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Università Telematica Pegaso La metodologia qualitativa
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Indice
1 LE FASI DELLA RICERCA QUALITATIVA -------------------------------------------------------------------------- 3
2 L’ETNOGRAFIA -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 7
3 GLI STRUMENTI DELLA RICERCA QUALITATIVA E ETNOGRAFICI ------------------------------------- 9
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 16
Università Telematica Pegaso La metodologia qualitativa
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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1 Le fasi della ricerca qualitativa
L’indagine di tipo qualitativo risulta essere composta da sei fasi, che a volte possono essere
ben distinte, a volte possono intrecciarsi; in ogni caso, esse rappresentano sempre momenti di una
sequenza circolare, che assume la connotazione di un anello, in quanto la ricerca qualitativa
possiede la caratteristica fondamentale di permettere al ricercatore di poter fare un passo indietro,
cioè di tornare alla fase precedente apportando eventuali modifiche o integrazioni, qualora se ne
presenti la necessità.
La prima fase della ricerca è la scelta e la definizione del “fatto” da esaminare. All’inizio
tale tema di ricerca è spesso generico e dai contorni sfumati; a volte il ricercatore (o il committente
della ricerca) ha un’idea solamente vaga e il suo interesse cognitivo (in altre parole cosa vuole
ricercare e il tema che vuole affrontare) non è ancora ben delineato.
Scegliere l’argomento è quindi piuttosto difficile e raramente si riesce in questa prima fase a
giungere a una definizione precisa della domanda di ricerca. Spesso si parte con un argomento o
una tematica generale che è d’interesse per il ricercatore, o che viene indicato da un committente,
per poi giungere a formulare delle domande specifiche sull’obiettivo della ricerca, andando a
restringere e meglio delineare il campo di studio.
Nella seconda fase avviene la formulazione dell’obiettivo cognitivo: una volta delimitato
l’ambito di interesse, anche in virtù di un’analisi dello stato dell’arte e di un’attenta revisione
bibliografica, oppure in constatazione di una complessa situazione organizzativa interna che
necessita un approfondimento, è possibile scegliere l’obiettivo, lo scopo finale, che rappresenta il
filo conduttore che guida il ricercatore per tutta la durata della ricerca qualitativa.
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Nella terza fase vi è la definizione della strategia operativa, cioè del processo di indagine
che sarà utilizzato per la raccolta dei dati, ossia interviste strutturate o non strutturate, focus group,
etc…. In base alle riflessioni fatte, il ricercatore sceglie il metodo di indagine e gli strumenti di
raccolta delle informazioni, anche in relazione al tema della ricerca e agli obiettivi fissati.
Nella quarta fase si procede alla raccolta dei dati: è la fase di reperimento delle
informazioni attraverso la somministrazione dello strumento operativo.
Durante la fase “sul campo” si procede concretamente alle pratiche di campionamento, non
tanto numerico quanto di scelta dei soggetti più pertinenti rispetto al disegno di ricerca, e alla prova
degli strumenti.
I problemi più spinosi sorgono spesso in questa fase: il campione si potrebbe costituire in
maniera differente da come ci si aspettava; gli strumenti spesso potrebbero necessitare di una
seconda taratura o modifica; le informazioni raccolte potrebbero non essere complete e
soddisfacenti come ci si aspettava.
Non è indispensabile che i dati raccolti avvallino le ipotesi di partenza perché una ricerca
venga condotta con successo; essi possono infatti portare a una confutazione della teoria di base,
senza che ciò pregiudichi il valore metodologico dello studio condotto.
Durante la raccolta del dato, ovvero la fase di carotaggio e campo, si procede
concretamente alle pratiche di campionamento, il campionamento non dovrà essere necessariamente
significativo dal punto di vista statistico, ma esaustivo dal punto di vista dell’osservazione.
La composizione del campione qualitativo prevede che il ricercatore sia allenato ad
ascoltare e pronto a seguire gli stimoli e le indicazioni che gli provengono dal campo, aspettandosi
anche l’imprevedibile, in considerazione del fatto che gli eventi che accadono a questo livello
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possono retroagire sulla concettualizzazione e sulle ipotesi a cui era giunto durante il disegno di
ricerca.
Nella quinta fase di ricerca si procede all’analisi del dato, attraverso un processo di
rielaborazione e commento.
Le informazioni raccolte sul campo (osservazione; interviste; note descrittive) devono essere
organizzate in una qualche forma, per poter poi essere analizzate.
Per esempio, un’intervista condotta oralmente diviene testo scritto, secondo determinate
convenzioni (sequenza domane-risposte, annotazioni sul contesto, annotazioni sugli aspetti
comunicativi non verbali, etc…), utili per permetterne una successiva analisi e comparabilità.
In questa fase si assiste a una sorta di impoverimento dei materiali; i dati potrebbero non
mantenere tutta la ricchezza informativa tipica delle metodologie utilizzate in ambito qualitativo.
Spesso ci si rende conto dei limiti e della finitezza del proprio lavoro, degli aspetti che
hanno raccolto risposte solo superficiali e di quante altre domande potevano essere poste per
scandagliare meglio l’argomento oggetto d’analisi; qui entra ancora una volta in gioco la
retroattività delle fasi di ricerca, caratteristica che permette al ricercatore di modificare o integrare
per tempo la raccolta delle informazioni, qualora abbia avuto l’accortezza di iniziare l’analisi dei
dati durante il processo stesso di ricerca.
Nell’ultima fase di ricerca si avvia la presentazione dei risultati: grande attenzione va posta
in questa fase, non soltanto perché il testo conclusivo redatto diviene uno dei criteri per valutare la
scientificità della ricerca, ma anche perché nella fase di scrittura il processo di analisi e commento
dei dati prosegue.
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A questo livello il ricercatore chiarisce anche con se stesso i suoi asserti, affina i concetti
espressi, sviluppa nuove idee, generalizza o delimita alcune delle conclusioni alle quali è giunto e, a
volte, censura determinati risultati o possibili spiegazioni. In ogni caso è importante che in questa
fase venga approfondita ancora una volta l’attività di analisi e interpretazione dei dati.
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2 L’etnografia
L’etnografia è «descrizione di un particolare mondo sociale in base a una prospettiva non
scontata. Fare etnografia non significa semplicemente descrivere “realtà” sociali (relazioni, mondi,
professioni, istituzioni), ma farlo in base a presupposti che ne illustrino aspetti poco evidenti o
comunque non ovvi».
(A. Dal Lago, R. De Biasi, 2002, p. X).
È necessaria una distinzione tra la pratica etnografica, intesa come sequenza di passi per
raggiungere uno specifico obiettivo di ricerca, e gli strumenti che permettono di compiere questi
passi, ossia le tecniche, intese come il «complesso più o meno codificato di norme e modi di
procedere riconosciuto da una collettività, trasmissibile per apprendimento, elaborato allo scopo di
svolgere un’adeguata attività manuale o intellettuale di carattere ricorrente» (Gallino1978, p. 23).
Le caratteristiche principali del metodo etnografico sono:
▪ privilegiare per l’osservazione e la descrizione delle pratiche sociali (azione/interazione
sociale);
▪ adozione di un punto di vista parziale, selezionato dal ricercatore, che tuttavia può portare
all’individuazione di pratiche invarianti o generalizzabili;
▪ adozione di uno sguardo denso di teoria: non è possibile liberarsi dal carico di
conoscenze/competenze sia di natura disciplinare sia di senso comune.
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Il campo etnografico è il set dell’osservazione, che si articola in tre livelli: descrittiva,
focalizzata, selettiva.
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3 Gli strumenti della ricerca qualitativa e etnografici
I principali strumenti di indagine sia della ricerca qualitativa in genere, sia dell’etnografia
sono l’osservazione partecipante, l’intervista e il focus group.
L’osservazione è l’insieme di tecniche per lo studio dell’interazione sociale all’interno
dell’ambiente naturale/artificiale.
L’osservazione partecipante è la tecnica «nella quale il ricercatore si inserisce in maniera
diretta e per un periodo di tempo relativamente lungo in un determinato gruppo sociale, preso nel
suo ambiente naturale instaurando un rapporto di interazione personale con i suoi membri allo
scopo di descriverne le azioni e di comprenderne, mediante un processo di immedesimazione, le
motivazioni» (P. Corbetta 1999, p. 368).
Si possono individuare due tipi di osservazione: naturale o artificiale.
Quella naturale prevede una maggiore partecipazione del ricercatore all’oggetto da indagare
e le attività si svolgono in un contesto non artefatto, per esempio una manifestazione.
Quella artificiale prevede una minor partecipazione del ricercatore all’oggetto da indagare e
le attività si svolgono in un contesto artefatto, per esempio in un laboratorio di ricerca.
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Il ricercatore può esercitare due forme di osservazione: scoperta o coperta, cioè può
dichiarare ai soggetti indagati la sua presenza e i suoi obietti e ciò gli consente maggiore flessibilità
d’azione e maggior distacco, anche tale condizione può condizionare l’atteggiamento dei soggetti
indagati. Quando il ricercatore lavora senza dichiarare la sua funzione, può recuperare maggiori
informazioni, ma tale condizione implica anche un suo maggior coinvolgimento e una possibile
difficoltà nella restituzione dei risultati, per questioni etiche e di privacy.
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Nell’ambito della ricerca qualitativa ed etnografica, altro strumento molto utilizzato è
l’intervista, cioè «un’interazione diretta (visiva o vocale) tra due soggetti che assumono ciascuno
un ruolo specifico (intervistatore e intervistato) allo scopo di produrre informazioni rilevanti su un
oggetto cognitivo ai fini di ricerca» (S. Tusini, L’intervista come relazione, Franco Angeli, Milano
2006, p.19).
L’intervista sociologica deve essere considerata come una interazione comunicativa
finalizzata a obiettivi cognitivi. Essa rappresenta lo sviluppo di un atto comunicativo, piuttosto
comune, come la conversazione.
Si si può definire come un incontro tra due o più persone nel corso del quale l’intervistatore
interroga l’altro, o gli altri, allo scopo di conoscere le loro opinioni su alcuni punti o fatti che lo
interessano.
L’intervista presenta una doppia vulnerabilità dal punto di vista della soggettività: riguardo
all’intervistatore e riguardo all’intervistato.
Per quanto riguarda la soggettività dell’intervistato bisogna tener presente che spesso
l’intervista rappresenta l’unico modo in cui è possibile ottenere dati essenziali; perciò, spesso, gli
svantaggi sono compensati dai vantaggi.
Anche la soggettività dell’intervistatore costituisce indubbiamente un limite; tutte le
scienze fanno ricorso a metodi per correggere gli eventuali errori di lettura del ricercatore, magari
ripetendo gli stessi esperimenti più di una volta.
L’intervistatore non può, senza cadere in gravi distorsioni, adattare le proprie domande a
ogni intervistando.
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Fondamentale sarà porgere le domande in modo tale che il loro valore psicologico sia lo
stesso per tutti gli intervistati: l’intervistatore non può manipolare i quesiti discrezionalmente; egli
può operare dei cambiamenti solo nel caso in cui l’intervistando dimostri di non aver capito i
termini della domanda.
Se le risposte non fossero esaurienti, l’intervistatore deve applicare le tecniche
dell’intervista non direttiva (ciò con domande no pre-definite), senza assumere toni inquisitoriali.
Importante è anche impadronirsi del linguaggio degli intervistandi magari grazie ad un
periodo di adattamento (fase di pre-testing). Altre funzioni del pre-testing sono quelle di verificare
il collegamento corretto tra le domande e di esaminarle dal punto di vista dell’intervistato per
evitare di indisporlo o di rendere più difficile la risposta.
Ciò potrebbe accadere nel caso in cui la domanda denoti distacco e superiorità
dell’intervistatore, oppure nel caso in cui la domanda non sia abbastanza perspicua (domanda
chiara, ma contenente più di un’idea, e dunque in grado di confondere l’intervistato).
Infine, è necessario registrare immediatamente le risposte ricevute pena la perdita di dati che
potrebbero rivelarsi rilevanti.
Se la domanda è precodificata la risposta potrà essere registrata con un segno sul quadratino
corrispondente, se non lo è dovrà essere riportata sul modulo la risposta per esteso, possibilmente
parola per parola.
L’intervista diretta presuppone l’incontro tra intervistatore e intervistato. Vi possono
essere anche casi in cui l’intervista avviene a distanza, per esempio quella telefonica.
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Altro strumento di rilevazione è il focus group, una tecnica osservativa che si applica a
gruppi ristretti (non più di dieci persone) impegnati in una discussione su un argomento definito,
sollecitata e condotta dall’osservatore stesso.
Il focus group rileva le credenze e gli atteggiamenti del gruppo osservato, così come i modi
attraverso i quali essi sono sostenuti pubblicamente.
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Lo scheda di seguito riportato è un esempio di trascrizione delle fonti orali raccolte durante
la ricerca qualitativa ed etnografica.
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Bibliografia
Morcellini M., Comunicazione e media, EGEA, Roma 1993.
ü Smelser N. J., Manuale di sociologia, Il Mulino, Bologna 2011.