il parados-so è, forse, che lavoriamo perguadagnarci da vivere ma nonfacciamo nulla per tutelare lanostra vita mentre ci guadagna-mo da vivere. Ed è proprio conl’intento di farequalcosa per ini-ziare a guardare nella direzionegiusta che nasce questo proget-to.
Un “appuntamento” con la si-curezza rivolto ai nostri lettori,in collaborazione con la Verone-se Technology e con l’ammini -stratoreunico dellasocietà,Pao-lo Veronese. Un progetto che ri-percorrerà le orme di “PassioneSicurezza” , lo spaziodi informa-zione in onda su Radio Day. Pas-sione Sicurezza, ispirandosi allatrasmissione Passione Frosino-ne, è un format che nasce pro-prio con l’idea di voler informaree fare sicurezza, dall’incontrotra l’esperienza pluridecennalematurata da Paolo Veronese nel-la Veronese Technology e quelladi Roberto Monforte, speakerradiofonico di Radio Day. L’o-biettivodellepagine edeinume-ri che seguiranno sarà quello ditrasmettere, anche ai nostri let-tori, la “passione” per la sicurez-za. «Per far sì che queste temati-che entrino nel cuore delle per-sone e farle diventare una neces-sità sociale –come spiega lo stes-so Paolo Veronese – Se in un fu-turo non troppo lontano, i postidi lavoro saranno più sicuri, saràperché la sicurezza avrà rag-giunto nella collettività lo stessovaloreche ha labustapaga a finemese». l
Edizione INSERTI - stampato da graficogmde_ng - il 28/05/2019 16:40:57
11EDITORIALEOGGI
Lu n e d ì1 gennaio 110 EDITORIALE
OGGILu n e d ì
1 gennaio 1
Non un “o b b l i go”ma un’o pp o r tu n i t àInvertire la rotta Creare una cultura della sicurezzaaffinché ogni lavoratore possa avere più consapevolezza
IL FOCUSXXX
Ogni giorno in Italia muoio-no tre persone a causa di inciden-ti sul lavoro. “Morti bianche”, untermine che quotidianamentesale alla ribalta delle cronachenazionali. Mille le persone chemuoiono sul posto di lavoro in unanno. Un vero e proprio bolletti-no di morte, senza contare gli in-fortuni, anche gravi. Secondo idati INAILaggiornati al2018, so-no oltre 600mila le denunce diinfortunio sul posto di lavoro.Ciò significa che oltre mezzo mi-lione di persone, ogni anno, siprocura delle lesioni più o menogravimentresvolge lapropriaat-tività.
Per capirne le cause di tuttociò, la problematica va affrontatabilateralmente poiché non esisteun unico colpevole. Da un lato sipunta il dito contro il datore di la-voro perché non si preoccupa difornire una serie di strumenti pertutelare la salute dei suoi dipen-denti, poiché l’acquisto diunase-rie di articoli come guanti, ma-scherine, caschetti e simili com-porta un ingente costo per l’im -presa.Un costocheper altro l’im -prenditore ritiene secondario o,in molti casi, inutile. Dall’altro la-tovaconsiderato peròchespessoè anche chi svolge fisicamente ilproprio lavoro a non preoccupar-si di sé esponendosi a dei rischiche potrebbe benissimo evitareservendosi dei dispositivi atti a
tutelare la sua incolumità. Il la-voratore avrebbe, infatti, tutto ildiritto di pretendere che vengarispettata la sua sicurezza. Maperché non lo fa? Perché il pro-blema di fondo resta sempre lostesso, quello culturale. In moltinon hanno neppure la consape-volezza di quali siano le minimenorme di sicurezza che andreb-bero attuate e, di conseguenza,non le pretendono. Quel che fa ladifferenza, infatti, è la percezio-ne e la considerazione che ogniindividuo ha della sicurezza. Cisono imprenditori e di conse-guenza aziende, che hanno fattonel corso del tempo della sicurez-za uno dei capisaldi del loro busi-ness. Per queste attività acqui-stare un lotto di guanti, ad esem-pio, ha lo stesso valore che puòavere la farina per un panettiere.Questo perché l’acquisto di DPI èconsiderato come un vero inve-stimento che nel tempo diventaanche proficuo. Proteggere colo-ro che di fatto portano avanti ilbusiness consente di avere unaforza lavoro costante e in salutenel tempo. Ciò si traduce in menooperai a casa per malattia e aduna produttività costante chenon può che crescere e prospera-re. Purtroppo, non tutte le azien-de hanno questa consapevolez-za. E’ovvio cheidispositiviutiliz-zati per proteggersi durante il la-voro hanno la funzione di allon-tanare il rischio dal lavoratorema non lo eliminano del tutto, lefatalità possono sempre accade-re ma limitarle è fondamentale. l
L’o b i ett i voè diminuire
i casi di mortibianche
e di infortunisul postodi lavoro
C onoscerele norme sulla
s i c u rez z aa ff i n c h é
q u e steve n g a n o
g a ra nt i te
Cosa sono i dispositivi di protezioneEsistono due marco-catego-
rie che racchiudono tutto il mo-do della sicurezza: Dispositivi diProtezione Individuale; Dispo-sitivi di Protezione Collettiva. IDispositivi di Protezione Indivi-duale sono dei dispositivi chehanno lo scopo di proteggere ilsingolo individuo da un pericoloo possibile rischio. Appartengoa questa categoria i guanti, lemascherine, i caschetti, le im-bragature e via discorrendo. IDispositivi di Protezione Collet-tiva sono invece quei dispositivi
che hanno lo scopo di limitareun rischio o di contenere undanno in un ambiente di lavoroo in qualsiasi altro luogo dove c’ènecessità di proteggere la collet-tività. Fanno parte di questi di-spositivi i guardrail, i ponteggi,le porte Tagliafuoco, gli sprin-kler, gli schermi per lavori di sal-datura, i dispositivi per l'estra-zione di fumi o vapori e simili. E’la combinazione di questi due ti-pi di dispositivi che definisce illivello di sicurezza di un am-biente.l
Non è il dovere di rispettare le normedi legge per evitare di incorrere in
sanzioni, la sicurezza è qualcosa chetutela l’azienda e il lavoratore. Sul
posto di lavoro i rischi sono tanti maandrebbero ridotti al minimo
Come usaredispositivi di
p rotez i o n eindividuale e
quelli dip rotez i o n e
c o l l ett i va
Anti n ce n d i o :conoscere perpre venire
INFO
Parlando di sicurezza non sipuò non parlare di “antincen -dio”. Conviviamo con il fuoco dasempre, è necessario per moltedelle attività che svolgiamoquotidianamente ma se doves-simo definire la percezione chela collettività ha del fuoco, pro-babilmente, scopriremmo chela maggior parte di noi gli attri-buisce una connotazione nega-tiva. Eppure lo utilizziamo perpreparare il cibo, perscaldarci emolto altro ancora. Siamo cir-condati dal fuoco anche se nonci facciamo caso.Di persé il fuo-co è qualcosa di neutro, può es-sere il miglior amico nell’uomoo il suo peggior nemico. Tuttodipende dalla conoscenza cheabbiamo di esso, dei beneficiche può portare ma anche deipericoli. Non a caso una scarsaconoscenza del pericolo chepuò derivarne, ha messo in gi-nocchio molte attività lavorati-ve distrutte di incendi che si sa-rebbero potuti evitare con alcu-ne semplici accortezze. Molti,infatti, non hanno la minimaidea di come si generi un incen-dio o, per meglio dire, una com-bustione. Ma in ambito di sicu-rezza antincendio questo è fon-damentale. E’ necessario cono-scere quali siano gli elementiche generano una combustioneperché questo amplia la nostrapercezione del rischio e miglio-
ra il nostro rapporto con esso.Essere pronti a gestire un ri-schio, infatti, ci rende, inevita-bilmente, più sicuri quandoquesto diventa concreto. Quelloche comunemente chiamiamofuoco, altro non è che la parte vi-sibile di una combustione.Chiaramente una combustionenon va confusa con un incendioche è cosa ben diversa, anche sehanno una radice comune. Ciòche caratterizza un incendio è ilfatto che la combustione da cuiè composto è sfuggita al con-trollo dell’uomo. E’ così che unalleato dell’uomo per la vita ditutti i giorni può diventare an-che il suo peggior nemico. Conl’aumentare degli agglomeratiurbani e delle attività potenzial-mente a rischio incendio, vivia-mo in un’epocadove la probabi-lità che si verifichi un incendio èdrasticamente aumentata ri-spetto al passato. Parallelamen-te però, oggi disponiamo dellecontromisure per evitare oquanto mento provare ad evita-re, checiò siverifichi. Ma,nono-stante questo, incendi e roghicontinuano a devastare azien-de, capannoni e strutture abita-tive. Non servono certo i dati diqualche ente che si occupa distatistica per scoprirlo. Basta lacronaca a ricordarci tristemen-te quanti siano gli incendi chequotidianamente mettono a re-pentaglio la nostra incolumità.La certezza è che la gran parte diessi si potrebbe evitare con unagiusta cultura delle dinamicheantincendio. Nei prossimi nu-meri di “Passione Sicurezza”ca -piremo proprio quali sono lepratiche da mettere in atto perlimitare i rischi e i danni.
La scarsa conoscenza delpericolo ha messo inginocchio molte aziende
asdasdas
Edizione INSERTI - stampato da graficogmde_ng - il 28/05/2019 16:40:58
11EDITORIALEOGGI
Lu n e d ì1 gennaio 110 EDITORIALE
OGGILu n e d ì
1 gennaio 1
Non un “o b b l i go”ma un’o pp o r tu n i t àInvertire la rotta Creare una cultura della sicurezzaaffinché ogni lavoratore possa avere più consapevolezza
IL FOCUSXXX
Ogni giorno in Italia muoio-no tre persone a causa di inciden-ti sul lavoro. “Morti bianche”, untermine che quotidianamentesale alla ribalta delle cronachenazionali. Mille le persone chemuoiono sul posto di lavoro in unanno. Un vero e proprio bolletti-no di morte, senza contare gli in-fortuni, anche gravi. Secondo idati INAILaggiornati al2018, so-no oltre 600mila le denunce diinfortunio sul posto di lavoro.Ciò significa che oltre mezzo mi-lione di persone, ogni anno, siprocura delle lesioni più o menogravimentresvolge lapropriaat-tività.
Per capirne le cause di tuttociò, la problematica va affrontatabilateralmente poiché non esisteun unico colpevole. Da un lato sipunta il dito contro il datore di la-voro perché non si preoccupa difornire una serie di strumenti pertutelare la salute dei suoi dipen-denti, poiché l’acquisto diunase-rie di articoli come guanti, ma-scherine, caschetti e simili com-porta un ingente costo per l’im -presa.Un costocheper altro l’im -prenditore ritiene secondario o,in molti casi, inutile. Dall’altro la-tovaconsiderato peròchespessoè anche chi svolge fisicamente ilproprio lavoro a non preoccupar-si di sé esponendosi a dei rischiche potrebbe benissimo evitareservendosi dei dispositivi atti a
tutelare la sua incolumità. Il la-voratore avrebbe, infatti, tutto ildiritto di pretendere che vengarispettata la sua sicurezza. Maperché non lo fa? Perché il pro-blema di fondo resta sempre lostesso, quello culturale. In moltinon hanno neppure la consape-volezza di quali siano le minimenorme di sicurezza che andreb-bero attuate e, di conseguenza,non le pretendono. Quel che fa ladifferenza, infatti, è la percezio-ne e la considerazione che ogniindividuo ha della sicurezza. Cisono imprenditori e di conse-guenza aziende, che hanno fattonel corso del tempo della sicurez-za uno dei capisaldi del loro busi-ness. Per queste attività acqui-stare un lotto di guanti, ad esem-pio, ha lo stesso valore che puòavere la farina per un panettiere.Questo perché l’acquisto di DPI èconsiderato come un vero inve-stimento che nel tempo diventaanche proficuo. Proteggere colo-ro che di fatto portano avanti ilbusiness consente di avere unaforza lavoro costante e in salutenel tempo. Ciò si traduce in menooperai a casa per malattia e aduna produttività costante chenon può che crescere e prospera-re. Purtroppo, non tutte le azien-de hanno questa consapevolez-za. E’ovvio cheidispositiviutiliz-zati per proteggersi durante il la-voro hanno la funzione di allon-tanare il rischio dal lavoratorema non lo eliminano del tutto, lefatalità possono sempre accade-re ma limitarle è fondamentale. l
L’o b i ett i voè diminuire
i casi di mortibianche
e di infortunisul postodi lavoro
C onoscerele norme sulla
s i c u rez z aa ff i n c h é
q u e steve n g a n o
g a ra nt i te
Cosa sono i dispositivi di protezioneEsistono due marco-catego-
rie che racchiudono tutto il mo-do della sicurezza: Dispositivi diProtezione Individuale; Dispo-sitivi di Protezione Collettiva. IDispositivi di Protezione Indivi-duale sono dei dispositivi chehanno lo scopo di proteggere ilsingolo individuo da un pericoloo possibile rischio. Appartengoa questa categoria i guanti, lemascherine, i caschetti, le im-bragature e via discorrendo. IDispositivi di Protezione Collet-tiva sono invece quei dispositivi
che hanno lo scopo di limitareun rischio o di contenere undanno in un ambiente di lavoroo in qualsiasi altro luogo dove c’ènecessità di proteggere la collet-tività. Fanno parte di questi di-spositivi i guardrail, i ponteggi,le porte Tagliafuoco, gli sprin-kler, gli schermi per lavori di sal-datura, i dispositivi per l'estra-zione di fumi o vapori e simili. E’la combinazione di questi due ti-pi di dispositivi che definisce illivello di sicurezza di un am-biente.l
Non è il dovere di rispettare le normedi legge per evitare di incorrere in
sanzioni, la sicurezza è qualcosa chetutela l’azienda e il lavoratore. Sul
posto di lavoro i rischi sono tanti maandrebbero ridotti al minimo
Come usaredispositivi di
p rotez i o n eindividuale e
quelli dip rotez i o n e
c o l l ett i va
Anti n ce n d i o :conoscere perpre venire
INFO
Parlando di sicurezza non sipuò non parlare di “antincen -dio”. Conviviamo con il fuoco dasempre, è necessario per moltedelle attività che svolgiamoquotidianamente ma se doves-simo definire la percezione chela collettività ha del fuoco, pro-babilmente, scopriremmo chela maggior parte di noi gli attri-buisce una connotazione nega-tiva. Eppure lo utilizziamo perpreparare il cibo, perscaldarci emolto altro ancora. Siamo cir-condati dal fuoco anche se nonci facciamo caso.Di persé il fuo-co è qualcosa di neutro, può es-sere il miglior amico nell’uomoo il suo peggior nemico. Tuttodipende dalla conoscenza cheabbiamo di esso, dei beneficiche può portare ma anche deipericoli. Non a caso una scarsaconoscenza del pericolo chepuò derivarne, ha messo in gi-nocchio molte attività lavorati-ve distrutte di incendi che si sa-rebbero potuti evitare con alcu-ne semplici accortezze. Molti,infatti, non hanno la minimaidea di come si generi un incen-dio o, per meglio dire, una com-bustione. Ma in ambito di sicu-rezza antincendio questo è fon-damentale. E’ necessario cono-scere quali siano gli elementiche generano una combustioneperché questo amplia la nostrapercezione del rischio e miglio-
ra il nostro rapporto con esso.Essere pronti a gestire un ri-schio, infatti, ci rende, inevita-bilmente, più sicuri quandoquesto diventa concreto. Quelloche comunemente chiamiamofuoco, altro non è che la parte vi-sibile di una combustione.Chiaramente una combustionenon va confusa con un incendioche è cosa ben diversa, anche sehanno una radice comune. Ciòche caratterizza un incendio è ilfatto che la combustione da cuiè composto è sfuggita al con-trollo dell’uomo. E’ così che unalleato dell’uomo per la vita ditutti i giorni può diventare an-che il suo peggior nemico. Conl’aumentare degli agglomeratiurbani e delle attività potenzial-mente a rischio incendio, vivia-mo in un’epocadove la probabi-lità che si verifichi un incendio èdrasticamente aumentata ri-spetto al passato. Parallelamen-te però, oggi disponiamo dellecontromisure per evitare oquanto mento provare ad evita-re, checiò siverifichi. Ma,nono-stante questo, incendi e roghicontinuano a devastare azien-de, capannoni e strutture abita-tive. Non servono certo i dati diqualche ente che si occupa distatistica per scoprirlo. Basta lacronaca a ricordarci tristemen-te quanti siano gli incendi chequotidianamente mettono a re-pentaglio la nostra incolumità.La certezza è che la gran parte diessi si potrebbe evitare con unagiusta cultura delle dinamicheantincendio. Nei prossimi nu-meri di “Passione Sicurezza”ca -piremo proprio quali sono lepratiche da mettere in atto perlimitare i rischi e i danni.
La scarsa conoscenza delpericolo ha messo inginocchio molte aziende
asdasdas
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Lu n e d ì1 gennaio 1
La sicurezza prima di tuttoL’inter vista A tu per tu con Paolo Veronese, amministratore unico della Veronese Technolog yIl lavoro, i traguardi, il futuro e il sogno di fare del proprio lavoro una missione. Una missione chiamata “sic urezza”
IL FOCUSF FG D G F D
Chi è Paolo Veronese e co-sa muove lui e la Veronese Te-chnology verso questa “Pas -sione” per la sicurezza?
Paolo Veronese è innanzitut-to una persona curiosa. E’ la cu-riosità che caratterizza il miomodo di fare impresa tutti i gior-ni. Sono un imprenditore nelcampo della sicurezza. Con lamia azienda, la Veronese Te-chnology, da oltre quarant’annici occupiamo di sicurezza sul la-voro e sicurezza antincendio. Elo facciamo con passione. La si-curezza non è solo un obbligo dilegge ma è prima di tutto un mo-
do per tutelare noi stessi.La cronaca conferma che
in tema di sicurezza sul lavo-ro c’è ancora molta strada dafare. Le morti bianche e gliinfortuni sul lavoro ne sonola prova. Da dove si dovrebbecominciare per cambiare di-rezione?
Quando si parla di sicurezzasul lavoro non basta che un im-prenditore abbia tutto a norma,così come quando si parla di an-tincendio non basta avere unestintore. C’è bisogno di “cultu -ra”dellasicurezza, c’è bisogno diformazione. Il problema è chemanca la consapevolezza ancheal semplice operaio. È chiaro,per fare un esempio concreto,che se c’è l’estintore ma nessuno
Paolo Veronese,i m p re n d i to restorico nel campodella sicurezza.E’l’a m m i n i s t ra to reunico dellaVe ro n e s eTe c h n o l o g y
Pa o l oVerones e,
u n’esperienzapiù che
ventennale adisposizione
di tutti
Nel campodella
s i c u rez z ai m p re n d i to re
e lavoratored ov re b b e roessere uniti
La sicurezza deveessere vista come
u n’oppor tunit à,non come
un obbligo
È una “mis sione”molto più
impor t antedell’a u m e nto
di fatturato
è stato adeguatamente formatoad utilizzarlo, in caso di incen-dio quello stesso estintore nonservirà a nulla. Il discorso, però,è che il lavoratore formato di-venta un doppio problema perl’azienda, perché è quello che“rompe le scatole”. Se un dipen-dente conosce quali sono i suoidiritti per poter lavorare in sicu-rezza, comincerà a pretenderli.E questo a molti imprenditoricosterebbe tempo e denaro. Al-lora si preferiscono gli attestatifalsi.
Attestati falsi? Può spiega-re meglio di cosa sta parlan-do?
Molte aziende per semplifica-re le cose preferiscono andare dachi certifica che gli operai, i di-pendenti ecc abbiano fatto uncorso anche se non è così. L’im -portante è avere l’attestato pernon incorrere insanzioni poi pe-rò se ci si trova davanti ad un’e-mergenza e nessuno all’internodi un’azienda è in grado di fron-teggiarla, come si fa? Noi faccia-mo corsi di formazione e solo altermine di quelli rilasciamo unattestato.
Dai corsi di formazionequindi nessuno è esente.Ogni quanto vanno fatti?
Dai corsi di formazione nes-suno è esente. L’obbligo scattanel momento in cui si assume ilprimo dipendente. Se il proprie-tariodi unaattivitàè l’unico a in-teragire con l’ambiente di lavo-ro, può non curarsi della parteformativa. Anche se lo sconsi-glio caldamente. Per quanto ri-guarda i tempi, i corsi base han-no una scadenza quinquennale.Corsi più specifici come quelli diprimo soccorso ad esempio,hanno una scadenza triennale.Altri, come il corso RLS, hannocadenza annuale.
Perché la scelta di intra-prendere l’avventura di“Passione sicurezza”?
Faccioquesto lavorodaormaitanti anni e ormai è diventatouna vera e propria passione. Do-po tanto tempo, non lo fai piùper il semplice ritorno economi-co ma è una sorta di missione, sipassi il termine. Non voglio chela sicurezza venga vista come unobbligo ma voglio che diventiun’opportunità per i nostriclienti. La sicurezza non è uncampo di battaglia, è un campodi conoscenza dove lavoratore eazienda dovrebbero stare l’unoal fianco dell’altra. Da qui è natala mia voglia di mettere a dispo-sizione di tutti la mia esperienzasul campo.Se riuscissimoa crea-re una cultura della sicurezzaavremmo già aperto molte stra-de e questo sarebbe un successomolto più importante di un au-mento di fatturato. l
La curiosità è ciòche caratterizza il
mio modo di fareimpresa ogni
giorno
C’è bisogno di unacultura della
sicurezza esoprattutto di
fo r m a z i o n e
Edizione INSERTI - stampato da graficogmde_ng - il 28/05/2019 16:40:58