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Roma, A.D. 2017
Fra Mauro JÖHRI
ORDINE DEI FRATI MINORI CAPPUCCINI
MINISTRO GENERALE
Prot. N° 00935/13
Decreto di promulgazione
Visto il decreto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di
vita Apostolica, prot. n° C 37 – 1/2013 del 4 ottobre 2013, con cui sono stati approvati
e confermati i testi redatti in lingua italiana presentati con lettera del 28 settembre
2013,
il Ministro generale
avuto il mandato dall’84° Capitolo Generale
con il presente decreto
PROMULGA
le Costituzioni dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini
e le Ordinazioni dei Capitoli Generali
nella loro edizione tipica in lingua italiana
con il testo di seguito riportato.
La loro entrata in vigore è stabilita per il giorno
8 dicembre 2013
avvenuta la pubblicazione sul sito ufficiale dell’Ordine.
fra Mauro JÖHRI
Ministro generale OFMCap.
fra Clayton Jaison FERNANDES
Segretario generale OFMCap.
Dato in Roma, dalla nostra Curia generale l’8 dicembre 2013,
solennità dell’Immacolata Concezione della B.V. Maria, Patrona dell’Ordine.
LA REGOLA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI E IL TESTAMENTO ... 8
La Regola di San Francesco d'Assisi..................................................................... 9
1. Nel nome del Signore incomincia la vita dei frati minori ................................................ 9
2. Di coloro che vogliono intraprendere questa vita e come devono essere ricevuti ............ 9
3. Del divino ufficio e del digiuno e come i frati debbono andare per il mondo................. 10
4. Che i frati non ricevano denari ......................................................................................... 10
5. Del modo di lavorare ......................................................................................................... 10
6. Che i frati di niente si approprino e del chiedere l'elemosina e dei frati infermi ........... 11
7. Della penitenza da imporsi ai frati che peccano .............................................................. 11
8. Della elezione del ministro generale di questa fraternità
e del capitolo di Pentecoste.................................................................................................... 11
9. Dei predicatori ................................................................................................................... 12
10. Dell' ammonizione e della correzione dei frati .............................................................. 12
11. Che i frati non entrino nei monasteri delle monache .................................................... 12
12. Di coloro che vanno in missione tra i saraceni e tra gli altri infedeli .......................... 13
Il Testamento .......................................................................................................... 14
LE COSTITUZIONI DEI FRATI MINORI CAPPUCCINI ..................... 17
Capitolo I La Vita Dei Frat Minori appuccini .................................................. 18
Articolo I La nostra vita secondo il Vangelo........................................................................ 18
Articolo II La nostra vita nella Chiesa ................................................................................. 22
Capitolo II La vacazione alla nostra vita e la formazione dei frati .............. 25
Articolo I La vocazione alla nostra vita ............................................................................... 25
Articolo II L’ammissione alla nostra vita ............................................................................ 26
Articolo III La formazione in generale ................................................................................. 29
Articolo IV L’iniziazione alla nostra vita ............................................................................ 32
Articolo V La professione della nostra vita .......................................................................... 35
Articolo VI La formazione al lavoro e al ministero ............................................................. 38
6
Articolo VII La formazione permanente .............................................................................. 40
Capitolo III La nostra vita di preghiera ............................................................. 43
Capitolo IV La nostra vita in povertà ................................................................. 52
Articolo I Il nostro impegno di povertà................................................................................ 52
Articolo II La povertà riguardo ai beni e al denaro ............................................................. 54
Articolo III La povertà nelle nostre abitazioni..................................................................... 57
Articolo IV L'amministrazione dei beni .............................................................................. 58
Capitolo V Il nostro modo di lavorare ............................................................... 61
Capitolo VI La nostra vita in fraternità ............................................................. 66
Articolo I L’impegno alla vita fraterna ................................................................................ 66
Articolo II La vita dei frati nel mondo ................................................................................. 73
Capitolo VII La nostra vita di penitenza ........................................................... 76
Capitolo VIII Il governo del nostro Ordine ...................................................... 81
Articolo I La struttura dell'Ordine ...................................................................................... 81
Articolo II I superiori e gli uffici in genere .......................................................................... 83
Articolo III Il governo generale dell’Ordine ........................................................................ 85
Articolo IV Il governo delle province ................................................................................... 88
Articolo V Il governo delle custodie ..................................................................................... 91
Articolo VI Il governo della fraternità locale ....................................................................... 93
Articolo VII La collaborazione nell’Ordine
Consiglio Plenario e Conferenze dei Superiori Maggiori .................................................. 95
Capitolo IX La nostra vita apostolica ................................................................. 97
Capitolo X La nostra vita in obbedienza ......................................................... 104
Articolo I Il servizio pastorale dei ministri e dei guardiani .............................................. 105
Articolo II L’obbedienza caritativa dei frati ....................................................................... 107
Capitolo XI La nostra vita nella castità consacrata ........................................ 110
Capitolo XII L’annuncio del Vangelo e la vita di fede ................................. 114
Articolo I Il nostro impegno di evangelizzare ................................................................... 114
Articolo II La nostra vita di fede ........................................................................................ 118
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ORDINAZIONI DEI CAPITOLI GENERALI
DEI FRATI MINORI CAPPUCCINI ........................................................ 122
Capitolo II La vocazione alla nostra vita e la formazione dei frati ............ 123
Capitolo III La nostra vita di preghiera ........................................................... 126
Capitolo IV La nostra vita in povertà ............................................................... 127
Capitolo V Il nostro modo di lavorare ............................................................. 130
Capitolo VI La nostra vita in fraternità ........................................................... 131
Capitolo VII La nostra vita di penitenza ......................................................... 132
Capitolo VIII Il governo del nostro Ordine .................................................... 133
Capitolo X La nostra vita in obbedienza ......................................................... 139
DECRETO .............................................................................................................. 141
La Regola di San Francesco d'Assisi
1. Nel nome del Signore incomincia la vita dei frati minori
La regola e la vita dei frati minori e questa, cioè osservare il santo Vangelo del
Signore nostro Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in
castità. Frate Francesco promette obbedienza e ossequio al signor papa Onorio e ai
suoi successori canonicamente eletti e alla Chiesa romana. E gli altri frati siano tenuti
a obbedire a frate Francesco e ai suoi successori.
2. Di coloro che vogliono intraprendere questa vita e come devono essere
ricevuti
Se alcuni vorranno intraprendere questa vita e verranno dai nostri frati, questi li
mandino dai loro ministri provinciali, ai quali soltanto e non ad altri sia concesso di
ricevere i frati. I ministri poi diligentemente li esaminino intorno alla fede cattolica e
ai sacramenti della Chiesa. E se credono tutte queste cose e le vogliono fedelmente
professare e osservare fino alla fine; e non hanno moglie o, qualora l'abbiano, essa sia
già entrata in monastero o abbia dato loro il permesso con l'autorità del vescovo
diocesano, dopo aver fatto voto di castità; e le mogli siano di tale età che non possa
nascere su di loro alcun sospetto; dicano ad essi la parola del santo Vangelo, che
vadano e vendano tutto quello che hanno e procurino di darlo ai poveri. Se non
potranno farlo, basta ad essi la buona volontà. E si guardino i frati e i loro ministri di
essere solleciti delle loro cose temporali, affinché dispongano delle medesime
liberamente secondo l'ispirazione del Signore. "Se tuttavia si chiedesse loro un
consiglio, i ministri li potranno mandare da persone timorate di Dio perché con il
loro aiuto diano i loro beni ai poveri." Poi concedano loro i panni della prova, cioè
due tonache senza cappuccio e il cingolo e i pantaloni e il capperone fino al cingolo,
se ai ministri non sembrerà diversamente secondo Dio. "Terminato l'anno della
prova siano ricevuti all'obbedienza promettendo di osservare sempre questa vita e la
Regola. "E in nessun modo sarà lecito di uscire da questa Religione secondo il
decreto del signor Papa; poiché, come dice il Vangelo, nessuno che pone la mano
all'aratro e poi si volge indietro e atto al regno di Dio. E quelli che hanno già
promesso obbedienza, abbiano una tonaca con il cappuccio e un'altra senza, coloro
che la vorranno avere. E coloro che sono costretti da necessità possano portare
calzature. E tutti i frati si vestano di abiti vili che possono rattoppare con sacco e altre
pezze con la benedizione di Dio. I quali ammonisco ed esorto di non disprezzare e di
non giudicare gli uomini che vedono vestiti di abiti molli e colorati ed usano cibi e
bevande delicate, ma piuttosto ciascuno giudichi e disprezzi se stesso".
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3. Del divino ufficio e del digiuno e come i frati debbono andare per il
mondo
I chierici recitino il divino ufficio secondo il rito della santa Chiesa romana eccetto il
salterio, e perciò potranno avere i breviari. I laici dicano ventiquattro Pater noster
per il mattutino, cinque per le lodi; per prima, terza, sesta, nona, per ciascuna di
queste, sette; per il Vespro dodici; per compieta sette; e preghino per i defunti. E
digiunino dalla festa di tutti i santi fino alla Natività del Signore. La santa Quaresima
invece, che incomincia dall'Epifania e dura ininterrottamente per quaranta giorni e
che il Signore santificò con il suo digiuno, coloro che volontariamente la passano nel
digiuno siano benedetti dal Signore, e coloro che non vogliono non vi siano
obbligati. Ma l'altra, fino alla Resurrezione del Signore, la passino digiunando. Negli
altri tempi non siano tenuti a digiunare, se non il venerdì. Nei casi di manifesta
necessità i frati non siano tenuti al digiuno corporale. Consiglio poi, ammonisco ed
esorto i miei frati nel Signore Gesù Cristo che, quando vanno per il mondo, non
litighino, ed evitino le dispute di parole, ne giudichino gli altri; ma siano miti,
pacifici e modesti, mansueti e umili, parlando onestamente con tutti, cosi come
conviene. "E non debbano cavalcare se non siano costretti da evidente necessità o
infermità. In qualunque casa entreranno prima dicano: Pace a questa casa. "E
secondo il santo Vangelo potranno mangiare di tutti i cibi che saranno loro
presentati".
4. Che i frati non ricevano denari
Ordino fermamente a tutti i frati che in nessun modo ricevano denari o pecunia
direttamente o per interposta persona. Tuttavia per le necessità dei malati e per
vestire gli altri frati, i ministri soltanto e i custodi per mezzo di amici spirituali,
abbiano sollecita cura secondo i luoghi, La circostanza, il clima delle regioni, cosi
come sembrerà convenire alla necessità, salvo sempre, come e stato detto, che non
ricevano in nessuna maniera denaro o pecunia.
5. Del modo di lavorare
Quei frati ai quali il Signore ha concesso la grazia di lavorare, lavorino con fedeltà e
con devozione, così che, allontanato l'ozio, nemico dell'anima, non spengano lo
spirito della santa orazione e devozione al quale devono servire tutte le altre cose
temporali . Come ricompensa del lavoro per se e per i loro frati ricevano le cose
necessarie al corpo, eccetto denari o pecunia, e questo umilmente, come conviene a
servi di Dio e a seguaci della santissima povertà.
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6. Che i frati di niente si approprino e del chiedere l'elemosina e dei frati
infermi
I frati non si approprino di nulla, ne casa, ne luogo, o alcuna altra cosa. E come
pellegrini e forestieri in questo mondo, servendo al Signore in povertà ed umiltà,
vadano per l'elemosina con fiducia. Ne devono vergognarsi, perché il Signore si e
fatto povero per noi in questo mondo. Questa e, fratelli miei carissimi, l'eccellenza
dell'altissima povertà, che vi costituisce eredi e re del regno dei cieli, facendovi
poveri di cose e ricchi di virtù. Questa sia la vostra porzione che vi conduce alla terra
dei viventi. E a questa povertà, fratelli carissimi, totalmente uniti, non vogliate aver
altro sotto il cielo, per sempre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo. E ovunque
sono e si troveranno i frati, si mostrino familiari tra loro. E ciascuno manifesti con
fiducia all'altro le sue necessità, "poiché se la madre nutre e ama il suo figlio carnale,
con quanto più affetto uno deve amare e nutrire il suo fratello spirituale? "E se uno
di essi cadrà malato, gli altri frati lo devono servire come vorrebbero essere serviti.
7. Della penitenza da imporsi ai frati che peccano
Se alcuni frati, per istigazione del nemico, avranno mortalmente peccato, per quei
peccati per i quali sarà stato ordinato tra i frati di ricorrere ai soli ministri provinciali,
i predetti frati siano tenuti a ricorrere ad essi quanto prima potranno senza indugio. I
ministri poi, se sono sacerdoti, impongano con misericordia ad essi la penitenza; se
invece non sono sacerdoti, la facciano imporre da altri sacerdoti dell'Ordine, così
come sembrerà più opportuno, secondo Dio. E devono guardarsi di non adirarsi ne
risentirsi per il peccato commesso da un frate, poiché l'ira e il risentimento
impediscono in sé e negli altri la carità.
8. Della elezione del ministro generale di questa fraternità e del capitolo di
Pentecoste
Tutti i frati siano tenuti sempre ad avere uno dei frati di quest'Ordine come ministro
generale e servo di tutta la fraternità e a lui devono fermamente obbedire. Alla sua
morte l'elezione del successore sia fatta dai ministri provinciali e dai custodi nel
Capitolo di Pentecoste, al quale i ministri provinciali siano tenuti sempre ad
intervenire dovunque sarà stabilito dal ministro generale; e questo una volta ogni tre
anni o entro un termine maggiore o minore, cosi come dal predetto ministro sarà
ordinato. E se talora ai ministri provinciali e ai custodi all'unanimità sembrasse che
detto ministro non fosse idoneo al servizio e al comune bene dei frati, i predetti
ministri e custodi, ai quali e commessa l'elezione, siano tenuti nel nome del Signore
ad eleggersi un altro custode. Dopo il Capitolo di Pentecoste i singoli ministri e
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custodi possono, se vogliono e lo credono opportuno, radunare nello stesso anno,
una volta i loro frati a capitolo.
9. Dei predicatori
I frati non predichino nella diocesi di alcun vescovo qualora dallo stesso vescovo
fosse loro proibito. E nessun frate osi predicare al popolo se prima non sia stato
esaminato e approvato dal ministro generale di questa fraternità e non abbia
ricevuto dal medesimo l'ufficio della predicazione. "Ammonisco anche ed esorto gli
stessi frati che nella loro predicazione le loro parole siano ponderate e caste a utilità e
a edificazione del popolo, annunciando ai fedeli i vizi e le virtù, la pena e la gloria
con brevità di discorso poiché il Signore disse sulla terra parole brevi.
10. Dell' ammonizione e della correzione dei frati
I frati, che sono ministri e servi degli altri frati, visitino e ammoniscano i loro frati e li
correggano con umiltà e carità, non ordinando ad essi niente che sia contro alla loro
anima e alla nostra Regola. I frati poi, che sono sudditi, si ricordino che per Dio
hanno rinnegato la propria volontà. "Per cui fermamente ordino loro di obbedire ai
ministri in tutte quelle cose che promisero al Signore di osservare e non sono
contrarie all'anima e alla nostra Regola. E ovunque ci siano dei frati che sapessero e
conoscessero di non potere spiritualmente osservare la Regola, debbano e possano
ricorrere ai loro ministri. E i ministri li accolgano con carità e benevolenza e mostrino
ad essi tanta familiarità che quelli possano parlare e fare con essi cosi come parlano e
fanno i padroni con i loro servi; infatti cosi deve essere, che i ministri siano i servi di
tutti i frati. Ammonisco poi ed esorto nel Signore Gesù Cristo, che si guardino i frati
da ogni superbia, vana gloria, invidia, avarizia, dalle cure e dalle preoccupazioni di
questo mondo, dalla detrazione e dalla mormorazione. E se non sanno di lettere, non
si preoccupino di apprenderle, ma attendano a ciò che devono desiderare sopra ogni
cosa: avere lo Spirito del Signore e le sue opere, per pregare sempre con cuore puro e
avere umiltà, pazienza nelle persecuzioni e nelle infermità "e amare quelli che ci
perseguitano e ci riprendono e ci calunniano, poiché dice il Signore: Amate i vostri
nemici e pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano. Beati quelli che sono
perseguitati per la giustizia, poiché di essi e il regno dei cieli. E chi persevererà fino
alla fine, questi sarà salvo.
11. Che i frati non entrino nei monasteri delle monache
Ordino fermamente a tutti i frati di non avere vicinanza o colloqui con donne tali da
ingenerare sospetto, e di non entrare in monasteri di monache, eccetto quelli ai quali
e stata data dalla Sede apostolica una speciale licenza. Ne si facciano padrini di
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uomini e di donne, affinché per questa occasione non sorga scandalo tra i frati e dai
frati.
12. Di coloro che vanno in missione tra i saraceni e tra gli altri infedeli
Quei frati che, per divina ispirazione, vorranno andare tra i Saraceni e tra gli altri
infedeli, ne chiedano il permesso ai loro ministri provinciali. I ministri poi non diano
a nessuno il permesso se non a quelli che riterranno idonei ad essere mandati. Per
obbedienza, inoltre, ordino ai ministri che chiedano al signor Papa uno dei cardinali
della santa Chiesa romana il quale sia governatore, protettore e correttore di questa
fraternità; affinché sempre sudditi e soggetti ai piedi della medesima santa Chiesa,
stabili nella fede cattolica, osserviamo la povertà, l'umiltà e il santo Vangelo del
Signor nostro Gesù Cristo, che abbiamo fermamente promesso.
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Il Testamento
Il Signore concesse a me, frate Francesco, d'incominciare così a far penitenza: poiché,
essendo io nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore
stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia.
E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza
d'animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo.
E il Signore mi dette tale fede nelle chiese, che io così semplicemente pregavo e
dicevo: "Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono nel
mondo intero e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo".
Poi il Signore mi dette e mi dà una così grande fede nei sacerdoti che vivono secondo
la forma della santa Chiesa Romana, a motivo del loro ordine, che anche se mi
facessero persecuzione, voglio ricorrere proprio a loro. E se io avessi tanta sapienza,
quanta ne ebbe Salomone, e mi incontrassi in sacerdoti poverelli di questo mondo,
nelle parrocchie in cui dimorano, non voglio predicare contro la loro volontà.
E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come i miei signori. E non
voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io riconosco il Figlio di Dio e sono
miei signori. E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio di Dio nient'altro
vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo
sangue che essi ricevono ad essi soli amministrano agli altri.
E voglio che questi santissimi misteri sopra tutte le altre cose siano onorati, venerati
e collocati in luoghi preziosi.
E dovunque troverò manoscritti con i nomi santissimi e le parole di lui in luoghi
indecenti, voglio raccoglierli, e prego che siano raccolti e collocati in luogo decoroso.
E dobbiamo onorare e venerare tutti i teologi e coloro che amministrano le
santissime parole divine, così come coloro che ci amministrano lo spirito e la vita. E
dopo che il Signore mi diede dei frati, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare,
ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo
Vangelo. Ed io la feci scrivere con poche parole e con semplicità, e il signor Papa me
la confermò.
E quelli che venivano per abbracciare questa vita, distribuivano ai poveri tutto
quello che potevano avere, ed erano contenti di una sola tonaca, rappezzata dentro e
fuori, del cingolo e delle brache. E non volevano avere di più.
Noi chierici dicevamo l'ufficio, conforme agli altri chierici; i laici dicevano i Pater
Noster; e assai volentieri ci fermavamo nelle chiese. Ed eravamo illetterati e
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sottomessi a tutti. Ed io lavoravo con le mie mani e voglio lavorare; e voglio
fermamente che tutti gli altri frati lavorino di un lavoro quale si conviene all'onestà.
Coloro che non sanno, imparino, non per la cupidigia di ricevere la ricompensa del
lavoro, ma per dare l'esempio e tener lontano l'ozio. Quando poi non ci fosse data la
ricompensa del lavoro, ricorriamo alla mensa del Signore, chiedendo l'elemosina di
porta in porta.
Il Signore mi rivelò che dicessimo questo saluto: "Il Signore ti dia la pace!". Si
guardino bene i frati di non accettare assolutamente chiese, povere abitazioni e
quanto altro viene costruito per loro, se non fossero come si addice alla santa
povertà, che abbiamo promesso nella Regola, sempre ospitandovi come forestieri e
pellegrini.
Comando fermamente per obbedienza a tutti i frati che, dovunque si trovino, non
osino chiedere lettera alcuna (di privilegio) nella curia romana, nè personalmente nè
per interposta persona, nè per una chiesa nè per altro luogo, nè per motivo della
predicazione, nè per la persecuzione dei loro corpi; ma, dovunque non saranno
accolti, fuggano in altra terra a fare penitenza con la benedizione di Dio.
E fermamente voglio obbedire al ministro generale di questa fraternità e a quel
guardiano che gli piacerà di assegnarmi. E così voglio essere prigioniero nelle sue
mani, che io non possa andare o fare oltre l'obbedienza e la sua volontà, perché egli è
mio signore.
E sebbene sia semplice e infermo, tuttavia voglio sempre avere un chierico, che mi
reciti l'ufficio, così come è prescritto nella Regola.
E non dicano i frati: Questa è un'altra Regola, perché questa è un ricordo,
un'ammonizione, un'esortazione e il mio testamento, che io, frate Francesco
piccolino, faccio a voi, miei fratelli benedetti, perché osserviamo più cattolicamente
la Regola che abbiamo promesso al Signore.
E il ministro generale e tutti gli altri ministri custodi siano tenuti, per obbedienza, a
non aggiungere e a non togliere niente da queste parole.
E sempre tengano con se questo scritto assieme alla Regola. E in tutti i capitoli che
fanno, quando leggono la Regola, leggano anche queste parole.
E a tutti i miei frati, chierici e laici, comando fermamente, per obbedienza, che non
inseriscano spiegazioni nella Regola e in queste parole dicendo: "Così si devono
intendere" ma, come il Signore mi ha dato di dire e di scrivere con semplicità e
purezza la Regola e queste parole, così cercate di comprenderle con semplicità e
senza commento e di osservarle con sante opere sino alla fine.
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E chiunque osserverà queste cose, sia ricolmo in cielo della benedizione
dell'altissimo Padre, e in terra sia ricolmato della benedizione del suo Figlio diletto
col santissimo Spirito Paraclito e con tutte le potenze dei cieli e con tutti i Santi. Ed io
frate Francesco piccolino, vostro servo, per quel poco che io posso, confermo a voi
dentro e fuori questa santissima benedizione. (Amen).
Capitolo I La Vita Dei Frat Minori appuccini
Articolo I
La nostra vita secondo il Vangelo
N. 1
1. Il santo Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo è, in ogni tempo, la sorgente di
tutta la vita della Chiesa e annunzio di salvezza per il mondo intero.
2. Per mezzo del Vangelo, infatti, la Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, conosce
Cristo e con la fede ne accoglie le opere e le parole, che, per coloro che credono, sono
spirito e vita.
3. San Francesco, Fondatore della nostra Fraternità, fin dall’inizio della sua
conversione accolse il Vangelo e ne fece la ragione della sua vita e della sua azione.
Perciò all’inizio e alla fine della Regola ordinò espressamente di osservarlo, e nel
Testamento affermò che gli era stato rivelato di dover vivere secondo la forma del
santo Vangelo.
4. Poiché noi siamo suoi figli, impegniamoci, sotto la guida dello Spirito Santo, a
progredire sempre di più nella intelligenza del Vangelo.
5. In tutte le circostanze della vita seguiamo il Vangelo come legge suprema.
Leggiamo e meditiamo assiduamente le parole che salvano e, come la beata Vergine
Maria, portiamole nel cuore. Così la nostra vita sarà plasmata sempre più secondo il
Vangelo e noi cresceremo in tutto verso Cristo.
N. 2
1. San Francesco, vero discepolo di Cristo e sublime modello di vita cristiana,
insegnò ai suoi frati a seguire in letizia le orme di Cristo povero, umile e crocifisso,
affinché, per mezzo di Lui, nello Spirito Santo, fossero condotti al Padre.
2. Infiammati dall’amore di Cristo, contempliamolo nell’annientamento
dell’incarnazione e della croce per diventare sempre più conformi a Lui. Celebrando
l’Eucaristia in fraterna letizia, partecipiamo al mistero pasquale, per pregustare la
gloria della sua risurrezione, nell’attesa della sua venuta.
3. Osserviamo con cuore generoso e fedele i consigli evangelici, specialmente quelli
che abbiamo promessi: l’obbedienza caritativa, la povertà che per noi è particolare
via di salvezza e la castità consacrata a Dio.
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N. 3
1. Il Signore concesse a frate Francesco di incominciare a fare penitenza,
conducendolo tra i lebbrosi. Egli usò misericordia con loro e, dopo avere ascoltato la
voce del Crocifisso di San Damiano, intraprese la vita evangelica per seguire le orme
di Cristo, con l’ardente desiderio di conformarsi a Lui in tutto. Così il vero amore di
Cristo trasformò l’amante nell’immagine dell’amato.
2. Per acquisire la forma del vero discepolo di Gesù Cristo, che in modo così mirabile
apparve in san Francesco, impegniamoci a imitarlo, o meglio, a seguire Cristo in Lui.
Pertanto prendiamoci diligente cura, con la vita e con le opere, della eredità
spirituale del nostro Fondatore e partecipiamola agli uomini di ogni tempo.
N. 4
1. Dopo avergli donato dei fratelli, il Signore rivelò a Francesco che dovevano vivere
secondo la forma del santo Vangelo. Ebbe così inizio la Fraternità dei Minori perché,
in comunione di vita, testimoniasse il Regno di Dio, predicando la penitenza e la
pace con l’esempio e la parola.
2. La fraternità e la minorità sono aspetti originari del carisma che lo Spirito ci ha
donato; essi informano anche la dimensione contemplativa e apostolica della nostra
vocazione. Docili al medesimo Spirito, ci impegniamo a vivere in pienezza questo
ideale evangelico.
N. 5
1. In quanto Frati Minori Cappuccini, la nostra specifica forma di vita si ispira alla
sana tradizione iniziata dai nostri primi fratelli, animati dal proposito di fedeltà alle
intuizioni evangeliche di san Francesco.
2. Perciò è necessario conoscere l’indole e il progetto di vita della nostra Fraternità
per essere fedeli al Vangelo e alla nostra genuina tradizione con il ritorno
all’originaria ispirazione, cioè alla vita e Regola del nostro Padre san Francesco,
attraverso la conversione del cuore, in modo che il nostro Ordine continuamente si
rinnovi.
3. A questo scopo sforziamoci di dare la priorità alla vita di preghiera, specialmente
contemplativa. Vivendo come pellegrini e forestieri in questo mondo, pratichiamo
una radicale povertà, sia personale che comunitaria, animata dallo spirito di
minorità, e offriamo l’esempio di una vita austera e di una lieta penitenza nell'amore
della Croce del Signore.
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4. Radunati in Cristo come una sola peculiare famiglia, sviluppiamo tra di noi
rapporti di fraterna spontaneità; viviamo volentieri tra i poveri, i deboli e i malati,
condividendo la loro vita, e conserviamo la nostra particolare vicinanza al popolo.
5. Promuoviamo la dimensione apostolica della nostra vita, con l’annuncio del
Vangelo e in varie altre forme consone al nostro carisma, conservando sempre lo
spirito di minorità e di servizio.
N. 6
1. La fedeltà creativa al carisma dei Frati Minori Cappuccini richiede che noi
custodiamo e sviluppiamo amorevolmente il patrimonio spirituale della nostra
Fraternità.
2. A questo fine leggiamo frequentemente la vita e gli scritti di san Francesco, come
pure altri libri che ne rivelano lo spirito. Curiamo la conoscenza delle fonti
francescane e della tradizione dei cappuccini, in particolare quanto si riferisce ai
nostri fratelli che si sono distinti per santità di vita, operosità apostolica e dottrina.
3. Alla luce dei segni dei tempi, impegniamoci a trovare appropriate modalità, da
approvarsi dai legittimi superiori, per attuare con fedeltà la nostra forma di vita
evangelica e la nostra testimonianza apostolica nelle diverse regioni e culture.
N. 7
1. La Regola di san Francesco, che sgorga dal Vangelo, ci spinge a vivere la vita
evangelica.
2. Applichiamoci con assiduo impegno alla sua intelligenza spirituale e sforziamoci
di osservarla in semplicità e purezza, con santa operazione, in conformità alla
esortazione espressa dallo stesso nostro Fondatore nel Testamento, secondo lo
spirito e le intenzioni evangeliche dei primi cappuccini e della viva tradizione
dell’Ordine, seguendo l’esempio dei nostri santi.
3. Stia a cuore ai ministri e ai guardiani, insieme alle fraternità, di promuovere la
conoscenza, l’amore e l’osservanza della Regola.
4. Affinché la Regola e le intenzioni del nostro Padre e legislatore possano essere
fedelmente osservate in ogni parte del mondo, i ministri provvedano che si cerchino
diligentemente le modalità più idonee, anche pluriformi, per la vita e l’apostolato dei
frati, secondo la diversità delle regioni, delle culture, e delle esigenze dei tempi e dei
luoghi.
5. Le modalità pluriformi autentiche sono quelle che salvaguardano sempre l’unità
dello stesso spirito genuino e si fondano nella comunione fraterna e nell’obbedienza
21
ai superiori. Viene così favorita la libertà evangelica nell’agire, innanzitutto in ciò che
riguarda il rinnovamento della nostra vita, affinché lo spirito non si estingua.
N. 8
1. Il serafico Padre dettò il Testamento quando, poco prima di morire, ricevute le
sacre stimmate e pieno di Spirito Santo, più ardentemente desiderava la nostra
salvezza.
2. In esso Egli ricorda e ripropone la sua esperienza evangelica, manifesta la sua
ultima volontà e ci consegna l’eredità preziosa del suo spirito.
3. Il Testamento ci è stato donato perché, ogni giorno, sempre meglio secondo
l’interpretazione che ne fa la Chiesa, osserviamo la Regola che abbiamo professato.
4. Per questo, secondo la tradizione del nostro Ordine, noi accogliamo il Testamento
come prima esposizione spirituale della Regola ed eminente ispirazione della nostra
vita.
N. 9
1. Le Costituzioni hanno lo scopo di aiutarci, nelle mutevoli situazioni della vita, ad
osservare la Regola nel modo migliore, a salvaguardare la nostra identità e a darne
concreta espressione.
2. In esse troviamo un mezzo sicuro di rinnovamento spirituale in Cristo e un valido
aiuto per portare a compimento la consacrazione della vita, che ogni frate ha offerto
totalmente a Dio.
3. Osserviamo queste Costituzioni, alle quali siamo obbligati in forza della nostra
professione religiosa, non da servi ma come figli, aspirando ardentemente ad amare
Dio sopra ogni cosa, prestando ascolto alla voce dello Spirito Santo che ci istruisce,
impegnati per la gloria di Dio e per la salvezza del prossimo.
4. Dedichiamoci con amore allo studio personale e comunitario della Regola, del
Testamento e delle Costituzioni per assimilarne lo spirito.
5. Procuriamo pure di conoscere e osservare anche tutte le altre norme del nostro
diritto particolare.
22
Articolo II
La nostra vita nella Chiesa
N. 10
1. La Chiesa, universale sacramento di salvezza, cioè segno e strumento dell'intima
unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano, appare come il popolo di Dio
peregrinante nel mondo. Questo popolo, costituito da Cristo in comunione di vita, di
carità e di verità, viene arricchito dallo Spirito Santo di molteplici doni o carismi,
utili al rinnovamento e alla più ampia edificazione della Chiesa stessa per
l’instaurazione del Regno di Dio.
2. In tanta varietà di carismi, la vita consacrata è un dono insigne che la Chiesa ha
ricevuto dal suo Signore; profondamente radicata negli esempi e negli insegnamenti
di Cristo, essa esprime l'intima natura della vocazione cristiana e appartiene alla vita
della Chiesa, alla sua santità, alla sua missione.
3. Tra le famiglie spirituali, suscitate dallo Spirito Santo, la Chiesa ha accolto la
Fraternità Francescana. Dopo averne approvata con la sua autorità gerarchica la
forma di vita presentata da san Francesco, con sollecitudine di madre continua a
custodirla, affinché sul proprio volto risplenda con maggiore chiarezza l’immagine
di Cristo povero, umile e dedito al servizio degli uomini, specialmente dei poveri.
4. Anche l’Ordine dei Frati Minori Cappuccini è stato approvato dalla Chiesa con la
Bolla Religionis zelus, emanata dal Papa Clemente VII il 3 luglio 1528.
5. Amiamo quindi intensamente la santa madre Chiesa. Meditiamo il suo mistero,
applichiamoci nello studio dei suoi insegnamenti aderendovi fedelmente e
partecipiamo attivamente alla sua vita e missione.
6. Professando la nostra fede nella Chiesa, una, santa, cattolica, apostolica, che
respira con i suoi due polmoni dell’Oriente e dell’Occidente, e che trova la sua
espressione anche nel nostro Ordine, impegniamoci con tutte le nostre forze a
edificare il Corpo di Cristo e a manifestarne l’unità.
N. 11
1. Seguendo l’esempio di san Francesco, che fu uomo cattolico e tutto apostolico,
offriamo fedele obbedienza allo Spirito di Cristo che vive e opera nella Chiesa.
2. Prestiamo obbedienza e riverenza al Papa, a cui i religiosi, anche in forza del voto
di obbedienza, sono sottomessi come a supremo superiore, e al Collegio dei Vescovi
che, insieme con lui, è segno visibile dell’unità e dell’apostolicità della Chiesa.
23
3. Dovunque siamo, contribuiamo al bene della Chiesa particolare con la nostra
presenza fraterna e profetica, collaborando al suo incremento e progresso secondo il
nostro carisma e sotto la guida del Vescovo diocesano, per offrire al popolo di Dio e
a tutta la comunità umana il nostro servizio apostolico.
4. Rendiamo il dovuto onore ai presbiteri e a tutti quelli che ci amministrano lo
spirito e la vita, collaborando attivamente con essi.
N. 12
1. Amiamo e obbediamo con animo generoso al ministro generale, che è costituito
per il servizio e per l’utilità di tutta la Fraternità, come successore del santo
Fondatore e come legame vivo che ci unisce con l’autorità della Chiesa e fra di noi.
2. Manifestiamo amore e obbedienza attiva e responsabile anche agli altri ministri
della Fraternità, che il Signore ci ha dato come pastori e che sono depositari della
fiducia dei frati, affinché siamo più strettamente e con maggiore sicurezza legati al
servizio della Chiesa in spirito di fede e nell’amore di Cristo.
N. 13
1. Infiammato dallo Spirito Santo, san Francesco attinse dalla adorazione del Padre,
che è il sommo Bene, il sentimento della fraternità universale, che gli faceva vedere
in ogni creatura l’immagine di Cristo primogenito e salvatore.
2. Come figli di questo Padre, sentiamoci fratelli di tutti gli uomini, senza alcuna
discriminazione. Andando incontro con spirito fraterno a tutte le creature, offriamo
continuamente a Dio, fonte di ogni bene, la lode della creazione.
3. Riuniti dallo Spirito Santo con una stessa vocazione, mediante la preghiera e
l’attività comunitaria favoriamo il senso di fraternità in tutto l’Ordine e soprattutto
nelle nostre comunità provinciali e locali. Coltiviamo lo stesso sentimento verso tutti
i fratelli e le sorelle, sia religiosi sia laici, che con noi formano l’unica Famiglia
Francescana.
4. La vita fraterna è frutto e segno della forza trasformante del Vangelo e
dell’avvento del Regno; a modo di lievito evangelico, essa invita a promuovere
autentiche relazioni fraterne tra gli uomini e i popoli, affinché il mondo viva come
un'unica famiglia sotto lo sguardo del Creatore.
N. 14
1. Il Figlio di Dio, assumendo la condizione di servo, è venuto non per essere servito,
ma per servire e dare la propria vita per la salvezza di tutti. Il suo annientamento si
24
perpetua nel sacramento dell’Eucaristia, dove ogni giorno Egli si umilia, venendo a
noi in apparenza umile.
2. Colmo di stupore e profondamente commosso per la umiltà e la compassione di
Dio, san Francesco scelse di farsi minore tra i minori. Seguendo il suo esempio, nel
vivo desiderio di conformarci a Cristo, sforziamoci anche noi di essere realmente
minori, mai presumendo di diventare maggiori. Animati da questo spirito,
dedichiamoci generosamente al servizio di tutti, specialmente di coloro che
patiscono indigenza e tribolazioni, anzi perfino di coloro che ci perseguitano.
3. Volentieri, dunque, viviamo la nostra vita fraterna tra i poveri, condividendo con
grande amore i loro disagi e la loro umile condizione.
4. Mentre andiamo in aiuto alle loro necessità materiali e spirituali, prodighiamoci,
con la vita, l’azione e la parola, per la loro promozione umana e cristiana.
5. Così facendo, manifestiamo lo spirito della nostra vita fraterna in minorità e
diventiamo fermento di giustizia, di unione e di pace.
N. 15
1. Per realizzare con frutto la nostra vocazione evangelica nella Chiesa e nel mondo,
impegniamoci a vivere con fedeltà la vita apostolica, che unisce inscindibilmente la
contemplazione e l’azione, a imitazione di Gesù, che visse incessantemente nella
preghiera e nel compimento dell’opera della salvezza.
2. Aderendo a questa vita del Maestro, gli apostoli, mandati dal Signore in tutto il
mondo, erano perseveranti nella preghiera e nel ministero della Parola.
3. San Francesco, per seguire le orme del Signore e degli apostoli, scelse una forma di
vita che in sé univa intimamente la preghiera e la proclamazione del messaggio di
salvezza, alternando con sapienza il tempo tra la contemplazione e l’impegno
apostolico.
4. Anche la tradizione cappuccina, sin dall’inizio, proponendo di seguire l’esempio
ora di Marta e ora di Maria, ci insegna a saper comporre armonicamente
contemplazione e azione. Ci spinge così a seguire Cristo, sia mentre Egli contempla
sul monte, sia quando annunzia il Regno di Dio.
5. Perseveriamo dunque nella lode di Dio e nella meditazione della sua Parola per
essere sempre più ardenti nel desiderare che gli uomini, anche per mezzo della
nostra azione, vengano attratti ad amare Dio con gioia .
6. Così, tutta la nostra vita di preghiera sarà compenetrata di spirito apostolico, e
tutta la nostra azione apostolica sarà plasmata dallo spirito di preghiera.
25
Capitolo II La vacazione alla nostra vita
e la formazione dei frati
Articolo I
La vocazione alla nostra vita
N. 16
1. Dio, nella sua bontà, chiama tutti i cristiani nella Chiesa alla perfezione della carità
nei diversi stati di vita, perché con la santità personale si promuova la salvezza del
mondo.
2. A questa chiamata, radicata nel battesimo, ognuno deve dare una risposta
d’amore con la massima libertà, affinché la dignità della persona umana concordi
con la volontà di Dio.
3. Tutti noi, con animo riconoscente, rallegriamoci per la grazia singolare della
vocazione alla vita religiosa, a noi concessa da Dio. Il Padre, infatti, ci ha chiamati a
donarci a Lui, nulla di noi trattenendo per noi, e a seguire le orme del suo Figlio
diletto per essere trasformati nella sua immagine dalla potenza dello Spirito Santo.
4. Corrispondendo alla nostra vocazione di frati minori cappuccini, seguiamo Cristo
povero e umile, diffondiamo ovunque il suo messaggio agli uomini, specialmente ai
poveri, e offriamo una testimonianza pubblica e sociale del Regno di Dio.
5. Così noi, in una fraternità di pellegrini, penitenti nel cuore e nelle opere, servi di
tutti gli uomini in spirito di minorità e di letizia, ci dedichiamo alla missione salvifica
della Chiesa.
N. 17
1. La sollecitudine per le vocazioni nasce principalmente dalla consapevolezza di
vivere noi stessi e di proporre agli altri un genere di vita ricco di valori umani ed
evangelici che, mentre rende un autentico servizio a Dio e agli uomini, favorisce lo
sviluppo della persona.
2. Noi però dobbiamo rinnovarci continuamente se vogliamo offrire una chiara
testimonianza di un tal genere di vita.
3. Collaboriamo attivamente nel promuovere le nuove vocazioni, mossi dal desiderio
di realizzare il disegno di Dio, secondo il nostro carisma. Pertanto tutti, anzitutto i
ministri e le singole fraternità, prendiamoci diligente cura di discernere e favorire le
26
vocazioni autentiche, soprattutto con l’esempio della vita, con la preghiera, con la
parola e anche con la proposta vocazionale esplicita.
4. Promuoviamo diligentemente le varie forme di impegno pastorale per le
vocazioni, specialmente negli ambienti più affini allo spirito del nostro Ordine,
tenendo presente che migliori risultati si ottengono se alcuni frati vengono incaricati
in modo specifico di promuovere e coordinare l’animazione vocazionale. Tutti i frati
però offrano la loro collaborazione in segno di fecondità della vita francescana.
5. Cooperiamo, così, con Dio che chiama e sceglie chi vuole e gioviamo al bene della
Chiesa.
Articolo II
L’ammissione alla nostra vita
N. 18
1. San Francesco, preoccupato della purezza della nostra vita, prevedendo che la sua
Fraternità sarebbe diventata una grande moltitudine, temeva allo stesso tempo il
numero dei frati inetti.
2. Perciò, poiché la Fraternità, più che di numero, deve crescere di giorno in giorno
nella virtù, nella perfezione della carità e nello spirito evangelico, coloro che
vogliono abbracciare la nostra vita siano diligentemente esaminati e accuratamente
accompagnati nel discernimento vocazionale.
3. I ministri provinciali s’informino con diligenza se coloro che chiedono di essere
ammessi alla nostra vita hanno le qualità richieste dal diritto universale e dal nostro
diritto particolare per la loro valida e lecita ammissione. In particolare si osservi
quanto segue:
a) i candidati, per la loro indole, devono essere idonei a vivere la nostra vita
evangelica in comunione fraterna;
b) sia accertato che essi godono della salute fisica e psichica necessaria per
sostenere il nostro genere di vita;
c) bisogna che con la loro vita i candidati mostrino di credere fermamente
ciò che crede e tiene per certo la santa madre Chiesa e abbiano un modo di
sentire cattolico;
d) risulti che essi godono di buona reputazione, specialmente presso le
persone che meglio li conoscono;
e) siano dotati di una debita maturità umana, particolarmente affettiva e
relazionale, e di una volontà generosa. Inoltre ci si accerti che essi entrano
27
nell’Ordine per mettersi sinceramente al servizio di Dio e della salvezza degli
uomini, secondo la Regola, la forma di vita di san Francesco e le nostre
Costituzioni;
f) abbiano l’istruzione richiesta nella rispettiva regione e diano speranza che
potranno fruttuosamente esercitare i loro uffici;
g) specialmente se si tratta di candidati in età adulta e di quelli che hanno
avuto già una qualche esperienza di vita religiosa, si prendano tutte le
informazioni utili circa la loro vita precedente;
h) trattandosi di accogliere chierici secolari o persone provenienti da altro
istituto di vita consacrata, da una società di vita apostolica o da un seminario,
oppure della riammissione di un nostro candidato, si osservino le prescrizioni
del diritto universale.
N. 19
1. Cristo, nostro sapientissimo Maestro, rispondendo al giovane che gli aveva
manifestato il desiderio di ottenere la vita eterna, disse che se voleva essere perfetto,
vendesse prima tutti i suoi beni, li distribuisse ai poveri e poi lo seguisse.
2. Francesco, imitatore di Cristo, non solo adempì nella sua vita il consiglio del
Maestro, ma lo insegnò anche a coloro che accoglieva e lo pose nella Regola come
norma da osservare.
3. Perciò i ministri e i guardiani facciano conoscere e spieghino le suddette parole del
santo Vangelo ai candidati che vengono al nostro Ordine spinti dall’interiore amore
di Cristo, affinché, a suo tempo, prima della professione perpetua, rinunzino ai loro
beni, preferibilmente a favore dei poveri.
4. I candidati si preparino interiormente alla futura rinunzia dei beni e si dispongano
al servizio del prossimo, specialmente dei poveri.
5. I frati poi, come vuole la Regola, evitino di ingerirsi in qualsiasi modo in questi
affari.
6. I candidati, inoltre, siano decisi a mettere a disposizione di tutta la fraternità le
risorse della loro intelligenza e della loro volontà, nonché gli altri loro doni di natura
e di grazia per svolgere i compiti che saranno loro affidati per il servizio del popolo
di Dio.
28
N. 20
1. Ammettere al postulato, al noviziato e alla professione, oltreché al ministro
generale, in ciascuna provincia compete al ministro provinciale, che può delegare
questa facoltà al vicario provinciale e al custode.
2. Questi ministri, prima di ammettere i candidati al noviziato, consultino il proprio
Consiglio oppure tre o quattro frati nominati dallo stesso Consiglio; invece per
poterli ammettere alla prima professione e a quella perpetua hanno bisogno del
consenso del loro Consiglio.
3. Se il caso lo richiede, si consultino anche coloro che hanno una particolare
competenza in materia.
N. 21
1. Spetta al maestro dei novizi compiere l’atto o il rito di ricevere i novizi, a meno che
il ministro provinciale disponga diversamente.
2. è invece il ministro provinciale che riceve in nome della Chiesa e dell’Ordine i voti
dei profitenti. Egli può delegare questa facoltà ad un altro frate dell’Ordine di voti
perpetui.
3. Per l’inizio del noviziato e per la professione della nostra vita si osservino le
norme liturgiche e le celebrazioni si svolgano in forma semplice e sobria.
4. La professione religiosa ordinariamente si emetta durante la celebrazione
eucaristica, usando la formula seguente, approvata dalla Santa Sede per il Primo
Ordine Francescano e per il Terzo Ordine Regolare di san Francesco: “A lode e gloria
della SS.ma Trinità. Io, fr. N.N., poiché il Signore mi ha ispirato di seguire più da
vicino il Vangelo e le orme di nostro Signore Gesù Cristo, davanti ai fratelli qui
presenti, nelle tue mani, fr. N.N., con fede salda e volontà decisa: faccio voto a Dio
Padre santo e onnipotente di vivere per tutto il tempo della mia vita (o: per... ann...)
in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità e insieme professo la vita e la
Regola dei Frati Minori confermata da Papa Onorio promettendo di osservarla
fedelmente secondo le Costituzioni dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini.
Pertanto mi affido con tutto il cuore a questa Fraternità perché, con l’efficace azione
dello Spirito Santo, guidato dall’esempio di Maria Immacolata, per l’intercessione
del nostro Padre Francesco e di tutti i santi, sostenuto dal vostro fraterno aiuto, possa
tendere costantemente alla perfetta carità nel servizio di Dio, della Chiesa e degli
uomini”.
29
N. 22
1. La natura e il fine dei tre consigli evangelici, che promettiamo con voto nella
professione, è di unirci a Cristo con il cuore reso libero dalla grazia, in una vita
obbediente, senza nulla di proprio e casta per il Regno dei cieli, sull’esempio di san
Francesco.
2. Il consiglio evangelico dell’obbedienza, promesso in spirito di fede e di amore
nella sequela di Cristo obbediente fino alla morte, obbliga alla sottomissione della
volontà per Dio ai legittimi superiori “in tutte le cose che non sono contrarie alla
coscienza e alla Regola”, quando essi comandano secondo le nostre Costituzioni.
3. Il consiglio evangelico della povertà a imitazione di Cristo, il quale, essendo ricco
si è fatto povero, oltre a una vita povera di fatto e di spirito, comporta la dipendenza
dai superiori e la limitazione nell’usare e nel disporre dei beni; richiede inoltre la
rinunzia volontaria alla capacità di acquistare e possedere, da farsi prima della
professione perpetua in una forma che, per quanto possibile, sia valida anche
secondo il diritto civile.
4. Il consiglio evangelico della castità per il Regno dei cieli, che è segno del mondo
futuro e fonte di più abbondante fecondità in un cuore indiviso, comporta l’obbligo
della perfetta continenza nel celibato.
Articolo III
La formazione in generale
N. 23
1. La formazione alla vita consacrata è un itinerario di discepolato guidato dallo
Spirito Santo che conduce progressivamente ad assimilare i sentimenti di Gesù,
Figlio del Padre, e a configurarsi alla sua forma di vita obbediente, povera e casta.
2. Poiché la formazione tende alla trasformazione in Cristo di tutta la persona, essa
deve protrarsi per tutta la vita sia in ordine ai valori umani che alla vita evangelica e
consacrata. La formazione, perciò, deve coinvolgere tutta la persona, in ogni aspetto
della sua individualità, nei comportamenti come nelle intenzioni, e comprenderà la
dimensione umana, culturale, spirituale, pastorale e professionale, ponendo ogni
attenzione affinché sia favorita l’integrazione armonica dei vari aspetti.
3. La formazione ha lo scopo di rendere la vita dei frati e delle fraternità sempre più
conforme a Cristo secondo lo spirito francescano cappuccino, tenendo conto della
diversità dei luoghi e dei tempi.
30
4. Nel nostro Ordine la formazione si realizza in due fasi: iniziale e permanente. La
formazione iniziale include l’iniziazione alla consacrazione secondo la nostra forma
di vita fino alla professione perpetua e la preparazione al lavoro e al ministero, che
può cominciare durante l`iniziazione. La formazione permanente segue la
formazione iniziale e si prolunga per tutta la vita.
N. 24
1. Ogni formazione è prima di tutto azione dello Spirito Santo, che vivifica
interiormente sia i formatori che i formandi.
2. Come per Francesco, la Chiesa, nella sua dimensione universale e particolare, è
per noi il contesto vitale e il riferimento essenziale di ogni cammino formativo,
giacché in essa lo Spirito opera incessantemente.
3. Poiché il Padre rivela ai piccoli i segreti del regno dei cieli e - come Francesco ci ha
insegnato - lo Spirito si posa ugualmente sul semplice e sul povero, riconosciamo
come condizione particolarmente favorevole per la nostra formazione la vicinanza al
popolo e la condivisione della vita dei poveri e manteniamoci disposti ad imparare
anche da loro.
4. La nostra Fraternità, chiamata a coltivare nella Chiesa la propria identità, ha il
dovere e il diritto di curare la formazione dei frati in conformità al nostro carisma. La
formazione, pertanto, è impegno prioritario dell’Ordine e di tutte le sue
circoscrizioni.
5. La formazione attiva esige la collaborazione dei formandi, che sono i principali
autori e responsabili della propria crescita.
6. Ogni frate è, allo stesso tempo e per tutta la vita, formando e formatore, perché
tutti abbiamo sempre qualcosa da imparare e da insegnare. Questo principio sia
stabilito come programma della formazione, da tradursi nella pratica della vita.
7. Vivere insieme tra noi come frati minori è l’elemento primordiale della vocazione
francescana. Perciò la vita fraterna deve essere sempre e dovunque esigenza
fondamentale del processo formativo.
8. Affinché le singole fraternità, in modo particolare quelle specificamente formative,
possano espletare questa primaria funzione, è necessario che attingano sostegno e
stimolo da quella fraternità precipua, che è la Provincia, attraverso la quale si
stabilisce la nostra appartenenza a tutto l’Ordine. I candidati siano educati alla
consapevolezza che l’Ordine costituisce un’unica famiglia, al cui bene siamo tenuti a
contribuire con responsabile partecipazione.
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9. Anche se tutti i frati sono formatori, ci devono essere alcuni investiti di maggiore
responsabilità. È compito peculiare del ministro generale e del suo Consiglio
garantire l’autenticità della formazione di tutti i frati dell’Ordine. Nelle singole
circoscrizioni questa responsabilità incombe sui ministri e i guardiani, che sono gli
animatori e i coordinatori ordinari del cammino formativo dei frati. Vi sono poi dei
formatori qualificati, che assumono e svolgono questo particolare ministero a nome
dell’Ordine e della fraternità.
N. 25
1. L’Ordine disponga degli strumenti formativi rispondenti alle esigenze del proprio
carisma specifico.
2. Dovendosi prestare un’attenzione particolare ai candidati durante il periodo della
formazione iniziale, si predispongano adeguate strutture educative per le singole
circoscrizioni o per gruppi di circoscrizioni.
3. Il processo educativo richiede, soprattutto, un gruppo di frati responsabili che
lavorino con criteri coerenti per l’intero cammino formativo.
4. Perciò i ministri provvedano con ogni cura alla formazione qualificata di un
numero sufficiente di formatori che assumano e svolgano il loro specifico ministero a
nome dell’Ordine. Essi, pertanto, abbiano il debito sostegno di tutta la fraternità.
5. I formatori siano consapevoli che il compito loro affidato è della massima
importanza per la vita dell’Ordine e della Chiesa, e vi si dedichino con generosità,
posponendovi ogni altra attività.
6. Di grande importanza sono i segretariati per la formazione, sia a livello generale
che delle singole circoscrizioni, come anche di Conferenze e di aree di
collaborazione. Ci si preoccupi, quindi, di curarli bene e di renderli efficienti.
7. Il segretariato generale per la formazione è il primo organismo di collaborazione
diretta con il ministro generale e il suo Consiglio in tutto ciò che concerne la
formazione iniziale e permanente dei frati e i centri di studio dell’Ordine. Sia a
disposizione delle diverse circoscrizioni, delle varie aree di collaborazione
interprovinciale e delle Conferenze, offrendo loro aiuto e informazioni per favorire
quanto riguarda la formazione.
8. Similmente nelle singole province, o nei gruppi di province, si abbia un
segretariato o Consiglio per la formazione.
32
9. I principi validi ovunque per tutelare nella formazione le caratteristiche proprie
del nostro Ordine siano opportunamente fissati in una Ratio formationis o Progetto
formativo.
10. Anche le singole circoscrizioni o gruppi di circoscrizioni, secondo le situazioni
regionali, abbiano un loro piano formativo nel quale siano esposti gli obiettivi, i
programmi e i percorsi concreti di tutto il processo formativo dei frati.
Articolo IV
L’iniziazione alla nostra vita
N. 26
1. Coloro che vengono ammessi all’Ordine debbono essere iniziati e
progressivamente introdotti nella vita evangelica francescana. Per lo sviluppo di
questo cammino di iniziazione si offrano ai candidati, sotto la guida dei formatori, le
necessarie esperienze e conoscenze.
2. Nel tempo della iniziazione la formazione dei candidati, componendo in modo
armonico l’elemento umano e quello spirituale, sia veramente solida, integra e
adattata alle esigenze dei luoghi e dei tempi.
3. Si adottino mezzi appropriati per una educazione attiva, anzitutto l’esercizio di
attività e servizi mediante i quali i candidati siano gradualmente condotti
all’acquisto del dominio di sé e della maturità psichica e affettiva.
4. Nel rispetto della particolare indole e grazia di ciascuno, i candidati vengano
iniziati a una vita spirituale nutrita dalla lettura della Parola di Dio, dall’attiva
partecipazione alla liturgia, dalla riflessione e dalla preghiera personale, in modo che
siano sempre di più attratti verso Cristo, che è via, verità e vita.
5. Nel tempo dell’iniziazione i frati acquistino una seria conoscenza e pratica dello
spirito francescano cappuccino con lo studio della vita di san Francesco e del suo
pensiero sull’osservanza della Regola, della storia e delle genuine tradizioni del
nostro Ordine, e soprattutto con l’assimilazione interiore e pratica della vita alla
quale sono stati chiamati.
6. Coltivino in modo particolare la vita fraterna sia in comunità che con gli altri
uomini, soccorrendoli con sollecitudine nelle loro necessità, per imparare così a
vivere ogni giorno sempre più perfettamente in operosa e solidale comunione con la
Chiesa.
7. Siano quindi educati al dono generoso e totale della propria vita e a sviluppare in
se stessi la disponibilità missionaria.
33
N. 27
1. I candidati all’Ordine devono trascorrere tutte le tappe della iniziazione in
fraternità idonee a vivere la nostra vita e a curare la loro formazione.
2. La scelta delle case e la designazione delle fraternità formative vengano fatte dai
ministri competenti col consenso dei rispettivi Consigli.
3. L’erezione, il trasferimento e la soppressione della casa del noviziato spetta al
ministro generale con il consenso del suo Consiglio mediante decreto scritto. In casi
particolari e in via eccezionale la medesima autorità può concedere che un novizio
faccia il noviziato in un’altra casa dell’Ordine, sotto la guida di un religioso idoneo,
che faccia le veci del maestro dei novizi.
4. Il superiore maggiore può permettere che il gruppo dei novizi dimori per
determinati periodi di tempo in un’altra casa dell’Ordine da lui designata.
N. 28
1. Ogni fratello, che Dio dona alla Fraternità, le porta gioia e, nello stesso tempo,
stimola tutti noi a rinnovarci nello spirito della nostra vocazione.
2. La responsabilità dell’iniziazione coinvolge tutta la fraternità, poiché i candidati
appartengono ad essa.
3. Tuttavia, il ministro provinciale, con il consenso del suo Consiglio, nel modo e nei
limiti che egli stesso dovrà stabilire, ne affidi la direzione a frati dotati di esperienza
della vita spirituale, fraterna e pastorale, di dottrina, prudenza, discernimento degli
spiriti e conoscenza delle anime.
4. I maestri, sia dei postulanti che dei novizi e dei professi, siano liberi da ogni
impegno che possa ostacolare la cura e la guida dei candidati.
5. Ai maestri siano affiancati dei collaboratori, specialmente in ciò che riguarda la
cura della vita spirituale e il foro interno.
N. 29
1. L’iniziazione alla nostra forma di vita consacrata si sviluppa attraverso le tappe
del postulato, del noviziato e del postnoviziato, e si compie a norma del diritto
universale e del nostro diritto particolare.
2. Il tempo della iniziazione comincia il giorno in cui il candidato viene ammesso al
postulato dal ministro provinciale e si protrae fino alla professione perpetua. Dal
momento dell’ammissione, il candidato è gradualmente inserito nella fraternità per
quanto riguarda la formazione, la vita e il lavoro.
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N. 30
1. Il Postulato è il primo periodo della iniziazione nel quale si fa la scelta della nostra
vita.
2. In questo periodo, il postulante conosce la nostra vita e opera un ulteriore e più
accurato discernimento della sua vocazione. La fraternità, da parte sua, conosce
meglio il postulante e si accerta sullo sviluppo della sua maturità umana, anzitutto
di quella affettiva, nonché sulla attitudine a discernere la sua vita e i segni dei tempi
secondo il Vangelo.
3. Il postulante, pertanto, deve essere aiutato in modo particolare ad approfondire la
vita di fede. A questo scopo la formazione dei postulanti tende soprattutto a
completare la catechesi della fede, ad introdurre alla vita liturgica, al metodo e
all’esperienza della preghiera, allo studio del francescanesimo, alla vita fraterna e a
una prima esperienza di attività nell’apostolato.
N. 31
1. Il Noviziato è un periodo di più intensa iniziazione e di più profonda esperienza
della vita evangelica francescano-cappuccina nelle sue esigenze fondamentali; esso
richiede una decisione libera e matura di provare la nostra forma di vita religiosa.
2. Nel giorno di inizio del noviziato si celebri un rito con il quale si chiede l’aiuto di
Dio per conseguire le finalità proprie di questo tempo. È bene che in questa
circostanza i novizi ricevano i “panni della prova”. Questo atto sia compiuto
all’interno della fraternità religiosa. Dell’inizio del noviziato, con il quale comincia la
vita nell’Ordine, si rediga un documento.
3. Il processo di iniziazione durante il noviziato ha come fondamento i valori della
nostra vita consacrata, da conoscere e vivere alla luce dell’esempio di Cristo, delle
intuizioni evangeliche di san Francesco e delle genuine tradizioni dell’Ordine.
4. Il ritmo del noviziato corrisponda agli aspetti primari della nostra vita religiosa,
specialmente attraverso una particolare esperienza di fede, di preghiera
contemplativa, di vita fraterna, di contatto con i poveri e di lavoro.
5. La direzione dei novizi, sotto l’autorità dei ministri, è riservata soltanto al maestro,
il quale deve essere un frate dell’Ordine, professo di voti perpetui.
6. Perché il noviziato sia valido deve comprendere dodici mesi da vivere nella stessa
comunità del noviziato. Il ministro con il consenso del suo Consiglio ne stabilisce
l’inizio e le modalità.
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7. L’assenza dalla casa di noviziato per un periodo superiore a tre mesi, continui o
interrotti, rende invalido il noviziato. Un’assenza superiore a quindici giorni va
ricuperata. Per il resto si osservino con diligenza le norme del diritto universale
riguardanti il noviziato.
N. 32
1. Il Postnoviziato, che comincia con la professione temporanea e si conclude con la
professione perpetua, è la terza tappa della iniziazione. In questo periodo i frati
camminano verso una maggiore maturità e si preparano alla scelta definitiva della
vita evangelica nel nostro Ordine.
2. L’itinerario formativo del postnoviziato deve essere lo stesso per tutti i frati in
ragione del suo essenziale riferimento alla consacrazione religiosa e alla professione
perpetua. E poiché nella nostra vocazione la vita evangelica fraterna occupa il primo
posto, anche durante questo periodo le deve essere data la priorità.
3. I frati siano guidati al contatto vivo con Cristo, a conformarsi sempre di più a Lui e
in Lui trovare la propria identità. Secondo la propria indole e grazia, siano introdotti
ad uno studio più profondo della Sacra Scrittura, della teologia spirituale, della
liturgia, della storia e spiritualità dell’Ordine. Siano avviati all’esercizio di varie
forme di apostolato e di lavoro anche domestico. Tale processo di iniziazione si
sviluppi sempre tenendo conto della vita e della maturazione progressiva della
persona.
Articolo V
La professione della nostra vita
N. 33
1. Meditiamo spesso quanto è grande la grazia della professione religiosa. Per mezzo
di essa, a nuovo e speciale titolo, abbracciamo, a lode della gloria della SS. Trinità,
una vita che ci sospinge verso la perfezione della carità; e, consacrati fermamente al
servizio di Dio, lo adoriamo in spirito e verità.
2. Nella consacrazione religiosa lo Spirito Santo ci unisce con una peculiare alleanza
a Cristo, ci rende partecipi della realtà del mistero di Cristo, unito da vincolo
indissolubile con la Chiesa sua Sposa, ci pone in uno stato di vita che preannunzia la
futura risurrezione e la gloria del Regno celeste.
3. Per raccogliere in questa consacrazione frutti più abbondanti della grazia
battesimale, ci obblighiamo a praticare i consigli evangelici secondo la Regola e le
Costituzioni.
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4. Intendiamo così liberarci dagli impedimenti che ci possono distogliere dalla carità
perfetta, dalla libertà spirituale e dalla perfezione del culto divino.
5. Per mezzo della professione, infine, mentre godiamo di uno speciale dono di Dio
nella vita della Chiesa, cooperiamo con la nostra testimonianza alla sua missione di
salvezza.
6. Esortiamo perciò i frati a prepararsi alla loro professione con grande diligenza,
attraverso un’intensa vita sacramentale, specialmente eucaristica, una fervente
preghiera e gli esercizi spirituali. Ciò sia fatto più intensamente e in modo
particolare prima della professione perpetua.
N. 34
1. Terminato il noviziato e verificata l’idoneità del novizio, viene emessa, per il
tempo da determinarsi dal ministro in accordo con lo stesso novizio, la professione
temporanea dei voti, da rinnovarsi spontaneamente fino alla professione perpetua.
Se permane il dubbio sull’idoneità del novizio, il ministro può prolungare il tempo
di prova, ma non oltre sei mesi. Se poi il novizio non sarà ritenuto idoneo, venga
dimesso.
2. Il tempo della professione temporanea non deve essere inferiore a tre anni, né
superiore a sei. Se si ritiene opportuno, può essere prolungato, purché il tempo in cui
il frate è vincolato dai voti temporanei non superi complessivamente i nove anni.
3. Se il frate è giudicato idoneo e spontaneamente lo richieda, la professione
perpetua si emette nel tempo determinato dal ministro, udito lo stesso profitente.
Ciò avvenga sempre dopo un triennio completo di professione temporanea e mai
prima che il profitente abbia compiuto il ventunesimo anno di età. Mediante la
professione perpetua il frate è definitivamente incorporato nella Fraternità
dell’Ordine con tutti i diritti e i doveri, a norma delle Costituzioni.
4. Compiuto il tempo per il quale fu emessa la professione, il frate può lasciare
l’Ordine. Per giusti motivi, il ministro competente, udito il suo Consiglio, può
escluderlo dalla rinnovazione dei voti temporanei o non ammetterlo alla professione
perpetua.
5. Si osservino tutti gli altri prescritti del diritto universale riguardanti la professione,
specialmente circa la disposizione dei beni prima della professione temporanea e
perpetua.
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N. 35
1. Durante la celebrazione della prima professione si consegna il nostro abito
religioso, benché i novizi abbiano ricevuto prima i “panni della prova”.
2. Secondo la Regola e l’uso dell’Ordine, il nostro abito consiste nella tonaca di color
castano con il cappuccio, del cingolo e dei sandali o, per giusto motivo, delle scarpe.
Circa la consuetudine di portare la barba, si applichi il criterio della pluriformità.
3. Ricordandoci che san Francesco indossò un abito di penitenza a forma di croce,
portiamo anche noi l’abito come richiamo alla conversione, segno della
consacrazione a Dio e della nostra appartenenza all’Ordine. Con ciò esprimiamo
anche la nostra condizione di frati minori, facendo in modo che anche le vesti che
indossiamo siano una testimonianza di povertà.
4. Rivestiti di Cristo, mite ed umile, dobbiamo essere minori, non falsi, ma realmente
tali: nel cuore, nelle parole e nelle opere, perché i segni di umiltà che presentiamo
esternamente giovano poco alla salvezza delle anime, se noi stessi non siamo animati
dallo spirito di umiltà.
5. Perciò, seguendo l’esempio di san Francesco, impegniamoci con tutte le forze a
diventare buoni e non soltanto ad apparire tali, ad essere coerenti nel parlare e
nell’agire. Considerandoci “minori e sottomessi a tutti”, come ammonisce la Regola,
riserviamo agli altri stima e onore.
N. 36
1. Il ministro provinciale e, per mandato speciale, anche gli altri dei quali si è detto al
numero 20, hanno la facoltà di dimettere il postulante o il novizio ritenuto non
idoneo alla nostra vita.
2. Per un grave motivo che non ammetta dilazione, ha la stessa facoltà sia il maestro
dei novizi sia quello dei postulanti, con il consenso però del Consiglio della
fraternità. Di ciò deve essere subito informato il ministro competente.
3. Il ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, può concedere ad un frate
di voti temporanei, se questi lo chieda per gravi motivi, l’indulto di uscire
dall’Ordine. Ciò comporta, per diritto stesso, la dispensa dai voti e da tutti gli
obblighi derivanti dalla professione.
4. Riguardo al passaggio ad un altro istituto di vita consacrata o ad una società di
vita apostolica, all’uscita dall’Ordine e alla dimissione del frate dopo la professione
sia temporanea che perpetua, si osservino i prescritti del diritto universale della
Chiesa.
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Articolo VI
La formazione al lavoro e al ministero
N. 37
1. Chiamati alla vita evangelica nella comune consacrazione religiosa, tutti noi, a
imitazione di san Francesco e seguendo la tradizione cappuccina, siamo tenuti a
esprimere l’apostolicità della nostra vocazione con la testimonianza della vita, in
tutti i compiti che svolgiamo nell’obbedienza e nella comunione fraterna.
2. Perciò, memori dell’ammonizione di san Francesco nel Testamento: “Coloro che
non sanno lavorare, imparino”, impegniamoci ad acquisire la preparazione adeguata
ad ogni servizio che ci viene richiesto.
3. Difficilmente infatti si può svolgere un’attività in modo conveniente senza una
formazione specifica ed adeguata.
4. È compito dell’Ordine aiutare ogni frate a sviluppare la propria grazia di lavorare.
Svolgendo il loro lavoro, infatti, i frati si sostengono vicendevolmente nella
vocazione e viene incrementata l’armonia della vita fraterna.
5. La formazione al lavoro e al ministero sia programmata in modo tale che i frati,
secondo le proprie doti e la loro vocazione, siano adeguatamente formati per i
compiti e gli uffici che dovranno svolgere. Perciò alcuni imparino i mestieri e le
attività pratiche, gli altri si dedichino agli studi pastorali e scientifici, specialmente
sacri.
6. Si abbia la massima cura a che la preparazione per il lavoro e l’apostolato si
sviluppi nel vero spirito di servizio, in coerenza con la consacrazione religiosa e sia
armonizzata al cammino della iniziazione, assicurando il primato della vita fraterna.
N. 38
1. Tutti i frati, servendo il Signore in minorità, si ricordino che sopra tutte le cose
devono desiderare di avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione.
2. Perciò, mentre apprendono un’abilità manuale e una solida cultura, procurino di
diventare santi e nello stesso tempo competenti nella particolare grazia del lavoro.
3. Si preparino alla vita apostolica in spirito di abnegazione e di disciplina, secondo
le capacità del loro ingegno. In tal modo, con la formazione della propria persona e
lo sviluppo della propria cultura, contribuiscono al bene comune dell’Ordine, della
Chiesa e della società.
4. Gli studi, illuminati e vivificati dalla carità di Cristo, siano del tutto consoni
all’indole della nostra vita.
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5. I frati, perciò, nell’attendere agli studi, coltivino la mente e il cuore così che,
secondo l’intenzione di san Francesco, progrediscano nella vocazione; infatti la
formazione a qualsiasi genere di lavoro è parte integrante della nostra vita religiosa.
N. 39
1. Nel nostro Ordine apostolico, la sollecitudine pastorale pervada tutta intera la
formazione, affinché tutti i frati, ciascuno secondo la propria capacità, possano
annunciare, come discepoli e profeti del nostro Signore Gesù Cristo, con l’opera e
con la parola, il Regno di Dio, tenendo conto delle necessità pastorali delle regioni e
del compito missionario ed ecumenico della Chiesa.
2. La formazione nelle discipline filosofiche e teologiche, trasmessa specialmente
secondo la dottrina francescana, converga concordemente alla progressiva apertura
delle menti verso il mistero di Cristo.
3. Tale formazione si faccia nei centri di studio dell’Ordine, provinciali o
interprovinciali. Quando ciò non è possibile, per le situazioni di una regione o di una
provincia o per altre particolari esigenze, i frati frequentino altri centri di studio. Si
preferisca, quando è possibile, la collaborazione con Istituti Francescani e ci si
preoccupi di assicurare una adeguata formazione francescano-cappuccina.
4. I frati che sono chiamati agli ordini sacri devono essere formati secondo le norme
date dalla Chiesa, tenuto presente il carattere della nostra Fraternità. Per ricevere gli
ordini sacri si richiede il consenso del ministro provinciale e del suo Consiglio.
N. 40
1. I formatori siano consapevoli che i frati formandi sono gli autori principali della
formazione da acquisire, la cui prima responsabilità incombe su di essi, in fiduciosa
collaborazione con i formatori.
2. I frati incaricati dell’insegnamento offrano innanzitutto la testimonianza della vita
e promuovano tra loro e con gli alunni una profonda comunione di pensiero e di
azione. Nell’insegnamento e nei colloqui con gli alunni adottino un metodo attivo
che consenta ai frati in formazione di acquisire una cultura viva e coerente.
3. Preparino ed espongano le lezioni con diligente cura, seguendo la guida del
magistero della Chiesa; siano attenti al progresso delle loro discipline e vi adeguino
le loro lezioni.
4. Si raccomanda, infine, che impegnino le loro energie nella ricerca, composizione e
pubblicazione di opere scientifiche, specialmente di argomento francescano. A tal
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fine, ad essi e agli altri frati, possono essere di aiuto gli Istituti Francescani promossi
dall’Ordine.
Articolo VII
La formazione permanente
N. 41
1. Memori di San Francesco e della sua esortazione: “Cominciamo, fratelli, a servire il
Signore Iddio, perché finora abbiamo fatto poco o nessun profitto!”, tutti noi
dobbiamo essere consapevoli dell’esigenza di una continua formazione.
2. La formazione permanente è il processo di rinnovamento personale e comunitario
e di coerente aggiornamento delle strutture e delle attività, per renderci idonei a
vivere sempre la nostra vocazione secondo il Vangelo nella concreta realtà di ogni
giorno.
3. La formazione permanente riguarda in modo unitario tutta la persona. Essa però
ha un duplice aspetto: la conversione spirituale mediante un continuo ritorno alle
fonti della vita cristiana e allo spirito primigenio dell’Ordine, da realizzare in forme
adatte ai tempi e alle culture; e il rinnovamento culturale e professionale attraverso
un adattamento, per così dire, tecnico alle condizioni dei tempi. Tutto questo
favorisce una maggiore fedeltà creativa alla nostra vocazione.
N. 42
1. La formazione permanente è destinata a tutti i frati, poiché essa non è altro che un
continuo sviluppo della nostra vocazione. Quindi, senza alcun dubbio e al di sopra
di tutto, è dovere e diritto dei singoli frati dedicarsi alla cura della propria
formazione permanente.
2. Tutti i ministri e i guardiani considerino un dovere ordinario primario del loro
servizio pastorale promuovere la formazione permanente dei frati loro affidati.
3. In particolare, gli stessi ministri e gli altri formatori abbiano cura di far maturare
in coloro che vengono ammessi all’Ordine la convinzione di dover attendere per
tutta la vita alla propria formazione, perché nessun frate, conclusa la formazione
iniziale, può ritenersi pienamente preparato per tutta la vita.
N. 43
1. L’Ordine abbia strumenti formativi rispondenti al nostro carisma e li metta a
disposizione di tutti i frati.
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2. Nelle singole circoscrizioni si emanino norme particolari riguardanti la
formazione permanente, secondo la diversità dei luoghi e le condizioni delle persone
e dei tempi.
3. Il programma sia organico, dinamico e completo: abbracci tutta la vita religiosa
alla luce del Vangelo e dello spirito di fraternità.
4. La vita fraterna quotidiana favorisce molto la formazione permanente. E in verità,
la prima scuola di formazione è l’esperienza quotidiana della vita religiosa con il suo
normale ritmo di preghiera, di riflessione, di convivenza fraterna e di lavoro.
5. Si raccomandano inoltre i mezzi straordinari, cioè le iniziative nuove o rinnovate
di formazione permanente, con la collaborazione e l’aiuto delle fraternità locali e
provinciali, esistenti nell’ambito delle singole province o delle regioni o delle
Conferenze dei superiori maggiori.
6. I ministri abbiano cura che i frati idonei siano preparati in modo particolare presso
istituti, facoltà e università, nelle scienze sacre e nelle altre scienze, così pure nelle
arti e nelle professioni, come sembrerà opportuno per il servizio della Chiesa e
dell’Ordine.
7. Per favorire lo spirito di fraternità in tutto l’Ordine, per perfezionare la formazione
e promuovere la cultura francescana si raccomanda il nostro Collegio internazionale
di Roma.
8. Si raccomanda inoltre di tutelare e valorizzare le biblioteche e gli altri beni
culturali dell’Ordine riconoscendone la funzione formativa: essi sono testimonianza
della nostra identità, spiritualità e azione apostolica.
N. 44
1. Ciascun frate s’impegni con slancio a camminare degnamente nella vocazione
francescano cappuccina, alla quale Dio lo ha chiamato.
2. Perciò sforziamoci tutti di conservare il dono della vocazione religiosa e della
perseveranza, nostra e degli altri, e di consolidarlo con la fedele cooperazione alla
grazia divina, con prudente vigilanza e con la preghiera costante.
3. Guardiamoci anche, fratelli, di non cadere nell’apostasia del cuore, che si ha
quando, per tiepidezza, sotto un’apparenza religiosa, si porta un cuore mondano e ci
si allontana dallo spirito e dall’amore della propria vocazione, obbedendo allo
spirito di superbia e di sensualità di questo mondo. Ma, ricordando il detto
dell’Apostolo: “Non vogliate conformarvi alla mentalità di questo mondo”,
fuggiamo tutto ciò che sa di peccato e snerva la vita religiosa.
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4. Adoperiamoci quindi, perché, dopo aver lasciato il mondo, niente altro
desideriamo, niente altro vogliamo, niente altro ci diletti, se non seguire lo spirito del
Signore e la sua santa operazione, e piacergli sempre, così da essere veramente
fratelli e poveri, miti e assetati di santità, misericordiosi e puri di cuore, tali insomma
che, attraverso di noi, il mondo possa conoscere la pace e la bontà di Dio.
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Capitolo III La nostra vita di preghiera
N. 45
1. La preghiera a Dio, come respirazione di amore, nasce dalla mozione dello Spirito
Santo, per cui l’uomo interiore si pone in ascolto della voce di Dio che parla al cuore.
2. Dio, infatti, che ci ha amato per primo, ci parla in molti modi: in tutte le creature,
nei segni dei tempi, nella vita degli uomini, nel nostro cuore e specialmente
mediante il suo Verbo nella storia della salvezza.
3. Nella preghiera, rispondendo a Dio che ci parla, raggiungiamo la pienezza in
quanto usciamo dall’amor proprio e, in comunione con Dio e con gli uomini, ci
trasferiamo in Cristo Dio-Uomo.
4. Cristo stesso, infatti, è la nostra vita, la nostra orazione e la nostra azione.
5. Perciò, realizziamo veramente un filiale colloquio con il Padre quando viviamo
Cristo e preghiamo nel suo Spirito, che grida nel nostro cuore: Abbà, Padre!
6. Consacrati più intimamente al servizio divino mediante la professione dei consigli
evangelici, sforziamoci, in libertà di spirito, di sviluppare fedelmente e
costantemente questa vita di preghiera.
7. Coltiviamo perciò con massimo impegno lo spirito della santa orazione e
devozione, al quale tutte le altre cose temporali devono servire, per diventare veri
seguaci di san Francesco, che apparve non tanto uno che prega, quanto piuttosto un
uomo fatto preghiera.
8. Desiderando sopra tutte le cose lo Spirito del Signore e la sua santa operazione,
pregando sempre Dio con cuore puro, rendiamo agli uomini la testimonianza di una
preghiera autentica, così che tutti vedano e sperimentino nel nostro volto e nella vita
delle nostre fraternità il riflesso della bontà e della benignità di Dio presente nel
mondo.
N. 46
1. La nostra preghiera sia manifestazione peculiare della nostra vocazione di frati
minori.
2. Preghiamo veramente come frati quando ci riuniamo nel nome di Cristo, in mutua
carità, affinché il Signore sia realmente in mezzo a noi.
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3. E preghiamo veramente come minori quando viviamo con Cristo povero ed umile,
offrendo al Padre il grido dei poveri, condividendo effettivamente la loro condizione
di vita.
4. Manteniamoci dunque fedeli a quanto abbiamo promesso, adempiendo nella
nostra vita ciò che il Signore vuole e volendo ciò che a Lui piace.
5. In tal modo l’orazione e l’azione, ispirate dall’unico e medesimo Spirito del
Signore, anziché opporsi tra loro, si completano a vicenda.
6. La preghiera francescana è affettiva, cioè preghiera del cuore, che ci conduce
all’intima esperienza di Dio. Contemplando Dio, sommo Bene e tutto il Bene, dal
quale procede ogni bene, devono erompere dal nostro cuore l’adorazione, il
ringraziamento, l’ammirazione e la lode.
7. Scorgendo Cristo in tutte le creature, andiamo per il mondo annunciando la pace e
la penitenza, invitando tutti alla lode di Dio, come testimoni del suo amore.
N. 47
1. Consacrati al servizio di Dio mediante il battesimo e a Lui più intimamente uniti
con la professione religiosa, teniamo in massima considerazione la sacra Liturgia,
che è l’esercizio dell’ufficio sacerdotale di Cristo, il culmine di ogni azione della
Chiesa e la sorgente della vita cristiana. Alimentiamo la vita spirituale personale e
fraterna a questa stessa fonte e apriamo i suoi tesori ai fedeli.
2. Abbiamo perciò la massima venerazione per il mistero dell’Eucaristia e per
l’Ufficio divino, che san Francesco voleva informassero tutta la vita della Fraternità.
3. Partecipiamo alla sacra Liturgia con devozione e con degno comportamento
esteriore.
4. Coltiviamo diligentemente la fedeltà alle norme liturgiche, coniugandola, secondo
il loro genuino spirito, con la creatività, la spontaneità e le culture locali.
5. Affinché la Parola di Dio penetri più profondamente nei nostri cuori e l’interiore
partecipazione ai divini misteri rinnovi sempre più la nostra vita, nelle nostre
celebrazioni diamo conveniente spazio al silenzio, che è parte della stessa azione
liturgica.
6. A imitazione di san Francesco, che spesso esprimeva i suoi affetti con il canto e la
musica, le azioni liturgiche, per quanto possibile, siano celebrate con il canto, in
particolare nei giorni festivi. Facciamo, tuttavia, attenzione non tanto all’espressione
melodica della voce quanto piuttosto alla partecipazione interiore, affinché la voce
concordi con la mente e la mente con Dio.
45
7. Quanto al rito, i frati si conformino alle prescrizioni che le competenti autorità
ecclesiastiche hanno emanato per la regione dove essi si trovano.
N. 48
1. Partecipiamo con piena consapevolezza e attivamente all’Eucaristia, fonte della
vita ecclesiale e radice, cardine e cuore della nostra vita fraterna. Celebriamo il
mistero pasquale di Gesù Cristo finché Egli venga, nulla ritenendo di noi stessi,
affinché ci accolga totalmente Colui che totalmente a noi si offre.
2. Perché sia più evidente che, nella frazione del pane eucaristico, siamo elevati alla
comunione con Cristo e fra di noi, e per manifestare quindi l’unità del sacrificio, del
sacerdozio e della fraternità, in tutte le nostre case si celebri ogni giorno una messa
della fraternità. Se ciò non fosse possibile, si celebri frequentemente l’Eucaristia con
la partecipazione di tutti i frati.
3. L’Eucaristia, nella quale sotto le specie consacrate è presente per noi lo stesso
Signore Gesù Cristo, sia conservata nei nostri oratori e nelle nostre chiese nel luogo e
nel modo più degni.
4. Sull’esempio di san Francesco, adoriamo con fede, umile riverenza e devozione
Gesù Cristo presente nell’Eucaristia. Con Lui offriamo al Padre mediante lo Spirito
noi stessi e le nostre azioni, e dinanzi a Lui, centro spirituale della fraternità,
sostiamo frequentemente in fervente preghiera.
N. 49
1. La Liturgia delle Ore, che estende alle diverse ore del giorno la grazia
dell’Eucaristia, è preghiera di Cristo, che unisce a sé la Chiesa nella lode e nella
supplice intercessione che Egli rivolge incessantemente al Padre a favore di tutti gli
uomini.
2. Celebriamo degnamente la Liturgia delle Ore, cui la Chiesa ci vincola in forza
della nostra professione, per partecipare all’eterno canto di lode, introdotto sulla
terra dal Verbo Incarnato, e unirci alla voce della Chiesa che parla a Cristo sposo,
pregustando la lode che ininterrottamente risuona davanti al trono di Dio e
dell’Agnello.
3. Tutta la fraternità si riunisca quindi ogni giorno, nel nome di Cristo, per rendere
grazie al Padre nello Spirito Santo facendo memoria dei misteri della salvezza con la
Liturgia delle Ore, attraverso cui il Mistero di Cristo penetra e trasfigura il tempo.
Quando questo non può essere fatto integralmente, si celebrino in comune almeno le
Lodi e i Vespri.
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4. Raccomandiamo, inoltre, che i frati facciano lo stesso ovunque siano o si trovino, e
che, secondo le circostanze dei luoghi, si celebri la Liturgia delle Ore con i fedeli.
5. Il Capitolo locale, con l’approvazione del ministro, disponga l’orario della casa e
del lavoro in modo che il corso del giorno e ogni nostra attività siano consacrati dalla
lode di Dio, tenendo anche conto delle particolari circostanze delle persone, dei
tempi e delle culture.
6. Quando non possiamo celebrare comunitariamente la Liturgia delle Ore,
ricordiamoci che anche nella recita individuale ci uniamo spiritualmente a tutta la
Chiesa e specialmente ai fratelli. Con questa stessa profonda intenzione preghino
quei frati che dicono l’ufficio dei Pater noster, secondo la Regola.
N. 50
1. La nostra preghiera si ispiri all’insegnamento dei profeti e dei salmisti e,
soprattutto, all’esempio del Figlio di Dio che, assumendo la condizione umana,
anche nella sua preghiera si è fatto partecipe di tutto ciò che vivono i suoi fratelli e,
offrendo se stesso, intercede per loro presso il Padre.
2. San Francesco, che nella contemplazione ha scoperto il piano di Dio, ha voluto
partecipare pienamente all’amore di Cristo per l’uomo abbracciando i lebbrosi e
annunciando a tutti la buona novella della speranza e della pace attraverso la
conversione.
3. Anche i nostri primi fratelli cappuccini, dando il primato alla vita di
contemplazione e di solitudine, furono attenti e solleciti alle necessità degli uomini e
sperimentarono la presenza di Dio nelle vicende quotidiane e nelle realtà umane.
4. Seguendo il loro esempio, sforziamoci di cogliere le manifestazioni dell’amore di
Dio nella trama della storia, nella religiosità popolare e nelle particolari culture delle
diverse regioni.
5. Perciò la nostra preghiera sia espressione di universale solidarietà e compassione.
Conformandoci da vicino alla preghiera di Gesù, facciamoci voce di ogni realtà,
assumendo su di noi le gioie e le speranze, i dolori e le angosce di tutti gli uomini.
N. 51
1. Consapevoli che nella preghiera noi collaboriamo con Dio per l’avvento del suo
Regno e l’edificazione del Corpo di Cristo, e memori dello spirito cattolico di san
Francesco, supplichiamo il Signore per la santa madre Chiesa, per il Papa, per coloro
che ci governano, per tutti gli uomini, per la salvezza del mondo intero e in
particolare per tutta la Famiglia Francescana e per i benefattori.
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2. La fede nel Cristo risorto sostiene la nostra speranza e mantiene viva la comunione
con i fratelli che riposano nella pace di Cristo. Uniti in uno scambio di doni
spirituali, nella celebrazione dell’Eucaristia e nelle nostre preghiere raccomandiamo
a Dio misericordioso tutti i defunti. Con riconoscenza e sentimento di carità,
offriamo suffragi particolari secondo quanto stabilito nelle Ordinazioni dei Capitoli
generali.
N. 52
1. La Chiesa, ogni Domenica, fa memoria della resurrezione del Signore e durante
l’Anno liturgico, che ha il suo centro nel Triduo pasquale, ricorda e dispensa i
misteri della redenzione a tutti i fedeli, perché essi possano essere ripieni della grazia
della salvezza.
2. Viviamo la Domenica, Pasqua della settimana, nell’ascolto della Parola e nella
comunione dell’unico pane spezzato per rinvigorire la nostra vita in fraternità. Nel
giorno del Signore dedichiamoci generosamente al servizio pastorale. Celebrando
con gioia e gratitudine il dono della creazione, alimentiamo in noi la fervida attesa
della domenica senza tramonto, che ci introdurrà nel riposo di Dio.
3. Abbracciamo con tutto il cuore, come sorgente di spirito e di vita, la ricchezza di
grazia che a noi proviene dalla celebrazione dell’Anno liturgico e dai Sacramenti,
fonte inesauribile di nutrimento spirituale e via maestra della nostra formazione.
4. Celebrando i misteri della salvezza, come figli di Dio, nella preghiera lasciamoci
condurre dallo Spirito Santo, affinché ci faccia crescere ogni giorno di più nel Cristo
per raggiungere la pienezza della comunione con il Padre e con i fratelli.
5. Nello spirito del santo Vangelo e seguendo l’itinerario dell’Anno liturgico,
veneriamo e predichiamo ai fedeli in modo speciale i misteri dell’umanità di Cristo,
particolarmente del Natale e della Passione, nei quali san Francesco ammirava
l’amore e l’umiltà del Signore.
6. Anche nelle feste della vergine Maria e nelle memorie dei santi, la Chiesa
proclama la Pasqua del suo Signore. Veneriamo dunque con singolare devozione,
specialmente con il culto liturgico, l’Angelus e il rosario, Maria Madre di Dio e
Vergine concepita senza peccato, figlia e serva del Padre, madre del Figlio e sposa
dello Spirito Santo, fatta Chiesa - secondo l’espressione di san Francesco - e
promuoviamone la devozione tra il popolo. Ella infatti è nostra madre e avvocata,
patrona del nostro Ordine, partecipe della povertà e della passione del Figlio suo e -
come testimonia l’esperienza - via per raggiungere lo spirito di Cristo povero e
crocifisso.
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7. Allo stesso tempo veneriamo piamente, secondo l’antica tradizione, san Giuseppe,
sposo fedele della Vergine Maria, custode del Redentore e umile lavoratore.
8. Coltiviamo e promuoviamo, secondo le consuetudini locali, la devozione al santo
Padre Francesco, modello dei minori, a santa Chiara e ai santi, specialmente nostri,
facendo attenzione che tale venerazione sia sempre conforme allo spirito della sacra
Liturgia.
N. 53
1. Nella Liturgia Dio stesso viene incontro a noi con la sua Parola e ci parla; noi,
pregando con le sue stesse parole tratte dalla Scrittura, gli rispondiamo con fiduciosa
apertura del cuore.
2. Poiché la nostra vita di consacrazione nasce e viene edificata dalla Parola di Dio,
seguendo l’esempio di san Francesco coltiviamo una intensa familiarità con essa per
progredire nella esperienza di Dio e diventare una trasparenza evangelica per la
Chiesa e per il mondo.
3. Dedichiamo ogni giorno tempo sufficiente alla lettura orante della Sacra Scrittura
e nutriamo la vera devozione anche con altri libri spirituali.
4. Alimentiamo, altresì, la nostra vita evangelica in fraternità dandoci tempi di
condivisione della Parola di Dio e lasciandoci interpellare da essa.
5. Per avere sempre davanti agli occhi della mente la via e la vita che abbiamo
professato, in ogni circoscrizione si diano norme sia per la lettura in comune della
Sacra Scrittura, della Regola, del Testamento e delle Costituzioni, sia per la
rinnovazione comunitaria della professione.
N. 54
1. Custodiamo e promuoviamo quello spirito contemplativo che risplende nella vita
di san Francesco e dei nostri antichi frati. Perciò dedichiamo ad esso un più ampio
spazio coltivando l’orazione mentale.
2. L’orazione mentale è la maestra spirituale dei frati, i quali, se sono veri e spirituali
frati minori, incessantemente pregano quanto più interiormente. Pregare, infatti, non
è altro che parlare a Dio con il cuore, e, in realtà, non prega chi parla a Dio soltanto
con la bocca. Ognuno perciò si sforzi di attendere all’orazione mentale o
contemplazione e - secondo l’insegnamento di Cristo, ottimo maestro - di adorare
l’eterno Padre in spirito e verità, adoperandosi con sollecita cura ad illuminare la
mente e ad infiammare il cuore più che di formulare parole.
49
3. L’autentica orazione mentale ci conduce allo spirito della vera adorazione, ci
unisce intimamente a Cristo e accresce di continuo nella vita spirituale l’efficacia
della sacra Liturgia.
4. E perché non si affievolisca mai in noi lo spirito di orazione e preghiera, ma si
accenda ogni giorno sempre di più, dobbiamo dedicarci quotidianamente a questo
esercizio.
5. I ministri, i guardiani e gli altri, ai quali è affidata la cura della vita spirituale, si
adoperino perché tutti i frati progrediscano nella conoscenza e nella pratica
dell’orazione mentale.
6. I frati poi attingano alle fonti genuine della spiritualità cristiana e francescana lo
spirito di orazione e la preghiera stessa per apprendere la sublime conoscenza di
Gesù Cristo.
N. 55
1. Il primato dello spirito e della vita di preghiera sia assolutamente attuato dalle
fraternità e dai singoli frati, dovunque si trovino, come è richiesto dalle parole e
dall’esempio di san Francesco e dall’autentica tradizione cappuccina.
2. È della massima importanza formare la coscienza alla necessità vitale della
preghiera personale. Ogni frate, dovunque si trovi, si procuri ogni giorno il tempo
sufficiente per l’orazione mentale, per esempio un’ora intera.
3. I Capitoli provinciali e locali provvedano che tutti i frati abbiano ogni giorno il
tempo necessario per l’orazione mentale da farsi in comune e in privato.
4. La fraternità locale nei Capitoli si interroghi sulla preghiera comunitaria e
personale dei frati. I frati e, per il loro ufficio pastorale, prima di tutto i guardiani, si
ritengano reciprocamente responsabili nella animazione della vita di preghiera.
5. Come discepoli di Cristo, benché poveri e fragili, perseveriamo nella preghiera,
affinché coloro che cercano sinceramente il Signore si sentano attratti a pregare con
noi.
6. Coltiviamo nel popolo di Dio lo spirito e lo sviluppo della preghiera, soprattutto
interiore, poiché questo, fin dall’inizio, fu carisma della nostra Fraternità di
Cappuccini e, come testimonia la storia, germe di genuino rinnovamento. Perciò,
impegniamoci con zelo ad apprendere l’arte della preghiera e a trasmetterla agli
altri.
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7. L’educazione alla preghiera e alla esperienza di Dio con metodo semplice
qualifichi la nostra azione apostolica. Gioverà molto adoperarsi affinché le nostre
fraternità siano autentiche scuole di preghiera.
N. 56
1. Per rinnovare continuamente la nostra vita religiosa, tutti i frati, ogni anno,
facciano gli esercizi spirituali e ci siano anche altri periodi di ritiro.
2. A questo fine i ministri e i guardiani provvedano affinché ciascun frate, anche
coloro che vivono fuori della casa religiosa, abbia il tempo necessario e l’opportunità.
N. 57
1. Ogni fraternità deve essere veramente una fraternità orante. A questo scopo in
tutte le circoscrizioni si ponga la massima cura per formare allo spirito e alla pratica
della preghiera i singoli frati e le fraternità stesse, utilizzando i mezzi adeguati.
2. Giova istituire in singole o più circoscrizioni fraternità di ritiro e di
contemplazione. I frati che, secondo la multiforme grazia di Dio, costituiscono tali
fraternità, vivendo in comunione con la fraternità provinciale, tengano presente ciò
che san Francesco scrisse per quelli che vogliono condurre vita religiosa negli eremi.
3. Le stesse fraternità di ritiro siano aperte a tutti gli altri frati, i quali, come Dio
concederà loro, desiderano trascorrere in esse periodici intervalli di tempo per
attendere più intensamente alla preghiera e alla vita con Dio.
N. 58
1. Il silenzio, che è custode fedele della vita interiore ed è richiesto dalla carità nella
vita in comune, venga tenuto in grande stima in tutte le nostre fraternità per tutelare
la vita di preghiera, di studio e di riflessione.
2. È compito del Capitolo locale proteggere nelle nostre fraternità il clima di
preghiera e di raccoglimento, allontanando tutto ciò che lo impedisce.
N. 59
1. Nella santa carità, che è Dio, san Francesco esorta tutti i frati, affinché, allontanato
ogni impedimento e messa da parte ogni preocupazione e ogni affanno, si
impegnino a servire, amare, adorare e onorare il Signore Iddio, con cuore puro e con
mente pura.
2. Accogliendo con cuore docile e aperto l’appello del nostro Padre e Fratello,
fissiamo costantemente in Dio lo sguardo e il cuore, affinché, interiormente
51
purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo
attrarre tutti all’amore delle realtà invisibili e il mondo, assetato di Dio, venga
illuminato dalla conoscenza del Signore e riempito della sua beatitudine.
3. Guidati dallo Spirito, costruiamo in noi una casa e una dimora permanente al
Signore Dio onnipotente, Padre, e Figlio e Spirito Santo.
52
Capitolo IV La nostra vita in povertà
Articolo I
Il nostro impegno di povertà
N. 60
1. Il Dio altissimo, Trinità perfetta e Unità semplice, è mistero di umiltà. La pura
relazione di amore tra le Persone divine, che trabocca nella creazione e nella storia
della salvezza, è modello di ogni relazione umana e fondamento della nostra vita in
povertà e umiltà.
2. Massima manifestazione dell’umiltà di Dio è Gesù Cristo, il Figlio che tutto riceve
dal Padre e tutto comunica con il Padre nello Spirito e che fu mandato ad
evangelizzare i poveri. Egli, che era ricco, si è fatto povero per noi diventando simile
agli uomini, affinché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà.
3. Dalla nascita nel presepio fino alla morte in croce amò i poveri e testimoniò
l’amore del Padre che li cerca, ad esempio per i discepoli.
4. La Chiesa riconosce la povertà volontaria come segno della sequela di Cristo,
specialmente nei religiosi, e propone san Francesco come immagine profetica della
povertà evangelica.
5. Egli, infatti, colmo di stupore per la bellezza di Dio, che è umiltà, pazienza e
mansuetudine, fu condotto alla scelta della povertà, sperimentata nell’umiltà della
Incarnazione e nella carità della Passione, per seguire nudo il nudo Signore
crocifisso.
6. L’ideale evangelico della povertà indusse Francesco alla umiltà del cuore e alla
radicale espropriazione di sé, alla compassione verso i poveri e i deboli e alla
condivisione della loro vita.
N. 61
1. Aderendo alle intuizioni evangeliche di san Francesco e alla tradizione
dell’Ordine, assumiamo come nostro compito speciale seguire la povertà del Signore
Gesù Cristo in semplicità di vita e lieta austerità, nel lavoro assiduo, nella fiducia
nella Provvidenza e nella carità verso gli uomini.
2. La povertà, scelta per seguire Cristo, ci rende partecipi della sua relazione filiale
verso il Padre e della sua condizione di fratello e di servo in mezzo agli uomini, e ci
induce alla solidarietà con i piccoli di questo mondo.
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3. L’adesione all’ideale evangelico della povertà richiede la disponibilità nell’amore e
la conformità con Cristo povero e crocifisso, venuto nel mondo per servire.
4. Non appropriamoci dei doni di natura e di grazia come se ci venissero dati solo
per noi stessi, ma sforziamoci di metterli completamente a disposizione del popolo
di Dio.
5. Usiamo dei beni temporali con gratitudine, condividiamoli con i bisognosi e nello
stesso tempo offriamo la testimonianza del retto uso delle cose agli uomini che le
desiderano con avidità.
6. Annunceremo veramente ai poveri che Dio è con loro nella misura in cui saremo
disponibili verso di loro e realmente partecipi della loro condizione.
N. 62
1. Perché la nostra povertà individuale e comunitaria sia autentica, deve essere
manifestazione della povertà interiore, e perciò tale da non avere bisogno di alcuna
interpretazione.
2. La povertà esige un tenore di vita sobrio e semplice. Perciò sforziamoci di ridurre
al minimo le nostre esigenze materiali per vivere solo del necessario, ripudiando
decisamente ogni mentalità e pratica consumistica.
3. L’austerità ci rende più aperti ai valori dello spirito, ci preserva da tutto ciò che
snerva il nostro rapporto con Dio e con i fratelli e ci apre alla solidarietà.
4. La minorità esige di non cercare per noi forme di prestigio, di potere, di dominio
sociale, politico o ecclesiastico; scegliamo piuttosto di essere servi e soggetti ad ogni
umana creatura, accettando la precarietà e la vulnerabilità della nostra condizione di
frati minori.
5. Abbracciamo, dunque, tutte le esigenze del vivere senza nulla di proprio,
consapevoli che, senza la minorità, la povertà non ha senso e diventa orgoglio, e
altrettanto coscienti che, senza la povertà, la minorità è falsa.
N. 63
1. Viviamo in consapevole solidarietà con gli innumerevoli poveri del mondo e con
la nostra attività apostolica induciamo il popolo, specialmente i cristiani, ad opere di
giustizia e di carità per promuovere il bene comune.
2. Sono da lodare i frati che in particolari situazioni dell'ambiente, vivendo con i
poveri e partecipando alle loro condizioni e aspirazioni, li spingono al progresso
sociale e culturale e alla speranza dei beni eterni.
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3. Sia chiaro, tuttavia, che l’opzione preferenziale per i poveri ci interpella come
fraternità ed esige concrete attuazioni comunitarie, frutto di scelte condivise.
N. 64
1. Pratichiamo la vita comune e condividiamo volentieri tra noi le cose date ai
singoli.
2. A motivo della nostra professione religiosa siamo tenuti a consegnare alla
fraternità tutti i beni, compresi stipendi, pensioni, sovvenzioni, assicurazioni che in
qualunque modo ci pervengono.
3. La fraternità provveda a ogni frate il vitto, il vestito e le cose necessarie per
l'esercizio del proprio ufficio. Per rispettare la medesima dignità di tutti i fratelli, si
eviti ogni forma sia di privilegio che di egualitarismo. Inoltre, si tenga sempre conto
che il nostro stile di vita deve costituire una testimonianza di povertà evangelica, di
minorità e fraternità nei diversi contesti sociali e culturali.
4. I ministri e i guardiani siano per i frati esempio di minorità nella custodia della
povertà e ne promuovano l'osservanza.
N. 65
1. Poiché la povertà evangelica è un impegno essenziale della nostra forma di vita,
nei Capitoli sia generali che provinciali e locali, prendiamo decisioni sul modo di
osservarla sempre più fedelmente con forme convenienti al corso del tempo e alla
diversità dei luoghi, e perciò sempre da riformare.
2. Con vicendevole carità e docili allo Spirito del Signore, verifichiamo spesso il
nostro modo di osservare la povertà: il nostro stile di vita personale e comunitario
sia sempre semplice e austero, la testimonianza delle nostre fraternità profetica e
credibile, la nostra missione nei confronti dei poveri generosa e autentica.
Articolo II
La povertà riguardo ai beni e al denaro
N. 66
1. Osserviamo la povertà che abbiamo promesso, memori delle intenzioni e delle
parole di san Francesco: “I frati non si approprino di nulla, né casa, né luogo, né
alcuna altra cosa”.
2. Usiamo i beni temporali per le necessità della vita, dell'apostolato, della carità,
soprattutto verso i poveri.
55
3. Perciò, come pellegrini e forestieri in questo mondo, mentre siamo in cammino
verso la terra dei viventi, serviamo il Signore in povertà e umiltà.
N. 67
1. Come figli dell'eterno Padre, messa da parte ogni ansiosa preoccupazione,
riponiamo la nostra fiducia nella Provvidenza divina e affidiamoci alla sua bontà
infinita.
2. Non facciamo quindi provviste eccessive di beni, nemmeno di quelli necessari al
vitto.
3. Procuriamo, soprattutto con il nostro lavoro, i mezzi e i sussidi necessari alla vita e
all'apostolato.
4. E se questi ci venissero a mancare, andiamo con fiducia alla mensa del Signore,
secondo le disposizioni della Chiesa universale e particolare. Mentre chiediamo agli
uomini l'elemosina, diamo loro testimonianza di fraternità, minorità, povertà e
letizia francescana.
N. 68
1. San Francesco, secondo il proprio carisma di povertà e di minorità nella Chiesa,
comandò ai suoi di non accettare il denaro in nessun modo, in quanto segno di
ricchezza, pericolo di avarizia e di dominio nel mondo.
2. Tuttavia, poiché per le mutate condizioni dei tempi l'uso del denaro si è reso
necessario, i frati, volendo compiere la volontà del serafico Padre, usino il denaro
solo come mezzo ordinario di scambio e di vita sociale necessario anche ai poveri, e
secondo le prescrizioni del nostro diritto proprio.
N. 69
1. I ministri e i guardiani che, in forza del loro ufficio, hanno il dovere di avere
sollecita cura delle necessità dei frati, usino il denaro per le necessità della vita e per
le opere dell'apostolato e della carità.
2. Tutti i frati, secondo le norme stabilite in ogni circoscrizione, hanno il dovere di
rendere conto del denaro che è stato loro affidato per le necessità della vita.
3. Per tutti, tuttavia, sia per i ministri e i guardiani che per gli altri frati, l'uso del
denaro deve essere sempre tale da non eccedere il modo che corrisponde veramente
ai poveri.
56
4. Per rimanere fedeli alla povertà i frati non si rivolgano agli amici e ai parenti con
la richiesta di denaro o di altre cose, né ricevano doni per loro uso esclusivo senza il
permesso del guardiano o del ministro.
N. 70
1. I ministri, con il consenso del loro Consiglio, possono ricorrere alle assicurazioni o
ad altre forme di previdenza sociale, dove tali istituzioni sociali sono richieste o dalla
pubblica autorità, sia ecclesiastica che civile, per tutti o per alcune categorie di
persone, oppure se vi ricorrono comunemente i poveri di quella regione.
2. Evitino, però, accuratamente quelle assicurazioni che nella regione in cui
dimorano presentano carattere di lusso o di lucro.
3. È tuttavia opportuno che i ministri e i guardiani, come fa la gente di modeste
condizioni, depositino il denaro veramente necessario presso banche o altri simili
istituti, osservando quanto prescritto dal nostro diritto proprio.
4. Non ricevano però fondazioni, legati perpetui ed eredità con diritti ed oneri
perpetui.
N. 71
1. I frati con la loro vita mostrino agli altri uomini come la povertà volontaria li liberi
dalla cupidigia, che è radice di tutti i mali, e dall'ansiosa sollecitudine del domani.
2. Perciò i ministri e i guardiani nell’uso del denaro evitino ogni accumulo o
speculazione, salvo un piccolo margine di sicurezza.
3. Per ogni uso dei beni, anche del denaro, le circoscrizioni, le fraternità e i frati
seguano questo criterio preciso e pratico: il minimo necessario, non il massimo
consentito. Tale criterio sia attuato nei diversi contesti sociali in cui viviamo.
4. Per non diventare figli degeneri di san Francesco trattenendo le cose
ingiustamente, i beni che non sono necessari alle singole fraternità siano consegnati
ai ministri per le necessità della circoscrizione e dell’Ordine o siano distribuiti ai
poveri o vengano destinati per il progresso dei popoli, secondo le norme fissate dal
Capitolo provinciale. Riguardo a tutto questo si faccia abbastanza spesso una
comune riflessione nel Capitolo locale.
5. I frati nel Capitolo locale, secondo lo spirito delle Costituzioni, riflettano sul retto
uso dei beni riguardo al vitto, al vestiario, ai doni di carattere personale e
comunitario, all'uso dei media e degli strumenti tecnologici, ai viaggi e simili.
57
6. Riflettiamo anche sui mezzi da impiegare nell'espletamento dei compiti e
ministeri, scegliendo sempre quelli che convengono alla nostra condizione di frati
minori.
N. 72
1. Seguendo l'insegnamento di san Francesco, in spirito di minorità, manifestiamoci
con fiducia ogni necessità, riconoscendo nella mutua dipendenza una componente
essenziale della comunione fraterna e la fonte del reciproco sostegno.
2. Pratichiamo la solidarietà, privilegiata espressione dell'amore fraterno, e
impegniamoci con decisa volontà per il bene di tutti e di ciascuno, perché noi tutti
siamo responsabili di tutti.
3. In caso di bisogno, le singole fraternità della stessa area, come anche le
circoscrizioni dell'Ordine, condividano tra loro con prontezza e in spirito di sacrificio
i beni anche necessari.
4. Esprimiamo la nostra solidarietà a tutti i fratelli e sorelle della Famiglia
Francescana e, in collaborazione con loro, condividiamo con tutte le persone di
buona volontà l'impegno per la promozione della giustizia e per una giusta
distribuzione dei beni.
5. Promuoviamo una cultura di condivisione, inducendo gli uomini alla
consapevolezza della destinazione universale dei beni, i quali devono essere usati
con senso di responsabilità verso le generazioni future. Favoriamo così un autentico
sviluppo sociale ed economico su basi etiche e religiose, fondato sulla crescita del
senso di Dio, della dignità della persona umana, della giustizia e della pace tra i
popoli.
Articolo III
La povertà nelle nostre abitazioni
N. 73
1. Dobbiamo vivere in case umili e povere, alloggiandovi sempre come pellegrini e
forestieri.
2. Nello scegliere il luogo per una nuova casa, si tengano presenti la nostra vita di
povertà e il contesto abitativo dei poveri della regione, il bene spirituale dei frati e le
esigenze delle varie attività che vi si dovranno svolgere. Tali abitazioni siano
strutturate in modo da risultare accessibili a tutti, specialmente alla gente di più
umile condizione.
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3. Le case siano adeguatamente proporzionate alle reali necessità e agli impegni della
fraternità, e favoriscano la preghiera, il lavoro e la vita fraterna.
4. Nei Capitoli si verifichi la corrispondenza delle nostre abitazioni alla verità della
vita in povertà e minorità e si tratti dell'uso sociale dei beni affidati alle fraternità, sia
del denaro come delle case e dei terreni, che dobbiamo impiegare volentieri a
vantaggio degli uomini, evitando accuratamente di accumulare sia denaro che beni
immobili.
N. 74
1. Le chiese siano semplici, decorose e pulite. Si abbia diligente cura che favoriscano
la vita di preghiera della fraternità, siano idonee alle celebrazioni liturgiche e alla
partecipazione attiva dei fedeli.
2. Le sacrestie devono essere adeguate e sufficientemente provviste di suppellettile
sacra. Tutto ciò che serve al culto sia decoroso e conforme alle norme liturgiche,
senza offendere la povertà e la semplicità.
Articolo IV
L'amministrazione dei beni
N. 75
1. Allo scopo di garantire l'osservanza della povertà e della minorità, nostra opzione
di famiglia, curiamo anche una amministrazione responsabile, precisa e oculata dei
beni a noi affidati.
2. La trasparenza qualifica la nostra vita personale e fraterna e alimenta tra noi
fiducia, sincerità e comunione. Essa caratterizzi anche la nostra amministrazione dei
beni, ad ogni livello, e ci impegni a rendere conto di tutto ciò che riceviamo e
usiamo.
3. Poiché siamo corresponsabili della vita fraterna, favoriamo la partecipazione
attiva di tutti i frati, affinché le decisioni, anche in ambito amministrativo, siano
maturate insieme e condivise nella maniera più ampia possibile, nel rispetto dei ruoli
e delle competenze specifiche.
4. E sempre ricordiamoci che l'efficace testimonianza della nostra vita deve prevalere
sull'efficienza e la produttività.
5. Nella formazione, sin dal tempo della iniziazione, si ponga la dovuta cura affinché
i frati acquisiscano la retta comprensione dello spirito, dei principi e della pratica
dell'economia fraterna, secondo le esigenze della nostra vita in povertà e minorità.
59
N. 76
1. Per l'amministrazione del denaro e degli altri beni, nella Curia generale e in quelle
provinciali, ci siano degli economi nominati dal rispettivo ministro con il consenso
del suo Consiglio.
2. Anche nelle singole case ci siano degli economi locali, nominati dal ministro con il
consenso del suo Consiglio.
3. Gli economi siano veramente competenti e compiano il loro ufficio in coerenza con
il nostro stile di vita, sotto la direzione e la vigilanza del proprio superiore, a norma
del diritto universale e proprio.
4. Per l'importanza e i rischi del compito a loro affidato, gli amministratori e gli
economi ordinariamente non permangano per troppi anni nello stesso ufficio.
5. Nell'amministrazione dei beni ci si avvalga opportunamente di laici competenti,
sul cui operato vigilare. Quando si tratti di opere sociali e caritative, si affidi ai laici
l'amministrazione, determinandone i limiti di competenza, vigilando che siano
rispettate l'indole e le finalità dell'opera e riservando a noi l'animazione pastorale.
6. Nell’amministrazione dei beni, nei contratti e nelle alienazioni, si osservino con
precisione le norme del diritto canonico e civile e ci si attenga rigorosamente ai
principi etici, in conformità alla dottrina sociale della Chiesa.
7. L'Ordine verifichi periodicamente i criteri e le linee operative cui attenersi per una
sana e giusta amministrazione e per la gestione delle risorse pecuniarie. Secondo
opportunità, raccolga le relative disposizioni in appositi statuti. Allo stesso modo si
operi nelle singole circoscrizioni.
N. 77
1. Chiamati alla via evangelica della povertà, abituiamoci a soffrire privazioni
sull'esempio di Cristo e memori di san Francesco, che volle essere così povero da
affidarsi, spoglio di tutte le cose e libero dai legami del cuore, al Padre che si prende
cura di noi.
2. E non vogliamo essere nel numero dei falsi poveri, che amano essere poveri a
condizione però che non manchi loro nulla.
3. Riflettiamo che la povertà evangelica e la sua perfezione consistono
principalmente nella piena disponibilità verso Dio e verso gli uomini.
4. Non attacchiamoci perciò con affetto disordinato ai beni terreni, ma usiamo di
questo mondo come se non ne usassimo, e nella lode e nell'azione di grazie
60
restituiamo tutti i beni al Signore Dio altissimo e sommo, che è tutta la nostra
ricchezza a sufficienza.
61
Capitolo V Il nostro modo di lavorare
N. 78
1. Dio Padre, che ha fatto ogni cosa con sapienza e amore, chiama tutti a partecipare
all'opera della creazione mediante il lavoro, attraverso il quale l'uomo corrisponde al
disegno originario di Dio, matura se stesso, aiuta il prossimo e coopera al
miglioramento della società.
2. Gesù Cristo, Verbo di Dio, assumendo la condizione umana, ha sperimentato
anche la fatica del lavoro. Egli ha conferito al lavoro una nuova dignità e lo ha
elevato a strumento di salvezza per tutti, sia lavorando con le proprie mani e
alleviando la miseria umana, sia proclamando il Regno di Dio.
3. Lo Spirito Santo, creatore e santificatore, anima la Chiesa ad annunciare il Vangelo
del lavoro unendo la luce della Rivelazione all'impegno di quanti si adoperano
nell'affermare il valore autentico del lavoro e nel tutelare la dignità della persona.
4. San Francesco, alla sequela di Gesù Cristo, ha lavorato con le proprie mani. Egli ha
dichiarato la propria volontà di lavorare, considerando in modo singolare il lavoro
una grazia da accogliere e vivere con gratitudine. Per questo ha esortato fermamente
i suoi frati a fuggire l'ozio, che è nemico dell'anima, e a lavorare con fedeltà e
devozione.
5. Come suoi fedeli seguaci e secondo la tradizione dei cappuccini, stimiamo la
grazia del lavoro, assumendone ogni giorno la fatica con responsabilità e animo
lieto, a lode di Dio e a servizio del suo popolo. Impegniamoci a lavorare
diligentemente, partecipi, da veri minori, della condizione di quanti debbono
procurarsi il necessario per vivere.
6. Viviamo e promuoviamo nel popolo un’autentica spiritualità del lavoro. Esso
riceve la sua luce più grande dal mistero pasquale di Cristo ed è mezzo di
santificazione. Sostenendo la fatica di ogni giorno, cooperiamo con il Figlio di Dio
alla redenzione dell'umanità e al compimento del Regno.
7. Testimoniamo il senso umano del lavoro, svolto in libertà di spirito e restituito alla
sua natura di mezzo di sostentamento e di servizio. Vivendo questo aspetto
essenziale della povertà evangelica, rispondiamo alle provocazioni
dell’individualismo e della riduzione del lavoro a strumento di mero profitto
economico.
62
8. Formandoci alla dottrina sociale della Chiesa, adoperiamoci affinché sia sempre
tutelata la dignità dei lavoratori e del lavoro stesso, particolarmente solleciti verso
quanti non riescono a trovare un impiego.
N. 79
1. Il lavoro è il mezzo fondamentale per il nostro sostentamento e per l'esercizio della
carità.
2. Perciò ciascuno di noi faccia fruttificare i talenti ricevuti da Dio e, secondo la
condizione d'età e di salute, spenda senza riserve e gioiosamente le proprie forze per
il bene della fraternità e per la solidarietà verso i poveri con i quali dobbiamo
condividere volentieri il frutto del nostro lavoro.
3. Il lavoro dei singoli frati sia espressione di tutta la fraternità e ne manifesti la
comunione di intenti. Pertanto, i frati assumano e svolgano le attività dopo un
adeguato discernimento comunitario e con la benedizione dell’obbedienza, affinché
il lavoro venga sempre espletato come mandato della fraternità.
4. I frati non si approprino del loro lavoro, ma vi si dedichino con apertura ai bisogni
della fraternità locale, della circoscrizione e dell’Ordine, e siano sempre disponibili
all'itineranza.
N. 80
1. Guardiamoci dal fissare nel lavoro il fine supremo o dal porre in esso un affetto
disordinato, affinché non si spenga in noi lo spirito di orazione e di devozione, al
quale tutte le altre cose devono servire.
2. Evitiamo, dunque, l'eccessiva attività, che compromette l'unione con Dio,
disorienta la nostra persona, ostacola la vita fraterna e impedisce la formazione
permanente.
3. Parimenti, come san Francesco, consideriamo attentamente il monito
dell'Apostolo: “chi non vuole lavorare neppure mangi”. Evitiamo pertanto la
pigrizia che approfitta del lavoro degli altri, produce tiepidezza nella vita spirituale
e ci rende oziosi nel campo di Dio.
4. Rivolgiamo, quindi, con amore tutte le nostre intenzioni e le nostre forze a Dio, e
nella celebrazione eucaristica, unendoci al sacrificio di Cristo, offriamo al Padre la
fatica e il frutto del nostro lavoro quotidiano.
63
N. 81
1. Varie sono le attività che, in maniera diversa, secondo le attitudini di ognuno e i
doni particolari di Dio, si addicono a ciascuno di noi.
2. Assumiamo i servizi e i ministeri nella misura in cui corrispondono alla vita della
nostra Fraternità o lo richieda la necessità della Chiesa e della società.
3. A noi si addicono soprattutto le attività che più chiaramente manifestano la
povertà, l'umiltà e la fraternità; non reputiamo infatti alcun lavoro meno dignitoso o
di minor valore rispetto agli altri.
4. Per rendere più fruttuosa per noi e per gli altri la grazia del lavoro, procuriamo,
nella varietà delle attività, di conservare l'indole comunitaria, pronti ad aiutarci
reciprocamente lavorando insieme, e progredendo così anche nella conversione del
cuore.
5. E teniamo sempre in mente la nostra vocazione apostolica, affinché per mezzo di
ogni nostra attività diamo agli uomini testimonianza di Cristo.
N. 82
1. I frati, ciascuno nel proprio ufficio e incarico, si impegnino a perfezionare per tutta
la vita la cultura spirituale, dottrinale e tecnica, e a coltivare le proprie attitudini,
affinché il nostro Ordine possa corrispondere continuamente alla sua vocazione nella
Chiesa. L'impegno intellettuale, pertanto, sia stimato come ogni altro lavoro.
2. Secondo la tradizione dell'Ordine, i frati apprezzino il lavoro manuale e, nel
rispetto dei compiti affidati a ciascuno, vi si dedichino volentieri per la propria
crescita e per la comune utilità, soprattutto quando la carità o l'obbedienza lo
richiedano.
3. I ministri e i guardiani, discernendo i doni e le doti dei singoli frati, l'utilità della
fraternità e della Chiesa, offrano ad essi l'opportunità, per quanto è possibile, di
acquisire competenza in settori particolari, fornendo volentieri tempo e mezzi a
questo scopo.
4. Inoltre i ministri e i guardiani, per il bene della Chiesa, dell'Ordine e dei frati
stessi, nell'assegnare gli uffici e gli incarichi, abbiano anche cura di tenere presente
l'attitudine e la competenza di ognuno, e non li distolgano facilmente dalle attività
nelle quali sono esperti, purché venga salvaguardata la vita fraterna e la
disponibilità di tutti all'obbedienza.
64
N. 83
1. La nostra vita di povertà e minorità richiede che ciascuno di noi prenda parte, per
quanto possibile, ai lavori domestici in spirito di fraterna comunione. Tale
partecipazione favorisce la mutua dipendenza e l'aiuto reciproco, qualifica la
fraternità e conferisce credibilità alla nostra vita.
2. Il lavoro di ogni frate non lo dispensa dalla cura della casa e dai servizi quotidiani
della fraternità; assumiamoli come parte integrante della nostra vita ordinaria.
3. I ministri e le fraternità prestino particolare attenzione a questa dimensione di
semplicità domestica e di servizio feriale.
4. Solo quando è realmente necessario, ricorriamo per i lavori domestici
all'assunzione di collaboratori esterni; la loro scelta sia condivisa il più possibile
dalla fraternità e ispirata a criteri di prudenza. Essi siano trattati con rispetto,
cortesia, equità e a norma di legge.
N. 84
1. Secondo le diverse condizioni delle circoscrizioni e in conformità alle norme date
dal ministro con il consenso del suo Consiglio o dalla Conferenza dei superiori
maggiori, nonché dall'Ordinario del luogo, i frati possono lavorare anche presso gli
estranei all'Ordine, in quanto ciò è richiesto dallo zelo apostolico e dalla urgenza di
alleviare le nostre e altrui necessità.
2. Ricordino però i frati l'esortazione di san Francesco ad assumere solo quelle
attività in cui si può meglio testimoniare la nostra vocazione al servizio e la nostra
condizione di minori e sottomessi a tutti, evitando ogni ricerca di prestigio e di
potere.
3. Sia sempre fermo, inoltre, che i frati che lavorano fuori devono vivere in
comunione con la fraternità.
4. Offrano poi a tutti la testimonianza evangelica e rendano visibile la carità di
Cristo, soccorrano i bisognosi senza mai coinvolgersi imprudentemente in attività
non conformi al nostro stato.
N. 85
1. Tutto ciò che frati ricevono in compenso del lavoro deve essere sempre consegnato
integralmente alla fraternità. Ma il lavoro dei frati non venga valutato soltanto in
base alla retribuzione ricevuta per esso.
65
2. Non dedichiamoci ad attività che provocano la bramosia del guadagno o la
vanagloria, contrarie allo spirito di povertà e di umiltà.
3. Guardiamoci dal trasformare il lavoro in uno strumento per accumulare beni o
denaro; anzi, siamo sempre disponibili a lavorare anche gratuitamente tutte le volte
che la carità lo richieda.
N. 86
1. Riconosciamo l'importanza del riposo: anch'esso ci aiuta a vivere la grazia del
lavoro. I frati godano ogni giorno di una conveniente ricreazione in comune per
favorire la convivenza fraterna e per ritemprare le forze; e tutti abbiano un po' di
tempo libero da dedicare a se stessi.
2. Secondo le consuetudini e le possibilità delle regioni, si dia ai frati un certo tempo
di ferie, da farsi nel modo confacente al nostro stato di frati minori.
N. 87
1. L'apostolo Paolo ammonisce: “Finché abbiamo tempo, operiamo il bene verso
tutti”.
2. Perciò, consapevoli del dono prezioso del tempo, della irripetibilità di ogni istante
e delle occasioni favorevoli, viviamo intensamente e responsabilmente ogni giorno
della vita.
3. Per non sciupare il tempo favorevole, verifichiamo spesso se le nostre opere ed
attività sono rispondenti alle condizioni presenti e apriamoci al futuro con una
sapiente previsione e programmazione.
4. Scrutiamo alla luce del Vangelo i segni dei tempi, poiché nel tempo il Signore ci
viene incontro e ci fa crescere verso la pienezza della salvezza. Corrispondiamo ogni
giorno ai doni di Dio con vigilanza e pazienza.
66
Capitolo VI La nostra vita in fraternità
N. 88
1. La vita fraterna ha il suo fondamento nel mistero di amore della Trinità perfetta e
della santa Unità del Padre, del Figlio e dello Spirito.
2. Nella pienezza dei tempi il Padre ha mandato il suo Figlio, primogenito tra molti
fratelli, per fare degli uomini una fraternità attraverso la sua morte e risurrezione e
mediante il dono dello Spirito Santo.
3. La Chiesa, scaturita dal costato di Cristo come sacramento di unità, è
essenzialmente mistero di comunione, la cui ricchezza e profondità si rispecchia
nella vita fraterna, spazio umano abitato dalla Trinità.
4. La stessa vita fraterna, fermento di comunione ecclesiale, è profezia dell’unità
definitiva del popolo di Dio e costituisce una testimonianza essenziale per la
missione apostolica della Chiesa.
5. Per tale ragione, la Chiesa promuove gli istituti i cui membri, radicati e fondati
nella carità, conducono vita fraterna in comunità, aiutandosi reciprocamente nella
fedeltà alla vocazione e favorendo così il progresso della dignità umana dei figli di
Dio nella libertà.
6. San Francesco, per divina ispirazione, diede origine ad una forma di vita
evangelica che chiamò Fraternità e ne scelse come modello la vita di Cristo e dei suoi
discepoli.
7. Noi, quindi, professando questa forma di vita, costituiamo veramente un Ordine
di Fratelli.
8. Pertanto, uniti dalla fede in Dio Padre nostro, nutriti alla mensa della divina
Parola e dell’Eucaristia, ci amiamo vicendevolmente, perché il mondo possa
riconoscere in noi i discepoli di Cristo.
Articolo I
L’impegno alla vita fraterna
N. 89
1. Come fratelli dati gli uni agli altri dal Signore e dotati di doni diversi,
accogliamoci a vicenda con animo riconoscente.
2. Perciò, dovunque viviamo, riuniti nel nome di Gesù, siamo un cuor solo e
un’anima sola, nello sforzo costante verso una maggiore perfezione. Per essere veri
67
discepoli di Cristo, amiamoci vicendevolmente con tutto il cuore, portando i difetti e
i pesi gli uni degli altri, esercitandoci incessantemente nell’amore di Dio e nella
carità fraterna, procurando di essere esempio di virtù fra noi e per tutti, e
dominando le nostre passioni e inclinazioni cattive.
3. Camminiamo nella umiltà per imparare ad essere fratelli, sempre pervasi da
spirito di mutua comprensione e di stima sincera. Coltiviamo il dialogo fra di noi,
comunicandoci con confidenza le nostre esperienze e manifestandoci le nostre
necessità.
4. Particolare impegno si abbia per il Capitolo locale, che è strumento privilegiato
per manifestare l’indole e promuovere la crescita della nostra vita nella comunione
fraterna. In esso bene si esprime l’obbedienza caritativa, che caratterizza la nostra
Fraternità. Grazie ad essa i frati sono a servizio l’uno dell’altro, si stimola la
creatività e i doni di ciascuno sono a vantaggio di tutti.
N. 90
1. A motivo della stessa vocazione i frati sono tutti uguali. Perciò, secondo la Regola,
il Testamento e la primitiva consuetudine dei cappuccini, chiamiamoci tutti, senza
distinzione, fratelli.
2. La precedenza, necessaria per il servizio della fraternità, dipende dai compiti ed
uffici che attualmente si esercitano.
3. Nell’ambito dell’Ordine, della provincia e della fraternità locale, tutti gli uffici e i
servizi devono essere accessibili a tutti i frati, tenuto conto tuttavia degli atti che
richiedono l’ordine sacro.
4. Tutti, secondo i doni dati a ciascuno, si aiutino vicendevolmente anche nei servizi
che si devono svolgere quotidianamente nelle nostre case.
N. 91
1. Si abbia cura che nelle nostre fraternità la differenza di età aiuti la concordia degli
animi e la mutua integrazione.
2. Ai frati anziani si manifestino segni di una carità premurosa e riconoscente.
3. I giovani abbiano nella dovuta stima i frati di età più matura e si giovino volentieri
della loro esperienza; gli anziani, da parte loro, accolgano le nuove e sane forme di
vita e di attività; e gli uni e gli altri si comunichino le proprie ricchezze.
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N. 92
1. Se un frate si ammala, il guardiano provveda subito con fraterna carità tutte le
cose necessarie al corpo e all’anima, secondo l’esempio e l’ammonizione di san
Francesco, e affidi l’infermo alle cure di un frate idoneo e, se il caso lo richiede, anche
del medico o di altre persone competenti.
2. Ogni frate, considerando che nell’infermo è presente la persona di Cristo
sofferente, rifletta che cosa vorrebbe che gli si facesse in caso di infermità, e ricordi
pure ciò che san Francesco scrisse nella Regola, che cioè nessuna madre è così tenera
e premurosa verso il proprio figlio, quanto ciascuno di noi deve esserlo verso il suo
fratello spirituale.
3. Ciascuno s’impegni dunque ad aver cura del fratello infermo, a visitarlo volentieri
e a confortarlo fraternamente.
4. Il ministro e il guardiano visitino spesso e fraternamente i malati, e non trascurino
di sollevare spiritualmente l’animo dell’infermo, personalmente o per mezzo di altri
e, se lo vedranno colpito da grave malattia, lo avvertano con prudenza della sua
condizione e lo dispongano a ricevere i sacramenti.
N. 93
1. I frati infermi si ricordino della nostra condizione di frati minori.
2. Lascino la cura di se stessi al medico e a coloro che li assistono, per non violare la
santa povertà con danno della propria anima, ma di tutto ringrazino il Creatore.
3. Ricordino che essi, mediante le tribolazioni della malattia e dell’infermità
liberamente accettate, sono invitati, secondo la loro vocazione, ad una più completa
conformità con Cristo sofferente, e procurino di sperimentare, con pio sentimento, in
se stessi una piccola parte dei suoi dolori. Imitino Francesco, che lodava il Signore
per coloro che sostengono in pace le infermità e le tribolazioni, secondo la sua
santissima volontà. Ricordino anche che essi, completando nella loro carne ciò che
manca alla passione di Cristo redentore, possono contribuire alla salvezza del
popolo di Dio, all’evangelizzazione del mondo e a rafforzare la vita fraterna.
N. 94
1. Nel costituire le fraternità si tengano presenti l’indole personale dei frati e le
necessità della vita e dell’apostolato.
2. I ministri e i guardiani, primi animatori e custodi della nostra forma di vita,
promuovano costantemente la vita fraterna in comune.
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3. Tutti i frati, come membri della stessa famiglia, partecipino assiduamente agli atti
comuni della fraternità, soprattutto alla preghiera comunitaria, dedichino volentieri
tempo ai fratelli, concordino insieme gli impegni e promuovano il lavoro in
collaborazione.
4. Così, sostenendoci vicendevolmente nel comune cammino verso la santità, faremo
delle nostre fraternità una casa e scuola di comunione.
N. 95
1. Per favorire la quiete richiesta per la preghiera e lo studio e per conservare
l’intimità nella convivenza fraterna, l’ingresso degli estranei alle nostre case o
abitazioni sia regolato con prudenza e discrezione.
2. Per salvaguardare la vita religiosa, nelle nostre case si osservi la clausura o un
ambito riservato solo ai frati.
3. Coloro che vengono alle nostre case ordinariamente siano ricevuti nei parlatori; e
questi siano disposti secondo le regole della semplicità, della prudenza e
dell’ospitalità.
4. Secondo le norme stabilite dal Capitolo provinciale, possono essere ammessi nella
fraternità i laici che desiderano partecipare più strettamente alla nostra vita sia nella
preghiera che nella convivenza fraterna e nell’apostolato.
5. Le nostre fraternità non limitino la loro carità solo tra le pareti domestiche, ma si
aprano piuttosto con sollecitudine evangelica alle necessità della gente, secondo la
finalità particolare di ciascuna casa.
N. 96
1. I mezzi di comunicazione sociale contribuiscono allo sviluppo della persona e ad
estendere il Regno di Dio. La loro scelta e uso richiedono maturità di giudizio e
moderazione, evitando ciò che è in contrasto con la fede, con la morale e con la vita
di consacrazione.
2. Tutta la fraternità, sotto la guida del guardiano, operi un attento discernimento sui
mezzi di comunicazione sociale, affinché vengano protette la povertà, la vita di
preghiera e il silenzio, la comunione fraterna e il lavoro, e, nel medesimo tempo, tali
mezzi servano al bene e all’attività di tutti.
3. I frati, specialmente i ministri e i guardiani, provvedano a far conoscere, con mezzi
adatti, ciò che di importante avviene nelle fraternità, nelle circoscrizioni e in tutto
l’Ordine.
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N. 97
1. I frati, prima di uscire di casa, chiedano il permesso del guardiano, secondo l’uso
della propria circoscrizione
2. Per quanto riguarda i viaggi, ogni frate, prima di chiedere il permesso, ne esamini
nella sua coscienza le motivazioni alla luce dello stato di povertà, della vita spirituale
e fraterna ed anche della testimonianza che si deve dare alla gente.
3. I ministri e i guardiani usino prudenza nel concedere i permessi di fare viaggi.
4. Nell’uso dei mezzi di trasporto i frati si ricordino del nostro stato di povertà e di
umiltà.
N. 98
1. Tutti i frati che vengono a noi siano accolti con fraterna carità e con animo lieto.
2. I frati che sono in viaggio, quando è possibile, si rechino volentieri nelle case
dell’Ordine, almeno per passarvi la notte, e partecipino alla vita della fraternità
conformandosi agli usi del luogo.
3. I frati, che sono mandati in altre province per la formazione o per altre ragioni,
siano accolti dai ministri e guardiani e dalle fraternità locali come loro membri e si
inseriscano in tutto nella fraternità, tenute presenti le norme del n.121,5 delle
Costituzioni.
N. 99
1. I frati che in particolari circostanze, con la benedizione dell’obbedienza, devono
vivere fuori della casa, essendo membri della fraternità alla quale sono stati
assegnati, ne godano i benefici come gli altri.
2. Si sentano sempre uniti alla fraternità e, a loro volta, non tralascino di contribuire
all’incremento spirituale e al sostentamento economico dell’Ordine.
3. Come veri fratelli in san Francesco, frequentino le nostre case e amino
intrattenervisi per qualche tempo, specialmente per il ritiro spirituale.
4. E vi siano ricevuti con carità e si offrano loro gli aiuti necessari materiali e
spirituali.
5. I ministri e i guardiani ne abbiano sollecita cura, li visitino il più spesso possibile e
li confortino.
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N. 100
1. Membri di un Ordine di fratelli, alimentiamo in noi il senso di appartenenza
all’intera Famiglia Cappuccina.
2. Volentieri intraprendiamo e sviluppiamo la collaborazione tra le nostre
circoscrizioni, sostenendo la vitalità del nostro carisma e il bene dell’Ordine più che
la sopravvivenza di strutture.
3. In spirito di fraternità, mutua dipendenza e minorità, le singole circoscrizioni
rispondano con sollecitudine alle necessità delle altre e si servano reciprocamente.
4. Ispirandosi alla mobilità e itineranza che caratterizza la nostra tradizione, i frati,
nell’obbedienza della carità, siano disponibili a recarsi fuori della loro circoscrizione.
5. Consapevoli che il battesimo e la professione stabiliscono tra noi vincoli più forti
dei legami naturali, accogliamo la molteplice ricchezza delle diverse culture,
promuovendone anche tra di noi l’incontro e il dialogo.
6. Quando richiesto dal bene dell’Ordine e della Chiesa o dalla necessità delle
circoscrizioni, si promuovano fraternità di diverse circoscrizioni e differenti paesi e
nazioni, quale occasione favorevole sia per il mutuo arricchimento e lo scambio dei
doni spirituali sia per una efficace testimonianza della comunione universale.
N. 101
1. La varietà degli istituti religiosi che, per disegno divino, è andata crescendo per il
bene della Chiesa, fiorisce anche nella stessa ed unica spirituale Famiglia
Francescana. In essa tanti fratelli e sorelle, in comunione vitale reciproca, rendono
presente il carisma del comune Serafico Padre nella vita e nella missione della
Chiesa.
2. Viviamo dunque la comunione dello stesso spirito con tutti i fratelli del Primo
Ordine Francescano. In reciproca collaborazione, promuoviamo volentieri gli studi e
le iniziative comuni di vita e di attività francescana.
3. Memori della promessa di san Francesco a Chiara e alle sorelle povere di San
Damiano, dobbiamo avere sempre diligente cura e speciale sollecitudine per le
nostre sorelle del Secondo Ordine che, nella vita contemplativa, offrono
quotidianamente il sacrificio della lode, cercano nella solitudine e nel silenzio
l’unione con Dio e dilatano la Chiesa con segreta fecondità apostolica.
4. Da fraterno affetto siamo legati anche a quegli istituti religiosi che sono uniti
spiritualmente al nostro Ordine.
72
N. 102
1. Nell’ambito della Famiglia Francescana ha un posto particolare la Fraternità o
Ordine Francescano Secolare, che ne condivide e ne promuove il genuino spirito e
che è necessario alla pienezza del carisma francescano.
2. In esso i fratelli e le sorelle, spinti dallo Spirito Santo a raggiungere la perfezione
della carità nel proprio stato secolare, con la professione si impegnano a vivere il
Vangelo alla maniera di san Francesco e mediante la loro Regola.
3. In virtù del comune carisma e della comunione di vita della Famiglia Francescana,
l’Ordine Francescano Secolare è affidato dalla Chiesa alla cura spirituale e pastorale
del Primo Ordine Francescano e del Terzo Ordine Regolare di san Francesco.
4. I nostri ministri hanno la facoltà di erigere fraternità dell’Ordine Francescano
Secolare in tutte le nostre case e anche altrove. Essi inoltre hanno il dovere di fare la
visita pastorale e di garantire che le fraternità dell’Ordine Francescano Secolare ai
vari livelli abbiano un’assistenza spirituale e pastorale continua e impegnata,
specialmente per mezzo di frati idonei e debitamente preparati. Espletino il loro
ufficio a norma del diritto universale e di quello proprio sia del nostro Ordine che
dello stesso Ordine Francescano Secolare. Vigilino che sia favorita una vera
reciprocità vitale tra le fraternità del nostro Ordine e quelle dell’Ordine Francescano
Secolare.
5. A tutti i frati stia a cuore manifestare ai membri dell’Ordine Francescano Secolare
un senso veramente fraterno, alimentare con il loro esempio la fedeltà alla vita
evangelica e promuovere efficacemente lo stesso Ordine sia presso il clero secolare
che presso i laici. Offrano volentieri a quest’Ordine l’assistenza spirituale. Memori
sempre della sua condizione secolare, ne rispettino la legittima autonomia e non si
intromettano nel suo governo, eccetto nei casi previsti dal diritto.
6. Similmente si promuovano e si aiutino spiritualmente tutte le associazioni,
specialmente quelle giovanili, che coltivano lo spirito di san Francesco. Le nostre
case diventino centro fraterno di incontro e di animazione per tutti coloro, chierici e
laici, che vogliono seguire le orme di Cristo sotto la guida di Francesco.
N. 103
1. Seguendo l’esempio di san Francesco che chiamava madre sua e di tutti i frati la
madre di ogni fratello, adempiamo i nostri doveri di pietà e di familiarità verso tutti i
nostri genitori, parenti, benefattori, collaboratori e verso quelli che appartengono alla
nostra Famiglia spirituale; raccomandiamoli a Dio nelle nostre preghiere, anche
comunitarie.
73
2. Eventuali bisogni spirituali o materiali della famiglia di origine siano considerati,
in dialogo con la fraternità, con carità e discrezione.
3. Abbiamo rispetto fraterno anche verso i frati che lasciano la vita religiosa. I
ministri li trattino con equità e carità evangelica.
N. 104
1. Cristo, Egli stesso pellegrino sulla terra, nel giudizio finale, dirà a quelli che
saranno alla sua destra: “ero forestiero e mi avete ospitato”.
2. Anche san Francesco volle che si ricevesse con benevolenza chiunque giungesse
alle nostre case; accogliamo perciò tutti, specialmente gli afflitti e gli sventurati, con
la massima carità, aiutandoli nelle loro necessità.
3. Coloro poi, e particolarmente i sacerdoti e i religiosi, che, secondo le circostanze, si
possono ospitare nella nostra stessa casa, siano trattati dalla fraternità con ogni
cortesia.
Articolo II
La vita dei frati nel mondo
N. 105
1. Godendo immensamente del mondo creato e redento, san Francesco si sentiva
unito da vincolo fraterno non solo con gli uomini, ma anche con tutte le creature,
come Egli stesso le ha cantate con slancio mirabile nel Cantico di Frate Sole.
2. Illuminati da questa contemplazione, ammiriamo le opere della creazione, delle
quali Cristo è principio e fine, proteggiamole nella loro integrità e usiamo con
rispetto e parsimonia le risorse della madre terra.
3. Attraverso l’indagine scientifica le opere della creazione divengono ai nostri occhi
ancor più grandiose, meravigliose e misteriose. Esse ci conducono ad adorare il
Padre nella sua sapienza e potenza. Riserviamo quindi grande stima a tutto ciò che
l’intelligenza dell’uomo ha saputo trarre dalle cose create, specialmente nelle opere
della cultura e dell’arte, con le quali si rivelano a noi i doni di Dio.
4. Vediamo nel mistero di Cristo anche il mondo degli uomini, che Dio ha tanto
amato da dare il suo Figlio unigenito.
5. Il mondo, infatti, pur essendo ferito da tanti peccati, è però dotato di grandi
possibilità ed offre le pietre vive per la costruzione di quella dimora di Dio che è la
Chiesa.
74
N. 106
1. San Francesco, per divina ispirazione, comprese di essere stato inviato a riformare
gli uomini in novità di vita.
2. Suscitando, quindi, una nuova forma di vita evangelica, Egli, pur non essendo più
del mondo, rimase tuttavia nel mondo e volle che anche la sua Fraternità vivesse ed
operasse tra gli uomini, per testimoniare con l’opera e la parola il lieto messaggio
della conversione evangelica.
3. Perciò anche noi, resi partecipi della sua missione, viviamo in mezzo al mondo
come fermento evangelico, in modo che gli uomini, vedendo la nostra vita fraterna
conformata allo spirito delle beatitudini, riconoscano che il Regno di Dio è già
cominciato in mezzo a loro.
4. Saremo così presenti nel mondo per servire il Dio vivente, e, nella carità,
nell’umiltà e nella letizia francescana saremo operatori di pace e di bene per il
progresso del mondo e della Chiesa.
N. 107
1. Secondo lo spirito di san Francesco, annunziamo la pace e la salvezza non solo con
le parole, ma propaghiamole anche con iniziative ispirate dalla carità fraterna.
2. Mossi da questo spirito, sforziamoci di indurre con stile evangelico ad una
convivenza pacifica e stabile coloro che sono divisi dall’odio, dall’invidia, dai
contrasti ideologici, dalle differenze di classe, di razza, di religione e di nazionalità.
3. Promuoviamo il rispetto della dignità e dei diritti delle persone, soprattutto dei
poveri e degli emarginati.
4. Collaboriamo quindi alacremente con le iniziative e organizzazioni nazionali e
internazionali, che lavorano rettamente per l’unità del genere umano, per la giustizia
universale e per la pace.
N. 108
1. Confidando soprattutto nella provvidenza del Padre, camminiamo nel mondo con
speranza e letizia francescana in modo da rafforzare la fiducia dei nostri
contemporanei.
2. Liberati dalle vane preoccupazioni del tempo presente e come collaboratori della
divina Provvidenza, sentiamoci in dovere di venire in aiuto con la nostra azione alle
necessità dei poveri e, specialmente in tempo di calamità pubbliche, mettiamo a
disposizione di tutti i bisognosi i servizi e i beni della fraternità.
75
3. Sull’esempio di san Francesco, che ebbe una grande compassione verso i poveri, e
anche degli iniziatori della Fraternità Cappuccina, che prestarono assistenza agli
appestati, viviamo accanto ai fratelli bisognosi, specialmente i malati, protesi con
tutto il cuore ad offrire loro un servizio fraterno.
4. Sapendo che la divina Provvidenza si manifesta non solo in eventi e fatti, ma
anche attraverso nuove correnti di pensiero ed esperienze di vita, con animo aperto e
fiducioso vagliamo ogni cosa trattenendo il bene.
5. In tal modo sapremo cooperare meglio con Dio che è presente e agisce nella storia
del mondo; e, facendo la verità nella carità, saremo testimoni della speranza nel
Signore Dio e aiuteremo gli uomini di buona volontà a riconoscere Dio, Padre
onnipotente e sommo Bene.
76
Capitolo VII La nostra vita di penitenza
N. 109
1. Gesù Cristo, annunciando il Vangelo del Regno, chiamò gli uomini alla penitenza,
cioè a quel totale cambiamento di se stessi, per cui cominciano a pensare, a giudicare
e a conformare la propria vita a quella santità e carità di Dio, che si sono manifestate
nel Figlio.
2. Questa conversione in una nuova creatura, che inizia con la fede e il battesimo,
esige uno sforzo costante di rinuncia quotidiana a noi stessi.
3. Così, vivendo solo per il Signore, con la penitenza instauriamo nuovi rapporti con
gli uomini, specialmente con i poveri, e veniamo fortificati per l'edificazione della
fraternità evangelica.
4. San Francesco, per grazia del Signore, cominciò la vita di penitenza-conversione
esercitando la misericordia verso i lebbrosi e compiendo il suo esodo dal secolo.
5. Con grande fervore dello spirito e gaudio della mente impostò la sua vita secondo
le beatitudini del Vangelo, predicò incessantemente la penitenza, animando gli
uomini con l'opera e con la parola a portare la croce di Cristo, e volle che i suoi frati
fossero uomini di penitenza.
6. Lo spirito di penitenza in una vita austera è caratteristica peculiare del nostro
Ordine; noi infatti, sull'esempio di Cristo e di san Francesco, abbiamo scelto la via
stretta del Vangelo.
7. Mossi dallo stesso spirito e constatando il peccato in noi e nella società umana,
impegniamoci continuamente alla conversione nostra e degli altri per essere
configurati a Cristo crocifisso e risuscitato.
8. Con tale impegno, completando in noi ciò che manca ai patimenti di Cristo,
partecipiamo alla vita della Chiesa, santa e sempre bisognosa di purificazione, e
favoriamo l’unità della famiglia umana nella carità perfetta promuovendo così
l'avvento del Regno di Dio.
N. 110
1. La penitenza, in quanto esodo e conversione, è una disposizione del cuore che
esige manifestazioni esterne nella vita quotidiana, alle quali deve corrispondere una
vera trasformazione interiore.
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2. I penitenti francescani devono distinguersi sempre per una carità delicata e
affettuosa e per la letizia, come i nostri santi, rigidi con se stessi, ma pieni di bontà e
di rispetto verso gli altri.
3. In ogni tempo, spinti dallo spirito di conversione e di rinnovamento, dedichiamoci
alle opere di penitenza, secondo la Regola e le Costituzioni e come Dio ci ispirerà,
affinché il mistero pasquale di Cristo operi sempre di più in noi.
4. Prima di tutto ricordiamo che la nostra stessa vita dedicata a Dio è un’ottima
forma di penitenza.
5. Offriamo quindi per la salvezza nostra e degli altri la povertà, l’umiltà, i disagi
della vita, il lavoro da compiere con fedeltà ogni giorno, la disponibilità al servizio di
Dio e del prossimo e l’impegno a coltivare la vita fraterna, il peso della malattia e
degli anni ed anche le persecuzioni per il Regno di Dio. Così, soffrendo con chi
soffre, possiamo sempre godere della nostra conformità a Cristo.
6. Seguiamo la stessa via della conversione di san Francesco, andando incontro
specialmente a coloro che, nei nostri tempi, sono emarginati e privi di tutto.
N. 111
1. Cristo Signore, ricevuta la missione dal Padre e guidato dallo Spirito Santo, nel
deserto digiunò quaranta giorni e quaranta notti.
2. Anche il suo discepolo san Francesco, acceso dal desiderio di imitare il Signore,
visse nei digiuni e nelle preghiere.
3. Pratichiamo dunque anche noi il digiuno, la preghiera e le opere di misericordia,
che ci conducono alla libertà interiore e ci aprono all’amore di Dio e del prossimo.
4. Siano considerati da noi tempi di più intensa penitenza, sia privata che
comunitaria, l’avvento e soprattutto la quaresima di Pasqua, ma anche tutti i
venerdì.
5. Si raccomandano inoltre la quaresima detta “Benedetta”, che comincia
dall’Epifania, e le vigilie delle solennità di san Francesco e dell’Immacolata
Concezione della beata Vergine Maria.
6. In questi giorni dedichiamoci con maggior zelo e sollecitudine a quelle opere che
favoriscono la conversione: la preghiera, il raccoglimento, l'ascolto della Parola di
Dio, la mortificazione corporale e il digiuno in fraternità. Condividiamo
fraternamente con gli altri poveri ciò che, a causa di una più rigorosa parsimonia, ci
proviene dalla mensa del Signore e pratichiamo con fervore più grande le opere di
misericordia secondo il nostro uso tradizionale.
78
7. Per quanto riguarda le leggi dell’astinenza e del digiuno, osserviamo le
prescrizioni della Chiesa sia universale che locale.
N. 112
1. La nostra vita si conformi al precetto evangelico della penitenza, e perciò sia
semplice e parca in tutto, come si addice ai poveri.
2. Memori della Passione di Gesù, sull’esempio di san Francesco e dei nostri santi,
pratichiamo la mortificazione anche volontaria moderandoci volentieri nel mangiare,
nel bere e nei divertimenti, affinché tutto testimoni la nostra condizione di esuli e
pellegrini.
3. Tuttavia i ministri e i guardiani, dovendo procurare il necessario, soprattutto per
gli infermi, abbiano presente il precetto della carità e l’esempio di san Francesco.
N. 113
1. Con il dolore nel cuore per i nostri peccati e per quelli degli altri, e desiderosi di
camminare in novità di vita, compiamo le opere di penitenza, adattandole
comunque alle diverse mentalità secondo i luoghi e i tempi.
2. Con amore e verità, cerchiamo di praticare la correzione fraterna insegnataci da
Gesù.
3. Interroghiamoci alla luce del Vangelo, personalmente e in fraternità, soprattutto
nel Capitolo locale, sul nostro stile di vita e sulle nostre scelte: siano sempre
espressione di un cammino di conversione comunitaria.
N. 114
1. Mediante il Sacramento della penitenza o della riconciliazione, per l’opera dello
Spirito Santo, il quale è la remissione dei peccati, mentre sperimentiamo i benefici
della morte e della risurrezione di Cristo, partecipiamo più intimamente
all’Eucaristia e al mistero della Chiesa.
2. In questo sacramento non solo i singoli frati, ma anche la comunità dei frati è
purificata e risanata per ristabilire l’unione con il Salvatore e insieme la
riconciliazione con la Chiesa.
3. Purificati e rinnovati dai sacramenti della Chiesa, veniamo anche rafforzati
nell’impegno di fedeltà alla nostra forma di vita.
4. Perciò teniamo in grandissima stima il Sacramento della riconciliazione e
approfittiamone frequentemente. Riconciliati con Dio, impegniamoci a diffondere il
79
suo amore tra di noi, attraverso il perdono reciproco e promuovendo la
riconciliazione fraterna.
5. Stimiamo grandemente anche l’esame di coscienza quotidiano e
l’accompagnamento spirituale, per poter rispondere alle mozioni dello Spirito con
generosità e orientarci decisamente verso la santità.
6. Consapevoli della dimensione sociale della conversione, cerchiamo di praticare
anche la celebrazione comunitaria della Penitenza sia nelle nostre fraternità che con
il popolo di Dio.
7. I ministri e i guardiani abbiano sollecita cura che i frati siano fedeli alla vita
sacramentale e usufruiscano dell’accompagnamento spirituale.
N. 115
1. La facoltà di ricevere la confessione sacramentale dei frati viene conferita, oltre che
dall’Ordinario del luogo, dal proprio Ordinario. Per casi singoli e ad modum actus
può essere conferita dal guardiano.
2. Qualunque sacerdote dell’Ordine, cui è stata conferita la facoltà dal proprio
Ordinario, può ricevere la confessione dei frati in qualunque parte del mondo.
3. I frati possono confessarsi liberamente da qualunque sacerdote, cui è stata
conferita la facoltà da qualunque Ordinario.
4. I confessori abbiano presente l’esortazione di san Francesco di non adirarsi e di
non turbarsi per il peccato di alcuno, ma di trattare il penitente con ogni bontà nel
Signore.
N. 116
1. Amandoci vicendevolmente con la stessa carità con cui Cristo ci ha amati, se un
frate si trova in difficoltà, non lo sfuggiamo, ma aiutiamolo premurosamente. Se sarà
caduto, ricordiamoci che ognuno di noi cadrebbe in situazioni peggiori, se il Signore
nella sua bontà non ci preservasse. Non siamo quindi suoi giudici, ma veri fratelli e
amiamolo ancora di più.
2. I ministri e i guardiani siano vicini con paterna misericordia ai frati che peccano o
che sono in pericolo, e offrano loro gli aiuti opportuni ed efficaci secondo Dio.
3. Con la stessa sollecitudine, per quanto è nelle loro possibilità e competenze, i
ministri e i guardiani operino nei confronti delle persone o delle comunità,
eventualmente danneggiate dai peccati dei frati.
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4. Non impongano pene, specialmente canoniche, se non costretti da manifesta
necessità e lo facciano con grande prudenza e carità, fermi restando, tuttavia, i
prescritti del diritto universale. Comunque, nello stesso spirito, i ministri possono
anche prendere altre iniziative necessarie sia per il bene della comunità e della
società che per il bene del fratello.
5. Ricordiamo sempre le parole di san Francesco nella Lettera ad un ministro: “Da
questo voglio conoscere che ami il Signore e me, servo suo e tuo, se ti comporterai
così: cioè che non esista al mondo un fratello, il quale abbia peccato quanto è
possibile peccare, eppure, dopo che avrà visto i tuoi occhi, se chiede perdono, mai se
ne torni senza il tuo perdono. E se non ti chiedesse perdono, domanda tu a lui se
vuole essere perdonato. E se mille volte, in seguito, peccasse davanti ai tuoi occhi,
amalo più di me, al fine di trarlo al Signore”.
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Capitolo VIII Il governo del nostro Ordine
N. 117
1. La nostra Fraternità, guidata dallo Spirito Santo, è come un organismo nel Corpo
mistico di Cristo, e si caratterizza come comunione di persone consacrate che, alla
sequela del Maestro, cercano di compiere insieme la volontà del Padre e
contribuiscono, con vari impegni e servizi, ad edificare la Chiesa nella carità.
2. Perciò sentiamo come nostro specifico dovere favorire il bene della Chiesa e della
Fraternità, secondo la grazia ricevuta e la nostra vocazione cappuccina.
3. I Capitoli e i superiori, espressione dell’unità spirituale e visibile dell’Ordine,
alimentano il vincolo di comunione tra i frati. Essi esercitano l’autorità ricevuta da
Dio mediante il ministero della Chiesa in spirito di servizio e con sollecitudine
pastorale, a norma del diritto universale e di queste Costituzioni.
Articolo I
La struttura dell'Ordine
N. 118
1. L’Ordine o Fraternità nostra è costituito da fratelli, ognuno dei quali è aggregato a
una circoscrizione e assegnato a una fraternità locale. Ogni circoscrizione e ogni
fraternità locale, singolarmente presa, è una vera fraternità.
2. Le Circoscrizioni sono ordinariamente le province e le custodie, unite in rapporto
vitale tra loro sotto l’autorità del ministro generale.
3. Tutte le circoscrizioni sono costituite da un gruppo di frati riuniti in fraternità
locali o case e hanno un ambito territoriale proprio ed esclusivo, che deve essere
determinato nel decreto di erezione.
4. Per circostanze particolari il ministro generale, con il consenso del suo Consiglio e
sentite le parti interessate, può costituire altre forme di circoscrizione o di
aggregazione di case a norma di queste Costituzioni e delle Ordinazioni dei Capitoli
generali.
5. Ogni circoscrizione, canonicamente eretta con formale decreto del ministro
generale, acquista personalità giuridica.
6. La Provincia è parte precipua e immediata dell’Ordine, ed è governata dal
ministro provinciale. Ha una consistenza propria che le consente di esprimere e
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sviluppare la vitalità del nostro carisma, per una efficace testimonianza apostolica e
ad utilità della vita dell’Ordine.
7. La Custodia è una parte dell’Ordine nella quale i frati, posti a servizio delle Chiese
e dei loro pastori nell’opera evangelizzatrice, gradualmente sviluppano la presenza
della vita consacrata mediante l’impegno per la implantatio Ordinis. È governata dal
custode, che ha potestà ordinaria vicaria.
8. La Fraternità locale è costituita da un gruppo di almeno tre frati professi, che
abitano in una casa legittimamente costituita ed è governata dal superiore locale o
guardiano.
9. Il ministro generale col consenso del suo Consiglio può stabilire che qualche
fraternità locale dipenda direttamente da lui e, se il caso lo richiede, abbia uno
statuto proprio. Similmente può stabilire che qualche fraternità locale dipenda
direttamente dalla Conferenza dei superiori maggiori e che abbia uno statuto
proprio.
10. Ciò che in queste Costituzioni è detto delle province vale anche per le custodie,
eccetto che non appaia diversamente dalla natura della cosa o dal testo e contesto.
N. 119
1. Spetta al ministro generale con il consenso del suo Consiglio decidere la
costituzione, l’unione, la separazione, la variazione e la soppressione delle
circoscrizioni, osservate le disposizioni del diritto, dopo aver consultato la
Conferenza dei superiori maggiori, i ministri e i relativi Consigli interessati.
2. Decisa l’erezione di una nuova circoscrizione, il ministro generale, dopo aver
consultato i frati di voti perpetui interessati, con il consenso del suo Consiglio, ne
nomina il ministro e i consiglieri; quindi determina la composizione del primo
Capitolo. Tale Capitolo, che non è elettivo, deve essere celebrato entro un anno dalla
erezione della nuova circoscrizione.
3. Il ministro generale con il suo Consiglio abbia una particolare attenzione per le
circoscrizioni in forte decrescita, ricorrendo agli strumenti previsti dalla nostra
legislazione per garantire una presenza fraterna in un determinato territorio.
N. 120
1. Spetta al ministro provinciale, con il consenso del suo Consiglio e previo il voto
favorevole del Capitolo, erigere canonicamente le case, osservate le disposizioni del
diritto. Nei casi urgenti, mancando il voto del Capitolo, si richiede il consenso del
ministro generale udito il suo Consiglio.
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2. Spetta invece al ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, sopprimere
le case sia su richiesta della parte interessata sia per altre cause, osservate le norme
del diritto.
N. 121
1. Ogni frate, incorporato all’Ordine per la professione, viene aggregato alla
circoscrizione per la quale il ministro lo ha ammesso alla professione.
2. Il giorno della professione temporanea determina anche l’anzianità nella
fraternità.
3. Spetta al ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, considerati il bene
di tutto l’Ordine e le necessità delle circoscrizioni o dei singoli frati, ascoltati i
superiori maggiori e i loro Consigli, aggregare i frati ad altra circoscrizione.
4. I ministri provinciali, in spirito di fraterna collaborazione, siano disponibili a
venire incontro alle necessità sopra indicate, inviando i loro frati temporaneamente
in altra circoscrizione.
5. Per mandare i frati a servizio di un’altra circoscrizione, si osservi quanto stabilito
nelle Ordinazioni dei Capitoli generali.
6. Ogni frate esercita i diritti di voto in una sola circoscrizione dell’Ordine, eccetto
che, per ragioni di ufficio o per altre ragioni, non gli competano anche
altrove. Coloro che vengono inviati in un’altra circoscrizione per motivi di servizio
esercitano i diritti di voto in quella circoscrizione a norma delle Ordinazioni dei
Capitoli generali, non nella propria. Invece i frati che per altri motivi risiedono in
un’altra circoscrizione, esercitano i propri diritti solo nella propria circoscrizione.
Articolo II
I superiori e gli uffici in genere
N. 122
1. Sotto la suprema autorità del Sommo Pontefice, nell’Ordine sono superiori con
potestà ordinaria propria: il ministro generale in tutto l’Ordine, il ministro
provinciale nella sua provincia e il superiore locale o guardiano nella sua fraternità.
2. Sono superiori con potestà ordinaria vicaria: il vicario generale, il vicario
provinciale, il custode e il vicario locale.
3. Tutti questi, eccetto il superiore locale e il suo vicario, sono superiori maggiori.
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4. Ciò che in queste Costituzioni e nelle Ordinazioni dei Capitoli generali si dice dei
ministri provinciali vale anche per i custodi, eccetto che risulti il contrario dalle
deleghe ricevute o dalla natura della cosa o dal testo e contesto.
5. La potestà ordinaria vicaria non si estende a quei negozi che il diritto proprio
riconosce esclusivi del superiore titolare dell’ufficio, a meno che per essi non sia stata
data espressa delega. Se è impedito o vacante l’ufficio del ministro provinciale, il
custode faccia riferimento al vicario provinciale.
N. 123
1. Gli uffici nell’Ordine si conferiscono o per elezione o per nomina.
2. Nel conferire gli uffici i frati procedano con retta intenzione, semplicemente e
secondo le norme del diritto.
3. In vista del bene dell’Ordine, può esser fatta una consultazione previa sulle
persone da eleggere; ma la consultazione è obbligatoria se si tratta di persone da
nominare.
4. Se l’elezione ha bisogno di conferma, questa deve essere chiesta nel tempo utile di
otto giorni.
5. I frati, come veri minori, non ambiscano le cariche; se però vi vengono chiamati
dalla fiducia dei fratelli, non rifiutino ostinatamente il servizio di superiore o di altro
ufficio.
6. Siccome noi siamo un Ordine di fratelli, secondo la volontà di san Francesco e la
genuina tradizione cappuccina, tutti i frati di voti perpetui possono accedere a tutti
gli uffici o incarichi, salvo quelli che derivano dall’ordine sacro. Ma l’ufficio di
superiore può essere conferito validamente solo ai frati che hanno emesso la
professione perpetua da almeno tre anni.
7. Quando si tratta di conferimento di uffici per elezione, nel nostro Ordine è
ammessa la postulazione. L’accettazione della postulazione e la dispensa
dall’impedimento competono all’autorità che ha la facoltà di conferma, cioè al
ministro generale o al ministro provinciale; ma l’accettazione della postulazione del
ministro generale compete all’autorità della Santa Sede.
8. Spetta al ministro generale accettare l’atto di rinuncia agli uffici di ministro
provinciale, vicario provinciale, consigliere provinciale, custode generale e rispettivi
consiglieri. Spetta al ministro provinciale accettare la rinuncia del custode e dei
rispettivi consiglieri.
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9. Per la rimozione dagli uffici che i frati esercitano nell’Ordine o anche al di fuori di
esso, si osservino il diritto della Chiesa e le Ordinazioni dei Capitoli generali. La
rimozione, anche quando non ha carattere penale, non comporta la concessione di
un nuovo ufficio.
Articolo III
Il governo generale dell’Ordine
N. 124
1. Il Capitolo generale, che è eminente segno e strumento dell’unità e della
solidarietà di tutta la Fraternità riunita nei suoi rappresentanti, gode della suprema
autorità nell’Ordine.
2. Il Capitolo ordinario, che viene indetto e convocato dal ministro generale, si
celebri ogni sei anni nelle modalità indicate nelle Ordinazioni dei Capitoli generali e
nel Regolamento per la celebrazione del Capitolo generale.
3. Oltre al Capitolo ordinario, per esigenze particolari, il ministro generale, con il
consenso del suo Consiglio, può convocare un Capitolo straordinario.
4. Nel Capitolo generale, sia ordinario che straordinario, hanno voce attiva: il
ministro generale, il vicario generale, i consiglieri generali, l’ultimo ministro generale
immediatamente dopo la scadenza del suo mandato e fino al successivo Capitolo
generale ordinario compreso, i ministri provinciali, i custodi, il segretario generale, il
procuratore generale, i delegati delle province e altri frati di professione perpetua
secondo le norme stabilite nelle Ordinazioni dei Capitoli generali.
5. Se il ministro provinciale è impedito per una causa grave, conosciuta dal ministro
generale, o il suo ufficio è vacante, al Capitolo vada il vicario provinciale. Se invece è
impedito il custode, o il suo ufficio sia vacante, partecipi al Capitolo il primo
consigliere.
N. 125
1. Nel Capitolo generale, sia ordinario che straordinario, venga trattato quanto si
riferisce alla fedeltà alle nostre sane tradizioni, al rinnovamento della nostra forma di
vita, allo sviluppo dell’attività apostolica, nonché altri temi di grande importanza
per la vita dell’Ordine, sui quali tutti i frati devono essere precedentemente
consultati.
2. Nel Capitolo generale ordinario, secondo quanto è prescritto dal Regolamento per
la celebrazione del Capitolo generale, si elegga per primo il ministro generale, che
assume l’autorità su tutto l’Ordine e su tutti i frati.
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3. Il ministro generale uscente può essere rieletto una sola volta per il sessennio
immediatamente successivo, fermo restando quanto previsto al n. 123,7 delle
Costituzioni.
4. Nell’elezione dei consiglieri generali il ministro generale uscente ha soltanto voce
attiva.
5. Successivamente si eleggano, a norma dello stesso Regolamento per la
celebrazione del Capitolo generale, i consiglieri generali secondo il numero stabilito
dalle Ordinazioni dei Capitoli generali; di questi al massimo la metà possono essere
fra gli eletti nel Capitolo precedente.
6. Fra i consiglieri si elegga il vicario generale, il quale, in forza dell’elezione, diviene
primo consigliere.
7. A norma delle Costituzioni e secondo lo statuto della Curia generale approvato
dal Capitolo generale, il compito dei consiglieri è di aiutare il ministro generale nel
governo di tutto l’Ordine.
8. Il ministro generale e i suoi consiglieri risiedano a Roma.
9. I consiglieri generali, durante il loro ufficio, non hanno voce passiva nell’elezione
dei ministri delle circoscrizioni.
N. 126
1. Il vicario generale è il primo collaboratore del ministro generale e, se questi è
assente, ne fa le veci. Se però il ministro generale è in qualunque modo reperibile,
prima di prendere decisioni importanti il vicario generale lo consulti e si attenga alle
disposizioni ricevute.
2. Sono comunque riservati al ministro generale la conferma dei ministri provinciali,
la nomina dei visitatori generali e gli altri affari che egli stesso si sarà riservati.
3. Se il ministro generale è impedito di esercitare il suo ufficio, il vicario generale lo
sostituisca in tutto nel governo dell’Ordine. Egli, a tempo opportuno, riferisca al
ministro generale sugli atti principali e non operi contro le intenzioni e la volontà del
ministro generale. Se l’impedimento è grave e si protrae oltre due mesi, il vicario
generale ricorra alla Sede Apostolica per le opportune disposizioni e per poter
assumere gli affari riservati al ministro generale.
4. Se anche il vicario generale fosse impedito, faccia le veci del ministro generale il
consigliere più anziano di professione tra quelli eletti nel Capitolo generale. Per il
fatto stesso, tale consigliere è delegato per tutti gli atti di governo e per le facoltà
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proprie del ministro generale. Tuttavia, entro il tempo massimo di due mesi, egli è
tenuto a ricorrere alla Sede Apostolica.
N. 127
1. Restando vacante l’ufficio di ministro generale, gli succede il vicario generale che,
quanto prima, ne informa la Sede Apostolica.
2. Se la sede di ministro generale rimane vacante nei tre anni precedenti la scadenza
naturale del Capitolo generale, il vicario generale assume il pieno governo
dell’Ordine fino alla fine del sessennio e, nel tempo stabilito, indice la celebrazione
del Capitolo generale.
3. Se la sede di ministro generale resta vacante tra i tre e i due anni prima della
scadenza naturale del Capitolo generale il vicario generale e i consiglieri, come
stabilito dalle Costituzioni al n. 127,6, eleggano un nuovo consigliere da scegliere
nella Conferenza del vicario generale.
4. Se la sede di ministro generale resta vacante oltre i tre anni dalla scadenza naturale
del Capitolo generale, il vicario generale, entro tre mesi, convoca l’assemblea elettiva
per l’elezione del ministro generale che assume il governo dell’Ordine fino alla
scadenza naturale del sessennio. All’occorrenza la stessa assemblea elegga poi un
nuovo consigliere e il vicario generale. La composizione dell’assemblea elettiva è
determinata dalle Ordinazioni dei Capitoli Generali n. 8/14.
5. Se resta vacante l’ufficio di vicario generale oltre un anno prima del Capitolo, il
ministro generale e il suo Consiglio, in forma collegiale, eleggano a scrutinio segreto
tra i consiglieri un nuovo vicario generale; quindi eleggano un altro consigliere. Se
invece tale ufficio resta vacante meno di un anno prima del Capitolo generale, venga
eletto come stabilito il nuovo vicario generale, senza poi eleggere un nuovo
consigliere.
6. Se resta vacante l’ufficio di consigliere generale oltre un anno prima del Capitolo,
il ministro generale e il suo Consiglio, consultata la Conferenza dei superiori
maggiori del ceto capitolare al quale quel consigliere apparteneva, in forma
collegiale ne eleggano un altro.
N. 128
1. Per il retto ed efficace servizio dell’Ordine è di particolare aiuto al ministro
generale e al suo Consiglio la curia generale. Tutti i frati che ne fanno parte,
provenienti dalle diverse circoscrizioni, formano una fraternità locale
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immediatamente dipendente dal ministro generale e di fondamentale importanza
per esprimere e promuovere l’unità dell’Ordine.
2. A tale scopo siano scelti frati idonei, che abbiano anche la dovuta competenza per
il servizio da svolgere. Essi sono nominati dal ministro generale con il consenso del
suo Consiglio e svolgono il loro incarico secondo lo statuto della curia generale e le
eventuali indicazioni date dal ministro generale.
3. Lo statuto della curia generale, approvato dal Capitolo generale, delinei la
specificità di questa fraternità locale e precisi le competenze proprie dei diversi uffici
e organismi.
Articolo IV
Il governo delle province
N. 129
1. La prima autorità della provincia compete al Capitolo provinciale.
2. Il Capitolo provinciale ordinario sia indetto e convocato dal ministro provinciale
dopo aver ottenuto il consenso del ministro generale udito il suo Consiglio, e si
celebri con la frequenza indicata nelle Ordinazioni dei Capitoli generali.
3. Per esigenze particolari, oltre al Capitolo ordinario, il ministro provinciale, con il
consenso del suo Consiglio e informato il ministro generale, può convocare un
Capitolo straordinario, che non può essere elettivo.
4. Nel Capitolo provinciale, sia ordinario che straordinario, si trattino argomenti
attinenti alla vita e all’attività della provincia e della custodia, sui quali tutti i frati
devono essere precedentemente consultati.
N. 130
1. Nel Capitolo provinciale, sia ordinario che straordinario, hanno voce attiva: il
ministro generale, se presiede; il ministro provinciale e i consiglieri provinciali; i
custodi; i frati professi perpetui della provincia, e i delegati delle custodie, secondo i
criteri stabiliti dalle Ordinazioni dei Capitoli generali e dal Regolamento per la
celebrazione del Capitolo della provincia.
2. Il Capitolo provinciale si può celebrare a suffragio diretto ovvero con la
partecipazione di tutti i frati di voti perpetui, o per delegati, secondo quanto previsto
dalle Ordinazioni dei Capitoli generali. Nel Capitolo per delegati i membri, riuniti in
fraterna comunione, rappresentano tutta la provincia.
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3. Tutti i frati professi perpetui che ne hanno il diritto sono obbligati a partecipare al
Capitolo; se qualcuno di loro non può intervenire, lo comunichi al ministro
provinciale, al quale spetta giudicare il caso. Solo i frati realmente presenti in
Capitolo hanno diritto di voto.
4. Se il custode non può partecipare al Capitolo per ragioni gravi riconosciute dal
ministro provinciale, oppure se il suo ufficio fosse vacante, prenda parte al Capitolo
il primo o il secondo consigliere, secondo le possibilità.
N. 131
1. Indetto il Capitolo provinciale per delegati, tutti i frati della Provincia e i frati di
altre circoscrizioni dei quali si parla al n. 121,6, che a quella data sono professi
perpetui, eccetto quelli che appartengono alle custodie o quelli che sono privati della
voce attiva e passiva, eleggano i delegati e i sostituti.
2. I frati delle custodie eleggano i propri delegati e i loro sostituti.
3. I frati che partecipano di diritto, il numero dei delegati della provincia, delle
custodie e il modo di eleggerli siano stabiliti dal Capitolo provinciale.
N. 132
1. Nel Capitolo ordinario il ministro provinciale viene eletto secondo il Regolamento
per la celebrazione del Capitolo, approvato dal Capitolo provinciale.
2. Il ministro provinciale può essere eletto consecutivamente solo per due mandati,
fermo restando quanto previsto al n. 123,7 e nelle Ordinazioni dei Capitoli generali.
3. Seguendo il Regolamento predetto, si eleggano quattro consiglieri provinciali,
eccetto che il ministro generale con il consenso del suo Consiglio non creda
opportuno che se ne abbia un numero maggiore; di questi la metà può essere degli
eletti nel Capitolo precedente.
4. Poi tra i consiglieri si elegga il vicario provinciale, il quale, in forza dell’elezione,
diviene primo consigliere.
5. Il ministro provinciale eletto esercita l’ufficio come delegato del ministro generale
fino a quando la sua elezione non sarà confermata. Se il ministro generale non
conferma l’elezione, si procede a nuova elezione; in questa l’eletto non confermato
non ha voce passiva.
6. Avvenuta l’elezione o la nomina del ministro provinciale e dei consiglieri, i frati
continuano ad esercitare i propri uffici fino a quando non sarà provveduto
diversamente. Questa norma, con le debite differenze, vale anche per le custodie.
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N. 133
1. Per gravi motivi il ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, può
nominare il ministro provinciale e i consiglieri, dopo aver ottenuto per iscritto il voto
consultivo di tutti i frati di voti perpetui della provincia. Però tale procedura non
può essere applicata per due volte consecutive.
2. Fatta questa nomina, al momento opportuno si celebri il Capitolo provinciale per
trattare i problemi.
N. 134
1. È compito del vicario provinciale aiutare il ministro provinciale nelle attività che
gli vengono affidate e, se assente o impedito il ministro provinciale, trattare gli affari
della provincia, eccetto quelli che il ministro provinciale si è riservato.
2. Il vicario provinciale, qualora si rendesse vacante l’ufficio di ministro provinciale,
è tenuto a ricorrere immediatamente al ministro generale e a governare la provincia
fino a quando non riceverà disposizioni.
3. Se l’ufficio di ministro provinciale si rende vacante oltre diciotto mesi prima della
scadenza naturale del mandato, il ministro generale con il consenso del suo
Consiglio, avuto prima il voto consultivo di tutti i frati di voti perpetui della
provincia, nomini il nuovo ministro, che governerà la provincia fino alla
celebrazione del Capitolo.
4. Se il vicario provinciale è impedito, ne assume temporaneamente l’ufficio il
consigliere che lo segue nell’ordine di elezione, come delegato del ministro
provinciale.
5. Se si rende vacante l’ufficio di consigliere provinciale oltre un anno prima del
Capitolo provinciale, il ministro generale con il consenso del proprio Consiglio, dopo
aver consultato il ministro provinciale e il suo Consiglio, nomini un altro consigliere,
che prenda il posto dell’ultimo consigliere. Se invece si rende vacante l’ufficio di
vicario provinciale, si ricostituisca prima il numero dei consiglieri, poi il ministro
provinciale con il suo Consiglio eleggano in forma collegiale e a scrutinio segreto un
altro vicario provinciale dall’interno del Consiglio. Di questo si informi il ministro
generale.
N. 135
1. Il ministro provinciale, con il consenso del suo Consiglio, nomini, tra i frati di voti
perpetui, il segretario provinciale, nonché gli altri ufficiali necessari per lo
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svolgimento del lavoro nella curia provinciale e, se ce ne sarà bisogno, anche per la
direzione di altri speciali uffici.
2. Il segretario provinciale dipende soltanto dal ministro provinciale; al Capitolo
provinciale spetta decidere quali altri ufficiali debbano dipendere solo dal ministro
provinciale.
3. Si raccomanda che nelle singole province il ministro provinciale con il consenso
del suo Consiglio nomini delle commissioni speciali per trattare particolari problemi.
Articolo V
Il governo delle custodie
N. 136
1. La custodia, che ha tra i suoi scopi principali la implantatio Ordinis nella Chiesa
particolare, è una circoscrizione dell’Ordine affidata a una provincia o, per
circostanze particolari, direttamente dipendente dal ministro generale. Le custodie
dipendenti dal ministro generale hanno uno statuto proprio approvato dallo stesso
ministro con il consenso del suo Consiglio. Ad esse si applica per analogia la
normativa che riguarda le custodie affidate ad una provincia.
2. A ciascuna custodia è preposto un custode con il suo Consiglio. Spetta al ministro
provinciale, dopo aver consultato i membri della custodia e con il consenso del suo
Consiglio, determinare il numero dei consiglieri, che può essere variato secondo le
necessità, ma non può essere inferiore a due. Della variazione del numero dei
consiglieri venga informato il ministro generale.
3. Spetta al custode, ottenuto il consenso del ministro provinciale, indire e convocare
il Capitolo della custodia, nel quale hanno voce attiva tutti i frati professi perpetui ed
anche il ministro provinciale, se presiede. Riguardo ai frati che non possono
partecipare al Capitolo, vale quanto è stato detto per il Capitolo provinciale.
4. Il custode e i consiglieri vengono eletti dal Capitolo a suffragio universale,
secondo le modalità stabilite dal Capitolo della custodia e possono essere rieletti; ma
il custode può essere rieletto immediatamente soltanto per un altro mandato, salvo
quanto disposto al n. 123,7. La durata del mandato è stabilita nelle Ordinazioni dei
Capitoli generali.
5. Il custode eletto deve essere confermato dal ministro provinciale. Fino a tale
conferma, esercita l’ufficio come delegato del ministro provinciale, al quale spetta
informare il ministro generale dell’elezione avvenuta. Se il ministro provinciale non
92
conferma l’elezione, si procede a nuova elezione; in questa l’eletto non confermato
non ha voce passiva.
6. Dal momento della conferma della sua elezione, il custode acquisisce la potestà
ordinaria vicaria per esercitare il suo ufficio. Il ministro provinciale conferisca per
iscritto al custode le facoltà che gli vengono delegate e indichi quelle che riserva a sé.
7. Con il previo consenso del ministro provinciale il custode può convocare il
Capitolo straordinario. È opportuno che anche questo Capitolo sia presieduto dal
ministro provinciale, il quale ha voce attiva.
8. Il Capitolo della custodia prepari il proprio Regolamento e lo statuto della
custodia, che devono essere approvati dal ministro provinciale con il consenso del
suo Consiglio. Gli argomenti da trattare nel Capitolo della custodia siano concordati
tra il ministro provinciale e il custode, consultati i rispettivi Consigli.
9. Se il custode è assente o impedito, ne fa le veci il primo consigliere o, in
successione, il consigliere che segue nell’ordine dell’elezione. Al consigliere che
assume temporaneamente l’ufficio di custode, il ministro provinciale deve conferire
le opportune deleghe o, potendo, il custode, se ha facoltà di subdelegare.
10. Se per qualunque motivo è vacante l’ufficio di consigliere, il fatto venga
notificato al ministro provinciale, il quale procede per analogia con il n. 134,5.
11. Con la licenza del ministro generale, per gravi motivi il ministro provinciale, con
il consenso del suo Consiglio, può nominare il custode e i suoi consiglieri, dopo aver
ottenuto per iscritto il voto consultivo dei frati della custodia. Però tale procedura
non può essere applicata per due volte consecutive.
N. 137
1. Il custode convochi i suoi consiglieri più volte all’anno. Egli ha bisogno del loro
parere o del loro consenso tutte le volte che, a norma delle Costituzioni, il ministro
provinciale ha bisogno del parere o del consenso del suo Consiglio.
2. Proponga al ministro provinciale le iniziative che comportano oneri di notevole
entità per la custodia o per la provincia.
3. Per l’apertura di nuove case, il cambio d’uso di case già esistenti o il trasferimento
di case di formazione richieda l’autorizzazione del ministro provinciale con il
consenso del suo Consiglio.
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N. 138
1. Appartengono alla custodia tutti i frati che ad essa sono stati aggregati, o che vi
sono stati mandati a tempo determinato dall’autorità competente e i frati che in essa
hanno emesso la professione, anche se, per motivi di formazione o per altra causa,
vivono altrove.
2. Nell’esercizio dell’apostolato la custodia si prenda assidua cura delle vocazioni.
Per questo, insieme alla testimonianza di un coerente stile di vita, sviluppi
un’attività pastorale attenta alle reali esigenze delle persone e alle varie necessità del
luogo.
3. La provincia, secondo le sue possibilità, invii nella custodia ad essa affidata tanti
religiosi quanti sono richiesti dalle necessità della stessa custodia. Favorisca anche
espressioni di effettiva collaborazione reciproca e di servizio tra i frati di diverse
circoscrizioni.
4. Nello scegliere i religiosi da inviare o da richiamare, il ministro provinciale,
consultato il custode e il suo Consiglio, tenga in considerazione le particolari
attitudini dei frati in relazione alle condizioni dei luoghi, alla formazione dei giovani
e all’apostolato da esercitare nella custodia. Similmente anche il custode agisca in
accordo con il ministro provinciale.
5. Il custode, tenuto conto delle necessità, sentito il proprio Consiglio e con il
consenso del ministro provinciale, può stipulare opportune convenzioni con altre
circoscrizioni o Conferenze dei superiori maggiori. Queste convenzioni dovranno
essere confermate dal ministro provinciale, e se il caso lo richiede, dal ministro
generale.
Articolo VI
Il governo della fraternità locale
N. 139
1. Celebrato il Capitolo provinciale, a tempo opportuno, il ministro provinciale con il
consenso del suo Consiglio e, per quanto è possibile, ascoltati i frati, costituisca le
fraternità locali e in ognuna nomini il guardiano e il vicario. I frati cui si ritiene di
conferire tali uffici siano previamente consultati.
2. Allo stesso modo, considerate le circostanze particolari, vengano costituite le
fraternità e il rispettivo guardiano e vicario nelle custodie.
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3. Il guardiano viene nominato per un mandato. Ma potrà essere nominato
consecutivamente per un secondo o, in caso di evidente necessità, per un terzo
mandato, e per giusti motivi anche nella stessa casa.
4. Colui che è stato guardiano per il tempo massimo consentito, sarà libero da questo
ufficio almeno per un anno.
5. Affinché siano veramente animatori della propria fraternità, i guardiani non
assumano impegni tali per cui siano assenti troppo e troppo a lungo dalla casa.
N. 140
1. Il vicario ha il compito di assistere come consigliere il guardiano nel governo della
comunità e, se questi è assente o impedito oppure è vacante l’ufficio di guardiano, di
governare la fraternità.
2. In ogni casa con almeno sei frati, oltre il vicario, che di diritto è il primo
consigliere, il Capitolo locale elegga, tra i frati di voti perpetui, un consigliere. Lo
stesso Capitolo, in case con un numero di frati superiore a dieci, stabilisca quanti
consiglieri eleggere. I consiglieri hanno il compito di aiutare con le loro valutazioni il
guardiano nelle cose spirituali e materiali.
3. Nei casi di maggiore importanza, secondo le Costituzioni e gli statuti propri di
ogni circoscrizione, si richiede il consenso del Consiglio.
4. Il Capitolo provinciale determini chi debba presiedere la fraternità locale quando
sono assenti o impediti il guardiano e il vicario.
5. Se l’ufficio di guardiano resta vacante per oltre sei mesi prima della scadenza
naturale del mandato, il ministro provinciale, con il consenso del suo Consiglio, ne
nomini un altro. Se invece resta vacante per meno di sei mesi prima della scadenza
naturale del mandato, la fraternità venga governata dal vicario.
N. 141
1. Il Capitolo locale è composto da tutti i frati professi.
2. È compito del Capitolo locale, sotto la guida del guardiano, confermare lo spirito
fraterno, promuovere la coscienza di tutti i frati per il bene comune, dialogare sui
vari aspetti della vita fraterna, soprattutto quando si tratta di favorire la preghiera, di
osservare la povertà, di promuovere la formazione e di sostenere le attività
apostoliche, nella ricerca comune della volontà di Dio.
3. Il Capitolo locale si celebri spesso durante l’anno; i ministri lo promuovano
efficacemente e qualche volta lo animino di persona.
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4. Le votazioni del Capitolo locale sono consultive, a meno che non sia stabilito
diversamente dal diritto universale o da quello proprio.
5. Spetta solo ai frati professi perpetui partecipare alle elezioni e alle votazioni per
l’ammissione dei frati alla professione, a norma delle Costituzioni.
N. 142
1. Nella curia generale, in quella delle singole circoscrizioni e in tutte le nostre case ci
sia l’archivio, cui si può accedere solo con il permesso del superiore competente. In
esso si conservino ordinatamente e sotto segreto tutti i documenti prodotti e acquisiti
che riguardano i frati, la nostra vita e la nostra attività.
2. L’accesso agli archivi dell’Ordine sia regolato dalle disposizioni dei ministri,
osservando attentamente le norme ecclesiastiche e civili.
3. Tutti i fatti degni di memoria siano annotati accuratamente da chi ne ha ricevuto
l’incarico.
Articolo VII
La collaborazione nell’Ordine
Consiglio Plenario e Conferenze dei Superiori Maggiori
N. 143
1. Il Consiglio plenario dell’Ordine ha lo scopo di esprimere il rapporto vitale fra
l’intera Fraternità e il suo governo centrale, di promuovere la coscienza di tutti i frati
alla corresponsabilità e alla collaborazione, di favorire l’unità e la comunione
dell’Ordine nella pluriformità.
2. Il Consiglio plenario, che è organo di riflessione e di consultazione, esamina
tematiche di particolare importanza offrendo la propria collaborazione al governo
dell’Ordine per la formazione dei frati e la loro missione apostolica, per l’incremento
dell’Ordine e il suo adeguato rinnovamento.
3. Il ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, può convocare un
Consiglio plenario, che si svolgerà secondo il Regolamento approvato dallo stesso
ministro generale con il consenso del suo Consiglio.
4. Sono membri del Consiglio plenario: il ministro generale, i consiglieri generali e i
delegati delle Conferenze dei superiori maggiori, con una certa proporzionalità
stabilita dal ministro generale con il consenso del suo Consiglio.
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5. Ciascuna Conferenza stabilisce le modalità per la scelta dei delegati fra le proprie
circoscrizioni; i delegati non devono necessariamente essere scelti tra i ministri della
Conferenza stessa.
6. Il ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, può confermare le
conclusioni del Consiglio plenario, comunicarle opportunamente a tutti i frati e
trarne indicazioni operative per l’Ordine.
N. 144
1. Le Conferenze dei Superiori maggiori sono organismi di animazione e di
collaborazione tra il ministro generale e i singoli ministri delle circoscrizioni.
Operano secondo lo statuto generale delle Conferenze e gli statuti propri di ciascuna
di esse, approvati dal ministro generale con il consenso del suo Consiglio; si
riuniscono almeno una volta all’anno.
2. Le Conferenze sono costituite dal ministro generale con il consenso del suo
Consiglio; sono formate dai ministri provinciali e dai custodi di un territorio.
3. Le Conferenze hanno lo scopo di favorire la responsabilità di ciascun ministro nei
confronti dell’Ordine; di promuovere la collaborazione sia delle circoscrizioni fra
loro sia con gli altri organismi ecclesiali, in particolare quelli analoghi dei religiosi; di
garantire, per quanto è possibile, l’unità di azione e di apostolato sul loro territorio.
4. Ogni Conferenza, a norma dello statuto generale e proprio, elegge un presidente,
un vicepresidente e un segretario. Laddove le Conferenze, in ragione del loro
funzionamento lo necessitassero, possono eleggere anche un Consiglio.
5. Per adempiere ai compiti loro affidati dalle Costituzioni, dagli statuti o dal
ministro generale, e per provvedere al bene dell’Ordine, le Conferenze possono
proporre norme speciali per i frati e le circoscrizioni del proprio territorio. Tali
norme, per essere valide, devono essere approvate all’unanimità da tutti i ministri
della Conferenza, avuto il consenso dei loro rispettivi Consigli, e approvate dal
ministro generale con il consenso del suo Consiglio.
6. I ministri e i loro Consigli collaborino volentieri e attivamente con la Conferenza
per un maggior coordinamento delle forme di testimonianza e formazione
francescana, per il rinnovamento della vita di fede, la promozione della pace, della
giustizia e la salvaguardia del creato.
97
N. 145
1. Riconosciamo, fratelli, che le strutture di governo dell’Ordine e le sue istituzioni
sono anch’esse espressione della nostra vita e vocazione, e accompagnano il
cammino della nostra Fraternità lungo la storia.
2. Benché soggette al limite di ogni istituzione temporale, esse ci aiutano a
sviluppare il senso di appartenenza alla nostra Famiglia e ne qualificano la vita e la
missione.
3. Accogliamole, dunque, in spirito di fede e con semplicità come concreta possibilità
di crescita personale e di aiuto vicendevole, cercando in ogni cosa il bene comune, il
servizio alla Chiesa e al Regno di Dio.
Capitolo IX La nostra vita apostolica
N. 146
1. Il Figlio di Dio è stato mandato dal Padre nel mondo affinché, assunta la
condizione umana e consacrato con l’unzione dello Spirito, portasse il lieto annunzio
ai poveri, guarisse i pentiti di cuore, annunziasse la liberazione ai prigionieri,
restituisse la vista ai ciechi e proclamasse la grazia del Signore.
2. Cristo ha stabilito che questa missione, con la forza dello Spirito Santo,
continuasse nella Chiesa, che la accoglie quale grazia e vocazione propria,
espressione profonda della sua identità.
3. Lo stesso Spirito ha suscitato san Francesco e la sua Fraternità apostolica
affinché, seguendo l’esempio di Gesù e dei suoi primi discepoli, andassero per il
mondo predicando la penitenza e la pace, cooperando così alla missione
evangelizzatrice della Chiesa.
4. Perciò la nostra Fraternità, obbedendo allo Spirito del Signore e alla sua santa
operazione, adempie nella Chiesa il debito di servizio verso tutti gli uomini,
evangelizzandoli con l’opera e con la parola.
N. 147
1. Nell’attività apostolica esprimiamo le note caratteristiche del nostro carisma nelle
forme più adatte alle condizioni dei tempi e dei luoghi.
2. Il primo apostolato del frate minore è vivere nel mondo la vita evangelica in
verità, semplicità e letizia.
98
3. E poiché la vita fraterna è peculiare partecipazione alla missione di Cristo,
qualifichiamone l’efficacia apostolica con un’intima e ardente dedizione al Signore
Gesù, rendendo sempre più autentiche le nostre relazioni fraterne e coinvolgendoci
generosamente nella missione dell'Ordine.
4. Trattiamo tutti con stima e rispetto e offriamo sempre disponibilità al dialogo.
5. Seguendo l’esempio di Cristo e di san Francesco, mentre preferiamo
l’evangelizzazione dei poveri, non temiamo di proclamare la conversione, la verità,
la giustizia e la pace del Vangelo anche agli uomini che detengono il potere o
reggono le sorti dei popoli.
6. Attendiamo volentieri a qualunque opera di ministero e attività apostolica, purché
convengano alla nostra forma di vita e rispondano alle necessità della Chiesa.
7. Mossi dall’amore del Padre, che vede nel segreto, scegliamo consapevolmente la
via della minorità e assumiamo con generosità anche compiti e servizi ritenuti vili o
difficili, senza farcene alcun vanto.
8. Anzi, come discepoli di Cristo e figli di san Francesco, ricordiamoci che la vita
apostolica richiede un animo disposto ad affrontare la croce e la persecuzione, fino al
martirio, per la fede e per l’amore di Dio e del prossimo.
N. 148
1. Con animo pronto esercitiamo qualunque genere di apostolato, anche di iniziativa
personale, secondo l’ispirazione del Signore. Le varie attività apostoliche siano
promosse e coordinate come espressione di tutta la fraternità e siano svolte sotto
l’obbedienza dell’autorità competente.
2. Salvo il diritto del Sommo Pontefice di disporre del servizio dell’Ordine per il
bene della Chiesa universale, l’esercizio di qualunque attività apostolica è sottoposto
all’autorità del Vescovo diocesano, dal quale i frati ricevono le facoltà necessarie,
dopo che sono stati approvati dai loro ministri. Questi poi, per quanto possibile e nel
rispetto del nostro carisma, acconsentano volentieri quando i Vescovi ci invitano a
servire il popolo di Dio e a collaborare per la salvezza degli uomini.
3. È compito del Capitolo provinciale adattare l’attività apostolica alle esigenze dei
tempi, rispettando la nostra identità francescano-cappuccina. Spetta poi al ministro
provinciale, col consenso del suo Consiglio, coordinare le energie apostoliche nella
provincia.
4. Il guardiano, dopo aver consultato il Capitolo locale nei casi di maggiore
importanza, distribuisca gli impegni, tenendo conto delle condizioni dei singoli frati
99
e prestando attenzione alle necessità della Chiesa locale e alle direttive pastorali
della gerarchia ecclesiastica.
5. Per il bene della Chiesa e secondo le necessità, le circoscrizioni collaborino
volentieri tra di loro in opere e iniziative apostoliche, da sviluppare con sapiente
progettualità. Sostenuti dal senso della comunione ecclesiale, cooperiamo
fraternamente anche con gli altri istituti di vita consacrata, soprattutto francescani.
N. 149
1. Abituiamoci a leggere i segni dei tempi, nei quali con gli occhi della fede
scopriamo il disegno di Dio, affinché le iniziative apostoliche corrispondano alle
esigenze della evangelizzazione e alle necessità degli uomini.
2. Promuoviamo le consuete opere di apostolato, come le missioni popolari, gli
esercizi spirituali, la confessione sacramentale dei fedeli, la cura spirituale delle
religiose, specialmente francescane, l’assistenza agli infermi e ai carcerati, le opere di
educazione e di promozione sociale.
3. Intraprendendo anche forme nuove di apostolato, dedichiamoci con sollecitudine
particolare a coloro che sono lontani dalla fede e dalla pratica religiosa, nonché a
quanti, per la loro condizione di vita, mancano di cura pastorale ordinaria, come i
giovani in crisi nella vita cristiana, i migranti, gli operai e le persone assillate da
preoccupazioni economiche o discriminate e perseguitate per qualunque causa.
4. Testimoniamo la cultura della vita e adoperiamoci assiduamente affinché la vita
umana, dal suo concepimento fino alla morte, sia sempre difesa e promossa.
Operiamo a favore dell’infanzia e impegniamoci nell’educazione e nella formazione
della gioventù, anche con la presenza nelle scuole e nelle realtà educative.
Sosteniamo con sollecitudine la famiglia fondata sul matrimonio, Chiesa domestica e
cellula vitale della società, mostrandoci vicini e solidali specialmente alle famiglie
più bisognose.
5. Dedichiamoci anche con particolare impegno a servizio del dialogo ecumenico
nella carità, nella verità e nella preghiera con tutti i cristiani, partecipando alla
sollecitudine della Chiesa per raggiungere l’unità voluta da Cristo.
6. Similmente sforziamoci di stabilire un dialogo di salvezza anche con le persone di
altra religione e con i non credenti, fra i quali viviamo o ai quali siamo inviati.
7. Tutti i servizi prestati agli uomini devono essere basati su una vita plasmata dal
Vangelo. Ricordandoci che il mondo ascolta più i testimoni che i maestri, viviamo
vicini al popolo in semplicità di cuore, comportandoci da veri frati minori nello stile
di vita e nel modo di parlare.
100
N. 150
1. Gesù dedicò la sua vita ad annunciare il Regno di Dio e inviò gli apostoli ad
evangelizzare tutte le genti.
2. San Francesco, araldo di Cristo, con l’autorevole approvazione della Chiesa,
percorse le città e sparse ovunque il seme del Vangelo, annunciando al popolo di Dio
il mistero di Cristo con discorsi brevi e semplici.
3. Perciò noi, docili al mandato del divino Maestro, seguendo l’esempio di San
Francesco e la tradizione del nostro Ordine, predichiamo la Parola del Signore con
chiarezza di linguaggio aderendo fedelmente alle Sacre Scritture.
4. Con sommo impegno sforziamoci di imprimere nel nostro cuore la Parola di Dio,
che è Cristo, e con tutte le forze di dare a Lui il possesso totale di noi stessi, affinché
sia il Signore stesso che ci spinge a parlare per sovrabbondanza di amore. Così
predicheremo Cristo con la vita, con le opere e con la parola.
5. Per raggiungere questo scopo, impegniamoci a progredire continuamente nella
sapienza di Cristo, che si acquista soprattutto vivendola, e questo specialmente con
la lettura assidua, la meditazione e lo studio approfondito delle Sacre Scritture.
6. Procuriamo che ogni nostro servizio pastorale sia impregnato dalla Parola di Dio.
Curiamo la catechesi della fede con metodi appropriati alle esigenze dei diversi
gruppi umani, favorendo l'affermarsi di una cultura permeata dai valori evangelici.
N. 151
1. Nella celebrazione dei sacramenti Cristo si fa presente ai fedeli con la sua virtù
salvifica, li santifica ed edifica il suo Corpo, mentre il popolo di Dio rende un degno
culto al Signore suo Dio.
2. Perciò i frati siano pronti ad amministrare i sacramenti, sia in ragione del loro
ufficio sia perché invitati dal clero, affinché, con la celebrazione dei misteri, i fedeli
vengano aiutati a nutrire, irrobustire ed esprimere la loro fede.
3. Prepariamoci diligentemente a dispensare i misteri di Dio, desiderosi di imitare
ciò che celebriamo e di conformare la nostra vita al mistero della Croce del Signore.
Alimentiamo nei fedeli una vita cristiana centrata sull’Eucaristia, attingendo noi
stessi a questa medesima fonte la carità pastorale che ci spinge a donarci per il bene
del prossimo.
101
N. 152
1. I frati sacerdoti, nello spirito di Cristo buon pastore, annuncino la misericordia di
Dio. Siano fedeli dispensatori del perdono dei peccati, che Dio offre nel sacramento
della riconciliazione, e volentieri si prestino ad ascoltare le confessioni dei fedeli;
tanto più che questo ministero si addice particolarmente a noi frati minori e spesso ci
rende prossimi delle persone che più sperimentano la miseria del peccato.
2. In loro risplenda lo zelo della santità di Dio e la sua misericordia, il rispetto della
dignità della persona umana, la carità, la pazienza e la prudenza.
3. I confessori si preoccupino di progredire continuamente nella scienza pastorale e
nel retto esercizio del loro ministero.
N. 153
1. Sull’esempio di san Francesco e secondo la tradizione costante dell’Ordine,
assumiamo volentieri l’assistenza spirituale, ma anche corporale, dei malati e dei
sofferenti.
2. Così, seguendo Cristo che percorreva le città e i villaggi curando ogni malattia e
ogni infermità, come segno della venuta del Regno di Dio, compiamo la missione
della Chiesa che per mezzo dei suoi figli è solidale con gli uomini di ogni
condizione, soprattutto con i poveri e gli afflitti, e volentieri si prodiga per essi.
3. I ministri e i guardiani favoriscano questo ministero, che è una luminosa e valida
opera di carità e di apostolato.
N. 154
1. Secondo l’indole e la tradizione del nostro Ordine, i frati siano disponibili a dare
aiuto pastorale al clero della Chiesa particolare nelle parrocchie.
2. I ministri, considerando le urgenti necessità dei fedeli, con il consenso del loro
Consiglio, accettino con prudenza anche la cura parrocchiale in spirito di servizio
alla Chiesa particolare.
3. Affinché assumendo questo ministero si conservi la conformità alla nostra
vocazione, ordinariamente si preferiscano quelle parrocchie dove più facilmente
possiamo dare testimonianza di minorità e possiamo condurre un genere di vita e di
lavoro in fraternità. In tal modo il popolo di Dio può opportunamente partecipare al
nostro carisma.
4. I santuari affidati al nostro Ordine siano centri di evangelizzazione e di sana
devozione. Operiamo in essi seguendo le indicazioni della Chiesa e testimoniando i
102
valori fondamentali della nostra vita. Si sviluppino tra le circoscrizioni adeguate
collaborazioni per il servizio dei santuari di maggior rilievo a noi affidati.
N. 155
1. Riconosciamo e promuoviamo il ruolo e la missione propria dei fedeli laici nella
vita e nell’azione della Chiesa. Collaboriamo volentieri con loro, specialmente
nell’opera di evangelizzazione. Sosteniamo anche le associazioni dei fedeli, i cui
membri si impegnano a vivere e annunziare la Parola di Dio e a cambiare il mondo
dall’interno.
2. Tra queste associazioni ci stia a cuore l’Ordine Francescano Secolare. Collaboriamo
con i francescani secolari affinché le loro fraternità crescano come comunità di fede
dotate di particolare efficacia di evangelizzazione. Cooperiamo anche alla
formazione dei singoli membri, affinché diffondano il Regno di Dio non soltanto con
l’esempio della vita, ma anche con varie forme di apostolato.
N. 156
1. San Francesco, vedendo nelle cose belle Colui che è bellissimo, ha invitato tutte le
creature a lodare e magnificare il Signore. Educhiamoci anche noi a riconoscere tutte
le cose buone e belle che il Signore ha seminato nel cuore dell’uomo e nell’armonia
del creato. Impegniamoci a far conoscere la bellezza di Dio con la parola, gli scritti, e
anche con espressioni artistiche cristianamente ispirate.
2. Diffondiamo l’annuncio di Cristo avvalendoci anche dei mezzi di comunicazione
sociale, che offrono grandi opportunità di evangelizzazione. Perciò i ministri
abbiano cura che frati idonei possano acquisire una preparazione specifica in questo
ambito. Tutti i frati poi siano convenientemente istruiti sul loro uso responsabile.
3. Collaboriamo volentieri nell’apostolato della stampa, specialmente se si tratta di
divulgare opere francescane.
4. Nelle nostre pubblicazioni, nell’uso dei mezzi di comunicazione sociale e nelle
presenze nei media, esprimiamo piena adesione ai valori evangelici e alla dottrina
della Chiesa.
5. Le pubblicazioni e comunicazioni che rappresentano ufficialmente il nostro
Ordine, sia a livello locale che universale, devono essere debitamente vagliate e
autorizzate dal superiore competente. Si curi con particolare attenzione che
esprimano il genuino pensiero dell’Ordine.
103
6. In ciò che riguarda i mezzi di comunicazione sociale si osservino le norme del
diritto universale; e, se si tratta di scritti su argomenti religiosi o di morale, si tenga
presente che si richiede anche l’autorizzazione del ministro.
7. Ai vari livelli dell’Ordine siano opportunamente costituiti uffici idonei perché
l’attività apostolica, attraverso i mezzi di comunicazione, sia coordinata, sostenuta e
adeguatamente valorizzata.
N. 157
1. In ogni nostra attività apostolica riconduciamo sempre a unità la nostra vita e la
nostra azione nell’esercizio della carità verso Dio e verso gli uomini, che è l’anima di
ogni apostolato.
2. Ricordiamoci anche che non possiamo compiere la nostra missione se non ci
rinnoviamo continuamente nella fedeltà alla nostra vocazione.
3. Esercitiamo quindi l’attività apostolica in povertà e umiltà, non appropriandoci
del ministero, affinché sia evidente a tutti che cerchiamo solo Gesù Cristo.
Conserviamo quella unità fraterna che Cristo volle così perfetta da far riconoscere al
mondo che il Figlio è stato inviato dal Padre.
4. Vivendo fraternamente insieme, coltiviamo la vita di preghiera e di studio per
essere uniti intimamente con il Salvatore e, mossi dalla forza dello Spirito Santo,
offriamoci con animo pronto e generoso per testimoniare nel mondo il lieto
annuncio.
104
Capitolo X La nostra vita in obbedienza
N. 158
1. Gesù Cristo, assumendo la condizione di servo, si è fatto obbediente fino alla
morte di croce. Così, liberandoci dalla schiavitù del peccato, ci ha svelato che la
libertà umana è cammino di obbedienza alla volontà del Padre e l'obbedienza è
cammino di progressiva conquista della vera libertà.
2. In religioso ascolto del Verbo fatto carne, la Chiesa, docile all’azione dello Spirito,
con l’obbedienza della fede corrisponde al disegno di amore del Padre che nel Figlio
ha rivelato se stesso e ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà.
3. Perciò il cristiano, alla sequela di Gesù, il cui cibo era fare la volontà del Padre, è
chiamato a crescere ogni giorno nella libertà dei figli di Dio mediante un’obbedienza
fiduciosa, sulla quale si costruisce e si realizza la pienezza dell’uomo. Così egli,
uscendo da se stesso e purificandosi dagli idoli, si apre agli orizzonti della vita
divina nell’accoglienza di una volontà salvifica che non mortifica ma fonda e
sviluppa la sua dignità.
4. San Francesco ci ha insegnato che la vita dei frati minori è obbedire a Gesù Cristo
presente nel Vangelo e nei sacramenti. A Cristo Egli si donò totalmente, nulla di sé
trattenendo per sé, riconoscendo nell’obbedienza la perfezione del vivere senza nulla
di proprio e il fondamento della comunione con Dio, con la Chiesa, con i fratelli, con
gli uomini e con tutte le creature.
5. Pertanto, in forza del nostro impegno di vivere in obbedienza, serviamoci l’un
l’altro per carità di spirito, e, senza distinzione di ufficio, aspiriamo all’ultimo posto
nella comunità dei discepoli del Signore e siamo sottomessi ad ogni creatura umana
per amore di Dio.
6. Docili allo Spirito Santo, in fraterna comunione di vita, cerchiamo e compiamo la
volontà di Dio in ogni avvenimento e in ogni azione.
7. Ne conseguirà che i ministri e i guardiani, che si dedicano al servizio dei frati a
loro affidati, e gli altri frati che nella fede si sottomettono a loro, faranno sempre ciò
che piace a Dio.
105
Articolo I
Il servizio pastorale dei ministri e dei guardiani
N. 159
1. Cristo non è venuto per essere servito ma per servire; e, per dimostrarlo, lavò i
piedi agli apostoli e raccomandò loro di fare altrettanto.
2. Anche il suo servo Francesco, fedele alle parole evangeliche, volle che i suoi frati
non esercitassero alcun potere o dominio, soprattutto tra di loro.
3. Perciò i ministri e i guardiani, che sono servi dei frati loro affidati e dei quali
dovranno rendere conto a Dio, li servano umilmente, ricordando che essi stessi
debbono obbedire a Dio e ai fratelli. Accolgano il servizio fraterno come grazia e,
soprattutto nelle difficoltà e nelle incomprensioni, lo vivano come vera obbedienza.
4. Non esercitino l’autorità come padroni, ma presiedano le loro fraternità nella
carità con animo generoso e si facciano volentieri modelli degli altri frati,
amministrando loro lo spirito e la vita con l’esempio e la parola.
N. 160
1. I ministri e i guardiani compiano con diligenza l’ufficio loro affidato ed abbiano
sollecitudine per i frati e cura di tutte le cose, specialmente di quelle spirituali.
2. Nella preghiera intensa e con discernimento prudente, insieme ai frati cerchino
assiduamente la volontà di Dio per adempierla fedelmente.
3. Nello spirito del Vangelo favoriscano volentieri il dialogo sia comunitario che
individuale con i frati. Ricordino che alla decisione finale non si perviene da soli,
bensì valorizzando il più possibile l’apporto libero di tutti i fratelli. Quindi li
ascoltino attentamente e con animo aperto prendano in considerazione i loro
consigli. Tutti però siano consapevoli che, in forza dell’ufficio, la decisione ultima
spetta ai superiori.
4. Per il bene di tutta la fraternità, curino una adeguata informazione dei frati, li
coinvolgano in una attiva partecipazione alla vita e alle iniziative della stessa
fraternità, favoriscano la collaborazione responsabile di tutte le energie, soprattutto
di coloro che svolgono incarichi speciali.
5. Poiché il vincolo della fraternità è tanto più forte quanto più centrale e vitale è ciò
che si mette in comune, i ministri e i guardiani promuovano la condivisione dei doni
e delle capacità personali e soprattutto dei beni spirituali, dell’ascolto della Parola di
Dio e della vita di fede.
106
N. 161
1. Si adoperino i ministri e i guardiani affinché le nostre fraternità siano luogo in cui
si cerchi Dio e lo si ami in ogni cosa e sopra ogni cosa; coltivando essi stessi per
primi la vita spirituale, sostengano il cammino dei fratelli verso la santità;
garantiscano ai frati e alle fraternità il tempo e la qualità della preghiera, vegliando
sulla fedeltà quotidiana ad essa.
2. Ricordino quindi che essi hanno il dovere di proporre ai frati la Parola di Dio e di
procurar loro con sollecitudine una conveniente istruzione e formazione religiosa.
3. Si impegnino a promuovere la conoscenza del nostro carisma ed esortino i frati ad
osservare fedelmente la Regola e queste Costituzioni; li aiutino a mantenere vivo il
senso della fede e della comunione ecclesiale ed a favorire dovunque il bene del
popolo di Dio.
4. A questo scopo, secondo i luoghi e i tempi, si intraprendano le iniziative più
opportune, come per esempio: lo studio dei documenti della Chiesa e dell’Ordine,
delle lettere circolari dei ministri, o la partecipazione a convegni su argomenti
religiosi e francescani. I ministri e i guardiani non trascurino il colloquio spirituale
sia individuale che nel Capitolo locale, e l’omelia ai fratelli nella celebrazione
dell’Eucaristia o della Parola di Dio.
N. 162
1. I ministri e i guardiani, desiderando che i singoli frati corrispondano al progetto
del Padre, che per amore li ha chiamati, li stimolino a cercare e compiere attivamente
e responsabilmente la volontà di Dio.
2. Guidino i frati loro affidati come figli di Dio, nel rispetto della persona umana, in
modo che obbediscano spontaneamente.
3. Non impongano precetti in forza del voto di obbedienza se non costretti dalla
carità e dalla necessità, con grande prudenza, per iscritto o alla presenza di due
testimoni.
N. 163
1. I ministri e i guardiani, memori delle istruzioni di san Francesco, siano segno e
strumento dell’amore di Dio che accoglie e perdona, e si adoperino affinché le loro
fraternità si conformino all’insegnamento evangelico della misericordia.
2. Esercitino con fermezza e insieme con mansuetudine e carità il compito, che ad
essi compete in forza della Regola, di ammonire, confortare e, quando necessario,
correggere i frati.
107
3. Cerchino di correggere i difetti dei singoli frati in privato con il dialogo fraterno,
tenendo conto della persona e delle circostanze. A loro volta, i frati accolgano
volentieri la correzione, a vantaggio delle loro anime.
4. I ministri e i guardiani parlino dei difetti e delle omissioni della fraternità con i
frati stessi, soprattutto nel Capitolo locale, ed insieme cerchino ed applichino rimedi
efficaci.
N. 164
1. La visita pastorale, prescritta dalla Regola e dal diritto universale, giova molto
all’animazione della nostra vita, al rinnovamento e all’unione dei frati.
2. I ministri perciò vi si dedichino con particolare impegno, personalmente o per
mezzo di altri, secondo le prescrizioni della Chiesa e del nostro diritto proprio.
3. Nella visita i ministri o gli altri frati ad essa delegati abbiano un dialogo sincero
con i frati sia singolarmente che riuniti comunitariamente su tutte le cose spirituali e
temporali che servono a tutelare e a far crescere la vita dei frati; né trascurino la
visita delle case.
4. Agiscano con ogni comprensione e prudenza, adattandosi ai tempi e alle
condizioni delle diverse regioni, in modo che i frati manifestino con fiducia, libertà e
sincerità il loro parere ed insieme cerchino ciò che porta al rinnovamento costante
della nostra vita e allo sviluppo dell’attività.
Articolo II
L’obbedienza caritativa dei frati
N. 165
1. I frati, seguendo le orme del Signore Gesù, che per tutta la vita depose la sua
volontà nella volontà del Padre, con il voto di obbedienza offrono a Dio la loro
volontà come sacrificio di se stessi, si conformano costantemente alla volontà
salvifica di Dio, sommamente amato, e si vincolano al servizio della Chiesa.
2. Inoltre, vivendo nell’obbedienza, insieme alla fraternità scoprono la volontà di Dio
con sicurezza maggiore, manifestano la comunione delle tre Persone divine e
irrobustiscono la stessa unione fraterna.
3. In quello spirito di generosità con il quale hanno promesso i consigli evangelici,
obbediscano ai superiori in modo attivo e responsabile, con fede ed amore verso la
volontà di Dio.
108
4. Siano pienamente coscienti che l’offerta della propria volontà a Dio fatta
spontaneamente contribuisce moltissimo alla perfezione personale e diventa per gli
altri testimonianza del Regno di Dio.
5. Stringendosi a Cristo che, pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza dalle cose che
patì, accettino i limiti delle mediazioni umane della volontà di Dio. Memori che la
croce è la prova del più grande amore che esige il dono di se stessi, perseverino nella
comunione fraterna vivendo così nella perfetta obbedienza e partecipando all’opera
della redenzione.
N. 166
1. I frati trattino con carità e rispetto i loro ministri e i guardiani. Pronti ad obbedire
ad essi in spirito di fede, manifestino loro il proprio parere e le proprie iniziative in
vista del bene comune. Spetta ai superiori, dopo aver valutato tutto volentieri con i
frati, decidere e comandare le cose da farsi.
2. È obbedienza vera anche tutto ciò che di bene il frate fa con retta intenzione e di
propria iniziativa, quando sa che ciò non è contro la volontà dei superiori e che non
incide negativamente sull’unione fraterna.
3. E se qualche volta un frate, dopo un dialogo fraterno, vede cose migliori e più utili
di quelle che il ministro gli comanda, sacrifichi a Dio volontariamente le sue e di
fatto si impegni ad adempiere con l’opera quelle del ministro. Questa è infatti
l’obbedienza caritativa che soddisfa Dio e il prossimo.
N. 167
1. Coloro che per motivi personali o per situazioni esterne non possono osservare la
Regola spiritualmente, possono, anzi devono ricorrere al ministro per chiedere con
fiducia consigli, incoraggiamento e soluzioni.
2. Il ministro li riceva e li aiuti con fraterna carità e sollecitudine.
N. 168
1. Tutti noi, i ministri e gli altri frati, camminando nella verità e nella sincerità del
cuore, conserviamo tra noi una grande familiarità e, per lo spirito di carità,
serviamoci volontariamente e obbediamoci reciprocamente.
2. Coltiviamo una stima reciproca tale da non dire mai, in assenza del fratello, ciò
che non oseremmo dire con carità alla sua presenza.
3. Così facendo, saremo nel mondo, che deve essere consacrato a Dio, segno di quella
carità perfetta che risplende nel Regno dei cieli.
109
4. Riponiamo tutta la nostra speranza in Dio sommamente amato se dovremo
soffrire privazioni, persecuzioni e tribolazioni a causa della testimonianza della vita
evangelica.
5. Spinti e sostenuti dallo Spirito del Signore e dalla sua santa operazione, come
poveri e uomini di pace, proseguiamo con coraggio nella sublime via intrapresa,
sicuri di essere premiati da Dio se persevereremo fino alla fine.
110
Capitolo XI La nostra vita nella castità consacrata
N. 169
1. Tra i consigli evangelici la castità per Cristo e per il suo Regno è un insigne dono
di Dio da apprezzare grandemente.
2. Esso costituisce un riflesso dell’amore infinito che lega le tre Persone divine;
amore testimoniato dal Verbo incarnato, fino al dono della sua vita; amore riversato
nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che stimola ad una risposta di amore
totale per Dio e per i fratelli.
3. Poiché Dio stesso è splendore infinito, la vita nella castità a Lui consacrata è
irradiazione della divina bellezza in coloro che si lasciano trasfigurare dalla potenza
dello Spirito Santo.
4. Lo stesso Spirito, suscitando l’amore per la bellezza divina, ci configura alla vita
verginale di Cristo e ci rende partecipi del mistero della Chiesa che vive nella
dedizione piena ed esclusiva a Cristo suo sposo e si prepara all’incontro definitivo
con Lui.
5. Il consiglio evangelico della castità, che volontariamente abbiamo scelto e
promesso con voto, trae la sua unica ragione dall’amore preferenziale per Dio ed, in
Lui, per ogni persona. Esso ci dona in modo singolare una più ampia libertà di
cuore, per cui aderiamo a Dio con amore indiviso e possiamo farci tutto a tutti.
6. Il carisma del celibato, che non tutti possono capire, preannuncia profeticamente la
gloria del Regno celeste, che già fin da ora opera in mezzo a noi e trasforma l’uomo
nella sua interezza. Con questo dono, da custodire fedelmente e coltivare
assiduamente, la nostra fraternità offre un particolare annuncio della vita futura,
nella quale i risorti sono fratelli fra loro davanti a Dio, che sarà per loro tutto in tutti.
N. 170
1. Poiché la castità sgorga dall’amore per Cristo, leghiamo indissolubilmente il
nostro cuore a Colui che per primo ci ha scelti ed amati fino al dono supremo di sé,
preoccupandoci di appartenergli totalmente.
2. Coltiviamo un intenso rapporto con la beata Vergine, santa Maria, Tota Pulchra fin
dalla sua concezione immacolata, esempio sublime di perfetta consacrazione a Dio e
di amore per la divina bellezza, la sola che può appagare totalmente il cuore
dell’uomo.
111
N. 171
1. Mentre siamo in cammino verso la pienezza del Regno di Dio, la vita di castità
porta sempre con sé qualche privazione, che è necessario riconoscere ed accettare
con cuore lieto, poiché quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne
con le sue passioni e i suoi desideri per partecipare già fin da ora al possesso della
gloria del Signore.
2. La castità consacrata a Dio, dono dato agli uomini, si alimenta, si sostiene e cresce
con la partecipazione alla vita sacramentale, soprattutto con il convito eucaristico e
con il sacramento della riconciliazione, con la preghiera perseverante e con l’unione
intima con Cristo e con la sua Vergine Madre.
3. Il ricorso diligente ai mezzi soprannaturali e naturali rende possibile l’equilibrio e
permette di evitare i pericoli che più minacciano la nostra condizione di celibi, quali
la noia della vita, la solitudine del cuore, l’amore delle comodità, le compensazioni
indebite o la deviazione morbosa dell’affettività e l’utilizzo disordinato e improprio
dei mass-media.
4. Così, dunque, senza presumere delle proprie forze, ma confidando nell’aiuto di
Dio, preoccupiamoci di rispondere generosamente a questo dono.
N. 172
1. La maturazione affettiva e sessuale percorre un itinerario di conversione
dall’amore egoistico e possessivo all’amore oblativo, capace di donarsi agli altri.
2. In questo itinerario assume importanza peculiare l’impegno per crescere nella
virtù della temperanza, dalla quale dipende strettamente la capacità di vivere casti.
3. Educhiamoci, tra l’altro, al valore spirituale degli affetti, alla giusta stima del
proprio corpo, all’accoglienza serena della propria identità sessuale e della
differenza tra uomo e donna.
4. Di fronte all’edonismo, che riduce la sessualità a gioco e consumo, testimoniamo
un amore gratuito e universale con la forza della padronanza di sé e della disciplina,
necessarie per non cadere nella schiavitù dei sensi e degli istinti. In questo modo la
castità consacrata diventa esperienza di gioia e di libertà.
5. Tutti noi, e specialmente i ministri e i guardiani, ricordiamo che l’amore
scambievole tra di noi e il servizio fraterno sono un aiuto particolarmente valido per
la castità.
6. La vera fraternità, serena e aperta agli altri, rende più facile lo sviluppo naturale
della propria affettività. L’impegno fraterno esige la continua rinuncia all’amor
112
proprio e richiede la dedizione agli altri. Questo favorisce le amicizie autentiche e
profonde, che giovano molto alla pienezza della vita affettiva.
7. Coscienti della fragilità umana, fuggiamo le occasioni e i comportamenti pericolosi
o che generano ambiguità per la castità e che possono suscitare sospetti. In campo
affettivo e sessuale, la mancanza di rispetto per gli altri offende la castità, tradisce la
fiducia, è abuso di potere e può ledere anche gravemente la dignità altrui. In questi
casi, sempre da verificare, i ministri e i guardiani intervengano con prudenza e
determinazione.
8. Oltre alla disciplina dei sensi e del cuore, vivendo in umiltà e penitenza,
dedichiamoci con animo lieto ad un lavoro assiduo e serviamoci degli altri mezzi che
favoriscono la salute dello spirito e del corpo.
N. 173
1. Francesco, conquistato dall’amore di Dio e degli uomini, anzi di tutte le cose
create, è fratello ed amico universale. Una delle sue caratteristiche più significative è
la ricchezza degli affetti e la capacità di esprimerli.
2. Sommamente cortese e nobile, pieno di stupore di fronte ad ogni cosa buona e
bella, vuole che i suoi frati siano cantori lieti della penitenza-conversione, immersi
nella pace e nella fraternità universale, anzi addirittura cosmica.
3. Attingendo alla fonte dell’amore trinitario, sviluppiamo anche noi la capacità di
un amore universale. Amiamo tutti gli uomini in Cristo e, con modi fraterni ed
amichevoli, cerchiamo di condurli a partecipare al Regno di Dio.
4. Sull’esempio dell’affetto nobile dello stesso frate Francesco per sorella Chiara, il
nostro comportamento con le donne sia caratterizzato da cortesia, rispetto e senso di
giustizia, promuovendone la dignità e la missione nella società e nella Chiesa.
5. L’amicizia è un dono grande e favorisce la crescita umana e spirituale. In forza
della nostra consacrazione e per il rispetto dovuto alla vocazione di coloro con i
quali siamo in relazione, evitiamo di legare gli altri a noi; anzi, diventiamo un dono
per loro. Si crea così un’amicizia liberante e non distruttiva della fraternità.
6. Le buone relazioni con la famiglia di origine favoriscono la nostra crescita
armonica. Ricordiamoci tuttavia che l’amore preferenziale di Cristo richiede piena
accoglienza della sua esigente sequela e che la fraternità è la nostra nuova famiglia.
7. In comunione con le altre vocazioni, testimoniamo con gioia la nostra
consacrazione nel celibato quale richiamo costante all’assoluto del Regno, nel quale
anche il matrimonio e la famiglia trovano il loro significato e valore.
113
N. 174
1. Meditiamo spesso le parole di san Francesco con le quali Egli esorta i suoi frati
affinché, allontanata ogni preoccupazione ed ogni affanno, con cuore puro, con
corpo casto e con santa operazione, servano, amino ed adorino il Signore Dio sopra
tutte le creature.
2. Niente dunque ci ostacoli, niente ci separi, niente si interponga a che lo Spirito del
Signore agisca e si manifesti in noi e nella nostra Fraternità.
114
Capitolo XII L’annuncio del Vangelo e la vita di fede
Articolo I
Il nostro impegno di evangelizzare
N. 175
1. Cristo Gesù, Vangelo di Dio, primo e massimo annunciatore del Vangelo, ha
inviato gli apostoli ad evangelizzare tutte le genti e ha costituito la sua Chiesa
sacramento universale di salvezza e, perciò, missionaria per sua stessa natura.
2. Nella Chiesa, comunità di fede e di amore, vivificata dallo Spirito Santo e
pellegrinante nel tempo, tutti i battezzati, e in modo particolare i religiosi, in forza
della loro speciale consacrazione, sono chiamati a vivere la grazia di evangelizzare,
adempiendo così il mandato del Signore.
3. San Francesco, nel suo tempo, per divina ispirazione, rinnovò lo spirito
missionario con l’esempio della vita e con il vigore della sua Regola.
4. La sua Fraternità, vivendo in minorità e itineranza, diede impulso all’attività
missionaria della Chiesa per l’annunzio del Vangelo e l’avvento del Regno, che
trasforma l’uomo stesso e crea un mondo nuovo nella giustizia e nella pace.
5. Pertanto il nostro Ordine accoglie come proprio il compito di evangelizzare che
appartiene a tutta la Chiesa, apprezzando l’attività missionaria ed assumendola tra i
suoi principali impegni apostolici, per contribuire al rinnovamento e all’edificazione
del Corpo di Cristo.
N. 176
1. Nella nostra Fraternità apostolica, tutti noi siamo chiamati a portare il lieto
annunzio della salvezza a coloro che non credono in Cristo, in qualunque continente
o regione essi si trovano; perciò ci riteniamo tutti missionari.
2. Oltre al comune impegno missionario svolto in comunità cristiane capaci di
irradiare la testimonianza evangelica nella società, riconosciamo la condizione
particolare di quei frati, comunemente chiamati missionari, che lasciano la propria
terra di origine, mandati a svolgere il loro ministero in contesti socio-culturali
differenti, in cui il Vangelo non è conosciuto o dove si richiede il servizio alle giovani
Chiese.
3. Allo stesso modo, riconosciamo la particolare condizione missionaria dei frati
inviati in ambienti che necessitano di una nuova evangelizzazione perché la vita di
115
interi gruppi non è più informata dal Vangelo e molti battezzati hanno smarrito, in
parte o totalmente, il senso della fede.
4. Impegniamoci, dunque, a non lasciare inascoltato ed inoperante il comando
missionario del Signore, perché ogni persona ha il diritto di udire la buona novella
per attuare in pienezza la propria vocazione.
N. 177
1. Secondo l’insegnamento di san Francesco, i frati missionari inviati nelle diverse
parti del mondo, vivano spiritualmente tra gli uomini, cioè: sottomessi ad ogni
creatura umana per amore di Dio, con grande fiducia testimonino la vita evangelica
per mezzo della carità; e, quando vedranno che piace a Dio, annunzino apertamente
la parola di salvezza.
2. Infiammati dall’amore di Cristo e sostenuti dall’esempio dei nostri santi
missionari i frati vadano in missione spinti dal desiderio di servire le Chiese
particolari nell’opera di evangelizzazione.
3. Rendano evidente tale atteggiamento ponendosi volentieri in ascolto e in dialogo
con le altre componenti ecclesiali e tengano presente che l’azione missionaria ha il
suo culmine nello sviluppo della Chiesa particolare, dove il clero, i religiosi e i laici,
ognuno per la propria competenza, hanno le loro responsabilità.
4. I frati, prestando la loro opera e il loro consiglio, collaborino con i missionari laici,
soprattutto con i catechisti, curino con loro un’intensa animazione spirituale e
promuovano anche il bene sociale ed economico della gente.
5. Secondo la tradizione cappuccina, siano inseriti cordialmente tra la gente di ogni
condizione, non leghino la loro azione evangelizzatrice alla sicurezza delle risorse
economiche o al prestigio sociale, ma ripongano la loro fiducia in Dio e nell’efficacia
della vita evangelica.
6. In spirito di carità valutino le condizioni storiche, religiose, sociali e culturali alla
luce del Vangelo e, spinti da animo profetico, agiscano con la libertà dei figli di Dio.
7. In dialogo con le altre Chiese cristiane e con le diverse religioni ricerchino con
rispetto i segni della presenza di Dio e i germi del Verbo nelle varie culture,
discernendone i valori autentici, accogliendoli per una più approfondita
comprensione del mistero stesso di Dio e contribuendo al loro perfezionamento con
la testimonianza del proprio carisma.
116
8. Promuovano anche quei cambiamenti che favoriscono la venuta di un mondo
nuovo, e siano attenti alle idee che influiscono sul modo di pensare e di agire dei
popoli.
N. 178
1. I frati, che per ispirazione divina si sentono chiamati all’attività missionaria in
regioni in cui è necessario il primo annuncio, il sostegno a Chiese giovani o dove è
urgente la nuova evangelizzazione, facciano conoscere il loro proposito al proprio
ministro.
2. Lo stesso ministro, dopo adeguato discernimento, secondo le condizioni di
ciascuno, offra loro la preparazione teorica e pratica in missiologia, in ecumenismo e
nel dialogo interreligioso, e conceda le lettere obbedienziali, osservate le disposizioni
del nostro diritto proprio. Il ministro può proporre anche ad altri frati idonei di
andare in missione.
3. I ministri non rifiutino di inviare le persone adatte, a motivo della scarsità dei frati
in provincia, ma rimettano ogni loro preoccupazione e pensiero in Colui che ha
continua cura di noi.
4. Le diverse circoscrizioni dell’Ordine si aiutino generosamente fra loro secondo
l’opportunità ed offrano a quelle più bisognose missionari ed aiuti attraverso il
ministro generale.
5. I frati siano invitati a prender parte all’attività missionaria, anche
temporaneamente, soprattutto per alcuni servizi speciali.
6. I ministri promuovano nei frati l’amore e lo spirito di collaborazione per l’azione
missionaria in modo che tutti, ognuno secondo la propria condizione e capacità,
adempiano il proprio dovere missionario attraverso il rapporto fraterno con i
missionari, pregando per le nuove chiese e in unione con esse e suscitando l’interesse
del popolo cristiano.
N. 179
1. Poiché lo stato di coloro che professano i consigli evangelici appartiene alla vita e
alla santità della Chiesa, i frati missionari lo promuovano con sollecitudine
favorendo in particolare il nostro spirito e la presenza del nostro carisma nelle
Chiese particolari.
2. Favoriamo lo sviluppo di tutte le espressioni della Famiglia Francescana.
Valorizziamo anche la particolare dimensione missionaria della vita contemplativa
117
delle nostre sorelle del Secondo Ordine, aiutandole per quanto possibile nella
fondazione dei loro monasteri e accompagnandole spiritualmente.
3. I ministri facciano in modo che tra i missionari vi siano dei frati idonei a formare i
candidati all’Ordine.
4. La forma della nostra vita e il patrimonio spirituale del nostro Ordine, che è
universale e comprende tutti i riti della Chiesa cattolica, siano trasmessi ed
esprimano, secondo le situazioni regionali, il genio culturale di ogni popolo e
l’indole della Chiesa particolare. Non si trapiantino gli usi particolari della propria
regione in un’altra. Spetta al ministro generale, con il consenso del suo Consiglio,
decidere sul rito delle singole circoscrizioni, a norma del diritto.
N. 180
1. È compito del ministro generale, con il consenso del suo Consiglio e d’accordo con
l’autorità ecclesiastica, promuovere e coordinare l’attività missionaria dell’Ordine
nelle Chiese particolari.
2. Spetta al ministro provinciale, con il consenso del suo Consiglio, accettare
l’impegno missionario proposto dal ministro generale e anche stipulare le
convenzioni con il rispettivo superiore ecclesiastico, previa l’approvazione del
ministro generale con il consenso del suo Consiglio.
3. Il ministro generale e i ministri provinciali con il consenso dei loro rispettivi
Consigli, istituiscano il segretariato per la evangelizzazione, l’animazione e la
cooperazione missionaria e ne determinino i compiti.
4. I frati collaborino costantemente con gli istituti religiosi che nello stesso territorio
si dedicano alla evangelizzazione o operano nell’attività missionaria della Chiesa
particolare oppure con quelli che nei luoghi di origine si dedicano all’animazione
missionaria.
N. 181
1. Ricordiamoci di san Francesco, che volle inviare i suoi compagni nel mondo,
sull’esempio dei discepoli di Cristo, in povertà e con piena fiducia in Dio Padre, per
annunciare, dovunque, la pace, con la vita e con la parola.
2. Andiamo quindi per le vie del mondo, disponibili ad affrontare anche le situazioni
più difficili, vivendo con semplicità il radicalismo delle beatitudini, assetati
dell’Assoluto, che è Dio, e offriamo una silenziosa testimonianza di fraternità e
minorità.
118
3. Affidiamo questa grande opera all’intercessione della beata Vergine Maria, Madre
del Buon Pastore, che ha generato Cristo, luce e salvezza di tutte le genti, e che il
mattino di Pentecoste, sotto l’azione dello Spirito Santo, presiedette in preghiera
l’inizio dell’evangelizzazione.
Articolo II
La nostra vita di fede
N. 182
1. Come veri discepoli di Cristo e figli di san Francesco, aiutati dalla grazia divina,
conserviamo ferma fino alla fine la fede che da Dio abbiamo ricevuto mediante la
Chiesa. Penetriamo sempre più profondamente in essa con tutte le nostre forze e con
retto giudizio, e facciamo in modo che la fede informi sempre di più la nostra vita e
diriga ogni nostra azione.
2. Imploriamo da Dio, con assidua preghiera, l’aumento di questo dono inestimabile
e viviamolo in intima comunione con tutto il popolo di Dio.
3. Poiché la fede si rafforza donandola, sotto la guida dello Spirito Santo, non
stanchiamoci di testimoniare Cristo dovunque e, a chi ce lo chiede, rendiamo ragione
della speranza della vita eterna che è in noi.
N. 183
1. San Francesco ebbe sommamente a cuore aderire fedelmente al magistero della
Chiesa, quale custode della Parola di Dio, trasmessa nella Scrittura e nella
Tradizione, e della vita evangelica.
2. Per conservare integra questa eredità spirituale, nutriamo una devozione
particolare alla santa madre Chiesa.
3. Viviamo, quindi, in piena consonanza con la Chiesa: nel pensiero, nelle parole e
nell’azione, ed evitiamo con diligenza le teorie false o pericolose.
4. Animati da un senso di attiva e consapevole responsabilità, prestiamo il religioso
ossequio della volontà e dell’intelletto al Romano Pontefice, maestro supremo della
Chiesa universale, e ai Vescovi, i quali, come testimoni della fede, assieme al Sommo
Pontefice insegnano al popolo di Dio.
5. I ministri, all’inizio dell’ufficio ricevuto, come anche gli altri frati, secondo quanto
stabilito dal diritto, emettano la professione di fede.
119
N. 184
1. Corrispondendo alla vocazione divina, con la quale tutti i giorni Dio ci chiede di
prender parte a realizzare il suo progetto di salvezza, ricordiamo quanto in forza
della professione siamo legati a Cristo davanti al popolo di Dio.
2. Preoccupiamoci dunque di camminare degnamente e di distinguerci sempre più
nella vocazione alla quale siamo stati chiamati, memori che Dio non revoca mai i
suoi doni e quindi nemmeno quello della vocazione. Non ci mancherà la sua grazia
per superare le difficoltà in questa via stretta che conduce alla vita.
3. Dedicandoci assiduamente al nostro rinnovamento, perseveriamo con cuore lieto
nell’impegno della nostra vita. Consapevoli della fragilità umana, avanziamo sulla
via della conversione con tutta la Chiesa, che è sempre rinnovata dallo Spirito Santo.
*** *** ***
N. 185
1. Il nostro Ordine è retto dal diritto universale della Chiesa, dalla Regola di san
Francesco, confermata da Papa Onorio III, e dalle Costituzioni approvate dalla Santa
Sede.
2. In forza della nostra professione, siamo tenuti ad osservare la Regola con
semplicità e fede cattolica, secondo queste Costituzioni, le uniche che hanno forza
giuridica in tutto l’Ordine.
3. La interpretazione autentica della Regola è riservata alla Santa Sede, la quale
dichiara abrogate, quanto al loro valore precettivo, le anteriori dichiarazioni
pontificie della Regola, ad eccezione di quelle che sono contenute nel diritto
universale vigente e in queste Costituzioni.
4. La Santa Sede riconosce ai Capitoli generali la facoltà di adattare opportunamente
la Regola alle nuove situazioni, purché tali adattamenti ottengano il valore di legge
mediante la sua approvazione.
N. 186
1. L’interpretazione autentica delle Costituzioni è riservata alla Santa Sede. È
compito del Capitolo generale, con il consenso dei due terzi dei vocali, integrare le
Costituzioni, cambiarle, derogarvi o abrogarle, secondo le esigenze dei tempi, per
120
favorire una certa continuità in vista di un adeguato rinnovamento, salva tuttavia
l’approvazione della Santa Sede.
2. Fuori del Capitolo generale spetta al ministro generale con il consenso del suo
Consiglio sciogliere i dubbi e colmare le lacune, che potrebbero esserci nel nostro
diritto particolare. Tali soluzioni, comunque, hanno valore fino al successivo
Capitolo.
3. I ministri e i guardiani, se lo giudicano utile per un maggior bene spirituale, in casi
particolari possono dispensare temporaneamente i propri sudditi e gli ospiti dalle
disposizioni disciplinari delle Costituzioni.
4. Per applicare adeguatamente le Costituzioni alle varie condizioni di vita, i Capitoli
provinciali o le Conferenze dei superiori maggiori, possono stabilire statuti
particolari, che dovranno essere approvati dal ministro generale con il consenso del
suo Consiglio.
5. Tutte le questioni di diritto contenzioso sia tra i religiosi che tra le case o tra le
circoscrizioni dell’Ordine vengono risolte nella carità a norma del diritto e del
nostro Modus procedendi.
N. 187
1. Dal momento che non è possibile stabilire leggi e statuti per tutti i casi particolari,
in ogni nostra azione teniamo davanti agli occhi il santo Vangelo, la Regola
promessa a Dio, le sane tradizioni e gli esempi dei santi.
2. I ministri e i guardiani precedano i frati nella vita fraterna e nell’osservare la
Regola e le Costituzioni e con l’audacia della carità li spingano ad osservarle.
*** *** ***
N. 188
1. San Francesco, vicino alla morte, impartì la benedizione della santissima Trinità,
insieme alla sua, ai veri osservanti della Regola. Perciò tutti, messa da parte ogni
negligenza, impegniamoci con amore fervente a raggiungere la perfezione
evangelica mostrata nella stessa Regola e nel nostro Ordine.
2. Ricordiamo, fratelli carissimi, il tema sul quale il serafico Padre tenne un discorso
al Capitolo dei frati: “Grandi cose abbiamo promesso al Signore, ma Dio ne ha
promesse maggiori a noi”. Perciò impegniamoci ad osservare queste Costituzioni e
121
quanto abbiamo promesso ed aspiriamo con desiderio ardente a quelle cose che ci
sono state promesse, con l’aiuto di Maria, Madre di Dio e Madre nostra.
3. Nel fare tutto questo, fissiamo gli occhi sul nostro Redentore affinché, conosciuto il
suo beneplacito, procuriamo di piacergli con cuore puro. L’osservanza delle
Costituzioni ci aiuterà non soltanto ad osservare la Regola promessa, ma anche la
legge divina e i consigli evangelici. Nelle difficoltà affrontate per amore di Gesù
Cristo, abbonderà la nostra consolazione e tutto potremo in Colui che ci conforta,
poiché in tutto ci darà intelligenza Colui che è Sapienza di Dio e dona
abbondantemente a tutti.
N. 189
1. Cristo, dunque, che è luce ed attesa delle genti, fine della legge, salvezza di Dio,
Padre del secolo futuro, Verbo e potenza che tutto sostiene e infine nostra speranza,
nel quale tutto è possibile, tutto è soave e leggero, che conosce la nostra fragilità, non
solo ci darà la forza per mettere in pratica i suoi precetti e i suoi consigli, ma
effonderà su di noi anche i suoi doni celesti con tanta abbondanza che, superato ogni
ostacolo, riusciremo a seguirlo ed imitarlo con grande generosità di cuore, come
pellegrini che si servono delle cose visibili aspirando a quelle eterne.
2. Perciò in Cristo, che è Dio e uomo, luce vera e splendore della gloria, candore di
luce eterna e specchio senza macchia, immagine della bontà di Dio, che il Padre ha
costituito giudice, legislatore e salvezza degli uomini, al quale il Padre e lo Spirito
Santo hanno reso testimonianza, nel quale sono i nostri meriti, gli esempi di vita, gli
aiuti e i premi, fatto per noi sapienza e giustizia, siano fissi ogni nostro pensiero,
ogni nostra riflessione e imitazione.
3. A Cristo, infine, che con il Padre e con lo Spirito Santo vive e regna coeterno,
consustanziale, coeguale e unico Dio sia lode eterna, onore e gloria nei secoli dei
secoli. Amen.
Capitolo II La vocazione alla nostra vita
e la formazione dei frati
2/1
1. Per favorire le vocazioni giova molto offrire ai giovani l’opportunità di partecipare in
qualche modo alla nostra vita fraterna. Questo molto opportunamente potrà avvenire in
apposite case, dove contemporaneamente venga ad essi offerto un aiuto per la riflessione
personale.
2. Perché le vocazioni in vista della vita religiosa siano convenientemente coltivate e
adeguatamente preparate, i ministri provinciali, con il consenso del loro Consiglio e, se
sembrerà opportuno, con il consiglio del Capitolo provinciale, erigano speciali istituti,
secondo le necessità delle regioni e dei tempi.
3. Questi istituti siano organizzati secondo le norme di una pedagogia sana e personalizzata
così che, unendo la formazione scientifica a quella umana, gli alunni, in rapporto con la
società e con la famiglia, conducano una vita cristiana, adeguata alla loro età, al loro spirito
e al loro sviluppo, tale cioè da consentire di discernere e accompagnare la vocazione alla
vita religiosa.
4. È necessario che gli studi da seguire vengano programmati in modo che gli alunni
possano continuarli altrove senza difficoltà.
2/2
Il ministro provinciale con il consenso del suo Consiglio stabilisce le modalità della prova
per un religioso che da un altro istituto religioso passa al nostro Ordine. Trascorso il
triennio1, il tempo di tale prova non si protragga oltre un anno.
2/3
1. Per la promozione della ricerca nell’ambito della spiritualità e del francescanesimo, sia
dal punto di vista storico che sistematico, e per la formazione dei formatori e dei docenti in
spiritualità, il nostro Ordine promuove quale strumento privilegiato l’Istituto Francescano
di Spiritualità.
2. A motivo del suo carattere internazionale e interfrancescano, l’Istituto sia riferimento
stabile per il confronto interculturale all’interno dell’Ordine e luogo di studio e di ricerca
riguardo alle situazioni sempre nuove che interpellano la nostra vita e la nostra vocazione.
1
Cfr CIC can.684 §2.
124
3. Si raccomanda che l’Istituto, in stretta collaborazione con il segretariato generale per la
formazione, svolga una azione di coordinamento tra realtà accademiche analoghe promosse
nell’Ordine a diversi livelli.
2/4
Prima di erigere nuove strutture educative per gruppi di circoscrizioni sia consultato il
ministro generale.
2/5
Le collaborazioni interprovinciali siano regolate da apposite convenzioni e statuti approvati
dal ministro generale con il consenso del suo Consiglio.
2/6
Il segretariato generale per la formazione svolge il suo compito secondo quanto stabilito dal
Capitolo generale e le indicazioni del ministro generale e suo Consiglio.
2/7
1. L’Ordine abbia una propria Ratio formationis o Progetto formativo generale, approvato
dal ministro generale e suo Consiglio dopo aver consultato il segretariato generale e il
Consiglio generale della formazione.
2. La Ratio formationis delle singole circoscrizioni o di gruppi di circoscrizioni sia conforme
alle Costituzioni e alla Ratio formationis dell’Ordine.
2/8
Per la formazione dei candidati di più circoscrizioni, la scelta delle case e la costituzione
delle fraternità formative vengano fatte di comune accordo dai ministri interessati, previa la
consultazione dei rispettivi Consigli. Le parti interessate redigano appositi regolamenti per
il funzionamento di tali fraternità.
2/9
La Ratio formationis preveda le modalità dell’inserimento graduale del candidato in
fraternità.
2/10
Sia redatto il documento dell’ammissione al postulato.
2/11
La durata del postulato, di almeno un anno, e altre possibili modalità di vivere questo
primo periodo della iniziazione alla nostra vita possono essere determinate dal rispettivo
ministro con il consenso del suo Consiglio.
125
2/12
Normalmente chi entra nell’Ordine mantiene il nome di battesimo. Per determinare la
propria identità, non si usi il luogo di nascita, ma il cognome.
2/13
La Ratio Formationis dell’Ordine da’ le linee generali della formazione nel postnoviziato. In
applicazione di essa nelle singole province o gruppi di circoscrizioni si sviluppi un
programma organico per la guida e la iniziazione dei frati.
2/14
Dove non è possibile portare l’abito proprio del nostro Ordine, si usino abiti semplici. In
questo caso, le diverse circoscrizioni nell’Ordine diano opportune indicazioni.
2/15
1. La fraternità locale, nei tempi stabiliti dal ministro udito il suo Consiglio, dopo una
previa informazione del maestro, dialoghi e rifletta in comune sulla idoneità dei candidati e
sul proprio modo di comportarsi con loro.
2. Durante il noviziato e prima della professione perpetua i frati di voti perpetui, che per
quattro mesi hanno dimorato in tali fraternità formative, esprimano il loro giudizio anche
con voto consultivo, nel modo determinato dal ministro.
3. I frati di voti temporanei non siano esclusi dall’esprimere il loro parere, senza però dare il
voto.
4. Di ciascuna di queste riunioni e dell’esito delle votazioni, se queste ultime hanno avuto
luogo, sia mandata relazione al ministro.
2/16
1. Sia redatto il documento della professione emessa, sia temporanea che perpetua, con
l’indicazione dell’età e delle altre circostanze necessarie, firmato dallo stesso professo, da
chi ne ha ricevuto la professione e da due testimoni. Questo documento, insieme agli altri
prescritti dalla Chiesa, sia conservato diligentemente nell’archivio della curia.
2. Il ministro annoti l’avvenuta professione anche nel registro delle professioni, da
conservarsi in archivio e, se si tratta di professione perpetua, ne informi il parroco del luogo
dove il professo è stato battezzato.
2/17
Nella collaborazione con altri istituti venga salvaguardato sempre il primario dovere-diritto
dell’Ordine di curare la formazione dei frati e si valuti l’esistenza delle condizioni adatte
per il sorgere e lo sviluppo di una tale collaborazione.
126
2/18
Il consenso per ricevere gli ordini sacri venga dato a quegli aspiranti che, oltre ad avere la
debita maturità umana e spirituale, abbiano completato integralmente e con profitto gli
studi filosofici e teologici previsti dalla Chiesa.
2/19
Terminata la formazione specifica, l`Ordinario religioso può presentare un professo
perpetuo al ministro generale perché, con il consenso del suo Consiglio, lo ammetta
all’ordine del diaconato permanente. Per un religioso questa ammissione richiede, inoltre,
la licenza della Santa Sede. Il diacono permanente, che esercita il suo ministero con il
consenso dell`Ordinario del luogo e del suo Ordinario religioso, come professo rimane
sottomesso al diritto proprio e non può pretendere di essere assegnato ad una fraternità che
sia presente nel territorio della diocesi dove è stato ordinato.
2/20
Oltre la biblioteca centrale o regionale, che è vivamente raccomandata, in tutte le nostre
case si abbia una biblioteca comune, la quale sia convenientemente fornita secondo le
necessità di ciascuna fraternità. L’accesso alle nostre biblioteche, dove è possibile, sia
consentito anche agli estranei, osservate tuttavia le debite cautele. Per quanto possibile, le
nostre biblioteche usufruiscano dei sistemi informatici.
2/21
Le soluzioni circa il Collegio Internazionale sono di competenza del ministro generale con il
consenso del suo Consiglio.
Capitolo III La nostra vita di preghiera
3/1
Nelle nostre fraternità, quando le circostanze lo consigliano, siano designati alcuni frati per
preparare le azioni liturgiche.
3/2
1. Ogni anno, dopo la solennità di san Francesco, in ogni nostra fraternità si celebri la
Commemorazione per tutti i fratelli, le sorelle, i parenti e i benefattori defunti.
2. Quanto ai suffragi, si stabilisce: alla morte del Romano Pontefice, del ministro generale e
di un ex ministro generale, da ciascuna fraternità si celebri una messa per i defunti. Lo
stesso si faccia per i consiglieri e gli ex consiglieri generali in ogni fraternità del gruppo al
quale essi appartenevano.
127
3. Spetta al Capitolo provinciale stabilire i suffragi per i ministri e gli ex ministri provinciali,
per i frati, per i genitori e i benefattori.
3/3
Nelle circoscrizioni si diano indicazioni perché almeno un tempo di meditazione sia fatto in
comune.
3/4
I periodi di ritiro siano talvolta lodevolmente organizzati in vario modo, tenuto conto della
diversità degli uffici.
3/5
Spetta al Capitolo provinciale o alla Conferenza dei superiori maggiori decidere circa
l’opportunità di istituire le fraternità di ritiro e di contemplazione e provvedere riguardo al
loro governo.
Capitolo IV La nostra vita in povertà
4/1
Le singole circoscrizioni o gruppi di circoscrizioni individuino e realizzino particolari
modalità di presenza tra i poveri.
4/2
1. I ministri e i guardiani, entro i limiti della propria competenza e ottemperando al diritto
universale, personalmente o per mezzo di altri, possono porre gli atti civili relativi ai beni
temporali, se e in quanto ciò sia necessario per i frati o per le attività a noi affidate.
2. Tutti i beni temporali appartenenti all’Ordine sono beni ecclesiastici da amministrare
secondo il diritto universale e proprio, rispettate anche le leggi civili.
Si stabilisca in modo che gli enti civilmente riconosciuti siano anche enti ecclesiastici.
Quando ciò non sia possibile, i ministri designino le persone fisiche o giuridiche, a nome
delle quali vengano registrati davanti alla legge civile i beni dell’Ordine. In questo caso si
provveda, con forma appropriata, ad assicurare che i beni intestati civilmente a persone
fisiche o giuridiche siano comunque beni ecclesiastici e ugualmente sottoposti alle norme
canoniche.
4/3
I ministri, in casi particolari, possono autorizzare amministrazioni individuali del denaro,
ma per un tempo limitato. La durata e la modalità di rendiconto siano indicate nel
permesso, che deve essere rilasciato per scritto.
128
4/4
1. Il ministro, consultato il Capitolo locale, con il consenso del suo Consiglio, stabilisca il
tetto massimo che ogni fraternità può gestire e dia le opportune disposizioni circa il denaro
non necessario per i bisogni della stessa fraternità locale. È opportuno che ogni
circoscrizione abbia una amministrazione economica centralizzata. A questo scopo è utile
che, ai vari livelli, si predispongano i bilanci preventivi.
2. In ogni circoscrizione il Capitolo decida quanto è necessario per la gestione ordinaria
della stessa circoscrizione e a quanto debbono ammontare le sue riserve per le spese
straordinarie ad intra (manutenzione degli stabili, malati, assicurazioni del personale,
formazione) e per la solidarietà ad extra (missioni e carità). Il denaro eccedente i bisogni
ordinari e straordinari di una circoscrizione venga generosamente messo a disposizione
dell'Ordine, della Chiesa e dei poveri.
3. Spetta ai ministri con il consenso del loro Consiglio costituire i fondi o riserve finanziarie
come indicato al § 2. Il reddito realizzato da tali investimenti sia utilizzato secondo gli scopi
delle riserve stesse. Ogni investimento, sia sotto forma di beni immobili che di denaro o
altri strumenti finanziari, deve essere regolato e sottoposto al giudizio di principi etici
coerenti con la dottrina sociale della Chiesa.
4/5
Osservate le disposizioni per l’amministrazione dei beni temporali, spetta al ministro
generale o al ministro provinciale con il consenso del proprio Consiglio disporre dei beni
superflui rispettivamente delle province o delle custodie.
4/6
Spetta al Capitolo provinciale stabilire norme sull'uso dei beni delle fraternità soppresse,
salvi la volontà dei fondatori o degli offerenti e i diritti legittimamente acquisiti. Se invece si
tratta di beni di una circoscrizione soppressa, è competente il ministro generale, il quale
deve provvedere collegialmente con il proprio Consiglio, sentiti la Conferenza e i ministri
interessati con i loro consiglieri.
4/7
La solidarietà economica nell'Ordine sia regolata da apposito statuto, nel quale vengono
definiti i rapporti fra le circoscrizioni e le Conferenze, tra di loro e con tutta la nostra
Fraternità. Tale statuto sia approvato dal Capitolo generale.
4/8
Le singole circoscrizioni, periodicamente, si interroghino sulle entità immobiliari di cui
dispongono, procedendo alla alienazione o alla cessione di uso dei beni non necessari,
osservate le norme del diritto universale e particolare. Dove possibile, ciò sia fatto in
129
dialogo con le circoscrizioni vicine e con la Conferenza. A tale scopo il ministro generale
con il suo Consiglio dia opportune indicazioni.
4/9
1. Spetta la ministro provinciale con il consenso del suo Consiglio, osservate le norme del
diritto, costruire, acquistare e vendere le nostre case.
2. Ultimata la costruzione, il guardiano non costruisca e non demolisca nulla e non faccia
ampliamenti agli edifici, senza consultare il Capitolo locale, senza il consenso dei consiglieri
e il permesso del ministro.
3. Il guardiano, ottenuto nei casi di maggiore importanza il consenso dei consiglieri,
provveda con cura alla manutenzione della casa e alla conservazione delle cose.
4/10
L'ufficio di economo, nelle case più grandi, sia ordinariamente distinto da quello di
guardiano.
4/11
Nelle singole circoscrizioni, o se sarà opportuno anche ad altro livello, si curi la formazione
e l'aggiornamento dei frati nell'amministrazione economica.
4/12
1. Tutti gli economi, gli amministratori e i guardiani, nel tempo e nel modo stabiliti dai
ministri, rendano esattamente conto dell'amministrazione ai loro superiori e alla fraternità.
2. In occasione della relazione triennale, i ministri provinciali, con un documento firmato
dal loro Consiglio, rendano fedele conto al ministro generale della situazione economica
della provincia affinché si possa opportunamente provvedere alle necessità e vigilare
efficacemente sull'osservanza della povertà.
3. Anche i custodi presentino la relazione economica al loro ministro, firmata dai
consiglieri.
4. Il ministro generale dia relazione dello stato economico dell'Ordine al Capitolo generale,
nel modo da stabilirsi dal Capitolo stesso. Ugualmente facciano gli altri ministri nei loro
rispettivi Capitoli.
4/13
Per modificare le disposizioni o per porre qualsiasi atto di amministrazione straordinaria
circa i beni temporali che superi i limiti di propria competenza, è necessario il permesso
dell'immediato Superiore maggiore.
130
4/14
1. Per l'amministrazione dei beni l'Ordine predisponga uno statuto che deve essere
approvato dal Capitolo generale.
2. Le circoscrizioni o gruppi di circoscrizioni o anche le Conferenze, secondo l'opportunità,
si dotino di analoghi statuti che devono essere approvati dal ministro generale con il
consenso del suo Consiglio.
4/15
1. Nelle province e custodie si costituisca il Consiglio economico, di cui al can. 1280 del CIC,
e si raccomanda di costituire una o più commissioni economiche, il cui compito sarà di dare
consigli nell'amministrazione dei beni, nella costruzione, manutenzione e alienazione delle
case.
2. Tali commissioni sono istituite dal Capitolo, il quale ne determina anche la competenza.
Ma i loro membri, che in parte possono essere laici, sono nominati dal ministro con il
consenso del suo Consiglio.
4/16
1. Consultati i ministri, o se occorre, le Conferenze dei superiori maggiori, il ministro
generale con il consenso del suo Consiglio stabilisca, secondo il diverso valore delle
monete, il limite oltre il quale i ministri sono tenuti a chiedere il consenso del Consiglio o il
permesso dell’autorità superiore per contrarre validamente obbligazioni, per alienare beni e
per fare spese straordinarie. Tali autorizzazioni debbono essere date per iscritto.
2. Il ministro, con il consenso del suo Consiglio, si comporti allo stesso modo, con le dovute
differenze, riguardo ai guardiani della propria circoscrizione.
3. Vengono considerate straordinarie quelle spese che non sono necessarie né al ministro
per esercitare il suo ufficio o per il servizio ordinario dei frati, né al guardiano per quelle
cose che non riguardano la cura ordinaria della fraternità a lui affidata.
Capitolo V Il nostro modo di lavorare
5/1
Spetta ai Capitoli delle singole circoscrizioni adottare norme adeguate e conformi al criterio
della equità fraterna circa le ferie e il tempo libero.
131
Capitolo VI La nostra vita in fraternità
6/1
Nelle circoscrizioni, quando si ritiene utile, si abbia una infermeria comune.
6/2
1. Dove per circostanze particolari non si può osservare la clausura, il ministro con il
consenso del suo Consiglio provvederà con norme adatte alle situazioni locali.
2. Spetta ai ministri definire accuratamente o, per legittimi motivi, mutare i limiti della
clausura e sospenderla provvisoriamente.
3. In casi urgenti e ad modum actus il guardiano può dispensare da essa.
6/3
1. Per una partecipazione temporanea dei laici alla nostra vita si abbia il consenso del
Capitolo locale; se invece si tratta di una partecipazione protratta nel tempo, è richiesto
anche il consenso del ministro.
2. Il ministro, con il consenso del suo Consiglio, può ammettere tra noi dei laici in qualità di
familiari oblati perpetui. Prima, però, è necessario stipulare una convenzione sui reciproci
diritti e doveri.
6/4
1. Spetta al ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, fissare le norme
riguardanti i permessi di viaggio per tutto l’Ordine; al ministro provinciale, con il consenso
del suo Consiglio, per quanto riguarda la propria provincia, osservate le disposizioni del
ministro generale2.
2. Per un prolungato soggiorno fuori della casa della fraternità, si osservino le norme del
diritto universale.
6/5
Spetta al ministro provinciale, udito il suo Consiglio, il giudizio sull’opportunità di avere
delle auto per l’apostolato, l’ufficio e il servizio della fraternità, e sul modo di usarle.
6/6
È conveniente che i frati, per quanto possibile, preavvisino per tempo il guardiano del loro
arrivo e mostrino spontaneamente le lettere obbedienziali, se necessarie.
2 Cfr. Decreto del Ministro generale (1 maggio 2001; Prot. N. 00246/01) in Analecta OFMCap 117 (2001) 79-81.
132
6/7
Quando i frati hanno necessità di dimorare piuttosto a lungo in una casa di altra
circoscrizione, per motivo di studio, i rispettivi ministri si accordino fraternamente sul
contributo per le spese.
6/8
1. Per associare un monastero di Clarisse Cappuccine, il ministro generale col suo Consiglio
proceda collegialmente a norma del diritto.
2. Nei confronti del monastero associato il ministro esercita il suo ufficio secondo il diritto
universale e le Costituzioni delle stesse monache.
6/9
Il ministro generale deve procedere collegialmente con il suo Consiglio per aggregare un
istituto di vita consacrata.
6/10
In segno di corresponsabilità, si consulti il direttivo delle rispettive fraternità dell’Ordine
Francescano Secolare sia per la nomina degli assistenti che per l’erezione delle fraternità del
medesimo Ordine.
Capitolo VII La nostra vita di penitenza
7/1
1. Oltre a quanto previsto dalle Costituzioni, spetta al Capitolo di ogni circoscrizione
stabilire ulteriori norme sia per i giorni di digiuno e di astinenza sia per le modalità del
digiuno.
2. Ugualmente, nelle singole circoscrizioni, i Capitoli, secondo le circostanze di luogo e di
tempo, stabiliscano le norme opportune riguardo ad altre forme di penitenza comunitaria.
7/2
Se un frate si è reso colpevole verso una persona o istituzione ecclesiastica o sociale, per la
stessa legge della carità, che richiede giustizia e tutela dei diritti di tutte le persone,
specialmente delle più vulnerabili, aiutiamolo ad assumersene la responsabilità, a riparare
il male fatto e ad accettare le conseguenze canoniche e civili del suo comportamento. La
responsabilità di un delitto, infatti, è di chi lo compie.
7/3
I ministri e i guardiani, al fine di prevenire il peccato, sollecitino i frati ad osservare in tutto
il nostro diritto proprio e quello della Chiesa, come anche le leggi degli ordinamenti civili.
133
Ma se un frate commette un delitto, o vi è pericolo di reiterazione dello stesso, i ministri
pongano in atto tutte le misure idonee possibili, inclusa la cooperazione con le autorità
civili, affinché ciò non possa più accadere. In ogni caso, anche al frate che pecca o è
sospettato di un delitto siano sempre riconosciuti i diritti e le protezioni di cui gode ogni
persona accusata. La nostra collaborazione con le autorità civili non sia, comunque, in
contrasto con le norme divine e canoniche.
Capitolo VIII Il governo del nostro Ordine
8/1
Per l’erezione, la soppressione e l’unificazione delle province si tenga conto delle situazioni
locali e si valutino almeno i seguenti aspetti:
- un gruppo di frati e di fraternità in grado di sostenere con efficacia, direttamente o
attraverso la solidarietà dell’Ordine, la vita e le attività dei frati nelle diverse espressioni, sia
all’interno che nell’apertura alle necessità dell’Ordine e della Chiesa;
- la capacità di assumere, anche in collaborazione con altre circoscrizioni, gli impegni di
animazione vocazionale, di formazione e di apostolato;
- le necessità materiali ed economiche.
Si valuti in particolare:
- il senso di appartenenza dei frati alla fraternità, nei suoi vari livelli; - la possibilità di
provvedere alle responsabilità nel governo e un effettivo ricambio negli uffici;
- la capacità di assumere l’impegno missionario; l’unità geografica e linguistica, per quanto
possibile.
8/2
1. Per circostanze particolari il ministro generale, osservate le condizioni per la variazione
delle circoscrizioni, può costituire una federazione di più province, con uno statuto proprio.
2. La federazione comporta l’unificazione del governo: un unico ministro provinciale, con il
suo Consiglio, che ha giurisdizione su tutte le province federate.
8/3
1. Quando si tratta di venire incontro alle necessità di qualche circoscrizione
temporaneamente, cioè non oltre un triennio, i ministri provinciali hanno la facoltà di
mandarvi i propri frati senza dover ricorrere al ministro generale. Tale limitazione di tempo
non ha valore per il servizio prestato in una circoscrizione che dipende dalla propria. Per
gli altri servizi che si prevede si protrarranno oltre un triennio o che si desidera continuare
134
dopo che è trascorso il triennio, si devono chiedere le lettere obbedienziali al ministro
generale.
2. Il diritto di voto, di cui si parla al n. 121,63 delle Costituzioni, non si esercita più nella
propria circoscrizione, ma nella circoscrizione per la quale si presta servizio, salvo quanto
disposto per le delegazioni; ciò comunque partendo dalla fine del primo anno di servizio.
8/4
I ministri, in casi eccezionali, non sono tenuti a convocare il proprio Consiglio, se si tratta
soltanto di sentirne il parere. Possono invece chiederlo fuori di riunione in modo adatto.
Negli atti del Consiglio deve risultare il parere richiesto e la decisione presa dal ministro.
Allo stesso modo si può agire quando si tratta di ascoltare altre persone.
8/5
1. Perché si possa procedere al voto per postulazione, almeno un terzo degli aventi diritto lo
deve chiedere per iscritto al presidente del Capitolo. In tutti gli altri casi il voto per
postulare deve considerarsi nullo.
2. La postulazione ha valore soltanto se il candidato nel primo scrutinio ottiene i due terzi
dei voti dei vocali presenti. In caso contrario, escluse nuove postulazioni, si cominciano di
nuovo le votazioni in modo normale dal primo scrutinio.
8/6
1. Un ministro può essere rimosso dal ministro generale con il consenso del suo Consiglio,
per grave causa, tra cui la ripetuta negligenza o violazione dei propri doveri anche dopo
l’ammonizione, o una cattiva amministrazione.
2. Il guardiano, come anche il delegato, può essere rimosso dal ministro provinciale con il
consenso del suo Consiglio per giusta causa, cioè se lo richiede il bene comune della
fraternità sia locale che provinciale e della Chiesa particolare.
8/7
Il Capitolo, ad ogni livello, è un organo collegiale temporaneo ed esercita la propria autorità
secondo le competenze che gli sono riconosciute dalle Costituzioni.
3 121.6. Ogni frate esercita i diritti di voto in una sola circoscrizione dell’Ordine, eccetto che, per ragioni di ufficio o per
altre ragioni, non gli competano anche altrove. Coloro che vengono inviati in un’altra circoscrizione per motivi di
servizio esercitano i diritti di voto in quella circoscrizione a norma delle Ordinazioni dei Capitoli generali, non nella
propria. Invece i frati che per altri motivi risiedono in un’altra circoscrizione, esercitano i propri diritti solo nella propria
circoscrizione.
135
8/8
Per permettere la partecipazione di frati qualificati, che altrimenti non potrebbero
partecipare al Capitolo generale, né come delegati delle loro province né come membri ex
officio, ogni Conferenza scelga un fratello laico professo perpetuo come delegato. La
modalità di tale scelta sia stabilita dagli statuti delle Conferenze.
8/9
1. Indetto il Capitolo generale, in ogni provincia ogni cento frati professi, tutti i frati di voti
perpetui eleggano un delegato al Capitolo generale e il suo sostituto.
2. Questa elezione si faccia nel modo stabilito dal Capitolo provinciale e se ne pubblichi
l’esito almeno tre mesi prima del Capitolo generale.
8/10
1. La preparazione del Capitolo generale e la consultazione dei frati sui temi da trattare in
esso avvenga a norma del Regolamento per la celebrazione del Capitolo Generale.
2. Il ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, prepara un elenco di temi da
trattare informandone tempestivamente tutti i capitolari. È lo stesso Capitolo generale,
però, che deve decidere gli argomenti da trattare.
8/11
Nel Capitolo generale si eleggono nove consiglieri.
8/12
1. Se il ministro generale fosse eletto fuori del Capitolo, il Capitolo venga sospeso finché
non arrivi in Capitolo il nuovo ministro generale.
2. I consiglieri generali, eletti fuori del Capitolo, diventano, ipso facto, membri del Capitolo.
8/13
1. Per il servizio all’Ordine nella curia generale sono istituiti alcuni uffici e organismi, quali:
- la Segreteria generale dell’Ordine;
- la Procura generale per trattare gli affari dell’Ordine presso la Santa Sede;
- la Postulazione generale per le cause presso la Congregazione dei Santi;
- il Segretariato generale per la formazione;
- il Segretariato generale per la evangelizzazione, l’animazione e la cooperazione
missionaria;
- l’Ufficio di assistenza generale dell’Ordine Francescano Secolare;
- l’Ufficio di assistenza per le monache e per gli istituti aggregati all’Ordine cappuccino;
- l’Ufficio di Giustizia, Pace ed Ecologia;
136
- l’Archivio generale;
- la Biblioteca centrale;
- l’Economato generale;
- gli Uffici della Comunicazione, della Statistica e del Protocollo.
2. Salvo quanto previsto dalle Costituzioni e osservando le decisioni dei Capitoli generali, il
ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, secondo il bisogno e la opportunità,
può istituire altri uffici e organismi della curia generale, come anche sopprimere o
modificare quelli esistenti.
8/14
L’Assemblea elettiva è composta da: il vicario generale, i consiglieri generali, l’ultimo
ministro generale immediatamente dopo la scadenza del suo mandato e fino al successivo
Capitolo generale ordinario compreso, i ministri provinciali, i custodi, il segretario generale
e il procuratore generale.
L’assemblea elettiva si svolge secondo il Regolamento proprio approvato dal Capitolo
generale.
8/15
Il Capitolo provinciale ordinario sia indetto e convocato ogni tre anni. Il ministro generale
ha la facoltà di permettere che il Capitolo, per un giusto motivo, sia celebrato sei mesi
prima o dopo della scadenza del triennio.
8/16
Il ministro provinciale, con il consenso del suo Consiglio, prepari un elenco di temi da
trattare nel Capitolo provinciale, informandone tempestivamente tutti i capitolari. È lo
stesso Capitolo, però, che deve decidere gli argomenti da trattare.
8/17
1. Nel Capitolo provinciale per delegati, il numero dei partecipanti di diritto deve essere
inferiore al numero dei delegati.
2. I frati della provincia che non sono capitolari, possono partecipare al Capitolo come
uditori, almeno che non sia stabilito diversamente dal Regolamento del Capitolo.
3. I frati capitolari perdono la voce attiva se, senza legittima dispensa, non sono presenti al
Capitolo per tutto il tempo del Capitolo stesso, sia che esso venga celebrato a suffragio
diretto o per delegati.
8/18
1. Le province con cento o meno frati celebrano il Capitolo a suffragio diretto; le province
con numero di frati superiore a cento celebrano il Capitolo per delegati. Tuttavia, anche le
137
province con più di cento frati possono celebrare il Capitolo a suffragio diretto e, per giusti
motivi, le province con cento frati o meno possono celebrare il Capitolo per delegati.
2. In ambedue i casi, la decisione deve essere assunta dalla maggioranza di due terzi dei
votanti in una consultazione generale, alla quale devono partecipare almeno il
settantacinque per cento (75%) di tutti i frati di professione perpetua; la decisione poi venga
inserita nel Regolamento per la celebrazione del Capitolo.
8/19
1. Sono privati di voce attiva e passiva i frati che sono stati dichiarati assenti illegittimi e
quanti hanno presentato la domanda di esclaustrazione o di dispensa dai voti religiosi e
dagli oneri connessi alla sacra ordinazione. Se tale richiesta è fatta a Capitolo già convocato,
vengono esclusi dal Capitolo senza essere sostituiti.
2. A giudizio del ministro provinciale, con il consenso del suo Consiglio, possono essere
privati di voce attiva e passiva i frati che hanno presentato la domanda di assenza dalla
casa religiosa.
8/20
Il ministro provinciale e i suoi consiglieri vengono eletti per la durata di tre anni.
8/21
Nessun frate può assumere l’ufficio di ministro provinciale e/o custode per più di tre
mandati consecutivi, in qualunque modo legittimo tale ufficio gli sia stato conferito; dopo il
terzo mandato consecutivo è esclusa la possibilità di elezione, nomina o postulazione.
8/22
Nell’elezione dei consiglieri il ministro provinciale uscente ha soltanto la voce attiva.
8/23
Il Capitolo della custodia viene celebrato ogni tre anni. Per la stessa durata vengono eletti il
custode e i suoi consiglieri.
8/24
Il custode uscente non ha voce passiva nell’elezione dei consiglieri.
8/25
1. La Delegazione è una struttura dell’Ordine di carattere transitorio, formata da un gruppo
di frati riuniti in fraternità locali e affidata ad una provincia. Suo fine è quello di assicurare
la vita fraterna in un’area geografica dove, pur essendoci più presenze, non ci sono però le
condizioni necessarie e sufficienti per erigere o mantenere una circoscrizione.
2. Il ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, consultate le Conferenze dei
superiori maggiori interessate può erigere, modificare e sopprimere la delegazione.
138
3. La delegazione ha uno statuto proprio approvato dal ministro provinciale con il consenso
del suo Consiglio.
4. Alla delegazione è preposto un frate che svolge il suo ufficio come delegato del ministro
provinciale, ed è assistito da due consiglieri. A lui compete rappresentare la delegazione, in
nome del ministro provinciale, presso le autorità ecclesiastiche del luogo e quelle civili, per
quanto possibile.
5. Il delegato e i due consiglieri sono nominati, a norma dello statuto, dal ministro
provinciale con il consenso del suo Consiglio, sentito prima il parere dei frati professi
perpetui della delegazione. Il delegato non può essere riconfermato per un tempo maggiore
di quello stabilito per un guardiano.
6. Al delegato, che non è superiore maggiore, il ministro provinciale conceda per iscritto le
deleghe necessarie, perché venga reso più facile il governo pratico, pastorale e
amministrativo, e possa essere promossa una certa autonomia di funzionamento interno del
gruppo, specialmente in vista del servizio alla Chiesa particolare e della implantatio Ordinis.
7. Ai frati della delegazione sono riconosciuti tutti i diritti e i doveri dei frati della provincia
di appartenenza.
8. I frati di altra circoscrizione che prestano servizio nella delegazione esercitano il diritto di
voto nella propria circoscrizione.
8/26
Il mandato di guardiano e di vicario dura tre anni.
8/27
I guardiani, con mezzi opportuni, non solo informino, ma consultino anche i frati sugli
argomenti da trattare nel Capitolo locale.
8/28
1. Nella curia generale e provinciale e nella sede dei custodi si abbia un archivio riservato
dove siano custoditi con cautela e prudenza quei documenti che richiedono di essere
conservati sotto segreto.
2. Nella gestione degli archivi si osservi quanto prescritto dalla legislazione ecclesiastica e
dal nostro diritto proprio, ci si attenga ai requisiti della scienza archivistica e non si ometta
di redigere l’inventario dei documenti conservati.
3. La cura degli archivi sia affidata preferibilmente a frati qualificati, i quali a tale scopo, con
il consenso del ministro, potranno servirsi anche dell’aiuto di collaboratori esterni.
8/29
In tutte le fraternità si conservi l’uso di redigere la cronaca.
139
8/30
Partecipano alle assemblee delle Conferenze i rappresentanti delle delegazioni e delle
domus presentiae del territorio. Vi partecipano di diritto anche i consiglieri generali delegati
dal ministro generale. Tutti questi non hanno diritto di voto.
8/31
Per sviluppare il senso di fraternità e la maggior condivisione possibile nell’Ordine, le
Conferenze favoriscano e promuovano occasioni e organismi di collaborazione tra di loro.
8/32
I presidenti delle Conferenze, convocati dal ministro generale, si riuniscano con lo stesso
ministro generale e suo Consiglio almeno ogni due anni.
Capitolo X La nostra vita in obbedienza
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1. Il ministro generale durante il periodo del suo ufficio visiti tutti i frati, personalmente o
per mezzo di altri, prima di tutto per mezzo dei consiglieri generali.
2. Gli altri ministri facciano la visita a tutte le fraternità del loro territorio almeno due volte
nel triennio.
3. Le custodie, oltre alla visita del custode, ogni tre anni vengano visitate dal ministro
provinciale.
4. Inoltre il ministro generale, quando se ne offre l’occasione, visiti i frati delle diverse
nazioni e qualche volta intervenga alle assemblee delle Conferenze dei superiori maggiori.
5. Anche gli altri ministri, attenti alle persone e alle opere, colgano volentieri l’occasione di
incontrare i frati.
10/2
1. Al termine della visita, il visitatore delegato ne invii la relazione completa al rispettivo
ministro.
2. I frati accolgano con spirito di obbedienza le indicazioni date dopo la Visita e cerchino di
attuarle fedelmente. Sulle stesse indicazioni si facciano adeguate verifiche comunitarie .
3. I guardiani e i ministri, a tempo opportuno, rendano conto al proprio superiore
immediato di quanto è stato attuato. Allo stesso modo riferiscano di come è stato eseguito
quanto dalle Costituzioni è demandato ai Capitoli delle province o ai superiori.
4. I ministri, una volta durante il triennio, inviino al rispettivo superiore una relazione sullo
stato della propria circoscrizione.
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*** *** ***
12/1
Spetta al Capitolo generale, con il consenso dei due terzi dei vocali, sia approvare le norme
delle Ordinazioni dei Capitoli generali, sia integrarle, cambiarle, derogarvi o abrogarle,
secondo le esigenze dei tempi e del rinnovamento, mantenendosi nel solco della nostra
tradizione. Allo stesso Capitolo generale compete l’interpretazione autentica delle
Ordinazioni dei Capitoli generali.
12/2
1. La dispensa temporanea dalle disposizioni disciplinari delle Costituzioni per tutta una
provincia è riservata al ministro generale, quella per tutta una fraternità locale al proprio
diretto ministro.
2. Spetta al ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, dispensare
temporaneamente, per ogni singolo caso, dall’osservanza delle Ordinazioni dei Capitoli
generali. Agli altri ministri secondo le competenze stabilite nelle stesse Ordinazioni dei
Capitoli generali.
12/3
Spetta al ministro provinciale o al custode, con il consenso del rispettivo Consiglio,
approvare statuti o norme particolari per le singole fraternità o case.
DECRETO
Fra Mauro JÖHRI
ORDINE DEI FRATI MINORI CAPPUCCINI
MINISTRO GENERALE
Prot. N° 00936/13
Decreto attuativo delle Costituzioni
e delle Ordinazioni dei Capitoli Generali
Con l’entrata in vigore delle Costituzioni e delle Ordinazioni dei Capitoli Generali
(OCG) avvenuta l’8 dicembre 2013, alcune realtà dell’Ordine subiscono delle
variazioni.
Il Ministro generale
per conformare queste realtà alla nuova legislazione
emana il presente
DECRETO
I Capitoli provinciali
Le OCG al n. 8/18.1 modificano la celebrazione del Capitolo provinciale: “Le
province con cento o meno frati celebrano il Capitolo a suffragio diretto; le province
con numero di frati superiore a cento celebrano il Capitolo per delegati. Tuttavia,
anche le province con più di cento frati possono celebrare il Capitolo a suffragio
diretto e, per giusti motivi, le province con cento frati o meno possono celebrare il
Capitolo per delegati”.
Si dispone, pertanto, che le Province che hanno indetto il Capitolo provinciale prima
dell’entrata in vigore della nuova legislazione lo celebrino con la modalità conforme
alla legge vigente alla data dell’indizione. Le Province che dovranno indire il
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Capitolo provinciale dopo l’entrata in vigore della nuova legge, lo facciano
conformemente a questa.
Per le Province con più di cento frati che celebravano il Capitolo a suffragio
universale e ora dovranno celebrarlo per delegati, non avendo nel Regolamento del
Capitolo specificate le modalità per l’elezione dei delegati, il Ministro generale,
avuto il consenso del suo Consiglio, concede la dispensa dalle OCG n. 8/18.1 perché
l’immediato Capitolo sia celebrato ancora a suffragio universale. Nel Capitolo
vengano determinate e approvate le modalità dell’elezione dei delegati, da inserire
poi nel Regolamento del Capitolo. Se invece per il successivo Capitolo si vorrà
ancora mantenere il suffragio universale, il Ministro provinciale provveda ad
effettuare la consultazione della Provincia e a conformare il Regolamento secondo la
modalità scelta.
Le Province che, entrata in vigore la nuova legge, volessero poi modificare la
modalità di celebrazione, procedano alla consultazione nei termini stabiliti nelle
OCG al n. 8/18.2.
Le Custodie
Le circoscrizioni che erano denominate Vice province assumono la denominazione
di Custodie. Esse conservano la medesima struttura determinata dal proprio decreto
di erezione, sia nei confini del territorio, sia nella composizione dei membri ad esse
ascritti e al numero dei Consiglieri da eleggere nel Capitolo.
Le Vice province generali sono ora denominate Custodie generali.
Le vice province provinciali sono ora denominate Custodie provinciali.
Sono Custodie generali (tutte dipendenti dal Ministro generale):
Arabia
Ciad-Centrafrica
Congo
Nicaragua-Costa Rica-Panama
Guatemala-Honduras-Salvador
Etiopia
Kenia
Libano
Mozambico
Sono Custodie provinciali (ciascuna dipendente dalla relativa Provincia):
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Angola (pr. Veneta)
Bielorussia (pr. Varsavia)
Amazzonia Roraima (pr. Umbria)
Brasile Occidentale (pr. Rio Grande do Sul)
Capo Verde (pr. Piemonte)
Repubblica Dominicana-Haiti (pr. Rio Grande do Sul)
Ecuador (pr. Spagna)
Nirmala (pr. s. Giuseppe Kerala)
Messico-Texas (pr. Spagna)
Pakistan (pr. Belgio)
Papua Nuova Guinea (pr. Pennsylvania)
Portorico (pr. Pennsylvania)
Sud Africa (pr. Irlanda)
Ucraina (pr. Cracovia)
Isole Marianne-Hawai (pr. New York)
Venezuela (pr. Spagna)
Zambia (pr. Irlanda)
Le circoscrizioni che erano denominate Custodie rimangono Custodie, conservando
la medesima struttura determinata dal proprio decreto di erezione, sia nei confini del
territorio, sia nella composizione dei membri ad esse ascritti e al numero dei
Consiglieri da eleggere nel Capitolo.
Sono Custodie provinciali (confermate – ciascuna dipendente dalla relativa
Provincia)
Benin (pr. Picena)
Bulgaria (pr. Cracovia)
Camerun (pr. Lombardia)
Corea (pr. Irlanda)
Costa d’Avorio (pr. Lombardia)
Giappone (pr. New York)
Malaysia-Singapore (pr. Filippine)
Messico del Nord (pr. America Occidentale – CA)
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Nigeria (pr. Toscana)
Nuova Zelanda (pr. Irlanda)
Paraguay (pr. Paraná - s.ta Caterina)
Prem Jyoti (pr. S. Francis Kerala)
Romania (pr. Napoli)
Svezia (pr. Varsavia)
Turchia (pr. Emilia - Romagna)
Uganda (pr. Karnataka)
Zimbabwe (pr. Tamil Nadu Sud)
Qualora per le mutate condizioni della circoscrizione si rendesse utile dover
modificare il numero dei Consiglieri, l’autorità competente provveda a farlo
osservando il n. 136.2 delle Costituzioni e a riportarlo nel Regolamento del Capitolo.
Le Conferenze dei superiori maggiori
I presidenti della Conferenze dei superiori maggiori provvedano, nel modo che
riterranno opportuno, a determinare i criteri di scelta del delegato della Conferenza
da mandare al Capitolo generale, come stabilito dalle OCG al n. 8/8.
I presidenti delle Conferenze provvedano alla traduzione delle Costituzioni e delle
OCG nelle lingue di loro competenza, perché siano poi approvate dal Ministro
generale e dal suo Consiglio.
Anche con l’approvazione della traduzione, l’edizione tipica è quella in lingua
italiana, che rimane di riferimento in caso di controversia sul testo.
L’entrata in vigore della nuova legislazione
Con l’entrata in vigore delle Costituzioni e delle OCG ogni norma ad esse contraria
del diritto subordinato è abrogata.
I Ministri e i superiori locali, come autorità competente, provvedano quanto prima a
conformare Regolamenti, Statuti e altri documenti alle nuove norme, con la nuova
terminologia e la nuova numerazione, ricorrendo poi, quando necessario, alla ratifica
del Capitolo.
Il Ministro generale e quello provinciale conferiscano per iscritto al Custode le
facoltà che gli vengono delegate e indichino quelle che riservano a sé, come richiesto
dai numeri 20.1 e 136.6 delle Costituzioni.
Nonostante qualsiasi disposizione in contrario.
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fra Mauro JÖHRI
Ministro generale OFMCap.
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fra Clayton Jaison FERNANDES
Segretario generale OFMCap.
Dato in Roma, dalla nostra Curia generale il 9 dicembre 2013,
s. Siro, vescovo e martire,
s. Juan Diego Cuauhtlatoatzin, veggente di Guadalupe.