Full of Life - John Fante

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John Fante - Full of life

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  • John Fante

    Full of LifeIntroduzione di Paolo Giordano

    Traduzione di Alessandra Osti

    Einaudi

  • Dello stesso autore nel catalogo Einaudi

    A ovest di RomaAspetta primavera, Bandini

    Chiedi alla polvereDago Red

    La confraternita delluvaLa grande fame

    La strada per Los AngelesLe storie di Arturo Bandini

    Sogni di Bunker Hill1933. Un anno terribile

    Titolo originale Full of Life

    1952, 1988 by John Fante All rights reserved. Published by Harper Collins Publishers Inc., New York, USA

    2009 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino

    Le opere di John Fante in Einaudi Stile libero sono a cura di Emanuele Trevi

    In copertina: Foto Keystone / Olycom.Progetto graco di Fabrizio Farina.

    Questo e-book contiene materiale protetto da copyright e non pu essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziatoo trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto stato specicamente autorizzato dalleditore, ai termini ealle condizioni alle quali stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizionenon autorizzata di questo testo cos come lalterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione deidiritti delleditore e dellautore e sar sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successivemodiche.

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    www.einaudi.it

    Ebook ISBN 9788858400418

  • Dalla parte di Joycedi Paolo Giordano

    Non puoi pi dormire con me, disse. Mai pi. Nemmeno dopo che nato? una femmina Perch continui a insistere che sia una femmina? I maschi non mi piacciono. Sono cattivi. Sono loro a creare tutti i problemi del mondo. Anche le femmine creano problemi. Non quel tipo di problemi. Amerai moltissimo tuo glio. Si chiama Victoria. Si chiama Nick. Mi piace di pi Victoria. Vorresti dire Victor? Voglio dire Victoria.

    La gravidanza, quel segmento di vita in cui labbraccio della coppia dovrebbe serrarsi a proteggere ildelicato organismo nascente, pu rivelarsi a sorpresa un periodo di profonda solitudine, per la donnacome per luomo. Il pancione stesso, scrigno della meraviglia, impone una distanza sica tra i futurigenitori, per la prima volta impediti ad aderire del tutto con i propri corpi, costretti a goe manovre diintimit e a sonni distanziati. Certo, il pancione inne si sgoner, ma parte dellimpedimento restervivo, sottoforma del bambino che dorme di l, del bambino per il quale bisogna fare piano, delbambino verso cui gli sguardi dei due adulti convergeranno, trovandosi sempre pi di rado paralleli fraloro.

    La donna incinta paga senzaltro il prezzo pi alto, in balia di nausee, di mal di schiena, delle tantomisteriose voglie, di catastroche inondazioni ormonali e, soprattutto, di un mutamento repentino delcorpo che la rende, s, aggraziata e interessante, ma anche volubile e appesantita. La sua bocca che erastata calda e dolce ora aveva quellodore da sono-incinta, non spiacevole ma neppure piacevole. Laquasi-mamma si trova dun tratto circondata da persone che salutano prima il suo ventre e poi lei, che ledomandano prima come sta? di come stai?, che la trattano con accondiscendenza e malcelatosospetto, come se la sua concentrazione non potesse che rivolgersi costantemente a quello. Talecondizione, che fa scaturire in molte una rabbia crudele e inconfessabile (s, c questo bambino, c questapancia abnorme, ma dietro ci sono anchio!) rischia di perpetuarsi anche dopo la nascita e dicristallizzarsi nella tanto ingiusta/odiosa/naturale/prodigiosa/retrograda comunque la pensiate condizione della donna-mamma.

    Ma la gestazione spesso un momento cruciale anche per luomo, che subito dopo il calcio dinizioviene richiamato in panchina e assiste inerme al resto del match, improvvisamente subalterno eppureintrappolato l, una volta per tutte, da qualcosa che arriver e rester, angosciato da un mutamento chelo riguarda ma non gli appartiene, partecipe di un processo in atto rischiosissimo che egli non pucontrollare in alcun modo. Toccai in quel punto; era grande quanto una palla da baseball. Sentii quello

  • che mi parvero essere le mani, i piedi. Poi trasalii [...] Cerano due palle da baseball laggi, cerano dueteste! Gli uomini, o almeno un sottogruppo di essi, sperimentano durante la gravidanza della compagnaun trauma simile a quello del primogenito che assiste trepidante allarrivo di un fratellino: la dolorosa eirreparabile perdita della centralit e lincombere di un ruolo responsabile cui non potranno pi sottrarsi.

    Le reazioni possibili sono molte: unintensicazione del ritmo lavorativo (con il bambino, sai quantespese in vista?) una frenetica ristrutturazione self-made dellalloggio, piccoli auto-regali qualiunautomobile nuova (ci servir pi spazio, no?) una ricognizione nel mondo delle donne nonincinte,una sparizione improvvisa. La pi frequente e, forse, innocua fra tutte ladesione allo stereotipodelluomo-in-dolce-attesa, melliuo e iper-premuroso, che accosta lorecchio alla pancia della consorte eresta per intere mezzore in attesa di un calcetto o di un glu-glu, pronto a commentarli con unacarezza e un estatico oooh, senti come si muove!

    Full of Life il racconto di una gravidanza e della solitudine che laccompagna. Full of Life: pieno divita. O forse, piena di vita? Oppure sazio di vita? Non saprei individuare la traduzione pi azzeccata, maho il sospetto che, in ognuno dei casi, vi sia unintenzione ironica nel titolo scelto da John Fante. Perchil protagonista del libro non sembra aatto cos full of life. Al contrario, si trova a un croceviadellesistenza, vacuo e insicuro, in preda ad ansie incontrollabili e istinti di fuga. Mentre sicuramente fullsua moglie Joyce, con la sporgenza Fante preferisce questo vocabolo sinistro al pi tenero pancione dalla quale irradia un senso di pacicazione e di distacco dal contingente, che la fa apparire uttuantea mezza spanna dal pavimento. Ma c anche una stanca saziet rispetto alla vita: quella dellanzianopadre del protagonista, Nick, ormai saturo pi di ricordi che di pensieri, immerso in una quotidianitsenza inizio e senza ne, la stessa che sembra minacciare il protagonista dallinterno della sporgenza.

    Giusto, il protagonista: si chiama John Fante e di mestiere fa lo scrittore. Il [suo] primo [libro] avevavenduto 2300 copie. Il secondo 4800. Il terzo 2100. Nelle intenzioni di Fante-autore, Full of Life dovevaessere un ulteriore episodio della saga di Arturo Bandini, suo alter-ego per eccellenza (La strada per LosAngeles; Aspetta primavera, Bandini; Chiedi alla polvere; Sogni di Bunker Hill). Fu leditore a consigliarea Fante-autore di utilizzare il proprio vero nome, e non solo il suo, anche quello di Joyce, di Nick e deglialtri personaggi. Le ragioni di questo bizzarro consiglio e dellaccettazione di Fante sono imperscrutabili,ma possiamo azzardare unipotesi: bench la sua produzione fosse n dallinizio legata allesperienzapersonale e a tutti gli eetti autobiograca, possibile che leditore avesse trovato in Full of Life qualcosadi cos esageratamente intimo e autoindulgente, al limite dellimbarazzo, da sentire il bisogno di unagiusticazione. E, se di ragioni intrinseche non ve nerano, che altro si poteva fare se non cercarne unaesteriore, ossia la svergognata palesazione degli intenti di Fante-autore?

    La storia semplice quanto pu esserlo la vita ordinaria. John-Fante-protagonista ha trentanni. Suamoglie Joyce incinta e sembra sperimentare per la prima volta una inquietante completezza, che laaliena gradualmente dal mondo del marito. Proprio lei, che stata la sua musa e la sua prima editor, cheraccoglieva i fogli appallottolati dellinsicuro scrittore e li metteva in ordine la mia prosa, cos comeera, derivava da lei appare ora noncurante, persa nei trattati di pedagogia di Arnold Gesell,inspiegabilmente attratta dalla religione che prima aveva sempre ignorato, dedita a lavoretti di bricolageche il suo stato non le permetterebbe, come caricare palate di sabbia in una betoniera. John la staperdendo e, sotto sotto, non la desidera pi, sformata com, incontinente e vorace: ebbene s, ero moltocontento di dormire da solo. La frattura che la sporgenza ha creato fra loro simboleggiata da unacrepa che si apre nel pavimento della cucina, mangiucchiato dal tempo e dalle tarme. Joyce ci cadedentro e John, incapace anche di trovare i soldi necessari alla riparazione, parte alla ricerca di suo padre,burbero muratore abruzzese che vive nella Sacramento Valley. John si reimmerge per poche ore nelmondo antico dei genitori emigranti, per poi tornare a Los Angeles con Nick, che, nella speranza di

  • vedere nascere il proprio discendente maschio, si dimostra solerte nella riparazione del pavimento.Fante-autore non rimedia a tanta ordinariet con unapprofondita analisi introspettiva, n con la scelta

    di un lessico forbito o di costruzioni virtuose. Il fascino del suo linguaggio non risiede mai nellamanipolazione del singolo periodo, quanto piuttosto nella concatenazione delle frasi, nellalternanza frasequenze medie brevi e brevissime, fra calma ed enfasi Che meraviglia il mondo! Che vastit il cielo! e in una suspence, ttizia e giocosa, che egli infonde allinizio di ogni capoverso e poi puntualmentedemistica: Parole sinistre. E fu cos che la sorpresi unaltra volta. Uscii cupo. Il tempo passava.La notte che successe stavamo giocando a scacchi.

    In questa continua ricarica di tensione, Fante pu permettersi alcune snobberie da grande scrittore,quali luso scriteriato del termine cosa o la descrizione della propria villetta come grande e carina.

    Ma in Full of Life sono i dialoghi ad assicurare il gusto e la piccantezza, soprattutto quelli tra Fante-protagonista e Joyce. Litigi trattenuti, venati di umorismo e di nonsense, che gravitano intorno a unpretesto tipico della comicit: il sipario trasparente e sottile che divide il pensiero delluomo e quello delladonna.

    Non mi importa pi, dissi. Maschio o femmina, mi va bene comunque.Silenzio.Scans il libro. Si tolse gli occhiali e mi ss con unaria strana. Se dovessi morire, tu non potresti comunque sposare mia sorella. Non voglio sposare tua sorella. molto carina. Ma non potrai mai averla. Mai. la legge della Chiesa. Ma io non sono interessato a tua sorella. Anche se lo fossi, non servirebbe a nulla. Non lo sono. unottima legge. Molto saggia. Cosa ti fa pensare che morirai? Non morir. Ho detto, se dovessi morire.

    Maschio o femmina. E maschio contro femmina. Lintero romanzo attraversato da talecontrapposizione, catalizzata dal sesso ancora ignoto del nascituro, attorno al quale si accendonodiscussioni agguerrite. questa, mi pare, lidea pi forte allorigine di Full of Life, nonch laspetto piinteressante nel risultato. Nel pragmatico gergo librario si parla spesso di romanzo femminile elattributo femminile, pur se utilizzato senza disprezzo, appare sempre sottrattivo rispetto alla parolaromanzo che accompagna. Sottolinea una visione della vita e una prospettiva parziali, aettesistematicamente dal sesso dellautrice. Pu trattarsi anche di grandi romanzi, ma il fatto di denirlifemminili nega loro un completo raggiungimento delluniversalit alla quale cos si dice laletteratura dovrebbe tendere. strano, tuttavia, che non si senta con altrettanta frequenza parlare diromanzi maschili. Sarei un kamikaze se provassi io, qui e ora, a cercare cause o giusticazioni di taleasimmetria. E neppure mi addentrer nel riettere pi a fondo sullapparente contraddizione insitanellespressione letteratura femminile/maschile: probabile che mi attirerei addosso una pioggia diillustri controesempi che ho mancato di considerare e la mia visione verrebbe senzaltro bollata comemaschilista/femminista, a seconda (ho come limpressione che il fatto stesso di assumere come postulatialcune dierenze tra maschio e femmina, al di l di quelle corporee ovvie e innegabili, conducanecessariamente a formulare sentenze maschiliste/femministe). Mi limiter a supporre che le duecategorie siano davvero ammissibili e in qualche modo riconciliabili con lappartenenza alla Letteraturacon la L grande, per aermare che Full of Life , a mio parere, un esempio brillante di romanzomaschile.

    maschile innanzitutto il pensiero di Fanteprotagonista, che segue il proprio percorso tortuoso e

  • raramente contempla le ragioni di Joyce. maschile il senso di impotenza e alienazione, e di vera epropria paura, di fronte alla nascita. maschile lattaccamento di Fante-protagonista ai genitori: untrentenne che, in preda alle ansie, corre a rifugiarsi da mamma e pap. maschile la sua necessitcostante di cura, unita alla sostanziale incapacit di prendersi cura, se non con il tramite rassicurantedegli oggetti ( questa che ho appena pronunciato, forse, una frase maschilista/femminista?) Ed maschile, soprattutto, lautocommiserazione di cui il racconto intriso, non sempre scongiurata da unostrato sottile sottilissimo di autoironia. Fante-protagonista si sente vittima degli eventi: viene messoda parte dalla moglie, angustiato dai suoi cattivi odori, tormentato dal padre gretto che da bambinolha picchiato con la cazzuola, costretto a sobbarcarsi il sostentamento della famiglia, inesorabilmentebraccato povero Fante, insomma! La congiura contro di lui cos diabolica che anche la pidisinteressata infermiera ce la mette tutta per ostacolarlo, proprio nel momento topico della corsaallospedale.

    Se fossi una donna intransigente, durante la lettura avrei probabilmente scostato il libro da sotto gliocchi diverse volte, infastidita da questa unilateralit di visione. Da maschio, invece, sono arrivato di unato alla ne, trainato dai turbamenti del non-pi-cos-giovane Fante, vigliaccamente partecipe delle suefrustrazioni. Ma una sensazione si fatta via via largo nella mia testa: forse, nel tourbillon di Full of Life,alcune domande cruciali vengono coperte dalla polvere sollevata; forse, Full of Life proprio il tentativodi Fante-protagonista (in complotto con Fante-autore?) di eludere tali domande; forse, si tratta dellestesse domande sottese alle inquietudini di molti uomini che si apprestano a diventare genitori: Ma iodesidero veramente questo? Io amo davvero Joyce? Sono cos convinto che la vita con lei e con ilbambino che ci terr imprigionati sar la mia felicit? Insomma, la amo oppure no?

    Fante-protagonista-autore non risponde con lacquisto di una station-wagon di grossa cilindrata, nadagia mollemente la testa sul ventre della moglie, nella speranza che i gorgoglii uterini sovrastino i suoicupi pensieri. Non reagisce da vero uomo ma da uomo vero: un maschio trentenne allo sbaraglio,inetto e disorientato come la maggior parte di noi. Le sue risposte, implicite almeno quanto le domande,si trovano nellepilogo della storia e ovviamente non sar io a svelarle. Mi preme soltanto dire che, ndalle prime pagine, io sto dalla parte di Joyce.

  • Storia di Full of Lifedi Emanuele Trevi

    Full of Life stato scritto per soldi. Non un romanzo molto bello. Scrivendo al vecchio amicoCarey McWilliams nel marzo del 1972, Fante non mostra grande riguardo per il libro che gli aveva datopi successo e pi guadagni di qualunque altro. Impegnato nella stesura della Confraternita delluva,denitivo regolamento dei conti con la gura paterna, lormai anziano scrittore probabilmente vedevanel libro di ventanni prima un prodotto troppo so del suo talento comico, addomesticato e smussatodelle punte nichilistiche e grottesche delle origini, tanto da rendersi accetto al pubblico (specialmentefemminile) dei benpensanti anni cinquanta. Eppure Full of Life, allinterno di questi limiti facilmentericonoscibili, ha conservato intatta per pi di mezzo secolo la sua leggibilit, grazie al ritmo leggero etrasognato, alla brillante fattura dei dialoghi, alla perizia con la quale si alternano episodi comici esentimentali. Ecacissimo, inoltre, risulta linserimento di un terzo personaggio, il padre del protagonista,allinterno di una cronaca coniugale: una specie di originale triangolo del quale fante sfrutta a pieno lepotenzialit narrative. Converr allora rivolgersi, lasciando da parte il consuntivo della sua carrieracondato a McWilliams nel 1972, alle testimonianze dello scrittore che risalgono ai tempi della stesura edella pubblicazione di Full of Life. Ricordando prima di ogni altra circostanza che quando il romanzoesce per la Little, Brown & Co. nel 1952, sono ormai passati ben dodici anni dallultimo libro di Fante, laraccolta di racconti Dago Red pubblicata dalla Viking Press di New York nel 1940. Durante questo lungointervallo, Fante si imbarcato in molti progetti narrativi senza portarne a termine nemmeno uno, halavorato per il cinema ed ha arontato pi di una volta lesperienza della paternit. in una lettera aigenitori del marzo 1950 che viene menzionato un nuovo libro che risulta terminato a giugno dellostesso anno, quando lo scrittore annuncia alla madre di avere ricevuto unoerta molto allettante dalWomans Home Companion, rivista di grande tiratura in grado di elargire compensi molto generosi. il racconto della nascita di Nick, spiega Fante, riferendosi esplicitamente al suo primogenito.Ovviamente, molte cose sono inventate, ma una storia molto bella su un marito e una moglie, e dicome diventano i genitori di un bel bambino. (John Fante, Lettere (1932-1981), pp. 28687). Anche sein quel periodo la realt della vita familiare dei Fante (come ha testimoniato la moglie Joyce) decisamente meno idillica di come appare nel romanzo, molti, come di consueto, sono i prelievi dellascrittura narrativa dalle esperienze realmente vissute. Anche del problema delle termiti, che tantaimportanza riveste nella trama del libro, essendo allorigine della richiesta daiuto del narratore a suopadre, si conservata una traccia nellepistolario, per la precisione in una lettera del 1945 dove appare lastessa identica situazione, compreso il desiderio di far causa al negligente ispettore o al venditore dellacasa (Lettere, cit., p. 281). Lindirizzo, al 625 di South Van Ness, lo stesso che far da scenario alromanzo. Ma le testimonianze pi interessanti su Full of Life provengono dalla corrispondenza di Fantecon Henry Louis Mencken, il grande critico che lo aveva scoperto nei primi anni trenta, ospitandolo sullepagine dellAmerican Mercury. Ebbene Fante, non immemore di quellincoraggiamento cos preziosoallinizio della sua carriera di scrittore, dopo tanti anni dedica Full of Life a Mencken, con ammirazioneimmutata. E torna a scrivergli, nel giugno del 1951, per annunciargli sia luscita del libro (il mio nuovo

  • romanzo, il primo da dieci anni, e di gran lunga il migliore) che la dedica. Qualche mese pi tardi(marzo 1952), Fante pu nalmente mandare una copia fresca di stampa del libro al vecchio maestro,accludendo una nuova lettera in cui riassume la storia spirituale e nanziaria di questo volumettoribaldo, che gli frutt cinquantamila dollari ancora prima di arrivare in libreria. Molto interessantianche le notizie riguardo a quello che Fante denisce un compromesso con leditore, che gli avevaproposto di battezzare con il suo vero nome il protagonista del libro (e di conseguenza, anche sua moglieJoyce). Da questo punto di vista Full of Life rappresenta un caso unico nella storia creativa di Fante.Nella versione originale, lavventura era attribuita ad Arturo Bandini, un Bandini trentenne che stamettendo su famiglia, ben diverso dallo scapestrato personaggio che dicilmente i lettori di Fanteriescono a immaginare nei panni di marito e padre aettuoso. In virt di questo assurdo cambio deinomi, commenta Fante nella lettera a Mencken, il libro non pi narrativa, ma fatti. Interpretazionen troppo ingenua perch, come facile accorgersi, il delicato equilibrio tra autobiograa e invenzione,cos tipico dellarte dello scrittore, rimane invariato, che il suo protagonista si chiami volta a voltaBandini, Molise, o inne, come in questunico caso, Fante. (John Fante, Sto sulla riva dellacqua e sogno.Lettere a Mencken 1930-1952, pp. 126128).

    Facendo a Menken il rendiconto dei guadagni che gli aveva fruttato il nuovo libro, Fante nonmancava di menzionare lindustria cinematograca. E alla grande fortuna di Full of Life contribu disicuro anche il lm uscito nel 1956, diretto da Richard Quine e interpretato da Judy Holliday e RichardConte (la dicile parte del padre del protagonista venne adata con successo a Salvatore Baccaloni, unfamoso cantante dopera). Fante stesso, assoldato dalla Columbia Pictures, rm la sceneggiatura dellm. Nel 1957 usciva anche, nella Medusa di Mondadori, la traduzione italiana del romanzo, rmatada Liliana Bonini e intitolata In tre ad attenderlo. Dopo pi di un decennio di silenzio, in denitiva, ilritorno alla letteratura di Fante non avrebbe potuto essere coronato da un esito migliore. Di solito, untale successo incoraggia a lavorare con maggiore continuit, aumentando il numero dei libri pubblicati. Einvece, Fante torn alle vecchie abitudini, ripiombando nellinsicurezza e nellinsoddisfazione di sempre.Altri quindici anni dovettero trascorrere dalla pubblicazione di Full of Life a quella del romanzosuccessivo, La confraternita delluva, nel 1977.

  • Full of Life

  • Uno

    Era una casa grande perch eravamo gente con progetti grandiosi. Il primo era gi l, una sporgenzaallaltezza del suo punto vita, una cosa dai movimenti sinuosi, striscianti e contorti come un groviglio diserpi. Nelle tranquille ore prima di mezzanotte appoggiavo il mio orecchio su quella zona e sentivo ungocciolio come da una sorgente, dei gorgoglii, dei risucchi e degli sciabordii.

    Dicevo: Si comporta proprio come il maschio della specie. Non necessariamente. Nessuna femmina scalcia cos tanto.Ma non discuteva la mia Joyce. Quella cosa era dentro di lei, e lei era remota, sdegnosa e beata.Eppure, a me non importava ancora nulla di quella sporgenza. poco estetica, e le suggerivo di indossare qualcosa per nasconderla. E ucciderlo? Ci sono delle cose adatte. Le ho viste.Mi guardava con freddezza ero lignorante, il balordo che passa nella notte, non pi una persona,

    diventavo maleco, assurdo.La casa aveva quattro camere da letto. Era carina. Intorno cera uno steccato. Aveva un tetto alto e a

    punta. Un corridoio di rose andava dalla strada allingresso principale. Un ampio arco di terracotta sialzava sopra a questo. Cera un batacchio di ottone massiccio sulla porta. Cera un 37 nel numero civico,ovvero il mio numero fortunato. A volte attraversavo la strada e guardavo tutto ci con la boccaspalancata.

    La mia casa! Quattro camere da letto. Spazio. Due di noi ci vivevano gi, e uno era in arrivo. Ce nesarebbero stati sette. A trentanni un uomo aveva ancora tempo per tirarne su sette. Joyce avevaventiquattro anni. Uno ogni due anni. Uno in arrivo, sei ancora da fare. Che meraviglia il mondo! Chevastit il cielo! Come era ricco il sognatore! Avremmo naturalmente dovuto aggiungere una stanza o due.

    Hai delle voglie? Gusti particolari? So che succede. Ho letto alcune cose sullargomento. Certo cheno.

    Leggeva anche lei: Gesell, Arnold: Infant and Child in the Culture of Today. Com? Molto informativo.Guard fuori nella strada attraverso le porte nestre. Era una via tracata, vicina alla Wilshire, dove

    ruggivano gli autobus, dove il traco faceva lo stesso rumore del muggito del bestiame, ed era come unrombo continuo rotto soltanto dallo stridere delle sirene, eppure distante, lontano, a duecento piedi didistanza.

    Non potremmo prendere delle tende nuove? Dobbiamo proprio avere tende gialle e mantovaneverdi?

    Mantovana? Cos una mantovana, mamma? Per lamor di Dio, non chiamarmi cos. Scusa.

  • Torn a Gesell, Arnold: Infant and Child in the Culture of Today. Durante la gravidanza leggere ledava un autentico conforto. La sporgenza era un posto superbo per appoggiare i libri, quasi allaltezza delmento, girare le pagine era facile. Lei era molto graziosa, i suoi occhi grigi erano incredibilmenteluminosi. Cera qualcosa di nuovo che si era aggiunto a quegli occhi. Lassenza della paura. Erasorprendente. Ti costringeva a distoglierne lo sguardo. Guardai le nestre e capii quali fossero lemantovane perch erano lunica cosa verde, erano quelle fasce in alto, increspate.

    Che tipo di mantovana vuoi, tesoro? E per favore, non chiamarmi tesoro. Non mi piace.La lasciai l a sedere, con i suoi occhi grigi lucenti e minacciosi, con la bocca serrata attorno a un

    bocchino, e le lunghe dita bianche che tenevano stretto Gesell. Uscii nel giardino davanti alla casa, mifermai fra le rose e la guardai con soddisfazione. La ricompensa dellautore. Io, lautore, John Fante,scrittore di tre libri. Il primo aveva venduto 2300 copie. Il secondo 4800. Il terzo 2100. Ma nel mondodel cinema non prestano attenzione allandamento delle vendite. Se hai quello che loro vogliono almomento, ti pagano, e ti pagano bene. In quel momento io avevo quello che volevano, e ogni giovedarrivava un consistente assegno.

    Per le mantovane si present un gentiluomo. Era strano, con unghie traslucide e una sciarpa Paisleysotto al suo soprabito chiuso. Serrava le sue dita ausolate e cera una intimit fra lui e Joyce che io nonpotevo condividere. Risero e chiacchierarono davanti al t e ai pasticcini e lei era deliziata dallavere lacompagnia di un gallo senza speroni. Egli rabbrivid di fronte alle mantovane verdi, emise dei gridolini ditrionfo mentre le abbatteva e le rimpiazzava con altre blu. Chiese che venisse mandato un camion, e imobili vennero portati via per essere rivestiti in modo da accompagnarsi alle mantovane.

    Il blu rasserenava Joyce. Ora era veramente felice. Si mise a pulire le nestre. Diede la cera aipavimenti. Non amava la lavatrice e fece il bucato a mano. Due volte alla settimana avevamo una donnaper fare i lavori pi pesanti, ma poi Joyce la licenzi.

    Lo faccio da sola. Non ho bisogno di aiuto.Divenne molto stanca a causa di tanto lavoro. Cerano dieci camicie messe una sullaltra, ben stirate.

    Cera un segno rosso sul suo pollice, una bruciatura. Ma la protuberanza era immobile, proprio l, pernulla stanca.

    Non posso andare avanti cos ancora a lungo, gemette lei. Questa casa enorme, e tutto il resto. Ma perch lo fai? Sai che non dovresti. A te piace vivere in mezzo al sudicio? Chiama qualcuno. Ora possiamo permettercelo.Ah, come mi detestava, stringeva i denti, e si buttava indietro i capelli sfatti. Raccolse un cencio per

    spolverare e caracoll in camera da pranzo, per lucidare il tavolo, a colpi lunghi e disperati, assolutamenteesausta, appoggiata ai gomiti, annaspando senza pi ato.

    Lascia che ti aiuti. Non mi toccare. Non azzardarti!Sprofond in una poltrona, con i capelli gi, il pollice bruciato dolorante, ma con una medaglia per la

    sua nobilt, i suoi occhi splendenti e stanchissimi che avevano uno sguardo sso e pericoloso, il cencioche le penzolava dalla mano, un sorriso triste sulle labbra, unespressione che denotava nostalgia, che miinformava di come il suo pensiero fosse rivolto a un tempo pi felice, probabilmente a San Francisconellestate del 1940, quando il suo corpo era sottile, quando non vi era tutto quel da fare che spezzava laschiena, quando era libera e non sposata, quando si arrampicava su Telegraph Hill con il suo cavalletto ei suoi colori, a scrivere sonetti su tragici amori guardando il Golden Gate.

    Dovresti avere una donna di servizio per tutto il giorno.

  • Quelli infatti erano i giorni grassi e carnali per lo scribacchino, quando una volta alla settimana, ognigioved, il denaro si ammassava, portato dal mio agente pieno di arguzie, cameratismo e di quello cherestava dopo che lui e il governo avevano fatto a pezzi il mio assegno della Paramount. E nonostante cine restava sempre in abbondanza per noi tutti.

    Vai a fare spese, cara. Comprati qualcosa.Dio, salvami. Avevo dimenticato la sporgenza, e invano tentai di risucchiare dentro alla bocca le

    parole. Ma lei non laveva dimenticata e io dovetti fare nta di guardare da unaltra parte quando scese dicorsa le scale, un pallone bianco di moglie, pronta per esplodere che camminava avanti e indietro comeun prigioniero.

    Disse: Smetti di ssarmi.Disse: Immagino che tu passi lintera giornata a guardare snelle attrici.Disse: Ma che cosa pensi?Disse: Mai pi. Questo il primo e lultimo.Alle volte la guardavo e la trovavo intenta a ssarmi scuotendo la testa. In nome di Dio, ma perch mai ti ho sposato?Non dicevo nulla, sorridendo scioccamente, perch nemmeno io lo sapevo, ma ero molto felice e

    orgoglioso che lavesse fatto.

    La sua follia per le faccende pass e la domestica venne assunta nuovamente. Ora si occupava digiardinaggio. Compr dei libri e lattrezzatura. Un giorno tornai a casa e trovai dieci sacchi di concime dicavallo in garage. Aveva estirpato le rose su entrambi i lati del vialetto, dodici cespugli, sei da ciascunaparte; con una vanga, li aveva estratti dalla terra e li aveva trascinati sul retro del giardino. Con unaccettane aveva tagliato le radici, Si inlava dei guanti e passava le giornate carponi sotto alle siepi, mettendo adimora bulbi, ricoprendoli di concime e muschio, con le ginocchia piene di segni rosso scuro, e le bracciagraate. Svilupp una passione per tenere il terreno pulito. Faceva ispezioni tutti i giorni, persino sulviale, aggirandosi con un sacco di iuta, raccogliendo resti di ogni genere. Si diede a bruciare qualsiasicosa intorno a lei che non fosse ben piantata la potatura delle siepi, foglie, pezzi di legno. Scav unafossa nel giardino dietro casa per farci la concimaia, ammassandoci lerba tagliata, aggiungendoci ilconcime, annaandola e mescolandola di tanto in tanto con un arnese munito di punte.

    La trovavo l fuori nel tardo pomeriggio quando parcheggiavo la macchina in garage. Lei stavadavanti allinceneritore, era una gura spettrale con una sciarpa bianca intorno alla testa, che facevacadere delle cose nel fuoco, dei pezzi di cartone impilati, pronti per bruciare, e Joyce l a ssare le amme,rivoltando il fuoco ogni tanto con un bastone. Era ossessionata dalla pulizia e dallordine intornoallinceneritore, inlava con attenzione le scatole vuote di latta una nellaltra, poi le metteva in contenitorifatti apposta, e inne prendeva scatole speciali per le bottiglie vuote. La spazzatura di ogni giorno venivaridotta da lei in pacchetti puliti, avvolta in carta di giornale e legata con degli spaghi.

    Durante la notte sentivo che si aggirava per la casa, sbatteva lo sportello del frigorifero, tirava losciacquone, accendeva la radio al piano di sotto, camminava per il giardino dietro casa. Dalla nestra laguardavo muoversi al chiaro di luna, era come unapparizione gona e avvolta in spugna, con la suasporgenza rotonda che la precedeva con maestoso aplomb, portando un libro sotto il braccio, di solito,Gesell, Arnold: Infant and Child in the Culture of Today.

    Non puoi pi dormire con me, disse. Mai pi. Nemmeno dopo che nato? una femmina.

  • Perch continui a insistere che sia una femmina? I maschi non mi piacciono. Sono cattivi. Sono loro a creare tutti i problemi nel mondo. Anche le femmine creano problemi. Non quel tipo di problemi. Amerai moltissimo tuo glio. Si chiama Victoria. Si chiama Nick. Mi piace di pi Victoria. Vorresti dire Victor? Voglio dire Victoria.

    E poi cera quellincredibile bisogno che avevo di lei. Lavevo avuto dalla prima volta che lavevo vista. Sene era andata, quella prima volta, era uscita dalla casa di sua zia dove ci eravamo incontrati per il t, e iodivenni un buono a nulla senza di lei, un incapace assoluto no a quando non la vidi di nuovo. Se nonfosse stato per lei, la mia vita avrebbe percorso strade dierenti sarei stato giornalista, muratore qualsiasi cosa mi fosse capitato. La mia prosa, cos come era, derivava da lei. Perch io abbandonavosempre quello che scrivevo, lo odiavo, disperato, accartocciavo i fogli e li buttavo per la stanza. Ma leirovistava fra tutta quella roba che io gettavo e veniva a capo delle cose, e io non sapevo mai se avevo fattoqualcosa di buono, pensavo che ogni riga che avevo scritto non fosse migliore del solito, perch nonavevo modo di esserne certo. Ma lei prendeva le pagine, vi trovava quello che cera di buono e lo serbava,poi me ne chiedeva altre, cos che per me divent unabitudine, scrivevo meglio che potevo e le davo ifogli, lei vi faceva unopera di taglia e cuci, e quando era terminato, con un inizio, una met e una ne,ero ancora pi meravigliato di quando poi lo vedevo stampato, perch non avrei mai potuto farlo da solo.

    Passarono tre anni cos, poi quattro, cinque, e cominciai ad avere qualche nozione del mestiere, maerano le sue nozioni, e non mi preoccupavo mai molto degli altri che avrebbero potuto leggere le miecose, scrivevo solo per lei, e se lei non fosse stata l, avrei potuto anche non scrivere aatto.

    Quando rimase incinta, non le interess pi leggere le mie cose. Le portavo parti di sceneggiature e leinon vi faceva caso. Quellinverno durante il suo quinto mese scrissi un racconto e lei vi rovesci sopra delca una cosa inaudita, poi lo lesse sbadigliando. Prima del bambino, avrebbe preso il manoscritto, selo sarebbe portato a letto e vi avrebbe passato ore a potarlo, sistemarlo e a farci delle note in calce.

    Come una pietra, il bambino si interpose fra di noi. Io ero preoccupato e mi chiedevo se le cosesarebbero mai tornate a essere come prima. Avevo nostalgia dei vecchi tempi quando potevo entrare incamera sua e raccogliere di soppiatto qualcosa che apparteneva alla sua intimit, come una sciarpa, unvestito oppure un pezzo di nastro bianco, quando solo il toccare tutto questo mi mandava in estasi, mifaceva gracchiare come una rana per la gioia di avere la mia amata. La sedia sulla quale si sedeva davantialla toilette, lo specchio che rietteva il suo amabile viso, il cuscino sul quale appoggiava la testa, un paiodi calze gettate a lavare, la grazia disarmante delle sue mutandine di seta, le sue camicie da notte, il suosapone, i suoi asciugamani bagnati ancora caldi dopo il bagno: avevo bisogno di quelle cose; erano partedella mia vita con lei, e cos era anche per le tracce di rossetto, perch quel rosso proveniva dalle tiepidelabbra della mia donna.

    Le cose erano cambiate ora. I suoi abiti erano studiati apposta, con un gran buco sul davanti dal qualeusciva il rigono, le sue mutande erano impossibili sacchi, le sue scarpe piatte erano adatte solamente aicampi di riso, e le sue camicie erano come tende. Quale uomo avrebbe potuto prendere vestiti cos,avvicinarli al viso e rabbrividire con la solita passione? Inoltre, tutto aveva un odore diverso. Prima usava

  • qualcosa di magico chiamato Fernery at Twilight. Era come respirare Chopin e Edna Millay, e quandoquella fragranza emanava dai suoi capelli e dalle sue spalle, io sapevo che la sua bandiera era alzata e chelei aveva scelto di farsi inseguire. Non usava pi Fernery at Twilight: laveva sostituito con qualcosaltro,qualcosa tipo la colonia Gayelord Hauser, che sapeva di salute, alcool puro e sapone neutro. Cera ancheodore di tavolette vitaminiche, di lievito di birra, di melassa e di un pallido balsamo che usava per lenire isuoi capezzoli inturgiditi.

    Quando ero a letto, la sentivo arrancare per la casa, e mi chiedevo cosa ci stesse capitando. Fumavo nelbuio e gemevo convinto che lei mi volesse spingere fra le braccia di unaltra donna. No, non mi volevapi, mi stava costringendo ad andare con unaltra donna, unamante. Ma quale amante? Per anni avevodisertato la giungla dove si aggiravano gli scapoli. Dove potevo trovarla unaltra donna, se pure ne volevouna? Mi vidi appostato sul Santa Monica Boulevard, sudato, a sbavare dietro alle donne liberenelloscurit di un bar un po strano, cercando di essere arguto, bevendo e bevendo per nascondere ilnudo squallore di quelle avventure. No, non potevo essere infedele a Joyce. Non volevo neppure esserlo, eanche questo mi preoccupava. Non era infatti unabitudine degli uomini quella di tradire le loro moglidurante la gravidanza? Al golf club succedeva sempre: ne sentivo parlare tutti i maschi. Allora cosa cerache non andava in me? Perch non ero in citt, a consumarmi in piaceri proibiti? E restavo l steso,cercando di suscitare in me una scintilla di quella amma per un altro frutto. Ma non cera nulla da fare.

    Eppure ero contento di dormire da solo. Ne avevo scordato le gioie. Per quattro anni avevamo giaciutoanco a anco ogni notte. Ero ormai condizionato, avevo accettato i calci senza protestare, avevodormito mezzo scoperto per pi di mille e trecento notti. Ultimamente per la sua condizione laveva resapeggiore. In lei era svanito qualsiasi senso di lealt. Era tornata nella giungla dove si combatte perlesistenza. Ora mi colpiva deliberatamente, a freddo. Mi ritrovavo sveglio a qualunque ora della notteperch mi veniva sottratto il cuscino da sotto la testa, perch sentivo che masticava delle mele, o per viadella ranatissima tortura delle briciole dei biscotti fra le lenzuola. Mangiava come un profugo liberato,arrivava a letto con enormi panini e con carae di latte. La quantit di latte che consumava eraimpressionante. Sedeva appoggiata ai cuscini i miei e i suoi mangiando e leggendo, soprattutto Gesell,Arnold: Infant and Child in the Culture of Today. Gesell, Arnold: e Feeding Behaviour of Infants; aPediatric Approach to the Hygene of Early Life (con ill.) Oppure Gilbert, Margaret: Biography of theUnborn.

    Dieci volte per notte schizzava fuori dal letto e si precipitava in bagno, tirando lacqua con frastuonoprovocante, facendo gargarismi, lavandosi i denti, facendo la doccia. Poi tornava a letto con un salto,lanciandosi con un balzo, insediandosi nel luogo che era diventato una trattoria, come una dea satollacontornata da cuscini. Se mi muovevo o protestavo, non se ne curava.

    Ebbene s, ero molto contento di dormire da solo, di riposare in un letto che non fosse anche unadrogheria, di poter stendere le braccia e le gambe. Era un piacere fantastico, un crogiolarsi atavico, unritorno alla Madre Terra. Ma lei avvert la mia gioia; dovette averla percepita attraverso il muro, perchinizi a desiderare delle cose. Un bicchiere di latte, un panino, un ammifero, un libro. E se non eranessuna di queste, la luce sul mio comodino si accendeva allimprovviso e lei era l, pesante, pallida etriste, a dirmi con tranquillit: Non riesco a dormire . Era un letto singolo, e quando si stendevaaccanto a me allora proprio non cera posto, a meno che non si mettesse sulla schiena con la sporgenzache si protendeva verso lalto. Io mi allontanavo. Era come dormire sullorlo di un baratro.

    Mi odi, vero? diceva. Non ti odio per nulla. Perch ti ritrai? C qualcosa che non va? Non posso dormire sopra di te.

  • Certo che puoi, se ti va. Non mi d nessun brivido. Mi dispiace. per via del mio alito?Mi soava in faccia. La sua bocca che era stata calda e dolce ora aveva quellodore da sono incinta,

    non spiacevole, ma neppure piacevole. un po strano.Rimaneva ferma per qualche istante, a ssare il sotto, con la sporgenza che si muoveva in su e in gi

    a intervalli regolari, e le mani incrociate sopra di essa. Cominciava a piangere, e le lacrime le scorrevanosulle guance in piccoli rivoli.

    Amore! Ma che c? Sono costipata, singhiozzava. Sono sempre costipata.La tenevo stretta, le accarezzavo i capelli allindietro e baciavo la sua fronte calda. Nessuno ama una donna incinta, diceva fra i singulti. Me ne accorgo ovunque vada. Per la

    strada, nei negozi, dappertutto. Mi ssano sempre. terribile. una tua fantasia. Quel macellaio tanto gentile. Era cos carino. Ora mi guarda appena. cos importante? importantissimo!Quella notte pianse a lungo, no a quando le sue guance si gonarono ed ebbe scaricato tutta la

    tensione, no a quando lattivit nel suo nido la distrasse. Scans le lenzuola. Guarda.Il bambino si agitava come un gattino intrappolato in un gomitolo. Scalciava dolorosamente e si

    poteva vedere quello che sembrava un piedino che colpiva le pareti della sua prigione. Le bambine non scalciano in quella maniera. S, invece.Appoggiai lorecchio contro quella sporgenza morbida e calda e ascoltai. Era il rumore di una fabbrica

    di birra, tubi che sibilavano, tini di fermentazione, fumanti lavaggi di bottiglie, e lontano, sul tettodelledicio, qualcuno chiedeva aiuto. Mi prese la mano.

    Senti la testa.Toccai in quel punto; era grande quanto una palla da baseball. Sentii quello che mi parvero essere le

    mani, i piedi. Poi trasalii, ma non dissi nulla per non allarmarla. Cerano due palle da baseball laggi,cerano due teste!

    Le dissi che era meraviglioso, ma la gola mi doleva dalla paura perch era proprio vero che cerano: lamia adorata Joyce stava portando un peso terricante. Toccai lo stesso posto unaltra volta. Non ceranodubbi. Il bambino era un mostro. Strinsi i denti e mi stesi con il cuore in subbuglio, troppo spaventatoper parlare. Non era un comportamento coraggioso quello di mettersi a piangere in un momento cos,ma non riuscivo a trattenere il dolore, e quando lei vide le mie lacrime, rivers su di me tutta la suatenerezza, contenta perch piangevo.

    Caro! Sei cos emotivo.Finalmente riuscii a controllarmi, ma volevo stare da solo, per riettere, per chiamare il dottor Stanley,

    per vedere se si poteva fare qualcosa. La sua fame mi forn la scusa. Voleva un panino con lavocado. Mialzai per farglielo. Ma dovevo convincermi di essermi sbagliato, e tornai indietro.

    Fammi sentire unaltra volta, dissi. Certo.Appoggiai il palmo su quel punto. Svenni quasi quando due protuberanze premettero contro la mia

  • mano. Quindi era vero: avevamo concepito un mostro. Scesi le scale barcollando. Nella piccola stanzaaccanto alla cucina dove tenevamo il telefono, in quel luogo angusto, rimasi fermo nel buio, con la testacontro il muro, e ricominciai a piangere.

    Ora mi erano chiare molte cose, il passato mi si rivelava come un secchio della spazzatura rovesciato.Perch non era colpa di Joyce. La sua vita era stata pura, senza macchia. Ma gli anni di John Fante primadel matrimonio erano stati anni scapestrati tti di avventure senza capo n coda. Cera molto di cuiarrossire; cerano stati peccati, peccati penosi, e a un qualche punto di questo vortice di cattiveria era stataseminata la punizione, e adesso era venuto il tempo di fare il cattivo raccolto.

    Preparai il panino e lo portai al piano di sopra. Joyce era pronta, galleggiante sui cuscini, con le bracciatese per ricevere il cibo. Non riuscivo a sopportarlo. Scesi, spostai il telefono in cucina, chiusi le porte, efeci il numero del dottor Stanley. Era allospedale, aspettava un parto.

    Devo vederla subito. Come sta Joyce? Sta bene. Sono io. il bambino. Lei? Vengo l. molto importante.Ritornai su. Joyce aveva nito il panino. Era stesa, e guardava la sporgenza. splendida, disse. Tutto splendido.Presto si addorment. Mi vestii e scesi in punta di piedi, per uscire dalla porta sul retro accanto al

    garage.Erano le tre meno un quarto, le strade erano deserte, cera una specie di follia nella strana calma della

    vasta metropoli. Dopo dieci minuti parcheggiai davanti al St Jamess Hospital. In portineria mi disseroche il dottor Stanley era al dodicesimo piano. Faceva nascere cos tanti bambini che lospedale gli avevadato una camera nel reparto maternit, dove poteva fare dei sonnellini. La porta della sua stanza eraaperta. Era in maniche di camicia, steso su una branda. Avevo bussato piano e immediatamente lui sisvegli, balzando in piedi. Era un uomo basso con il viso da bambino, con occhi grandi che esprimevanouna costante meraviglia. Ci stringemmo la mano.

    Anche lei aspetta un bambino?Gli dissi che la questione era seria. Davvero? Credo di essere un uomo molto malato. A me sembra che lei stia bene. Aspetti a dirlo. Vedr che non aatto divertente. Sto aspettando. Si sieda.Mi lasciai cadere sulla sua branda e annaspai cercando da fumare. C qualcosa di terribile nel

    bambino. Mi pareva che avesse detto che era lei a stare male. Ci sto arrivando. La mia malattia ha a che fare con il bambino. La mia infermit. Di che infermit si tratta?Non riuscivo a dirglielo. Non volevo dirglielo.Disse: Quando ha fatto lultima volta la Wassermann?Risposi che risaliva circa a un anno fa. Ma non sono infallibili, dottore. Lho letto in un articolo su una rivista. Ha tradito sua moglie? S. Cio, no. Quello che voglio dire che prima di sposarmi c stata una ragazza. Anzi, diverse

  • ragazze. Insomma, sono preoccupato, dottore. Cosa le fa pensare che ci sia qualcosa che non va nel bambino? Lho sentito. Sentito? Come? Ho messo la mano sulla pancia di Joyce. E...? Cera qualcosa di strano. Strano come? Ho letto un articolo in una rivista di medicina, dottore. Alle volte la Wassermann non adabile. Strano come?Improvvisamente non ebbi pi voglia di parlarne. Improvvisamente mi resi conto di essere stato un

    cretino, che il bambino stava bene, che non aveva due teste, che tutto ci mi era venuto in mente a causadi un ammasso di senso di colpa non digerito, e che il mio essere l, al dodicesimo piano del St JamessHospital alle tre e mezza del mattino a parlare con il dottor Stanley nel reparto maternit, eraassolutamente ridicolo. Volevo uscire, essere nella mia macchina, diretto a casa, per strisciare nel letto ecoprirmi la testa con le lenzuola, per poi svegliarmi fresco e riposato il giorno dopo. Invece restavo ldavanti a quel dottore stanchissimo, a tormentarlo con le mie idiozie, e non restava altro che tentareunuscita di scena dignitosa.

    Dottor Stanley, credo di aver fatto un grande sbaglio. Cos lei ha sentito il bambino e le parso strano. Mi parli di questa strana sensazione. La descriva.La risposta era: due teste. Meglio buttarsi dalla nestra piuttosto che dirlo. Mi spiace, dottore. Mi sono sbagliato. Ho creduto di sentire qualcosa di strano. Mi dispiace di averla

    disturbata.Mi preparai ad andare, facendo marcia indietro, ma lui mi ferm, suon un campanello sul muro, e

    dopo un istante arriv uninfermiera. Lui mi ordin di levarmi la giacca e di tirarmi su la manica dellacamicia, perch voleva rassicurarmi, liberare la mia mente da ogni dubbio.

    Ma assurdo, dottore. Non c niente che non va nel mio sangue proprio niente.Strinse un laccio di gomma attorno al mio braccio no a far gonare le vene, avvertii poi il pizzicore

    dellago e vidi il mio sangue che veniva risucchiato in una siringa. Torni domani sera, disse lui. A qualsiasi ora. Sar qui con le sue analisi.Mi tirai gi la manica e mi inlai la giacca. Tutto ci non ha senso, dottore. Non c niente che non va in me. Vada a casa. Cerchi di dormire.Andai verso casa guidando attraverso le strade silenziose, pensando a quelle altre ragazze, alla dolce

    Avis e alla cara Monica, e dopo tutti quegli anni mi sentii cos solo senza di loro, perch erano state cosbelle e piene di tenerezza, con dei corpi cos superbi, non deformati dalla gravidanza, ragazze che volevocon un desiderio estatico e nauseante, perdute per sempre, e mi venne quasi da piangere quando capiiche non avrei potuto averle mai pi. Questo era il matrimonio, la sepoltura, la spregevole prigione doveun uomo spinto dallinvincibile desiderio di essere buono, degno e integro, si riduceva allo stato dellebetealle tre di mattina, senza alcuna ricompensa oltre ai gli, una nidiata priva di riconoscenza. Riuscivopersino a vederli, i miei gli, che mi buttavano in mezzo alla strada quando sarei stato vecchio,cacciandomi di casa, intenti a rmare documenti per la mia pensione di anzianit e a lavarsene cos lemani, un vecchio traballante che aveva trascorso i migliori anni della sua vita a faticare onestamente perdare loro la possibilit di godere il pieno sapore della vita. Ed ecco la mia ricompensa!

  • La sera successiva ero ancora allospedale, ad aspettare il responso del dottor Stanley sulle mie analisidel sangue. Detestavo il fatto di essere l. Il dottor Stanley stava facendo nascere un bambino, elinfermiera mi disse di aspettare nella sala dattesa per i padri. Ce nerano due, uno addormentato in unapoltrona di pelle, mentre laltro stava leggendo una rivista. Io fumavo e passeggiavo in su e in gi. Eraassurdo. Non centravo nulla ancora. Ma eccomi l, a ngere, e luomo con la rivista pensava chestessimo dividendo la stessa sorte.

    Come sta la sua signora? domand. Tutto a posto. E la sua? Non troppo bene.I suoi occhi erano delle fessure rosse, il volto era contratto dalla preoccupazione. Aveva la barba lunga

    e aveva bisogno di radersi. in travaglio da tredici ore. Mi spiace. Forse le faranno un cesareo.Quello non era un posto per me. Stavo profanando un luogo dove nasceva la vita, dove le donne

    sorivano e gli uomini si preoccupavano. Quella gente aveva dei problemi seri, io invece stavo solofacendo lo stupido, vittima di me stesso. Poi apparve linfermiera.

    Signor FanteIl padre del cesareo mi dette la mano. Anche laltro si alz e mi porse la sua. Mi augurarono buona

    fortuna. Li ringraziai e mi avviai per il corridoio dietro allinfermiera diretto alla piccola stanza del dottorStanley. Lui era l, con un pezzo di carta in mano.

    Lei a posto. Lho sempre saputo.Lui sorrise. Cosa ha mangiato ieri sera a cena?Glielo dissi: spaghetti, polpette, insalata, vino, gelato. Perch, dottore? Colesterolo. Le analisi mostrano che in eccesso. Ed spiegato da quello che ha mangiato a cena. Colesterolo! Dio buono, dottore! Ho letto del colesterolo su una rivista. pericoloso. Intasa le arterie

    e provoca attacchi di cuore. Lho letto su Hygeia. Ha problemi di cuore? Non ancora, ma Allora non ci pensi pi. Colesterolo! Io, proprio io.Mi consigli di smetterla di leggere articoli di medicina e di non preoccuparmi, ma io non potevo non

    pensarci, barcollando per il corridoio, brancolando per trovare il bottone dellascensore, con il sudore chesgorgava dai palmi delle mie mani, gi un piano dopo laltro, bolle nello stomaco, colesterolo, attacchi dicuore, scrittore sviene e muore per un attacco improvviso, la strada, vacillai no alla macchina, sedutodietro al volante, sentendo i battiti cardiaci, contandoli guardando lorologio, John Fante, andatoallimprovviso, carriera stroncata, settantadue battiti al minuto, mio Dio, colesterolo: dovevo andare acontrollarlo, fare altre ricerche, e fare una conoscenza pi ravvicinata con questa terricante sostanza.

    Quando arrivai a casa, Joyce dormiva. Era mezzanotte circa. Andai a letto con la luce accesa,misurando il polso in continuazione. Fu una notte dicile. Mi ricordo quando albeggi, perch allora miaddormentai. A mezzogiorno mi svegliai sentendomi benissimo.

    Joyce era in camera sua, stava scrivendo delle lettere. Come hai dormito? Malissimo, disse lei. Sono stata sveglia tutta la notte.

  • Non mangiamo pi spaghetti. Sono pieni di colesterolo. Davvero? Mangiamo insalata verde, carote. Verdura appena colta, fresca e buona per la salute.Andai in bagno e mi misurai il polso. Era sceso a sessantotto battiti. Quattro di meno. Un polso lento

    era migliore di uno veloce. Di quello ero sicuro. Lavevo letto su diverse riviste.

    Alle 9.27 della mattina del 18 marzo, al settimo mese della sua gravidanza, Joyce Fante sprofond nelpavimento della cucina della nostra casa. Il suo peso era aumentata di venticinque libbre e la bilanciane segnava ora centoquarantaquattro unito allo stato del legno, provoc il climax mozzaato quando letavole infestate dalle termiti crollarono sotto il linoleum strappato e la donna con la gran sporgenzaprecipit sulla terra tre piedi pi in basso.

    In quel momento io ero di sopra, nella vasca, e ricordo distintamente tutti gli insignicanti particolaridi prima e dopo la calamit. Prima cera quella bella mattinata tranquilla, abbellita dalla lucentezzadorata del sole, cera la placidit del bagno, le acque ferme misteriosamente evocative, il richiamare allamente cose lontane, e poi, da qualche parte, da tutte le parti, latmosfera rabbrivid, fu come avvertire ilpotere sinistro della reazione a catena sui materiali ssili. Un momento pi tardi la sentii urlare. Era unurlo da teatro, Barbara Stanwyck intrappolata da uno stupratore, e quellurlo mi pizzic la colonnavertebrale come le dita di un gigante.

    Saltai fuori dalla vasca e aprii la porta. Sentivo Joyce che gridava dal basso. Il mio unico pensiero fuper il bambino quel prezioso melone bianco.

    Sto arrivando Joyce. Coraggio cara, sto arrivando.In camera avevo una pistola, ma in quel momento pensai solo al bisogno che lei aveva di me. Mentre

    mi precipitavo gi per le scale nudo e spaventato mi resi conto che quelli erano gli ultimi passi che avreifatto da vivente, che saremmo morti insieme, e che saremmo potuti sopravvivere se solo fossi statoarmato.

    Dapprima non la vidi. Poi la trovai davanti alla cucina economica, esattamente come era caduta,rannicchiata in quel grazioso cedimento, bloccata, come se fosse stata minuscola, con una fetta diprosciutto in una mano, una casseruola nellaltra, e con molte uova rotte che colavano intorno a lei. Erapi arrabbiata che ferita, cera del burro fuso che le gocciolava dai capelli mescolandosi alle sue lacrime,mentre dai gomiti venivano gi viscide chiare duovo.

    Tirami fuori da qui, se non ti dispiace.La liberai. Era di una calma sorprendente. Rimasi a ssare il pavimento. Cosa stato?Le sue dita tastarono la sporgenza, cercandovi la vita. And al telefono e compose un numero. Dica

    al dottor Stanley di sbrigarsi. unemergenza . Riattacc e si diresse verso le scale. Come successo?Non rispose. Un momento dopo era a letto. Io le ronzavo attorno, cercando di esserle utile. Era pallida,

    ma calmissima. Poi chiuse gli occhi. Mi spavent. La scossi. Stai bene? Credo di s.Richiuse gli occhi. Io mi spaventai di nuovo. Corsi al piano di sotto e le portai un brandy. Non lo

    voleva. Le chiesi di non chiudere gli occhi. Sto solo riposando. Non credo che dovresti chiudere gli occhi.

  • Mi riposo un momento prima che venga il dottore.Il dottor Stanley arriv dopo venti minuti. Lo accompagnai di sopra e cominci a visitarla. La caduta

    non aveva provocato danni n a lei n al bambino. Ripose il suo stetoscopio. Scesi con lui le scale e loseguii no alla porta dingresso. Mi pareva opportuno farci una chiacchierata da uomo a uomo suquanto era accaduto.

    Posso fare qualcosa, dottore? No. Nulla.Mi fredd con unocchiata. Si stava cominciando a stancare di noi. Occupavamo molto del suo tempo.Tornai in cucina e mi fermai davanti al buco nel pavimento. Funghi e termiti avevano divorato il

    legno. Si sbriciolava fra le mie dita come soce pane. Attraversai la stanza andando verso lacquaio epicchiai con il tallone sul pavimento. Il colpo lasci un segno profondo, aprendo un buco. Sembrava chetutto il pavimento fosse marcio. Nellangolo dove era il tavolo diedi un pugno al muro. Le mie noccheaondarono nello stucco e nel legno spugnoso. Mi arrampicai sul tavolo per controllare il sotto, ma ilmio peso ne fece aondare le gambe. Andai in camera da pranzo e mi fermai davanti a un tramezzoverde pallido, appena dipinto, immacolato. Alzai il pugno, ma dentro di me sentii una profonda nauseaed ebbi paura a colpire.

    La mia casa! Perch era capitato questo a John Fante? Cosa avevo fatto per stravolgere il ritmo dellestelle durante il loro corso? Tornai al buco di Joyce e lo guardai attentamente. Sollevai un pezzo di legnomarcio. Fu allora che le vidi, quelle piccole bestioline bianche, che strisciavano nel legno morto, il legnodella mia casa, ne presi una fra le dita, con le zampette che si agitavano nellaria una termite, una bestiainumana, e la uccisi; io che non potevo sopportare di uccidere nulla, dovetti spegnere la sua vita, perquello che lei e la sua ignobile stirpe avevano fatto alla mia casa. Era la prima termite che avessi maiucciso. Per molti anni le avevo viste muoversi, osservandole con curiosa ammirazione. Ero un fermoassertore della losoa del vivi e lascia vivere, e questo era il ringraziamento che ne ricevevo, questoschifosissimo tradimento. Bene, allora cera qualcosa di sbagliato nella mia convinzione, sarebbero dovutisubentrare dei cambiamenti nel mio rapporto con gli insetti, la dura realt dei fatti doveva essereconsiderata, e cominciai in quellistante medesimo a farle fuori, spaccando il legno, spiaccicandole,annientando le loro nefaste piccole vite mentre correvano in preda al panico fra le mie dita.

    Un agente immobiliare di nome J. W. Randall ci aveva venduto la casa. Era magro e alato, uncowboy in pensione, sceso dalla sella. Venne a casa a ispezionare il danno. Stritol il legno spappolato frale dita, scansando il nugolo di termiti che correvano sui lunghi peli del dorso della sua mano.

    Signor Randall, siamo stati imbrogliati. Far causa. Non pu fare causa a me. stato lei a gestire la vendita. Smith luomo che lei cerca. Faccia causa a Smith.Smith era lispettore delle termiti. Hai sentito questa, Joyce? Smith il nostro uomo. Lo trascineremo in tribunale.Joyce disse: Signor Randall, lei un farabutto.Lui si eresse. Aspetti un minuto, cara signora.Lei si allontan. Il signor Randall era ferito e arrabbiato. Si diresse a gran passi fuori di casa. Lo

    inseguii. Sal in macchina, rabbuiato, e respirando pesantemente dal naso. Faccio questo mestiere da trentanni. Fiamme dellinferno! Sono io che ho fatto Wilshire Boulevard!

  • E quella mi d del farabutto. un po sottosopra, signor Randall. per via del suo stato. Lasci che le dia un consiglio, glio mio. Sono nonno. Ho quattro nipoti. meglio che la signora si

    calmi. Le donne incinte devono avere pensieri puri. chiaro che poi c cos tanta delinquenza minorile.Attenzione, ragazzo. So di cosa parlo.

    E con Smith? Gli faccia causa.Smith era introvabile. Andai nel garage che era stato il suo ucio, una capanna di stucco dietro a un

    negozio di falegnameria su Temple Street. Aveva chiamato la sua compagnia Murder, Inc. Se ne eraandato. Nessuno ne sapeva nulla, tranne il fatto che era un estimatore dellangelica. Parlai con unavvocato. Mi disse che ci volevano due anni prima di riuscire a ottenere una udienza in tribunale, e senzaSmith era tutto inutile. Un imprenditore venne a casa e ci fece un preventivo per ripararla. Disse che civolevano quattromila dollari.

    Joyce: Con quella cifra potremmo fare dieci bambini . Quattromila! Era un coltello piantato nelmio cuore. Barcollai in cucina, nauseato e ferito. Il danno maggiore era proprio l, in cucina. A quattrozampe toccai la zona sotto lacquaio, cercando a tastoni. Cera un rumore. Appoggiai lorecchio alpavimento. Laggi, a pochi pollici di distanza, riuscivo a sentirle, quelle bestie ignobili, che masticavanoletteralmente il mio legno. Era il ritmico triturare di migliaia di mandibole minuscole, che si nutrivanodella carne e del sangue di John Fante.

    Poi, allimprovviso, ebbi chiaro cosa dovevo fare. Come acqua fresca, quel pensiero mi bagn. Come lenubi che si aprivano, dopo il quietarsi della tempesta, lui mi apparve, gagliardo come la luce del sole, ilpi grande muratore di tutta la California, il pi nobile costruttore di tutti! Pap! La mia carne e il miosangue, il vecchio Nick Fante. Mi precipitai alle scale e chiamai Joyce.

    Siamo proprio ciechi! E stupidi! Perch? Mio padre! Fantastico!Corse gi e ci gettammo luno nelle braccia dellaltra. Anche lei amava pap, e lui ladorava. Ce lo far e non vorr nulla. Risparmieremo migliaia di dollari.Ma lei divenne seria, malinconica. Promettimi una cosa. Certo. Che non tratterai mai nostro glio come tuo padre ha trattato te. stato un buon padre, burbero ma buono. Una volta ha colpito le tue carni nude con una cazzuola. Me lha detto tua sorella Stella. Me lero cercata. Avevo venduto la sua betoniera per comprarmi una bicicletta. I bambini non si picchiano pi. Ne stata provata linutilit. negargli un privilegio. Lui mi aveva negato la bicicletta. Inoltre era lunica betoniera che aveva. Hai letto Wolf Child and Human Child, di Gesell?Non lavevo fatto. Ogni padre dovrebbe farlo. basilare. Lo legger in viaggio per il Nord.

  • Due

    Mia madre e mio padre vivevano a San Juan, nella Sacramento Valley, a una dozzina di miglia dallacapitale dello stato. Vivevano in paradiso, ritiravano le loro pensioni statali, e stavano uttuandoattraverso il periodo pi placido della loro vita. Abitavano in una casetta di legno rosso della California,di quattro stanze, con un vasto albero di co che ombreggiava il giardino retrostante. Una dozzina digalline chiocciavano fuori davanti alla cucina, erano degli animali ben pasciuti, si ingozzavano di chicaduti e di ricca uva tokay che proveniva dalle viti che minacciavano lo steccato sul retro. Quelle gallinedeponevano uova enormi e calde che la mamma amava tenere fra le palme delle mani con ironicanostalgia, perch cera stato un periodo nella sua vita, tanto tempo prima, in cui il numero dei bambinisuperava quello delle uova.

    Su una botte sotto il co dormivano i quattro gatti di pap, risplendenti divinit egizie, resi oridi daicuori di bue, dai cervelli di vitello e dal latte. Quei quattro gatti avevano preso il posto dei quattrobambini che erano cresciuti e avevano lasciato la Valley per sposarsi, indebolirsi la vista e rovinarsi identi, perch durante i primi tempi il lavoro era scarso e pap non guadagnava mai abbastanza per poternutrire regolarmente i propri gli con cuori di bue, cervelli di vitello e latte.

    Vivevano in un sereno isolamento, mio padre e mia madre, leggevano il Sacramento Bee eascoltavano la radio, raccoglievano le uova e rastrellavano le grandi foglie verdi di co, erano due personevicine ai settantanni, in trepidante attesa del postino che non li terrorizzava pi con i conti, e chearrivava sempre troppo in ritardo con le lettere dei gli che se ne erano andati.

    Stella non doveva scrivere. Lei e suo marito vivevano in una fattoria fuori San Juan e due volte allasettimana portavano cassette di zucchine, pomodori, pesche, arance e burro.

    Stella arrivava con le sue due bambine, e nei caldi pomeriggi pap sedeva con loro sotto il co,dandogli di nascosto dei sorsi di vino fresco, raccontandogli storie, e domandandosi perch, nel nome diNostra Signora del Monte Carmelo, lui non avesse nipoti maschi. Perch pap aveva sessantasette anni, esebbene ammirasse le ragazze non italiane che i suoi gli avevano sposato, tuttavia le sospettava di usarequalche imbroglio nella procreazione, di non saperci fare.

    Una volta alla settimana Joe Muto arrivava con il suo camioncino Ford per portare due galloni dichiaretto a cinquanta cent ciascuno. Portava volentieri con s i quattro nipoti, bambini con gli occhi neriche gli assomigliavano, pap allora li guardava di traverso perch non erano suoi.

    La vita senza nipoti maschi non era vita. Seduto sotto il co, pap inclinava la brocca di chiaretto, davauna sorsata al vino fresco e rimuginava. Nel tardo pomeriggio arrivava il postino, e la mamma era alcancello vicino alla cassetta, in attesa, facendo nta di strappare erbacce qui e l. Se non cera posta,strappava unaltra erbaccia o due, dava nervosamente unocchiata alla strada verso Sacramento, e tornavaa casa, traballando sui suoi piedi con lartrosi. Pap guardava tutto ci giorno dopo giorno. Alla neperdeva la pazienza.

    Porta penna e inchiostro!La mamma obbediente usciva dalla casa con una tavola e loccorrente per scrivere, sistemava il tutto

    sulla botte sotto il co, e si disponeva a buttare gi unaltra lettera di pap ai suoi tre gli: uno a Seattle,

  • un altro a Susanville e il terzo al Sud. Quelle erano lettere che lei non spediva mai, erano solo un gesto dipacicazione, perch pap traeva molta soddisfazione dal dettare, si placava camminando su e gi sullefoglie che frusciavano, e fermandosi di tanto in tanto per inghiottire pensierosi sorsi di chiaretto.

    Mandala a tutti quanti. Scrivi chiaro. Scrivi esattamente quello che ti dico. Non cambiare nemmenouna parola.

    Allora lei immergeva la penna, con le ginocchia contro la botte, seduta scomodissima su una cassettadi mele.

    Cari Figli:Vostra madre sta bene. Anchio. Non abbiamo pi bisogno di voi ragazzi. Quindi divertitevi, ridete e scherzate, e scordatevi di vostro

    padre. Ma non di vostra madre. Non vi preoccupate di vostro padre. per vostra madre. Vostro padre ha lavorato sodo per comprarvile scarpe e farvi andare a scuola. Non rimpiange niente di niente. Non ha bisogno di niente. Quindi divertitevi, ragazzi, ridete escherzate, ma qualche volta pensate a vostra madre. Scrivetele una lettera. Non scrivete a vostro padre perch non ne ha bisogno, mavostra madre sta invecchiando, ragazzi. Sapete com quando invecchiano. Quindi divertitevi nch siete giovani. Ridete e scherzate equalche volta pensate a vostra madre. Per vostro padre non importa. Non ha mai avuto bisogno del vostro aiuto. Ma vostra madre sisente sola. Divertitevi. Ridete e scherzate.

    Il vostro aezionatoNick Fante

    E quando la mamma aveva terminato, lui dava un sorso alla brocca, schioccava le labbra, eaggiungeva: Mandala via aerea.

    Arrivai a San Juan a mezzogiorno, con laereo da Burbank e con lautobus da Sacramento. I mieivivevano fuori citt, dove lasfalto niva e lultimo lampione era lontano cento piedi. Camminando per lastrada, vidi pap, oltre il vecchio steccato, seduto sotto il co. La sua tavola per disegnare era appoggiatasopra la botte; e su di essa vi erano matite, righelli, una squadra. I gatti dormivano sullaltalena, unosullaltro confondendo, nel caldo, le pellicce.

    Sentendo il cigolio del cancello, pap si gir, con i suoi occhi emmatici che si strizzavano per vedercimeglio attraverso le onde quasi trasparenti di calore. Era la mia prima visita dopo sei mesi. Nonostante lavista indebolita, era gagliardissimo. Aveva delle mani spesse, simili a mattoni, e il collo era cotto dal sole,bello come un tubo di scarico. Quando gli fui a cinquanta piedi di distanza mi riconobbe. Lasciai caderela mia ventiquattrore e gli tesi la mano.

    Ciao, pap.Aveva le mani di Belzeb, dure e callose, con le dita nodose e tronche del muratore. Guard in basso,

    verso la mia valigia. Cosa c l dentro? Camicie e cose del genere.Mi ispezion con attenzione. Nuovo, il vestito? Abbastanza. Quanto?Glielo dissi. Troppo.Lemozione stava aumentando dentro di lui. Era felice che io fossi a casa, ma cercava di non darlo a

    vedere, con il mento che gli tremava. Senti i peperoni? La mamma li sta friggendo.E dalla veranda giunse un ume di olezzo di ambrosia, erano dei peperoni verdi freschi che

    scoppiettavano nellolio doliva dorato, ravvivato dalla fragranza dellaglio e dal rosmarino balsamico, il

  • tutto mischiato con il profumo della magnolia e con la verde e intensa ricchezza delle viti nella campagnaretrostante.

    Che buon odore. Come stai, pap?Si stava rimpiccolendo. Ogni anno un po, o almeno cos pareva. N io n lui eravamo alti, ma ora,

    nella sua vecchiaia avevo la sensazione di essere pi alto di lui. Anche il giardino era pi piccolo, e mimeravigliai nel guardare il co. Non si avvicinava nemmeno alla grandezza che immaginavo.

    Il piccolo. Come sta il bambino? Ancora sei settimane, pi o meno. E la signorina Joyce? Lui la venerava. Non riusciva a chiamarla solo per nome. Sta bene. alta? si tocc il torace. O bassa? la sua mano scese sulladdome. Alta. Altissima, pap. Bene. Signica maschietto. Non saprei. Che signica, non saprei? Non si pu mai essere sicuri di queste cose. S che si pu, se si fanno le cose giuste.Aggrott le ciglia, guardandomi sso negli occhi. Hai mangiato tante uova come ti ho detto? Non mi piacciono le uova, pap.Sospir e scosse la testa. Ti ricordi che ti avevo detto? Mangia molte uova. Tre, quattro al giorno. Se no, una bambina .

    Fece una smora e aggiunse: Vuoi una bambina? Un maschio mi piacerebbe, pap. Ma bisogna accettare quello che viene.Ci lo preoccup. Andava avanti e indietro sulle foglie di co. Non modo di parlare, questo. Non

    va bene. Ma papSi gir. Non mi dire ma. Non mi chiamare pap! Ve lho detto e ridetto, a tutti quanti: Jim, Tony, tu. Ho

    detto: uova. Molte uova. E guardali. Jim: niente. Sposato da due anni. Tony: niente. Sposato da tre anni.E tu. Cosa hai tu? Niente . Mi si avvicin, con la sua faccia contro la mia, colpendomi con il suo ato alchiaretto. Ti ricordi cosa ti avevo detto delle ostriche? Ora i soldi ce li hai. Ti puoi permettere leostriche.

    Ricordavo una cartolina dettata alla mamma e spedita a Joyce e a me durante la nostra luna di mieleal Lake Tahoe. Vi era scritto che avrei dovuto mangiare ostriche due volte la settimana per aumentare lafertilit e per concepire gli maschi. Ma non avevo seguito quel consiglio perch le ostriche non mipiacevano. Non avevo nessuna personale animosit verso le ostriche. Era solo che non mi piaceva il lorosapore.

    Non vado pazzo per le ostriche, pap.Questo lo colp. Con il collo piegato e la mandibola spalancata, si gett contro laltalena e si asciug la

    fronte. I gatti si svegliarono, e sbadigliarono con le loro lingue rosa e alate. Santa Madre di Dio! Questa la ne della stirpe dei Fante. Penso che sia maschio, pap. Tu pensi! Mi maledisse, con un caustico balenio di italiano pirotecnico. Sput ai miei piedi,

    disprezzando il mio gabardine e i miei mocassini sportivi. Estrasse un mozzicone di Toscanello dalla

  • camicia e se lo cc fra i denti. Accese, e gett lontano il ammifero. Tu pensi! E chi ti ha chiesto dipensare? Io ti ho detto: ostriche. Uova. Ci sono passato. Sono i consigli dellesperienza. Cosa hai mangiato caramelle, gelato? Scrittore! Bah! Puzzi come un appestato.

    Quello era proprio mio padre. Non si era rimpiccolito, dopo tutto. E il co era grande come era semprestato.

    Vai da tua madre . Cera del sarcasmo nel suo tono di voce. Vai a dirle che bel pezzo di gliolo cheha.

    Salutare la mamma era sempre limpresa pi dicile quando si tornava a casa. Mia madre era del tipodi quelle che svengono, specialmente se eravamo stati via per pi di tre mesi. Entro i tre mesi cera sempreun minimo di controllo della situazione. In quel caso infatti lei pareva solo vacillare pericolosamente e sulpunto di cadere, dandoci il tempo di prenderla prima del crollo. Lassenza di un mese non comportavanessun problema. Piangeva solo per qualche momento prima del solito fuoco di domande.

    Ma quello era stato un intervallo di sei mesi e lesperienza mi aveva insegnato che non dovevopiombarle addosso. La tecnica era invece di entrare in punta di piedi, abbracciarla da dietro, annunciarsicon calma, e aspettare che le ginocchia le cedessero. Altrimenti avrebbe ansimato: Oh, grazie a Dio! esarebbe crollata sul pavimento come un sasso. Una volta per terra aveva un suo modo di rendere mollitutte le giunture come una massa di mercurio, ed era impossibile sollevarla. Dopo che il glio ritornatoaveva annaspato e mugolato inutilmente, si alzava in piedi con le sue sole forze e immediatamentecominciava a preparare grandi cene. La mamma amava svenire. Lo faceva con grande maestria. Tutto cidi cui aveva bisogno era unimbeccata.

    La mamma amava anche morire. Una volta o due lanno, in special modo a Natale, arrivavano itelegrammi, annunciando che la mamma stava di nuovo morendo. Ma noi non potevamo rischiare cheper una volta fosse vero. Da tutto il lontano ovest ci precipitavamo a San Juan per essere al suo capezzale.Moriva per un paio dore, producendo con la gola un frastuono come di casseruole, mostrando il biancodegli occhi, e chiamandoci per nome mentre entrava nella valle delle ombre. Poi improvvisamente sisentiva meglio, si levava dal suo letto di morte, e preparava per cena una enorme quantit di ravioli.

    Era davanti ai fornelli, e mi dava la schiena, quando entrai in cucina e mi avvicinai in silenzio a lei. Amet strada, avvert la mia presenza, e si gir lentamente, con un mestolo in mano. Sembr sopraatta daun senso di nausea, lanima che abbandonava il corpo, lascensore che precipitava senza pi controllo, ilmomento di capogiro subito prima della caduta da una grande altezza; i suoi occhi si rovesciarono, ilsangue abbandon il suo viso subito pallido, le sue dita rimasero prive di forza e il mestolo n per terra.

    Johnny! Oh, grazie a Dio!Le corsi accanto e lei mi cadde fra le braccia, con i capelli del colore delle nuvole bianche vicino alla

    mia spalla e le mani intorno al mio collo. Ma non perse conoscenza. Sembrava avere un attacco di cuore.Me ne accorsi dal suo ansimare roco, dal tremito del suo corpo minuto. Con cautela la misi a sedereaccanto al tavolo. Si appoggi allindietro, con la bocca aperta, un sorriso coraggioso sulle labbra, ilbraccio sinistro immoto lungo il anco, vedevo che cercava di sollevarlo, ma non aveva abbastanza forza.

    Acqua. Acqua... per favore.Le portai un bicchiere e glielo avvicinai alle labbra. Lo sorseggi con fatica, ormai troppo distante,

    troppo svuotata, ormai a pochi secondi dallaltra sponda. Il mio braccio non sento nulla il mio petto dolore il mio bambino il piccolino non

    vivr abbastanza per vedereSvenne a faccia allingi sulla tovaglia di incerata a quadretti bianchi e rossi. Io ero quasi certo che

  • stesse bene, ma quando le girai piano piano la faccia e vidi che le sue guance erano diventate di un cupoviola grigiastro sentii che quella volta mi ero sbagliato, e chiamai pap urlando.

    Chiama un dottore! Presto.Ci le restitu forza. Lentamente sollev la testa. Sto meglio. stato solo un piccolo attacco.Adesso era il mio turno di mostrare debolezza, mi sentivo sollevato, improvvisamente esausto. Mi

    gettai in una poltrona e cercai di sbrogliarmi le dita mentre a tastoni cercavo da fumare. Entr pap. Che succede?Mia madre sorrideva con coraggio. Era cos contenta di vedermi angosciato. Ora non aveva pi dubbi

    sul mio amore. Si sent di nuovo forte. Non nulla. Proprio nulla.Era felicissima. Faceva le fusa. Si alz e venne dove ero seduto, mi prese la testa fra le braccia e carezz

    i miei capelli. stanco per il viaggio. Portagli un bicchiere di vino.Pap e io capimmo. Delle bestemmie tuonarono nella sua gola, a stento udibili, mentre apriva il

    frigorifero e ne estraeva una caraa di vino. Prese un bicchiere dalla credenza e lo riemp. La mammaguardava sorridendo. Lui la guard, furioso.

    E tu piantala.I verdi occhi della mamma si spalancarono. Io? Piantala con questa storia.Bevvi il vino. Era buono, venuto dalla terra calda di quelle pianure, delicatamente rinfrescato dal

    ghiaccio. La mamma era contenta di avermi in cucina. Vedevo che la sua colonna vertebrale siraddrizzava, che le spalle le si sollevavano. Mi prese il bicchiere di vino dalla mano e lo vuot. Poi miguard attentamente.

    Che bella camicia. Te la lavo e te la stiro prima che tu vada via.

    Mangiammo peperoni con formaggio di capra, mele salate, pane e vino. La lingua della mammafrullava senza tregua, una tarma nalmente libera. Normalmente pap lavrebbe fatta tacere, ma suoglio era a casa, e quello era un motivo per allentare le regole. Altrimenti dopo poco il suo chiacchiericciolo avrebbe esasperato, e lei sarebbe ricaduta nel suo bozzolo di rispettoso silenzio. Noi mangiavamo, lamamma parlava e si aggirava per la cucina, riempiendo la stanza con frammenti di pensiero. Unventilatore elettrico ronzava sul frigorifero, girandosi verso destra, verso sinistra e daccapo unaltra volta.Sembrava seguisse la mamma per la stanza, come un volto che la ssava attonito.

    La mamma diceva:Linverno stato freddo e umido. Le bambine di Stella erano bellissime. Cerano tarme nellarmadio dei

    vestiti. Aveva sognato sua sorella morta Katie. Il prezzo del mangime per i polli era troppo alto. Miofratello Jim quando era piccolo piccolo mangiava la terra. Alle volte aveva dei dolori lancinanti allegambe. Portava sfortuna lavare i pannolini al chiaro di luna. Quando si perdeva qualcosa, bisognavapregare santAntonio. I gatti stavano uccidendo i corvi. La pancetta non doveva essere tenuta in ghiaccio.Aveva paura dei serpenti. Il tetto perdeva. Cera un nuovo postino. Sua madre era morta diavvelenamento da cancrena. Il ghiaccio faceva male allo stomaco. Le donne incinte non dovevanoguardare le rane n le lucertole. Lamore era pi importante dei soldi. Si sentiva sola.

    Mi appoggi le mani sulle spalle.

  • Se solo tu scrivessi una volta alla settimanaPer mezzora aveva parlato senza sosta. Era un placido ronzio che noi potevamo comprendere ma che

    volevamo ignorare. Pap e io nimmo i peperoni. Mi riemp il bicchiere.Poi la mamma disse: Hai piantato il seme del tuo bambino in questa casa. Proprio in questa casa.

    Era lotto agosto, lanno scorso, fu in quella notte.Furono le prime parole che andarono a segno. Smisi di mangiare e la guardai. Poi mi torn in mente.

    Joyce e io eravamo stati davvero a San Juan lo scorso agosto. Avevamo dormito in tinello, sulla branda.Ricordavo molto bene quella notte. Era una branda che cigolava molto e avevamo deciso di lasciarperdere. Quella notte non cera stato nessun concepimento. La mamma si sbagliava di grosso.

    No, non si sbaglia, disse pap. Come fai a esserne cos sicuro?La mamma sorrise. Perch ho cosparso di sale il vostro letto.Anche pap sorrise. Giusto. Sale nel letto. Ho dato io lordine.Era davvero seccante. Erano troppo compiaciuti, si davano il merito di ogni cosa. Gli dissi che non

    ricordavo il sale nel letto. E ci fece divertire la mamma. Certo che no. Lavevo messo sotto le lenzuola.Pap ridacchi. Cos avremo un maschio. Sale, dissi. Che sciocchezze! Sciocco un bel niente, disse pap. Come pensi di essere nato, tu? Nel solito modo. Ti sbagli, di nuovo. Sale nel letto. Ce lho messo io.Spinsi in avanti il bicchiere, perch venisse riempito di nuovo. Superstizioni. Ignoranza. Non darmi dellignorante. Sono tuo padre. Non ho detto che sei ignorante. Voglio che tu rispetti tuo padre. Questa casa di tuo padre. Qui il capo sono io.Era rosso in faccia dallindignazione, riemp il bicchiere con le mani tremanti, versando un po di vino

    sulla tavola. Rovesciare il vino portava male. E la sfortuna veniva scacciata facendo il segno della crocecon il vino caduto. Lo fece la mamma.

    Tuo padre ha ragione, disse, per placarci.Non avevamo aglio in casa quella sera, quindi pap us il sale. stata una sua idea. Aglio? Fissai i grandi occhi verdi della mamma. Perch aglio? Da mettere nel buco della serratura. E fa venire i bambini? Non bambini e basta bambini maschi.Ci mi raggel. Provoc una smora di trionfo da parte di pap. Senti chi dice al padre che ignorante! Non sa nulla, lui.Inghiottii il vino, in silenzio. Lo stesso stato con Tony e Jim, disse la mamma. Aglio nel buco della serratura quando sono stati concepiti? Tutte e due le volte, disse pap. E Stella?Ma gi sapevo la sua risposta:

  • Niente aglio, niente sale, nulla.Avrebbe ribattuto, quindi mantenni il silenzio. Riemp nuovamente il mio bicchiere. Sono arrivato solo no in terza, riett. Ma tu tu dovresti sapere tante cose, il liceo, due anni di

    universit, invece sei ancora un ragazzino. Hai molto da imparare.Ma io non ero cos ignorante come pensava lui.Avevo imparato molto in famiglia, sin dallinfanzia, tutti quegli insegnamenti impagabili che venivano

    da generazioni di progenitori abruzzesi. Ma trovavo che molte di quelle conoscenze erano di dicileapplicazione. Per esempio, avevo saputo per anni che il modo di evitare le streghe era quello di indossareuno scialle a frange, perch cos la strega che attaccava si sarebbe distratta a contarle e non avrebbe picolpito. Sapevo anche che la pip di mucca era semplicemente fantastica per far crescere i capelli sulle testecalve, ma no a quel momento non avevo avuto modo di vericare quellinformazione. Sapevo,ovviamente, che il rimedio per il morbillo era una sciarpa rossa, e la cura per il mal di gola era unasciarpa nera. Da bambino, ogni volta che avevo la febbre, mia nonna mi legava sempre un pezzo dilimone al polso; ogni volta abbassava la temperatura. Sapevo anche che il malocchio faceva venire il maldi testa, e mia nonna mi mandava sempre fuori a piantare un coltello in terra quando pioveva, perallontanare il fulmine dalla nostra casa. Sapevo che se si dormiva con le nestre aperte, tutte le streghedel circondario sarebbero entrate in casa, ma se si doveva proprio dormire allaria fresca, un po di pepenero sparso sul davanzale le avrebbe fatte starnutire e le avrebbe mandate via. Sapevo anche che perevitare il contagio quando si andava a trovare un amico malato bisognava sputare sulla sua porta. Tuttequeste cose, e molte altre, le avevo sapute per anni, e mai dimenticate. Ma si impara vivendo, e iltrattamento aglio e sale per il talamo nuziale era ancora qualcosa di nuovo. Mio padre probabilmenteaveva ragione: dopo tutto non ero cos furbo. Avevo ancora forti dubbi per sullinizio della gravidanzadi Joyce quello scorso agosto sulla branda della mamma.

    Il pranzo era nito. Pap scans la sedia. Prendi il cappello.Il cappello io non lo portavo mai. Voleva solo dire che dovevo seguirlo. Scendemmo i gradini della

    veranda e andammo sulla strada. Lui frug nella cassetta della posta, ne estrasse un mozzicone di sigaro,e accese. Il fumo restava cos fermo nellaria immobile che lui dovette disperderlo con la mano. Il caloreriempiva il cielo immenso, blu, vasto e innito. Verso est i monti della Sierra Nevada alzavano le loroteste orgogliose, ancora coperte dalle nevi dello scorso inverno.

    La strada davanti alla casa era deserta. Dieci anni prima San Juan era stata una citt piena dimovimento, era la sede di stabilimenti per linscatolamento, ed era rinomata per le sue uve. Primalautostrada passava attraverso il centro commerciale, ma poi era venuta la guerra e aveva cambiatopercorso, passando a anco della citt, la quale lentamente cominci a morire. Lautostrada era al di ldei campi di pesche e di luppolo, i turisti ci passavano accanto senza sapere che oltre i frutteti cera unacomunit di seimila persone.

    Dove stiamo andando?Senza rispondere lui si avvi per la strada. Oltrepassammo tre casette e poi non vi furono pi

    abitazioni, cera solo lasfalto malridotto con le erbacce che uscivano dalle crepe e i vigneti che si aprivanoa ventaglio a nord e a sud su entrambi i lati della strada, erano migliaia di acri di moscato e tocai, unmare di silenzio verde.

    Dove stiamo andando?Lui acceler appena il passo, no a quando arrivammo a un punto dove la strada faceva una curva e

  • scendeva. Era la terra di Joe Muto. Riconobbi le cime dei pali delle sue recinzioni segnate di bianco. Era illimite della vigna di Muto non coltivata, ricoperta da una crescita confusa di querce stentate, euforbia,con i resti di quello che una volta era stata una limonaia. L tutto cresceva selvaggiamente, erano tre oquattro acri dove, per un motivo o per un altro, Joe Muto non aveva piantato le viti. Mio padre si fermdavanti a quella massa di confusione verde e la indic agitando il sigaro.

    Eccola.Avanz arrancando attraverso le erbacce e io lo seguii. Proprio a met dellappezzamento, su un

    promontorio da cui si poteva vedere lintera zona, si arrest e apr le braccia. Eccola. Ecco il mio sogno.Si chin per strappare una mandata di papaveri selvatici. Vennero interamente fuori, con la terra nera

    e tenace attaccata alle radici. Lui le strinse nel pugno, e la terra calda, nera e bagnata prese la forma dellasua mano.

    Qui cresce tutto. Piantaci un manico di scopa, e crescer anche quello.Capii quello che voleva dire. Vorresti che fosse tuo, pap? Vuoi comprarlo? Non per me . Sorrise e dette un calcio alla terra. per il bambino. Vivr qui. Proprio qui . Dette

    un altro calcio alla terra. Ecco quello che sogno. Tu, la signorina Joyce e il bambino. Io e la mamma pigi sulla strada. Un gran posto. Quattro acri. Per te. Per i tuoi bambini.

    Ma pap Niente ma. Sono tuo padre. Tutte quelle schifezze che scrivi. Hai denaro? Qualche dollaro, pap. Hai duemila dollari? S. Comprala. Ho parlato con Joe Muto. paesano mio. Non la vender a nessun altro se non a me.Cosa potevo dire a quelluomo mio padre? Che potevo dire a quella faccia rovinata dal lavoro,

    indurita dagli anni, ora ammorbidita dal sogno che camminando toccava con i suoi piedi? Cera il cieloblu e i vecchi alberi di limone, e le erbacce che mormoravano sorando le sue gambe come un anticoamore; ed erano gi l, i suoi nipoti, che respiravano quellaria, si rotolavano nellerba, con le ossa nutriteda quella terra che era il suo sogno.

    Cosa potevo dire a quelluomo? Potevo dirgli che avevo comprato una casa in quella perversionecaotica che si chiamava Los Angeles, vicino al Wilshire Boulevard, un appezzamento di terra cinquantaper centocinquanta, brulicante di termiti? Se glielavessi detto, il suolo mi avrebbe inghiottito, e il cielo miavrebbe annientato.

    Fammici pensare, pap. Vedr cosa posso fare. Ora ti faccio vedere unaltra cosa.Lo seguii di nuovo sulla strada, chiedendomi come avrei dovuto dargli la notizia Perch bisognava

    dirgli della casa a Los Angeles. Avrebbe dovuto essere stato messo al corrente gi da molto tempo. Eppurenon cera stata alcuna volont di nascondergli la cosa. Mi ero semplicemente dimenticato di informarlo,niente di pi e niente di meno.

    Tornammo verso casa e avvertii la sua gioia. Si accese un sigaro nuovo di zecca e mi port alla tavolada disegno appoggiata sulla botte posta sotto il co. Cera il progetto della casa che voleva costruire suquegli acri.

    Era un progetto meraviglioso. Era una casa di pietra, e le pietre si potevano prendere in un campo nonmolto lontano. Cerano tre camini, uno in cucina, uno in salotto, e uno fuori. Era un rancho fatto a elle,di un piano, con il tetto di tegole.

  • Durer mille anni, disse lui. Questi sono muri da dodici pollici, pieni di sbarre di acciaio. Bello, pap. La costruir gratis. Tu mi aiuterai. Ho la pensione. Non voglio altro. S. Va bene.S, s e s. Fino a quando non ebbe nito di spiegare lultima pietra e architrave, no a quando non fu

    molto felice, succhiando il sigaro e bevendo vino. Poi la frescura del pomeriggio arriv dai verdi mari divite, e lui fu sazio di tanto parlare. Arrotol i disegni, spense il sigaro, mise il mozzicone nella cortecciadel co, e si distese sul dondolo. Una pace grande e meravigliosa brillava sul suo volto. Non cera unuomo pi felice di lui sulla terra. Chiuse gli occhi e si addorment. Se fosse morto in quel momento,sarebbe andato dritto in paradiso.

    Una cosa sulla mamma: niente che possa accadere la allarma. Se fossi entrato in cucina e le avessi dettoche avevo appena tagliato la gola a pap, mi avrebbe risposto: Male e lui dov?

    La trovai al tavolo, che sgusciava i piselli. cos facile parlare alla propria madre; capisce anche le coseche non capisce. Seduto l, le spiegai tutta la situazione circa la casa di Los Angeles. Nessunarecriminazione; non sospir, non fece schioccare la lingua, n mi fece una ramanzina su come avreidovuto comportarmi. Sgusciava i piselli e ascoltava in silenzio mentre le dicevo il motivo per cui erovenuto a San Juan, e perch, nelle attuali circostanze, avevo paura di dire a pap che ero gi padrone diuna casa.

    Glielo dico io. Non ti preoccupare.Ma non volevo essere in zona quando glielo avrebbe detto. Vado a fare una passeggiata in citt. Non ti preoccupare.Mi alzai per andarmene. Mi ferm. Cera qualcosa che le dava pensiero. Tu e Joyce. Dormite come gli americani? Voleva dire, dormivamo separati? Ora che incinta, dormiamo come gli americani. Che vergogna. Il bambino non ti riconoscer. Ci conosceremo dopo che sar nato. Dormite allitaliana. Che ne puoi sapere tu di bambini. solitario laggi nel ventre. E lui l, tutto

    solo. Ha bisogno di suo padre.Non volevo discutere la faccenda con mia madre. Torno alle sette. Tu di tutto a pap appena si

    sveglia.Eravamo a cinque isolati di distanza dal centro. Camminavo per le strade che mi erano familiari,

    ombreggiate dagli olmi, e attraverso i terreni vuoti che avevo percorso da quando avevo quattordici anni.Quello era lanno in cui ci eravamo trasferiti a San Juan, scappati dalla neve del Colorado e dai tempiduri. Incontrai tanta gente che avevo conosciuto molto tempo prima, e tutti sapevano del bambino. Miopadre nelle ultime settimane era stato dappertutto, ad annunciare la notizia. Dalle verande mi gridavanotanti auguri, mi domandavano di Joyce, perch lei era nata a San Juan, e i suoi genitori erano seppellitinel cimitero locale. La gente mi fermava per la strada, mi stringeva la mano, mi diceva battute sdolcinate,e se ne andava ridendo. La paternit era una questione fondamentale a San Juan. Avvertivo un rarosenso di importanza. Anche a Los Angeles si preoccupavano, non tanto per per la donna e per ilbambino, quanto che potessi poi pagare il conto dellospedale. I nostri amici furono pi scioccati checompiaciuti quando seppero che Joyce era incinta.