Post on 30-Jan-2017
UNIVERSITÀ CARLO CATTANEO - LIUC
SCUOLA DI DIRITTO
Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza - Classe LMG/01
LA PROTEZIONE DELLE SEGNALAZIONI
Il Whistleblowing tra Etica e Diritto
Relatore: Prof. Mario Zanchetti
Correlatore: Prof. Fabrizo Sardella
Correlatore: Massimo Folador
Tesi di Laurea di:
Gaetano Citro
matr. 10876
Anno Accademico 2011 -2012
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Alla mia famiglia,
per tutto quello che le devo
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Ringraziamenti
E’ difficile ma opportuno ringraziare tutte le persone che hanno contribuito allo sviluppo di questo
lavoro.
Innanzitutto mi preme ringraziare il Prof. Mario Zanchetti, il Prof. Fabrizio Sardella, il dott.
Massimo Folador e il dott. Giorgio Fraschini per avermi brillantemente introdotto al tema trattato,
da cui ho ricevuto insegnamenti di carattere filosofico, tecnico, etico e morale.
Un sentito ringraziamento va alla mia famiglia per avermi sostenuto e incoraggiato lungo tutto il
percorso universitario a cui ho deciso di dedicare tutto il mio lavoro.
Il ringraziamento più esteso va alla mia seconda famiglia che è venuta a crearsi nell’ambiente
universitario con i cui componenti abbiamo condiviso tutte le nostre gioie e i nostri dolori, dove
abbiamo imparato a crescere e a rispettare l’individuo. Per questo voglio ringraziare Alessandro,
Lucio, Michele, Alessandro, Andrea, Emanuele, Rossella, Carlotta, Marta, Alessandra, Carmela,
Federica, Gianna, Luigi, Antonio, Nicola, Luca.
Un caloroso ringraziamento va agli amici della mia terra Paestum, per essermi stati vicini col cuore
e con l’animo, in particolare a Mattia, Raffaele, Lorenzo, Angelo, Luca, Pasquale, Mimmo, Daniele,
Anna, Angela, Nicola.
Un ringraziamento particolare va a Paola e Beatrice per avermi aiutato a trovare i legami principali
con i temi trattati.
Un ringraziamento speciale va all’avv. Raffaele Rubino che ha sposato e condiviso, sin dal primo
istante, il mio argomento e sostenuto nella ricerca del materiale.
L’ultimo ma non meno importante ringraziamento va alla dott.ssa Simone White dell’Ufficio per la
Lotta Antifrode (OLAF) c/o la Commissione Europea di Bruxelles che mi ha assistito per buona
parte del mio soggiorno di ricerca a Bruxelles e illuminato sul tema trattato nella tesi, fornendomi
documenti dai quali ho tratto le principali linee guida.
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Indice
Premessa ......................................................................................................................... 11
1. IL WHISTLEBLOWING NEL SISTEMA SOVRANAZIONALE ........................ 15
1.1 Considerazioni generali e introduttive del contesto sovranazionale ........................ 15
1.2 Verso una definizione convenzionale di whistleblowing. ....................................... 21
1.3 Strumenti Internazionali ........................................................................................ 23
1.4 (segue) Gli strumenti dell’Unione Europea ............................................................ 28
1.5 Il contesto italiano e il problema delle ratifiche ...................................................... 32
2. IL SISTEMA DI REPORTISTICA NELLE ISTITUZIONI EUROPEE ............... 35
2.1 Esperienza europea ................................................................................................ 35
2.2 Gli articoli 22 bis e 22 ter dello statuto dei funzionari dell’Unione europea (Staff
regulations) .................................................................................................................. 37
2.3 Il regime giuridico ................................................................................................. 39
2.4 Il problema della segnalazione anonima ................................................................ 45
2.5 L’OLAF ................................................................................................................ 47
2.6 Segnalare una frode ............................................................................................... 48
2.7 Perfezionamento delle misure previste ................................................................... 49
2.8 Aree di implementazione ....................................................................................... 50
2.8.1 La natura dell’informazione qualificata............................................................... 51
2.8.2 La portata della protezione ed effetti pregiudizievoli........................................... 52
2.8.3 Segnalazione anonima vs segnalazione confidenziale ......................................... 53
2.8.4 Segnalazione in mala fede .................................................................................. 55
2.8.5 Monitoraggio e valutazione ................................................................................ 55
2.9 La Corte Europea dei Diritti Umani Aspetti pratici ................................................ 56
2.9.1 Interferenza con il principio di libertà di espressione ........................................... 56
2.9.1.a) Interesse pubblico ........................................................................................... 60
2.9.1.b) Canali alternativi disponibili ........................................................................... 61
2.9.1.c) Autentcità dell’informazione ........................................................................... 61
2.9.1.d) Buona fede ...................................................................................................... 62
2.9.1.e) Detrimento delle autorità ................................................................................. 63
2.9.5.f) Severità della sanzione .................................................................................... 63
Casisitica di riferimento ............................................................................................... 65
3. IL SISTEMA STATUNITENSE ............................................................................... 69
10
3.1 Accenni al sistema americano e al sistema inglese ................................................. 70
3.2.1 Il Sarbanes-Oxley Act del 2002 .......................................................................... 73
3.2.2 Il Dodd-Franch Act............................................................................................ 75
3.2.2.a) I riscontri pratici ............................................................................................. 76
3.2.2.b) Segnalazioni anonime ..................................................................................... 80
3.2.2.c) La ricompensa ................................................................................................ 80
3.3 Considerazioni sugli atti normativi ........................................................................ 82
4. IL CONTESTO GIURIDICO ITALIANO: TRA ETICA E DIRITTO.................. 85
4.1 La normativa vigente e sistemi di protezione .......................................................... 85
4.1.1 Principi Costituzionali ......................................................................................... 87
4.1.2 Ambito giuslavoristico (Cass., Sez. Lav., sent. n. 6501 del 14 marzo 2013) ......... 88
4.1.3 Ambito penale ..................................................................................................... 90
4.1.4 Ambito civile, finanziario, amministrativo e normativa sulla privacy ................... 91
4.2 La Legge Anti-corruzione 190/2012: l’art. 54-bis D.lgs. 165/2001 ......................... 94
4.2.1 La disciplina giuridica ......................................................................................... 94
4.2.1 Critiche e interpretazioni della norma .................................................................. 96
4.3 La disciplina del D.lgs. 231/2001. Il whistleblowing nei modelli organizzativi ..... 101
4.3.1 Le origini del decreto ......................................................................................... 101
4.3.2 La struttura (artt. 5 – 7) ..................................................................................... 103
4.3.3 I modelli, l’Organismo di Vigilanza, il codice di comportamento ...................... 106
4.3.4 Un modello legale per la segnalazione degli illeciti............................................ 111
4.3.4.a) Il modello legale ........................................................................................... 112
4.5 Il whistleblowing nella realtà economica, sociale e culturale italiana .................... 116
4.5.1 Una dimensione etica nell’impresa .................................................................... 116
4.5.2 Cultura, linguaggio e “standardizzazione” dei concetti ...................................... 119
4.5.3 Onestà vs Fedeltà .............................................................................................. 123
4.5.4 Il whistleblowing come “relazione” per raggiungere il bene comune ................. 126
Conclusioni ................................................................................................................... 131
Bibliografia ................................................................................................................... 145
11
Premessa
Sono molti i contesti in cui è presente un dilagare disarmante di condotte illecite che minano la
stabilità delle relazioni e il raggiungimento di determinati obiettivi. Il tema delle relazioni è un tema
delicato da supportare e proteggere, poiché è attraverso tali relazioni che si sviluppano numerosi
sistemi che caratterizzano la nostra società, dal rapporto di lavoro alla pacifica convivenza
all’interno e all’esterno di un’organizzazione, nonché della società stessa.
Il fenomeno dilagante di pratiche comportamentali scorrette, quali la corruzione, è uno dei
principali fattori di rischio che comportano una distorsione del contesto sociale ispirato a principi di
legalità e trasparenza. Molti sono i casi in cui soggetti, al fine di proteggere tale sistema, vogliono
divulgare e rendere noto cosa inficia la stabilità dei rapporti umani in contesti determinati.
Le ragioni che spingono molti lavoratori a segnalare o meno condotte rilevanti sono molteplici,
pertanto, bisogna tracciare un profilo distintivo tra il lavoratore che, con grande senso di
responsabilità, sceglie di non accettare alcuna situazione di illegalità e colui il quale, chiudendosi
nella prigione del silenzio, finge di non vedere o finisce addirittura per approfittare della situazione
d’illegalità, perché colluso o perché facente parte di un sistema che ha maturato in lui la
convinzione della funzionalità e della convenienza della pratica “eticamente scorretta”.
Alla luce dell’esperienza legislativa e dell’esistenza di persone coraggiose che, al fine di contrastare
il fenomeno criminoso, si sono esposte in prima persona segnalando gravi condotte illecite. Il lavoro
che segue si propone di rintracciare i punti di forza di alcuni sistemi giuridici che prevedono una
disciplina per la protezione di coloro che segnalano illeciti e di investire sull’implementazione di
altri, fornendo spunti e indicazioni per creare ovvero migliorare le disposizioni vigenti.
E’ il caso del cd whistleblower (lett. colui che soffia il fischietto), figura di rilievo, di derivazione
anglo-americana, che emerge all’interno di un contesto dove l’illegalità è il principale ostacolo al
12
progresso e allo sviluppo economico e sociale. Esso è definito come “il lavoratore che, nello
svolgimento della propria attività, rinvenuta una possibile frode, un pericolo o altro serio rischio che
possa danneggiare clienti, colleghi, azionisti, il pubblico o la stessa reputazione dell’impresa/ente
pubblico/fondazione, decide di segnalarla”.
Nella prima parte, l’elaborato individua le disposizioni delle Convenzioni internazionali che
prevedono un obbligo, in capo agli Stati parti, di adottare una disciplina specifica per la protezione
della segnalazione e del segnalante.
Successivamente si concentra sugli strumenti adottati dalle Istituzioni europee e in particolare sulla
struttura e sulla procedura delle segnalazioni. Al riguardo, abbiamo avuto modo di apprenderne le
dinamiche grazie ad un incontro in prima persona con la principale referente, dott.ssa Simone
White, delle Istituzioni in materia di whistleblowing, la quale ci ha illustrato le aree di
implementazione della normativa e gli interessi da tutelare quando si creano situazioni di conflitto
tra il whistleblower e l’organizzazione di riferimento, sulla base delle pronunce della Corte Europea
dei Diritti Umani.
Il terzo capitolo passa in rassegna della disciplina degli Stati Uniti d’America che, avendo dalla loro
parte un’esperienza normativa secolare in materia, hanno un sistema che disciplina la protezione e
gli effetti premiali della segnalazione, tra i quali la consistente ricompensa riconosciuta al
whistleblower per aver portato alla luce frodi che altrimenti sarebbero rimaste sconosciute.
Successivamente ci si è soffermati sulla responsabilità d’impresa alla luce del d.lgs. 231/2001 e
sulla funzione del whistleblowing, atta ad integrare i modelli organizzativi d’impresa per la
prevenzione dei reati. In particolare abbiamo guardato all’organizzazione dell’impresa in termini di
buon governo, ovverosia la gestione trasparente e responsabile delle risorse umane, naturali,
economiche e finanziarie ai fini di uno sviluppo equo e duraturo. In relazione a tale problematica,
l’elaborato cerca di individuare i riferimenti normativi sui quali puntare e investire per raggiungere
una disciplina positiva, sia nell’ambito pubblico che nell’ambito privato, operazione, questa, che
13
presenta non poche difficoltà tanto dal punto di vista tecnico-normativo, quanto da quello socio-
culturale. L’Italia è tuttora carente in materia di protezione di coloro che segnalano illeciti,
nonostante la recente emanazione della Legge 190/2012 in materia di corruzione, che sembra aver
dato un input alla protezione del whistleblower. A tal proposito il nostro lavoro si è fatto carico,
nella parte conclusiva, di individuare i parametri normativi da cui partire per la realizzazione di
procedure specifiche di protezione nonché i principali aspetti che caratterizzano la società italiana
cercando di riportarli a livelli più alti in termini etici e morali. Si ritiene, infatti, che la figura del
whistleblowing va protetta: indipendentemente dal modo in cui la si protegge, ciò che rileva è, e
deve essere, il fine che consiste nella diminuzione degli illeciti piuttosto che nella persecuzione di
coloro che li commettono.
14
15
CAPITOLO I
1. IL WHISTLEBLOWING NEL SISTEMA SOVRANAZIONALE
1.1 Considerazioni generali e introduttive del contesto sovranazionale
Le necessità di proteggere la società e garantire la trasparenza hanno indotto non poche
organizzazioni sovranazionali a redigere testi1 che vincolino gli Stati parti all’adozione di misure
(such measures) affinché tali necessità siano rispettate e, quindi, volute dalle Nazioni firmatarie
come conseguenza della loro volontà di educare la società moderna alla trasparenza e all’etica delle
azioni.
Tra i principali obiettivi vi sono lo sviluppo e il rispetto dei valori umani e difesa del principio di
democrazia. Va da sé che la difesa e protezione di dichiarazioni che espongono fatti di qualsiasi
natura, talvolta delicati a tal punto che oltre alla semplice protezione è previsto il segreto (che per
ragioni di sicurezza o difesa nazionale non possono essere rivelati), debbano essere garantite in
rispetto dei principi di integrità psico-fisica e di libertà di espressione. Quello cui si assiste,
oggigiorno, nella maggior parte dei paesi di civil law, è una massiccia regolamentazione posta a
presidio della difesa dei testimoni e dei collaboratori di giustizia (vedi Italia), mentre non perviene
una specifica regolamentazione sulla protezione di coloro che spontaneamente decidono di
segnalare condotte illecite (wrondoings) commesse da qualsiasi soggetto (apicale/sottoposto) in
qualsiasi contesto (settore pubblico/privato), al fine di garantire loro la sicurezza e protezione da
qualsiasi pratica di ritorsione.
1 In particolare l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo
Economico (OCSE), il Consiglio d’Europa.
16
Sulla scorta di quanto accennato, i paesi di civil law sono pigri nell’individuare misure ulteriori
poiché ragionano sul fatto che è obbligo del singolo cittadino segnalare condotte illecite ai sensi di
un qualche articolo previsto da una legge interna che, con l’avanzamento della società, potrebbe
considerarsi anacronistico (ex, art.361 c.p. per il quale si può prevedere un inasprimento della pena
con potenziale riduzione della garanzia del dipendente pubblico o introdurre misure che incentivino,
anche economicamente, a segnalare di fatti di reato).
I paesi di common law (vedi infra §3), viceversa, hanno una cultura secolare che si presta alla tutela
di coloro che riportano informazioni riguardanti misure scorrette (malpractices) rinvenute
all’interno dei luoghi di lavoro. E’ il caso del cd whistleblower (soffiatore nel fischietto), figura di
rilievo che emerge all’interno di un contesto dove l’illegalità è il principale ostacolo al progresso e
allo sviluppo economico e sociale. Per intenderci possiamo definire il whistleblower (colui che dà
l’allarme) come “il lavoratore che, nello svolgimento della propria attività, rinvenuta una possibile
frode, un pericolo o altro serio rischio che possa danneggiare clienti, colleghi, azionisti, il pubblico
o la stessa reputazione dell’impresa/ente pubblico/fondazione, decide di segnalarla”2. Mentre il
termine whistleblowing (tradotto con il termine soffiata) si riferisce allo strumento giuridico idoneo
a garantire informazioni tempestive in merito ad eventuali tipologie di rischio (frodi ai danni o ad
opera dell’organizzazione, negligenze, illeciti, minacce). Più tecnicamente, possiamo definirlo come
“la rivelazione di fatti che possono integrare la fattispecie astratta del reato […], fatta di propria
iniziativa e in forma non anonima da un soggetto appartenente a una determinata organizzazione
(inside whistleblowing), privata o pubblica, alle competenti autorità esterne all’organizzazione
(external whistleblowing), anche in mancanza di una espressa autorizzazione in tal senso da parte
della prima (unauthorized whistleblowing), in quanto si tratti di fatti che presentano un momento di
2 Ghini P., L’utilizzo di un sistema di whistleblowing quale ausilio nella prevenzione delle frodi e dei reati, in La
responsabilità amministrativa delle società e degli enti, 2011.
17
collegamento con l’attività dell’organizzazione”3 (infra §1.2). A sostegno di tale argomento, le
Nazioni si sono impegnate per il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Il campo
“minato” che le organizzazioni internazionali intendono ripulire, è quello della corruzione, che fra
tanti strumenti possibili, hanno riposto la loro fiducia proprio sul whistleblowing. Per capire gli
sviluppi in materia di whistleblowing non possiamo tralasciare il campo della corruzione, poiché
alla luce di quello che emerge dall’orizzonte sovranazionale4, proprio il whistleblowing serve alle
Nazioni come possibile espediente di “contrasto alla corruzione, condotta che ostacola il ricambio
delle classi dirigenti, frena lo sviluppo economico-sociale, si oppone al pluralismo e quindi in
definitiva alla stessa evoluzione demografica della società”5. Ragione per cui abbiamo ritenuto
opportuno focalizzare l’attenzione sul tema delicato della corruzione e procedere di pari passo,
mediante un’analisi associata agli sviluppi del whistleblowing, per buona parte del presente lavoro.
Sul tema dello sviluppo economico e sociale le organizzazioni internazionali vogliono costruire le
basi per un futuro senza barriere, che ostacolino la crescita, dove anche i paesi in via di sviluppo
possono avere standard minimi apprezzabili di vita. Paradossalmente, su una base di una
similitudine concettuale, l’Italia necessita di quest’abbattimento della barriera culturale che reprime
la popolazione e la costringe a ricevere costantemente insegnamenti riprovevoli che sfociano nelle
più avverse condotte che fanno regredire l’uomo allo stato primordiale, antecedente lo Stato di
diritto, dove la regola era: non avere una regola. Per esempio l’accordo di partenariato firmato a
Cotonou6 (Belize) nel 2000 tra l’UE e i paesi dell’Africa, Caraibi e Pacifico definisce, a proposito, i
principi guida di cooperazione a cui i paesi firmatari devono tendere: <una cooperazione […]
orientata verso uno sviluppo durevole incentrato sull’essere umano, che ne è il protagonista e
3 Gandini F. in Fraschini, Parisi, Rinoldi, IL WHISTLEBLOWING. Nuovo strumento di lotta alla corruzione, Bonanno Editore, Acireale - Roma 2011. 4 UNCAC; Convenzioni, Civile e Penale, contro la corruzione del Consiglio d’Europa. 5 Rinoldi D. in Fraschini, Parisi, Rinoldi, IL WHISTLEBLOWING. Nuovo strumento di lotta alla corruzione, Bonanno Editore, Acireale - Roma 2011. 6 Succeduta alla convenzione di Lomé e Yaoundé su cui decisione del Consiglio dell’UE 21 giugno 2005 (GUUE L n.209
dell’11 agosto 2005).
18
beneficiario principale; un siffatto sviluppo presuppone il rispetto e la promozione di tutti i diritti
dell’uomo>7. Parole, queste, che sembrano tanto rievocare un principio di matrice settecentesca
secondo cui dobbiamo “agire in modo da trattare l’uomo (umanità), cosi in [noi] come negli altri,
sempre e a un tempo come fine e mai solamente come mezzo”8, infatti “ difficilmente si può
immaginare una crescita dei paesi in via di sviluppo basata sulla sistematica violazione dei diritti
fondamentali delle persone e dei lavoratori. L’idea che le radici dello sviluppo possono avere una
base meramente economica, sull’altare della quale sacrificare qualsiasi valore, appare ampiamente
superata. Il motore dello sviluppo […] è dato dalla valorizzazione e dall’investimento della risorsa
umana, nella sua crescita fisica, culturale, professionale”9. Il rispetto dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali, compreso il rispetto dei diritti sociali fondamentali, la democrazia fondata
sullo stato di diritto e un sistema di governo trasparente e responsabile sono parte integrante di uno
sviluppo durevole […] sui quali si fonda il partenariato e ispirano le politiche interne e
internazionali delle parti”10
. L’elemento essenziale risulta essere, senza dubbio, il buon governo che
stando alla parole della Convenzione è “la gestione trasparente e responsabile delle risorse umane,
naturali, economiche e finanziarie ai fini di uno sviluppo equo e duraturo. Esso comporta procedure
decisionali chiare da parte delle pubbliche autorità; istituzioni trasparenti e soggette all’obbligo di
rendere conto; il primato del diritto nella gestione e nella distribuzione delle risorse e il
potenziamento delle capacità per elaborare e attuare misure volte in particolare a prevenire e
combattere la corruzione”11
. Ragion per cui, in caso di violazione del principio del buon governo,
l’art. 97 della Convenzione prevede l’avvio di un’apposita procedura di consultazione e adozione di
<misure appropriate> la cui adozione spetta alla parte <presso la quale si sono verificati i casi di
corruzione gravi…necessarie per rimediare immediatamente alla situazione>. Il preambolo
7 Art. 9.1, co.1, Conv. 8 Kant I., Critica della ragion pratica, 1788. 9 Triggiani E., Venturini G.(a cura di), Bariatti S. (a cura di), Diritti Individuali e Giustizia Internazionale – Liber Fausto Pocar, Giuffrè Editore, Milano, 2009, p. 932. 10 Art. 9.1, co.2, co.4 Conv. cosi elaborato da Rinoldi. 11 Art. 9.3,co.1, Conv.
19
dell’accordo, nel sottolineare gli obiettivi12
e il raggiungimento di essi, fa esplicito riferimento al
rispetto dei <diritti fondamentali dei lavoratori e sostenere le sfide della globalizzazione per
rafforzare la dimensione sociale in un contesto politico in grado di garantire la pace, la sicurezza e
la stabilità, l’attuazione di politiche economiche sane e sostenibili>. Vanno ricordate, a rigore di una
più stretta relazione con i paesi del nord-atlantico, le convenzioni dell’Organizzazione delle Nazioni
Unite contro il crimine organizzato transnazionale13
e contro la corruzione (UNCAC)14
, le quali
prevedono misure di repressione dell’attività corruttiva nel settore pubblico e privato, infatti, sono
presenti rispettivamente riferimenti normativi sotto la rubrica criminalisation of corruption (art.8),
measures against corruption (art.9), liability of legal persons (art.10), per il settore pubblico,
mentre la seconda prevede misure anche per il settore privato (artt. 12. Private sector, 21. Bribery in
the private sector e 39. Cooperation between national authorities and the private sector ) stabilendo
anch’essa la responsabilità delle persone giuridiche (art.26) e prevede <disposizioni alla
prevenzione, alle indagini ed ai procedimenti concernenti la corruzione nonché al congelamento, al
sequestro, alla confisca ed alla restituzione dei proventi dei reati stabiliti conformemente alla
presente Convenzione>15
.
Si ricorda, inoltre, la Convenzione sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle
operazioni economiche internazionali16
dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo
economico (OCSE)17
che disciplina la responsabilità delle persone giuridiche (ma si limita al settore
12 <<Ridurre…il numero delle persone che vivono in estrema povertà>>. Vedi anche progetti dell’Unione europea tra cui Millennium Development Goals ed Europa 2020. 13 Accordo firmato a Palermo il 15 dicembre 2000 ratificato anche dall’Italia con L. di autorizzazione e di esecuzione n.146 del 16 marzo 2006. 14 Accordo firmato a Merida (Messico) dal 9 all’11 dicembre 2003 ratificata dall’Italia con L. di autorizzazione n. 116 del 3 agosto 2009. 15 Art. 3, c.1, UNCAC << 1. This Convention shall apply, in accordance with its terms, to the prevention, investigation and prosecution of corruption and to the freezing, seizure, confiscation and return of the proceeds of offences established in accordance with this Convention.>> 16 Accordo firmato il 17 dicembre 1997. Ratificata in italia dalla legge di aut. e rat. n. 300 del 29 settembre 2000. 17 Oltre ai paesi europei vede l’appartenenza di paesi come USA, Canada, Giappobe e Sud Corea)
20
pubblico e in ambito di corruzione attiva18
) ratificata in Italia con legge di autorizzazione ed
esecuzione n. 300 del 29 settembre 2000 che ha portato all’emanazione da parte del Governo del
d.lgs. 231 dell’8 giugno del 2001 sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche
(art.11 l. 300/2000). Sempre in tema di corruzione, ma questa volta nel settore privato, oltre ad
alcune decisioni delle Istituzioni UE19
, spuntano due convenzioni del Consiglio d’Europa contro la
corruzione, di carattere penale e civile20
. Nello specifico, la Convenzione penale contro la
corruzione prevede disposizione relative a active and passive bribery in the private sector (art.7-8);
la Convenzione civile contro la corruzione prevede forme di protezioni degli impiegati che
riportano informazioni relative a condotte di corruzione (art.9): <Each Party shall provide in its
internal law for appropriate protection against any unjustified sanction for employees who have
reasonable grounds to suspect corruption and who report in good faith their suspicion to responsible
persons or authorities>. E’ da queste considerazioni che inizia a prendere forma, tanto a livello
globale quanto settoriale, la disciplina del whistleblowing, seppur, come diremo in seguito, non
compare una vera e propria definizione normativa, al di là delle definizioni prospettate dai gruppi di
lavoro in materia21
che l’hanno rintracciata dal contesto che oggi definiamo gergo giuridico.
18 L’art.1, al primo e secondo comma, prevede: <<1. Ciascuna Parte deve adottare le misure necessarie affinché la propria legge consideri come illecito penale il fatto di chi intenzionalmente offra, prometta o dia qualsiasi indebito beneficio pecuniario o di altra natura, direttamente o per mezzo di intermediari, ad un pubblico ufficiale straniero, per lui o per un terzo, affinché l’ufficiale compia o si astenga dal compiere atti in relazione a doveri d’ufficio, per conseguire o conservare
un affare o un altro vantaggio indebito nell’ambito del commercio internazionale; 2. Ciascuna Parte deve adottare le misure necessarie per stabilire che rendersi complice di un atto di corruzione di un pubblico ufficiale straniero, inclusi l’istigazione, il favoreggiamento o l’autorizzazione a compiere tale atto, costituiscono illecito penale. Il tentativo e l’associazione ai fini della corruzione di un pubblico ufficiale straniero devono essere considerati illeciti penali nella misura in cui lo siano il tentativo e l’associazione ai fini della corruzione di un pubblico ufficiale della predetta Parte.>> 19 Decisione quadro del Consiglio 2003/568/GAI Lotta contro la corruzione nel settore private; decisione quadro del Consiglio 2002/584/GAI Mandato d’arresto europeo. 20 Testi disponibili sul sito del Consiglio d’Europa – STCE 173; STCE 174. 21 Vedi nota 23.
21
1.2 Verso una definizione convenzionale di whistleblowing.
Per trovare una definizione vincolante e soddisfacente del concetto di whistleblowing dovremmo
focalizzare l’attenzione esclusivamente al quadro giuridico d’oltre oceano. E’ opportuno, infatti,
ritenere come il termine in questione non abbia una natura tecnica, trattandosi di una vera e propria
“catch word” di derivazione pratica: il poliziotto di strada inglese (bobby), che suona il fishietto
(blowing the whistle) nel momento in cui percepisce la commissione di un’attività criminosa,
avvertendo così del pericolo sia il pubblico sia gli altri law enforcement officers, oppure l’arbitro
(refree) negli sport di squadra, che suona il fischietto quando viene commesso un fallo”22
. Questo
termine è entrato di diritto, sulla scorta di quanto avviene nei sistemi di common law, nel gergo
legale delle organizzazioni internazionali. Abbiamo però una definizione di whistleblowing
proveniente da uno studio commissionato dal Parlamento europeo (The European Parliament-
Budgetary Support Unit-Budgetary Affairs): “the insider disclosure of what is perceived to be
evidence of illegal conduct or other serious risk, out of or in relation to an organisation’s activities
including the work related activities of its staff”23
. Al fine di interpretare tale definizione riportiamo
l’analisi di un giudice del Trib. Di Roma24
che parte da una distinzione fenomenologica dei
concetti:
- internal/external whistleblowing, a seconda che il whistleblower riferisca quanto a sua
conoscenza a organi o istituzioni interne all’organizzazione;
22 Riportiamo inoltre le definizioni pratiche dell’organizzazione Public concern at work (www.pcaw.org): Whistleblowing - [a] Bringing an activity to a sharp conclusion as if by the blast of a whistle (Oxford English Dictionary); [b] Raising a concern about wrongdoing within an organisation or through an independent structure associated with it (UK Committee
on Standards in Public Life); [c] Giving information (usually to the authorities) about illegal or underhand practices (Chambers Dictionary); [d] Exposing to the press a wrongdoing or cover-up in a business or government office (US, Brewers Dictionary); [e] a safe alternative to silence (Public Concern at Work); [f] (origins) Police officer summoning public help to apprehend a criminal; referee stopping play after a foul in football. 23 Così European Parliament-Budgetary Support Unit-Budgetary Affairs, Whistleblowing Rules: Best Practice; Assessment and Revision of Rules Existing in EU Institutions- Study, IP/D/CONT/ST/2005-58, 12 maggio 2006, pp. i) e 16. 24 Gandini F., Op. cit.
22
- inside/outside whistleblowing, a seconda che il whistleblower appartenga, o meno,
all’organizzazione;
- authorized/unauthorized whistleblowing, a seconda che i fatti siano riferiti dal
whistleblower a seguito, o meno, di una autorizzazione specificamente rilasciata
dall’organizzazione;
- anonimo/non anonimo whistleblowing, a seconda che il whistleblower. rilasci o meno la
propria identità;
- whistleblowing parte di organismo pubblico o privato. Dall’esperienza di common law ci
riferiamo al whistleblowing appartenente a un organismo privato (strumento di corporate
governance) al fine di assicurare l’integrità della corporation presso la quale lavorano;
- oggetto del whistleblowing possono essere fatti di reato o meri organisational
wrongdoings;
- distinzione tra whistleblower e persona informata sui fatti/testimone, distinzione fondata
sulla circostanza che il whistleblower agisce di iniziativa propria, quando ancora le autorità
preposte non hanno alcuna notizia relativa a fatti di reato. La protezione del whistleblower
non è protezione della sua integrità fisica, come accade per i testimoni, bensì la protezione
del suo rapporto di lavoro, del suo profilo professionale e della sua carriera. Infatti il bene
da tutelare non sono l’assicurazione e la genuinità della prova dichiarativa, ma la continuità
e il normale svolgimento del rapporto che lega il whistleblower con l’organizzazione di
appartenenza25
.
In sostanza la definizione sintetica racchiude la rivelazione spontanea di fatti in forma non anonima
da parte di un soggetto appartenente a un’organizzazione (inside), pubblica o privata, alle
25 Ibidem.
23
competenti autorità esterne (external) anche in mancanza di apposita autorizzazione, purché si tratti
di fatti che hanno un collegamento con l’attività dell’organizzazione.
1.3 Strumenti Internazionali
In tutti gli strumenti previsti dalle organizzazioni, non compaiono disposizioni espressamente
dedicate al whistleblowing. Per ciò che riguarda l’OCSE nell’ambito del Working group on bribery
in international business tranactions (WGB)26
, si è affermata l’esistenza di una vero e proprio
obbligo per gli Stati parti di prevedere misure di whistleblowingb27
. Tale interpretazione parte dal
fatto che la convenzione pone degli obblighi precisi in capo agli Stati parti di adottare misure
idonee, effettive per prevenire casi di corruzione, la cui effettività, secondo gli studi effettuati in
materia, è coessenziale alla tutela del whistleblower28
. Inolotre particolare interesse dell’OCSE in
materia di whistleblowing lo si può comprendere nelle Guidelines for Multinational Enterpries
(Parigi, 2000)29
, nei Principles of Corporate Governance (Parigi, 2004), nei rapporti redatti dai
“Punti di contatto nazionali” sull’attuazione delle Gudelines:
Participants emphasised the need for a “zero tolerance” policy and for “tone from the
top”. […] the consultations […] have shown that, if support from headquarters is to be
effective, it requires a clear chain for reporting corruption (sometimes through a hotline) as
26 Gruppo istituito dall’art. 12 della Convenzione del 1997 sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali col combinato disposto dell’art.5 Conv. 1997 e del par. I della Revised recommendation of the Council on cobating bribery in Institutional business transactions del 23 maggio 1997. 27 OECD mid-term study of phase 2 reports application of the convention on combating bribery of foreign public officials in international business transactions and the 1997 recommendation on combating bribery in international business transactions. 28 Gandini F., Op. cit. 29 Part. 9 capitolo su Commentary on the OECD Guidelines for Multinational Enterprises: “Safeguards to protect bona fide “whistle-blowing” activities are alsorecommended, including protection of employees who, in the absence of timely remedial action or in the face of reasonable risk of negative employment action, report practices that contravene the law to the competent public authorities. While of particular relevance to anti-bribery and environmental initiative, such
protection is also relevant to other recommendations in the Guidelines”.
24
well as whistleblower protection. Such measures should be set forth in company guidelines
and supported with regular awareness and training activities30
.
Una disposizione espressa per la tutela di chi riporta fatti concernenti condotte scorrette è prevista
dal già citato art. 9 della Convenzione Civile contro la corruzione31
da cui si ricava un obbligo
incondizionato di prevedere misure di prevenzione, dall’utilizzo dell’inciso shall provide, alla
lettera “devono prevedere”. Il rapporto esplicativo della Convenzione stabilisce, infatti, che:
“l'articolo riguarda la necessità di ciascuna Parte di adottare le misure necessarie per
proteggere i dipendenti, che segnalano in buona fede e sulla base di ragionevoli motivi, i
loro sospetti sulle pratiche di corruzione o comportamenti, da qualsiasi pratica di
ritorsione”32
.
La Convenzione non fa riferimento alcuno alle misure specifiche, perciò gli Stati parti hanno la
libertà di scegliere i mezzi da porre a presidio della tutela del whistleblower. Dall’interpretazione si
evince, inoltre, come non si faccia distinzione tra settore pubblico e settore privato, a fortiori del
fatto di come l’obbligo sia inerente alla tutela in sé del whistleblower, indipendentemente dalla
natura dell’organizzazione di cui fa parte. Continuando sempre sulla stessa linea interpretativa
cogliamo come l’utilizzo del termine employee (dipendente/impiegato) stia a rilevare il carattere
interno, di appartenenza, del soggetto dichiarante, all’organizzazione (insider w.) che in forma non
anonima riporta fatti, integranti di una fattispecie incriminatrice determinata, a un’autorità esterna.
Più delicato, invece, è il riferimento all’unauthorized whislteblowing che porta a una comparazione
dei doveri che incombono in capo al whistleblowing, per cui da un lato avremo il dovere di
30 OECD Guidelines for Multinational Enterprises: 2005 Annual Meeting of the National Contact Points p. 87 31 Art.9 Conv. Each Party shall provide in its internal law for appropriate protection against any unjustified sanction for employees who have reasonable grounds to suspect corruption and who report in good faith their suspicion to responsible persons or authorities 32 Rapp. Espl. Conv., par. 66: This Article deals with the need for each Party to take the necessary measures to protect employees, who report in good faith and on the basis of reasonable grounds their suspicions on corrupt practices or
behaviours, from being victimised in any way.
25
fedeltà/confidenzialità che lo stesso deve prestare nei confronti dell’organizzazione (impresa/ ente
pubblico o privato), dall’altro il dovere di riportare i fatti aventi ad oggetto condotte illecite:
“la "protezione adeguata contro qualsiasi sanzione ingiustificata" implica che, sulla base
della presente convenzione, una sanzione nei confronti dei dipendenti in base al motivo che
aveva [segnalato] un atto di corruzione a persone o le autorità responsabili per la
ricezione di tali relazioni, non è giustificata. Il reporting non dovrebbe essere considerato
come una violazione del dovere di riservatezza. Esempi di sanzioni ingiustificate possono
essere un licenziamento o retrocessione di tali persone o agire comunque in modo da
limitare i progressi nella loro carriera”33
.
A soccorso di tale problematica, giova ricordare, interviene l’art. 9 che, mediante un bilanciamento
degli interessi in gioco, promuove la prevalenza del dovere di report sul dovere di fedeltà. Infatti,
facendo l’articolo riferimento all’inciso reasonable grounds e good faith suole intendere l’immunità
del whistleblower solo quando riporta casi fondati, in buona fede e su ragionevoli motivi, anche se
egli non ne ha la piena certezza, essendo sufficiente il mero sospetto34
. Allora possiamo continuare
l’indagine sul fatto che, non avendo il whistleblower doveri di investigazione, sembra “trattarsi di
una combinazione tra uno stato oggettivo (ragionevoli motivi) e uno soggettivo (buona fede), che
potrà essere accertato con giudizio ex ante”35
:
33 Rapp. Espl. Conv., par. 69: The "appropriate protection against any unjustified sanction" implies that, on the basis of this Convention, any sanction against employees based on the ground that they had reported an act of corruption to persons or authorities responsible for receiving such reports, will not be justified. Reporting should not be considered as a breach of the duty of confidentiality. Examples of unjustified sanctions may be a dismissal or demotion of these persons or otherwise acting in a way which limits progress in their career. 34 Gandini F., Op. cit. 35 Ibidem.
26
“Per quanto riguarda i lavoratori subordinati, la protezione offerta copre solo i casi in cui
hanno ragionevole motivo di dichiarare i loro sospetti e segnalarli in buona fede. In altre
parole, si applica solo ai casi reali e non a quelli riportati in mala fede”36
.
Quanto detto trova riscontro nella mole di documenti e libri dottrinali scritti in paesi di common
law, specialmente negli Stati Uniti, dove la natura secolare del whistleblowing ha supportato la
concreta, seppur lenta, creazione di una sua forma anche nel contesto europeo, e ci si è lasciati alle
spalle il riferimento ad esso come una figura astratta o inconcepibile per il nostro sistema.
Sulla scorta di quanto specificato per la Convenzione Civile contro la corruzione (art. 9) possiamo
tracciare un altrettanto profilo per la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione
(UNCAC)37
, che all’art.33 tratta del whistleblowing, anche se con una spinta meno incisiva rispetto
alla Convenzione del Consiglio d’Europa:
<Articolo 33. Protezione delle persone che comunicano informazioni.
Ciascuno Stato Parte deve considerare la possibilità di incorporare nel proprio sistema
giuridico le misure appropriate per proteggere da qualsiasi trattamento ingiustificato ogni
persona che segnali alle autorità competenti, in buona fede e sulla base di ragionevoli
sospetti, qualsiasi fatto concernente i reati stabiliti dalla presente Convenzione>38
.
La differenza tra i due articoli delle due convenzioni investe il carattere dell’obbligatorietà
dell’adozione delle misure di protezione, poiché mentre l’articolo della Convenzione Civile prevede
un obbligo incondizionato, la disposizione dell’UNCAC al massimo si limita a prevederne la
possibilità, giustificata dall’utilizzo della forma condizionata (shall consider incorporating)
36 Rapp. Espl. Conv., par. 72: As far as employees are concerned, this protection provided covers only the cases where they have reasonable ground to report their suspicion and report them in good faith. In other words, it applies only to genuine cases and not to malicious ones. 37 Anche all’interno dell’ONU si è valutata la necessità di dotarsi di sistemi di protezione del whistleblower che segnala irregolarità sul funzionamento dell’Organizzazione stessa (Best Practices on Whistleblowing ST/SGB/2005/21). 38 Article 33. Protection of reporting persons Each State Party shall consider incorporating into its domestic legal system appropriate measures to provide protection against any unjustified treatment for any person who reports in good faith and on reasonable grounds to the competent
authorities any facts concerning offences established in accordance with this Convention.
27
dell’inciso “deve considerare”. Ma il profilo interpretativo dell’articolo ricalca quello del
precedente articolo 9. Ciò è tanto vero in quanto si fa riferimento ai concetti di insider e di
unauthorized whistleblowing, con l’emersione degli stessi problemi di bilanciamento di interessi
(confidenzialità vs dovere di report) e la soluzione è la stessa trovata per l’articolo 9 che individua
nel dovere di report la prevalenza dell’interesse.
Ritornando al contesto regionale europeo, il Consiglio d’Europa, tramite l’Assemblea parlamentare,
ha elaborato ulteriormente la sua strategia su tre diversi livelli. Affiancamento alle Convenzioni
contro la corruzione di un accordo quadro specifico sulla protezione del whistleblower39
(da
allegare documento) che va ad incidere sul piano normativo interno fornendo diretta efficacia alle
disposizioni eventualmente previste; a seguito di ciò sempre l’Assemblea ha redatto delle
Guidelines40
, raccomandando agli Stati membri di conformare l’ordinamento interno ad essa;
l’Assemblea, ancora, suggerisce che l’Organizzazione si doti di <a strong internal “whistleblowing”
mechanism (…) covering the Council (…) and all its Partial Agreements>41. Queste pronunce
dell’Assemblea partono dalla base solida costruita della Committee on Legal Affairs and Human
Rights (Comitato per gli Affari Legali e Diritti Umani) in materia di protezione dei
whistleblowers42
, che rileva l'importanza del whistleblowing come un'opportunità per rafforzare la
responsabilità, e rafforzare la lotta contro la corruzione e la cattiva gestione, sia nel settore pubblico
sia privato, e stabilisce che “tutti gli Stati membri dovrebbero rivedere la loro legislazione in
materia di protezione di whistleblowing, tenendo presente alcuni principi guida. In particolare che:
- tale legislazione dovrebbe tutelare tutti coloro che, in buona fede, si avvalgono di canali
interni di "whistleblowing", da qualsiasi forma di ritorsione (licenziamento senza giusta
causa, molestie, o qualsiasi altro trattamento punitivo o discriminatorio);
39 Raccomandazione dell’Assemblea parlamentare 1816 (2010), del 29 aprile 2010, punto 2.3. 40 Risoluzione dell’assemblea parlamentare 1729 (2010), punto 6. 41 Parisi N. in Fraschini, Parisi, Rinoldi, IL WHISTLEBLOWING. Nuovo strumento di lotta alla corruzione, Bonanno Editore, Acireale - Roma 2011. 42 Report of the Committee on Legal Affairs and Human Rights: Doc. 12006 14 September 2009 The protection of
"whistle-blowers".
28
- le dichiarazioni che avvengono in contesti dove canali interni non esistono, o non hanno
funzionato correttamente, o non potevano ragionevolmente essere in grado di funzionare
correttamente, data la natura del problema sollevato dal "whistle-blower", external "whistle-
blowing", anche attraverso i mezzi di comunicazione , devono altresì essere protette;
- qualsiasi "whistle-blower" è considerato in buona fede, a condizione che ci siano fondati
motivi e si ritengano vere le informazioni comunicate, anche se in seguito risulta essere il
contrario, e a condizione che il whistleblower non persegue alcun fine illegale o non etico, e
- la normativa in materia dovrebbe prevedere una protezione affidabile (reliable) per i
whistleblowers in buona fede, contro qualsiasi forma di ritorsione da parte di un
meccanismo di esecuzione, che indaghi sulla segnalazione del whistleblower e/o ricerca la
correttezza delle azioni dal datore di lavoro.
Il Comitato propone che il Consiglio d'Europa, è invitato a dare il buon esempio, istituendo un forte
meccanismo interno di whistleblowing all'interno dell'Organizzazione”43
.
1.4 (segue) Gli strumenti dell’Unione Europea
L’ordinamento dell’Unione Europea non ha adottato, nonostante i lavori delle organizzazioni
colleghe e dei comitati, disposizioni giuridiche vincolanti in materia di whistleblowing. Ciò
nonostante sembra che qualcosa si stia formando, infatti, sempre sulle orme del Consiglio d’Europa,
si “sta percorrendo una duplice via: da una parte si lavora – nel quadro delle politiche messe in
campo per fare dell’Unione uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia – ai fini dell’armonizzazione
delle disposizioni nazionali a tutela del whistleblower; da un’altra si tenta di informare il
funzionamento dell’Unione al principio di trasparenza e corretta amministrazione, dotando il suo
43 Così il prospetto del Report del Comitato per gli Affari Legali e Diritti Umani.
29
ordinamento di una disciplina sulla funzione pubblica europea in linea con tali principi”44
. Il Titolo
V del Trattato di Lisbona – sezione Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – all’art.83 (ex art. 31 del
TUE) individua la corruzione tra le forme di criminalità, che l’Unione stessa <si impegna a
prevenire e reprimere per conseguire l’obiettivo della creazione e del mantenimento di uno spazio di
libertà, sicurezza e giustizia tramite una più stretta cooperazione di polizia, giudiziaria e doganale,
nonché, ove necessario, il ravvicinamento delle normative degli Stati membri in materia penale>45
.
L’Unione Europea ha istituito un ufficio dotato di poteri di investigazione, l’OLAF46
, per
combattere il fenomeno della corruzione, che, stando alle parole della Commissione, esisterà
fintantoché esisterà la criminalità, tant’è che definisce la corruzione come un reato a natura
nascosta, <occulto poiché si fonda su un patto di silenzio tra il corruttore e il corrotto>, ragion per
cui non miete vittime (almeno direttamente). Questa posizione della Commissione – Politica
globale dell’UE contro la corruzione - individua praticamente possibili misure di prevenzione, tra
cui la necessità di <stimolare (…) il necessario dialogo (…) tra il settore pubblico e il settore privato
di modo che le imprese dispongano di chiare norme per la segnalazione delle irregolarità
(…stabiliscono, cioè, la procedura che un dipendente deve seguire qualora venga a conoscenza di
una condotta corruttiva all’interno della società); e in modo che le imprese si dotino di misure di
formazione e di controllo dell’applicazione di tali norme, al fine di trasmettere il messaggio
inequivocabile che la corruzione è un fenomeno inaccettabile e di incoraggiare i dipendenti a
segnalare tali pratiche>47
. Anche in ambito di politica interna, indirizzato a garantire il
funzionamento del mercato interno, compare un obbligo in capo ai singoli di segnalare condotte
44 Parisi N. in Fraschini, Parisi, Rinoldi, IL WHISTLEBLOWING. Nuovo strumento di lotta alla corruzione, Bonanno Editore, Acireale - Roma 2011. 45 Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale, 28 maggio 2003, COM(2003)317 46 L’OLAF è stato istituito con decisione della Commissione 1999/352/CE, CECA, EURATOM, del 28 aprile 1999, che istituisce l'Ufficio europeo per la lotta antifrode ( Ufficio Europeo per la lotta Anti-Frode). 47 COM(2003)317 punto 6, lett. d), ii.
30
illecite, in materia di abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato48
. Quanto
detto concerne la pratica delle armonizzazione delle disposizioni nazionali in tema di
whistleblowing, mentre per quanto concerne quella relativa al principio di trasparenza e corretta
amministrazione, dobbiamo prendere in considerazione il lavoro (già citato in tema di definizione di
whistleblowing) svolto dall’European Parliament-Budgetary Support Unit-Budgetary Affairs49
il
quale focalizza la sua attenzione – avendo come base
<What, if any, are the shortcomings of the EU Institutions' current rules on
whistleblowing? What improvements could be introduced on the basis of the best practice
applying in the Member States, the USA and the private sector?>50
–
sulle disposizioni esistenti e i relativi miglioramenti e sul concetto che
<any organisation only exists because of the fundamental conventions, including laws and
ethics, of society […] and this applies to public administration as well as to private companies […]
and it will be necessary to study “ a right to report”>51. La base giuridica nel contesto regionale
Europeo sembra prestarsi a una acquisizione del concetto di protezione del whistleblower. Quello
che però ostacola il formarsi di una tale cultura giuridica, non solo in astratto ma anche in concreto,
sembrano essere le politiche interne dei singoli Stati Membri che, nonostante abbiano accettato il
vincolo di tali disposizioni pattizie, non hanno, oppure hanno in parte, adempiuto gli obblighi
previsti. Significativo è il caso dell’Italia, che per conformare la disciplina della Convenzione di
Merida (UNCAC) ha dovuto apportare una incisiva modifica al piano interno in materia. Per
esempio la soppressione dell’Alto Commissario52
, istituito per la prevenzione e il contrasto degli
48 Direttiva 2003/6/CE del Parlamento e del Consiglio art. 6.9. 49 European Parliament-Budgetary Support Unit-Budgetary Affairs, Whistleblowing Rules: Best Practice; Assessment and Revision of Rules Existing in EU Institutions- Study, IP/D/CONT/ST/2005-58, 12 maggio 2006. 50 European Parliament-Budgetary Support Unit-Budgetary Affairs, Whistleblowing Rules: Best Practice; Assessment and Revision of Rules Existing in EU Institutions- Study, IP/D/CONT/ST/2005-58, 12 maggio 2006, p. i). 51 Parisi N. in Fraschini, Parisi, Rinoldi, IL WHISTLEBLOWING. Nuovo strumento di lotta alla corruzione, Bonanno Editore, Acireale - Roma 2011. 52 Figura soppressa dal DL 112/2008, art.68 e la Convenzione di Merida ratificata dall’Italia con con L. di autorizzazione
n. 116 del 3 agosto 2009.
31
illeciti (tra cui la corruzione) all’interno della Pubblica Amministrazione, con relativo trasferimento
delle funzioni in capo al Ministero di riferimento. Tra gli ultimi atti approvati dal Parlamento
europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea, compaiono sentimenti rivolti alla presa in
considerazione del whistleblowing come utile strumento per la lotta alla frode. Una recentissima
direttiva53
approvata, in materia di Occupazione, Politica Sociale, Salute e Consumatori, riporta
sulla protezione delle vittime di reato e prevede misure minime per garantire loro rispetto e certezza
nel processo e nella vita sociale. Mentre in una risoluzione alla decisione 2010/2147(DEC)54
, il
Parlamento Europeo ha preso atto delle segnalazioni relative alla gestione del Comitato Economico
e Sociale Europeo riportate da un whistleblower poi sanzionato, da cui è partita la relativa indagine
dell’OLAF55
. Ancora il Parlamento Europeo, questa volta nelle motivazioni della proposta di
risoluzione sull’analisi interlocutoria della strategia comunitaria 2007-2012 per la salute e la
sicurezza sul luogo di lavoro, menziona “il ruolo positivo svolto dalle persone preposte a lanciare
l’allarme”56
. L’UE a questo punto dovrebbe educare gli Stati a quella cultura del whistleblower,
lontana anni luce, che per timore o per contraddittorietà57
, i singoli Stati rifiutano una insinuazione
nel loro ordinamento. Ma obiettivo dell’Unione e l’armonizzazione degli Stati e questo può
raggiungersi attraverso una maggiore coerenza tra le stesse culture all’interno della “grande
famiglia” che l’Europa vuole essere.
53 Testo approvato, mediante procedura di codecisione, in prima lettura dal Parlamento Europeo prima e poi dal Consiglio, il 4 ottobre 2012, in tema di Occupazione, Politica Sociale, Salute e Consumatori - P7_TA-PROV(2012)0327. 54 Risoluzione del Parlamento europeo del 10 maggio 2011 recante le osservazioni che costituiscono parte integrante della decisione sul discarico per l'esecuzione del bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2009, sezione VI – Comitato economico e sociale europeo (C7-0216/2010 – 2010/2147(DEC)). 55 Così la proposta di risoluzione: …Il Parlamento europeo, (…) 2. prende atto con preoccupazione delle segnalazioni relative alla gestione del CESE, che hanno dato luogo a un caso di [segnalazione] interna ("whistleblowing") che è stato sanzionato; rileva che l'11 marzo 2011 l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ha deciso di aprire un'indagine e
invita il CESE e l'OLAF a riferire all'autorità di discarico sull'evoluzione e sull'esito del caso; incarica la sua commissione competente per la procedura di discarico a seguire attentamente la questione, al fine di ottenere informazioni supplementari sull'impatto dell'indagine dell'OLAF e a tener conto del suo esito nella procedura di discarico 2010; A7-0136/2011. 56 Proposta di risoluzione del Parlamento europeo sull’analisi interlocutoria della strategia comunitaria 2007-2012 per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro; A7-0409/2011. 57 Nicoletta Parisi – Le difficoltà nell’adeguamento interno alle disposizioni internazionali elaborate in materia: Il W…”istituto ignoto alla gran parte degli ordinamenti di civil law che per taluni sembra strano e contraddittorio rispetto al
tessuto culturale della civiltà sottostante”.
32
1.5 Il contesto italiano e il problema delle ratifiche
L’Italia ha soltanto di recente ratificato la Convenzione penale contro la corruzione del Consiglio
d’Europa (L. n.110 del 28 giugno 2012), immediatamente precedente al Disegno di Legge anti-
corruzione poi divenuto legge nel novembre 2012 (L. 6 novembre 2012, n. 190 recante
"Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica
amministrazione"). Mentre non è stata ancora avviata procedura alcuna per la ratificazione della
Convenzione civile contro la corruzione del Consiglio d’Europa, nonostante la firma di datata
memoria (nel 1999). La Convenzione di Merida ha avuto la sua incompleta ratifica, poiché è stato
tralasciato il campo della corruzione nel settore privato. Al riguardo, come premesso nella chiusura
del precedente paragrafo, non pochi sono stati i problemi che l’Italia ha affrontato nel ratificare la
Convenzione, che ricordiamo essere stata firmata nel 2003 e ratificata nel 2009. Infatti, giova
ricordare come la Legislatura italiana (XIV) era la stessa che poi ha provveduto alla incompleta
ratifica (Legislatura XVI), e ciò consente di osservare che nulla dovrebbe impedire il
completamento delle misure italiane volte a obbligarsi pienamente all’Accordo58
. L’emblematico
esempio della soppressione dell’Alto Commissario porta a chiedersi “se l’Italia abbia pregiudicato o
ancora oggi pregiudichi, in carenza di piena esecuzione, l’obbligo di assicurare l’esistenza di organi
di prevenzione della corruzione dotati di indipendenza necessaria a esercitare senza influenze
esterne e bisogna sottolineare il fatto che la competenza del Servizio anticorruzione e trasparenza
(S. A. e T.) non si estende al settore privato”59
. Questo problema ha investito anche la ratifica delle
Convenzioni del Consiglio d’Europa, di cui però non si è avuta neanche una ratifica parziale.
Nonostante ciò l’Italia ha aderito al Group of States against Corruption (GRECO) del Consiglio
58 Rinoldi D., Op. cit. 59 Ibidem.
33
d’Europa60
, <istituito allo scopo di assicurare l’attuazione della convenzione dell'OCSE sulla
corruzione e delle convenzioni penale e civile sulla corruzione del Consiglio d'Europa, nonché di
vigilare sul rispetto dei 20 principi guida del Consiglio d’Europa per la lotta contro la corruzione e
dell’attuazione delle convenzioni penale e civile sulla corruzione e dei codici di condotta applicabili
ai funzionari pubblici>61
. Il gruppo ha richiesto l’introduzione di norme che disciplinino il
whistleblowing e l’Italia ha risposto alle raccomandazione del GRECO (report sull’Italia62
) con,
appunto, l’introduzione dell’articolo 54-bis nella legge 165/2001. Il GRECO però ha ritenuto la
norma limitata e insufficiente rispetto alle raccomandazioni.
Il panorama italiano, a questo punto, sembra aver preso un’inclinazione differente, anche in
relazione al fatto che l’attuale Governo tecnico si stia impegnando a voler approvare il Ddl anti-
corruzione63
, proposto dall’allora Governo ordinario64
. Infatti, all’art. 4 del Ddl è prevista la tutela
del dipendente pubblico che segnala illeciti65
. Ancora una volta, però, si comprende come il
legislatore italiano sia restio a prevedere strumenti giuridici idonei a regolare il settore privato, nel
nostro caso del dipendente che segnali irregolarità, nonostante i relativi riferimenti alle
Convenzioni.
60 Istituito dal Consiglio d’Europa nel 1999 per monitorare sulla conformità da parte degli Stati parti ai modelli anti-corruzione dell’organizzazione. 61 Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale del 28 maggio 2003 COM(2003)317 def. 62 Joint First and Second Evaluation Round. Compliane Report on Italy, adottato dal GRECO nella sua 51a Assemblea
Plenaria a Stasburgo, 23-27 maggio 2011. 63 In fase di stesura il Ddl in questione è divenuto Legge (190/2012) il 6 novembre 2012. 64 Firmato dall’allora guardasigilli A. Alfano. 65 Così al testo del DDL 2156 Art 4.(Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti) 1. Fuori dei casi di responsabilita` a titolo di calunnia o diffamazione, il pubblico dipendente che enuncia o riferisce condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro non puo` essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla [segnalazione]. 2. Salvi gli obblighi di [segnalazione] previsti dalla legge, l’identita`
del segnalante non puo` essere rivelata, senza il suo consenso, fino alla contestazione dell’addebito disciplinare.
34
35
CAPITOLO II
2. IL SISTEMA DI REPORTISTICA NELLE ISTITUZIONI
EUROPEE
A seguito degli scandali che hanno portato alle dimissioni della Commissione Santer, le istituzioni
europee hanno avvertito la necessità di proteggere il sistema economico-finanziario (e non solo)
dagli attacchi maldestri, interni ed esterni, di soggetti appartenenti alle istituzioni, mediante una
disciplina ad hoc, integrativa di strumenti idonei a garantire e tutelare il buon andamento delle
istituzioni, tra cui il whistleblowing. La riforma di più recente memoria l’abbiamo avuta nel 2004
con l’introduzione di due nuovi articoli all’interno dello statuto dei funzionari dell’unione europea
(Staff Regulations).
2.1 Esperienza europea
Il 10 settembre 1999 il Comitato di esperti indipendenti (Committe of Indipendent experts) nella sua
seconda pubblicazione66
si è raccomandato (raccomandazione 80) di prendere in considerazione una
procedura ad hoc sul funzionamento del whistleblowing, stabilendo che dovrebbero essere
introdotti, all’interno dello statuto stesso, dei meccanismi per la segnalazione alle autorità
competenti al di fuori della Commissione, nonché la protezione dei segnalanti contro qualsiasi
conseguenza negativa67
. Il Comitato è chiaro nell’esporre ciò su cui avrebbe voluto che la
66 Così il Committe of Indipendent experts: SECOND REPORT on Reform of the Commission Analysis of current practice and proposals for tackling mismanagement, irregularities and fraud VOLUME II. 67 Ibidem, Recommendation 80: The rights and obligations of officials to report instances of suspected criminal acts and other reprehensible behaviour to the appropriate authorities outside the Commission should be established in the Staff Regulations and the necessary mechanisms put in place. The Staff Regulations should also protect whistleblowers who
respect their obligations in this regard from undue adverse consequences of their action.
36
Commissione ponesse la sua attenzione. Infatti, esprime la necessità di tracciare un obbligo in capo
ai funzionari in ordine alla segnalazione di effettivi o possibili illeciti all’interno del servizio
pubblico; regole chiare da seguire per arrivare ad avere una segnalazione da cui possa scaturire
un’indagine che porti ad un’eventuale processo (follow-up); protezione per i dipendenti che
espongono illeciti68
. Ciò non vuol dire assolutamente che il funzionario debba essere incoraggiato a
segnalare ogniqualvolta ritenga che un altro soggetto (superiore o di pari livello) non abbia agito
correttamente. Il Comitato propone un bilanciamento di due interessi particolari: da un lato, non
svuotare il dovere di lealtà e riservatezza che il dipendente ha nei confronti dell’organizzazione di
cui fa parte e dall’altro portarlo all’esasperazione avendosi cosi “una congiura del silenzio” (sez.
7.6.10 Whistleblowing).
Sempre nel 1999 la Commissione, con una decisione, ha sancito che <tutti i funzionari che vengano
a conoscenza di elementi di fatto che lascino presupporre l'esistenza di irregolarità gravi (…), sono
tenuti ad informarne il proprio superiore gerarchico o il Direttore generale da cui dipende o, qualora
lo ritenga utile, il Segretario generale o direttamente l’Ufficio europeo per la lotta antifrode
(OLAF)>69
. Nel 2002 ha offerto ai funzionari la possibilità di trasmettere simili informazioni al
Presidente della Corte dei Conti, al Parlamento europeo o al Consiglio, ovvero al Mediatore, nel
caso in cui il funzionario in questione abbia preventivamente informato l’Ufficio europeo per la
lotta antifrode (OLAF) e/o la Commissione e accordato loro un termine ragionevole per adottare le
misure del caso70
. Nel 2004 un emendamento ha inciso fortemente sulla materia in esame,
ampliando le disposizioni dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (Staff Regulations), con
l’introduzione degli articoli 22bis e 22ter nella sezione Diritti e Obbligazioni dei Funzionari, con i
68 Ibidem, sec. 7.6.8. 69 1999/396/EC, ECSC, Euratom: Commission Decision of 2 June 1999 concerning the terms and conditions for internal investigations in relation to the prevention of fraud, corruption and any illegal activity detrimental to the Communities' interests (notified under document number SEC(1999) 802). 70 COM(2004)93 Finale.
37
quali si prevede la protezione della posizione del funzionario che segnala gravi irregolarità
all’interno delle istituzioni.
L’OLAF ha informato le istituzioni, tramite il suo report annuale del 2003-200471
, che i
whistleblower sono la principale fonte di informazioni inerenti gli illeciti interni, infatti essi
ricoprono il 34% delle informazioni totali, seguita dalle informazioni provenienti direttamente dalla
Commissione Europea che ricoprono il 31%, a seguire troviamo gli Stati membri col 21%, e il
restante è ricoperto de telefonate anonime e altri mezzi. Tuttavia, non tutte le segnalazioni hanno
dato il via a investigazioni interne. Inoltre l’Ufficio anti-frode ha denotato una carenza di
segnalazioni da parte dei funzionari il cui solo 1% ha riportato diligentemente fatti aventi ad oggetto
gravi irregolarità. Secondo l’Unità di supporto del bilancio dell’UE (Budgetary Support Unit)
presso la Direzione Generale delle politiche interne dell’unione nel 2006, ha individuato nei reati
legati al settore economico un problema in enorme crescita, dove la condotta del reato si sostanzia
in un abuso di fiducia o in una condotta non visibile, ha ritenuto che una possibile chiave di
risoluzione potrebbe sicuramente essere l’informatore interno, ritenendo il whistleblowing
indispensabile, manifestando così un’inclinazione al rafforzamento del dovere di report72
.
2.2 Gli articoli 22 bis e 22 ter dello statuto dei funzionari dell’Unione europea (Staff
regulations)
Nel 2004, lo statuto dei funzionari, entrato in vigore nel 1968, è stato modificato al fine di
introdurre il regime giuridico dedicato al whistleblowing. In particolare sono stati introdotti gli
articoli 22-bis e 22-ter per quel che riguarda la sezione de i Diritti e doveri del funzionario, i quali
sanciscono un dovere in capo ai funzionari di riportare fatti concernenti condotte illecite mantenute
71 REPORT OF THE EUROPEAN ANTI-FRAUD OFFICE Fifth Activity Report for the year ending June 2004. 72 European Parliament-Budgetary Support Unit-Budgetary Affairs, Whistleblowing Rules: Best Practice; Assessment and
Revision of Rules Existing in EU Institutions- Study, IP/D/CONT/ST/2005-58, 12 maggio 2006.
38
all’interno delle istituzioni europee. La disciplina prevede oltretutto i canali, seppur con qualche
incertezza tecnica, attraverso i quali adempiere il dovere di reporting, nonché misure volte alla
protezione dei whistleblowers. Gli articoli sono stati sviluppati e introdotti sulla base di quello che
già accadeva nella pratica dal 1999, secondo la già citata decisione della Commissione. Per la
scarsità di riscontri e pubblicità, si è preferita l’introduzione in un contesto normativo più ampio per
garantire visibilità alla struttura giuridica sino ad allora rimasta oscurata. Infatti, con l’inserimento
del regime nello Statuto dei funzionari si è avuto nettamente un passaggio ad un livello più altro di
considerazione della vicenda, essendo categoricamente previsto un “programma di azione”, che
nonostante il carattere innovativo, non è stato risparmiato dagli attacchi degli studiosi, rinvenendovi
una non troppo chiara esposizione del procedimento pratico che il funzionario è tenuto a seguire.
Ciononostante le regole sono state costruite su più livelli di azione e protezione. Esse consistono nel
dovere di segnalazione a determinate condizioni, rivolte anche a soggetti legittimati appartenenti ad
altre istituzioni europee. La disposizione tutela il whistleblower da qualsiasi “molestia” (harass) da
parte dell’istituzione di appartenenza, se la sua segnalazione è avvenuta in rispetto o adempimento
del dovere di segnalazione. I due articoli di riferimento prevedono che qualunque funzionario deve
informare i soggetti di cui all’art. 22bis, senza ritardo e in forma scritta, allorquando “venga a
conoscenza di fatti che possano lasciar presumere una possibile attività illecita, e in particolare una
frode o un atto di corruzione, pregiudizievole per gli interessi delle Comunità, o una condotta in
rapporto con l'esercizio di incarichi professionali che possano costituire una grave mancanza agli
obblighi dei funzionari delle Comunità”(art. 22bis). La segnalazione prevede una scalata su più
livelli di informazione, in quanto il funzionario segnalante di prima istanza, riporta ad un altro
funzionario facente capo agli apparati previsti, il quale a sua volta comunicherà le informazioni
ricevute all’OLAF, comprensive di qualsiasi elemento di prova “di cui sia a conoscenza” (in pratica
viene definito secondo whistleblower). Il dovere di report non si estende ai “documenti, agli atti,
alle relazioni, alle note o alle informazioni, su qualsiasi supporto, creati o comunicati al funzionario
39
nel quadro dell'esame di una causa in corso o terminata o detenuti ai fini di tale esame” (art. 22bis).
Tuttavia il funzionario può altresì informare direttamente altri soggetti delle diverse istituzioni
dell’Unione a condizione che siano rispettati i requisiti di “buona fede” nella comunicazione delle
informazioni dopo aver informato l’OLAF.
2.3 Il regime giuridico
Di seguito riportiamo la versione tradotta degli articoli di cui allo Statuto dei funzionari, senza però
discostarci, nella spiegazione, dal testo in lingua originale:
Articolo 22 bis
1. Il funzionario che, nell'esercizio o in occasione dell'esercizio delle sue funzioni, venga a
conoscenza di fatti che possano lasciar presumere una possibile attività illecita, e in
particolare una frode o un atto di corruzione, pregiudizievole per gli interessi delle
Comunità, o una condotta in rapporto con l'esercizio di incarichi professionali che possa
costituire una grave mancanza agli obblighi dei funzionari delle Comunità, ne informa
immediatamente il proprio superiore gerarchico diretto o il direttore generale o, se lo
ritenga utile, il segretario generale, o persone di rango equivalente, o direttamente l'Ufficio
europeo per la lotta antifrode (OLAF). Ogni informazione di cui al primo comma deve
essere trasmessa per iscritto. Lo stesso comma si applica in caso di mancanza grave a un
obbligo analogo da parte di un membro di un'istituzione o di qualsiasi altra persona al
servizio di un'istituzione o di un prestatario di servizi per conto di un'istituzione.
2. Il funzionario che riceve un'informazione di cui al paragrafo 1 comunica
immediatamente all'OLAF ogni elemento di prova di cui sia a conoscenza e che possa
lasciar presumere l'esistenza di irregolarità di cui al paragrafo 1.
40
3. Il funzionario non può essere penalizzato dall'istituzione per aver comunicato
l'informazione di cui ai paragrafi 1 e 2, nella misura in cui abbia agito ragionevolmente e
onestamente.
4. I paragrafi da 1 a 3 non si applicano ai documenti, agli atti, alle relazioni, alle note o
alle informazioni, su qualsiasi supporto, creati o comunicati al funzionario nel quadro
dell'esame di una causa in corso o terminata o detenuti ai fini di tale esame.
Articolo 22 ter
1. Il funzionario che comunica le informazioni di cui all'articolo 22 bis anche al presidente
della Commissione, al presidente della Corte dei conti, al presidente del Consiglio, al
presidente del Parlamento europeo o al mediatore europeo non può essere penalizzato
dall'istituzione alla quale appartiene, purché siano soddisfatte le due condizioni di seguito
elencate:
a) il funzionario ritiene in buona fede che le informazioni comunicate ed ogni eventuale
asserzione ivi contenuta siano essenzialmente fondate; e
b) il funzionario ha comunicato precedentemente la stessa informazione all'OLAF o alla
sua istituzione e ha lasciato all'OLAF o all'istituzione il termine fissato dall'OLAF o
dall'istituzione, secondo la complessità del caso, per adottare le misure necessarie. Entro
60 giorni, il funzionario viene debitamente informato circa tale termine.
2. Il termine di cui al paragrafo 1 non si applica qualora il funzionario possa fornire la
prova che esso non è ragionevole, tenuto conto dell'insieme delle circostanze del caso.
3. I paragrafi 1 e 2 non si applicano ai documenti, agli atti, alle relazioni, alle note o alle
informazioni, su qualsiasi supporto, creati o comunicati al funzionario nel quadro
dell'esame di una causa in corso o terminata o detenuti ai fini di tale esame.
41
Dal punto di vista soggettivo, lo statuto individua tre categorie giuridiche di soggetti che accedono
alla disciplina. La prima si riferisce a coloro che riportano le informazioni all’OLAF, per i quali è
garantita la protezione da ogni misura discriminatoria da parte di un superiore o dall’istituzione in
generale. Questo rientra nella categoria, ampiamente descritta nel primo capitolo, di coloro che
riportano informazioni all’interno del loro stesso ambiente lavorativo (cd insider whistleblower). La
seconda categoria, invece, riguarda coloro che fanno appello a un organo estraneo all’istituzione di
riferimento (cd external whistleblower), ma ugualmente appartenente ad altri organi delle istituzioni
europee. Per questa categoria è prevista la protezione soltanto quando abbiano riportato le
informazioni in buona fede e abbiano preventivamente informato l’OLAF. La terza categoria invece
è costituita da coloro che segnalano il fatto direttamente all’esterno, senza informare l’OLAF,
violando così la norma prevista dallo statuto. In questi casi non è concessa nessuna protezione
poiché in rispetto dei doveri di “confidenzialità e lealtà non è autorizzata alcuna segnalazione verso
l’esterno, e.g. la stampa”73
.
Secondo gli studi del Budgetary Support Unit, gli articoli sono farraginosi e presentano un
particolare livello d’incertezza. Infatti, l'articolo 22bis stabilisce il dovere in capo al funzionario di
informare, senza indugio e per iscritto, il suo superiore gerarchico o il direttore generale.
Oggetto della segnalazione è il fatto/condotta illecito/a. Tuttavia, il dovere di segnalare non sussiste
se la consapevolezza del fatto non è stata acquisita nel corso di, o in connessione con, l'esercizio
delle proprie funzioni” (BSU – Wb rules, 2006). A questo punto non è chiaro, se la conoscenza
accidentale, ad esempio ascoltando una conversazione nella sala, o la ricerca di una carta nel
cestino, rappresenta un obbligo di segnalazione. Questa situazione non costituisce un obbligo ma,
secondo l’art. 22ter, è rimessa alla volontà del funzionario allarmare le competenti autorità elencate
dallo stesso articolo 22ter. Inoltre, secondo un’interpretazione estensiva dell’art.17, non vi è
73 S. White, Le “whistleblower” dans les institutions de l’Union européenne: l’oiseau est-il apprivoisé? in Revue de
Marché commun et de l’Union européenne, n. 540, juillet-aout 2010, pp. 441-445.
42
neanche una possibilità di segnalazione tramite strumenti o canali diversi da quelli previsti
dall’articolo 22bis. In tal senso ricorrono due presunzioni: a) l’obbligo scatta ogniqualvolta la grave
irregolarità sia lesiva degli interessi dell’Unione Europea (pertanto all’interno della disposizione
prevista non è fatta menzione della lesione dell’interesse pubblico, ragion per cui non si rinviene un
obbligo incondizionato, in questo caso, di segnalare); b) l’obbligo scatta quando ci sia una “grave
mancanza”. A tal proposito, l’allegato IX dello Statuto dei funzionari, all’articolo 1074
prevede una
lista di nove fattori per individuare la gravità di un’azione o omissione, ma è agevole comprendere
come è troppo alto il livello di difficoltà per il funzionario, nel segnalare prontamente una vicenda
di così difficile valutazione. I soggetti che devono essere “immediatamente” informati sono di
semplice comprensione fintantoché non ci si imbatte in quello che la norma voglia intendere con
l’inciso “persone di rango equivalente – persons in equivalent position”. Infatti, il BSU ne lamenta
l’inutilità, poiché se ci affidassimo al tenore letterale del testo potremmo ritenere che l’inciso in
questione riguarderebbe solo i pari grado del segretario generale dell’Unione, ma essendo un
gruppo estremamente ristretto, avrebbe avuto più senso elencarne i soggetti. Ragion per cui si può
ritenere ammissibile una segnalazione rivolta a chiunque ricopra posizioni di grado equivalente, ad
esempio, al superiore e al Direttore Generale, anche in un’altra istituzione dell’Unione. L’art. 11,
infatti, definisce il dovere di fedeltà rivolto non soltanto verso l’istituzione di appartenenza, bensì
verso tutta l’Unione. Il punto cruciale diventa l’onere del soggetto che riceve l’informazione, il
quale è obbligato a trasferire la segnalazione senza ritardo e comprensiva delle prove che fondano il
74 Articolo 10 La sanzione disciplinare inflitta deve essere proporzionale alla gravità della mancanza commessa. Per determinare la gravità di quest'ultima e decidere in merito alla sanzione da infliggere, sono presi in considerazione, in particolare: a) la natura della mancanza e le circostanze in cui è stata commessa;
b) l'entità del danno arrecato all'integrità, alla reputazione o agli interessi delle istituzioni a motivo della mancanza commessa; c) la parte di intenzionalità o di negligenza nella mancanza commessa; d) i motivi che hanno condotto il funzionario a commettere tale mancanza; e) il grado e l'anzianità del funzionario; f) il grado di responsabilità personale del funzionario; g) il livello delle funzioni e delle responsabilità del funzionario; h) il carattere di recidiva dell'atto o del comportamento scorretto;
i) la condotta del funzionario su tutto l'arco della carriera.
43
contenuto della segnalazione. Il compito di investigazione, se così possiamo chiamarlo, investe
anche il funzionario ricevente, non direttamente legittimato a compire azioni in questo senso,
poiché il soggetto che ha dato impulso alla vicenda non aveva nessun onere di allegazione di alcun
elemento di prova, quindi il funzionario ricevente non solo è gravato da tale onere ma esso si
estende anche alla ricerca di prove che ne dimostrino l’evidenza, nonostante l’accesso alle fonti non
sia sempre possibile.
In merito alla protezione del funzionario segnalante, l’art. 22bis al comma terzo disegna un divieto
di penalizzazione (o qualsiasi pratica di ritorsione) del funzionario da parte dell’istituzione, per aver
comunicato l’informazione. Alla luce dei due commi precedenti, gli obblighi in capo al funzionario
segnalante e ricevente sono difficili da ottemperare, per questo dovrebbe essere prevista una
ricompensa, seppur minima (come un occhio di riguardo per un avanzamento di carriera) per il
funzionario che si fa carico di tale “rischio”. Al contrario, invece, lo stesso articolo stabilisce che
nel riportare l’informazione il funzionario deve con onestà e ragionevolezza, in mancanza,
ovviamente, l’istituzione è legittimata a prendere provvedimenti in merito. Quel che risulta di
difficile valutazione non è tanto il requisito dell’onestà quanto quello della ragionevolezza, poiché
l’istituzione si limita, attraverso un giudizio interno, a qualificarne la consistenza. E il premio che a
questo punto viene concesso è semplicemente la promessa di non essere penalizzato. Insomma
manca una protezione sostanziale dell’individuo da azioni di “rappresaglia“ da parte di altri soggetti
e, laddove accada, è prevista soltanto la possibilità di un risarcimento del danno.
Il quarto comma è diretto soltanto ai superiori e altri possibili soggetti autorizzati a ricevere
informazioni al di fuori dell’OLAF, in quanto ripetiamo che il segnalante non è obbligato a fornire i
documenti-prova di cui agli articoli precedenti.
Secondo l’art. 22ter è possibile estendere la segnalazione a ulteriori soggetti appartenenti alle
istituzioni europee, come il presidente della Commissione, del Parlamento, il Mediatore Europeo.
Anche qui però ci si imbatte in un ostacolo normativo non del tutto irrilevante. Il funzionario prima
44
di segnalare il fatto ad altri soggetti è chiamato a svolgere un giudizio di fedeltà sulla propria
dichiarazione e gli viene affidato un termine dopo il quale egli può estendere la propria
segnalazione, termine il quale si avrà entro 60 giorni dalla richiesta. Quindi, soltanto quando il
funzionario e completamente convinto della genuinità della sua informazione e dopo che
l’istituzione principale gli abbia comunicato il termine (60 gg più il termine fissato dalla istituzione,
che potrebbe ricoprire anche più di 18 mesi), può continuare nell’adempimento di un suo “dovere”.
E’ fatta salva, però, l’ipotesi in cui il funzionario riesca a dimostrare l’irragionevolezza di un
termine eccessivamente lungo. Uno degli articoli che a questo punto è più incisivo è il 2475
dello
statuto, in quanto prevede la difesa sostanziale del funzionario che viene attaccato da qualsiasi
azione da parte di altri soggetti o l’istituzione stessa, per aver eseguito un dovere nell’esercizio delle
sue funzioni, condannando il responsabile al risarcimento del danno. Il Tribunale di primo grado
della Corte Europea ha disposto che, in primis, il whistleblower non può forzare l’OLAF ad avviare
un procedimento investigativo sulla base delle informazioni riportate (obligations en matière
d’enquête)76
; in secundis, il whistleblower continua a ricevere la protezione di cui agli articoli 22bis
e 22ter anche se la Commissione decide di chiudere un caso inizialmente aperto sulla base delle
informazioni riportate dal whistleblower, laddove rispettose del principio di buona fede e di
fondatezza delle dichiarazioni (art. 22ter c. 1, b)77
. Mentre il Mediatore europeo ha chiarito il diritto
del whistleblower a essere informato sull’andamento e la durata delle investigazioni. In un clima
che lascia spesso nell’incertezza il potenziale whistleblower, si sceglie la via più sicura
dell’anonimato, ma che non garantisce un follow-up. Infatti, l’OLAF nel 2006 non ha ricevuto
75 Articolo 24 Staff Regulation 1. Le Comunità assistono il funzionario, in particolare nei procedimenti a carico di autori di minacce, oltraggi, ingiurie, diffamazioni, attentati contro la persona o i beni di cui il funzionario o i suoi familiari siano oggetto, a motivo della sua
qualità e delle sue funzioni. 2. Esse risarciscono solidalmente il funzionario dei danni subiti in conseguenza di tali fatti, semprechè egli, intenzionalmente o per negligenza grave, non li abbia causati e non abbia potuto ottenerne il risarcimento dal responsabile. 76 Guido Strack contro Commissione delle Comunità europee. C-237/06 P, paragrafo 39. 77 S. White, OLAF at the Crossroads: action against EU fraud a cura di Constantin, White, Xanthaki, Oxford : Hart,
2011, p.114.
45
alcuna segnalazione da whistleblowers, registrando però un elevato numero di segnalazioni
anonime.
2.4 Il problema della segnalazione anonima
L’anonimato non assicura quel follow-up che ci si aspetta per le segnalazioni non anonime, in
quanto “hanno un debole se non addirittura nessun valore all’interno del processo”78
, inoltre si
andrebbe a minare la stabilita e la fondatezza del processo stesso, soprattutto perché l’anonimato
non è previsto dallo statuto. Anche se, secondo giurisprudenza costante, questo è in apparente
contrasto con il trattamento degli informatori esterni alle istituzioni europee79
. Il “Gruppo di lavoro
(dei Garanti) Articolo 29” delle norme sulla trattazione dei dati personali ha ritenuto problematica
l’informazione anonima e meritevole di attenzione poiché non sembra essere una buona soluzione
per un molteplice ordine di motivi:
- l’essere anonimo non impedisce ad altri di individuare l’origine dell’informazione;
- è difficile indagare sulla natura del problema se non è fatta esplicita richiesta di
investigazione o garantire un seguito (follow-up) alla questione sollevata;
- è molto più semplice, invece, organizzare un programma di protezione del
whistleblower contro ogni ritorsione, specie se garantita dalla legge, se il problema è
sollevato apertamente;
- il fatto che il whistleblower abbia preferito l’anonimato, potrebbe indurre i terzi a
pensare che l’abbia fatto in ragione di una sua intenzione maliziosa;
- un organizzazione corre il rischio di generare un circolo di ricezione di segnalazioni
mendaci;
78 A-M Nuutila. 79 S. White, Le “whistleblower” dans les institutions de l’Union européenne: l’oiseau est-il apprivoisé? in Revue de
Marché commun et de l’Union européenne, n. 540, juillet-aout 2010, pp. 441-445.
46
- il clima sociale all'interno dell'organizzazione potrebbe deteriorarsi se i dipendenti sono
consapevoli del fatto che potrebbe essere rivolta contro di loro, in qualsiasi momento,
una segnalazione anonima80
.
Il Gruppo di lavoro prosegue sostenendo che il sistema di ricezione delle informazioni “dovrebbe
essere costruito in modo da non incoraggiare le segnalazioni anonime, a discapito del procedimento
previsto dalla norma, e la persona che intende effettuare una segnalazione deve essere a conoscenza
che non subirà alcuna penalizzazione a seguito della stessa, (…) consapevole del fatto che la sua
identità rimarrà circoscritta soltanto al procedimento e per tutte le fasi dello stesso, senza
rivelazione alcuna verso i terzi e verso la persona incriminata e i suoi superiori. Ciononostante se il
whistleblower, che ha fornito l’informazione, volesse restare nell’anonimato, la sua segnalazione
sarà comunque accettata”81
. Alla luce di quanto esposto dalle sentenze del Tribunale e dalle
decisioni del Mediatore sembra esserci una evoluzione, poiché tutte le informazioni dei
whistleblower interni, di cui alla volontà del legislatore del 2004, non resteranno senza un responso
e la fonte senza protezione. In ogni caso l’OLAF, nell’istruire il personale alla procedura delle
indagini82
, ha previsto che <the confidentiality of the information collected must be respected in the
interests of both those concerned and the integrity of the investigation. In particular, during the
investigation the confidentiality of the identity of informants and whistleblowers must be respected
in so far as it would not be contrary to the interests of the investigation>83
.
80 ARTICLE 29 Data Protection Working Party. Opinion 1/2006 on the application of EU data protection rules to internal whistleblowing schemes in the fields of accounting, internal accounting controls, auditing matters, fight against bribery, banking and financial crime - 00195/06/FRWP11, pag. 10 81 Ibidem. pag. 11. 82OLAF Instructions to Staff on Investigative Procedures, http://ec.europa.eu/anti_fraud/documents/about_us/instructions-to-staff-120201.pdf. 83 ARTICLE 29 Data Protection Working Party, Ibidem, par. 8.5 p. 6.
47
2.5 L’OLAF
“L'OLAF indaga sui casi di frode ai danni del bilancio dell'UE e sui casi di corruzione e grave
inadempimento degli obblighi professionali all'interno delle istituzioni europee; elabora inoltre la
politica antifrode per la Commissione europea”84
. L’ufficio è stato istituito nel 1999, in sostituzione
del precedente UCLAF a seguito dei fallimenti riscontrati85
e a seguito dei fatti che hanno condotto
alle dimissioni della Commissione Santer, sulla base di proposte che ne hanno determinato
l'istituzione come entità indipendente all'interno della Commissione europea86
, dedita alle indagini
su questioni interne alle istituzioni dell’UE. Dall’art. 325 del Trattato sul funzionamento
dell’Unione europea87
si traggono le principali mansioni a cui è preposto l’ufficio. Affinché il
denaro dei contribuenti sia usato in maniera coerente e nel miglior modo, l’ufficio provvede a
tutelare gli interessi finanziari dell’Unione lottando contro la frode, la corruzione e ogni altra forma
di attività illecita, nonché a tutelare la reputazione delle istituzioni europee conducendo indagini su
gravi inadempimenti degli obblighi professionali da parte dei loro membri e del loro personale, che
possono condurre a procedure disciplinari o penali e ad assistere la Commissione europea
nell'elaborazione e attuazione delle strategie di prevenzione e individuazione delle frodi. Come
84 Sito web olaf.eu 85 Xanthaki, OLAF at the Crossroads: action against EU fraud a cura di Constantin, White, Xanthaki, Oxford : Hart, 2011, p.114. 86 Decisione 1999/352 87 Articolo 325 (ex articolo 280 del TCE) 1. L'Unione e gli Stati membri combattono contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell'Unione stessa mediante misure adottate a norma del presente articolo, che siano dissuasive e tali da permettere una protezione efficace negli Stati membri e nelle istituzioni, organi e organismi dell'Unione. 2. Gli Stati membri adottano, per combattere contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione, le stesse misure che adottano per combattere contro la frode che lede i loro interessi finanziari. 3. Fatte salve altre disposizioni dei trattati, gli Stati membri coordinano l'azione diretta a tutelare gli interessi finanziari
dell'Unione contro la frode. A tale fine essi organizzano, assieme alla Commissione, una stretta e regolare cooperazione tra le autorità competenti. 4. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, previa consultazione della Corte dei conti, adottano le misure necessarie nei settori della prevenzione e lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione, al fine di pervenire a una protezione efficace ed equivalente in tutti gli Stati membri e nelle istituzioni, organi e organismi dell'Unione. 5. La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, presenta ogni anno al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulle misure adottate ai fini dell'attuazione del presente articolo.
48
abbiamo visto l’ufficio riceve segnalazioni da numerose fonti, tra cui i whistleblower (34%). Nella
maggior parte dei casi, le informazioni sono il risultato di controlli effettuati da chi è responsabile
della gestione dei fondi dell'UE nelle istituzioni europee o negli Stati membri. Prima di procedere
nelle sue indagini, l’OLAF valuta la competenza a procedere e la sussistenza dei criteri minimi di
avviamento delle indagini. In pratica la sua investigazione ricopre il campo dell’amministrazione
interna ed esterna alle istituzioni, rispettivamente sull’operato dei funzionari e delle persone fisiche
e giuridiche esterne, al fine di rilevare casi, ricordiamo, di frode, corruzione e altre attività che
danneggiano gli interessi finanziari dell’Unione. Inoltre l’OLAF svolge un’attività di
coordinamento tra le autorità nazionali e altri servizi dell’Unione per indagini che non investono
direttamente la competenza dell’ufficio, per facilitare lo scambio di contatti e il reperimento delle
informazioni necessarie; nonché presta assistenza alle autorità competenti di uno Stato membro o di
un paese extra UE per lo svolgimento di indagini penali.
2.6 Segnalare una frode
Abbiamo visto che l’atto genetico, che da impulso alle indagini, è la segnalazione, la quale deve
presentare alcuni requisiti formali e sostanziali. L’OLAF definisce la frode come “un atto di
inganno deliberato finalizzato a ottenere un vantaggio personale o causare un danno ai terzi” che è
diversa da un’irregolarità commessa in buona fede poiché, seppur leda gli interessi finanziari
dell’unione, è frutto di errori per un certo verso “scusabili”. Scadono invece nella fraudolenza, le
irregolarità commesse scientemente e volontariamente. Il contenuto della segnalazione, abbiamo
visto, deve riguardare gravi irregolarità da cui possono scaturire conseguenze negative sui fondi
pubblici dell’UE e gravi inadempimenti degli obblighi professionali di cui siano responsabili i
funzionari e membri, a qualsiasi titolo, delle istituzioni europee. E’ agevole, a questo punto,
49
comprendere che le segnalazioni riguardanti fatti non pregiudizievoli delle condizioni finanziarie
dell’UE e vicende che non coinvolgano membri o funzionari delle istituzioni, non integrano il
dovere in capo all’OLAF di aprire delle indagini, tutt’al più l’ufficio invita a presentare la
segnalazioni alle autorità nazionali preposte. Ovviamente l’ufficio incoraggia chiunque a segnalare
un sospetto attraverso l’anonimato, il quale prevede un onere in capo all’informatore talché il
contenuto sia “preciso e circostanziato”, attraverso il Found Notification System istitutio dall’OLAF
nel 201088
. Invece i funzionari, di cui al precedente paragrafo, possono procedere attraverso una
segnalazione (non anonima) via e-mail o tramite posta direttamente dal canale telematico
predisposto dal sito internet dell’OLAF89
.
2.7 Perfezionamento delle misure previste
Il quadro fin qui esposto sembra non avere i requisiti di certezza e chiarezza richiesti ai fini di una
corretta procedura di segnalazione. A soccorso delle Istituzioni Europee sono intervenuti esperti del
settore che hanno individuato alcune lacune e di conseguenza proposto misure alternative e/o
correttive.
Le norme sulla protezione del whitleblower, inserite nello statuto dei funzionari nel 2004, oltre a
rappresentare un incentivo al consolidamento di detta protezione hanno anche la funzione di aprire
la coscienza dei lavoratori e dei cittadini verso nuovi orizzonti, verso un cambiamento culturale in
modo da abbandonare l’ottica negativa del concetto di delazione (oggettivo) e di spia (soggettivo)
connessi al whistleblowing. Sarebbe più probabile che le Istituzioni Europee prendessero in
considerazione il messaggio piuttosto che “sparare” al messaggero. Le norme esistenti in materia
sono sufficienti a promuovere i suddetti cambiamenti e non dovrebbero essere cambiate, ragion per
88 Found Notification System - https://fns.olaf.europa.eu/cgi-bin/disclaimer_cgi?p=q 89 Link dove è possibile procedere con la segnalazione telematica: http://ec.europa.eu/anti_fraud/investigations/report -
fraud/index_it.htm
50
cui un’implementazione è di gran lunga la soluzione migliore per raggiungere gli obiettivi preposti.
Bisogna favorire il coinvolgimento della società nella specializzazione di tali pratiche in modo da
aumentare il grado di consapevolezza in capo alla società in generale. Non a caso i gruppi
specializzati nelle procedure di whistleblowing come Public concern at work nel Regno unito,
Gouvernament Accountability Project negli Stati Uniti d’America e organizzazioni come
Transparency International, contribuiscono alla sensibilizzazione della società al concetto di
whislteblowing spiegando come il whislteblower aiuta a individuare azioni scorrette, nonché alla
trasparenza e alla corretta gestione.
2.8 Aree di implementazione
Le seguenti argomentazioni vogliono cercare di chiarificare il significato di alcune aree specifiche
del whistleblowing da cui nascono non pochi fraintendimenti circa la disciplina prevista dagli
articoli 22-bis e 22-ter dello Statuto dei Funzionarti delle istituzioni europee (Staff Regulations).
Abbiamo visto come il funzionario, nell’esercizio delle sue funzioni, può venire a conoscenza di
fatti idonei a presumere l’esistenza di possibili attività illegali, come frodi o corruzioni, che ledono
gli interessi di tutta l’Unione Europea, o di condotte legate all’adempimento degli obblighi
professionali che possano costituire gravi mancanze ai loro obblighi. In tali casi l’ufficiale venuto a
conoscenza ha il dovere di informare senza ritardo il proprio superiore gerarchico diretto o il
direttore generale o, se lo ritenga utile, il segretario generale, o persone di rango equivalente, o
direttamente l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF).
51
Proprio dall’esperienza analitica dell’OLAF e la comparazione tra i vari sistemi giuridici che
adottano strumenti di whistleblowing90
si è ritenuto necessario implementare alcune aree per
determinarne una chiara comprensione e corretta interpretazione.
Le aree di riferimento, già ampiamente discusse nei paragrafi 2.3 e 2.4, che necessitano di
perfezionamenti sono:
- natura dell’informazione qualificata;
- la portata della protezione ed effetti pregiudizievoli;
- informazione anonima contro informazione confidenziale;
- segnalazioni in mala fede;
- monitoraggio e valutazione.
2.8.1 La natura dell’informazione qualificata
Bisogna specificare qual è l’oggetto dell’informazione che il whistleblower, ai sensi dell’art.22 bis,
è tenuto a riportare. Il comma 4 dell’art. 22 bis stabilisce che i paragrafi da 1 a 3 non si applicano ai
documenti, agli atti, alle relazioni, alle note o alle informazioni, su qualsiasi supporto, creati o
comunicati al funzionario nel quadro dell'esame di una causa in corso o terminata o detenuti ai fini
di tale esame.
Non poche volte, però, l’OLAF si è imbattuta in informazioni che fossero carenti nella loro
sostanza. Infatti, in alcuni ordinamenti, queste vengono archiviate perché considerate errate,
lacunose o prive di fondamenta o se il loro contenuto è oggetto di altri procedimenti in corso. Al
whistleblowing, quindi, deve essere fornito un percorso dettagliato inerente alla forma che deve
avere l’informazione da riferire.
90 DIRECTORATE GENERAL FOR INTERNAL POLICIES - POLICY DEPARTEMENT D: BUDGETARY AFFAIRS “Corruption and conflict of interest in the European Institutions: the effectiveness of whistleblowers”, prospettato dalla
dott.ssa Simone White (vedi nota 94) dell’Uffico per la lotta anti-frode – OLAF.
52
2.8.2 La portata della protezione ed effetti pregiudizievoli
Di solito la protezione garantita è legittimata sulla base di una immunità da responsabilità a causa
dell’informazione riportata, la disapplicazione del dovere di confidenzialità, protezione da atti
diffamatori, responsabilità per il comportamento mantenuto, ritorsioni, etc. Molti di questi aspetti
sembrano essere coperti dallo statuto ma comunque si necessita di un intervento. Soprattutto nel
definire il concetto di pregiudizio. Inoltre la protezione del whistleblower investe soltanto ciò che
loro riportano, mentre non è prevista una protezione per il whistleblower che ad ogni titolo avrebbe
potuto avere un coinvolgimento diretto nell’illecito segnalato. I funzionari devono avere
consapevolezza se la protezione si estenda o meno al periodo di post-impiego. Un altro problema è
legato alla possibilità di spostamento del whistleblower in un altro ufficio in modo da rafforzare il
grado di protezione. Questo spostamento, seppur previsto in teoria, è difficilmente attuabile in
pratica. Infatti, in un documento del 2004 del Segretario Generale91
, antecedente l’introduzione
degli articoli 22-bis e 22-ter, viene segnalata la necessità di miglioramento attraverso due canali
specifici, ovverosia l’aumento del livello di conoscenza all’interno delle istituzioni92
e assicurare il
massimo livello di protezione93
. Infatti i funzionari possono chiedere il trasferimento per proteggersi
da atti di ritorsione quando questa sembra essere l’unica strada percorribile.
91 SEC(2004)151/2 M. Kinnock 92 La Commissione intendeva adottare metodi per garantire la conoscenza ai funzionari delle regole di whistleblowing, al momento del loro ingresso nelle istituzioni; assicurare la comprensione attraverso un chiara esposizioni attraverso corsi di formazione; fornire forme adeguate di pubblicità interna. 93 Al funzionario deve essere data la facoltà di essere trasferito, su sua richiesta, in un altro ufficio, sotto la supervisione della DG Admin che fornisce una consulenza per identificare il posto adatto al funzionario in base al suo profilo e alle sue
aspirazioni professionali. Tutte le decisioni verranno prese sulla base dell’articolo 7, comma 1 dello statuto.
53
2.8.3 Segnalazione anonima vs segnalazione confidenziale
In base al disposto di cui all’art. 22-bis che disciplina il dovere di informazione, il whistleblower
dovrebbe agire sotto l’anonimato o seguire le regole previste dall’articolo?
Visto lo scenario abbastanza incerto nel quale si trova ad operare il whistleblower, l’informazione
anonima potrebbe essere un’ottima alternativa a un eventuale silenzio. L’informazione anonima
differisce da quella confidenziale in quanto il whistleblower utilizza dei canali con ridotte o zero
possibilità di identificare e contattare il whistleblower o verificare l’integrità dell’informazione. Di
rimando l’informazione è confidenziale o riservata quando colui che la riceve conosce l’identità del
informatore e si impegna a non divulgarla fintantoché essa non sarà utilizzata per un eventuale
procedimento.
Come abbiamo visto l’informazione anonima pone non pochi problemi in merito all’investigazione
e alla richiesta di maggiori chiarimenti su di essa a causa della non rintracciabilità della fonte. Gli
studiosi ritengono che questo aspetto può accrescere la curiosità di rintracciare, attraverso altri
strumenti, la fonte in modo da aggredire il messaggio o porre in essere atti speculativi sulla
segnalazione, più di quanto possa accadere per un segnalazione confidenziale. Ragion per cui
l’anonimato, in questo caso, non garantisce che la fonte non possa essere rintracciata. Inoltre se
l’informazione ha ad oggetto condotte di grave entità, induce l’implicato a rintracciare, specie se
l’informazione viene dall’interno, nel proprio ambito lavorativo il possibile informatore, scatenando
così regimi lavorativi e di vita interni insostenibili.
Grazie ai vari incontri avuti con gli investigatori del settore94
, abbiamo appreso che l’individuazione
della fonte anonima è molto più probabile che avvenga di quanto non possa avvenire. Ciò conduce a
ritenere che la fonte abbia agito anonimamente in ragione di un intento maligno, fattispecie che fa
ritenere sussistenti sentimenti di mala fede o disonestà che, sebbene non disciplinati dallo statuto
94 Intervista alla dott.ssa S. White 26 novembre 2012 c/o gli uffici dell’OLAF (Bruxelles) – Legal Officer c/o l’OLAF,
nonché membro e ricercatrice onoraria c/o l’Istituto di Studi Giuridici Avanzati a Londra.
54
dei funzionari, sono elementi di enorme rilevanza affinché si possa considerare genuina o meno
l’informazione e garantire la procedura di protezione nel sistema giuridico anglosassone (Public
interest disclosure act). Conseguenza è che questa tipologia di azione venga utilizzata per far
crollare l’elemento psicologico dello stesso attore, che si ritiene non aver agito nell’interesse
pubblico.
Dal punto di vista tecnico l’informazione anonima, non essendo disciplinata, può essere utilizzata
discrezionalmente da colui che la riceve, il quale può tanto considerarla quanto ignorarla o
addirittura cancellarla. Questo perché la decisione in merito non è sottoposta a questione
dall’informatore e anche perché nessuno è a conoscenza dell’informazione riportata. Ciò non fa
altro che alimentare la sfiducia per la strada dell’anonimato.
L’anonimato quindi fa da contraltare all’interesse pubblico e nonostante tutte le controindicazioni
prospettate dagli studiosi, è stato ritenuto opportuno predisporre un canale attraverso il quale
chiunque può segnalare una frode, in modo da accrescere il flusso delle informazioni. Infatti
l’OLAF ha adottato il cd Found Notification System (FNS) nel 2010 che assicura l’anonimato per
chiunque (soggetto interno o esterno) voglia riportare un’informazione. In ogni caso l’OLAF
incoraggia i whistleblowers e i semplici informatori a rivelare la loro identità. Quello che si richiede
alle istituzioni è la creazione di una chiara politica di reporting in modo da garantire non solo la
protezione effettiva, ma anche una previsione di ciò che seguirà l’informazione riportata.
Quello che oggi si cerca di diffondere non è assolutamente una segretezza della questione bensì
educare le generazioni presenti e future alla responsabilizzazione delle proprie azioni (segnalare una
frode apertamente) e scrollarsi di dosso il mantello (anonimato) sotto cui ci si protegge. A nostro
avviso, incentivare l’anonimato è controproducente per il settore, bisognerebbe, invece, diffondere
l’idea che i cittadini e i lavoratori sono pronti a segnalare una frode apertamente, in modo da
abbattere qualsiasi intento speculativo che colpisce l’informazione anonima.
55
2.8.4 Segnalazione in mala fede
Gli ordinamenti giuridici nazionali richiedono al whistleblower la fondatezza dell’informazione,
che egli agisca su una base ragionevole e solida affinché l’informazione possa essere qualificata.
Infatti, se viene riportata coscientemente e/o negligentemente una informazione mendace, il
whistleblower non solo perde la protezione ma viene perseguito per la commissione di un illecito.
L’informazione perde il suo carattere qualificante anche quando essa ha ad oggetto fatti frivoli e
vessatori. Questo tipo di sanzione è di sicuro uno strumento idoneo a disincentivare la divulgazione
di informazioni in malafede, inaccurate e lacunose. Il sistema britannico introduce un sistema di
regolazione dell’informazione, cioè viene data al whistleblower, attraverso un intermediario o
consulente, la possibilità di raggiungere piena sicurezza sulla sua informazione, laddove non sia
sicuro della sua genuinità.
2.8.5 Monitoraggio e valutazione
Le statistiche dell’OLAF mostrano che i casi di informazioni riportate da informatori identificati
rimane ancora basso. Questo perché non c’è un continuo monitoraggio delle regole sullo strumento
né una valida esperienza all’interno delle istituzioni.
La “Whistleblowing best practice” dell’organizzazione britannica “Public concern at work”
suggerisce ad ogni organizzazione di assicurare che i propri membri siano consapevoli e fiduciosi
del sistema di whistleblowing; prevedere strumenti di consulenza sui processi e sulle modalità di
divulgazione (aperta, riservata o anonima); un continuo monitoraggio su come realmente si svolge
la procedura di divulgazione e i canali disponibili.
Tutti questi suggerimenti sono presi in considerazione dalle istituzioni europee per aumentare il
livello di serietà che si vuol dare alla materia in modo da migliorare il sistema.
56
2.9 La Corte Europea dei Diritti Umani: aspetti pratici
Il whistleblowing inteso come la rivelazione, da parte dei dipendenti di qualsiasi grado, di illeciti,
irregolarità o condotte scorrette, può generare situazioni di conflitto all’interno in un
organizzazione95
. Questo può condurre alla situazione patologica in cui il dipendente possa essere
allontanato dal posto di lavoro. A tal proposito la Corte Europea dei Diritti Umani96
ha cercato di
fare luce su determinati aspetti, esaminando il bilanciamento dei diritti all’integrità personale e
lavorativa del whistleblower contro il diritto di protezione della reputazione del datore di lavoro.
Quello su cui ci si basa è la lesione del principio di libertà di espressione (art.10 della CEDU) che
attiene alla sfera dei diritti inviolabili, stante la sua portata illimitata, di ogni persona, riconosciuto e
tutelato dalla Convenzione Europea dei Diritti Umani. Nonostante la Corte di Strasburgo abbia
cercato di conciliare il dovere di fedeltà del dipendente pubblico con la sua libertà di espressione, ha
lasciato qualche perplessità su come sia possibile che il whistleblower vinca in tribunale ma
continui a perdere il suo lavoro.
2.9.1 Interferenza con il principio di libertà di espressione
Dalle pronunce della Corte di Strasburgo si evince una cd. “interferenza” con il principio di libertà
di espressione, quando questo è invocato in alcune situazioni su cui uno stato richiama la violazione
del dovere di confidenzialità e segretezza. Quello che a noi preme scoprire è se questa interferenza
(che nel nostro caso ha portato ad un licenziamento del dipendente) sia legittima o meno alla luce
dell’art.10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali.
95 White S., Whistleblowing and freedom of expression for public servamts in Europe: the limits of legal protection. 96 Caso Guja v Moldova n. 14277/04 del 12/02/2008; Caso Kudeshkina v Russia n. 29492/05 del 14/09/2009; Caso
Heinish v Germany n. 28274/08 del 21/07/2011.
57
Alcuni principi fanno riferimento al fatto che possono essere sottoposti a restrizioni che sono
“previste dalla legge” e “necessarie in una società democratica” al fine di garantire la sicurezza
nazionale. Infatti il principio di libertà di espressione include il diritto di avere un’idea, un opinione,
di riceverle e di impartirle, ma al secondo comma dell’articolo troviamo che:
ARTICOLO 10
Libertà di espressione
1. Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la
libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte
delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. Il presente articolo non impedisce agli Stati di
sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, cinematografiche o televisive.
2. L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto a
formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure
necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla
pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o
della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di
informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario.
La Corte ha stabilito che la libertà di espressione copre anche il diritto di divulgazione di
informazioni ricevute da terzi, secondo la quale il principio è applicabile anche alle informazioni o
idee che possono risultare offensive, essere scioccanti o disturbare. Ovviamente le eccezioni a
questo principio devono essere costruite in maniera chiara e restrittiva97
. La Corte ha il potere di
stabilire se una determinata restrizione si compatibile o meno con il principio di libertà di
97 White S. – Whistleblowing and freedom of expression for public servants in Europe: the limits of legal protection.
58
espressione e se la sua “interferenza” con il principio, la proporzionalità dello scopo perseguito, le
ragioni addotte dalle autorità nazionali siano rilevanti e sufficienti98
.
La portata dell’articolo investe un altro tipo di dovere, cioè il dovere di confidenzialità, discrezione
e lealtà che il dipendente deve avere nei confronti del datore di lavoro. Questo avviene in maniera
più delineata nel settore privato, dove risulta che il dipendente è legato al suo datore da un dovere di
lealtà.
La divulgazione da parte di un dipendente privato di informazioni ottenute nel corso dell’attività
lavorativa, devono essere valutate alla luce del loro dovere di lealtà e discrezione. Inoltre gli Stati
hanno il “dovere positivo” di assicurare che il diritto di libertà di espressione dei dipendenti privati
non venga sottoposto a restrizioni che ne facciano scadere la sussistenza99
. Ragion per cui le
restrizioni del diritto di libertà di espressione di tale categoria di lavoratori, deve essere valutate in
base agli stessi criteri di applicazione previsti per le atre categorie. Questo perché la Corte ha notato
che i dipendenti privati possono venire a conoscenza di informazioni (anche segrete), la cui
divulgazione investe un interesse pubblico di elevata importanza. La Corte, quindi, sostiene che la
segnalazione del dipendente privato dovrebbe essere, in determinate circostanze, comunque
soggetta a protezione a prescindere della sua qualificazione (pubblica o privata). Infatti, è preso in
considerazione il concetto di persona, o parte di una piccola categoria di persone, consapevole di
cosa accade sul luogo di lavoro ed è nella posizione migliore per agire nel pubblico interesse
allertando il datore di lavoro o il pubblico in generale100
.
La Corte ha preso in considerazione alcune istruzioni dal Rapporto Esplicativo della Convenzione
Civile contro la Corruzione del Consiglio d’Europa, dal concetto che la corruzione sia difficile da
individuare e da investigare, data la sua natura nascosta, e le persone attorno all’indiziato
98 Ibidem. 99 Ibidem, caso Guja v Moldova; caso Kudeshkina v Russia. 100 Ibidem.
59
(dipendenti pubblici o privati) spesso sono le uniche che rinvengono qualche sospetto e qualcosa di
sbagliato101
.
Secondo l’articolo 10 della CEDU, le autorità degli Stati parti possono interferire con il principio di
libertà di espressione quando ricorrono cumulativamente tre requisiti:
- l’interferenza è prescritta dalla legge;
- l’interferenza ha lo scopo di proteggere uno o più dei seguenti interessi: sicurezza
nazionale, integrità territoriale, sicurezza pubblica, prevenzione di disordini o crimini,
protezione della salute, diritti morali, reputazione e diritti degli altri; impedire la
divulgazione di informazioni riservate e garantire l'autorità e l'imparzialità del potere
giudiziario;
- l’interferenza è necessaria in una società democratica.
Quindi l’interferenza con il diritto di libertà di espressione deve essere lecito, proporzionato e
necessario per una società democratica.
Sulla base dei tre casi presi in considerazione, cerchiamo di sviluppare un’analisi sulla legittimità,
proporzionalità e necessarietà in una società democratica, dell’interferenza con il principio di libertà
di espressione. La corte ha inevitabilmente condotto la sua interpretazione su aspetti specifici,
delineando infatti: se sussiste o meno un interesse pubblico sull’informazione riportata; la
disponibilità di canali alternativi per riportare informazioni; l’autenticità dell’informazione
riportata; la buona fede del whistleblower; il detrimento delle atuorità; severità e proporzionalità
della sanzione comminata al whistleblower.
I casi trattati sono riassunti alla fine del capitolo (vedi infra §casistica di riferimento).
101 Ibidem, caso Guja v Moldova.
60
2.9.1.a) Interesse pubblico
Il coinvolgimento dell’interesse pubblico, nell’aver riportato l’informazione, assume un significato
indispensabile per comprendere se e come l’informazione assuma il connotato della messa in allerta
dell’intera popolazione. Nel caso Guja v Moldova la Corte ha confermato sostanzialmente
l’interpretazione estesa del concetto esplicato dell’articolo 10 comma 2 della CEDU, sostenendo
che in una società democratica, le azioni e le omissioni del governo devono essere sottoposte
all’attenzione non solo degli organi legislative e giudicanti, bensì anche all’attenzione dei media e
dell’opinione pubblica. L’interesse che il pubblico ha a conosce di determinate informazioni
potrebbe essere, a volte, molto elevato tale da annullare anche un imposto legittimo dovere di
confidenzialità102
. Infatti la lettera divulgata (caso Guja v Moldova) verteva su questioni come la
separazione dei poteri, il male operare dei politici e la brutalità del governo espressa per il tramite
della polizia. Sembra chiaro che questi fatti debbano essere comunicati alla popolazione quindi
meritevoli di considerazioni in merito al rispetto dell’interesse pubblico e del fatto che il pubblico è
legittimato ad essere informato su tali questioni. Nel caso Kudeshkina v Russia la Corte ha sancito
che è di interesse pubblico tutto ciò che concerne il funzionamento della giustizia. Nel caso
Heinisch la corte ha stabilito che la delicatezza degli argomenti, ovverosia la vulnerabilità dei
pazienti anziani e il bisogno di prevenire abusi, sia di dominio pubblico. Ciò è tanto vero in quanto
l’interesse pubblico è il bene giuridico per eccellenza tutelato in casi in cui sono coinvolte
pubbliche autorità ovvero istituti che garantisco la salvaguardia dei diritti fondamentali (nel nostro
caso la salute) ed è indiscutibile che tale conoscenza venga trasferita a qualsiasi livello attraverso
qualsiasi forma e la protezione del whistleblower è legittimata dalla supremazia dell’interesse
pubblico che in questo caso trova fondamento nel rispetto del principio di libertà di espressione ex
art.10 comma 2 della CEDU.
102 White S., Op. Cit.
61
2.9.1.b) Canali alternativi disponibili
La possibilità di ricorrere a misure diverse si sostanzia sulla base dell’inesistenza di forme di
reporting ovvero del mal funzionamento dei canali esistenti all’interno di un’organizzazione.
Laddove questo si realizzi è chiaro che, in ultima istanza, l’informazione può essere divulgata
pubblicamente103
. In ordine al rispetto del principio di libertà di espressione. Nel caso Guja la corte
ha considerato legittima la divulgazione per il tramite dei giornali poiché né il governo locale né
l’ufficio della Procura Generale disponevano di alcuna previsione idonea ad accogliere l’iniziativa
del whistleblower.
Nel caso Heinsch la Corte ha evidenziato che l’attore avesse instaurato una lite di carattere penale
dopo aver avvertito numerose volte il suo superiore senza riscontri, per inefficienza delle garanzie
di follow-up riferite alla questione. Ragion per cui l’attrice prima di riportare la questione ad un
soggetto diverso da quello interno (external whistleblowing), ha richiesto assistenza e consulenza da
parte di legali in un ottica di instaurazione della causa. Ciononostante l’Assemblea del Consiglio
d’Europa ha individuato un precetto là dove spiega che nel caso vi sia una carenza di previsioni per
poter procedere alla divulgazione di informazioni idonee, la protezione del whistleblower deve
essere garantita anche quando questi, a causa della scarsità, percorra altre vie104
.
2.9.1.c) Autentcità dell’informazione
Quando parliamo di autenticità dell’informazione facciamo riferimento al suo contenuto e alla sua
forma, nel senso che l’informazione riportata deve essere chiara, precisa e curata in ogni suo
103 Guja v Moldova. 104 Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, The protection of whistleblowers, Doc 12006, 14.9.2009.
62
minimo dettaglio. La libertà di espressione non porta con sé solo diritti in unico senso ma racchiude
anche un dovere di responsabilità. Tale responsabilità si sostanzia nella genuinità dell’informazione
che il whistleblower decide di riportare, ragion per cui egli deve verificarne, nella misura consentita
dalle circostanze, l’accuratezza e l’affidabilità.
2.9.1.d) Buona fede
La buona fede è il requisito cardine che sta alla base di una informazione e non è un sinonimo di
onestà. Infatti una informazione riportata in mala fede potrebbe essere riportata sulla base di un
interesse personale oltre che collettivo. Le autorità statali hanno il potere di adottare misure per
reagire appropriatamente ad accuse prive di fondamenta o formulate in mala fede.
Nel caso Guja la Corte ha evidenziato che nessun interesse personale ovvero un conflitto con il
datore di lavoro hanno mosso il whistleblower a riportare l’informazione. Nel caso Kudeshkina la
Corte ha accertato se l’opinione espressa dal whistleblower fosse basata su fatti eccessivi in
relazione al suo status giuridico di giudice. Ciononostante la Corte ha asserito che la sua rivelazione
ha portato alla luce un fatto di rilevante interesse pubblico dove si segnalava il radicato fenomeno
corruttivo e i soggetti coinvolti nei quali lei costituiva l’organo giudicante. La totale insussistenza di
elementi ragionevoli è stata abbattuta sulla base del fatto che la rivelazione riguardava non un
attacco personale nei confronti del sistema, bensì costituiva una discreta discussione su una materia
concernente per lo più il pubblico interesse.
Così non si assicura un forte livello di protezione quando l’atto del whistleblower è motivato da
interesse personale, da una ricompensa di carattere economico ovvero da un sentimento
antagonistico contro il soggetto della cui condotta rivelata si tratta. E’ importante stabilire che il
whistleblower, nella divulgazione del fatto, agisce in buona fede ritenendo veritiera l’informazione,
63
solo ed esclusivamente nell’interesse pubblico, ritenuta la divulgazione dell’informazione l’unico
mezzo disponibile.
L’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa sulla protezione del whistleblower ha notato
come le legislazioni nazionali in materia danno importanza al concetto di buona fede senza
definirne specificatamente il significato. Ragion per cui si finisce per soffermarsi esclusivamente
sui motivi che hanno mosso il whistleblower piuttosto che sulla veridicità in sé dell’informazione.
Nel report infatti si legge che “qualsiasi whistleblower si ritiene che agisca in buona fede, a
condizione che egli ha ragionevoli motivi per ritenere vere le informazioni comunicate, anche se in
seguito risulta che questo non è il caso, e purché non persegua alcuno scopo illegale o immorale”105
.
2.9.1.e) Detrimento delle autorità
Non è detto che dalla rivelazione dell’informazione, le autorità pubbliche possano subire danni
considerevoli, talmente incisivi, a volte, da minare più la stabilità interna che l’interesse pubblico.
Infatti, la Corte procede con un giudizio di bilanciamento nel valutare se il danno, laddove esista,
sofferto dalle autorità pubbliche, per la rivelazione del fatto, superi l’interesse pubblico che si
intende presidiare106
.
2.9.5.f) Severità della sanzione
E’ inoltre opportuno tenere in considerazione l’entità della sanzione imposta al whistleblower, in
modo tale che essa non funga da deterrente ovvero non scoraggi l’iniziativa di altri possibili
105 Assembly debate on 29 April 2010 (17th Sitting) (see Doc. 12006, report of the Committee on Legal Affairs and Human Rights, rapporteur: Mr Omtzigt). Text adopted by the Assembly on 29 April 2010 (17th Sitting). Resolution 1729 (2010) - Protection of “whistle-blowers”, point 6.2.4. “Any whistle-blower shall be considered as having acted in good faith provided he or she had reasonable grounds to believe that the information disclosed was true, even if it later turns out that this was not the case, and provided he or she did not pursue any unlawful or unethical objectives”. 106 Caso Guja v Moldova.
64
whistleblower nel riportare informazioni che, seguendo gli schemi e le procedure previsti, possono
considerarsi a tutti gli effetti informazioni qualificate. Nel caso Guja la Corte ha notato che è stata
imposta la sanzione più pesante possibile al whistelblower (licenziamento), nonostante l’Autorità in
questione avesse un bacino di scelta tra le sanzioni possibili. Così la sanzione non solo ha
ripercussioni negative sulla carriera del whistleblower ma potrebbe avere anche “effetti deleteri”
sugli altri lavoratori scoraggiandoli a riportare altri eventuali illeciti. Nel caso in questione la Corte
ha giudicato che l’interferenza con la libertà di espressione, nello specifico nel diritto di comunicare
informazioni, non era “necessaria in una società democratica”, ragion per cui si è avuta una
violazione dell’articolo 10 della CEDU107
. Quello che emerge dai casi presi in considerazione è la
necessità di effettuare un equo bilanciamento tra l’integrità e mantenimento della reputazione del
datore di lavoro da un lato e, dall’altro, la protezione e il rispetto della libertà di espressione.
Notiamo, quindi, che la sanzione principale adottata dalle autorità/imprese è stato il licenziamento
diretto del whistleblower. La Corte in merito lascia molti quesiti irrisolti. In ciascun caso la Corte ha
ritenuto semplicemente inappropriato il licenziamento dei whistleblowers, ma non ha proposto
quale potrebbe essere una sanzione accettabile per il whistleblower che non rispetti la procedura
prevista, tantomeno quale sia concretamente la protezione concessa a coloro che si fanno carico di
portare a conoscenza dei consociati, condotte potenzialmente dannose per la libera e pacifica
convivenza, nonché intimidatorie del “bene comune” per cui ci si impegna affinché venga garantito.
Il Consiglio d’Europa lamenta una mancanza di incisività, di potere giuridico, in capo alla Corte,
affinché si possa assicurare una rapida e appropriata esecuzione della decisione. La generale
conclusione che emerge dai documenti ricavati durante la nostra intervistata, è che la CEDU
prevede un forte quadro interpretativo circa il bilanciamento dei diritti di uno stato e dei cittadini in
una società democratica; lo stesso non vale però per la rettifica delle ingiustizie.
107 Ibidem.
65
La Corte, infine, ha confermato il diritto dei dipendenti pubblici a “soffiare il fischietto” ovvero
lanciare l’allarme senza essere licenziato. Rimane in una zona d’ombra, invece, la questione relativa
ai dipendenti civili/privati, i quali si vedono in una sorta di purgatorio108
, in attesa di una giustizia
che praticamente non assicura loro quel grado di protezione che è previsto per i dipendenti pubblici.
Casisitica di riferimento
Caso Guja v Moldova. Iacob Guja era il direttore di un ufficio stampa dell’ufficio del Procuratore
Generale della Moldavia. Egli è stato licenziato per aver divulgato due lettere ricevute dal
Procuratore Generale. La sua segnalazione presentava dettagli in merito a quattro poliziotti accusati
di ingiusta detenzione e maltrattamento di detenuti. Il licenziamento è stato determinato in quanto il
fatto in questione era coperto da segreto e, in più, Guja non aveva consultato altri dirigenti del
dipartimento in materia. Il Tribunale prima e la Corte d’Appello poi, hanno rigettato l’istanza di
reinserimento del dirigente. La Corte di Strasburgo, invece, ha individuato una violazione del
principio di libertà di espressione previsto dall’articolo 10 comma secondo della Convenzione e ha
chiesto il risarcimento di diecimila euro più le spese processuali, entro tre mesi, a titolo di
risarcimento del danno.
Caso Kudeshkina v Russia. Olga Kudeshkina è stata il giudice di un processo penale a carico di un
investigatore di polizia. La sua rimozione, durante il processo, è avvenuta, secondo il giudice stesso,
senza una specifica ragione. Secondo le autorità dello stato, invece, perché ha ritardato
ingiustificatamente le fasi del processo. Successivamente il giudice Kudeshkina fu intervistata dai
media, ai quali aveva confessato di essere stata messa sotto pressione dal Presidente della Corte e di
essere stata coinvolta in un grande disegno manipolativo interno alla magistratura. La sig.ra
108 White S., Op. cit.
66
Kudeshkina è stata sollevata dalla posizione di giudice dopo che la Corte l’ha accusata di averla
oltraggiata.
La Corte di Strasburgo ha individuato anche in questo caso che il Governo Russo ha violato il
comma 2 dell’articolo 10 della Convenzione, condannandolo al pagamento di diecimila euro a titolo
di risarcimento del danno pecuniario e non pecuniario più le spese processuali. La signora
Kudeshkina non è stata finora ancora reinserite nella posizione di giudice. Sulla base di un’altra
pronuncia, la Corte ha offerto allo Stato o di effettuare una restituito in integrum o il pagamento in
compensazione, entro sei mesi, del danno pecuniario.
Caso Heinisch v Germany. Brigitte Heinisch era una infermiera geriatrica che ha segnalato al suo
organo di gestione che, a causa delle carenze dello staff, era impossibile mantenere il livello di
diligenza richiesto. Dopo la visita dello Speciale Medico Autorizzato alla struttura, sono state
riscontrate serie mancanze ricondotte allo staff in ordine all’assistenza. Dopo aver ripetutamente
sollecitato l’organo di gestione, senza ricevere riscontri, la sig.ra Heinisch ha segnalato la vicenda
alle autorità competenti, accusando la struttura di gravi frodi.
Secondo le dichiarazioni esposte, i pazienti erano lasciati a vivere in condizioni precarie, nei loro
escrementi per periodi prolungati e legati ai loro letti. Nella segnalazione si apprende come l’organo
di gestione aveva autorizzato a coprire le vicende e ad emettere falsi report sulla questione. Tuttavia
il tribunale aveva condotto in modo discontinuo le sue indagini preliminari sul caso. Di
conseguenza la Heinisch ha appreso di essere stata licenziata senza preavviso da una nota che
recava le ragioni del licenziamento sulla base di una politica disciplinare con effetto deterrente
verso gli altri dipendenti al fine di dissuaderli dal segnalare altri fatti.
L’infermiera Heinisch si rivolge prima al Tribunale del Lavoro di primo grado, che, avendo accolto
il ricorso, ha dichiarato ingiustificato il licenziamento sulla base di una violazione del suo diritto
alla libertà di espressione e ciò non integrante una violazione del contratto d’impiego. Il giudizio di
primo grado è stato ribaltato dalla Corte d’Appello, la quale ha ritenuto legittimo il licenziamento
67
poiché la segnalazione integrava un valido motivo per sciogliere il rapporto di lavoro senza
preavviso come previsto dal Codice Civile tedesco. Successivamente la decisione del giudice
d’Appello è stata impugnata di fronte alla Corte Federale, la quale ha rigettato il ricorso.
La parte soccombente aveva fatto appello alla Corte di Strasburgo lamentando un violazione
dell’art. 10 della CEDU. La Corte ha successivamente accertato una violazione di tale diritto e
condannato lo stato tedesco al risarcimento del danno. Tutt’ora la signora Heinisch non è stata
reinserita nei luoghi di lavoro.
68
69
CAPITOLO III
3. IL SISTEMA STATUNITENSE
“C’è una legge negli Stati Uniti e in Gran Bretagna che tutela chiunque, per etica, si veda costretto
a [segnalare] un fatto che potrebbe mettere a rischio il suo lavoro, la sopravvivenza dell’azienda o,
addirittura, la comunità”109
.
Se nei Paesi europei di civil law il concetto di whistleblowing stenta ad entrare nell’ottica
legislativa, nei Paesi di common law, invece, una massiccia legislazione ha interiorizzato il concetto
di whistleblowing, in termini di libertà di espressione di un singolo nel contesto organizzativo in
cui è immerso.
Se, ancora, nei Paesi di civil law tendiamo ad associare il whistleblower a una spia e la segnalazione
da lui effettuata a una delazione o peggio a un’infamia, in quelli di common law è visto come un
atto coraggioso di un individuo che ha “spesso l’ultimo controllo sugli illeciti d’impresa”110
.
I principali Paesi che hanno sviluppato la dimensione del whistleblowing sono gli Stati Uniti
d’America111
, con la loro esperienza secolare, e la Gran Bretagna112
, con la sua esperienza
legislativa ultradecennale. La loro esperienza rappresenta un modello per tutti gli altri Paesi che,
pur volendo adeguarsi a una simile regolamentazione, spesso si scontrano con barriere interne di
carattere etico e culturale prima che giuridico.
109 Fraschini G., L'etica del fischietto, articolo pubblicato sulla rivista Diogene Magazine - Dicembre 2009. 110 Delikat M., Phillips R. B., Corporate Whistleblowing in the Sarbanes Oxley/Dodd-Frank Era, Practising Law Institute, New York, 2012, p. 1-1. 111 La legge più antica è il False Claims Act del 1863, conosciuta anche come il Lincoln Act. 112 La legge di riferimento del sistema anglosassone è il Public Interest Disclosure Act (PIDA) del 1998.
70
In Europa, lo strumento sembra essere preso in considerazione da alcuni Stati (Belgio, Francia,
Germania, Olanda, Romania e infine, con un piccolo articolo, l’Italia).
Siamo, però, ben lontani dalla vera funzione e dal contributo giuridico e sociale che il
whistleblowing apporta in un apparato statale quale quello americano o inglese.
3.1 Accenni al sistema americano e al sistema inglese
A seguito di famosi scandali che hanno prodotto effetti devastanti per l’economia mondiale e per la
salute delle persone, quali Enron,Woercan,Tyco Industries & co. in America e il caso Barings Bank
in Inghilterra, causati soprattutto dalla mancanza di controlli interni da parte delle stesse
organizzazioni, gli Stati Uniti hanno reagito rafforzando i sistemi di controllo e la Gran Bretagna si
è dotata ex novo di una legge a protezione della divulgazione di informazioni di reato (Public
Interest Disclosure Acrt). Gli Stati Uniti hanno introdotto il Sarbanes-Oxly Act, firmato dall’ allora
presidente G. W. Bush il 30 Luglio 2002, finalizzato al miglioramento e alla stabilità delle
corporate governance e la trasparenza aziendale, con l’ulteriore obiettivo di colmare le lacune
lasciate dalle leggi precedenti sui modelli organizzativi . La Gran Bretagna ha introdotto nel settore
del diritto del lavoro il Public Interest Discloser Act, nel 1998.
Gli Stati Uniti, come più volte accennato, prevedono la protezione del whistleblower in più atti
normativi federali, datati nel tempo. La fonte primaria della normativa sulla protezione è il primo
emendamento (Libertà di Espressione) della Costituzione americana. Il primo atto normativo in cui
emerge la figura del whistleblower è il False Claim Act del 1863. È presente, all’interno, un’antica
disposizione legale chiamata qui tam action (lett. dal latino: chi agisce per conto del Re
(stato/governo), lo fa anche per se stesso) dalla quale si estrapola il fondamento di riconoscenza a
colui che permette allo stato di risolvere una questione, fino al 30% della sanzione amministrativa
71
inflitta al colpevole, poiché la normativa stabilisce che per ogni dollaro che il Governo guadagna
per merito del whistleblower, quest’ultimo ha diritto di riceverne una parte fissate tra il 15 e il 30
per cento.
In un emendamento del F.C.A. si legge che in 1986, the government expanded the False Claims Act
to provide payouts to people who revealed fraud in other government contracts. Recently, the
biggest awards have gone to whistleblowers who revealed fraud in government-funded health care
programmes. In 2009, a former Pfizer pharmaceutical salesman was awarded $51.5 million after
revealing problems with the drug Bextra, which was prescribed for pain associated with arthritis
and menstrual discomfort. The drug was pulled from the market in 2005, and the drug company
paid the government a record fine of $2.3 billion. Dopo il F.C.A., più volte modificato in futuro, gli
Stati Uniti si dotano di una consistente legislazione federale in materia: Lloyd-Lafaiette act (1912);
Water Pollution control act (1972); Safe Drinking act (1974); Resource Conservation and Recovery
Act e Toxic Substances Control Act (1976); Comprehensive Environmental Response,
Compensation, and Liability Act (1980); Surface Transportation Assistence Act (1982);
Whistleblower Protection Act (1989); Clean Air Act (1990); Pipeline Safety Improvement Act e
Sarbanese-Oxley Act (corporate fraud whistelblowers) (2002); Fraud Enforcement and Recovery
Act (2009); Dodd-Frank Wall Street Reform, and Consumer Protection Act (financial regulatory
reform) (2010). Il fenomeno del whistleblowing sembra essere così radicato e considerato
importante da applicarlo ad una moltitudine di settori delicati dove il rischio di produzioni di ingenti
danni è elevatissimo. In merito, si deduce che la materia sembra disperdersi in una moltitudine di
atti normativi, alimentando un certo livello di confusione.
Differente, invece, è l’approccio Inglese: in un unico atto normativo è inserita la totalità della
disciplina, senza distinzioni tra dipendente pubblico e privato, divulgazione interna o esterna, etc.
Dalla seguente statistica, dell’organizzazione Public Concern at Work, si evince come si sia evoluto
72
nel corso degli anni tale strumento e come sia stato sempre più utilizzato dai dipendenti
dell’impresa:
Anno Numero di applicazione del PIDA
1999 / 2000 157
2000 / 2001 416
2001 / 2002 528
2002 / 2003 661
2003 / 2004 756
2004 / 2005 869
2005 / 2006 1034
2006 / 2007 1356
2007 / 2008 1497
2008 / 2009 1761
3.2 Il modello Americano
Per ragioni di focusing della materia e del nostro lavoro, prendiamo in considerazione
esclusivamente le materie che, in concreto, si rapportano con l’economia e la protezione del
whistleblower tra la vasta gamma di previsioni Americane, con riferimento alla corporate
governance: la SOX e il Dodd-Frank Act. La particolarità prevista dal sistema Americano e, in
dettaglio, dal Dodd-Frank Act è rappresentata dai premi attribuiti al whistelblower a seguito della
73
segnalazione, essendo esso uno strumento di riconoscenza dello Stato nei confronti di colui che ha
agito nell’interesse collettivo.
3.2.1 Il Sarbanes-Oxley Act del 2002
La SOX non è una legge che circoscrive il campo di applicazione al whistleblower, bensì incide sul
tessuto economico, riformandolo in toto, con la finalità di proteggere gli investitori migliorando
l’accuratezza e l’affidabilità delle informazioni offerte dalle aziende e, più in generale, della loro
gestione contabile e finanziaria, tant’è che è stato applicato ad ogni frode societaria, irregolarità e
violazione di regole etiche.
Il quadro normativo è rivolto alle public companies registrate ai sensi della 12a sezione del Security
Exchange Act del 1934, in materia di requisiti di registrazione relativi agli strumenti e ai funzionari,
dipendenti o agenti di tali imprese pubbliche e agli appaltatori e subappaltatori delle relative public
companies. In base alle disposizione della SOX, in particolare della sezione 404 (Management
Assessment of Internal Controls), le aziende devono formare strutture interne di controllo, aperte a
ricevere anche la segnalazione confidenziale di irregolarità e a tali disposizioni devono conformarsi
tutte le imprese estere che intendano inserirsi nel mercato finanziario statunitense, denotando, così,
un carattere di internazionalità.
La SOX ha introdotto, inoltre, la «whistleblower protection», prevedendo una significativa forma di
tutela per soggetti segnalanti: nessun dirigente o altro dipendente può minacciare, sospendere,
licenziare o, comunque, discriminare un dipendente per aver segnalato un illecito.
La sezione 806 della legge, intitolata Protection for Employees of Publicly Traded Companies Who
Provide Evidence of Fraud, protegge il whistleblower, appartenente a imprese coperte dalla legge,
che riporta informazioni ritenute ragionevolmente vere integranti una lesione delle disposizioni
74
federali penali, bancarie e societarie ovvero qualsiasi disposizione federale in tema di frodi contro
gli stakeholder. La SOX prevede, altresì, un modello anti-ritorsione (anti-retalation model) per la
protezione del whistleblower da tutte le possibili ritorsioni che può subire a causa della sua
segnalazione. Il carattere innovativo della SOX sta nell’impartire un obbligo in capo alle public
companies di dotarsi di sistemi di whistleblowing, mentre in passato, l’adozione di tali modelli, era
lasciata alla discrezionalità dei sistemi di compliance della società. Infatti, la sezione 806 va
combinata con la sezione 1107 (retaliation against informants) nella quale vengono previste
sanzioni penali (fino a 10 anni di reclusione) per il datore che pone in essere qualsiasi azione
riconducibile ad una ritorsione.
Inoltre, la legge protegge la divulgazione delle informazioni da parte dell’organo di controllo delle
società o di qualsiasi altro soggetto dotato di poteri investigativi, nonché coloro che testimoniano,
partecipano, assistono a procedimenti legati alla commissione di frodi societarie113
. Da sottolineare
come il modello americano protegga i soggetti che, seppur coinvolti nel sistema criminoso,
decidono di divulgarne la pericolosità sociale. Un esempio, questo, di praticità del sistema giuridico
teso a proteggere e ripristinare il settore economico. La protezione prevede il reinserimento ad
interim o definitivo nel luogo di lavoro, con il pagamento degli stipendi persi, comprensivi di
interessi, danni patrimoniali e non patrimoniali, spese legali.
La legge richiede al whistleblower, per vedersi riconosciuta la protezione, un onere di allegazione
dove dimostra che la segnalazione verte su temi di carattere finanziario e amministrativo-contabile
delle società; di aver segnalato il fatto alle autorità o soggetti competenti e di aver ritenuto
ragionevolmente vero il fatto segnalato.
I destinatari della segnalazione, da farsi entro 180 giorni dalla scoperta del fatto illecito, sono il
Segretario del Lavoro, che trasmette la segnalazione all’Occupational Safety and Health
113 Vedi caso Birkenfeld a cui è stato riconosciuto un premio di 104 milioni di dollari, nonstante avesse preso parte
all’illecito.
75
Administration (OSHA), il quale invia una copia alla SEC. L’OSHA può respingere ovvero
accogliere la segnalazione, dovendo pronunciarsi entro 180 giorni dalla ricezione, allo scadere dei
quali, in mancanza di decisione, il whistleblower può rivolgersi ad altra autorità competente che
rivede la questione dall’inizio. Le decisioni del Dipartimento del Lavoro possono essere impugnate,
entro 10 giorni dalla decisione del Dipartimento, di fronte all’Administrative Review Board il quale
deve pronunciarsi entro 30 giorni. Inoltre, entro 60 giorni dalla decisione dell’ARB è possibile
proporre appello dinanzi alla Corte d’Appello competente e poi eventualmente dinanzi alla Suprema
Corte degli Stati Uniti d’America.
Il Dipartimento del Lavoro ha la competenza di valutare i requisiti di diligenza richiesti al
whistleblower nella procedura di segnalazione, infatti, esso può prevedere sanzioni per il
whistelblower che ha segnalato un fatto in mala fede.
3.2.2 Il Dodd-Franch Act
Con il termine Whistleblower si intende qualsiasi individuo o gruppo di individui “che forniscono
informazioni relative a violazioni di norme di sicurezza alla Commissione (SEC), secondo le
modalità stabilite per legge o per regolamento, dalla Commissione stessa”. Questa è la definizione
che il Dodd-Franch Act dà di whistlblowing. La legge in questione, firmata il 31 luglio dal
presidente Barak Obama, è definita il “primo statuto completo di portata nazionale”. L’atto, da
come si evince dal titolo, disciplina il settore dell’economia finanziaria e, tra le sue migliaia di
pagine, troviamo, alla sezione 922, la maggiore e più dettagliata disciplina sulla protezione e
retribuzione (ricompensa) del whistleblower. Emanato a soli otto anni dall’entrata in vigore della
SOX, il Dodd-Franch Act amplia il quadro della protezione contro le ritorsioni, incentivando così
gli informatori ad uscire alla ribalta senza porsi alcun problema e scrupolo laddove ritengano,
76
secondo i canoni di ragionevolezza minimi, sostanzialmente vera e genuina l’informazione che si
sta per divulgare.
L’intensa lotta tra le varie parti del negoziato ha dovuto superare la storia legal-culturale che ha
individuato il whistleblower come colui chiamato ad “affrontare una difficile scelta tra il dire la
verità e il rischio di commettere un suicidio di carriera”114
.
Il Dodd-Franch act, inoltre, amplia gli incentivi di carattere economico poiché richiede che la SEC
deve premiare il whistlblower con ingenti somme che, stando alla lettera della legge, vanno da un
minimo di 10% a un massimo del 30% del valore della somma, inflitta al soggetto incriminato, a
titolo di condanna.
In realtà il Dodd-Frank Act presenta una struttura a due livelli di protezione delle ritorsioni: il
primo, un livello più sicuro e garantista, riferendo direttamente alla SEC; il secondo, meno
garantista, riferendo internamente all’azienda. Questa struttura a due livelli scoraggia il reporting
interno e probabilmente compromette la conformità interna dei sistemi di informazione idonei al
buon funzionamento dell’impresa115
. La sezione 922, quindi, introduce così la sezione 21F nel
Security Exchange Act del 1934 che riporta la definizione di whistleblowing, di cui all’inizio del
capitolo. La protezione in termini tecnici si sostanzia nel divieto per il datore di lavoro di
licenziamento, demansionamento, sospensione o altre minacce e altre forme di intimidazione per
aver riferito informazioni alla SEC.
3.2.2.a) I riscontri pratici
I requisiti di eleggibilità alla ricezione di un “premio” sono sanciti dalla stessa legge e prevedono
che il whistleblower debba: a) volontariamente informare la SEC b) con informazioni originali c)
che portano ad un’esecuzione da parte della Commissione dell’azione della corte federale o
114 Delikat M., Phillips R. B., Corporate Whistleblowing in the Sarbanes Oxley/Dodd-Frank Era, Practising Law Institute, New York, 2012, p. 15-1. 115 HARVARD LAW SCHOOL, Corporate Law - Securities Regulation - Congress Expands Incentives for
Whistleblowers to Report Suspected Violations to the SEC, Cambridge, Boston, MA, 2011.
77
amministrativa, d) dalla quale la commisione ha ottenuto un guadagno superiore ad un milione di
dollari(1.000.000$)116
.
La volontarietà dell’azione di voler informare la SEC è suscettibile di ricompensa se essa è fatta
prima che il whistleblower stesso riceva una richiesta di comparizione o altra richiesta, inerente al
caso, dalla SEC in connessione con l’investigazione dell’ufficio competente.
Per originalità dell’informazione si intende l’informazione che:
- deriva da un’analisi o conoscenza indipendente del whistleblower;
- che non sia pervenuta nella sfera di conoscibilità della SEC da un’altra fonte precedente:
- non necessariamente resa in una comparsa, in un procedimento, rapporto investigativo,
investigazioni etc;
- pervenuta alla SEC per la prima volta dopo il 21 luglio 2010117
.
Il concetto di indipendenza della conoscenza e analisi si fonda su un ragionamento di ordine pratico,
basato, quindi, sul rapporto di vicinanza del whistleblower alla vicenda oggetto dell’informazione.
Infatti, la norma stabilisce che il whistleblower può aumentare la sua conoscenza attraverso
l’esperienza, la comunicazione e l’interazione con gli ambienti sociali e commerciali118
. Il
whistleblowing, esamina e valuta, anche con l’aiuto di altre persone, materiali che possono essere di
disponibilità pubblica ma che rivelano informazioni che non sono a disposizione ovvero conosciute
dal pubblico119
.
Tuttavia la SEC esclude un numero di categorie di informazione dalla definizione di “conoscenza e
analisi indipendente”, escludendo così il whistleblowing dalla categoria degli eleggibili per la
riscossione della ricompensa monetaria. Le informazioni incluse infatti sono: a) le informazioni
ottenute attraverso una comunicazione che è stata oggetto di rapporto tra avvocato/clienti, a meno
116 15 U. S. C. §78u(b), 17 C.E.R. §240, 21F-3(a) del SEA. 117 15 U. S. C. §78u(b), 17 C.E.R. §240, 21F-4(b) del SEA. 118 15 U. S. C. §78u(b), 17 C.E.R. §240, 21F-4(b)(2) del SEA. 119 15 U. S. C. §78u(b), 17 C.E.R. §240, 21F-4(b)(3) del SEA.
78
che la divulgazione alla SEC sia stata consentita; oppure b) le informazioni ottenute in virtù di una
posizione privilegiata occupata, quale rappresentanza legale del cliente/ente per conto del quale si
forniscono servizi e si cercano di utilizzare le informazioni per un vantaggio esclusivo e personale
salvo che la divulgazione sia consentita120
.
Dal punto di vista oggettivo121
la SEC, quindi, esclude le suddette categorie di informazione,
specificando quale sia il rischio che si potrebbe generare: una speculazione sulle informazioni da
parte di coloro che hanno accesso alle stesse, in virtù di un legame professionale, dove è ovvia una
presunzione, se pur non assoluta, di conflitto di interessi, superabile dalla prova di aver ricevuto il
permesso per la divulgazione. Permesso, avvertimento, concesso da un avvocato, ai sensi delle
regole predisposte dalla SEC stessa.
Dal punto di vista soggettivo, ricorrono le figure di cui al punto 21F-4(b)(4)(iii)122
del SEA, per la
cui applicazione è prevista un’eccezione. Infatti il capo 21F-4(b)(4)(iii) non si applica se:
a) Il whistleblowing ha basi ragionevoli di credere che la divulgazione delle informazioni alla
SEC sia necessaria per prevenire che il soggetto in questione ponga in essere
comportamenti pregiudizievoli per gli interessi economici delle società o degli investitori;
b) si dispone di elementi ragionevoli per credere che il soggetto in questione possa eludere lo
svolgimento di una corretta indagine sulla condotta; oppure
120 15 U. S. C. §78u(b), 17 C.E.R. §240, 21F-4(b)(4)(i)e(ii) del SEA. 121 15 U. S. C. §78u(b), 17 C.E.R. §240, 21F-4(b)(4)(iii) del SEA. 122 In circumstances not covered by paragraphs (b)(4)(i) or (b)(4)(ii) of this section, if you obtained the information because you were: (A) An officer, director, trustee, or partner of an entity and another person informed you of allegations
of misconduct, or you learned the information in connection with the entity's processes for identifying, reporting, and addressing possible violations of law; (B) An employee whose principal duties involve compliance or internal audit responsibilities, or you were employed by or otherwise associated with a firm retained to perform compliance or internal audit functions for an entity; (C) Employed by or otherwise associated with a firm retained to conduct an inquiry or investigation into possible violations of law; or (D) An employee of, or other person associated with, a public accounting firm, if you obtained the information through the performance of an engagement required of an independent public accountant under the Federal securities laws (other than an audit subject to § 240.21F-8(c)(4) of this chapter), and that information related to a violation by the engagement client or the client's directors, officers or other employees.
79
c) se son passati almeno 120 giorni dopo che l’informazione si presenta al comitato di
controllo, l’amministratore, l’amministratore delegato o loro equivalenti a provare che essi
ne erano a conoscenza123
.
In sostanza un soggetto, detto ineleggibile, può diventarlo se ha comunicato le informazioni
internamente e dopo 120 giorni le trasferisce alla SEC ovvero quando essi si recano direttamente
alla SEC per informare di attività scorrette che potrebbero generare un danno oppure quando
un’investigazione sul fatto sia stata impedita dalla società stessa124
.
Uno dei più controversi aspetti della Dodd-Frank è il modo con il quale si incentiva una
segnalazione esterna, diretta alla SEC, per poter godere delle misure premiali previste dalla sezione
922, lasciando così coloro che riportano internamente un fatto senza protezione oppure rimessi alla
debole protezione prevista dalla SOX125
, favorendo quindi quello esterno. Per tale ragione, si ha uno
scontro dottrinale tra legislatore SOX e legislatore Dodd-Frank poiché il reporting esterno
andrebbe, in alcuni casi, a compromettere la stabilità interna dell’organizzazione e quindi la
successiva caduta dei modelli organizzativi prestabiliti dalla SOX, che comunque continuano a
ricoprire un ruolo importante nell’organizzazione d’impresa. Ma un soggetto che riferisce soltanto
internamente non è qualificato come whistleblower ai sensi del Dodd-Frank Act, ergo non è
protetto dalle misure anti-ritorsione.
Come già accennato, i due atti normativi federali sono stati la risposta del Congresso ai numerosi
scandali che hanno colpito gli U.S.A. e hanno avuto quindi un grande impatto sull’economia
mondiale. Infatti, con la SOX, il Congresso ha avuto un “mero approccio al regolamento che si basa
123 15 U. S. C. §78u(b), 17 C.E.R. §240, 21F-4(b)(4)(v) del SEA. 124 Delikat M., Phillips R. B., Corporate Whistleblowing in the Sarbanes Oxley/Dodd-Frank Era, Practising Law Institute, New York, 2012, p. 16-6. 125 Harvard law school, Op. Cit.
80
sul controllo interno, su whistleblowing e sul problem solving”, adottando nuove misure finanziarie
e di corporate governance126
.
Infatti la SOX incoraggia la segnalazione di attività illecite e, a tal proposto, richiede alla società di
dotarsi di controlli interni preposti alla ricezione e protezione delle informazioni anche anonime127
e, soprattutto, prevedere la protezione da qualsiasi forma di ritorsione nei confronti del soggetto che
ha “soffiato il fischietto”.
3.2.2.b) Segnalazioni anonime
La sezione 922, del Dodd-Frank Act, prevede anche la possibilità di segnalazione anonima con una
procedura del tutto particolare. Il whistleblower si fa rappresentare tecnicamente da un avvocato, al
quale ha presentato un report in un formato particolare disposto dalla SEC (Form TCR)128
,
contenente tutte le informazioni intorno alla segnalazione e sottoscritto dallo stesso. In mancanza,
si presume la falsa testimonianza dell’avvocato.
Nel presentare una segnalazione anonima per conto di un whistleblower, un avvocato deve: attestare
l'identità whistleblower; esaminare il modulo compilato dal whistleblower e che la segnalazione sia
accurata e in buona fede, utilizzando la diligenza richiesta; ottenere dal whistleblower il consenso
affinché la Commissione, quando lo ritiene necessario, possa richiedere il documento per attestare i
poteri di rappresentanza dell’avvocato.
3.2.2.c) La ricompensa
Un aspetto particolare e incentivante, incontrato in precedenza, è di sicuro la ricompensa che la
SEC provvede ad attribuire al whistleblower quando sussistono le condizioni fin qui esposte. Infatti,
126 Ibidem. 127 Ibidem. 128 Al seguente link è possibile trovare un esempio della forma richiesta dalla SEC: https://forms.cftc.gov/fp/wbform.aspx
81
a norma dello statuto, è prevista una ricompensa compresa tra il 10 e il 30 percento sul totale della
sanzione inflitta mediante processo o altri strumenti simili. L’ammontare della percentuale è
stabilita dalla SEC stessa, attraverso degli standard qualitativi e quantitativi riferiti alle segnalazioni
e all’ammontare guadagnato dalla SEC dai procedimenti. Invece, dal punto di vista tecnico, la SEC
valuta: il significato delle informazioni fornite dal whistleblower e di come esse abbiano portato al
successo delle azioni giudiziarie o amministrare; l’apporto del whistleblower fornito al caso e al
procedimento, valutando il livello di assistenza, la tempestività delle relazioni, lo spiegare
operazioni complesse; gli aiuti nell’acquisizione delle prove. In aggiunta, la SEC valuta anche
l’effetto che produce la segnalazione sul successivo rispetto di quella norma violata, segnalata dal
whistleblower e la misura in cui incide il premio affinché venga riportata un informazione di “alta
qualità”.
Specularmente molti sono i fattori, invece, che determinano un riduzione dell’ammontare della
ricompensa, poiché è da tener conto di una eventuale colpevolezza del whistleblower nell’illecito
segnalato e se egli abbia ritardato irragionevolmente la segnalazione. Per quanto riguarda la
colpevolezza, la SEC può tener conto:
- del ruolo e del coinvolgimento del whistleblower nell’illecito;
- della sua istruzione, formazione, esperienza, e la posizione di responsabilità, al momento
della commissione dell’illecito;
- se il whistleblower abbia tratto vantaggio dalla commissione dell’illecito;
- se il whistleblower è recidivo;
- se il whisletblower consapevolmente ah interferito con le indagini della SEC.
Rispetto all’irragionevole ritardo della segnalazione, la SEC valuterà se il whistleblower era a
conoscenza dei fatti in questione, ma non è riuscito a prendere le misure ragionevoli per prevenire
la commissione o il protrarsi dell’illecito, ovvero segnalarlo.
82
3.3 Considerazioni finali sugli atti normativi
Molte critiche sono state mosse contro la struttura della SOX, poiché ritenuta poco incisiva e
debolmente protettiva. Forse riteniamo che il Congresso, dopo otto anni, abbia voluto intervenire
aumentando la protezione degli informatori, incentivandoli a rapportarsi direttamente con la SEC.
Tale inclinazione ha finito per incentivare il reporting esterno, ragion per cui, il Congresso,
volontariamente o meno, ha snaturato la portata dell’ informazione interna prevista dalla SOX, che
in ogni caso rivive quando non è possibile essere eletti tra i profili soggettivi e oggettivi previsti dal
Dodd-Frank Act. A differenza della SOX il Dodd-Frank Act non limita la protezione di coloro che
segnalano informazioni sulla base di ragionevoli motivi che spingono il whistleblower a ritenerla
vera e, soprattutto, abbatte qualsiasi ostacolo intermedio procedurale prevedendo la possibilità di
ricorrere direttamente al tribunale senza dover passare ad esempio per il Dipartimento del Lavoro
previsto dalla SOX. Per quanto attiene ai termini per l’azione, il Dodd-Frank amplia notevolmente
gli intervalli; prevede, infatti, che il whistleblower ha 6 anni di tempo per poter agire dal momento
in cui si è verificata la violazione, o fino a tre anni dalla venuta a conoscenza, a condizione che il
tutto non superi i dieci anni. Mentre, la SOX prevede un termine di 180 giorni dalla violazione
ovvero dalla sua scoperta. Un altro ampliamento lo abbiamo in materia di rimborsi e risarcimenti
effettivi per eventuali ritorsioni per chi agisce ai sensi della sez. 922 del Dodd-Frank Act a cui
vengono riconosciute le spese legali e costi connessi, reinserimento nel posto di lavoro con il
recupero dell’anzianità, recupero del doppio degli arretrati con gli interessi, mentre chi agisce
secondo i canoni della SOX può recuperare solo gli arretrati comprensivi di interessi.
Dagli studi condotti all’Università di Harvard si evince che la “potenziale elusione della reportistica
interna potrebbe avere costi enormi e, in effetti, potrebbe minare il vero obiettivo della sez. 922 che
è stata, appunto emanata per promuovere la rivelazione efficace ed efficiente delle violazioni di
83
legge”129
. Non mancano critiche in merito alla finalità perseguita dall’intero sistema di protezione e
reportistica, infatti, se l’obiettivo principale del whistleblowing è la riduzione degli illeciti e la
velocità con la quale i problemi vengono affrontati, allora un sistema di reportistica interno
dovrebbe essere preferito ad un sistema di reportistica esterna.
Continuando, sulla scorta di quello che hanno prodotto nella Cambridge d’oltre oceano è preferibile
il reporting interno sia da un punto di vista economico, poiché la SEC, avendo risorse limitate,
sostiene dei costi elevati per elaborare e condividere informazioni, che oltretutto possono rivelarsi
soltanto in falsi allarmi, sia da un punto di vista di gestione dell’informazione, in quanto il reporting
interno permette alla stessa organizzazione di individuare e indagare il danno nella fase iniziale in
modo da rimediare a qualsiasi conseguenza in modo efficace e tempestivo, ovvero “mitigare i
danni, rivedere i controlli interni e le procedure, evitare la pubblicità negativa e i costi che ne
derivano”. La stessa SEC ha riconosciuto l’importanza e l’essenzialità dei canali interni di
segnalazione e se questi sistemi non vengono utilizzati, tutto il sistema che si fonda su norme di
sicurezza e di prevenzione sarebbe meno efficace130
. In conclusione, il Congresso dovrebbe
intervenire su entrambi gli atti normativi affinché l’idea originaria di assicurare la conformità
aziendale ai sistemi di segnalazione sia rafforzata per poter continuare a divulgare una cultura
aziendale sana e responsabile fondata su principi di ordine etico e di integrità morale, in primis,
cominciando nell’ equiparazione della reportistica interna ed esterna, assicurare la stessa protezione
e la stessa misura di effetti premiali al whistleblower, poiché suscettibile di tutela non è tanto il
mezzo quanto il fine che si vuole raggiungere con la diffusione di una cultura del whistleblowing.
129 Ibidem. 130 Ibidiem.
84
85
CAPITOLO IV
4. IL CONTESTO GIURIDICO ITALIANO: TRA ETICA E DIRITTO
4.1 La normativa vigente e sistemi di protezione
Nel contesto normativo attuale non esiste una vera e propria normativa che disciplina la pratica del
whistleblowing. Non esiste una significativa disciplina che protegga ovvero tuteli il whistleblower
da qualsiasi ritorsione o rappresaglia da parte di altri soggetti e/o contesti organizzativi. Soltanto
nella recente Legge del 6 novembre 2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione
della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione) è stata introdotta una norma
specifica che riguarda la protezione del whistleblower. Infatti è stato introdotto l’articolo 54-bis131
,
rubricato Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti, nel decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165 che disciplina i rapporti di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione. Un
piccolo input normativo, quindi, il nostro legislatore, con l’intenzione di contrastare il dilagante
fenomeno corruttivo, ce l’ha fornito. Ora sta alla coscienza del sistema in generale sviluppare
un’analisi dettagliata del sistema giuridico nel quale legittimare il whistleblowing pubblico e
131 Art. 54-bis. Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti. 1. Fuori dei casi di responsabilita' a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che [segnala] all'autorita' giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non puo' essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla [segnala].
2. Nell'ambito del procedimento disciplinare, l'identita' del segnalante non puo' essere rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l'identita' puo' essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato. 3. L'adozione di misure discriminatorie e' segnalata al Dipartimento della funzione pubblica, per i provvedimenti di competenza, dall'interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere. 4. La [segnalazione] e' sottratta all'accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e
successive modificazioni.
86
privato. Se nel settore pubblico un minimo riferimento esplicito alla protezione del whistleblower è
stato ottenuto da questa ultima norma, nel settore privato, invece, l’unico riferimento indiretto lo
ritroviamo all’art. 6 del D.lgs. 231 dell’8 giugno 2001, che disciplina la responsabilità
amministrativa delle persone giuridiche derivante da reato132
. Infatti, è previsto l’obbligo di
informazione all’organo deputato, Organo di Vigilanza (OdV), di qualsiasi fatto che possa minare il
rispetto dei modelli organizzativi di cui si è dotata l’impresa per la prevenzione dei reati (art. 6, c. 2,
lett. d), ai sensi del suddetto decreto. Qui notiamo appunto la totale mancanza di capacità di
discernimento del whistleblower, poiché in capo a lui vige un obbligo informativo e non traspare
nessun inciso che rimetta alla sua volontà l’atto della segnalazione.
Giova ricordare, invece, che riferimenti impliciti al whistleblower li possiamo rintracciare in varie
branche del nostro ordinamento, dalla Costituzione in primis per poi passare al diritto penale,
amministrativo, civile, del lavoro e in materia di trattamento dei dati personali (privacy). Inoltre la
normativa è richiesta dalle disposizioni previste dalle convenzioni internazionali firmate dall’Italia
negli anni passati, ma che ancora non hanno avuto un seguito normativo preciso all’interno del
nostro ordinamento giuridico, con particolare riferimento alla protezione delle segnalazioni (vedi
sub. §1).
Il whistleblower, inoltre, trova un riscontro e un’implicita tutela, quando parliamo di libertà di
espressione, principio disciplinato dalla nostra Costituzione all’art. 21, dalla Convenzione Europea
dei Diritti Umani all’art. 10 (vedi sub. §2.9) e dallo statuto dei lavoratori di cui alla Legge n. 300
del 20 maggio 1970 all’art. 1.
132 Il decreto legislativo in questione ha introdotto la disciplina secondo cui anche gli enti, imprese e società possono
essere sanzionate direttamente, abbattendo così il brocardo latino societas delinquere non potest.
87
4.1.1 Principi Costituzionali
A livello costituzionale, tale principio disciplina e governa la situazione in cui un soggetto ha, in
base al suo status (lavoratore), un accesso a informazioni particolari che gli permettono di avere
un’opinione più qualificata rispetto ad altri soggetti estranei che tali informazioni non hanno. Il
diritto di espressione si configura come whistleblowing solo quando le informazioni comunicate
attengono a irregolarità, reati o altri rischi133
. E ovvio che gli estremi di tele protezione non si
verificano laddove la segnalazione venga fatta in mala fede e/o abbia ad oggetto dichiarazioni
mendaci134
. Infatti il diritto di espressione implica anche responsabilità in capo al beneficiario,
responsabilità che trova fondamento nella diligenza del whistleblower di verificare la genuinità e
fondatezza della segnalazione. Il dovere di diligenza richiesto non assurge a livelli altissimi, poiché
al lavoratore, nel nostro caso, non vengono deferiti poteri inquisitori ovvero investigativi, il suo
dovere si limiterebbe soltanto ad un onere di allegazione del fatto. L’art. 21, analogamente a quanto
previsto dall’art.10 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, riporta la questione su un
contemperamento degli interessi coinvolti. Infatti come la Corte Europea dei Diritti Umani, alla
luce delle decisioni trattate (vedi sub. §2.9, in particolare il caso Guja v. Moldavia), ha proceduto
con un bilanciamento degli interessi in gioco (nello specifico l’interesse collettivo tutelato e
l’interesse dell’organizzazione segnalata), così il nostro principio costituzionale richiama un
bilanciamento degli interessi superiori coinvolti, alla luce del dovere di confidenzialità e fedeltà nei
confronti dell’organizzazione di cui è parte il prestatore di lavoro.
133 Transparency International Italia, Un’alternativa al silenzio: promozione e tutela delle segnalazioni in Italia. Report a cura di Davide del Monte e Giorgio Fraschini, Ottobre 2012, Milano. 134 L’art 368 c.p. punisce la calunnia e la diffamazione. Punisce con la reclusione da due a sei anni chiunque, con denunzia, querela , richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all'autorità giudiziaria o ad un'altra autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico
di lui le tracce di un reato.
88
4.1.2 Ambito giuslavoristico (Cass., Sez. Lav., sent. n. 6501 del 14 marzo 2013)
In ambito giuslavoristico, l’art. 1 dello statuto dei lavoratori implicitamente prevede anche esso un
riferimento al diritto di espressione di colui che segnala illeciti135
. Ma l’articolo più incisivo è l’art.
18, in tema di licenziamenti, rubricato Reintegrazione nel posto di lavoro. Anche qui, come nelle
pronunce della Corte Europea dei Diritti Umani, abbiamo una protezione del posto di lavoro in
quanto il licenziamento è legittimo soltanto se è determinato da giusta causa o da giustificato
motivo. Infatti alla luce delle sentenze della Corte europea e della nostra Corte Suprema, il diritto ad
essere reintegrato sul posto di lavoro viene esteso anche a coloro che vengono licenziati per
ritorsione136
. A fortiori, una recentissima pronuncia della nostra Suprema Corte, ha stabilito che non
costituisce giusta causa o giustificato motivo di licenziamento, l’aver il dipendente reso noto
all’Autorità Giudiziaria fatti di potenziale rilevanza penale, accaduti presso l’azienda in cui lavora
né l’averlo fatto senza averne previamente informato i superiori gerarchici, sempre che non risulti il
carattere calunnioso della segnalazione e dell’esposto137
. Per quanto attiene l’onere probatorio, il
carattere ritorsivo del licenziamento costituisce un eccezione da sollevarsi da parte del lavoratore, la
cui mancanza rileva soltanto, proprio perché trattasi di eccezione, nei casi in cui il lavoratore abbia
dimostrato la giusta causa o il giustificato motivo del recesso138
.
Sempre in tema di rapporti di lavoro, dobbiamo riallacciarci ai delicati temi sull’obbligo di
obbedienza e fedeltà (vedi infra §4.5.3). L’art. 2104 del codice civile stabilisce un vero e proprio
dovere di obbedienza, in quanto il lavoratore è obbligato a conformasi a tutte le disposizioni del
datore di lavoro nell’eseguire il proprio lavoro, fatta eccezione la possibilità di rifiutarsi laddove la
135 Art. 1. Libertà di opinione. I lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei principi della Costituzione e delle norme della presente legge. 136 Cass., Sez. Lav.,sent. n.24347. 137 Cass., Sez. Lav., sent. n 6501 del 14 marzo 2013. 138 Cass, Sent. cit, p. 7.
89
disposizione preveda il compimento di un prestazione illecita139
. L’art. 2105, invece, stabilisce un
obbligo di fedeltà che si scompone a sua volta in un divieto di concorrenza e in un obbligo di
riservatezza140
, poiché al lavoratore è vietato trattare affari per conto proprio o di terzi, in
concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di
produzione dell’impresa ovvero farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio. La
violazione invece dell’obbligo di fedeltà genera l’applicazione di una sanzione in capo al lavoratore,
che in base alla gravità, può anche sfociare nel licenziamento. Mentre non comportano nessuna
violazione, all’obbligo di fedeltà, i comportamenti del lavoratore che si pongono in contrasto
(specie se tutelano il pubblico interesse) con attività illecite del datore di lavoro141
. Secondo la
recente pronuncia della S.C. di Cassazione va escluso che la segnalazione all’Autorità Giudiziaria
di fatti potenzialmente rilevanti in sede penale sia contegno extralavorativo comunque idoneo a
ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra lavoratore e datore di lavoro, poiché, secondo la
Cassazione, nel caso in cui si ammettesse il licenziamento a causa di una segnalazione di un illecito
aziendale, si ammetterebbe implicitamente un “dovere di omertà che ovviamente non troverebbe la
benché minima cittadinanza nel nostro ordinamento”142
. Anche la produzione di documenti
aziendali in un giudizio non costituisce una violazione del dovere di fedeltà poiché è riconosciuta
una “prevalenza al diritto di difesa del lavoratore rispetto alle esigenze di riservatezza dell’azienda”.
Gli obblighi di cui agli articoli 2104 e 2105 del codice civile sono circoscritti ad una dimensione
contrattuale, nel senso che tali obblighi non sono accessori al contratto di lavoro, bensì
costituiscono una delle modalità di adempimento della prestazione lavorativa e il comportamento
139 Il lavoratore che non rifiuta il compimento della prestazione illecita (es. commissione di un reato), è ritenuto responsabile dell’esecuzione della prestazione illecita. Così Cass., Sez. Lav., n. 519/2001. 140 Giampiero Falasca. Manuale di diritto del lavoro. Costituzione, svolgimento e risoluzione del rapporto di lavoro. Gruppo 24 ore, Milano, 2012, p. 169 ss. 141 Ibidem. Cass., sez. lav., n. 8702/2000. 142 Ibidem, “non può nemmeno lontanamente ipotizzarsi che rientri tra i doveri del prestatore di lavoro il tacere anche fatti
illeciti (da un punto di vista penale, civile o amministrativo) che egli veda accadere intorno a sé in azienda".
90
che il lavoratore deve mantenere ai sensi degli artt. 1175 e 1375 del codice civile143
. Alcune
sentenze (in particolare del Tribunale di Frosinone) hanno considerato la segnalazione pubblica dei
lavoratori alla stregua di una manifestazione libera del proprio pensiero quando: a) il fatto segnalato
è vero; b) non vi fosse una volontà diffamatoria; c) la rivelazione corrisponde a un interesse
giuridicamente rilevante; d) vi è congruenza tra le modalità di diffusione della notizia e l’interesse
pubblico che si vuole tutelare. Sulla base di quanto esposto possiamo ritenere che il lavoratore può
procedere a rivelare segreti aziendali anche a soggetti terzi, laddove sussista un interesse legittimo
alla rivelazione e in presenza delle condizioni summenzionate, ritenendo così, la dottrina, ammesso
nell’ordinamento italiano la figura del whistleblower144
, non ritenendo, pertanto, necessaria una
specifica disciplina a protezione del prestatore d’opera, accorrendo già una tutela da parte
dell’ordinamento.
4.1.3 Ambito penale
In ambito penale oltre alla già citata norma che disciplina la responsabilità penale delle persone
giuridiche (a cui dedicheremo una sezione a parte), abbiamo la normativa che protegge coloro che
collaborano con la giustizia dopo aver fatto parte dell’organizzazione criminale, figura introdotta
con Legge n. 45 del 13 febbraio 2001 (Modifica della disciplina della protezione e del trattamento
sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia nonché disposizioni a favore delle persone
che prestano testimonianza, che modifica e integra le disposizioni della precedente normativa del
1991 in materia di reati di mafia e terrorismo). Per coloro che prestano testimonianza su fatti gravi,
tali da esporre se stessi e i propri familiari a ripercussioni da parte della criminalità organizzata, è
previsto un diritto ad avere protezione. Tale normativa non equipara la posizione del soggetto a un
143 Ibidem. 144 Così Vincenzo Ferrante. Rapporti di lavoro e whistleblowing. Diritto a “spifferare” e tutela del posto di lavoro
nell’ordinamento italiano, in Il Whistleblowing: nuovo strumento di lotta alla corruzione, Buonanno Editore, 2011.
91
lavoratore (pubblico o privato) che rende noto alla giustizia fatti di reato. La disciplina in esame è
chiara nel prevedere, all’art. 203 del codice di procedura penale, che l’utilizzo delle dichiarazioni
dei collaboratori sono circoscritte ai casi in cui esse vengono ottenute per mezzo della
testimonianza.
Nel codice penale abbiamo un norma che punisce il pubblico ufficiale che omette o ritarda la
denuncia, all’Autorità a cui ha l’obbligo di riferire, di un illecito penalmente rilevante di cui ha
avuto notizia in ragione delle sue funzioni (art. 361 c.p.). Questa fattispecie rappresenta un elemento
che, di fatto ostacola l’ascesa del whistleblowing in Italia, proprio perché se è ritenuto obbligatorio
da parte del pubblico ufficiale denunciare un reato, il legislatore non ritiene necessario a tal punto
ricorrere alla previsione di incentivi per la segnalazione e alla protezione del segnalante.
In tema di corruzione e trasparenza è stato istituito nel 2008 il S. A. e T., Servizio Anticorruzione e
Trasparenza, preposto alla ricezione di segnalazioni, anche anonime, in materia di corruzione nella
pubblica amministrazione, attraverso posta ordinaria, elettronica o tramite telefono. Un dato
statistico, preso su un campione riferito al periodo 2008/2009 (ottobre-ottobre), ci dice che il 76%
delle segnalazioni sono pervenute al S. A. e T. in forma non anonima.
4.1.4 Ambito civile, finanziario, amministrativo e normativa sulla privacy
Nel codice civile non esiste una norma che disciplina la protezione dei whistleblower, però
troviamo un riferimento, nella disciplina delle società per azioni all’art. 2408, alla segnalazione in
sé, ai sensi del quale “ogni socio può denunciare i fatti che ritiene censurabili al collegio sindacale”.
In ambito finanziario il D.lgs. 21 novembre 2007, n. 231 in Attuazione della direttiva 2005/60/CE
concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi
di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne
92
reca misure di esecuzione, prevede l’istituzione di un’Unita di Informazione Finanziaria (UIF)
preposta alla ricezione di segnalazioni di reati in ambito finanziario; in materia di intermediazione
finanziaria, nel T. U. F. (D.lgs. del 24 febbraio 1998, n. 58) troviamo un obbligo in capo al collegio
sindacale di comunicare alla CONSOB le irregolarità riscontrate nell’attività di vigilanza,
irregolarità che interessino la tutela del mercato finanziario.
In materia di trattazione dei dati personali e accesso ai documenti amministrativi bisogna prendere
in considerazione il principio di trasparenza che caratterizzano entrambi i settori. Dal punto di vista
amministrativo, in materia di accesso da parte dei soggetti pubblici, facciamo riferimento alla Legge
n. 241, 7 agosto 1990 in cui agli articoli 10 e 24 disciplinano l’accesso ai documenti amministrativi.
In merito, le decisioni del Consiglio di Stato hanno interpretato la norma in maniera estensiva,
concedendo la possibilità a colui nei confronti del quale è stato avviato un procedimento
amministrativo, di conoscere l’identità del soggetto che ha presentato la segnalazione. Essendo tale
legge ispirata al principio di trasparenza e di difesa, continua il Consiglio di Stato, ogni soggetto
deve avere la possibilità di conoscere con precisione il contenuto e gli autori delle segnalazioni145
.
Per quanto riguarda il trattamento dei dati personali della persona fisica, abbiamo un regime più
stringente. La legge n. 196 del 30 giugno 2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali)
ha recepito la direttiva europea 95/45/CE che regola il diritto di accesso all’ottenimento di
informazioni. In materia di segnalazioni il “Gruppo dei Garanti articolo 29” nel suo parere in
materia di whistleblowing146
ha stabilito che <in nessuna circostanza può essere permesso al
segnalato di avvalersi del diritto di accesso per ottenere informazioni sull’identità del segnalante,
salvo che il segnalante abbia dichiarato il falso in malafede>147
.
145 Cons. Stato, Sez. VI, n. 3601/2007. 146 Gruppo dei Garanti articolo 29. Parere 1/2006 relativo all'applicazione della normativa UE sulla protezione dei dati alle procedure interne per la [segnalazione] delle irregolarità riguardanti la tenuta della contabilità, i controlli contabili interni, la revisione contabile, la lotta contro la corruzione, la criminalità bancaria e finanziaria 1 febbraio 2006 - WP 117, recepita in Italia da Garante il 10 dicembre 2009: Segnalazione al Parlamento e al Governo sull'individuazione, mediante sistemi di segnalazione, degli illeciti commessi da soggetti operanti a vario titolo nell'organizzazione aziendale. 147 Ibidem.
93
La nostra legge 196/2003 prevede all’articolo 7 il diritto di accesso ai dati personali, cioè chiunque
interessato ha il diritto di conoscere il contenuto e l’origine di qualsiasi segnalazione a proprio
carico. Nell’ambito privato, invece, bisogna prendere in considerazione la disciplina dettata dagli
artt. 23 e 24, dove si stabilisse che in materia di accesso ai dati da parte di privati o enti pubblici
economici deve essere dato il consenso da parte dell’interessato in una delle forme previste dagli
articoli.
In conclusione il Garante italiano valuta l’opportunità di adottare determinate misure legislative che
disciplinino in concreto il sistema del whistleblowing, soprattutto alla luce di quanto stabilito
dall’articolo 7 del Codice148
.
La materia risulta quindi abbastanza frammentata nelle varie aree del nostro ordinamento, ma ciò
non esclude che ci possano essere le condizioni per prevedere un istituto giuridico, presente per lo
più negli ordinamenti di Common Law, che possa funzionare anche nel nostro sistema, magari
prendendo proprio come punto di riferimento il quadro giuridico d’oltre oceano, da cui, ricavando i
punti di forza e correggendo le eventuali lacune, possiamo benissimo generare una disciplina che si
addica al contesto giuridico italiano.
148 Il Garante per la protezione dei dati personali ha voluto, nel suo rapporto di cui alla nota 35, individuare gli aspetti principali da prendere in considerazione: “il Garante segnala al Parlamento e al Governo l'opportunità che sia valutata, in relazione all'utilizzo di sistemi di segnalazione di presunti illeciti commessi da soggetti operanti a vario titolo nell'ambi to di un'organizzazione aziendale, l'adozione di apposite disposizioni legislative volte a: • individuare i presupposti di liceità del trattamento effettuato per il tramite dei citati sistemi di segnalazione, in particolare delineando una base normativa che
definisca, innanzi tutto, l'ambito soggettivo di applicazione della disciplina e le finalità che si intendono perseguire; • valutare in particolare, nel processo di perimetrazione sul piano soggettivo della disciplina, se estenderla a ogni tipo di organizzazione aziendale ovvero, per esempio, riferirla alle sole società ammesse alle negoziazioni su mercati regolamentati; • individuare nell'ambito dei soggetti operanti a vario titolo all'interno delle società coloro che possono assumere la qualità di soggetti "segnalati"; • individuare in modo puntuale le finalità che si intendono perseguire e le fattispecie oggetto di possibile "segnalazione" da parte dei segnalanti; • definire la portata del diritto di accesso previsto dall'art. 7 del Codice da parte del soggetto al quale si riferisce la segnalazione (interessato), con riguardo ai dati identificativi dell'autore della segnalazione (segnalante); • stabilire l'eventuale ammissibilità dei trattamenti derivanti da
segnalazioni anonime”.
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4.2 La Legge Anti-corruzione 190/2012: l’art. 54-bis D.lgs. 165/2001
4.2.1 La disciplina giuridica
Il 6 novembre 2012 è stata emanata la prima legge cha ha introdotto una tutela specifica per il
dipendente pubblico che segnala un illecito all’interno della P.A. La legge 190/2012, intitolata
“disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica
amministrazione”, introduce l’articolo 54-bis nel D.lgs. 165/2001 sotto la rubrica, appunto, “Tutela
del dipendente pubblico che segnala illeciti”. L’articolo in questione si compone di quattro commi
che disciplinano la protezione e le eccezioni alla protezione, la fase della segnalazione, nonché la
tutela del whistleblower per eventuali atti di ritorsione.
Il primo comma stabilisce che <fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o
diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, il pubblico
dipendente che [segnala] all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero riferisce al
proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del
rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura
discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati
direttamente o indirettamente alla [segnalazione]>. La norma introduce subito le eccezioni alla
protezione del whistleblower. Il dipendente pubblico non riceve protezione alcuna nei casi in cui la
segnalazione abbia ad oggetto dichiarazioni falese e mendaci (calunnia), diffamatorie ovvero lesive
di qualsiasi interesse riconosciuto e tutelato dall’ordinamento, ai sensi dell’art. 2043 del codice
civile. Dopodiché individua nell’Autorità Giudiziaria, Corte dei Conti e superiore gerarchico, gli
organi preposti alla ricezione delle segnalazioni. Oggetto della segnalazione, poi, è ogni condotta
contra ius riscontrata ovvero scoperta dal dipendente pubblico nei luoghi di lavoro, in ragione della
sua occupazione. Il dispositivo normativo individua, a questo punto, i tre divieti secondo cui il
95
dipendente non può essere licenziato, sanzionato ovvero sottoposto a qualsiasi misura
discriminatoria (diretta o indiretta) per motivi, direttamente o indirettamente, riconducibili alla
segnalazione.
Il secondo comma stabilisce che <nell'ambito del procedimento disciplinare, l'identità del
segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione
dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla
segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l'identità
può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa
dell'incolpato>. L’articolo, al secondo comma, disciplina la protezione dell’identità del dipendente,
la quale non può essere rivelata, senza il suo consenso, nei procedimenti a carico della persona
segnalata. Ma la norma, in ogni caso, fa salva l’ipotesi della rivelazione d’identità quando, nel corso
del procedimento, il segnalato necessita assolutamente dell’identità del segnalante per motivi di
difesa processuale.
Il terzo comma stabilisce che <l'adozione di misure discriminatorie è segnalata al Dipartimento
della funzione pubblica, per i provvedimenti di competenza, dall'interessato o dalle organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le stesse sono state poste
in essere >. Da questa disposizione apprendiamo il riferimento alle azioni discriminatorie poste in
essere nei confronti del whistleblower, le quali devono essere segnalate a loro volta al Dipartimento
della Funzione Pubblica.
Infine, il quarto comma prevede che <la [segnalazione] è sottratta all'accesso previsto dagli articoli
22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n.241, e successive modificazioni>. Qui la norma inserisce
la segnalazione del whistleblower (o lo strumento giuridico in sé) tra le ipotesi previste dagli articoli
22 e ss. in materia di accesso ai documenti amministrativi di cui alla legge 241/1990.
96
La norma in questione è il primo input, se vogliamo definirlo così, per una disciplina dettagliata in
materia. Infatti, non sono poche le critiche mosse, dagli esperti del settore, nei confronti di questo
articolo, nella cui interpretazione hanno riscontrato alcune lacune.
4.2.1 Critiche e interpretazioni della norma
“In aggiunta all’articolo della [legge] in questione, dovrebbe essere previsto un insieme di
protezioni più completo e dettagliato per i dipendenti pubblici che in buona fede segnalino sospetti
di corruzione, tra cui norme specifiche sulle modalità pratiche per la segnalazione (ad esempio
canali interni/esterni, garanzie di riservatezza, i livelli di sospetto)”149
.
Così il GRECO, dalle parole di Transpareny International Italia, definisce limitata e insufficiente la
norma in questione.
Nel commentare la norma, abbiamo ascoltato Giorgio Fraschini150
di Transparency International
Italia, che ci ha illustrato i punti in cui la norma presenta dei vuoti da colmare. Ciononostante
bisogna riconoscere i meriti alla norma per aver introdotto esplicitamente il concetto di
whistleblowing. Da precisare che le critiche mosse ad un sistema, sono di certo una cosa positiva
per favorire la crescita del sistema stesso. La dott.ssa Simone White (vedi sub. §2 p.53)
nell’intervista che ci ha concesso, ci ha illustrato che il whistleblowing, un concetto di recente
introduzione, ha bisogno di numerosi cambiamenti che partono da una base che è per certi aspetti
sempre criticabile, guai se non lo fosse!
149 Così Transparency International Italia, Op. cit., riportando letteralmente le parole del GRECO . Joint First and Second Evaluation Round. Compliane Report on Italy, 51a Assemblea Plenaria, Stasburgo, 23-27 maggio 2011. 150 Giorgio Fraschini, oltre a essere ricercatore per TI Italia, è anche consulente per le procedure di whistleblowing presso SGR Consulting, società svizzera che si occupa di antiriciclaggio, compliance e whistleblowing. Rif. Internet:
www.whistleblowing.it
97
La nostra norma presenta un aspetto negativo di sostanza in quanto ha compresso tutta una delicata
e dettagliata materia in soli quattro commi. Il dott. Fraschini151
lamenta prima la totale inesistenza di
una previsione che indichi strumenti ovvero istituti preposti alla incentivazione dello strumento
giuridico in esame, soprattutto “in un contesto culturale tradizionalmente poco propenso alla
segnalazione di attività relative alla sfera personale altrui, perciò il whistleblowing sicuramente
necessita incentivi, quanto meno dal punto di visto morale”; poi sottolinea l’assenza di una specifica
previsione per le segnalazioni anonime, che è cosa alquanto diffusa nel settore. Ulteriori perplessità
investono la scelta dell’organo a cui poter fare la segnalazione, in quanto non sono previsti dalla
norma né i modi di scelta né sono individuati apposti uffici interni agli organi o i capoufficio che
gestiscono le segnalazioni (specie alla Corte dei Conti), soprattutto quando la segnalazione riguarda
il superiore gerarchico.
Nella norma si riscontra un generica individuazione delle possibili discriminazioni o ritorsioni che il
whistleblower può subire, cioè licenziamento, misure discriminatorie dirette e indirette. Proprio
l’ultima sembra includere un ampio numero di misure, allargandone sproporzionatamente la portata,
in quanto non è facile comprendere, in prima lettura, quali siano le ritorsioni dalle quali proteggere
il whistleblower: siano esse trasferimenti, maltrattamenti fisici e morali, demansionamenti,
mobbing. In una nota di Trasparency si critica la non troppa specificità del nostro legislatore nel
formulare leggi, ragion per cui è opportuno aspettare le prime sentenze in materia per individuar
l’interpretazione che i giudici danno a questa norma.
Il fine principale di questa norma è l’incentivo che viene prospettato ai dipendenti nel segnalare
illeciti. Ma anche questo sembra essere compromesso. Infatti nel secondo comma viene garantita la
confidenzialità del whistleblower ad esclusione dei casi in cui la rivelazione della sua identità sia
151 Vedi Non chiamatelo whistleblowing, articolo di Giorgio Fraschini, pubblicato l’8 novembre 2008.
http://www.whistleblowing.it/Non%20chiamatelo%20whistleblowing.pdf
98
“assolutamente indispensabile” per la difesa dell’incolpato. Non essendo , quindi, la riservatezza
garantita al cento per cento, non si incoraggia il dipendente a segnalare un illecito.
In conclusione, secondo il nostro Fraschini, possiamo considerare questa norma soltanto come una
introduzione formale del whistleblowing nel nostro ordinamento, ma “a questa introduzione
formale non conseguirebbe però un’implementazione efficace dell’istituto in quanto la
regolamentazione sarebbe da una parte incompleta e dall’altra addirittura penalizzante per il
segnalante rispetto al contesto deregolamentato vigente (in particolare nella parte relativa alla
riservatezza dell’identità)”152
.
La norma, come già precisato, è stata caratterizzata da un lungo iter legislativo durato due anni
circa, nel corso dei quali l’articolo in questione ha subito numerose modifiche e subemendamenti,
che per alcuni hanno limitato la sua integrità, sottolineandone una più completa e genuina
previsione nelle formulazioni precedenti del cd “ddl-anticorruzione”153
. Gli studiosi si augurano che
possa la norma in futuro essere ampliata e migliorata, specie nella parte in cui la norma prevede
incentivi e promozioni per le segnalazioni, contrariamente a quanto si sta cercando di fare nelle
istituzioni europee, dove il funzionario appena entrato viene messo a conoscenza, tramite seminari e
152 Ibidem. 153 Di seguito vengono riportati i principali emendamenti non approvati dalle camere, che avrebbero modificato in melius la norma, selezionati e segnalati da Transparency International:
- l’estensione della protezione dei whistleblower al settore privato;
- l’estensione della protezione dei whistleblower, dalle sole segnalazioni su fatti illeciti, a quelle relative a ogni condotta in grado di danneggiare gli interessi della pubblica amministrazione;
- l’aggiunta del demansionamento alla lista dei possibili atti di ritorsione; - il restringimento del diritto alla riservatezza dell’identità del whistleblower nei casi contrari alle norme in
materia di diritto d’accesso, come previsto nel codice di procedura penale; - l’estensione della protezione dell’identità del whistleblower per l’intera durata del procedimento
amministrativo; - l’ammissione di segnalazioni anonime, quando non lesive delle norme in materia di privacy.
- un cambiamento nella rubrica dell’articolo che comprendesse irregolarità e rischi di irregolarità oltre ai fatti illeciti;
- la menzione di convenzioni internazionali (la Convenzione ONU contro la corruzione e la Convenzione Penale contro la Corruzione del Consiglio d’Europa) quali fonti per l’introduzione delle norme per il whistleblowing in Italia;
- l’estensione della protezione ai whistleblower nel settore privato; - l’inserimento della “buona fede” e di “motivi ragionevoli” quali requisiti per accedere alla tutela; - doveri di informazione ai whistleblower a proposito dei loro diritti;
- l’introduzione di un “numero verde” per raccogliere le segnalazioni in modo trasparente e indipendente.
99
conferenze, del whistleblowing e della procedura ad esso connesse. Questa sarebbe un’iniziativa
ideale per incidere anche nel tessuto culturale, uno dei perni principali del presente lavoro, nel quale
poter trasferire una concezione meno spigolosa del concetto e accrescere un senso civico nella
popolazione non solo lavorativa. Di cambiamenti al “giovanissimo” sistema ne dovranno essere
apportati, con i quali si cerchi, metaforicamente, di educarlo a nuovi valori di tipo etico-morali. A
tal proposito condividiamo a pieno le modifiche che Transparency International propone dal punto
di vista giuslavoristico, amministrativo e penale:
- si raccomanda di apportare le necessarie modifiche alle leggi sul lavoro che
attengono alla protezione dei dipendenti contro ritorsioni discriminatorie sul luogo di
lavoro.
Sebbene il Codice Civile richieda al datore di lavoro di proteggere la sicurezza personale e
morale del lavoratore e altri atti discriminatori siano protetti in base a leggi penali, altre
tipologie di maltrattamento risultano invece difficili da dimostrare, non essendo ancora
presente nell’ordinamento italiano una legge specifica sul mobbing. Le protezioni per i
lavoratori, molto forti contro i licenziamenti, lo sono meno contro altre forme di ritorsione;
- si raccomanda che, in caso non venisse approvato il disegno di legge
anticorruzione, la disciplina sul diritto d’accesso alle informazioni personali venga
modificata. Le leggi amministrative, specialmente la legge n. 241/1990, garantiscono al
dipendente di avere accesso ad informazioni amministrative che lo riguardano. L’articolo
24 di questa legge prevede però alcune circostanze in cui questo diritto viene escluso:
i) documenti coperti dal segreto di stato;
ii) durante procedimenti di accertamento fiscale;
iii) durante attività della pubblica amministrazione dirette all'emanazione di atti normativi;
iv) durante procedimenti selettivi.
100
Tra queste eccezioni è bene aggiungere le informazioni riguardanti l’identità di colui che
ha segnato l’irregolarità. Questa eccezione è solo parzialmente prevista dal disegno di
legge;
- si raccomanda che, a prescindere dalla responsabilità disciplinare, venga prevista
la responsabilità penale per i datori di lavoro e chiunque altro compia atti di ritorsione nei
confronti dei whistleblower;
- si raccomanda di procedere ad una riforma strutturale delle cause di lavoro, che
ne riduca sensibilmente la durata. Le cause di lavoro sono particolarmente delicate,
specialmente in questi anni di crisi, in quanto una sospensione dal lavoro per lunghi
periodi comporta conseguenze rilevanti a livello personale;
- si raccomanda inoltre che le autorità e gli enti preposti (Ministero della Pubblica
Amministrazione, Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, etc.) dedichino
maggiore attenzione, tempo e risorse alla formazione etica e civica dei dipendenti della
Pubblica Amministrazione, promuovendo la segnalazione di rischi o di illeciti a danno
della collettività come buona pratica e diffondendo quindi nella pubblica amministrazione
una cultura volta maggiormente al perseguimento dell’interesse della collettività, piuttosto
che a quello del singolo ente o a quello individuale;
- si raccomanda infine che il Ministero dell’Educazione e gli altri ministeri e
autorità competenti attivino specifici programmi educativi nelle scuole primarie e
secondarie, con la finalità promuovere nelle nuove generazioni un clima culturale ed etico
incline ai valori di correttezza, responsabilità, legalità e giustizia. Valori senza i quali, vale
la pena di ricordarlo, nessuno strumento di prevenzione e contrasto alla corruzione potrà
mai essere efficace154
.
154 Transparency International Italia. Un’alternativa al silenzio: promozione e tutela delle segnalazioni in Italia. Report a
cura di Davide del Monte e Giorgio Fraschini, Ottobre 2012, Milano.
101
4.3 La disciplina del D.lgs. 231/2001. Il whistleblowing nei modelli organizzativi
4.3.1 Le origini del decreto
Con il D.lgs. n. 231 dell’8 giugno 2001 è stata introdotta nel nostro sistema giuridico, in materia di
Diritto Penale dell’Economia, la responsabilità amministrativa delle società e degli enti derivante da
reato155
. Il tema in questione è stato al centro di molti dibattiti, specie nell’ultima decade, in ragione
della drammatica situazione generata dai crack finanziari, nazionali e internazionali, che hanno
colpito l’economia mondiale, come i casi italiani Parmalat e Cirio, in italia, Enron e WordCom
negli Stati Uniti d’America, ad esempio. Sulla scia di questi mega fallimenti è stato ritenuto
opportuno rafforzare la materia penale in materia di responsabilità col fine di ripristinare lo status
quo ante. Statisticamente, infatti, i danni procurati dai reati finanziari sono esorbitanti, che
tendenzialmente non sono destinati ad essere rimborsati o risarciti, che nonostante commessi da un
ristretto numero di persone156
, a pagarne le conseguenze sono in moltissimi (consumatori, azionisti,
lavoratori, etc)157
, per i quali non è prevista nessuna forma di protezione allargata, contrariamente a
quanto accade negli Stai Uniti con le cd class action.
Nel nostro ordinamento non si è mai avuta un’inclinazione a configurare una responsabilità in capo
all’ente, soprattutto perché abbiamo sempre avuto dalla nostra parte, in materia, un ostacolo di
carattere costituzionale ravvisato nell’art. 27 della Costituzione italiana. L’articolo è una
fondamentale espressione di un principio basilare nella nostra storia del diritto, in quanto esso
sancisce, al primo comma, la personale responsabilità penale in capo alla persona fisica. A fortiori
ratione il terzo comma individua nella rieducazione la funzione principale della pena. Ragion per
155 Da segnalare il dibattito dottrinale nel considerare la responsabilità dell’ente come penale, amministrativa o del tutto sganciata dai precedenti, costituendo così un tertium genus di responsabilità. 156 Vedi caso Barings del 1995 in Inghilterra, dove Nicholas Leeson, un trader di 28 anni, ha creato un personale fondo segreto nel quale ha fatto confluire i proventi di transazioni inesistenti della banca in questione. 157 GRECO, L’intervento penale: il ruolo della magistratura in Enron e Parmalat. Due “sistemi-paese” a confronto, a
cura di Paciotti e Salvi, San cesario di Lecce, 2005.
102
cui sembra difficile trasportare, in termini rieducativi, la stessa funzione in capo alla persona
giuridica secondo cui societas delinquere non potest, fino a quel momento ritenuto un elemento
pacifico dal nostro ordinamento. Con il dilagare delle condotte criminose poste in essere da persone
fisiche operanti in una collettività, quale appunto quella societaria, si è avvertita una vera e propria
necessità di punire la persona giuridica, in ragione del fatto che alcune società venivano create con
il solo scopo di commettere reati e di escludere la responsabilità in capo alle stesse persone fisiche.
Infatti, “il principio di responsabilità penale e di colpevolezza venivano messi continuamente in
forte tensione proprio perché si punivano persone fisiche per fatti riconducibili alla politica
d’impresa158
, riscontrando così un interesse e un vantaggio in capo all’impresa stessa.
La situazione giuridica prende una connotazione diversa a partire dal 1995 quando l’Italia inizia a
firmare alcune Convenzioni internazionali poste a tutela dell’economia, tra cui la Convenzione delle
allora Comunità Europee, firmata a Bruxelles il 26 luglio 2005, sulla tutela degli interessi finanziari
delle stesse Comunità e la Convenzione dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo
Economico, firmata a Parigi il 17 dicembre 1997, sulla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali
nelle operazioni economiche internazionali. La legge di ratifica di tali convenzioni è la L. 300/2000
da cui, per fini attuativi della stessa (in merito, l’art. 11 prevede una delega al Governo per produrre
una disciplina in materia di responsabilità in capo alla persona giuridica), è stato emanato il nostro
decreto in oggetto, appunto il d.lgs 231/2001. Con tale Decreto l’ordinamento giuridico italiano si è
dotato di un modello che disciplina la responsabilità degli enti e delle società derivante da reato, che
ha fatto cadere il dogma societas delinquere non potest e nascere, invece, la pratica concezione
secondo cui societas delinquere potest. Il superamento di tale dogma è stato spiegato da autorevole
dottrina, in riferimento all’art. 27, in quanto il primo comma, nel sancire la personale responsabilità
penale, includerebbe il riconoscimento di una capacità di azione anche in capo all’ente risolvendosi
nella negazione della coincidenza che deve sussistere tra l’autore dell’illecito e il destinatario della
158 Zannotti R., Il nuovo diritto penale dell’economia, Milano, Giuffrè, 2008, p. 46.
103
sanzione159
. Mentre il terzo comma, nel prevedere la funzione rieducativa della pena, costituirebbe
un ostacolo insormontabile rispetto al dogma in quanto le persone collettive non sarebbero in grado
di risentire del dolore e delle sofferenze insiti nell’irrogazione della sanzione e, di conseguenza, tra
la funzione della pena e l’ente collettivo sussisterebbe un rapporto di incompatibilità160
.
4.3.2 La struttura (artt. 5 – 7)
Il D.lgs. nel disciplinare la responsabilità in capo all’ente prevede due criteri di imputazione, uno
oggettivo e l’altro soggettivo. Per ciò che attiene al primo criterio, l’art. 5 disciplina l’ipotesi
secondo cui si configura una responsabilità in capo all’ente allorquando il reato161
è stato commesso
nell’interesse o a vantaggio dell’ente, da soggetti in posizione apicale ovvero sottoposti all’altrui
vigilanza. L’ente, però, non risponde dei reati commessi da tali soggetti se essi hanno agito
nell’interesse esclusi proprio o di terzi162
. Il rapporto che intercorre, quindi, tra i soggetti di cui
all’art. 5, cioè persone con funzioni di rappresentanza, amministrazione, o direzione, è di cd
“immedesimazione organica” con l’ente, grazie al quale essi rappresentano la volontà dell’ente nei
rapporti esterni. Invece, per quanto riguarda il secondo criterio bisogna fare distinzione tra le
159 Piergallini, “Societas delinquere et puniri non potest: la fine tardiva di un dogma, in Rivista trimestrale di diritto penale dell’economia, luglio-settembre 2002, n.3, pp. 571-599. 160 Marinucci G., Il reato come azione. Critica di un dogma. Milano, 1971. 161 I reati presupposto sono direttamente prevista dal D.lgs, in particolare dagli articoli 24 e ss.: reati contro la P.A. e personalità dello Stato; reati informatici e trattamento illecito dei dati; reati di criminalità organizzata; reati commessi nei rapporti con la P.A; reati di Falsita' in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento; Delitti contro l'industria e il commercio; Reati societari; Delitti con finalita' di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico; Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili; Delitti contro la personalita' individuale;
Abusi di mercato; Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro; Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilita' di provenienza illecita; Delitti in materia di violazione del diritto d'autore; Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci
all'autorita' giudiziaria; reati ambientali; Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno e' irregolare; rea ti transnazionali. 162
Vedi art.5 D.lgs. 231/2001: Responsabilita' dell'ente - 1. L'ente e' responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio: a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unita' organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonche' da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).
2. L'ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.
104
persone che ricoprono posizione di vertice e persone che ricoprono posizioni subordinate, disciplina
prevista rispettivamente dagli artt. 6 e 7 del decreto. La responsabilità è attribuita all’ente in via
presuntiva (iuris tantum) superabile dalla prova contraria. Infatti l’ente, per essere esente da
responsabilità, deve dimostrare, ai sensi dell’art. 6 comma 1, che: a) l'organo dirigente ha adottato
ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di
gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; b) il compito di vigilare sul
funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento e' stato affidato a
un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo; c) le persone hanno
commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione; d) non vi e'
stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b). Ragion per
cui l’ente deve dotarsi di idonei modelli, organizzativi e di gestione, finalizzati alla prevenzione dei
reati-presupposto previsti dalla norma. A tal proposito molte imprese si sono dotate dei modelli
organizzativi di cui al Decreto 231 prevedendo la produzione di una serie di documenti di politica,
di governance e di controllo, regolamentando le attività ed i processi a rischio-reato, istituendo
nuovi organi (e.g. Organismo di vigilanza) o conferendo a quelli esistenti nuove funzioni e
responsabilità, aggiungendo o modificando le procedure aziendali163
. Le imprese di grandi
dimensioni (e.g. Telecom Italia) si sono dotate di un codice etico, cioè delle vere e proprie regole di
comportamento che l’impresa impartisce a se stessa e a tutti gli organi interni. Tale codice etico
viene posto all’attenzione del Ministero di Grazia e Giustizia che si pronuncia sull’idoneità dei
modelli e la genuinità in concreto del codice dal punto di vista sostanziale. Questo è quanto stabilito
dal comma 3 dell’art. 6 che integra le esigenze previste dal comma 2 dello stesso, secondo cui i
modelli organizzativi di cui alla lett. a) del comma 1 devono rispondere a determinate esigenze
quali: a) individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati; b) prevedere
163 Soria e Ciocia. Integrazione dei modelli organizzativi 231 e sistemi di gestione aziendale, in Amministrazione e
Finanza, 2012, 4, p. 43.
105
specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente in
relazione ai reati da prevenire; c) individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie
idonee ad impedire la commissione dei reati; d) prevedere obblighi di informazione nei
confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli; e)
introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate
nel modello.
La norma indica, al comma 4, che gli enti di piccole dimensioni possono affidare direttamente
all’organo dirigente i compiti previsti dalla lett. b), comma 1, creando così non pochi problemi
interpretativi in merito all’individuazione dell’ente di “piccole dimensioni”. La dottrina in merito ha
individuato gli enti di piccole dimensioni in quelli che sono dotati di un assetto verticistico con
limitato sistema di deleghe di funzioni e di ripartizione delle competenze nella gestione dell’ente164
,
e nel nostro caso la delega si ha nei confronti del manager non executive le funzioni di vigilanza.
Il comma 4-bis, introdotto con la cd legge di stabilità 2012, L. n. 183, dell’11 novembre 2011
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), che nelle società di
capitali il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della
gestione possono svolgere le funzioni dell'organismo di vigilanza di cui al comma 1, lettera b.
L’altro criterio soggettivo di imputazione della responsabilità è disciplinato dal successivo art. 7 che
attribuisce la responsabilità in capo all’ente allorquando il reato è stato commesso nel suo interesse
e a suo vantaggio per inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza. In questo caso la
presunzione relativa di responsabilità opera a favore dell’ente, poiché grava sull’accusa l’onere di
provare che l’ente non si sia dotato di idonei modelli organizzativi, ovvero provare la loro
inefficacia, per attribuire una responsabilità in capo all’ente stesso. La responsabilità in capo
164 Di Geronimo, I modelli di organizzazione e gestione per gli enti di piccole dimensioni, in Resp. Amm soc. e enti, 2008,
1, 66.
106
all’ente non si configura quando si sia dotato, prima della commissione del reato, di idonei modelli
finalizzati alla prevenzione di reati della stessa specie di quello verificatosi.
4.3.3 I modelli, l’Organismo di Vigilanza, il codice di comportamento
Era doveroso tracciare un profilo del contesto sul quale andiamo a poggiare la nostra ricerca, sia per
capire il modello, sia per capire il contesto etico-giuridico dell’ente e all’interno del quale va a
posizionarsi il whistleblowing.
Il Decreto 231 non garantisce protezione alcuna per i whistleblower, ma l’art. 6 stabilisce che in
relazione all'estensione dei poteri delegati e al rischio di commissione dei reati, i modelli di cui alla
lettera a), del comma 1, devono rispondere […] all’esigenza: d) di prevedere obblighi di
informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei
modelli. A tal proposito occorre far riferimento alle “Linee guida” dettate in materia da alcune
associazioni di settore, quali, ad esempio, Confindustria che le definiscono come “procedure, flussi
di informazione e altri strumenti atti a dare trasparenza nell’operare quotidiano, quali le
segnalazioni alle quali sono tenuti i responsabili delle varie funzioni”165
, riprese dalle cd Federal
Guidelines e i compliance programs (i nostri modelli organizzativi) degli Stati Uniti. Tali
“gudelines”, in generale, contribuiscono alla stesura di quelle regole di comportamento che servono
all’impresa per trasferire un certo modus operandi tra i vari operatori aziendali, con le quali si
esprime la capacità e volontà di un ente di autoregolamentarsi. Più comunemente, l’insieme di
queste regole, viene definito codice etico, cioè un insieme di principi, obblighi e divieti destinati ai
dipendenti e collaboratori di un’organizzazione, tesi a disciplinare i rapporti interni
all’organizzazione e quelli che l’organizzazione intrattiene con l’esterno, dettando i criteri generali
165 Ghini Patrizia. L’utilizzo di un sistema di whistleblowing quale ausilio nella prevenzione delle frodi e dei reati, in La
responsabilità amministrativa delle società e degli enti, p. 203 ss.
107
di comportamento ai quali sono obbligati ad adeguarsi i soggetti che, direttamente o indirettamente,
sono in rapporto con la stessa166
.
I modelli organizzativi, quindi, per essere idonei e funzionare correttamente, devono rispecchiare i
requisiti minimi di cui all’art. 6, c. 2. Nel nostro caso la lett. d) richiede che il modello sia
sottoposto a costanti misure di monitoraggio che ne sorveglino l’idoneità, l’efficacia e il rispetto,
infatti esso deve prevedere obblighi di informazioni periodici con riferimento a determinate aree di
rischio; intensificare gli strumenti di informativa in determinate aree; misure che garantiscano la
protezione e riservatezza degli autori delle segnalazioni, da eventuali ritorsioni.
L’adozione di questi modelli rappresenta un onere, non già un obbligo, per l’ente di predisporre al
suo interno, meccanismi idonei alla ricezione e alla valutazione delle segnalazioni di violazioni dei
modelli o condotte illecite che vanno ad intergare le fattispecie dei reati-presupposto di cui al D.lgs
231/2001, alla cui prevenzione sono stati predisposti i modelli organizzativi167
.
Dal punto di vista tecnico, l’organismo che viene in rilievo è l’Organismo di Vigilanza (OdV), il
quale ha il compito di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza dei modelli dell’impresa168
e
gode, quindi, di autonomi poteri di iniziativa e di controllo. L’OdV ha un vero e proprio potere di
ispezione, controllo e accesso alle informazioni aziendali all’interno dell’impresa, ma la sua
ispezione si limita soltanto nell’individuare il soggetto coinvolto, l’area di rischio e le azioni a
rischio-reato. Essi non hanno nessun potere che incida sulla struttura operativa dell’ente, nel senso
che non possono automaticamente correggere il comportamento del soggetto coinvolto o sostituirsi
ad esso.
166 Soria e Ciocia. Op. cit., p. 46. 167 Ricordiamo che se l’ente si dota dei modelli organizzativi dopo la commissione dei reati, ma prima dell’apertura del dibattimento, ha una riduzione della sanzione pecuniaria e inapplicabilità delle sanzioni interdittive. 168 Seguendo il dettato normativo, se i reati sono commessi dai i soggetti in posizione “apicale” (art.6), la mancanza di un organo di vigilanza è condizione necessaria e sufficiente per attribuire apoditticamente la responsabilità in capo all’ente, mentre se il reato è commesso da soggetti sottoposti all’altrui vigilanza (art.7) sembrerebbe non essenziale l’esistenza di tale organo. VALENZISE, L’organismo di vigilanza ex D.lgs. 231/2001:considerazioni sui poteri, composizione e responsabilità, in Società e modello 231: ma che colpa ne abbiamo noi? A cura di ABRIANO, MEO, PRESTI, Bologna,
2009, p. 355 ss.
108
L’OdV è un organismo indipendente, infatti, in capo ai componenti non deve configurarsi nessun
conflitto di interessi con l’impresa, sussistere qualsiasi legame con altri organi interni (e.g. con
l’organo di gestione, amministrazione) e devono agire in modo del tutto svincolato da altri organi,
poiché il loro impiego è di carattere professionale e continuo. Delicato è l’insieme dei requisiti che i
componenti devono avere al fine di soddisfare le caratteristiche dell’organo: essi possono essere
scelti tra soggetti esterni all’ente con elevati standard professionali, tenendo sempre presente l’altro
requisito di efficienza cui è chiamata a rispettare l’ente, ovverosia il contenimento dei costi; non è
esclusa la possibilità per soggetti interni di diventare membri dell’OdV; oppure provvedere
all’istituzione di un organismo apposito169
. In merito, Confindustria lamenta la mancanza di una
dettagliata spiegazione e di chiarimenti, ragion per cui ritiene che debba proseguirsi in via
sperimentale170
. Infatti, Confindustria nel riprendere l’esperienza d’oltre oceano stabilisce che
“l’obbligo di informazione dovrà essere esteso anche ai dipendenti che vengano in possesso di
notizie relative alla commissione dei reati in specie all’interno dell’ente o a “pratiche” non in linea
169 Ibidem. 170 Così il terzo paragrafo delle LINEE GUIDA PER LA COSTRUZIONE DEI MODELLI DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO EX D. LGS. 231/2001: “Su questo aspetto la Relazione di accompagnamento non fornisce ulteriori chiarimenti, pertanto si è costretti a procedere sperimentalmente. L’obbligo di informazione all’Organismo sembra concepito quale ulteriore strumento per agevolare l’attività di vigilanza sull’efficacia del Modello e di accertamento a posteriori delle cause che hanno reso possibile il verificarsi del reato. Se questo è lo spirito della prescrizione normativa, allora è da ritenere che l’obbligo di dare informazione all’Organismo sia rivolto alle funzioni aziendali a rischio reato e riguardi: a) le risultanze periodiche dell’attività di controllo dalle stesse posta in essere per dare attuazione ai modelli (report riepilogativi dell’attività svolta, attività di monitoraggio, indici consuntivi, ecc.); b) le
anomalie o atipicità riscontrate nell’ambito delle informazioni disponibili (un fatto non rilevante se singolarmente considerato, potrebbe assumere diversa valutazione in presenza di ripetitività o estensione dell’area di accadimento). Nella specie le informazioni potranno riguardare, ad esempio: • le decisioni relative alla richiesta, erogazione ed utilizzo di finanziamenti pubblici; • le richieste di assistenza legale inoltrate dai dirigenti e/o dai dipendenti nei confronti dei quali la Magistratura procede per i reati previsti dalla richiamata normativa; • i provvedimenti e/o notizie provenienti da organi di polizia giudiziaria, o da qualsiasi altra autorità, dai quali si evinca lo svolgimento di indagini, anche nei confronti di ignoti, per i reati di cui al D. Lgs. n. 231/2001;
• le commissioni di inchiesta o relazioni interne dalle quali emergano responsabilità per le ipotesi di reato di cui al D. Lgs. n. 231/2001; • le notizie relative alla effettiva attuazione, a tutti i livelli aziendali, del modello organizzativo, con evidenza dei procedimenti disciplinari svolti e delle eventuali sanzioni irrogate ovvero dei provvedimenti di archiviazione di tali procedimenti con le relative motivazioni; • i prospetti riepilogativi degli appalti affidati a seguito di gare a livello nazionale e europeo, ovvero a trattativa privata; • le notizie relative a commesse attribuite da enti pubblici o soggetti che svolgano funzioni di pubblica utilità. L’organismo di vigilanza dovrebbe altresì ricevere copia della reportistica periodica in materia di salute e sicurezza sul
lavoro.
109
con le norme di comportamento che l’ente è tenuto ad emanare (come visto in precedenza)
nell’ambito del modello disegnato dal D. Lgs. n. 231/2001 (i c.d. codici etici)”. Però le stesse linee
guida segnalano anche il problema della “informativa impropria” e valutano l’opportunità di
prevedere misure deterrenti171
[…] mediante la regolamentazione delle modalità di adempimento
all’obbligo di informazione non si intende incentivare il fenomeno del riporto dei c.d. rumors
interni (whistleblowing), ma piuttosto realizzare quel sistema di reporting di fatti e/o comportamenti
reali che non segue la linea gerarchica e che consente al personale di riferire casi di violazione di
norme da parte di altri all’interno dell’ente, senza timore di ritorsioni. In questo senso l’Organismo
viene ad assumere anche le caratteristiche dell’Ethic Officer, senza - però - attribuirgli poteri
disciplinari che sarà opportuno allocare in un apposito comitato o, infine, nei casi più delicati al
Consiglio di amministrazione172
.
Fin qui si è fatto riferimento alla segnalazione sempre e solo come un obbligo in capo ai soggetti
destinatari di tale obbligo e non si è ancora palesata l’ipotesi di un incentivo al reporting spontaneo.
Ma anche questi incentivi devono essere presi in considerazione nella struttura dei modelli o codici
etici di cui le imprese andranno a dotarsi. Già la semplice pubblicizzazione dello strumento, il
trasferimento di un’idea legata allo stesso come modo del tutto normale di agire all’interno del
contesto aziendale, incentivi di carattere materiale (benefici), sono utili alla formazione di un
struttura giuridica funzionale all’ente. Al fine di un buon funzionamento di tale strumento, l’ente
necessita prima di tutto di una struttura gestionale e organizzativa compatta, che assicuri
l’adeguatezza di cui al dettato normativo, attraverso precise regole di coordinamento e di principi
gerarchici, che sostanzialmente costituisco i principali aspetti di quel risk management (rischio
organizzativo) che l’impresa deve fronteggiare. Un rischio organizzativo è elevato quanto più
171 Ghini, Op. cit., p. 208. 172 LINEE GUIDA CONFINDUSTRIA, Op. cit., p. 46.
110
elevata è la dimensione dell’ente, in quanto ai fini di una buona adeguatezza organizzativa e
amministrativa, bisogna favorire un’adeguatezza tecnica, contabile e patrimoniale173
.
Per la complessità della struttura che dei modelli organizzativi, l’ente necessita di un vero e proprio
“vademecum”, ovverosia delle “linee guida” che predispongano i soggetti destinatari alla
comprensione e al rispetto degli stessi. Con riferimento alla reportistica, infatti, è opportuno che i
funzionari compilino dei report all’interno dei quali mostrino le attività svolte e le segnalazioni su
determinate condotte che determinano una situazione di rischio, poste all’attenzione dell’OdV. E’
necessaria, quindi, la stesura di un manuale a supporto dei dipendenti dai quali apprendano le
dinamiche della procedura da seguire, ogni qualvolta essi hanno il dovere di riferire all’organo
preposto qualsiasi turbamento della “vita d’azienda”, nonché sarebbe opportuno prevedere un
procedura ad hoc per coloro che intendano segnalare spontaneamente (le procedure di
whistleblowing sono oggetto di formazione per quelle imprese italiane che adottano tali procedure,
essendo tali procedure materia di corsi sull’etica aziendale), in qualsiasi momento, una condotta
rilevante. La previsione di canali di segnalazione interna è necessaria per incentivare la
segnalazione spontanea e non solo per investire sul rafforzamento della previsione dell’obbligo di
segnalazione.
Ricordiamo che l’adozione di questi modelli non costituiscono un obbligo in capo all’ente, bensì un
onere, in modo da essere esente da qualsiasi responsabilità derivante dalla commissione di un reato.
Ancor meno obbligatoria è l’adozione di un codice etico, con il quale l’impresa dà un forte segnale,
all’interno e all’esterno, dell’interesse al rispetto di determinati precetti che costituiscono, in
sostanza, il biglietto da visita dell’impresa, con il quale si presenta a tutti gli interlocutori sociali.
173 Buonocore. Adeguatezza, precauzione, gestione, responsabilità: chiose sull'art. 2381, commi
terzo e quinto, del codice civile in Giur. Comm., 2006, 01, 5; Le nuove frontiere del diritto commerciale, Napoli, 2006.
111
4.3.4 Un modello legale per la segnalazione degli illeciti
Il Decreto 231 non stabilisce nessun onere all’azienda di dotarsi di un codice etico, qui inteso come
insieme di precetti prima morali che giuridici. La sua funzione è di orientamento e di
indirizzamento al fine di mantenere determinati tipi di comportamento che assicurano, all’interno di
un’organizzazione, correttezza e legalità. L’adozione dei codici etici è una prassi aziendale
diffusissima soprattutto negli Stati Uniti, dove si mira ad una corretta autoregolamentazione al fine
di prevenire qualsiasi condotta anomala e ad accrescere un certo senso di legalità. Tale codice è
importante ai fini di una introduzione ed educazione a principi etici sui quali l’ente costruirà una
propria reputazione. A fortiori della pluralità di funzioni del codice etico è fondamentale quella
deterrente o di prevenzione, poiché con tale struttura si mira all’eliminazione, fin dalla radice delle
occasioni, delle suggestioni e intenzioni personali di commissione di atti illeciti nello svolgimento
dell’attività economica rientrante nella sfera dell’impresa174
.
Numerose società italiane adottano codici etici, soprattutto quelle quotate sul mercato azionario
statunitense, per cui è previsto l’obbligo di adeguamento ai compliace programs e ai principi dettati
dal Sarbanes-Oxley Act (vedi sub. §3), tra cui le procedure relative al whistleblowing. Tale
strumento è presente in molti codici etici di grandi società, unitamente ai principi di trasparenza che
incoraggiano la libera circolazione all’interno dell’organizzazione175
.
A titolo esemplificativo, un articolo del codice etico di una grande società italiana, prevede proprio
la procedura delle segnalazioni:
“il Codice Etico e di Condotta di Gruppo prevede che i dipendenti, i collaboratori, i consulenti, i
prestatori di lavoro, nonché i terzi in rapporti d’affari con il Gruppo segnalino tempestivamente al
Preposto al controllo interno della Società per la quale operano, anche per il tramite del superiore
174 Sudano M., Paper di laurea magistrale in giurisprudenza c/o Università Carlo Cattaneo – LIUC – Il D.lgs. n. 231/2001: mero adempimento o opportunità strategica per le imprese?, Castellanza, 2012. 175 Giorgio Fraschini. Whistleblowing e sistemi di protezione: stato dell’arte e considerazioni. Rapporto sulla ricerca svolta da Transparency International-Italia in Il Whistleblowing nuovo strumento di lotta alla corruzione, Buonanno
Editore, 2011, 63.
112
gerarchico, eventuali violazioni o induzioni alla violazione di norme di legge o di regolamento, di
prescrizioni di detto Codice, di procedure interne, ogni irregolarità e/o negligenza, quali, tra l’altro,
quelle in tema di tenuta della contabilità, di conservazione della relativa documentazione, di
adempimento degli obblighi di reportistica contabile o gestionale interna, nonché eventuali richieste
di chiarimenti sulla valutazione della correttezza di comportamenti propri o altrui. Nessuna
conseguenza negativa deriva in capo a chi abbia in buona fede effettuato una segnalazione. E’ in ogni
caso assicurata la riservatezza dell’identità dei segnalanti secondo apposite procedure interne, fatti
salvi gli obblighi di legge”176.
Da questo articolo si evince che il soggetto preposto al controllo interno riceve le segnalazioni e ne
accerta la veridicità, specificando che nessuna conseguenza negativa deriverebbe (per il segnalante)
da una segnalazione non veritiera, se effettuata in buona fede. E’, altresì garantita la riservatezza del
segnalante, salvo il rispetto degli obblighi di legge.
4.3.4.a) Il modello legale
Non esistendo una specifica regolamentazione in tema di whistleblowing, dobbiamo attenerci
all’esperienza empirica delle organizzazioni che hanno previsto tali procedure, inserite nei rispettivi
codici etici, oppure far riferimento a indicazioni e raccomandazioni che gli esperti del settore177
forniscono per una disciplina completa.
Oggetto della nostra indagine è la divulgazione di informazioni che hanno ad oggetto irregolarità, di
cui il segnalante è venuto a conoscenza nei luoghi di lavoro, e decide di segnalarle al
soggetto/organo preposto alla ricezione.
176Così l’art. 7 del codice etico di Telecom Italia S.p.A. http://www.telecomitalia.com/content/dam/telecomitalia/documents/Governance/it/codici_principi_procedure/Procedura_gestione_segnalazioni.pdf 177 Raccomandazioni per una legge sul Whistleblowing a cura del Segretario di Transparency International Berlino,
novembre 2009.
113
Campo di applicazione. La disciplina dovrebbe coprire un margine ampio di settori, non solo quello
penale, bensì qualsiasi tipo di violazione rilevante, ad esempio errori giudiziari, pericoli per la
salute. La disciplina dovrebbe essere estesa a tutti coloro che sono a “rischio di ritorsione” a
prescindere da un loro legame con l’istituzione o organizzazione. Sempre in riferimento al soggetto,
la disciplina dovrebbe essere applicata alle segnalazioni riportate in buona fede e sulla base di
ragionevoli motivi che hanno spinto il segnalante a considerare l’informazione sostanzialmente
vera.
Procedura per le segnalazioni. Posto che tale disciplina deve incentivare e promuovere le
segnalazioni in generale, prima incentivando una segnalazione interna e poi facilitandone una
esterna, le procedure interne devono essere facilmente accessibili e devono garantire un’indagine
approfondita e garantire un follow-up alla segnalazione. Nel caso però non siano esperibili i metodi
interni, è necessario che venga data la possibilità di procedere tramite canali esterni, ad esempio
rivolgendosi a strutture preposte, ai media, a professionisti. Nel primo caso, infatti, si dovrebbe
ricorrere, ad esempio, all’implementazione delle disposizioni del Decreto 231 nella parte in cui
disciplinano la procedura di reportistica interna nei confronti dell’OdV.
La legge, inoltre, dovrebbe garantire un costante aggiornamento del whistleblower sugli sviluppi
della segnalazione, in modo da garantirgli anche una partecipazione al processo. A tal proposito,
quindi, bisogna incentivare le segnalazioni in modo non anonimo, proprio per dare la possibilità al
soggetto segnalante di essere rintracciato dall’ufficio preposto per eventuali chiarimenti e per
l’assegnazione di eventuali ricompense. Infatti, tale incentivo, consisterebbe anche nella previsione
di una ricompensa, mutuata dal modello americano (award), per il whistleblower (e.g. percentuali
della condanna pecuniaria, agevolazioni fiscali).
Protezione. Deve essere garantita la protezione di colui che segnala un illecito per qualsiasi tipo di
ritorsione o danno subito in ragione della segnalazione. Deve essere protetta tanto la sfera
professionale (divieto di licenziamento, anche se la Cassazione sembra essere già d’accordo con
114
misure del genere; demansionamento, etc.) quanto quella personale (mobbing), nonché proteggere
l’identità del segnalante affinché essa non venga rivelata senza il suo consenso. In merito abbiamo
visto che la norma che ha introdotto per la prima volta il whistleblowing nel nostro ordinamento,
non dà protezione assoluta all’identità, essendo essa rivelabile quando risulta assolutamente
indispensabile per la difesa dell’accusato. Si potrebbe anche prevedere un canale di segnalazioni
anonime, però si rischierebbe di non dare seguito alla segnalazione nel caso in cui non sia
sufficientemente dettagliata.
Applicazione. Dovrebbe essere previsto un organo indipendente preposto alla ricezione e all’esame
delle segnalazioni. Inclusa la facoltà di formulare raccomandazioni da allegare al rapporto da
inviare agli organi giudicanti competenti. La disciplina dovrebbe garantire un equo processo al
whistleblower che abbia subito una lesione dei propri diritti. A ciò, inoltre, si dovrebbe prevedere
una gamma completa di azioni esperibili (misure correttive) in ordine al recupero delle perdite e
allo status del whistleblower, nonché un risarcimento per tutti i danni subiti. E’ opportuno, inoltre,
prevedere delle sanzioni a carico di colui che compie atti di ritorsione o rappresaglia nei confronti
del whistleblower a causa della segnalazione.
Struttura normativa. Visto il carattere frammentario delle norme che implicitamente riporterebbero
una disciplina simile al whistleblowing, è opportuno regolare la materia in un unico atto normativo,
come accade in Gran Bretagna con il Public Interest Disclosure Act, al fine di garantire la
chiarezza, certezza ed efficacia della norma stessa. Incentivare la pubblicizzazione e istituire organi
di consulenza.
Decalogo e implementazione dei modelli 231. Il modello analogo di riferimento è quello dei
copmliance programs americani , in continua evoluzione e dettagliatamente disciplinati. Allo stesso
modo si cerca di riportare il nostro ordinamento ad un’unica disciplina.
Al fine di aiutare l’adozione di idonei modelli organizzativi sono state enunciate alcune
caratteristiche che tali modelli organizzativi devono possedere per essere considerati validi.
115
Dall’ordinanza del G.I.P. di Milano (dott.sa Secchi) depositata il 9 novembre 2004, si possono
desumere le caratteristiche di idoneità dei modelli di organizzazione, gestione e controllo (artt. 6 e 7
del Decreto), costituendo così un vero e proprio “Decalogo 231”. Infatti il modello deve:
1. essere adottato partendo da una mappatura dei rischi di reato specifica ed esaustiva e non
meramente descrittiva o ripetitiva del dettato normativo;
2. prevedere che i componenti dell’organo di vigilanza posseggano capacità specifiche in tema
di attività ispettiva e consulenziale;
3. prevedere quale causa di ineleggibilità a componente dell’ODV la sentenza di condanna (o
di patteggiamento) non irrevocabile;
4. differenziare tra formazione rivolta ai dipendenti nella loro generalità, ai dipendenti che
operino in specifiche aree di rischio, all’organo di vigilanza ed ai preposti al controllo
interno;
5. prevedere il contenuto dei corsi di formazione, la loro frequenza, l’obbligatorietà della
partecipazione ai corsi, controlli di frequenza e di qualità sul contenuto dei programmi;
6. prevedere espressamente la comminazione di sanzione disciplinare nei confronti degli
amministratori, direttori generali e compliance officers che per negligenza ovvero imperizia
non abbiano saputo individuare, e conseguentemente eliminare, violazioni del modello e,
nei casi più gravi, perpetrazione di reati;
7. prevedere sistematiche procedure di ricerca ed identificazione dei rischi quando sussistano
circostanze particolari (es. emersione di precedenti violazioni, elevato turn-over del
personale);
8. prevedere controlli di routine e controlli a sorpresa – comunque periodici – nei confronti
delle attività aziendali sensibili;
9. prevedere e disciplinare un obbligo per i dipendenti, i direttori, gli amministratori della
società di riferire all’organismo di vigilanza notizie rilevanti e relative alla vita dell’ente, a
116
violazioni del modello o alla consumazione di reati. In particolare deve fornire concrete
indicazioni sulle modalità attraverso le quali coloro che vengano a conoscenza di
comportamenti illeciti possano riferire all’organo di vigilanza;
10. contenere protocolli e procedure specifici e concreti.
I modelli organizzativi devono essere previsti in base alla realtà aziendale in cui essi operano, in
quanto cambiano da realtà a realtà e risultano idonei solo per l’ente per il quale sono previsti
esclusivamente. Ragion per cui è esclusa la possibilità di riprendere modelli di altre aziende perché
sono stati modellati e preposti al cambiamento secondo le dinamiche di quell’ente. Anche in base
all’analisi dei reati, essi cambiano a seconda della storia dell’ente e del contesto in cui lo stesso
opera, avendo presente la propensione, la modalità e soprattutto il momento di commissione di
determinati reati.
Il sistema della comunicazione, invece, subisce delle pressioni (punto 9 del “Decalogo”) nel senso
che esso deve essere rapido ed efficace, al fine di garantire la comunicazione tra l’OdV e la società
stessa, con la predisposizione di procedure specifiche con le quali riportare all’OdV eventuali
situazioni di rischio. Per tali ragioni, dovrebbero essere previsti canali e modalità per consentire
spontaneamente la segnalazione di determinati illeciti o l’eventuale ipotesi che si possano
configurare.
4.5 Il whistleblowing nella realtà economica, sociale e culturale italiana
4.5.1 Una dimensione etica nell’impresa
Da tempo ormai si parla di etica d’impresa e dei risultati che apporta, ad un’organizzazione, l’agire
eticamente. L’etica prima di essere un concetto, un insieme di regole, è una dimensione nella quale
117
è inserita l’impresa sia come fine, sia come mezzo, sia come organizzazione appunto (il fine
dell’impresa è l’impresa stessa). E’ proprio nell’organizzazione e nelle singole azioni che si ravvisa
un certo agire etico, per esempio non è etico non dire ciò che si pensa, non è etico dire di un
collaboratore che è bravo quando la prestazione non è adeguata, proporre una aumento di stipendio
quando non lo merita e soprattutto non è etico arrecare danno ai propri colleghi col fine di
perseguire esclusivamente i propri178
.
Di etica sarebbe superfluo parlare in riferimento ai casi Parmalat, Enron, WorldCom ecc. dove le
condotte illecite ben radicate nell’organizzazione rendevano vane qualsiasi tipo di intervento. In
ogni caso il collasso era inevitabile, ma attraverso il whistleblowing si sarebbe potuto di certo
diminuire il male perpetrato nell’economia mondiale. L’etica è qualcosa che va al di là della
semplice regola scritta, specialmente quella d’impresa che va oltre un semplice “codice civile o
penale, della legge del diritto, per entrare in una altro codice, la legge appunto dell’organizzazione
etica e dell’etica dell’organizzazione”179
. Fondamentale tra queste regole non scritte è la fiducia tra i
soggetti appartenenti al sistema imprenditoriale. Nel nostro caso però il dilemma si ha nel momento
in cui il whistleblower si chiede a chi deve prestare fiducia: all’impresa o ai soggetti e/o al bene
giuridico che l’azione dell’impresa va a ledere? Il dilemma che affligge il whistleblower è un
dilemma che tutt’oggi scorre nella cultura dei paesi occidentali, è come tale ne è afflitto anche il
legislatore che, catalogando la vicenda in un numero ristretto di situazioni, finisce per emanare
regole del tutto reticenti, che alimentano lo stato di confusione. Si andrebbe a finire nell’intrecciata
questione del diritto e della morale; del crimine inteso sempre come peccato e del peccato inteso
non sempre come crimine. Si potrebbe addirittura paragonare il whistleblower al protagonista de Il
Principe di Machiavelli, il quale se riteneva giusto agire, in maniera del tutto ingiusta per la società
per garantire la stabilità dello stato, era giusto che lo facesse. Ragion per cui il whistleblower agisce
178 Ulderico Capucci. Il giusto e il conveniente: una nuova economia per le società, le imprese, le persone. Guerini e associati, Milano, 2007. 179 Ibidem.
118
eticamente, in un’ottica puramente interna, se rispetta il dovere di fedeltà nei confronti dell’impresa
e trascurando l’interesse collettivo, ma è etico anche se agisce nell’interesse della collettività
causando, però, una rottura all’interno dell’impresa.
Al whistleblower è semplicemente richiesto un certo grado di professionalità con il quale dà vita ad
ogni sua azione che, nel nostro contesto, rinveniamo nell’agire in buona fede e in maniera diligente.
Un problema nasce quando la situazione da segnalare è di complessa valutazione, dove il
whistleblower, rimanendo un professionista, non può assurgere a tecnico della situazione, per cui
avremmo una segnalazione senza oneri di allegazione e di investigazione, mitigato dal sistema
adottato dall’Unione Europea (vedi sub. §2). La protezione, infatti, è garantita anche quando la
segnalazione risulta essere infondata o esagerata, a patto che il whistleblower abbia agito in buona
fede.
Sin dai tempi antichi, l’etica (<costume>) era una riflessione speculativa intorno ai comportamenti
umani, l’insieme dei valori morali per comprendere quale sia il vero bene e degli strumenti per
conseguirlo. L’insieme dei valori fondamentali ed etici (racchiusi in un codice di comportamento)
ispirano la strategia aziendale in relazione, appunto, al fine perseguito, indicando in modo esaustivo
tutti i valori e le regole a cui tutti i componenti dell’impresa devono conformarsi, creando così una
sorta di “manierismo” d’impresa. Se non si mantengono legami forti con il sistema dei valori, gli
individui possono tendere verso comportamenti destabilizzanti e minatori delle regole sociali, per
raggiungere determinati risultati. Invece se l’impresa trasferisce una cultura basata sul rispetto
reciproco, legalità, trasparenza, solidarietà, è più probabile che tali pericoli non si configurino.
La segnalazione riporta l’equilibrio all’interno di un settore all’interno del quale si corre il serio
rischio di smarrirsi per qualsivoglia ragione; l’etica della segnalazione magari scade quando essa è
riportata in contrasto con lo spirito di collaborazione, quando è esclusivamente sfoggio di una
vanità personale. Assume viceversa un carattere premiale quando protegge l’integrità di un
interesse, che è quello dell’impresa, quando il fatto segnalato può arrecare danno all’impresa stessa;
119
mentre è l’interesse di altre realtà, che ruotano intorno all’impresa, quando il fatto segnalato
costituisce un modo di agire, cosciente e volontario, della realtà aziendale. È in questi contesti che
emerge la necessità di un bilanciamento tra la segnalazione interna e la segnalazione esterna, poiché
nel primo caso è eticamente giusto che la segnalazione, ad esempio, avvenga per vie interne,
attraverso cui l’impresa stessa viene a conoscenza dell’illecito e interviene per ripristinare lo status
quo ante, ma se l’impresa non mostra nessun segnale è giusto che il whistleblower faccia appello ad
autorità esterne.
Il whistleblowing, così inteso, è sicuramente uno strumento importante al servizio dell’etica
professionale dell’impresa. È una regola di comportamento che confluisce nell’ampio bacino di
regole dell’etica professionale dell’organizzazione. Un bacino di regole “ampie, ma precise, che ci
portano a vedere e a penalizzare una lunga serie di comportamenti non più accettabili in
un’organizzazione in cui si voglia funzionare come squadra”180
.
4.5.2 Cultura, linguaggio e “standardizzazione” dei concetti
Con il termine whistleblower nel linguaggio italiano facciamo riferimento a colui che soffia il
fischietto, che sostanzialmente non assume nessun significato importante. Soltanto attraverso un
esemplificato paragone metaforico utilizzato dagli inglesi, riusciamo ad intenderne il significato.
Infatti, facciamo riferimento al poliziotto di strada (bobby) che soffia il fischietto, quindi lancia
l’allarme, quando rinviene una condotta contra ius, oppure l’arbitro di calcio che soffia il fischietto
quando chiama un fallo e assegna un calcio di punizione.
La funzione dell’arbitro e del poliziotto non viene messa in discussione, seppur a volte criticata, ma
i whistleblowers non sono “sostenuti dall’opinione pubblica in quanto è ancora diffuso un
180 Ibidem.
120
sentimento di omertà e collusione che non rende gli italiani propensi a segnalare episodi di
irregolarità”181
. L’omertà, ovviamente, vale fino a che non ci sono gli incentivi giusti e fin quando
la cultura non la giustifichi.
Gli stereotipi e pregiudizi attribuiti agli italiani che non sono abituati al rispetto delle regole,
costituisco il nocciolo duro della italianità diffusa. E’ questo forse che ci distingue, poiché riteniamo
la routine deleteria, un nemico da combattere costantemente. L’improvvisazione e l’essere furbi
denotano quell’arte d’arrangiarsi per cui siamo famosi nel mondo, siamo quelli che integriamo a
pieno il dire che la “necessità aguzza l’ingegno”. Le organizzazioni danno il meglio di sé, proprio,
nelle situazioni di emergenza, quando si tratta di trovare soluzione a problemi imprevisti. Noi
italiani non amiamo le regole, non abbiamo ancora accettato il principio del loro rispetto182
. Un
esempio chiaro ed emblematico ce lo prospetta lo stesso Capucci: gli italiani arrivati in Svizzera
non buttano carte a terra e al contrario gli svizzeri arrivati in Italia iniziano a buttarla. Il passo
successivo sembra essere di facile portata, poiché in Svizzera non buttare una carta a terra è dovuto
a diverse ragioni tra cui: il fatto che la strada sia di per sé pulita non invoglia a gettare una carta e ci
segnala come ci sia un generale rispetto di una regola; l’effetto contrario invece si ha in Italia dove
la maggior parte delle persone che gettano una carta a terra non ritengono tale gesto riprovevole e
non si è visti in mal modo, ragion per cui uno svizzero inizia a buttare qualche carta a terra. Gli
psicologi potrebbero trovare diletto nel giustificare tali comportamenti per l’attivazione di un
sistema di cd neuroni specchio, che hanno rivelato una conoscenza senza conoscenza183
. Infatti,
“l’attivazione dei neuroni specchio è in grado di generare una rappresentazione motoria interna (atto
181 Fraschini G., Whistleblowing e sistemi di protezione: stato dell’arte e considerazioni. Rapporto sulla ricerca svolta da Transparency International-Italia in Il Whistleblowing nuovo strumento di lotta alla corruzione, Buonanno Editore, 2011, 66. 182 Capucci U., Il giusto e il conveniente: una nuova economia per le società, le imprese, le persone. Guerini e associati, Milano, 2007 183 I neuroni specchio funzionano in modo pre–comunicativo: si attivano prima che l’uomo ne sia cosciente, permettendogli di innescare processi di imitazione e di comunicazione senza la sua consapevolezza, quindi prima che ci
sia elaborazione cognitiva e, quindi, conoscenza.
121
potenziale) dell’atto osservato, dalla quale dipenderebbe la possibilità di apprendere via
imitazione”184
.
Ritornando ai temi giuridici, quindi, apprendiamo che una regola per essere tale ha bisogno della
struttura precetto-sanzione, dove ad una azione “A” corrisponde una reazione “B”. Il rispetto di una
regola quindi necessita di una sanzione che faccia da deterrente.
Capucci individua l’innata tendenza al non rispetto delle regole, in un’azienda, nella resistenza alla
standardizzazione dei comportamenti, organizzazione e formazione culturale. Tant’è che la parola
<standard> assume un significato negativo, inteso come “negazione dell’innovazione”, soppressione
e chiusura in una prigione di regole da applicare senza possibilità di evasione, dei robot cristallizzati
in un processo meccanico. Il termine in questione assume il significato di regola, di criteri a cui
attenersi. La standardizzazione contribuisce alla creazione di un sistema, ma può generare chiusura
e rigetto negli individui aziendali quando si parla di standardizzazione dei comportamenti, poiché
va ad abbattere il pilastro della libertà. Ragion per cui, sembra difficile raggiungere un sistema che
funzioni secondo standard ben definiti, pur lasciando margini di libertà ai soggetti destinatari degli
standard.
L’imprenditore tende a fare dell’impresa una macchina perfetta in sé. L’imprenditore etico, invece,
raggiunge la perfezione quando i componenti di tutto l’apparato aziendale agiscono secondo
principi etici, secondo il rispetto delle regole generali di convivenza, e secondo la giustizia e
ragionevolezza di una determinata azione. Tale perfezione necessita di un margine anche ampio di
discernimento attraverso il quale l’individuo compie una valutazione.
La questione del linguaggio e delle parole utilizzate è molto delicato, poiché il linguaggio altro non
è se non una metafora185
attraverso la quale si estrapola il significato di un termine che la coscienza,
184 Rizzolatti G., So quel che fai, Raffaello Cortina Editore, 2006. Esperienze recenti indicano che osservare un viso altrui che esprime un’emozione, stimola nell’osservatore i medesimi centri cerebrali che si attivano quando lui stesso presenta una reazione emotiva analoga. Ognuno di noi è in grado di percepire il dolore dell’altro ma la compartecipazione empatica
a questo dolore è diversa tra un individuo e l’altro.
122
poi, attribuisce ad un’azione. Ciò che scoraggia, infatti, un individuo a segnalare un’informazione è
l’accostamento dell’azione all’atto di “denunciare” qualcosa. E’ proprio il termine denuncia che
inorridisce e spaventa l’azione del whistleblower. Essa è vista come un passo troppo grande e pieno
di responsabilità che espone in maniera eccessiva il soggetto alle conseguenze che ne potrebbero
derivare.
L’interpretazione logica di un termine legato ad un’azione ha un impatto impressionante nella
cultura di un popolo, dove quel determinato termine è assunto e visto in un’accezione negativa. Per
esempio il rispetto di una regola o il conformarsi ad essa integra il concetto di “obbedienza”, ma lo
stesso termine obbedienza deriva dalla forma composta latina del preverbo “ob” e dal verbo
“audire”, una parola il cui significato ha subito nei secoli mutamenti a volte decisi. Il significato
proprio della parola latina è infatti <dare ascolto>, <prestare prima attenzione>186
. L’obbedienza
diventa qualcosa di più di un semplice atto, di un’azione dovuta, come noi oggi siamo portati ad
intendere. Ciò che la caratterizza è soprattutto una predisposizione d’animo, la capacità di porsi in
ascolto con attenzione e di poter così comprendere le cose nel profondo. L’atto dell’obbedire cessa
di avere una connotazione passiva e si lega ai concetti legati all’ascolto, alla comprensione e alla
condivisione187
. Risulta difficile, invece, fare lo stesso per il termine denuncia, però esso ha un
significato etimologico già esemplificato che consiste nel “dare notizia di un reato o segnalare altri
eventi alle autorità competenti”. Acquisirebbe un tono più attenuato, però, se ci riferissimo
all’azione di denunciare come a un colloquio con il soggetto preposto alla ricezione di informazioni.
L’oggetto del nostro colloquio tecnicamente è il fatto, la condotta illecita o il reato, e a questo punto
la portata del significato della questione si restringerebbe. Bisogna necessariamente trovare un
185 Vico pone la metafora a fondamento conoscitivo degli uomini primitivi attribuendole così un valore cruciale per il funzionamento del linguaggio, nel quale il parlare figurato e metaforico è antecedente al parlare descrittivo, analitico e razionale. Da dizionario Treccani. 186 Folador M., L’organizzazione perfetta. La regola di San Benedetto: una saggezza antica al servizio dell’impresa moderna. Guerini e associati, Milano, 2006, 57. 187 Ibidem.
123
vocabolo che metaforicamente andrebbe a valorizzare l’oggetto stesso del colloquio, cioè
l’esposizione del fatto.
Si definisce delazione il dare notizia di una condotta illecita e, in alcuni ambienti della società
italiana, infamia. Chi sposa questa cultura, chi è colluso, chi è soggiogato dall’omertà, dalla paura,
rifiuterà apoditticamente un siffatto sistema.
Diverso invece è il significato che assumerebbe l’oggetto del colloquio se noi ci rapportassimo ad
esso con parole incentivanti, provandolo a definire “rivelazione qualificata, protetta” (dall’inglese
qualifyng disclosure), dove ad essere qualificata, protetta è tanto la rivelazione quanto
l’informazione.
Lo sforzo immane è trasferire un nuovo modo di pensare e di intendere la questione fin qui esposta,
ma calandoci nel nostro sistema culturale ci rendiamo conto di essere impotenti di fronte a tutto ciò.
Il ruolo del whistleblowing, quindi, non deve essere inteso come uno strumento per perseguire e
sanzionare i malfattori, bensì uno strumento che riduca la commissione dei reati, collocandosi in
una dimensione etica come un processo automatico al di là di una scontata funzione preventiva.
4.5.3 Onestà vs Fedeltà
“Il mondo della finanza si basa sulla fiducia e si presta quindi ad abusi difficilmente identificabili
da qualsiasi controllo esterno, se perpetrati con la connivenza dei dipendenti chiave. Fedeli alla
dirigenza dell’impresa non solo per un malinteso senso di lealtà, ma anche perché “parlare”
significa compromettere la carriera futura. La soluzione è premiare chi segnala episodi di
criminalità economica, con un compenso proporzionato all’entità della frode”188
.
188 Luigi Zingales. Se l’onestà non paga, www.lavoce.info del 30.12.2003.
124
Il rapporto tra onestà e fedeltà mette a dura prova chiunque, oggi, sia chiamato a compiere una
scelta difficile, poiché ci sono interessi che vengono compromessi e altri che vengono protetti. Nel
caso del whistleblowing non si tratta tanto di bilanciamento degli interessi perseguiti ovvero
compromessi, si tratta di compiere una scelta giusta su una base etica costruita in ambito sociale e
professionale. Cercare, insomma, di perseguire quanto più possibile il giusto in senso oggettivo. Ma
l’oggettività, a sua volta, si scontra con due fattori interni, uno di carattere quantitativo e l’altro di
carattere qualitativo: giusto in senso oggettivo in riferimento al numero di persone o alla gravità
delle conseguenze?
Quando il whistleblower agisce, mette a dura prova la sua onestà, tant’è che il pensiero verte su
questioni di lealtà nei confronti dell’impresa e onestà verso un interesse da salvaguardare. Il suo
agire secondo onestà deve essere sicuramente dettato da un sentimento interno poiché la persona in
primis da rispettare è sicuramente se stesso. Questo modo di pensare e di agire è correlato al
contesto nel quale si è calati come la famiglia, la scuola e la società.
Il contesto aziendale possiamo paragonarlo a queste “dimensioni sociali” dove l’educazione
costruisce un modo di fare e pensare, eccetto rari casi, determinante per le azioni di un individuo.
Infatti non soltanto genitori e insegnanti, ma anche i datori di lavoro e i manager contribuiscono
responsabilmente alla sviluppo etico e morale di una comunità189
.
Con la concezione di economia radicata nel mondo moderno, di sicuro è difficile raggiungere un
accordo con l’etica (economia sociale di Antonio Genovesi vedi infra §4.5.4). Se gli interessi in
gioco sono economicamente equilibrati è ovvio che nessuno avrà da segnalare una scorrettezza
della società, sia a causa di pressioni esercitate sul lavoratore, sia per motivi di fedeltà all’impresa,
sia perché è elevato il valore dell’obbedienza oltre al fatto più incisivo che consiste nelle eventuali
ritorsioni che il lavoratore potrebbe subire a seguito di un comportamento non conforme. La
189 Fraschini G., WHISTLEBLOWING AT WORK: ETHICAL AND JURIDICAL ISSUES, tesi di lurea c/o Università Carlo
Cattaneo – LIUC, 2007, pp. 11 e ss.
125
conseguenza paradossale è che la segnalazione generi conseguenze economiche e sociali più
devastanti per il segnalante stesso che per l’impresa, a seguito delle sue condotte illecite190
.
Le relazioni economiche sono immerse in una rete di relazioni sociali. Legami di sangue, di
amicizia, di fiducia e lealtà, di clan e dialetto, di comunanza culturale, religiosa o ideologica,
aiutano a scegliere le parti con le quali preferibilmente scambiare, ci spingono a rischiare di più in
queste relazioni economiche e ci consentono di farle durare nel tempo191
. La fedeltà, anche
all’interno dell’impresa, è un sentimento che non deve essere soggiogato da alcuna minaccia di una
sanzione, dalla paura di essere dismessi, bensì è un sentimento che si acquisisce tramite la
trasmissione di sentimenti di amore e non di paura. E cosa garantisce la fiducia basata sull’amore
per l’impresa, per il rispetto del contesto in cui si vive, se non uno spirito etico. La fedeltà è
qualcosa che viene concessa a qualcuno o ad un’entità in generale (impresa) che, prima di tutto, lo
merita.
L’obiettivo è intervenire su una generazione che si sta dirigendo verso il mondo del lavoro e verso
l’economia in generale, informando il giovane individuo del contesto in cui sta entrando. La
capacità di discernimento ci permette di fare le nostre scelte, ed è proprio nel momento della scelta
che l’educazione ricevuta da i suoi frutti. Il ruolo del codice etico di un’impresa è sicuramente di
presentazione del contesto aziendale e di sicuro contribuisce a distinguere le cattive abitudini dalle
buone. Le imprese dovrebbero tutte condividere un’idea del genere e far sì che l’eticità non sia solo
un principio scritto, bensì una cultura pratica d’azienda. La nota positiva è che sempre più aziende
del panorama italiano si stanno dotando di questi codici etici e di strutture affinché ci siano dei
risvolti pratici all’interno dell’impresa. Questo grazie all’espandersi delle disposizioni del D.lgs
231/01 che ha introdotto la responsabilità amministrativa in capo agli enti derivante da reato con
l’obiettivo di prevenire la commissione degli illeciti d’impresa.
190 Ibidem. 191 Vincenzo Perrone. Il lato oscuro della forza, www.lavoce.info, con riferimento al caso Parmalat.
126
4.5.4 Il whistleblowing come “relazione” per raggiungere il bene comune
“C’è un mercato in cui non si scambiano le merci con altre merci e non si fanno gli affari per gli
affari ma in cui al centro del modello d’impresa c’è la persona”192
.
La crisi economica è, sempre più chiaramente, anche una crisi delle idee e delle convinzioni che
hanno orientato per decenni politiche e comportamenti. Essa, in generale, è un segnale che la
società dà come risultato di relazioni tra di loro poco produttive. La crisi, quindi, è un momento di
svolta dove la società è chiamata a fare una scelta. Infatti la parola crisi dall’originale termine antico
(dal lat. crisis, gr. Κρíσις) significa <scelta>, <decisione> nonché <distinguere e giudicare>, lungi
dall’avere un significato paralizzante come quello che assume oggi, come colosso contro il quale
l’uomo non può fare nulla. Non può l’uomo essere impotente di fronte a qualcosa che egli stesso ha
generato. La capacità di giudizio e, quindi, di decisione portano ad un aumento di livello delle
coscienze e la società dovrà trarne i benefici. La crisi delle idee e delle convinzioni non può essere
abbandonata a se stessa. La società necessita di un’autodeterminazione che porta anche a una
rivoluzione di carattere ideal-culturale che finisce per avere riscontri pratici sugli interessi
economici personali e della società intera. Una rivoluzione copernicana del sistema economico in
termini di raggiungimento del bene comune e della felicità collettiva andrebbe ad incidere sul
comportamento economico degli individui.
Si potrebbe intendere un’economia di carattere sociale piuttosto che aziendale, come la si riteneva
nel 1700 dove non era il profitto il fine ultimo dell’impresa, bensì il raggiungimento del benessere
comune. Il prof. Renato Ruffini193
ritiene che l’economia civile potrebbe contribuire a dare una
192 Massimo Bray e Mattia Granata. L’economia sociale: una risposta alla crisi. Italaini europei – Fondazione di cultura politica. 193 Renato Ruffini è docente ordinario alla Scuola di Economia e Mangemenet e alla Scuola di Diritto presso l’Università Carlo Cattaneo – LIUC di Castellanza nonché direttore del Centro di Ricerca sulla Pubblica Amministrazione presso la
medesima Università.
127
chiave di lettura più ampia, unitaria e in linea coi tempi attuali del fenomeno economico194
.
Nonostante siano stati molti i tentativi di riportare i “comportamenti più criticabili” del governo
delle imprese all’interno di vincoli etici precisi, mancano tutt’oggi delle idee e riferimenti precisi in
grado di ribattere, in modo valido, all’idea fondamentale che un’impresa per massimizzare il
profitto nel rispetto delle regole è il solo e unico fine eticamente responsabile195
.
La finalità sembra appunto essere il bene comune, quello che però presenta difficoltà è il modo per
raggiungerlo. Nella sua analisi, il prof. Ruffini mette a confronto il pensiero di Adam Smith con
quello di Antonio Genovesi, che seppur entrambi partiti dalla stessa base, cioè come ottenere il bene
comune, sono giunti a conclusioni diametralmente opposte. Per Smith il raggiungimento del bene
comune era garantito soltanto da uno scambio basato su interessi personali e su una buona
amministrazione della giustizia; per Genovesi l’ottenimento del bene comune non era il frutto di
una “mano invisibile”, bensì di una interrlazionalità ben voluta e ricercata e perseguita grazie al
fatto che gli individui operavano all’interno di un contesto di mutua e reciproca fiducia196
, così da
rafforzare le relazioni tra gli individui fondate sul concetto di “reciprocità incondizionata” o
“gratuità”.
E’ in questa ottica che il whistleblower si colloca, all’interno del sistema impresa, dove la sua
segnalazione mira alla protezione del contesto etico del quale è egli stesso parte integrante, per
garantire la crescita di quella mutua fiducia e della reciprocità incondizionata posta a fondamento
delle relazioni sociali. Perciò si ritiene che il concetto di whistleblowing debba essere prima insito
nella mente dell’individuo e poi regolamentato.
Il prof. Ruffini, a proposito, ci dice che “non bastano buone regole: le buone regole hanno infatti
bisogno di un sistema di relazioni che le faccia rispettare”. Questo sistema di relazioni non è solo il
194 Renato Ruffini. Da Genovesi a Zappa, appunti per un’analisi dei legami tra l’economia aziendale e l’economia civile. Liuc papers, n.238. Serie economia aziendale 34, febbraio 2011. 195 Ibidem. 196 Ibidem.
128
contesto culturale, ma è qualcosa di più: è il contesto civile, il senso civico che lega tra loro le
persone. E, nel riprendere le parole dello stesso Genovesi, fa riferimento anche allo stato che non
agisce (perché non ne ha il bisogno) come un leviatano perché le famiglie costituiscono la forza del
capo e la forza del capo mantiene le famiglie. Non si possono quelle senza imperio: né vi può
essere imperio senza corpo politico. Corpo politico e sovrano hanno tra loro una reciproca e
necessaria relazione197
. Il concetto di famiglia suona sempre più spesso alle orecchie della società
dei nostri giorni, intesa come nucleo all’interno del quale vivono e operano individui. La
trasposizione in termini di impresa del concetto di famiglia garantisce un operato unico e genuino
della stessa, incentrato sul rispetto dell’organizzazione e di ogni suo singolo individuo, considerato
come persona e non soltanto come forza lavoro. E’ la motivazione economica e personale che
spinge il pater familias a organizzare la sua “azienda” affinché possa creare sostentamento per la
famiglia e garantire così non soltanto il bene della stessa, ma anche conseguire il benessere sociale.
A tal proposito è opportuno ripescare nella storia della letteratura dell’antica Roma, come questi
ideali erano vivi e sentiti. Seneca aveva mostrato enorme sensibilità al concetto di Humanitas,
inteso come un sentimento di filantropia, che porta l’uomo a sentire i bisogni e i dolori di ogni
uomo, e di aiutare l’altro ogniqualvolta ne abbia bisogno. E’ emblematica la sua riconsiderazione
degli schiavi i quali dovevano essere considerati ad ogni modo come uomini e bisognava garantire
loro il diritto ad essere rispettati, sulla base di quegli ideali di humanitas che si traducono in
solidarietà e rispetto dell’uomo in ogni uomo.
L’azienda quindi deve impregnarsi di questi ideali e considerare tutti gli individui della comunità
aziendale come “persone di casa e umili amici”.
Ritornando al nostro discorso sull’economia civile, a questo punto, comprendiamo che non è lo
“scambio che regola le organizzazioni attraverso il mercato, ma sono le organizzazioni che regolano
gli scambi e quindi il mercato. Il prezzo non è mai solo l’incrocio tra domanda e offerta di beni, ma
197 Ibidem.
129
è il frutto anche di complesse relazioni negoziali sviluppate in una miriade di condizioni diverse e
mutevoli”198
. E’ l’apporto che ogni singolo individuo dà all’organizzazione che deve essere preso in
considerazione; soltanto attraverso una valutazione complessiva si può stabilire se il processo
relazionale è fluido o meno e intervenire con metodi lubrificanti per agevolare la comunicazione e
le relazioni all’interno e all’esterno dell’impresa.
La nuova concezione naturale di impresa poggia su un modo di pensare differente, non più in
termini esclusivamente numerici bensì in termini relazionali, in modo da fortificare il legame
all’interno di un gruppo. Dal punto di vista economico non possiamo di certo paragonarci agli stati
anglosassoni dove si è ben radicato il principio individualista e smithiano, ma nonostante il nostro
forte individualismo, secondo Ruffini, abbiamo sempre dato importanza a livelli associativi
intermedi quali la famiglia, le associazioni. E ciò che forma l’economia sociale, appunto, sono i
gruppi civili, che danno spazio e primaria importanza alle relazioni tra i componenti, aumentando
così la loro coesione. Dall’altro lato, invece, l’economia aziendale individua il termine azienda in
maniera astratta, definendolo come “l’ordine economico di un istituto” e definita da Gino Zappa
(fondatore della teoria dell’economia aziendale) come “coordinazione economica per il
soddisfacimento dei bisogni umani di cui l’uomo e la ricchezza sono elementi vitali”, ma a
differenza dell’economia sociale, in quella aziendale non si parla mai di reciprocità e gratuità. Ciò
che lega invece le due teorie è il modo di intendere il fenomeno economico, cioè come un fenomeno
relazionale. I riscontri pratici più influenti della teoria economica aziendale hanno finito per
sovrastare quella dell’economia sociale e, ciononostante, abbiamo la possibilità di trovarla, oggi, in
alcune realtà imprenditoriali e renderci conto della situazione differente che genera all’interno
dell’organizzazione e soprattutto la fiducia che genera negli interlocutori che vengono a contatto
con tale realtà.
198 Ibidem.
130
131
Conclusioni
"La divulgazione di fatti concernenti pratiche illegali, scorrette, dannose e non etiche del datore di
lavoro o di altri soggetti di un’organizzazione".
Con queste parole la dott.ssa Simone White, Legal Officer c/o l’Ufficio per la Lotta Anti-frode, che
ho avuto il privilegio di incontrare durante il mio viaggio a Bruxelles fatto con l’intenzione di
ampliare la conoscenza del sistema giuridico che mi accingevo a trattare, ha definito il
whistleblowing.
La scelta di studiare, capire e approfondire il ruolo e la figura del whistleblowing è maturata dopo
una lunga riflessione su come rivoluzionare in termini giuridici il sistema socio-culturale, in
particolare durante il corso di Diritto Penale dell’Economia dove ci è stata presentata questa figura e
di come essa funzioni nel sistema giuridico statunitense. E’ stata subito valutata l’opportunità di
provare ad inquadrare tale strumento in un sistema giuridico e sociale nel quale non è previsto e
subito ho riscontrato ostacoli di carattere giuridico e culturale del contesto italiano, prima, ed
europeo dopo. Per questo motivo ho pensato di recarmi direttamente sul posto per toccare con mano
e osservare direttamente l’apparato sociale nel quale è inserito. Sono stati, infatti, messi a confronto,
durante i miei viaggi, il sistema statunitense e quello adottato dalle Istituzioni dell’Unione Europea,
da cui si è emersa subito una differente scorrevolezza delle disposizioni: molto più fluida e pratica
in America rispetto alla farraginosa e complessa previsione delle Istituzioni Europee.
Il concetto di whistleblowing si presenta come risposta ad una critica della società del nostro tempo
nonché come realtà giuridica da poter sviluppare al fine di contrastare fenomeni di illegalità diffusa
all’interno del tessuto economico, sociale e politico. Il fenomeno corruttivo, criminoso e
fraudolento sta descrivendo una società, quale quella italiana, in modo del tutto incongruente a ciò
che si apprende dai manuali universitari, dai quali si denota una netta incompatibilità con ciò che
noi studiamo e il contesto nel quale andiamo a condividere le nostre conoscenze.
132
Le motivazioni di fondo del presente lavoro hanno avuto un importante ruolo per definire i limiti
giuridici e ideologici sui quali è stato strutturato l’elaborato.
Innanzitutto, l’elaborato è partito da un’analisi delle Convenzioni internazionali nella parte in cui
valorizzano la figura dell’individuo e il suo sviluppo durevole sia come singolo sia come soggetto
di una compagine sociale, con riferimento alla sua sfera fisica, culturale e professionale. Le
relazioni umane sono fondamentali per il confronto e la condivisione di valori tra gli esseri umani,
ragion per cui è impensabile uno sviluppo in termini di solidarietà, se è diffuso il sentimento della
sopraffazione dell’uomo da parte di un altro uomo, che ragiona soltanto in termini economici a
causa della finalità principale che si è prefissato, quale il benessere economico e individuale. Per
tali ragioni nella nostra società si è portati a mantenere qualsiasi tipo di comportamento purché
venga raggiunto tale fine e coloro che sono coinvolti in questo vortice finiscono per accettare e
ritenere giusto e conveniente ricorrere a pratiche scorrette per la realizzazione dei propri obiettivi.
Di solito la difficoltà dell’obiettivo non sta nel definirlo bensì nello sceglierlo.
Nella prima parte del lavoro si è cercato di individuare le disposizioni che vincolano un sistema
giuridico ad adottare disposizioni a tutela del segnalante. Abbiamo trovato terreno molto fertile
poiché numerose sono le Convenzioni internazionali, firmate dal nostro paese, che prevedono un
obbligo in capo allo Stato parte, di disciplinare la materia, in particolare le Convenzioni Civile e
Penale contro la corruzione del Consiglio d’Europa del 1999 e la convenzione delle Nazioni Unite
contro la corruzione del 2003, ma abbiamo anche notato che il processo di ratificazione di tali
convenzioni è stato lungo e difficoltoso, data la natura conflittuale di alcune disposizioni interne
con quelle dettate dalle Convenzioni. Infatti, la Convenzione Civile contro la Corruzione risulta
tutt’oggi non ratificata dall’Italia a distanza di ben 14 anni dalla firma. Soltanto nel giugno 2012 è
stata ratificata, invece, la Convenzione Penale contro la Corruzione a cui è succeduta l’emanazione
della cd legge Anti-corruzione (190/2012) ad opera del nostro legislatore nel novembre 2012.
133
Con la firma e la ratifica di tali Convenzioni l’Italia avrebbe dovuto dotarsi di disposizioni in
materia di protezione dei segnalanti e di procedure dettagliate per favorire la segnalazione, infatti,
secondo la Convenzione Civile contro la Corruzione ciascuna Parte deve adottare le misure
necessarie per proteggere i dipendenti, che segnalano in buona fede e sulla base di ragionevoli
motivi, i loro sospetti sulle pratiche di corruzione o comportamenti, da qualsiasi pratica di
ritorsione. La Convenzione non fa riferimento alcuno alle misure specifiche, perciò gli Stati parti
hanno la libertà di scegliere i mezzi da porre a presidio della tutela del whistleblower, a prescindere
dal mezzo utilizzato, sia esso esterno o interno alle organizzazioni. Mentre più delicato è il
riferimento all’unauthorized whislteblowing che porta a una comparazione dei doveri che
incombono in capo al whistleblower, per cui da un lato avremo il dovere di fedeltà che lo stesso
deve prestare nei confronti dell’organizzazione (impresa/ ente pubblico o privato), dall’altro il
dovere di riportare i fatti aventi ad oggetto condotte illecite per tutelare l’ interesse del sistema e
della collettività. A tal proposito la Convenzione parla di protezione adeguata contro qualsiasi
sanzione ingiustificata nel senso che non può essere accettata nessuna sanzione imposta al
dipendente per aver segnalato un atto di corruzione alle autorità competenti, pertanto la
segnalazione non dovrebbe essere considerata come una violazione del dovere di riservatezza.
Esempi di sanzioni ingiustificate possono essere il licenziamento o il demansionamento o l’agire
comunque in modo da limitare i progressi nella carriera del segnalante. Ma la segnalazione
necessita di requisiti sostanziali in modo da non violare i diritti della persona segnalata e per non
generare la possibilità di speculazioni sulla vicenda oggetto della segnalazioni: il whistleblower,
quindi, deve procedere alla segnalazione in buona fede e sulla base di ragionevoli motivi.
Il whistleblowing deve essere inteso come un' opportunità per rafforzare la responsabilità e la lotta
contro la corruzione e la cattiva gestione, sia nel settore pubblico sia in quello privato: tutti gli Stati
membri dovrebbero rivedere la loro legislazione in materia di protezione di whistleblowing tenendo
134
presente alcuni principi guida diretti a tutelare tutti coloro che segnalano condotte illecite, dando per
assodata la buona fede del segnalante.
L’unico adeguamento in materia, in Italia, l’abbiamo avuto con la legge 190/2012 che prevede la
protezione contro le ritorsioni per il dipendente pubblico che segnala illeciti ma, ciononostante,
siamo ben lontani dal definire assolto il nostro dovere di conformità alla materia, in quanto la
normativa presenta gravi problemi di forma e poche garanzie per il soggetto da tutelare. L’unica
nota positiva è che tale concetto ha fatto il suo ingresso nel nostro sistema giuridico con la speranza
che venga ben definito e disciplinato in futuro.
A livello di legislazione europea ancora non emerge nessun segnale sulla tutela del whistleblower
rivolto agli Stati membri data la mancanza di una disposizione specifica all’interno del Trattato di
Lisbona. Pare che qualche iniziativa, però, sia stata intrapresa proprio dal Consiglio d’Europa in una
duplice veste, poiché si sta lavorando tanto ai fini dell’armonizzazione delle disposizioni nazionali a
tutela del whistleblower, quanto ad informare il funzionamento dell’Unione al principio di
trasparenza e corretta amministrazione, dotando il suo ordinamento di una disciplina sulla funzione
pubblica europea in linea con tali principi. Per ciò che riguarda il funzionamento interno alle
istituzioni sono state prese delle misure in materia di whistleblowing a seguito degli scandali che
hanno coinvolto la Commissione Santer nel 1999. A tal proposito è stato istituito l’Ufficio per la
lotta antifrode (OLAF) presso le Istituzioni che indaga sui casi di frode ai danni del bilancio dell'UE
e sui casi di corruzione e grave inadempimento degli obblighi professionali all'interno delle
istituzioni europee. La Commissione a tal proposito ha sentito il bisogno di specificare che tale
ufficio esisterà fintantoché esisterà il fenomeno corruttivo individuando possibili misure di
prevenzione, tra cui la necessità di “stimolare il necessario dialogo tra il settore pubblico e il settore
privato di modo che le imprese dispongano di chiare norme per la segnalazione delle irregolarità
(stabiliscono, cioè, la procedura che un dipendente dovrebbe seguire qualora venisse a conoscenza
di una condotta corruttiva all’interno della società), in modo che le imprese si dotino di misure di
135
formazione e di controllo dell’applicazione di tali norme, al fine di trasmettere il messaggio
inequivocabile che la corruzione è un fenomeno inaccettabile e di incoraggiare i dipendenti a
segnalare tali pratiche”.
Nello Statuto dei funzionari del’Unione sono previste tutte le regole di comportamento che devono
rispettare i funzionari nell’esercizio delle loro funzioni. Nel 2004 sono stati inseriti due articoli, 22-
bis e 22-ter, che disciplinano la procedura delle segnalazioni, infatti, qualunque funzionario deve
informare i soggetti di cui all’art. 22bis (il proprio superiore gerarchico diretto o il direttore
generale, il segretario generale, o persone di rango equivalente, o direttamente l'Ufficio europeo per
la lotta antifrode), senza ritardo e in forma scritta, allorquando venga a conoscenza di fatti che
possano lasciar presumere una possibile attività illecita, e in particolare una frode o un atto di
corruzione, pregiudizievole per gli interessi delle Comunità, o una condotta in rapporto con
l'esercizio di incarichi professionali che possano costituire una grave mancanza agli obblighi dei
funzionari delle Comunità. Queste disposizioni sono state oggetto di critica poiché considerate
farraginose e poco chiare nella parte in cui si fa riferimento ai soggetti destinatari delle
segnalazioni, in particolare nell’inciso “persone di rango equivalente”, arrivando, attraverso
interpretazioni estensive, che una segnalazione può essere rivolta a chiunque ricopra posizioni di
grado equivalente ai soggetti indicati dall’articolo 22-bis poiché il dovere di fedeltà è rivolto non
soltanto all’istituzione di appartenenza bensì verso tutto l’apparato istituzionale dell’Unione
Europea.
A causa delle incertezze create dalle disposizioni e al fine di non rimanere senza protezione per
qualche ragione di carattere procedurale, i funzionari decidono talvolta di non segnalare ovvero
procedere attraverso una segnalazione anonima. Secondo le stime dell’OLAF le segnalazioni che
giungono all’Ufficio, per il 34% provengono da whistleblowers e pertanto l’Ufficio ha ritenuto
necessario sviluppare un canale alternativo al fine di incentivare le segnalazioni. Infatti, è stato
istituito un canale telematico, il Found Notification System, attraverso il quale i funzionari possono
136
inserire le loro segnalazioni scegliendo se rendere o meno nota la loro identità. Nell’elaborato si è
discusso del problema che la segnalazione anonima non assicura quel follow-up che ci si aspetta per
le segnalazioni non anonime, in quanto “hanno un debole se non addirittura nessun valore
all’interno del processo” perché non disciplinato dallo statuto. I problemi principali legati a tale
forma di segnalazione sono di carattere sostanziale in quanto il “Gruppo di lavoro Articolo 29” ha
sostenuto che l’essere anonimo non impedisce ad altri di individuare l’origine dell’informazione; è
difficile indagare sulla natura del problema se non è fatta esplicita richiesta di investigazione o
garantire un seguito (follow-up) alla questione sollevata; è difficile organizzare un programma di
protezione del whistleblower; il fatto che il whistleblower abbia preferito l’anonimato, potrebbe
indurre i terzi a pensare che l’abbia fatto in ragione di una sua intenzione maliziosa; un
organizzazione corre il rischio di generare un circolo di ricezione di segnalazioni mendaci.
Ho avuto l’onore di chiedere direttamente spiegazioni alla dott.ssa Simone White, la quale mi ha
fornito di importanti consigli su come il sistema dovrà essere implementato, nello specifico dovrà
essere meglio configurata la natura e sostanza dell’informazione qualificata, la portata della
protezione e gli effetti pregiudizievoli, nonché definire il contrasto tra informazione anonima e
l’informazione non anonima, chiarire i requisiti per individuare una segnalazione esposta in mala
fede e garantire un continua valutazione e monitoraggio sui sistemi adottati.
Alla luce delle sentenze della Corte Europea dei Diritti Umani, ho trovato un collegamento con il
principio fondamentale del diritto alla libertà di espressione, quale fondamento sui cui si poggia la
volontà del whistleblower a segnalare illeciti per tutelare l’interesse pubblico. Ciononostante la
Corte ha fatto luce sulla delicata questione dell’interferenza di tale principio con i diritti del
segnalato. Abbiamo trattato tre casi differenti (Guja v Moldova, Kudeshkina v Russia, Heinisch v
Germany) che coinvolgevano diverse parti dell’organizzazione dello Stato. A tal proposito la Corte
ha voluto risolvere la situazione di conflitto che viene a crearsi tra gli interessi coinvolti, stabilendo
che bisogna procedere ad un bilanciamento di tali diritti in base all’interesse che essi vanno a
137
tutelare e nel nostro caso la Corte ha stabilito che l’interesse perseguito e tutelato dal whistelblower
coinvolto era di gran lunga più importante di quello perseguito dalla controparte poiché
rispettivamente da un lato avevamo l’interesse pubblico e dall’altro l’integrità all’immagine
dell’organizzazione.
Il sisiteme statunitense, nella terza parte dell’elaborato, presenta una moltitudine di settori dove è
presente il whistleblowing, soprattutto in quei settori a protezione dell’ambiente, della salute e
dell’economia in generale. L’elaborato si è soffermato sull’analisi delle norme riferite
all’organizzazione dell’impresa e della corporate governante in generale. Gli atti di riferimento
sono stati il Sarbanes-Oxley Act (SOX) del 2002 e il Dodd-Frank Wall Street Reform, and
Consumer Protection Act del 2010 che modificato il primo.
Nel sistema statunitense è forte il sentimento di riconoscenza nei confronti di colui che permette al
Governo di risolvere una questione. Infatti, un inciso del False Claims Act del 1863 stabilisce
proprio che per “ogni dollaro che il Governo guadagna colui che ha contribuito a tale guadagna ha
diritto di riceverne un parte compresa tra il 15 e il 30 per cento”. Il fondamento giuridico di tale
principio lo troviamo nello stesso atto quando si definisce la Qui Tam Action (qui tam pro domino
rege quam pro se ipso in hac parte sequitur), la quale stabilisce che “chiunque agisce per conto
dello Stato agisce anche per se stesso”.
La SOX non è una legge che circoscrive il campo di applicazione al whistleblower, bensì incide sul
tessuto economico, con la finalità di proteggere gli investitori migliorando l’accuratezza e
l’affidabilità delle informazioni offerte dalle aziende e, più in generale, della loro gestione contabile
e finanziaria, tant’è che è stato applicato ad ogni frode societaria, irregolarità e violazione di regole
etiche. In merito la SOX ha previsto, alla sezione 806, la cd «whistleblower protection»,
prevedendo una significativa forma di tutela per soggetti segnalanti: nessun dirigente o altro
138
dipendente può minacciare, sospendere, licenziare o, comunque, discriminare un
dipendente per aver segnalato un illecito.
La legge richiede al whistleblower, per vedersi riconosciuta la protezione, un onere di
allegazione dove dimostra che la segnalazione verte su temi di carattere finanziario e
amministrativo-contabile delle società; di aver segnalato il fatto alle autorità o soggetti
competenti e di aver ritenuto ragionevolmente vero il fatto segnalato. Il destinatario
principale delle segnalazioni è il Segretario Generale del Dipartimento del Lavoro, il quale
trasmette la segnalazione all’Occupational Safety and Health Administration (OSHA), che a
sua volta trasmette una copia alla Security Exchange Commission (SEC), dopodiché si
procede all’investigazione della vicenda segnalata.
Le sanzioni previste dalla SOX sono riferite tanto a colui che commette qualsiasi atto di
ritorsione nei confronti del whistleblower, quanto al whistleblower stesso nei casi in la
segnalazione sia in mala fede.
Il Dodd-Frank Act, invece, è ritenuto “il primo statuto completo di portata nazionale” in
materia di protezione delle segnalazioni. Emanato a soli otto anni dall’entrata in vigore del
SOX, il Dodd-Franch Act amplia il quadro della protezione contro le ritorsioni,
incentivando così gli informatori ad uscire alla ribalta senza porsi alcun problema e
scrupolo laddove ritengano, secondo i canoni di ragionevolezza minimi, sostanzialmente
vera e genuina l’informazione che si sta per divulgare.
Il Dodd-Frank Act prevede più canali attraverso i quali fare una segnalazione: un esterno e
più garantista segnalando il fatto direttamente alla SEC; uno interno direttamente
all’azienda.
139
Successivamente si è analizzata la fase di accesso alla protezione e quindi degli effetti
premili della legge. I requisiti di eleggibilità alla ricezione di un “premio” sono sanciti dalla
stessa legge e prevedono che il whistleblower debba: a) volontariamente informare la SEC
b) con informazioni originali c) che portano ad un’esecuzione da parte della Commissione
dell’azione della corte federale o amministrativa, d) dalla quale la Commissione ha ottenuto
un guadagno superiore ad un milione di dollari (1.000.000$). Se mancano tali requisiti non
si può accedere al processo protettivo di cui al Dodd-Frank, la protezione, però, è sempre
prevista ai sensi della SOX che diminuisce il tenore della protezione. Inoltre, è prevista una
disciplina anche per le segnalazioni anonime alla SEC, la quale Commissione però, chiede
un particolare documento confidenziale al whistleblower che sta in giudizio per il tramite di
un avvocato al quale ha conferito tutti i poteri di rappresentanza. Nella conclusione della
terza parte ci si è soffermati sulla possibilità di intervenire su entrambi gli atti normativi
affinché l’idea originaria di assicurare la conformità aziendale ai sistemi di segnalazione sia
rafforzata per poter continuare a divulgare una cultura aziendale sana e responsabile
fondata su principi di ordine etico e di integrità morale, cominciando nell’equiparazione
della reportistica interna ed esterna, assicurare la stessa protezione e la stessa misura di
effetti premiali al whistleblower, poiché suscettibile di tutela non è tanto il mezzo quanto il
fine che si vuole raggiungere con la diffusione di una cultura del whistleblowing.
Con riferimento al panorama italiano, invece, ho avuto modo di scoprire come i settori che
maggiormente valorizzano la figura del whistleblowing sono quello giuslavoristico e quello della
responsabilità delle persone giuridiche nell’ambito del Diritto Penale dell’Economia. Non a caso
l’ultima sentenza della Suprema Corte di Cassazione, in tema di rapporti di lavoro, ha stabilito
l’illegittimità del licenziamento del dipendente che segnala gli illeciti d’impresa, stabilendo che non
140
costituisce giusta causa o giustificato motivo di licenziamento, l’aver il dipendente reso noto
all’Autorità Giudiziaria fatti di potenziale rilevanza penale, accaduti presso l’azienda in cui lavora
né l’averlo fatto senza averne previamente informato i superiori, posto che la segnalazione non
rilevi un carattere calunnioso. Con questa sentenza si è superato anche l’ostacolo rappresentato dal
dovere di fedeltà al datore di lavoro, nel senso che una segnalazione delle condotte illecite
dell’impresa non lede irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra lavoratore e datore di lavoro
poiché, secondo la Cassazione, nel caso in cui si ammettesse il licenziamento a causa di una
segnalazione di un illecito aziendale, si ammetterebbe implicitamente un “dovere di omertà che
ovviamente non troverebbe la benché minima cittadinanza nel nostro ordinamento”.
E’ stato analizzato il tema della responsabilità delle persone giuridiche al fine di trovare una “culla”
normativa dove far crescere la figura del whistelblowing. Il D.lgs 231/2001 ha rappresentato una
svolta per l’organizzazione delle imprese con il quale si è introdotta la responsabilità delle persone
giuridiche per reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio, superando così il pacifico
principio societas delinquere non potest. L’elaborato ha preso in considerazione tale decreto data la
stretta familiarità del fine perseguito dallo stesso Decreto con la figura del whistleblower: arginare il
dilagante fenomeno criminoso attraverso misure di prevenzione e repressione della criminalità
d’impresa. I collegamenti con tale modello legale sono stati sviluppati sulla base di un fondamento
etico che caratterizza entrambi i settori, oltre al fatto che il whistleblower costituisce un elemento
importante per lo sviluppo dei modelli organizzativi d’impresa per finalità preventive. L’etica è
qualcosa che va al di là della semplice regola scritta, specialmente quella d’impresa che va oltre un
semplice “codice civile o penale, della legge del diritto, per entrare in una altro codice, la legge
appunto dell’organizzazione etica e dell’etica dell’organizzazione”. L’Organismo di Vigilanza
(OdV), infatti, è l’organo incaricato di vigilare sul rispetto e il corretto funzionamento di tali
modelli e, quindi, del funzionamento dell’impresa stessa. L’analogia con l’Ufficio per la lotta anti
frode presso le Istituzioni Europee è palese in quanto così come esso indaga sui casi di frode ai
141
danni delle istituzioni, altrettanto l’OdV indaga sull’adeguatezza dei modelli per garantire e tutelare
gli interessi dell’impresa. Il whistleblowing è una figura che spesso compare nei codici di
comportamento che le aziende utilizzano, o almeno dovrebbero, per far sì che tutti i lavoratori
decidano di adottare comportamenti eticamente corretti non perché prescritti e ordinati ma perchè
interiorizzati come gli unici da adottare in termini di convenienza non solo personale ma anche, e
soprattutto, comune agli interessi del sistema di cui essi stessi fanno parte. Infatti, è proprio nei
Codici di condotta così intesi che si fa riferimento alla protezione di coloro che segnalano illeciti al
fine di salvaguardare l’integrità imprenditoriale. Il D.lgs. 231/2001 è ritenuto un trampolino per il
miglioramento e lo sviluppo a livello organizzativo-gestionale. Esso non consiste in un semplice
dettato normativo a cui adeguarsi poiché, se correttamente inteso e spiritualmente rispettato, può
essere dispensatore di valori interni ed esterni al circuito imprenditoriale, quindi economico, a cui
conviene adempiere. Conviene poiché investe su un modo etico di fare impresa, dove l’obiettivo
preposto è definito mediante una strategia aziendale fondata sul rispetto delle relazioni, sul buon
senso e sulla legalità che sono, appunto, la misura dei comportamenti che conducono ad un modo di
agire “sano”.
L ’elaborato presenta degli spunti e dà delle indicazioni che finiscono per costituire un vero e
proprio input per costruire un sistema garantista per coloro che segnalano gli illeciti tanto in un
contesto privato quanto in quello pubblico. Se del contesto privato dovrebbe occuparsi l’impresa
attraverso il modello legale del Decreto 231, del contesto pubblico dovrà sicuramente occuparsene
la Pubblica Amministrazione prevedendo norme che garantiscono una protezione più incisiva
rispetto a quella prevista dalla prima previsione in materia del whistleblowing. Basti pensare che
l’art.54-bis del d.lgs. 165/2001, introdotto dalla legge anticorruzione 190/2012, non protegge
tecnicamente neanche l’identità del whistleblower in quanto deve essere rivelata quando è
assolutamente indispensabile per la difesa del segnalato. Perciò nella parte centrale del quarto
capitolo l’elaborato presenta un paragrafo nel quale indica alcuni principi guida da non
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sottovalutare per una futura legislazione in materia di whistleblowing, avendo riguardo nello
specifico: di tutti i settori che necessitano di un tale sistema di prevenzione; alle segnalazioni
riportate in buona fede e sulla base di ragionevoli motivi; alla facilità di accesso ai canali interni di
segnalazione e il ricorso a canali esterni laddove i primi siano improduttivi; della previsione di una
ricompensa per incentivare la segnalazione non anonima; della protezione da qualsiasi tipo di
ritorsione.
Tutte le disposizioni fin qui evidenziate sono improntate al dovere di segnalare ma si è cercato di
trasmettere un’idea diversa al fine di incentivare la segnalazione spontanea a prescindere
dall’esistenza o meno di un obbligo pertanto il rispetto e la legalità devono essere insiti nel contesto
sociale e non imposti.
Il contesto attuale italiano, però, presenta alcuni ostacoli di carattere culturale in quanto il
whistleblower è paragonato ad una spia che stravolge gli “equilibri” di un’organizzazione in quanto
disseminatore di problemi. Il problema della collusione e peggio dell’omertà sfociano in sentimenti
di soggezione che portano al rifiuto di una possibile segnalazione e quindi a discostarsi dalla figura
del whistleblower. Il dilemma che affligge il whistleblower è un dilemma che tutt’oggi affligge la
cultura dei paesi occidentali, diviso tra la fedeltà che il whistleblower deve prestare ad
un’organizzazione e la salvaguardia dell’interesse della collettività. Come il whistleblower ne è
afflitto anche il legislatore che, catalogando la vicenda in un numero ristretto di situazioni, finisce
per emanare regole del tutto reticenti, alimentando soltanto lo stato di confusione.
Un’organizzazione non può pretendere la fedeltà delle persone che vi operano se prima non la
meriti, o meglio, non prima di aver agito in modo tale da dimostrare quanto meno l’impegno a
perseguire valori etici (racchiusi in un codice di comportamento) che ispirano la strategia aziendale:
questo modus operandi deve diventare carattere distintivo dell’impresa e delle sue risorse.
Nell’era della tecnologia nella quale viviamo abbiamo un numero svariato di telecamere piazzate ad
ogni angolo per vigilare sulla condotta dei cittadini privandoli della loro privacy, quando in una
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società democratica la tecnologia e tutti gli strumenti messi a disposizione debbano essere utilizzati
per monitorare l’azione dello Stato, attraverso questa similitudine il whistleblowing diventa la
telecamera umana che osserva e agisce nell’interesse di tutti meno di coloro che si macchiano di
condotte illecite. Uno strumento a favore dello stato e della collettività per arginare ovvero
ostacolare il diffondersi del virus della criminalità fraudolenta: la telecamera è l’occhio umano sulla
società, il whistleblower la telecamera nelle organizzazioni.
Dagli incontri con la dott.ssa White è emerso che un fattore destabilizzante delle coscienze è
soprattutto l’utilizzo delle parole e del significato che ad esse affibbiamo. Il termine segnalazione ha
un peso meno incisivo rispetto al termine denuncia ad esempio, la quale continua ad avere
connotazioni emozionali, infelici e la natura stigmatizzante, che incoraggia poca protezione
giuridica per questa attività, è il motivo principale che ostacola la rivelazione di fatti rilevanti,
poiché ci si arresta quando si pensa alle conseguenze e responsabilità che scaturiscono dalla
denuncia quando poi la rivelazione del whistleblower implica sì un livello di responsabilità ma
assume un tono meno disarmante se la definiamo “rivelazione qualificata”, enfatizzando e
valorizzando, così, la segnalazione. In Italia, purtroppo non c’è soltanto un problema di linguaggio
ma anche culturale: bisognerebbe cambiare le abitudini dei cittadini e delle pseudo regole che gli
italiani rispettano alla perfezione, come ad esempio “gettare una carta a terra”. Una rivoluzione di
valori anche nel contesto economico dove il profitto scala di livello per far posto al raggiungimento
del “bene comune”, incentivando le relazioni tra individui piuttosto che incattivirli. L’homo homini
lupus è un concetto del XVII secolo che deve tramontare per fare largo ad una altro concetto di
matrice settecentesca, ovverosia l’economia intesa in termini sociali dove crescere e sviluppare
l’individuo per il progresso collettivo, in modo da agire trattando l’uomo sempre come fine e mai
come mezzo. Marcet sine adversario virtus, una sfida ardua che vale la pena intraprendere
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coinvolgendo uomini valorosi che allenano costantemente le loro virtù e il loro “animo inteso
solamente al desiderio di ciò che è onesto”199
.
199 Seneca L. A., L’esaltazione dell’humanitas in De Ira, 41 d. C.
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