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Dr. Daniele Menabeni Agronomo
Consulenze agricole ed ambientali
Piazza Mazzini, 7 – 52025 Montevarchi, Ar - tel 0559102201- 338.8793918
e-mail: menad.agronomo@libero.it
COMUNE DI LATERINA PROVINCIA DI AREZZO
OGGETTO
PROGETTO DI RIPRISTINO AMBIENTALE
DI CAVA DI INERTI
Località Casanuova
ELABORATO
RELAZIONE AGRONOMICA
E PROGETTO DI RIPRISTINO AMBIENTALE
Il Progettista
Data: settembre 2012
Dr. Daniele Menabeni Agronomo
Consulenze agricole ed ambientali
Studio conoscitivo circa gli aspetti faunistici e vegetazionali, per l’apertura
di una cava di inerti di superficie pari a 2,6 ha (26.008,96) all’interno dell’area
destinata ad escavazione secondo il vigente P.R.A.E., in Comune di Laterina,
località “Casanuova”e progetto di recupero vegetazionale e paesaggistico
Il presente studio conoscitivo è stato redatto ai fini di quanto previsto della Legge
Regionale 12 febbraio 2010 n. 10 "Norme in materia di valutazione ambientale strategica
“VAS”, di valutazione di impatto ambientale “VIA” e di valutazione di incidenza" così come
modificata dalla Legge Regionale 12 febbraio 2010 n. 11 “Modifiche alla legge regionale 12
febbraio 2010, n. 10”, entrambe pubblicate sul Bollettino Ufficiale della Regione Toscana n. 9
del 17 febbraio 2010.
Cap.1 Analisi paesistica: aspetti paesaggistico-ambientali
Per l’analisi degli aspetti agronomici ed ecologici necessari alla formulazione del
documento per la Valutazione di Impatto Ambientale si è ritenuto opportuno studiare la
struttura del territorio e le correlazioni tra le varie unità paesaggistiche che lo
caratterizzano per un intorno significativo all’area di escavazione (di seguito “area di
cava”). La significatività si raggiunge quando si sono identificate tutte le unità di
paesaggio che si ripetono costantemente nell’intorno. Per trovare le unità paesaggistiche
atte a descrivere la zona e che siano rappresentative dell’area più vasta (di seguito “area di
studio”) si sono analizzati gli ecosistemi e le infrastrutture ricomprese a sud dal fiume
Arno, a nord dalla linea ferroviaria dell'Alta velocità, ad est dalla strada Provinciale Val
d'Ascione (SP 3) che dal fondo valle sale verso Latereto e ad ovest dalla Via di Pian di
Chena per una superficie pari a ha 500 circa. Tale porzione presenta una serie di
caratteristiche paesaggistiche e di associazioni vegetazionali e faunistiche che si ripetono
nelle aree contermini per cui si può ritenere l’area significativa per il nostro studio e non si
ritiene necessario estendere lo studio ad una superficie maggiore. I dati utilizzati per
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l’elaborazione della presente relazione sono il frutto dell’acquisizione di conoscenze
pregresse dei luoghi e derivanti da rilievi eseguiti specificatamente.
Di seguito vengono descritte le caratteristiche agronomiche ed ecologiche delle singole
unità di paesaggistico-ambientali che compongono l'ecotessuto dell’area di studio:
a) coltivi organizzati in colture più o meno specializzate (seminativi, prati, prati
pascolo);
b) boschi cedui e/o avviati all’alto fusto, boschi riparali; prevalenza di specie quercine
caducifoglie su sempreverdi,
c) arbusteti organizzate in macchie o siepi in prossimità di boschi, campi coltivati o
sulle scarpate delle strade o delle zone di cava in ripristino;
d) alberature isolate o organizzate in filari lungo la viabilità secondaria;
e) nuclei edificati o case isolate sparse abitati o disabitati con resedi più o meno
risistemati;
f) strade bianche e viabilità poderale;
g) invasi artificiali derivanti dall'attività di estrazione e naturali utilizzate per scopi
agricoli;
h) reticolo idraulico minore che nasce dagli impluvi naturali e confluisce in un
sistema torrentizio;
i) infrastrutture lineari quali viabilità principale rappresentata da strade provinciali e
comunali e dalla linea ferroviaria Alta Velocità Firenze-Roma ;
j) Insediamenti produttivi ed altre infrastrutture come l'impianto di pannelli
fotovoltaici nell'area di case Chiusure;
k) Colture arboree (vigneti, oliveti) ed impianti di rimboschimento (pioppeti);
l) Aree di cava in coltivazione;
m) Aree di ripristino post escavazione in vari gradi di evoluzione, dal semplice
ripristino morfologico alle prime fasi di rinaturalizzazione
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1.1 Conclusioni
L’area di studio si presenta abbastanza frammentata da un punto di vista ambientale per
la presenza di ampie zone a seminativo o prato permanente separate tra loro da zone
boschive più o meno evolute. Sono presenti anche ampi spazi ad incolto, colture arboree
specializzate, quali vigneti, e rimboschimenti con pioppi. La presenza dei boschi è più
accentuata nella parte occidentale dell'area in corrispondenza della Riserva Naturale di
Valle dell'Inferno e Bandella, mentre i seminativi e gli spazi aperti sono maggiormente
presenti nelle altre porzioni.
La composizione dei boschi risulta ad essere piuttosto varia in quanto nell'area di studio
ricadano porzioni di territorio della RN di Valle dell'Inferno Bandella che da molti anni
hanno in corso un processo di naturalizzazione dovuto all'assenza di attività di
prelevamento di materiale legnoso da parte dell'uomo. Troviamo quindi boschi,
prevalentemente di caducifoglie in fase di fustaia transitoria o già di fustaia. Accanto a
questi elementi naturali o semi naturali con evoluzione determinata dall'uomo convivono
elementi antropogeni come le cave in fase di coltivazione o in fase di ripristino diversi
insediamenti abitativi tipo Latereto, Casanuova o Pian di Chena per citare quelli più
importanti e infrastrutture nuove per il territorio quale un esteso impianto fotovoltaico a
terra nella zona di case Chiusure. Da questa prima analisi si evince come l’area sia stata
fortemente manipolata e trasformata dall’attività antropica .
Accanto alle attività industriali, artigianali ed alle infrastrutture di servizio esiste ancora
un’utilizzazione del suolo agro-silvo-pastorale che caratterizza l’area; la stessa area di cava
è utilizzata come seminativo più o meno intensivo e per pascolo. Queste zone si estendono
anche oltre l’area di cava dove si riscontrano coltivazione di seminativi specializzati
(grano, orzo, mais), prati, prati pascoli per l’allevamento ovino, vigneti specializzati,
boschi trattati a ceduo a composizione quercina prevalente.
Alla fine del periodo di coltivazione della cava il ripristino dell’area la riporterà alle
condizioni attuali.
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Cap. 2 Aspetti vegetazionali
In questa parte vengono descritti in una prima parte gli aspetti fisionomico-paesaggistici
delle unità di paesaggio e la loro evoluzione potenziale e successivamente viene
caratterizzata l’area di cava utilizzando i suddetti descrittori.
Nell’area di studio, sono variamente rappresentate alcune formazioni e associazioni
vegetali tipiche dei luoghi, del paesaggio e del territorio circostante in cui si ripetono
costantemente, come rappresentato nella specifica tavola della vegetazione a cui si
rimanda ogni più preciso e puntuale riferimento.
Il paesaggio così come si presenta è di completa derivazione antropica essendo intervenuti
in epoche passate forti interventi per l’ottenimento di terreno coltivabile. Siamo di fronte
ad un paesaggio che anche nelle formazioni boschive migliori da un punto di vista della
biodiversità, è di origine seminaturale. L’uomo con il suo intervento può determinare
l’evoluzione di tali ambienti verso forme sempre più naturali o mantenendo lo stato
attuale di utilizzazione.
Nell’area si riscontrano una serie di associazioni che contraddistinguono determinati usi
del suolo; tali associazioni sono variamente diffuse in tutto il territorio circostante che
come detto è fortemente antropizzato; come tali alcune di esse sono rappresentative di
habitat fortemente degradati con poche specie vegetali presenti anche in numero limitato
di esemplari non riconducibili ad alcuna associazione floristica, altri invece di habitat
parzialmente degradati o in via di ricostituzione ma con presenza di specie vegetali tipiche
e ancora ben rappresentato e infine formazioni più evolute con un elevata
caratterizzazione ecologica. Il rilevamento dell’uso del suolo è stato effettuato incrociando
la base cartografica con l’aerofotogrammetria con successiva verifica in campagna per
l’individuazione sul terreno dei confini fisici delle varie associazioni e dei principali
aspetti fisionomici. Le tipologie vegetali sono descritte in base, oltre che alla specie
dominante, a quelle secondarie nonché a quelle che caratterizzano le formazioni vegetali
che è stato possibile rilevare durante i controlli in campo:
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2.1 Aree estrattive da coltivare; localizzate in terreni ad uso seminativo o pascolo con
presenza di arbusteti sparsi in macchia o con esemplari isolati localizzati soprattutto nelle
scarpate ai limiti dei campi coltivati o delle strade; evoluzione indotta dall’uomo ( attività
agro-pastorali); se lasciate alla naturale evoluzione, verso una maggiore biodiversità;
2.2 Boschi misti mesofili; bosco prevalentemente misto e/o ceduo invecchiato avviato
all’alto fusto. Generalmente si tratta di boschi derivanti da cedui matricinati con
evoluzione a fustaia nelle porzioni più impervie. Generalmente querceti con presenza di
roverella, cerro, farnia con presenza di piccoli gruppi , o esemplari isolati di robinia. Fra le
specie dominanti si annoverano: roverella (Quercus pubescens), cerro (Quercus cerris), farnia
(Quercus robur), acero campestre (Acer campestre), carpino nero (Ostrya carpinifolia), acacia
(Robinia pseudoacacia), ciliegio selvatico (Prunus avium), olmo campestre (Ulmus minor),
orniello (Fraxinus ornus), fra le specie secondarie si annoverano: biancospino (Crataegus
monogyna), alloro (Laurus nobilis), ligustro (Ligustrum volgare), berretta da prete (Euonymus
europeus), pero selvatico (Pyrus communis), melo selvatico (Pyrus malus), corniolo (Cornus
mas), nocciolo (Corylus avellana), edera (Hedera helix), vitalba (Clematis vitalba), erica (Erica
scoparius), ginepro (Juniperus communis), pungitopo (Ruscus aculeatus),ciclamini (Cyclamen
persicum). Nelle zone boschive al margine di scarpate o in posizioni termofile si rileva la
presenza di ginepro, coronilla (Coronilla emerus), cisto, ginestra odorosa (Spartium
junceum), ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius). L’evoluzione di questi boschi è
generalmente indotta dall’uomo verso il ceduo matricinato nelle zone più accessibili e
produttive o verso la fustaia in zone più impervie, se lasciati all’evoluzione naturale si va
verso un tipo di bosco a maggior biodiversità, disetaneo, con forte caratterizzazione
ecologica.
2.3 Bosco ceduo; tale formazione è presente nelle zone più facilmente accessibili per le
operazioni forestali e si compone prevalentemente dalla roverella (Quercus pubescens) di
sostituto nelle zone più fresche da cerro (Quercus cerris). La forma di governo di questi
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cedui è generalmente effettuata con taglio raso con rilascio di matricine in numero di 60-70
per ettaro. L’evoluzione di questi boschi è prettamente di natura antropica che consiste nel
mantenimento di questo tipo di formazione.
2.4 Boschi misti riparali: negli impluvi e nelle zone circostanti gli invasi si rinviene in
genere una formazione attribuibile al bosco misto ripariale con presenza di pioppo bianco
(Populus alba), ontano nero (Alnus glutinosa), salicone (Salix caprea), salice comune (Salix
alba), sambuco (Sambucus nigra) per quanto riguarda le specie arboree ed arbustive e di
carice (Carex spp), coda di cavallo (Equisetum), cannuccia di palude (Phragmites australis),
carici (Carex spp) e felci per le specie erbacee. Non si rilevano comunque estese formazioni
di questo tipo ma solo presenze puntiformi o in tratti limitati lungo i corsi d'acqua o vicino
agli invasi.
2.5 Arbusteti e pascoli arborati; Formazione presente come passaggio evolutivo da forme
di coltivazione ormai abbandonate o in seguito a ricolonizzazione di terreni ripristinati
dopo escavazione. Come stadio definitivo su terreni marginali poco profondi; specie
dominanti: biancospino (Crataegus monogyna), ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius),
prugnolo (Prunus spinosa); ginestra odorosa (Spartium junceum), rosa canina (Rosa canina),
rovo (Rubus ulmifolius), sanguinello (Cornua sanguinea), berretta da prete (Euonymus
europeus), ligustro (Ligustrum vulgare), acero campestre (Acer campestre), olmo campestre
(Ulmus minor), roverella (Quercus pubescens), acacia (Robinia pseudoacacia); fra le specie
erbacee prevalenti: erba mazzolina (Dactylis glomerata), piantaggine (Plantago lanceolata),
festuca (Festuca pratensis) cardo campestre (Cirsium arvense), carota selvatica (Daucus
carota), cicoria (Cychorium intybus) , falsa gramigna (Agropyron repens). L’arbusteto si
insedia su terreno abbandonato dalle coltivazioni o dal pascolo a seguito
dell’insediamento di specie erbacee pioniere nella prima fase e si configura come stadio
intermedio verso l’insediamento del bosco misto prevalentemente di Quercus pubescens e
Acer campestre, dove le caratteristiche pedoclimatiche della stazione lo consentono. Il
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passaggio verso questa forma avviene dai 3 ai 7 anni dall’abbandono dell’attività agricola.
2.6 Seminativi semplici asciutti ed irrigui; Seminativo puro dove si praticano colture
intensive (monocoltura specializzata) o variabili di anno in anno secondo il piano delle
rotazioni aziendali o in base a scelte dettate dagli orientamenti della PAC (Politica
Agricola Comunitaria) seminativi.
2.7 Prato/pascolo; prati pascoli nudi con varie gradazioni fino ad incolti produttivi;
presenza di specie erbacce polifite con prevalenza di leguminose e graminacee. Tra le
graminacee si annoverano specie come Festuca pratensis, Poa pratensis, Dactylis glomerata,
Agryporon repens, Lolium perenne, tra le leguminose in purezza e/o associate alle
graminacee abbiamo Medicago sativa, Vicia spp, Lotus corniculatus, Onobrychis viciifolia. Sono
presenti altre specie di altre famiglie in piccoli numeri. L’evoluzione di quest’ambiente è
legata alle attività umane in relazione al mantenimento o meno delle pratiche di
allevamento di ovini.
2.8 Case sparse e piccoli nuclei rurali; all'interno di questi nuclei si ha la presenza di
alberature isolate o in piccoli gruppi di specie autoctone o ornamentali, mentre sono
ricompresi quelle piccole attività agricole di agricoltori “hobbisti” consistenti in orti,
piccoli vigneti e frutteti; evoluzione indotta dall’uomo.
2.9 Strade bianche e viabilità secondaria poderale; rispetto all’impianto iniziale deducibile
dalla cartografia, allo stato attuale la zona si presenta fortemente alterata dall’attività di
escavazione con apertura di nuovi tratti e chiusura o cancellazione della preesistente. La
viabilità è delimitata a tratti da formazioni arbustive isolate o a siepe; evoluzione indotta
dalle attività umane.
2.10 Invasi artificiali e corpi d’acqua; nella zona sono presenti alcuni corpi d’acqua
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artificiali usati per attività umane derivanti dalla captazione di acque provenienti da
attività di escavazione e da accumulo di acqua piovana. Sono circondati da vegetazione
ripariale non molto strutturata e da colture agrarie; evoluzione prevalente indotta da
attività umana e secondaria naturale.
2.11 Infrastrutture varie: linea ferroviaria Alta velocità Firenze-Roma, Strade provinciali.
2.12 Insediamenti produttivi ed altre infrastrutture: sono presenti capannoni per attività
agricola nell'area di Latereto, depositi della Provincia per la Viabilità e il già ricordato
impianto fotovoltaico.
Cap. 3 Caratterizzazione dell’area di cava
L'area oggetto di escavazione è collocato all'interno della zona contigua della Riserva
naturale di Valle dell'Inferno e Bandella, ad ovest dell'abitato di Casanuova. I terreni
oggetto di escavazione sono attualmente utilizzati come seminativo asciutto e inerbimento
spontaneo. La parte più a nord si presenta uniformemente declive verso est mentre nella
parte sud termina con una scarpata negli appezzamenti sottostanti. L'orizzonte
superficiale risulta ad essere alterato in seguito alle continue coltivazioni e rovesciamenti
dei primi 30-40 cm, e comunque si è originato da su un substrato formato da sabbie e limi
per cui, se non ben drenato può presentare problemi di ristagno. Questi problemi si
riscontrano nei terreni limitrofi che a seguito di pregressa attività estrattiva hanno subito
un ripristino morfologico inadeguato e presentano zone depresse con ristagno di acqua.
Durante i sopralluoghi effettuati nel periodo di settembre 2012, con le colture già raccolte,
è emerso che l'area della futura escavazione, sopratutto nella parte lasciata a cotico erboso
spontaneo, ha una qualità della composizione floristica abbastanza bassa, così come la
quantità, in quanto i terreni sono dominati dalla presenza dell'Inula viscosa che oltretutto
vegeta in maniera estesa anche nei terreni limitrofi. Si riscontra la presenza anche di
Rumex spp., Abutilon spp., Cirsium arvense e Cicoria selvatica (Cichorium intybus), tutte
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specie spontanee in terreni sottoposti a pratiche agricole e di basso valore ecologico.
Circa a metà in direzione est-ovest, l'area è attraversata da una quinta formata da piante
arboree quali un gelso (Morus alba), degli aceri campestri (Acer campestris) e delle piante
arbustive quali prugnoli (Prunus spinosa) e rovi (Rubus spp.) cresciuta lungo un fosso di
captazione delle acque meteoriche che termina in prossimità della strada comunale di
Farneta che limita a sud l'area di cava.
Cap. 4 Aspetti faunistici
Il paesaggio oggetto di studio è composta da vari habitat con caratteristiche vegetazionali
differenti che fungono da rifugio e ambiente di riproduzione a molte specie animali, quali
mammiferi, uccelli, anfibi e rettili. Riguardo a queste si precisa che per desumere la
consistenza del patrimonio faunistico presente nell’area si è fatto ricorso agli studi
effettuati per il Piano Faunistico Provinciale ed a quelli per il monitoraggio della fauna
della Riserva Naturale “Valle dell’Inferno Bandella” e oltre che, fin dove è stato possibile,
dal rilievo diretto delle tracce, delle fatte, per avvistamenti, per conoscenza della presenza
tradizionale nei luoghi. Sono stati consultati anche gli ultimi studi effettuati per la
Valutazione d’Incidenza per l’inserimento nel PAERP dell’area estrattiva di Malafrasca
anche se non di pertinenza precipua dell'area. Questo perchè la zona di Malafrasca
presenta caratteristiche paesaggistiche analoghe a quella oggetto della presente relazione.
Anche in questo caso le unità di paesaggio così descritte si ripetono variamente nel
territorio circostante conservando una identica tessitura; sono quindi rappresentative del
quadro ambientale di studio. I diversi habitat rappresentati determinano varie dinamiche
di utilizzazione da parte della fauna indicando come i boschi siano i luoghi utilizzati per la
sosta, il riparo e la riproduzione e dai quali si sposta in ambienti più idonei per la caccia
quali, coltivi, prati-pascolo ed arbusteti. Di seguito vengono descritti gli habitat rilevati
con le rispettive presenze faunistiche. Per quanto riguarda l’avifauna si fa riferimento allo
specifico studio volto a monitorare l’andamento delle popolazioni alle specie nidificanti e
svernanti nella RN di Valle dell’Inferno e Bandella, censite nel biennio 2005-2006.
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4.1 Seminativi semplici irrigui e asciutti
• mammiferi ungulati: cinghiale e capriolo;
• altri mammiferi: lepre, istrice, volpe, toporagno, arvicola, talpa ceca, chirotteri;
• rettili: lucertola, ramarro;
• uccelli: fagiano, storno, colombo, tortora, rondine, balestruccio, rondone, merlo,
pettirosso, passera d’Italia, cardellino, verzellino, cornacchia grigia, gazza, passera
scopaiola, passera d’Italia, verdone, saltimpalo, beccamoschino, picchio verde,
ballerina bianca, allodola, strillozzo;
4.2 Prati, Pascoli, incolti produttivi
• mammiferi ungulati: cinghiale e capriolo;
• altri mammiferi: lepre, istrice, volpe, toporagno, arvicola, talpa ceca, chirotteri;
• rettili: lucertola, ramarro;
• uccelli: fagiano, storno, colombo, tortora, rondine, balestruccio, rondone, merlo,
pettirosso, passera d’Italia, cardellino, verzellino, cornacchia grigia, gazza, passera
scopaiola, passera d’Italia, verdone, saltimpalo, beccamoschino, picchio verde,
ballerina bianca, allodola, strillozzo;
4.3 Arbusteti e incolti cespugliati
• mammiferi ungulati: cinghiale e capriolo;
• altri mammiferi: lepre, istrice, volpe, toporagno, arvicola, chirotteri;
• rettili: lucertola, ramarro, vipera; anfibi: rospo;
• uccelli: fagiano, storno, merlo, pettirosso, passera d’Italia, cardellino, verzellino,
averla piccola, saltimpalo, sterpazzola, usignolo, succiacapre, scricciolo, canapino,
capinera, fringuello, cinciallegra, cinciarella, zigolo nero, occhiocotto;
4.4 Boschi cedui e misti, invecchiati e/o avviati all’alto fusto
• mammiferi ungulati: cinghiale, capriolo;
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• altri mammiferi: lepre, istrice, volpe, ghiro, toporagno, arvicola, moscardino, riccio,
• scoiattolo, donnola, faina;
• rettili: lucertola, vipera, colubro;
• anfibi: rospo;
• uccelli: fagiano, colombo, tortora, merlo, pettirosso, passera d’Italia (margini),
cardellino, verzellino, cornacchia grigia (margini), ghiandaia, picchio muratore,
picchio rosso maggiore, picchio verde, upupa, torcicollo, capinera, luì piccolo,
codibugnolo, scricciolo, fringuello, usignolo, allocco, civetta, barbagianni, cuculo;
4.5 Boschi riparali
• mammiferi ungulati: cinghiale, capriolo;
• altri mammiferi: lepre, istrice, volpe, ghiro, toporagno, arvicola, moscardino, riccio,
scoiattolo, donnola, faina;
• rettili: lucertola, colubro; anfibi; rospo;
• uccelli: fagiano, rondine (margini), balestruccio (margini), rondone (margini),
merlo, pettirosso, cardellino, verzellino, ghiandaia , picchio muratore, picchio
verde, upupa, cinciarella, cinciallegra, usignolo, allocco, civetta, cuculo;
4.6 Alberature isolate e resedi di fabbricati abitati e disabitati
• mammiferi: istrice, riccio, toporagno, arvicola;
• rettili: orbettino, lucertola, ramarro, vipera, colubro; anfibi: rospo;
• uccelli: merlo, storno, rondine, balestruccio, tortora, pettirosso, passero, cardellino,
verzellino, capinera, upupa, cinciallegra, ballerina bianca, cornacchia grigia, gazza,
civetta, allocco;
4.7 Invasi artificiali
• mammiferi ungulati: cinghiale e capriolo;
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• altri mammiferi: lepre, istrice, volpe, riccio, toporagno, arvicola, nutria; anfibi:
rospo, rana;
• uccelli: fagiano, merlo, storno, rondine, balestruccio, tortora, pettirosso, passero,
cardellino, verzellino, usignolo. Nel periodo invernale possono essere visitati da
varie specie di uccelli acquatici come airone cenerino, garzetta, airone bianco
maggiore, germano reale, alzavola, marzaiola.
4.8 Conclusioni
L’area territoriale registra una buona presenza di specie in termini quantitativi e
qualitativi, nonostante la marcata antropizzazione, l’attività agro-pastorale e le attività
legate agli insediamenti produttivi. Nello specifico, l'area di cava non presenta elementi
paesaggistici di particolare pregio o formazioni arboree e/o arbustive che svolgano una
qualche funzione ecologica fosse solo quella di rappresentare una fonte di alimentazione.
L'utilizzazione è come più volte ricordato prettamente condizionata dall'opera dell'uomo
che può cambiare l'uso di questi terre di anno in anno a seconda delle scelte
imprenditoriali o dalle esigenze di mantenimento della fertilità del terreno. Le uniche
presenze di arbusti sono nella quinta presente a metà dell'area di escavazione, sopra
descritta.
Ricadendo poi l'area di escavazione nell'area contigua della Riserva di Bandella – Valle
dell'Inferno, e comunque al di fuori della ZPS SIC, non si può non ricordare l'importanza
che gli spazi aperti hanno per questa Riserva e per le finalità per cui è stata costituita. Il
territorio occupato, all'interno della Riserva, da spazi aperti quali seminativi, pascoli e
prati pascoli risulta in percentuale molto bassa rispetto al totale e, in base ai rilevamenti
ornitici effettuati negli anni scorsi, emerge come sia avuta un diminuzione delle specie
degli ambienti agricoli ed aperti in generale dovuto all’abbandono delle coltivazione ed
all’evoluzione degli ambienti verso arbusteti e boschi. Per questo motivo l’attuale habitat
dell’area di cava potrebbe contribuire al mantenimento di adeguate superfici aperte
importanti per le specie, sopratutto ornitiche, frequentanti le zone aperte della Riserva
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Naturale.
Le attuali associazioni vegetazionali (seminativo – inerbimento spontaneo) che saranno
riproposte con il progetto di ripristino determineranno il ricostituirsi degli attuali assetti
paesistici che rivestono un'importanza fondamentale per il mantenimento della
biodiversità nell'area.
Cap. 5 Risistemazione post escavazione
5.1 Inquadramento climatico
Per arrivare a formulare un piano di rinverdimenti idoneo alla stazione per avere maggiori
garanzie in termini di attecchimento e di sviluppo è necessario conoscere una serie di dati
relativi al clima della regione oggetto di studio; sono ben note infatti le relazioni che
intercorrono tra clima vegetazione e suolo. Il bilancio idrico ed il tipo climatico dell’area
sono stati elaborati secondo il metodo THORNTHWAITE (1948). E’ stata presa in
considerazione la stazione di Montevarchi, abbastanza vicina all’area che offre la
possibilità di utilizzare sia i dati pluviometrici che quelli delle temperature.
Tab. 1 – Bilancio idrico climatico della stazione di Montevarchi (alt. 163m; dati
termopluviometrici del trentennio 1956-1985)
T= temperature medie mensili e annue;
P= precipitazioni medie mensili e annue;
PE= evapotraspirazione potenziale;
AE= evapotraspirazione reale;
D= deficit idrico (PE-AE);
S= surplus idrico (eccesso di P rispetto a PE)
G F M A M G L A S O N D Anno
T 4.7 6.4 9.1 12.5 16,8 20,3 23,2 22,6 19,2 14,3 9,5 5,8 13,7
P 70 73 71 68 80 65 25 47 72 108 110 88 877
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PE 10 14 30 52 89 119 145 129 88 53 25 12 766
AE 10 14 30 52 89 113 105 86 78 53 25 12 667
D 0 0 0 0 0 6 40 43 10 0 0 0 99
S 60 59 41 16 0 0 0 0 0 0 0 34 210
Dal bilancio idrico (tab.1) sono stati ricavati gli indici climatici (figg. 5.1 e 5.2, tab. 2) che
permettono di definire il “tipo di clima”, secondo il metodo di Thornthwaite
Indice di umidità globale: Im = (Ih-Ia) =100 x (S-D) / PE
Indice delle variazioni stagionali dell’umidità: per l’area in oggetto è espresso dall’indice
di aridità: Ia = (100 x D/PE)
Indice dell’efficienza termica (TE): è espresso dalla PE (Evapotraspirazione potenziale) in
cm.
Indice della concentrazione estiva dell’efficienza termica (CE): corrisponde alla PE% dei
tre mesi estivi.
Tabella 2 – Indici climatici e “tipo climatico” della Stazione di Montevarchi (163 m)
Im la PE in mm CE (%) Tipo Climatico
14,5 12,5 766 51,3 C2 B’2 r b’4
Il clima dell’area, basato sulla stazione di Montevarchi, è espresso dalla formula: C2 B’2 r
b’4. Siamo in presenza di un clima da umido a subumido (classe C2: Im compreso tra 0 e
19,9), secondo mesodermico (B’2: indice di efficienza termica fra 71,3 e 85,5), con deficit
estivo moderato o nullo
( r compreso tra 0 e 16,7) e con concentrazione estiva dell’efficienza termica (b’4) fra 48.0 e
51.9%, che esprime una tendenza in senso suboceanico.
Tale inquadramento climatico risulta ad essere importante per la valutazione e la scelta
delle specie da utilizzare nella fase di ripristino.
Rispetto a quanto sopra riportato si assiste negli ultimi 10 anni ( cfr tab. 3) ad un marcato
cambiamento climatico con una diminuzione delle precipitazioni complessive, valutabili
nell'ordine del 10%, e degli eventi piovosi a fronte di un aumento dell'intensità per evento
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e dell'aridità estiva.
Questa situazione dovrà essere tenuta in debita considerazione per la scelta delle essenze
da utilizzare.
Tab. 3
AnnoPrecipitazioni totali (estratto banca
dati SIR- Servizio Idrologico Regionale) Stazione di Montevarchi
2002 902,9
2003 629,8
2004 911,6
2005 898,8
2006 574,2
2007 543,6
2008 924,6
2009 802,2
2010 1189,4
2011 516,2
Media 2002-2011 789,33
5.2 Aspetti generali del progetto di recupero
Gli obiettivi che ci si prefigge con il progetto di recupero sono essenzialmente protettivi ,
nel senso di consolidamento del terreno di riporto e controllo dell’erosione idrica
superficiale, scenici con il ristabilimento della continuità visiva con il contesto
paesaggistico ed ecologici ricostituendo una copertura vegetale formata da specie
autoctone in sintonia con il grado di biodiversità dell’ambiente. La morfologia di ripristino
prevede la presenza di un area che degrada dall'abitato di Casanuova verso est nella
prima parte con andamento declive per poi raccordarsi alla quota di m 227 con il piano di
campagna attuale.
Nel progetto di ripristino morfologico e vegetazionale occorre tener conto di quanto
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previsto dalla normativa specifica in quanto, l'area è ricompresa nel “Piano programma di
riqualificazione degli ambiti territoriali già interessati da attività estrattive all'interno dell'Area
Contigua dell'Oasi di Bandella.” Esso è stato redatto in adempimento a quanto disposto
dall'art. 45 comma 6 lettera c del Regolamento delle Riserve Naturali “Valle dell'Inferno e
Bandella e Ponte Buriano e Penna” come modificato con Del. C.P. n. 25 del 28.02.2008. Tale
programma si pone l'obiettivo di un “recupero dei siti di cava abbandonati o recuperati
inadeguatamente posti all'interno del' area contigua per la loro successiva riutilizzazione e
il reinserimento nel territorio come elemento naturale e non anomalo dal punto di vista:
morfologico, paesaggistico e vegetazionale”. A tal fine l'area individuata per la
riqualificazione è una superficie posta a sud dell'area di cava denominata di seguito “area
di riqualificazione” avente superficie paria 3,91 ha circa (39171,39 mq). Questa zona, dopo
aver subito un leggero intervento di rimodellamento (cfr. relazione dott. Sani) sarà
ripristinata ad uso agricolo. Nel periodo di escavazione, come riportato nello Studio di
Impatto Ambientale, fungerà nei modi di seguito descritti, a tamponare gli effetti
dell'attività di escavazione sull'ambiente.
Per quanto riguarda l'area di cava il ripristino porterà ad avere un terreno restituito alle
pratiche agricole con un reticolo di affossature idoneo allo smaltimento delle acque di
scorrimento superficiale, il cui schema è rappresentato nella tavola 4.2.
5.3 AREA DI CAVA - Aspetti agronomici del ripristino
La fase di ripristino della zone scavata prevederà come prima fase il rimodellamento delle
superfici in funzione delle esigenze del recupero. Per l’attuazione di questa fase è
consigliabile riporre in loco un idoneo strato di terreno di coltura in quantità e
caratteristiche adeguate. Detto intervento potrà essere realizzato con riporto dell’orizzonte
di lavorazione dell’attuale coltura opportunamente accantonato nella fase di scorticamento
iniziale. Il riporto di terreno di tale tipo è consigliabile in quanto la fase di rimodellamento
è seguita da quella della pedogensi e cioè la ricostituzione di uno strato di terreno idoneo
alla coltivazione. La fertilità del suolo dipende infatti dal giusto equilibrio tra la
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componente fisica (tessitura), chimica (sali minerali), microbiologica (sostanza organica,
funghi e batteri), dalla fauna terricola, dall’aria e dall’acqua.
La ricolonizzazione vegetale di terreni derivanti da orizzonti pedologici profondi dove le
condizioni anaerobiche e riducenti determinano di fatto la loro sterilità biologica è molto
lunga. La componente microbiologica innesca delle reazioni biochimiche tali da rilasciare
colloidi e sali minerali molto importanti per la realizzazione di stadi di strutturazione del
terreno e di nutrienti per le piante pioniere che si verranno ad insediare e/o a seminare.
Particolarmente adatte a questa prima fase sono le foraggere che svolgono un ruolo di
colonizzatrici e di miglioratrici del terreno. Da un lato con la grande massa di radici
contribuiscono ad esercitare una forte azione di consolidamento mentre con il rilascio di
abbondanti quantità di sostanza organica innescano tutti quei fenomeni precursori della
pedogenesi. Dalla morte e dalla decomposizione di queste prime essenze aumenterà nel
terreno la frazione umica e la presenza dei colloidi che determineranno dei miglioramenti
anche delle condizioni fisiche del terreno consentendo lo sviluppo di una macro e
microporosità che permetterà una migliore circolazione dell’aria e dell’acqua, aumentando
inoltre il potere igroscopico del suolo. Il miglioramento delle condizioni fisiche del suolo e
la presenza di sostanza organica disponibile permetterà lo sviluppo di microrganismi ed
entomofauna terricola che mineralizzando la frazione organica determinerà di fatto un
miglioramento anche della fertilità chimica e microbiologica che consentirà l’insediamento
di specie più esigenti dal punto di vista nutrizionale. Per questa serie di motivi si consiglia
di accantonare fuori dall’area di coltivazione della cava il terreno degli orizzonti
superficiali per poter poi innescare più rapidamente i processi pedogenetici.
L’altro aspetto di grande importanza è quello delle sistemazioni idrauliche agrarie. Il
terreno di riporto presenta una soluzione di continuità con gli orizzonti del fondo della
cava e non avendo, nelle prime fasi, sviluppato un cotico erboso tale da trattenere le
particelle di suolo, va incontro a fenomeni di erosione per ruscellamento o per
laminazione che potrebbero sfociare in fenomeni calanchivi; la conseguenza è di
un’asportazione dello strato più fertile di terreno con le sue componenti organiche,
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minerali e microbiologiche e una vanificazione delle semine e delle piantumazione, che
avrà come effetto finale il ritardo della ricolonizzazione ed il riutilizzo a fini agro-forestali.
Per evitare occorrerà progettare e realizzare un sistema di scoline all’interno ed intorno
all’area dimensionate in base ai dati pluviometrici della zona che convoglino l’acqua verso
gli impluvi e nella rete idrica esistente.
Le operazioni previste sono:
A. preparazione del terreno;
B. semina di specie erbacee, miglioratrici del terreno.
C. restituzione alle normali coltivazioni
A. Preparazione del terreno
La preparazione del terreno passa attraverso un movimento terra per il modellamento
della superficie con il terreno risultante dall’escavazione. La morfologia di ripristino, come
già detto, prevede la presenza di un area che degrada dall'abitato di Casanuova verso est
nella prima parte con andamento declive per poi raccordarsi con il piano di campagna
attuale. Sopra il piano di ripristino verrà disposto il terreno di scoticamento
preventivamente accantonato. In considerazione del fatto che l'orizzonte superficiale sarà
stato stoccato in cumuli di una certa altezza esposti agli agenti atmosferici non è da
escludere che si verifichino decadimenti qualitativi dovuti a costipamento, asfissia ed
ossidazione della componente organica, con conseguente perdita delle caratteristiche della
fertilità iniziale. A tal proposito nel momento di ridistribuzione del terreno sulla superficie
di fine escavazione va previsto l'apporto di sostanza organica atta a migliorare le
caratteristiche, sopratutto fisiche del terreno. La soluzione prospettata è quella di spandere
in ragione di 20 t/ha, letame bovino e/o ovino stagionato almeno 1 anno.
Verrà realizzata una serie di scoline atte a regimare le acque soprattutto nelle prime fasi di
ripristino a garanzia delle semine. A ripristino ultimato, la rete scolante si svilupperà
come rappresentato nella tavola specifica (Tav. 2). Si provvederà alla distribuzione di una
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concimazione organo-minerale con caratteristiche “starter”, che faciliterà le prime fasi di
crescita. Seguirà quindi una lavorazione superficiale del terreno con estirpatore o erpice
che avrà come scopo quello di interrare il fertilizzante e di ridurre l’eventuale zollosità
presente che, data la natura sabbiosa – limosa dei terreni in oggetto, non dovrebbe essere
eccessiva. Prima della semina potrà essere effettuato un livellamento del terreno per
eliminate avvallamenti o piccole irregolarità; la semina delle essenze erbacee avverrà in
maniera tradizionale mediante seminatrice combinata ad erpice rotativo per determinare
l'interramento del seme. Dopo la semina sarà necessario effettuare una rullatura per
addossare il terreno ai semi; quindi si apriranno delle fossette di raccolta dell’acqua
superficiale indirizzandole verso i capofossi.
B. Semina di specie erbacee
Affinchè il terreno possa rigenerarsi per restituirlo alle attività agricole si prevede che
vengano effettuate delle semine prodromiche al miglioramento del terreno, che
permarranno sul terreno per qualche anno.
Per quanto attiene l’impiego di specie erbacee si consiglia di utilizzare un miscuglio
composto in ugual misura da graminacee e leguminose. Questo perché la differente
morfologia dell’apparato radicale (fascicolato e più superficiale nelle graminacee e
fittonante e più profondo delle leguminose) garantisce un effetto sinergico per il
consolidamento del franco di coltivazione. Le leguminose inoltre avvalendosi della
simbiosi azotofissatrice contribuiscono al miglioramento delle proprietà chimiche del
terreno e a portare il rapporto C/N del terreno verso valori ottimali per l’attività
microbica. Per avere lo sviluppo di un cotico erboso che copra rapidamente l’area è
opportuno utilizzare un miscuglio polifita in maniera da garantire la riuscita della semina.
Le specie che possono entrare nel miscuglio possono essere, in base alle condizioni
pedoclimatiche della stazione, le seguenti: Agropyron repens 10%, Festuca arundinacea 5%,
Poa trivialis 10%, Dactylis glomerata 5%, Agrostis alba 10%, Lolium perenne 10%,Vicia villosa
5%, Medicago lupolina 15%, Onobrychis vicifolia 10%,Lotus corniculatus 15%, Hedisarium
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coronarium 5%.
Per avere una copertura densa si prevede di utilizzare 80 kg di seme per ettaro. A seguito
della semina seguirà un periodo di riposo pari a 2-3 stagioni vegetative con eventuale
risemina laddove il primo intervento di inerbimento non sia riuscito.
C. Restituzione alle normali coltivazioni;
Nel periodo di permanenza del prato polifita occorrerà effettuare il mantenimento
mediante sfalci periodici o lavorazioni per nuove semine in quanto il semplice abbandono
porterebbe ad un peggioramento della qualità delle essenze. Dopo il periodo di
permanenza del prato polifita sul suolo, stimabile in 2-3 anni, occorrerà effettuare la
rottura dello stesso con aratura a 40 cm, successivo affinamento del terreno con erpicatura
e quindi si potrà procedere alla semina di specie di interesse agrario.
5.4 AREA DI RIQUALIFICAZIONE - Aspetti agronomici del ripristino
Questa zona potrà essere utilizzata nelle fasi di escavazione come zona tampone per la
sottrazione di suolo, come meglio descritto nello Studio di Impatto Ambientale e nello
Studio di Incidenza, applicabile per circa 1,5 ha a rotazione all'anno all'interno dell'area.
Non è possibile definire un programma preciso in quanto il rimodellamento morfologico
verrà effettuato apportando materiale da fuori sito per cui non è dato sapere i tempi con
cui questo materiale verrà approvvigionato.
I lavori per la riqualificazione dell'area saranno completati su tutta la superficie solo al
termine dell'escavazione in maniera da raccordare morfologicamente le due aree e a
realizzare un sistema di drenaggio delle acque superficiali migliorativo dello stato attuale
Le operazioni di miglioramento risulteranno più semplici in quanto si parte da un
substrato che è già in posto, è stato comunque coltivato in qualche porzione, o ha visto la
presenza di un cotico erboso pluriennale e che subirà solo dei lievi lavori di
rimodellamento superficiale.
Questi terreni comunque, derivando da ripristini pregressi mal eseguiti, presentano
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caratteristiche asfittiche in molte parti, con una composizione floristica scadente con
presenza di ampie zone a Inula viscosa e che hanno necessità di interventi di miglioramento
anche della componente fisica per poter essere restituiti alle normali pratiche agricole.
Oltretutto, non potendo fare previsioni sulla qualità del materiale riportato, dovranno
essere adottati i seguenti accorgimenti, per avere successo nelle semine per la
riqualificazione:
1. lavorazione del terreno mediante rippatura incrociata atta a rompere gli strati più
profondi senza smuovere l'orizzonte superficiale;
2. distribuzione di letame maturo in ragione di 20 t/ha;
3. lavorazione superficiale ed amminutamento;
4. semina di un miscuglio polifita in maniera da garantire la riuscita della semina. Le
specie che possono entrare nel miscuglio possono essere, in base alle condizioni
pedoclimatiche della stazione, le seguenti: Agropyron repens 10%, Festuca
arundinacea 5%, Poa trivialis 10%, Dactylis glomerata 5%, Agrostis alba 10%, Lolium
perenne 10%,Vicia villosa 5%, Medicago lupolina 15%, Onobrychis vicifolia 10%,Lotus
corniculatus 15%, Hedisarium coronarium 5%.
Il prato polifita contribuirà, mediante l'apporto di sostanza organica e la
microfessurazione del terreno ad opera delle radici, a migliorare sensibilmente le
caratteristiche fisiche del suolo predisponendolo ad eventuali semine per colture agricole
di cereali.
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BIBLIOGRAFIA
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INDICE
Cap.1 Analisi paesistica: aspetti paesaggistico-ambientali Pag. 1
Cap. 2 Aspetti vegetazionali Pag. 4
Cap. 3 Caratterizzazione dell’area di cava Pag. 8
Cap. 4 Aspetti faunistici Pag. 9
Cap.5 Risistemazione post escavazione Pag. 13
Cap. 6 Conclusioni Pag. 22
Bibliografia Pag. 23
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